Nèura Magazine #7

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Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012) Nèura Magazine Costruzioni. Temporaneità, labirin, materia Nèurastenie Appuntamen dal 15 al 21 novembre: #teatro (e oltre) “Fiato d’arsta” VENEZIA _ Fondazione Vedova | TORINO _ Valery Koshlyakov alla GAM di Torino | MILANO _ Collezione Gian Ferrari al Museo del 900 Eunomia TORINO _ Arssima: la rivincita del Medio Oriente Logo ©Cristiano Baricelli 15-21 novembre 2012 Non È Una Rivista d’Arte Numero 7

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Non è una rivista d'arte - Costruzioni

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Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

Nèura Magazine

Costruzioni. Temporaneità, labirinti, materia

Nèurastenie

Appuntamenti dal 15 al 21 novembre: #teatro (e oltre)

“Fiato d’artista”

VENEZIA _ Fondazione Vedova | TORINO _ Valery Koshlyakov alla GAM di Torino | MILANO _ Collezione Gian Ferrari al Museo del 900

Eunomia

TORINO _ Artissima: la rivincita del Medio Oriente

Logo ©Cristiano Baricelli

15-21 novembre 2012Non È Una Rivista d’Arte

Numero 7

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©Nèura Magazine 2012. Nèura Magazine è uno spazio culturale di prospettiva. La redazione è composta da Anna Castellari, Silvia Colombo, Sonia Cosco e Roberto Rizzente.

Nessuna parte o contenuto di questa pubblicazione può essere du-plicata, riprodotta, trasmessa, alterata o archiviata in alcun modo senza preventiva autorizzazione degli autori. I contenuti di questa pubblicazione non hanno carattere periodico e non rappresentano prodotto editoriale ex L.62/2001.

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Il settimo numero di Nèura parla di Costruzioni, anche se pensare in termini di mera architettura non è sufficiente. Pensiamoci atten-tamente e noteremo che l’azione del ‘mettere insieme’, dell’ideare e del rielaborare porta, inevitabilmente, a un fare costruttivo – fisico certamente, ma anche mentale.In questo senso va letta la recensione di Artissima 2012. La ten-

denza principale dell’edizione di quest’anno sembra essere l’arte medio-orientale; dunque la Cina è vicina (ormai da tempo), ma non solo. Come vediamo dall’immagine Beirut I love you, le costru-zioni assediano il nostro orizzonte, tentano di sopraffarci ma, sen-za risultato.Di diverso tipo sono le costruzioni di Emilio Vedova: sanno di ma-

teria, profumano di pittura. Ce ne rendiamo conto in occasione di una visita alla veneziana Fondazione Vedova, dove sono esposte le opere dell’artista, marcate da un gesto sicuro, da un segno ricono-scibile e da un colore sobrio, mai assordante.Questa settimana incontreremo anche Daniel Libeskind, autore

dell’allestimento labirintico e intricato di Collezionare il Novecento – una panoramica espositiva della collezione Gian Ferrari donata al Museo del 900 di Milano.E se proprio dobbiamo parlare di costruzioni nel senso letterale

della parola – intese come rifugio, casa, riparo – allora la GAM di Torino, dove l’artista russo Koshlyakov ha collocato un site-speci-fic, Homeless Paradise, è ciò che fa per noi.I percorsi consigliati questa settimana – a cura di Roberto Rizzen-

te – sono dedicati al #teatro (e oltre): abbiamo cinque possibilità di svago che afferiscono al teatro, alla performance, alla danza, ma an-che all’happening. Non ci resta che scegliere.Buona lettura. 

La Nèuraredazione

EditorialeCostruzioni. Temporaneità, labirinti, materia

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Indice Numero 7

Editoriale

Costruzioni. Temporaneità, labirinti, materia

Eunomia

Il Medio Oriente ad Artissima

“Fiato d’artista”

Emilio Vedova: La forza del gesto

Collezionare il Novecento: a Milano in mostra la collezione Gian Ferrari

La GAM di Torino. Un Homeless Paradise

Nèurastenie - #Teatro (e oltre)

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Eunomia Il Medio Oriente ad Artissima

Roberto Rizzente

25 gennaio 2011. Il popolo egiziano insorge contro il presidente Muba-rak. Ahmed Basiony filma con la sua videocamera le rivolte al Cairo, in piazza Tahrir. 26 gennaio. «Se loro vogliono la guerra, noi voglia-mo la pace, e io eserciterò il mio autocontrollo fino alla fine, per riscat-tare la dignità del mio paese», scrive Basiony su Facebook. 28 gennaio. Il venerdì della collera. Un proiettile sparato dalla polizia per sedare la rivolta colpisce l’artista. Basiony muore.

È il 1° giugno 2011, giorno d’inaugurazione della LV Biennale d’Arte di Venezia. Shady El Noshokaty, commissario del Padiglio-ne Egitto, dedica all’amico una personale che commuove il mon-do. Non tanto per la performance – 30 days of running in the place – quanto per i materiali video. Che sono tanti e mostrano con do-vizia di particolari i retroscena di quelle maledette giornate. Tut-te, meno una. Quello del 28 gennaio: l’ultimo filmato di Basiony non verrà mai trovato.Il caso del Padiglione Egitto dimostra gli standard qualitativi ormai

alti raggiunti nel campo dell’arte dal Medio Oriente. Se il sistema

Zena el Khalil, Beirut I Love you-a work in progress, 2012, foto di Gigi Roccati

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Costruzioni

pare aver imboccato, sempre di più, la strada del citazionismo a tut-ti i costi e della riflessione estetica ed estetizzante, il mondo arabo, fino a oggi escluso dai giochi, dimostra un’insospettata vitalità nel campo più antico e pure, paradossalmente, meno scontato per un mondo abituato ai regimi totalitari: quello del documentario.Sono storie di vita vissuta, sullo sfondo della Storia, quelle che ci rac-

contano oggi gli artisti del Medio Oriente. Narrate con sguardo ana-litico e partecipe, franco, impegnato, con in più il concorso della po-esia. Come se la primavera araba passasse anche per il cinema, le arti visive, la letteratura, oltre che per la politica, in una sorta di riedizio-ne del cinéma véritée delle novuelle vagues in voga negli anni Sessanta e Settanta in Europa e Sud America. Non mancano gli esempi, a Torino per Artissima. This lemon tastes of

appl, 2011, è un documentario di Hiwa K, artista curdo residente in Germania, sulle proteste contro il governo a Slemani, nel Nord dell’I-raq. Ispirato all’odore dei lacrimogeni sparati da Saddam nel 1988, così simile a quello della mela, e al limone usato, ventitrè anni dopo, come agente disintossicante dai curdi, il titolo allude all’inesorabilità di una storia, quella del genocidio, eternamente uguale a se stessa.Al centro del video, la performance del 18 aprile di Hiwa K, che assieme

a Daaron Othman, nel mezzo della folla, suona con l’armonica e una chi-tarra amplificata da megafono il motivo di C’era una volta il West di En-nio Morricone. Le note si sovrappongono alle grida della gente, nei do-dici minuti scarsi di proiezione. La melodia ne esce stravolta. Si trasforma in un grido di protesta, un’incitazione ad andare avanti.

Hiwa K, This lemon tastes of apple, 2011, 12’9”, courtesy Prometeo Gallery

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La folla risponde alle sollecitazioni, la confusione sale. Non com-prendiamo il significato degli slogan – deliberatamente non sono stati tradotti, perché non possano essere adattati ad altri contesti – ma non importa. Tutto ci è improvvisamente chiaro. Cambiano gli addendi – i manifestanti, in questo caso – ma il contenuto del-la protesta, di ogni protesta, rimane lo stesso. E le immagini lo sot-tolineano, con forza.Abraham Abraham, 2012, di Nira Pereg, ebrea di Tel Aviv classe

1969, è un altro esempio eccellente di documentario, ispirato que-sta volta alla tomba di Abramo a Hebron, contesa tra musulmani ed ebrei e oggi divisa in due, per l’80 per cento moschea e il 20 per cento sinagoga, dopo il massacro del 1994. Salvo concedere, ogni dieci anni, un’invasione di campo di ventiquattr’ore ai musulmani, sotto la sorveglianza dell’esercito israeliano.Nina Pereg coglie l’attimo del trapasso. A luglio 2012, i Musul-

mani occupano l’intera area. File di tappeti invadono con ieratica compostezza il campo visivo dello spettatore, seguendo il canone di una liturgia prefissata. Li segue, Nira Pereg, quasi si trattasse di una performance di Said Atabekov. Il reale sfuma nell’immagina-rio. La storia cede il passo al teatro, piegata alle esigenze partigia-ne di un’artista di talento.Beirut, I Love you, 2008, è, da ultimo, un racconto per immagi-

ni di Gigi Roccati sul racconto dell’artista libanese Zena El Kha-lil (1976), presentato alla Fondazione Merz nell’ambito di “It’s not the end of the world”, il ciclo di cinque mostre esterno ad Artissi-ma (Ragnar Kjartansson, Valery Koshlyakov, Dan Perjovschi, Paola Pivi gli altri artisti coinvolti, alla Fondazione Sandretto Re Rebau-dengo, Gam, Palazzo Madama e Rivoli).Ispirato a un fatto tragico – la morte per cancro della miglio-

re amica di Zena El Khalil – sullo sfondo della guerra libanese, il video segue il flusso di coscienza dell’autrice – che negli anni della guerra aprì un blog – spalancandosi su scenari d’inusita-ta bellezza e rilevanza, con quei soldatini-giocattolo rosa, eter-namente ricorrenti, messi in fila da una bambina troppo abitua-ta alla guerra per credere alle bambole. Fino alla chiusa, lirica e inaspettata, con quella sposa-amica che corre, finalmente libera, in riva al mare, oltre la morte.

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InformazioniArtissima, Torino

L’edizione 2012 si è tenuta dal 9 all’11 novembre 2012. Per le prossime edizioni, consultare il sito ufficiale.

sito web. www.artissima.it

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“Fiato d’artista” Emilio Vedova: la forza del gesto

Sonia Cosco

Chi era Emilio Vedova e qual è il suo ‘lascito’ artistico, oggi? Un excursus veneziano, alla scoperta della Fondazione Vedova e delle opere di un artista che ci ha parlato attraverso l’azione.

Dura fino al 25 novembre 2012 la mostra dedicata a Emilio Vedo-va Lacerazione. Plurimi/Binari ’77/’78 a cura di Fabrizio Gaz-zarri, che presenta per la prima volta insieme tre cicli Lacerazio-ne completi (II, III e il IV, inedito) e alcuni Plurimi/Binari singoli. I cicli sono installati nello Spazio Vedova, un tempo studio

dell’artista. Ricordare quest’appuntamento significa voler ricorda-re la laboriosa, complessa e affascinata poetica di Emilio Vedova, la sua ricerca tormentata, che partiva dalla scelta dei titoli delle opere fino all’estrema passione della sua gestualità. Lacerazione quindi, ma anche binari che non trovano contat-

to tra loro, percorsi plurimi che si moltiplicano all’infinito, in un

Emilio Vedova, Ciclo Lacerazione ’77/ ’78 II, Plurimo/Binario 2 (1977-1978)Foto Vittorio Pavan

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Costruzioni

desiderio di creare una rete tra arte, artista e pubblico. Vedova (1919-2006) nasce a Venezia da una famiglia di artigiani-operai e si avvicina all’arte come autodidatta a partire dagli anni trenta. Poi, la svolta arriva nel 1942 con l’adesione al movimento antinovecen-tista “Corrente”. Durante il periodo bellico partecipa ai movimen-ti di resistenza antifascista. È del 1948 la sua prima Biennale di Ve-nezia, dove tornerà spesso fino a ricercare nel 1960 il Gran Premio per la pittura e nel 1997 il Leone d’Oro alla carriera.

I cicli di opere Scontro di situazioni, Ciclo della Protesta, Cicli del-la Natura sono degli anni cinquanta e nel 1961 realizza al teatro La Fenice le scenografie e i costumi per Intolleranza ‘60 di Luigi Nono, mentre i famosi Plurimi veneziani e berlinesi sono realizza-ti tra il 1963 e il 1964.

Ricerca, sperimentazione, forza: il gesto di Emilio Vedova, quel-lo del titano che spezza catene e sfida gli dei, diventa ancora più di-rompente negli anni settanta e ottanta con i Plurimi Binari dei ci-cli Lacerazione, i Carnevali, i Teleri, i Dischi, Tondi.

Influenzato dall’Espressionismo astratto e dall’Informale, Vedova è un artista italiano permeato di cultura internazionale. La sua ri-cerca espressiva è sempre in viaggio, irrequieta ed eccessiva. La nar-razione è racchiusa nei titoli, mentre le opere sembrano dimenti-care di spiegarsi al pubblico con chiarezza. C’è qualcosa che però comunicano: l’azione. Vorticosa, frammentata, disciolta nell’astra-zione, ma pur sempre slancio che sollecita, l’arte di Vedova è varie-gata nei contenuti, nel materiale e nella tecnica. Dal ferro al legno, dalla pittura al collage, dal graffitismo alle installazioni, dai qua-dri alle sculture, i chiaroscuri della tradizione veneziana emergono e vengono filtrate da un linguaggio contemporaneo libero, talvolta drammatico, sempre dinamico e tumultuoso.

La grande antologica al Castello di Rivoli nel 1998 è tra le sue ul-time mostre personali di rilievo.

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Interno della Fondazione Vedova, Venezia

InformazioniFondazione Emilio e Annabianca VedovaMagazzini del Sale, Zattere 266, Venezia

Orari. lunedì domenica 10.30–18 | chiuso il martedìsito web. www.fondazionevedova.org

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Raccolta e labirintica la mostra Collezionare il Novecento, dedica-ta alle opere appartenenti alla collezione di Claudia Gian Ferrari, progettata dall’architetto Daniel Libeskind, per quanto riguarda l’al-lestimento, e curata da Danka Giacon al Museo del 900 di Milano. Dal 9 novembre al 3 marzo 2012.

Forse, un allestimento così riconoscibile come quello firmato da Daniel Liberskind – architetto americano di origine polacca, cele-bre per opere come lo Judisches Museum di Berlino – non si adat-ta perfettamente alla piccola sala del Museo del 900, in cui è alle-stita la mostra Collezionare il Novecento. Difatti l’impressione è che un linguaggio così marcatamente invasivo come il suo (cartonges-so labirintico bordato di rosso sangue) tenda a fagocitare la già scar-sa disponibilità di spazi del museo, carattere congenito alla struttu-ra sin dalla sua apertura.

Collezionare il Novecento: a Milano in mostra la collezione Gian Ferrari

Anna Castellari

Una delle opere della mostra Collezionare il Novecento. Credits: Silvia Colombo

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Costruzioni

D’altro canto non si può negare il fascino che, no-nostante tutto, il percor-so espositivo possiede.L’architetto conobbe già

negli anni ottanta la gal-lerista milanese Claudia Gian Ferrari, scomparsa di recente: e proprio da quell’incontro nasce l’i-spirazione per allestire la sua collezione in mostra.

Dunque, fino al 9 marzo 2012 i lavori raccolti dalla Gian Ferra-ri per tutta una vita, e poi donati a istituzioni culturali di rilievo sa-ranno esposti al piano terra del museo1.Come abbiamo anticipato, per quanto minuto, lo spazio ricava-

to nel labirinto libeskindiano, dà un’idea, come scrive l’architetto, di libertà. Libertà nella scelta delle opere, certo, come quella del-la gallerista, che collezionava arte contemporanea assecondando il suo gusto. I lavori in mostra non sembrano infatti appartenere a un nucleo storicamente coerente – ma anche libertà domestica che rie-labora il concetto di “casa”, di luogo intimo e nascosto, dove origi-nariamente si trovavano i lavori. “L’intento” scrive Liberskind nel-la brochure della mostra “era creare una sorta di dedalo di stanze e passaggi discreti, dedicati alle diverse aree dei suoi interessi, per rap-presentare l’invisibile alchimia dell’opera d’arte attraverso lo sguar-do della collezionista, sottolineando la componente museale nella scelta di cosa collezionare e tenere nella propria casa o in galleria”2. Così, appena si entra nella stanza museale si ha l’impressione di

1 Destinatari del prezioso lascito, oltre al milanese Museo del 900, sono il Mart di Rovereto e il MAXXI di Roma, mentre il nucleo più importante – 44 opere degli anni trenta – è andato a Villa Necchi Campiglio (sempre a Milano). Una distribuzione che fa pensare a una precisa volontà della gallerista-collezionista, intenzionata a voler dare un luogo il più possibile consono alle opere possedute e parte della sua collezione.2 Brochure alla mostra “Collezionare il Novecento”, Art in a private life.

Abiti dello stilista Issey Miyake, in mostra al Museo del Novecento. Credits: Silvia Colombo

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doverlo esplorare per scoprire tutte le ope-re, proprio come se ci trovassimo in casa nostra, alla ricerca di un oggetto smarri-to o dimenticato. E non è un caso che al-cuni luoghi, come in una cabina armadio estremamente ele-gante, siano riservati ad abiti e cappelli ap-partenuti e indossa-ti dalla collezionista. Lavori coloratissimi e sgargianti, firmati Is-sey Miyake, sono gli abiti della collezio-ne, mentre è di Lu-cia Sammarco Pen-netier la piccola serie di cappellini-sculture che fanno parte della sezione moda.La collezione si fregia anche di alcune interessanti opere che, pur nella

loro eterogeneità, riescono a dialogare l’una con l’altra proprio come in un contesto domestico. Ad esempio, il capezzolo intitolato Prière de toucher, “si prega di

toccare”, di Marcel Duchamp, di fianco al Concetto spaziale (due uova) di Lucio Fontana e alla Stella di Gilberto Zorio. E an-cora, altri lavori come l’Ofelia (1922), gesso di Arturo Martini, esposta in una teca trasparente a terra, in primo piano. Ulterio-ri diversivi cromatici e iconografici provengono dal Contrabbasso con farfalle (1998) di Claudio Parmiggiani, dal Poeta ARTuro-mARTini CechoVia di Luigi Ontani, del 2007, dalla Natura mor-ta con i guanti del 1935 di Fausto Pirandello – stilisticamente più

Claudio Parmiggiani, Senza titolo (Contrabbasso con farfalle), 1998, cm 80 x 190,

custodia con farfalle, Proprietà dell’artista. Credits: Silvia Colombo

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Costruzioni

classicheggiante – e dal Primo denaro (1928) di Cagnaccio di San Pie-tro, ritrovato su inter-net dalla collezionista proprio quando si pen-sava che fosse ormai perduto per sempre3.Opere molto diver-

se, quindi, che servo-no a delineare i gusti di una collezionista e la sua passione per l’ar-te. Una voglia di scopri-re artisti nuovi che le è rimasta fino alla fine (si pensi alle opere del-la Sammarco Pennetier di cui sopra e a quelle eseguite pochi anni or sono, non molto prima della scomparsa) e che fanno sperare: che nel

futuro esistano ancora appassionati d’arte come lei, così generosi da voler elargire i lavori acquisiti agli occhi di tutti noi.

3 Cfr. Flavio Fergonzi e Claudia Gian Ferrari, Cagnaccio di San Pietro. Un quadro ritrovato, edizioni Charta, 2009.

Lucia Sammarco Pennetier, Small walking sculptures, Legato Gian Ferrari, Milano. Palazzo Morando Costume Moda Immagine, 2008

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Marcel Duchamp, Prière de toucher (Catalogo per l’Esposizione Surrealista del 1947). Libro con sovracoperta, carta, gomma e tempera. Credits: Silvia Colombo

Daniel Libeskind parla durante la conferenza stampa al Museo del 900 (Credits: Silvia Colombo)

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Gilberto Zorio, Stella, 1977, cm 84 x 134, pelle e collage, Donazione Gian Ferrari, Museo del Novecento

InformazioniMuseo del 900 - Palazzo dell’Arengario, Piazza del Duomo, Milano.

Orari. lunedì 14.30-19.30 | martedì-venerdì e domenica 9.30-19.30 | giovedì e sabato 93.30-22.30

sito web. www.museodelnovecento.org

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La GAM di Torino. Un Homeless Paradise

Silvia Colombo

Alla GAM di Torino, in occasione di Artissima 2012 e nell’ambi-to del progetto collaterale It’s not the end of the world, ha inaugu-rato il site-specific di Valery Koshlyakov, artista russo emerso con il gruppo Art or Death.

È appena trascorsa l’edizione 2012 di una delle fiere dedicate all’arte contemporanea più patinate del nostro bel Paese, Artis-sima. Eppure l’impressione emersa dopo una visita al Palaoval di Torino Lingotto è scivolata via con l’acqua torrenziale che ha asse-diato l’intero week end.Sarà l’ambientazione, all’interno di un padiglione fieristico che

non concilia la concentrazione, sarà l’allestimento da centro com-merciale, che disperde l’attenzione verso obiettivi plurimi eppure anonimi... ciò che rimane è qualcosa di indistinto e vago.

Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

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Costruzioni

Grandi nomi già affermati – i soliti, storicizzati e ‘forti’ sul merca-to –, personalità nuove non sufficientemente contestualizzate e una folla nemmeno troppo insopportabile.Più interessanti, forse, gli eventi collaterali organizzati in collabo-

razione con i musei della città, come It’s not the end of the world – iniziativa dal titolo che gioca con la profezia Maya secondo cui il mondo finirà il prossimo dicembre.Il progetto, radicato in cinque poli culturali del territorio – Fon-

dazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, GAM, Palaz-zo Madama, Castello di Rivoli –, è finalmente un momento di co-noscenza, poiché permette ai visitatori di entrare a contatto con le realtà culturali cittadine e, al contempo, di accedere a lavori meno noti al grande pubblico.In particolare, alla GAM di Torino va in scena Homeless Paradi-

se, un site-specific progettato dal russo Valery Koshlyakov.L’artista, classe 1962, è uno degli aderenti al gruppo Art or Dea-

th1, esperienza culturale che si muove a cavallo tra gli anni ottanta e novanta e che intende distanziarsi da un’arte ancora fortemente im-prontata ai dettami del regime sovietico.

Valery Koshlyakov, Homeless Paradise (2012) - l’artista al lavoro alla GAM Foto: Sabina Arena

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Celebre per le rappresentazioni a tempera di monumenti storici delle capitali (dalla parigina Notre-Dame a uno stadio moscovita) raffigurati a colore morbido e colante su supporti che spaziano dalla tela a brani irregolari di cartone, Koshlyakov è anche autore di scul-ture matericamente ‘povere’ ma non per questo meno efficaci. In un certo senso è quest’ultima la definizione più calzante che si addice a Homeless Paradise, un paradiso ormai perduto che, per di più, è sta-to sfrattato, tagliato fuori, rimasto senza fissa dimora. L’installazione si radica e cresce irregolarmente, come i tralicci

dell’edera, in corrispondenza dell’ingresso principale del museo, ora evidenziato da un agglomerato in compensato che ricorda alcuni esperimenti architettonici delle Avanguardie storiche.Il risultato è una costruzione semplice, una gigantografica casetta per

gli uccelli che rimanda a un ‘modello abitativo’ più vicino al concetto di rifugio provvisorio, al riparo dalle intemperie, che di casa. La stessa idea di residenza equilibrata e precaria – due aggettivi che,

a loro modo, riflettono una condizione comune alla nostra genera-zione – è estesa anche allo spazio coperto che, dal cancello, condu-ce all’ingresso del museo.

Valery Koshlyakov, Homeless Paradise (2012) Foto: Sabina Arena

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Costruzioni

Ai lati della passerella si susseguono una serie di oggetti (installa-zioni? Ready-made à la Duchamp? Sculture?) che ritmano il nostro passo, lo rallentano. Si tratta di un’esposizione all’aperto fatta di armadi spalancati e

sventrati, su cui l’artista è intervenuto incollando immagini attinte a un repertorio iconografico vario, colorando – seppur in maniera imperfetta e irregolare – esterni e interni. Altre strutture, altri coperti utili al nostro riparo.L’operazione, basata sulla progettazione completa di uno spa-

zio, equivale allora alla fondazione di una città del XXI secolo. Spontanea, di certo non solida, pronta a spostarsi e, in qualsiasi caso, utile: perché per raggiungere il paradiso, a volte, non è ne-cessario possedere una casa.

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InformazioniValery Koshlyakov. Homeless ParadiseTorino, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea8 novembre 2012 – 6 gennaio 2013

sito web. www.gamtorino.it

Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

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Nèurastenie - Teatro (e oltre)

Roberto Rizzente

È sempre più labile il confine tra teatro, arte, musica. Le nuove tecno-logie da un lato, le avanguardie dall’altro, hanno complicato gli sche-mi, rendendo superflue le vecchie definizioni. In cinque tappe, ecco un viaggio tra alcune delle più innovative esperienze della scena contempo-ranea. Dove la danza, la parola incontrano la pittura, il cinema, l’in-formatica, la luce, in un mix eterodosso di suoni e visioni.

#Milano

Nel centenario della nascita di Alan Turing, il Piccolo Teatro di Mila-no, in collaborazione col Ministero per i Beni Culturali, omaggia il padre dell’informatica con una “multimedia action” che visualizza in tempo reale,

grazie ad appositi software, il ritmo vitale dei performers, nel tentati-vo di tradurre in immagini il farsi del pensiero matematico. La regia di Turing - a staged case history è di Maria Elisabetta Marelli.

Dove e quando

20-25 novembre 2012Milano, Piccolo Teatro

Info e contatti

Orari. martedì-sabato h 19.30 | mercoledì-venerdì h 20.30 | domenica h 16Ingresso. intero 25 euro | ridotto 22, 17 eurosito web. www.piccoloteatro.org e-mail. [email protected]

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Costruzioni

#Torino

A metà tra il cinema e la danza, sul-la scia di spettacoli di culto come Kamp degli olandesi Hotel Modern, Kiss&Cry dei belgi NanoDanse, tap-pa conclusiva di TorinoDanza Festi-val, è una toccante, delicata partitura

in cinque tappe per dita e immagini sul tema dell’amore, inter-pretata dalla coreografa Michèle Anne de Mey e filmata in diret-ta dal regista Jaco van Dormael.

#Roma

Non solo Kentridge. RomaEuropa Fe-stival ribadisce l’attenzione ai nuovi lin-guaggi con Stocos di Pablo Palacio e Mu-riel Romero, una composizione interat-tiva che mette a confronto il movimento di due danzatrici con una scenografia vir-

tuale di luci, suoni e video-proiezioni, continuamente mutevole, per mettere a nudo il rigore e la casualità delle procedure algoritmiche che sono alla base della stocastica.

Dove e quando

22-24 novembre 2012Moncalieri (To)Fonderie Limone

Info e contatti

Orari. 20.30Ingresso. intero 20 euro| ridotto 17-5 eurosito web. www.torinodanzafestival.it e-mail. [email protected]

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#Belgio

Era il 1984 quando Jan Fabre rivolu-zionò la scena con The power of theatri-cal madness. A distanza di ventotto anni, in occasione del Next Arts Festival, il maestro belga ricostruire la lunga mara-tona (4 ore e mezzo) con una nuova ge-

nerazione di performers, sfruttando gli ultimi ritrovati della tecnologia per attualizzare la fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore e, con essa, cele-brare il potere affabulatorio e consolatorio del teatro.

#fuoritema

Drammaturgia dei media, teatro dell’a-scolto: il lavoro di Roberto Paci Dalò sfugge alle definizioni tradizionali. Ci pensa la Marsèlleria a ricostruirne le di-namiche interne con un’ampia retrospet-tiva, Time Line. Punto di arrivo, il 19

Info e contatti

Orari. 20.30Ingresso. intero 20 eurosito web. www.romaeuropa.net e-mail. [email protected]

Dove e quando

18 novembre 2012Roma, Teatro Palladium

Dove e quando

24-25 novembre 2012Belgio, Kortrijk - Schouwburg

Info e contatti

Orari. 18-22.30Ingresso. intero 20 euro | ridotto 18-7 eurosito web. www.nextfestival.eu

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Costruzioni

novembre, The Shangai Night, un’originale miscela di immagine, mu-sica e performance per ricordare la storia del ghetto di Shangai durante l’occupazione giapponese.

Info e contatti

Orari. da lunedì a venerdì 10-18Ingresso liberosito web. www.marselleria.org e-mail. [email protected]

Dove e quando

5 novembre-6 dicembre Milano, Marsèlleria

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