Rivista DMA - ALLARGATE LO SGUARDO: INCONTRO (Marzo - Aprile 2015)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE ALLARGATE LO SGUARDO: INCONTRO 2015 Anno LXII Mensile n. 3/4 Marzo/Aprile Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Salesiane di don Bosco)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

ALLARGATE LO SGUARDO: INCONTRO

2015Anno LXII Mensile n.3/4 Marzo/Aprile

Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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4EditorialeIl filo verde dell’incontro

5Primopiano6La Pace è la viaLa Pace in Medio Oriente

8Donne in contestoDonne di gioia

10Cultura ecologicaVerso qualcosa di nuovo

12Filo di AriannaDietro le maschere

15DossierIncontro

27In ricerca 28Dono e CultureUn senso per la vita

dmaRivista delle Figlie

di Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81

00139 Roma

tel. 06/87.274.1 • fax 06/87.13.23.06e-mail: [email protected]

Direttrice responsabileMariagrazia Curti

RedazioneMaria Helena MoreiraGabriella Imperatore

CollaboratriciMaria Américo Rolim

Julia Arciniegas • Patrizia BertagniniMara Borsi • Carla Castellino

Piera Cavaglià • Maria Antonia Chinello Anna Rita Cristaino • Emilia Di Massimo

Dora Eylenstein • Palma Lionetti Anna Mariani • Adriana Nepi

Maria Perentaler • Loli Ruiz Perez Debbie Ponsaran • Maria Rossi

Eleana Salas • Martha SéïdeGiuseppina Teruggi

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sommario

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30La ParolaEmmaus:orme di scoraggiamento

32Carisma e leadershipAccogliersi e perdonarsinella Fede

35Uno sguardo sul mondoUn viaggio lungo quanto un sogno

37Comunicare38Vita consacrataComunicazionee vita fraterna

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40Video Il sale della terra

42LibroCiò che inferno non è

44MusicaGreen music: la musicaa sostegno della terra

46CamillaC’era una volta il colloquio

n.3/4 Marzo Aprile 2015Tip. Istituto Salesiano Pio XI

Via Umbertide 11, 00181 Roma

ASSOCIATAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Traduttricifrancese • Anne Marie Baud

giapponese • ispettoria giapponeseinglese • Louise Passero

polacco • Janina Stankiewiczportoghese • Maria Aparecida Nunesspagnolo • Amparo Contreras Alvareztedesco • ispettoria Austria - Germania

EDIZIONE EXTRACOMMERCIALE

Istituto Internazionale Maria Ausiliatrice

Via Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma

c.c.p. 47272000

Reg. Trib. Di Roma n. 13125 del 16-1-1970

Sped. abb. post. art. 2, comma 20/c,

legge 662/96 – Filiale di Roma

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guaglianza, l’etica, la trasparenza, l’amore. L’incontro è portatore di una speranza lu-cida e feconda che ci colloca sempre inmovimento a favore della vita. Crea legamidi solidarietà e lucidità per sanare feriteaperte dai conflitti, dalla guerra, dalla vio-lenza, per il non rispetto della dignitàumana, generando una cultura della pace.

L’incontro è un’esperienza di co-creazione,alleanza con Dio Trinità. Da lì nasce qualco-sa di nuovo costruito a molte mani: il crea-tore e noi, nella sua ricca espressione di unDio incarnato. Incarnato nel volto dei bam-bini e dei giovani con i quali ci mettiamo incammino, fermi nella speranza, ancoratinella gioia genuina del Vangelo.L’incontro è contemporaneamente oriz-zonte, cammino e meta. Come orizzonteci fa vedere e abbracciare realtà diverse. Come cammino è intessuto di ascolto,dialogo, ricerca, intesa, comunicazione,comunione. Come meta mantiene i nostripassi al ritmo dei passi di Dio.

Occorre seguire il soffio fecondo del suoSpirito che ci porta a periferie inaspettate.“Ci invita a lasciarci condurre dallo Spiri-to, rinunciando a calcolare e controllaretutto, e permettendo che Lui ci illumini,guidi, diriga e ci spinga dove lui vuole. Lo Spirito Santo sa bene quello di cui c’èbisogno in ogni epoca e in ogni momen-to” (cfr Lettera ai consacrati Scrutate, 16).

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Il filo verde dell’incontro

Maria Helena Moreira

L’orizzonte che si apre con “Allargate losguardo. Con i giovani, missionarie di spe-ranza e di gioia”, è in sé portatore di un in-vito all’Incontro!L’incontro tocca la terra sacra dell’altro eapre alla sensibilità che si traduce in ascol-to e reciprocità. L’incontro, interessa lapersona e, quindi, è ricercato interiormen-te e fa muovere i nostri passi verso l’altro,verso l’accoglienza di un modo di pensarediverso, verso le sorprese che irrompononella condivisione esistenziale.

Quando facciamo la scelta di camminarecon i giovani, aperti a nuove strade e anuove frequenze e sintonie, si scopre unflusso di connessioni comunicative, che ciricorda il calore, l’empatia e la forza dellaparola di Gesù. C’è una prossimità espressa nella suacompassione, nella bontà, nei gesti di in-clusione, nell’accordare la speranza adognuno. Tocca la realtà del popolo nell’in-contro delle sue ansie più profonde.

L’incontro quotidiano con Lui ci abilita aldialogo che ci trasforma reciprocamente,ci dà le capacità per intraprendere uncammino insieme, verso le periferie esi-stenziali e geografiche di oggi, come ci in-vita papa Francesco. L’incontro è un filo verde perché denso disperanza, un filo che tesse le nostre rela-zioni aperte e reciproche, capace di avvi-cinare e condurre l’umanità intorno ad unprogetto di vita fondato sulla giustizia, l’u-

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Approfondimenti biblicieducativi

e formativiApprofondimenti biblici

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ribelli, è cominciata la guerra civile. Il regime ha ottenuto alcune importanti vit-torie, anche grazie agli aiuti dei suoi alleati:l’Iran e il movimento Hezbollah, che dal Li-bano ha inviato truppe addestrate e riforni-menti. L’opposizione, invece, si è divisa. Laparte più moderata, la cui forza principaleè proprio l’Esercito Libero Siriano, gode diun certo appoggio internazionale. Ma i mo-derati, oltre al governo, devono combattereanche contro i gruppi di ribelli islamici piùestremisti, e in particolare contro l’ISIS di-ventata una delle formazioni militarmentepiù forti all’interno dell’opposizione.

L’Egitto. Il 30 giugno 2012, dopo violentiscontri e numerosi feriti, Mohamed Morsidei Fratelli Musulmani, assume la Presi-denza dell’Egitto. Delusione e malcontentoaumentano per la difficile situazione eco-nomica mentre si intensificano le protesteal Cairo per i nuovi poteri che Morsi si èattribuito come “guardiano della rivoluzioneegiziana”. Il 26 dicembre 2012, l’Egitto hauna nuova Costituzione, redatta dai FratelliMusulmani, che è molto contestata dalleopposizioni perché non tutela a sufficienzai diritti civili. Il 3 luglio il capo delle forzearmate egiziane, Abdul Fatah Khalil Al-Sisi,annuncia la sospensione della Costituzione.Il governo viene assunto dal capo dellaCorte Costituzionale sul quale l’Egittoconta per porre fine ai conflitti.

Israele e Palestina. Il conflitto scoppiato nelluglio 2014 è solo l’ultimo, di tanti, tra Israelee Hamas, l’organizzazione politica e para-

I Paesi che compongono il MedioOriente in questi ultimi anni sono statisconvolti da ondate di terrorismodistruttive, annegati in un caos di guerre civili, lotte a diversi titoli,lacerati, divisi, disorientati, in cerca disicurezze, di ristabilizzazione, di pace.

Le ragioni di un conflittoCon una cadenza quasi quotidiana, i mediainformano su quanto accade, ma non sem-pre su quali siano le cause del conflitto.Ecco un quadro d’insieme delle vicendestoriche che, con il tempo, hanno determi-nato l’attuale situazione in Medio Oriente.

L’Iraq, è uno dei paesi più instabili. Lo StatoIslamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) – gruppoestremista islamista – ha assunto il controllodi intere città. Con l’invasione statunitensedell’Iraq nel 2003 è stato distrutto, in po-chissimo tempo, tutto l’apparato stataledel paese: esercito, burocrazia e polizia. Ilrafforzamento dell’ISIS e di altre miliziesunnite, l’aumento delle violenze settarietra sunniti e sciiti e la debolezza delle strut-ture statali irachene spiegano il caos gene-rale nel quale le nazioni arabe, una dopol’altra, sono rimaste coinvolte.

La Siria. La maggioranza della popolazionesiriana è sunnita, ma il paese è guidato daBashar al Assad, sciita. Il 15 marzo del 2011migliaia di persone sono scese in piazzaad Aleppo e Damasco per chiedere la de-mocrazia. Con le prime diserzioni dalleforze armate e la nascita dei primi gruppi

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è la

via La Pace in Medio Oriente

Lina Abou Naoum

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militare palestinese, creata nel 1987 e cheha come obiettivo la distruzione dello Statoebraico. Israele teme una Palestina indi-pendente che possa trasformarsi in unPaese ostile e allearsi con i vicini arabi delMedio Oriente. A preoccupare Tel Aviv èanche il potere che Hamas potrebbe con-quistare nella West Bank, i cui abitanti sonodi etnia araba e in prevalenza musulmani,sulla scia di quanto è stato a Gaza.

Il Libano. Sin dall’inizio della crisi siriana,il Libano ha accolto circa due milioni di ri-fugiati oltre ai circa ottocentomila profughipalestinesi già presenti nel Paese. L’emer-genza umanitaria e le tensioni sociali epolitiche incrementatesi con la situazionein Siria, rischiano di far esplodere il Paese

in un ulteriore caos. Lo sviluppo dell’ISISe la minaccia delle sigle jihadiste operantiin Siria e in Iraq, sono un pericolo per unterzo fronte nel Paese dei Cedri. La situazione in Libano è difficile: crisi po-litica per l’elezione del Presidente dellaRepubblica, carica che per Costituzionespetta ad un cristiano maronita; ruolo diHezbollah – il movimento sciita libanese –che ha diviso la comunità libanese; inimi-cizia di Israele con il Partito filoiranianoche nel 2006 ha distrutto il Paese…Da tutto questo emerge con evidenza cheè complicato capire in che direzione evolvala crisi attuale. Il Medio Oriente sta vivendogli anni più drammatici della sua storia epoco è rimasto dei sogni di quella che ve-niva chiamata “la primavera araba”.

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Desiderio di Pace

Parlare oggi di PACE in Medio Oriente èdifficile, sembra qualcosa di impossibile. È pessimismo? No, è la crudele realtà diNazioni ormai alla ricerca affannosa diidentità e stabilità. È vero che in gioco cisono interessi mondiali: la corsa all’acquistodell’energia, della materia grezza, del pe-trolio, del gas... ed anche il commerciodelle armi, dell’acquisto di mercati, del ri-torno alla guerra fredda delle Potenze in-ternazionali, dell’affannosa ricerca di so-luzioni alle crisi economiche mondiali ascapito di interi popoli affamati di pace.L’ignoranza e la povertà aggravano ancoradi più la situazione e non lasciano intra-vedere un futuro diverso. Non si possonocontare i martiri innocenti, i rifugiati, isenzatetto, gli affamati, i disoccupati... Èuna situazione tragica che mette in gi-nocchio governi fragili e poco credibili. L’Ispettoria fma del Medio Oriente Gesùadolescente comprende sei Nazioni (non

è in Iraq), ma ha già due fma irachene. Vive le complessità e atrocità di quantoaccade giorno per giorno. Molti familiari delle nostre sorelle hannoperso le loro abitazioni e parenti sonostati uccisi, tra cui il giovane ventisettenneHabib Mardo, fratello di suor Jeandark,deceduto a Hama, città siriana.La nostra comunità ad Aleppo è chiusa da4 anni. La “primavera araba” si è trasformatain uno “tsunami sanguinoso”, un invernolungo, freddo; le popolazioni temono igruppi terroristi che seminano paura, al-largano il loro potere, acquistano armi,incitano alla Jihad, ad islamizzare tutti! “Vi uccideranno e crederanno di dare cultoa Dio!”. È la Parola che risuona nel cuoredei cristiani che fuggono dalla Terra Santa.Vogliamo costruire la Pace, essere quelsegno di speranza, di vicinanza, in questitempi così difficili, dove la parola d’ordineè diffidenza. Come salesiane crediamo al-l’educazione come via alla Pace, perchésolo “Buoni credenti e onesti cittadini”sapranno essere Beati costruttori di pace!

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è cablata in modo diverso, ma con una com-plementarietà sorprendente (National Aca-demy of Sciences of USA, 2013). Piuttostoche la superiorità degli uomini sulle donneo delle donne sugli uomini, le loro differenzesono fatte per completarsi a vicenda comein un rapporto sinergico. Suor Teresa Bene-detta della Croce (Edith Stein), brillante fe-nomenologa, ha detto che le donne sonopiù inclinate a prestare attenzione a tutta lapersona inserita nel proprio ambiente, mentregli uomini tendono ad essere distaccati, eciò che creano sono progetti di lavoro. Leiha sottolineato che questa complementarietàdiventa una fonte di arricchimento. C’è mai stata un’epoca in cui le donne e gliuomini hanno vissuto in una vera comple-mentarietà? Marija Gimbutas, famosa antro-pologa presso la UCLA (University of Califor-nia, Los Angeles), ha stupito il mondo con lesue scoperte che rivelano una cultura anticafiorita in Europa tra il 6500 e il 3500 a.C. Lei racconta: «Questo è stato un duraturoperiodo di notevole creatività e stabilità,un’epoca priva di conflitti. Le donne eranoesseri viventi uguali e forse più onorate per-ché il tempio era gestito da donne. Ma erauna società equilibrata, le donne non eranocosì potenti tanto da usurpare tutto ciò cheera maschile. Gli uomini erano nella lorogiusta posizione, facendo il proprio lavoroe anche loro avevano un giusto potere».In un’ esistenza complementare, la vita sa-rebbe impoverita senza il contributo dell’altro.Nel nostro mondo in cui le donne stannoancora lottando per esprimere la loro au-tentica femminilità, è difficile ignorare il fatto

Donne di gioia

Debbie Ponsaran

È sempre più chiaro il desiderio di papaFrancesco di dare maggiore spazio alla pre-senza femminile in Vaticano anche graziealla recente nomina di cinque donne teolo-ghe nella Commissione Teologica Interna-zionale. E il Papa ha promosso le donne an-che nel suo incontro con i giovani filippini aManila il 18 gennaio scorso, quando ha detto:«Le donne hanno molto da dirci nella societàdi oggi. A volte siamo troppo maschilisti, e non la-sciamo spazio alla donna. Ma la donna savedere le cose con occhi diversi dagli uomini. La donna sa fare domande che noi uomininon riusciamo a capire».L’attrice Emma Watson, diventata ambascia-trice delle Nazioni Unite per le donne, halanciato ufficialmente la prossima fase dellacampagna #HeforShe delle donne delle Na-zioni Unite (www.heforshe.org) durante ilWorld Economic Forum 2015 il 23 gennaio inSvizzera. La campagna HeforShe è un’ini-ziativa per la mobilitazione degli uominisulla parità di genere. L’hashtag #HeforShe è stato utilizzato da1,2 miliardi di persone e più di 200.000uomini, hanno già sottoscritto il loro impegnotra cui l’arcivescovo anglicano DesmondTutu, attivista sudafricano dei diritti umani,e il principe del Galles Harry, e il numero èdestinato a crescere.

Complementarietà

Diversi studi stanno dimostrando che uominie donne condividono solo il 10 per centodei loro tratti di personalità (ManchesterUniversity, 2012). La conformazione cerebrale

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che molti dei doni femminili sono poco ap-prezzati. Un esempio è la “relazionalità” percui i rapporti con gli altri sono più importantidell’individualismo. Il valore della comunitàsta sopra l’impresa che ricerca interessi in-dividuali. L’ essere ha la precedenza rispettoal fare. Molti studiosi affermano che la rela-zionalità è strettamente legata alla ricettivitàdi una donna, a partire dalla sua strutturamorfologica. Le donne sono state create conuno spazio vuoto all’interno di se stesse, ilgrembo materno, che è destinato a ricevereun altro. E chi non diventa madre fisicamente,lo diventa spiritualmente grazie alla sua im-pronta psicologica. La donna è, quindi, orien-tata verso la ricezione e il nutrimento dellavita, l’apertura all’altro, l’empatia, e possiedeun profondo bisogno di condividere la pro-pria vita con gli altri. Questa “relazionalità”è fonte di gioia pura per una donna!

Rallegratevi!

La gioia di una persona consacrata nascedalla “relazionalità” con Dio. In linea con gliarchetipi antichi, la “relazionalità” è il donodella donna all’umanità. È innata in lei. È ilsuo contributo più prezioso se la società lepermetterà di utilizzarlo liberamente, senzapaura di essere etichettata come bisognosa,debole e vulnerabile.Questa “relazionalità” si esplica nei rapportiinterpersonali e per una religiosa significauna vita con Gesù, che trova quindi la sua

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naturale espressione nel servizio agli altri.Nella lettera, “Rallegratevi”, viene riportatala prima domanda che papa Francesco pone,ed è sulla gioia: «Sempre dove sono i con-sacrati, i seminaristi, le religiose e i religiosi,i giovani, c’è gioia! È la gioia della freschezza,la gioia del seguire Gesù. Ma dove nasce lagioia?».

Ecco cosa hanno risposto alcune fma: «Il motivo della gioia è la mia vocazione. Piùvado avanti negli anni, più dentro di mesento la vita e la gioia. La vitalità interiore ela fedeltà creativa fanno nascere la vita neglialtri». Suor Jurga Jagminaité (Lituania)

«La gioia di una persona consacrata nascedall’incontro quotidiano con Dio, con tuttele sue sorprese». Suor Lupe Erazo (Ecuador)

«Il motivo della mia gioia è Dio stesso. Eglimi insegna che la vera gioia è nel consacrarela propria vita e offrirla per gli altri». Suor Zrinka Majstorovi� (Croazia)

«L’appartenenza a Dio è il motivo della miagioia. Questo mi rafforza nella scelta che hofatto di donare la mia vita ai giovani nell’Isti-tuto delle fma». Suor Nuha Aboud (Israele)

«Diversi sono i motivi della mia gioia comeconsacrata: Gesù è il motivo più profondo;sapere che Dio mi ama; appartenere ad unafamiglia totalmente di Maria». Suor Teresa Kamsuan (India)

«Il motivo di gioia è la “chiamata” ad esseretotalmente per Gesù. Un altro motivo è ac-compagnare le persone nel cammino versol’incontro con Dio». Suor Marian Canseco(Messico)

C’è un modo tutto femminile per esprimerela gioia ed è quello caratterizzato dalla te-nerezza, dal calore, dalla vivacità e l’inclusionedegli altri!

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A livello globale, se il dato è in discesa,tuttavia sono ancora 805 milioni le personecronicamente sottoalimentate, circa unapersona su nove soffre la fame, secondo ilnuovo rapporto delle Nazioni Unite.Da un’altra parte, c’è chi muore per disturbidi salute legati a un’alimentazione scorrettae troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessiper malattie legate a obesità o sovrappeso).Inoltre ogni anno, circa 1,3 miliardi di ton-nellate di cibo vengono sprecate. Per que-sto motivo occorre trovare un equilibriotra disponibilità e consumo delle risorse(cf http://www.expo2015.org/it).

Expo Milano 2015, cos’è?

È l’esposizione universale che l’Italia ospi-terà dal 1° maggio al 31 ottobre 2015 a Mi-lano. È il più grande evento mai realizzatosull’alimentazione e la nutrizione. Rappre-senta l’occasione in cui i Paesi mostrerannoil meglio delle proprie tecnologie per dareuna risposta concreta a un’esigenza vitale:riuscire a garantire cibo sano, sicuro e suf-ficiente per tutti i popoli, nel rispetto delPianeta e dei suoi equilibri. In questo senso, l’evento si presenta comeuna piattaforma di confronto sul tema del-l’alimentazione. Si propone di stimolarela creatività dei Paesi e promuovere le in-novazioni per un futuro sostenibile.

Le cifre dell’Expo Milano 2015

Di portata mondiale, l’evento si caratterizzaper la sua natura corale e coinvolgente.Ecco le cifre per farsi un’idea.

Verso qualcosa di nuovo

Martha Séïde

«Vogliamo lasciarci alle spalle un mondo in cui la fame e lo sprecoconvivono, in cui la produzione di biocarburanti e mangimi non tieneconto della scarsità di acqua e alimenti, in cui l’obesità in un Paesecontrasta con la denutrizione in un altro» (Riccardo Valentini).

Quest’affermazione tratta dal protocollodi Milano proposto dalla Fondazione BarillaCenter for Food and Nutrition, conferma,da una parte, la realtà degli insostenibiliparadossi del nostro tempo su cibo e nu-trizione, e dall’altra, richiama i cittadini acreare qualcosa di nuovo per cambiarerotta, e per costruire un modello di con-sumo e produzione sostenibile, capace diriconciliare il rispetto per il Pianeta con ilbenessere fisico ed economico dei suoiabitanti.

Paradossi del nostro tempo

Tra gli Obiettivi di Sviluppo per il Millennio,stabiliti dalle Nazioni Unite per il XXIsecolo, al primo posto vi è il dimezzare lapercentuale di persone che soffre la fame. Uno sguardo sulla situazione attuale alivello mondiale fa percepire un certo pro-gresso nella riduzione della fame cronicanel corso degli anni. Spiega il rapportodell’Organizzazione per l’Alimentazione el’Agricoltura dell’ONU (FAO), 63 Paesi invia di sviluppo hanno raggiunto l’obiettivoe altri sei sono sulla buona strada.

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Area espositiva: 1,1 milioni di metri qua-dri.Partecipanti: 143 Paesi. Tre organizzazioniinternazionali coinvolte. Tredici organiz-zazioni della società civile. Cinque Padi-glioni “corporate” cioè, aziende private in-terlocutrici chiave nel dibattito mondialesulle sfide legate all’alimentazione e alcibo. Oltre 20 milioni di visitatori attesi.

Segno di speranza

In questo mondo di contrasti, l’Expo Milano2015 costituisce un segno di speranza. Iltema scelto sembra dare voce a questogrido di cambiamento: “Nutrire il Pianeta,Energia per la Vita”. Il tema affronta il problema della nutrizionedell’uomo nel rispetto della Terra sulla qualevive: “Dopo averci nutrito per millenni, ilpianeta Terra ha bisogno di nutrimento,fatto soprattutto di rispetto, atteggiamentisostenibili, applicazione di tecnologie avan-zate e visioni politiche nuove, per individuareun equilibrio diverso tra risorse e consumi”.Comprende quattro aree tematiche declinateattraverso i principi di consapevolezza einterazione, attuabili grazie all’apporto dellenuove tecnologie. Esse si configurano come

una vera e propria rete che s’interfacciaalle cose del mondo, facendo comprendereche è importante conoscere e perfezionareogni fase della catena alimentare, perchéda ciascuna di esse dipende la buona riuscitadell’intero processo.

L’educazione alimentare

L’educazione alimentare si presenta in que-sto quadro come un compito urgente darealizzare. Da un lato è vista come strumentoper la presa di coscienza di sé, della propriafisiologia e dell’insieme delle proprie esi-genze; dall’altro lato apre alla consapevo-lezza delle dimensioni sociali, economichee culturali dell’esperienza del cibo, dellasua mancanza, dei suoi significati e dellesue tradizioni.

La Famiglia salesiana a Expo Milano 2015

La Famiglia salesiana è tra le 13 organizza-zioni della società civile partecipanti a que-st’evento. Sarà rappresentata da Don BoscoNetwork (DBN), federazione mondiale co-stituita da otto ONG salesiane, fondata nel2010 la cui visione, missione e azione sibasa sui valori e i principi espressi dallatradizione salesiana di solidarietà con i po-veri. Essa intende dare un contributo si-gnificativo per l’educazione dei giovanisulle problematiche relative alla povertà ealla nutrizione. Tutte le comunità salesiane nel mondosono invitate a contribuire al comune sforzoeducativo e formativo che contraddistingueda sempre il loro operato e che verrà pro-mosso da DBN, per creare un reale impattosul pubblico. L’azione educativa di DBN all’internodell’Expo Milano 2015 si avvarrà di work-shop partecipativi, focus group tematici,tavole rotonde, mostre tematiche e semi-nari, con un particolare focus sui giovani(http://www.expo2015.org/it).

[email protected]

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Secondo DBN la fame e la malnutrizionesono lontane dall’essere solo una que-stione di produzione alimentare o didisponibilità di cibo. Esse afferiscono direttamente al dirittoalla vita, all’accesso a un’istruzione diqualità, all’acqua e alla salute, a condi-zioni economiche eque. In questa visione, il diritto a un’alimen-tazione adeguata può essere garantitosolo attraverso un approccio olisticoai diritti umani tra loro correlati.

LUCECONTRO

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che umana è costituita da tre fondamentalicomponenti che, interagendo continua-mente tra loro, danno origine al compor-tamento e allo stile di una persona: l’Es,l’Ego e il Super Ego. L’Es, con la sua riserva di pulsioni e di ener-gie psichiche, è l’istanza inconscia che fa-vorisce lo scaricarsi delle tensioni. Non possiede una sua organizzazione: suocompito prevalente è quello di soddisfarele pulsioni. L’Ego – la zona della coscienza –orienta il comportamento umano nel suoadeguarsi a modalità socialmente accettabili.Il Super Ego esprime le esigenze della realtàsociale ed è costituito da rappresentazioniinterne di valori tradizionali e ideali dellasocietà, frutto di quanto ogni persona harecepito nell’infanzia per l’educazione ri-cevuta dalle persone significative.

La stima di sé

Una funzione specifica dell’Ego è la co-struzione della stima di sé che, se positiva,aiuta ad evolvere in senso favorevole. Diversamente, può limitare l’equilibriodella crescita e la persona può costruirsiun’immagine alternativa accettabile. La stima di sé corrisponde all’immagineche la persona ha o sente di se stessa. Si struttura grazie all’interazione dell’ioideale e dell’io attuale e anche in forzadelle relazioni con il mondo esterno. Aspetti maturi e immaturi danno forma allastima di sé. Se, nel giudicare se stessi e ilmondo, il giudizio emotivo è più forte diquello riflessivo, allora la stima di sé rischia

Dietro le maschere

Giuseppina Teruggi

Elisa mi ha mostrato con soddisfazioneil dono delle colleghe in occasione del suo compleanno: una borsa che su un lato reca ben visibile la scritta: “Quello che conta non èessere ALTI, ma essere all’ALTEZZA”.Un regalo, mi ha detto, tra i piùgraditi, che l’accompagna sempre.Elisa è autentica, brillante nelle relazioni con gli altri e nel suolavoro, ha una buona stima di sé.Tuttavia nell’adolescenza ha avutoproblemi ad accettarsi a causa della statura molto bassa. Ora è una donna felice, competente,dedita agli altri, molto amata per il suo farsi carico dei loro problemi, per l’entusiasmo e l’ottimismo.

Interazioni

L’evoluzione della persona non segue sche-mi precostituiti. Ognuno, nel percorsodella sua crescita, si trova spesso di frontea esiti inaspettati e constata il divario tra isogni e la realtà, per cui deve continua-mente misurarsi con la distanza tra quelloche vorrebbe essere e quello che si trovaeffettivamente ad essere. È una sfida accogliersi e sapersi valorizzarein modo autentico!Sigmund Freud ha elaborato una teoriadella struttura della personalità globalmenteaccolta da psicologi e ricercatori, pur conmodulazioni differenti. Sostiene che la psi-

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di essere immatura: “sento così, quindi ècosì”. In tal caso, si tiene conto di un soloaspetto della personalità: i sentimenti diconola verità, ma spesso è una verità parziale.Se invece la stima si basa sulla scelta di giu-dicare razionalmente, essa sarà equilibrata,matura e progressiva.Nella situazione in cui non avviene unabuona integrazione della propria immagine,si produce una bassa stima di sé, che puòscatenare vari sintomi come sbalzi di umoree instabilità; difficoltà a conciliare io idealee io attuale; sentimento di vuoto, con in-capacità a percepirsi realisticamente comeuna totalità; mancanza di empatia. Quando l’Ego è giudicato emotivamentein modo rigido, si crea una ripercussionenegativa anche nei confronti degli altri. Si sa, infatti, che se una persona impara adaccettare i propri limiti, sa accettare anchequelli altrui. Non si può vivere senza una qualche stimadi sé e senza confronto con gli altri. Ma come confrontarsi realisticamente congli altri? Talvolta si cerca la scappatoia diassumere forme non autentiche, perchémeno gravose o perché salvano in qualchemodo la propria immagine. Si agisce così quando si è incapaci di unconfronto vero, maturo, flessibile. La stimadi sé viene allora costruita su forme difen-sive che impediscono di vedere in modooggettivo la realtà. È una stima di sé difensiva, esito di “mec-canismi di difesa”, cioè di strategie chehanno il compito di salvaguardare la stimadi sé da minacce che la possono sminuire.

Genesi degli stili difensivi

Gli psicologi parlano dei “meccanismi didifesa” come funzioni dell’Io che hannolo scopo di proteggere la persona dalle ri-chieste eccessive dell’Es. Vengono elaboratinel corso dell’infanzia quando si presentauna minaccia proveniente dal mondo in-

terno o dalla realtà esterna. Essi si struttu-rano all’interno di una relazione, quindisono intersoggettivi e implicano sempreuna comunicazione all’altro. Diventano disadattivi quando compromet-tono la capacità di relazioni equilibrate e lavalutazione oggettiva della realtà. Con questeforme disadattive avviene una distorsione:la realtà come è percepita dall’individuonon è la realtà da tutti condivisa.I meccanismi difensivi costituiscono co-munque delle strategie di protezione uti-lizzate dall’Ego per garantirsi una sicurezza,per evitare l’ansia e mantenere una propriaintegrità psicologica. Avendo un’importantefunzione di adattamento, entrano spessoin gioco in condizioni normali, e tendonoad influenzare il carattere e il comporta-mento di ogni persona.Già dai primi mesi di vita, il bambino attivadelle difese per proteggersi dal dolore.Non avendo gli strumenti per padroneg-giare e tollerare la realtà, egli se la inventa,la trasforma e la “nega” con la fantasia. È aiutato in ciò dagli adulti, che per luicreano le più belle fiabe: lo fanno entrarein un mondo dove i prati sono più verdi diquelli veri, i fiori hanno colori più vario-pinti… Un mondo in cui prevale la giustizia,il coraggio, il lieto fine dove tutti “visserofelici e contenti”. Queste invenzioni hanno un valore difen-sivo e, in quanto funzionano, hanno unvalore adattivo.

Quali forme difensive?

Si ritiene, in genere, che senza forme di-fensive la persona sarebbe in balia di pul-sioni e pericoli e l’unico esito sarebbel’annientamento. Non esiste un quadrocondiviso da tutti sulla loro natura. Possiamo tuttavia ipotizzare alcune formedi “difese mature” che favoriscono l’equi-librio della persona in ordine alla stima disé, senza comprometterne l’autenticità.

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Il principio di realtà

Nell’adulto, le difese dell’Ego intendonoattenuare la fatica del vivere e sfuggire asensazioni spiacevoli e dolorose. A volte possono diventare una vera coper-tura della realtà, una “maschera” che si as-sume per rendere più tollerabile la vita. Spesso le forme di difesa sono ritenutequalcosa di negativo, per salvarsi in qualchemodo a scapito delle relazioni con gli altri.In realtà, tuttavia, sono strutturanti la per-sonalità e necessarie per uno svilupposano. Alcune di esse diventano patologichesolo quando assumono un carattere rigidoe compromettono la flessibilità, l’armoniae l’adattamento della persona. Soprattutto quando impediscono relazioniinterpersonali autentiche. Certamente alcuni meccanismi difensiviportano al rischio di falsificare la realtà. È esattamente ciò che succede nell’infanziacon le fiabe: in questo caso però la falsifi-cazione rientra nel controllo consapevoledell’adulto, che gradualmente aiuta il bam-bino a capire che ciò che gli è stato rac-contato è fantasia. Ma all’adulto, chi dice che le falsificazionidella realtà non sono vere? È l’adulto stesso che se lo deve dire, con-frontandosi onestamente con la verità, conle proprie illusioni, con le sue inautenticità.E si confronta con se stesso in modo efficacequando decide di sostituire il principio dipiacere con il principio di realtà. Il primo,tende al soddisfacimento dei propri gusti aqualsiasi costo e in forma immediata; il se-condo conosce l’attesa e consente il soddi-sfacimento dei bisogni realistici. Il principiodi realtà è la capacità di collocarsi in modovero, autentico, senza maschere, di frontealla situazione che si è chiamati ad assumere.E conduce ad affrontarla responsabilmentee a strutturare una personalità sana.

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Altre sono espressioni difensive più omeno negative e possono rendere inau-tentici fino a sconfinare in patologie ne-vrotiche o psicotiche.Ha funzione adattiva l’anticipazione: ci siimmagina una situazione ansiogena e sipensa ai vari modi per risolverla. È comeanticipare nella fantasia un evento reale(ad es. sostenere un esame) e diluirne l’in-tensità. L’umorismo è un’attitudine difensivaefficace, perché quando si auto-ironizzasui propri limiti, li si rende più leggeri. Lasublimazione fa sì che desideri e pulsioniinconsce non desiderabili vengano inca-nalati in maniera accettabile. Un’equilibratarepressione permette di annullare consa-pevolmente pensieri o sentimenti inaccet-tabili. Si ricorre all’autosservazione quando,data una situazione angosciosa, la personala osserva direttamente e cerca di farneemergere tutti gli aspetti, non nasconden-dosi nulla: questo meccanismo rivela ca-pacità introspettiva. L’identificazione è unprocesso mentale inconscio mediante ilquale una persona acquisisce caratteristicheproprie di un’altra persona, ne assumetratti, qualità, comportamenti.Tra le forme disadattive faccio un accennoalla rimozione, che elimina dalla coscienzadesideri, fantasie inaccettabili come senon esistessero. La formazione reattiva èla trasformazione di un desiderio o impulsonegativo nel suo opposto. Con il senso dionnipotenza e l’idealizzazione la personaaffronta le situazioni come se possedessepoteri speciali e fosse superiore agli altri. La proiezione porta ad attribuire ad altriun proprio aspetto ritenuto negativo, percui il soggetto può ritenersi immune bia-simandolo in altri. Diffuso il meccanismodella razionalizzazione, quando si dà unagiustificazione razionale e plausibile perridurre l’ansia di un insuccesso: è una“menzogna” inconscia, volta alla svalo-rizzazione di qualcosa estraneo a sé.

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farmi sentire veramente in cammino e no-tavo, invece, quanto l’ascolto della Paroladi Dio, la domenica o durante i ritiri, insiemealla preghiera mi facessero star meglio. Sentivo che quegli sprazzi di luce che sal-tuariamente filtravano sulla mia vita, pote-vano trovare stabilità se avessi frequentatopiù spesso i sacramenti (confessione edeucarestia) e mi fossi lasciata plasmare quo-tidianamente dalla Parola di Dio. Ho iniziato così a chiedere nella preghieraquesta grazia al Signore, che non ha tardatoa farsi presente attraverso le mediazionicon cui ama manifestarsi quando libera-mente gli consentiamo di entrare in contattocon il nostro cuore. Così è stato per me e mi sono lasciata in-contrare da Lui attraverso tanti consacrati/eo laici impegnati, che mi hanno aiutato amaturare nella fede. Questo graduale cammino di discernimentomi ha liberato da tante paure e mi ha fattocredere sempre di più in me stessa fino adarrivare a considerarmi un Dono grande diDio. Una crescita esponenziale nelle relazioni,soprattutto nella mia famiglia e nel camminouniversitario sono solo alcune delle mani-festazioni del mio cambiamento interiore.Accogliere Lui mi ha portata necessaria-mente alla radice dei miei desideri, purifi-cando tanti bisogni superflui che appesan-tivano e rallentavano la mia esistenza. È con tanta naturalezza che, dopo essermiconfrontata con chi mi ha guidato in questianni, ho fatto la scelta di intraprendere la

Incontro

Mara Borsi, Gabriella Imperatore

L’incontro tra di noi, l’incontro con don Bosco e madre Mazzarello e con altri testimoni della fede e del servizio al prossimo, l’incontrocon altri ragazzi/e che condividono i nostri stessi valori, l’incontro con Dio, si realizza solo quando vi è una totale attenzione all’altro e la vita scorre e si trasmette da una persona all’altra.

Un incontro sorprendente che cambia la vita

L’incontro con Dio è sempre qualcosa dimisterioso e trasformante. Pagine indimen-ticabili come quella di Mosè davanti alroveto ardente o di san Paolo sulla via diDamasco ce lo ricordano. È l’incontro decisivo con Lui che trasformal’esistenza, la cambia, la riempie e dà coraggioper realizzare un progetto di vita fondato eorientato dal suo amore. Ma ognuno vivequesto incontro in modo assolutamentepersonale. Non vi sono regole prestabilite.Dio, infatti, si fa incontrare in tanti modi. Tra le molte possibili, abbiamo scelto diraccontare alcune testimonianze, quelle diGiorgia, Elisabetta e Maria Laura.

Giorgia:«La mia vita è cambiata tanto, daquando, sette anni fa ho incominciato l’e-sperienza di servizio come animatrice nel-l’oratorio Don Bosco, entrando in contattocon i più piccoli e a volte anche con i piùpoveri. Dopo qualche tempo però, la soladimensione del servizio, non bastava a

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via della consacrazione iniziando il periododi verifica e orientamento nell’istituto delleFiglie di Maria Ausiliatrice. La considero una semplice risposta a ungrande dono che il Signore ha voluto farmi,un primo passo del cammino che solo luisa dove mi condurrà. A me non importaconoscerlo, ciò che invece veramente contasarà riuscire a mantenere gli occhi delcuore sempre aperti, per Amare e ricono-scere in ogni passo e in ogni istante dellamia breve o lunga vita, colui che Amo…ilSignore Gesù. In questo cammino di discernimento mista aiutando la comunità della Figlie diMaria Ausiliatrice in cui vivo come aspiranteda quasi due mesi. Lo spirito di famiglia, proprio di tutte lecase salesiane, mi ha fatto sentire sin dall’i-nizio a ‘casa’.Un clima di serenità e di sem-plicità che trova la sorgente primaria nellapreghiera e naturalmente sfocia poi nelservizio amorevole verso i più piccoli. Condivido questa bellissima esperienza

con altre due giovani aspiranti in compagniadi suor Gabriella che ci aiuta a orientarequesto cammino umano e spirituale. Lecondizioni per trascorrere un periodo pro-ficuo della mia esistenza ci sono tutte, orasta a me abbandonarmi per ascoltare attra-verso le Sue mediazioni la voce di Dio».

Elisabetta: «Tutto ha avuto inizio nel 2013quando, iscritta al primo anno di università,dovetti fare i conti con un nuovo ambiente,una nuova autonomia didattica, un grannumero di esami da sostenere, tanto tempolibero da spendere nel migliore dei modi eil grande desiderio di partecipare ai 10giorni di campeggio estivo con i ragazzidella scuola secondaria proposto dalla miaparrocchia. Decisi, dunque, di impegnaretutte le mie energie per terminare in brevetutti gli esami così da poter vivere un’espe-rienza unica con i giovani. Ebbi successo e nel luglio del 2013 partiifelice e desiderosa di rendere protagonisticiascuno di quei piccoli. In quei giornichiacchierando e confrontandomi con una

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dere una sincera allegria, un senso di fami-gliarità e un vero desiderio di paradiso.Questo stile di vita non può che attirare fa-cendoti dire: “anch’io come loro”».

Maria Laura: «Il primo vero incontro conGesù nella mia vita è avvenuto durante unaconfessione nell’estate dopo l’esame diterza media: a differenza delle altre con-fessioni vissute fino a quel momento, quelgiorno mi sono accorta della Presenza realedi Gesù nel sacramento che avevo appenavissuto e, senza capire bene come e perché,è nato dentro di me il desiderio di conoscereGesù più a fondo. All’inizio ho cercato ditenerlo il più possibile “nascosto”, ma dopoun anno e mezzo era diventato talmenteforte che non potevo più non seguire quellaVoce che chiedeva di far parte della miavita di tutti i giorni. Nel momento in cui ho lasciato davveroentrare Gesù nel mio cuore a poco a pocotante cose sono cambiate a partire da quellepiù semplici, come l’impegno nello studio,il mio comportamento con gli amici e in fa-miglia, e dopo poco con l’aiuto della miaguida spirituale, ho iniziato a parteciparetutti i giorni alla celebrazione Eucaristica ea vivere con regolarità la confessione, comesacramento che cura e guarisce continua-mente. L’incontro con Gesù mi ha fatto,poi, scoprire con il tempo il sogno che Dioha messo nel mio cuore, cioè di poterdonare ai giovani, soprattutto ai più poveri,il grande Amore ricevuto e oggi seguirequesto sogno sta cambiando sempre piùradicalmente la mia vita.Da settembre sto vivendo l’esperienza delperiodo di verifica ed orientamento nellacomunità fma di Bologna per cercare di ca-pire se il Signore mi sta chiamando a se-guirLo più da vicino, seguendo il carismasalesiano. La vita comunitaria non è sempresemplice, ma mi sta aiutando tanto a viveregioie e difficoltà con una maggiore serenità,

mamma animatrice mi fu posta nell’orecchiouna sana inquietudine che non mi avrebbepiù abbandonato per tutta l’estate: «È pos-sibile che tu non sia chiamata al matrimonioma ad altro?». La domanda mi sconvolse,era l’unica cosa che non volevo sentirmidire ed ora che mi era stata fatta mi costrin-geva a riflettere, a rispondere, a cercarenel più profondo una risposta vera, nontanto per colei che mi interrogava alla qualeavevo subito detto di no, ma per me stessa.Chi era per me Gesù? Chi era Lui e chi eroio?Da qui ha avuto inizio uno straordinariocammino di ricerca fondato sulla fiducia inDio, alimentato dal desiderio di scoprire ilprogetto che Lui ha su di me. È comescartare un regalo, il dono di grazia che ègià posto in ciascuno di noi e attende solod’essere conosciuto da noi stessi, dalla miatanta incredulità, dalle paure e ansie allascoperta dell’essere immensamente amati.Le risposte emergono piano a mano a manoche mi lascio amare e toccare dalla gran-dezza di Dio; si comprende che Lui èdavvero importante e che tutto è poco difronte alla sua pienezza, per noi viva e ma-nifesta nei giovani.Ora grazie alla comunità di Bologna ho po-tuto comprendere l’importanza dell’edu-cazione quale formazione integrale dellapersona: scegliere, volere e desiderare lafelicità dei giovani al fine della loro realiz-zazione. Se in un primo momento consi-deravo l’educatore come un burbero e in-desiderato personaggio, oggi mi sento tra-sformata dall’incontro con Don Bosco eMadre Mazzarello. L’educazione è cosa dicuore, e implica imparare a vivere, a convi-vere, a ricercare il bello ed il vero. Non conoscendo la realtà salesiana, sonorimasta tanto stupita dalla preziosità delcompito educativo e dalla cura con cui tutticercano di compiere tale compito con l’unicointento di amare i giovani e accompagnarlinella via della salvezza, iniziando dal diffon-

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perché ho la consapevolezza di non essereda sola nel cammino, ma di essere sempresostenuta dalla comunità. Vivendo gomito a gomito con le altre duegiovani in ricerca come me, Giorgia ed Eli-sabetta, e con suor Gabriella, sto scoprendola bellezza di condividere tutte le piccole(grandi) cose del quotidiano, sapendo dicondividere con loro anche lo stesso amoreper Gesù e lo stesso desiderio profondo didonare la vita a Lui e ai giovani».

Un incontro che diventa spazio per gli altri

L’incontro con Dio è inseparabile dall’in-contro con le persone verso cui Egli cimanda. L’amore mette in piedi, pone incammino, è ansioso di comunicarsi. Suor Gabriella Savoia condivide la vita conle giovani in ricerca e custodisce il dono diuna vita trasformata dall’incontro con Gesùe con le giovani.

Suor Gabriella: «La mia vita è cresciuta inqualità ed intensità, in quanto il confrontocon queste giovani è un’ulteriore chiamataad essere “strumento” e “mediazione” del-l’amore di Dio.L’approccio iniziale è stato quello di sentirmiinadeguata di fronte a quello che il Signorestava operando nella loro vita, mi chiedevoche cosa avrei dovuto dire e fare; standocon loro e vivendo i momenti di preghierae di condivisione spicciola nei momentiordinari della giornata, ho capito che propriolo spirito di famiglia è il valore aggiunto equello che le giovani desiderano dalle nostrecomunità.Di conseguenza per me è “starci ed esserci”con quello sguardo e cuore attento peraiutarle a leggere i segni della presenza diDio nella loro vita e nello stesso tempo,per la mia vita personale, è rimotivarmi erinsaldarmi sempre più profondamentenella mia vocazione... anzi, oserei dire chegrazie a questa esperienza sto conoscendo

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tandoti a crescere nell’autostima. In questi due anni ho acquisito un fortesenso di responsabilità e di collaborazionesia a scuola che negli stage lavorativi. Nel primo stage ho avuto dei problemi condei clienti poco educati, arroganti e pre-suntuosi, io stesso sono stato “poco acco-gliente” ma poi tutto è andato bene. A voltepenso che certi incontri in situazioni difficiliriescono a cambiarti la vita e ti apronoverso nuovi orizzonti di felicità».

«Mi chiamo Bruna, da piccola ho soffertomolto; avevo un padre molto violento chepicchiava sia me che mia madre e mio fra-tello. Mia madre dopo un po’ ha avuto ilcoraggio di denunciare mio padre per vio-lenze e non solo, così lo hanno arrestatosotto gli occhi miei e di mio fratello. Pur-troppo, però, il giudice ha dichiarato che

sempre più me stessa e lo scopo dellanostra missione!».

La forza di un incontro

I giovani nei nostri ambienti educativi rea-lizzano incontri che sono autentici percorsidi cambiamento, a volte riscattando i valoriricevuti dalla famiglia, altre volte compiendoun faticoso cammino di riscoperta di sestessi. Molti arrivano non solo frammentatima addirittura ‘polverizzati’ da insuccessi,abbandono e grazie alla proposta e all’am-biente educativo in cui sono inseriti trovanola forza di cambiare, di ritrovare il sensodella vita e la fiducia e la speranza in unfuturo diverso. Ecco le testimonianze dialcuni adolescenti che frequentano il Centrodi Formazione Professionale (Ciofs-FP) aBologna.

«Sono Paolo, in questo momento sto ab-bastanza bene è un periodo tranquillo vivoa Bologna da tre anni; ho dovuto abbando-nare il mio paese d’origine perché lì c’ètanta criminalità organizzata e non c’è futuroper nessuno. Ora frequento un corso direcupero anni presso il Ciofs-FP di Bologna. Quando sono stato bocciato a scuola eroin un momento difficile, fuori da ogni sche-ma, i miei genitori erano in crisi, si stavanoseparando e io ero molto triste e arrabbiato.Se non ci fosse stata la scuola in quel mo-mento sicuramente sarei finito in qualchegiro strano, l’ambiente scolastico mi ha aiu-tato in un paese, come il mio, corrotto e arischio delinquenza e microcriminalità. Adun certo punto invece di marcire come glialtri sono andato via, forse sono scappatodal problema, non lo so.Arrivato a Bologna ho sentito parlare delCiofs-FP dagli assistenti sociali, mi è sem-brata una cosa interessante e così mi sonoiscritto. Il centro di formazione professionaleaiuta molti ragazzi, è un ambiente moltotranquillo e i professori ti valorizzano aiu-

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mia madre non era in grado di prendersicura dei suoi figli, perché non aveva unacasa né un lavoro. Così sono stata affidataa una famiglia e poi alle suore in un istitutoa Viareggio. Dopo due anni mia madre hafinalmente trovato una casa dove viverecon me e mio fratello, a Medicina, un paesein provincia di Bologna, dalle suore. Lì ri-cordo che dividevamo l’appartamento conun’altra famiglia, ma non mi interessava chifosse, l’importante era essere finalmentedi nuovo con mia madre. È stata una donnache ha sofferto molto, ma è stata forte eper me è stata e continua ad essere ungrandissimo punto di riferimento. A lei credo di dover dare moltissimo.Ora frequento un corso di formazione pro-fessionale presso il Ciofs e grazie a questaesperienza formativa ho ritrovato la miapassione: l’arte che ho da sempre amato.Fin da piccolina mi è sempre piaciuto dise-gnare e ogni volta che lo facevo mi sembravadi entrare in un mondo completamente di-verso da quello in cui vivevo. Sento chequesta esperienza mi sta cambiando e aiu-tando a rimarginare tante ferite, quelle piùprofonde che mi hanno reso triste in alcunimomenti della mia vita».

«Mi presento, sono Glori Jubaida ho diciottoanni e vengo dal Bangladesh. Ho un fratellopiù grande di cinque anni che studia allaFacoltà di Farmacia, la mamma lavora inospedale e il mio papà in pasticceria. Lamia famiglia è un punto di riferimento im-portante, sono persone che mi hanno in-segnato tanto nella vita e mi hanno aiutataa raggiungere i miei obiettivi. Ricordo chequando ero piccolina il mio problema erail colore della pelle scura. In Bangladeshuna donna viene considerata bella quandoha la pelle chiara e i capelli lisci, ma iosono tutto l’opposto e quindi quasi tutti ibengalesi mi prendevano in giro per ilcolore della mia pelle. Piangevo tanto, mi

sentivo brutta ed ero molto insicura. Pensavoche la bellezza fosse la cosa più importante,ma i miei genitori mi hanno insegnato checonta poco la bellezza che non rimarrà persempre, perché tutti noi invecchieremo eciò che rimarrà è quello che sei, come ticomporti con le persone, la tua gentilezza,il modo di parlare e soprattutto il rispettoverso gli altri. Solo adesso capisco cosa vo-levano dirmi: essere donna non vuol diresoltanto essere bella esteriormente, ma es-sere una persona che ha dei valori, questofa la differenza in questo mondo. Quando penso alla parola “scuola” la primacosa che mi viene in mente è la sveglia al

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In ogni vero incontro si sperimenta ilmistero della vita, il mistero dell’altroe il mistero di Dio, perché ciò che av-viene è un libero dono. L’incontro è illuogo in cui ci si trova e ri-trova nei ri-mandi del quotidiano e della propria epersonalissima storia di vita. Spesso, èsufficiente tenere aperta la porta delproprio cuore, perché l’altro entri. Se Dio c’entra con la vita di ciascuno,allora, ognuno c’entra con la vita deglialtri. Ogni incontro che facciamo lasciauna traccia su di noi e sull’altro, purchéscegliamo di stabilire il contatto e rea-lizzare l’incontro. Un incontro puòcambiare la tua vita!Sono disposta a mettermi in gioco inuna relazione a tu per tu con i giovani?Come gestisco e curo questa relazione? A livello comunitario come ci lasciamointerpellare dai cambiamenti dei ragazzi?Ce ne accorgiamo o siamo talmenteconcentrate sulle nostre difficoltà digestione delle opere, sui conflitti rela-zionali che facciamo fatica a lasciarciprovocare dalle loro piccole vittorie?

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o mattino. Non avrei mai pensato che ungiorno avrei seguito un corso di formazioneprofessionale, era del tutto fuori dalla miamente. L’ambiente che frequento mi dàl’opportunità di fare esperienze positive emi sta offrendo tante possibilità di cresceree migliorami. Ad esempio l’esperienza dello stage mi hafatto capire come è il mondo del lavoro. Durante lo stage ho incontrato personeche mi hanno incoraggiata e valorizzata. Sento di aver dato sempre il massimo nellostage e anche a scuola, perché entrambisono due cose fondamentali. Al termine del corso, dopo la qualifica,

penso che continuerò a studiare e frequen-terò la scuola, perché voglio prendere il di-ploma e contemporaneamente farò ancheil lavoro part-time che mi sono conquistatagrazie allo stage».

Paolo, Bruna e Glori Jubaida hanno rac-contato le loro esperienze rispetto ai diversimondi e ambienti conosciuti, dalla scuolaal mondo del lavoro, dalla famiglia alla so-cietà, agli amici tessendo relazioni e vivendoincontri veri, autentici. La famiglia resta il luogo sicuro in cui rifu-giarsi, nonostante i problemi, le ferite; gliamici sono quelli che accolgono e sosten-gono, la scuola accompagna e orienta versoorizzonti nuovi. Dalle loro scelte, emergono i loro caratteri,le loro attese: la bontà, il coraggio, l’ottimi-smo, la libertà, la capacità di attendere enon arrendersi, il bisogno di essere rico-nosciuti, la fiducia…I giovani cercano chi è capace di mettersiaccanto, chi è più attento alla loro personapiuttosto che alle esigenze generiche del-l’educazione. Don Domenico Ricca, sale-siano e cappellano del carcere minorileFerrante Aporti di Torino, afferma: «L’edu-catore è l’uomo della normalità che senzaazioni spettacolari sa “stare in mezzo” aigiovani mettendo in atto due gesti impor-tanti: l’urgenza dell’intervento e la proget-tazione di solidarietà lunghe». «Non abbiate “paura dei giovani”, essi hannofiducia in voi, si trovano bene e si sentonoa casa. Siate, come essi si aspettano, sorellee madri colme di compassione; ricche disaggezza per indirizzare, responsabilizzare;colme di speranza per incoraggiare, nutrirela visione di un futuro più positivo pertutti», è stato l’appello dei laici al CG XXIII.

[email protected]@cgfma.org

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OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

RENDERE UNIVERSALEL’ISTRUZIONE

PRIMARIA

La formazione scolastica di base è un diritto umano. Molte regioni in via di sviluppo hanno fatto progressi

verso una scolarizzazione primaria universale, ma 115 milioni di bambini

sono ancora esclusi dalla scuola.

Più della metà di essi sono bambine e c’è una ulteriore sproporzione numerica

nell’Africa subsahariana e nell’Asia del sud.

Non solo: ritiri, bocciature e una generalizzata cattiva qualità dell’istruzione

portano molti di coloro che frequentano la scuola a non ottenere le qualità necessarie

per un’alfabetizzazione compiuta.

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PERCHÈ L’ISTRUZIONE

È LA CHIAVE

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OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

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…ADESSO È IL MOMENTO DI CAMBIARE!PRIORITÀ:

LA SCUOLA AL PRIMO POSTO!

OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

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Letturaevangelicadei fatti

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Una nuova scala di bisogni

La gratuità ricorda in primo luogo l’istanzadi vivere l’esistenza in un modo diverso ri-strutturando la scala dei bisogni. Gratuità èattenzione alla dimensione personale deirapporti, al di là dei ruoli, nella famiglia, nellascuola, nel mondo del lavoro. La gratuità af-ferma la priorità dei bisogni qualitativi (rico-noscimento reciproco, accoglienza, benessereinteriore) rispetto a quelli quantitativi (carriera,oggetti, benessere economico). È necessariocamminare con i giovani per superare l’at-teggiamento dell’homo oeconomicus chenon incontra mai nessuno perché vede soloi suoi interessi. Orientare i giovani ad ap-prendere che esistere non significa conqui-stare, escludere, accumulare, ma è ricevere,godere, condividere per la libertà e per ilbene degli altri. Questa è la vera priorità. Gliambienti educativi in cui viviamo con e pernuove generazioni sono luoghi in cui è pos-sibile educare ed educarsi alla gratuità, allacultura dell’essere più che a quella dell’avere.In questi ambienti si può imparare da fanciullie da adolescenti a dichiarare nei fatti che lapersona umana vale più per quello che èche per quello che possiede. Bambini e gio-vani gradualmente educati alla fratellanza,alla condivisione, alla generosità, al sacrificio,attraverso gesti concreti, piccoli, quotidiani,saranno i giovani e adulti capaci di senso cri-tico e di contrapporsi ad una società che hamesso al centro il profitto e l’efficienza comemodelli interpretativi dell’esistenza.

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Un senso per la vita

A cura di Mara Borsi

Coscientizzare i giovani perconsolidare atteggiamenti di gratuitàvuol dire in primo luogo portarli ascoprire la radice dell’insoddisfazione.Sposare la logica esistenzialedell’avere, del possesso, del ripiegamento egocentrico verso se stessi non appaga.

Due atteggiamenti davanti alla vita creanodisagio: l’atteggiamento di chi si senteschiacciato dall’assurdità e non si muovein nessuna direzione, e quello di chi silascia possedere vorticosamente dalle espe-rienze e le vive in modo compulsivo pernon fare i conti con il limite e la finitezza. Contro il senso di disagio ed il disincantoche generano atteggiamenti possessivi oschizofrenici, la gratuità permette di ricu-perare un senso alla vita. L’esigenza di gratuità è esigenza di senso,di un qualcosa o qualcuno per cui spen-dere la vita, di una opzione di fondo cheapra a una speranza che non delude. Per questo è importante rendere consape-voli i giovani di una filosofia della vita come«dono» più che come «conquista». Il «sì alla vita» non può essere un atteg-giamento ingenuo, né una sfida all’as-surdo senza che si veda una possibilitàdi vittoria. Per un cristiano il «sì allavita» è accettazione del limite ma anchedella vittoria radicale sul male, sulla sof-ferenza e sulla morte gratuitamente of-ferta nella risurrezione di Gesù.

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La parola ai giovani

Sono Ariana Olivares e appartengoal Vides USA. Ho svolto il servizio di volontariatoin Ecuador, la maggior parte del tempol’ho trascorsa nell’assistenza alle suoreanziane supportando il lavoro del-l’infermiera fma, ma ho avuto anchealtre esperienze.L’Ecuador è un paese molto bello,ma è anche oppresso dalla povertà edall’ingiustizia. Sento di poter dire che ho cercato difare del mio meglio ogni giorno.Quando vedevo un bisogno, cercavodi andare incontro. Quando ero tentata di evitare le pic-cole cose, mi sono sforzata di essereattenta ai più piccoli dettagli.Il Vides USA con la sua proposta for-mativa mi ha insegnato a prenderel’iniziativa, ad essere creativa nellamissione, a cercare di rispondere aibisogni reali della comunità. Quando ho visto che nell’infermeriamancavano strumenti medici indi-spensabili, ho cercato gli aiuti, ho ri-cevuto una donazione e così abbiamocomprato ciò che serviva. L’infermiera ha imparato ad usarequegli strumenti che prima non co-nosceva. Come gruppo di volontari siamo riu-sciti a cambiare un po’ le cose. Le sorelle anziane erano felici, hannovisto che volevo loro bene. Ho cercato

ogni giorno di far sentire alle personecon cui vivevo che erano amate.Trascorrere del tempo con altri volontarimi ha permesso di condividere, di in-trecciare la mia storia con quella deglialtri in modo bello, semplice e di scoprireche il legame che ci ha uniti è stato ildesiderio di donarci.Le sorelle anziane mi hanno dato unabella lezione su cosa è l’amore incon-dizionato. Ho condiviso i loro bisogni,le loro fatiche e mi hanno lasciato entrarenella loro vita, nel loro dolore. Le sorelle anziane mi hanno dimostratoche non ci sono limiti a ciò che l’amorepuò fare. Quando Gesù ci chiede di prendercicura dei bisognosi, dei dimenticati edegli emarginati, non dà condizioni. Ho imparato a conoscermi. Questo èstato un dono meraviglioso. Ogni giorno sono cresciuta un po’ dipiù. Ho capito meglio i miei limiti. Sonorimasta sorpresa di quanto sia stata ca-pace di fare passi per superarli. Il volontariato Vides mi ha preparatoad affrontare la vita quotidiana con co-raggio e fiducia. Superare i propri limiti, le fatiche dellavita quotidiana è una sfida che siamochiamati ad affrontare ogni giorno. Ciò che ho imparato dall’esperienzavissuta è credere che questa sfida siaun dono anche per te e per il mondo.

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ti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi deisacerdoti e i nostri magistrati lo hanno fattocondannare a morte e lo hanno crocifisso.21Noi speravamo che fosse lui che avrebbeliberato Israele; invece, con tutto ciò, eccoil terzo giorno da quando sono accadutequeste cose. 22È vero che certe donne tradi noi ci hanno fatto stupire; andate la mat-tina di buon’ora al sepolcro, 23non hannotrovato il suo corpo, e sono ritornate dicen-do di aver avuto anche una visione di ange-li, i quali dicono che egli è vivo. 24Alcunidei nostri sono andati al sepolcro e hannotrovato tutto come avevano detto le donne;ma lui non lo hanno visto».

Lettura: il testo in se stesso

L’atteggiamento di Gesù, non è evasivo,Egli affronta il problema: interroga, invitaad esprimerlo obiettivamente (quali sonoi fatti?). Questo permetterà ai discepoli diaprire il cuore e i sentimenti. I discepoli: si lasciano interrogare, si la-sciano aiutare. Come vedevano Gesù, che immagine sierano fatti di lui (cf Mc 8,27-28).Come avevano visto la passione e la croci-fissione di Gesù (cf con Atti 3,14-15; 4,10-14).Che atteggiamento/sentimento provanoadesso (Commenta il versetto 21). Come hanno percepito i primi annuncidella resurrezione (cf i versetti 22-24 conMc 16,9-13).Commentare la frase conclusiva: versetto

Emmaus: orme di scoraggiamento Eleana Salas

Ambientazione

Una Bibbia grande, sopra la Bibbia un cro-cifisso e vicino il cero pasquale. Sul pavimento, intorno alla Bibbia, ritagli digiornali con notizie di eventi tristi.

Invocazione allo Spirito Santo: SpiritoSanto vieni, vieni, nel nome di Gesù

Solo Luca narra questo fatto e pone sullelabbra dei discepoli un lamento intenso,che permette di avvicinarci alla ‘crisi’ delleprime comunità cristiane: hanno uccisoGesù sulla croce come un criminale, an-che se era innocente; come un sovversi-vo, anche se era un uomo di pace. Come, quindi, annunciare che un Croci-fisso è il Salvatore atteso? Inoltre, Gesù era il Maestro-Rabbì: l’incon-tro con lui, l’ascoltarlo, il vivere con lui, ave-va portato un raggio di luce nella loro vita.Ma adesso lui non c’è: tutto è crollato. Proviamo ad avvicinarci al cuore profonda-mente rattristato dei due discepoli.Uno sconosciuto condivide il camminocon loro e li ascolta in silenzio.

Luca 24,19-24

Il testo è proclamato con chiarezza da unlettore o lettrice. Ogni partecipante tornaa leggere il testo. Dopo si potrà fare riso-nanza delle frasi più significative.

19Egli disse loro: «Quali?». Essi gli rispose-ro: «Il fatto di Gesù Nazareno, che era unprofeta potente in opere e in parole davan-

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24b, tenendo conto del versetto 15: “Gesùstesso si avvicinò loro”.

Meditazione: il testo per noi oggi

Gesù pone il problema: lo “mette sul tap-peto”, come aveva fatto in precedenza (cf.Mc 3,1-3). Quale atteggiamento abbiamo difronte ai problemi? C’è gente che preferi-sce evadere: non sapere, non sentir parlaredi quello; altri si lasciano invadere dal timo-re o prendere dalla violenza; altri trovanola forza per assumerlo con coraggio. Qualè il nostro atteggiamento?Quali sono i timori, i problemi, il dolore, lapreoccupazione, in questo momento del-la mia vita? Lo leggo nel cuore, lo dico, loverbalizzo interiormente. Posso anchechiedermi: Cos’è che mi sta paralizzando,angustiando? Cosa mi fa paura? Permettoche il mio servizio pastorale sia contagia-to da negativismo e scoraggiamento?

Orazione

In silenzio dialoghiamo con il Signore apartire dal testo letto.

Esprimo al Signore le mie pene, le mie sof-ferenze, i miei timori.Chiedo a lungo la forza della fede e dellasperanza per assumere tutto dalla Crocerisuscitata di Gesù.Chiedo il dono di unire il vedere chiaro e lapace, la forza e la dolcezza.Insieme si può condividere qualche riso-nanza della propria preghiera.

Contemplazione – Impegno

Non basta studiare e pregare la Parola diDio, è importante che vada germogliandonella nostra vita. Quali atteggiamenti misuggerisce questo passaggio per affronta-re le difficoltà?Come possiamo esprimere meglio in co-munità la forza e la speranza di fronte allesfide e difficoltà pastorali?

Preghiera finale

Per il cammino di Emmaus, un pellegrino ve-niva con me; non l’ho riconosciuto nel cam-mino, ora sì, nello spezzare del pane.

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altri con i sentimenti di Gesù. Un camminodi interiorità ci aiuta a rileggere conlucidità e coraggio la nostra storia, cer-cando di scoprire la mano salvifica di Dioche sana le ferite perché possiamo essereeffettivamente nella missione educativa“trasparenza dell’amore di Dio e riflessodella bontà materna di Maria” (C 14). Qui si gioca l’impegno di conversione diogni persona, la disposizione ad uscireda sé e ad allargare lo sguardo dalle peri-ferie, che abitano il proprio cuore e chesono presenti anche nella comunità, aquelle del mondo giovanile. Di fondamentale importanza è il compitodell’animatrice di comunità, chiamata a“creare nella casa quel clima evangelicoche aiuta a sentirsi in famiglia” (C 164), e a“promuovere validi rapporti fraterni” (C52) che favoriscono il superamento, nellacarità, di quegli inevitabili conflitti inerentialla condizione umana. Rischiamo talvolta di impegnare energiepersonali e comunitarie nella gestione diconflitti che, invece, potrebbero essere af-frontati con realismo, umiltà, dialogo e ac-coglienza incondizionata della diversità. Papa Francesco avverte: «Se rimaniamo in-trappolati in essi, perdiamo la prospettiva,gli orizzonti si limitano e la realtà stessaresta frammentata. Quando ci fermiamo nella congiunturaconflittuale, perdiamo il senso dell’unitàprofonda della realtà» (Esortazione apo-stolica Evangelii Gaudium n. 226).

Accogliersi e perdonarsi nella fedeMaria Américo Rolim

Il CG XXIII ha avvertito fortementel’esigenza di “formarci ad unaleadership adeguata ai tempi”, capacedi attuare “uno stile di animazione e di governo che, a partire da una lettura credente della realtà,sappia orientare con chiarezza il progetto di risignificare la vitaconsacrata, la presenza e le opere alla luce del carisma salesiano, infedeltà alla nostra Regola di vita” (Atti CG XXIII, 31).

Comunità testimoni di misericordia

La nostra spiritualità è caratterizzata da re-lazioni interpersonali umanizzanti, profeziache diventa, oggi, alternativa alla situazionedi intolleranza in una società bisognosa diriconciliazione e di pace. In questo contesto l’accoglienza reciprocae il perdono sono tra i pilastri basilari chesostengono la casa che evangelizza. La vitaconsacrata è chiamata a vivere in uno statodi riconciliazione, testimonianza viventedella misericordia di Dio. Compito di ciascuna fma e di tutta la co-munità è penetrare a fondo nella propriaumanità e in quella degli altri, rivedere icriteri di giudizio sulle persone e sullavita, con la consapevolezza della propriafragilità e l’umiltà di chi sa ricominciaresempre (Atti CG XXIII, 33). Una relazione di accoglienza nella fede ri-chiede un cuore libero da risentimentiche impediscono di amarsi e di amare gli

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L’Amore: il segreto di Mornese

Effettivamente Madre Mazzarello offre lachiave per superare il conflitto nel perdonoe nello spirito di accoglienza reciproca:“Chi ama Gesù va d’accordo con tutte” (L49,6). Mornese è diventata casa dell’amoredi Dio, perché la prima comunità, animatada una madre saggia e umile, ha fatto diquesto principio il suo progetto di vita. Soltanto se Gesù è effettivamente “il cuoredella casa” (C 40) siamo capaci di superare,nella fede, le fatiche che provengono dalvivere e lavorare insieme. La Madre esorta le sue figlie alla consape-volezza della propria fragilità: «Dovete vin-cere voi stesse, se no tutto diventa insof-fribile e le malignità come le pustole ri-sorgeranno nel cuore» (L 64,5); alla caritàvera a misura del cuore di Gesù Cristo:«Amatevi fra voi con vera carità... » (L 49,2),«… quella carità propria di Gesù, la qualemai lo saziava di patire per noi e vollepatire fino a quando?» (L 26,4); alla comu-

nione nelle differenze radicata in Gesù:«Mettiamoci tutte con impegno ad eserci-tarci nella vera umiltà e carità, sopportandoi nostri difetti a vicenda» (L 52,3).«Vederci e avvicinarci ad ogni istante nelCuore Sacratissimo di Gesù» fa scaturirela preghiera le une per le altre «così inostri cuori saranno sempre uniti» (L 22,1). A chi anima la comunità propone la cono-scenza e l’accompagnamento di ogni sorellanella sua individualità: «Mi pare che se lasaprete prendere riuscirà bene. Così delle altre, ciascuna ha i suoi difetti:bi sogna correggerle con carità, ma nonpretendere che siano senza e che si emen-dino di tutto in una volta, questo no, macon la preghiera, la pazienza, la vigilanzae perseveranza, poco alla volta si riusciràa tutto. Certe volte per far conto di tantepiccolezze, si lasciano poi passare le cosegrandi. Bisogna studiare i naturali e saperliprendere per riu scire bene, bisogna ispi-rare confidenza» (L 25, 2.3).

Momento privilegiato per esprimere l’ac-coglienza reciproca e il perdono è il col-loquio (C 34). Come madre Mazzarello, indialogo con le suore seduta sulla scala oaccanto al pozzo, l’animatrice troverà lavia per raggiungere ogni sorella cercandodi aiutarla nel processo di evangelizzazioneprima di tutto della propria casa-cuore perpotenziare il suo essere missionaria con igiovani, “camminando con loro sulle viedella santità” (C 5). Accogliamo l’augurio di papa Francesco:«Sia questo anno della Vita Consacrataun’occasione per gridare al mondo con for-za e testimoniare con gioia la santità e la vi-talità presenti nella gran parte di coloro chesono stati chiamati a seguire Cristo nella vi-ta consacrata» (Lettera Apostolica di papaFrancesco a tutti i consacrati in occasionedell’Anno della Vita Consacrata, nº 1).

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a servizio di tante famiglie di immigratiche vivono in Port Chester. Le due parrocchie salesiane, la Holy Rosarye la Corpus Christi condividono il lavoro afavore di chi arriva. La Holy Rosaryprendendosi cura soprattuttodegli aspetti legati ai documenti e al lavoro;la Corpus Christi, offrendo sostegno cultu-rale nel campo dell’educazione non solodei bambini, ma anche dei genitori, graziealla scuola della fma. E questo grazie anche ad una rete di colla-borazione che vede lavorare insieme moltemamme, ormai integrate nel quartiere. Questo è quanto ci racconta suor KarenDunn, fma, ispettrice dell’ispettoria San Fi-lippo Apostolo (SUA): «Chiamiamo questogruppo di mamme madrinas. Insieme a noi,sono state in grado di raggiungere e indivi-duare molte famiglie in situazioni difficili eattraverso incontri familiari, facendole sentirea proprio agio, pian piano sono state intro-dotte a scuola, per facilitare l’iscrizione deiloro figli nella nostra scuola».

In un clima di famiglia

La scuola fma è un luogo dove viene offertala possibilità ai bambini di integrarsi, di stu-diare, di trovarsi in un ambiente familiare.Non solo i bambini, ma l’intero nucleo fa-miliare viene seguito e accompagnato. È ancora suor Karen a dirci: «Le sorelle dellacomunità qui lavorano insieme per coordi-nare le diverse risorse, per far fronte agli im-pegni finanziari, per mantenere la scuolache lavora per l’educazione dei giovani. L’U-

Un viaggio lungo quanto un sognoAnna Rita Cristaino

Nel lasciare la casa, la famiglia, la propriastoria, le proprie radici, insomma tuttoquello che ha di più caro e di cui si ènutrito fino a quel giorno, il migrantescommette su un futuro migliore, investesu una possibilità nuova di esistere. È di-sposto anche a rischiare la vita, per dareforma a questo sogno. Il suo viaggio è unconcentrato di sentimenti, drammi e spe-ranze, con coraggio affronta i rischi dacorrere per tentare di raddrizzare la propriasorte e la propria vita. Sono molti coloroche sognano un futuro migliore, un postonel mondo dove poter crescere, trovare lapropria strada, riscattarsi dalla povertà,dalla guerra. Gli Stati Uniti da sempre sono la meta am-bita da chi sogna libertà, da chi spera che,con audacia e volontà, possa ricostruirsiuna vita. Gli USA sono la nazione che piùdi tutte si è formata dall’integrazione dipopoli e culture. Molti ce l’hanno fatta,molti arrivati con niente, con il lavoro e latenacia, sono riusciti a ritagliarsi un proprioposto nel mondo. Ecco perché ancoramolti di coloro che vivono in situazioni diindigenza, di mancanza di libertà, o chesono in guerra, decidono di rischiare tuttoper recarsi in una nazione che può offrireloro nuove possibilità.

In rete

Corpus Christi-Holy Rosary School è lascuola delle fma che collabora con dueparrocchie animate da confratelli salesiani.Fma e sdb in modo diversificato, sono

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niversità di Notre Dame in Indiana ci dà as-sistenza e ci sostiene nel far conoscere lascuola e cerca aiuti per la popolazione dimigranti della zona. L’Arcidiocesi di NewYork ci aiuta anche finanziariamente, gliamici delle suore salesiane e le stesse fmaqui, insieme alla Famiglia salesiana in tuttaPort Chester, mettiamo insieme le risorse afavore dei giovani. Nella Parrocchia HolyRosary e in quella del Corpus Christi parte-cipiamo ai bisogni spirituali dei bambini edelle loro famiglie».Il lavoro delle fma non è solo quello acca-demico. Per loro è importante creare unclima di famiglia che faccia sentire chi arriva,accolto. Questo facilita l’integrazione e dàfiducia. E sono tante le storie di ragazzi, che ancorabambini, hanno dovuto affrontare rischi esofferenze. Storie di chi ha avuto un’infanzianon semplice, durante la quale ha dovuto

soffrire la lontananza dai propri genitori,partiti proprio per cercare strade che per-mettessero loro un futuro migliore. Storiecome quelle di Paul e Luis.

Le storie di Paul e Luis

Ecco ciò che ricorda Paul: «Ero in Ecuador ei miei genitori mi telefonavano spesso perchiedermi come stavo e se tutto andavabene. Sono stato a casa di mio nonno e unanno, durante il tempo delle vacanze, mihanno detto che volevano farmi fare unviaggio. Così con un cugino di papà siamoandati all’aeroporto per prendere un aereo.In realtà non mi hanno detto dove stavoandando, così quando ho preso l’aereo esiamo sbarcati in Perù, ho iniziato a fare do-mande, ero un po’ nervoso, perché non sa-pevo cosa stessi facendo in Perù».

Le tappe successive sono state l’Honduras,Guatemala e Messico. Tutte faticose e piene

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ferenza di quel bambino lontano: «Mio ma-rito è arrivato qui per primo quando io eroal sesto mese di gravidanza, é venuto a cer-care un futuro migliore per noi. QuandoLuis aveva solo quindici mesi, anche iosono dovuta partire, lasciando mio figliocon mia madre.Il tempo passava e noi non potevamo tornareperché io e mio marito non avevamo i do-cumenti e se uscivamo dagli Stati Uniti nonsaremmo più riusciti a rientrare. Sono passatidieci anni per averli e siamo tornati nelnostro Paese quando Luis aveva undici anni. Ci siamo incontrati e mio marito ha vistosuo figlio Luis per la prima volta. Sonopassati altri tre anni prima di poter portareLuis negli Stati Uniti. Mio figlio ora cerca dicapire, e io solo chiedo a Dio che un giornoLuis possa comprendere il perché noi vi-viamo qui. Per lui la relazione con noi non è facile, per questo mi sono detta: «Lo inserisco inun luogo dove possa ascoltare la Parola diDio, dove lui possa imparare a tenere sempreil Signore nel suo cuore, perché un giornolui possa comprendere quello che io hofatto per lui come mamma».

Di storie come queste ce ne sono tante e,purtroppo, non tutte hanno un lieto fine.Chi arriva a Port Chester e ha la possibilitàdi conoscere le fma e gli altri membri dellaFamiglia salesiana che lavorano insieme,trova un’opportunità di riscatto. Vengono assistiti per le cose di prima ne-cessità, e viene offerta loro l’occasione diimparare, di crescere, di integrarsi, senzamai dimenticare la ricchezza della culturadi origine. In alcuni momenti, soprattuttoper i giovani, gli adolescenti, diventa difficileavere chiara la propria identità. Non sono più Brasiliani, Peruviani, Coreani...ma non sono ancora Statunitensi. Appartengono ad entrambi. Sono Unici.

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di pericoli. Con cambi di destinazione im-provvisi, spostamenti durante la notte, senzasapere dove si stava andando. Con il gruppoche si assottigliava. L’ultima tappa è stato ilTexas.

«Siamo venuti in un autobus – ricorda Paul –ma dopo tre giorni ci hanno presi tutti.Hanno chiamato i miei genitori e hannodetto loro che ero lì e loro hanno iniziato agridare perché pensavano che stavo per es-sere spedito indietro, ma il giorno doposono arrivati . Devo essere onesto... quandosono arrivati non li ho riconosciuti subitoerano come persone estranee; non l’ho ri-conosciuta, ma quando ha detto che eramia madre ho cominciato a piangere. Eranopassati dieci anni senza vederla. Quello èstato il giorno più felice della mia vita».

Anche Luis ha vissuto i suoi primi annisenza i genitori, a casa con i nonni: «Quandosono arrivato non sapevo parlare inglese,ma qui suor Karen e gli insegnanti mi hannoaiutato molto. Quell’anno frequentavo l’ot-tavo grado. In un primo momento non ca-pivo gli insegnanti, ma alcuni amici mihanno detto: “Ti abituerai a questo, vaiavanti”. Ho avuto un buon amico anche luiarrivato da un altro paese. Suor Karen ci ha fornito un programmaadatto per imparare a parlare, scrivere e al-tro... Quando sono venuto qui non cono-scevo molta gente, mi sentivo solo. In unprimo momento sentivo di aver perso imiei amici, il mio Paese, mia nonna con laquale ho vissuto per quasi 13 anni. Avevo perso tutti... Ora sono impegnato ascuola, a livello locale, e ho nuovi amiciche mi hanno aiutato a superare i momentidifficili. Sono davvero grato per quanto lascuola e gli amici hanno fatto per me».

Beatriz, la mamma di Luis, ha vissuto 13anni senza avere la possibilità di prenderecon sé suo figlio portando nel cuore la sof-

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Informazioninotizie e novità

dal mondodei media

Informazioni

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in un ambiente relazionale smaterializzatograzie ai propri dispositivi. La “connessione/disconnessione facile”corre il rischio di diventare il paradigmadei legami umani: si è contemporaneamenteinsieme e da soli; le interazioni faccia afaccia sono spesso interrotte e “messe inpausa” dall’arrivo di chiamate e messaggi,disimpariamo a tollerare il silenzio, la soli-tudine con noi stessi o semplicemente leassenze temporanee di copertura di rete. E, non da ultimo, il pericolo molto realeche «soccombiamo al “dispotismo dei di-spositivi”», diventando cioè servitori dellemacchine che abbiamo costruito e cadiamonella malia della tecnologia che «è seduttivaquando ciò che offre incontra le nostrevulnerabilità umane».

La fraternità: spazio del misteroe luogo della Presenza

San Paolo scrive ai Romani: «La speranzapoi non delude, perché l’amore di Dio èstato riversato nei nostri cuori per mezzodello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm5,5). È lo scarto che viviamo tra il mistero ela vita quotidiana, la sfida di passare dalla“vita in comune” alla “grazia della frater-nità”, perché la carità di Dio ci abita e ci co-stituisce tali. Papa Francesco lo ripete sovente: «Fa tantomale riscontrare come in alcune comunitàcristiane, e persino tra persone consacrate,si dia spazio a diverse forme di odio, divi-sione, calunnia, diffamazione, vendetta, ge-losia, desiderio di imporre le proprie idee

Comunicazione e vita fraternaMaria Antonia Chinello

In un tempo in cui connettersi/disconnettersi negli e dagli ambientidella comunicazione digitale è facile,siamo chiamate a superare la tentazione di regolare anche le relazioni fraterne sul parametro del login/logout. Le comunità religiosesono teofania della presenza del Signore Risorto: vivono una vitatotalmente donata a Lui e respirano,per la rete di comunicazione chesono, le relazioni tra noi, con i fratelli e le sorelle.

False equivalenze

I dispositivi digitali promettono una sortadi “comunione tecnologica”, per usare un’e-spressione di Sherry Turkle, in quanto of-frono spazi di incontro accessibili, aperti,dove anche i “controlli” sono facilmenteaggirabili, dove è possibile “non sentirsimai soli”. Sono un riparo, una mediazionerispetto all’incontro con l’altro, che devesempre mettere in conto una percentualedi incognita per le reazioni, le fatiche, ilimiti, il contesto, le parole e i gesti. È facileconnettersi e accedere, confermare o sele-zionare: basta un click o un touch suglischermi. Ma è altrettanto facile, disconnet-tersi a propria discrezione. Zygmunt Baumanle chiama “modalità relazionale login/logout”.In tal modo, la compresenza fisica rischiadi non essere più garanzia sufficiente perla comunicazione, se ciascuno si disconnettedalla situazione di prossimità, dislocandosi

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a qualsiasi costo, fino a persecuzioni chesembrano una implacabile caccia alle stre-ghe. Chi vogliamo evangelizzare con questicomportamenti? […] Nessuno si salva dasolo, cioè né come individuo isolato nécon le sue proprie forze. Dio ci attrae te-nendo conto della complessa trama di re-lazioni interpersonali che comporta la vitain una comunità umana» (EG 100, 113). L’entusiasmo e il sorriso con cui accogliamoil suo magistero quotidiano dei gesti e dellaparola, non possono non scardinarci e spin-gerci ad andare in profondità, al di là dellasemplicità del linguaggio.Le nostre comunità sono una rete di donneo donne in rete, cioè in comunicazione,con alcune caratteristiche tipicamente fem-minili. È lì che ci riconosciamo, nella tramadella fraternità: aperte all’incontro, nellaconvivialità delle differenze, nel clima deldialogo che è amicizia e servizio, nel con-vergere unite in una comune missione.

La fraternità: terrenoper custodire e guarire

La rete della fraternità è il tessuto per custo-dire le gioie e le speranze, curare le fatichee le sofferenze nostre e altrui: attenzionealle relazioni, agli incontri, ascolto, dialogo,generosità, ospitalità, cura del bene comune,condivisione, corresponsabilità sono gli in-gredienti essenziali dell’esistenza comunitariaaperta come stile di vita. È la forza umaniz-zante del Vangelo che sostiene ed è testi-moniata nella fraternità vissuta in comunità.Una forza che richiede di mettersi allascuola della Parola e di sedersi a mensa ericonoscere il Cristo allo spezzare del pane,di trasfigurare il vissuto a volte grigio delquotidiano nell’orizzonte dell’amore, di im-pegnarsi in un serio cammino di formazione,che comprende l’aggiornamento anche inquelle scienze umane che possono aiutarcinella nostra missione.

[email protected]

Testimoni viventi di un amore senza limiti«Questo mondo, oggi più che mai, habisogno di vedere in voi uomini e don-ne, che hanno creduto alla parola delSignore, alla sua risurrezione ed allavita eterna, fino al punto di impegnarela loro vita terrena per testimoniare larealtà di questo amore, che si offre atutti gli uomini. […] Questa grazia nonè per l’uomo d’oggi come un soffio vi-vificante venuto dall’infinito, come unaliberazione di sé, nella prospettiva diuna gioia eterna e assoluta? Aperti atale gioia divina, rinnovando l’afferma-zione delle realtà della fede, e inter-pretando cristianamente alla loro lucele necessità del mondo, vivete genero-samente le esigenze della vostra voca-zione. È giunto il momento di attenderecon la massima serietà ad una rettifica,se ce n’è bisogno, delle vostre coscienzeed anche alla revisione di tutta la vostravita per una più grande fedeltà». (PaoloVI, Esortazione apostolica Evangelicatestificatio, 53)

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sapere di chi fos-sero. Ma l’ho conosciuto di persona soltanto5 anni fa. Ci demmo appuntamento nel suo ufficio pari-gino e, in seguito, iniziando a parlare di foto-grafia abbiamo scoperto la nostra “comunepassione”. Poi, un giorno, mi ha chiesto diprendere in considerazione l’idea di unirmi alui e a suo figlio Juliano per raccontare l’enormeavventura che avevano condiviso. Più parlavamo,più mi rendevo conto di dover “sparire” e didover lasciare la scena interamente a Sebastiãostesso e ancor più alle sue fotografie. La sua opera doveva parlare da sola». Il film è, quindi, nato da questo incontro, ma èco-diretto dal figlio che, avendo accompagnatoil padre in tutti i suoi viaggi ha messo a dispo-sizione una vita intera di immagini, interviste,conversazioni, backstage amazzonici, africanie artici del padre. Viaggiatore irriducibile, haesplorato 26 paesi e concentrato il mondo inimmagini bianche e nere di una semplicità su-blime e una sobrietà magistrale. Fotografo umanista, Salgado ha raccontato l’a-vidità di milioni di ricercatori d’oro brasilianisprofondati nella più grande miniera a cieloaperto del mondo. Ha denunciato i genocidiafricani, ha immortalato i pozzi di petrolio in-cendiati in Medio Oriente, ha testimoniato imestieri e il mondo industriale, ha perso lafede per gli uomini davanti ai cadaveri accatastatiin Rwanda. È così immerso nella realtà che rac-conta, da restarne profondamente turbato. L’at-tenzione di Sebastião è per le persone, per leloro condizioni di vita/lavoro. Le riprende con immagini in bianco e neroche sembrano davvero dare corpo al fatto chela fotografia significa disegnare con la luce. Isuoi sono disegni ‘esplodono’ letteralmente,

Il SALE DELLA TERRAdi Wim Wenders, J. Ribeiro SalgadoGB, IT, FR 2014

Mariolina Perentaler

Il capolavoro di Wenders per “ritrarre con laluce” i capolavori di Sebastião Salgado. Da Cannes a Roma, imperdibile – sintetizza l’e-sperta valutazione di V. Sammarco. Un lavoroscritto davvero con la luce e da ammirare in si-lenzio. Magnificamente ispirato dalla potenzadella fotografia del più grande fotografo vivente,ecologista e umanista, “Il sale della terra” è undocumentario potente. Traccia l’itinerario artistico e umano del fotografobrasiliano ed è co-diretto da Wim Wenders e Ju-liano Ribeiro Salgado, figlio di Sebastião: un’e-sperienza estetica indimenticabile. Alternando la storia personale dell’artista con leriflessioni sul suo mestiere, il docu-film premiatolo scorso maggio in Un Certain Regard a Cannes� ha un respiro intimo e cosmico insieme, unapreghiera che dialoga con l’anima dell’uomo, lastoria, la natura e Dio. Guardare le fotografie di Salgado che negli ultimi40 anni ha viaggiato in oltre 100 paesi mostrandoi mille volti delle Americhe, le miniere d’oro inBrasile, la carestia nel Sahel, il genocidio inRwanda, uomini e donne al lavoro, e infine laspettacolare bellezza della natura incontaminata,significa non solo conoscere popoli e nazioni,altri uomini e altre donne assai diversi da noi,ma soprattutto incontrare noi stessi.

Una vita di immagini: film unico e appassionante

“Documento”, più che documentario, “Il saledella terra” comunica una grande esperienzaemotiva, testimonianza di amore e bellezzadestinata a lasciare un segno profondo nelcuore dello spettatore. Il regista racconta cosìla sua genesi: «Conosco il lavoro di Sebastiãoda circa 25 anni, a partire da due incredibili fo-tografie che avevo acquistato e ammiravo senza

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inondando di emozioni chi li sta osservando.Il film, però, è costruito come un polittico,offre allo spettatore diverse prospettive: nonracconta solo lo straordinario talento di un fo-tografo molto speciale, ma anche il suo toccanterapporto con il figlio e la sua storia d’amorecon la moglie Leila. È grazie a lei che si èritrovato tra le mani la sua prima macchina fo-tografica scoprendo così la propria missione. Costruisce una famiglia e condivide tutte lesue vicende, compresa la depressione dopoavere visto l’orrore provocato dall’uomo. Per lei si riprende e fonda l’agenzia “AmazonasImages” insieme al suo ultimo, monumentalelavoro: “Genesi”. Fa la riscoperta creativa del-l’ecologia e, con le ultime tribù non contaminate

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della nostra civiltà, ripristina pazientemente lariforestazione nella zona della vecchia fattoriadi famiglia. La trasforma in un parco naturalecreando l’Istituto Terra, il progetto ambientalea cui si dedica totalmente. Una persona insomma ed un talento davverounici. Wenders lo sente: forse per questo lasua affascinata ammirazione per l’amico ha po-tuto concretizzarsi in uno splendido film. Un omaggio che ha l’intensità del capolavoro.Si accosta “all’uomo” e alla sua “vita di immagini”con rispetto e commozione, scomparendo dav-vero dietro la macchina da presa per lasciarparlare le immagini.

[email protected]

L’idea del film

Il rapporto Cinema - Reportage: dalla potenzalirica, storica, umanistica della fotografia di Sal-gado al docu-film.

Seguendo il fotografo nei suoi ultimi viaggi, eascoltando dalla sua voce la storia dei suoiscatti più importanti, il regista tedesco (Palmad’Oro nel 1984 con Paris, Texas) dà vita ad unacreazione che alimenta il cinema con il suonutrimento primario: l’immagine. Meglio, con “un’immagine vera”: la fotografia.Attraverso l’occhio di Salgado ha saputo rac-contare i continenti sulle tracce di un’umanitàin pieno cambiamento. Sì, fotografare. Scrivere con la luce. Ritrarre. In pochi lo hanno saputo fare, losanno fare come lui, uno tra i più grandifotografi contemporanei. Wim Wenders scegliedi raccontarlo attraverso gli infiniti reportageche ha costruito: realizza un docu-film ecce-zionale, incontro tra foto e cinema. Uno sguardo morale “reale”, non illusionistasul mondo/storia, attraverso l’inedita ricchezzadi produzione lirico-documentativa raccolta emessa a disposizione dal figlio Juliano, suquanto Sebastião ha compiuto. Nel rivedere quegli scatti, sembra di riviveretutto l’orrore di un’umanità ferita, spesso ago-nizzante, eppure bellissima. Sempre capace dirinascita e di riscatto.

Il sogno del film

“Se fotografi la vita devi dare dignità ai tuoisoggetti e devi astenerti dall’entrare nell’ambitodi un certo voyerismo”. (W. Wenders)

Ci si riesce soltanto se si lavora con un sensodi profonda solidarietà nei confronti delle cosee delle persone che stanno davanti. Non moltifotografi ci riescono: tendono a scattare im-magini rapidamente ovunque arrivano e poise ne vanno. Sebastião non lavora così. La suaopera testimonia che ha investito tempo intutte le situazioni fotografate e vissuto con lepersone che inquadra. È diventato loro amicocondividendo radicalmente la loro vita. «Lavoraper loro, per dare loro voce, afferma il registaWenders. Abbiamo effettuato buona parte delle ripresein bianco e nero, proprio per integrarvi megliole sue fotografie. Si potrebbe dire che il lavorodi riforestazione in Brasile e il successo quasimiracoloso che ha avuto di fatto, hanno rap-presentato un lieto fine per Sebastião, dopotutte le cose terribili alle quali ha assistito». Dietro ogni scatto dell’artista c’è una storia,un’emozione e il film diventa così un docu-mentario monumentale e struggente in cui l’o-scurità insegue la luce e viceversa. Dentro una scala di grigi che attraversa la vitae la morte, il calvario e la speranza. Opera dav-vero affascinane. Indimenticabile.

PER FAR PENSARE

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volgente il suo impegno di voler aiutare i piùdeboli. Padre Pino intendeva prevalentemente resti-tuire all’uomo quella dignità di cui era statoprivato, e alla morte la tragicità di cui era stataspogliata. Come sacerdote non eccede in su-perflue prediche ma rende i sacramenti ade-renti alla realtà; è con questo spirito che ac-coglie la confessione di Francesco, la qualediventa vera catarsi, cancellazione del suo in-ferno interiore.

Una nuova vita

«Riparare è molto più eroico di costruire», af-ferma padre Puglisi a Serena perché si per-suada a non arrendersi. Questa era semprestata la sua missione, portata avanti con tena-cia e perseveranza. Ciascun educatore può ri-trovarsi nella passione per i ragazzi che tra-spare dalle parole e, in particolare, dalla testi-monianza di don Pino. Il romanzo ha un fortetaglio storico, non solo riguardante la figuradi padre Puglisi, infatti il racconto ricorda il 23maggio 1992. La scuola sta per finire: un grup-po di liceali palermitani sta festeggiando inpiscina, quando dalla tv giungono le immagi-ni della strage di Capaci. Federico è uno di quei ragazzi. Mesi dopo, al-la fine di un nuovo anno scolastico, propriomentre si prepara ad andare a Oxford per unmese di studio, Federico incontra “3P”, l’inse-gnante di religione. Lo chiamano così perché il suo nome intero èpadre Pino Puglisi, il quale non se la prendema sorride. “3P” lancia al ragazzo l’invito adandare a Brancaccio a dargli una mano con ibambini del centro “Padre Nostro”.

Alessandro D’Avenia

Ciò che inferno non èEmilia Di Massimo

L’ultimo romanzo di Alessandro D’Avenia,Ciò che inferno non è, si apre con la descri-zione della città di Palermo vista dall’alto, al-l’alba, con i colori del primo risveglio, quan-do la luce ancora incerta, alterandone i colo-ri, la rende ancora più smagliante. Di fronte allo spettacolo in chiaroscuro deitetti e del riflesso di luce che giunge dal ma-re, Federico, il giovane protagonista del ro-manzo, pensa all’arte del Caravaggio. E sarà proprio il chiaroscuro l’elemento do-minante nel racconto, l’alternarsi di spazi disperanza a spazi di disperazione nella vita deipersonaggi. Qui, in questa città ricca di arte,custode di tradizioni e culture antiche, si so-no radicati abuso e sopraffazione, sfrutta-mento e violenza.

Un buon aiuto per gli educatori

L’opera coraggiosa di padre Pino Puglisi è vol-ta al recupero dei giovani più diseredati, dibambini abbandonati e adolescenti dediti alfurto e alla prostituzione. In lui c’è una vo-lontà, un desiderio e l’ambiziosa aspirazionea spegnere il fuoco dell’inferno che circondai suoi ragazzi. Il romanzo, pertanto, diventa un buon aiutoper gli educatori, soprattutto perché, anchese il personaggio di don Puglisi non può pre-scindere dalla sua professione di fede, questaè vista mediante gli occhi dell’adolescentelaico Federico, che porta il nome di un sovra-no antico, e come lui ama la letteratura e lasua terra. Ha diciassette anni e il cuore pieno di do-mande alle quali la vita non ha ancora rispo-sto; forse è per tale realtà che la missione dipadre Pino risulta più convincente e più coin-

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Quando Federico attraversa il passaggio a li-vello che porta a Brancaccio, ancora non sache in quel preciso istante comincia la suanuova vita, quella vera.

Una realtà totalmente diversa

Quella sera tornerà a casa senza bici, con illabbro spaccato da un pugno e con la sensa-zione di dover ricominciare da capo: dal buiodei vicoli, dalle vite spesso disperate e sem-pre durissime di Francesco, Maria, Dario etanti altri. E� l’intrico dei vicoli controllati dauomini per i quali il solo comandamento darispettare è quello dettato da “Cosa Nostra”.Ma sono anche le strade abitate da tanti chenon rinunciano a sperare in una vita diversa,che li porti lontano come il pallone quandolo si calcia fortissimo nel campetto di terrabattuta. Sono le strade dove si muove Lucia, ragazzadagli occhi pieni di coraggio e di limpidezza,che ha l’ardire di guardare il mondo e di nonvoler fuggire perché il solo lievito, per uncambiamento possibile, è nascosto tra le ma-

ni di chi apre orizzonti diversi dalla violenza edesolazione. Nel cuore di Federico cresce la sensazione diavere scoperto una realtà totalmente estra-nea, ma si accorge che lo riguarda da vicino. Il romanzo è anche un testo formativo per lacrescita interiore di un adolescente. 15 set-tembre 1993: giorno del cinquantaseiesimocompleanno di padre Pino, lo stesso in cuiviene ucciso. Il giorno in cui la bellezza e la speranza perPalermo restano affidate per sempre alle ma-ni di un ragazzo. D’Avenia, studente del liceodove padre Puglisi insegnava, ha raccolto lasfida che la vita gli aveva lanciato: raccontarequegli anni terribili. Il ritratto di una città con-traddittoria e meravigliosa, di una societàsoffocata dall’omertà, ma capace di impareg-giabili testimonianze di coraggio. Con l’emozione del testimone, D’Avenia nar-ra una lunga estate in cui tutto sembra immo-bile, eppure tutto si sta trasformando, e donanuovamente vita a un uomo straordinario,che dialoga insieme a noi con la sua voce pa-cata e mai arresa, con quel sorriso che non sispense nemmeno di fronte al suo assassino,con il coraggio di chi nell’atto stesso di morireinsegna come vivere a chi resta, continuandoa testimoniare che “impariamo tutto”.

Un romanzo coraggioso

“Ci insegnano tutto. Invece l’amore, che è lacosa più importante e la più difficile, nessunoce lo insegna. Eppure se non lo impari restiun analfabeta della vita”. Un romanzo coraggioso, dunque, con il qua-le l’Autore celebra non solo la figura di donPuglisi, ma ricorda anche il suo amore per ilquartiere Brancaccio. Unendo il respiro antico di una narrazionecorale e l’intensità di un’invocazione, il ro-manzo parla di noi e della possibilità, se tor-niamo a guardare la vita con gli occhi deibambini, di riconoscere anche in mezzo allapolvere “ciò che inferno non è”.

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di servizio pubblico. Era il 1 febbraio 2010a Hollywood - Los Angeles quando artisticome Dave Matthews Band, Linkin Park,Maroon 5, The Roots, Willie Nelson, SherylCrow si sono ritrovati per il lancio ufficialedella Green Music Group.

«Stasera abbiamo celebrato un momentodi svolta. Leader del settore della musica egli appassionati che si uniscono per creareun cambiamento significativo. L’associa-zione Reverb ha aiutato i singoli artisti arendere i loro spettacoli green negli ultimisei anni. Volevamo fare di più. I nostriartisti, i locali e le etichette hanno volutofare di più invitandoci a prendere l’iniziativaavviando il Green Music Group» ha dettoil cantante Adam Gardner dei Guster, cheaveva fondato la onlus Reverb con la moglie,l’ambientalista Lauren Sullivan. «GreenMusic Group risponde alla chiamata uti-lizzando il potere collettivo della comunitàmusicale per portare un vero cambiamentoambientale duraturo».

Dal 2004 Reverb aveva già sponsorizzato80 importanti tour musicali sensibilizzandooltre 10 milioni di appassionati di musica.Il gruppo no-profit ha anche collaboratocon varie entità all’interno del mondo dellamusica da etichette discografiche alle sta-zioni radio. «Green Music Group si baseràsu ciò che Reverb ha già compiuto, la crea-zione e l’attuazione di linee guida e standardverdi a livello di settore, fornendo una co-munità online dinamica in cui i fan possonointervenire».

Green music: la musica a sostegno del pianetaMariano Diotto

Negli ultimi decenni è aumentata la sensi-bilità verso i temi sociali riguardanti il ri-spetto del pianeta Terra e l’eco-sostenibilitàdel nostro stile di vita consumistico. È nata la green economy che si occupadell’impatto ambientale della produzioneindustriale di materie prime, di manufatti,dell’utilizzo degli elementi naturali comel’acqua. Sono nate linee alimentari bio chesi curano principalmente della produzionein ambienti protetti da inquinamento econ energie riciclabili. E anche nel mondomusicale esiste la green music.

Cos’è la Green Music

La Green Music Group è un progetto natodalla onlus americana Reverb. È su scalamondiale l’unione di musicisti, leader delsettore e appassionati di musica che uti-lizzano il potere collettivo per realizzareun cambiamento ambientale nel mondodiffondendolo attraverso la musica.Dare il buon esempio da parte di GreenMusic Group vuol dire: amplificare il lavorodi organizzazioni non profit nazionali perla costruzione su scala internazionale diuna vivace comunità impegnata nell’azionedi salvaguardia ambientale; creare una co-munità online coinvolgente di musicisti,leader del settore musica e appassionatidi musica tutti impegnati ad affrontare lepiù grandi preoccupazioni ambientali; fa-cilitare una consapevolezza più green nelpubblico grazie alle tournée di artisti in-ternazionali attraverso sovvenzioni o conla produzione di video virali e campagne

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Cosa vuol dire rendere green la musica?

Forse non ce ne rendiamo conto ma adesempio la realizzazione di un tour di uncantante comporta un inquinamento am-bientale enorme: la produzione dell’alle-stimento come il palco, le tensostrutture,le coperture e gli spostamenti dei mezzidi trasporto (solitamente anche 4 o 5 TIR)sono altamente inquinanti. Anche lo smal-timento dei materiali al termine del tour èun problema non indifferente. Green Music Group si occupa proprio del-l’abbattimento degli sprechi energetici,del riciclaggio dei materiali al termine deltour, dello smaltimento dei rifiuti derivatidall’utilizzo degli stadi o degli spazi pubblici,oltre ovviamente a sensibilizzare i giovani

sulla salvaguardia ambientale del pianetaper ridurre gli sprechi e ottimizzare le ri-sorse naturali. Alla causa si stanno unendoanche attori come Ellen Page, la protago-nista del famoso film Juno, o campioni delbasket del National Basketball Association(NBA) come Jordan Farmar.

Molte sono le canzoni che parlano dellatutela dell’ambiente. «Oceans, rivers, lakesand streams have all been touched by man.The poison floating out to sea now threatenslife on land. Don’t go near the water (Ocea-ni, fiumi, laghi e torrenti sono stati tuttitoccati dall’uomo. Il veleno galleggiantein mare ora minaccia la vita sulla Terra.Non andare vicino all’acqua)», cantavano iBeach Boys all’inizio degli anni 70 nellacanzone Don’t go near the water affron-tando il tema dell’inquinamento dell’acqua;ma anche A Hard Rain’s A Gonna Fall diBob Dylan del 1963 che parla della pioggiadi scorie radioattive a Cuba in seguito aun’esplosione atomica; o Michael Jacksoncon la sua Earth song del 1995.

[email protected]

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Per ulteriori informazioni eper scoprire le iniziative diGreen Music Group: www.greenmusicgroup.org

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nostra Regola, ma mi rispondono che cisono modi più moderni per comunicare... Il problema è che non c’è più voglia didialogare!».

Confidenza di suor Carlotta, responsabiledi oratorio: «Pronto, Camilla... come vala vita? Sì, anche qui tutto bene se nonfosse per quella benedetta e santa donnadella Superiora! Come sempre ha millecose da fare (lei...) che non riesce atrovare un po’ di tempo per nessuno;quando ci sono i laici con cui confrontarsi,quando c’è qualcuna da sostituire, quan-do c’è un convegno in cui rappresentarel’istituto... insomma, quasi non mi ricordonemmeno che faccia ha! E poi, il giorno che riesci a trattenerlaseduta davanti a te per una mezz’ora, olavora all’uncinetto o sfoglia una rivistao sonnecchia stremata dai suoi mille im-pegni... Il problema è che non c’è piùvoglia di ascoltare!».

Capite bene, mie care, che a me resta ildilemma: manca il dialogo o l’ascolto?Hanno ragione le direttrici sempre boi-cottate dalle suore o le sorelle appenasopportate dalle superiore?Forse la risposta sta in un po’ di equilibrio,che non guasterebbe! Da una parte edall’altra!

Parola di C.

C’era una volta... il colloquio

Mie carissime, l’argomento che voglioaffrontare questa volta mi sta a cuore al-meno quanto voi perché è di quelli scot-tanti; devo confidarvi che se ne parlo èperché mi procura un senso di fastidioogni volta che su questo sono richiestadi un parere. Beninteso le nostre Costi-tuzioni sono chiare in merito, ma in que-sto mese mi è capitato di raccoglieredue confidenze da amiche di vecchiadata e... giudicate voi se non è lecito la-sciarsi andare allo sconforto tipico dichi non sa che pesci prendere!

Confidenza di suor Orsola, direttrice:«Eh cara Camilla, il tempo passa in frettae anche la vita religiosa non è più quelladi una volta. Prendi il colloquio, ad esem-pio... quindici anni fa avevo una comunitàdi 40 suore e in un mese riuscivo a farfare il rendiconto a tutte, ora che sonoin una comunità di dieci, dico dieci suore,passano settimane senza che si presentinessuna!... Mi pare di sentire il tuo rim-provero: sì, certo che non sto solo adaspettarle in ufficio! Le avvicino nei momenti più informali, eloro mi liquidano con una battuta; levisito nelle loro attività, ma sono troppoprese da quello che fanno, tengo spa-lancata la porta del mio ufficio, e puoistar certa che piuttosto che passare lìdavanti fanno il giro della casa; per ultimoricordo anche che è un punto della

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da mihi animas:

il nostro modo di crescere insieme

Nel prossimo numero

DOSSIER: ALLARGATE LO S

GUARDO... CON I GIOVAN

I

Essere comunità aperte e accoglienti: spazi di Vangelo

in cui Gesù sia al centro;

dove con i giovani possiamo vivere lo spirito di famiglia

tipico di Valdocco e Mornese nel rispetto

di ogni persona e nella corresponsabilità.

CULTURA ECOLOGICA: SI

CUREZZA ALIMENTARE: Q

UALE FUTURO?

L’uomo è al centro della catena alimentare che,

ripensata attraverso l’applicazione di nuove tecnologie,

diventa più sostenibile e autosufficiente.

FILO DI ARIANNA: DALLA

SINCERITÀ ALLA VERITÀ

Sincerità e verità non si identificano.

Alla verità condivisa si può arrivare solo attraverso un ascolto

rispettoso dell’altra/o e la consapevolezza

di non essere noi le detentrici, i detentori della verità.

DONO E CULTURE: EDUCA

RE ALLA GRATUITÀ

Il bisogno di gratuità in un’epoca di disincanto,

un modo originale di aggrapparsi alla vita.

CARISMA E LEADERSHIP:

CONVERGENZA: MISSION

E E PROGETTO COMUNIT

ARIO

Le tematiche affrontate nel testo,

con riferimenti carismatici a Laura Meozzi sono:

capacità di mettere in rete, di far fare,

di mettere le persone in relazione tra di loro.

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FARE IL BENE SENZA COMPARIRE.

LA VIOLETTA STA NASCOSTA MA SI CONOSCE E SI TROVA

GRAZIE AL SUO PROFUMO...DON BOSCO

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