Rivista DMA - Ragioni per vivere (Gennaio – Febbraio 2013)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE RAGIONI PER VIVERE damihi animas 2013 Anno LX Mensile n. 1/2 Gennaio/Febbraio Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice

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2013Anno LX Mensilen. 1/2 Gennaio/Febbraio

Poste Italiane SpASpedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art.1, comma 2 - DCB Roma

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4EditorialeCose nuove e cose anticheGiuseppina Teruggi

5DossierRagioni per vivere.“Voi chi dite che io sia?”

13Primopiano14Uno sguardo sul mondoUniti per il cambio globale

16Anima e dirittoIl giusto peso delle parole

18Costruire la PaceA 50 anni dalla Pacem in Terris

20Filo di AriannaIl perdono

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dmaRivista delle Figlie

di Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81

00139 Roma

tel. 06/87.274.1 • fax 06/87.13.23.06e-mail: [email protected]

Direttrice responsabileMariagrazia Curti

RedazioneGiuseppina TeruggiAnna Rita Cristaino

CollaboratriciTonny Aldana • Julia ArciniegasPatrizia Bertagnini • Mara BorsiCarla Castellino • Piera Cavaglià

Maria Antonia ChinelloEmilia Di Massimo • Dora Eylenstein

Maria Pia Giudici • Palma LionettiAnna Mariani • Adriana Nepi

Maria Perentaler • Loli Ruiz PerezDebbie Ponsaran

Maria Rossi• Bernadette SangmaMartha Séïde

FOTO UNICEF / OLIVIER ASSELIN

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27In ricerca28CultureLe virtù: un ritorno all’antico?

30PastoralmenteUn modello pastoraleper evangelizzare

32In MovimentoAlle origini del MovimentoGiovanile Salesiano

34In dialogoInterviste a...

35Comunicare36Si fa per direComunicazione ed identitàcarismatica

38Donne in contestoDonnee Nuova Evangelizzazione

40VideoMonsieur Lazhar

42LibroCyberteologia

44MusicaLa musica è talent

46CamillaVox Populi

n.1/2 Gennaio Febbraio 2013Tip. Istituto Salesiano Pio XI

Via Umbertide 11,00181 Roma

ASSOCIATAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Traduttricifrancese • Anne Marie Baud

giapponese • ispettoria giapponeseinglese • Louise Passero

polacco • Janina Stankiewiczportoghese • Maria Aparecida Nunesspagnolo • Amparo Contreras Alvareztedesco • ispettorie austriaca e tedesca

EDIZIONE EXTRACOMMERCIALEIstituto Internazionale Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma

c.c.p. 47272000Reg. Trib. Di Roma n. 13125 del 16-1-1970Sped. abb. post. art. 2, comma 20/c,

legge 662/96 – Filiale di Roma

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convocazione del CG XXIII darà ulte-riore impulso all’impegno di vivereoggi la nostra identità di donne consa-crate per la missione.

La scorsa estate, a Cesuna, abbiamo inol-tre cercato di intercettare pensieri e desi-deri di ogni FMA, per continuare un dia-logo aperto e vivace. Ci siamo anche ispi-rate all’esito del sondaggio sulla Rivistaprecedentemente proposto. Le rispostepervenute sono state per noi un dono,che ci ha permesso di raccogliere buonisuggerimenti, come quello di dare voceai diversi continenti, a laici e a giovaniper la stesura di alcuni articoli; di rende-re il linguaggio aderente alla vita con-creta. La richiesta corale del ritorno diCamilla ci ha spinte a invitarla a tornare,per ridirci la sua analisi originale sui fat-ti della vita quotidiana e comunitaria.

L’Evangelizzazione è la tematica di fon-do dei Dossier, che propongono comesottotitolo un versetto del Vangelo econtengono un “segnalibro” con uncommento a quella Parola.Parecchie Rubriche sono confermate.Altre sono nuove, con vari temi comead esempio: Uno sguardo sul mondo,In Movimento (sul MGS nel mondo),Anima e Diritto, In dialogo.Ci auguriamo un anno di belle opportu-nità, di vitalità carismatica, di feconditàvocazionale: con DMA Rivista!

[email protected]

Cose nuove e cose anticheGiuseppina Teruggi

Alcuni eventi mondiali, ecclesiali, sale-siani guidano i contenuti della RivistaDMA. Ci siamo soffermate su quelli checi sono sembrati di particolare significa-to. L’ONU ha dichiarato il 2013 “Annodella cooperazione nel settore idrico” ea Napoli si terrà il “Forum Internaziona-le delle culture”. Come Chiesa, viviamol’“anno della fede”, risentendo l’eco delSinodo celebrato nell’ottobre scorso su“La nuova evangelizzazione per la tra-smissione della fede cristiana”.

A Rio de Janeiro e nelle Diocesi di tutto ilmondo è attiva la preparazione alla GMGdal tema “Andate e fate discepoli tutti ipopoli”. Altre giornate ecclesiali puntua-lizzeranno temi specifici, quasi ad ac-compagnare i credenti in un cammino diformazione permanente nell’ottica delVangelo e in ascolto delle sfide culturalidi oggi: la Giornata della Pace, quella del-la Vita consacrata, delle Comunicazionisociali, per nominarne alcune.In maggio saremo coinvolte dall’Assem-blea plenaria della UISG sul tema “Nonsarà così tra voi”.

Il secondo anno di preparazione al bi-centenario della nascita di don Boscosulla pedagogia del Sistema preventivo,e la Strenna 2013: “Offriamo ai giovaniil vangelo della gioia con la pedagogiadella bontà”, ci provocano a vivere lamissione educativa ponendoci in oriz-zonti aperti, in sintonia con la Famigliasalesiana. A noi FMA, la circolare di

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Ragioni per vivere

“Chi diteche io sia?”

FOTO UNICEF / NYHQ

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capacità di inculturazione dei religiosi».Questi i capisaldi della vita religiosa.«La vita religiosa si trova di fronte al suocompito profetico: tradurre nell’oggi stori-co il vangelo eterno e mostrarne la bellez-za e vitalità, in una vita umana e umanizza-ta». Seguire Gesù, significa vedere nel van-gelo la norma rettissima di vita umana.

«Credo che la vita religiosa debba mette-re l’accento sul sostantivo vita più che sul-l’aggettivo religiosa: questo non significasecolarizzare, ma sottolineare che essanon è una vita ritualizzata, non è una vitafilantropica, non può essere dominatadall’ossessione dell’efficienza pastorale,ma è anzitutto e semplicemente una vita.Vita che emerge e si manifesta nella qua-lità delle relazioni fraterne, nell’affettivitàlarga e liberante che si vive nello spaziocomunitario, nell’attenzione data alla co-municazione interna ed esterna alla co-munità, nel modo di vivere l’autorità, nelmodo di salutarsi e riconoscersi reciproca-mente, dal modo di pranzare insieme, dipregare insieme, di attendersi e perdonar-si, insomma di volersi bene. Di amarsi».

Sono valori ampiamente espressi nellanostra Regola di vita: lì è delineata l’iden-tità della FMA, tesa ad una “progressivaconfigurazione a Cristo”, scopo di tutto ilprocesso di formazione.Assumere la forma Christi è strutturareuna vita integralmente umana, vissuta se-guendo l’umanità di Gesù di Nazareth.È una vita di sequela spesa sotto il segnodell’amore, e dell’amore ‘sino alla fine’.

Ragioni per vivere.“Voi chi dite che io sia”?Giuseppina Teruggi

Celebriamo l’anno della fede: un percor-so che la comunità cristiana condividecon quanti sperimentano la nostalgia diDio e il desiderio di incontrarlo di nuo-vo. Per questo è necessario che “i cre-denti sentano la responsabilità di offrirela compagnia della fede per farsi prossi-mo con quanti chiedono ragione del no-stro credere”, e ragioni per vivere.

Un Vangelo più visibile

La nuova evangelizzazione interpella inmodo vitale la nostra identità di FMA.Abbiamo forse bisogno di un rilancio del-la vita cristiana in modo che il SignoreGesù e il suo vangelo siano più visibilinella nostra vita, a livello personale e co-munitario? Urge una continua riflessionesull’identità di donne consacrate oggi,sulla coerenza dello stile di vita, sulle esi-genze vocazionali che la missione com-porta, sulla forza della nostra testimo-nianza. Perché “il mondo creda”.

Il quindicinale Testimoni (n° 16, pp. 15-16)riporta un’intervista a fr. Luciano Manicar-di della Comunità di Bose (Magnano - Biel-la) a cui è stato chiesto quali sono gli ele-menti imprescindibili della vita religiosa.«Il suo futuro è legato alla capacità di im-mettersi in un movimento di essenzializza-zione e di semplificazione», sostiene fr. Lu-ciano. «Il primato del vangelo e la sequeladi Cristo nell’amore e nella libertà sono ifondamenti perenni di questa vita. La co-munità e la missione sono i due elementicostitutivi che impegnano la creatività e la

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Donne di Vangelo

Il sessennio 2009-2014 è orientato da unobiettivo prioritario: «Ravvivare l’identitàcarismatica nella sua dimensione di pro-fezia per il mondo di oggi, in un processodi conversione all’amore che si esprimenell’impegno di assumere, come comu-nità, la missione educativa, con l’audaciadel da mihi animas cetera tolle».Il cammino di santità di ogni FMA si col-loca nell’ottica di questa identità cheesige un’adesione fiduciosa al progettovocazionale salesiano e impegna a traf-ficare con gioia e responsabilità i propridoni, disponibili a metterli a disposizio-ne della comunità e della missione. Co-me testimoniano sorelle che vivono osono vissute accanto a noi.

Così suor Ruth Sojos, ecuadoriana, che ciha lasciate lo scorso anno a 92 anni di età.Di lei è stato detto: «Radicata in un forteamore a Dio e ai Fondatori, irradiò un vi-vo senso di appartenenza. Donna di fede,di profonda vita di preghiera, disponibile,

sincera e responsabile, l’esperienza di vi-ta quotidiana le insegnò il valore dellosforzo per comprendere gli altri, sdram-matizzare e favorire sempre il dialogo».

Nell’agosto 2012 è mancata a Milano, a 59anni di età, suor Gabriella Martin. Lei stes-sa così sitentizza la sua vita: «Posso direche la mia vita è stata tutta una bella espe-rienza perchè ho avuto sempre modo dilavorare con i giovani, da cui ho ricevutomolto. Ho imparato a vivere con entusia-smo il quotidiano e a donarmi senza calco-li. Ho capito che nella comunità è possibi-le realizzare il nostro essere donna e reli-giosa se disposte a lasciarsi coinvolgere».

Di un’anziana sorella giapponese, suorOzawa Tatsu Teresia, cresciuta in una fa-miglia buddista, è stato detto che «in qua-lunque occasione si andasse a trovarla, lasua stanza era diventata uno spazio infini-to, una finestra spalancata sulla comunitàispettoriale, mondiale, sull’intero Istituto.Era a conoscenza di quello che avvenivae, dal suo letto, evangelizzava il mondo

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attenta alle ispirazioni dello Spirito San-to per cogliere quanto di nuovo era an-cora possibile scoprire dello spirito diMornese. Ci resta la sua vita di fede cheha saputo mantenere viva anzi, ancor piùviva, nel momento in cui il Signore l’haresa consapevole che il tempo del pas-saggio dalla vita terrena alla Vita che nonha termine era giunto a pienezza».Possiamo aggiungere a queste “donne divangelo”, che ci hanno lasciate da poco,tanti volti di persone conosciute e amateche scrivono una storia di santità autenti-ca, nei semplici gesti di una vita eroica per-ché radicalmente donata, senza sconti.

Il Signore Gesù: il primo

Il vangelo non è un codice etico, né unadottrina. È la Persona di Gesù che ancoraoggi chiede a chi sta con lui: ‘Voi, chi diteche io sia?’.Giovanni Paolo II nella GMG del 2000 aRoma, ha coinvolto tutti intorno a questadomanda e, nella sua catechesi, ha aiuta-to l’enorme massa di giovani presenti a ri-flettere sul senso vitale di essa.Dopo aver illustrato la realtà contempora-nea che sfida profondamente la fede, ilPapa ha affermato: «Cari giovani, è diffici-le credere in un mondo così? Nel Duemi-la è difficile credere? Sì! È difficile. Non èil caso di nasconderlo. È difficile, ma conl’aiuto della grazia è possibile. […]Questa sera vi consegnerò il vangelo. È ildono che il Papa vi lascia in questa vegliaindimenticabile. La parola contenuta in es-so è la parola di Gesù.Se l’ascolterete nel silenzio, nella preghie-ra, facendovi aiutare a comprenderla dalconsiglio saggio dei vostri sacerdoti ededucatori, allora incontrerete Cristo e loseguirete, impegnando giorno dopo gior-no la vita per Lui!In realtà, è Gesù che cercate quando so-gnate la felicità; è Lui che vi aspetta quan-

con la preghiera e una costante serenità.Ha molto amato la sua vocazione, l’ha vis-suta con fierezza e totale fedeltà”.

Di suor Lina Bardini, missionaria argenti-na, è stato evidenziato «il lungo e fecon-do cammino di animazione e di governonell’Istituto, una storia ininterrotta di de-dizione, un cuore senza frontiere.Capace di profondo ascolto, sempre at-tenta alla persona, dinamica e creativa, mi-se a servizio della missione le sue doti.La sua presenza seppe tessere la comu-nione, convocare all’unità, invitando agodere dello spirito di famiglia che ellaseppe incarnare.Amò tutte le terre e i paesi ai quali la portòla missione e raccolse affetti profondi checoltivò con cuore universale».

«Non è facile descrivere la personalitàdella tempra di suor Cecilia Calle”, affer-mano le sorelle colombiane, “per una in-nata simpatia che l’ha caratterizzata finoalla fine della vita. Era solita salutare lepersone con l’appellativo di ‘hermosura’,fossero persone conosciute o meno. Perogni sorella aveva un elogio, un sorriso,un saluto cordiale».Una donna capace di esprimere amoreprofondo alla sua comunità e in modospeciale ai poveri, a cui ha pensato fino aisuoi ultimi momenti.

Il 27 ottobre 2012 siamo state scosse dallamorte inattesa di suor Anita Deleidi: unavita tutta donata all’amore la sua, radicatasu una solida fede nel Signore Gesù e inMaria. «Era una docente competente, ap-passionata, aperta a conoscere in profon-dità la ricchezza spirituale di Madre Maz-zarello», ha detto di lei Madre Yvonne.«Il Signore le ha fatto il dono di saper co-municare, con semplicità e gioia, quantoil suo cuore di figlia scopriva della Madre.Porteremo in noi la radiosa testimonian-za di una FMA felice della propria voca-zione, delicata nelle relazioni fraterne,

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do niente vi soddisfa di quello che trova-te; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; èLui che vi provoca con quella sete di radi-calità che non vi permette di adattarvi alcompromesso; è Lui che vi spinge a de-porre le maschere che rendono falsa la vi-ta; è Lui che vi legge nel cuore le decisio-ni più vere che altri vorrebbero soffocare.È Gesù che suscita in voi il desiderio di fa-re della vostra vita qualcosa di grande, lavolontà di seguire un ideale, il rifiuto dilasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il co-raggio di impegnarvi con umiltà e perse-veranza per migliorare voi stessi e la so-cietà, rendendola più umana e fraterna».A poco più di un decennio di distanza,Benedetto XVI a Madrid il 21 agosto2011, riprende la stessa tematica di Gio-

vanni Paolo II: «Cari giovani, anche oggiCristo si rivolge a voi: ‘Ma voi, chi diteche io sia?’. Rispondetegli con genero-sità e audacia, come corrisponde a uncuore giovane qual è il vostro.Ditegli: Gesù, io so che Tu sei il Figlio diDio, che hai dato la tua vita per me. Voglioseguirti con fedeltà e lasciarmi guidaredalla tua parola. Tu mi conosci e mi ami.Io mi fido di te e metto la mia intera vitanelle tue mani. Voglio che Tu sia la forzache mi sostiene, la gioia che mai mi ab-bandona. […]Permettetemi che, come Successore diPietro, vi inviti a rafforzare questa fedeche ci è stata trasmessa dagli Apostoli, aporre Cristo, il Figlio di Dio, al centro del-la vostra vita… e che vi ricordi che segui-re Gesù nella fede è camminare con Luinella comunione della Chiesa.Non si può seguire Gesù da soli. Chi cedealla tentazione di andare ‘per conto suo’o di vivere la fede secondo la mentalità in-dividualista, che predomina nella società,corre il rischio di non incontrare mai Ge-sù Cristo, o di finire seguendo un’imma-gine falsa di Lui. Aver fede significa ap-poggiarsi sulla fede dei tuoi fratelli, e chela tua fede serva allo stesso modo da ap-poggio per quella degli altri.[…] Dall’amicizia con Gesù nascerà anchela spinta che conduce a dare testimonian-za della fede negli ambienti più diversi,incluso dove vi è rifiuto o indifferenza.Non è possibile incontrare Cristo e nonfarlo conoscere agli altri. Quindi, nonconservate Cristo per voi stessi! Comuni-cate agli altri la gioia della vostra fede. Ilmondo ha bisogno di testimonianza».

Il tesoro della vita

Ci provocano profondamente le proposteesigenti che i nostri Pastori sanno rivolge-re ai giovani. Quei giovani a cui siamo in-viate. Donne consacrate e donate per

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scelta radicale al Signore Gesù, noi avver-tiamo con particolare forza l’appello evan-gelico e l’urgenza di impegnarci in modoserio a dare ai giovani ragioni di vita e disperanza. Una via è quella di rendere visi-bile e credibile la nostra scelta fondamen-tale: stare con Gesù, il tesoro per cui valela pena “spendere” tutto. È impegno a vi-vere la fede adulta e solida di chi ha mes-so con decisione Cristo Gesù al centrodella propria esistenza: solo questo ci per-mette di offrire ragioni convincenti di vi-ta, non soggette al variare delle circostan-ze spesso sfavorevoli alla fede.A volte sono anche i fratelli e le sorelle lai-ci a ricordare l’immenso valore del “te-soro” che abbiamo trovato e per cui rite-niamo tutto il resto come “spazzatura”.Un giornalista, Luigi Accattoli, afferma:«La nostra vita è piena di svolte, di esitiinaspettati. Dio ci riempie di improvvisa-te e ogni giorno, ad ogni improvvisata diDio, noi dobbiamo riaffermare il Suoprimato nella nostra vita, nella nuovacircostanza della nostra vita.[…] E se questa vita dovesse avere untracollo (la salute, la prova della morte)il primato di Dio dovrebbe rifulgere neltracollo, così come dovremmo saperloaffermare quando il pieno delle energieci permette di agire nel mondo.Dobbiamo trovare in ogni circostanza ilgesto, la scelta o la parola che attesti ilprimato di Dio nella nostra vita.Lasciargli spazio perché egli ogni mo-mento affermi il suo primato d’amore».

Cammini di conversione

Il nostro è un incedere talora incerto e fa-ticoso, a volte più agile e sicuro. Sempre,tuttavia, siamo interpellate alla “conver-sione”. Il card. Carlo Maria Martini alladomanda su “chi può aiutare effettiva-mente la Chiesa oggi”, ha dato questa ri-

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Liberi di preferire Dio“Dio dona la sua grazia, ma la donasoltanto se trova in noi il libero desi-derio di essa.La fede e tutto ciò che dalla fede de-riva è dono di Dio ad un atto di li-bertà. Io penso che essere cristianioggi sia accettare con la nostra libertàla fede quale la conosciamo… È ac-cettare, e accettare praticamente, lafede che Dio ha a noi proposto comea persone capaci di dire “si” o di dire“no”: cioè come a persone libere.Persone che possono scegliere Lui,Dio, e preferirlo a tutto.Persone libere di preferire Dio.Il Dio vivente non può che essere iltutto della nostra vita; tutto in noi ap-partiene vitalmente a Lui, compresa lanostra libertà. Sapere ciò o ignorarlo,accettarlo o rifiutarlo, non cambia nul-la dell’immenso reale della fede.Credere è accettare che, in qualchemisura, più o meno, l’amore per Diorimanga avvolto per noi non in un di-fetto di conoscenza, ma in un miste-ro. […] Dio non entrerà nella tua vi-ta, perché Egli è nella tua vita, e farecome se non vi fosse, non gli impedi-rebbe certo di esservi.Non devi temere di metterti di frontea Lui insieme con coloro che ami econ ciò che ami… Penso che tu debbastare davanti a Dio con tutti i desideripiù comuni che hai in cuore e che – fi-gurati – Lui stesso ha inventato”.

Madeleine Delbrêl,Indivisibile amore, 31-34

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sposta: «Padre Karl Rahner usava volentie-ri l’immagine della brace che si nascondesotto la cenere. Io vedo nella Chiesa dioggi così tanta cenere sopra la brace chespesso mi assale un senso di impotenza.Come si può liberare la brace dalla cene-re in modo da far rinvigorire la fiammadell’amore? Per prima cosa dobbiamo ri-cercare questa brace. Dove sono le singo-le persone piene di generosità come ilbuon samaritano? Che hanno fede comeil centurione romano? Che sono entusia-ste come Giovanni Battista? Che osano ilnuovo come Paolo? Che sono fedeli co-me Maria di Magdala?».E se fossimo noi, donne consacrate, a la-sciarci provocare al punto di deciderci a“scuotere la cenere e ravvivare il fuoco”,a partire dai gesti concreti quotidiani cheesprimono “passione per Cristo e passio-ne per l’umanità”?La vera sfida della vita consacrata, secon-do l’attuale riflessione a cui si richiama

anche il Rettor Maggiore don PascualChávez Villanueva, è sostanzialmentequella di “restituire Cristo alla vita religio-sa e la vita religiosa a Cristo”.Lui solo è in grado di dare «alla personadue fondamentali certezze: di essere sta-ta infinitamente amata e di poter amaresenza limiti» (Testimoni del Dio vivente,106). Un amore appassionato: è l’orizzon-te, la meta del cammino di conversione acui noi FMA siamo chiamate, provocateanche dalle linee del CG XXII. Lo stessodon Pascual sottolinea il bisogno essen-ziale di queste certezze, perché «graziead esse la persona si libera progressiva-mente dal bisogno di mettersi al centrodi tutto e di possedere l’altro, e dallapaura di donarsi; impara piuttosto adamare come Cristo l’ha amata, con quel-l’amore che ora è effuso nel suo cuore ela rende capace di dimenticarsi e di do-narsi come ha fatto il suo Signore».

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A quali condizioni?

Ci sono delle condizioni per attuare que-sto cammino. Ce le indica la nostra Rego-la di vita come sostegno all’identità voca-zionale, per assumere con responsabilitàserena il progetto consegnatoci da donBosco e da madre Mazzarello. Fondamen-tale è la consuetudine di vita e di relazio-ne con il Signore Gesù, presente nella Pa-rola e nel Pane, in un’intensa esperienzasacramentale incentrata sull’Eucaristia esulla Riconciliazione, alimento alla vita difede e di appartenenza alla Chiesa. L’amo-re alla Vergine Maria è sostegno indispen-sabile agli impegni di consacrazione.La preghiera personale e comunitaria dàpienezza al rapporto con il Signore, cipermette di entrare in intimità con Lui esi prolunga nella relazione con le sorellee i fratelli. Dal dialogo profondo con Dio,infatti, impariamo il dialogo con gli altri.La preghiera si concretizza nella comu-nione in comunità, per arrivare a essere“un cuor solo e un’anima sola” nell’acco-glienza, nella bontà, nel perdono, nellacapacità di sempre rinnovare la gioia didonarsi. E si esprime nella missione, conla forza della totalità e del coinvolgimen-to attento anche nell’elaborazione di pro-grammi e processi pastorali adeguati.

Dare ragioni di vita e di speranza. Come?Esiste una condizione indispensabile.Ce la ricorda il Rettor Maggiore: essere«un segno visibile e credibile della pre-senza e dell’amore di Dio (mistica); costi-tuire un’istanza critica nei confronti ditutto ciò che attenta alla persona umanaintesa secondo il disegno di Dio (profe-zia); essere solidali con l’umanità, soprat-tutto la più povera, bisognosa, esclusa emessa in disparte (diaconia)».

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Che rapporto c’ètra me e Lui?

“Chi dite che sia il Figlio dell’uomo?”.La stessa richiesta ripetiamola anche anoi. Ecco che il Vangelo diventa incal-zante e urgente sulle nostre anime:chi pensiamo che sia Gesù?Chi è Gesù in se stesso? La mente cor-re al catechismo. Sì, ricordiamo cheGesù è il Figlio di Dio fatto uomo.Ma sappiamo noi bene che cosa ciòvuol significare?E inoltre: se Gesù è Dio fatto uomo, lameraviglia delle meraviglie, chi egli èper me?Che rapporto c’è tra me e lui?Devo occuparmi di lui? Lo incontronel cammino della mia vita? È legato almio destino?Non basta. Noi che abbiamo questograndissimo e dolcissimo nome da ri-petere a noi stessi; noi che siamo fe-deli; noi che crediamo in Cristo; noisappiamo bene chi è? Sapremo dirgliuna parola diretta ed esatta; chiamar-lo veramente per nome; chiamarloMaestro, Pastore; invocarlo quale lucedell’anima e ripetergli: tu sei il Salva-tore? Sentire, cioè, che egli è necessa-rio, e noi non possiamo fare a meno dilui; è la nostra fortuna, la nostra gioiae felicità, promessa e speranza; la no-stra via, verità e vita? Riusciremo a dir-lo bene, completamente?

Dai Discorsi di Paolo VI, 14 marzo 1965

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Approfondimenti biblicieducativi

e formativi

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popolo spagnolo, iniziate a Madrid il 15maggio del 2011, hanno dato origine a quel-lo che oggi si conosce come il movimento15M. Queste manifestazioni hanno rileva-to come il problema della crisi economi-ca non fosse un problema sofferto indivi-dualmente ma fosse un problema socia-le e che la gente non era più disposta a pa-gare gli errori di governi e banche.Alcuni dati dell’Università di CastillaLeón, facevano emergere che ai giovani in-teressa la politica e che, se ben motivati,partecipano attivamente senza però asso-ciarsi ad un partito specifico.Queste manifestazioni hanno dato ai cit-tadini, attraverso delle assemblee in piaz-za, la possibilità di vivere un’esperienza po-litica unica di dibattito e partecipazione.Hanno consolidato le Reti Sociali comespazi di discussione politica.Così, questo movimento, ha ispirato mol-te persone, in differenti parti del mondo,che avevano gli stessi sentimenti.

Un testo che invita a meditare

Il nome di “indignati”, si ispira ad un’ope-ra di grande popolarità scritta dal diploma-tico, scrittore e militante politico francese,Stéphane Frédéric Hessel. A 95 anni è unodei redattori, ancora in vita, della Dichiara-zione Universale dei Diritti Umani del 1948.Il suo libro Indignatevi (Indignez-vous!), èun testo che invita a manifestare contro l’in-differenza e a favore della insurrezione pa-cifica, perché sono in gioco la libertà e i va-lori più importanti dell’umanità.

Uniti per il cambio globaleSusana Li Tong

La nostra attenzione alla cultura della comu-nicazione, in riferimento all’incidenza diquesta nel mondo giovanile, ci fa volgere losguardo sulle ultime manifestazioni socia-li svolte nelle principali città del mondo.È interessante osservare la molteplicitàdi persone che si riunisce, ma soprattut-to la forma, la rapidità e la simultaneità,con cui questo avviene. Internet e le Re-ti sociali, hanno portato ad un risvegliodella voglia di partecipare ed esprimerele proprie idee.Si cerca una forma di democrazia parteci-pativa, nella quale i cittadini, particolarmen-te i giovani, possano associarsi ed organiz-zarsi in modo da avere un’influenza diret-ta nelle decisioni pubbliche.In molte città dell’America Latina, anchein una Nazione piccola come il Costa Ri-ca, movimenti sociali e di cittadini, solida-li non violenti, si stanno unendo e orga-nizzando per chiedere e proclamare unademocrazia reale. Questi si fanno chiama-re gli “Indignados”, “Indignati”.Il movimento degli Indignati, riuniscetutte quelle persone che non si sentonoa loro agio con il proprio sistema politico,che vogliono migliori servizi sociali, chedesiderano sentirsi parte di un cambia-mento positivo. Però attenzione, sottoquesto nome, a volte si nascondo moltigruppi con una pluralità di proposte chenon sempre coincidono con il bene comu-ne, per questo è necessario andare all’o-rigine di questo fenomeno.Le manifestazioni di proteste pacifiche del

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In questo modo, manifestazioni simili trail 2010 e il 2012 – come per esempio le pro-teste in Grecia; la mobilitazione di studen-ti in Cile, Colombia, Messico; la manifesta-zioni di Occupy Wall Street a New York;gli scioperi in Cina – esprimono l’indigna-zione di molta gente che sente di condi-videre le stesse preoccupazioni.

I valori di una società moderna

Le proposte concrete che si esplicitano inquesti mega-raduni fanno riferimento ai va-lori di una società moderna dove devonoesistere l’uguaglianza, il progresso, la soli-darietà, il libero accesso alla cultura, la so-stenibilità ecologica, lo sviluppo, il benes-sere e la felicità delle persone.Pertanto, eliminare privilegi della classepolitica, combattere contro la disoccupa-zione e le leggi sul pensionamento, pro-testare per il diritto alla casa, controllarela gestione dei servizi pubblici, così comequelli delle banche ed enti finanziari, ri-duzione delle spese militari, modificadei sistemi elettorali e tutela della libertàdi cittadinanza, sono elementi comuni intutte le manifestazioni.I valori che promuovono il bene comune,

l’organizzazione civile, l’essere rispetto-si con l’ambiente, la non violenza, lapartecipazione dei giovani, hanno datosperanza a quelle persone che da moltianni credevano che nulla si potesse piùcambiare.Per coloro che si sono sentiti a volte so-li in un mondo caratterizzato dall’indivi-dualismo, è arrivato il giorno in cui ci siè resi conto che molta gente “sola” pen-sava allo stesso modo, e tutti insieme, era-no molte persone.Questa coscienza globale è stata favoritamolto dalla diffusione dei messaggi attra-verso i sistemi informatici e di telefonia mo-bile e più concretamente attraverso i socialnetwork come Facebook e Twitter. Questistrumenti di comunicazione stanno favo-rendo l’aggregarsi di tanti cittadini.Da molti punti di vista, quello che succedeoggi nelle nostre strade e città interrogaquanti si interessano di educazione, comu-nicazione, società e cultura. Non sarebbe ma-le dare uno sguardo agli “indignati” del no-stro Paese per scoprire i vuoti, le grida, le ur-genze degli uomini di oggi, è anche questo,un nostro nuovo campo di evangelizzazione.

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zione autentica per chi abbandona il cuccio-lo di cane lungo la strada, ma, con estremaleggerezza, allo stesso tempo, profondacomprensione per chi relega i propri geni-tori anziani in “lager” autorizzati. Viene giu-stificata ormai qualsiasi azione e comporta-mento in nome di un’autodeterminazionequasi sempre raccapricciante, preferendo lalibertà alla dignità. Sembra essere il tempodei contorsionisti del pensiero.

Uno sguardo laico

Un tempo nel quale una dichiarazione per-sonale su una determinata questione diven-ta una verità assoluta, salvo poi catapultarlanel suo contrario ove necessario, accusan-do chi ci ascolta di non avere precedente-mente capito bene. Si consiglia così di abor-tire un feto malformato col presuppostoche sia “esclusivamente”per il suo bene.Si sostengono malcostumi sessuali preten-dendone con arroganza non la comprensio-ne, ma addirittura la difesa.Affrontare oggi temi di attualità significa af-frontare comunque temi scottanti, comespesso accade in bioetica. Molti, forse ormaitroppi, parlano della poliedrica e interdisci-plinare bioetica, sebbene quasi nessuno co-nosca appieno il suo contenuto, tanto me-no la corretta terminologia, determinandoin questo modo una pericolosa confusione,madre di equivoci ed erronee soluzioni.Si va delineando una sorta di zona francanella quale chiunque può dire tutto e ilcontrario di tutto. Può avventurarsi, a suopiacimento e per ogni sua motivazione,

Il giusto peso delle paroleRosaria Elefante*

Mille episodi d’attualità, scenari inediti, pon-gono domande profonde, complicate, le cuirisposte non possono esaurirsi in secchi sì ono, e le lunghe argomentazioni rischiano difar perdere il filo o addirittura il senso stes-so dell’obiettivo da raggiungere. E così nellaricerca affannosa di una risposta che siorienti “necessariamente” verso un “lasciafare”, si finisce col perdersi in un ginepraiodi altre infinite domande che anelerannosempre un’esaustiva e appagante risposta.Capita spesso di ritrovarsi a leggere dellenotizie raccapriccianti, filtrate e presentatecon parole che nel tempo hanno assuntonuovi significati e per questo, solo per que-sto, sono ammesse alla corte dell’ipocrisia.Allora concetti come dignità, integrità, ri-spetto, pilastri intoccabili di civiltà e etica,sono stati completamente stravolti, de-pauperati del loro autentico valore, perdare spazio a interpretazioni estrema-mente soggettive, tagliate a proprio uso,plasmate sull’onda emozionale che riescea scuotere quell’accenno di sensibilità,che ancora vive in una società ormai qua-si del tutto plagiata. Molte, troppe volteprincipi giuridici universalmente ricono-sciuti, che si traducono in giurispruden-za, vengono contraddetti, quando nonaddirittura stravolti e piegati ad interessieconomici o ideologici o ad entrambi.Proprio lamistificazione delle parole è il pri-mo passo per trasformare con disinvolturail “bene” in “male”. Così la tracotanza dellagiustificazione a tutti i costi consente leaberrazioni più assurde. Si prova indigna-

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nobile o infima che sia, su qualsiasi terre-no. Dimenticando che esistono regole,confini e frontiere, sicuramente non geo-grafiche, invalicabili, come quelle legateall’Uomo nella sua essenza più profonda.

Un quadro obiettivo

Insomma, lo sguardo che attraverso questarubrica proveremo a dare su quanto accadesarà rigorosamente laico a prescindere daqualsiasi ideologia o confessione. Rigorosa-mente giuridico. Eppure certo non per questofreddo o distaccato. Tentando di fornire unquadro obiettivo della problematica da af-frontare, senza prestare il fianco ad affasci-nanti interpretazioni mistificatorie, appunto,chiamando le cose con il loro nome e illu-strando quello che il diritto vigente prevedein quelle occasioni. Non ci saranno risposte,ma sicuramente verranno indicati gli strumen-ti per consentire ad ognuno di saperne un po’di più in modo oggettivo e la conseguentepossibilità di trarne le proprie conclusioni.E non sarà difficile trovare spunti nella cro-naca, anzi. Basta pensare al fine vita, all’eu-

tanasia, all’eugenetica, alla fecondazione as-sistita, ai matrimoni tra persone dello stes-so sesso, per citare appena qualcuno fra i te-mi eticamente “sensibili” che da temporiempiono le pagine di giornali e gli scher-mi televisivi. Figli che si ritrovano ad avere,ancor prima di nascere, quattro o anche cin-que genitori. È il caso della fecondazioneeterologa con affitto di utero.È lecito, oltre che possibile non alimentaree nutrire un grave disabile per salvaguardar-ne la dignità. Questi sono pochi, sempliciesempi, ma emblematici. Ecco per quale ra-gione occorre - almeno - prendere coscien-za degli eventuali scenari e anche di quellipiù e meno probabili, per affermare la ne-cessaria, indispensabile individuazione diconfini al di là dei quali non deve mai esse-re possibile spingersi. Confini, in realtà, giàampiamente, inequivocabilmente scrittinell’essenza dell’Uomo in quanto tale.

*Avvocato Biogiurista, PresidenteAssociazione Nazionale Biogiuristi Italiani

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per tutte le persone di buona volontà (cf nn.77-90). L’ultimo documento del Vaticano IIconferma in questo modo le intuizioni pro-fetiche di Giovanni XXIII, che si trovava inassoluto disaccordo con coloro che ritene-vano impossibile la pace. Nella sua cartamagna, PT, egli non si è limitato a esporreaffermazioni di principio, ma ha apertostrade verso traguardi molto concreti.Dopo aver esplicitato che la pace implica ilriconoscimento della dignità di ogni perso-na umana e dei suoi diritti, afferma che lasocietà deve adeguare le sue strutture a ta-le presupposto. Una convivenza armonica,ordinata e feconda si fonda sulla verità, vaattuata secondo giustizia; domanda di es-sere vivificata e integrata dall’amore; esigedi essere ricomposta nella libertà in equili-bri sempre nuovi e più umani (cf PT, 20).

Quattro pilastri fondamentali

Giovanni XXIII identifica le condizioni es-senziali per la pace in quattro esigenzedell’animo umano, ritenute come le fon-damenta della comunità dei popoli e ini-zio di una rivoluzione spirituale.

La veritàIl rispetto della verità nelle parole e nei fat-ti è condizione necessaria per la pace,poiché da essa deriva l’intesa e l’unionetra le persone e tra i gruppi umani.Vivere nella verità richiede una solidaeducazione e un corrispondente impe-gno da parte di tutti perché essa non siariconducibile a opinioni, ma sia promossain ogni ambito e prevalga su ogni tentati-

A 50 annidalla Pacem in TerrisMartha Séïde e Julia Arciniegas

La rubrica quest’anno prende spuntodalla celebrazione del 50°anniversario dell’enciclica Pacemin Terris (PT) e della CostituzionePastorale Gaudium et Spes (GS).Intendiamo focalizzare alcunedelle cause per cui i conflittipersistono nel mondo e proporreorientamenti per un impegnoquotidiano di conversione alla pace.

Qual è lo scenario attuale?

La necessità della pace nel mondo, avverti-ta da Giovanni XXIII, sembra ancora nonsolo attuale, ma urgente. Viviamo in unoscenario contraddittorio, di violenza e diconflitti, nonostante l’impegno costante dinumerose associazioni, organismi, perso-ne, a favore della pace. Mentre è cresciutala coscienza collettiva contro la guerra, siafferma anche una politica che la conside-ra come uno strumento quasi normale perla soluzione dei conflitti tra i popoli (cf Ri-vista di Teologia Morale 2012, n. 174, p. 185-186). Ban Ki-moon, infatti, in un recente Fo-rum sulla Cultura della Pace, commentacon sgomento che il mondo spende quoti-dianamente sulle armi quasi il doppio diciò che spende l’ONU nel lavoro di un an-no per la pace, i diritti umani e lo sviluppo.

È possibile costruire la pace?

Appare molto significativo che la GS nellasua parte conclusiva proponga la promozio-ne della pace e della comunità dei popolicome un compito prioritario per i cristiani e

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vo di relativizzarne le esigenze o di anneb-biarla (cf Dizionario di DSC, pp. 804-805).

La giustiziaLa giustizia edificherà la pace, se ciascunoconcretamente rispetterà i diritti altrui e sisforzerà di adempiere pienamente i propridoveri verso gli altri. Oggi, la crescente glo-balizzazione ha dato incremento alla valen-za sociale della giustizia e al suo caratterestrutturale, che richiede soluzioni globali alivello sociale, politico ed economico.Nella vita sociale la giustizia si trova intima-mente collegata alla carità: tutte e due so-no indispensabili per garantire il bene co-mune e lo sviluppo integrale delle perso-ne. Educare alla giustizia è oggi un compi-to di prima necessità in quanto solo sullabase di questo valore evangelico può esse-re possibile costruire la pace.

L’amoreLa convivenza sociale diventa tanto piùumana quanto più l’amore è presente e re-gola i rapporti tra le persone. L’amore reci-proco, infatti, è lo strumento più potente dicambiamento e si esprime nella solidarietà,principio basilare dell’organizzazione so-ciale e politica e della cosiddetta ‘civiltà

dell’amore’ (cf Centesimus annus, 10). L’a-more sarà fermento di pace, se la gentesentirà i bisogni degli altri come propri econdividerà con gli altri ciò che possiede,a cominciare dai valori dello spirito. L’amo-re sociale si trova agli antipodi dell’egoi-smo e dell’individualismo (cf GS, 38).

La libertàLa libertà alimenterà la pace e la farà frutti-ficare se, nella scelta dei mezzi per rag-giungerla, gli individui seguiranno la ragio-ne e si assumeranno con coraggio la re-sponsabilità delle proprie azioni.L’autentica libertà respinge ciò che contra-sta con la piena verità umana e si manifestanella capacità di disporre di sé in vista del-l’autentico bene, nell’orizzonte del benecomune universale (cf PT, n. 69).

Dopo mezzo secolo, le proposte del Magi-stero sociale della Chiesa diventano pernoi, FMA e comunità educanti, una sfidache ci porta a riaffermare la validità dell’e-ducazione nello stile del Sistema preventi-vo. Solo percorrendo questa via potremoessere costruttori di pace.

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Come esprime la nostra comunitàl’impegno per la pace?La più bella risposta che possiamo dare è l’esperienza del nostro quotidiano. La pace è per noiun dono di Dio e un compito del credente. Per questo, la pace ci impegna a vivere i rapporti in-terpersonali in armonia, ad acquistare la capacità di dialogo, di perdono, di riconciliazione; e co-sì pure a risolvere positivamente gli eventuali conflitti. È proprio nel quotidiano dove rivestiamodi pace gli altri valori: rispetto, solidarietà, responsabilità… Inoltre, nel decalogo dei valori dellacomunità educante, la pace trova un posto privilegiato.Il buon giorno, la catechesi, il dialogo personale e di gruppo, la celebrazione dei sacramenti e,soprattutto, la testimonianza degli educatori sono le vie ordinarie per educarci ed educare allapace. Si crea così un clima, un ambiente dove si valorizza, si assapora la pace, in modo tale cheogni persona non solo assume questo valore, ma s’impegna per sradicare la violenza nei rappor-ti ordinari, per rifiutare ogni attentato contro le persone e contro i popoli, e per costruire la pacenel nostro Paese colpito attualmente da una forte ondata di violenza.

(Suor María del Pilar Miranda. Istituto de Valle Arizpe. Saltillo-Messico)

LUCECONTRO

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necessario tenere ben presenti i torti su-biti in modo che la rabbia e il rancore fun-gano da scudo contro l’altro. Si pensa dinon poter abbassare la guardia e le difeseperché si verrebbe inevitabilmente colpi-ti. Quindi, assolutamente niente perdono,perché in questo frame assume il signifi-cato di imprudenza. Il perdono, dunque,rimane un gesto inefficace per la soprav-vivenza e appartiene solo agli stolti o aipuri di cuore. Tali pensieri non fanno altroche rendere il perdono sempre più lonta-no, meno concreto e praticabile, oltre chedistoglierci dal suo intimo valore: il perdo-no è un potente strumento di libertà.

La cura del perdono contro rabbia,odio e stress

Il perdono, nel momento in cui si per-cepisce di avere subito un torto, è unoscudo che fornisce protezione rispettoalle componenti negative che avvolgo-no la persona a più livelli: emotivo, co-gnitivo, affettivo, relazionale, fisico. Manon sempre siamo nella condizione disaper e voler perdonare.D’altronde, il perdono è una scelta, cosìcome lo è quella di non perdonare. E co-me scegliere? Di solito si cerca l’opzioneper noi più vantaggiosa. Ma è più conve-niente perdonare o non perdonare?Possiamo sicuramente affermare che chinon perdona vive una condizione psico-affettiva che lo porta progressivamenteall’isolamento sociale. Egli rimane aggan-ciato al passato, condannandosi ad un

Il PerdonoGiuseppina Fortuna

Il perdono costruisce i ponti piùlunghi del mondo, esso è capacedi unire sponde lontane, di superarevoragini profonde, di metterein comunicazione persone e luoghifino allora isolati.

Siete stressati? Frustrati da un presentesempre più vacillante ed incerto? Scorag-giati da un futuro senza gambe ed occhi?Arrabbiati verso tutti: colleghi, superiori,consorelle, amici, politici? Perdonate! Sì,sembra paradossale, in un momento sto-rico come quello che stiamo vivendo, vidico che un buon rimedio per preserva-re la salute fisica e mentale è quello diperdonare. Quest’affermazione sem-brerà nel migliore dei casi fuori luogo,anche un po’ azzardata, forse, ma io lo ri-peto: bisogna perdonare.Per perdono si intende un atto di umanitàe generosità che induce all’annullamentodi qualsiasi desiderio di vendetta, di rival-sa, di punizione. Per estensione ha il valo-re d’indulgenza verso le debolezze o ledifficoltà altrui, oppure di benevolenza(dizionario Devoto Oli). Quindi, il perdo-no non è altro che un gesto che spinge al-la comune riconciliazione, purtroppoperò non praticato da tutti.A volte, infatti, si evita il perdono perchélo si guarda attraverso la lente del pregiu-dizio che lo associa alla fragilità e alla de-bolezza. Così, in un mondo dove bisognasempre difendersi e dove il valore della fi-ducia si assottiglia progressivamente, è

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presente fatto di ruminazioni mentali, af-fetti spenti, negativismo, che lo portano arivivere, come un ciclo che non trova fine,l’episodio del torto. Ogni parola e gestoche fa parte dell’avvenimento negativoviene a ripresentarsi nella mente in modovivido e cristallino, con una atemporalitàche fa sfuggire i contorni del “quando”determinando la percezione che lo sgar-bo sia stato agito pochi minuti prima, an-che se sono invece trascorsi mesi o anni.La persona che rifiuta il perdono, dun-que, rimane come bloccata in un film incui va in onda sempre la stessa scena, de-terminando un’ossessività di pensiero.Pensiero che non rimane ancorato al fat-to e alla persona che lo ha agito, ma siestende su altri a macchia d’olio. Cosìtutti vengono letti in modo sfocato attra-verso gli occhiali deformanti del nonperdono e la persona che non riesce aperdonare si crede circondata da esserinegativi, in cui sicuramente non è oppor-tuno riporre la propria fiducia.Colui che, invece, sceglie la via del perdo-no interrompe il ciclo dell’odio e appro-da a nuovi stili di relazione.Perdonare, dunque, fa bene alla salute,apporta benefici fisici perché si riduce ilrischio di somatizzazione a seguito distress e rabbia; benefici psicologici per-ché libera la mente da pensieri catastrofi-ci e programmi di vendetta; benefici rela-zionali perché ricongiunge la personacon l’altro attraverso la sincerità e la co-noscenza reciproca, senza ambiguità.

Il perdono come strumento della relazione

A volte pensiamo “come posso riuscire aperdonare quello che mi è stato fatto?”Ma l’oggetto del nostro perdono non è le-gato all’identità del torto subito, bensì al-la persona che ha messo in atto compor-tamenti incongruenti con il legame fidu-ciario presente nella relazione. Il perdo-

no, dunque, avviene tra due soggetti chesono in-relazione e permette una ristrut-turazione sistemica che abbraccia tre in-siemi: il sé individuale, la percezione del-l’altro e i connotati della relazione stessa.Il perdono, dunque, ha carattere di cam-biamento profondo e di riscoperta di al-cuni angoli latenti di sé e dell’altro e deiconfini della relazione affettiva.Worthington (2006) distingue, a tal propo-sito, due tipologie di perdono: quello de-cisionale e quello emozionale. Il primoconsiste nell’intenzione di rapportarsi al-l’offensore come se il torto subito nonfosse mai stato agito, nonostante sianoancora presenti ferite emotive, rumina-zioni mentali a sfondo rabbioso, pensieridi rivalsa e ritorsione. Il perdono emozio-nale, invece, implica un cambiamento a li-vello profondo in cui le emozioni negati-ve verso l’offensore vengono sostituite dasentimenti di amore e riconciliazione.Il perdono emozionale, dunque, assumeuna funzione trasformativa a livello inte-riore, in quanto implica un movimento li-beratorio da zavorre cognitive ed emoti-ve e anche a livello relazionale perché viè l’accettazione della propria e altrui pos-sibilità di commettere errori.

Perdonarsi

La rabbia e il rancore sono emozioni chenon nascono sempre a causa di elementipresenti all’esterno, bensì possono esse-re dettati dall’interno. A volte, come deipiccoli soldati in guerra, i sentimenti e ipensieri che abbiamo nei confronti di noistessi possono guarirci oppure toglierci ilbenessere. A chi non è capitato di pensa-re di non essere stato sufficientementebravo nello svolgere un lavoro, di non es-sere intelligente come il suo amico, dinon essere riuscito a raggiungere unobiettivo? Questi pensieri sono a tuttifamiliari, possono presentarsi nella

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Le regole d’oro del perdono

Perdonare è una scelta consapevole,non può essere imposto.Il perdono non può essere ricondotto adun obbligo morale. La visione del perdo-no come imposizione fa perdere il suo in-trinseco carattere di libertà. Il perdonoautentico è gratuito e spontaneo.

Perdonare non significa dimenticareil torto subito, ma accettare che l’altropossa sbagliare.Il perdono non è il piegarsi al nemico esottostare alle sue manchevolezze, ma laconsapevolezza che l’altro, in quanto es-sere umano, è capace di compiere scelteerronee che causano l’altrui sofferenza.

Perdonare non è un singolo atto isolatoe casuale, ma un cammino verso la libertà.Il perdono non può essere un comporta-mento occasionale ed immediato, bensìun movimento interiore che coinvolge lapersona a più livelli: cognitivo, emotivo,affettivo e relazionale. Questo suo carat-tere processuale implica un tempo perso-nale di riflessione che predispone allascelta del perdonare. Spesso, il perdonoche avviene sotto forme di impulsività,suggerisce l’assenza di una reale trasfor-mazione a livello emotivo e ciò divienesegno di inautenticità.

Perdonare non è un atto di debolezza,bensì trionfo di forza e vitalità.Il perdono autentico non deve essere giu-dicato come assenza di dignità, come unatteggiamento di passività nei confrontidell’altro e ripiegamento su se stessi.Esso, invece, è la più importante scelta diamore verso noi stessi che possiamo im-maginare. Dove non c’è il perdono pro-sperano la rabbia, il rancore e l’odio, chesi impossessano della mente e dell’animoumano, il quale sarà privo di equilibrio,serenità e amore. Perdonare è Vita!

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quotidianità lavorativa, sociale, comuni-taria e familiare che caratterizza le no-stre vite. Ma se diventano pressanti,eccessivi e si moltiplicano giorno do-po giorno invadendo ogni aspetto esi-stenziale, allora siamo di fronte ad unacondizione di disequilibrio.In questi casi la persona combatte ognigiorno nei confronti di un’autocriticaimplacabile che diventa uno strumentodi tortura privata che favorisce stati didepressione e/o l’assunzione di com-portamenti auto-lesivi.L’insoddisfazione nei confronti di quel-lo che si è, del proprio aspetto, del pro-prio modo di essere, della propria vita,delle scelte compiute, non fa altro chegenerare frustrazione, rabbia, risenti-mento, dis-amore verso se stessi.Riusciremo a vivere serenamente incompagnia di noi stessi solo nel mo-mento in cui ci accetteremo con pregi edifetti che diventano caratteri distintividella nostra personalità.Riusciremo a superare la disistima e lanon affezione solo quando accetteremodi non essere perfetti, cancelleremo ildesiderio di essere migliori dell’altro,elimineremo l’esigenza di essere ap-prezzati per quello che riusciamo ad ot-tenere e non per quello che siamo.Commettere errori è solo sintomo di umanità!

Il primo passo, dunque, per perdonare sestessi, è legato alla consapevolezza deipropri punti di forza e dei limiti che nondevono essere oggetto di giudizio ed au-tovalutazione negativa, bensì elementi dipartenza per intraprendere un camminodi crescita personale.Il perdono di sé deve comprendere l’inte-grazione di rappresentazioni buone e cat-tive di sé allo stesso modo in cui il perdo-no degli altri comprende quelle buone ecattive dell’altro (Gartener, 1992).

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LASCIATEVI ATTRARRE DA LUI!VIVETE QUESTA ESPERIENZA

DI INCONTRO CON CRISTO!LASCIATEVI AMARE DA LUI

E SARETE I TESTIMONIDI CUI IL MONDO HA BISOGNO.

BENEDETTO XVI

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LA CROCE DI CRISTO!PORTATELA NEL MONDO COME UN SIMBOLO

DELL’ AMORE DI GESÙ PER L’UMANITÀ”GIOVANNI PAOLO II

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Letturaevangelicadei fatti

contemporanei

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Un ritorno che per molti è sinonimo diuscita dall’attuale crisi di civiltà.La vita delle persone non si esaurisce, in-fatti, nelle conoscenze, nelle abilità enelle competenze.I frutti del modello liberista nel quale sireplicano ed incarnano nel privato i com-portamenti sociali ed istituzionali genera-li sono davanti ai nostri occhi in tutti icontesti in cui ci troviamo ad operare.Lo spreco e la dissipazione pubblici sonomutuati e applicati da singoli soggetti,

Le virtù:un ritorno all’antico?A cura di Mara Borsi

Con gli articoli di questa rubrica vogliamoaffrontare un tema che alcuni studiosi con-temporanei, credenti e non credenti, pro-pongono di riesplorare in questa epoca dif-ficile. Sviluppo tecnologico e scetticismonei confronti della natura umana orientanoalla ricerca di nuovi stili di vita e di una piùcondivisa etica pubblica.

Riviste, libri, saggi in questo ultimo pe-riodo invocano un ritorno alle virtù, do-po un lungo tempo di silenzio.

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Le virtù in pratica:

La fortezzaA ciascun gesto, anche a quelloche può apparire insignificante,ma che comunque esige uno sforzo,è affidato l’esercizio della fortezza,che cresce proprio grazieall’impegno di ogni giorno.

Nel luglio scorso (2012) ho fatto un’e-sperienza di volontariato con i giovanidel MGS-Italia in una zona dell’ EmiliaRomagna colpita dal terremoto (esatta-mente Morelli e Crevalcore).È stato un periodo importante e signifi-cativo, ho condiviso la vita con moltepersone di differenti età che a causadel terremoto hanno sofferto gravi per-dite materiali e umane.

Chiese, scuole, edifici pubblici, fabbri-che, case nella maggioranza distrutte odanneggiate. Vivendo con queste per-sone giorno dopo giorno mi sono resaconto della capacità di affrontare confortezza e con fiducia, nonostante tut-to, questa dura prova della vita.Una volta in più mi sono resa contoche nell’esperienza della vicinanza achi soffre è molto più quello che si ri-ceve di quello che si offre.Mi ha colpito molto vedere come per-sone così colpite sono state capaci dirimanere forti e salde nella fiducia enella confidenza in Dio.Ho sentito da molti di loro affermare:“Dio ha permesso questa prova per-ché Lui ci sta chiedendo di vivere conpiù verità l’unità e la solidarietà”.Ho toccato con mano in questa miaesperienza la fede in Dio di molte per-sone e di conseguenza la sincera di-

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29 ANNO LX • MENSILE / GENNAIO FEBBRAIO 2013dma damihianimas

La fortezza è il coraggio di cercareciò che è bene per sé e per gli altrie di compierlo nonostante tutto.È il coraggio di resistere a ciòche fanno tutti, alle mode, ai sondaggi,alla maggioranza.La fortezza è la capacità di lottare,anche da solo, per il bene di tutti,persino di coloro che ti lasciano solo.

Tonino Lasconi

difficoltà del vicino più fragile, ma attra-verso l’esercizio di un potere dato dalruolo o dal possesso.Ognuno si rinserra nel suo piccolo mon-do, nel proprio privato e finisce col disin-teressarsi di ciò che lo circonda e che noninteragisce direttamente con i suoi inte-ressi e i suoi bisogni. E allora le grandiquestioni, i grandi problemi che affliggo-no l’umanità: la fame, la povertà, il dolo-re, la sofferenza diventano insignificanti.Tuttavia tra questo degrado apparente-mente generale si scorgono nuovi segna-li, che via via si fanno sempre più forti einteressanti, di una diversa ricerca di sen-so tra le generazioni più giovani.Le virtù non si possono insegnare, ma sipuò educare ad esse attraverso la vita, larealtà quotidiana. Si possono contagiareattraverso comportamenti e stili di vitache le testimoniano e le suscitano.

l’incuria e l’indifferenza diventano, inmolti casi, il tratto distintivo di ognicomportamento, la spregiudicatezza edil possesso i segnalatori dello status dichi può fare a meno degli altri.L’identità si afferma non più attraversol’umanità, la cultura, la capacità di ascol-to e di farsi carico dei problemi e delle

sponibilità alla sua volontà.Passavano i giorni, le settimane e a po-co a poco la gente attorno a me ha rico-minciato a vivere con allegria.La fonte di questa gioia: la certezza cheDio è il tesoro della vita che dà forza inogni circostanza, anche in quella piùdifficile. Ho visto vivere in pratica l’at-teggiamento di Giobbe: “Il Signore hadato, il Signore ha tolto, benedetto siail nome del Signore”.Questa esperienza ha parlato in modosignificativo alla mia vita.In essa ho riconosciuto la voce del Si-gnore che mi invita a crescere nella fi-ducia, ad abbandonarmi nelle sue ma-ni, certa che Lui è sorgente di quellaforza che permette di affrontare ogniprova della vita.

Esperienza di suor EstéfanaMaría Serrano Cruz - Messico (MME)

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to Pastorale Giovanile, La Pastorale giovanileFMA: un modello organico per la Vita abbon-dante per tutti secondo le Linee orientativedella missione educativa, Roma, 18. 7. 2011).

Pastorale inculturata

La pastorale giovanile FMA è una prassi in-culturata che ha come sfondo il contestomulticulturale e multireligioso, propone lapresenza educativa in tutti gli ambienti at-traverso una lettura critica del mondo gio-vanile. L’obiettivo è condurre all’incontrocon Gesù, così che le giovani, i giovaniprogressivamente maturino la loro confes-sione di fede in Dio Padre, Figlio e SpiritoSanto. Il fondamento teologico-pastoraleè il principio cristocentrico dell’Incarna-zione in relazione con la teologia trinitaria.La pastorale giovanile ha una logica educa-tivo-preventiva che attualizza il Sistemapreventivo secondo quattro prospettivepedagogiche: culturale, evangelizzatrice,sociale, comunicativa. Al centro c’è la per-sona in crescita, perché abbia vita in ab-bondanza e maturi in tutte le dimensioniche la costituiscono, mira perciò a una for-mazione integrale.

Il primato dell’evangelizzazione

Le Linee orientative riconfermano il prima-to della dimensione evangelizzatrice, sceltagià attuata dal Progetto di Pastorale Giovani-le Unitaria (1985). Tale scelta comporta an-nunciare più esplicitamente Cristo, pur sen-za trascurare il dialogo con le altre religioni,accompagnare le nuove generazioni in un

Un modello pastoraleper evangelizzareMara Borsi

In questo tempo di crisi, di difficoltànella comunicazione della fede allenuove generazioni è facile sentirsiinadeguati, incerti. Molti sidomandano: ma abbiamo un modellopastorale adeguato all’oggi?

Sono in molti oggi a riconoscere che nell’at-tuale momento storico appare urgente darela priorità alla formazione delle educatrici edegli educatori. Tale scelta è la chiave per af-frontare l’odierna cultura complessa, fram-mentata e in continua evoluzione. Gli adultisono interpellati come comunità, soprattut-to, come presenza educativa che aiuta legiovani e i giovani a intraprendere il cammi-no che conduce alla maturità umana e cri-stiana, e a individuare nella trama della vitaquotidiana la propria vocazione.Dalle Linee orientative la pastorale giovani-le si presenta come la realizzazione dellamissione educativa dell’Istituto, secondo lostile tipico delle FMA che consiste nel pro-muovere la crescita integrale della persona.Si tratta di una prassi che mette in rapportoazione educativa e azione evangelizzatrice,perché è Cristo il riferimento fondamentaleper la costruzione della personalità e per ildiscernimento dei valori umani e culturalidell’ambiente. Raggiunge le nuove genera-zioni là dove sono e attua una pastorale del-la presenza coinvolgendo gli stessi giovani.Questo modello è offerto a tutti i membri del-la comunità educante: giovani, laici e laicheeducatori, genitori, comunità FMA (Cf Ambi-

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cammino di fede, orientare a vivere espe-rienze che educhino ad uno stile evangeli-co di vita, suggerire criteri per interpretareil vissuto e diano opportunità di crescitanell’amore e nel dono di se stessi, nell’inte-riorità, nella preghiera, nella celebrazionedella Parola e dei sacramenti, nell’esperien-za del mistero pasquale, alla scuola di Mariaeducatrice e compagna di viaggio.La presentazione di Gesù testimone di rela-zioni autentiche è la chiave dell’attuale mo-dello pastorale e ne costituisce la pertinen-za nella situazione socioculturale in cui citroviamo. L’umanità di Gesù è il riferimentodi ogni relazione interpersonale. In Lui, in-fatti, risplendono relazioni ricche di interio-rità, reciprocità e prossimità che attingonoalle sorgenti della sua figliolanza divina.

Un modello organico aperto sul futuro

È una pastorale organica, vocazionale e mis-sionaria che richiede l’elaborazione di itine-rari educativi che tendono a formarenelle/nei giovani atteggiamenti e disposizio-ni a scegliere ed agire secondo la logicaevangelica. Privilegia le vie metodologichedell’esperienza nel vissuto di ogni giorno,luogo di incontro con Dio, del gruppo dove

si sperimenta l’apertura alla relazione e al la-voro insieme con gli altri, della qualità delmetodo. Il soggetto della pastorale giovani-le FMA è una comunità educante con unnucleo animatore responsabile dell’annun-cio esplicito di Gesù e garante dell’identitàcristiana e salesiana dell’ambiente educati-vo. La pastorale giovanile è essenzialmentecomunitaria ed è espressione della missio-ne ecclesiale. La comunità educante mediala realtà della Chiesa comunione e vive lapedagogia salesiana della gioia, la cui fonteè l’incontro con Gesù.La pastorale giovanile si attua con mentalitàprogettuale che orienta il cammino dell’Isti-tuto attraverso 5 strategie: formarsi e lavora-re insieme laici e religiose, cura dell’ accom-pagnamento dei giovani, animazione delMovimento Giovanile Salesiano, del Volon-tariato, continuo impegno per il Coordina-mento per la comunione.La Pastorale giovanile FMA si esprime in unapluralità di ambienti e di opere innovativesecondo criteri ispirati al Sistema preventi-vo: fiducia nei giovani; opzione preferenzia-le per i più poveri; per i giovani, le giovani inricerca vocazionale; per la giovane donna;spirito di famiglia; passione educativa; assi-stenza-presenza salesiana; adulti e giovaniin reciprocità; progetto di educazione inte-grale; valenza educativa del gruppo; concre-tezza dei percorsi metodologici; apertura alcontesto ecclesiale e sociale.La sfida rimane quella della continua assimi-lazione e traduzione operativa del modellopastorale, cioè è importante individuareuna strategia formativa che permetta allenuove generazioni di educatori, educatrici,che si susseguono, di non perdere il filo del-la memoria e dell’esperienza per poter ade-guatamente proporre una novità nella con-tinuità dei processi.

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razione a livello mondiale. Il piccolo seme,si era esteso più in là delle frontiere nazio-nali cilene. Di seguito riportiamo la testi-monianza di due giovani cilene protago-niste di questa storia.

Valentina De la Fuente

Quando si è piccoli e si entra a far parte diuna comunità educativa delle Figlie di Ma-ria Ausiliatrice, si pensa che sia solo un col-legio religioso, uno spazio ristretto dove siprega tutto il giorno. Così pensavo, ma poicrescendo mi sono resa conto che il mionon era un semplice collegio, ma era unluogo dove si viveva la gioia e il servizio aglialtri, un luogo dove si sentiva forte la pre-senza di una spiritualità che rendeva diver-si tutti e tutte. A 14 anni, mi sono iscritta aJusam (Gioventù Salesiana Missionaria),gruppo associativo appartenente al MGS, mientusiasmava vedere gli animatori sem-pre gioiosi che condividevano ciò che donBosco diceva a Domenico Savio,“facciamoconsistere la santità nello stare sempre al-legri”. Essere parte attiva della pastorale delmio collegio mi ha aiutato a fare dell’ado-lescenza (questo periodo tanto instabiledella vita) una istanza gioiosa, mi ha dato lapossibilità di conoscere me stessa, di impa-rare a conoscere gli altri, e a rispettare le dif-ferenze. Ho iniziato a conoscere altrerealtà, molto distinte dalla mia e ad aiuta-re, con salesianità, coloro che ne avevanobisogno. Ho imparato ad amarmi così comesono, e a rendermi conto delle cose buo-ne che Dio fa per me e in me. Così, anni do-

Alleorigini del MovimentoGiovanile SalesianoCecilia Poblete

Un movimento di giovani per i giovaniche vivono e mettono in praticail Carisma salesiano.La loro voce, i loro racconti,le loro esperienze di vita, sarannoraccolte in questa rubrica chene mostrerà il volto internazionale.

Negli anni ’70, per un dono dello Spirito eper rispondere ad alcuni bisogni che emer-gevano dal contesto socioculturale del Ci-le, nacque la necessità di un servizio pasto-rale per le/i ragazze/i e le/i giovani più po-veri della città di Santiago.Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani di donBosco, mossi dalla passione delDamihi ani-mas, in quegli anni realizzarono la prima co-lonia estiva“Villa Feliz”. Un’esperienza vis-suta in comunione tra fma e sdb, che ave-va come protagonisti gli allievi delle scuo-le di Santiago che si rendevano disponibi-li a prestare il loro servizio a favore dei bam-bini e giovani di Macul. Questo è stato il pri-mo seme gettato che ha poi dato origine adun grande albero che ha esteso i suoi ramiin tutto il Paese e che ha permesso di ini-ziare questa esperienza di animazione lai-cale giovanile. Il 6 aprile 1974, è una datache viene ricordata con gratitudine, perchéè il giorno in cui si diede inizio al Movimen-to Giovanile Salesiano (MGS). Durante lacelebrazione Eucaristica, 40 giovani dellascuola secondaria (da 15 a 18 anni), prese-ro l’impegno di vivere la loro giovinezza co-me vocazione con stile giovanile salesiano.Nel 1988, il MGS, è diventato fonte di ispi-

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po, sono diventata animatrice di una comu-nità, e così posso trasmettere quello che hoappreso ad altri giovani. È difficile spiega-re tutto il vissuto con poche parole, però leesperienze vissute nel movimento, le pas-seggiate, i ritiri, le colonie, sono stati un tem-po di gioia e soddisfazioni. Per me il signi-ficato del MGS è chiaro: si è sempre in mo-vimento, in dinamismo, attenti alle neces-sità degli altri, si è giovani non solo per l’età,ma per un’attitudine del cuore che rimaneallegro, si vive fino in fondo la spiritualitàsalesiana, che è l’impronta che don Boscoe madre Mazzarello hanno lasciato in cia-scuno di noi. Credo che l’essere parte delMGS sia stata l’esperienza migliore della miavita. Questa mi accompagnerà in futuro, miaiuterà a stare nella società come buona cri-stiana e onesta cittadina.

Ximena Alarcón Galaz

Attraverso il Movimento Giovanile Salesia-no, ho potuto sperimentare la vicinanza alSignore. Ricordo che nei miei primi anni di

partecipazione, mi sono proposta di vive-re secondo lo spirito delle Beatitudini,perché queste davano senso a tutto il van-gelo. Crescendo nell’impegno verso gli al-tri ho preso come slogan della mia vita“es-sere sale della terra e luce del mondo”. Nonè sempre facile perché essere testimoni diGesù a volte può essere una missione chepresenta difficoltà. In tutto questo cammi-no di crescita, il servizio al prossimo ha oc-cupato un posto importante ed è statauna grande sfida. È in queste attività che hoscoperto il Signore, presente nei bambinie in altri giovani. Essere parte del Movimen-to Giovanile Salesiano, dà un’impronta al-la propria vita, definisce una forma di inten-dere il mondo, di vivere in esso.Far parte del Movimento, è anche identifi-carsi con Maria Ausiliatrice, sentirla viva epresente nella mia storia, nella mia famiglia.Oggi nel mio lavoro, metto in pratica i va-lori salesiani che ho appreso, perché è unostile di vita che mi permette di continuaread essere sale e luce del mondo.

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tito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Gb42, 5): è in fondo il loro desiderio di uscire dal“sentito dire”, dalla retorica e dal pregiudi-zio, per fare reale esperienza di Gesù.

Quali cammini intraprenderecomunitariamente per testimoniareil vangelo con la vita?

Suor IracemaUn ascolto sapienziale e di fede della realtà,nell’esperienza quotidiana di Dio per unesercizio concreto di preghiera e vita insie-me nell’amore reciproco. Cammini di anima-zione e accompagnamento reciproco concorresponsabilità. Progetti di vita costruiti co-munitariamente a partire dal Carisma Salesia-no e dalla realtà in cui si è inseriti. Lasciare lapropria casa sempre aperta ai poveri, costrui-re relazioni fraterne con tutti, soprattutto conle donne e i giovani e con chi è differente perrazza, cultura e etnia, credo religioso ecc.

Suor Elisa“Cosa vai a fare a Melzo?”: mi hanno chie-sto alcuni amici del MGS, e prima di rispon-dere uno di loro dice: “Va a fare la FMA!”.Penso che l’annuncio più vero, fra di noi e al-la gente, consista semplicemente nell’esser-ci, come presenze che ogni giorno si nutro-no di un Cibo che dà valore e significato a tut-to il “fare”. In un tempo in cui vige l’autore-ferenzialità, che facilmente si trasforma in so-litudine, credo che dovremmo prima di tut-to riscoprirci come sorelle unite in quella cor-responsabilità che porta ad aiutarsi, a soppe-rire alle mancanze altrui, a sentirsi parte at-tiva e indispensabile di una famiglia.

Intervistaa suor Iracema Schoepse suor Elisa Molinari

Anna Rita Cristaino

SuorIracema, 78 anni, 52di professione, da 40lavora nelle comunitàinserite ora è a Diadema, San Paolo (Brasile).Suor Elisa, 35 anni, 4 di professione, studiaScienze Religiose, vive a Melzo, Milano (Ita-lia), dove insegna religione.

L’urgenza di annunciare Gesù,come interpella la tua vita?

Suor Iracema“Maestro dove abiti? Venite e vedete”. Per meè importante scoprire Gesù che vive nei po-veri e una volta scoperto, condividere con lo-ro la vita. Gesù di Nazareth continua ad in-carnarsi nelle situazioni di sofferenza: don-ne e giovani che soffrono a causa del sessi-smo, dello sfruttamento, di forme di violen-za, di disuguaglianza e di ingiustizia. Questoci interpella ad andare incontro all’altro,come Gesù, assumendo la sua realtà, lascian-doci toccare, emozionare e trasformare.

Suor Elisa

Di fronte ai ragazzi di 1a media penso:“Quanto sarebbe bello che vedessero Gesùcome una Persona viva e presente nella lo-ro vita!”. E così li invito a pormi domande. Mipiace confrontarmi con gli alunni, gli inse-gnanti, i colleghi studenti, con gli amici, conle signore che aiutano in casa, per intuire sot-to i racconti, i dubbi e le domande, la ricer-ca accorata di senso.“Io ti conoscevo per sen-

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Informazioninotizie e novi

dal mondodei media

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c’è un punto accessibile al bene e il percor-so per scoprirlo e farlo crescere è affidatoa parole e silenzi, gesti e attese, strumentie saperi, tradizioni e innovazioni, atteggia-menti e valori. Ma non solo. Per don Bosco«Il mondo è diventato materiale e dobbia-mo far conoscere il bene che si fa».Siamo figlie di sognatori e di comunicatori.Don Bosco e Maria Domenica dipanano nel-la loro esistenza due stili inconfondibili di co-municazione: gesti e sguardi, persona ecomunità, guida e squadra, musica e teatro,banda e passeggiate, cortile e chiesa, paesee mondo, lettere e stampa, macchinari e no-te, libri e ago e filo, lavoro e scuola.Valdocco e Mornese danno vita a comunitàdal“sistema aperto”, dove giovani e salesia-ni, ragazze e Figlie di Maria Ausiliatrice, siformano e maturano in un clima che è si-nonimo di accoglienza e di partecipazione,di relazione e di comunicazione. Sarannogli stessi giovani e le stesse giovani a con-tinuare e completare il disegno abbozzatodai Fondatori, a passare il testimone alle ge-nerazioni e generazioni di fratelli e sorel-le che, nel mondo, ancora oggi traducono,inculturano e attualizzano il carisma.

Imparare la lingua degli uomini

È il suggerimento di Maria Domenica. Lotroviamo nelle sue lettere: imparare la lin-gua degli uomini per non dimenticarequella di Dio. Siamo una“rete di donne”e “donne in rete” che avvolge il mondonei suoi continenti, nelle sue lingue e neisuoi colori, nelle sue culture e nelle sue

Comunicazioneed identità carismaticaMaria Antonia Chinello e Patrizia Bertagnini

Si “fa” per “dire”: un giro di paroleper dare consistenza di testimonianzaal nostro fare, perché il nostro“agire” “dice” sempre qualcosa.Che lo si voglia o meno.

Un dono che ha radici profonde«Nella suamirabile provvidenza Dio ha da-to a don Bosco un cuore grande come learene del mare e lo ha reso Padre eMaestrodi una moltitudine di giovani.Con un unico disegno di grazia ha suscita-to la stessa esperienza di carità apostolicain Santa Maria Domenica Mazzarello, coin-volgendola in modo singolare nella fonda-zione dell’Istituto».

L’articolo 2 delle Costituzioni aiuta a intro-durci nel tema, filo conduttore della rubri-ca e dell’annata di DMA Rivista: la nuovaevangelizzazione.Intendiamo rileggere il nostro essere edu-catrici dall’ottica comunicativa e della nuo-va evangelizzazione. Evangelizzazione ecomunicazione possono essere compresecome lenti per ri-leggere e ri-dire l’educa-zione oggi, ai nostri contemporanei.

L’educazione è “cosa di cuore”

Questo segna ogni nostra azione educati-va. L’educazione è“cosa”di cuore, Dio so-lo ne è il padrone: agli educatori e alle edu-catrici resta (solo) il compito di dargli unamano perché si aprano al Signore.Potremmo anche dire che l’educazione è“cosa” di comunicazione: in ogni giovane

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tradizioni, nelle sue trasformazioni enella rapida innovazione.Nelle varie fasi della sua storia, l’Istituto hacercato di formare donne capaci di interlo-quire con i contesti socio-culturali, che fos-se in grado di interpretare i “segni dei tem-pi”, le dinamiche e i processi non semprecondivisibili delle società e delle culture incui si inseriscono e vivono le nostre presen-ze educative, di fornire le chiavi per affron-tare il“pubblico”e abitare i molteplici“pub-blici” con discernimento e coraggio.

Evangelizzare è comunicare

L’annuncio del Vangelo è la sfida culturaleda sempre. La Chiesa, nata dall’evento co-municativo del Figlio, il Verbo incarnato, abi-ta tra gli uomini e - in forza dello Spirito edell’ascolto della Parola del Padre - invia aessere testimoni fra le genti. La sfida è «di-re Dio» agli uomini e alle donne nelle for-me comunicative della società umana lega-te alla storia e al tempo, forme contingen-ti che non penalizzano la missione della

Chiesa, anzi offrono nuove opportunità per«arrivare ai confini del mondo».È un compito che coinvolge anche noi, nonsolo comeChiesama comeeducatrici dei gio-vani. Il Messaggio finale del Sinodo deiVesco-vi appena celebrato precisa che «I mutati sce-nari sociali e culturali ci chiamano a qualco-sa di nuovo: a vivere in modo rinnovato la no-stra esperienza comunitaria di fede e l’an-nuncio, mediante un’evangelizzazione“nuo-va nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sueespressioni” […] per favorire un nuovo in-contro con il Signore, che solo riempie di si-gnificato profondo e di pace la nostra esi-stenza; per favorire la riscoperta della fede,sorgente di grazia che porta gioia e speran-za nella vita personale, familiare e sociale».

Essere educatrici è allora uguale a essere co-municatrici che equivale ad essere evange-lizzatrici. Non ci sono dicotomie.Maria Domenica ha avvertito che, oltrel’abbraccio delle case di Mornese, era im-portante educare lo sguardo ai contorni dicolline più lontane e, dopo aver inviato ol-tre oceano le prime missionarie, ha impa-rato a scrivere per accorciare le distanze.Quale passo dobbiamo fare noi oggi, comesingole e come comunità, per discernere lemodalità in cui collocarci nel mondo, per in-tercettare il cuore dei giovani e aprirlo al-la forza creatrice di Dio, per ascoltare e par-lare la lingua dei ragazzi e delle ragazze?È una missione la nostra che non può nontenere conto del cambio dei modelli antro-pologici e pedagogici, delle dinamiche cheorientano nuove rappresentazioni sociali,nuove identità e nuove relazioni, nuove ri-cerche di senso e di significato, nuove rispo-ste per il presente e il futuro in noi e in chici vive accanto. Pena il non avere più nien-te da dire, perché «il sale ha perso il suo sa-pore e la lampada non fa più luce».

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un Paese ricco! Iniziano a frequentarsi.Dopo una breve convivenza, Mary rima-ne incinta e la fortuna muta il suo corso:il fidanzato non gradisce la notizia. Marysi trova di fronte a due scelte inconcilia-bili: abortire, e continuare a stare con lui,o portare avanti la gravidanza rinuncian-do alla relazione. Mary racconta di essereandata in una Chiesa, di aver pianto e gri-dato al Signore chiedendogli il perchénon potesse avere tutto, cioè mantenerela relazione, la ricchezza che quell’uomopoteva offrirle, ed essere madre. Raccon-ta che, uscendo dalla chiesa, il suo cuoresi era decisamente schierato verso la crea-tura che portava in sè.Nello stesso tempo, stava portando avan-ti lo studio per la licenza in Amministra-zione Imprenditoriale. Gli stessi compa-gni e compagne di scuola la spingono adabortire, con la scusa che potesse risulta-re pesante portare avanti contempora-neamente studio e gravidanza.Mary, però, ha già fatto la sua scelta. Rac-conta di aver finito gli studi con ottimi ri-sultati; inoltre, ancora in gravidanza avan-zata, dice di essere stata assunta come di-rigente di una azienda: fatto quasi miraco-loso, data la sua imminente maternità.Mary oggi è una “ragazza madre”: nelcontesto statunitense un ruolo faticosoda sostenere. Ha deciso dunque di torna-re in Kenya dove ha trovato un posto di la-voro pregevole in una azienda bancaria,prima ancora di arrivarci. Mentre lei rac-conta, la sua sorridente e vivace bambina

Donnee Nuova EvangelizzazioneBernadette Sangma

La brezza del Sinodo

Il 28 ottobre 2012, mentre a Roma si svol-ge la Messa di chiusura del Sinodo sullaNuova Evagelizzazione, si sente il soffiodello spirito del Sinodo anche in una pic-cola chiesa di Nairobi. È la cappella Floradelle Suore della Consolata. Al momentodell’omelia, il Padre Jean Marie, che pre-siede la Messa, chiama in causa i fedelipresenti e invita almeno tre persone acondividere un momento della loro vitain cui hanno affrontato grandi difficoltà ehanno sentito forte la presenza di Dio.Nonostante la ripetuta richiesta, fatta siaa uomini sia a donne, la risposta è venutasolo da queste ultime.Le condivisioni sono autentiche testimo-nianze su come queste donne hanno in-contrato e vissuto Dio nei meandri dellavita quotidiana e si sono tenute aggrappa-te a Lui per trovare forza e coraggio. La lo-ro narrazione è la migliore omelia perchéfatta di una vita di fede, senza compromes-si. Riportiamo due delle testimonianze.

Vita al di sopra della ricchezza(…innanzitutto la VITA!)

È la condivisione di Mary: una donna alta-mente qualificata nell’ambito dell’im-prenditorialità. Fino a poco tempo fa vive-va ad Atlanta, negli Stati Uniti. Aveva casa,macchina ... una vita comoda. Poi arrival’amore di un medico benestante; le sem-brava di aver toccato l’apice del successo:lavoro, licenza e un uomo benestante in

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(di 5 anni) è nel primo banco della chiesa,confermando il miracolo della vita, checontinua a sbocciare in lei grazie alprofondo, coraggioso e irrinunciabileamore di sua madre!

Dio che salva

È l’esperienza di Lucy durante il suo pri-mo mese di lavoro come segretaria in un’azienda. Un giorno riceve una lettera conun assegno di 100,000 scellini che conse-gna ad un collega pensando che fosse lapersona destinataria della quota. Il giornodopo, una delle ufficiali l’avvicina perchiederle l’assegno. Lucy, quindi, l’ac-compagna dal collega a cui l’aveva conse-gnato. Con sua grande sorpresa, quest’ul-timo nega e dichiara di non aver mai rice-vuto l’assegno da lei. Quella sera Lucy la-

scia il lavoro turbata e angosciata. Sa di es-sere solamente in un periodo di prova sullavoro, e quanto accaduto, con ogni pro-babilità, le farà perdere questa occasione.Racconta di aver pregato Dio per ricevereda Lui luce, assistenza e conforto.Il giorno seguente, Lucy passa in tutti gliuffici dell’azienda chiedendo ai colleghi ealle colleghe se avessero trovato un asse-gno, ma senza nessun risultato. Più la si-tuazione diventa grave, più lei prega Dio.Una sera, dopo la preghiera, decide di av-vicinare il capo dell’azienda l’indomaniper chiedergli di sottrarre una parte del-la sua busta paga ogni mese fino a quan-do fosse ripagato completamente l’equi-valente dell’assegno. Il giorno dopo, ap-pena entrata in ufficio, viene circondatadai colleghi che le danno la notizia: l’as-segno è stato ritrovato proprio dalla per-sona a cui lei aveva detto di averlo conse-gnato. Lucy scoppia in pianto.Sente che Dio ha fatto luce sulla sua inte-grità e la sua fede non l’ha delusa!

Evangelizzatrici come la Samaritana

Il Sinodo ci ha consegnato la Samaritana,l’icona femminile da cui trarre ispirazionecome popolo di Dio. Una scelta paradig-matica di quanto le donne possono con-tribuire alla gestazione della nuova evan-gelizzazione. Infatti, il messaggio finalepunta sulla famiglia come “luogo natura-le dell’evangelizzazione” ed evidenzia ilruolo speciale delle donne. Come la Sa-maritana, siamo invitate a temprarci al so-le cocente del mezzogiorno della nostrastoria di fragilità per camminare versol’incontro sorprendente con Gesù che sirivela, ci purifica, ci trasforma e ci manda.Con Mary, Lucy e tante altre donne, siamosulle strade del mondo come la Samarita-na per dire Dio e generare vita!

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hanno visto con i propri oc-chi pendere il cadavere del-la donna. Sono Alice(Sophie Nélisse), una ragaz-zina dall’intelligenza brillan-te e uno spirito critico acuto,e Simon (Emilien Néron), chesi sforza di reprimere il piùsofferto senso di colpa, dietroun apparente cinismo. L’arrivodel nuovo insegnante, un im-migrato algerino in attesa “se-greta” dello status di rifugiato

politico, con un drammatico passato alle spal-le, permetterà agli alunni di trovare qualcunodisposto ad ascoltarli: un “maestro di vita”che, nonostante le rigide restrizioni dellascuola e le lamentele di alcuni genitori, offriràai ragazzi l’opportunità di liberarsi e di cresce-re, esprimendo il proprio stato d’animo rispet-to a questo dramma della morte: una mortevoluta della loro stessa maestra. “MonsieurLazhar” (e il nome suona tutt’altro che casua-le: nel Vangelo Lazzaro è colui che risorgedalla tomba sconfiggendo la morte) descriveappunto questo complesso percorso di ela-borazione e rinascita da un lutto piombatosu bambini dodicenni, del tutto impreparatia fronteggiare l’ingiustizia, la violenza, con-tenute in un gesto come questo.L’elevatezza della regia sostenuta da una sce-neggiatura intelligente e piacevole, riesceperò a mescolare sapientemente l’intensitàdegli argomenti con un tono garbato e leg-gero: si sviluppa in un racconto semplice, siadal punto di vista della struttura sia dell’este-tica e arriva dritta al cuore degli spettatori. Iragazzini sono fantastici nel ricostruire leemozioni che devono comunicare: da picco-li/grandi attori (tutti canadesi) riescono ad

Monsieur Lazhardi Philippe Falardeau, Canada, 2011

Mariolina Perentaler

“Da Rotterdam a Toronto, fino a Lo-carno con candidatura all’Oscar diMiglior film straniero: piovono premie riconoscimenti su Monsieur Lazhar,4° lungometraggio del canadese Phi-lippe Falardeau”. Un autenticogioiellino educativo/culturale. «È unracconto di crescita anche duro, madi grande delicatezza, senza buoni-smi e facili scorciatoie che com-muove e colpisce” - scrive MauroDonzelli. Il suo protagonista è Ba-chir Lazhar, immigrato a Montréal dall’Algeria,che un giorno si presenta per il posto di inse-gnante sostituto in una classe sconvolta dallasparizione macabra e improvvisa della maestra.E non è un caso se – per avere quel posto – faletteralmente carte false: anche nel suo passatoc’è un lutto terribile con il quale, da solo, nonriesce a fare i conti. Malgrado il divario cultura-le che lo separa dai nuovi alunni, Bachir imparaad amarli e a farsi amare: ecco la strategia vin-cente. Sarà capace di trasformare l’anno scola-stico in una toccante e magistrale ‘elaborazionecomune del dolore e della perdita’, proprio at-traverso la riscoperta del valore dei legami edell’incontro: la scuola più vera. Un maestro divita, capace di parlare al cuore e al cervello.

“Bachir Lazhar” (titolo originale con cui il filmè stato presentato a Locarno) era molto attesoperché in Canada la pièce teatrale di Evelynede la Chenelière, da cui è tratto, ha ottenutoun successo travolgente. Inevitabile quindi, inqualche modo, l’approdo cinematografico. Ilfilm si apre con un fatto improvviso e sconvol-gente: il suicidio di una maestra di scuola ele-mentare che, durante la ricreazione, si attaccaal soffitto della propria aula. Il turbamento perla sua morte coinvolge colleghi e alunni, macolpisce soprattutto gli unici due bambini che

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hanno visto con i propri oc-chi pendere il cadavere del-la donna. Sono Alice(Sophie Nélisse), una ragaz-zina dall’intelligenza brillan-te e uno spirito critico acuto,e Simon (Emilien Néron), chesi sforza di reprimere il piùsofferto senso di colpa, dietroun apparente cinismo. L’arrivodel nuovo insegnante, un im-migrato algerino in attesa “se-greta” dello status di rifugiatochir Lazhar, immigrato a Montréal dall’Algeria,

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interpretare gli alunni della scuola in mododecisamente delizioso. Spontanei e riflessi-vi, a tratti più adulti degli adulti, teneri e spi-ritosi, rappresentano il nerbo di quest’operaricca di pathos, ma anche di ironia.E Fellag, lo stesso attore che interpreta il pro-tagonista anche nella piéce teatrale, è insupe-rabile. Ha vissuto in parte il dolore dell’esiliodi Bachir perché, mentre era in tournée in Tu-nisia, è scoppiata la guerra civile nel suo pae-se e non vi è più potuto rientrare.Ha la stessa forza, la stessa dignità nel na-scondere il suo dramma: un viso duro e se-gnato, ma spesso attraversato da quella stes-

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sa tenerezza di cui è pervasa la vicenda. Ope-ra intensa che porta con intelligenza consa-pevole il suo piccolo/grande contributo perscalfire i muri di ostilità e le contraddizionidella cosiddetta civiltà occidentale. «Una pel-licola preziosa di indiscussa e premiata qua-lità, che sa raccontare con limpidezza unospaccato di vita ‘attualissimo’ - sottolinea lastampa italiana. Possiede il raro sapore del-l’autenticità ed è davvero capace di trovare ilcanale giusto per entrare in sintonia con lospettatore parlando al cuore e al cervello».

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L’IDEA DEL FILMRaccontare in modo trasparente e concretocome le emergenze attuali insegnino che‘fare scuola’ significa anche non smetteremai di ‘andare a scuola’.

Insegnando ai bambini e a se stesso a nonscappare dalla morte, Lazhar restituisce e sirestituisce la vita. La sua umanità evoca e ri-propone un passato pedagogico in cui l’inse-gnamento era anche iniziazione alla vita, cioètrasmissione di una passione, prima che di unsapere. In cui l’abbraccio tra maestro e bam-bino era apertura interiore profonda ad unaintesa che diventava scambio di apprendi-mento reciproco.«Opera decisamente apprezzabile – commen-ta la Commissione NVF. La regia predilige unatonalità media, con un misurato intrecciarsi disfumature leggere, serie, impegnative.Le difficoltà del protagonista, in fuga da unPaese islamico; il confronto con l’episodio delsuicidio, che vuol dire mettere in campo deli-cate capacità psicologiche; la gestione deirapporti insegnante/adolescenti, spesso a ri-schio di incomprensione: tanti forti snodi dia-lettici scorrono lungo una narrazione pacatae misurata, attenta più ad esplorare le sfuma-ture degli affetti, che non a cavalcare la rab-bia della denuncia. Un quadro attento, minu-zioso, qua e là poetico, per un film che, dalpunto di vista pastorale, è da valutare comeconsigliabile e adatto per dibattiti».

IL SOGNO DEL FILMAiutare a riflettere sulla ‘complessa entitàorganica’ che è la scuola e come oggivenga interpellata dai problemidell’integrazione migratoria.

“Monsieur Lazhar non è buonista, ma l’apolo-go morale ha fatto scuola. Da secoli”, scrive lacritica. Sembra quasi che l’opera intenda rilan-ciare alla lettera la sapienza della definizionesalesiana: “L’educazione è cosa di cuore”. Tut-ti gli interessanti spunti di riflessione che pro-pone sono sfruttati con naturalezza efficace ese all’inizio può sembrare un film sul lutto,l’argomento diventa in realtà uno spunto perun’indagine su cosa sia la scuola oggi.Su come l’eccesso di “politicamente corretto”abbia cambiato la società, rendendo impossi-bile un sistema educativo basato invece sulcontatto e l’empatia, di assolvere al proprioruolo. Il cuore del film resta la relazione tra ibambini e il maestro, contemporaneamenteperò l’attualità di istanze sociali come le tra-smigrazioni (compreso il rischio di espulsio-ne), e la solitudine famigliare di molti bambi-ni si impongono alla riflessione. «È una storiasulla complessa entità organica che è la scuo-la, dichiara infatti il regista, (...) mi interessa-va che l’elaborazione del lutto avvenisse inun contesto in cui ci fosse l’incontro tra unimmigrato e noi (...) mi piace pensare che ilfilm sia una risposta al diffondersi dei puntidi vista su come integrare gli immigrati(...)”

PER FAR PENSARE

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sente là dove l’uomo esprime la sua capa-cità di conoscenza e manifesta l’esigenzadella relazione. In base a tale principio, l’au-tore sostiene che la fede, all’interno dellaRete, è chiamata a esprimersi per la conna-turalità del cristianesimo alla vita degli uo-mini, non solo per una mera volontà di pre-senza. Il libro parte dalla stessa esperienzadell’autore a contatto con un mondo cheper troppo tempo ha considerato Internetsoltanto come un ulteriore mezzo di comu-nicazione a servizio dell’evangelizzazione,e si sviluppa come una sincera e profon-da ricerca di senso contemporanea.

Sfide nuove

In tale prospettiva, Antonio Spadaro consi-dera il complesso insieme di conseguenze,che tutto questo può avere per la riflessio-ne teologica, con realismo, esprimendo al-cune perplessità e critiche costruttive, la-sciandosi accompagnare anche dalle indi-cazioni di Papa Benedetto XVI riguardo aimedia che influiscono sulla coscienza deisingoli, ne formano la mentalità e ne deter-minano la visione delle cose:“Se i nuovi lin-guaggi hanno impatto sul modo di pensa-re e di vivere, ciò riguarda, in qualche mo-do, anche il mondo della fede, la sua intel-ligenza e la sua espressione.La teologia, secondo una classica definizio-ne, è intelligenza della fede, e sappiamo be-ne come l’intelligenza intesa come cono-scenza riflessa e critica, non sia estranea aicambiamenti culturali in atto. La cultura di-gitale pone nuove sfide alla nostra capacità

Antonio SpadaroCyberteologiaEmilia Di Massimo

Antonio Spadaro, gesuita, direttore dellarivista “La Civiltà Cattolica”, esploratoredella dimensione digitale della vita quo-tidiana, dona un alto e pionieristico con-tributo scrivendo il libro “Cyberteolo-gia”, intesa, sia come lo studio della spiri-tualità che si esprime“in”e“attraverso” In-ternet sia come intelligenza della fede altempo della Rete. L’autore, però, non in-tende cercare nella Rete nuovi strumen-ti per l’evangelizzazione o di intraprende-re una riflessione sociologica sulla religio-sità in Internet: Antonio Spadaro individuapunti di contatto e di feconda interazionetra la Rete e il pensiero cristiano.Il pensiero teologico e la logica della Retepossono convergere in quanto la teologiapuò aiutare l’uomo in Rete a scoprire nuo-ve strade che dischiudono a Dio, e l’era di-gitale offrire al cristianesimo spunti per di-schiudere alla comunione e alla trascen-denza. Si evince che per l’autore la sfida ècome vivere bene nel tempo della Rete,non tanto come usare bene la Rete.

Una ricerca sincera e profonda

I principali interrogativi ai quali AntonioSpadaro cerca di rispondere nel suo testosono i seguenti:“La rivoluzione digitale, toc-ca in qualchemodo la fede?Non si deve for-se cominciare a riflettere su come il cristia-nesimo deve pensarsi e dirsi in questonuovo paesaggio umano?”.I tentativi di risposta, ben giustificati dall’au-tore, hanno la loro radice nella convinzio-ne che la Chiesa non può non essere pre-

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di parlare e di ascoltare un linguaggio sim-bolico che parli della trascendenza”…E l’autore parte alla ricerca di ciò che signi-fica tutto questo aprendo piste di riflessio-ne; qualche esempio in merito: Spadaro ri-flette sulla parola“salvare”, che per un cri-stiano ha delle implicazioni e per un uten-te di computer ne ha altre.Il risultato è sorprendente: si “salva”da unacondanna teologica attraverso il perdono,ma poiché sul PC si “salva” per impedirel’oblio e la cancellazione, il nuovo conte-sto nel quale viaggia la parola “salvare” in-vita a riflettere sul fatto che il perdono nonequivale a cancellare.La Rete è diventata il luogo in cui l’oblio èimpossibile, il luogo in cui le nostre traccerestano potenzialmente incancellabili. Eche cosa si scopre indagando sulla parola“convertire”? Convertire un file significamutarlo in un altro formato in modo che siainterpretabile in un altro codice e in un al-tro linguaggio: “la conversione è dunque

una redenzione dall’incomunicabilità”, ilche aiuta i teologi a riscoprire il significatooriginario della conversione come il“riaprir-si a una relazione infranta” per “ristabilireun contatto che genera senso”.

Un percorso carico di umanità

Il percorso di Antonio Spadaro continua at-traversando la vita quotidiana delle perso-ne che camminano con le cuffie dell’ iPod,estraniandosi dal luogo in cui sono per con-nettersi a mondi di senso diversi.In relazione a quanto affermato, l’autore as-serisce: “In un contesto culturale nel qua-le la riposta di senso tende a precedere ladomanda, è importante imparare a formu-lare bene le domande, considerando chela ricerca di Dio è sempre semantica e il suosignificato non è astratto, ma nasce e dipen-de sempre da un contesto”.Si legge in premessa: «Se i cristiani riflet-tono sulla Rete, non è soltanto per impa-rare ad“usarla”bene, ma perché sono chia-mati ad aiutare l’umanità a comprendere ilsignificato profondo della Rete stessa nelprogetto di Dio: non come strumento da“usare”, ma come ambiente da“abitare”».E ancora: «Il compito della Chiesa e dellesingole comunità ecclesiali, è quello di ac-compagnare l’uomo nel suo cammino, ela rete fa parte integrante di questo percor-so in maniera irreversibile».I temi presentanti nel libro sono di immen-sa portata. Il testo va letto per impararemaggiormente il rispetto per quanto la con-temporaneità sta presentando, anchequando è tutt’altro che cattolico. Inoltre illibro merita di essere approfondito per ri-trovare il gusto di un percorso carico diumanità, capace di aprire percorsi menta-li e spirituali in grado di affascinare, di farpensare e di far vivere in Rete senza per-dere l’insostituibile capacità relazionaleche solo il contatto reale può offrire.

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una redenzione dall’incomunicabilità”, ilche aiuta i teologi a riscoprire il significatooriginario della conversione come il “riaprir-si a una relazione infranta” per “ristabilireun contatto che genera senso”.

Un percorso carico di umanità

Il percorso di Antonio Spadaro continua at-traversando la vita quotidiana delle perso-ne che camminano con le cuffie dell’ iPod,estraniandosi dal luogo in cui sono per con-nettersi a mondi di senso diversi. In relazione a quanto affermato, l’autore as-seriscle la riposta di senso tende a precedere ladomanda, è importante imparare a formu-lare bene le domande, considerando chela ricerca di Dio è sempre semantica e il suosignificato non è astratto, ma nasce e dipen-de sempre da un contesto”. Si legge in premessa: «Se i cristiani riflet-tono sulla Rete, non è soltanto per impa-

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David Bisbal, David Bustamante, Rosa Lo-pez da Operacion triunfo, per arrivare aitre giovani tenori italiani oramai star nelmondo chiamati Il volo e scoperti nel pro-gramma italiano Ti Lascio una canzone.

Nuove sperimentazioni musicali

I giornalisti e la critica sovente attaccano que-sti programmi in quanto, essendo dei reality,mettono in luce gli aspetti più controversi deipartecipanti e non solo le doti canore.Il web è pieno di scenate e pianti dei concor-renti, di litigi tra giudici, di incomprensionie battibecchi tra gli aspiranti artisti.Ovviamente ogni format mette in luce que-sti aspetti per ottenere ascolti televisivi in ba-se al pubblico di riferimento.

La musica è TalentMariano Diotto*

«La musica è una rivelazione più profonda diogni saggezza e filosofia» diceva Ludwig vanBeethoven ed è sicuramente parte fondamen-tale della vita di ogni persona.

La musica ricorda momenti, ricorda luoghi,ricorda sensazioni ed emozioni. Una voltala gente canticchiava per strada, ora i gio-vani canticchiano in silenzio muovendo lelabbra, avendo alle orecchie delle cuffiet-te bianche collegate ad un leggerissimo ag-geggio che è capace di contenere anche10.000 canzoni: il lettore mp3.La crisi dell’industria discografica ha fatto inmodo che nascesse una nuova strada per di-ventare famosi: partecipare ad un Talentshow televisivo. Infatti, fino agli anni ‘90, esi-stevano figure professionali chiamate ta-lent scout che giravano il mondo per scopri-re le voci più belle da proporre alle case di-scografiche. Negli ultimi 15 anni invece si so-no diffusi in tutto il mondo dei format tele-visivi che impongono nuovi cantanti e nuo-vi stili musicali. Alla fine degli anni ‘90 nascein Gran Bretagna Pop Idol, a cui seguiran-no negli anni successivi, con adattamenti inmolti paesi del mondo, Popstars, Americanidol, The X Factor, Operacion triunfo-StarAcademy, Britain’s got talent, Amici, per ar-rivare all’ultimo nato: The voice.Da questi programmi sono nati veri e pro-pri fenomeni discografici come: LeonaLewis, One direction, Alexandra Burke,Melanie Amaro da The X Factor; Susan Boy-le e Paul Potts da Britain’s got talent; Kel-ly Clarkson, Carrie Underwood, JordinSparks, David Cook da American Idol;

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Cosa sono i talent show?I talent show nascono verso la fine de-gli anni ‘90 come “esibizioni di talenti”per la televisione, anche se i primordia-li formati sono nati per la radio negli an-ni ‘30-40 negli Stati Uniti con il “MajorBowes Amateur Hour” o in Italia neglianni ‘60 con “La Corrida”.Il Talent show prevede che i concorren-ti, non essendo professionisti, si cimen-tino in qualche loro particolare attitudi-ne e poi vengano giudicati, a seconda delformat, da una giuria di esperti o dal pub-blico. I programmi più popolari sono di-ventati quelli riguardanti lamusica, il bal-lo e le abilità circensi o di magia.

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L’elemento positivo di questa nuova forma discoperta dei talenti ha portato anche a nuo-ve sperimentazioni musicali in quanto lecase discografiche si trovano a gestire un nuo-vo cantante che però ha avuto almeno due otre mesi di passaggi televisivi e radiofonici, in-terviste su giornali e nei new media.Tutta questa è pubblicità gratuita che lemayor della musica capitalizzano in prodot-ti di altissimo livello ma a volte anche di scar-sa qualità. Un esempio sono i cantanti usci-ti da un format italiano chiamatoAmici in cuisolo due o tre cantanti diventano realmentefamosi in quanto vengono spremuti solo co-me prodotto musicale a tempo determinatoe dopo poco cadono nel dimenticatoio.

Spazi nuovi per la buona musica

Leona Lewis invece è l’esempio di come untalento possa essere valorizzando dandole lecanzoni giuste e imponendola come la nuo-va Whitney Houston in quanto a voce o co-me la nuova Mariah Carey in quanto a tenu-ta sul palco e riportando il pop britannico inauge come non si ricordava da anni. «Tryinghard not to hear, but they talk so loud. Theirpiercing sounds fill my ears. Try to fill mewithdoubt yet I know that the goal is to keepme

from falling. But nothing’s greater than therest that comeswith your embrace and in thisworld of loneliness I see your face.Yet everyone around me thinks that I’m go-ing crazy,maybe,maybe. But I don’t carewhatthey say I’m in love with you» sono le paro-le che Leona utilizza per parlare di un amo-re contrastato nella sua canzone più famo-sa “Bleeding love” che ha venduto oltre 10milioni di copie in tutto il mondo.Anche Susan Boyle, rivelazione diBritain’s gottalent, ha portato in auge il genere liricpopche prima era solo appannaggio maschile.Il successo è arrivato addirittura con unbrano non inedito intitolato “I dream adream”tratto dal musical I miserabili che gra-zie al tam tam creatosi su Youtube con oltre110 milioni di visualizzazioni ha raccontatoi suoi esordi da“brutto anatroccolo”a star diun talent show. C’è ancora spazio quindi perla buona musica e per le belle voci.«Senza musica la vita sarebbe un errore» di-ceva Nietzsche e noi diciamo che «Senza mu-sica la vita non sarebbe vera vita».

*Direttore corso di laurea STC - IUSVEIstituto Universitario Salesiano - Venezia

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ONE-DIRECTION

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conservato il miglior spirito delle origi-ni e, invece di sognare qualcosa di nuo-vo e potenzialmente destabilizzante,avete levato un unico coro perché vifosse concessa l’opportunità di tornaread abbeverarvi alla fonte a cui attinge-vate in passato!Spero di non deludervi e accetto di tor-nare a dissetarvi, anche perché la pre-parazione a miglior vita che ho iniziatodue anni fa si sta prolungando a dismi-sura e, mentre aspetto, tanto vale chemi renda ancora utile in questa.Quest’anno poi, che la Chiesa ci invitaad una nuova evangelizzazione (comese quella dei miei tempi fosse ormai lo-gora... mah!) e il Santo Padre ci chiededi riscoprire la nostra fede (come senon ce ne volesse abbastanza di fedeper tirare avanti giorno per giorno...) ionon posso proprio starmene con le ma-ni in mano; se mi si viene a parlare diVangelo e di Fede qualcosa da dire inmerito ce l’ho anch’io!Si fa presto a dire Vangelo e poi ascol-tarlo sì e no durante la Messa; facilechiamare in causa lo spirito di fede epoi regolarsi come si pensa meglio!Eh, credetemi: nelle nostre case se nevedono di tutti i colori e non sempre gliarcobaleni sono segni dell’alleanza!Ma di questo avremo tempo di parlaree confrontarci. Come ai bei tempi!

Parola di C.

Vox Populi

Ebbene sì, sorelle sparseper tutto il nostro amato mondo,la vostra Camilla è tornata!

Lo so che lo sapete e che mi aspettava-te con impazienza, ma lasciatemi gusta-re questo momento!Vox populi, vox Dei... va bene, non èche succede sempre (soprattutto dal-le nostre parti...), ma questa volta hafunzionato e ha avuto il potere di far-mi riprendere carta e penna per riapri-re il contatto con voi.Del resto, come avrei potuto sottrarmiai tributi di affetto che il sondaggiopromosso dalla redazione ha rivelato?Non per vantarmi, ma la richiesta quasiunanime da parte vostra di restituirmi laparola è stata un’esperienza molto pia-cevole ma poco sorprendente; piacevo-le, è ovvio, perché a chi non risulta gra-dito il riconoscimento delle doti che ha,da parte di quanti lo conoscono? (e iodi amiche, conoscenti e... “riconoscen-ti” ne ho tante davvero!).Anche un po’ scontato, però, perché –se mi consentite – le mie confidenzehanno contribuito a formare generazio-ni di fma e, in tempi di crisi come quelliche corrono oggi, tornare alle proprieradici non può far altro che bene!Dunque complimenti a voi che, nono-stante la mia assenza prolungata, avete

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Nel prossimo Numero

DOSSIER: Per la felicità di tutti - Beati voi

FILO DI ARIANNA: Per vivere meglio

COSTRUIRE LA PACE: L’oro blu e i conflitti armati

PASTORALMENTE: L’urgenza di un punto di vista

SI FA PER DIRE: Comunicazione e comunità felici

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IL CUORE DELL’UOMO:ECCO COS’ERA

GESÙKAHLIL GIBRAN

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