Senso & Gusto Aprile 2014

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Aprile 2014 ANNO 3 - N°3 MENSILE GRATUITO DI INFORMAZIONE E CULTURA ENOGASTRONOMICA IL BERE RETRÒ CERA UNA VOLTA IL BRANDY CON L ETICHETTA NERA FABIO CAMPOLI UNO CHEF MODERNO E FANTASIOSO FUORI DAGLI SCHEMI L’INCHIESTA TUTTO SUL CAFFÈ UN PIACERE CHE FA IMPAZZIRE IL MONDO IL RISTORANTE COME È BUONO IL PESCE GUSTATO SOTTO IL BOSCO

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RIVISTA FOOD, RICETTE, VINO, CUCINA

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Aprile 2014ANNO 3 - N°3

MENSILE GRATUITO DI INFORMAZIONE E CULTURA ENOGASTRONOMICA

IL BERE RETRÒC’ERA UNA VOLTA

IL BRANDY CONL’ETICHETTA NERA

FABIO CAMPOLIUNO CHEF MODERNO

E FANTASIOSOFUORI DAGLI SCHEMI

L’INCHIESTATUTTO SUL CAFFÈ

UN PIACERE CHE FAIMPAZZIRE IL MONDO

IL RISTORANTECOME È BUONO

IL PESCE GUSTATOSOTTO IL BOSCO

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Aprile

Le ricetteDI GABRIELE ZANINI

Natura e ambienteAGRICOLTURA BIODINAMICA

AIUTA LA SALUTE

AmarcordIL BRANDY

CHE CREA L’ATMOSFERA

La naturopataTUTTA SALUTE CON ERBE, FIORI E FRUTTI

Il fattoMANGIAMO ANCHE

CON GLI OCCHI

Moda e tendenzeFACEBOOK E TWITTER

SENZA REGOLE

Le Curiosità

Senso & GustoMensile di informazione gratuitoAnno III - Numero 3Aprile 2014www.sensoegusto.com

EDITOREAC Management di Cristiano BuccieroVia dei Ciliegi, 1 00040 Pavona (RM)Tel. [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILEPaolo [email protected]

COLLABORATORIAntonino Addis, Fabio Campoli, Vale-ria Caroselli, Giovanna Cipriani, Clau-dia Formisano, Simone Francini,Fabrizio Gulini, Antonella Lamboglia,Lucia Lamboglia, Antonella Lorini,Marco Mariani, Gabriele Zanini

REDAZIONE E SEGRETERIAVia Latina, 2300041 Albano Laziale (RM)Tel. 3923884281 - [email protected]

PROGETTO GRAFICO

Greenstudios srl - Tel. 069303513www.greenstudios.it

STAMPA

Quadrifoglio srlVia Latina, 2300041 Albano Laziale (RM)

Concessionaria Esclusiva per la Pubblicità:Greenstudios srl - Tel. 069303513 Cristiano Bucciero - Tel. [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Velletri n. 08/12 del19/04/2012

Senso&Gusto è una rivista mensile gratuita. È vie-tata la riproduzione anche parziale di testi, grafica,immagini e spazi pubblicitari. La direzione non re-stituirà gli articoli e le foto inviati alla redazione.

2014EditorialeSVEGLIA AL PROFUMO DI AMATRICIANA

Cucina d’autoreFABIO CAMPOLI

E LE SUE ERBE AROMATICHE

I profumi del vinoNON SOLO OLFATTO

MA TANTA MEMORIA

Il ristorantePESCE FRESCO SOTTO IL BOSCO

L’inchiestaIL CAFFÈ, UN PIACERE

MONDIALE

In copertina lo Chef Fabio Campoli

un gusto unico, una qualità unica,

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Aprile 2014ANNO 3 - N°3

MENSILE GRATUITO DI INFORMAZIONE E CULTURA ENOGASTRONOMICA

IL BERE RETRÒC’ERA UNA VOLTA

IL BRANDY CONL’ETICHETTA NERA

FABIO CAMPOLIUNO CHEF MODERNO

E FANTASIOSOFUORI DAGLI SCHEMI

L’INCHIESTATUTTO SUL CAFFÈ

UN PIACERE CHE FAIMPAZZIRE IL MONDO

IL RISTORANTECOME È BUONO

IL PESCE GUSTATOSOTTO IL BOSCO

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scaldare nelle mattine inver-nali e metterci allegria.In Liguria, sono d'obbligo letrofie al pesto, in Emilia-Roma-gna c'è soltanto l'imbarazzo della scelta: sveglia al parmigiano reggiano,al prosciutto di Parma o ai tortellini in brodo di cappone. In Toscana, ilcaciucco per chi abita sulla costa, mentre chi vive all'interno non puòmancare una bella costata di chianina al sangue, invece per gli amicidell'Umbria risveglio con un mix di salumi o di tagliatelle al tartufo li fa-rebbe sentire sazi appena usciti dal letto, così come nelle Marche, che po-trebbero allargare il campo con le olive ascolane o i vincisgrassi (lasagnalocale il cui nome vi dice tutto).Ed arriviamo alla nostra Regione, il Lazio: carbonara, cacio e pepe, ama-triciana, gricia, trippa. Sono tutte un po' pesanti di primo mattino, mache profumo di pecorino! Scendendo in Abruzzo e Molise, agnelli e ca-pretti al forno o alla cacciatora non hanno rivali, mentre in Campanianon c'è bisogno di una sveglia al profumo di cibo, perché l'odore del ragùdi carne, che deve sobbollire per quasi cinque ore, è presente con il suoodore, quasi giornalmente. In Puglia, le orecchiette con le cime di rapasono di rigore, in Basilicata e in Calabria, sveglia piccante al peperoncino,che da quelle parti troviamo su qualsiasi piatto. Infine le nostre isole, Sicilia e Sardegna. Nella prima puntiamo sul dolce,su cannoli e cassatine, vere delizie, mentre nella seconda i sentori di por-cetto al mirto ti danno subito la carica. Tutto questo, senza dimenticarcidei vegetariani e delle loro esigenze fatte di minestroni e verdure gri-gliate. Alla fine di questa scherzosa e ironica carrellata, mi viene da pen-sare: ma è proprio necessaria una cosa del genere, che è già disponibileonline su iTunes, il negozio di app Apple? Io dico che si tratta di una delletante esasperazione commerciali, tese a spillarci soldi dalle tasche, per-ché, purtroppo, ci sono quelli che cadono in questi tranelli modaioli. Lifa sentire “più belli e originali” di fronte agli altri. A mio giudizio, non èunsegno del progresso. Tutto ciò, in attesa di un iPhone notturno, che emaniprofumo di camomilla o tisane calmanti, in modo da poter dormire se-

reni e distesi. O, se preferite, alleostriche. Sono afrodisiache...

NIENTE PIÙ TRILLI O MUSICHELA SVEGLIA MATTUTINASARÀ IN FUTURO AL PROFUMODEI RIGATONI ALL'AMATRICIANAVi ricordate quelle vecchie sveglie enormi con in testa una sfera di ferroche all'interno aveva un martelletto, che all'ora prefissata cominciavaa sbattere, facendo sobbalzare sul letto chi ancora s'adagiava fra lebraccia di Morfeo? Ora, quei monumenti di un tempo che fu, sono di-ventati oggetti vintage da esporre in salotto. Al loro posto, sono su-bentrate altre sveglie sempre più moderne.Poi, sono arrivati i telefonini, che tra le loro molteplici funzioni, hannoanche quella di svegliarci al mattino. Fin qui, tutto rientra nella norma,perché gli attuali cellulari (o iPhone) sono veramente incredibili pertutto quello che riescono a fare. Non sono più soltanto dei mezzi percomunicare, ma anche dei mezzi per trastullarci nei momenti di noiae momenti di vuoto. Ma nessuno avrebbe mai pensato, che tra le fu-ture funzioni, ci sarebbe stata quella di buttarci giù del letto non conuna musichetta o un trillo (già accade), ma al profumo del cibo. Si,avete letto bene, non cadete dalle nuvole, la notizia è stata divulgataalcuni giorni fa, il progetto è in fase avanzata e fra poco troveremo incommercio gli strumenti necessari per l'applicazione. E sono certo checi sarà la corsa per accaparrarseli, non perché è un'esigenza, ma per-ché fa “figo” averla. Vi spiego in cosa consiste: vi basterà collegare un dispositivo allabase dell'iPhone e voi potrete svegliarvi con il profumo del vostropiatto preferito. Questo è diventato possibile grazie a "Wake Up &Smell The Bacon", un “aggeggetto” realizzato dal marchio di affettatiOscar Mayer, parte del colosso alimentare Kraft. In linea con la loroproduzione, hanno puntato sul bacon, che fa parte integrante dellacolazione all'americana, nazione dove è nata questa “sensazionale”idea. Io ho provato a pensare cosa accadrà nel nostro Paese, quando il mer-cato ci offrirà l'opportunità di acquistarlo. Sicuramente sarà adattatoai nostri gusti, alla dieta mediterranea, che viene indicata come la piùsalutare al mondo. Ora toccherà vedere se i produttori dell'applica-zione da associare al dispositivo, punteranno sulle specialità nazio-nali, tipo rigatoni all'amatriciana o agli spaghetti alle vongole, o suquelle regionali. A questo proposito, mi sono divertito a fare un girod'Italia, regione per regione, alla ricerca di quelli che potrebbero esserei gusti geografici delle nostre sveglie mattutine. Si parte dalla Val d'Aosta, zona di grandi formaggi, dove le case, almattino saranno sicuramente pervase dal profumo della fontina,mentre in Piemonte dalla bagna cauda o dal tartufo bianco di Alba(se non costa troppo), in Lombardia non ci può sbagliare: costo-letta panata o risotto allo zafferano e per i golosi un po' di pa-nettone non guasta. Andiamo avanti. In Trentino,canaderli al sugo di capriolo, in Alto Adige si puòpuntare al delicato ma profumatissimo strudel dimele, in Veneto si potrebbe andare sul vegeta-riano, scegliendo un bel radicchio trevigiano aiferri. In Friuli Venezia Giulia, niente cibo, maun bel profumo di grappa o di vino tipoPicolit o Ramandolo, ci potrebbe ri-

L’EDITORIALEdi Paolo Caprio

S&G

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rina di castagne con burro e salvia l’estate, e cosi vale per erbe e prodottiesotici.Da quanto detto, si intuisce che un’erba difficilmente è la protagonistaprincipale di un piatto, ma gioca un ruolo importantissimo, in quantoinfluenza la ricetta, le dà carattere attraverso un’aggiunta di gusto e diprofumo. Ecco perché è importante per uno chef saperle riconoscere edosare. L’erba aromatica non può essere utilizzata in una ricetta soloper moda o tendenza, va interpretata ed elaborata secondo una propria“filosofia in cucina”. Ma non solo, uno chef deve imparare a riconoscernei vari sapori ed essere cosciente dell’uso di un’erba fresca ed una secca,deve saper distinguere i diversi sapori in un’erba messa in infusione inacqua o in olio, soffritta a basse temperature o messa a crudo. Bisognaanche saperle conservare, ma soprattutto rispettarle.Proprio per questo, voglio darvi qualche consiglio, sopratutto da unpunto di vista tecnico, perché ogni erba ha caratteristiche e regole chevanno rispettate.1) Per conferire una nota di freschezza a un piatto, aggiungere le erbe afine cottura o, meglio ancora tritate al momento prima di servire.1) Per proteggerle dall’ossidazione, dovuta al taglio o all'aria, portarle auna temperatura tra i 2-4°C.

3) Si può realizzare un infuso di erbe aromatiche con lo stessoprocedimento, che si adotta nel fare una

comune tisana, lasciate riposare unbel po’, poi filtrate e otterrete unprofumo fluido che insaporisce me-ravigliosamente le preparazioni.4) Anche l’olio si presta a essere aro-

matizzato con le erbe. Scaldo l’olio,unite l’erba scelta e lasciate riposare. In

questo modo, dopo averlo filtrato, si ot-tiene un olio intensamente profumato,molto adatto ai soffritti.

5) Si può aromatizzare il fior di salegrosso con le erbe fresche, tritandole

velocemente e facendole asciugare abassa temperatura.

CUCINA D’AUTORES&G

Dopo le fredde giornate invernali, ecco finalmente la primavera econ essa quell’atmosfera di risveglio e di rinascita che la natura cioffre. I paesaggi di campagna cominciano a fiorire e a tingersi di nuovicolori, orti e giardini si riempiono di gemme, fiori e di quelle erbecosì preziose in cucina. Pensando alla Pasqua o alla primavera stessa,queste erbe aromatiche, presenti in tante ricette della nostra tradi-zione, si caricano di una forte simbologia, rappresentano per menuova vita e rinascita. Le erbe sono l’accento della cucina. E’ impossibile pensare una ricettasenza erbe e spezie, sarebbe buona lo stesso, ma sicuramente menoespressiva. Le erbe stimolano l’olfatto, ci fanno pregustare quello cheandremo a mangiare, ci innalzano il desiderio del gusto. Per esempioil profumo che emanano durante la cottura ha un potere evocativo,che ti porta a sfogliare l’album dei ricordi, mentre il loro gusto invecetornisce il palato con sfumature e tocchi magici, legandosi in un ma-trimonio inscindibile con gli alimenti: maiale e finocchio, carciofi ementuccia, abbacchio e rosmarino, trippa e menta, burro e salvia,funghi e maggiorana, vongole e prezzemolo e tanto altro ancora.Da queste unioni tipiche seguendo una scala con le sue varianti, sipassa dalla cucina casareccia, classica, alla più moderna, ognuno dinoi ha una memoria dei sapori e in base a questa, riesce, volta pervolta, a creare delle sub-varianti, fino alle ricette più recenti. È facilerendersi conto di quanto la cucina a volte non sia regionale e terri-toriale, ma addirittura locale anche dall’utilizzo delle erbe. Ogni po-polazione lega la propria cucina ad un bouquet predefinito diaromi, secondo la conformazione geografica, mare, collina, pia-nura, montagna e la vegetazione tipica.Grazie alle erbe si può dare tipicità allericette, orientandone il senso a se-conda della stagione, del mese, dellefeste e ricorrenze, dell’umore,delle tradizioni e delle situa-zioni. Un piatto di spaghettialle vongole con prezzemolotritato al momento, profuma-tissimo si mangia bene inuna terrazza in riva al mare;un agnello arrosto al rosma-rino si lega alle feste o ai mesipiù freddi; una frittata di erbecon asparagi selvatici ricorda laprimavera; uno gnocchetto di fa-

di Fabio CampoliUn piatto regala emozionigrazie alle erbe aromaticheSono l'accento della cucina

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Fabio, uno chef fuori dagli schemiFabio Campoli, che da questo numero ha iniziato a collaborare con “Senso&Gusto”, è, adoggi, uno tra i più acclamati chef del panorama gastronomico italiano e non solo. Da quin-dici anni è consulente e chef di trasmissioni televisive. Testimonial, docente e consulenteper aziende, organizzatore di eventi, tra i maggiori esperti internazionali di food design.Quattro libri all’attivo: “Alchimia dei sapori”, “La mia cucina”, “Note di gusto”, e “Il mattinoha l'oro in bocca”. E' presidente del “Circolo dei Buongustai”. Questa in sintesi la poliedrica attività di Fabio Campoli: uno chef fuori dagli schemi, cheha deciso di fare il suo lavoro lontano dalle cucine dei ristoranti, portando con sé l’espe-rienza maturata, i suoi continui studi e la curiosità che lo contraddistingue. Pioniere diun nuovo modo di interpretare la figura dello chef lungo un percorso gastronomico alter-nativo. Il suo modo di fare cucina è diventato uno stile inimitabile, sospinto sempre dall’inesau-ribile curiosità e dalla lunga ed essenziale esperienza. Una cucina che porta il segno dellacontaminazione tra la ricerca il nuovo e la tradizione dei sapori tipici del suo mondo. Una cucina che non si può definire moderna o classica, ma che rispecchia una passionesana e profonda. Come la musica tocca tutti i generi ed è amata dagli intenditori. Nel 2000decide di lasciare la ristorazione “classica” per iniziare un nuovo percorso, non solo tv,ma consulente per aziende e industrie, food stylist, testimonial e docente.Nel tempo è diventato uno dei più celebri chef mediatici, conquistando radio e tv. Tante trasmissioni, tutte di successo, sulle reti di Stato eprivate.L'ultima fatica televisiva , iniziata nel 2013, in onda su Rete 4 dal titolo “Le mie ricette all’italiana”.Inoltre ogni giorno è su Alice con una nuova rubrica, Sky Easy Baby e Vero tv con le puntate di non solo Benessere Tv.

CUCINA D’AUTORE

La ricetta del meseSPUMA DI BACCALÀ CON CROCCANTE DI POLENTA E CECI AL ROSMARINOIngredienti per 4 persone250 gr di baccalà reidratato, 200 gr di ceci reidratati, 200 gr di polenta cotta, 500 cl di acqua, 500 cl di latte, 4 cucchiai di panna liquida fresca, un rametto dirosmarino, 1 spicchio di aglio, 70 cl di olio extravergine d’oliva dal fruttato delicato, olio d’oliva per friggere, pepe nero in grani, Sale q. b.

PROCEDIMENTOMetto il baccalà in cottura col latte e l’acqua per mezz’ora.Intanto, in un’altra pentola cuocio i ceci con l’aglio e il rosmarino salandoli afine cottura e li tengo da parte. Poi preparo la polenta e, mentre è ancoracalda, la distribuisco su un foglio di carta da forno sul tavolo (o su una spiana-toia), copro con un altro foglio e la spiano col matterello fino a raggiungere unospessore di due-tre millimetri. Sistemo la sfoglia di polenta su un vassoio e faccio ripo-sare in frigorifero per almeno due ore.Scolo il baccalà dal latte, controllo che non vi siano spine, lo metto in un frullatore, incorporo la panna liquida e l’olio a filo (che devono es-sere assolutamente molto freddi) fino a ottenere una spuma bianca e voluminosa. Conservo in fresco.Poco prima di servire, con un coltellino ricavo dalla polenta delle cialdine a forma di foglia e le friggo in abbondante olio: a finecottura dovranno rimanere croccanti, tipo chips per intenderci. Le tengo in caldo.Al momento del servizio, metto sul piatto un po’ di spuma di baccalà, sopra a mo’ di pe-

tali, sistemo le chips di polenta e al centro qualche cuc-chiaiata di ceci caldi. Condisco ancora con un filo

d’olio extravergine e del pepe nero macinatoal momento.

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Quando beviamo un vino, specialmente se di uncerto livello, siamo sempre portati a soffermarciqualche minuto in più con il bicchiere in mano,quasi fosse un atto di rispetto nei confronti diquel prodigio della natura e dell’uomo, che ab-biamo nel bicchiere. Però, cercare di estrarre tutti gli aromi che si ce-lano in un caleidoscopio di profumi è veramentedifficile, specialmente se non abbiamo l’olfattoallenato a discernere i profumi, anche i più ele-mentari. Nei Corsi di formazione Professionale per Som-melier, dico sempre che ormai il nostro olfattoè disabituato a riconoscere i profumi. La causadi questo male ancora una volta la vita freneticache facciamo. Quando sbucciamo un frutto, lofacciamo in tutta fretta e non ci soffermiamo maiad annusare i profumi che sprigiona. Il nostro ol-fatto, più che riconoscere le delicate sfumatureche passano tra il profumo di una pesca biancae quello di una gialla, riesce a riconoscere se lamacchina che ci precede è alimentata a gas,

piuttosto che a benzina. Pertanto, prima di imparare ad analizzare un vino, oc-corre iniziare a risvegliare il nostro senso più assopito,l’olfatto. La stagione primaverile che è iniziata in que-sti giorni, ci viene provvidenzialmente in aiuto, con losbocciare dei primi fiori e con l’aria che inizia a tra-sportare, a dispetto di chi soffre di allergie, polline eprofumi di ogni specie di pianta.Risvegliare l’olfatto non ci aiuta soltanto ad apprez-zare il profumo del vino, ma ci aiuta anche a valoriz-zare il cibo con cui accompagniamo il vino. Quell'incredibile complesso di sensazioni che defi-niamo “sapori” e che ci fanno riconoscere un cibo daun altro, che rende piacevole l'atto del mangiare o delbere, è in gran parte determinato dalle sensazioni ol-fattive che percepiamo; il gusto è, in realtà, l'unionedelle quattro sensazioni gustative fondamentali(dolce, salato, acido e amaro) arricchito dall'infinitopatrimonio degli aromi e dei profumi. Non a caso,quando si è raffreddati, si dice che non si sentono isapori; in realtà ciò che viene a mancare è il contri-

GRANDE VINO, GRANDI PROFUMIPER RICONOSCERLINON BASTA L'OLFATTO, SERVE TANTA MEMORIA

SAPORE DI VINO

Fabrizio GuliniS&G

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buto fondamentale, che il senso dell'olfatto con-ferisce al senso del gusto, quel “quid” che con-sente di riconoscere una mela da una pesca.Al fine di comprendere l'importanza fondamen-tale dell'olfatto nel gusto, fate questa prova:bendatevi e tenetevi il naso chiuso con una clipdi quelle che usano i nuotatori, da qualcuno cheè con voi, fatevi servire una mela ed una pera,chiaramente sbucciate ed inpiccoli pezzi che non vi faccianocapire la natura del frutto dallaforma. Masticate con curasenza deglutire. Riuscite a di-scernere i sapori dell’una odell’altra? Probabilmente no.Un esperimento che viene an-cora meglio è con i succhi difrutta, anche di natura moltodifferente tra loro, tipo unsucco d’ananas ed uno d’aran-cia. Nelle stesse condizioni pre-cedenti, assaggiate prima l’unoe poi l’altro senza deglutire.Anche in questo caso sarà quasiimpossibile capire quale deidue è il succo d’arancia. Le sen-sazioni che avrete percepito inbocca saranno state di dolcezzapiù o meno accentuata e di acidità più o menoevidente e una sensazione di amaro più o menoforte, tuttavia, questi erano gli unici indizi cheavevate a disposizione per determinare il gustodel succo di frutta. Senza l'aiuto dell'olfatto èpraticamente impossibile determinare l'esattogusto e i sapori di un cibo, quindi, anche il suoriconoscimento. Deglutendo sarebbe stato unpochino più facile, perché per via retronasale,ovvero tramite il riflusso di aria che dopo la de-glutizione torna verso le vie nasali, una parte deiprofumi raggiungono i recettori olfattivi.Pertanto l’olfatto è importante e contribuiscealla percezione del gusto, ma dobbiamo tenerconto che è sostanzialmente un senso istintivoe di valutazione immediata. Spesso non ci ren-diamo conto degli odori che percepiamo, tutta-via il nostro cervello li recepisce e, in baseall'esperienza e all'associazione, stabilisce la gra-

devolezza dello stimolo e lo classifica. La valuta-zione consapevole degli odori richiede attenzione,concentrazione e, soprattutto esperienza e memo-ria. Del resto è praticamente impossibile determi-nare e riconoscere un odore se questo non è maistato percepito prima, ma nel vino il problema nonè solo mnemonico, è dovuto soprattutto al fattoche questi devono essere individuati all'interno diun gruppo di odori, spesso anche complesso evasto. Quindi ogni singolo riconoscimento dovràessere individuato in mezzo a tutti gli altri odori. Il ruolo della memoria olfattiva è determinante, ri-cordarsi di un aroma specifico e, soprattutto, sa-perlo riconoscere diventa una caratteristicastrategica per il degustatore, una caratteristica chesi può affinare e sviluppare unicamente con la pra-tica e con la dedizione.Ma come nascono i profumi che troviamo nel vino?Lo scopriremo nel prossimo numero…© Riproduzione riservata

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Ne ha fatta di strada “Il Guardianone”, storico ristorantedella Via dei Laghi, sotto le pendici di Monte Cavo. Qua-rantanni di vita, nella quale c'è stata una costante evolu-zione, fino a diventare un punto di riferimento dellaristorazione castellana. E' nata nel '73 come fraschetta, quella vera di una volta,con tavoli e panche sistemate sotto un bosco di castagnie dove i “fagottari” si portavano il mangiare da casa. Vino,acqua e bibite si acquistavano sul posto. Al banco c'erala signora Vilma, mamma di Claudia, Massimo e Romolo,che ora gestiscono il locale. Papà Vittorio aveva altre at-tività, ma all’occorrenza era sempre presente. Era un la-voro stagionale dalla primavera all'inizio dell'autunno,perché il clima non permetteva di andare oltre. Nel frat-tempo, Vilma ci ha preso gusto, ha cominciato a prepa-rare qualche primo piatto tipico e secondi di carnerigorosamente alla brace. Il successo è stato immediato,tanto che nel 2000 la famiglia D'Amico, con i ragazzi chenon erano più ragazzi, ha deciso di compiere il grandepasso: via alla ristorazione vera e propria. Mai scelta fu indovinata. Allestito il locale in stile rustico,con una bella terrazza da utilizzare d'estate, quando al-trove si muore di caldo. Cucina tipica castellana, fatta dicacciagione e piatti della tradizione romana. Sapori robu-sti, ma cucinati con leggerezza, grazie anche alla qualitàdella materia prima. Del resto, sin dai tempi in cui era unaspartana fraschetta, la famiglia D'Amico ha sempre lavo-rato con un principio ben preciso nella testa: “ ciò che nonè buono per noi, non è buono neanche per i clienti”. Unmodo lavorare che ha riscosso subito un grande successo,sostenuto anche da una pizzeria, con tanto di forno alegno che lavorava alla grande, fino a sfornare dalle 150-200 pizze nelle serate di punta. Ebbene, nonostante questipunti di forza, cioè buona cucina e una buona pizza, i “ter-ribili” fratelli D'Amico, che si alternano tra sala e cucina,perché sanno anche cucinare (mamma Vilma li ha istruitibene), non si sono adagiati sugli allori. Hanno deciso didare una nuova svolta al locale, facendo una scelta moltocoraggiosa. Basta pizza, dentro il pesce.Sicuramente, qualcuno si domanderà cosa c'entra il

pesce in un ristorante, pardon trattoria, come continuano a chia-marla loro, in mezzo al bosco a 600 metri altezza. Se lo sono do-mandati anche parte della clientela consolidata e gli“aficionados” della pizza, che improvvisamente si sono visti offrirecrudità di pesce e fettuccine tirate a mano allo scoglio. Qual-cuno, troppo diffidente, non ha gradito, in compenso sono arri-vati i nuovi, gli amanti della cucina marinara a 360°, poco diffusanei dintorni. Sempre conservando in menu inappuntabili carbo-nare, amatriciane, cacio e pepe, sugo ai porcini, agnelli e coniglialla cacciatora, bistecche e altri piatti della tradizione romana,cucinati con la stessa cura di sempre. Eccezionali le patatinefritte, splendide, croccanti chips fatte in casa al posto degli stuc-chevoli bastoncini surgelati.L'ingresso del pesce ha significato rinnovarsi anche a livello am-bientale. La sala ha subito un restyling, non soltanto nell'arredo,ma anche nell'allestimento. Meno coperti (70 all'interno e altri 70sulla terrazza d'estate), rispetto a prima, che ha significato più spa-zio tra una tavolo e l'altro, quindi un atmosfera più soft.Coadiuvati da Sandro Mattei, giovane chef (appena 29 anni),Massimo e Romolo hanno puntato su una cucina di livello. Sfiziosigli antipasti crudi e cotti (ci si può cenare, vista l’ampia scelta).Crostacei, mazzancolle, scampi e gamberi rigorosamente crudi,conditi solo con un filo d'olio buono, per gustare appieno il lorosapore e la loro freschezza. Tra i cotti, eccellente il brasato ditonno in crosticina di pistacchi, il salmone affumicato al miele ela provola affumicata. Come primi, tutti espressi, da provare lelinguine all'astice, le mezze maniche tonno e menta, gli spaghettialici e pecorino, le linguine calamari e bottarga. Tra i secondi, nonperdetevi il pesce alla cacciatora specialità della casa, e il rombosfilettato burro e alici. Buona la carta dei vini, con etichette ditutte le regioni d'Italia, mentrei dolci di Claudia sono iltocco finale per una bella se-rata da gourmet. Una leccor-nia la “torta di mamma” dicrema fatta in casa e frago-line di bosco, la crostata difrolla al cacao ripiena dicrema di cioccolata, la sbri-ciolata di sfoglie tritate con lacrema.

Il Guardianone, ristorante nel boscospecializzato nella cucina marinara

SCELTI PERVOIS&G

Paolo Caprio

Il Ristorante del mese

“Il Guardianone”

Via dei Laghi km 12,600

Rocca di Papa (Rm)

Tel. 06-9495252

Tel. 320-4083406

Riposo: mercoledì

Ferie: 15 giorni a novembre

www. Ilguardianone.com

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IL CAFFÈUN PIACERE MONDIALE

MOKA, CIALDE E CAPSULE, SFIDA ALL'ULTIMA TAZZINA

Caffè,piacere

m o n -diale. Non

c'è angolo dellaterra dove non lo si

beva. E' l'oro nero nel mondodel gusto. Perché oro nero? Perché,

con i consumi in costante crescita, ilmercato non conosce crisi e quindi cali di

fatturato, come avviene per altri generi. Anzi,il contrario.

Le proiezioni per il futuro disegnano grafici tutti insalita. Ma già le cifre attuali sono impressionanti.Ogni giorno, nel mondo, si consumano quattromiliardi di tazzine, non soltanto perché il caffè

è un'abitudine consolidata, un momento distop nel corso della giornata. Il merito va

anche all'evoluzione tecnica che si èsviluppata nel corso di questi ul-

timi anni. L'ingresso sul mer-cato delle cialde e delle

capsule ha sicuramenteincentivato i con-

sumi e di con-seguenza

il

fatturato, che nel 2013 ha toccato una quota molto vi-cina ai dieci miliardi di dollari e con una previsionedi toccare il tetto dei dodici miliardi di dollari nel2015. Indiscutibilmente, quel tasto “magico” della macchi-netta automatica con il caffè che scende giù nella taz-zina in pochi secondi ha contribuito al boom del “oronero”. Un'operazione facile facile, che spinge a con-sumarne di più, non soltanto tra le mura domestiche,ma anche in ufficio, in fabbrica, in officina doveormai stazionano fissi i distributori automatici, chetra l'altro, ti offrono un prodotto ad un prezzo infe-riore, rispetto ad un qualsiasi bar. Cialde e capsule hanno mutato sicuramente la liturgiadella tazzina di caffè. Prima di questa evoluzione tec-nica, fatta di macchinette multifunzioni, colorate e ditutte forme e le grandezze, perché sono diventateanche oggetti di arredamento nelle cucine moderna,il caffè bevuto da solo o in compagnia rappresentavaun momento sacro della giornata. Che cominciava dal mattino, quando quel profumoinondava la casa, per poi proseguire in altri momentidella giornata. Anticamente lo si faceva con la miticacaffettiera napoletana, che regalava un caffè scaturitoda un infusione lenta. Senza schiuma, meno cremoso,ma ricco di aromi e di sentori avvolgenti. La sua pre-parazione aveva il valore di una cerimonia. Un po'come il the del pomeriggio per gli inglesi.

Poi è arrivata la moka, la famosa macchinettamarchiata con l'omino con i baffi, la cui

azienda nel prossimo autunnocompirà ottantuno anni,

che accor-

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ilCaffè

ciava i tempi rispetto alla “napoletana” e che regalava uncaffè dal sapore più intenso e con una consistenza più cre-mosa molto, simile a quella del bar. E' stato il primo passo verso le macchine di ultima gene-razione, che molto velocemente sono diventate un cult, si-mili nella meccanica a quelle dei bar, ma con dimensioninaturalmente ridotte e con la differenza che, oltre alla pol-vere, vanno a cialde e a capsule. Un metodo più sbrigativo,ma che, comunque, non è ancora riuscito a soppiantaredel tutto la moka, che conserva il suo esercito di estima-tori, compresi numerosi chef di fama internazionale, checontinuano ad usarla per preparare il caffè necessario perle loro ricette e per quello che da servire ai loro clienti.C'è addirittura un ristorante appena fuori S. Maria delleMole, frazione del Comune di Marino, che serve il caffèai tavoli in minuscole moka da una tazzina. Comunque,il consumo di caffè in polvere ha subito in questi ultimianni una contrazione, però nello stesso tempo resiste, con-tinuando a mantenere intatto il suo spazio, il suo fascinoe l'apprezzamento dei patiti e degli intenditori della taz-zina, perché si ha la possibilità di scegliere la miscela giu-sta, più vicina ai loro gusti, oltre ad avere l'opportunità diacquistare il prodotto anche in chicchi, che ti permette lamacinatura al momento, cioè il top dei top. In questo modo si ha la possibilità di avere un prodotto digrande livello, superiore alle cialde, che hanno miscelestandard e forse alle capsule, che, nel frattempo hanno

cercato di colmare questa lacuna. Più di un'azienda ha messo in commer-

cio cofanetti con all'interno varie tipologiedi miscele, ria-

prendo cosìuna consoli-data sfida:

moka controcapsule. A voi la

scelta.

Il caffè nella tradizione e nel cinema italiano

L. A.

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“Prendiamoci un caffè, ti offro un caffè, ti faccio un caffè, vuoi uncaffè?” Quante volte al giorno sentiamo ripetere questa frase, unritornello che non ci stanca mai, perché il caffè, nel mondo, è ilsimbolo della socializzazione. Ma il caffè è anche spunto per di-spute e considerazioni sul tema. Ognuno, ha il suo modo di inter-pretare questa bevanda, ognuno ha un suo modo di prepararla,ognuno ha il suo modo di berla. Il rituale inizia sin dalla scelta della miscela: chi ama il gusto forte,chi quello più morbido e profumato. Anche con l'avvento di cialdee capsule, inizialmente monogusto, s'è allargato il campo delle ti-pologie. Come fare a scegliere il caffè giusto? Se non ci facciamoprendere dalla fretta, l'ideale è quello di comprare il caffè in chic-chi, casomai di tipi diversi. Se invece si vogliono accorciare itempi, in commercio ci sono polveri già pronte da inserire nellamacchinetta preferita, anche in alcune di quelle automatiche.Però, in questo caso bisogna fare molta attenzione alla scelta. Leetichette delle confezioni spesso non ci aiutano. Le diciture tipoforte, italiano, espresso bar, napoletano parlano del gusto, sonogeneriche per quanto riguarda la varietà, sono segnalati i luoghidi produzione, ma nessuna indicazione sulle date del raccolto,del grado di torrefazione. Perché bisogna avere tutte queste at-tenzioni? Per il semplice fatto, che se i chicchi sono stati sottopo-sti a tostatura forzata, il caffè perde una parte di aromi, maacquista molto corpo, quindi adatto alla moka e alle macchineespresso. Se la tostatura è chiara, avviene l'esatto contrario: piùprofumo e polvere adatta per il metodo della percolazione, cioèdella napoletana e del caffè americano. Cose, che chi è un patitodel caffè vuol sapere per fare le sue scelte.Per fare un buon caffè occorre rispettare alcuni accorgimenti. Bi-sogna partire dalle dosi, che vanno ben gestite: un cucchiaio daminestra ben pieno di polvere per ogni tazza. Poi c'è la scelta del-l'acqua. L'ideale sarebbe usare acqua minerale, priva di impuritào anche quella corrente, ma adeguatamente prefiltrata. Ma quinon si può essere troppo fiscali. Cosa importante: l'acqua nondeve bollire. La miscela, infatti, deve gonfiarsi al contatto con il li-quido, per liberare tutto il suo aroma e l'acqua che la attraversasi carica lentamente di colore e sapore. Inoltre, un buon caffè siottiene se questo è fresco. Cosa intendiamo in questo caso? Sel'acquistate in grani e quindi siete voi a macinarlo, non acquista-tene in quantità eccessiva. Al massimo deve durare tre settimane.Se, invece, è già macinato, consumatelo entro una settimana dal-

Hawaii Konan Captain CookTipologia: arabica. Coltivato: 600-900 m slm. Raccolto: settembre-marzo. Gusto: omogeneo. Aroma: intenso. Acidità: scarsa. Corpo: ottimo

Giamaica Blue MountainTipologia: arabica. Coltivato: 2000 m. slm. Raccolto: agosto-settembre. Gusto: fruttato. Aroma: unico. Acidità: medio alta. Corpo: ottimo

Kenia AATipologia: arabica. Coltivato: 1300 m slm. Raccolto: da ottobre. Gusto: dolce. Aroma: delicato con note liquorose. Acidità: molto forte. Corpo: scarso

India Monsooned AATipologia: robusta. Coltivato: 400-900 m slm. Raccolto: novembre-marzo. Gusto: neutro. Aroma: neutro. Acidità: bassa. Corpo: discreto

Sedici tipologiedai quattro angolidel mondo

ilCaffè

Regole e consigliper una degustazione

da intenditori

l'apertura della confezione. Quello che avanza,conservatelo in una scatola dalla chiusura er-metica, possibilmente in frigo, nello scompartodella verdura. Ultimo atto la degustazione. Intanto, mettetevicomodi, perché un buon caffè va bevuto senzafretta. Non come è uso fare in Italia, dove ilcaffè viene consumato in pochi secondi, inpiedi al bar e, spesso, anche a casa. Per ca-pire ed apprezzare la natura originale dell'in-fuso, concedetevi zucchero, latte, correzionialcoliche, ma soltanto dopo aver bevuto ilprimo sorso di caffè amaro. E ricordatevi sem-pre, che il caffè è un piacere.

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Hawaii Konan Captain CookTipologia: arabica. Coltivato: 600-900 m slm. Raccolto: settembre-marzo. Gusto: omogeneo. Aroma: intenso. Acidità: scarsa. Corpo: ottimo

Giamaica Blue MountainTipologia: arabica. Coltivato: 2000 m. slm. Raccolto: agosto-settembre. Gusto: fruttato. Aroma: unico. Acidità: medio alta. Corpo: ottimo

Kenia AATipologia: arabica. Coltivato: 1300 m slm. Raccolto: da ottobre. Gusto: dolce. Aroma: delicato con note liquorose. Acidità: molto forte. Corpo: scarso

India Monsooned AATipologia: robusta. Coltivato: 400-900 m slm. Raccolto: novembre-marzo. Gusto: neutro. Aroma: neutro. Acidità: bassa. Corpo: discreto

Brasile Santos Titania DescascadoTipologia: arabica. Coltivato: 900-1100 m slm. Raccolto: da aprile. Gusto: dolce. Aroma: delicato. Acidità: leggera. Corpo: buono

Costarica Tarrazu Tipologia: arabica. Coltivato: 1600-1700 m slm. Raccolto: aprile, agosto-settembre. Gusto: dolce. Aroma: delicato. Acidità: forte. Corpo: buono

Colombia SupremoTipologia: arabica. Coltivato 1200-1900 m slm. Raccolto: aprile-giugno, ottobre-gennaio. Gusto: dolce. Aroma: discretamente delicato. Acidità: marcata. Corpo: sostenuto

Portorico Yauco SelectoTipologia: arabica. Coltivato: 300-1000 m slm. Rac-colto: ottobre-febbraio. Gusto: deciso e fruttato. Aroma: forte e raffinato. Acidità: buona. Corpo: ricco

Nicaragua SHGTipologia: arabica. Coltivato: 1500-2000 m slm. Raccolto: novembre- gennaio. Gusto: dolce. Aroma: delicato: Acidità: forte. Corpo: deciso

Repubblica Domenicana BarahonaTipologia: arabica. Coltivato: 1200-1500 m slm. Raccolto: gennaio-marzo. Gusto: dolce. Aroma: molto delicato: Acidità: decisa. Corpo: buono

MessicoTipologia: arabica. Coltivato: 1700 m slm. Raccolto: novembre. Gusto: dolce e profumato. Aroma: persistente. Acidità: marcata. Corpo: buono

Guatemala maragogypeTipologia: arabica. Coltivato: oltre 2000 m slm. Raccolto: agosto-aprile. Gusto: delicato. Aroma: intenso. Acidità: media. Corpo: medio

Indonesia GiavaTipologia: robusta. Coltivato: 300 m slm. Raccolto: tutto l'anno. Gusto: terroso e speziato. Aroma: delicato. Acidità: medio bassa. Corpo: ricco

Etiopia Sidamo gr2Tipologia: arabica. Coltivato: 1300-2100 m slm. Raccolto: da ottobre. Gusto: dolce e delicato. Aroma: delicato e liquoroso. Acidità: molto forte. Corpo: leggero

Congo KwiluTipologia: robusta. Coltivato: 500-1000 m slm. Raccolto: da settembre. Gusto: amaro. Aroma: intenso. Acidità: debole. Corpo: buono

Papua Nuova GuineaPlantation ATipologia: arabica. Coltivato: 1000-2100 m slm. Raccolto: agosto-aprile. Gusto: dolce. Aroma: delicato. Acidità: leggera. Corpo: buono

* la dicitura slm vuol dire: sopra il livello del mare

ilCaffè

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Avete mai provato a passare nei dintorni di labora-tori o industrie che si occupano di tostatura delcaffè? Gli aromi sprigionati dal calore ti prendonodentro, sviluppando piaceri percettivi difficili da de-scrivere, perché la miscelazione delle varie tipologiedi chicchi produce profumi inimitabili. Quando be-viamo un caffè a casa o al bar, nessuno pensa chequel gusto è frutto di diverse tipologie di tostatura.Ognuna dà al caffè un sapore diverso dall'altro. Ve-diamo quali sono.

TOSTATURA AMERICANACottura media, gradita negli Stati Uniti e nel Ca-nada. Due le tipologie: il City dal color marronechiaro, con chicchi opachi, dotato di un'intensa aci-dità con note aromatiche originarie. Il Full City, cheha una cottura più avanzata, i chicchi sono lucidi,ha poca acidità e sa di torrefatto. Si prepara con ilmetodo filtro.

TOSTATURA MEDIADi colore marrone chiaro, poco più scuro di quelloamericano, dal sapore morbido e poco acido.

TOSTATURA CANNELLADenominata anche tostatura New England. Il chiccoè di colore chiaro, meno cotto rispetto a quello ame-ricano, fortemente acido, quasi aspro.

TOSTATURA DARKIl chicco è di colore quasi nero. Il sapore è pungente,quasi nulla l'acidità, sanno di tostato.

TOSTATURA FRANCESEIl chicco esce dal tamburo prima che diventi comple-tamente lucido di oli. Ha un pungente odore di to-statura, molto usato per la preparazione di filtropressa.

TOSTATURA ITALIANAIl caffè è molto tostato, color marrone scuro, oleoso.Ha un sapore amaro inizialmente e dolciastro comeretrogusto. E' l'ideale per il caffè espresso.

TOSTATURA NAPOLETANADi colore molto scuro, come quello “italiano”. E'l'ideale per la preparazione del caffè per la perco-lazione nella macchinetta napoletana.

TOSTATURA VIENNESEI chicchi sono di colore marrone chiaro, per via diuna tostatura leggera. Regala la massima espres-sione di aroma, con un odore finale di tostatura.

ilCaffè

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TANTE TOSTATUREE PER TUTTI I GUSTI

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AmarcordCara vecchia “Napoletana”caffettiera dei nostri nonniParlare di caffettiera napoletana è come fare un tuffo nella prei-storia. A proposito, va sottolineato che ha originifrancesi. Le nuove generazioni non sanno neanche dicosa stiamo parlando. Loro sono cresciute con lamoka e per le ultime, esistono soltanto cialde, capsule edistributori automatici. Del resto, il progresso necessita delsuo spazio. Però, di contro, non ha vissuto il fascino e il ri-tuale del caffè. Fare il caffè significava avere tanta pazienza,perché non c'erano pulsanti come oggi. C'erano una serie dioperazioni (i più esigenti se lo macinavano in casa) che ti por-tavano a bere il sospirato caffè, anche dopo una ventina diminuti, mentre la casa era pervasa del suo profumo. Ilcaffè alla napoletana è stato foriero di fantasie, di un

Paese che si stava rialzando dopo laseconda guerra mondiale, piegato nellosforzo della ripresa economica. Questasacralità del caffè era particolarmentevissuta nel meridione italiano. Il grandeEdoardo De Filippo ha solennizzato lacerimonia del caffè, attraverso unospettacoloso monologo all'interno diuna sua meravigliosa commedia “Miseria e nobiltà”, dove raccontavadal balcone al dirimpettaio, tutti i pas-saggi necessari per arrivare a fare uncaffè perfetto, compreso la creazione diun cartuccetto da inserire sul beccucciodella caffettiera. Questo accorgimentoartigianale faceva sì che l'aroma re-stasse imprigionato all'interno della

macchinetta.

ilCaffè

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IN CUCINA CON LO CHEF

Gabriele ZaniniS&G

Gabriele Zanini

Souffle’ di colomba pasqualesu zuppetta di fragole e menta

Ingredienti (per 8 persone)80 gr di zucchero, 3 uova intere, 120 gr di farina, 16 gr di lievito, 100 gr diburro , 100 ml di latte, 150 gr di colomba, 250 gr di fragole, Foglie di menta,Zucchero a velo

ProcedimentoIniziate, montando lo zucchero con le uova, aggiungiate a pioggia la farina

e il lievito setacciati, incorporate il burro ammorbidito a temperatura am-

biente, continuando a montare il composto.

Aggiungete il latte, con all’interno la colomba finemente sminuzzata,

amalgamate il tutto. Riempite gli stampini e fate cuocere in forno a

170° per circa 20/25 minuti.

A questo punto, lavate e tagliate a pezzetti le fragole, mettetela in un

pentolino con 2 cucchiai di acqua e cuocete per cinque minuti a fuoco

alto, fino a che non risultano morbide. Dopo di che togliete dal fuoco e la-

sciate in infusione qualche foglia di menta. Coprite e lasciate freddare. Fatta

quest'ultima operazione, eliminate le foglie di menta e frullate le fragole.

Servire su un piatto da portata con lo sformatino adagiato sulla zuppetta di fra-

gole, decorate con lo zucchero a velo.

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Variazione d'agnello con cous cous

Ingredienti (per 4 persone)Preparazione Pan di Spagna 1 coscio d’agnello, 2 carciofi, 2 fette di prosciutto cotto, 200 gr di cous cous, 1 carota, 1 costa di sedano, ½ cipolla rossa, 2 li-moni, 2 bicchiere di vino bianco secco, 1 bicchiere di brodo vegetale, 1 rametto di rosmarino, 2 foglie di salvia, 4 foglie dimenta, Olio extra vergine ,sale e pepe, Farina 00, Spago da cucina

ProcedimentoDisossate il coscio d’agnello (o compratelo già disossato), dividetelo a metà, riducendone una metà a bocconcini che

metterete a marinare per un' ora in un contenitore con 1 bicchiere di vino bianco, il succo dei 2 limoni, salvia , menta

e rosmarino, e l’altra metà aprendolo a libretto in modo da farcirlo con i carciofi tagliati finemente, cotti in un tegame

con un cucchiaio d’olio extravergine. Adagiate sopra i carciofi le fette di prosciutto ed arrotolate la carne, ottenendo

un rolle’ che fermeremo con dello spago da cucina. Rosolate in un tegame con dell’olio il rolle’ su tutti i lati, sfumatelo

con il vino, aggiungete un mestolo di acqua calda e continuate la cottura in forno a 200°per 25/30 minuti. Preparate

un soffritto con la carota, il sedano e la cipolla tritati, mettete il tutto in un pentolino ed aggiungete i bocconcini , asciu-

gati con della carta assorbente, leggermente infarinati. Dorate bene e sfumate con il liquido di marinatura ed un me-

stolo d’acqua calda. Cuocete per circa 30 minuti. Nel frattempo, occupatevi del cous cous: mettetelo in un recipiente

ampio, conditelo con un pizzico di sale , un cucchiaio di olio e coprite con il brodo vegetale bollente. Assorbito il liquido,

il cous cous è pronto. A questo punto, impiattiatelo con i bocconcini ed il rolle’ tagliato a fette.

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a funzionario di banca ad agricoltore. Quando accadono questi stravolgimenti di vita, solita-mente la via percorsa è quella inversa, dal basso verso-l’alto. Non per Carlo Noro, che stufo di una

professione che trovava monotona, si è licenziato. Ha smesso doppio-petto e mocassini, per indossare tuta e stivali. Ha scelto di lavorarenei campi, ha creato un'azienda di quattro ettari di terreno (al Piglioc'è un altro ettaro dove si producono olio e vino) e ha puntato suun'agricoltura diversa, la biodinamica, quella naturale come c'era unavolta, senza uso di fitofarmaci, ormoni e concimi chimici.La terra è stata sempre un suo pallino. Ha iniziato a lavorarla inizial-mente nel piccolo orto di casa, per hobby. Poi, quando ha acquistato iterreni di Vallefredda, in quel di Labico, poco distante dal resort di An-tonello Colonna, ha dato vita ad un progetto più allargato, fino a di-ventare uno dei più grossi produttori di concimi biodinamici d'Europa.A dargli una mano sono i due figli Simone e Valerio, ma anche la moglieGianna e la figlia Emanuela, di professione entrambe insegnanti, sonodella partita.A questo punto, molti di voi si chiederanno cosa è l'agricoltura biodi-namica, essendo ancora poco diffusa in Italia e non avendo attualmenteun vero e proprio mercato. Ebbene, si tratta di una tipologia produt-tiva, dove si punta alla prevenzione, cioè a rendere sano il terreno, evi-tando il rischio dello sviluppo di patologie vegetali. Tutto ciò avvienenaturalmente, senza uso di fitofarmaci, come accade nell'agricolturabiologica, anche se sono di natura biologica anche loro. “Compito del biodinamico - ci spiega Carlo Noro - è costruire unbuon terreno, usando preparati fatti in casa a base di erbe e concimiselezionati di natura animale. Vengono usati in piccoli dosaggi, in mododa guidare il processo agronomico del metodo agricolo. Mantenendol'equilibrio naturale della terra, la produzione va avanti da se, senza lanecessità di altri interventi. Noi ne produciamo tre tipi, fatti in azienda.Il primo è fatto con il letame di mucca inserito nei corni di mucca edinterrato per 6 mesi; il secondo con silice, cristallo di rocca, quarzoanch'esso inserito nel corno di bue ed interrato d'estate; il terzo consei tipi di piante officinali inserite in una sostanza organica.”Ci sono vari accorgimenti per capire lo stato di salute di un terreno.A cominciare dalle piante, che se hanno problemi, vuol dire che le sueradici affondano in una terra malata. “La cartina di tornasole sono leleguminose -sottolinea Noro- se il terreno è malato non vengono pro-prio. Queste fissano l'azoto che è nell'aria. Essendoci batteri che vi-vono in simbiosi, questi finiscono nella terra, che si ammala.”Come si può constatare è un sistema semplice e complesso nellostesso tempo. Ma che garantisce prodotti veramente “puliti”, anche

perché la madre terra non viene sfruttata, “uccisa”, come accade nel-l'agricoltura convenzionale, dove si produce tanto e in tempi brevi,grazie anche agli aiuti chimici. “Lo sapete -ci spiega Carlo_ che quandoun terreno viene diserbato, i postumi del trattamento si trasmettonoper 500 anni. Nella biodinamica, i tempi sono più lunghi, perché la maturazionesegue il suo andamento naturale e sopratutto rispetta la sua stagio-nalità. Un principio quest'ultimo, a cui nessuno fa più attenzione, percolpa della grande distribuzione che richiede e propone sui banchi divendita di tutto e di più, a livello di frutta e ortaggi. A discapito delgusto e della salute, perché si tratta di prodotti imbottiti di farmaci disintesi, i più pericolosi per tutti noi. Non con conseguenze immediate,ma a lungo termine. Non sarà assolutamente facile fare dei passi in-dietro, anche se la gente sta diventando sempre più sensibili a certeproblematiche. “Devono comprendere che l'agricoltore deve produrreper la salute, non per le malattie” sottolinea il nostro interlocutore.Trovare prodotti di agricoltura biodinamica in commercio, al momentoattuale non è affatto semplice, perché resta ancora un prodotto di nic-chia, con costi superiori rispetto alla media, anche se inferiori al bio-logico. Colpa di una burocrazia che chiede pesanti balzelli. Sopratuttosono rari i punti vendita. Noro è presente ad Ariccia (Mercato delcontadino) e All'altra economia a Testaccio a Roma. E' più un mercatoda vendita diretta, da vero chilometro zero. Da Carlo Noro si po-tranno acquistare ortaggi e frutta di tutti i tipi: dai piselli agli asparagi,dalle zucchine all'insalata, dalle mele alle prugne, alle fragole, alle ciliege,all'olio extravergine d'oliva e al vino tutti i venerdì pomeriggio da metàaprile fino a dicembre, oltre ai sughi, patè, marmellate, fatti con le loroverdure e la loro frutta, preparati da Simone. D'inverno non si pro-duce, perché i terreni sono situati in una zona troppo fredda.Riuscirà questo tipo di agricoltura, dove le lobby la fanno da padrone,a trovare il suo spazio? “ Siamo una goccia in mezzo al mare -concludeCarlo. Ma io sono ottimista, perché la gente comincia a comprendereche le terribili malattie degli ultimi secoli dipendono non soltanto dal-l'inquinamento atmosferico, ma anche da una alimentazione poco sana.Lo deduco anche dai corsi che si svolgono in azienda, dalla presenzagiovanile sempre più numerosa e dal signore e dalla signora che ha unpiccolo orticello e vuole coltivare cibo sano”.

Pa. Ca.

Agricoltura biodinamicala sfida naturalecontro la terra malata

D

NATURA & AMBIENTES&G

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Con la bella stagione alle porte, tutti rispolveriamo il nostro polliceverde. Ci sono da risistemare le piante dopo la pausa invernale e per chi cel'ha, ridare vita all'orto di casa. Ma è anche il momento delle scelte, nontanto per i fiori, quanto per cosa e come coltivare. Sono le scelte piùimportanti da fare, tanto che la Coldiretti, per dare una mano agli agri-coltori fai da te, in coincidenza con l'arrivo della primavera, ha elabo-rato un decalogo per aiutare i cittadini in una attività, che piace moltoanche ai bambini, per i quali da “CampagnaAmica” è arrivato il primo gioco del piccolo con-tadino “Giò”, un kit semplice e comodo, con ilquale lavorare la terra, per produrre prodotti fre-schi, di stagione e, sopratutto, sani. Dieci le regole consigliate da Coldiretti per ''l'ortodi casa''. Tutte abbastanza semplici, adatte per chilo fa per hobby. Ma vediamo cosa dobbiamo fare per raccogliere ifrutti del nostro lavoro.1) Spazio giusto: e' necessario, infatti, indivi-duarlo. L'orto in piena terra è la soluzione mi-gliore. Per chi non ha il giardino, il balcone o ilterrazzo sono una buona alternativa. L'importanteè che siano soleggiati e ventilati.2) Stagionalità: occorre conoscerla. Ad ogni pe-riodo dell'anno il suo prodotto. Per sapere, quando e cosa coltivare, èutile dotarsi di un calendario delle semine con indicate le fasi lunari. 3) Giusto tempo: gli orti, anche quelli di piccole dimensioni, necessi-tano di cure quotidiane. Se si ha poco tempo, il consiglio è di comprarele piantine già sviluppate e trapiantarle.4) Buona terra: è garanzia di risultati. Per mantenere un buon livellodi fertilità è meglio scegliere compost vegetale biologico, o meglio an-cora se è biodinamico, terriccio universale in ultima analisi.

5) Semi e piantine: ci sono selezioni da fare e regole da rispettare, aseconda che si lavorino ortaggi a ciclo lungo (fagioli, piselli, fave) o aciclo corto (ravanelli, rucola o carota).6) Trapianto: si realizza quando le dimensioni della piantina superanoquelle del recipiente. E' possibile cambiare più volte il vaso, aumentan-done man mano la grandezza.7) Acqua: per un'adeguata crescita alle colture il terreno deve esseresempre umido, ma mai bagnato. Le innaffiature vanno regolate rispet-

tando la temperatura e lo sviluppo delle piante.8) Temperatura: è importante fare attenzione al-l'andamento del tempo. A marzo e ad aprile il ri-schio di gelate notturne è ancora alto: è benequindi proteggere le piantine con dei teli isolanti.9)Parassiti: formiche, mosca degli orti, ragnettirossi e bruchi sono i principali insetti che pos-sono arrivare a creare seri problemi alla produ-zione. Per limitare questi attacchi, oltre a usareprodotti specifici, conviene scegliere ortaggi chesi adattano meglio al clima e al territorio dovevengono piantate.10) Costi: realizzare un orto in giardino ha unaspesa contenuta. Tra terra, piantine o semi, con-cime e strumenti di lavoro, l'investimento si può

stimare intorno ai 250 euro per un orto di 20metri quadrati ''chiavi in mano''.Come avete potuto constatare, per poter avere la soddisfazione di as-saggiare degli ortaggi, della verdura e della frutta fatta in casa, bastapochi accorgimenti, un pizzico di impegno e pochi euro, che possonoessere spesi un poco alla volta. Le coltivazioni, infatti, possono essereeffettuate per gradi. Buon lavoro e buon divertimento.

S.G.

È arrivata la primaveraecco i 10 comandamentiper creare un orto a casa

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Vodka, Bourbon, Rhum: anche il bere ha le sue mode. Può sem-brare strano, ma è così. Liquori prestigiosi, che hanno fatto la sto-ria, come il Vecchia Romagna o lo Stock 84, sono statiinspiegabilmente relegati in soffitta. Ovunque, dove c'è mescita,è raro trovare in esposizione bottiglie di brandy e cognac. Persinoil wisky ha perso molto del suo fascino. Ma su tutti, ad essere di-ventato un liquore d'altri tempi è il cognac francese e i brandy,alter ego di altre Nazioni. Veniva usato, a volte, anche a scopo me-dicantoso. Molti attribuiscono questo fenomeno negativo al costo,che è sempre stato più alto rispetto ad altri liquori, specialmentequelli di alta qualità. Altri, ritengono che sia un liquore da medi-tazione, che va bevuto in situazioni ambientali particolari, lo con-siderano un liquore riservato ai veri intenditore. E sopratutto è rarotrovarlo nel bere miscelato. Ma nonostante tutto, va sicuramentesottolineato che il cognac, era e resta il vero leader di tutti i liquori.Nessun altro ha la sua storia alle spalle, la sua classe.

Cognac, un marchio indelebile

“Il cognac è un brandy, il brandy non un co-gnac”. Nessuna frase descrive meglio la diffe-renza tra le due acquaviti. Il cognac è parte

integrante della storia della Francia, paeseattento alla salvaguardia delle proprie

tradizioni - come quella famosa per ilvino - dove a seconda della zona di

produzione esiste una distinzionetra le denominazioni di acqua-vite di vino, detta cognac nellaregione di Poitou-Charentes eArmagnac nella Guascogna. Ilbrandy invece è una categoriauniversale, che, fatta eccezioneper il brandy italiano e il

brandy spagnolo, comprendequalunque acquavite di vino, in-

dipendentemente dal luogo di pro-duzione, fatto che lo rende meno

pregiato rispetto al cognac. Nei più pre-

stigiosi e aggiornati bar sta tornando dimoda un’acquavite di vino ancora poco dif-fusa, il pisco, di cui si contendono la paternitàPerù e Cile, cui si deve il ritorno alla ribalta dicocktail come il Pisco sour o il Pisco punch(ma questa è un’altra storia). In Grecia esisteun prodotto spiritoso meno diffuso in Europachiamato Metaxa, una miscela a base di varitipi di brandy, erbe del mediterraneo e spezie.Tornando al cognac, va detto che il discipli-nare che ne regolamenta la produzione è trai più severi e precisi al mondo. Le due città più importanti dell’area di produ-zione del cognac sono Cognac e Jarnac, ter-ritori da cui si dipartono le sei areeconcentriche, dette cru, la cui prossimità aidue centri determina la qualità del distillatoche vi si produce: la Grande Champagne e so-prattutto la Petit Champagne offrono il co-gnac più pregiato.Per quanto riguarda la legislazione italiana,la legge 7 Dicembre 1951, n.1559, modificatapoi dal D.P.R. del 16 Luglio 1997, n.297 regolala denominazione di brandy italiano, identi-ficandolo con l’acquavite di vino.

I primi brandy italiani

Per gustare il primo brandy italiano, si dovetteattendere il 1860 per vedere uscire dagli sta-bilimenti della Buton di Bologna le prime bot-tiglie, chiamate allora cognac.Intorno al 1830, dopo la caduta di Napoleone,Jean Buton si stabilì con tutto il suo bagaglio

Vecchia Romagna, Stock 84, Stravecchio, antichi marchi di brandy

che la moda ha relegato in soffitta

AMARCORDSimone Francini

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sopravvissero per via delle loro piccole dimensioni.Un altro importante brandy italiano è lo Stravecchio Branca,da sempre apprezzato dai consumatori più esigenti per lalunga maturazione in botti di rovere di Slavonia, per l'uso

esclusivo di acquaviti di vino di qualità superiore e per la sa-piente arte della Branca Distillerie. Lo Stravecchio è uno

dei prodotti di punta dei Fratelli Branca, azienda chenasce a Milano nel 1845, quando Bernardino Brancainizia la produzione del Fernet, l'amaro più famoso delmondo. La prima eti-chetta dello Stravecchiorisale al 1892, quando ildistillato si chiamava an-cora “Vieux Cognac Su-périeur”. Nonostante lavivacità del mercato na-zionale, il brandy ita-liano non riuscì mai a

imporsi sulle altre acquaviti eu-ropee, tra le quali l’antagonista spa-gnola e ovviamente l’inimitabilefrancese. Dunque, anche se dagli inizi del No-vecento si è iniziato a produrre inItalia del buon brandy, molto ap-prezzato all’estero, esso ha soffertoe soffre ancora la competizione conle altre acquaviti con cui da sempresi contende il mercato. L’industria li-quoristica italiana degli anni ’50-’60non ha poi aiutato il brandy italianoad affermare le proprie particolaricaratteristiche, puntando, più chesulla esclusività del prodotto ita-liano, sugli alti volumi di produzionee sul consumo di massa. Le politicheprotezionistiche francesiavrebbero dovuto già al-l’epoca insegnare qual-cosa all’industrianostrana, che solo dapochi anni, investendosulla italianità deiprodotti enogastro-nomici, sta riscuo-tendo a livellomondiale il meri-tato successo.

di esperienza da distillatore a Bologna, dove at-traverso la conoscenza di un pasticcere fondòla distilleria Giovanni Buton & C. È da notarecome questa città sia stata la culla del brandynostrano, e tuttora un vivace centro di pro-duzione, anche per la possibilità dei pro-duttori di rifornirsi facilmente di vinotrebbiano, adatto alla distillazione emolto simile per caratteristiche al vinoUgni Blanc, utilizzato in Francia perprodurre cognac. Nel 1939 il nome dell’acquavite divenneVecchia Romagna, distillato presentatonella classica bottiglia triangolare, an-cora oggi segno distintivo del brandy diButon.Un forte impulso alla produzione dibrandy italiano derivò dalle difficoltàincontrate dalla viticoltura transalpina afine ottocento, quando i vigneti francesi furonogravemente danneggiati dalla fillossera, paras-sita fitofago particolarmente dannoso. Sfrut-tando la grave carenza produttiva francese,nacquero da noi svariate aziende che avevanoaccesso ad uve idonee alla distillazione, inseren-dosi nel già vivace commercio d’esportazionedel cognac. Tra queste la triestina Camis & Stock,di Lionello Stock e Carlo Camis, che si ritireràdalla società nel 1906. Alla originaria produ-zione di vini nel rione di Barcola, l’azienda af-fiancò tra il 1884 ed il 1914 quella di grappa e nel1930 ampliò la produzione grazie a un nuovostabilimento, aperto nel rione di Roiano, dove laStock rimarrà sino alla migrazione in zona indu-striale. Negli anni a cavallo tra il 1930 ed il 1935la gamma di prodotti si arricchì del Cognac 1884Fine Champagne, che diventerà poi il famosoStock 84, e dei liquori cherry e maraschino. Tra la fine del XIX secolo e gli anni ’30 del 1900 laquasi totalità dei proprietari delle attività di di-stillazione o di liquoreria si diedero alla produ-zione domestica di cognac (ancora si potevachiamare così), spinti dal vivace consumo del-l’epoca. Tra i marchi più diffusi, alcuni tuttoraesistenti, vengono a mente Oro Pilla, Martini &Rossi, Sarti, Florio, Ramazzotti e il marchio Gam-barotta, che per primo utilizzò la denomina-zione italiana Arzente gran riserva. Molti altriproduttori minori, vivaci tra le due guerre, non

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Curarsi con la medicina alternativa si può. E sicura-mente ci fa bene, perché, in questo modo, evitiamol'ingresso nel nostro organismo della chimica, che hai suoi effetti in tema di guarigione, ma può, neltempo, sviluppare altre patologie. La medicina delleerbe, in questi ultimi tempi, sta prendendo semprepiù piede. Le loro proprietà benefiche, che nella me-dicina convenzionale vengono utilizzate in sintesi,sono note a tutti, perché, per secoli, sono state leuniche medicine del genere umano. Quindi, voglio far-vele conoscere e, in alcuni casi, potrete prepararviqueste medicine naturali da soli.

Sedano, toccasana per la saluteIl sedano possiede virtù insospettate, che vanno benoltre i confini culinari.E’ particolarmente indicato per la dieta di settembre,poiché grazie alla presenza di vitamina A-B-C, saliminerali, quali il potassio, il calcio il sodio e il selenio,favorisce la ripresa post vacanza.Questo ortaggio, di cui esistono diverse varietà, daquello selvatico diffuso sulle coste del mediterraneoe quello nero di Trevi nel Lazio, passando per la spe-cie violetta tipica del Piemonte è un ottimo antistressnaturale.Tonifica il sistema nervoso, migliora i processi dige-stivi, pulisce il sangue ed è un eccezionale rimine-ralizzante. E’ ricco di nitrati, quindi molto utilecontro i reumatismi, le coliche renali e le affezionirespiratorie.Il sedano rapa, una specie tipica del Veneto, svolgesia un azione disinfettante ma anche immonustimo-lante. Favorisce il drenaggio polmonare ed epatico edè in grado di normalizzare le funzioni della tiroide.Il sedano può essere consumato fresco, o ag-giungendolo alle insalate o in pinzimonio.Può essere gustato anche sotto formadi succo, soprattutto quando si avverteil pizzicore in gola. Vi consiglio di bere

LA NATUROPATA

C'è un'altra medicinafatta di erbe, fiori e fruttiche fa bene alla salute Claudia Formisano

un centrifugato preparato con mezzo bicchiere di succo disedano, mezzo di uva e mezzo di mela.

Sambuco, l'aspirina vegetaleE’ una pianta con molte proprietà terapeutiche e il suo im-piego risale a tempi molto antichi, si utilizzano i fiori, lebacche le foglie e la corteccia. L’infuso ottenuto con i fioridi sambuco ha proprietà sudorifere ed il loro impiego èconsigliato nel trattamento delle malattie legate all’appa-rato respiratorio.La tosse, l’asma e i reumatismi.Sempre i fiori, grazie alla presenza di flavoni, produconobenefici alle vene e all’apparto circolatorio in generale.Le bacche hanno, invece, proprietà lassative e purgative,mentre la corteccia è impiegata a scopo diuretico e neltrattamento delle nevralgie e delle cisti.Anche in caso di ascesso ai denti, il sambuco può rivelarsiutile con le sue proprietà: è sufficiente pestare in un mor-taio una manciata di foglie fresche in unione con un cuc-chiaio di aceto ed un pizzico di sale e tramite una garza,applicare sull’accesso per un paio di ore…Per chi soffre di emorroidi, è invece sufficiente tritaredelle foglie fresche e applicare nella parte interessata peralmeno 15 minuti.

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Cosa scatta nella nostra mente alla vista di un piatto di pasta al po-modoro ? Come mai davanti ad una tazza di cioccolata ci sentiamo“coccolati”? Certamente le nostre papille gustative vengono sollecitate dai pro-fumi che indicano il gusto di ciò che assaporeremo, ma anche lavista ha un ruolo importante sull’identificazione di un cibo.Il colore è il primo elemento che ci colpisce e l'aspetto cromaticodi un alimento rivela forti influenze nella percezione del gusto, siaquando vi è naturalmente contenuto, sia quando è aggiunto daqualche ingrediente o quando derivi da processi di cottura e con-servazione.Nella tradizione cinese con i colori si sono da sempre classificatianche i sapori: il rosso viene collegato all’amaro, il giallo al dolce,il bianco ci ricorda il piccante, il nero il salato, il verde l’acido. Platone riassumeva il rapporto natura-colore, associando alle di-verse tinte cromatiche gli elementi naturali: il rosso rappresentavail fuoco, giallo l’aria, verde i boschi e gli animali, blu la notte e l’ac-qua.Nel Medioevo, l’aggiunta di ingredienti davano colore servivanoad esaltare il sapore stesso di un cibo. Durante l’Ottocento questanecessita veniva ancora ribadita da Dumas nel “Grande dizionariodi cucina”.Esaminiamo come alcuni alimenti possono rivelare un legameanche simbolico tra colore e cibo. Il bianco indica pu-rezza e luce. I cibi bianchi comunicano solennità(torte nuziali) o per contro semplicità, pensate ainutrienti latte e riso.Il rosso caldo ed eccitante, simboleggiafuoco e sangue e gli alimenti così colo-rati generanoenergia, comecarni, vini, fra-gole o po-m o d o r im a t u r i .Spesso pre-sente negliarredi dei fastfood e nelle di-vise degli addetti alla

ristorazione, il rosso stimolerebbe l’azione del soggetto verso ilconsumo. Apparecchiare la tavola in rosso sembra che consenta didigerire ed assimilare meglio il cibo.E passiamo al verde, che è il colore della natura e della vegetazione,quindi è simbolo di forza, rinascita e speranza. Sono così coloratil'olio extravergine d'oliva e tutta la tavola di primavera, dalle faveagli asparagi. Se si è abituati a mangiare con troppa voracità e infretta, a volte perché il tempo non ci consente di stare troppo a ta-vola, il verde sembra aiuti a rallentare l’assunzione dei pasti.Il giallo è un colore solare e quindi energetico, ricorda l’oro. Sem-bra sia il colore preferito dai golosi: il tuorlo d’uovo, con tutti isuoi derivati e il miele sono i due capisaldi di questa interpreta-zione, assieme al “ricco” zafferano.Se ai nostri occhi appaiono cibi marroni, questi ci inducono a sen-sazioni di rilassamento vitale e naturale. Il primo pensiero correalla cioccolata o ai datteri delle oasi del deserto, fonte di nutri-mento per le popolazioni nomadi.Blu e viola identificano l’equilibrio, anche se poco presenti in na-tura, i cibi che li contengono vengono considerati i migliori anti-doti alla fame nervosa. Mirtilli, susine e uva ci incutono tranquillità.Spesso il blu viene anche associato a muffe o bacche aspre nonmature, e per gli antichi romani questo rappresentava un colore“non buono”, poco adatto alle genti civili perché i guerrieri “bar-

bari” se ne servivano per dipingere il volto prima delle battaglie. Come potete constatare, ce n'è per tutti i colori. Di si-curo, quando ci sediamo a tavola e ci viene servito unpiatto dove, oltre ai profumi, spaziano i colori, ci

sentiamo maggiormente stimolati. Proprio perquesto, l'aspetto coreografico di

una pietanza, fatta di er-bette, salsine, glasse è di-

ventata, nellaristorazione, una co-stante. Non è sol-tanto un vezzo oun tocco di origi-nalità dello chef.

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MANGIARE CON GLI OCCHINON È SOLTANTO UN DETTOMA UNA NOSTRA ESIGENZA

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Cari lettori, una rete sociale, in inglese social net-work, consiste in un qualsiasi gruppo di personeconnessi tra loro da diversi legami sociali.La versione di internet delle reti sociali è una delleforme più evolute di comunicazione, basti pensarea Facebook e Twitter.La domanda che mi sono fatta ultimamente è que-sta: come hanno influito nella nostra vita positiva-mente o negativamente?Nel mondo del lavoro, indubbiamente hanno datouna grande svolta, riuscendo trasformare unasemplice telefonata in una face time, ossia una vi-deochiamata tramite web, e contattare qualsiasi

parte delmondo etrovarsiin ogniparte delmondo pa-r a d o s s a l -m e n t estando sedutinel proprio sa-lotto. Ma nellavita privata,credo pro-prio che la

nostra privacy è stata violata oltre ogni limite.Prendiamo Facebook, ad esempio, un social net-work fantastico. Tramite questa rete abbiamoavuto la possibilità di ritrovare persone che ave-vamo dimenticato o semplicemente persi di vistaper problemi di distanza, famiglie unite oltreoceano che possono "chattare" in qualsiasi ora delgiorno e della notte. Tutto questo rappresenta illato positivo, ora però esaminiamo l'altro facciadella medaglia, che secondo me, ha un aspettomolto negativo.Sappiamo tutti come funziona: basta creare unprofilo personale, inserendo informazioni che pos-sono essere vere e non e, chiunque, spinto dallacuriosità può rispondere a persone non fidate.Il rischio c'è, soprattutto, se si fa un uso poco at-tento. Il mio pensiero va verso i ragazzi di oggi, che fareb-bero di tutto per essere al centro dell'attenzionee volendo potrebbero fare carte false per sem-brare di essere l'opposto di quello che sono real-mente. Alterano l'età e non avendo un controllofidato possono dimostrare di avere più anni diquelli che hanno.Purtroppo, la possibilità di ingannare il web esistee da quando i social sono entrati a far parte dellanostra vita, ahimè sono aumentate situazioni am-bigue per grandi e piccoli.Tirando le somme, cari amici, possiamo di certoaffermare che i vantaggi nel campo lavorativo cisono stati, ma è pur vero che nel campo familiarele separazioni e i divorzi sono aumentati di granlunga!Mi rivolgo a tutti voi...... Okkio ai social network.

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W W W . V I L L A A U G U S T A E V E N T I . I T

MORTE DA PIZZAUna pizzeria di Sleaford, nel Lincolnshire, ha creato la pizzapiù piccante del mondo ed ha sfidato gli avventori ad as-

saggiarla in unacompetizione cheviene chiamata“Death by Pizza”.La pizza è guar-nita con peperon-cino “scorpione diTrinidad”, uno deipiù piccanti delmondo per la suaconcentrazione di

capsaicina. La piccantezza dei peperoncini usati è pari a 12milioni di “unità Scoville”. Per confronto, lo spray al pepe-roncino usato dalla polizia, raggiunge un livello di 5 milionie il peperoncino calabrese di 30.000.

ZUPPA DI NIDI DI UCCELLODimenticate fo-glie e ramoscelli. inidi di cui stiamoparlando sono unimpasto di erbe,alghe e saliva pro-dotto dalle salan-gane, piccoliuccelli simili alrondone. Partico-larmente costosi acausa della loro rarità e della difficoltà che com-porta raccoglierli, questi nidi dalla consistenzagommosa sono noti come "il caviale d'Oriente".La tradizione di questa zuppa è addirittura seco-lare, forse grazie alle sue proprietà altamente nu-tritive, ricca di proteine e sali minerali, e alle suequalità afrodisiache.

VINO ALSERPENTEQuesta bizzarra bevandavietnamita altro non èche del vino di riso in cuisi è lasciato fermentareper mesi un serpente ve-lenoso. L'etanolo pre-sente nel vino, scioglie il veleno rendendolo quindi innocuo.Si dice abbia effetti benefici, viene quindi usato più perscopi medicinali che come comune bevanda. In ogni caso,il suo sapore è talmente forte che deve essere buttato giùtutto d'un fiato. Il colorito rosa è dato dal sangue del ser-pente stesso.

I BENEFICI MOLLUSCHIQuando si parla di molluschi li si abbina purtroppo aduna parola che mette subito in guardia: “colesterolo”.E’ indispensabile sapere, invece, che i molluschi con-tengono omega 3 e acidi grassi poli insaturi, indispen-sabili per la prevenzione di malattie cardiovascolari ediabete. Nonché di altre patologie quali la depressionee l’osteoporosi. Inoltre, i molluschi sono ricchi di iodio,utile all’attivazione della tiroide, la ghiandola che re-gola il metabolismo dell’intero organismo.

MELOGRANO, VIAGRA NATURALEQuesto frutto colorato oltre che possedere moltissime pro-prietà nutritive ed antiossidantiviene considerato, da sem-pre, un cibo afrodisiaco. A confermare questa tesi,ungruppo di studiosi di Edimburgo della Queen Margaret

University. Gli studiosi hannoverificato l'efficacia del succodi melograno, coinvolgendo

circa sessanta pazientiuomini, a cui è stato fattobere per circa quindicigiorni. I risultati sono stati

sbalorditivi: in tutti i pa-zienti è stato rilevato un li-

vello di testosterone aumentato di cerca il 30% e,questo, senza rilevare alcun aumento di pressionesanguigna.

DA DOVE VIENE LA PAROLAHAMBURGER?E' apparsa per la prima volta nel 1902 negli StatiUniti, ed è l’abbreviazione di hamburger steak,o bistecca alla maniera di Amburgo. Questo per-ché in effetti è stato nellacittà tedesca che, per laprima volta, è nata lamoda di inserire lacarne tra duefette di pane.Gli Usa però nehanno fattoun’arte: nel 1924è nata la primacatena di risto-ranti specializzatio fast food.

S&G CURIOSITÀAntonella Lorini

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