Rivista Incontri Mese di Dicembre 2012

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Fondato nel 1948 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P. NATALE... QUALE NATALE? IL GIORNO DEL SÌ... PER SEMPRE! LETTERA DI UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE ALLA SUA MAMMA NON GIUDICHIAMO I POVERI NOI VOLONTARI COTTOLENGHINI Anno 65° n. 1 gennaio 2013 Cantico di un anziano Benedetti quelli che mi guardano con simpatia Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi tante volte ripetuti Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù. NATALE... QUALE NATALE? IL GIORNO DEL SÌ... PER SEMPRE! LETTERA DI UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE ALLA SUA MAMMA NON GIUDICHIAMO I POVERI NOI VOLONTARI COTTOLENGHINI

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Periodico della Famiglia Cottolenghina edegli ex Allievi e Amici della Piccola Casa

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Fondato nel 1948Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P.

NATALE... QUALE NATALE?IL GIORNO DEL SÌ... PER SEMPRE!

LETTERA DI UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE ALLA SUA MAMMA

NON GIUDICHIAMO I POVERI

NOI VOLONTARI COTTOLENGHINI

Anno 65° n. 1 gennaio 2013

Cantico di un anzianoBenedetti quelli che mi guardano con simpatia

Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco

Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità

Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti

Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza

Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi tante volte ripetuti

Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto

Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo

Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine

Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza

Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita

Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio

Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù.

NATALE... QUALE NATALE?IL GIORNO DEL SÌ... PER SEMPRE!

LETTERA DI UN BAMBINO DIVERSAMENTE ABILE ALLA SUA MAMMA

NON GIUDICHIAMO I POVERI

NOI VOLONTARI COTTOLENGHINI

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Periodico della Famiglia Cottolenghina e degli ex Allievi e Amici della Piccola Casa

n. 1 gennaio 2013Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo Torino

Direttore OnorarioDon Carlo Carlevaris

Direttore responsabileDon Roberto Provera

AmministrazioneAvv. Dante Notaristefano

Segreteria di redazionenuovo indirizzo [email protected]

RedazioneSalvatore AcquasMario Carissoni

Collaboratori

Mauro CarossoFr. Beppe GaidoNadia Monari

Progetto grafico

Salvatore Acquas

Stampa

Tipografia Gravinese Corso Vigevano 46 - TorinoTel. 011 28.07.88

La Redazione ringrazia gli autoridegli articoli, particolarmente quelliche non è riuscita a contattare.

SommarioIl punto 3Don Roberto Provera

Natale... quale Natale? 4-5Redazione

Il giorno del Sì... per sempre! 6-9Suor Luisa Busatto

Medjugorje 10Mario Carissoni

Sei alpini, amici tuttofare 12-13Don Giuseppe Ghidinelli

Un sacerdote tutto d’un pezzo 14-15Eusebio Mattea

Lettera di un bambino diversamente abilealla sua mamma 16-17 Redazione

Ho sognato d’intervistare Dio 18-19Redazione

Non giudichiamo i poveri 20-31Fratel Beppe Gaido

Il giornale di noi “volontari” 24-25 Franco Marangoni

Radiotecnico 26-27Pierpaolo Bavassaro

La nuova povertà in Italia 28-29Davide Luzzi

Il vecchio saggio 30Redazione

I nostri defunti 31 Redazione

Cantico di un anziano 32 Redazione

Incontri è consultabile su http://chaariahospital.blogspot.com/Questa rivista è ad uso interno della Piccola Casa Cottolengo

A lcuni giorni or sono un caro amico mi ha regalato unlibricino di non molte pagine. Dalla scura copertinaaffiora appena appena il nome dell’autore:

Gianfranco Ravasi e subito sotto invece spicca in bianco iltitolo: Breviario. Sì, si tratta dell’insigne Biblista e dal 3 settem-bre 2007 Pre sidente del Pontificio Consiglio della Cul tura,che ogni settimana offre il suo contributo, sempre di alto pro-filo, sulla prima pagina del numero domenicale de “Il sole 24ore” nella rubrica “Bre via rio”. Il libretto raccoglie questicontribuiti dal giugno 2011 all’agosto 2012. Non intendo tes-sere l’elogio, certo non immeritato, ma qui fuori luogo, delpersonaggio. Cerco solo riparo alla sua ombra e dal forzieredella cultura traggo due perle preziose.La prima. “Se hai due pezzi di pane, danne uno ai poveri. Vendi l’altro e compera dei giacinti pernutrire la tua anima” (antico aforisma indiano). Non puoi trattenere egoisticamente nella tua mano ilprimo pane. Se hai un cuore, tanto più se sei cristiano, come potresti sentirti in pace con la tua coscien-za, sapendo che ogni giorno trentamila bambini nel mondo muoiono di fame? E tu, che tieni la tuamano serrata, alla fine forse non saprai che farne del tuo pezzo di pane e finirai per gettarlo nella spaz-zatura, così come avviene per un terzo del cibo prodotto nel mondo. Con l’altro pane compera dei gia-cinti. Il giacinto con il suo estasiante profumo e i suoi variegati colori. Simbolo di bellezza, di spi -ritualità, che si eleva al di sopra, che va oltre la dura realtà della vita quotidiana, che ra pisce e traspor-ta nel mondo dei valori su periori, che nutre l’anima. Ciascuno di noi ha bi sogno di alimentare non solola propria carne, ma anche il proprio Spirito. La Carità di Cristo ci spinge a soccorrere il prossimo –e non dimentichiamo che in questo caso il primo prossimo è ciascuno per se stesso – che ha fame dipane, di lavoro, di tecnologia, di scienza, di cultura, ma soprattutto di rispo ste vere ai bisogni più veri,alle domande più segrete e profonde: che cosa può rendere “buona” la mia vita, perché non sia inuti-le, vuota, priva di senso? La seconda. “Siamo seduti alla vigilia di Natale / noi, gente misera, in unagelida stanzetta. / Il vento corre fuori, il vento entra. /Vieni, buon Signore Gesù, da noi: / perché tuci sei davvero necessario” (Bertolt Brecht). A volte, come in questo caso, atei convinti e radicali intui-

scono, comprendono e, forse, misteriosamente apprezza-no o invidiano, quei beni preziosi, che altri, forse noi,hanno abitualmente fra le mani, senza però afferrarne ilvalore. Gesù non viene forse per squarciare le nostre tene-bre, per aprirci sentieri di luce, di bene, di amore? Ma chene sarà di noi, se ci accontenteremo della fiammella tre-molante di una candela, che, consumata, ci lascerà ineso-rabilmente al buio? Non i presuntuosi, chiusi nella loroboriosa autosufficienza, scorgeranno i bagliori della veraluce. Se perciò vogliamo trovare il senso della nostra vita,sgomberiamo il cuore da ogni supponenza e con umiltà esemplicità volgiamo il nostro sguardo al Bimbo di Betlem,Parola di Dio fatta carne per la nostra salvezza... se ten-diamo l’orecchio.

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il puntodi Don Roberto Provera

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L a meraviglia di questo momento, del ritrovar-si a contemplare il Bambino Gesù, nato daMaria; figura dolce di mamma che offre al

mondo una piccola creatura, ma già tanto pienadi gloria sin dal suo primo vagito tra di noi!Sogniamo per un momento di essere vicini a quelpresepe, in quella notte magica, dove attorno allamisera culla, si sono inginocchiati angeli creaturedi luce, bambini e tanti candidi pastori. Il misterodi quella notte, di un Dio fatto uomo, non ci colgaimpreparati, desti in noi il desiderio di volare trale stelle del cielo di Be tlemme, per incontrarloquel Bambino nar rato dai Vangeli, per pregarlo eadorarlo. Uniti in Gesù, per diventare riflesso diun Presepio umano, più vero!Natale porta la bellezza universale delle festivitànatalizie. Sparse in tutto il mondo, sono un gran-de dono che il cristianesimo ha fatto a tuttal’umanità. Si celebrano ovunque, pur se conmodi molto diversi tra di loro; ognuno è libero diviverle come meglio (o peggio) crede. Così abbia-mo il bianco Natale nordico pieno di neve, conun simpatico vecchietto dalla lunga barba bian-

ca, che viaggia sulla sua slitta trascinata dallerenne; un altro Natale che è invece pieno di solee di fissati dell’abbronzatura ad ogni costo; altrifesteggiati su isole lontane, che i nostri gaudentinon hanno magari mai studiato nella geografiadegli anni scolastici; poi abbiamo Natali pieni difolclore, dove i bianchi ce la mettono tutta perdiventare quasi neri, e più vicino a noi, i Natalidelle vetrine piene di luci che attraggono, mareedi persone che lottano per essere i primi a coglie-re a qualunque prezzo, l’ultimo gioiello propostodalla tecnica informatica. Su tutto e ovunquepoi, l’impero dell’albero natalizio carico divariopinte boccette e stelline luminose, che haormai relegato il presepio nel dimenticatoio. Poi,grazie al cielo, c’é il nostro Natale, quello catto-lico, che viviamo ancora tutti e che ci ricordacon nostalgia la famiglia, unita attorno al prese-pio, la Messa di mezzanotte ricca di canti nata-lizi; che dalla chiesa passeranno poi nelle stradecon l’arrivo degli zampognari. Poi subito a casaa preparare i doni, da mettere ben nascosti sottoil presepio, per sottrarli almeno sino al mattino

alla vista dei piccoli e a volte non solo dei picco-li, e giunge il momento dell’immancabile panet-tone che ci porterà subito a nanna, felici, in pacecon Dio e con gli uomini; mentre le buonemamme ancora devono dare l’ultimo tocco alpranzo più importante e bello dell’anno: “Ilpranzo con Gesù che sorride dalla sua capannanel presepio”. Gustiamolo questo evento è unaverità custodita dalla fede, che non ha mai smes-so di trasmettere la gioia dell’annuncio e di cele-brare la manifestazione dell’amore di Dio, che sifa riconoscere in questo Bimbo venuto nelmondo. L’inizio del Vangelo, di una storia doveognuno di noi guardando quel Bimbo che laSanta Vergine ci ha donato, percepisce che portauna grande meravigliosa notizia: “Gesù si è fattocome noi per farsi conoscere, per parlarci di unDio che ama. Ci invita a percorrere le strade del-l’umiltà e della bontà, vuole educarci a viverenell’amore, insieme e più umani, per dare sensoalla nostra presenza su questa terra”. Vivereinsieme, specialmente oggi che l’unità nelle fami-glie è diventata una cosa sempre più rara e trop-pi vivono malinconicamente soli, custodendogelosamente le proprie necessità, i propri segreti.Non facciamo quasi più nulla insieme, tantome-no le cose del Padre Celeste. Il nostro mondo,

specialmente quello occidentale, travolto dallesue ambizioni ha perso il senso della comunità,ha paura delle responsabilità, crea instabilità neirapporti, ha sfasciato la famiglia che crescevaunita nell’amore. Invece è proprio lì che dobbia-mo ritrovare l’amore; non va cercato nelle cose del

mondo è nella famiglia, là dove si abbraccia il figlioche sbaglia, quello disorientato senza lavoro, ilconiuge che ha ingannato, l’anziano che ha persola memoria, il fratello ammalato, il parente scon-troso. Coraggio è Natale, Gesù ci porta l’amore,e solo l’amore è capace di donarci i miracoli dicui abbiamo tanto bisogno; impegniamoci conforza, è poi quanto ci chiede il Concilio VaticanoII, che a cinquanta anni dal suo inizio, lancia unagrande sfida al terzo millennio: “Compito della

Chiesa è l’evangelizzazione di tutto l’occidente, che sta sci-

volando sempre più nell’indifferenza, nell’abbandono dei

valori morali e religiosi”. Un’evan ge liz zazione chepassa, deve passare, anche attraverso la testimo-nianza dei credenti. Siamo tutti chiamati a farrisplendere la Parola di verità che Gesù ci halasciato. Na tale, questa ricorrenza, questi giorni,invitano e offrono grande opportunità, per scuo -terci e ripartire. Un impegno necessario e doveroso; sia il nostro regalo

natalizio, donato a tutti i fratelli!

Natale...qualeNatale?

Redazione

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spiritualità

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27 Settembre 2012. Memoria di San Vincenzo De’ Paoli: Solennità per la Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Ore 15,30. Nella Chiesa grande il canto d’inizio apre la solenne Concelebrazione nella quale è inserita la Professione Perpetua di undici sorelle:

Suor Regina, Suor Christina, Suor Packiam, Suor Virginia, Suor Rose, Suor Benedictor, Suor Angelica, Suor Florence,

Suor Salome, Suor Ajitha e Suor Helena.

Riportiamo con gioia il ringraziamento che, al termine

della Celebrazione, le sorelle hanno voluto esprimere.

“Carissimi tutti, permetteteci di dire il nostrograzie che vuole essere un grandissimo DeoGratias! Con il nostro Santo noi diciamo: Deo Gratias!Sì, perchè il Signore ha posato il suo sguardo sudi noi e, nella sua infinita misericordia, ci hadonato la vita, ci ha chiamato alla fede e ci hadato una vocazione che è chiamata nella Con -gregazione delle Suore di S. Giuseppe Be -nedetto Cottolengo, nella Piccola Casa dellaDivina Provvidenza.

ammalate che ci aiutano con la preghiera e ildono di sé, sino all’ultimo respiro;Il nostro Deo Gratias anche per tutti voi carissi-mi e tanto amati ospiti, nostri familiari! In que-sta grande famiglia che tanto amiamo e in cuivivremo sempre insieme!Deo Gratias alle nostre formatrici, superiore e atutte le persone, che in questi anni ci hannoseguito nel nostro cammino di crescita nellafede, nella formazione umana e spirituale.Deo Gratias alle nostre sorelle claustrali per laloro preziosa preghiera.Deo Gratias a tutte e tutti coloro, che dalla cuci-na alla lavanderia, alla sacrestia… sono stati

operosi nel nascondimento, affinché questomomento fosse ancor più festoso per tutti!Dovunque c’è una presenza cottolenghina,diciamo Deo Gratias! Per tutti i laici, operatori,volontari, amici che ci sono vicini e collaboranocon noi in modi diversi, nella Piccola Casa dellaDivina Provvidenza”.Nella gioia, con affetto grande, vi ricorderemo aDio Padre Provvidente che vi colmi della suaGrazia e del suo amore! E …desiderando checia scuno possa sentire rivolto a sé questo grazie,con il grazie ancora al magnifico Coro cantia-mo… “Benediciamo il Signore, cantiamo DeoGratias!”

Deo Gratias, per tutti e a ciascuno di voi qui pre-senti, per chi è venuto da lontano e anche per chinon ha potuto essere qui, ma ci segue con affettoe preghiera.Deo Gratias a Padre Lino e a tutti voi sacerdoti eministri del Signore.Deo Gratias per nostri amati genitori e familiari,che sentiamo qui presenti con il loro amore.Deo Gratias a Suora Madre, a Fratel Giuseppe,a tutte le cottolenghine e i cottolenghini di ognietà e nazione che, uniti dall’unico carisma, vivo-no e donano la loro vita dove la Divina Prov -videnza li chiama.La nostra gratitudine a tutte le sorelle anziane e

Il Giorno del SÌ...Il Giorno del SÌ...

per sempre!per sempre!

notizie

di Suor Luisa Busatto

Suor Regina Suor Christina

Suor Packiam

Suor Virginia Suor Rose

Suor Benedictor

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Page 5: Rivista Incontri Mese di Dicembre 2012

Questi “scatti” che ritraggono l’abbraccio diMadre Giovanna con ogni sorella, segno del-l’incorporazione definitiva all’Istituto, diconouna gioia che “parla senza parole”… la gioiadell’adesione intima e indissolubile a Dio e del-l’appartenenza alla nuova Famiglia religiosa ealla Piccola Casa.Da queste pagine d’Incontri quale augurio pos-siamo farvi? Possiate, sorelle carissime, portarela Vita Divina dovunque la Divina Provvidenzavi chiamerà, promuovendo e prendendovi curadi ogni vita, particolarmente della più fragile eindifesa, nel nome e per amore di Colui che hadonato e, ogni giorno, continua a donare la SuaVita per noi, “affinché tutti abbiano la Vita e

l’abbiano in abbondanza!”( Gv 10,9).Portiamo insieme nel cuore le parole del nostroPadre Fondatore: “Amate Dio, andate avantialla presenza di Dio, pregate dunque, pregatesempre e… la vostra carità sia condita contanta buona grazia e belle maniere… Ri cor -diamoci pure che è una grazia tutta specialedella Divina Provvidenza, l’averci chiamate adessere i servitori di questi nostri Signori ePadroni, perciò animiamoci a servirli come nesono degni e meritevoli… Andate in nome diDio, non temete di nulla. Egli vi accompagne-rà… sebbene i rami siano molti, la pianta è unasola; perciò vi benedico e andate in Domino!”Deo Gratias sempre!

“Il regno dei cieli si può paragonare a un granel-lino di senapa, che un uomo prende e semina nelsuo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma,una volta cresciuto, è più grande degli altri legu-mi e diventa un albero, tanto che vengono gliuccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami.”

(Matteo 13,31-32 )

Il seme del Regno è deposto nel giardino delvostro cuore: metta radici profonde e cresca... fio-risca e, nella Bella Stagione che è la vostra vita,porti abbondanti frutti di amore e di gioia, di spe-ranza e di pace. Fra i rami della vostra vita pos-sano venire molti, a trovare ristoro; piegatevi al

Vento dello Spirito e offritevi come riparo e pro-tezione a chi è a terra e non riesce, da solo, a rial-zarsi; fatevi accoglienza così ch’egli possa ripren-dere energie e spiccare nuovamente il volo...Auguri! L’Amore vi attiri, vi possieda e vi so spin-ga; possiate dire, con il dono della vita, ad ogni fra-tello e sorella, quella parola decisiva “Voglio che tuci sia” e sentire, nel vostro quotidiano, la parolaconsolante del Re: “Ogni volta che avete fatto que-ste cose a uno solo di questi miei fratelli più picco-li, l’avete fatto a me.”(Mt. 25, 40)Sì. “L’amore è la spiegazione di tutto.”

(Giovanni P. II)Deo Gratias sempre!

Suor Angelica Suor Florence

Suor Salome

Suor Ajiitha Suor Helena

notizie

6 Ottobre 2012: Prima Professione religiosa di Marta e Federica

La bellezza del Regno di Dio!

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Una piccola località lontana, nel cuore deiBalcani. Un nome che apparso nell’orizzontedei nostri desideri, ha attraversato i nostri pen-

sieri e li confonde, tanto quanto se per un momen-to fossimo proiettati tra le turbolenze di un cielotardo autunnale, grigio, piovoso, ma con improvvi-si squarci d’azzurro, folate di vento carico di fogliesvolazzanti come tante piccole tortore improvvisa-mente senza nido. Un nido nel quale anche moltidi noi vorrebbero trovare rifugio e certezza. Questa località è diventata celebre verso la metàdegli anni 80, quando hanno cominciato a diffon-dersi notizie, che dal mese di giugno 1981, ad alcu-ni giovani del paese, sarebbe apparsa la VergineMaria. Vicka, M i rijana, Ma rija, Ivan, Ivanka eJakov, sei giovanetti tra dieci e sedici anni, cheaffermano di aver ricevuto e ricevono tuttora,apparizioni della Vergine, che si presenta con iltitolo di “Regina della Pace”. A ogni apparizione

lascia dei messaggi, che insistentemente invitanoalla preghiera, conversione, digiuno, riconciliazionecon Dio e con il prossimo. Ad alcuni dei veggenti laVergine S.S. ha poi affidato dei segreti che descrivo-no eventi che accadranno se l’umanità non riesce aravvedersi. Le notizie di questi avvenimenti hannofatto rapidamente il giro del mondo, suscitandoattese che si sono diffuse spandendosi in mille rivo-li, creando grande interesse in ogni parte delmondo. I veggenti sono stati sottoposti a una gran-de quan tità di test medici fisici e psicologici, daiquali è emerso che si tratta di ragazzi assolutamen-te normali e che durante le apparizioni, non vi èalcun indizio di frodi o simulazioni. Esami tramiteencefalogramma escludono ogni forma di allucina-zione o altra patologia conosciuta. Altri esami, con-dotti sui veggenti da un’equipe del l’Università degliStudi di Milano, hanno potuto accertare che duran-te le presunte estasi, i veggenti perdevano comple-tamente la percezione dell’ambiente circostante. Inconclusione, gli studiosi hanno dichiarato di nonessere in grado di fornire spiegazione scientifica alfenomeno. A tanto è arrivata la scienza; ormai cre-dere o non credere è affidato alle nostre personaliconvinzioni, alla nostra fede, al nostro coraggio diaffrontare serenamente, la lettura di queste e altreimportanti apparizioni del secolo scorso, per sco-prirne nella continuità il significato dei messaggi. Medjugorje oggi è naturalmente ormai meta dinumerosi pellegrinaggi, provenienti da tutto ilmondo. Anche chi scrive, vi è stato recentemente etenterà di incorniciare qualcuna delle sue esperien-ze. Dall’Italia per giungere a Medju gorje via terra, siattraversano Slovenia, Croa zia, Bosnia e poi final-mente arriva la Bosnia Erzegovina. Queste nazionisono collegate tra loro da una moderna autostradache li attraversa quasi completamente. Man manoche ti av vicini alla meta, cresce l’ansia dell’attesa e

non ci si stacca più dai finestrini; l’immaginario ègià dentro il clima del luogo santo che vai a incon-trare; poi vedi casupole, sempre più frequenti picco-li agglomerati, qualche edificio sparso qua e là iden-tificabile come albergo, segnale che la meta si staavvicinando. La cittadina si rivela sin da lontanooffrendoci le guglie dei campanili della Chiesa par-rocchiale di San Giacomo. Costruita nel 1892, è alcentro di una bella piazzetta om breggiata, conalberi variegati e maestosi, ricca di fiori, un belmonumento della Gospa (Madonna) e graziose fonta-ne. Alle spalle della chiesa è montato un grandealtare per la celebrazione delle Sante Messe al l’a -perto, in presenza di grande affollamento. Qui nellabella Chiesa di San Giacomo, pulsa il cuore diMedjugorje; ogni escursione nei diversi luoghi delleapparizioni, ogni visita alle opere generate dallagrazia delle apparizioni, ogni ringraziamento, ognisupplica, le lacrime di gioia, la liberazione dai dolo-ri, tutto, calca il suolo di questa

Chiesa. Qui nell’ora di ado-razione, le anime si spoglia-no di ogni ti more e final-mente libere, rassicuratedalla Mamma Ce leste, pon-gono nel le mani di Gesùtutto il sudiciume della lorovita, fi nalmente ridiventatalimpida per la grazia delperdono. Sì, molti vi parle-ranno dei luoghi delle appa-rizioni: le Croci blu, il Kri -zevac, il Pod brdo; mete cheogni pellegrino anela e rag-giunge con non poca fatica,

portando fiori da deporre su quei sassi dove si èposata la nuvoletta con la Kraljica Mira; sgranandorosari, tutti insieme in una mescolanza di linguemeravigliosamente unisone, però al ritorno è poi làdove c’è un tabernacolo, dove Gesù ti attende chevai a sostare, a deporre il tuo cuore. E lì si prega, si prega e molto, ci si confessa; file dipenitenti dall’alba sino a tarda sera, malgrado lapresenza di non meno di una trentina di confessio-nali sempre attivi. Questo è il segno di stintivo, ilmessaggio che primo si raccoglie in Me dju gorje; siprega, il resto è anche bello da conoscere, ma è cosadel mondo, si perderà presto nei ricordi; la preghie-ra no, quando avrai imparato a farla partire dalcuore, nessuno più riuscirà a strappartela. Per finire,merita una visita, la Via Crucis, la croce di dodicimetri sul Kri zevac, il Gesù Cro ce fisso di bronzo, letombe dei Padri francescani che primi credettero eper questo subirono angherie e carcere, poi le co -munità di suor Elvira e quella di suor Cor nelia, cheraccoglie le giovani vittime delle guerre che hannoin san guinato Sarajevo e Mostar. Ho incontrato que-sta suo ra, è stato come incontrare il Cot tolengo;completamente nelle mani del la Provvi denza!Devo chiudere, ma quanto mi porto daMedjugorje ve lo voglio donare: “Ho vissuto unluogo reso santo dalle preghiere, pieno di la -crime… di gioia”.

Medjugorjedi Mario Carissoni

Medju spiritualità

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testimonianze

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Domenica 8 marzo, ore 18, partenza; de -stinazione Torino, monastero cottolen-ghino di Cavoretto. Siamo sei amici che

qui vi presento: Dante che ha organizzato iltutto, Giancarlo che vi scrive, poi Benito, Gio -vanni, Angelo, e Matteo. Come ormai accadeda alcuni anni, partiamo con tutto il nostrobagaglio di forte esperienza e raggiungiamoun luogo molto silenzioso e umile, ma affasci-nante; un monastero di claustrali, dove ese-guiremo alcuni lavori di cui necessitano:manutenzioni, ripristini e miglioramentiambientali. Portiamo con noi l’orgoglio e lacaparbietà degli Alpini d’un paese che vede evive le tradizioni delle belle montagne lom-barde, ma che qui, desiderano solo presentar-si, senza presunzione, Alpini del Cot to len -

go.Vediamoli un po’ questi amici: Dante

capogruppo degli alpini di Sellero (BS), perso-na eccezionale e molto conosciuta; ha comin-ciato a frequentare il gruppo e apprezzarne gliideali; di questo gli saremo sempre grati;Benito che con impareggiabile esperienzaaffronta e risolve con competenza qualsiasilavoro; Giovanni, semplice e pieno di acciac-chi, ma che non si ferma mai e ci è d’esempio;

Angelo, elegante, discreto completa ogni la -voro con pazienza e precisione certosina;Matteo il sostegno sempre presente nel mo -mento giusto; poi ci sono anch’io, solo mano-vale, ma pare che servano pure quelli, no?Partiti domenica, lunedì di buon mattinoeccoci sul posto puntuali e pronti; c’è parec-chio lavoro da fare, la lista è molto lunga:sistemare una parete con crepe vistose, po -tare dei grossi tigli, sistemare la lunga scalina-ta che attraversa il parco, fatta a suo tempocon traversine ferroviarie ed è tutta da rifare,sistemare i rami degli alberi che si sono spez-zati per la neve, ricostruire un il pergolato dikiwi, pure lui crollato sotto la neve, potarealberi da frutta, sistemare siepi ecc... racco-gliere il tutto, per poi essere caricato per losgombero.È la settimana Santa: Il lavoro era molto maci eravamo prefissati di portarlo a temineentro il Venerdì sera, ma già il Giovedì Santodopo quattro giorni di duro lavoro, era termi-nato; così stanchi ma soddisfatti, potevamocongedarci dalle Suore; che naturalmente cihanno coperti di ringraziamenti e avvolti diabbracci pieni di gratitudine. Ci rimettiamoin viaggio, tra poche ore saremo di nuovo acasa, tra i nostri cari, pronti a rispondere alleloro mille domande curiose. Per il momentoperò è solo la piatta autostrada cheaccompagna i miei pensieri, scorro-no con la bellissima compagnia degliamici e l’allegria delle loro provoca-zioni; goliardiche e assai normali tragli Alpini. Poi la grande soddisfazio-ne per quello che hai fatto, che tiapre il cuore. Ripensi all’emozione del momentodel congedo, quando ci sentiamodire: “Alpini ritornate vero, noi

Sei alpini, amici

tuttofare

Al Cottolengo, per dare una mano

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abbiamo bisogno di voi”! Non è mica poco,mi si inumidiscono gli occhi! Qui terminaquanto ci ha scritto Giancarlo, ma non quan-to ancora può dirci di loro l’ex parroco.Come la storia di un piccolo granello di senape.Ha avuto inizio tutto, quando mi sono rivoltoai volontari dell’allora mia parrocchia, conuna richiesta di aiuto per pulire il parco dellacolonia estiva di Gignese. Son venuti subito e così questi rudi uominidella montagna, con il cuore in mano, tipicodegli Alpini; si sono trovati immersi nel lavo-ro, sì, ma anche nel cuore degli ospiti, con iquali l’amicizia è stata immediata, poi la sim-patia delle suore, la cordialità e l’accoglienzadella Piccola Casa hanno fatto il resto.Animati da Dante, che per primo mi haseguito a Biella ed è diventato il trascinatoredei suoi Alpini, ecco che tra un impegno el’altro, alternandosi trovano il tempo per glialtri; così eccoli a Biella, a Gignese, a Torinoin via Spo torno, a Bioglio, a Manziana, aPralormo. Se gui ranno poi Celle e Mon -calieri. Noi li abbiamo accompagnati nelgeneroso lavoro, ma ora non ci rimane soloche offrire il nostro più sincero Deo Gratias.Però nutriamo speranza che il contagio siestenda; ad altri “amici”, ai molti miei ex par-rocchiani, che porto sempre nel cuore!

di Don Giuseppe Ghidinelli

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nazione sacerdotale, fu nominato Se -gretario particolare di Padre Mi chelange-lo Ac comasso e poi di Padre GiuseppeMa rocco, dando prova di imparziale con-siglio, nel suggerire la soluzione miglioreper ogni controversia.È stato pure rettore della famiglia dei“Giuseppini”, dove per la sua intrapren-denza fu aperta la Scuola triennale diAvviamento Commerciale “Cotto len go”.La lungimiranza di don Francesco, risolsecosì il problema di ottenere che gli alunni,terminata la quinta elementare, avesserouno sbocco nella nuova scuola. Fi nal mente 26 maggio 1963 il Ministerodella Pubblica Istruzione riconosceva atutti gli effetti la Scuola Media delCottolengo..Per qualche anno è stato anche rettore del -l’Istituto Cottolengo di Mappano, dove eranoricoverate le persone affette da epilessia, checontribuivano per la cernita mirata dei mate -riali, ricavati dalle apparecchiature telefonichein disuso, fornite dalla Stipel.Don Francesco era un valido conoscitore dellalingua dei segni (LIS) per colloquiare coi sordo-muti, nelle Omelie, nella Catechesi e così via.Si é sempre distinto per la sua laboriosità e ret-

testimonianze

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Don Francesco è stato, oltre che un carissimoamico, anche un bravo consigliere che hacambiato il corso della mia vita. Parte della

mia giovinezza l’ho trascorsa lavorando faticosa-mente nei campi agricoli della cascina Isola diLangosco. Dopo sette anni, ho ripreso gli studiinterrotti dopo la quinta elementare. Con buonavolontà ho affrontato l’esame da privatista delletre medie inferiori, in un solo anno, grazieanche alle lezioni di latino di don Francesco.Così mentre servivo la Patria da militare, hosuperato l’esame della seconda superiore, sem-pre da privatista. Finalmente sono arrivato aldiploma tanto agognato.Don Francesco mi ha sempre incoraggiato,facendo leva sul fatto che quando si inizia il per-corso, occorre mettere tutta la buona volontàper giungere alla meta prefissata.Don Francesco durante le vacanze estive chetrascorreva a Langosco, era molto attivo nell’in-segnare nuovi canti religiosi a noi giovani, ren-dendo solenni le funzioni che si svolgevano nellanostra bella chiesa. Era riuscito anche a farciimparare un’operetta: “La scuola d’un villag-gio” di G. Costamagna, dove con la mia voce da

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titudine che non ammetteva eccezioni all’ordinee precisione.È stato pure Assistente dell’Associazione Exallievi cottolenghini.Per la sua correttezza era diventato direttoreresponsabile di “INCONTRI”, il periodico dicollegamento delle famiglie cottolenghine, dal1982 al 1992.Durante la sua direzione il Bollettino ebbe unimpulso particolare, migliorando la veste tipo-

grafica e assumendo un mi -surato orientamento negliarticoli che riguardavano la“Piccola Casa”. Don Fran -cesco svolse sempre gli impe-gni affidatigli con meticolosaattenzione, cercando la perfe-zione.Purtroppo, dopo una lunga

degenza all’ospedale Cotto -lengo di Torino è mancato il4 gennaio 1999. Ora riposanel cimitero di Langosconella tomba di famiglia.Rimane in tutti coloro chel’hanno conosciuto, un vivoricordo di Lui e delle opereche ha intrapreso.

tenore, cantavo la parte del burbero maestro delvillaggio, accompagnato dal pianoforte. PerLangosco era stato un avvenimento, per un picco-lo paese privo di svaghi.Don Francesco era stato ordinato sacerdote il 29giugno 1950 nella chiesa grande del Cottolengo.La seconda Messa la celebrò a Langosco, suopaese natale, il 9 luglio 1950. Per festeggiare quest’avvenimento, era giunta aLangosco la Cantoria degli invalidi del Cot -tolengo di Torino. Per portarli sopra l’orchestradove è posto l’organo, noi giovani dovemmo cari-carli sulle spalle e percorrere due rampe di scale.Dopo aver cantato La Messa del maestro LorenzoPerosi, li riportammo nel salone dove si pranzava.Nel pomeriggio, la Parrocchia e il Comune diLangosco, organizzarono un’ Accademia corale emusicale, con la partecipazione della cantoriadegli Invalidi e delle corali maschili e femminili,che per la prima volta cantarono assieme. Don Francesco era nato a Langosco, in provinciadi Pavia, ma sotto la diocesi di Vercelli, il 24 apri-le 1925. Era entrato nella famiglia dei “Tom -masini” della Piccola Casa del Cottolengo diTorino nel mese di ottobre del 1938. Dopo l’ordi-

di Eusebio Mattea

Un sacerdotetutto d’unpezzoDon Francesco Balzaretti nel ricordo di un suo allievo e conterraneo.

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così unici che non è possibile descrivere... però io e te li conosciamo, veromamma? Non si possono spiegare con le parole, ma solo con le emozioni...e con le energie sottili che si scambiano.

Mamma, come vorrei che tu riuscissi a comunicarlo a tutte quelle per-sone che ignorano la danza delle nostre varie esistenze... ma per ora nonimporta, mi basta averlo comunicato a te, che in fondo lo sapevi già... mavolevo darti una conferma della tua intuizione. Noi tutti siamo esseri di luce,che ogni tanto scendono sulla terra a imparare una “pagina” di lezione. Lenostre due luci sono così simili che si sono riconosciute, tu sei nata peraspettarmi ed io sono arrivato, tutto com’era scritto: con una penna dal-l’inchiostro dorato.

Ti abbraccio, mamma, ti ringrazio e di essere come sei e di darmi tutto iltuo amore. Non preoccuparti mai, stai già facendo tutto, abbi solo fiduciaquanta io ne ho in te e continuiamo la nostra danza, con la musica che gliAngeli hanno composto solo per noi.Ti amo, mi ami... perché l’amore è larisposta ad ogni cosa.

Il tuo bambino

testimonianze

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Lettera di un bambino diversamente abile alla sua mamma.

Lettera di un bambino diversamente abile alla sua mamma.CaraMamma,

Lo so che non è stato facile... ma ti voglio raccontare una cosa, che forsenon sai. Ogni anima, prima di incarnarsi, sa già quale percorso deve com-piere, così anch’io sapevo che sarei nato per vivere un certo tipo di espe-rienza. Lo sapevi?

Ci sono anime più o meno evolute, ma adesso non pensare a quello cheviene più logico... non è proprio così. La scelta di nascere e vivere un’esisten-za, diciamo “difficile”, è una scelta dura e faticosa, ma anche una sceltad’amore che solo anime molto sensibili ed elevate possono permettersi difare.

Non riesci a spiegartelo? Non è facile da capire, non tutto è semplice, macredimi, non è la manifestazione fisica che conta... e tu sai che la mia èun’anima pura e bellissima: questo conta, questo lo hai capito subito dallaprima volta che mi hai stretto tra le braccia... del resto ognuno di noi si sce-glie i genitori, ed io vi ho cercati e vi ho trovati, che bello! Dovevo esseresicuro di essere accettato e amato completamente, dovevo trovare due per-sone così stupendamente... insomma voi due.

Spero ti faccia piacere sapere che stai svolgendo un compito superiore,che non è da tutti, che ti è affidato dal cielo. Sai, alcune mamme, non tu loso, vivono questa esperienza male, quasi come una punizione e non sanno cheè un premio da un “essere” che ha tutta la capacità e l’amore per vivere untipo di esperienza così delicata e a volte faticosa, ma che sa dare momenti

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“Ti piacerebbe intervistarmi?”, Dio mi domandò.“Se hai tempo” gli dissi.

Dio sorrise. “Il mio tempo è eterno, che cosa vuoi domandarmi?”“Che sorprese hai per l’umanità?...”E Dio rispose...“Siete così ansiosi per il futuro, perché vi dimenticate del presente.”“Vivete la vita senza pensare al presente o al futuro.”

“Vivete la vita come se non dovreste morire mai, e morite come se non aveste mai vissuto....

Avete fretta che i vostri figli crescano, e appena crescono volete che siano di nuovo bambini.”

“Perdete la salute per guadagnare i soldi e poi usate i soldi per recuperare la salute.”

Le mani di Dio presero le mie e per un momento restòin silenzio, allora gli domandai...“Padre, che lezione di vita desideri che i tuoi bambini imparino?”

Dio rispose con un sorriso:“Che imparino che non possono pretendere di essere amati da

tutti, però ciò che possono fare è lasciarsi amare dagli altri.”“Imparino che ciò che vale di più non è quello che hanno nella

vita, ma che hanno la vita stessa.”“Imparino che non è buono paragonarsi con gli altri.”“Imparino che una persona ricca non è quella che ha di più, ma

è quella che ha bisogno di meno.

“Imparino che in alcuni secondi si ferisce profondamente una

persona che si ama, e che ci vogliono molti anni per cicatrizzare

la ferita.”

“Imparino a perdonare e a praticare il perdono.”“Imparino che ci sono persone che vi amano profondamente, ma

che non sanno come esprimere o mostrare i loro sentimenti.”

“Imparino che due persone possono vedere la stessa cosa in modo

differente.”

“Imparino che non si perdona mai abbastanza gli altri, però sem-

pre bisogna imparare a perdonare se stessi.” “E imparino che IO sono sempre qui.”“SEMPRE”

ho sognato

d’intervistareDIO

spiritualità

1918

“Imparino a perdonare

e a praticare il perdono.”

ho sognato

d’intervistareDIO

Redazione

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Oggi ho dovuto prendere la macchina eaccompagnare a casa i resti di una personamorta parecchi giorni prima nel nostro

ospedale. Era tempo che non facevo più questoservizio. Da tempo mi sono convinto che nonpossiamo permettercelo perché le strade sonopessime, le nostre automobili vecchie e le forzeinevitabilmente misurate. Sempre, inoltre, dob-biamo fare i conti con le non indifferenti spese dicarburante.Ma la situazione oggi era diversa: si trattava diun uomo morto da più di 10 giorni, e collocatoin cella frigorifera nel nostro obitorio. Già stavopensando di seppellirlo nel cimitero interno del-l’ospedale, ma sono stato dissuaso dal “PublicHealth Technician” che mi ha detto che perlegge dovevo aspettare fino a 15 giorni. Poi, conmia sorpresa, due giorni fa è arrivata una

bambina di non più di 14 anni. Era impauritaed evidentemente poverissima: cercava suopapà e nessuno dello staff aveva il coraggio didirle che il suo babbo non c’era più. Ancora

una volta è toccato a me. È stato uno di queimomenti terribili, in cui dici a te stesso chedavvero fare il medico è spesso molto amaro. La piccola parlava un Kiswahili (lingua bantu)stentato ma mi capiva a sufficienza. Io sonopartito da lontano e le ho detto che suo papàera stato molto male, e per tanti giorni, senzavedere nessuno. Le ho quindi chiesto: “comemai la mamma non è mai venuta a visitarlo?Ha altri bambini piccoli da accu dire?” Sonoseguiti interminabili momenti di silenzio in cuila piccola guardava nel vuoto e non risponde-va. Al che, da buon Occidentale senza pazienza,io le ho dato la notizia in modo abbastanza bru-sco e sbrigativo perché sentivo già una tensioneinteriore crescermi dentro pensando alla coda dipazienti che ancora aspettavano fuori.La bimba non ha pianto e mi ha detto chesarebbe tornata “kesho kutwa” (dopo duegiorni). Ho cercato di recuperare e di esseremolto tenero nella continuazione del discorso,ma ormai lei voleva andare via. Le ho doman-dato se voleva vedere il suo papà nella camera

mortuaria, ma lei ha detto di no con un eviden-te gesto di paura. È quindi partita, promettendomi di tornarecome stabilito.Ed infatti è successo proprio così, ma invece diveder arrivare un “Land Rover” scassato epieno di parenti in lacrime, ho rivisto la stessabambina, che era tornata a piedi e senza alcunmezzo per il trasporto del cadavere… non par-liamo neppure di soldi. Anche i vestiti eranoquelli che aveva addosso il nostro primo incon-tro.Ancora una volta ho permesso al mio congeni-to razzismo di avere la meglio per un attimo, edho detto allo staff: “questo è il solito trucco.Mandano una bambina senza soldi, così lo “Mzungu” (uomo bianco) porta a casa il cadave-re gratuitamente”.È l’una del pomeriggio, e la situazione in ospeda-le sembra abbastanza tranquilla. Il Dr Ogembo èpresente ed in caso di cesareo urgente può inter-venire lui. Prendo la decisione in un attimo:“Vado io a portare il morto a casa, così posso

Nongiudichiamoi poveri

Quante volte giudichiamo i poveri e ci sentiamo migliori

di loro... che mistero la sofferenza dei poveri!

di Fr. Beppe Gaido

voci da Chaaria

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Nongiudichiamoi poveri

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anche dire la mia a questi adulti irresponsabiliche cercano di fregarci anche nel momentodrammatico della morte di un congiunto”.Prendo la macchina più vecchia (la spugna comeè ormai conosciuta anche da tutti i volontari),carico il corpo di quel papà e poi faccio salire almio fianco la piccola Kendi, che è molto timidaed allo stesso tempo ha una gran paura a starenella stessa auto dove è collocato il defunto.Dopo lunghe trattative con la piccolina chevo leva tornare a piedi, ci avviamo insiemeverso Gachua (a circa 14 km). Per convincerlaa salire, le ho dovuto dire che non conoscevola strada e che non sarei mai arrivato a casasua da solo. In macchina le chiedo del funera-le: lei dice che verrà un catechista perché nes-sun prete era disponibile. Le domando, quin-di, se nella sua famiglia sono catto lici: lei fa unsegno di assenso con il capo. Guido lentamen-te tra le buche e non so cosa dire. Provo moltatenerezza per questa bimba malvestita edimpolverata. Tra l’altro nella furia di scoprirel’inganno degli adulti che non si erano presen-tati, non le avevo neppure offerto un pezzo dipane o un po’ di “Chai”. Le ho chiesto seaveva fame, e lei mi ha detto che non mangia-va da più di 24 ore. Inchiodo la macchina aGiaki e compro una confezione di pancarrè eduna bottiglietta di succo d’arancia. Lei accettasubito. Stringe il malloppo al petto e non man-gia nulla.Quando arriviamo a Gachua le chiedo dove èla sua casa. Lei mi fa entrare in un sentierosempre più stretto, fino al punto di continuareil viaggio nei campi per almeno qualche chilo-metro. Mentre vado su e giù per i dossi, leisempre mi ripete che siamo arrivati, ma intan-to io continuo a guidare.A un certo punto mi dice di fermarmi: alla miadestra un tugurio di fango e paglia, un gruppo dibambini più piccoli di lei ed una vecchia quasicieca seduta sotto una pianta. Le ho chiesto:

“ma dove sono gli altri?” Mi risponde che, aparte i suoi fratellini e la nonna, erano morti tutti.Io, quasi senza rendermi conto che la miadomanda avrebbe aumentato il suo dolore, lechiedo: “e la mamma?” Kendi mi dice che è gra-vissima all’ospedale distrettuale di Meru, ma chenon sa ancora che il papà è morto. “Ieri sonoandata a Meru a piedi a vedere la mamma e le hodetto che il babbo migliora. Allora la mamma miha detto di ricordargli di non bere tanto e di ini-ziare a seminare perché è stagione delle piogge.Ora che lui non c’è più non so chi seminerà”. Lamia confusione è totale e non so cosa dire: erovenuto quasi per riscuotere i soldi che loro nonavevano pagato per l’ospedale, ed il Signore miha dato un’altra legnata. Una di quelle che, nella loro umiliazione, solo ipoveri ti sanno dare. Che brutto quando abbiamo dei preconcetti,quando pensiamo di giudicare le intenzionidegli altri, quando crediamo di sapere tuttodella situazione del nostro prossimo. Io, al di làdel fatto che nessuno ha pagato per questo rico-vero, non ho mai saltato un pasto, ho la corren-te elettrica e l’acqua in casa. Ho un’automobilequando ne ho bisogno e posso usare Internet.Qui non c’è niente, neanche un gabinetto, el’acqua bisogna andare a prenderla al fiume.Che stupido sono stato! Il Signore voleva farmicapire che si possono coltivare sentimenti di raz-zismo anche quando si pensa di donare la pro-pria vita come missionari. Quante volte giudi-chiamo i poveri e ci sentiamo migliori di loro...e questo non è bello!Kendi ha poi preso l’iniziativa perché io ero para-lizzato. Mi ha aiutato a scaricare il ca davere e aporlo sulla nuda terra vicino alla fossa appenascavata. I bambini non c’erano più. Li avevamandati via, in una famiglia di vicini a giocare: “non voglio che si fermino al funerale… sonotroppo piccoli. Ca pi ranno più avanti quello che ècapitato al papà”.Intanto è arrivata un po’ di

gente: si è sistemata in silenzio, seduta sull’erba,aspettando l’inizio della cerimonia. Da ultimo,con il proverbiale ritardo dell’”african time” si èpresentato anche il catechista. Non avevo intenzione di fermarmi alla celebra-zione: avevo tanto da fare in ospedale. Ho datouno sguardo a quel cadavere avvolto in un len-zuolo, vicino alla fossa in cui sarebbe stato posto.Ho salutato Kendi e le ho detto di essere forte.Senza troppa convinzione ho aggiunto: “vedraiche la mamma tornerà presto!” Le ho quindipromesso che l’aiuterò se avrà bisogno di me.Ho detto una preghiera e sono salito in macchi-na, mentre ancora il catechista dava ordini sucome la celebrazione si sarebbe do vuta svolgere.E tra me penso e ripenso: che botta al cuore. Che lezione di vita da parte di quella poverissi-ma bambina che certo vor rò aiutare. So cheanche sua mamma non ce la farà, perché pur-troppo so di cosa è morto il marito. Chissà seanche Kendi è affetta da HIV. Forse lei no, per-ché è troppo grande, ma i piccoli possono essere

certamente positivi. Che disastro questa malat-tia… che mistero la sofferenza dei po veri!”Il mio umore è terreo, ma mi ripropongo diandare a trovare Kendi prestissimo, magari do -menica pomeriggio… e poi cercheremo d’aiu-tare questa situazione così terribile. Lasciamosolo che passi qualche giorno dal funerale.Dobbiamo fare il test a tutti quei bambini emagari iniziare, se risultassero positivi, la tera-pia antiretrovirale. Già, ma poi chi li segue? Chi darà loro le medi-cine al momento opportuno? Chi procureràloro il cibo o il necessario per la vita? La nonnaè vecchia e quasi non ci vede. Sarà tutto sullespalle di Kendi. Ma lei ce la farà?Ed insieme mi ritorna un’autocritica continua:perché ho giudicato questi poveri senza conosce-re? Perché al di là delle apparenze sono ancorarazzista? Perché penso sempre che gli altri mivogliano fregare invece di dar loro fiducia? Sono davvero un peccatore e oggi, di nuovo,l’ho toccato con mano.

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voci da Chaariavoci da Chaaria

Page 13: Rivista Incontri Mese di Dicembre 2012

volontariato

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A ccingendoci a intraprendere un nuovo eambizioso progetto, suggeritoci dai re spon -sabili e redattori della rivista “Incontri”, che

ci mette a disposizione alcuni spazi sui numeriche saranno pubblicati, non possiamo prescinde-re dall’esaminare le ragioni di questa iniziativa.Perché uno spazio sulla rivista, dai volontari peri volontari? L’obiettivo non è solo quello di farsentire la voce di tutti sui temi principali delleattività del volontariato, ma anche quello dimostrare che noi volontari attaccati talvolta dasterili critiche, siamo in grado di essere partecipidelle vicende che ci circondano e delle opportu-nità che ci vengono offerte o che spesso creiamonoi stessi. Un plauso quindi ai redattori eresponsabili della rivista Incontri, per la disponi-bilità offertaci, e al Presidente dell’AssociazioneVolontari del Cot tolengo, che ha avuto il corag-gio di aderire all’offerta di dare vita a uno spa-zio sulla rivista, coinvolgendo nella scrittura ungran numero di volontari.

Il giornale di noi “volontari”

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Un breve spaccatodi esperienza divolontariato nellaPiccola Casa

Da alcuni anni svolgo il mio servizio di volonta-

riato nell’ambito della Piccola Casa della Divina

Provvidenza – Cottolengo di Torino. La mia atti-

vità riguarda l’assistenza saltuaria agli ospiti, e

proprio attraverso questa esperienza ne ho

motivo di grande gioia per l’opportunità che mi

viene offerta di entrare in contatto con suore,

volontari ed ospiti di tutte le età, e di tutte le

provenienze. L’aspetto più coinvolgente del

mio (spero) aiuto, è rappresentato dal rapporto

di cordiale empatia che si viene ad instaurare

con tutti. L’esperienza riportata anche in occa-

sione di feste, gite ed altre manifestazioni, mi

offre motivo di riflessione profonda circa l’es-

senza dell’essere umano, che nella sua insop-

primibile dignità è sempre e comunque portato-

re di valori e di peculiarità di grande attrattiva.

Una rivista importante è certo una palestra doves’impara a esprimere le proprie opinioni, a con-centrare le proprie idee negli spazi disponibili, ausare un linguaggio chiaro e diretto. Siamo con-sapevoli che tutto passa e tende a scomparire len-tamente come una deriva senza fine. La storiadell’umanità ci ha portato un grande bagaglio diricchezza tramite la cultura e la conoscenza.Noi volontari possiamo alimentare con il nostrocontributo la testimonianza di un pezzo di que-st’avventura. C’è però il rischio che certe cose si perdano. Ognivolontario faccia quindi mente locale, consideran-do che prima o poi alla fine certe cose rischiano diessere buttate per sempre o dimenticate; “mettaquindi nero su bianco” i suoi commenti, le sueopinioni, le sue esperienze, affinché nulla vadaperduto!Ci auguriamo quindi che la pubblicazione dellarivista arricchita dai nostri spazi continui semprecon il coinvolgimento dei volontari cottolenghini.

di Franco Marangoni

Ci impegniamo noi non glialtri.

Unicamente noi e non gli altri,né chi sta in alto, né chi sta inbasso, né chi crede né chi noncrede. Ci impegniamo che altris’impegnino, con noi o per loroconto, con noi o in altro modo.

Ci impegniamo senza giudica-re chi non s’impegna, senzaaccusare chi non s’impegna,senza condannare chi nons’im pegna, senza disimpegnar-ci perché altri non s’impegna.

Ci impegniamo perché non po -tremmo non impegnarci. C’èqualcuno o qualche cosa innoi, un istinto, una ragione,una vocazione, una grazia,più forte di noi stessi.

Ci impegniamo non per rior -dinare il mon do, non per ri -farlo su misura, ma per amar-lo; per amare anche quel lo chenon possiamo ac cettare, anchequel lo che non è amabile, an -che quello che pare rifiutarsial l’amore, poiché die tro ognivolto e sotto ogni cuore c’è,insieme a una grande storiad’a more, il vol to e il cuore del-l’amore.

Ci impegniamo perché noi cre-diamo nell’amore, la sola cer-tezza che non teme confronti,la sola che basti per impegnar-ci perpetuamente.

di Franco Marangoni

Page 14: Rivista Incontri Mese di Dicembre 2012

L’inizio della mia attività nel laboratorio diradiotecnica, risale a circa dodici anni fa,quando una domenica mattina, dopo la

Santa Messa delle dieci, ho pensato di chiede-re informazioni, per poter mettere a disposi-zione della Piccola Casa, le mie conoscenzenel campo della radio. Mi sono rivolto allaportineria del n. 14 e gentilmente la Suora miha fatto parlare con Don Lino, al quale hoesposto il mio desiderio. Per definire la mia possibile partecipazionesono stato indirizzato al responsabile di infor-matica. In quel reparto ho iniziato con piccolilavori, poi per esigenze tecniche, sono venutoa contatto con il responsabile del laboratorio

radiotecnico, Renato Bau. Con lui ho subitocondiviso l’interesse per la radiotecnica e lenecessità che aveva il suo laboratorio. Da quelmomento il mio lavoro si è alternato tra infor-matica (dove riparavo stampanti e varie partielettroniche del computer) e il laboratorio diRenato, dove rivivevo il mio lavoro di radiotec-nico; lavoro che ho svolto durante l’arco ditanti anni, nel laboratorio di mia proprietà. Illaboratorio del Cottolengo, allora situato al 1°piano della famiglia Sant’An tonio, mi ha subi-to colpito, per la vastità e la varietà degli og -getti che venivano portati a riparare; dalla pic-cola radiolina al televisore da 28 pollici, dalguasto banale di una radiosveglia ai rasoi elet-

trici (grande specialità di Renato), per il mate-riale di ricambio, in parte nuovo e parte recu-perato da apparati in demolizione, e per lastrumentazione più che ottima e varia, di cuiera dotato. Al momento del pensionamento di Renato sipensava, per vari motivi e mancando unresponsabile, di chiudere il laboratorio. Hoallora proposto all’Ufficio Lavori, di continua-re l’attività, assumendomi, come volontario,l’impegno di una presenza per quattro pome-riggi settimanali. Il tutto fu accettato, anchedalla Direzione della Piccola Casa. Il laboratorio con tutte le attrezzature è statospostato nella zona delle Officine, ed è ritorna-to in piena attività. Le richieste d’interventosono sempre numerose, una media di due o treal giorno, incrementate in questi ultimi annidalla presenza della TV digitale terrestre, coni suoi vantaggi ma anche le tante disfunzioni.Le riparazioni sono (come già detto) le più sva-riate; alcune chiedono grande impegno, altresono banali guasti; il tutto porta però alleComunità, il vantaggio di avere sempre qual-cuno che può intervenire e seguire le loro esi-genze man mano che si presentano. La mancanza più grande che si sente in questomomento è quella dei ricambi dei videoregi-stratori, di cui le Comunità delle Suore fannomolto uso. La Provvidenza, con donazioni di

Laboratorio di radiotecnica

nelle Piccola Casa

Laboratorio di radiotecnica

nella Piccola Casa

di Pier Paolo Bavassaro

testimonianzetestimonianze

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apparati smessi dai privati, ci aiuta a sopperiree integrare i materiali che il commercio riescea reperire. In laboratorio abbiamo più di sei-cento cassetti, dove vengono classificati i varipezzi di ricambio. Mio interesse è recuperare levarie parti utili, sia dai televisori che dalle radiomandate in demolizione; con la manualitàcreo parti meccaniche mancanti, con il cervel-lo usato al massimo, cerco di sopperire al tuttoe accontentare il più possibile tutti. Devo ringraziare vivamente la Di rezione dellaPiccola Casa; questa opportunità ha permessoalla mia persona e al mio cervello, di esseresempre attivo e rimanere, nella ricerca e nellavoro, giovane nello spirito e nel corpo. Dadue anni sono affiancato da Germano (anchelui volontario), che svolge ormai tutto il lavorodi riparazioni delle stampanti per In for matica.Ho scritto queste poche righe sul laboratorioradiotecnico, in particolare per ricordareRenato, un dipendente invalido cresciuto nellaPiccola Casa. Dopo una breve malattia, daappena pochi mesi ci ha lasciati. A lui va uncaro ricordo, e il grazie di tutta la grandecomunità della Piccola Casa.

Renato Bau

Page 15: Rivista Incontri Mese di Dicembre 2012

“I nuovi poveri” non vivono necessaria-

mente nelle degradate periferie urbane

ma “vicino a noi, alla porta accanto”.

Spesso si trovano a gestire una famiglia

numerosa, si sono ammalati, hanno perso

il lavoro, sono finiti in cassa integrazione

o sono semplicemente invecchiati.

“Il raggio di azione della povertà economicasi sta progressivamente allargando – silegge nel XI Rapporto su povertà ed esclu-sione sociale in Italia, curato da CaritasItaliana e Fon dazione Zan can – e coinvolgeun numero crescente di persone e famiglietradizionalmente estranee al fenomeno.Per le nuove famiglie povere, la povertà nonè sempre cronica, ma rappresenta unasituazione episo dica del proprio percorsobiografico. Non è il prodotto di processi diesclusione sociale irreversibili, ma di un“più generale modo di vivere, di una instabi-lità delle relazioni sociali, di una precarietàche coinvolge il lavoro, le relazioni familiarie l’insufficienza del sistema di wel fare”.

oggi

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La “povertà” è la condizione di singole

persone o collettività umane nel loro

complesso, che si trovano ad avere,

per ragioni di ordine economico, un “limi-

tato accesso a beni essenziali e primari”,

ovvero a beni e servizi sociali d’importan-

za vitale. La povertà diventa “pauperismo”

quando riguarda masse che non riescono

più ad assicurarsi i minimi mezzi di sussi-

stenza: è questo un fenomeno collegato a

una particolare congiuntura economica

che porta al di sotto del minimo di sussi-

stenza una gran parte della popolazione.

“In questi ultimi anni, molti di coloro cheoperano nell’assistenza pubblica e nelleorganizzazioni caritative segnalano lacomparsa di una nuova categoria di pove-ri: “hanno un lavoro, ma non un reddito

sufficiente” per pa gare l’affitto.Alloggiano dove possono: in un centrod’accoglienza, presso amici o addiritturanella propria automobile”.

Lanuova povertàin Italia

di Davide Luzzi

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“Alle sette e mez za del mat tino si inizia afare la fila: erano anni che non si ve devatan ta gen te cercare di vendere i gioielli difa miglia o un og getto per po ter fare la spe -sa. I Monti di Pietà – come i “Com pro Oro”– fotografano la crisi che cresce in Italia trai nuovi poveri”.“Faceva il venditore di spazi pubblicitari,veniva ogni mattina in ufficio perfettamen-te rasato, con l’abito, la camicia e la cravat-ta, l’orologio da polso e la borsa di pellepiena di contratti in bianco. Faceva i suoigiri presso i clienti, rientrava in ufficio apomeriggio inoltrato e si fermava fino asera per lavorare al computer. Tempo doposeppi che quest’uomo aveva un se greto. Acausa di un divorzio oneroso era finito conle spalle al muro e non poteva più permet-tersi di pagare l’affitto di una casa. Aveva venduto la macchina e si era tenutoun box nel quale tornava la notte per dormi-re. Per l’igiene personale usava i gabinetti diuna stazione. I sabati, le domeniche e i gior-ni di festa li passava a spasso per la città.”

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Paradiso...

3130

Un uomo di novantadue anni, piccolo,molto fiero, vestito e ben rasato, unamattina alle otto, con i suoi capelli per-

fettamente pettinati, trasloca in una casaper persone anziane. Sua moglie di settant’anni è recentementedeceduta, cosa che lo obbliga a lasciare lasua casa. Dopo parecchie ore di attesa nella halldella casa per anziani, ci sorride gentil-mente quando gli diciamo che la sua came-ra è pronta.Mentre si reca fino all’ascensore con il suodeambulatore, gli faccio una descrizionedella sua piccola camera, includendo ildrappo sospeso alla sua finestra cometenda. “Mi piace molto”, dice con l’entusiasmo diun ragazzino di otto anni che ha appenaricevuto un nuovo cucciolo. “Signor Vinto, lei non ha ancora visto lacamera, aspetti un attimo”.“Questo non c’entra niente”, dice. “La felicità è qualcosa che scelgo a priori. Chemi piaccia la mia camera o no, non dipendedai mobili o dalle decorazioni – dipende piut-tosto dal modo in cui la percepisco.“Nella mia testa è già deciso che la miacamera mi piace. È una decisione cheprendo ogni mattina al mio risveglio.”

“Posso scegliere, posso passare la giornata aletto contando le difficoltà che ho con leparti del mio corpo che non funzionano,oppure alzarmi e ringraziare il cielo perquelle che funzionano ancora.” “Ogni giorno è un regalo e finché potròaprire i miei occhi, focalizzerò sul nuovogiorno e su tutti i ricordi felici che ho rac-colto du rante tutta la mia vita.”“La vecchiaia è come un conto in banca. Prelevi da ciò che hai accumulato.”Perciò, il mio consiglio per voi, sarebbe dide positare molta felicità nel vostro conto inbanca dei ricordi.Grazie di aver partecipato a riempire ilmio conto in banca, dove continuo a depo-sitare.

Il vecchiosaggio

testimonianze

Francesco LeggeroPREGHIERA

O Dio, tu sei il nostro Padre,e come ogni buon Padre vuoi il nostro bene.

Noi tuoi figli ti preghiamo.In questo periodo di malattia ci affidiamo a te

con la certezza che farai tutto il possibile per sollevarci ed esserci vicino

Noi abbiamo fiducia in te,solo tu sai leggere nel nostro cuore e comprendere la nostra sofferenza.

Perdona il nostro umano sconforto, quando ci sentiamo soli e donaci sempre la forza

per compiere la tua volontà, qualunque essa sia.Te lo chiediamo nel nome di Gesù e di Maria,

che durante la loro vita terrena hanno sofferto come noi.Amen.

Luigina e Francesco. Deo gratias sempre!!!

Francesco è partito per il Cielosabato 3 novembre in punta di pie -di, silenziosamente, come era vis-suto. Uomo profondamente creden-te, onesto, lavoratore, mite, umile,paziente fino all’ultimo: come ilServo del Signore, come Gesù, sen -za un lamento. “Quieto e sereno,come un bimbo in braccio a suamadre” (Sal 131,2).

13-2-1937 / 3-11-2012

Vieni, servo buono e fedele:

PadreMichele Pagani

65 anni di missione

Con lettera del 26 settembre 2012 Padre PietroGalbiati, PIME ci comunica da Hong Kong che il 13settembre 2012 PADRE MICHELE PAGANI,PIME è stato chiamato dal Padre celeste a ricevereil premio riservato ai Suoi servi fedeli. PadreMichele, nato il 19 agosto 1920, frequentò gli studiginnasiali dal 1932 al 1937 presso la Famiglia dei

Tommasini (Cot tolengo -Torino). Emise il giura-mento perpetuo come membro del PontificioIstituto per le Missioni Estere il 7 agosto 1943 evenne ordinato sacerdote il 18 dicembre 1943. Fumissionario in Cina dal 1947 al 1952, quando fuespulso. Da allora risiedette sempre a Hong Kong,dove lo raggiunse l’ultima chiamata. Lo ricordiamocon affetto, gratitudine e ammirazione in quanto Exallievo, in quanto missionario e in quanto assiduolettore di INCONTRI. Il Padre Galbiati infatti cosìci informa: “Io so che Padre Michele riceveva conpiacere il periodico “Incontri”, ricordando i suoianni di seminario passati al Cottolengo”. Deo gra-tias. “Prendi parte alla gioia del tuo Signore”

La Redazione

Desidero ringraziare vivamente tutti i Figli e le Figlie della Piccola Casa: Suore, Sacerdoti, Medici, Infermieri, Amici del Cottolengo, Ospitie Volontari… che hanno partecipato al mio dolore per la malattia e la rapida dipartita di mio fratello Francesco. La vostra “carità” si è espres-sa in vari modi, ma sempre c’era il cuore di chi comprende e ama. La mia famiglia di sangue ora è stata per intero trasferita nei Cieli, maquaggiù ci siete voi, Amici, Figli e Figlie della Piccola Casa. Voi rendete meno amara la separazione dai miei Cari; mi aiutate ad affronta-re, per viverla positivamente, la solitudine del cuore, voi, che camminate con me alla luce della Fede con passi di Carità verso la Patria comu-ne alla quale siamo diretti e dove siamo attesi. DEO GRATIAS SEMPRE LUIGINA LEGGERO AGHEMO, Amica del Cottolengo.