Rivista Senso & Gusto

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Ricette, Curiosita, Moda & Tendenze, Nutrizionista, Wedding Planner, Inchieste, Storie del Cibo,e tanto altro .....

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sommario

Senso&Gusto - mensile gratuitoAutorizzazione del Tribunale di Velletri n. 08/12 del 19/04/12

EditoreAC Management di Cristiano Buccierovia dei Ciliegi, 1 - 00040 Pavona (RM)cell. 392 3884281 - [email protected]

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Redazione e segreteriaVia Latina, 23 - 00041 Albano Laziale (RM)Tel. 392 3884281 - 335 309696Fax 06 [email protected]

Progetto graficoCristiano Bucciero Cell. 392-3884281 [email protected]

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Editoriale 5

Le storie del cibo 7

La ricetta del mese 11

Peccati di gola 13

L’angolo dei golosi 15

Il parere dell’esperto 9

Pianeta vino 19

Magie di notte 21

La natura nel piatto 23

Il benessere a tavola 25

Il mondo delle donne 27

Moda e tendenze 29

Letto da uno scrittore 31

Il ristorante del mese 17

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Quindici miliardi nel secchio della spazzatura: una montagna dieuro, una cifra incredibile che gli italiani gettano ogni annonella pattumiera (mai metafora è più calzante) a causa degli

sprechi e degli avanzi di cibo, che non vengono riutilizzati. Una cifraimpressionante, che corrisponde a mezza Finanziaria o poco meno,denunciata, attraverso un approfondito studio dall'Associazione“Waste Vatchers”, Osservatorio nazionale sugli sprechi, in collabora-zione con l'Università di Bologna e “Last minute market” che deveportare tutti noi a riflettere, perché oltre al danno economico, creadanni all'ambiente, aumenta i consumi a livello idrico e di raccolta dirifiuti. Nonostante la crisi, che attanaglia il nostro Paese, non abbia-mo perso il vizio di sprecare cibo. Sopratutto per incuranza e super-ficialità. Non soltanto in casa. Anche nella ristorazione, che delle ini-ziative in merito sta prendendo e nella grande distribuzione, dovel'eccesso di prodotti in esposizione, molti dei quali non di primanecessità, finisce per andare in scadenza non essendoci un'adegua-ta richiesta e di conseguenza nei cassonetti. Basta pensare che nel2011, soltanto nella Regione Lombardia, market, ipermarket,discount, negozi al dettaglio hanno gettato 46mila tonnellate di cibobuono nei compattatori dell'azienda della raccolta dei rifiuti. Dati chenon hanno bisogno di essere commentati, ma che comunque ci spin-gono a fare delle considerazioni, avvalorate dal fatto che questo cibopotrebbe trovare una sua collocazione presso quegli Enti benefici,che distribuiscono cibo ogni giorno agli indigenti, che sono semprepiù numerosi. Basta osservare le file davanti alla “Caritas” all'ora deipasti. Sono sempre più lunghe. Perché nelle famiglie avviene tuttoquesto spreco? Il motivo principale, a mio giudizio ma non solo, risie-de nelle cattive abitudini acquisite nel tempo passato, quando c'erapiù danaro e sopratutto circolava in maniera più disinvolta. Premettoche questa non è una giustificazione, perché gettare cibo è un'offe-sa verso chi ne ha poco o addirittura nulla. Ma il benessere, purtrop-po, genera cattive abitudini, e, ora, ha generato una situazione diffi-cile, alla quale occorre trovare subito un rimedio. La prima regola chedovrebbe essere osservata con grande attenzione è quella di impara-re a gestire con più oculatezza la spesa. Ancora oggi tanta genteacquista, a volte, tanto per acquistare, spinta dalla curiosità e dallagolosità, quando ci troviamo davanti gli scaffali di un market.Prendete il pane, se non è fresco, di giornata, si butta. Poi la pubbli-cità incalzante, che ti spinge a comprare cose, che il più delle volte,sono destinate in partenza a finire nel secchio della spazzatura, per-ché le si dimenticano nel frigo, finendo per deteriorarsi o per scade-re. Oppure non è piaciuto. Le cifre di questa interessante inchiestaparlano chiaro: scorrendole si rimane esterrefatti. Il 14% degli italia-ni getta cibo 2-3 volte alla settimana, il 5% più volte, il 60% una volta,il 23% mai. In soldoni significa che il 64% degli italiani buttano ciboper un ammontare di 5 euro alla settimana, il 22% fino a 20 euro, il3% oltre 20 euro. I più parsimoniosi sono gli anziani, che hanno avutoun'educazione alimentare più attenta. I più spreconi sono i single,che non sanno gestire il frigo, anche perché mangiano spesso fuori.

E poi ci sono i capricci dei bambini, che fanno acquistare ai genitori“schifezze” che a mala pena sboncelleranno. Tutto ciò è dovutoanche ad una cattiva organizzazione domestica, dove il modello divita casa-lavoro-casa ti porta, quando si va a fare la spesa, di riempi-re oltremisura il carrello, con la conseguenza che parte di questa,sopratutto il cibo fresco, finisce per rovinarsi e terminare il suo per-corso nella pattumiera. Capita agli acquisti conservati troppo a lungonel frigo (30%), agli avanzi del pranzo e della cena, le cui porzioni sonospesso eccessive (7%), ai timori eccessivi verso un prodotto che sipensa sia andato a male, nonostante non abbia raggiunto la sua sca-denza (10%). Ma il record di questa gara tutta in negativo, spetta alcibo che ha superato la data di scadenza (40%). Un dato preoccupan-te che dimostra come la spesa venga fatta con una certa superficia-lità. In quanti, al momento di acquistare, controllano la data di sca-denza? E quanti la controllano, una volta che quello yogurth o quellatticino viene parcheggiato nel frigo? Questo accade, perché i ritmifrenetici della nostra vita ci hanno portato a fare magazzino nel frigoe nella dispensa. L'ideale sarebbe fare una spesa giornaliera, macapisco che non è più possibile, anche perché sono praticamentescomparsi i negozi sotto casa, che te lo permettevano. Ma, comun-que, non è soltanto questo il problema. Troppo spesso il cibo cheavanza a pranzo e a cena viene buttato via. Non si ha la pazienza diriporlo e poi riciclarlo, casomai creandoci una ricetta intorno. Non sipuò attribuire questa scarsa sensibilità soltanto alla mancanza ditempo o ad una scarsa dimestichezza con i fornelli. E' frutto di unretaggio del passato, che deve essere corretto, sopratutto per lenuove generazioni, che devono imparare che un cibo, che era buonoil giorno prima, lo è altrettanto il giorno dopo, se è avanzato.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

E ditoriale

Avanzi di cibo nella spazzaturauno spreco da quindici miliardi

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L o sapevate che...

Mangiare a suon di musicaun matrimonio di piacere

IL GERANIO IN CUCINA

Il geranio odoroso ha parecchie varietà

diverse, ciascuna delle quali ha un suo

aroma tipico. C'Ë la varietà‡ con un grade-

vole profumo di rosa, utilizzato per aroma-

tizzare lo zucchero a velo (basta aggiunge-

re qualche foglia, pulita ed asciutta, da

togliere dopo qualche ora); c'è quella che

sa di pinolo e noce moscata, adatta ad aro-

matizzare piatti di carne o dolci. Ideale

per le torte anche le foglie che odorano di

arancio e mela, mentre quelle all'aroma di

menta si rivelano particolarmente grade-

voli infuse nel tË

PRESERVATIVI AL BACON

Diciamo la verità: data la passione degli

americani per il bacon, era solo

questione di tempo. Un’azienda

americana ha messo sul mercato dei

preservativi al gusto bacon. Non solo: i

profilattici sarebbero anche colorati in

modo da ricordare il bacon, e

utilizzerebbero quello che i produttori

definiscono un bacon-lubrificante

MUSICA E CIBO, STESSO PIACERE

Uno studio fatto da alcuni scienziati di

Motreal ha dimostrato che la musica

mette in moto, nel cervello umano, gli

stessi centri del piacere attivati dal

cibo. Mettere in correlazione due

mondi così diversi potrebbe risultare

anomalo. I risultati del test hanno

però dimostrato che la musica e il

cibo inducono stati emotivi che rila-

sciano dopamina, rinvigorendo la

psiche e alcune sezioni dell’organismo.

L'INGANNO DEL FICO

Il fico nasconde un inganno: il suo vero frut-

to è, in realtà, contenuto all'interno di quello

che noi chiamiamo frutto e che solitamente

mangiamo. Esso è, infatti, il ricettacolo di

una numerosa quantità di fiori che, una

volta fecondati, si ingrossano ed acquistano

tutte le qualità che lo rendono carnoso e

commestibile: il fico, quindi, non Ë altro che

una grossa infiorescenza carnosa, piriforme,

ricca di zuccheri, di colore variabile dal

verde al nero-violaceo, all'interno della quale

sono racchiusi i veri frutti, molto piccoli,

chiamati in botanica ìacheniî.

TE', UN GRANDE VECCHIO

Pare che il tè sia stato scoperto per

caso nel 2737 a.C. Da un imperatore

cinese, quando una piantina cadde

accidentalmente in un pentolone

contenente acqua bollente. Il primo

europeo che scoprì questa deliziosa

bevanda fu il portoghese Jesuit

Jasper nel 1570 e, freddo, fu introdotto

per la prima volta all'Expo di

Saint Louis nel 1904

MIELE IMMORTALE

L'unico alimento che non si deteriora

è il miele. Pensate che è stato trovato

del miele vecchio di 3000 anni nelle

piramidi egiziane ed era ancora

perfettamente commestibile, per via

dell'eccessiva concentrazione di

zucchero che non consente

la proliferazione batterica.

GATEAU DI...BANANE

Un gruppo di ricercatori del CGIAR

(un'organizzazione specializzata in ricer-

che sul cibo e la sicurezza dello stesso

nel mondo) sostiene che le banane (la cui

famiglia comprende un'incredibile

varietà di specie) presto potrebbero

sostituire la patata nell'alimentazione

di milioni di persone. Questo perchè le

patate sono una coltura decisamente a

rischio, perchè si coltivano a temperature

fresche. Con il loro aumentare, sarà

sempre più difficile coltivare il

tubero con successo.

IL VIAGGIO DEL CIBO

Dentro di noi, il cibo fa un percorso di

circa 10 metri, impiegando, dalla bocca

all'esofago, circa 10 secondi. Nello

stomaco, resta dalle 2 alle 6 ore; nel-

l’intestino tenue da 3 a 5 ore. Quel che

resta, finisce nell’intestino crasso,

dove può rimanere da un minimo di 4

ore fino a 3-4 giorni. Per questo pro-

cesso, ogni giorno, produciamo 2 chili

di succhi gastrici, 1 di bile e circa

25.000 fermenti.

MIELE, QUANTO LAVORO!

Per realizzare un chilo di miele,

le api devono visitare quattro

milioni di fiori e viaggiare

per una distanza uguale a

quattro volte la circonferenza

della Terra.

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L e storie del cibo

Invitante e pieno di tentazioniil cibo di strada non è solo per i golosi

Il “Cibo di strada” è un’inguaribile tentazione che spessoci assale e ci concupisce. A tutti noi è capitato di adden-tare per strada un panino, una pizza, delle caldarroste o

un cono gelato. Ci sono alimenti che hanno una specie dilasciapassare e possono essere consumati benissimo perstrada. Altri, invece, sono interdetti. Si fermano agli stop,imposti dalle convenzioni o dai problemi tecnici, igienici esalutistici. Infatti, mentre risulteràagevole mangiare un panino con laporchetta che, chissà perché perstrada assume sapore diverso aseconda se è consumato in estate,in inverno, in riva al mare in monta-gna o in dolce compagnia, mentre èquasi impossibile addentare perstrada un cosciotto di agnello oun’insalatona. In un libro che, scu-sate l'immodestia, ho avuto il piace-re di scrivere e che ha riscosso,scusate ancora l'immodestia, i con-sensi della critica, ho provato a clas-sificare i “Cibi di strada” che posso-no essere considerati come “ali-menti venduti dalle bancarelle o innegozi, che non garantiscono il con-sumo in loco”. L’accezione è abba-stanza larga ed è stata usata soloper un’esigenza di classificazione,non dimenticando che vere incettedi “Cibi di strada” si fanno nellecelebrate sagre o nelle feste di paese. In diverse nazioni delmondo lo “Street food” costituisce una specie di universodella ristorazione. Nei paesi asiatici, in Brasile ed in moltiquartieri americani più del 70 per cento delle persone assu-me il pranzo principale giornaliero proprio per strada, lonta-no dalle convenzioni e dai concetti sociali della convivialità.Per noi napoletani, poi, il cibo di strada è un vero cult. Ricordo quando ero ragazzo ed andavo a scuola, che laprima sosta la facevo di mattina dall’omino dei bomboloni edelle ciambelle, conservati al caldo, in capienti recipienti dirame. Nell’intervallo scolastico, arrivava il carretto di “zeppo-le, pasta cresciuta e panzarotti”, preso d’assalto dai noipoveri studenti. Di pomeriggio, non mancava mai la sosta dal

“nocellaro” che in una scatola di legno divisa a sezioni offri-va a poche lire ceci secchi, noccioline americane, semi dizucca e filanti caramelle di liquirizia. Una vera delizia erano,poi, il “brodo di polipo”, cucinato in barili di ferro e diffuso inbicchieri dal sapore caldo, vaporoso ed intenso con una pic-cola “ranfa di polipo” a porzione; il banchetto “d’o pere omusso”, in cui si poteva gustare il muso, la testa, parti dei

piedi, il ventre, e la trippa del maia-le bollito, condito con olio e tantosale. Per non parlare poi delle“zuppe di cozze”, distribuite in risto-ranti all’aperto, che si animavanodurante le festività paesane.Scrivere un libro sui “Cibi di strada”è stata per me una grande emozio-ne. Ho riscoperto le gioie e le sen-sazioni di un passato, oramai trop-po lontano. Anche nel Lazio i “Cibidi strada” hanno una tradizioneseria. Nel libro sul Gusto viandanteho classificato i prodotti: quelli dellamontagna (castagne secche,mosciarelle, castagnaccio, salsicciaal coriandolo di monte San Biagio,la marzolina, ecc.); i prodotti dellacampagna laziale (porchetta, cop-piette, prosciutto di Bassiano, sot-t'oli e sotto aceti, lumache ecc); iprodotti delle città laziali (in cui cisono le fusaie (alla romana), il gela-

to, i maritozzi, i bignè, la grattachecca, bruscolini, pannoc-chie, ecc); i prodotti di mare (tiella di Gaeta, ostriche, cozze,caniscione, ecc); i prodotti di lago e fiumi (fritture di lattari-ni, di coregone e di anguilla, ecc). Un capitolo a parte hannoi prodotti da forno, l’universo pizza e la civiltà dei fritti roma-ni (dai supplì ai pezzetti ed ai filetti di baccalà). Immergersinell’universo di queste produzioni alimentari è stata un’av-ventura animata da tante storie di uomini e da inimitabilisapori.

Luigi Jovino© RIPRODUZIONE RISERVATA

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I l parere dell’esperto

Il cibo sofisticato per bellezzae quello che nasconde la frode

Sofisticare, nel bene e nel male. Abbellire. Esaltare i pregi.Attenuare i difetti. Mascherare. Far sembrare una cosamigliore di quello che è, per attirare l’attenzione o il deside-

rio. Magari per vendere di più. Magari per spuntare un prezzo piùalto. Beviamo un aperitivo rosso, con piacere; siamo ghiotti dellatorta fatta in casa, colorata con l’alchermes. Eppure il coloranterosso non insaporisce né l’uno né l’altra. Ma serve per appagarel’occhio. E per suggerirci che il prodotto è buono. Perché rossa èla ciliegia e la fragola, rosso il vino e il radicchio, rossa la carne.Sono i colori naturali degli alimenti: il bianco, l’avorio e il giallo finoal bruno. Anche il verde, purché sia verde caldo. Ma mai fidarsidell’azzurro, mai soprattutto del celeste o del verde ramato.È cosìanche per gli odori e i sapori. Gli aromi dei dolci confezionati, ilprofumo della torta domestica appena sfornata o l’aroma deisughi di carne, non servono per nutrirci ma per rassicurarci checiò che mangiamo è buono. Richiamano gli odori che la natura ci offre come segnale per rico-noscere la appetibilità e la sicurezza del cibo. E poi, ci piace il piat-to ben presentato; l’architettura della pietanza, l’arredo del tavolo,del banco e del locale. E’ il mestiere dei ristoratori, dei barman,delle padrone di casa. In altri termini, abbiamo bisogno di esalta-re l’aspetto del cibo e degli ambienti dove lo consumiamo. E’ l’ar-te del sofisticare per rassicurare, che vede complice sia chi pre-para il cibo che chi lo consuma: è la regola del mangiar bene. E’la regola che rende la cucina italiana prima nel mondo. Ma c’è unsofisticare per ingannare. Arte della frode. Modificare l’aspettodegli alimenti per mascherarne i difetti che, se evidenti, ne svele-rebbero la qualità scadente o la pericolosità. In altri tempi era fre-quente la colorazione del burro o della pasta all’uovo con un puntodi giallo, (ora è vietato, oltretutto era un giallo tossico!); qualcunocolora l’olio di oliva vecchio con estratto di foglie, in modo da ren-derlo verde e amarognolo come fosse di prima spremitura. Si dice

che qualche ristoratore screanzato condisce carne o pesce - nonproprio freschi - con abbondanti salse a base di aceto e profumispeziati. La legge è severissima contro le sofisticazioni, prevedendo sanzio-ni penali con forti ammende o la reclusione, nei casi di pericoloper la salute. Ma poiché non sempre l’abbellimento dei cibi costi-tuisce un inganno configurabile come frode, il legislatore consen-te che diversi ingredienti estranei alla natura dell’alimento possa-no essere impiegati per migliorarne l’aspetto, o per renderne piùagevole l’utilizzo. Talvolta sono ingredienti che ne migliorano laconservabilità. E’ il caso dei cosiddetti additivi chimici, il cui impie-go è consentito e regolamentato caso per caso, prevedendo dosimassime di impiego su specifiche tipologie alimentari. Facciamoun esempio. Nelle preparazioni casalinghe e artigianali si usava ilnitrato di potassio (salnitro) come ingrediente nella preparazionedei salumi. Lo scopo era di esaltare e mantenere il colore rossodella carne, che in presenza di salnitro passa dal rosato naturaleal rosso. In più, nel corso della maturazione, il salnitro induce laformazione di aromi gradevoli. Insomma, una sofisticazione fattain casa. Poi si scoprì che il salnitro blocca lo sviluppo del clostri-dium botulinum, un microrganismo che produce la tossina botuli-nica, il più potente veleno finora conosciuto. Ora è difficile trova-re salumi senza aggiunta di salnitro: nessun produttore, artigiana-le o industriale, si fiderebbe a non usarlo, a meno di impiegaremetodi alternativi che, comunque, darebbero poche garanzie diefficacia contro il botulino.Naturalmente anche il salnitro ha le suecontroindicazioni, su cui ora non è il caso di dilungarci. Per que-sto motivo la legge ne ha fissato le dosi massime di impiego e l’ob-bligo di dichiarazione in etichetta. I salumi sono gradevoli, buoni enutrienti. E anche sicuri, grazie a una salutare sofisticazione.Basta non abusarne.

Antonino Addis© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Spettacolari sensazioni e festa di sapori al ristorantestellato “The Cesar” de “La Posta Vecchia” di PaloLaziale per festeggiare i primi dieci anni di attività

dello chef Michelino Gioia, eccellenza della gastronomiaitaliana ed europea. Una folla attenta di giornalisti e diospiti selezionati ha partecipato alla cena di gala nellamagica cornice della location, storico locale di proprietàdella famiglia Sciò. Michelino Gioia, ha presentato piattiche ripercorrono la sua storia professionale con importan-ti ed esclusive innovazioni, mandando in estasi i numerosicommensali. Per iniziare sono stati servite delle acciughefarcite di baccalà, lardo e dolci di pomodoro, a seguiredelle mazzancolle rosse di Sicilia, foie gras e crema di fichicon semi di cacao, delle splendie capesante e infine unagalletta croccante di maiale in salsa di mele e patate affu-micate. Dopo queste prime chicche degne di un grandechef, si è proseguito con un risotto ai gamberi rossi, limo-ne candito e timo, e dei tortelli di fegato grasso alla cremadi porri e zucca. Straordinari sono stati il branzino conagretti, scorzone nero e salsa d’arancia piccante, al quale

ha fatto seguito il medaglione d’agnello in padella concaprino, uva e coste di bieta. Il dessert è stata una verafantasmagoria di colori grazie alla deliziosa spuma dilimoncello, al crumble alla liquirizia ed al morbido dipistacchio, ribes nero e sorbetto alla tequila. Tutte le portate sono state accompagnate da meravigliosivini francesi ed italiani e brindisi finale con prestigiosichampagnee

Luigi jovino© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’evento di ...

Metti una sera a cenacon le “magie” di uno chef stellato

Nella prima foto da sinistra: Marie Luise Sciò (Architetto),Francesca Stancanelli (Capo Ufficio Stampa della Posta Vecchia) eOlivia Mariotti (Fondatrice dell’Agenzia di Comunicazione REM)

Nella seconda foto in basso a sinistra: Un piatto in preparazione di Michelino Gioia

Nella foto in basso a destra:Roberto Sciò (Titolare della Posta Vecchia) e lo chef Michelino Gioia

Le foto sono di Renato Flenghi

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Nonostante il tempo faccia i capricci e il caldo, a volte esa-gerato, compaia per ora soltanto saltuariamente, a tavolac'è voglia di cibi che sprigionano freschezza, sopratutto di

nuovi sapori, quelli che ti regala la primavera e l’estate. Bastabroccoletti, spinaci, cicoria, cavolfiori e carciofi. Avanti con lemelanzane, le zucchine, i peperoni, i fagiolini, i pomodori. Voi dire-te “si trovano anche d'inverno”. Si, ma fanno rabbrividire e ...ilsapore è un'utopia. Provate a mangiare un pomodoro da insalatad'inverno. E' come bere un bicchiere d'acqua oltre ad essere fari-nosi in bocca. Io sono per la stagionalità, per cui le mie ricetteseguono questa linea. Volete mettere una melanzana alla parmi-giana preparata in inverno con quella estiva, quando pomodoro,basilico e le stesse melanzane nascono naturalmente, sotto l'in-flusso del sole che riscalda la terra. Non è semplice inculcare questo concetto alle persone che fannola spesa, perché manca una scarsa informazione. Per molti la zuc-china o il peperone di gennaio è uguale a quello di luglio. Non rie-scono a distinguere sapori e profumi, o quantomeno non ci fannola dovuta attenzione. Posso accettare questo discorso da parte dichi non si applica più di tanto in cucina, che non ha la passioneper i fornelli e quindi non riesce a comprendere appieno le diffe-renze. Non mi sta bene, invece, da parte di chi fa il saccente, diche si atteggia a chef. Fatta la morale, parliamo della ricetta di questo mese, che sa diestate, perché di mezzo ci sono i peperoni, che dopo la primaondata di produzione di stagione, cominciano ad avere il loro verosapore. Li abbinerò al riso, in modo da fare un primo piatto un po'particolare, delicato e molto elegante. Il riso, del resto, si prestamoltissimo ad una cucina estrosa come ad una estremamenteminimalista. Quindi, questa sua peculiarità, ti permette di poterlolavorare in tanti modi, con la carne, con le verdure, con il pesce eanche nella pasticceria. Per non parlare dei supplì e degli aranci-ni. Tornando al mio risotto, per ottenere un risultato soddisfacen-te, ci sono alcuni accorgimenti da adottare e procedimenti daseguire. A partire dalla tipologia del riso. Diciamo che ce ne sonodi tanti tipi e per tutte le ricette. Il Carnaroli è il più utilizzato per irisotti, perché riesce a mantenere inalterata la sua consistenza etiene perfettamente la cottura. E io ve lo consiglio per questaricetta. Dunque, pulite i peperoni, togliendo semi, gambo e nerva-ture interne. Tagliatelo in 4-6 pezzi e metteteli ad arrostire al grillfinché non anneriscono completamente. Eliminate la pelle, sciac-quate e tagliate i peperoni a striscioline. In una casseruola fateimbiondire metà cipolla tritata con l'olio e metà burro, aggiungetei pomodori, i peperoni, l'origano, il sale e il pepe. Lasciate cuoce-re lentamente finché la salsa non si è asciugata. In una padellagrande fate soffriggere nel burro rimasto, la cipolla, aggiungete ilriso e mezza tazza di brodo. Girate spesso e continuate a versare

il brodo fino a che il riso non è al dente. A questo punto aggiunge-te la salsa di peperoni e portate a cottura. Cospargete con il par-migiano, girate ancora e servite, guarnendo il tutto con qualchelistarella di peperone crudo Prima di lasciarvi, voglio dirvi che unrisotto può essere presentato in due modi : ben asciutto, che vuoldire che ha assorbito tutti i suoi liquidi oppure all'onda, cioè piùmorbido, più cremoso. In quest'ultimo caso, dovete toglierlo dalfuoco qualche istante prima, quando ancora presenta una legge-ra liquidità.

Paolo Martizi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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a ricetta del mese

Ingredienti (per 4 persone)

500 gr. di peperoni di colori diversi

1 cipolla media

1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva

60 gr. di burro

350 gr di pomodori freschi

450 gr di riso Carnaroli

1 lt di brodo

30 gr di parmigiano

origano, sale e pepe

Torna l’estate a tavolaecco il riso al gusto di peperone

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eccati di gola

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Ci sono tanti cibi, che hanno fatto la storia della gastronomiaitaliana, finiti nel dimenticatoio. Alcuni, perché si è smessodi produrli su grande scala, altri, perché il mercato li ha

dimenticati e ha canalizzato l'alimentazione su certi stereotipi,condizionata dagli interessi commerciali delle grandi multinaziona-li. Per fortuna, grazie anche alle politiche di alcune associazioni delsettore (vedi Slow Food), da alcuni anni si è tornati a rivalutare eriproporre in tavola quei cibi contadini, in grado di offrire dellealternative ai menu dei ristoranti e al mangiare di tutti i giorni dellefamiglie. In questo contesto, sono riapparsi sulle nostre menselegumi, formaggi, e tipologie di frutti e verdure di una volta.Squisitezze di un mangiare povero ma ricco di sapore. Tra queste,ci sono le lumache, ormai diventate un cibo quasi preistorico, cioèin linea con le sue origini. Gli antichi romani ne erano ghiottissimi,tanto da farne conoscere l'uso commestibile in tutti i Paesi cheandavano a conquistare (in Francia, chiamata escargot, è un cibodi grande prestigio). Una tradizione, che è stata tramandata neisecoli, tanto da diventare per Roma e dintorni, fino a qualchedecennio fa, un grande appuntamento gastronomico di inizio esta-te. Nel giorno di S.Giovanni, a Trastevere, si svolgeva una grandesagra dedicata a questo animaletto, conosciuta in tutto il mondo.Qualcosa accade anche ai giorni nostri, ma senza il clamore e lapresenza di una volta. Diciamo che passa quasi inosservata. Ma,nonostante sia caduta nel dimenticatoio, ciò non toglie che lelumache restano un cibo gradevole, ricco di sapore, oltre ad averegrandi proprietà nutritive (è ricca di sali minerali e proteine) ed ècompletamente privo di grassi. Valori che gli permettono di con-servare un piccolo spazio sul mercato, anche grazie all'intrapren-denza e alla perseveranza di persone come Enzo e Andrea DiLazzaro, che con il padre Egidio, hanno messo in piedi un alleva-mento, “ La Lumaca Castellana”, tra Velletri e Lanuvio, nel cuoredei Castelli Romani, che oltre ad avere un fine imprenditoriale, hal'intento di riportare in auge un alimento della nostra gastronomia.

Non è un progetto facile, perché si parla di un cibo che è comple-tamente sconosciuto alle nuove generazioni, cresciute ad hambur-ger e sofficini. E farglielo apprezzare non sarà semplice, anche perla peculiarità del prodotto che genera qualche difficoltà di accet-tazione. Per portare avanti, comunque, il loro progetto, i due fra-telli hanno creato una struttura modello in grado di allevare unprodotto, ricreandogli l'ambiente naturale, fatto di recinti coltivatia bieta selvatica e trifoglio su un terreno calcareo, privo di diser-banti e veleni. A curarlo più da vicino è Enzo, ex perito elettronico,ex titolare di una bar. Si è documentato a fondo sui sistemi di pro-duzione, andando a perfezionare le sue conoscenze nelle struttu-re esistenti in Italia. Alla luce delle sue esperienze conoscitive, hacreato dei recinti all'interno dell'azienda, tutti rigorosamenteall'aperto d'estate e d'inverno, che producono alcune tonnellateall'anno di lumache. “Le nostre si nutrono soltanto di erba -ci spie-ga Enzo- da noi non è come in Francia dove usano i mangimi.Inoltre noi mettiamo sul mercato soltanto la lumaca adulta, cioècon la bordura del guscio rialzata e dura”. Un segnale di qualità,che trova riscontro anche nella cura del trattamento che vienepraticato prima che il prodotto venga messo in commercio. Dopola raccolta, viene custodito per dieci giorni dentro dei sacchi fora-ti senza mangiare, in modo che possa spurgarsi completamente equindi acquisire un gusto gradevole quando verrà cucinato. Ma lalumaca non è soltanto una leccornia da gustare a tavola, la suabava viene molto usata nella cosmesi perché contiene elicina, unasostanza cicatrizzante, che troviamo nelle creme antirughe, con-tro l'acne e nella medicina viene utilizzata contro la gastrite.Buona e utile. Di più non si può pretendere.

Cristiano Bucciero© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Alla riscoperta della lumacail cibo preferito dai Romani

INDIRIZZOVia Cinelli, 149 - 00049 velletri (RM)

TELEFONO339.877.74.03 - 331.610.50.20 - 06.962.57.92

SITO WEBwww.lalumacacastellana.it

AZIENDA LA LUMACA CASTELLANAFRATELLI DI LAZZARO

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Andare per negozi di frutta di questi tempi è qualcosa dientusiasmante. Ti accorgi del cambiamento di stagione,attraverso lo sfavillante gioco di colori dei vari prodotti

messi in esposizione sui banchi. Fanno sicuramente più effetto,perché siamo stufi di vedere una valanga di mele e di pere, che tifanno venire freddo solo a vederli, spezzati soltanto dalla vivacitàdelle arance. Gli stessi pomodori, che troviamo ormai tutto l'anno,in inverno hanno colori sbiaditi, diciamo innaturali, per via di unaproduzione esclusivamente fatta in serra riscaldata artificialmen-te. Per non parlare del sapore che non c'è, così come buona partedei prodotti coltivati fuori stagione. Ora, invece, è tutta un'altracosa e fare la spesa ti mette allegria, c'è il giallo della nespola, ilvioletto delle prime prugne il rosso delle ciliege, poi albicocche epesche, ci sono le fragole, con il loro colore purpureo, ad attirarele attenzioni. La fragola è sicuramente il frutto della primavera, èquella che annuncia l'arrivo della bella stagione, oltre ad essere unfrutto straordinario per profumo e sapore. Specialmente quelle diquesto periodo, che hanno conosciuto il calore naturale della sta-gione, scaldata dalle prime giornate soleggiate e dai primi tepori.Sarà così fino a fine giugno, momento in cui scomparirà di scena,per darci appuntamento all'anno prossimo. Sicuramente la trove-remo anche oltre, non dappertutto, nelle frutterie. Ma non sarà unprodotto nazionale, avrà passaporto straniero o sarà un prodottofuori stagione. La fragola, oltre ad essere buona come frutto, èmolto utilizzata in pasticceria ed anche in cucina. Ci sono un'infi-nità di ricette che la vedono indossare i panni della protagonista.Tutto ciò scaturisce dal fatto che ha un sapore molto particolare,dolce ma con un retrogusto leggermente acidulo, che che le per-mette di accompagnare molto bene salse per i primi piatti edanche qualche secondo dal gusto delicato. In pasticceria e nellagelateria è la reginetta assoluta, grazie anche alla possibilità diessere surgelata senza che perda sapore e consistenza, nono-stante non abbia una buccia. E’ un frutto abbastanza delicato e hauna resistenza limitata. Quando non è freschissima, diventa di unrosso cupo, ma sopratutto perde quella lucentezza esterna.Proprio perché la ritengo un frutto eccezionale (a me piace tantis-simo) e di grande peculiarità, questa volta vi voglio proporre undessert che la vede grande protagonista. Non è la solita torta, maqualcosa di più fresco, di più estivo e perché no, anche di più intri-gante, nel caso la degustiate in dolce compagnia nel pieno del sol-leone oppure in un romantico dopocena. Potrebbe spalancarviqualche porta, prima ermeticamente chiusa. Ma entriamo nelvivo della ricetta. Prima operazione: mettiamo le fragole in un pen-tolino con lo zucchero e con circa 100 ml d’ acqua. Portiamo adebollizione. Quindi, spegniamo il fuoco e frulliamo il tutto, otte-nendo una purea. Montiamo la panna fresca. Piccolo inciso: chinon ha gli strumenti adatti per fare questa operazione, può acqui-

stare la panna in gelateria oppure quella spray nel supermercati.Riprendiamo il discorso interrotto. Aggiungiamo la panna allapurea di fragole, usando una spatola, meglio se è da pasticcere,avendo cura di non smontare il composto con movimenti troppoenergici. A questo punto montiamo anche gli albumi ed aggiungia-moli al resto degli ingredienti già amalgamati. Trasferiamo il tuttonei bicchieri, che poi trasferiremo in congelatore per circa 2 ore.Trascorso questo tempo, attendiamo circa 15 minuti prima di ser-vire in tavola. Decoriamo a piacere con delle fragole. A mio giudi-zio è un dolce al cucchiaio di stagione, dal sapore forte, ma allostesso tempo di consistenza molto leggera e...fresco e quindi otti-mo per questo periodo dell’anno.

Gabriele Zanini© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’angolo dei golosi

Ingredienti (per 4 persone)

180 gr di zucchero semolato

300 gr di fragole

200 ml di panna fresca

3 albumi d'uovo

Spuma di fragole ghiacciataun dolce che sa di “caldo”

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Mettete tre amici, Ilaria, Antonio e Manuele, davanti ad unatv, spettatori interessati di un big match del campionatoin corso, Juve-Napoli. Amici nella vita, “nemici” nel tifo.

Dopo le tensioni dalla partita, ci si rilassa, parlando di tutto e dipiù. Siccome loro sono giovani, è normale che il discorso scivolisul futuro, sui loro sogni nel cassetto. Antonio specialmente ne hauno in particolare: aprire un ristorante. Lui ha già lavorato nellaristorazione, ma come ci ha sottolinea, sempre per gli altri.Manuele, dopo aver fatto alcuni lavori in Italia, un bel giorno è par-tito per l'Inghilterra, dove ha fatto di tutto. Ilaria, invece, ha diret-to un centro estetico.Un sogno nel cassetto, che nel breve volgere di qualche mese èdiventato una realtà. Non è stato semplicetrovare il locale giusto, quello che racchiudes-se in una unica soluzione un mix di rustico edelegante. Tanti sopralluoghi, nessuno convin-cente, fino a quando un bel giorno hannomesso piede a “La Quercetta”, locale appenafuori Grottaferrata, in direzione di Roma. Unincrocio di sguardi fra loro, per dirsi che quel-lo era il locale giusto, il loro ristorante. Così il2 aprile scorso s'è iniziata la grande avventu-ra, fatta di scottadito e fettuccine. Il sognoera diventato una realtà. Bisognava soltantomettere a freno gli entusiasmi del primomomento e partire con le idee ben chiare.Cosa che hanno avuto fin dal primo momento nella scelta dellochef, chiave di volta per le fortune di un ristorante. La scelta è rica-duta su Massimo Picerno, un master dal “guru” della ristorazioneGualtiero Marchesi e tante esperienze in giro per l'Italia. Massimoha abbracciato in pieno il loro progetto, cioè del locale rustico edelegante qual'é “La Quercetta”, sia in sala che in cucina. Che,concretamente, vuol dire cucina con prodotti di territorio, rivisita-ti senza esagerare in chiave moderna. Così sulla “carta” troviamoproposte che hanno alla base radici locali con contenute variazio-ni sul tema, che scaturiscono dalla fantasia dello chef, che, al con-trario di tanti colleghi pigri, ama lavorare nel suo “regno”, la cuci-na. Ma la mossa vincente, che non ha allontanato la vecchia clien-tela, che è diventata poi la nuova clientela, è stata quella di rispet-tare per grandi linee la linea gastronomica tracciata dalla gestio-ne precedente. Così, dopo un inizio in salita, cosa normale quan-do avviene un cambio della guardia in un ristorante, s'è incomin-ciato a raccogliere i primi segnali positivi, non soltanto per l'abili-tà di Massimo davanti ai fornelli, ma anche per il clima gioviale equasi familiare stabilito da Ilaria, Antonio e Manuele. In sala nonsono soltanto i proprietari, ma gli amici aggiunti dei clienti, che, aloro volta, sembrano apprezzare questo tipo di rapporto. Il resto lo

fa la cucina, con la sua impronta di stampo casalingo. Lo chef èun fanatico del “fai da me”. Dalla pasta tirata a mano tutte le mat-tine ai dolci, è farina del suo sacco, compresi i secondi, che inquesto locale, a livello di carne, non sono soltanto bistecche, filet-ti e tagliate, come accade nella maggior parte dei locali, colpiti dalvirus della monotonia. A “La Quercetta”, la carne e il pesce vienelavorato in tanti modi, come non hai la pazienza e la voglia di pre-parare a casa. Appena seduti a tavola, lo sguardo cade inesorabil-mente sul buffet, dove fanno bella mostra di loro un'infinità di anti-pasti, che lo chef cambia giornalmente, a seconda di ciò che offreil mercato e il suo estro. Avete mangiato mai le bucce di patatefritte? Un cibo povero da provare. Sul resto ti puoi perdere. Il tuo

pranzo o la tua cena potrebbe concludersifacendo razzia delle chicche esposte sul buf-fet. Ma sarebbe un grave errore, perché, aseguire, non ti puoi permettere di assaggiarei ravioli ripieni di amatriciana con diti concacio e pepe, oppure ignorare gli strozzapre-ti fave, scampi e pecorino sarebbe un pecca-to. Da segnalare anche le tagliatelle al ragùbianco di coniglio, gli gnocchi di patate,taleggio e salsiccia oppure gorgonzola enoci. Anche il pesce ha il suo spazio nella“carta”. Ne cito uno in particolare: spaghet-ti alle alici piccanti, pomodorini e briciole dipane saporite alle erbe. Proseguiamo con i

secondi, che sono di carne e pesce, quest'ultimo sempre freschis-simo. Mi soffermo sul galletto cotto su pietra lavica, tanto cheviene considerato un punto di forza del menu. Accanto a lui, fannopasserella ossibuchi cremolati, e per dare un tocco di territoriali-tà, lo chef si è inventato un millefoglie di porchetta e verdure, chea mio giudizio, per la freschezza, “sa” di estate. Gran chiusura coni dolci di Massimo, tutti preparati al momento (non spazientitevi sec'è un pochino da attendere): millefoglie ai frutti di bosco cremachantilly e Nutella, tiramisù veramente speciale, tortino con cuoredi cioccolato. Ma a mandarmi in estasi è stata una tagliata di frut-ta di stagione accompagnata da un bicchierino di cioccolato fuso.Per chi ama la pizza, alla consolle c'è Aldo, maestro pizzaiolo diprim'ordine, pronto a farti pizze di tutti i tipi. Per quanto riguardala cantina, ci sono in prevalenza bottiglie della migliori aziende delLazio. Non mancano, comunque, per chi vuole spaziare nel mondodel buon calice, belle bottiglie extraregionali. Infine, va sottolinea-ta un' intelligente iniziativa, che aiuta le famiglie a risparmiare:menu speciale per i bambini, preparato personalmente dallo chef,a 6,00 e 9,00 euro.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

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I l ristorante del mese

Tre amici, la “Quercetta” e...quel sapore elegante nel piatto

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Il cambiamento climatico globale è una delle questioni più rile-vanti per l’umanità, indicatore del fatto che stiamo vivendo oltrele capacità ecologiche disponibili. Nell’interesse della riduzione

dei gas ad effetto serra e in virtù della gestione sostenibile dellerisorse ambientali si è mosso da tempo il Ministero dell’Ambientee della Tutela del Territorio e del Mare. Con azioni finalizzate in particolare al calcolo della carbon foot-print in conformità con il “Pacchetto Clima-Energia” adottato dalConsiglio dell’Unione Europea nel 2008. Per carbon footprint (oimpronta di carbonio) intendiamo l’ammontare delle emissioni diCO2 attribuibili ad un prodotto o a un’organizzazione. Essendol’impronta di carbonio il 50% di tutta l’impronta ecologica, la suariduzione è essenziale per porre termine allo sfruttamento ecces-sivo delle risorse. L’azienda Cantine San Marco di Frascati([email protected]) è stata una delle vincitrici del primobando sulla carbon footprint. La produzione vinicola è una dellecomponenti più significative della nostra cultura di gestione e pro-tezione dell’ambiente rurale e del paesaggio. Le Cantine San Marco sono produttori di vino Frascati doc, un’im-portante realtà nazionale con vocazione all’export in oltre 42paesi ed è una delle poche aziende a disporre di analizzatori dimetallo pesante in grado di analizzare e quantificare ed eliminarela presenza di piombo o metalli dannosi nei campioni di mosto ovino. Le diverse azioni intraprese volontariamente tendono al con-tinuo confronto diretto tra aziende, favorendo la definizione dilinee guida di settore verso una produzione e diffusione sul mer-cato di vini sempre più sostenibili. Il progetto ha consentito di effettuare la valutazione di tutte leemissioni di CO2 emesse per ciascuna unità funzionale (vale adire per ogni singola bottiglia di vino da 0,75 litri) riconducibiliall’impatto che il prodotto ha in termini di ammontare di gas serra(misurati in diossido di carbonio) in ciascuna fase del suo ciclo divita: dal vigneto, all’azienda, alla distribuzione. Constatando chetra le attività agricole, l’uso di fertilizzanti e fitofarmaci e l’utilizzodi macchine, sono le attività a maggiore emissione, seguite dalpackaging e alla distribuzione del prodotto finito, si è giunti ad unasoluzione che nel primo anno ridurrà il 4% delle emissioni associa-te al prodotto. Le emissioni residue potranno essere poi eliminateattraverso ulteriori piani graduali orientati alla carbon neutrality(tramite piantumazione e carbon offset). Nello specifico le misure a cui si attiene Cantine San Marco sonole seguenti: utilizzo di mezzi a basso consumo e atomizzatori conrecupero del prodotto nella fase agricola, recupero e ri-uso dellebottiglie, uso di refrigeranti a ridotto impatto ambientale, adegua-mento dei materiali da imballaggio, efficientamento energetico nelprocesso produttivo aziendale, acquisizione di mezzi a metano perla distribuzione locale e regionale, selezione dei fornitori e dei tra-

sportatori sul principio dell’impegno dimostrabile per la riduzionedelle emissioni nella fase della distribuzione. Dunque Cantine San Marco ha partecipato nel suo piccolo inmodo intelligente e consapevole al raggiungimento della sosteni-bilità ambientale dell’azienda con la prospettiva di creare un pro-dotto ad impatto ecologico nullo o fortemente ridotto: iniziativaambiziosa che dovrebbe interessare tutte le aziende coinvolte nelsettore vinicolo.

Claudia Araneo© RIPRODUZIONE RISERVATA

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P ianeta vino

Le Cantine San Marco sposanol'ambiente: nasce il Frascati “verde”

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e l o P a g h i i n 6 C o m o D e r a t e

Aperitivo di benvenuto

Antipasto:Tris di salumi,Verdure miste gratinate,Caciottina piccante

Primi Piatti (1 a scelta):Lasagna ai 4 formaggi con speck croccante e julienne di zucchine

Penne con carciofi salsiccia e pachino,Calamarata funghi porcini e pachino

Farfalle mille gusti

Secondi Piatti (1 a scelta):Arrosto di maiale al forno in demi-glace,

Pollo sgaloppato con prosciutto cremolato agli asparagi,

Rollè di pollo con cicoria e scamorza affumicata,

Medaglione di maiale al pepeverde,Saltimbocca alla Romana

Contorni: Patate al forno

Dolce: Torta - Acqua - Vino - Digestivi

€ 25,00

Aperitivo di benvenutoAntipasto:

Tris di salumi,Verdure miste gratinate,Caciottina piccante,

Frittatina al rosmarino e bruschetta

Primi Piatti (2 a scelta): Lasagna ai 4 formaggi con speck croccante e

julienne di zucchineLasagna al ragù, Penne con carciofi salsiccia

e pachino, Calamarata funghi porcini e pachino, Fettuccine al ragu’ di cinghiale, Farfalle mille gusti, Paccheri con speck

pachino e pesto, Trofie asparagi e guanciale,Risotto con radicchio gorgonzola e noci

Secondi Piatti (1 a scelta): Arrosto di maiale al forno in demi-glace,

Rollè di vitella con cicoria e scamorza affumicata, Pollo sgaloppato con prosciutto cremolato agli asparagi

Medaglione di maiale al pepe verde, Saltimbocca alla Romana,

Arrosto di vitella in salsa brunaContorni:

Patate al fornoDolce:

Torta, Acqua, Vino, Spumante, Caffe’, Digestivi

€ 30,00

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In un mondo dove ristoranti e bar sono popolati da bottiglie di birra abuon mercato, vodka e Red Bull e qualsiasi cosa miscelata con Coca-Cola , sembrerebbe che il Ramos Gin Fizz sia destinato all'estinzione.

Ed è stato cosi fino alla fine del secolo passato. Oggi, il barman sta diven-tando sempre più "professionista", studia, ricerca e fa del suo lavoro unapassione, trasformando le ricette classiche, aggiungendo il tocco perso-nale, quello che in cucina definiremmo il "tocco dello chef". Si tende adare al drink qualcosa di personale. Concetti che gli hanno permesso,attraverso i loro viaggi e i loro studi, di imparare a decorare, accessoria-re i propri cocktail. La ricerca di ingredienti esotici, misteriosi, tipici di undeterminato luogo, addirittura stravaganti (vedi infusioni di scorpioni,teste di coccodrillo, ma questa è un'altra storia). Ingrediente e/o unacombinazione di più ingredienti che evochino situazioni, emozioni emomenti passati del barman da "passare" al cliente. Il barman è semprepiù attento allo studio delle bevande: dalla provenienza alle caratteristi-che organolettiche. Ma soprattutto studia montagne di libri che parlanodi bar, di cucina e non solo in modo da poter utilizzare idee per il pro-prio lavoro. Ricettari e "memorandum" di barman del passato, che hannofatto la storia del bere miscelato, vengono letti, analizzati, concettualiz-zati ed attualizzati, cosa che ha portato a rilanciare la tradizione del beremiscelato. Il Ramos Gin Fizz è uno di quei cocktail, tornati alla ribaltadopo essere stato dimenticato, per dar spazio a cocktail colorati di blu,energizzanti, legati da una forte e pessima concentrazione d'alcool o da"premix alcoolici", venduti addirittura già imbottigliati in modo di doversoltanto aprire la bottiglia e versare nel bicchiere con ghiaccio. Quasi asminuire il lavoro del barman, che deve velocizzare, standardizzare,risparmiare e vendere vendere vendere, spendendo il meno possibile,utilizzando a volte, prodotti scadenti. Ed è questo, secondo me uno deimotivi per cui il "Ramos" in Italia è sparito dalla circolazione, e si fa quasifatica a credere che nei bar di New Orleans si addestravano squadre dibarman (a volte composte anche da piu di 15 Shaker Boys) che ancheper più di 12 minuti shakeravano a staffetta lo stesso cocktail. Un lavoroduro, estremo, complicato da gestire, dove, per via delle esigenze di mer-cato del momento, risultava essere uno spreco in termini di tempo. Mafacciamo un passo indietro, parlando di questo drink che ha una lungastoria e ci riporta in un luogo (per chi mi segue già citato per la nascitadi un altro cocktail) New Orleans, patria oggi del Museo dell’ AmericanCocktail. Uno dei pochissimi baristi ad aver dato il proprio nome a uncocktail, famoso sia durante la sua vita che dopo la morte, fu HenryCharles "Carl" Ramos nato a Vincennes, Indiana, da genitori di originetedesca, il 7 agosto 1856. La sua famiglia si trasferì nella sua casa adot-tiva di New Orleans, quando era un bambino. Nel 1887, con suo fratelloacquistarono un salone, il “The Imperial Cabinet” a New Orleans e nel1888 il locale diventa famoso per la produzione di una miscela a base digin, succo di limone, succo di lime, albume d'uovo, zucchero, panna,acqua di fiori d’arancia e soda servita in bicchiere alto e stretto senzaghiaccio. Il New Orleans Fizz e l’Imperial Cabinet cominciarono a farsistrada nella storia dei drink di New Orleans. La ricetta è rimasta unsegreto gelosamente custodita e, trainata dal successo della sua crea-zione, nel 1907, Henry decise di aprire il suo bar, “The Stag”. Nel libro“The Famous New Orleans Drinks How to Mix'Em”, Stanley Clisby Arthurscrive che il “The Stag ", era uno dei luoghi d'interesse della città duran-

te il Carnevale, e nel martedì grasso del 1915, 35 shaker boys scosserole braccia, per tutto il giorno. Con l'inizio del proibizionismo, nel 1920Henry Ramos fu costretto a chiudere il suo bar e morì nel 1928, creden-do che la sua bevanda non sarebbe stata mai più servita in un bar ame-ricano. La ricetta dell'ormai leggendario Ramos Gin Fizz è rimasta unsegreto, fino a quando suo fratello onorò la memoria di Henry con la pub-blicazione della ricetta in una pubblicità a piena pagina. Una trovataanche un po’ provocatoria, in quanto era appunto in atto il Volstead Act,che vietava la somministrazione e la vendita di acool in America. Ha pub-blicato la sua ricetta come un atto di disobbedienza civile, nel tentativodi sovvertire la legge Volstead, sperando che le masse di curiosi avreb-bero cercato di eludere la legge, al fine di creare questa bevanda leggen-daria per se stessi in casa proprio illegalmente. Nel 1935, il Sazerac bardel Roosevelt Hotel di New Orleans (ora denominato The Fairmont), chesi trova a pochi isolati di distanza dal punto in cui Henry ha creato labevanda, ha acquistato i diritti del Ramos Gin Fizz dal figlio di Henry e ilmarchio di fabbrica del cocktail. Uno dei grandi promotori della bevanda,che hanno aiutato il Ramos ad arrivare ai giorni nostri, è stato il governa-tore della Louisiana Huey P. Long. Tanto è vero, che nel luglio del 1935,ha preso un barista di nome Sam Guarino dal Roosevelt Hotel per il NewYorker Hotel a New York City, per addestrare il personale su come pre-parare la bevanda, in modo da poter servirla nella “Grande Mela”. Laricetta originale prevede l'uso di un bianco d'uovo crudo, ma in Italia nonè possibile usarlo, ma solo quelle pastorizzate o in polvere che si posso-no trovare in qualsiasi supermercato. Io, al BBQ Lounge Bar personaliz-zo questo cocktail, usando uno zucchero aromatizzato alla lavanda e allacamomilla ed aromatizzando anche il gin con la camomilla. La miscelaassume un profumo floreale e agrumato, dando una sensazione di fre-schezza scaturita dalle bollicine della soda

Simone Francini© RIPRODUZIONE RISERVATA

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M agie di notte

Ingredienti2 oz gin (Old Tom)

1 oz panna

1 bianco d’uovo

1/2 oz succo di limone

1/2 oz succo di lime

2 cucchiai di zucchero

3 gocce d’acqua di fiori

d’arancia

Soda a colmare

Ramos Gin Fizz, la riscopertadi un grande, vecchio cocktail

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Nel progettare diversi giardini che ho potuto realizzare incontesti meravigliosi, sono arrivato alla conclusione chein uno che si rispetti non può mancare la rosa, regina

incontrastata fin dall'antica Roma. I Romani le intrecciavano inghirlande, il popolo arabo le ha consacrate a custodire i segre-ti di Allah. E’ stata dedicata alla bellezza di Venere e, via via neisecoli, è stata protagonista indiscussa della scena romantica,ispirando e affascinando pittori e poeti. Nei parchi e giardiniche realizzo, propongo spesso delle rose di grande effetto sce-nico: prediligo “le rose liana”, un gruppo di varietà rampicanti

a fiori piccoli, gene-ralmente bianchi orosati; rappresen-tano una splendidarisorsa per abbelli-re i giardini, inquanto avviluppanotralci carichi difiori. I rami siarrampicano e for-mano splendideghirlande su arca-te, pergole, ringhie-re. La loro fiorituraè letteralmenteesplosiva, durasolo due o tre setti-mane, ma quale

spettacolo! E nei mesi d'autunno e inverno, al posto dei fiori, cisaranno bacche rosse o aranciate. Per un giardino di rose, pro-pongo delle varietà specifiche alla funzione dell'uso che se nevuole fare, e non viceversa. Ad esempio prediligo le sarmento-se, spesso rifiorenti a fiore piccolo, hanno rami flessibili, chefioriscono sia in verticale sia in orizzontale. Le si potrà pertan-to utilizzare per rivestire archi, tettoie, pergole: in breve tempoqueste strutture saranno ricoperte da una lussureggiante vege-tazione, fittissima di fiori. Ci sono delle rose invece che non siprestano a rivestire archi, mentre vanno bene su muri o treilla-ges. Per farle fiorire al meglio, dovrete perciò fissare i loro ramipiegati e guidati sui tralicci in orizzontale, dalle gemme si svi-lupperanno numerosi rametti laterali che si riempiranno di fiori.Le rose sono fiori dalla romantica bellezza, dalle corolle, conproporzioni e forme svariatissime ( a rosetta, a coppa, a pom-pon…), con colori che vanno dai toni delicati e cipriati a quellipiù intensi e vellutati, con il profumo che sprigiona sentori frut-

tati di mirra o di tè, di mela verde, di muschio o d'incenso. Nontutti sanno che i petali sono commestibili e sono ottimi nell’in-salata, che a primavera diventa variopinta, da usare solo a con-dizione che si tratti di rose coltivate biologicamente. Ruoloimportante hanno avuto i rosaisti e ibridatori inglesi e francesi,che negli ultimi due secoli hanno creato varietà davvero moltobelle. E' ad un reverendo inglese, illuminato ibridatore, che dob-biamo le rose morbide e aggraziate come le varietà antiche, marifiorenti e molto, molto profumate. All'interno di questa piutto-sto nutrita famiglia "orticolo ecclesiastica", la figura del reve-rendo Joseph Pemberton è senz'altro la più importante.Presidente della National Rose Society (oggi Royal NationalRose Society) dal 1911 al 1913, sentì infatti fortissimo il richia-mo per una seconda vocazione: quella dell'ibridazione. Quelleche cercava erano rose capaci di fiorire fino alle soglie dell'au-tunno, ma con la grazia e la morbidezza delle vecchie varietà.Scelse come linea genetica iniziale, una rosa semi rampicante,che produceva piccoli fiori semplici, giallo crema. Una curiosità è la rosa moschata che ha l'inconsueta caratteri-stica di fiorire in estate, da luglio in poi. I fiori hanno un inten-so profumo che a qualcuno ricorda il muschio, ad altri i chiodidi garofano. La varieta' rosa moschata umbrella ha grandicorimbi di fiori semplici, la varietà rosa moschata autumnalis hafiori semidoppi.

Marco Mariani© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L a natura nel piatto

I giardini di primaverahanno il profumo delle rose

500 cl di acqua4 cucchiai di acqua di rose5 gr di semi di anice stellato1 limone400 gr di petali di rosa600 gr di zucchero

Procedimento

Prendete le rose sbocciate ma non sfiorite. Una volta tolti i petali, metteteli nel mortaio con i semi di anice stellato e

pestate il tutto. Sistemate il composto nel frullatore insieme a 300 grammi di zucchero. Ponete la crema ottenuta in una

pentola, aggiungendo il restante zucchero, il succo di un limone, l'acqua di rose, l'acqua e portate ad ebollizione. Cuocete a fuocolento per 25-30 minuti (schiumate se necessario). Per capire se avete raggiunto la consistenza giusta, versate una goccia nel piatto, se resta compatta è pronta. Infine, versate la gelatina

ancora bollente nei barattoli con chiusura ermetica e conservateli in un luogo fresco ed asciutto.

Gelatina di petali di rosaIngredienti per 4 persone

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I l benessere a tavola

Diete equilibrate, niente digiuniper superare la prova costume

Cari lettori, l'estate si avvicina e la voglia di rimettersi in forma tornaprepotentemente nei nostri desideri. Dopo una stagione inverna-le passata senza troppo dar peso alla nostra alimentazione, tra-

scurando la nostra linea coperta dai vestiti invernali, siamo disposti poi,in nome di dimagrimenti fenomenali e senza sacrifici a sottoporci a dietee farmaci quanto mai deleteri. Non pensiate che esista la pillola magicache ci fa scendere 10-15 kg in un mese, mangiando quello che vogliamo.Ovvero, la pillola esiste, ma le conseguenze "post" sono disastrose. E dif-fidate di queste pillole.Vediamo, invece, come evitare degli errori alimen-tari. La correzione vi aiuterà a mantenere un peso nella norma senzatanti sacrifici.Diete restrittive e con meno di 1000 calorieVuoi perdere quei chiletti di troppo e ti affidi ad una dieta drastica. Forsequesta prevede pompelmo e zuppa di cavolo, minestrone o yogurt ognigiorno. In questo modo portate le calorie giornaliere a meno di 1.000.Ma quando si mangiano così poche calorie, si allena il metabolismo a ral-lentare. Una volta che la dieta è finita, hai un corpo che brucia le caloriepiù lentamente...e di solito recuperate tutto il peso persoFare una ricca prima colazioneSaltare la colazione sembra un modo semplice per tagliare le calorie emangiare di meno, ma il risultato può essere la fame insaziabile per ilresto della giornata. Questo può portare a spuntini non pianificati in uffi-cio e mangiare una porzione di super-dimensioni a pranzo. Ma una cola-zione ad alto contenuto di proteine e di fibre può ridurre la fame duran-te la giornata. Molti studi dimostrano che le persone che ogni mattinafanno colazione a base di cereali integrali, proteine e frutta, hanno piùprobabilità di mantenere un peso controllato.Non perdere di vista i vostri spuntiniForse si riescono a tenere sotto controllo le calorie ad ogni pasto, mache dire di tutti quei bocconcini in mezzo? C'è il sacchetto di salatini ocracker sulla scrivania, la piccola fetta di torta del collega, il gusto delcono di gelato di tuo figlio. Tutto questo sgranocchiamento insensato einvolontario ci potrebbe far saltare una dieta ben pianificata Spuntini intelligentiLe persone che mangiano molti piccoli pasti e spuntini al giorno sono piùpropensi a controllare la fame e perdere peso. Gli spuntini aiutano amantenere il metabolismo attivo, in marcia alta, soprattutto se gli snacksono ricchi di proteine. Le noci, come le mandorle, ad esempio, sono unabuona scelta; hanno un buon contenuto proteico, sono ricchi di saliminerali e le mandorle aiutano a tenere sotto controllo glicemia e cole-sterolo. I dati delle ricerche suggeriscono che le persone che usano nocie mandorle come snack spezza fame, tendono ad essere più magrerispetto a quelli che non lo fanno.Prodotti a basso contenuto di grassiI prodotti a basso contenuto di grassi possono svolgere un ruolo impor-tante nella vostra dieta. Basta ricordare che il basso contenuto di grassidi un cibo non significa basso contenuto calorico e non è una licenza perprendere una seconda e terza porzione. A volte un cibo a basso conte-nuto di grassi, ha un alto contenuto di zucchero. Il modo migliore persapere quanti grassi, zuccheri e calorie si assumono, è quello di control-lare l'etichetta nutrizionale.

Bere molta acquaQuesto è uno dei più semplici errori nutrizionali da risolvere. L'acqua èessenziale per bruciare calorie. La ricerca suggerisce che adulti chebevono otto o più bicchieri di acqua al giorno bruciano più calorie di quel-le che ne bevono di meno. Quindi, provate ad aggiungere un bicchiered'acqua in più ad ogni pasto e spuntino. Minimo 2-3 litri di acqua al gior-no. Tutto l'anno.Latte e latticiniIl latte intero, il formaggio e il gelato sono un tabù per molte persone adieta, ma togliere del tutto i latticini può essere controproducente.Alcune ricerche suggeriscono che il corpo brucia più grasso quando siassume abbastanza calcio e produce più grasso quando si tratta di dietepovere di calcio. I supplementi di calcio non sembrano produrre gli stes-si benefici. Lo yogurt è una ottima fonte di calcio. Per quanto riguarda illatte, personalmente sono contrario alla sua assunzione, ed in un prossi-mo numero vi spiegherò perché.Vita sedentariaSe non si fa un minimo di esercizio fisico, l'intero onere della perdita dipeso grava sulla vostra dieta. Se diventi più attivo, puoi mangiare di piùdelle cose che ti piacciono e perdere peso. La chiave è trovare una atti-vità fisica che ti piace e che puoi seguire costantemente. Se il tapis rou-lant sembra noioso, prova il nuoto, la danza, il ciclismo, il tennis da tavo-lo o, almeno, cammina a passo veloce per almeno trenta minuti il gior-no.Dormire di piùDormire un'ora in più ogni notte potrebbe aiutare a bruciare calorie,secondo un ricercatore dell'Università del Michigan. Non mangiate car-boidrati ad alto indice glicemico la sera, e preferite un pasto a base pro-teica.Mangiare più verdureServire tre verdure diverse con la cena di stasera, invece di una sola.Variare spesso e mangiare più frutta e verdura è un ottimo modo per per-dere peso. L'alto contenuto di fibre e di acqua ci dà un senso di sazietàmaggiore. Cuocere senza grassi aggiunti, ovviamente. Condite consucco di limone ed erbe aromatiche, piuttosto che affogare la loro bontàin salse ricche di grassi o condimenti.Un piatto di zuppaAggiungi una zuppa a base di brodo durante un pasto. Un buon piatto diminestrone è particolarmente utile all'inizio di un pasto perché rallentala fame e frena l'appetito. Attenzione ai minestroni già preparati.Possono contenere verdure ad alto indice glicemico.Mangia IntegraleI cereali integrali come il riso integrale, orzo, avena, grano saraceno, ciaiutano nella perdita di peso. Aiutano a riempire con meno calorie e pos-sono aiutare a diminuire il colesterolo. Usa farine integrali per i tuoi dol-cetti. E soprattutto attenzione allo zucchero, anche nei cibi. E' un alimen-to subdolo. a volte aggiunto in maniera sconsiderata.

Angelo De MartinoDietologo, Nutrizionista, Naturopata, Biochimico, Biologo

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T e l / F a x 0 6 . 4 3 4 1 8 7 1 9 - M o b i l e P h o n e 3 4 7 . 9 3 4 3 4 1 0 - 3 9 2 . 9 1 2 8 1 4 6

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L'estate è ormai alle porte e per noi donne è come risve-gliarsi dopo il lungo letargo invernale. Ci sentiamo tuttepiù frizzanti, e perché no, più frivole. Abbiamo una gran

voglia di essere in gran forma e di essere più attraenti. Saràperché abbiamo messo sotto naftalina piumini e maglioncini dilana, rispolverando magliettine, vestitini svolazzanti e minigon-ne. Così tutte facciamo una puntatina nelle profumerie a cerca-re creme “miracolose” o ad inseguire l'ultimo ritrovato dellascienza e della tecnica, che ci levighi il pancino o che restitui-sca un viso giovane, come quello di un pupo appena svezzato.Ma, se invece di tutti questi accorgimenti dell'ultima ora, ini-ziassimo a pensare di più al nostro corpo, non soltanto nei mesiestivi, quando dobbiamo “esibirci” nella prova costume, maanche per tutto il resto dell'anno, praticando sport e seguendoun'alimentazione sana ed equilibrata, non sarebbe tutto piùsemplice? Sicuramente si, ma se proprio non siamo riuscite adessere così diligenti in inverno, proviamo almeno a farlo in que-sta stagione, dove tutto, grazie al caldo e al pensiero dellevacanze estive sempre più vicine, sembra più facile e rilassan-te. Le giornate che si allungano ti consentono di utilizzare iltempo libero che hai a disposizione, di fare almeno qualchebella camminata. Se poi, neanche il tepore primaverile riesce ascrollarti la pigrizia che è insita in te, puoi trovare la soluzioneai tuoi problemi, facendo lavorare il tuo corpo dietro la tua caravecchia scrivania. Bastano pochi ma efficaci movimenti perfare sport mentre lavori. Per esempio, sollevando spesso legambe da terra, cercando di mantenere la schiena ferma ederetta, attivando in questo modo sia i muscoli addominali chel'intera circolazione. Vi raccomando di accompagnare questimovimenti con un'ampia apertura del petto e completate iltutto allungando le braccia dietro la schiena, fino a far congiun-gere le vostre mani. Altro semplice esercizio, che vi può farbene a livello psichico e fisico, sta nel portare le mani con ilpalmo rivolto verso l'esterno dietro la parte bassa della vostraschiena, controllando la respirazione con inspirazioni e espira-zione molto lente, andando così a agire sulle cause dello stressaccumulato nel corso della giornata lavorativa. Ultimo consiglioper le solite pigre: meno ascensori e scale mobili, più scale apiedi. Non è molto, ma è già qualcosa, anche perché, a questopunto, non ci sono più scuse che tengano. Naturalmenteocchio all'alimentazione. La tavola e le buone abitudini alimen-tari, poi, ci aiuteranno ad essere più belle e più in forma,seguendo soltanto delle piccole e semplici regole. Come tuttigli esperti consigliano, se si vuole preparare la pelle alla tantobramata tintarella, oltre alle creme con fattore di protezione

adatto all'incarnato, sarà opportuno integrare la nostra consue-ta alimentazione con cibi a base di carotene, cioè tutti quei tipidi frutta e di verdura di colore giallo arancio o verde intenso,come, per esempio, carote, pomodori, pesche, albicocche espinaci. E' consigliabile anche elevare il consumo di frutta, inte-grandola anche nella colazione del mattino, casomai mangian-dola frullata con il latte, che contribuisce ad idratare la pelle,apportando anche un'elevata dose di zuccheri necessari, che

aiutano a sopportare meglio il caldo estivo. Cosa importante: non saltate i pasti. Rischiano di alterare ilsenso della fame e della sazietà e perdere così il controllo ali-mentare. Non dimenticatevi di bere tanta acqua, anche se nondedicherete il vostro tempo libero a fare un po' di esercizio fisi-co. Gli esperti del settore parlano di due litri al giorno. Sonotanti, però dovete avvicinarvi il più possibile per riequilibrare iliquidi e i sali persi con la maggiore sudorazione. Se proprio non ce la fate, aumentate il consumo di verduracotta e cruda, ricche entrambe di acqua. Alla base di tutto,comunque, c'è la buona volontà di fare le cose. La bella stagio-ne ci offre una palestra a cielo aperto e ci permette di utilizza-re il tempo libro che abbiamo per fare un po' di attività motoriae sport, per chi vuole, anche divertendoci. Non fatevi scappare l'occasione!

Valeria Caroselli© RIPRODUZIONE RISERVATA

I l mondo delle donne

Vuoi essere in forma? Fai sportin ufficio dietro la scrivania

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La pubblicità è l'anima del commercio e questo si sa, maarrivare a costruire la propria azienda in base a ciò chesi produce è il massimo! Un massimo davvero strepito-

so. Di seguito capirete il perché. Avete presente quelle casestrane che si vedono nei cartoni animati, che ovviamente siassociano a scienziati pazzi, extraterrestri o maghi? Cariamici, abitazioni di questo tipo esistono e non sto scherzan-

do. Esistono davvero! Ci sono case fiabesche, ispirate adoggetti o case ecologiche ispirate alla natura, o ancora quel-le strutture dal folle design ideati da architetti "fuori di testa".Al chè pensandoci mi sono chiesta: come potrà essere lasede di una azienda che produce cesti? Ebbene questa esi-ste. La struttura pressoché fantastica, si trova a Newark inOhio, i manici sono stati costruiti in modo tale da potersiriscaldare, così da evitare che neve e gelo li appesantisconocon conseguente crollo. Se le inventano tutte eh...Ma dove

potrebbe abitare il presidente della " World ToiletAssociation" l'associazione mondiale dei produttori di toilet-te? Che magnifica domanda, amici, in una casa a forma diwater. Questa imponente dimora si trova vicino Seoul ed è l'orgoglio del suo proprietario, un certo Sim Jae Duck. La miacuriosità è stata così grande che ho cominciato a controlla-re la hit parade delle case più pazze del mondo. Così ho tro-vato la “Cubic House” ideata dall'architetto Piet Blom, natanel 1984, ed è stata costruita nel centro della città. Ciascuncubo, dei 32 che la compongono, è un vero e proprio modu-lo abitativo con tanto di primo, secondo e terzo piano. Pareche sia la rappresentazione di una foresta. Spostiamoci in

Cina. Cosa mai hanno potuto costruire per stare al passocon gli altri paesi? Una Casa-Pianoforte, a mio avviso stu-penda, costruita nel 2007 vicino Shangai. Pensate un po' ,che per salire nella casa si prende "il violino". Nel 2004, inve-ce è stata inaugurata una biblioteca, con un disegn unico, aKansas City e i 22 titoli delle opere che danno forma a tuttala facciata, sono stati scelti dalla popolazione.L'investimento per la splendida struttura ha avuto un costodi ben oltre 50 milioni di dollari.Ci vuole molta inventiva perpoter pensare a tutto ciò, evidentemente abbiamo a che farecon cervelli pressoché geniali. Da bambina ho sempresognato di avere un posto strano tutto mio per poter gioca-re, ma mai avrei pensato ad una casa "sottosopra" .

Antonella Lamboglia© RIPRODUZIONE RISERVATA

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M ode e tendenze

Le folli case postmodernedi architetti “fuori di testa”

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Me ne sto seduto qui sotto il pergolato in legno che trapoche settimane si riempirà, come ogni anno, di grossefoglie e grappoli d’uva. I merli mi fanno compagnia, ma

sono ipocriti. Fanno finta di essere miei amici ma in realtà voglio-no solo rubare le piccole prugne appena germogliate grandi pocopiù di un chicco di riso. Sembra, però, che il rimedio del vecchiocontadino funzioni e le strisce di carta argentata legate sui ramitengono a bada i ladruncoli dal becco giallo. L’aria è fresca e quelpoco di brezza porta sollievo anche ai miei cani che riposano vigi-li sdraiati sulle pietre del pavimento. La cenere del sigaro ardecostante ed io, in questa pace di casa mia, chiudo ora l’ultimapagina di questo splendido piccolo libro, grandecome una cartolina, che ancora porta stampato ilprezzo in lire sulla quarta di copertina. I libri quellibelli e non perché scritti bene, ma perché ti assor-bono nelle loro pagine, sono una straordinariaopportunità di riflessione. “Pioggia, fango, merdasole e blues…” me lo consigliò un caro amicodurante una delle nostre passeggiate in spiaggia,quando l’inverno ce la fa sembrare solo nostra. Epasseggiando sulla sabbia umida ma dura parliamodi storie di libri, di autori e ne condividiamo l’espe-rienza dopo averli letti. Poi ci consigliamo nuove let-ture e immaginiamo di scriverne di nostre, raccon-tando la vita come la viviamo o di come ci piacereb-be viverla. “Pioggia, fango, merda sole e blues…” èuna storia vera, piena di umanità, ambientata inuna provincia povera del Brasile più isolato, li doveesiste quell’immenso angolo di verde che da respiro al mondo eche si chiama Amazzonia. Un posto dove non esiste niente chepossa, per noi, giustificare il sorriso vero e semplice di un bambi-no che non ha nulla, se non la povertà. Chi ha scritto questo libropartì volontario per aiutare, come infermiere, le comunità chevivevano a ridosso di una missione nello stato dell’Acre; un lembodi terra al confine tra Perù e Bolivia che credo pochi o nessunosino ad ora hanno mai sentito menzionare. L’altruismo di MassimoRossi, l’autore, si manifesta tutto già nelle prime righe, nella suadedica in cui egli stesso scrive: “A chi avrebbe dovuto essere làcon me e a chi, leggendo queste pagine, farà esistere persone chenon fanno notizia nel loro silenzio quotidiano”. Tutto accade nel1998 e questa è la cronaca, un diario quotidiano, di quel mese e

poco più vissuto dall’autore tra quella gente. “Lì ho incontratotante persone: donne tenaci come Maria e Angela, uomini indeci-si come Luis, allegri come Elder o duri e aperti come Gabriele, daquindici anni impegnato a lottare per riempire quel niente, com-battendo anche contro le proprie disillusioni. E molta altra gente.Arresa. E poi tanti, tanti bambini, persi, stracciati. Già vecchi. Hoincrociato per breve tempo le loro vite, condiviso lo stupore e l’in-dignazione, lo stesso cibo e lo stesso cielo, lo stesso sole spieta-to, la stessa rabbia. Non la rassegnazione, perché non puoi con-dividerla o capirla davvero quando hai già in tasca il biglietto diritorno. Nelle lunghe serate equatoriali e nelle chiacchiere nonancora “martoriate” dalla televisione, ho ascoltato la profonda econtagiosa tristezza che da questo inesorabile vivere scaturisce el’anima di questa gente che, - come un canto blues – ha ancoraun sotteso di vivacità e di apparente allegria. Ora accorgimenti persopravvivere, domani spero prodromi di una ribellione. Ho volutotestimoniare con il mio diario come ho sentito tutto questo e

come il nostro mondo ed il loro fossero – nellamia percezione – lo stesso, perché li ho ricono-sciuti come qualcosa che potevano essereanche noi, o che forse siamo, solo che loro sonoinfinitamente più ingenui, più soli, più stanchi”.Ci scrive nell’introduzione l’autore. Nello stessoanno io tornavo dal Centro America, dove rima-si per quattro anni e quell’umanità di cui parlaRossi la conosco bene perché quando l’haiconosciuta, la porterai sempre con te. Come ilricordo di ogni viso. Come gli occhi di ogni bam-bino troppo spesso già uomo, ma con la dolcez-za di un cucciolo che può, col solo sguardo, fartisorridere fuori e piangere dentro. Il fatto è chea volte la nostra quotidianità ci sovrasta e lacrisi, questa nostra crisi, pare sia una catastro-fe dai toni irrimediabilmente grigi. E allora

dovremmo riposarci un po’ e leggere un libro come questo percapire che la vera fine non esiste se il nostro cuore sa dare amore.Il problema è che pensiamo troppo di testa e di pancia e col cuoreparliamo di rado per la paura di apparire deboli. Non c’è documen-tario televisivo o reportage di immagini che possa farci compren-dere quello che ci fa comprendere ogni pagina delle 125 pagine diquesto diario. Il titolo di questo libro è devastante, crudo, invaden-te e contemporaneamente pieno di poesia, perché pieno di veritàe oggi, come non mai, è proprio una bella lettura…un bel viaggioal quale nessuno dovrebbe rinunciare.

Fabrizio Borni© RIPRODUZIONE RISERVATA

L etto da uno scrittore

Viaggio all’interno del Brasiledove si possiede solo la povertà

Fabrizio Borni è nato 47 anni fà a Roma a due passi dal Colosseo. Da questonumero inizia la collaborazione con Senso&Gusto per guidarci alla lettura diquelle opere letterarie meno sofisticate, ma capaci di coinvolgerti.Imprenditore nel settore della Comunicazione e degli Eventi, ha sviluppato neltempo la sua passione di scrittore, pubblicando i libri “Il settimo angelo”(Ed.Croce); “Oltre l’arcobaleno: non puoi smettere di essere quello che sei”(Ed. Seneca) e l’ultimo “Un’altra vita - storia di Alessandro Patramone”(Ed.Seneca).

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