Rimango qui ancora un po' - estratto libro - Paoline

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Rimango qui ancora un po’ storie di vita e segreti di longevità elena miglioli - renato bottura

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Ci sono, eppure non li vediamo. Giacciono come vittime inermi di una società che vuole silenziarli, ignorarli, metterli all’angolo in ambienti, sì, protetti ma isolati. Eppure loro vivono e offrono alla società nuove possibilità per comprendersi, per costruire il futuro, ma anche per imparare i segreti e i trucchi della longevità. Chi sono?!

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Rimango qui ancora un po’

storie di vita e segreti di longevità

elena miglioli - renato bottura

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Elena Miglioli, giornalista, è respon-sabile della Struttura Comunicazione dell’A-zienda ospedaliera di Mantova. È stata redat-trice del quotidiano La Voce di Cremona e ha collaborato con varie testate giornalistiche, tra le quali Il Giornale. Con Paoline ha pubbli-cato La notte può attendere. Lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale (2013).

Renato Bottura, dirigente sanitario della Fondazione Mazzali di Mantova, è medico specializzato in geriatria. Su tematiche riguardanti gli anziani ha scritto numerosi libri, fra i quali Quarta età (2003) e Il sapore dell’attesa (2013). Da molti anni svolge attività di volontariato presso il carcere di Mantova e in alcuni Paesi africani.

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« Chi l’ha detto che le rughe scavate del volto sono da cancellare? Chi l’ha detto che gli occhi intensi e vispi di un centenario sono brutti? Chi l’ha detto che la torta con 100 candeline sia retorica? ». Questo libro, che intende mettere in luce gli aspetti più affasci-nanti della « quinta età », è costituito da due parti diverse e complementari.

Nella prima sono presentate storie di vita spesso curiose e in ogni caso straordinarie, come quelle di Ange-lo Loforese, tenore dalla voce pie-na e squillante come ai tempi delle tournées mondiali; di Lanfranco Frige-ri, pittore e scultore, uno dei padri del Surrealismo in Italia; di Vito Ortelli, che in sella alla sua bicicletta riuscì a battere Coppi e Bartali; di Arturo Paoli, missionario dei Piccoli Fratelli del Vangelo.

Ma come hanno fatto queste per-sone a vivere così a lungo e bene? È solo questione di genetica o c’è dell’al-tro? Nella seconda parte del volume, l’occhio clinico del geriatra analizza quei fattori che si possono ritenere responsabili di una buona – spesso ot-tima – vecchiaia: stili di vita, passioni, spiritualità, valori.

Da due prospettive diverse ma a un’unica voce, in questa società che sembra voler rimanere giovane a tutti i costi, gli autori invitano a non demo-nizzare la vecchiaia, ma a viverla come un periodo della vita comunque fertile e ricco di opportunità.

D 13,00

Foto di copertina di Roberto Bertoni.

Il vento mi chiamae con voce carezzevolesussurra nelle mie orecchie:« Fra poconon è forse oradi andare in quel mondo? ».

Allora iodi getto rispondo:« Rimango quiancora un po’,perché ci sono coseche vorrei ancora fare ».

Questi versi di Shibata Toyo, poetessa giapponese vissuta 101 anni, possono essere considerati il manife-sto dei protagonisti di questo volume: « grandi vecchi » che stanno per raggiungere, o hanno già raggiunto, il secolo di vita, ancora sorprendentemente attivi, con un vissuto ricco e meritevole di essere conosciuto.

Le loro storie, a volte imprevedibili come un roman-zo, contengono « segreti di longevità » che la scienza cer-ca di carpire e che sono fondamento di un patrimonio umano ed esperienziale ineguagliabile.

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PREFAZIONE

Queste delicate storie di centenari narrate da Elena Miglioli, unite alle considerazioni scientifiche di Renato Bottura, contribuiscono a una delle riflessioni centrali dei nostri giorni: come diffondere la coscienza che la longevità è un patrimonio. Io credo sia necessaria e ur-gente una rivoluzione culturale che convinca che una lunga vita ha un valore concreto se l’anziano è nella condizione di trasmettere le proprie idee. Per questo bisognerebbe esplorare la mente senile nella sua profon-dità – come fa Elena nei suoi ritratti – che è l’esatto contrario di ciò che avviene oggi nelle società occiden-tali, in cui più si invecchia e meno si viene considerati.

In realtà, dal punto di vista del pensiero, la vecchiaia è l’età umana più prolifica e profonda perché pone di fronte alle domande fondamentali sul senso della vita e la sua fine. Molti uomini di pensiero, artisti e scrittori hanno dato il meglio di sé da anziani. Pensiamo a Cha-gall nella pittura, a Montale e Vicente Aleixandre nella poesia o a De Oliveira nel cinema. Ho sempre sostenu-to che la nostra età è l’età della nostra mente e in gran parte dipende da noi mantenere giovane il nostro cer-vello. La scienza ha dimostrato, infatti, che il cervello può non invecchiare, perché ha una riserva di cellule

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staminali proprie, in grado di rigenerare costantemente le cellule cerebrali (i neuroni) che vanno perdute. Dun-que, dal punto di vista anatomico non esiste un irrever-sibile decadimento cerebrale, se non in presenza di specifiche malattie; anzi, con il tempo aumentano le si-napsi, le strutture che permettono i collegamenti fra neuroni. Questo significa che con il passare degli anni si può perdere la memoria ma continuare a sviluppare la capacità logica e creativa.

Quindi la buona longevità non è privilegio dei pochi favoriti dal destino, ma è anche una costruzione perso-nale. Come nutriamo il nostro corpo con il cibo e lo teniamo attivo con il movimento, così dobbiamo alimen-tare il nostro pensiero con la conoscenza. In ogni età della vita è importante conservare la curiosità intellet-tuale e costruire e difendere il proprio sistema autonomo di pensiero. I modi per farlo sono molti e alla portata di tutti: leggere, scrivere, frequentare dibattiti. La mente va mantenuta attiva nella consapevolezza che la propria « produzione intellettuale » non è una mera soddisfazio-ne del proprio ego, ma può diventare un’eredità condi-visa dalle nuove generazioni. È così che, come accenna-vo all’inizio, la longevità diventa patrimonio.

Uno dei motivi principali per cui tutti noi temiamo la vecchiaia – e la morte a cui la vecchiaia inesorabilmen-te ci avvicina – è l’oblio. Molti pensano che scacciare questa paura sia uno dei fondamenti delle religioni rive-late, che assolverebbero un ruolo consolatorio. Anche il pensiero razionale ha trovato tuttavia una sua risposta, perché per la scienza ha individuato due forme di « im-mortalità ». La prima è quella del DNA, che si trasmet-

Questo testo è un'anteprima del libro. Il numero delle pagine è limitato.

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te dai genitori ai figli di generazione in generazione, la seconda è quella delle idee. In realtà, questa ipotesi nasce dalla filosofia, perché il primo a teorizzare la so-pravvivenza intellettuale fu Platone, il quale nel Fedone racconta che Socrate, condannato a morte per empietà (aveva dichiarato pubblicamente di non credere agli dèi), afferma di non essere angosciato per la morte fisi-ca del proprio corpo, perché la propria anima sopravvi-verà. Ma nella filosofia socratica per « anima » si intende il proprio pensiero. Infatti Socrate è ancora vivo: dopo 2400 anni stiamo dibattendo di lui, poiché le sue idee e il suo insegnamento sono vivi. Ecco come può essere la nostra personale immortalità.

Dunque la morte ha un grandissimo valore anche nel pensiero scientifico, tanto da attribuirne ancora di più alla vita stessa, a ogni forma di vita. E di conseguenza la scienza rivaluta anche la vecchiaia, come età della vita dedicata più alla riflessione che all’azione, e quindi come momento di trasmissione dell’esperienza e della saggez-za. E aggiungerei anche dell’amore, come ci insegna Elena raccontandoci, nelle prime pagine del libro, della sua nonna Lucia.

Umberto VeroneSi

Direttore dell’Istituto Europeo di Oncologia, Milano

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Elena Miglioli

CENTO DI QUESTI GIORNI  

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A mo’ di introduzione

I VECCHI, GIARDINIERI DELLE NOSTRE RADICI

« Ve-lo dico e ve-lo nego... Ve-lo torno a dir di nuovo e se non lo capirete... teste d’asino sarete! »

« Nooonnaaa, ci arrendiamo, questo indovinello è troppo difficile! »

« Nessuno di voi conosce la risposta? Che asini! Vi cresceranno le orecchie, come a Pinocchio. Per non parlare del naso, quello vi si allunga ogni giorno, colpa delle vostre bugie! »

« Ihooo, ihooo, ihooo! Nonna, almeno un suggeri-mento… »

« Veee-lo… veee-lo… dico e ve-lo nego… »« ?! »« Insomma: il velo. Ecco la soluzione ».

I bambini mimano il raglio dell’animale, scorrazzan-do attorno al tavolo della cucina. La donna prosegue il suo lavoro imperterrita, fingendo noncuranza. Agita energicamente una bottiglia di vetro dentro la quale, di lì a qualche ora, prenderà forma un panetto di burro. È un’operazione magica, come le filastrocche e gli indovi-nelli che spuntano sulla sua lingua. Le lettere sono zampe di millepiedi che saltellano fuori dalle labbra, scivolano nelle tasche del grembiule, si nascondono dietro ai cuscini.

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Nonna Lucia è un incantesimo. Le sue filastrocche vengono da quella terra lontana da cui è partita ragaz-za per mettere su famiglia. Le ha portate in valigia dal Friuli, insieme alla dote delle nozze. Sanno di polenta e formaggio. Profumano di mosto e brace. Hanno il suo-no delle cantilene riscaldate nei camini fumanti, girate e rigirate dentro i pentoloni di rame sul fuoco scoppiet-tante che culla le sere come una ninnananna. Quelle mani di piuma hanno munto, cucito, zappato, cucinato, accarezzato, consolato. Gli occhi strappati ai cieli di primavera si sono chiusi davanti agli orrori delle guerre e spalancati come finestre in cerca d’aria pura sui giorni traboccanti di letizia.

I vecchi, giardinieri che innaffiano con premura le nostre radici, offrono ponti che resistono ai bombarda-menti sui quali camminare per non cadere nel vuoto della memoria. Ci ricordano l’alternarsi delle stagioni. Nelle case della storia erano i pilastri della famiglia: di-spensatori di buoni consigli, conforto nelle asperità, slancio rassicurante verso l’avvenire.

I vecchi oggi siamo noi, in questo mondo sempre più canuto che pure sbatte la porta in faccia alla vecchiaia e la lascia fuori al freddo, con i piedi nella neve. Quell’o-spite respinto che invece entrerebbe a testa bassa e, senza disturbare troppo, si siederebbe umilmente in un cantuccio aprendo un forziere carico di saggezza.

Nonna, quando te ne sei andata, ho pianto più dei torrenti che precipitano lungo i pendii della tua Carnia. Sbirciando dalla finestra, dentro la cucina che ora nes-suno abita più, ti ho vista ancora a lungo sul divano in

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pelle marrone che a forza di reggerti aveva trattenuto la forma del tuo corpo ricurvo. Mi sorridevi, facendomi segno di entrare. Ho sempre sospettato che fossi una strega buona. Per questo potevi permetterti di rimanere là dentro un altro po’, accanto alla stufa fumante. Ran-nicchiata con i pulcini pigolanti che tenevi al caldo nella scatola foderata di cotone, come neonati in un’in-cubatrice. Anche se dall’Alto ti avevano già assegnato una nuova destinazione. Sei partita troppo presto per-ché io potessi fermare sulla carta le tue storie. Allora, sulla carta fermo te, mani di piuma e occhi di cielo.

Arrivederci, nonna.

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Renato Bottura

PILLOLE DI LONGEVITÀ

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A mo’ di introduzione

ARRIVEREMO TUTTI A 100 ANNI?

« A 70 anni sei un bambino, a 80 anni un giovane e a 90 anni, se gli avi ti chiedono di raggiungerli in paradiso, rispondi loro di aspettare finché non compi 100 anni e forse allora potrai pensarci ».

Questo originale e paradossale aforisma proviene dall’isola di Okinawa, definita « l’isola dei centenari », perché raccoglie la più alta concentrazione di ultracen-tenari del nostro pianeta. Essa si configura come una sorta di laboratorio naturale antiaging. Come evidenzia-to dagli studi effettuati sull’isola, non è importante solo il corredo genetico per vivere in salute e a lungo, conta-no soprattutto la tipologia dell’alimentazione, l’apporto calorico e la qualità degli alimenti, l’attività fisica, la gestione dello stress, le integrazioni sociali, un corretto atteggiamento psico-spirituale. Riprenderò successiva-mente alcuni di questi punti.

Gli studi sull’estrema longevità (diciamo dai 90 anni in su) segnalano che, per raggiungerla, occorre un cor-retto rapporto fra ambiente, stile di vita, genetica e stocasticità. Quest’ultimo termine indica la casualità degli eventi: ogni persona, e anche ogni centenario, è frutto di combinazioni uniche e irripetibili, dove il caso (inteso in senso scientifico e non filosofico) si affianca

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agli altri tre fondamentali fattori. Dell’aspetto stocastico si conosce molto poco, e resta solo un’intuizione. Quin-di in questa sede non lo affronterò.

La dimensione genetica

È noto che il patrimonio genetico di un individuo, man mano che passano i decenni, è sempre più sogget-to alle influenze ambientali e al tipo di vita che la persona vive e sceglie. L’epigenetica, branca recente ma fondamentale della genetica, dimostra che i com-plessi sistemi genetici possono ampiamente essere modificati dall’ambiente-stile di vita. È corretto ricor-dare che il DNA (che contiene i geni che codificano, cioè costruiscono, le proteine utili alla vita) ha in sé altri geni, troncati, pseudo-geni, diversi dai geni che funzionano. Su 3 miliardi di basi del DNA, solo 100 milioni sono codificanti. È questa l’intuizione dell’epi-genetica: non è pensabile che 2 miliardi e 900 milioni di basi non servano a nulla. È probabilmente questo enorme DNA silente che si modifica in rapporto a cau-se esterne, permettendo ai geni di esprimersi, per il bene o per il male dell’organismo. Questa teoria in parte è già stata dimostrata. Pensate solo a un esempio: se il bimbo piccolo è stato amato, accarezzato e coc-colato, produce più geni che codificano la serotonina (neurotrasmettitore del buonumore), mentre il bimbo non amato ne codifica poca e sarà più esposto alla depressione nel corso di tutta la sua vita.

Un secondo aspetto importante nella nuova ricerca lo suggerisce Claudio Franceschi, tra i maggiori lumina-

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ri al mondo in questo ambito di studio1. Egli afferma che noi siamo metaorganismi, nel senso che il nostro DNA viene in contatto, durante la vita, con molti altri DNA che lo influenzano. Sono i virus, i batteri, i funghi che incontriamo e che albergano nell’organismo. Chissà quanti microorganismi entrano nel nostro corpo con il cibo e con l’aria. Ma ancora di più la pelle e l’intestino sono popolati da un numero incredibile di batteri buo-ni e cattivi. Si calcola che nel colon si trovi costantemen-te oltre un chilo di batteri. Capiamo allora quanto sia importante la nostra funzione di defecazione: se è rego-lare e normale, il benessere dell’organismo ci guadagne-rà molto, al contrario se siamo stitici o diarroici. E qui la saggezza degli anziani la dice lunga: la frequente preoccupazione della stitichezza ha certamente un valo-re molto significativo.

C’è poi chi attribuisce a un solo gene la fortuna della longevità. Ipotesi insufficiente, ma significativa, soste-nuta da un ricercatore americano che valorizza il gene FOXO3. Esso entrerebbe in gioco verso i 75-80 anni, assicurando a chi lo possiede un altro ventennio di buo-na salute. È comunque improbabile, come già detto, che solo un gene su 100 milioni sia responsabile di tanto benessere. Sempre gli studi di Franceschi sottolineano

1 Claudio Franceschi è professore di Immunologia al Dipartimento di Pa-tologia Sperimentale dell’Università di Bologna. Ha fondato nel 2002 e diretto fino al 2006 il Centro Interdipartimentale L. Galvani per gli studi integrati di bioinformatica e biocomplessità dell’Università di Bologna. Coordina il progetto integrato GEHA - Genetics of Healthy Aging, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Sesto Programma Quadro per la ricerca di determi-nanti genetici di longevità. È stato il pioniere degli studi sui centenari in Italia e nel mondo.

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A mo’ di conclusione

QUEL DISEGNO MISTERIOSO CHE DOMINA LA VITA

Per scrivere questo libro abbiamo compiuto un viag-gio in tante direzioni. In giro per l’Italia, fisicamente, telefonicamente o con le moderne tecnologie. Per dirne una, Giacobba, dalla lontana Sardegna, ci ha raccontato la sua storia secolare grazie a Skype: è comparsa nel monitor del pc con il suo foulard nero in testa e ci ha strappato subito un sorriso. Certo, era accanto ai paren-ti che hanno attivato il collegamento, ma chi avrebbe mai pensato di intervistare un’ultracentenaria in questo modo?

Viaggio fisico e virtuale, quindi, ma soprattutto me-taforico. Nel passato di questi personaggi speciali e nel nostro stesso passato, che la loro testimonianza mantie-ne vivo. Il passato, poi, si incontra e si scontra con il presente e con il futuro. E ancora: un viaggio nella no-stra amicizia, così volitiva e tenace da chiederci di stare fianco a fianco anche attraverso la scrittura. E la scrittu-ra è un po’ come l’acqua: i fiori vanno innaffiati, così i legami affettivi. Un viaggio anche nel nostro intimo, giacché le persone che abbiamo incontrato ci hanno costretto a interrogarci sul senso del nascere, del vivere e del morire.

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Vecchi « all’antica », vecchi « digitali », vecchi comu-ni o popolari, vecchi sempre straordinari. Li ringraziamo tutti, i nostri vecchi, per la saggezza, la tenerezza, la bellezza che ci hanno regalato. E perché proprio loro, che per natura dovrebbero essere vicini alla morte, ci hanno fatto sentire più vivi. Ma come mai, poi, così vecchi? Le riflessioni su tanti vissuti ci hanno portato a valorizzare, oltre alla bontà della dote genetica, il carat-tere, il corretto stile di vita, le passioni, gli affetti, i grandi valori, la fede. In fondo, però, l’ipotesi più con-vincente è che a dominare ciascuna esistenza ci sia un disegno misterioso, che prescinde dalle logiche umane. Per spiegarlo meglio, riprendiamo le parole di Arturo Paoli: « Nessuno può aggiungere un solo minuto alla propria esistenza ».

Gli Autori

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INDICE

Prefazione, di U. Veronesi pag. 7 

Elena MiglioliCENTO DI QUESTI GIORNI

 A mo’ di introduzioneI vecchi, giardinieri delle nostre radici » 13

 Parte prima

Cento di qUeSte note I. Un do di petto sempre in valigia » 19II. Casa Verdi: musica senza età sotto l’ala del Cigno di Busseto » 24

 Parte seconda

tUorli d’UoVo, libri,biCiClette e altri eliSir 

iii. Pane e preghiere: la pellegrina dei miracoli » 35IV. Emma e il segreto delle uova » 39V. « I miei anni? Arrotolati come le tagliatelle » » 44

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VI. La Provvidenza va in bicicletta pag. 47VII. « L’aldilà? Un girotondo di anime immerse nella luce » » 51VIII. Limone: dalla favola alla scoperta scientifica » 60IX. La vecchietta che guarda il mondo dalla finestra » 64X. « O cavallina, cavallina storna » » 67XI. 100 anni e 1000 abiti » 70

 Parte terza

longeVi Col pedigree Xii. Un secolo di pazienza » 75XIII. Una bicicletta vale più di cento donne » 80XIV. L’arte è un fatto d’amore » 83 

Renato BotturaPILLOLE DI LONGEVITÀ

 A mo’ di introduzioneArriveremo tutti a 100 anni? » 89

 Parte quarta

la longeVità Come SCelta di Vita AnteprimaLe vie della centenarietà sono infinite » 105 XV. Noci, datteri e libri abbandonandosi a Dio » 109XVI. Quanta energia sotto una tonaca » 116

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XVII. Dentro la pancia del lago come nel grembo materno pag. 121XVIII. Maestro di Bellezza, di vivere pieno e sereno » 126XIX. Mia madre: manifesto dei supervecchi felici » 130XX. Mai appendere al chiodo… la bicicletta » 146XXI. Tutto il paese è una famiglia » 152XXII. Una ricetta a base di lavoro e generosità » 157XXIII. Il viaggio è meglio del traguardo » 164XXIV. L’intensità non invecchia » 168XXV. Wanda: una Bianchina con il motore da Ferrari » 172XXVI. « Sì, ho 107 anni, ma lasciatemi al mondo » » 177

A mo’ di conclusioneQuel disegno misterioso che domina la vita » 185

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Elena Miglioli, giornalista, è respon-sabile della Struttura Comunicazione dell’A-zienda ospedaliera di Mantova. È stata redat-trice del quotidiano La Voce di Cremona e ha collaborato con varie testate giornalistiche, tra le quali Il Giornale. Con Paoline ha pubbli-cato La notte può attendere. Lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale (2013).

Renato Bottura, dirigente sanitario della Fondazione Mazzali di Mantova, è medico specializzato in geriatria. Su tematiche riguardanti gli anziani ha scritto numerosi libri, fra i quali Quarta età (2003) e Il sapore dell’attesa (2013). Da molti anni svolge attività di volontariato presso il carcere di Mantova e in alcuni Paesi africani.

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Nella prima sono presentate storie di vita spesso curiose e in ogni caso straordinarie, come quelle di Ange-lo Loforese, tenore dalla voce pie-na e squillante come ai tempi delle tournées mondiali; di Lanfranco Frige-ri, pittore e scultore, uno dei padri del Surrealismo in Italia; di Vito Ortelli, che in sella alla sua bicicletta riuscì a battere Coppi e Bartali; di Arturo Paoli, missionario dei Piccoli Fratelli del Vangelo.

Ma come hanno fatto queste per-sone a vivere così a lungo e bene? È solo questione di genetica o c’è dell’al-tro? Nella seconda parte del volume, l’occhio clinico del geriatra analizza quei fattori che si possono ritenere responsabili di una buona – spesso ot-tima – vecchiaia: stili di vita, passioni, spiritualità, valori.

Da due prospettive diverse ma a un’unica voce, in questa società che sembra voler rimanere giovane a tutti i costi, gli autori invitano a non demo-nizzare la vecchiaia, ma a viverla come un periodo della vita comunque fertile e ricco di opportunità.

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Foto di copertina di Roberto Bertoni.

Il vento mi chiamae con voce carezzevolesussurra nelle mie orecchie:« Fra poconon è forse oradi andare in quel mondo? ».

Allora iodi getto rispondo:« Rimango quiancora un po’,perché ci sono coseche vorrei ancora fare ».

Questi versi di Shibata Toyo, poetessa giapponese vissuta 101 anni, possono essere considerati il manife-sto dei protagonisti di questo volume: « grandi vecchi » che stanno per raggiungere, o hanno già raggiunto, il secolo di vita, ancora sorprendentemente attivi, con un vissuto ricco e meritevole di essere conosciuto.

Le loro storie, a volte imprevedibili come un roman-zo, contengono « segreti di longevità » che la scienza cer-ca di carpire e che sono fondamento di un patrimonio umano ed esperienziale ineguagliabile.