Elisabetta della trinita - estratto - Paoline

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CONRAD DE MEESTER ELISABETTA DELLA TRINITÀ www.paoline.it

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La più completa biografia in italiano della giovane carmelitana, che ha costruito il suo universo spirituale intorno al mistero cristiano della Trinità, scritta dal curatore di tutti i suoi scritti.

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CONRAD DE MEESTER

ELISABETTADELLA TRINITÀ

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CONRAD DE MEESTER, nato nel 1936, di origine belga, è carmelitano scalzo. Noto a li-vello mondiale per il suo lavoro su Teresa di Lisieux, è curatore di Elisabetta della Trinità, Oeuvres complètes (Paris 1991). Infatti, ha stu-diato e raccolto nel corso di venticinque anni una documentazione esaustiva e inedita sulla beata Elisabetta della Trinità. È autore di vari saggi storici e di spiritualità, fra cui ricordiamo: A mani vuote. Il messaggio di Teresa di Lisieux, Brescia 1997 (or. fr., Paris1988); Nel cielo della nostra anima. Ultimo ritiro con Elisabetta della Trinità, Roma 2010 (or. fr., Paris 1992); Tere-sa di Lisieux. Dinamica della fiducia. Genesi e struttura della « Via dell’infanzia spirituale », Ci-nisello Balsamo (MI) 1996 (or. fr., Paris 1995); Lorenzo della risurrezione. Nel sole della presen-za di Dio, Roma 2002 (or. fr., Paris 1992).

In copertina:Elisabetta della Trinità (Carmelo di Digione).

D 47,00

« È una testimone luminosa della gioiadi essere radicati e fondati nell’amore (cfr. Ef 3,17).

Elisabetta celebra lo splendore di Dio,perché si sa abitata nel più intimo di se stessa

dalla presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito,nella quale ella riconosce la realtàdell’amore infinitamente vivo ».

GIOVANNI PAOLO II

« La struttura del suo universo spirituale,il contenuto e lo stile del suo pensiero teologicosono di una densità e consistenza senza limiti ».

HARS URS VON BALTHASAR, teologo

« Penso che Elisabetta della Trinitàappartenga alla categoria dei profeti.

Ha vissuto fin dall’infanzia l’esperienza molto fortedella potenza dell’amor di Dio ».

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37 « Vado verso la Luce, l’Amore, la Vi-

ta », sono le ultime parole pronunziate da Elisabetta della Trinità, il 9 novembre 1906 al carmelo di Digione. Ha ventisei anni. Muore letteralmente consumata dall’amo-re per Cristo, dopo mesi di sofferenze fi-siche e morali. Nata a Bourges nel 1880, Primo Premio di pianoforte a tredici anni, la giovane artista è anche un’amica incom-parabile per chi le sta intorno. Entra nel carmelo di Digione il 2 agosto 1901, dove percorre un cammino di perfezione nel si-lenzio e nella contemplazione, irradiando intorno a lei la felicità di una totale abnega-zione. Dopo la traversata di una notte spi-rituale, fa la sua professione religiosa nel 1903, quindi redige il 21 novembre 1904 la preghiera Dio mio, Trinità che adoro, da allora celebre in tutto il mondo cristiano. Giovanni Paolo II la proclama beata il 25 novembre 1984.

La biografia è estremamente puntua-le, dove tutto è basato sui documenti e sul controllo diretto delle fonti testuali e per-sonali. Il dettato letterario è di buon livello e si adegua alla descrizione dei vari mo-menti esistenziali. A livello analitico, ripro-ponendo il traguardo ultimo della spiritua-lità di Elisabetta della Trinità, l’autore non si sottrae al tentativo di dare una qualche spiegazione dei fenomeni mistici. Nono-stante la mole e la puntualizzazione, il libro scorre perché animato da una sincera ver-ve letteraria che si ribalta in una profonda analisi di un singolare percorso di santità. L’imponente biografia permetterà al letto-re di scoprire nell’intimo una personalità avvincente, sensibile e così vicina a noi. Po-tente profeta della presenza di Dio in ogni essere umano, Elisabetta invita i pellegrini dell’Assoluto ad aprirsi appassionatamente « alla Luce, all’Amore, alla Vita ».

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DONNE E UOMINI NELLA STORIA

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Conrad De Meester

ELISABETTA

DELLA TRINITÀ

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PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2010 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it [email protected] Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

Titolo originale dell’opera:Élisabeth de la Trinité. Biographie

© Presses de la Renaissance, 2006 - Paris

Traduzione dal francesedi Beppe Gabutti

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Un regalo del cielo

Riuscirà a sopravvivere?Intorno al letto di Marie Rolland, nella sua baracca del

campo militare di Avord, nei pressi di Bourges, ai confini estremi della Francia, regna l’angoscia. All’età di quasi tren-taquattro anni, Marie aspetta un figlio, il primo.

La nascita si preannunzia drammatica. Prevedendo un epilogo fatale, due medici sono costantemente presenti ac-canto a lei1. Hanno già avvertito il marito, il capitano Joseph Catez: non si sente più battere il cuore del bambino e bi-sognerà sacrificarlo... Scriverà Marie Rolland che la futura Elisabetta è stata « condannata prima della sua nascita »2.

Un’angoscia cocente, dolori atroci per la madre, ma l’esi-to è inatteso e felice: il bambino viene alla luce in perfetta salute! Una specie di regalo del cielo. In ogni caso, è certa-

1 Lettres diverses entre tierces personnes 14, in C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins. Questa sezione corrisponde a varie lettere fra terze persone. Nel caso specifico si tratta di una lettera di Marie de Pleure ad Adeline Lalande, amica di Marie Rolland, datata il 21 luglio 1880, nella quale Marie de Pleure riassume la lettera del 19 luglio della signora Rolland, nonna di Elisabetta, presente al momento della nascita.

2 Per queste informazioni, vedi la testimonianza di M. Rolland, in Récits biogra-phiques 1,1, e Lettres diverses entre tierces personnes 92, in C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

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mente un miracolo questa lenta maturazione nel seno mater-no, accanto a un cuore che ama e che più che mai ringrazia Dio. Il giorno dopo Joséphine Klein, venuta ad assistere la sua figlia unica, comincia a parlare del parto e delle circo-stanze laboriose che lo hanno accompagnato. Sostiene che Marie « ha sofferto in modo orribile per trentasei ore, con due medici presenti di continuo accanto a lei, e che è stato necessario usare la forza per farla partorire, mentre la vita del bambino era in serio pericolo... Le urla della povera Ma-rie erano insopportabili: tuttavia ha dato prova di grande coraggio e da allora sta veramente bene. La bambina, che si chiama Elisabetta, è grossa come un bambino di sei setti-mane » (LD3 14). I medici hanno dovuto usare la forza per farla partorire, mentre la forza innata di questa bambina l’ha aiutata a sopravvivere.

Dopo i pianti e le preghiere, ecco lo scoppio di risa! Alla fine, la nuova mamma tiene in braccio la figlia attesa così a lungo, il frutto che ha sentito maturare per mesi e che è sta-to così faticoso portare alla luce. E il primo figlio è proprio come l’ha voluto: una bambina. « Nelle lettere della nostra amica si parlava solo di Margherita o Elisabetta. Il suo de-siderio è stato pienamente realizzato », scrive la sua amica all’indomani della nascita4. Una bambina nata sana e salva, un vero e proprio gioiello: « Molto bella e molto vivace », dirà di lei la mamma con orgoglio, ricordando i primi mo-menti (RB 1,1).

Sono le 8,305 della domenica 18 luglio 1880. Nel la cap-pella del campo sta terminando la messa che il cappellano Chaboisseau è stato chiamato a celebrare per una mamma e

3 La sigla LD corrisponde a Lettres diverses entre tierces personnes, in C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

4 Il suo « desiderio » era di avere una bambina come primo figlio. Vedi Lettres diverses entre tierces personnes 13.

5 Secondo l’orario dell’epoca e prima dell’introduzione dell’ora di Greenwich. Adesso, secondo l’orario estivo vigente nell’Europa occidentale, sarebbero le 10,30.

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per il figlio in grave pericolo. La nascita coincide con l’ulti-mo vangelo6 alla fine della messa: il prologo del Vangelo di Giovanni. Questo dettaglio è riferito dalla madre (RB 1,1), che forse non ha pensato che la figlia avrebbe avuto una certa somiglianza con Giovanni il Battista che « venne come testi-mone, per rendere testimonianza alla Luce » (Gv 1,7).

Figlia d’amore, fi glia di Dio

Dice il capitano alla moglie: « Sei stata coraggiosa, adesso riposati: il medico e tua madre si prenderanno cura di nostra figlia ». All’età rispettiva di quarantotto e di quasi trenta-quattro anni, Joseph Catez e Marie Rolland sono sposati da appena dieci mesi e mezzo. Cristiani ferventi, non sondano la profondità del sacramento con la fede perspicace che con-traddistinguerà in futuro la figlia. Tuttavia, nella rettitudine del loro cuore, desiderano che il figlio del loro amore sia consacrato figlio di Dio con il battesimo, diventando mem-bro della Chiesa cattolica.

Per quanto riguarda la scelta del nome non ci sono pro-blemi. Come abbiamo avuto modo di vedere, da settimane, nelle lettere di Marie Rolland si è solo parlato di una Mar-gherita o di una Elisabetta. Non c’è dubbio che la bambina sia stata attesa con premura e amore: tutto il cuore della madre si è riversato in quell’esserino che si è nutrito a poco a poco della sua vita. Elisabetta o Margherita: due nomi che non appartengono in alcun modo alle genealogie delle famiglie. Nomi scelti di proposito: di sante, sposate, addi-rittura regine. Il nome della Vergine Maria precede quello di Elisabetta generalmente usato. Il terzo nome, Giusep-

6 Secondo il rito cattolico, alla fine della messa, veniva letto il prologo del Van-gelo di Giovanni.

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pina, è in onore della nonna materna Klein e anche di san Giuseppe.

Quattro giorni dopo la nascita, il giovedì 22 luglio, Ma-ria Elisabetta Giuseppina viene battezzata nella cappella del campo. Un giorno del Signore per il suo approdo alla vita e, per il suo battesimo, la festa di santa Maria Maddalena. Quando sarà grande, questa bambina nata in estate apprez-zerà molto la duplice coincidenza. Una domenica mattina, evocatrice del mattino di Pasqua, è stata chiamata alla vita; nella festa di Maria Maddalena è stata immersa nelle acque battesimali e nella vita della Trinità. In futuro, Elisabetta anelerà a una totale identificazione con colei che ha ospitato Gesù a Betania (Lc 10,38-42): l’ammiratrice incondizionata di Gesù e la sua ascoltatrice appassionata.

Tuttavia, per anni, nessuno avrebbe potuto immaginare una simile evoluzione. La bambina sarà descritta come un « vero e proprio diavoletto » (LD 18), « senza remore » (EP7 10,1), anche se quasi sempre simpatica. Ma, come ricorda la mamma (RB 1,1), quando viene versata l’acqua battesimale la bambina « non scoppiò in lacrime ».

Gli amici prendono parte al battesimo e al ricevimento. Da Saint-Hilaire, nell’Aude, a circa 15 chilometri da Carcas-sonne, sono arrivati il comandante Raymond Rolland e la moglie Joséphine Klein, genitori di Marie: saranno il padri-no e la madrina di Elisabetta.

I registri delle nascite e dei battesimi non contengono al-cuna firma dei Catez, al di fuori di quella di Joseph. I suoi genitori sono morti, mentre i fratelli e le sorelle della lontana terra natale di Aire-sur-la-Lys, ai margini della frontiera bel-ga, sono forse troppo presi dal lavoro o troppo poveri per poter intraprendere, con i mezzi dell’epoca, il lungo viaggio verso il centro della Francia.

7 La sigla EP corrisponde a Enquête Philipon, in C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

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Quando, alcuni giorni dopo, viene scattata una foto8, al-cuni invitati se ne sono già andati. Essa ci mostra la mamma che porta in braccio la bambina, che indossa il bianco abito battesimale; il capitano Joseph, con il suo cavallo affidato a un attendente; il grande amico di Joseph, il comandante Guémard, con la moglie e il figlio Gabriel; e infine Héloïse, la domestica dei Catez. Dietro di loro, sulla sinistra, si vede la loro casetta, una « baracca molto rustica », come dirà più tardi Elisabetta quando rivisiterà il campo a quattordici an-ni9. Al di sopra della porta, un’impalcatura rudimentale per reggere le viti e, all’occorrenza, le stuoie di canna che mette-vano al riparo dal caldo opprimente dell’estate.

Situato in aperta campagna, a 20 chilometri a est di Bour-ges, il campo militare, con le strade in terra battuta, presen-ta un aspetto campestre. Il villaggio militare10 è composto da case più spaziose per gli ufficiali di rango superiore e da varie baracche destinate ai soldati. Poi ci sono le cucine, la mensa degli ufficiali, i refettori per i soldati, un’altra mensa, le rimesse e le scuderie dell’8° squadrone del 1° reggimento, incaricato della manutenzione e dell’inoltro degli equipag-giamenti militari. Davanti alla cappella si estende un pra-to costeggiato da una duplice fila di alberi; all’interno del-la cappella sono in bella vista le bandiere tricolori intorno all’altare. Nel campo ci sono inoltre una chiesa protestante, una tabaccheria, un ufficio postale, un orto, uno stagno ali-mentato da un piccolo corso d’acqua che funge da lavatoio e in cui si può anche fare il bagno. È questo il primo universo di Elisabetta Catez: un mondo militare! Con sullo sfondo la storia di una famiglia legata a un medesimo destino, nell’am-

8 Si tratta della Foto 1, in C. De Meester - Carmel de Dijon (edd.), Je te cherche dès l’aurore. Album photographique, Dijon 1985. (tr. it., All’aurora ti cerco: evocazio-ne di un volto e di un cuore, OCD, Roma 1985).

9 Vedi Devoirs de style d’Élisabeth 22, in C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

10 La descrizione è mutuata dai documenti visivi dell’epoca.

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bito di una storia nazionale, piuttosto umiliata dalla sconfit-ta nella guerra franco-prussiana11 che ha vissuto di persona qualche anno prima (1870-1871), ma decisa a riprendere da capo.

Fra i suoni che la bambina imparerà gradualmente a di-stinguere ci sono le voci dei genitori, le fanfare delle trombe, il nitrito dei cavalli e, la domenica mattina, il rintocco della campana della cappella. E, tutti i giorni, non manca di riceve-re con abbondanza i baci della mamma e quelli, più rari, del babbo baffuto, troppo preso dal lavoro e dalle esercitazioni.

I mesi estivi consentono brevi passeggiate fino alla chie-sa parrocchiale del comune di Avord, passando attraverso i campi collinosi del comune di Farges-en-Septaine, sede amministrativa del campo, dove è stata registrata la nascita di Elisabetta. E, naturalmente, delle uscite molto più vici-ne, perché bisogna esibire la bella bambina alle famiglie dei militari. E anche al cappellano Chaboisseau, che rimarrà un amico per tutta la vita. Racconta Marie Rolland, a proposito della sua bambina quando aveva solo qualche mese: « Du-rante la nostra permanenza al campo, a volte mi piaceva por-tarla nella cappella e rimasi molto sorpresa dalle feste che faceva al cappellano che era appena arrivato: il sacerdote era simpatico ai bambini » (RB 1,1). Prende poi spazio una voce maschile, quella di papà che, il 18 gennaio 1881, nel cam-po di Avord viene nominato cavaliere della Legion d’onore. Applausi e festeggiamenti.

La mamma ha la fortuna di poter allattare la bambina. A ventun mesi dalla nascita, scrive che la piccola è ormai « svez-zata », ma che continua a « essere attaccata alle mie sottane »12.

11 Alcuni dettagli sulla guerra franco-prussiana si potranno trovare, in questo stesso capitolo, al § Joseph Catez, il padre di Elisabetta.

12 Lettres diverses entre tierces personnes 16 (aprile 1882). « Attaccata alle mie sot-tane » viene ripetuto in Lettres diverses entre tierces personnes 19 (27 aprile 1882).

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Auxonne: una bambina amata

I militari cambiano spesso guarnigione. Nel maggio 1881, quando la bambina ha dieci mesi, si abbandona il Berry per Auxonne13, cittadina di circa 6500 abitanti, situata a 31 chi-lometri a est di Digione. Una foto, ancora scattata a Bourges, da Poupat14, ci mostra la piccola Elisabetta con lo sguardo limpido e con una smorfia di ribellione nella bocca: con lei non sarà possibile fare ciò che si vuole.

A Auxonne non mancano le preoccupazioni. È vero che la famiglia risiede in una casa più bella di quella di prima. La signora Catez parla del suo « salotto » (DS15 16,17), dove « si ritrova circondata da persone affascinanti della buona socie-tà » (DS 15), mentre la signora Guermand, che le ha fatto visita, constata che « si trova cento volte meglio ad Auxonne che a Digione » (LD 15). Tuttavia, il cuore di Marie Rolland, figlia unica, è spesso in viaggio verso il lontano Midi: a Saint-Hilaire sua madre è malata.

Alcune lettere inviate ai genitori offrono qua e là qualche notizia sulla sua bambina particolarmente vivace. E così ve-niamo a sapere che, all’età di undici mesi, Elisabetta « non ha ancora messo un dente ». La mattina della domenica 19 giugno 1881 l’hanno portata a vedere la processione del San-tissimo Sacramento e, nel pomeriggio, ad ascoltare la musica della fanfara militare. « Era bellissima » e « a tutti è piaciuto molto il suo vestito ». E a ragione. Cucito da Héloïse, la per-sona di servizio, il vestito « è un capolavoro: fatto unicamen-te con strisce di merletto a piccole pieghe e con un’alta balza

13 Secondo un’informazione del ministero militare, in effetti « la compagnia dell’8° squadrone, incaricata della manutenzione e dell’inoltro degli equipaggiamen-ti, ha occupato la guarnigione di Auxonne dal 10 maggio 1881 al 1° novembre 1882 » e perciò per circa un anno e mezzo.

14 Foto 2, in C. De Meester - Carmel de Dijon (edd.), Je te cherche dès l’aurore.15 La sigla DS corrisponde a Devoirs de style d’Élisabeth, in C. De Meester, Éli-

sabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

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ricamata (a macchina), sotto un tessuto trasparente di raso azzurro chiaro, l’effetto è incantevole ».

La mamma pensa anche all’anima della piccola cristiana. Il giovedì 16 giugno 1881, Elisabetta è stata accolta nella confraternita della « Sainte-Enfance » e ha « assistito alla messa e alla benedizione del Santissimo Sacramento ». Con un piccolo stendardo in mano, ha manifestato il suo affetto precoce: « Al momento dell’offertorio ha baciato il Crocifis-so e gli ha mandato baci ancora prima di arrivarci vicino » (DS 15).

Dieci mesi dopo, nella seconda metà di aprile 1882, ven-gono inviate quattro lettere a Saint-Hilaire. Nonna Rolland è molto grave, tanto che morirà l’8 maggio. Colma di an-goscia, la signora Catez cerca di distrarre Joséphine Klein dandole notizie della sua nipote e figlioccia, che adesso ha un anno e nove mesi.

Potrà recarsi a Saint-Hilaire? Scrive la signora Catez nel-la settimana di Pasqua: « Sono desolata come tutti voi e vivo in uno stato d’ansia permanente: senza la bambina, sarei a Saint-Hilaire, ma non riesco a lasciarla da sola: anche se svezzata, sta sempre attaccata alle mie sottane. Due giorni fa si è svegliata piangendo di notte e ho dovuto portarla un po’ a spasso nel salotto. [...] Elisabetta è molto colpita dalla tua malattia: non si limita a pregare, ma insegna a prega-re anche alla bambola, facendola mettere in ginocchio con grande devozione. Come sarei stata contenta di averti qui con noi domenica: avresti visto come stava bene con il suo cappello nuovo. Dopo la benedizione dei bambini, Héloïse l’ha portata a sentire suonare la banda e ci ha detto che tutti la guardavano dicendo: “Ma come è graziosa!”. Suo padre era molto dispiaciuto di non essere presente, ma la musica non è per gente triste e preoccupata come noi » (DS 16).

Qualche giorno dopo, il progetto subisce una sosta: sa-ranno i genitori a venire ad Auxonne. Marie Rolland scrive

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ai genitori: « Alla fine del mese, Joseph verrà a prendervi: dovete sapere che non ci soddisfa affatto il pensiero che ci potremo rivedere. Per avervi, preferisco cento volte non an-dare a Saint-Hilaire. Qui la mamma, seduta in una comoda poltrona, prenderà aria nel cortile quanto lo vorrà e potrà disporre del medico e del farmacista, nonché di un cibo più differenziato. Elisabetta, che ciancia così bene, la divertirà molto: è una chiacchierona. Dovreste sentirla, tutte le mat-tine, quando attraversa il salotto, dire rivolgendosi ai vostri ritratti: “Buongiorno, papà Mond! E buongiorno, mamma Line!”. Aggiunge che papà Mond rimprovera Bettina quan-do non si comporta bene ». È una grande chiacchierona, che si fa capire, ma è anche sensibile allo sguardo del nonno quando si comporta male. Si sta formando una coscienza e si sta compiendo l’educazione del cuore.

La birba sta anche facendo le sue prime perlustrazioni nella casa e viene perciò sospettata di certe bambinate: « Vi faccio sapere che il cucchiaino d’argento è stato ritrovato: era stato infilato in un cassetto che non avevo presente ed è stato Ramiste16 a trovarlo stamattina proprio in quel cas-setto, assieme a qualche straccio e a del bianco di Spagna17. Potrebbe proprio essere stata Elisabetta a metterlo lì... » (LD 17).

Ma la nonna è già troppo ammalata per intraprendere il lungo viaggio fino ad Auxonne. Il 26 aprile 1882 la signo-ra Catez scrive ai genitori: « Sono avvilita come voi e vorrei proprio essere a Saint-Hilaire; se non fosse per la piccola, mi troverei lì già da una settimana. [...] In questo momen-to, Elisabetta sta dormendo. È veramente fantastica. Ha una piccola eruzione su una guancia, ma non è nulla. Adesso, ha

16 Si tratta di una persona non identificata, che faceva certamente parte della loro servitù.

17 Pigmento costituito da carbonato di calcio e usato come abrasivo o per la preparazione di vernici (ndt).

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il suo posto a tavola, beve l’acqua e il vino e si serve perfetta-mente da sola. Come sarebbe contenta di vederla la povera nonna! Ma come la stancherebbe: è un vero diavoletto che striscia per terra, tanto che ogni giorno bisogna cambiarle i pantaloni. [...] Prego il buon Dio, che si degnerà di esaudi-re le mie preghiere...; sta per cominciare il mese di Maria: chiederò la grazia anche alla Santa Vergine. [...] Arriveder-ci, miei poveri genitori, un abbraccio da noi tre. Joseph è a cavallo, Elisabetta dorme, io sono da sola e conto i minuti » (LD 18).

L’ultima lettera a nostra disposizione porta la data del 27 aprile 1882. Lo stato di salute di sua madre, « la mia buona Nini », non è migliorato. Scrive la signora Catez al padre: « Mi rincresce che la mamma non sia qui, perché ho una grande fiducia nel medico militare che ha curato Héloïse. [...] Joseph le ha parlato della malattia della mamma [...] ». Non si parla più di portare la mamma ad Auxonne e invece si ipotizza che la signora Catez se ne vada da sola nel Midi, per evitare in seguito alla piccola Elisabetta il lungo viaggio di ritorno, nel pieno del caldo dell’estate.

« Perciò preferirei soffrire per la separazione da mia fi-glia, piuttosto che esporla alla fatica del ritorno in giugno o luglio. Inoltre, sarebbe per te un bell’imbarazzo: con l’arrivo del caldo, la si potrebbe far uscire solo verso le 4 e che cosa faresti di lei nella nostra casetta? Da parte mia, non potrei stare accanto alla mamma perché vorrebbe stare attaccata alle mie gonne e tutto ciò è un problema per voi. [...] Nel caso in cui la mamma esprimesse il desiderio di rivedere Eli-sabetta, preferirei che suo padre chiedesse un permesso di sei giorni e la portasse lì: la piccola non viaggerebbe con il caldo e, al loro ritorno, sarei io a partire. La mamma è trop-po stanca per sopportare a lungo una bambina. La piccola qui si comporta bene perché ha il suo cortile e i bambini della famiglia Montagne che adora e con cui passa diverse

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ore al giorno: a volte fa cena a casa loro, mentre Gaby18 cena da noi. E poi so che le piacerebbe venire lì » (LD 19).

Ma ecco che, l’8 maggio 1882, la nonna muore... Non è facile descrivere il dolore provato da Marie Rolland, così sensibile, nel chiudere gli occhi di sua madre e nell’accom-pagnarla al cimitero di Saint-Hilaire19... Chiamata con ur-genza, si è portata dietro Elisabetta e la domestica Héloïse. Ed è a questo soggiorno a Saint-Hilaire20 che risale il gustoso episodio che, molto più tardi, la madre ha raccontato con piacere.

« All’età di un anno si manifestava già in lei il carattere ir-ruente e collerico. Era stata molto precoce nel parlare e ave-va solo diciannove mesi quando una malattia grave di mia madre mi richiamò in tutta fretta nel Midi. Durante il nostro soggiorno ci fu la predicazione di una missione, che sarebbe stata chiusa dalla benedizione dei bambini. In questa occa-sione, una religiosa venne a chiedermi se la piccola aveva un bambolotto che potesse prendere il posto del bambin Gesù nella culla: bisognava mettergli un vestito con tante stelle dorate in modo che non potesse essere riconosciuto dalla bambina. A questo punto le diedi quello che ad Elisabet-ta piaceva tanto. Il giorno della benedizione dei bambini, portai la piccola Elisabetta alla cerimonia: le sedie dei miei genitori si trovavano nella prima fila e il presepe nel coro. La bambina fu dapprima distratta dall’arrivo delle persone, ma

18 Si tratta probabilmente di una bambina dei Montagne.19 Nel 2006, la sua tomba, dove si trova inumata anche sua madre Catherine

Florentin, si trova ancora allo stesso posto, proprio al centro del cimitero, all’estrema destra contro il muro.

20 Si può rilevare una « missione » predicata a Saint-Hilaire dal 26 febbraio al 19 marzo 1882. Tuttavia, nonostante l’utilizzazione del termine missione, l’episodio raccontato non può essere collocato in quel momento. Non esiste alcuna allusione a un recente soggiorno precedente nelle quattro lettere della signora Catez in aprile, quando la signora Rolland non è ancora in pericolo di vita. Inoltre, la signora Catez collega l’aneddoto al momento in cui viene chiamata « in fretta e furia » accanto alla madre moribonda e quando Elisabetta ha « diciannove mesi »: tutto ciò ci porta verso il 18 maggio 1822.

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quando il curato annunziò dall’alto del pulpito la benedizio-ne, Elisabetta gettò uno sguardo alla culla, riconobbe la sua bambola e, in preda alla collera e con gli occhi stravolti, si mise a gridare: “Jeannette! Restituitemi la mia Jeannette!”. La domestica fu costretta a portarla via in mezzo all’ilarità generale » (RB 1,2).

La signora Catez ha riferito questo episodio in un rac-conto biografico composto per madre Germaine, priora del carmelo di Digione, in vista dei Souvenirs, primo abbozzo di una biografia di Elisabetta, ma ha dovuto ripulire un po’ il racconto. La tradizione orale, da sempre tramandata in famiglia, afferma che Elisabetta, furiosa, ha urlato: « Brutto pretino! Restituiscimi la mia Jeannette! ». Quale evoluzione da questo grido anticlericale alle sue ultime parole percepi-bili: « Vado verso la Luce, l’Amore, la Vita ».

Due foto scattate ad Auxonne21 ci presentano la piccola Bettina, all’età di circa due anni, che tiene teneramente in braccio la bambola Jeannette(-Gesù). Il suo sguardo pene-trante ci avverte che non bisogna cercare di portargliela via.

I genitori Rolland

La signora Catez è legata ai genitori, di cui è figlia uni-ca, quasi allo stesso modo che alla sua bambina. Attraverso di loro ha radici allo stesso tempo meridionali e lorenesi22. Suo padre, Raymond Rolland, è nato il 23 settembre 1811 a Pexiora (Aude), quarto di otto figli di François Rolland, proprietario agricolo, e di Marie Gaillard, ugualmente figlia di agricoltori.

21 Vedi Foto 3 e 4, in C. De Meester - Carmel de Dijon (edd.), Je te cherche dès l’aurore.

22 Per le genealogie delle famiglie Catez e Rolland, vedi C. De Meester, Élisabeth de la Trinité vue et entendue par les témoins.

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In copertina:Elisabetta della Trinità (Carmelo di Digione).

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« È una testimone luminosa della gioiadi essere radicati e fondati nell’amore (cfr. Ef 3,17).

Elisabetta celebra lo splendore di Dio,perché si sa abitata nel più intimo di se stessa

dalla presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito,nella quale ella riconosce la realtàdell’amore infinitamente vivo ».

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« La struttura del suo universo spirituale,il contenuto e lo stile del suo pensiero teologicosono di una densità e consistenza senza limiti ».

HARS URS VON BALTHASAR, teologo

« Penso che Elisabetta della Trinitàappartenga alla categoria dei profeti.

Ha vissuto fin dall’infanzia l’esperienza molto fortedella potenza dell’amor di Dio ».

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37 « Vado verso la Luce, l’Amore, la Vi-

ta », sono le ultime parole pronunziate da Elisabetta della Trinità, il 9 novembre 1906 al carmelo di Digione. Ha ventisei anni. Muore letteralmente consumata dall’amo-re per Cristo, dopo mesi di sofferenze fi-siche e morali. Nata a Bourges nel 1880, Primo Premio di pianoforte a tredici anni, la giovane artista è anche un’amica incom-parabile per chi le sta intorno. Entra nel carmelo di Digione il 2 agosto 1901, dove percorre un cammino di perfezione nel si-lenzio e nella contemplazione, irradiando intorno a lei la felicità di una totale abnega-zione. Dopo la traversata di una notte spi-rituale, fa la sua professione religiosa nel 1903, quindi redige il 21 novembre 1904 la preghiera Dio mio, Trinità che adoro, da allora celebre in tutto il mondo cristiano. Giovanni Paolo II la proclama beata il 25 novembre 1984.

La biografia è estremamente puntua-le, dove tutto è basato sui documenti e sul controllo diretto delle fonti testuali e per-sonali. Il dettato letterario è di buon livello e si adegua alla descrizione dei vari mo-menti esistenziali. A livello analitico, ripro-ponendo il traguardo ultimo della spiritua-lità di Elisabetta della Trinità, l’autore non si sottrae al tentativo di dare una qualche spiegazione dei fenomeni mistici. Nono-stante la mole e la puntualizzazione, il libro scorre perché animato da una sincera ver-ve letteraria che si ribalta in una profonda analisi di un singolare percorso di santità. L’imponente biografia permetterà al letto-re di scoprire nell’intimo una personalità avvincente, sensibile e così vicina a noi. Po-tente profeta della presenza di Dio in ogni essere umano, Elisabetta invita i pellegrini dell’Assoluto ad aprirsi appassionatamente « alla Luce, all’Amore, alla Vita ».

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