Rivista Senso & Gusto - Gennaio 2013

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Ricette, Curiosita, Moda & Tendenze, Nutrizionista, Wedding Planner, Inchieste, Storie del Cibo,e tanto altro .....

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ssoommmmaarriioo

Senso&Gusto - mensile gratuitoAutorizzazione del Tribunale di Velletri n. 08/12 del 19/04/12

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via dei Ciliegi, 1 - 00040 Pavona (RM)

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Redazione e segreteriaVia Latina, 23 - 00041 Albano Laziale (RM)

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inviati alla redazione. Salvo accordi scritti le

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ritenersi gratuite e non retribuite.

Editoriale 5

Le storie del cibo 7

Il Ristorante 9

Il parere dell’esperto 11

Weekend&Relax 13

La ricetta del mese 15

Il mondo delle donne 17

L’angolo dei golosi 19

Pianeta vino 21

Magie di notte 23

Il benessere a tavola 25

Appuntamento con la beneficienza 27

Moda e tendenze 29

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E ditoriale

La politica dei prezzi onestisolo così si può combattere la crisi

Ho trascorso la fine dell'anno in Toscana, come accade da

tempo, una Regione molto bella da molti punti di vista. A

cominciare dall'accoglienza, passando per la sua storia, per

il notevole patrimonio culturale, per le sue bellezze artistiche, per la

sua natura conservata con intelligenza e le sue tradizioni gastronomi-

che. Una “summa” di cose, che rendono la Toscana un punto di rife-

rimento del turismo nazionale e internazionale. Quello che mi viene

da pensare, è che nella nostra nazione non è l'unica a possedere que-

ste prerogative. Eppure loro stanno un passo avanti a tutti, le diffe-

renze risiedono nelle strategie e nel modo di intendere il turismo. Non

dico che i visitatori siano coccolati, però vengono messi a loro agio e

nelle condizioni di sentirsi come fossero a casa loro.

Perché ho fatto questa premessa? Perché, purtroppo nella nostra

Regione ciò non accade. Il principio che indirizza la politica degli

operatori è quella di sfruttare al massimo il turista, con la conse-

guenza che quest'ultimo finisce per abbandonarti e rivolgere le sue

attenzioni altrove. Sopratutto in questo momento di difficoltà eco-

nomica, dove le spese, chiamiamole futili, vengono centellinate. Se,

con qualche chilometro in più, si trovano condizioni migliori, la

gente non ci pensa due volte a rivolgersi dove sa di stare bene e di

risparmiare più di qualche euro.

Essendo, la nostra, una pubblicazione che si occupa di ristorazione,

io, per prima cosa ho focalizzato le mie attenzioni verso questo set-

tore. Ne avevo già conoscenza, essendo un habitué, ma questa volta

ne sono stato maggiormente colpito, perché la continua escalation

dei prezzi, che puntualmente siamo costretti a subire un po' in tutti

settori, per colpa, come dicono molti operatori, di un governo tiran-

no, sembra non aver colpito i loro colleghi toscani. Prendo, per esem-

pio, i ristoratori che hanno la loro attività nella Provincia di Siena (ulti-

mamente a San Gimignano), cioè una delle più battute dal turismo

mondiale. Ho visitato, negli anni, anche altri centri importanti e belli,

come Pisa, Arezzo, Pistoia, Montepulciano, Rapolano Terme,

Certaldo, Siena e via dicendo.

Ebbene, non ho mai avuto la sensazione di essere stato spennato dal-

l'oste di turno, mangiando alla grande, sia da un punto di vista della

qualità del cibo, dell'abilità dei vari chef e la varietà delle proposte.

Non ho mai raggiunto il tetto dei 30 euro per un pasto completo, con

tanto di dolce e del buon vino. Anzi, la media, durante il mio soggior-

no, è stata intorno ai 20 euro. Con dei prezzi del genere, si stimola il

turista a muoversi, senza considerare che, chi vuole fare soltanto uno

spuntino, con 10 euro può gustare un mega tagliere composto da

salumi, formaggi, crostini e un bicchiere di vino. Cioè, quasi un pasto.

E se vuoi risparmiare di più, puoi mangiare zuppe, crostoni farciti e

altri sfizi locali anche nei bar, quasi tutti con tavola calda, naturalmen-

te nei centri più frequentati, invece di anonimi panini o tramezzini pre-

confeziona come accade da noi.

Perché da noi, non è possibile attuare una politica di questo genere

per invogliare il turismo a frequentare il nostro territorio? Eppure di

bellezze ne abbiamo tante, anche se, in alcuni casi, mal conservate.

I signori ristoratori, spiace dirlo, sanno soltanto lamentarsi, ma non

muovono un passo, per uscire dalle pastoie della crisi. Non hanno

idee. Al massimo, propongono menu fissi dai sette ai dieci euro a

pranzo, sulla cui qualità, fatte poche eccezioni, preferisco soprasse-

dere, anche se, prima o poi, su questo tema ci tornerò.

Per rendere più esplicito il mio ragionamento, voglio farvi un esempio

che la dice tutta: a San Gimignano, che può essere benissimo parago-

nato a Frascati, a Subiaco con tutti i suoi stupendi monasteri, a Tivoli

con le sue belle ville, a San Martino al Cimino sopra all'incantevole

lago di Vico, un primo piatto condito con sugo di cinghiale in quasi tutti

i ristoranti (le differenze sono minime) costa al massimo 7,50 euro,

mentre da noi una carbonara, un cacio e pepe arriva a costare come

minimo intorno ai 10 euro. Cioè parlo di piatti, che a livello di materia

prima e di preparazione, hanno costi bassissimi, al contrario di un

sugo al cinghiale, che necessita di una preparazione notevolmente più

lunga oltre ad un maggior costo della carne. Perché?

Con gli esempi mi fermo qui. Potrei dilungarmi anche sugli antipasti,

sui secondi, sui dolci. Sarebbe soltanto un'inutile ripetizione.

Dunque, cari ristoratori del Lazio, è giunto il momento di mettere da

parte i vostri fazzoletti raccoglitori di lacrime di coccodrillo, di pren-

dere in mano i vostri strumenti di lavoro, di vedere come riparare i

guasti creati negli anni, attraverso nuove strategie, tese ad invogliare

i clienti a rifrequentare con più assiduità le vostre sale desolatamen-

te vuote. Non vale neanche la giustificazione dei numerosi balzelli che

dovete pagare allo Stato. I vostri colleghi toscani o umbri o marchi-

giani non hanno delle agevolazioni speciali rispetto a voi. Hanno sol-

tanto la consapevolezza che il cliente non è un limone da spremere,

ma una risorsa. E le loro sale sono piene.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L e storie del cibo

I pantagruelici banchetti di una voltae le sofisticate “recite” in villa di oggi

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In tempo di crisi si registrano cambiamenti che sconvolgono abitu-

dini consolidate. Le statistiche confermano che anche nel settore

della banchettistica per matrimoni, comunioni e cresime, calano

vertiginosamente le presenze e la richiesta delle performance alimen-

tari. L’industria del matrimonio si trova davanti ad una vera rivoluzio-

ne. Sicuramente dovranno essere corretti errori, che creano danni agli

sposi, alla famiglia, agli invitati, al ciclo dei rifiuti e all’ambiente. È capi-

tato a molti di noi andare per

cerimonie in una di queste lus-

suose ville, sorte come funghi in

tutta la Regione.

L’esperienza, il più delle volte è

stata traumatica. La conferma

arriva anche dalla testimonianza

di amici e parenti che, come noi,

sono stati detenuti e presi in

ostaggio nelle dimore nobiliari,

manieri impenetrabili nei giorni

delle cerimonie. Tra panni colora-

ti, hostess, addobbi floreali e

panorami mozzafiato il pasto è

considerato un optional. Un valo-

re di secondo piano. Niente a che

vedere con il sontuoso pranzo di qualche decennio fa, con immanca-

bili fritture, mezzo pollo arrosto, fettuccine, lasagne e cannelloni,

zuppa inglese come torta nuziale. Niente ville nobiliari, ma immensi

ristoranti, capaci di ospitare un esercito di persone. Adesso, invece, si

punta all'aspetto scenografico , dove viene propinato il solito buffet

all’aperto con gli angoli dell’ostricaro, del pizzettaro, dei formaggi, dei

salumi, della frutta e dei dolci. I ristoratori sanno bene che solo gli sfizi

degli antipasti coprono le esigenze caloriche e azzerano l’istinto della

fame, anche del convitato più vorace. Si passa poi ai primi piatti, spes-

so non più di due, in cui fanno bella mostra i risotti. Secondi a scelta

di carne e pesce, con l’intermezzo del sorbetto, verdure condite e

crude, ricco carrello di dolci, torta, spumante e caffè. Il costo medio,

villa compresa, si aggira (quando va bene) sopra i 100 euro a testa. La

spesa comporta più di una preoccupazione per gli sposi e i familiari.

Non parliamo poi per gli invitati. Ci sono capofamiglia (di tre o quattro

persone) nel panico, per il semplice fatto di non aver potuto mettere

nella busta più di 500 euro, metà cioè dello stipendio medio di un

impiegato. Al massimo sono riusciti a ripagare gli sposi del pranzo

offerto. Neanche i soldi per il costo della bomboniera! Sarebbe il caso

di chiedersi a chi serva tutto questo spreco? Bisognerebbe invece

considerare che quasi il 30 per cento degli italiani soffre di malattie del

metabolismo ed anche volendo è

impossibilitato a cedere alle ten-

tazioni dei menù delle cerimonie.

Per non parlare delle persone,

che per problemi dietetici o salu-

tistici, neanche sono abituati a

consumare un pasto completo al

giorno.

Partendo da queste considera-

zioni diventa chiaro che questo

sfarzo è più che un affronto. Il

trionfo degli sprechi. Uno spec-

chietto per le allodole per gente

semplice, che mentre a casa

risparmia sul costo del pane, è

costretta, durante una cerimonia,

a dare un calcio a tagliate di manzo, a tartare o a fritture di scampi e

gamberoni. Io stesso ho visto alla fine di banchetti nuziali quantità

enormi di cibo, pronte per la discarica. Ma non sarebbe meglio un

menu alla carta? La gente mangia quello che vuole. Il portafogli è salvo

e il cassonetto del riciclaggio vuoto. Alcuni titolari di ristoranti dicono

che è possibile fare delle cerimonie con menu alla carta, sempre che

la scelta sia limitata a tre o quattro portate per i primi e per secondi.

Sarebbe una decisione rispettosa verso se stessi, gli invitati e l’am-

biente. Potrebbe essere anche simpatico far le liste di nozze presso i

salumieri o le macellerie. Gli invitati potrebbero decidere di regalare

agli sposi, il prosciutto per gli antipasti, una degna bottiglia di vino o

un quarto di maiale.

Luigi Jovino© RIPRODUZIONE RISERVATA

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I l ristorante

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Da “La Sol Fa” cantala vera cucina romana

La vera cucina romana, nella Capitale, è diventata una rari-

tà, perché sono scomparse le osterie, che rappresentava-

no i capisaldi della tradizione gastronomica capitolina.

Qualcosa è rimasta ancora a Trastevere e a Testaccio, dove l’esi-

genza di servire il turismo di massa, ch e non sa giudicare, ha

finito per imbastardire, col tempo, carbonare e amatriciane. In

poche parole, tanta quantità, perchè i numeri sono elevati, a

discapito della qualità.

Per chi ama la cucina di Roma, oggi come oggi, è difficile, nella

moltitudine di ristoranti sparsi nella città, trovare il locale giusto

per gustare pasta e broccoli in brodo d’arzilla ( pesce povero ma

molto saporito), o la coda alla vaccinara.

Noi l’abbiamo trovato in via Sommellier, ad un passo da piazza

Santa Croce in Gerusalemme e da San Giovanni. Si chiama “La

Sol fa”, un nome che sa più di spartito musicale che di locale per

la ristorazione. Ma Claudio e Flavio Scintu, giovani fratelli, il primo

in cucina a fare lo chef, il secondo in sala a fare gli onori di casa,

dicono senza mezzi

termini che la cucina

della loro osteria, così

loro la definiscono, è

musica.

Una battuta tra il serio

e il faceto, perché in

effetti, nella sua sem-

plicità, questo locale

offre “acuti” gastrono-

mici di ottimo livello. Il segreto, secondo noi, sta tutto nella con-

duzione, di stampo strettamente familiare, visto che in cucina,

spesso accanto a Claudio, chef che studia, ricerca e poi mette in

pratica, c’è la mamma Carla, mentre Flavio s’avvale dell’aiuto del

padre Dino. Nella ristorazione di oggi, che arranca maledettamen-

te per via di un vertiginoso calo di presenze, gli unici locali che rie-

scono a tamponare la crisi, sono quelli dove è coinvolta tutta la

famiglia. C’è l’interesse di dare il massimo, a cominciare da chi

dirige l’orchestra in cucina, sempre e comunque.

Sottolineato questo importante aspetto, ritorniamo a parlare di

questo ristorante, che ha “sposato” (il matrimonio è ben riuscito) la

vera cucina romana, che vuol dire sapori forti ma veraci, che vuol

dire ricche “scarpette” per raccogliere il “sughetto”, quello di una

volta. Claudio non va tanto per il sottile, non baratta il gusto della

pietanza con gli aspetti scenografici del piatto. La coda alla vacci-

nara deve avere, secondo tradizione, un’abbondante guarnizione

di sugo e sedano, la trippa alla romana è immersa nel sugo e nel

cacio pecorino, il cacio e pepe è cremoso e piccante al punto giu-

sto, le penne all’arrabbiata sono veramente “incazzate” come

vuole la tradizione, le carni (manzo,pollo e coniglio) alla cacciatora

hanno quel sapore forte al punto

giusto, mentre la sopracitata

pasta e broccoli in brodo d‘arzilla

è una vera poesia. Quest’ultimo

piatto è veramente una rarità,

visto che è una ricetta che, nel

corso degli anni, è scomparsa dai

menu romani. Colpa di una dise-

ducazione dei ristoratori, che

hanno puntato su piatti di massa,

che con la tradizione romana

hanno poco da spartire. Ma da

“La Sol Fa” questo non avviene.

Puoi trovare questo piatto con

una certa continuità, specialmente d’inverno. E se non vuoi corre-

re rischi, basterà richiederla, quando si prenota il tavolo.

Ma c’è un altro piatto, che merita la massima considerazione: il

polpettone al forno. Sicuramente è uno dei punti di forza del risto-

rante. Qualcuno potrà storcere il naso di fronte a questa pietanza.

In molti pensano sempre che sia un riutilizzo di carni avanzate.

Non siamo disposti a mettere la mano sul fuoco per altri, ma per

quello di Claudio, si. Non soltanto per la freschezza (ne fa uno al

giorno), ma per la sapidità dell’impasto, dovuta ad un sapiente mix

di carni e di odori, con quella crosticina croccante esterna che fa

da contraltare alla morbidezza interna.

Il venerdì, come vuole la tradizione romana, lo chef propone il

pesce, cucinato sempre nel rispetto della cucina romana, come

seppie con i piselli e alici fatte in vari modi. Il tutto accompagnato

con i migliori vini del Lazio. Da sottolineare che tutti i giorni c’è la

possibilità di poter fare un pasto veloce. C’è, infatti, un mini-menu

a scelta a prezzo fisso molto conveniente. Per gli eventi, infine,

poco distante dal ristorante, Claudio e Flavio ti possono organiz-

zare una festa con i fiocchi a “ La nave”, una cantina vecchio

stampo, che loro hanno ristrutturato, ricca di atmosfera.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

Osteria “La Sol Fa”Via Germano Sommellier !9/21 - RomaTel. 06 7027996Aperto a pranzo e cenaRiposo: sabato a pranzo e domenicaFerie: agostoCarte di credito: siwww.osterialasolfa.it

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I l parere dell’esperto

Buon senso e norme di leggeper evitare il pericolo delle alterazioni

Buon 2013 a tutti. Abbiamo visto come gli alimenti ricchi di

acqua e costituiti da proteine e/o da carboidrati (zuccheri,

amido), si alterano in breve tempo. A questo gruppo apparten-

gono, per citare i più comuni: il latte, la carne e i formaggi freschi, il

pesce, la crema e la panna, i frullati di frutta.

Viceversa, troviamo alimenti che - pur essendo anch’essi costituiti da

proteine e/o da carboidrati - durano di più perché contengono

pochissima acqua. Tra questi abbiamo i salumi, i formaggi stagionati,

il miele, il pesce salato, la pasta secca, i grissini e i prodotti da forno.

Alterazioni causate da microrganismi: un semplice esperimento.Propongo un esperimento che, se volete, potrete riprodurre facilmen-

te a casa. Mettiamo in un bicchiere un cucchiaio di zucchero, circa

10-15 grammi, a temperatura ambiente, non fredda, diciamo tra i 20

e 27 gradi. Lo zucchero è un carboidrato, quindi è un alimento poten-

zialmente deperibile. Ma sappiamo per esperienza che, se lo lascia-

mo così com’è, all’asciutto, rimarrà li, uguale, integro, per anni.

Aggiungiamo ora dell’acqua, circa 100 cc, e un pizzico di lievito di

birra; agitiamo fino a che lo zucchero non si scioglie. Dopo qualche

giorno vedremo svilupparsi delle bollicine: la soluzione diventerà friz-

zante e perderà progressivamente il sapore dolce; alla fine, bevendo-

la, potremo provare un vago senso di ebbrezza: lo zucchero non c’è

più, si è modificato, trasformato in alcool, e così abbiamo prodotto

una sorta di... birra o di vinello (sempre che gli amici birrai ed enolo-

gi mi permettano di usare queste denominazioni).

Quello che è accaduto, è un processo di alterazione dello zucchero

che si chiama fermentazione.

L’alterazione-fermentazione, descritta nell’esperimento, è avvenuta

anche perché abbiamo utilizzato il lievito, cioè una popolazione di

microrganismi ghiotti di zucchero; per nutrirsi del quale hanno però

bisogno che gli venga servito non allo stato solido, cioè in polvere o in

cristallini, ma diluito in acqua... non troppo fredda, non troppo calda.

La fermentazione, infatti, NON AVVERRÀ se dovessimo cambiare

l’esperimento, mettendo la soluzione acquosa di zucchero e lievito

nel reparto più freddo del frigorifero o in freezer, oppure scaldandola

ad es. oltre i 50°C, oppure aggiungendo troppo zucchero (es. 50%).

Osservazioni sull’esperimentoSe volessimo rappresentare la fermentazione come una scena teatra-

le, dovremo prevedere la presenza dei seguenti personaggi, interpre-

ti e scenari:

il Nutriente: lo Zucchero;

l’Agente Microbico: il Lievito, che divora lo Zucchero producendo

Rifiuti alimentari;

il Mediatore Chimico: l’Acqua, che distribuisce lo Zucchero in dosi

utilizzabili dai lieviti;

l’Ambiente Fisico: il Calore, che in un certo intervallo di temperatura

favorisce i processi vitali dei microorganismi;

il Rifiuto alimentare n° 1: l’Alcool Etilico, che rimane in scena fino

alla fine;

il Rifiuto alimentare n° 2: l’Anidride Carbonica, che esce pian piano

di scena sotto forma di bollicine.

L’esperimento riproduce condizioni generali che, con opportune

varianti, riguardano la maggior parte dei processi di alterazione /

modifica degli alimenti causate da microrganismi: pensiamo ad

esempio a processi utili come la fermentazione del mosto per produr-

re vino o birra; o alla fermentazione della pasta per produrre il pane.

Pensiamo anche alla decomposizione della carne, del pesce o del-

l’uovo, dove il nutriente in questo caso non è lo zucchero, ma le pro-

teine, e il tutto avviene sempre col concorso di microorganismi in pre-

senza di acqua in determinate condizioni di temperatura.

Pensiamo anche ad altre forme di alterazione, subdole, sempre favo-

rite da microrganismi, che avvengono talvolta senza i soliti segnali di

allarme, come odori sgradevoli o cambiamenti di colore: sono le con-

taminazioni derivanti dall’attività dei microbi cosiddetti patogeni, ad

esempio le Salmonelle, che proliferano in alimenti particolarmente

ricchi di nutrienti e producono Rifiuti tossici (tossine) in piccolissime

quantità ma pericolosissime.

Dal buon senso alla LeggeNatura vuole che tutti gli alimenti col tempo si alterino. Quale prima,

quale dopo, quale con alcune conseguenze per la nostra salute, quale

con altre. Le considerazioni che abbiamo fatto trovano conferma

nella comune esperienza e nella buona pratica domestica, e sono

confermate, ampliate e sviluppate dalla cultura scientifica che ne per-

mette l’applicazione sistematica nella produzione artigianale e indu-

striale su larga scala.

Perciò, quando vogliamo che un alimento si mantenga in buono stato,

ovvero quando vogliamo rallentare la sua alterazione, non facciamo

altro che agire sulla scena teatrale adottando uno o più di questi

accorgimenti o metodi:

1) teniamo l’alimento pulito, o lo laviamo, o lo proteggiamo in reci-

piente chiuso, per evitare intrusioni di agenti microbici (lieviti,

muffe ecc.);

2) quando lo manipoliamo, teniamo puliti gli arnesi, gli indumenti, gli

ambienti e le mani, per prevenire la contaminazione di microbi;

3) lo conserviamo in ambiente freddo (frigorifero o freezer);

4) lo scaldiamo, o secondo i casi lo facciamo bollire, in modo da ucci-

dere i microrganismi o ridurne il numero;

5) lo consumiamo quanto prima, per evitare alterazioni.

Un altro metodo che tutti ben conosciamo, e che potete dedurre dalla

scena teatrale è l’origine di una serie di tecnologie antichissime e

moderne utilizzate per bloccare, rallentare o pilotare la durata dell’ali-

mento. Quale è? Pensateci. Ci ritorneremo nel prossimo articolo.

Poi ancora, per quanto riguarda la nostra sicurezza come Clienti,

come Consumatori di alimenti preparati da altri, queste stesse regole

sono dettate e imposte dalla Legge per tutelare l’igiene alimentare.

Antonino Addis© RIPRODUZIONE RISERVATA

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W eekend&Relax

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Nel Convento trasformato in Relaisriscopri la bellezza del mondo reale

Conoscete il significato di “evadere”? Immagino proprio

di si, in questo caso non da un carcere, bensì in un

convento? Qualcuno obietterà che si evade “da”, non

“in”. Ma, nella circostanza, parliamo di “evasione” interiore,

di fuga dallo stress, da un mondo che ci opprime, che non ci

fa vivere in maniera umana.

Chi ha il bisogno di staccare la spina e gettarsi in un ambiente

sano e “pulito”, possiamo consigliare una “location”, che, a mio

giudizio, riesce a coniugare riposo e distrazione. Ne sono venu-

ta a conoscenza per caso (il passaparola è un mezzo di comu-

nicazione imbattibile), ho dato un’occhiata al sito e... incuriosi-

ta mi sono detta perché no, è il posto ideale per un week end.

Appena s’è presentata l’opportunità sono letteralmente “fuggi-

ta” per godermi questo luogo e questa struttura.

Si trova ad un paio di ore da Roma, in Umbria, vicino ad

Umbertide. Quando sono arrivata a destinazione, mi sono tro-

vata davanti ad una costruzione Medioevale splendida, curata

e ben ristrutturata, rispettando i canoni ambientali che la cir-

condano. In passato è stato un convento, ora trasformato in un

relais confortevole e accogliente, lontano dal mondo reale.

Sono stati, purtroppo, soltanto due velocissimi giorni di

vacanza, ma ho intenzione di andarci almeno altre sei volte, e

vi spiego il perché.

L’Antico convento ha sette appartamenti: Il Re, La Regina, Il

Paggio, Sette, Otto ,Nove, e Dieci di denari. Mi è’ stato spiega-

to che gli appartamenti sono stati chiamati così, per via di un

mazzo di Tarocchi, trovati in una nicchia prima del restauro.

Così l’idea di chiamare gli appartamenti con il nome delle carte.

Inizialmente non ho potuto visitarli perché erano tutti occupati,

ma prima di andare via ho chiesto , perchè ero intrigata da que-

sta insolita “location”, di poterli vedre. Non riuscirò mai a spie-

garvi la bellezza di ognuno di loro, sarebbe riduttivo qualsiasi

aggettivo. Posso solo dire che il piacere provato e’ stato mag-

giore di qualsiasi aspettativa.

La natura, la purezza, ascoltare il canto del gallo al mattino, il

raggio di sole che entra in cucina, illuminando la tavola appa-

recchiata per la colazione, il silenzio che circonda il convento,

tutto è stato semplicemente magico.

Sono certa, che per chi ama come me “evadere ogni tanto”

questo luogo incantato sarà la destinazione per molti di voi .

Il convento si trova, come ho detto prima, in una delle più belle

zone dell’Umbria, ci si arriva facilmente anche perché nel sito

e’ spiegato alla perfezione.

Umbertide e’ il centro più vicino, ma la struttura è nel modo più

assoluto in una posizione strategica. Infatti, si possono visitare,

essendo abbastanza raggiungibili, le più note città d’arte dell’

Umbria e Toscana con i loro castelli e borghi meravigliosi.

Visitate il sito www.relaislanticoconvento.it, dove troverete

offerte molto interessanti. Io l’ho fatto, chissà, magari potrem-

mo incontrarci.

An. La.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Relais l’Antico ConventoLocalità RacchiusoleUmbertide (Perugia)Tel. (+39) 075 [email protected]

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Amiche e amici, come va? Avete passato delle buone

feste? A tavola come vi siete comportati? Qualcuno

ha provato a fare i ravioli che vi ho proposto? Se le

risposte sono positive, sono contento per voi, sperando

che vi siano riusciti bene. Se, invece c'è stata qualche

negatività, non prendetevela, andrà meglio la prossima

volta. Ma io sono convinto, che nonostante la situazione

del nostro Paese non ci fa stare bene, tutto sommato il

Natale qualche bel momento ha finito per regalarcelo.

Bando alle ciance e cerchiamo di vivere in positivo. E pen-

siamo, per esempio, a cosa abbiamo mangiato di buono

durante tutto l'arco delle feste, che sicuramente ci ha

messo allegria. Chissà perché, molte delle ricette della

tradizione, finiscono per comparire sulle nostre tavole sol-

tanto in queste occasioni.

Vi capiterà, nel corso dell'anno, di organizzare un pranzo

o una cena con parenti o amici. Sono pronto a scommet-

tere, che mai preparerete un misto di fritti vegetali pastel-

lati oppure il cotechino con le lenticchie.

Due pietanze buonissime, ma che durano il tempo di un

cenone, quello della vigilia e dell'ultimo dell'anno. Io, per-

sonalmente, continuo a mangiarli anche dopo le festività

e,per un po', li propongo ai miei clienti, sopratutto, quando

fa ancora freddo. Casomai con qualche ritocchino, per

togliergli il vestito della festa.

Fatte queste considerazioni, veniamo a noi, alla nostra

ricetta del mese, filetto di spigola su coulis di agrumi e chi-

fonade. Dopo le “abbuffate” natalizie, ho puntato su un

piatto leggero, di pesce, per non mettere nuovamente a

dura prova il vostro stomaco e crearvi problemi, se vi siete

messi a dieta per perdere il sovrappeso festivo.

Prendete i filetti di spigola e con una pinzetta togliete le

spine dorsali e laterali.

Sciacquate e asciugate i filetti, quindi cuoceteli in padella

con olio e burro, prima dalla parte della polpa, poi dalla

parte della pelle. Salate e pepate, ultimate la cottura per

circa quattro minuti. Per il coulis d’agrumi, spremete le

arance e i limoni, avendo l'accortezza di togliere i semi.

Mettete il succo ottenuto in un padellino, aggiungete 150

grammi di burro e ponetelo sul fuoco.

Dopo due minuti, prima che si arrivi all’ebollizione, scioglie-

re in un bicchiere con poca acqua fredda la maizena o la

fecola, se preferite, e aggiungetela al succo. Mescolate con

un frustino, affinché non si formino dei grumi, togliete dal

fuoco appena raggiunta l’ebollizione, aggiungete un po’ di

sale e pepe e il coulis è pronto.

Per la chifonade, invece, dovete tagliare i porri a striscioli-

ne lunghe sei cm e larghe un centimetro circa. Sciacquate

in abbondante acqua in quanto i porri contengono molta

terra all’interno. Asciugate e friggete in abbondante olio

caldo, come se fossero patate fritte. Scolare sopra un

foglio di carta assorbente e salare.

A questo punto preparerete il piatto, sistemando al centro

4/5 cucchiai di coulis caldo, ponete il filetto di spigola

sopra, in posizione orizzontale e sopra al filetto una bella

manciata di porri fritti (chifonade).

Decorare, se si vuole, con una fettina di limone a bordo del

piatto. Importante è mangiare la pietanza, unendo insieme

tutti gli ingredienti, in quanto vi posso assicurare che l'ab-

binamento è eccezionale.

Paolo Martizi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti per 5 persone

L a ricetta del mese

15

5 filetti di spigola

8 arance per spremuta

2 limoni

3 porri grandi

300 gr di burro

2 dl di olio extra vergine

20 gr di maizena o fecola

1 lt di olio per friggere

Sale pepe bianco quanto basta

Salsa di agrumi e porri fritticompagni di piatto dei filetti di spigola

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I l mondo delle donne

Romantiche e tecnologichecosì Celli veste le sue spose

Romantici e tecnologici, impreziositi da delicati rica-

mi, cristalli Swaroski e, in alcuni modelli, da un

intreccio di luci al led. Così si può sintetizzare la col-

lezione di abiti da sposa, creati dalla “Maison Celli”, sfilati

lungo via della Croce, a due passi da Piazza di Spagna, in

occasione dell’inaugurazione del nuovo showroom, aperto

in collaborazione con la casa di prodotti di bellezza legata

a Gil Cagné, prima di Natale.

Un avvenimento che ha richiamato l’attenzione di molti

addetti ai lavori, oltre a numerosi personaggi del mondo

dello spettacolo, che hanno voluto festeggiare Giampaolo

Celli e le stiliste Maria e Alessia Celli per questa iniziativa,

che colloca la “Maison” ai livelli più elevati nel settore degli

abiti da sposa e da cerimonia.

E questo mio giudizio nasce dopo aver ammirato gli abiti,

dove le caratteristiche che più mi hanno colpito è che tutti

hanno due importanti punti in comune: l’eleganza unita alla

romantica sontuosità. E tutto ciò senza scadere mai nel

cattivo gusto. Questo è stato il leit motiv che ha contraddi-

stinto l’intera collezione. Due fattori che, secondo me,

sono di grande importanza, considerando che, nel nostro

mondo, quello della moda, dove la voglia di voler stupire a

tutti i costi, a volte, finisce per stravolgere le regole del

buon gusto.

Così, abbiamo potuto ammirare abiti eleganti e lussuosi,

dalle splendide linee romantiche e impreziositi da luminosi

bustier tutti caratterizzati da intrecci di ricami fatti a

mano e splendidi punti luce tutti di pietre

Swarovski.

Maria e Alessia Celli non hanno tralasciato nulla

al caso, dando alla loro performance creativa

della sposa di oggi, un’immagine, a mio giudi-

zio, molto realistica. Nonostante il romantici-

smo degli abiti, non ci sono mai eccessi, nes-

sun abuso di rasi e tulle, niente pomposità,

che spesso e volentieri fa da cornice a que-

sta particolare tipologia di abiti.

Hanno voluto e saputo disegnare model-

li che puntano ad esaltare la femmini-

lità a tutto tondo. Un abito, che

diventa protagonista per una

donna che, nel giorno che lo

indossa, è la protagonista

assoluta.

Tessuti leggeri, che si adagiano sul

corpo come piume e scollature

sulla schiena, a volte coraggiose,

che non sfiorano mai i confini della

volgarità, anche perché sono vela-

tamente protette da intrecci di pie-

tre e ricami.

Naturalmente, in questo susseguir-

si di “nuvole bianche”, che hanno

sfilato sul “red carpet” steso lungo

via della Croce, ha suscitato inte-

resse e grande curiosità, l’abito del futuro, quello tempesta-

to da una miriade di led. Un abito di grande effetto, con que-

ste lucine a luce fredda, tese a formare una specie di ricamo

tecnologico tra le trame del tessuto. Qualcuno potrà obietta-

re che si tratta della solita idea stravagante, un po’ folle,

delle due creative. Potrà anche essere così. Però c’è da

spezzare una lancia in loro favore:

quella della sobrietà. L’abito a me

è piaciuto, perché Maria e Alessia

sono riuscite ad evitare il pericolo

maggiore, nel quale potevamo

facilmente incappare e cioè l’ef-

fetto “albero di Natale”.

Invece, niente di tutto ciò. Le luci-

ne sono state dislocate con

sapienza, ben nascoste tra le

trame del tessuto, che nel contesto

pieno di luci dello showroom, fini-

vano per apparire come un dise-

gno. Però l’immaginazione mi porta a pensare quale fascino

possa generare in un contesto di luci soffuse. Volando con la

fantasia, mi viene da pensare all’ingresso della sposa nel salo-

ne del ricevimento completamente al buio. Dovrebbe provo-

care un mix di suggestioni ed emozioni. E sicuramente qual-

che lacrima.

E’ stata questa l’abilità delle due stiliste che, così, hanno

voluto dare all’intera collezione quel tocco tecnologico, che

vuol dire che “Celli Spose” sta già pensando al futuro.

Sempre rispettando una fondamentale regola: la donna che

riesce ad essere la protagonista, senza aver bisogno dell’au-

silio dei riflettori. Perché s’illumina da sé, attraverso il suo

abito da sposa.

Serena CaprioStilista di Moda

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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FOGLI COLLA DI PESCECONF. 3GR. 15

AMMONIACACONF.GR. 20

PASTA DI ZUCCHERO SATIN ICEGR 450OPPURE IN BARATTOLO DA KG 5E PASTA DI GOMMA SATIN ICEKG 2.5

Casseruola in pietra ollarebombata cm 22da € 240,00 a € 230,00Casseruola in pietra ollarebombata cm 26da € 355,00 a € 340,00

CIOCCOLATO PASTICOCOLORI VARICONF. GR. 300

AMIDO DI MAISCONF.GR. 250

CREMORE DI TARTAROCONF.GR. 10

ISOMALTOCONF.GR. 200

FECOLA DI PATATECONF.GR. 250

BACCHE DI VANIGLIACONF. 2GR. 4

ZUCCHERO A VELO COLORATOGR. 200E ZUCCHERO A VELO BIANCOGR. 500

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Page 19: Rivista Senso & Gusto - Gennaio 2013

Ogni volta che finiscono le festività ci rimangono in

casa diverse varietà di frutta secca, frutta candita,

torroni etc…E allora non c'è dolce migliore di un

sano plumcake, che le contenga tutte o quasi per chiudere

in bellezza le “abbuffate natalizie” e per utilizzare gli avanzi,

che non dovete mai gettare nel secchio della spazzatura.

Questo, care lettrici e cari lettori, deve essere una regola,

dalla quale non dovete mai derogare. In cucina, tutto è

sempre utile, ricordatevelo bene per due motivi:

1) è un segno di rispetto verso certe cose non se le può

permettere;

2) rappresenta un'opportunità di risparmio, che di questi

tempi, non è una cosa di poco conto;

3) con gli avanzi si riescono a mettere in piedi delle ricet-

te incredibili.

Spesso, diventano delle vostre creazioni, che non si trova-

no in nessun ricettario, perché si mettono insieme degli

ingredienti insoliti.

A me, devo dire la verità, piace questo sistema di cucinare,

perché mi permette di esprimere tutta la mia fantasia, il

mio estro di chef. Infatti, io sono sopratutto un cuoco, con

la grande passione dei dolci. Ecco, perché per

“Senso&Gusto”mi diverto a proporvi dolci ricette per golo-

soni.

Non perdiamo tempo e passiamo dalle parole alla pratica.

Per prima cosa, cominciamo a lavorare il burro a pomata,

cioè rimestarlo energicamente con un cucchiaio di legno,

dopo averlo fatto ammorbidire a temperatura ambiente.

Aggiungete a questa crema di burro lo zucchero e monta-

tela a spuma per un paio di minuti con uno sbattitore elet-

trico o una planetaria, che sarebbe una di quelle meravi-

gliose macchine in grado di far tutto ciò che c'è da fare in

cucina.

Mettete le uova, una alla volta, facendole amalgamare

bene al composto. Incorporate la farina setacciata ed il lie-

vito a piccole dosi; il composto risulterà un po’ asciutto,

quindi reidratatelo, aggiungendo il latte.

A questo punto, unire tutti gli ingredienti rimasti, cioè la

frutta secca, quella candita ed il torrone. Infornare in uno

stampo da plumcake da 26 -28 centimetri, dopo averlo

imburrato ed infarinato, a 180° per circa 45/50 minuti.

A questo punto passiamo a preparare il cremoso, che

accompagnerà il dolce. Prepariamo una crema inglese.

Scaldate il latte in un pentolino, nel frattempo in una cioto-

la o bastardella rompete i tuorli e lavorateli con lo zucche-

ro, versare a filo il latte caldo e riporre sul fuoco.

Continuate a mescolare con una spatola di gomma fino a

raggiungere la temperatura di 82° o per chi non possiede

un termometro da cucina, fino a che la salsa non veli il cuc-

chiaio mostrando una certa densità.

Sciogliete il cioccolato nella salsa ancora calda, amalgama-

re bene e fate raffreddare. Non resta che impiattare il

plumcake con la salsa e servirlo. Di sicuro, è un modo dol-

cissimo per ricordare, e, nello stesso tempo, salutare le

festività ormai terminate.

Gabriele Zanini© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti (per 6 persone)

150 gr burro 150 gr zucchero semolato3 uova intere230 gr farina 009 gr lievito50 ml di latte80 gr frutta secca a piacere (noci, pinoli, mandorle, pistacchi)80 gr frutta candita (uvetta, arance, limone, cedro… zenzero)100 gr torrone alle nocciole tritato

Per il cremoso:

200 ml latte70 gr zucchero2 tuorli d’uovo80 gr cioccolato fondente

L’angolo dei golosi

Ecco il plumcake del dopo festefatto con ciò che è rimasto in dispensa

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Saper fare un vino accettabile non ci vuole molto. Basta affidarsi ad un enologo preparato e di espe-

rienza. State certi che, lavorando con intelligenza alla fine, riuscirà a tirar fuori un buon vinello da tavo-

la. Fare un grande vino è qualcosa di diverso. Ci vogliono uve pregiate, coltivate su terroir adeguati

come quelli di Bosco Bando a Carlino e Terra Rossa a Caneva, curate e seguite durante il loro percorso, ci

vogliono cantine modernamente attrezzate e, soprattutto, tanta passione. Quella immensa che hanno i fra-

telli Cadorin, Evio e Angelo, con le loro mogli, Laura e Vilma, che hanno dato vita all’azienda “Le Favole”.

Grazie alla loro costanza e alla consapevolezza che il lavoro alla fine paga, hanno dato vita ad un sogno, ora

diventato realtà: quello di produrre vini tipici del Friuli di grande prestigio.

I vini della tenuta “Le Favole” custodiscono tutta l’essenza del Friuli Venezia Giulia, tutti quei profumi unici e

tipici di un territorio esclusivo, dove particolare clima, roccia carsica da un lato e vicinanza al mare dall’al-

tro danno vita a un magico incontro di sensazioni da assaporare. Emozioni cariche di ricordi e di suggestio-

ni evocate dalla terra d’origine delle due famiglie Cadorin, profondamente legate a Caneva, il luogo dove vivo-

no e si impegnano con grande dedizione. Durante la vendemmia, quando la presenza degli uomini del vino

è indispensabile per la raccolta a mano e per la trasformazione della preziosa materia prima, ogni azione si

ripete meticolosamente affiancando la tradizione all’utilizzo delle nuove tecnologie, sempre alla ricerca del-

l’assoluta qualità. La scelta dei vitigni più idonei al terreno, l’attenta lavorazione in vigna e le corrette tecni-

che di vinificazione, permettono all’azienda di esprimere al meglio una produzione di bianchi dai profumi

intensi (Friulano, Pinot Grigio, Chardonnay, Traminer Aromatico, Malvasia Istriana e Sauvignon Blanc), di rossi

ben strutturati dal gusto carico di gradevolezza (Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Refosco dal

Peduncolo Rosso) e di vini da meditazione che appassionano i sensi (Verduzzo Friulano).

Di questa gamma di vini, a me personalmente, piace uno in particolare: il Refosco dal Peduncolo Rosso.

Stiamo parlando un vino rosso, ben strutturato, in possesso di una gradazione alcoolica di media forza, quin-

di di gradevole beva. Proprio per queste sue catarrestiche, io lo trovo molto interessante. Non è un vino impe-

gnativo, con forte gradazione, ma nello stesso tempo la sua corposità e il suo colore intenso, gli permette di

inserirsi nelle alte sfere dei rossi importanti italiani. Dalle nostre parti, non è un vino particolarmente cono-

sciuto. Proprio per questo intendo segnalarvelo, perché lo merita e lo trovo superiore ad altri rossi, che inve-

ce godono di un appoggio mediatico, a volte esagerato.

A completare la collezione delle “Favole” ci sono tre preziose riserve (Storiis, Nogler e Cretis). Tre punte di

diamante, che brillano per le loro sfumature ricercate e per i loro inebrianti bouquet.

Carlo Di Fazio© RIPRODUZIONE RISERVATA

Contenuto: bottiglia 0,75 ltForma di allevamento: GuyotGradazione alcolica:13%Vitigno: Refosco dal PeduncoloRosso 100%Caratteristiche: vino ricco e cor-poso, di colore rosso intenso,con aromi di prugna, vaniglia epepe, con toni di mirtilli edaromi tostati in bicchiereAbbinamenti: selvaggina, stufatie carni dai sapori forti.

Refosco da PeduncoloRosso DOC

AziendaLe Favole Tenuta Cadorin

P ianeta vino

Refosco dal Peduncolo rossoil gusto forte del Friuli

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Magie di notte

Aged Barrel, il cocktailinvecchiato in botti di legno

Icocktail invecchiati in botte sono una delle novità che

stanno prendendo piede nei bar all'avanguardia del pia-

neta. In realtà, si tratta di riesumare tecniche del pas-

sato in chiave moderna, ciò che prima poteva risultare

necessario, oggi diventa un qualcosa, che a parer mio, ci fa

entrare nell’universo di quei barman, che con conoscenza

e sapienza producevano da sé nei loro bar liquori, cordiali,

sciroppi ed elisir, per dare gusti, sapori e tocchi personali

al banco-bar o, perché, data la difficile reperibilità di pro-

dotti e miscele, volevano allargare i confini del loro bere

miscelato.

Una tecnica che mi ha colpito e che sto perfezionando nel

laboratorio bar dove lavoro, il BBQ Lounge Bar di Ariccia,

facendo invecchiare i cocktail in botti di legno per qualche

mese, riprendendo un po’ quello che avviene per il vino,

per i vini liquorosi e i distillati.

In botte, qualsiasi distillato, vino o liquore, ossigena, pren-

de aria, donando e ricevendo sapori dal legno in cui viene

messo ad invecchiare.

L idea dei cocktail in botte viene dall’America, da un certo

Jeffrey Morgenthaler (Mixologist al Clide Common,Oregon),

ispirato a sua volta da Tony Conigliaro (barman considera-

to un pioniere della Modern and Molecular Mixology) del

“bar senza nome” al 69 Colebrook Row di Londra, che usa

affinare in bottiglie di vetro i suoi cocktail. A differenza del

legno, i cocktail in bottiglia, come nei contenitori d’ accia-

io, hanno un ossigenazione molto ma molto lenta, quasi

impercettibile.

Queste tecniche però, hanno, come sempre, radici più pro-

fonde e dovute alle esigenze dell’epoca.

Su “How to mix a drink, bon vivant companion” di Jerry

Thomas (il primo libro che racchiude più di 200 ricette di

cocktail e tante altre per rosoli, liquori e cordiali), si hanno

ricette di punch e altri cocktail a base di frutta e vini liquo-

rosi fatti invecchiare nelle bottiglie di vetro, con dei trucio-

li di legno all’interno, tecnica che per la produzione di vino

in Italia è vietata, in quanto altera il sapore e il colore del

vino, facendolo sembrare più ricco di tannini.

Questi cocktail in bottiglie spesso venivano preparati per

i clienti, che dovevano affrontare un viaggio e che duran-

te la loro permanenza altrove, potevano comunque degu-

stare il loro cocktail preferito, preparato dal proprio bar-

man di fiducia.

A due ragazzi emigrati in Nicaragua, si dà, invece, la pater-

nità del servizio dei cocktail invecchiati in botte, in quanto

all’epoca, per passare la dogana, si pagava una tassa del

48 % circa in più su ogni bottiglia in vetro che si possede-

va, mentre le botti erano esenti da tasse.

Oggi, che non ci sono più di questi problemi, perchè fare

invecchiare un cocktail in botte? Cambia davvero tanto?

Può il legno davvero donare qualcosa al cocktail senza

offuscarlo troppo?

Su i cocktail invecchiati non si sono fatti ancora degli studi,

o almeno non troppo approfonditi.

Senza andare troppo nello specifico, almeno per il momen-

to, quando il cocktail viene messo in botte a maturare per

settimane o mesi, si agita in modo lento e delicato.

Questo è sufficiente ad influenzare il sapore della bevanda,

attraverso l’ossidazione; per esempio, una parte dell'alcool

può convertirsi, dando alla miscela aromi di mela verde,

erba, nocciola ecc ecc.. Un pò quello che succede per

alcuni vini liquorosi tipo, Sherry o Madeira.

Come al solito, vi invito a venirci a trovare al BBQ Lounge

Bar, dove appunto con l' arrivo del nuovo anno toglierò il

tappo alla mia botte di rovere francese da due litri e mezzo

e potrò finalmente testare di persona e magari con qualcu-

no di voi, il mio Aged Barrel Cocktail, sperando di ricevere

risultati positivi.

Simone Francini© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti

120 cl. Maker’s Mark Boubon Whiskey60 cl. Campari Bitter60 cl. Punt & Mes10 cl essenza d’Arancia

120 cl. Maker’s Mark Boubon Whiskey60 cl. Campari Bitter60 cl. Punt & Mes10 cl essenza d’Arancia

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I l benessere a tavola

Tredici regole per cancellaregli stravizi delle feste

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Dopo le feste e le

“maratone” a tavola,

ora con la coda fra

le gambe, si fanno i conti

con la bilancia. Sfido chiunque

a dire di non aver acquistato qual-

che etto, per non dire qualcosa di più. Per i più giovani, eli-

minarlo non è un problema. Basta soltanto qualche giorno di

alimentazione controllata. Per chi è entrato negli “anta”, il

discorso è ben diverso. Serve qualcosa di più di un’alimen-

tazione controllata, ci vuole anche dello spirito di sacrificio,

perchè l’eliminazione del sovrappeso è molto più lenta.

Io, proprio per questo, ho messo a punto nel “Centro medi-

co NutriSalus” di Labico, di cui sono il direttore, un siste-

ma, che chiamerei i “tredici comandamenti” della buona

salute, perchè essere nel peso forma giusto, è indice di

buona salute.

Ecco qui, di seguito alcune regole basilari che fanno parte

del “Metodo NutriSalus” e che vi permetteranno di bru-

ciare qualche caloria, perdere qualche chilo ed aumenta-

re la vostra energia e forza vitale. Sono regole semplici,

che non comportano sacrifici e particolari privazioni. Vi

invito soltanto ad avere costanza e limitarvi a pochissime

trasgressioni.

Regola 1: comincia a bruciare calorie fin dal mattino, sce-

gliendo una colazione a base di proteine, spremute o suc-

chi di frutta o vegetali, cereali, yogurt, cacao amaro. Le

prime nutrono, le seconde saziano, le terze accelerano il

metabolismo!

Regola 2: fai il pieno di antiossidanti. Queste sostanze,

contenute nella frutta e nelle verdure verdi e arancioni, aiu-

tano l’organismo a eliminare l’adipe con più facilità.

Utilizzare sempre insalate con verdure colorate.

Regola 3: mangia ogni giorno 3/4 porzioni di verdura e 3

di frutta. Queste porzioni ti daranno la giusta dose di vita-

mine e minerali necessaria al buon funzionamento del

metabolismo

Regola 4: utilizza almeno una volta al giorno dei germogli,

che oramai si trovano spesso al supermercato. Per il meta-

bolismo sono una vera e propria sferzata di energia.

Regola 5: mangiare pesce 3-4 volte alla settimana. Oltre a

essere privo di grassi, assicura un buon funzionamento

della tiroide, utile a favorire il dimagrimento, ed è una otti-

ma fonte di omega 3/6, indispensabili per il buon funziona-

mento del nostro metabolismo.

Regola 6: bevi tè verde, almeno 2-4 tazze al giorno.

Aumenta del 5% il consumo giornaliero di calorie e aiuta a

perdere peso. E’ inoltre ricco di molecole antiossidanti.

Regola 7: cuoci i cibi al forno o in padelle antiaderenti, in

modo da eliminare l’utilizzo di condimento. Utilizza le spe-

zie per insaporire le pietanze ed evita l’uso di sale. Utilizza

sempre il coperchio.

Regola 8: Impara a fare spesa a stomaco pieno. Sembra

strano come consiglio, ma da studi eseguiti si è dimostra-

to che fare la spesa a stomaco pieno diminuisce il rischio

di acquistare più cibo di quanto non serva veramente e di

maggior qualità.

Regola 9: se a pranzo mangi un panino, perché sei al lavo-

ro, evita le salse e gli insaccati grassi e scegli pane integra-

le, con bresaola, tonno o tacchino. Elimina pane bianco,

tramezzini e merendine.

Regola 10: evita il classico digiuno dopo un eccesso ali-

mentare. Non serve a niente, fa male alla salute e rallenta

il metabolismo: scegli invece un po’ di movimento ed un

pasto senza carboidrati raffinati!

Regola 11: cerca di potenziare i muscoli allenandoti ogni

giorno. La massa muscolare aumenta notevolmente il con-

sumo di energie ed aiuta a bruciare i grassi. Più muscoli ci

sono, meno grassi facciamo passeggiare con noi ogni gior-

no. Una bella camminata a passo svelto, per almeno 20

minuti, fa al caso nostro.

Regola 12: cerca di dormire almeno 8 ore per notte. La

mancanza di sonno, produce nell’organismo un ormone, il

cortisolo, che è l’ormone dello stress, che stimola la fame.

E addio sforzi!

Regola 13: fai una vita sana, evita cibo spazzatura e fai un

“minino” di sport.

Angelo De MartinoRettore dell’Università degli Studi “Santa Rita”,

Docente in Scienza della Nutrizione,

Dietologo, Nutrizionista, Biologo, Naturopata

Direttore del Centro Studi e Ricerche

Sovrappeso ed Obesità - NutriSalus© RIPRODUZIONE RISERVATA

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A ppuntamento con la beneficienza

Torna il consueto appuntamento con la solidarietà

promosso dall’Associazione Culturale “Antica

Collina Praeneste”. Per il quinto anno consecuti-

vo i riflettori si accenderanno sull’evento benefico più

importante dell’area Prenestina, “Una serata per…”,

sul palco del Teatro Principe di Palestrina il prossimo

20 gennaio alle ore 17.

L’incasso della serata sarà devoluto a favore della

piccola Aurora, una bimba di 8 mesi, che vive nel

Comune di Roiate, e a cui è stata diagnosticata alla

nascita una rara e grave malattia genetica neuro-

metabolica, il morbo di Canavan. Ad oggi, per que-

sta malattia non esistono cure, ma presso

l’Università del New Jersey, negli Stati Uniti sono

in fase di sperimentazione delle terapie farmaco-

logiche (che vengono già somministrate ad

Aurora unitamente a terapie neuropsicomoto-

rie) atte a migliorarne la qualità della vita.

Proprio per questo motivo, durante la prossima

estate, Aurora e la sua famiglia dovranno recar-

si e trattenersi negli USA per sottoporre la

bambina ad analisi e ad esami specifici per

poter successivamente iniziare una terapia ad

hoc. I proventi della serata verranno utilizzati

per aiutare la famiglia nelle spese, che

dovranno essere sostenute in questa circostanza.

L’Associazione “Antica Collina Praeneste” anche per il

2013 perorerà una causa benefica, offrendo al suo pubbli-

co uno show di altissimo livello, come hanno dimostrato i

successi ottenuti nelle serate sold-out degli anni scorsi. La

prima delle serate benefiche è stata nel 2009 “Una serata

per...Cristina” seguita l’anno successivo da “Una Serata

per...Maria e Francesco”, entrambe nella cornice del

Teatro Caesar di San Vito Romano. Dalla terza edizione, la

manifestazione si è spostata al Teatro Principe di

Palestrina.

Tanti sono gli artisti che, gratuitamente, hanno contribuito,

negli anni, alla realizzazione degli spettacoli. Tra questi, ne

citiamo alcuni: Barty di RDS (testimonial dell’Associazione),

Maurizio Mattioli, Dario Bandiera, Alessandro Di Carlo,

Massimo Di Cataldo, Gianfranco Phino, Marko Tana, Sergio

Giuffrida (Seven Show), Frank Head (Sanremo 2008), Sofia

(X-Factor 3), Nicola Aliotta (Ti lascio una canzone),

BillyBand, Stefano Fiori (Area 765).

Nell’anno della quinta edizione di “Una serata per…”,

l’Associazione è già al lavoro per mettere in scena uno

spettacolo, in cui canto, danza e comicità si alterneranno

sulla ribalta.

Una piacevole serata, da offrire al pubblico, la cui presen-

za è fondamentale, per raccogliere i fondi necessari che

occorreranno alla famiglia della piccola Aurora per andare

a curarsi negli Stati Uniti.

Valeria Caroselli© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Una serata all’insegna della solidarietàper dare un futuro alla piccola Aurora

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M ode e tendenze

Il trucco permanente non servesoltanto per essere più belle

Carissimi, in questo numero vorrei parlarvi di un

argomento che va molto di moda ultimamente.

Avrete di certo sentito parlare di “trucco perma-

nente”. Ovviamente, la domanda è: come? in che modo? e

a quale prezzo?

Fino a qualche anno fa, molte donne usavano farsi tatuare

labbra e sopracciglia, usando la classica tecnica del Tattoo,

correndo però dei rischi molto elevati.

Il rischio era quello di avere sopracciglia perfette in un primo

tempo e sopracciglia sbiadite in un secondo tempo, senza

considerare il fatto che le diffederenze erano evidenti anche

da lontano.

Per fortuna, delle donne, oggi questo tipo di pericolo non esi-

ste più. Stiamo parlando di una lavorazione che si chiama “

Micropigmentazione”.

Si può creare un trucco permanente, quando le sopracciglia

non esistono o sono particolarmente sottili. Si può creare un

infoltimento delle ciglia, correggere con un effetto ottico gli

occhi cosiddetti piangenti, disegnare eyeliner di colori diver-

si, sistemare il disegno delle labbra, correggere asimmetrie,

o ancora, ed è quello che va per la maggiore, pigmentare le

cicatrici conseguenti ad operazioni di chirurgia estetica,

come l’aumento o la

diminuzione del seno.

Il trattamento viene

effettuato in 4 fasi.

La prima fase è molto

importante. Si studia il

viso, qualunque sia il

tipo di trattamento.

È obbligatorio esegui-

re il disegno di base,

dopo aver studiato l’anatomia e le espressioni del volto del

cliente. In questo modo, si potrà visualizzare quale potrà

essere il risultato finale del trattamento.

Di conseguenza, il passo successivo è quello in cui l’opera-

tore impiega tutti i mezzi e le conoscenze per ottenere un

risultato soddisfacente. In questa fase, il cliente ha la pos-

sibilità di sperimentare il futuro cambiamento, ottenendo

un nuovo disegno, colore, effetti di correzioni e di ringiova-

nimento. La terza fase è la prova del colore e della sensibili-

tà, che viene fatta trenta giorni prima del trattamento, in

quanto assicura, che il pigmento e i prodotti che verranno uti-

lizzati, siano assorbiti dall’organismo garantendo la massima

sicurezza. Infine, come ultima fase, è necessario verificare il

fissaggio del colore, l’uniformità e la sua compattezza. E’ un

trattamento che potrà risolvere dei piccoli difetti che, a volte,

in alcune persone, provocano delle problematiche.

Ci sono molti centri che usano questo tipo di lavorazione

ed uno, in particolare, l’ho trovato molto attento e compe-

tente nell’attuazione della terapia. Si chiama “Tiffany”, si

trova a Genzano, la cui titolare, Francesca Leopardi, da

anni lavora nel settore. Lei potrà darvi tutte le informazioni

necessarie. Per avere maggiori informazioni, visitate il suo

sito www.tiffanytruccosemipermanente.it, cosi avrete

modo di poter ammirare le sue lavorazioni, che sono dav-

vero splendide.

Per ora è tutto, care amiche e cari amici, a risentirci al pros-

simo numero....

Antonella Lamboglia© RIPRODUZIONE RISERVATA

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