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Università Telematica Pegaso La sociologia americana dopo
la Scuola di Chicago
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 TALCOTT PARSONS -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 ROBERT MERTON ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
3 TEORIE DELLA VITA QUOTIDIANA, ETNOMETODOLOGIA, INTERAZIONISMO SIMBOLICO - 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 Talcott Parsons
Sul piano della ricerca empirica, la sociologia americana ha prodotto alcuni studi di
comunità di grande rilievo.
Il più popolare è Middletown, scritto dai coniugi Lynd.
Si tratta dello studio di una città americana di medie dimensioni, che analizza la
stratificazione sociale, gli stili di vita e comportamenti sociali con una pluralità di metodi di
indagini.
Lo studio del lavoro e delle organizzazioni sono due dei campi in cui la ricerca empirica si
sviluppa particolarmente.
Contemporaneamente alla ricerca empirica si sviluppano anche le tecniche di ricerca
quantitative.
Per esempio il cosiddetto positivismo strumentale di William Ogburn concepisce la
sociologia scientifica come la messa a punto di strumenti di misurazione sempre più sofisticati,
capace di affrontare le variabili sociali con procedure di tipo statistico.
Dopo la seconda guerra mondiale queste tecniche si arricchiscono di diverse innovazioni e
sono sistematizzate in un corpus di metodi e strumenti abbastanza imponente, che trova ampie
applicazioni nella ricerca di mercato.
Uno degli artefici principali di questo sviluppo fu Paul Lazarsfeld.
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Lazarsfeld è un sociologo tedesco che studia in particolare i disoccupati, la famiglia e il
concetto di autorità.
A lui si deve l’uso delle scale (scaling) in Sociologia.
Lo scaling consiste in un insieme di procedure messe a punto per misurare concetti
complessi e non direttamente osservabili attraverso la costruzione di indicatori intersoggettivi.
Possiamo quindi dire che la tecnica delle scale è usata nella misura degli atteggiamenti, dove
l’unità d’analisi è l’individuo.
Talcott Parsons nacque nel 1902 a Colorado Springs, morì nel 1979.
Dopo gli studi universitari e un periodo di perfezionamento in Europa, nel 1927 fu chiamato
a insegnare a Harvard.
La sociologia americana ebbe un’influenza enorme sul suo pensiero.
Fra le sue opera principali ricordiamo: La struttura dell’azione sociale (1927), Il sistema
sociale (1951), Famiglie e socializzazione (scritto con Bales nel 1955).
L’approccio di Parson viene chiamato struttural-funzionalista, nel senso che si propone di
individuare la struttura di fondo della società per comprenderla, mostrando le funzioni che le
sue parti assolvono.
Più appropriatamente il suo approccio può essere definito sistemico, il concetto di sistema è
cruciale nel suo pensiero.
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Il problema da cui Parsons parte è quello di integrare le prospettive di Weber e Durkheim;
ossia da un lato si tratta di comprender in cosa consista l’azione degli individui, dall’altro vedere
come l’azione si inserisca in un quadro di vincoli sovra-individuali.
Nelle sue ultime opere si evince l’interesse per una teoria generale dell’evoluzione e per la
comparazione fra sistemi sociali diversi.
In La struttura dell’azione sociale egli considera l’azione come unità elementare di cui si
occupa la Sociologia.
Nella descrizione di un’azione si individuano
un attore, colui che compie l’atto;
un fine;
una situazione, le cui linee di sviluppo differiscono dalla situazione verso la quale è orientata
l’azione, cioè il fine;
un orientamento normativo.
Queste definizioni sono solo apparentemente neutrali, in realtà nascondono il fatto che nel
contesto della società americana Parsons lottava da un lato contro il comportamentismo, che tende
a ridurre l’azione umana a un meccanismo di risposta agli stimoli e dall’altro lato contro
l’utilitarismo, implicito nell’economia neoclassica che riduce ogni azione a un interesse.
Il concetto di interiorizzazione è molto importante. Il processo di interiorizzazione delle
norme e dei valori coincide con la socializzazione e questa si realizza principalmente nella
prima infanzia, in seno alla famiglia.
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La famiglia è dunque un sottoinsieme cruciale.
Possiamo dire che nel pensiero di Parsons la famiglia è un’agente di socializzazione
cruciale in tutte le epoche e le società premoderne.
L’istituzione famigliare tuttavia non svolge solamente la funzione di socializzare i figli, ma
ha anche funzioni assistenziali, religiose e soprattutto economiche.
Secondo Parsons l’evoluzione delle società comporta un processo di differenziazione e di
specializzazione delle istituzioni.
Attraverso i concetti di norma, valore e socializzazione, Parsons tenta di definire alcuni
parametri in base ai quali sia possibile distinguere società e culture diverse.
Si tratta di variabili strutturali, ossia quelle scelte binarie di fondo che sarebbero
riscontrabili analiticamente al di sotto di ogni sistema d’azione.
Queste scelte riguardano:
1. particolarismo e universalismo, la cui differenza sta nella distinzione tra
comportamento e distanza sociale;
2. diffusione e specificità di certe forme di relazioni in cui l’azione sociale è orientata
dalla considerazione di una pluralità di aspetti della personalità;
3. ascrizione e acquisizione, ossia l’importanza relativa che nel nostro comportamento
attribuiamo ai tratti che caratterizzano una persona;
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4. affettività o neutralità affettiva, ossia la differenza che passa tra sistemi d’azione
nei quali vi è una gratificazione affettiva dei partecipanti (es. all’interno di famiglia)
e sistemi in cui questa non è prevista e il significato dell’azione è puramente
strumentale (es. nel rapporto tra un avvocato e il suo cliente);
5. interessi privati (ad. Esempio l’azione di un imprenditore) verso interessi collettivi
(secondo Parsone, l’azione di un medico è orientata verso interessi collettivi).
Riconoscere i modi secondo cui gli individui si dispongono rispetto a questi atteggiamenti di
fondo permette, secondo Parsons, di descrivere i caratteri fondamentali di un sistema sociale.
Utilizzando le differenze fra particolarismo e universalismo e ascrizione e acquisizione si
osserva come le società moderne si differenziano da quelle tradizionali nella misura in cui le azioni
sono prevalentemente orientate in modo universalistico e ispirati a principi di acquisizione totale.
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2 Robert Merton
Dal 1941 Merton insegna alla Columbia University, a New York.
Egli è relativamente poco interessato alla grande teoria e nello stesso tempo poco propenso a
privilegiare la ricerca empirica.
Merton tende a distinguere gli scienziati sociali tra quelli che potrebbero sottoscrivere
l’affermazione «non so se quello che dico è vero, ma so che è importante», e quelli che
potrebbero sottoscrivere l’affermazione «so se quello che dico è vero, ma so se è importante».
In altre parole, egli esprime la differenza tra le grandi teorie inverificabili e le ricerche
accurate ma irrilevanti.
Merton propone una strada intermedia, quella delle teorie a medio raggio: una serie di
concetti logicamente collegati fra loro, ma che non pretendono di essere universali, ponendosi lo
scopo di costruire ponti fra ricerche diverse.
Il concetto di funzione è centrale nel pensiero di Merton, anche se egli rifiuta l’idea che tutti
gli elementi di un sistema sociale debbano essere in rapporto funzionale gli uni con gli altri.
Merton opera una distinzione tra funzioni manifeste e funzioni latenti.
Le prime sono pratiche intese come tali dagli individui coinvolti. Le seconde, invece, non
sono né intese né riconosciute dagli individui coinvolti.
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Un esempio che permette di chiarire questo passaggio è costituito dalla frequentazione della
chiesa da parte dei fedeli. Una delle funzioni manifeste dell’andare in chiesa è essere più prossimi a
Dio e commemorarlo, una delle funzioni latenti di questa pratica consiste nel rafforzare
l’integrazione sociale.
Questa distinzione, posta in relazione alla nozione di consumo vistoso di Veblen (Teoria
della classe agiata), mostra come una funzione possa assumere un significato diverso da quello
apparente.
Merton si è occupato di Sociologia della scienza, un ramo della sociologia di cui è
considerato l’iniziatore.
Attraverso tale branca della Sociologia osserva e descrive gli aspetti manifesti della
relazione fra la società e la scienza.
La categoria di esistenza si fonda appunto sul rapporto dialettico tra società e scienza, in
cui la verità scientifica non è il risultato di un esperimento, ma l’idea «a priori» di tale
esperimento.
Questo perché la scelta dei temi di cui gli scienziati si occupano è determinata in gran parte
dagli interessi del mondo circostante e in minima parte dalle logiche interne della ricerca scientifica.
Questo ethos attribuisce un valore chiave al dubbio sistematico, comporta che ogni
affermazione sia verificabile intersoggettivamente e quindi impone il dialogo aperto tra gli
scienziati, implica la disponibilità universale dei risultati della ricerca e infine richiede che ogni
scienziato sia valutato in relazione ai meriti del proprio lavoro.
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Nella misura in cui la comunità scientifica si conforma a questi principi, può entrare in
collisione con la società che la circonda.
Rispetto a questi elementi, la sociologia di Merton si articola in un programma di ricerca
empirica.
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3 Teorie della vita quotidiana, etnometodologia, interazionismo simbolico
Poi, in questo scenario:
Peter Ludwig Berger (Vienna, 1929) e Thomas Luckmann (Jesenice- Slovenia, 1927)
studiano gli emigrati negli Stati Uniti iniziano a collaborare con Alfred Shutz presso la New school
di New York.
Luckmann analizza i processi di comunicazione legati all’intersoggettività, mentre Berger
sviluppa un’importate ricerca sugli effetti della modernizzazione nei rapporti tra cultura e
economia. Insieme lavorano alla pubblicazione di La realtà come costruzione sociale. Il libro
sviluppa i temi di Schutz attraverso l’argomentazione della sociologia come processo di
conoscenza quotidiana.
Tale prospettiva accoglie l’idea di Durkheim rispetto all’apparente oggettività di fatti
sociali e il contributo di Weber rispetto alle priorità di senso nell’agire sociale.
Nel testo si esaminano l’idea di realtà come prodotto degli individui e gli effetti
dell’interazione interiorizzata. Si tratta di un’analisi dei processi di oggettivazione all’interno
della socializzazione.
Il concetto di oggettivazione viene elaborato da Berger e Luckmann per spiegare la
costruzione individuale delle regole sociali.
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La trasformazione dell’azione in abitudine “astratta” è il primo passo verso il cammino
dell’oggettivazione.
Conseguenza di tale processo è il compattamento del comportamento soggettivo, con
acquisizione di una propria inerzia.
Nella messa in pratica di tale postura metodologica, si prova a immaginare che il primo
uomo incontra un uomo per la prima volta. Inizialmente il comportamento dell’altro apparirà
problematico. Si tratterà di interpretarlo partendo dalla mediazione comunicazionale, essendo
l’interpretazione una questione di comunicazione.
Il processo d’interpretazione avverrà attraverso un sistema per prove ed errori, ma infine la
comunicazione potrà considerarsi stabilita quando entrambi avranno imparato a tipizzarsi
reciprocamente, in altre parole i due saranno capaci di interagire reciprocamente in modo efficace,
poiché la routine è un’abitudine condivisa il cui significato viene dato per scontato.
Dopo la seconda guerra mondiale queste tecniche si arricchirono di diverse innovazioni e
sono sistematizzate in un corpus di metodi e strumenti abbastanza imponente, che trova ampie
applicazioni nella ricerca di mercato.
Uno degli artefici principali di questo sviluppo è proprio Paul Lazarsfeld.
Schutz è stato anche l’ispiratore dell’etnometodologia, la corrente di pensiero di cui è
principale esponente e Harold Garfinkel.
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Il termine etnometodologia indica lo studio dei modi o metodi con i quali i soggetti
definiscono i contesti culturali, danno senso all’esperienza e cooperano alla costruzione
dell’universo sociale in cui gli esseri umani interagiscono.
In altre parole, si tratta dello studio dei modi attraverso i quali si organizza la conoscenza
che i soggetti adoperano nel corso delle loro attività, degli innumerevoli incontri, scambi e
conversazioni che riempiono la vita quotidiana.
Anche l’interazionismo simbolico si riconnette allo studio della vita quotidiana.
Il termine interazionismo simbolico è stato proposto dal sociologo Blumer negli anno
Trenta e indica un approccio teorico che si focalizza sull’interazione, intesa come sistema di
socializzazione simbolicamente mediato.
In tale ottica Becker individua nella devianza un processo d’interpretazione dei
comportamenti, piuttosto che un fenomeno di oggettiva criminalità.
Erving Goffman (Manville 1922 – Filadelfia 1982) è uno dei massimi esponenti della
sociologia qualitativa nordamericana e un riferimento massimo per le teorie dell’interazionismo
simbolico.
Il suo approccio è definito drammaturgico, nel senso che il teatro diventa per lui la
metafora della vita quotidiana.
Goffmann analizza come quotidianamente siamo impegnati a incorniciare e re-
incorniciare le situazioni in cui siamo coinvolti.
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I messaggi attraverso cui definiamo le situazioni sono dei meta-messaggi; poi analizza anche
quei messaggi impliciti che sono al margine della comunicazione, quindi una sorta di
comunicazione non verbale.
Nel teatro vi è una scena e un retroscena, sulla scena si recita una parte sforzandosi di
produrre nel pubblico certe impressioni, nel retroscena ci si prepara alla scena discutendo con
il regista o con i suoi collaboratori, abbandonando il personaggio che recita sul palco. Allo
stesso modo nelle interazioni con il pubblico ciascuno di noi si sforza di produrre certe impressioni,
di sostenere un ruolo, di suscitare negli altri un atteggiamento non ostile nei sui confronti.
In Sociologia, lo spazio di retroscena, ossia la sfera privata, è il luogo fisico e simbolico
in cui l’attore sociale consuma dei momenti di autoriflessione.
Nel teatro si finge, ma anche nella vita quotidiana, poiché in ogni situazione si instaura un
accordo implicito (inteso come la produzione di una cornice cognitiva) tra le persone coinvolte.
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Bibliografia
Morcellini M., Comunicazione e media, EGEA, Roma 1993.
Smelser N. J., Manuale di sociologia, Il Mulino, Bologna 2011.