Un ribelle a Scampia - estratto libro - Paoline

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E' la storia di Nicola, bambino che vive nel quartiere di Scampia, a Napoli. Dopo essere stato in carcere per rapina e spaccio di droga, viene mandato in una casa famiglia, dove, grazie all'amore per i libri, ritrova la voglia di studiare e di aiutare la gente del suo quartiere. http://www.paolinestore.it/shop/un-ribelle-a-scampia.html

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Oltre i limiti

Era domenica. Una di quelle che devi per forza chia-mare domenica. L’aria sembrava zitta, le strade stavano lì a stiracchiarsi e in giro c’era poca gente, talmente poca che pareva niente. Edicole chiuse, carte a terra ovunque, bot-tiglie di birra della sera prima che avrebbero potuto rac-contare di giochi e schiamazzi, di baci incollati ai portoni e di sogni affogati nella notte.

Marco cominciò a correre velocemente per raggiunge-re il nascondiglio. Correva, correva sempre più forte, ma ancora non riusciva a individuare il punto esatto. Il fiato gli cominciava a mancare. Lo steccato intorno alla casa sembrava interminabile. Ma ecco, finalmente, il cespu-glio di lentisco.

Si appoggiò al bordo della recinzione e con un balzo s’infilò dietro i rami carichi di bacche rosse. Rannicchiò velocemente le gambe, per non rischiare di svelare la sua presenza.

Bisognava aspettare che Francesca finisse di contare.– Ahi!Qualcosa gli aveva pizzicato il sedere, forse un insetto

nascosto nell’erba. Si spostò di scatto. Fu in quell’istante

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che due piedi asciutti e nervosi sbucarono dal lato destro della siepe. Marco sgranò gli occhi e, nascosto dal cespu-glio, osservò con attenzione.

Le scarpe da ginnastica decisamente fuori moda, il bordo dei calzini sfilacciato, i pantaloni macchiati di fan-go. Chi poteva essere?

In lontananza la voce di Francesca proseguiva la conta.Senza dire una parola, Marco scostò un ramo per guar-

dare meglio, alzò la testa e vide un bambino dalla faccia larga sotto una massa scomposta di riccioli.

– E tu chi saresti? – gli chiese a bassa voce, per nonfarsi scoprire dagli altri.

Il ricciolino restò impietrito, senza dire nemmeno una parola. Marco lo afferrò per i calzoni tirandolo verso di lui e sussurrandogli con decisione: – Chiunque tu sia, ri-mani in silenzio!

Aveva scelto il nascondiglio migliore, con arguzia e fa-tica, ci mancava solo che qualcuno gli rovinasse il gioco!

Ma lo strano movimento dietro la siepe non sfuggì all’at-tenzione di Francesca: – Tana per Marco! – urlò la compa-gna di gioco, orgogliosa del suo infallibile fiuto.

– Ecco, mi hanno scoperto, sei contento adesso?– E io che ne sapevo, scusa! Mica l’ho fatto apposta!– Ci mancava solo questo!– Ero qui per i fatti miei, quando d’un tratto sei arri-

vato tu di corsa.– Per forza, dovevo nascondermi! Ma tu che ci fai qui?

Non ti ho mai visto prima.

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Questo testo è un'anteprima del libro. Il numero delle pagine è limitato.

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Nessuna risposta. Intanto Francesca arrivava saltellan-do soddisfatta:

– Tocca a te fare la conta, Marco.– Lo so, lo so.Pochi secondi e anche il resto del gruppo era lì: Ales-

sio con la sua bandana azzurra, Sara e le sue lentiggini impertinenti, Gionata con il suo inseparabile ciondolo a forma di drago.

La piccola ciurma si riunì intorno al cespuglio, gli oc-chi puntati sul nuovo arrivato, ancora seduto fra i rami di lentisco con aria frastornata.

– E lui chi sarebbe? – chiese Francesca.– Me lo chiedo anch’io. Insomma, ce l’hai un nome?

– incalzò Marco.– Certo che ce l’ho! Mi chiamo Nicola.Un breve scambio di battute e, senza troppi preambo-

li, in pochi minuti Nicola faceva già parte del gruppo. Dal momento che le corse nel parco avevano stuzzicato l’appe-tito, decisero di fare una pausa e di dedicarsi alla merenda. Dove? Una rapida consultazione, poi fu scelta la casa di Francesca, visto che i suoi genitori erano fuori per lavoro.

L’unico adulto presente a quell’ora era la nonna Gio-vanna, abbastanza anziana da lasciarli liberi di mangiare e giocare senza interferire.

Con la sua treccia castana e morbida che penzolava lungo la schiena, Francesca si muoveva leggera come una ballerina. Nicola fingeva indifferenza, ma non riusciva a smettere di osservarla. Era terribilmente carina.

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La seguì silenzioso nel suo appartamento, insieme al resto del gruppo. Entrarono dalla porta che dava sul giar-dino e si trovarono immediatamente in un salone enorme; a occhio e croce doveva essere più grande di tutte le stan-ze di casa sua messe assieme.

Nicola si muoveva quasi in punta di piedi per non ri-schiare di urtare mobili e oggetti. Quel posto era pratica-mente perfetto, proprio come quelli delle pubblicità. Di-vani enormi, tappeti, drappi alle finestre, soprammobili di varie forme. Gli pareva di essere finito dentro una di quelle soap-opera che sua madre guardava rapita, tra un sospiro e l’altro.

Superato il soggiorno, Francesca guidò il gruppo dirit-to in cucina. Spalancò rapida lo sportello del frigorifero e tirò fuori una torta al cioccolato quasi intera.

– È tutta nostra! – esclamò gioiosa, poggiando il dol-ce sul tavolo.

Nessuno si fece pregare: in meno di un secondo i ra-gazzi si avventarono affamati su quella bontà.

– Bravi, così si fa! – approvò nonna Giovanna, affac-ciandosi all’uscio della cucina. – L’aranciata è nel ripiano laterale – aggiunse allontanandosi nuovamente nel corri-doio da dove era venuta.

Nicola avrebbe voluto divorare la sua parte con vo-racità, era così gustosa. Invece mangiò piano, come gli aveva insegnato sua madre, e non tracannò l’arancia-ta d’un fiato, si limitò a sorseggiare. Si comportò come un’ape che prende il miele dai fiori, senza sciuparli. Nes-

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IO... IO MI CHIAMO

NICOLA...

IN UNA ZONA RESIDENZIALE DI SCAMPIA UN GRUPPO DI RAGAZZINI GIOCA A NASCONDINO, QUANDO DIETRO A UN CESPUGLIO FANNO UN INCONTRO INASPETTATO...

CIAO! IO SONO

FRANCESCA E TU CHI

SEI?

NON IMPORTA SE L’ULTIMO ARRIVATO HA I VESTITI INFANGATI

E FUORI MODA. L’IMPORTANTE È

DIVERTIRSI INSIEME.

TUTTI A CASA DI FRANCESCA A FARE MERENDA!

SÌ, DAI! MIA NONNA HA

FATTO UNA TORTA BUONISSIMA!

LA SERA NICOLA TORNA A CASA DALLA SUA FAMIGLIA.

CONSERVERÀ PER MOLTO TEMPO IL RICORDO DI FRANCESCA

NEL CUORE.

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suno fece caso alla sua delicatezza, erano tutti troppo in-tenti ad abbuffarsi.

Solo Francesca gli sorrise con uno sguardo dolce, dal profondo dei suoi occhi verdi.

– Sei timido, vero? – gli chiese sottovoce.– No.– Eppure sembrerebbe di sì.– Ho detto di no.– Guarda che non c’è niente di male.– Forse. Ma io non sono timido.Nicola sentiva un vortice di emozioni attraversargli il

cuore da parte a parte. Quel pomeriggio inaspettato si stava rivelando più incredibile del cappello di un prestigiatore, tirava fuori sorprese e meraviglie di continuo.

– E cosa facevi dietro al cespuglio poco fa? – incalzòFrancesca.

– Niente di particolare, andavo in giro.– Ma siamo in un parco recintato, nessuno capita qui

per caso.– Beh, perché no?– Sembra difficile... – Francesca non fece in tempo a

terminare la frase che Alessio la interruppe: – Ce l’hai l’ultimo gioco per la Wii di Mario Bros?– No, però ho il blu-ray dell’ultimo cartone di Miyazaki.– Benissimo! – esultò Gionata, seguito a ruota da Sa-

ra e Alessio.In meno di un secondo si tuffarono tutti sul divano, con

gli ultimi pezzi di torta tra le dita, pronti a godersi il film.

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Nicola si sentì sollevato per lo scampato pericolo. Ales-sio, per fortuna, era arrivato giusto in tempo. Cosa avreb-be potuto rispondere a Francesca altrimenti? Non poteva certo confessare di essersi intrufolato nel parco per spiare la vita della gente. Sì, perché la verità era quella.

Lo aveva già fatto un paio di volte, qualche settimana prima. Quel posto attirava la sua curiosità, era un luogo dove tutte le cose sembravano appartenere a un ordine di-verso, dove la felicità prendeva forma e sostanza. I porton-cini di legno, le finestre bianche con le soglie di marmo, le macchine sportive parcheggiate nei giardini, le signore magrissime avvolte in abiti alla moda.

Tutto era fantastico, completamente diverso da quel-lo che era abituato a vedere intorno a sé, nella sua zona.

– È avanzato un po’ di torta, per caso? – chiese Sara,che aveva già finito la sua seconda porzione.

– Sei un pozzo senza fondo! – replicò Gionata, che nonperdeva occasione per punzecchiarla.

– Tu pensa per te!– Sssst che il film inizia!Il cartone animato era iniziato da pochi minuti, quan-

do la madre di Francesca entrò inaspettatamente nel sog-giorno e li salutò:

– Ciao, ragazzi, come va?Quindi sollevò gli occhiali da sole e, con l’espressione

parecchio contrariata, fece notare ai ragazzi le macchie di cioccolato che campeggiavano sul bracciolo destro. Poi d’improvviso si voltò verso Nicola: – E tu chi sei?

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L’aria nella grande stanza divenne gelida e ferma.– Lui è Nicola, mamma – intervenne seria Francesca,

mentre gli altri tacevano. La donna si avvicinò al nuovo ospite osservandolo con

attenzione, poi replicò stizzita: – Non ci posso credere, è uno di quelli!– È un nuovo amico – tentò di spiegare la figlia.– Amico? Sai che non devi far entrare estranei in casa,

soprattutto quelli come lui!Un brivido di vergogna attraversò il petto di Nicola.

Doveva andarsene, subito, assolutamente. Con un rapido balzo saltò via dalla poltrona e sgusciò in direzione della porta con lo sguardo basso, senza dire nulla.

Arrivato sull’uscio, esitò un istante, si guardò intorno per respirare un’ultima volta tutta quella felicità. Poi sparì.

La madre di Francesca crollò sul divano, con un am-pio sospiro.

Gionata e Sara salutarono mogi, un istante prima di scomparire oltre la grande porta.

Marco si sentì in colpa, in fondo era stato lui ad ag-ganciare Nicola.

In quel momento arrivò anche il padre di Francesca, prontamente accolto dalla moglie con la notizia del giorno:

– Sai che uno delle Vele è entrato in casa nostra? So-no sconvolta.

– Uno delle Vele?La ragazzina cominciò a temere il peggio, stavolta l’a-

veva fatta grossa.

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– Esatto, lo ha portato qui tua figlia!– Se è uno scherzo, sappi che non mi piace.– Purtroppo è vero!Marco intervenne: – La colpa è solo mia, era nascosto

dietro al cespuglio e...– Ragazzi, dovete fare attenzione. Quella è gente pe-

ricolosa.– Già! Ne abbiamo parlato tante volte – aggiunse sua

madre.In effetti ne avevano parlato, ma non si trattava di co-

se facili da capire. Francesca aveva mille domande nella testa, tutte ancora senza risposta. Suo padre le fece segno di sedersi accanto a lui sul divano:

– Lo so che per te è difficile intuire il pericolo, ma pro-prio per questo devi fare attenzione.

– Papà, era solo un ragazzo come noi. Non potevo im-maginare che veniva dalle Vele.

– Era vestito in modo trasandato. Ed era... sporco! Ba-stava guardarlo per capire. Ma tu sei la solita distratta! – la rimproverò la mamma.

– Non possiamo permetterci di essere distratti, sai anchetu che al telegiornale parlano spesso del nostro quartiere.

– Giusto! – incalzò la mamma. – Scampia è un postodifficile, abitato da brave persone, come noi, ma anche da gente pericolosa. È per colpa delle Vele che Scampia ha una cattiva fama. Vedi com’è importante che tu ne stia lontana?

Quel discorso Francesca lo aveva sentito mille volte, sempre uguale, ma continuava a trovarlo oscuro e incom-

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prensibile. Cosa c’era da vedere? Non riusciva ancora a capire cosa dovesse temere dagli abitanti delle Vele. A lei sembrava solo un quartiere un po’ brutto e sporco, con quei palazzoni che nell’intento di chi li aveva progettati doveva-no ricordare le vele e il mare. Ma quello che doveva essere un quartiere modello si era invece trasformato in un luogo degradato, dove la miseria e la delinquenza dettavano legge.

Nicola intanto camminava a passo deciso verso casa, mentre il sole scendeva obliquo dietro gli edifici in fila.

Pochi minuti ed era già ai piedi della Vela arancione, dove abitava con i genitori e i suoi quattro fratelli, al ter-zo piano.

Attraversò l’aiuola, schivando i cumuli di rifiuti, e s’in-filò nello stabile. La scala di cemento grezzo era la stessa di sempre, ma quella sera sembrava più lunga, più faticosa.

Arrivato al suo piano, suonò il campanello. Venne ad aprirgli Giuseppe, il più grande dei suoi fratelli:

– Eccoti, finalmente! Ti aspettiamo da un pezzo!– Stavo giocando.– Ma dove? Ho fatto il giro delle Vele senza riuscire

a trovarti.– Ero un po’ più in là.– Non dirmi che sei andato di nuovo al parco privato?Nicola non aveva nessuna voglia di discutere, filò dritto

in cucina senza rispondere. Gli altri tre fratelli erano se-duti intorno al tavolo, insieme a papà Gaetano, aspettando

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di ricevere la pasta. Quella sera si cenava così, spaghetti in bianco e verdura cotta.

Mamma Angelina lo salutò distrattamente, senza sol-levare gli occhi dal tagliere. Suo padre accantonò il gior-nale logoro e gli chiese:

– Dov’eri finito?– Ero con amici nuovi.– Guagliò, ti ho detto mille volte che devi rincasare

prima che faccia buio.– Scusa, papà.– Angelina, vieni, possiamo iniziare – concluse rasse-

gnato, rivolgendosi alla moglie.Ognuno sollevò il proprio piatto per la distribuzione

della pasta con olio e formaggio, e della cicoria insaporita con le acciughe.

Il pasto si chiuse con una mela a testa, e subito dopo Nicola andò a infilarsi nel letto. Sentiva un grande biso-gno di pace.

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Indice

1. Oltre i limiti pag. 52. Abbasso la scuola! » 163. Pupazzi di ferro » 284. Solo, con la vergogna » 355. Sgrollo e Zampone » 436. Corriere di morte » 557. Il gioco del dizionario » 638. Incontro con lo scrittore » 719. Un giovedì a Scampia » 81

10. Gli All Blacks » 93 11. Sorpresa tra i libri » 101 12. I colori di Scampia » 114

Epilogo Anni dopo » 123