Oltre Il Fence magazine n.7
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Curiosità, Cronache di Gara e News dal Mondo Western
w w w . t e a m p e n n i n g b a s i l i c a t a . I t
Oltre Il Fence Anno 1/ N. 0 in attesa di registrazionePubblicazione mensile / Ottobre 2013
RedazioneGiovanna Laguardia / [email protected] Coviello / [email protected] Filace / [email protected] Abascià / [email protected] Pianta / [email protected] Allegretti / [email protected]
Direttore EditorialePiero Coviello
Direttore ResponsabileGiovanna Laguardia
Progetto GraficoMarta Pianta
FotografiaGiovanni Allegretti
Hanno collaborato a questo numeroMariarosaria ManfredoniaNicola CarlomagnoEnzo Di Mauro
SOMMARIOEDITORIALE L’importanza del… terzo go
I CENTRICentro ippico Le Sorgive
BAREFOOTCarlo Faillace,L’uomo che sferrava i cavalli
BASILICATA WESTERN STORYIl 2004, anno magico per il velocista Saverio Giuzio
TREKKINGAvventura con brivido nel pollino
Il maniscalco con il reining nel cuore4 chiacchiere con Rocco Romaniello
VETERINARIAEquiturismo: istruzioni per l’uso.
CON GLI OCCHI DEL GIUDICESostituzioni e simili: che fare
PILLOLE DI HORSMANSHIPPredere confidenza con la sella
RITRATTI WESTER LUCANIIntervista a Paola fiore
SOUTH ITALY MASTER CUPCronaca quarta tappa
CAMPIONATO REGIONALE TEAM PENNING Cronaca quarta tappa
COUNTRY MUSIC Johnny Cash, the man in black...
CAVALLI CAMPIONIBellissimi, biondi e... lucani
RADUNIRaduno equestre a piano della nevena
EVENTIIl danella ranch, apre le porte alla gimcana western
EDITORIALE
Lo hanno “inventato” i rugbisti. Gente tosta in campo, ma che non dimentica
i veri valori dello sport. Stiamo parlando del cosiddetto terzo tempo.
Come recita Wikipedia, il terzo tempo è, “nel rugby a 15, il tradizionale
incontro dopo-gara tra i giocatori delle due squadre. Inteso come momento
conviviale pomeridiano oppure serale, il terzo tempo è sempre stato visto
come momento di socializzazione tra i giocatori, cui spesso partecipano
anche le loro famiglie e, talora, anche i tifosi; nel mondo anglosassone si
svolge in genere presso la Club House della squadra che ospita l’incontro”.
Insomma, in campo botte da orbi, ma fuori dal campo stop a rancori e
rivalità. Tutti insieme appassionatamente per celebrare una vera e
propria festa dello sport. Una bella abitudine dalla quale anche il mondo
dell’equitazione americana dovrebbe prendere esempio. Parafrasando il
termine, il terzo tempo per penner e barellisti potrebbe diventare il… terzo
go. Un conviviale incontro dopo gara, per festeggiare i vincitori e “consolare”
i vinti. Del resto è proprio questo anche lo spirito di Pierre de Coubertin,
il barone francese inventore delle moderne olimpiadi: “ L’importante non
è vincere ma partecipare”. E ancora: “La cosa essenziale non è la vittoria
ma la certezza di essersi battuti bene”. Uno spirito che purtroppo, tanto
spesso anche nelle competizioni minori, viene dimenticato. Soprattutto
quando montepremi più o meno ricchi attirano nelle competizioni, perfino
quelle promozionali, personaggi di dubbia levatura morale. E’ stata proprio
questa, per molti anni, la “maledizione” dell’equitazione americana che
fin dalla sua nascita si è contraddistinta per la “corsa all’oro” perfino
nelle manifestazioni collegate alle più infime sagre di paese. E mentre
nell’equitazione inglese nascevano le categorie equitation, che premiavano
(simbolicamente, ovviamente), i giovani dal bello stile in sella, in quella
Anche nell’equitAzione AmericAnA è sempre vAlido lo spirito di de coubertin
L’importanza deL… terzo goAgonismo sì, mA non A discApito del divertimento, dell’AmiciziA e dello sport
agenda deL meSetreKKing 10/13 ottobre
romagna romantica
ULtimo appUntamento deL caLendario cite
cLUb itaLia treKKing eqUeStre - rioLo terme (ra)
eVenti 11/13 ottobre
zampe a SpaSSo - raSSegna degLi animaLi domeStici - domenica 13 SfiLata dei cani meticci
qUartiere fieriStico efab – tito ScaLo
eVenti 12/13 ottobre
parco Urbano deLLe cantine rapoLLa
treKKing 12 ottobre
1° radUno di tUriSmo eqUeStre
caVaLcando con i brotherS oLiVa
ScaLa – coStiera amaLfitana (Sa)
team penning 20 ottobre
finaLe deLLa SoUth itaLy maSter cUp Sef itaLia
erbanito ranch – San rUfo (Sa)
team penning finaLe campionato regionaLe pUgLia fitetrec ante - centro ippico L’oaSi deL caVaLLo - caroVigno (ba)
SaLto oStacoLiconcorSo ippico nazionaLe Sef itaLia
centro eqUeStre Le baragge
garLaSco (pV)
eVenti 26 ottobre
giornate medioeVaLi XV edizione
brindiSi di montagna
team penning 27 ottobre
qUinta tappa campionato aitp Sef itaLia
circoLo ippico reggiani Via Jacopo da porto nord - Loc. La brUciata (mo)
eVenti 7/10 noVembre
fiera caVaLLi Verona 115eSima edizione
qUartiere fieriStico Verona
il nostro dove il peso specifico della fortuna è molto alto.
Bisognerebbe però sempre dimostrare di essere sportivi
veri, rispettando lo spirito decoubertiano e facendosi
valere, soprattutto nel terzo go!
Giovanna Laguardia
Anche nell’equitAzione AmericAnA è sempre vAlido lo spirito di de coubertin
L’importanza deL… terzo goAgonismo sì, mA non A discApito del divertimento, dell’AmiciziA e dello sport
americana si scaraventavano in campo ragazzini con
poca scuola alle spalle, a caccia della fatidica busta.
Davvero un bell’esempio di spirito sportivo! Per fortuna
i giovani seri e di talento sono riuscti a conquistare un
posto al sole nel panorama dell’equitazione nazionale
ed internazionale, ed esempi non mancano anche in
Basilicata. Non solo. Il comitato organizzatore di team
penning Basilicata ha coraggiosamente eliminato il
montepremi dalle categorie regionali, per permettere ai
giovani cavalieri di crescere senza pressioni e agli amatori
puri di divertirsi spensieratamente. Un grosso passo in
avanti verso un modo più sano e più vero di vivere lo
sport. Il passo successivo dovrebbe essere quello del
“terzo go”. Un momento conviviale da organizzare alla
fine di ogni gara, per il puro piacere di stare insieme.
Per condividere la passione per i cavalli e per lo sport.
Un’occasione, per i più esperti di dare consigli ai neofiti.
Ma senza spocchia e senza acrimonia, davanti ad un bel
bicchiere di birra. Magari insieme alle mogli, ai mariti,
ai fidanzati e fidanzate, agli amici, alla famiglia. Perché
lo sport è anche condivisione. E’ molto triste, alla fine
di una gara, assistere al fuggi fuggi di camion e trailer,
magari perché quel giorno il verdetto del campo è stato
un no time o un tempo troppo alto per salire sul podio.
Non sempre si può vincere, soprattutto in uno sport come
i centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri centri
Cavalli e turismo, binomio vinCenteNasce nel 2005 nell’agriturismo Vignola il centro ippico Le Sorgive
Turismo e cavalli: un binomio sempre vincente: non se lo sono fatto ripetere due volte i
titolari dell’agriturismo Vignola, uno dei più “antichi” e famosi della Basilicata, che, non
appena ne hanno avuto la possibilità, hanno giocato al... raddoppio, con la fondazione
del circolo ippico Le Sorgive. L’Agriturismo Vignola nasce del 1994 sull’azienda agricola
Vignola, nel cuore della Val d’Agri. È costituito da un piccolo borgo di antichi edifici rurali,
da 25 ettari di terreno coltivato a cereali, frutteti ed ortaggi, con bosco, allevamenti
e maneggio. Le strutture dedicate all’equitazione, come ci racconta Francesco Bruno,
“nascono nel 2005 grazie alla passione che noi giovani della famiglia abbiamo sempre
avuto per i cavalli. Una passione che, con l’utilizzo degli incentivi previsti all’epoca dalla
Regione Basilicata per questo settore, si è potuta trasformare in realtà”. Dopo otto anni
di attività, Le Sorgive è un circolo ippico molto affermato, che conta un campo gara
regolamentare, quattordici box ed un tondino. Le attività del circolo ippico, affiliato Fise,
variano dalla scuola di equitazione,
ai trekking a cavallo, all’equitazione
americana. Proprio a questa branca
degli sport equestri il circolo Le Sorgive
ha dimostrato negli ultimi anni grande
vicinanza, ospitando numerosissime
manifestazioni di barrel racing e di team
penning. Ma la vocazione principale del
circolo ippico, data la bontà delle sue
strutture e la possibilità di offrire ospitalità,
sia a tavola, sia come pernottamento,
è l’organizzazione di grandi eventi:
manifestazioni della durata di più
giorni che da anni portano in val d’Agri
cavalieri non solo da tutta la regione, ma
anche da tutta Italia. Tra questi, il Val
d’Agri Western Show che ha portato a
le Sorgive i più grandi campioni di tutta
Italia e che ha dato grande visibilità al
circolo ippico: tre giorni di gare, clinc,
ma anche mini rodeo, cucina messicana,
squadre dance e musica country dal
vivo, fattoria didattica, battesimo della
sella, animazione, ponilandia, festa della
birra e l’elezione di miss cowgirl. Le
Sorgive ha poi ospitato per negli ultimi
due anni la finalissma regionale di barrel
racing (due giorni di gare nel 2012 e ben
tre quest’anno), mentre nella disciplina
del team penning è da ricordare
l’intenso week end del Marsico Western
Show, a settembre del 2012, quando il
centro ha ospitato sia la quarta tappa
del campionato regionale, sia un clinic
federale. Numerosi sono stati anche i
trekking di più giorni che hanno visto le
strutture de Le Sorgive e dell’Agriturismo
Vignola, ospitare cavalli e cavalieri per
più giorni, mentre numerosi randonneur,
lucani e non, hanno scelto Le Sorgive
come punto tappa per i loro viaggi a
cavallo.
Giovanna Laguardia
“Ambiente, gastronomia, equitazione western,
trekking e grandi eventi
”
barefoot barefoot barefoot barefoot barefootbarefoot barefoot barefoot barefoot barefootbarefoot barefoot barefoot barefootbarefootbarefoot barefoot barefoot barefoot barefootbarefoot barefoot barefoot barefoot barefootbarefoot barefoot barefoot barefoot barefootbarefoot barefoot barefoot barefoot barefoot
“E’ stato un italiano il primo a studiare la funzionalità del piede
senza ferro
”
l’uomo Che sferrava i CavalliLa storia di Carlo Faillace, fautore del barefoot ante litteram
Carlo Faillace, professore di Lettere e
Filosofia, Lingue e Letterature Romanze
e di Storia (con specializzazione su Roma,
Medioevo e Rinascimento), ha insegnato
per vari anni in California, naturalmente
in Italia e in Tailandia. Ha prestato servizio
militare come ufficiale nell’Arma dei
Carabinieri, nel IV Reggimento a Cavallo,
agli ordini diretti di Raimondo D’Inzeo,
che era il suo Capitano, oltre che amico,
compagno di gara e Maestro.
E’ stato il pl primo in Italia in assoluto a
sostenere l’idea che il cavallo va gestito in
modo naturale e non deve essere ferrato.
I suoi studi sono sicuramente antecedenti
quelli di Jamie Jakson, padre fondatore
del movimento barefoot horse, ma anche
a quelli di Pat Parelli , Buck Brannaman
e Monty Roberts . Il Professor Carlo
Faillace, da sempre appassionato di
cavalli e di equitazione, racconta in una
sua breve biografia, come da giovane si
sia avvicinato all’equitazione, narrando
come questa disciplina fosseriservata
a una élite e come non si imparasse a
montare a cavallo in maniera empirica,
così come non di fosse cialtroneria, ma,
al contrario, come si andasse a scuola
e nella scuola ci fosse una disciplina
di carattere militare. Le scuole ufficiali
erano poche: a Roma c’era la Società
Ippica Romana, la famosa Farnesina,
sotto il controllo diretto della FISE.
Gli istruttori che per anni sono stati i
Maestri di Carlo Faillace, si chiamavano
Aurelio Landi e Giuseppe Chiantia, nomi
rimasti famosi nella storia dell’equitazione
italiana. Altri personaggi famosi come
Lequio e Formigli , spesso assistevano
alle riprese degli allievi, per controllare la
qualità di istruzione che veniva impartita
e il grado del livello che si andava
raggiungendo di anno in anno. Parliamo
di tempi nei quali la scuola italiana era la
prima al mondo. I nostri Gutierrez, Oppes,
Bettoni, Poliaga, D’Inzeo, Capuzzo e via
via tanti altri fino a Mancinelli erano
sempre vincenti in Coppe delle Nazioni,
Olimpiadi e Campionati del Mondo. Finiti
gli anni della scuola, quando il Professor
Faillace ha avuto la possibilità di gestirsi
autonomamente, dal punto di vista
economico, per un caso fortuito poté
frequentare Tor di Quinto, dove oltre a
montare i cavalli del generale Antonelli-
Incalzi, si è potuto permettere il suo
primo cavallo, di nome Sudista.
Il Professor Faillace ha avuto la fortuna
di incontrare l’allora colonnello Anco
Marzio Dapas, che gli fu Maestro. Alle
ore trascorse preparando i cavalli si
aggiungevano le lunghe conversazioni
nelle quali si discuteva di Caprilli, di
Bacca, di Steinbrecht o di l’Hotte. Si
sperimentava e si montava anche
senza imboccatura, sia in piano che
sugli ostacoli mobili e su quelli fissi di
campagna.
Un’altra fortuna che offrì Tor di Quinto fu
la frequentazione e la possibilità di dialogo
con i migliori marescialli maniscalchi,
tutti provenienti dalla scuola militare di
Pinerolo. Fu proprio in questo contesto
che maturò in Faillace l’opinione che il
cavallo non dovesse essere ferrato. Nel
tempo, gli era capitato tantissime volte
di sentire dire proprio dai maniscalchi
che osservavano un cavallo che
marcava, che la zoppia dipendeva dalla
ferratura. Anche Sudista fu vittima di
zoppia, dovuta, secondo i maniscalchi,
a ferrature precedenti al suo acquisto.
Grazie a questo episodio Carlo Faillace si
fece prestare dai marescialli maniscalchi
i testi di mascalcia sui quali avevano
studiato e pian piano formò una propria
cultura sulla ferratura convincendosi
delle proprie idee e discutendone
serenamente e amichevolmente
con loro, senza animo polemico, ma
solamente con l’intento di sapere, di
scoprire e di capire. Dai suoi studi e
dalle sue conversazioni con i marescialli
Carlo Faillace
maniscalchi, il Professor Faillace, giunse
alla conclusione di togliere i ferri al suo
cavallo, Sudista.
Da quel momento in poi, ha sempre
montato i suoi cavalli senza ferri,
conservando con i maniscalchi un
ottimo rapporto tanto che il maresciallo
Germano, considerato come il più grande
maniscalco italiano e Ottavio, entrambi
maniscalchi dei più importanti cavalli
italiani ed entrambi, in tempi diversi,
maniscalchi ufficiali della squadra
olimpica, erano amici del Professor
Faillace, ed il maresciallo Germano
seguiva i suoi cavalli.
Carlo Faillace sosteneva di non avere
la presunzione di possedere una unica
verità, difatti “Riteneva che il cavallo
deve essere tenuto non ferrato”, diceva a
Germano, “Sto sperimentando e mi piace
farlo sotto i tuoi occhi. Se sbaglio e se i
fatti dimostrano che non ho ragione, sono
pronto a tornare sui miei passi.” Anche
perché svolgendo attività agonistica nelle
tre discipline regine dell’equitazione: il
salto ostacoli, il dressage e il completo
e non poteva permettersi di fermare
l’attività per zoppia del cavallo. La carriera
accademica lo portò in California dove
trascorse vari anni. Frequentò il centro
ippico dei Karazissis, “Far West Farms”
oggi uno dei più importanti centri ippici
della California. Montava come al solito
senza ferri e molto spesso (a seconda
del cavallo) senza imboccatura. Allora (la
seconda metà degli anni sessanta) non
esistevano ancora i Jackson o i Roberts
e gli altri che hanno commercializzato
pratiche già sperimentate delle quali
non sono inventori. Il Professor Faillace,
ama ricordare, per correttezza, le
sperimentazioni senza imboccatura
di Mara Williams, delle quali parla nel
suo libro “Adventures Unbridled” del
1957. Né vanno dimenticati i percorsi di
Angioni su Aberali (purosangue inglese)
montato senza imboccatura nelle gare
di salto ostacoli internazionali. Carlo
Faillace ha continuato a montare i suoi
cavalli non ferrati. Non ha mai avuto
problemi e non ha mai dovuto affrontare
polemiche. Forse nessuno o forse pochi
si sono resi conto che i suoi cavalli
non portavano ferri, (la sabbia spesso
copre il piede e non si vede il ferro o
semplicemente non ci si fa caso) . Nel
mondo di una equitazione a livello alto
Leonardo Di Masi
e tra persone che avevano una cultura e
una educazione equestre la polemica non
si è mai verificata, Faillace si guadagnò
la stima degli intenditori perché montava
bene e sapeva lavorare un cavallo.
Il Professor Faillace ha scritto vari
articoli di carattere tecnico e tecnico-
storico sull’equitazione, tutti pubblicati
sulla stampa specializzata. Ha scritto il
saggio “Avremmo avuto Caprilli senza
Paterni?” presentato al padiglione
dell’UNIRE a Verona nel 2005. Ha
compilato il Codice degli Standard e dei
Requisiti Minimi per il Benessere del
Cavallo, presentato a Roma all’UNIRE
e commentato in un bell’articolo da
Giorgio Martinelli su Cavallo Magazine.
Ha fondato la PROEQUO, organizzazione
per la protezione del cavallo che ha un
suo sito
Negli ultimi anni della sua vita il Professor
Faillace si è dedicato a recuperare cavalli
dismessi, sono vari quelli che, scartati e
destinati alla macellazione perché zoppi
e inservibili, sono stati recuperati al
cento per cento e hanno potuto avere
una vita felice. Naturalmente il recupero
l’ha ottenuto togliendo i ferri e lasciando
che il piede riprendesse le sue funzioni
naturali.
Ha curato i piedi dei cavalli generalmente
da solo, poiché ha accumulato una
notevole esperienza assistendo a
innumerevoli ferrature. Se necessario,
però ha sempre chiesto consiglio a
un maniscalco. Jamie jakson, prima
di essere un pareggiatore, è stato un
maniscalco, e dall’esperienza di Carlo
Faillace , risulta che per pareggiare
il piede di un cavallo il maniscalco
intelligente sia la persona più adatta,
poiché l’operazione è molto semplice
e vanno solo tenuti in considerazione
alcuni accorgimenti che il maniscalco
impiega pochi minuti a capire. E poi, per
toccare i piedi al cavallo è necessario
avere esperienza pluriennale, senza
alcuna improvvisazione.
In Italia Carlo Faillace per quanto
riguarda il cavallo dal piede scalzo è
stato un solitario. Anni fa, grazie alla
possibilità di stabilire contatti offerta da
internet ha stretto dei rapporti e scambi
di esperienze con gli americani e “The
Horse’s Hoof” pubblicò un articolo
su di lui e sui suoi cavalli non ferrati.
Scrivendo del cavallo non ferrato sul
suo sito e pian piano questa pratica si è
andata diffondendo. Faillace ha aiutato
chi era in difficoltà senza chiedere
alcun compenso, così come non ha
mai chiesto “aiuti” per i cavalli che ha
recuperato e custodito. Una delle cose
che più hanno fatto temere il Professor
Faillace è la “commercializzazione” del
cavallo non ferrato, perché può portare
dei danni e finire per invalidare i risultati
positivi. Molti lamentano che il cavallo
al quale hanno tolto i ferri, seguito da
un “pareggiatore”, va zoppo. C’è un
buon numero che ha finito per rimettere
i ferri. Carlo Faillace non si riteneva il
possessore di una verità. Ha voluto solo
indicare una strada. Chi ha esperienza
di cavalli riesce anche a fare da solo.
Altrimenti, se si intende togliere i ferri
al cavallo, è necessario rivolgersi a un
maniscalco. Ce ne sono tanti capaci e
intelligenti e con la mente aperta. Un
maniscalco ottuso non vale la pena di
chiamarlo neppure per rimettere un
chiodo.
Il Professore Carlo Faillace è morto
nell’anno 2010, la sua tenuta – rifugio
di Appecchio, nelle Marche, nella
provincia di Pesaro Urbino, oggi è gestita
con non poche difficoltà da Leonardo
Di Masi, persona che ho conosciuto
personalmente durante un corso di base
tenuto dal Dr.Luca Gandini, sul barefoot
horse a Lagopesole (PZ), presso il centro
ippico Bianca Lancia e che è l’ultimo
dei suoi allievi. Oggi accudisce i cavalli
scampati al macello i cani ed i gatti e
tutti gli animali che vi risiedono, l’ho
contattato e chiunque avesse voglia di
aiutarlo in questo nobile intento può
contattarlo tramite la mia persona.
Emidio Filace
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lucani. Prendiamo immediatamente
appuntamento ed il pomeriggio, non
vedo l’ora di vedere i suoi occhi che
esprimono tutte le miriadi di emozioni
che raccontano da soli i luoghi la gente
d’America. Subito mi parla dei Ranch
che ha visitato, del fatto che questa
volta, la seconda da concorrente, si
è sentito più tranquillo rispetto l’anno
precedente.
Gli chiedo che cavallo montasse e
mi parla di una splendida palomina
e dei paint horses che tanto amo.
Lucia Adornetto era felicissima
perché montava un cavallo che tanto
le piaceva poiché lo aveva montato
il primo anno che era stata lì. Parla
ininterrottamente Saverio, mi dice
del bravo Stafano Pregnolato Coach
della nostra delegazione nazionale,
della bell’amicizia nata tre anni fa
con Massimo Ferrero, conosciuto
quando nel 2001 toccava al fratello
un po’ di basiliCata negli statesRiviviamo le emozioni di quei 7centesimi di secondo di troppo
“ Il 2004 è stato un anno
magico per il velocista
Saverio Giuzio
”
Anno 2004: Saverio Giuzio,riesce per la seconda volta consecutiva, grazie
ad una splendida stagione agonistica, a far parte della squadra di Barrel
Racing, che rappresenterà l’Italia negli States, ad Augusta in Georgia.
Riviviamo le emozioni di uno di noi, un grande appassionato di cavalli,
che è riuscito a coronare un sogno, quello di correre in una delle arene
più belle degli Stati Uniti.
Il telefonino squilla, sono nel mio fuoristrada, il mio fedele cane riposa
esausto. Torniamo da una splendida passeggiata a cavallo, ed ora ho in
bocca il sapore dei profumi che la terra rilascia in questo periodo, guido
ma ripenso agli scenari incantevoli che puntualmente la natura mi mette
sotto gli occhi, regolo il volume dell’autoradio che canta “500 miles away
from home” di Bobby Bare.
Generalmente quest’aggeggio che ricerca gli uomini dappertutto mi
mette uno strano senso di agitazione misto a nervosismo, soprattutto
quando interrompe delle canzoni così belle o dei momenti di natura e
relax. Afferro il cellulare tra le mani e leggo il nome di Saverio, accosto e
rispondo, avevo voglia di sentirlo, ma non sapevo quando tornava dagli
States. Sembrava ieri il venticinque ottobre quando è partito, lui insieme a
Nicola Ciani il nostro bravo maniscalco concorrente, si sono uniti a Torino
a Lucia Adornetto e Massimo Ferrero. Trascorsi alcuni giorni in Piemonte
si vola alla volta di Augusta in Georgia: Saverio, il Distrect Director della
Basilicata, rappresenta il Sud dell’Italia. Da un paesino di una piccola
regione ad una grande città di un grande stato a rappresentare tutti i
Antonio Giuzio, partecipare alle finali
ad Atlanta.
Mi racconta dei sette millesimi di
secondo, che lo hanno tradito. Si
Saverio sarebbe stato il primo della
quarta divisione, nei gesti e nelle parole
riesco a rivedere la sua performance,
pulita e tecnica come sempre, quella di
un ragazzo semplice e determinato in
tutte le sue cose. Il primo barile, l’attesa
e il cuore che pulsa impazzito, gli
speaker che annunciano il suo nome e
via veloce come un proiettile sul primo
barile ed è la sua gara. Adrenalina
pura nei suoi racconti, ora non perde
tempo più determinato che mai vuole
sentire ancora una volta l’odore che la
morbida arena del campo di Augusta
rilascia una volta inumidita. Quei sette
millesimi sono un conto aperto per
Saverio, anche se non lo ha dichiarato,
so che è così. Allora ragazzo so che ce
la puoi fare di nuovo, quindi rimboccati
pure le maniche e regalaci nuove
emozioni.
Emidio Filace
“ Il 2004 è stato un anno
magico per il velocista
Saverio Giuzio
”
treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing treKKing
Ci alziamo l’indomani di buon mattino
per foraggiare i cavalli e partire per
tempo. La nostra meta sono i piani
del Pollino e il famoso “Zi Pepp”, il
tronco del pino loriocato simbolo del
parco nazionale, bruciato da ignoti
vandali alcuni anni fa. Il Gps fa il suo
dovere e sguiamo senza difficoltà un
sentiero segnalato dal Cai in una fitta
ed ombrosa foresta di faggio, fino
ad un rifugio mai aperto. Di qui, fra
distese verdi, mandrie di vacche e di
cavalli e pini loriocati all’orizzonte, ci
avviamo attraverso comodi sentieri
alla volta del tronco di “Zi Pepp”,
lasciato dall’ente parco nella sua sede
originaria, come una bizarra scultura
vegetale. Tra lo scheltro degli antichi
rami (il pino loricato, nome scientifico
pinus helderichi, dalla caratteristica
corteccia fessurata e dal portamento
dettato dl soffiare dei venti dominanti,
è un albero a lentissimo accrescimento
avventura Con brivido nel pollinoSovraccarico di emozioni tra pini loricati e mezzi informatici in avaria
“ Visita a Zi Pepp’,
il gigante arboreo del parco,
bruciato dai vandali
”
Il parco nazionale del Pollino resta sempre una delle mete più affascinanti per
il turismo equestre in Basilicata. Un territorio aspro ma di grande bellezza,
che promette ai cavalieri panorami mozzafiato e flora e fauna al di là di ogni
immaginazione. Per questo decidiamo di rendere omaggio ad uno dei più grandi
parchi nazionali d’Europa, programmando un trekking tra i pini loricati subito dopo
Ferragosto. Siamno quattro amici alla ricerca dell’avventura, senza programmi e
senza certezze: io, Matteo, Vittorio e Michele. La nostra meta è il rifugio Fasanelli,
in agro di Rotonda. Il giorno fissato per la partenza è denso di aspettative, che
saranno però presto deluse. Inspiegabilmente la nostra bella paint Chic, compagna
di tanti trekking per Matteo, decide che non vuole più viaggiare in trailer e, appena
caricata, minaccia di smontare il mezzo a calci. Immediato dietrofront e frenetiche
telefonate con Vittorio e Michele per cercare di salvare la situazione. Quando
tutto sembra perduto e la vacanza pare ormai saltata, come un raggio di sole
compaiono gli amici calabresi Ezio e Michele, che acconsentono a lasciarci in fida
per la durata del trekking due loro cavalli. Si parte! Arriviamo alla meta, montiamo
il recinto elettrico per i cavalli di Vittorio e Michele ed attendiamo Ezio che dovrà
condurre al rifugio Fasanelli i nostri due destrieri. Ma ecco arrivare un’altra cattiva
notizia. Ezio fonde il camion a pochi chilometri dal rifiugio. Poco male. Andiamo
a recuperare Gennarino e Savia, i due cavalli che ci accompagneranno durante
il trekking, con il trailer. Michele è ansioso di provare il suo Gps nuovo di zecca.
L’altro Michele, il calabrese, gli fornisce le tracce per oltre cento chilometri di
percorsi sul Pollino. Finalmente l’avventura può iniziare. In quel momento non
immaginavamo ancora che l’avventura sarebbe stata anche troppa.
che può raggiuntere anche la
straordinaria età di 1000 anni e i 25-30
metri di altezza), consumiamo la nostra
colazione al sacco. Nel frattempo, come
avviene solitamente in alta montagna,
il tempo cambia repentinamente.
La mattinata soleggiata lascia il
posto a nuvole minacciose e tuoni
in lontananza. Decidiamo così di far
ritorno alla nostra base e cominciamo
a ridiscendere verso i piani del Pollino.
Il cavallo che ho in fida, Gennarino,
inciampa sovente, così decido di fare
a piedi i tratti in maggiore pendenza.
Sempre seguendo Michele ed il suo
Gps cominciamo la nostra discesa
lungo uno stretto sentiero con tratti
di roccia viva. Arriviamo ad una bella
fontana dove ci accoglie un branco
di cavalli allo stato brado. Sono
sicuramente incroci di Tiro Pesante
Rapido, fattrico e puledri dagli occhi
miti e dal comportamento amichevole.
Abbeverati i nostri cavalli ci troviamo
davanti ad una scelta: ripercorrere
la stessa strada dell’andata oppure
tagliare attraverso la montagna: un
percorso che potrebbe riservare delle
insidie ma che sembra più breve. Dopo
qualche momento Michele esclama:
“Ho la traccia”, e ci incamminiamo
su una stretta pista fra le rocce. Il
percorso è disagevole ma procediamo,
sorretti dalla convinzione che presto
arriveremo alla nostra meta. Ci sono
coste rocciose e profondi valloni da
superare, ma andiamo avanti, anche
se il trattuto che inizialmente avevamo
seguito scompare davanti ai nostri
occhi. Finché Michele dopo oltre due
ore di cammino, Michele non annuncia
la ferale notizia: “Ragazzi, non so
come dirvelo, ma il Gps si è scaricato”.
Il panico serpeggia fra gli astanti:
abbiamo percorso già molta strada,
la stanchezza incalza ed il tramonto
è vicino. Che fare? Tornare indietro
lungo una strada non tracciata, difficile
anche da ripercorrere, o andare avanti
sperando di “sfondare” il muro di verde
che ci si para dinnanzi e ritrovare la
“retta via”? La stanchezza è tanta
e il panico serpeggia. Intorno i tuoni
si fanno sempre più minacciosi. La
prospettiva di passare una notte su
una ripida china rocciosa senz’acqua
non è piacevole. Facciamo un
ultimo tentativo di riavviare il Gps.
L’apparecchio tecnologico, con il
suo ultimo soffio di vita, ci indica
una traccia, vicinissma al punto dove
siamo. Il saggio Matteo decide per tutti:
“Ragazzi, dobbiamo andare avanti, in
qualche modo passeremo”. Cavalli alla
mano, ci inerpichiamo per una ripida
salita pietrosa, e poi giù per un lungo
canalone boscoso. Alla fine del quale,
non ci par vero, si intravedono chiazze
di sole e il verde di un prato. Poco più
oltre il rifiugio De Gasperi, la civiltà. Di
colpo la stanchezza scompare e lascia
il posto alla gioia e ad una sensazione
di vittoria. Abbiamo superato indenni
un’avventura da brividi. L’ultima ora
di cavallo, fino al rifugio Fasanelli,
trascorre in un lampo. Una volta
dissellati e rifocillati i nostri compagni
di viaggio a quattro zampe ci sentiamo
soddisfatti: la nostra (dis)avventura
sul Pollino sarà un altro aneddoto da
raccontare ai raduni dei trekker di tutta
Italia.
Giovanna Laguardia
“ Visita a Zi Pepp’,
il gigante arboreo del parco,
bruciato dai vandali
”
maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia
“1986/87: un biennio da ricordare per il “decano”
della mascalcia regionale
”
Da Pietragalla a Pinerolo e ritorno, per arricchire il proprio
bagaglio tecnico sulla mascalcia e farne un vero e proprio
mestiere. Questa la storia di Rocco Romaniello che, benché
ancora giovane, può essere considerato il “decano” dei
maniscalchi della Basilicata. Il primo a frequentare, da civile,
la prestigiosa scuola militare di Pinerolo, sotto la guida del
leggendario maresciallo Blasio, che ha guidato l’Italia su
livelli di eccellenza europea e mondiale nel corso della sua
carriera. Alla fine degli anni ‘80 il giovane Rocco Romaniello,
quando decide di partire per Pinerolo, non è del tutto a
digiuno di ferri e di cavalli. “In realtà – racconta Romaniello
– avevo già iniziato a fare il maniscalco ad Avigliano. Avevo
appena 12 anni quando cominciai ad andare a bottega
dalla famiglia Claps, ma in quel momento non pensavo che
sarebbe diventato un mestiere vero e proprio”. Infatti Rocco
comincia a lavorare in fabbrica ma a un certo punto della
storia ci si mette di mezzo la crisi e la cassa integrazione.
Nel frattempo aveva continuato a bazzicare il mondo dei
cavalli e dell’Ante, l’allora Associazione nazionale per il
maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLciamaScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia maScaLcia
un manisCalCo luCano a pineroloRocco Romaniello, il primo della Basilicata a frequentare la prestigiosa scuola
turismo equestre, che in quel periodo
in Basilicata consoceva il massimo
splendore. “Fu proprio tramite l’Ante
– racconta Rocco Romaniello – che
mi si aprì questa nuova possibilità. Fu
il veterinario e cavaliere Piero Minniti
che mi propose di frequentare alla
scuola militare di Pinerolo un corso di
mascalcia per civili, per affinare le mie
conoscenze e ampliare le mie prospettive
di lavoro. Visto che in quel momento ero
in cassa integrazione e che in quegli
anni la passione per il cavallo anche
in Basilicata si andava espendendo a
vista d’occhio, decisi di tentare. Il corso
era a pagamento, dovevamo versare
cinquemila lire al giorno ed eravamo otto
o nove allievi civili. I nostri insegnanti
erano il maresciallo Blasio, il maresciallo
Martucci, il maggiore Fedele, il colonnello
Nesci”. Quella di Pinerolo era strutturata
come una vera e propria scuola, con
lezioni teoriche e pratiche. “Studiavamo
teoria e pratica – ricorda Romaniello
– tutti i giorni quattro ore dell’una e
quattro ore dell’altra. Si studiava la
morfologia e l’anatomia del cavallo,
la sagomatura dei ferri, le malattie del
piede, le ferrature terapeutiche”. Sulle
materie preferite Rocco non ha dubbi:
“Sicuramente la mia materia favorita
era la forgiatura dei ferri vera e propria,
la creazione del ferro di cavallo con le
sue barbette, il ramponcino che non
doveva tagliare, dalla barra metallica
liscia. Facevo i ferri a mano anche qua
quando ho iniziato, ma nel frattempo la
tecnologia era andata avanti e c’erano
tante cose nuove da imparare sui
materiali e sulle metodologie. Ma ho
studiato con piacere anche la podologia
e le varie malattie del piede del cavallo.
Nel complesso, comunque, è stata
un’esperienza davvero bellissima e che
non dimenticherò mai”. Un’esperienza
che è servita, visto che Rocco Romaniello
per un certo numero di anni ha vissuto
proprio del lavoro di maniscalco. “Si,
è così – conferma – avevo aperto la
partita Iva come artigiano e lavoravo
regolarmente come maniscalco. Ho
lavorato per alcuni anni anche per
l’associazione allevatori che, grazie ai
fondi trasferiti dalla regione Basilicata
offriva agli allevatori gratuitamente
anche il sevrizio di masclacia per i cavalli
che venivano avviati alle rassegne e di
pareggio per i puledri, le fattrici e gli
stalloni in razza”. Quei tempo, però,
adesso sono finiti. “Ho iniziato a fare
il maniscalco a causa di una crisi e
ua causa di una nuova crisi ho dovuto
chiudere partita Iva e tutto - commenta
Romaniello – Oggi infatti non mi dedico
più alla mascalcia come professione
vera e propria. I tempi sono cambiati e
soldi non ce ne sono più tanti in giro per
i cavalli, anche negli enti pubblici. Ma
la mascalcia mi è rimasta nel sangue
e qualche cavallo per qualche amico lo
ferro ancora. Più che altro è l’occasione
per stare insieme, farsi una mangiata e
ricordare i bei vecchi tempi”.
Giovanna Laguardia
un manisCalCo luCano a pineroloRocco Romaniello, il primo della Basilicata a frequentare la prestigiosa scuola
SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLISOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLISOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLISOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI SOSCAVALLI
Ci faCCiamo una bella passeggiata?Equiturismo: istruzioni per l’uso. Ovvero, divertirsi rispettando il cavallo
Non c’è cosa più bella dell’alzarsi di buon ora, vestirsi, andare a prendere gli
amici oppure aver voglia solo di se stessi, e partire! E non in macchina, ma a
cavallo. Respirare il profumo delle piante selvatiche, meglio ancora se potete
godere della profumatissima macchia mediterranea, sentire il silenzio di un
prato che fa rumore ed essere accarezzati da un leggero venticello.
Aaah sì! Verrebbe voglia di cantare con Lucio Dalla «…a sentirsi addosso il
vento, io non chiedo più di tanto, anche se muoio son contento....», momenti
perfetti che, con la loro semplicità, ci restituiscono il piacere autentico di vivere.
Beh certo, noi stiamo comodi: la sella magari è americana (poco meno di una
poltrona, cioè), la strada la fa il cavallo…che ci manca? E..il cavallo, siamo
certi di averlo preparato perché anche lui goda delle nostre stesse emozioni?
Eh sì, perché è proprio così: la campagna, gli amici, i profumi e la distensione,
non sono percezioni solo nostre, ma anche del cavallo. In special modo se
parliamo del cavallo che, diversamente, è impiegato nelle manifestazioni
atletiche. Dobbiamo, però, mettere da parte quel pizzico di egoismo che talvolta
ci pervade e provare ad anteporre il suo divertimento, perché possa arrivare
anche il nostro. Per prima cosa, i percorsi, la loro difficoltà e lunghezza, si
programmano. Un cavallo che è abituato solo alla sabbia di un campo gara,
certamente non potrà, come prima
passeggiata, scalare il monte Coccovello,
non avrebbe neanche i ferri adatti; nello
stesso modo non potrà arrivare alla Torre
di Satriano, perché abituato a lavorare in
piano e non ai dislivelli.
Ecco, quindi, che semplicemente
dall’osservazione di due tipi di terreno,
nascono le prime considerazioni
fondamentali per chi vuole fare trekking.
Come è ferrato il nostro cavallo? Con
puntine o ramponi? Prima di chiedere al
nostro maniscalco quale ferratura sia più
adeguata al trekking (perché, si studia
una ferratura apposita e non come si
trova, trova) diciamo un paio di cose
che ci aiuteranno, forse, nella scelta.
I ramponi, le puntine, bussole e tappi,
hanno il compito di creare un maggiore
attrito con il terreno per evitare che il
cavallo scivoli. Certo sull’asfalto, ma
quanto ce n’è nei nostri percorsi? E che
pendenza ha, quella strada asfaltata che
percorriamo? Quando, infatti, pensiamo
all’attrito, sappiamo che esso si traduce
in un lavoro in più per i tendini?
I tendini sono come delle leve. Perciò è
importante non solo che l’asse digitale
sia corretto ed il piede perfettamente
pareggiato, ma anche e soprattutto,
nel momento in cui aggiungiamo carico
al ferro, che il terreno su cui mettiamo
questo carico non sia pesante. Il primo
risultato che avremo di ritorno a casa,
altrimenti, sarà un cavallo con le zampe
a banana!
Non sottovalutate mai una tendinite: un
tendine è come un elastico, quando lo
avrete rotto, potrete soltanto riattaccarlo,
ma non riuscirete mai a restituirgli
l’elasticità. Un parere chiesto al vostro
maniscalco ed un’analisi approfondita del
terreno e delle condizioni dello zoccolo,
scongiurerà qualunque pericolo, anche
di fare nascere una setola.
Ed arriviamo, così, alla seconda
considerazione fondamentale: quanto
e come ha lavorato fino ad ora il nostro
cavallo? Siamo certi sia nella condizione
atletica necessaria per farsi questa
passeggiata? Quanto è impegnativo il
vari esempi di
puntine e ramponi
percorso che abbiamo scelto? E quante
ore dura? Iniziamo con passeggiate
semplici, su terreni pianeggianti, della
durata di un’ora e caratterizzati da
mezz’ora al passo, dieci minuti di trotto
e venti, di nuovo al passo, per poi
aumentare gradualmente. Sia in termini
di tempo a cavallo, che di andature da
effettuare nel corso della passeggiata.
Avendo sempre cura di rispettare la
prima mezz’ora di passo (specie in
inverno), che permette al cavallo di
riscaldare tutti i suoi muscoli e gli ultimi
venti minuti al passo, gli serviranno per
defaticare (sciogliere tutti i muscoli)
evitando strappi e/o contratture. Un
ultimo pensiero va al cibo. Eh già, perché
mica solo il cavaliere si stanca! E allora:
avete ancora conservata la famosa
carriola con cui siete soliti riempire le
mangiatoie? Beh…se non vi ho convinto
con la descrizione delle malattie che può
scatenare…proverò a farlo con i soldi
che rischiate di continuare a sprecare
se non la buttate! Come i dettami dei
più famosi sportivi, non è la quantità
che fa un campione, ma la qualità di
ciò che mangia. Stiamo parlando di un
cavallo che deve compiere uno sforzo
di resistenza, non di velocità, né di
precisione. Non nel chiuso di un piccolo
recinto, dal terreno sempre uguale, ma
attraverso prati e sentieri, ora in piano,
ora in montagna, ora di pietrisco, ora di
fango, ora in salita, ora in discesa, come
dargli l’energia che gli serve? Scegliamo
un mangime che abbia l’8% di grasso
ed una proteina del 10-11%. Non sono
percentuali casuali, ma quelle che
dovrete cercare nei cartellini dei sacchi
che comprerete. Così, infatti, con una
Zampe a banana, per il profilo slargato dalla infiammazione del (o dei) tendini.
somministrazione che porti gradualmente
in 15 giorni (tempo necessario perché
il cavallo attivi il metabolismo e, di
conseguenza il substrato energetico,
a partire dai grassi) abituerete il vostro
cavallo a fare affidamento su un’”energia
a lento rilascio” che vada di pari passo
con l’intensità dello sforzo cui lo stiamo
sottoponendo. Arrivando all’apice della
disponibilità di energia a metà della
nostra passeggiata, quando gli staremo
chiedendo un po’ di galoppo. “E se io
voglio galoppare subito?” Scendi da
cavallo o chiudi questo Magazine, non
siamo noi i professionisti di cui puoi
avvalerti! Ma un ottimo (cioè con le %
espresse in precedenza) mangime,
da solo è sufficiente? No. Quell’ottimo
mangime, specialmente se parliamo
di resistenza, va integrato con almeno
8 kg di un buon fieno di prato (non di
erba medica) che serve, tra le altre
cose, a creare sacche di riserva di fluidi,
indispensabili per una passeggiata. Mi
raccomando, a proposito di fluidi, va bene
far bere il cavallo durante la passeggiata,
ma se l’acqua è fredda (ruscelli o fontane
in montagna e/o all’ombra), poco per
volta, altrimenti provocheremo una
brutta congestione. E se vogliamo proprio
mettere una bella amarena sulla nostra
zeppola, aggiungiamo un integratore a
base di creatina monoidrato, destrosio e
vitamina C, in ragione di 40 g nei dieci
giorni che precedono e succedono ad un
trekking particolarmente impegnativo.
Permetteremo così, al nostro Amico che
ci porta in sella, di utilizzare correttamente
le fonti energetiche a livello muscolare.
Ah, già, ci porta in sella…ma abbiamo
dato un’occhiata a come stiamo in
sella?
Che la sella sia inglese o americana,
se siete al passo o al galoppo, è nelle
illustrazioni l’assetto corretto che non
danneggia la schiena del vostro cavallo.
Adesso, siamo davvero pronti! In sella,
si parte per una bellissima passeggiata
Oltre il fence della nostra
immaginazione!
Mariarosaria Manfredonia
Zampe a banana, per il profilo slargato dalla infiammazione del (o dei) tendini.
regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamentiregoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamentiregoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti regoLamenti
Trattiamo in questo numero di Oltre il Fence, quelle che sono
le norme dettate dal regolamento di Team Penning SEF
Italia, in vigore dal Marzo 2013, riguardanti la composizione
del Team e di quelle che sono le regole che disciplinano un
Team.
Il Team deve essere composto da numero 3 (tre)
penners, tra i quali uno deve essere identificato come
caposquadra; egli deve essere segnalato sul modulo
di iscrizione, a lui è affidato il ruolo di rappresentare
il Team in ogni occasione necessaria.
Effettuato il primo GO, nel caso uno dei Penners fosse
impossibilitato a proseguire nella competizione, i
rimanenti membri del Team possono decidere di
terminare la competizione, (secondo GO), in due. In
ogni caso non sarà mai concessa la partenza con soli
due Penners al primo GO, pena il no time.
Non è ammessa alcuna sostituzione di Penners tra il
primo ed il secondo GO. Al contrario, previa richiesta
al Collegio Giudicante e previa consultazione e
certificazione da parte del Veterinario di Servizio
che ne accerti l’impossibilità di proseguire la gara
a seguito di infortunio o malessere verificatosi nel
frattempo, è possibile la sostituzione del cavallo.
sostituzioni e simili Che fareCosa prevede il regolamento per cambiare cavallo o calvaliere
“Come procedere secondo il regolamento
per non incorrere in squalifiche
”
Il Veterinario di Servizio è il
Veterinario nominato e convocato
dal Comitato Organizzatore. Egli ha
il compito di sopra-visionare tutta
la competizione, il suo nominativo
è riportato nella “Relazione di
Giuria”.
Qualsiasi Penner volesse formare
un ulteriore Team con altri cavalieri
non iscritti al campionato, purché
in regola con il tesseramento e
l’autorizzazione a montare SEF
ITALIA con Passaporto APA in corso di
validità, può presentare la domanda
di iscrizione non oltre due ore prima
dell’orario stabilito per l’inizio della
categoria alla Segreteria e/o al
Comitato Organizzatore, il quale ha
la facoltà di non accettarla a fronte
di giusta causa o giustificati motivi
tempistico/logistici (ad esempio
un numero troppo elevato di Team
iscritti alla manifestazione a fronte
di un tempo determinato di accesso
alle strutture; ancora, un numero
troppo elevato di Team in relazione
al numero di vitelli disponibili;
ecc..)
In qualunque caso, nessun Team
potrà fare ingresso in Arena se
prima non ha regolarizzato la
propria iscrizione alla competizione.
Il Punteggio personale (Rating) di
ogni cavaliere verrà assegnato dalla
Commissione Team Penning SEF
ITALIA ed avrà valenza dal primo
gennaio al 31 Dicembre dell’anno
in questione. cioè il Rating del
cavaliere rimarrà il medesimo per
un periodo di 1 (uno) anno.
Avrà comunque validità per i
campionati iniziati e non terminati
nell’anno corrente.
Emidio Filace
sostituzioni e simili Che fareCosa prevede il regolamento per cambiare cavallo o calvaliere
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predere Confidenza Con la sellaLa prima fase dell’educazione del giovane cavallo col metodo Parelli
Qual era il vostro sogno quando avete iniziato ad andare a cavallo? Magari una bella galoppata sul
dorso poderoso del vostro destriero senza sella nè briglia e con il vento che vi accarezza il viso.
Ma, come purtroppo alcune volte accade , dalla prima lezione in maneggio ci dicono di dare calci
per far “accelerare” il cavallo , di tirare le redini per rallentarlo o fermarlo e tirarne una sola per
girare e se qualcosa non funziona cambiare imboccatura (spesso più severa) e di aggiungere una
martingala o un chiudi bocca e magari anche un bel paio di speroni per punire comportamenti
indesiderati del nostro quadrupede. E il nostro sogno?
Negli articoli precedenti abbiamo parlato di giochi da terra , di complicità e di horsenality e in
sella?
Pat Parelli ha messo a punto il suo metodo proprio perchè molti (lui compreso) hanno problemi da
sella con il proprio cavallo.Lo studio dei giochi da terra ci permette di avere un cavallo che si fida
di noi e ci rispetta ed è quindi pronto ad iniziare a giocare con la sella. Avete capito bene: giocare
con la sella. Molti di noi sellano sempre il cavallo mentre è legato addirittura ai due venti ,senza
nemmeno lasciar prendere confidenza ai cavalli con un oggetto che dovranno avere sul dorso per
buona parte del tempo trascorso con noi. Sarebbe bello, se volete con piu’ savvy, mettere la sella
in un punto del maneggio e mentre giochiamo i sette giochi con il nostro cavallo fare in modo
che la annusi e la esplori da ogni prospettiva e quando non rappresenta più una novità ,con la
lunghina potremo iniziare a giocare da entrambi i lati il gioco d’amici. Se il cavallo resta tranquillo
e non muove i suoi piedi iniziamo a fare lo stesso gioco con il sotto sella fino a renderlo confidente
anche con questo strano oggetto. Se
saremo stati abili horse-man ora sarà
il momento di sellare. Stando sul lato
destro del cavallo, rivolti verso la coda,
e la lunghina sul nostro braccio destro
mettiamo la sella sotto la nostra ascella
sinistra tenendola con la mano sinistra
con il pomo o l’arcione rivolto verso
la coda del cavallo e iniziamo a farla
dondolare come se fosse un sottosella.
Se il nostro amico non si muove, sempre
oscillando facciamo in modo di farla
adagiare sulla schiena del cavallo. Se
non abbiamo molta dimestichezza con
questa tecnica è saggio allenarci con
una staccionata prima che con il cavallo,
eviteremo danni al nostro quattro ferri e
selleremo senza sembrare un orso.
Messa la sella slacciamo i finimenti dal lato
destro e passiamo a sinistra dove non ci
resterà altro che allacciare il sottopancia
e l’eventuale secondo sottopancia e il
pettorale. Anche in questo passaggio
mentre prendete il sottopancia strofinate
il torace del cavallo con la vostra mano
destra che prenderà l’anello per portarlo
con cautela al riscontro(senza scendere
con la testa sotto il ventre del cavallo).
Altro piccolo consiglio: non stringete
il sottopancia improvvisamente ma
aspettate che il cavallo espiri e serrate
quel tanto che basta a non far girare la
sella. Ora possiamo continuare ancora
un pò i nostri giochi da terra cosi avremo
modo di osservare le reazioni del cavallo
e gli daremo modo di prendere sicurezza
con questo nuovo oggetto inoltre la
sella, con i movimenti del cavallo , si
metterà nella giusta posizione. Ora se
tutto ha funzionato bene possiamo, se
necessario, stringere ancora un pò il
sottopancia e iniziare quelli che Pat
Parelli chiama i controlli prima del volo.
Mettiamoci a lato del cavallo rivolti verso
la sua testa e con l’utilizzo delle quattro
fasi agendo sulla lunghina chiediamo al
nostro equino di flettere il suo collo fino
ad avere il suo muso che sfiora la staffa
Attenzione non dobbiamo costringerlo in
questo ma insegnarli a flettere con fiducia
e con meno forza possibile. Questa sara’
la nostra redine di controllo o Flessione
laterale. Sarà la nostra redine di sicurezza
e il nostro amico dovrà accettarla e
rispettarla. Ovviamente da entrambi i
lati. Step successivo, sempre stando
al lato del cavallo: facciamo volare la
corda da un lato all’ altro della testa del
cavallo se resta fiducioso possiamo farla
addirittura passare dietro la sua groppa
dove tirando con prudenza otterremo
una sua rotazione. Controlliamo ancora
il sottopancia e prepariamoci a salire.
Ma vi dirò tutto sul prossimo numero di
Oltre il Fence.
Nicola Carlomagno
“No alle costrizioni, si al rispetto e alla fiducia:
il cavallo impara giocando
”
ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani ritratti WeStern LUcani“Dai primi passi sui pony,
all’attività allevatoriale, alle scene politiche federali
”Il suo sogno nel cassetto sarebbe stato quello di fare il fantino. Ma l’altezza che, si sa, è mezza bellezza ma non aiuta gli aspiranti jockey, l’ha “condannata” ad una vita da amazzone di campagna. Ambiente dove peraltro si è tolta le sue soddisfazioni, per poi finire a tenere con maestria le redini della delegazione regionale Fise Basilicata. Stiamo parlando di Paola Fiore, amazzone potentina di provata esperienza sul campo e di specchiata integrità, che ha dato ottima prova di sè sia in sella, sia nei meandri della politica federale.
Paola, come nasce la tua passione per i cavalli?Direi che è nel mio dna, dal momento che anche mio padre e prima di lui mio nonno sono sempre stati cavalieri. Ho incominciato a montare a cavallo all’età di sette o otto anni e all’epoca non avevamo cavalli nostri, ma don Michele Cutro, padre di Pietro e nonno di Anna Maria, aveva una cavalla e tre pony. Mio padre ci portava da lui e montava quella cavalla che si chiamava Nina e a me
e ai mei due fratelli erano affidati i tre pony. Quello del mio fratello maggiore era pezzato bianco e nero, il mio era tutto bianco e quello del mio fratello più piccolo era tutto nero. Ricordo che le altezze dei cavallini erano a “scaletta”, proprio come lo erano le altezze di noi fratelli.
Il primo cavallo tutto tuo?Il primo cavallo davvero mio fu scelto da mio padre, quando non era ancora nato, vedendo solo i genitori. Allo svezzamento, a sei mesi, mi fu regalato. Era una femmina, una cavalla molto insanguata, una tre quarti di purosangue e si chiamava Spitz. All’epoca avevo tredici anni e la domai personalmente.
Raccontaci il tuo percorso equestreSono stata soprattutto un’amazzone di turismo equestre, anche perché all’epoca la Basilicata non offriva molto altro. Ho cominciato come autodidatta, poi ho avuto come istruttore don Senatro Petrocelli, che è stato il primo ad aprire un maneggio nelle vicinanze di Potenza,
una “Carriera” sempre al galoppo Paola Fiore, prima e finora unica donna ad essere nominata delegato Fise Basilicata
ai piani di Sant’Aloja, in comune di Tito. In realtà la mia grande passione erano le corse al galoppo, ho sempre deisderato fare il fantino, ma il fisico non mi aiutava e così ho dovuto “ripiegare” sulle corse in campagna. Ricordo ancora le sfide con Rocco Rubino, che regolarmente battevo, anche se lui non lo ha mai ammesso, e ricordo con particolare soddisfazione di aver preso parte ad una corsa su pista a Palazzo San Gervasio, dove con la mia Spitz ho battuto fior di purosangue inglesi. Nel tempo, comunque, mi sono dilettata a fare un po’ di tutto: cross, salto ostacoli, ma anche gare di barrel racing e pole bending, che allora cominciavano a fare capolino in Basilicata. Correvo con un purosangue inglese di nome Binello. Mi sarebbe piaciuto molto praticare il dreassage, ma è rimasto un sogno nel cassetto perché in Basilicata questa disciplina non ha mai attecchito.
Poi c’è stato un momento in cui ti sei un po’ allontanata dal mondo dei cavalli...Si. La morte prematura della mia cavalli Spitz, a 16 anni, per una colica, dopo tre giorni di agonia, mi ha un po’ allontanato dal mondo dell’equitazione. Per me è stato un trauma, perché dopo tanti anni eravamo in simbiosi. Io pensavo una cosa e lei la faceva. E’ stato un po’ come perdere una sorella. Poi è venuta fuori la passione per l’allevamento e ci sono stati altri cavalli come Orsetta e la figlia Magica, che è ancora qui da noi in razza. Ironia della sorte non ho mai potuto montarla perché è nata con un problema ai garretti.
Accanto agli impegni di amazzone e di allevatrice sono arrivati, poi, quelli federali..Quando sono stata nominata delegato
Fise ero ormai abbastanza lontana dal mondo dell’equitazione “attiva”, quindi la nomina è capitata un po’ come un fulime a ciel sereno. Ma probabilmente questa mia lontananza è stata un po’ un valore aggiunto perchè mi metteva nella condizione di essere super partes.
Come delegato regionale Fise Paola Fiore ha avuto il compito di ricostruire una situazione un po’ allo sbando e ci è riuscita benissimo. «Il mio primo impegno – diceva all’indomani della sua nomina, nel 2009 - è quello di formare i tecnici che possano essere di supporto ai centri già affiliati o a quelli che stanno pensando di affiliarsi. In tempi brevissimi provvederò ad attivare un primo corso per tecnici di equiturismo e subito dopo un corso per tecnici di equitazione di campagna di primo livello. L’equitazione in Basilicata ha bisogno soprattutto di tecnici qualificati, perché in alcuni casi si fanno le cose con un po’ di approssimazione. L’amore per il cavallo viene prima di tutto, poi bisogna sviluppare una
vera cultura dello sport equestre». E negli anni in cui Paola Fiore ha retto la delegazione lucana numerosissimi sono stati i corsi di formazione per operatori tecnici di equitazione di base e i clinic per cavalieri di tutte le discipline. Nel 2010 le associazioni sportive, tra aggregate ed affiliate, erano passate dalle nove del 2009 a tredici e i tesserati da 320 a 510. Nel 2011 la gestione di Paola Fiore si è chiusa ancora con il segno positivo, con 645 tesserati, quindici associazioni sportive e 146 cavalli iscritti ai ruoli federali. Come delgato regionale Fise Paola Fiore è stata particolarmente vicina non solo alle discipline olimpiche, ma anche all’equitazione americana. In particolare, sotto la sua gestione, il movimento del team penning lucano ha avuto un momento di grande crescita, come dimostrano i tre campionati regionali portati a termine, la presenza fissa di una rappresentativa lucana a Verona e il fatto che il sessanta per cento delle tessere Fise in Basilicata faceva riferimento all’equitazione americanaGiovanna Laguardia
una “Carriera” sempre al galoppo Paola Fiore, prima e finora unica donna ad essere nominata delegato Fise Basilicata
SoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUpSoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUpSoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUpSoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUp SoUthitaLymaStercUp
team penning sotto i riflettoriErbanito sul gradino più alto del podio, Horse Point scala la classifica
E’ andata in scena, sotto i riflettori del maneggio
comunale Miglionico, la quarta tappa della South
Italy Master Cup Sef Italia di team penning,
per la “regia” del circolo ippico Country Club
di Satriano. Le 32 squadre iscritte ai nastri di
partenza (28 quelle iscritte al campionato ed in
lizza per la classifica finale), provenienti dalla
Basilicata, dalla Campania, dalla Puglia e dal
Lazio, hanno dato vita ad un grande spettacolo.
Ottima mandria messa in campo da Antonio
Marmo, co-organizzatore della manifestazione
insieme a Piero Coviello. I vitelli si sono
lasciati ben lavorare dai sapienti penner del
Meridione, senza tuttavia nascondere qualche
insidia, che ha costretto i team in campo ad
un superlavoro, soprattutto in fase di chiusura.
Ideale per cavalli e cavalieri la temperatura
della serata, piuttosto fresca. Un po’ meno per
il pubblico, comunque abbastanza numeroso,
che alla fine della manifestazione ha battuto
i denti a causa della colonnina di mercurio
scesa fino ai dodici gradi. Sul gradino più alto
del podio è salito il team campano-lucano
dell’Erbanito 2, composto da Antonio Marmo,
Nicola Ciani e Gennaro Libretti. Erbanito 2 ha
chiuso i sei vitelli assegnati nei due go nel
tempo complessivo di 63”01. Ma i penner
lucani dell’Horse Point di Forenza hanno
dato una scalata alla classifica generale
grazie a due ottime prestazioni che li hanno
portati al secondo e al terzo posto di tappa.
Per la precisione Horse Point 1 (Vittorio
Avigliano, Romeo Avigliano e Michele Zotta),
si è piazzato al secondo posto, con due go
validi e sei vitelli in 63”52, mentre Horse
Point (Vittorio Avigliano, Romeo Avigliano, e
Carmen Claudia Borelli) si è classificato terzo
sempre con due go validi e sei vitelli in 64”59.
In premiazione, al quarto posto, pure il
team Cap Oltre Il Fence, composto
da Luca Santoro, Pierluigi Mollicone
Pierluigi e Piero Coviello con due go
validi, sei vitelli in 65” netti. Il miglior go
della giornata è stato appannaggio del
team Erbanito 4, composto da Pasquale
Marmo, Antonio Marmo e Belisario
Tafuri, che nella prima fase di gara ha
chiuso i tre vitelli assegnati nel tempo
record di 26”01. Purtroppo l’impresa è
servita a poco ai ragazzi di San Rufo, che
nel secondo go hanno totalizzato un no
time, attestandosi infine al 22esimo posto
della classifica di tappa. Ottavi i ragazzi
laziali del team Cap Officina Brindisi 2
(Luca Santoro, Pierluigi Mollicone e
Alvaro Di Renzo, che comunque con
questa prestazione hanno messo in
carniere 16 punti che consentono loro
di mantenere la testa della classifica.
Ed ecco la classifica generale dopo
la quarta tappa: al primo posto Cap
officina Brindisi 2 con 69 punti, seguito
da Cap Russo Ricambi (Luca Santoro,
Antonio Pietrafesa e Fabio Grieco) con
66 punti. Al terzo posto Horse Point 1
(Romeo Avigliano, Vittorio Avigliano e
Michele Zotta) con 62. Vicinissimi, al
quarto posto, i campani del team Zio
Pietro (Mirko Marino, Antonio Marmo
e Belisario tafuri), con 59 punti, Cap
Officina Brindisi (Luca Santoro, Antonio
Pietrafesa e Piero Coviello) e Horse Point
(Vittorio Avigliano, Romeo Avigliano e
Carmen Claudia Borrelli), ex aequo al
quinto posto con 58 punti, e Cap Oltre
il Fence (Piero Coviello, Luca Santoro e
Pierluigi Mollicone), a seguire con 56.
Al termine della manifestazione,
“Va in scena a Satriano in notturna la quarta tappa della Master Cup
”
grandi festeggiamenti per uno degli
organizzatori della South Italy Master
Cup, Piero Coviello, che allo scoccare
della mezzanotte ha festeggiato il suo
compleanno, con tanto di musica country
e torta con Stetson in cima.
Le classifiche complete, generali e di
tappa, sono consultabili sul sito
www.southitalymatsercup.it
Giovanna Laguardia
teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata teampenningbaSiLicata
Cap petruCCo inerti festeggia in antiCipoGrazie al secondo posto conquistato a La Vaccariccia di San Chirico Nuovo
La Vaccariccia Quarter Horse e Paint Horse, questo
il centro che domenica 25 Agosto 2013, ha ospitato
la quarta tappa del campionato regionale di Team
Penning Lucano, targato SEF Italia,
in occasione della ben nota manifestazione Basilicata
Country&Co., giunta ormai alla sua decima edizione,
evento rivolto agli appassionati degli sport che hanno
come protagonista la natura.
L’Azienda Agricola Straziuso, ha aperto le porte della
propria struttura per ospitare i trentanove team che si
sono sfidati in un’arena che ha visto la mandria come
vera protagonista della giornata.
Ottimo il clima, con una coltre di nubi che, offuscando
il solleone di agosto, ha reso la giornata piacevole; il
pubblico è quello delle grandi occasioni e l’accoglienza
di Beniamino Straziuso, titolare dell’allevamento
VQH è squisita come sempre. La segreteria gestita
dall’eccellente Nicole, riesce grazie anche all’ausilio
del sito internet, www.teampenningbasilcata.it,
strumento capace di snellire il delicato lavoro, a
consegnare l’ordine di partenza ai Giudici ed alla
brava Speaker Lucia Buchicchio alle ore 11.30
Ha inizio il primo go la tensione si avverte subito
sul volto dei concorrenti, alcuni dei team che
hanno in cassetto un buon punteggio, oggi
possono aggiudicarsi il Campionato Regionale
2013, con una giornata d’anticipo. I turn back,
subito efficienti, liberano i capi dalla vitellaia, dopo
che questi sono stati numerati e controllati. Lo
spettacolo come preannunciato è davvero molto
avvincente, ottimo lavoro di tutti i team che hanno
dovuto fare i conti con una mandria capace di
risalire velocemente nella cattle side, beffando in
numerose occasioni i penners che avevano già
quasi effettuata la chiusura nel pen dei capi a loro
assegnati.
Pausa pranzo, le battute tra i concorrenti non
mancano, ma la tensione si avverte, tutti sanno
che un errore nel secondo go potrebbe costare
caro. Ore sedici circa, si riprende, il pubblico
partecipe e numeroso si posiziona sugli spalti
ricavati dalla costa adiacente il lato
lungo dell’arena, e neanche una leggera
pioggia, durata circa venti minuti, li
distoglie dal magnifico spettacolo offerto
dai ben trentanove team che si alternano
nell’arena. I team composti dall’indomito
Donato Punella e quelli dove è presente
Piero Coviello, sembrano essere i più
agguerriti. Piero Coviello, punta alla
vittoria del campionato con una giornata
d’anticipo e ci riesce, grazie al secondo
posto della classifica giornaliera.
Soprannominato il Toto Cotugno del
team penning lucano, proprio per l’alto
numero di secondi posti collezionati,
al pari del noto cantante al festival di
Sanremo, Coviello riesce comunque
a totalizzare i punti necessari , ad
aggiudicarsi il Titolo di Team Campione
Regionale con una giornata d’anticipo
con il team Cap Petrucco Inerti,
composto dal bravo Antonio Pietrafesa,
e dal combattivo Grieco Fabio. Donato
Punella ha puntato invece ad essere
sempre sul gradino più alto del podio,
ed è stato abile a dimostrare la sua
bravura, peccato però che la vittoria
gli abbi arrio in ogni tappa con team
differenti. Con il Team La Corte Ranch
Donatone, composto per lo appunto da
Donato Punella, Nicola Ciani e Claudio
Costanzo, riesce ad aggiudicarsi la
quarta tappa del Campionato Regionale,
rimanendo in lizza per il secondo gradino
del podio della classifica generale. Bravi
anche i componenti del team VQH
Divina Smoke, Sante Di Bono, Antonio
Fidanza e Antonio Flore, che si sono
aggiudicati il terzo posto portando uno
dei team della Vaccariccia Quarter Horse
e Paint Horse, sul podio. Il Team Horse
Point, composto da Vittorio Avigliano,
Michele Zotta e Carmen Claudia Borrelli,
riesce a mettere a segno un utile quarto
posto che frutta ben 20 punti. Il quinto
posto è invece del Team Country
Club, composto dai Turn Back Ufficiali
dell’intero campionato, Nicola Russillo,
Rocco Faraone e Piergiuseppe Russillo.
Emidio Filace
“Campionato regionale di team penning: in testa c’è il team Cap
Petrucco Inerti
”
coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSiccoUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSiccoUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSiccoUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic coUntrymUSic
Johnny Cash, the man in blaCk...Viaggio nella leggenda di un uomo che cantava la sua fragilità
“L’amore è qualcosa di incandescente e dà vita
a un cerchio ardente. Guidato da un desiderio
indomabile, sono precipitato in un cerchio di
fuoco”.
Queste le parole di una delle canzoni piu famose
di cash “The ring of fire”. La sua vita , un
cerchio di fuoco che pian piano si restringe fino a
soffocarlo, come anche l’amore tormentato per una
donna, june carter, che alla fine si rivelerà la sua
ancora di salvezza. Si presentava cosi, Cash, al suo
pubblico: vestito di nero ,perchè, così dichiarava,
non possedeva vestiti di altro colore. Fin da piccolo
la sua passione è la musica. Rrimane ore e ore
ad ascoltarla alla radio nella sua cameretta che
condivide con il fratello maggiore Jack che di lì a
breve rimarrà vittima di un tragico incidente sul
lavoro e perderà la vita. Un episodio che segna la
sua vita perché scatena, nella mente e ne l cuore
del padre jay, un risentimento che si placherà
soltanto molti anni dopo. Una rabbia verso dio,
colpevole di avergli sottratto, secondo lui, “il figlio
sbagliato”, e verso Johnny, colpevole di avere dei
limiti, di non essere perfetto, di non essere come
il fratello Jack.
Tra questo triste episodio e l’incontro con sam
philips della sun records, la persona che gli
fece il primo provino, passano all’incirca una
dozzina d’anni. “Signor Cash, se venisse investito
da un camion e l’autista la lasciasse a crepare
sulla strada e lei avesse il tempo di cantare una
canzone, una sola, per lasciare un ricordo prima
di diventare polvere…una sola canzone per dire
al signore che cosa pensa del tempo che lei ha
passato sulla terra… canterebbe una canzone
che parla della sua pace interiore e di come vuol
gridare al mondo che lei l’ha trovata…oppure
canterebbe qualcosa di vero, qualcosa che
sente realmente? Perchè, ascolti bene
cosa le dico, è questo che la gente vuole
ascoltare, queste sono le canzoni che
realmente salvano le persone e non hanno
niente a che vedere con la fede in dio, mio
caro cash, qui si tratta di avere fede in se
stessi…”
furono queste le parole pronunciate da
Sam Philips quando lo ascoltò cantare e
suonare.
Johnny Cash aveva un unico sogno, quello
di incidere un disco e di poterlo sentire
rimbombare in tutte le radio, la stessa radio
che ascoltava da bambino con suo fratello.
E fece di tutto per riuscirci. Grazie a Sam
Philips della sun records nel 1955 incide il
primo singolo e il primo successo si chiama
”Cry cry cry”. Un anno prima sposa Vivian,
giovane liceale ma non è l’amore che aveva
sperato di trovare. Lei è una donna con i piedi
a terra, tutto l’opposto di Jhonny. Mentre
vivian resta a casa con il compito di crescere
le loro due bambine, cash gira in lungo e
in largo gli States con la sue interminabili
tournèe. È ormai un uomo di successo. I
concerti, le tournèe si susseguono una dopo
l’altra ma ben presto tutto quello che aveva
sempre sognato si rivelerà una pena per il
suo animo fragile. Non regge il peso della
popolarità, si sente schiacciato, oppresso,
non libero come aveva pensato. Ed è in
questo periodo che conosce quello che
diventerà l’amore della vita, June Carter,
cantante, attrice e musicista. Si incontrano
nel back stage durante un concerto. Un
incontro fulminante che basterà a tutti e due
per capire che saranno destinati a restare
impigliati uno nelle corde dell’altro. I due
daranno vita ad un burrascoso rapporto
fatto di appassionati duetti sui palcoscenici
(e nelle camere d’albergo) di tutta l’america,
di proposte di matrimonio ignorate e di
delusioni che porteranno Johnny ad abusare
di alcolici e stupefacenti fino all’arresto per
detenzione di anfetamine all’aeroporto di
el paso. La sua tournèe viene annullata e
June lo abbandona. Non sarà né la prima e
né l’ultima volta che june lo abbandonerà.
Allora capisce che deve rigare dritto per
avere l’amore di quella donna che ama tanto.
Andrà in prigione diverse volte, ma sempre
per una notte soltanto. E dopo aver toccato
il fondo troverà June Carter ad aiutarlo. A
fianco della nuova moglie, la presenza
di dio lo aiuteranno a rinascere. Il tanto
atteso “sì” di June alle estenuanti richieste
di matrimonio di Johnny arriva durante un
concerto in Canada. Cash interrompe il
duetto con june per chiederle di sposarlo.
Un uomo debole, che ha toccato molte
volte il fondo. Questo lo spinge a cantare
nella prigione di San Quentin, a portare
la sua solidarietà a chi, come lui, sa cosa
significa doversi confrontare ogni giorno
con la propria “bestia”. Gli anni ottanta e
quelli a seguire saranno anni di successi e
anni artisticamente meno fortunati, ma la
presenza di June Carter rimarrà costante
e lo accompagnerà sempre. Il 12 maggio
del 2003 June si spegnerà e a distanza di
pochi mesi, nel novembre dello stesso anno,
“Una vita fatta di musica, grandi passioni e brucianti
sregolatezze
”
Johnny Cash si ricongiungerà al suo grande
amore.
Potremmo stare qui a scrivere all’infinito
della storia di Johnny Cash, della sua musica,
del suo stile unico che ha influenzato molti
artisti, da Elvis a Bob Dylan e non solo. Ha
cantato il country, il blues, il rock end roll,
il gospel… con coraggio ha re-interpretato
“Personal Jesus” dei Depeche Mode,
riproposto una sua versione di “One” degli
U2 e una cover di “Hurt” dei nine Inch Nails.
Sono state scritte biografie sulla sua vita ed
un film bellissimo “Walk the line - quando
l’amore brucia l’anima” che ripercorre la
sua vita artistica e personale con molta
attenzione a quella che è l’anima di Johnny
Cash: fragile ma che ha amato.
Marta pianta
caVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampionicaVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampionicaVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampionicaVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampioni caVaLLicampioni
bellissimi, biondi e... luCaniHaflinger Italia, la Basilicata vanta una lunga stirpe di vincitori
Una storia di campioni che sembra non avere fine. Anche quest’anno hanno destato buona impressione i
prodotti lucani della razza haflinger Italia. Ne è testimonianza l’entusiastica descrizione che ha fatto del nostro
allevamento Giorgio Zanieri, che ha vistitato gli allevamenti della Basilicatsa su incarico dell’associazione
allevatori dal 29 giugno al 6 luglio, a caccia di “giovani talenti” ascrivibili alla bionda razza equina venuta
dal Nord, che in Basilicata ha trovato più che una seconda patria. Il cavallo avelignese, oggi detto Haflinger
Italia, è infatti originario del Trentino Alto Adige e precisamente del paese di Avelengo. Nasce come cavallo
adatto ai lavori agricoli, al tiro leggero e alla sella. In Basilicata è stato importato negli anni ’20, nella zona
di Piano del Conte, all’epoca tenuta dei Doria, dove oggi c’è il deposito stalloni della Regione Basilicata. Nel
corso degli anni la selezione ha portato da un cavallo rustico e frugale, adatto al tiro leggero e alla sella, ad
un soggetto più raffinato, valido non solo come animale da diporto, nel turismo equestre, ma anche come
pony sportivo (per la sua statura ridotta, in fatti, l’haflinger è tutt’ora classificabile tra i pony sebbene ormai
molti soggetti superino il limite imposto di 49 centimentri con i ferri).
L’allevamemto lucano dell’haflinger ha sempre primeggiato in Italia, secondo solo (e qualche volta anche
primo) a quello della regione di origine di questa razza, grazie soprattutto al lavoro lungimirante della
Regione Basilicata e dell’Associazione allevatori. Il primo campionissimo della storia della Basilicata è stato
il cavallo Sisley Quark, di proprietà della Regione Basilicata, vincitore del campionato nazionale stalloni
a Verona nel 1993. Altro soggetto di grandissimo pregio è stata Regina del Falco, allevata dall’azienda
agricola Del Falco di Forenza, classificata grand champion della rassegna dell’avelignese a Verona nel 1992
“Valutati soggetti molto interessanti anche nella
rassegna dell’anno 2013
”
e nel 1993. La centocinquesima edizione
della Fieracavalli di Verona, poi, ha visto
due cavalli lucani conquistare il titolo di
“riserve champion”, ovvero la medaglia
d’argento, nelle rispettive categorie:
lo stallone di proprietà della Regione
Basilicata Argan D., che ha ottenuto la
piazza d’onore nel campionato nazionale
stalloni e la medaglia di grand champion
assoluto l’anno successivo, nel 2004, e
la femmina Dafne, che ottenne lo stesso
titolo nella categoria fattrici dai tre ai
cinque anni. Dafne, tra l’altro, era figlia
dello stallone Neptun P., di proprietà
della Regione Basilicata che qualche
anno prima era salito sul gradino più
alto del podio di Verona nella categoria
del “gruppo omotipico”, nella quale
un cavallo viene giudicato in base alla
qualità e alla omogeneità dei suoi figli
(almeno cinque).
Ebbene, i discendenti di questi campioni
non fanno affatto rimpiangere i propri
progenitori, come ha testimonia lo stesso
Zanieri in un articolo redatto per la rivista
dell’Associazione Allevatori. Zanieri ha
avuto parole di elogio per “l’importanza
e le qualità riproduttive degli stalloni
padri dei soggetti rassegnati e valutati:
il migliore di tutti, naturalmente, il
“vecchio” Argan - D che, come dice
l’amico Vincenzo Di Giacomo, è quello
che tira sempre la carretta...!, a seguire
il Napoleon-I, Nobelmann, Woliero-O,
Nostradamus-L”, ai quali la redazione
di Oltre il Fence si sente di aggiungere
l’elegante ed ipercrinito Montreal da
poco entrato in razza nell’azienda
agricola Tangreda.
Nei nove giorni di rassegna, in Basilicata,
come è possibile leggere nei resoconti
dell’associazione allevaotori a firma
di Giorgio Zanieri, sono stati visionati
puledri, fattrici e stalloni negli allevamenti
di Atella (centro ippico del Corpo
Forestale dello Stato), Bella ( Centro
Ippico di Lagarelli), Picerno (Azienda
agricola Tangreda Giuseppe), Avigliano
(scuderia 3H di Vito Claps), Melfi (Az.
Imbriani Rocco), Cancellara (Az. Ianniello
Mariano), Brienza (Az. “La Stella” dei
F.lli Sabbatella), Tito (Centro ippico
La Collinetta), Pignola (Allevamento
del Sig. Alfredo Postiglione) e ancora
Avigliano (stazione di monta pubblica di
Piano del Conte), Lauria, (maneggio di
Nicola Carlomagno), Armento (Az. Anna
R. Catoggio), Sant’Arcangelo (Az. De
Marco Salvatore), Senise (Az. di Prospero
Spagnuolo), Noepoli (Az. di Francesco
Marino), San Giorgio Lucano (Az. San
Brancato del sig. Michele De Luca),
Nova Siri (stazione di Monta di Marcella
Di Matteo Marcella), Policoro (Stazione di
Monta ”Le Fornaci”), Policoro (stazione
di monta di Angelo Bellino), Montalbano
Jonico (stazione di monta di Francesco
Malvasi), Cirigliano (Az. Derosa
Giuseppe), Gannano (Allevamento di
Giuseppe Calvello Giuseppe), Ferrandina
(Az. Pirretti A.Felicia e Allevamento
l’Eleldorado) e Salandra (Az. Agricola
Marzario Giovanni).
Nel corso dei lavori, come si legge nella
relazione di Giorgio zanieri, sono stati
passati in rassegna i seguenti soggetti:
In provincia di Potenza 60 i puledri
identificati sotto madre. 24 i soggetti
valutati di cui: 1 di III Classe; 9 di IIb/
D; 4 di IIa/B e 10 di Ib/MB, 4 dei quali
rivalutati. I soggetti in questione sono
stati: Odissea (PZ12160) di Vita Carriero
di Filiano; Penelope (PZ12280) di Vita
Angiolillo, di Oppido Lucano; Peppermint
(SO11844) di Vito Claps di Avigliano,
Quirina (PZ12317) di Giovanna Tandotro
di Potenza, Quinta Stella (PZ12322) di
Nicola Di Noia di Montemilone, Queen
di Cortese (PZ12334) di Giuseppe
Muscio di Genzano di Lucania; Melinda
(PZ12064) di Luigi Di Lorenzo Luigi di
Pignola (Rivalutazione); Polly (PZ12252)
di Giovanna Tandotro di Potenza
(Rivalutazione), Silas – Q (BZ26125) di
Vito Claps – Avigliano (Rivalutazione),
Siraag – Pashaar (PI11385) di Francesco
Marino - Noepoli (Rivalutazione).
In provincia di Matera 24 i puledri
identificati sotto madre e 10 i soggetti
valutati, di cui 3 di IIb/D; 1 di IIa+/B+;
3 di IIa/B e 3 di Ib/MB, uno dei quali
rivalutato: Prinza (PZ12245) di Domenico
Pellegrino di Salandra, Quappa (PZ13202)
di Doreen Hegemeister di Matera e
OKLAHOMA (MT11479) di Michele La
Macchia di Matera (Rivalutazione).
Giovanna Laguardia
radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni
raduno equestre a piano della nevenaAll’ombra dei boschi d’alto fusto dei boschi che fanno da corona a Picerno
Passione, allegria, spensieratezza... Non serve
andare lontano! Il giorno 11 agosto scorso in località
Picerno è stato realizzato il 1° raduno a cavallo grazie
all’Associazione sportiva locale “Amico del cavallo”.
La manifestazione ha ben conciliato il desiderio di
evasione, in una assolata domenica di agosto, con la
passione per i cavalli ed ha richiamato nella cittadina
del Marmo-Melandro cavalieri provenienti soprattutto
dai paesi dell’hinterland picernese, come Baragiano,
Ruoti, Bella, Tito , Satriano, Balvano, Savoia, Vietri e
dalla città di Potenza .
La partenza, da Piazza Mercato, ha visto sfilare circa
quaranta partecipanti tra cavalieri ed amazzoni che,
ben accolti dagli organizzatori, hanno percorso un
breve tratto per le vie del paese fino a raggiungere
il sentiero che porta su fino a località Nevena a circa
1200 m. Si è trattato di un percorso di livello facile
proprio per consentire a tutti gli appassionati, anche i
meno esperti, di poter partecipare.
Addentrandosi tra gli alti faggi e i sentieri montani,
sono stati percorsi i primi 7 Km, seguiti da una
breve pausa per una corroborante colazione nel
bosco. Risaliti in sella e godendo dello stupendo
scenario del sottobosco lucano, i cavalieri hanno
percorso ancora 4 Km fino a giungere nella piana
della Nevena, dove nel frattempo tutto era stato
sistemato per la pausa pranzo. Davanti agli occhi
dei partecipanti un vasto piano verde che ha
consentito di sistemare in sicurezza gli amici a
quattro zampe.
Ad attendere amazzoni e cavalieri una lunga
tavolata sistemata all’ombra di splendidi alberi di
alto fusto. Un’accoglienza davvero calorosa, fatta
di profumi del bosco e succulenti manicaretti, oltre
all’allegria dell’organetto che ha suonato durante
il pranzo motivi di vecchie canzoni della tradizione
lucana.
Davvero una bella manifestazione, non diciamo
perfetta, in fondo è stata la prima per l’associazione
Amico del cavallo, ma sicuramente degna di essere
radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUniradUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni radUni
menzionata sia per l’impegno profuso
dall’associazione che per l’adesione
da parte dei cavalieri di Picerno e
delle zone limitrofe. Un’esperienza che
sicuramente ha regalato momenti di
gioia e goliardia a tutti quelli che amano
trascorrere il tempo libero tra la natura
ed in compagnia dei loro amici cavalli.
Insomma, se il buongoirno si vede dal
mattino, il radino equestre di Picerno
è destinato a diventare un gradito
appuntamento fisso per tutti i cavalieri
della Basilicata.
Grazia Abascià
“Manifestazione organizzata
dall’Associazione Amico del Cavallo
”
i radUni dei Lettori qUeSta bacheca e dedicata ai VoStri radUni.contattateci e raccontateci i VoStri radUni, Le VoStre paSSeggiate a caVaLLo. Saranno pUbbLicati neLLa notra rUbrica cUrata da grazia.
ScriVete a [email protected]
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il danella ranCh, apre le porte alla gimCana westernCancelli, strettoie, barili: tante prove di abilità per far divertire adulti e ragazzi
Sabato 31 Agosto Giuseppe Danella, nell’arena
del Centro Ippico Danella Ranch, sito nel
comune di Marsico Nuovo, ha organizzato
una gara sociale di Gimcana Western, con
l’obiettivo di diffondere in Basilicata questa
avvincente disciplina della monta western.
Scopo della competizione, quello di creare un
gruppo di lavoro, che ha come obiettivo quello
di organizzare un campionato regionale, che
vuole coinvolgere i centri che già praticano
questa disciplina e i centri che hanno voglia di
avvicinarsi alla Gimcana Western.
La risposta è stata piuttosto soddisfacente,
molti i giovani ed i giovanissimi che hanno
gareggiato, dimostrando grande perizia
in un campo ostacoli che ha reso davvero
molto piacevole lo spettacolo ad un pubblico
numeroso e coinvolto.
Nell’arena, davvero molto ben organizzata,
erano presenti tutti gli ostacoli previsti dal
regolamento SEF Italia in materia di Gimcana
Western. I concorrenti hanno dato prova
di abilità con il cancello, le barriere a terra,
la campana e la strettoia, ovviamente nel
percorso, non potevano mancare i barili del
barrel racing ed i paletti del pole bending, la
pedana ed il salto di un piccolo ostacolo.
La segreteria efficiente e pronta, gestita da
Chiara Danella, ha subito stilato gli ordini di
partenza delle tre categorie, Open, Youth e
Amateur. Prima di dare inizio alle competizioni
i concorrenti hanno potuto visionare il campo
a piedi, accompagnati dal Presidente di
Giuria che ha avuto modo di spiegare la
sequenza degli ostacoli e far conoscere le
penalità che venivano attribuite ad ognuno
di essi in caso di mancato superamento.
Le gare prevedevano due go, intervallati da
una pausa pranzo. Al termine sono stati
sommati i tempi e le penalità di ogni
singolo concorrente e sono state stilate
le classifiche. A scendere per primi in
campo sono stati i concorrenti della
Open, poi è toccato agli Youth ed in
fine l’arena è stata a disposizione degli
Amateur. Ad aggiudicarsi il primo Trofeo
Danella Ranch, è stato Bruno Schiraldi,
concorrente della Val D’Agri, che in sella
ad Ambo, cavallo arabo dalle eccellenti
qualità, ha dato dimostrazione di velocità
e precisione tra gli ostacoli, ingredienti
essenziali per questa disciplina. Il
secondo posto della open è toccato
invece a Michele Pessolano, concorrente
della Val D’agri che in sella a Shalima
ha affrontato molto bene la prova del
barrel racing e quella del pole bending.
Il terzo gradino del podio della Open, è
stato appannaggio invece di Vincenzo
Tortorella, concorrente del Lagonegrese.
Ad aggiudicarsi la categoria degli Youth,
è stato un concorrente del Danella
Ranch, Francesco Lopardo che in sella
a Paco ha dimostrato grande precisione
sugli ostacoli. Il secondo gradino del
podio degli Youth, se lo è aggiudicato
Luigi Antonio Azzato in sella ad Ambo,
mentre a salire sul terzo gradino del
podio è stata l’amazzone di Lagonegro
Mafalda Ferro in sella ad Intra. Il primo
ed il secondo posto della classifica
Amateur se lo è aggiudicato la cow girl
Rosina Parente del Danella Ranch, in
sella rispettivamente a Lux ed Over. Il
terzo posto invece se lo è aggiudicato
Valentino Sassano in sella a Paco.
Emido Filace
“La disciplina simula gli ostacoli che un cavaliere
potrebbe incontrare in campagna
”