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I.P. 45,3% QUATERZIARIO L'economia della conoscenza Il Terziario Innovativo come cerniera tra l’innovazione e l’industria manifatturiera

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I.P.

45,3%

QUATERZIARIOL'economia della conoscenza

Il Terziario Innovativo come cerniera tra

l’innovazione e l’industria manifatturiera

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I.P.FRONTIERETerziario Innovativo di Unindustria Treviso

Direttore responsabile: Alberto BoccanegraProgetto editoriale: DESIGN / ASSOCIATI

Per la pubblicità: Iniziative Unindustria S.r.l.Tel. 0422 294229

Stampa: Zoppelli S.r.l.

Unindustria TrevisoPresidente: Sergio BellatoDirettore: Cesare Bernini

Terziario Innovativo di Unindustria TrevisoPresidente: Maurizio GalluzzoVicepresidente: Giorgio Paladin

Per informazioni:[email protected]

Gli articoli impegnano soltanto i rispettivi autori.© Tutti i diritti sono riservati

SOMMARIO

4LA CONVERGENZA DELLETECNOLOGIE DI FRONTIERAdi Angelo Mancini

8IDEE & TECNOLOGIEMARKETING OLFATTIVO di Maurizio Galluzzo

8IN|OUTSKIP INTRO di Maurizio Galluzzo

9QUATERZIARIOa cura di Angelo Mancini

1345,3%di Maurizio Galluzzo

17DI COSA PARLIAMO QUANDOPARLIAMO DI CONOSCENZA. 1di Angelo Mancini

21C’È FUTUROa cura di Franco Tagliente

AZIENDE ALLA RICERCA DELL’ARMONIA

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EDITORIALE

Le frontiere per alcuni sono un recinto chiuso, il limi-te invalicabile, il segno che termina il territorio. Oltre la frontiera c’è un mondo che non interessa anche perché fa paura.Per altri le frontiere sono la protezione da tutto ciò che è estraneo, diverso, nuovo. Sanno che al di là della frontiera ci possono essere delle opportunità ma sperano che nessuno se ne accorga. Sperano di difendersi guardando in basso, solo la coda dell’oc-chio vede il nuovo che avanza ma loro fi ssano la terra e sperano.Per altri ancora le frontiere sono la soglia di un nuovo mondo, sono la scoperta, la novità, la gioia di sco-prire e di mettersi in gioco. Le frontiere le varcano quotidianamente alla ricerca del meglio e spesso lo trovano.Per noi Frontiere è anche la congiunzione dello spa-zio (fronti) e del tempo (ere) che si sfi dano e diventa-no materia di indagine.Frontiere nasce dal Terziario Innovativo di Unin-dustria Treviso e vuole essere uno strumento per mettere in discussione i modi di pensare e di operare. Vuole aprire nuovi dibattiti, creare un confronto e con questo anche nuove opportunità di business.Nei prossimi anni il Terziario Innovativo sarà chiama-to a rispondere a nuove e importanti sfi de. Più grandi di quelle che ha vissuto. Il mondo spesso cambia più velocemente di quanto si possa impiegare per com-prendere il cambiamento stesso.Se l’industria vuole affrontare le sfi de dell’innovazio-ne (non solo tecnologiche ma anche organizzative e comunicative) e della conoscenza allora dovrà trova-re una nuova sinergia con un Terziario Innovativo at-tento e preparato. Frontiere vuole essere la palestra dove si allenano le idee che possono avere successo.Vogliamo attraversare insieme la frontiera?

* Presidente Gruppo Terziario Innovativo di Unindustria Treviso

di Maurizio Galluzzo*

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Nei primi decenni del 21° secolo si assisterà presumi-bilmente ad un’accelerazione degli sforzi per l’unifi ca-zione delle scienze sulla base dell’unità della natura e delle sue leggi ultime; di fatto, già si sta assistendo a questo fenomeno, soprattutto grazie al progresso delle discipline di frontiera della ricerca scientifi ca, le quali mostrano chiare linee di tendenza che portano ben oltre la transdisciplinarità, verso la convergenza.La locuzione “tecnologie convergenti” si riferisce co-munemente alla combinazione sinergica delle quat-tro attuali più avanzate provincie della scienza appli-cata, cosiddette NBIC (nano-bio-info-cogno), ognuna delle quali sta facendo grandi balzi in avanti; quindi: a) nanoscienze e nanotecnologie; b) biotecnologie e biomedicina, comprendendo l’ingegneria genetica; c) il vasto dominio dell’ICT; d) il dominio delle scienze cognitive, che spazia dalle neuroscienze fi no allo stu-dio della fi siologia delle emozioni.La convergenza di queste disparate tecnologie è basata sull’ipotesi della materiale omogeneità dei loro oggetti di ricerca a livello della nanoscala e, su questa stessa scala, della possibile loro integrazione tecnologica.Si tratta di una prospettiva decisamente rivoluzio-naria, molto più dell’ipotesi di un’interfaccia transdi-sciplinare tra campi della scienza tradizionalmente

LA CONVERGENZA DELLE TECNOLOGIE DI FRONTIERA

QUANDO PARLIAMO DI CONOSCENZA NECES-

SARIAMENTE PARLIAMO ANCHE DI SCIENZA E

RICERCA, SEMBRA INFATTI CHE, PERLOMENO

NELLA NOSTRA CULTURA, IL CONCETTO DI CO-

NOSCENZA SIA STRETTAMENTE CORRELATO

A QUELLO DI INNOVAZIONE - DIVERSAMENTE,

PARLEREMMO DI SAPIENZA O SAGGEZZA,

CONCETTI CHE SEMBRANO INVECE, PER IL

SENSO COMUNE, DENOTARE LA CONOSCENZA

INTESA COME CONSERVAZIONE DEL SAPERE.

DI SICURO IL CONCETTO DI CONOSCENZA È

INSEPARABILE DA QUELLO DI INNOVAZIONE

QUANDO CI RIFERIAMO AL MONDO DELLA TEC-

NOLOGIA E A QUELLO DELLA PRODUZIONE DI

BENI O SERVIZI, DOVE L’INNOVAZIONE RAP-

PRESENTA ORMAI IL VANTAGGIO COMPETITI-

VO DETERMINANTE.

di Angelo Mancini

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separati; una prospettiva che permetterà di valicare quella che è stata defi nita da B. C. Crandall come “the treshold of a molecular dawn”. Da un lato, quindi, gli sviluppi dell’approccio sistemi-co, delle matematiche e delle discipline computazio-nali, delle teorie della complessità; da un altro lato la convergenza delle tecnologie NBIC: insieme forni-ranno formidabili strumenti per procedere sia nella comprensione delle leggi del mondo della natura che del mondo della cultura; anzi muovendosi verso il ri-conoscimento di una loro sostanziale congruenza (se non omogeneità) al livello della nanoscala.Per esempio, grazie a questi progressi, diventeranno accessibili obiettivi anche molto critici (e spinosi), come il miglioramento strutturale delle performance dell’uomo sia dal punto di vista fi sico che cognitivo.Questa prospettiva non dovrebbe scandalizzare più di tanto, lo stesso Heisenberg affermò che, in defi -nitiva, la tecnologia è un fenomeno perfettamente naturale, defi nendola “un processo biologico su scala più larga”.In effetti, sarebbe probabilmente diffi cile reperire in natura qualche cosa o fatto che non sia stato, nei millenni, manipolato sotto qualche rispetto grazie a tecnologie, se pur grossolane.Ecco che le famose, e famigerate, “due culture” (le scienze della natura e le scienze dell’uomo, secondo una distinzione, per la verità epistemologicamente fumosa, che ha fatto molto polemizzare nel secolo scorso, da Snow a Sokal), trovano un possibile punto di confl uenza e, addirittura, concreti strumenti per esplorarne le potenzialità, superare le barriere e rag-giungere traguardi sinergici.La lista degli esempi di questi traguardi NBIC potreb-be essere aggiornata quotidianamente: l’aumento dell’effi cienza nel lavoro e nell’apprendimento; l’incremento delle capacità sensoriali e cognitive dell’individuo; cambiamenti rivoluzionari nella tutela della salute; il miglioramento della creatività sia indi-viduale che di gruppo; l’alta effi cienza delle tecniche di comunicazione fi no all’interazione brain-to-brain; il perfezionamento delle interfacce uomo-macchina fi no alla neuro ergonomica; il raggiungimento dello sviluppo sostenibile attraverso; l’inversione del de-clino fi sico e cognitivo dovuto all’età; e quant’altre ipotesi ancora, alcune delle quali anticipate, come spesso accade, dalla fantascienza, ma non per questo meno realistiche.La convergenza NBIC apre la prospettiva di un’epoca in cui potersi comporre il secolare dualismo cartesia-no tra mondo fi sico e mondo del pensiero, trovando quel momento di confl uenza di cui lo stesso Cartesio aveva sentito l’esigenza.

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a fuoco di un’effettiva convergenza, rischierà di non dare gli auspicati risultati in termini di innovazione.A partire da questa considerazione si giustifi ca l’istanza secondo la quale, affi nché diventi possibile un effettivo trasferimento tecnologico all’interno dei distretti produttivi, si richiede una sorta di prelimina-re opera di alfabetizzazione o perlomeno di sensibi-lizzazione, se non di “evangelizzazione”, che compete alle istituzioni e alle associazioni di categoria.

I campi di applicazione della convergenza, abbiamo detto, sono quasi limitati solo dall’immaginazione; in generale è possibile pensare almeno un Mems (micro electronics mechanical sistem: nanosistema elettromeccanico costruito integrando su una singola particella di silicio elementi meccanici ed elettronici, sensori ed attuatori), per quasi ogni momento od atti-vità nella biosfera - e oltre.Soprattutto per quanto riguarda la vita artifi ciale (AL) e le applicazioni biomediche, la convergenza tecno-logica sta aprendo nuove frontiere; assistiamo anzi ad una curiosa mise en abyme, per cui dispositivi ed elementi inorganici vengono inseriti nell’organismo, mentre elementi organici (ad esempio, neuroni di ratto) vengono inseriti in elementi inorganici, come i Mems.Ecco che, per limitarci al solo impatto delle tecnologie NBIC, delle quali stiamo parlando, il miglioramento delle potenzialità umane ai livelli molecolare, indivi-duale e sociale, vede sei differenti aree di rilevanza:• il potenziale globale della convergenza delle tecno-logie: le istituzioni governative e del settore privato avvertono l’urgenza di incentivare e promuovere la ricerca in un settore che prevede sostanziali muta-menti nell’economia e nella società, prospettando scenari che comporteranno anche molti problemi di ordine non scientifi co;• l’espansione della cognizione e della comunicazione umana: lo sforzo multidisciplinare per capire la strut-tura, le funzioni e arricchire i potenziali della mente; altre aree di priorità possono essere: le interfacce sensoriali personali, l’umanizzazione della tecnologia attraverso comunità di alto valore comunicazionale, le tecniche di gestione della conoscenza implicita del-le organizzazioni, l’apprendimento delle modalità di apprendimento, gli strumenti evoluti per la creatività e quant’altro ancora;• il miglioramento della salute e delle capacità fi sio-logiche, in sei aree di priorità: nano-bioprocessori per la ricerca e lo sviluppo di trattamenti e terapie, con i contributi della bioinformatica, della genomica e della proteonica; impianti e protesi nanotecnologici e sistemi rigenerativi per la sostituzione di organi o il

È comunque importante che le istituzioni e le orga-nizzazioni chiave della società siano preparate ai cambiamenti che saranno resi possibili dalle tecnolo-gie convergenti. Tutte le attività in grado di accelerare questa con-vergenza devono essere sollecitate, in particolare le ricerca mirata di base, le sinergie tecnologiche alla nanoscala, lo sviluppo di interfacce tra scienza e tec-nologia, il trasferimento tecnologico ed un approccio olistico per monitorare la risultante evoluzione socia-le.Lo scopo deve essere quello di offrire sia agli individui che alla società un ampio range di scelte apprezzabili e nel tempo stesso tutelare diritti fondamentali quali la privacy, la salute e la responsabilità morale.Dovremo sperimentare idee innovative per indirizza-re ricerche multidisciplinari e trovare nel tempo stes-so strade per salvaguardare soluzioni etiche, legali e morali.Si richiede pertanto l’evoluzione di un’architettura gerarchica per integrare le scienze umane e naturali attraverso diverse scale, dimensioni e modalità di codifi cazione dei dati, per una nuova epistemologia e nuove forme di conoscenza.Più di mezzo millennio fa, i grandi del Rinascimento erano in grado di padroneggiare magistralmente le conoscenze di numerosi campi del sapere; la specia-lizzazione al giorno d’oggi ha frazionato e accelerato il progresso del sapere ad un punto tale che nessuno è oggettivamente in grado di abbracciarne più di un settore ristretto; tuttavia la convergenza delle disci-pline scientifi che ha portato al risultato paradossale che le distinzioni hanno perso di vigenza, riproponen-do una sorta di nuovo Rinascimento, fondato sulle tecnologie ma considerate in un’inedita prospettiva olistica, sulle matematiche dei sistemi complessi e aspirando ad una comprensione unifi cata dei feno-meni, dalla scala microscopica a quella macroscopi-ca. Le scelte di politica dello sviluppo dovranno tenere necessariamente conto di questa prospettiva, perché l’organizzazione dell’innovazione tecnologica non po-trà più dimenticare che qualsiasi barriera tra campi e distretti risulta artifi ciale e in defi nitiva esiziale per il raggiungimento dei risultati; non solo, ma in molti casi si può auspicare che la convergenza sia dalle stesse istituzioni amministrative pilotata top-down, per controbilanciare le inerzie dell’attuale sistema e accelerare la creazione di un fertile terreno per l’in-novazione.In quest’ottica, la creazione di distretti delle nanotec-nologie all’interno di aree in cui non siano presenti quei presidi di conoscenza che consentano la messa

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riale;• governo, le istituzioni sia nazionali che locali, sembrano aver percepito solo aspetti parziali della rivoluzione implicita nella convergenza delle tecno-logie, quali la NBIC; è lecito tuttavia aspettarsi che le amministrazioni comprendano il grande potenziale intrinseco di questa rivoluzione e si prodighino per promuoverne la diffusione.Non si tratta infatti di una semplice svolta tecnologi-ca, ma di un mutamento di paradigma, anche episte-mologico, che comporta una grande consapevolezza e un notevole sforzo di adeguamento, non solo in termini di innovazione del sistema economico-pro-duttivo ma a tutti i livelli, compresi quelli organizza-tivi, etici, legali, ambientali, coinvolgendo il più vasto numero di soggetti sociali.Ma questo, naturalmente, è un busillis che esula dalle problematiche strettamente tecnologiche.

monitoraggio della salute; nanodispositivi (mems) e strumenti di intervento medico non offensivi dell’in-tegrità degli organismi; piattaforme multimodali per l’incremento delle potenzialità sensoriali, in partico-lare per i disabili; interfacce di comunicazione brain-to-brain e brain-to-machine; infi ne ambienti virtuali per la formazione, l’addestramento, il progetto e la collaborazione, non limitati dalla distanza o dalla scala fi sica;• unifi cazione delle scienze e formazione: affrontare le sfi de che si presentano richiede radicali cambia-menti della formazione scientifi ca attraverso tutto il ciclo di studi, la convergenza tra campi del sapere non potrà darsi se non ci saranno nuove fi gure di ri-cercatori e tecnologi capaci soprattutto di integrazio-ne delle conoscenze.

Nel giro di un paio di decine di anni, si prevede che la convergenza delle tecnologie NBIC avrà un impatto determinante in aree come: l’effi cienza nel lavoro, il corpo e la mente dell’uomo attraverso tutto il ciclo di vita; la comunicazione e formazione; la salute mentale; l’alimentazione, agricoltura e allevamento; lo sviluppo sostenibile e la gestione degli ecosistemi; fi no alla immagine di sé e alla moda, insomma vere e proprie trasformazioni della civiltà.Questi cambiamenti potranno essere molto drastici e dovranno venire gestiti nel rispetto della dignità e del benessere umano, compito non facile soprattutto se si considera la non prevedibilità degli sviluppi; per ciò sarà sempre più necessaria una soglia di allerta molto bassa.

In ogni caso, il dado è tratto e vale la pena di affron-tare la sfi da che offre opportunità molto vaste e di interesse universale, e questo a tutti i livelli della società:• individuale, scienziati, ricercatori, tecnologi diri-genti devono preoccuparsi di acquisire conoscenze e skill in almeno una delle aree NBIC, collaborare con i colleghi nei campi che non sono i loro specifi ci e prendersi il rischio di progetti innovativi;• istituzioni accademiche, la necessità di riforme curriculari e organizzazionali diventerà sempre più stringente e la convergenza farà emergere campi fl uidi della formazione ai quali dovrà essere dato supporto;• settore privato, le industrie manifatturiere, biotec-nologiche, informatiche e medicali dovranno abituar-si a sviluppare effi caci partnership per scandagliare le grandi opportunità della convergenza tecnologica, superando le obsolete barriere di protezione della conoscenza verso una nuova mentalità imprendito-

www.frontiereonline.it/convergenza/

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Non sono certo una novità le ricerche nel campo del marketing ol-fattivo ma negli ultimi mesi c’è stata una riscoperta delle possibili applicazioni industriali e comunicative.

La ricerca ha ripreso vigore dopo le sperimentazioni nell’ambito dello sviluppo del cosiddetto naso elettronico ovvero quell’insieme di tecnologie in grado di “misurare” le sensazioni olfattive. Il naso elettronico è sviluppato sia per ricerche nel campo della conserva-zione degli alimenti (individuazione di sostanze alterate), nel campo della sicurezza (ricerca esplosivi, agenti inquinanti, ecc.) e di recente nel campo medicale (ricerca di sostanze emesse dal corpo in conse-guenza di talune patologie).Il marketing olfattivo è basato su un mix di indagini che avvengono nei campi della fi siologia e della psicologia dell’olfatto. L’olfatto è interpretato dal sistema linfatico nervoso, lo stesso che elabora le emozioni e gli istinti. Per questo motivo la memoria olfattiva è complessa in quanto costituita da esperienze personali ed eredità genetica.

Alcune aziende, anche italiane, si sono spinte a defi nire un linguag-gio degli odori che possa essere utilizzato per comunicare messaggi olfattivi più effi cacemente (e parallelamente) di quelli visivi, sonori e tattili.Sono già disponibili delle tecnologie in grado di creare delle aree olfattive nelle quali è possibile controllare l’intensità e la durata del segnale olfattivo utilizzando sensori di concentrazione.Finora, a parte rarissimi casi, il progetto olfattivo è rima-sto relegato al prodotto e non al punto vendita o allo stru-mento di promozione (solo i profumi hanno fatto la loro comparsa intrisi nelle pagine delle riviste di moda e costu-me) ma nei prossimi anni avrà un ruolo sempre maggiore.

Non estraneo a queste ricerche è il settore del tessile e dell’abbiglia-mento. Per secoli si è cercato il tessuto ad odore neutro, chissà che prossimamente anche questa limitazione non venga abbattuta.

In una cosa sono concordi le statistiche: un navigatore internet (sur-fer) è infastidito dai tempi di caricamento delle pagine Web. Quando sono troppo lunghi cambia indirizzo e chi ha, con tanta cura, creato la sua presenza nel mondo virtuale perde visitatori e opportunità di business.

La generazione più recente dei siti internet si presenta molto spesso in forma animata. Lo strumento più usato per la loro realizzazione è Macromedia Flash, facile da imparare e suffi cientemente potente da lasciare libero spazio alla creatività del Web Designer.I siti creati in Flash hanno però il difetto di pesare di più rispetto a quelli scritti in HTML. Il download spesso dura qualche minuto (sarebbe da evitare ma…) ed è quindi nata una nuova forma di comunicazione costituita dall’ani-mazione introduttiva. Lo scopo è quello di far attendere “piacevol-mente” il visitatore in attesa di scaricare il sito vero e proprio. La metamorfosi è stata rapida e il loader si è trasformato in una sorta di spot pubblicitario o meglio di presentazione del sito. Si è persa la funzione principale e si dato libero sfogo alla fantasia. Ma poi la fan-tasia ha preso la mano dimenticandosi che serve pure la razionalità.

Flash ha introdotto una grande facilità nella realizzazione delle animazioni su Web. La tecnologia offre insindacabili vantaggi: è suffi cientemente leggera, integra e sincronizza elementi multime-diali, permette di creare irripetibili effetti grafi ci. Ma richiede anche un’esperienza ed una competenza diverse rispetto ad un tradizionale “web composer”.In molti casi si può leggere nell’animazione introduttiva quasi una mutuazione delle sigle dei fi lm (o televisive) che però hanno una fi nalità diversa. Altre volte una sorta di spot, o raccolta di slogan, più raramente un capolavoro. In ogni caso il web designer si confronta con una variabile a cui è poco abituato: il tempo. Nascono così in-sopportabili e inutili intermezzi che presentano tutta la loro fragilità compositiva e logica nell’immancabile “skip intro” ovvero in italiano: “salta l’introduzione perché è inutile e non ti da alcuna informazio-

ne”. Sarebbe come se uno scrittore dicesse nella copertina del pro-prio libro: “puoi tranquillamente saltare il primo capitolo perché non scrivo niente di utile per capire il resto …”.

D’altronde nel Web il principio “superfl uo è bello” è molto diffuso e spesso le componenti di un portale sono più la dimostrazione tecno-logica di saper mettere insieme funzioni scovate in giro per la rete, che il risultato di un’analisi degli obiettivi e dei risultati attesi. Un esempio del superfl uo è l’orologio sul sito. Quanto di più inutile visto che è presente, oltre che nel polso del surfer anche nel de-sktop del computer. Insomma un esercizio tecnico (saper leggere la variabile temporale del sistema operativo) diventa componente dell’interfaccia Web, senza motivazione e senza che il web designer si ponga le tre domande classiche: “a cosa serve, chi lo usa e perché dovrebbe usarlo”.

Chiudiamo in bellezza. Spesso ci imbattiamo in siti che all’apertura in-dugiano per dar tempo alla pagina di caricare il sottofondo musicale. L’idea del creatore è forse quella di ricreare un ambiente multisen-soriale (oltre ai colori e alle animazioni ci mette pure la musica così il surfer si sente immerso in un ambiente diverso).L’accesso alla musica è nel nostro mondo così facile che pare im-possibile che un navigatore aspetti solo di visitare quella pagina per ascoltarla… Ben più diffi cile è la conquista del silenzio ma questo è un altro tema.

Quando decidiamo di acquistare un sito internet o un portale dobbia-mo fare molta critica e moltissima analisi. Se il nostro interlocutore non si pone questi problemi è bene che li poniamo noi. Dobbiamo ricordarci che la prima pagina del nostro portale è il biglietto da vi-sita della nostra azienda nel mondo digitale. Presentarsi bene è un obbligo.

IDEE & TECNOLOGIE.

IN | OUT - RIFLESSIONI SUL MONDO DIGITALE.

www.frontiereonline.it/inout/

www.frontiereonline.it/osservatorio/

MARKETING OLFATTIVO.

SKIP INTRO.

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PANORAMICA SUL TERZIARIO.

Nonostante i grandi progressi sociali, che l’hanno sensibilmente destituita di effi cacia descrittiva, continuiamo per comodità a rifarci alla tradizionale clas-sifi cazione dell’economia, proposta fi n dagli anni quaranta, nei settori prima-rio, secondario e terziario; tripartizione che, per quanto defi citaria, ambigua e obsoleta, può valere ancora perlomeno come quadro schematico e intuitivo di riferimento.La progressiva terziarizzazione del-l’economia produttiva è giunta al punto tale per cui nei paesi postindustriali ormai il terziario tocca percentuali di occupazione superiori ai due terzi di quella complessiva.All’interno stesso del terziario sono state rinvenute aree di omogeneità funzionale, come, appunto, quella che ci interessa, ovvero il terziario avanzato (TA, denominato anche, con non molto successo: quaternario), all’apparire del

TERZIARIO E OLTRE. quale settore gli venivano fatte afferire tutte le funzioni di tipo decisionali, il complesso delle libere professioni, il si-stema bancario, quello assicurativo e, in-somma, tutte quelle fi gure professionali che C. Wright Mills avrebbe identifi cato con la fortunata espressione di “colletti bianchi”.In una fase susseguente, dalla fi ne degli anni settanta, una nuova area emergen-te si è guadagnata la ribalta, quella delle discipline digitali (ICT) in cui rientrano attività che vanno dall’informatica alle telecomunicazioni.Se si fosse voluta seguire la logica che aveva suggerito il termine quaternario, allora si sarebbe dovuto introdurre un quinario e chissà, in un’ulteriore fase, un eventuale esario e così via. Tutto risulterebbe un po’ improbabile e farraginoso - piuttosto che una soluzio-ne, una complicazione di problemi.Comunque sia, lo sviluppo del terziario viene inquadrato nel progressivo spo-stamento della domanda dai beni mate-

La conoscenza come metaservizio

www.terziarioinnovativo.it/quaterziario/

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Dal quale schema risulta che già una prima distinzione da considerare ri-guarda il regime in cui operano i servizi, ovvero: • servizi pubblici, disposti dalla Stato e dalle amministrazioni locali, avendo obiettivi di pubblica utilità (sanità, istru-zione, trasporto, ecc.), il loro problema centrale è contemperare la massima ac-cessibilità con il contenimento dei costi;• servizi privati, che nascono dall’at-tività imprenditoriale e sono invece strettamente connessi al mercato e alla competitività.Entrambe queste due macrocategorie (senza considerare un recente trend di convergenza) sono impegnate, se pur in modo e misura diversi, a soddisfare la domanda sia del mondo del consumo, per esempio le famiglie, sia del mondo produttivo.

Prendiamo in esame l’area che è al centro delle presenti rifl essioni, ovvero, scendendo lungo l’albero, quella dei ser-vizi privati alle imprese.Osserviamo innanzitutto l’esistenza di un terziario del terziario (TdT): appar-tengono a questa categoria tutti i servi-zi con funzioni di approvvigionamento, organizzazione, gestione e supporto alle attività commerciali (e terziarie in genere) che si rivolgono al mondo del consumo.Il segmento quantitativamente più rilevante è la grande distribuzione, an-che se vanno indicati servizi di minore peso ma di contenuti innovativi, come ad esempio le ricerche di mercato, il leasing commerciale, il franchising ed altri ancora.Il terziario del secondario (TdS) com-prende servizi che in buona parte corri-spondono a funzioni emergenti (le quali,

sia detto per inciso, risultano di sostan-ziale supporto al passaggio dei sistemi evoluti industriali a postindustriali); ma non sempre questi servizi appartengo-no al TA, perché non sempre richiedono livelli di specializzazione particolarmen-te elevati (vedi ad esempio i servizi di pulizia o manutenzione, corrieri e spe-dizionieri, sorveglianza, ecc.).Sostanzialmente se ne osservano due sub-categorie:• servizi che si rivolgono al processo produttivo o alle fasi della distribuzione del prodotto industriale;• servizi che si rivolgono alla gestione amministrativa e fi nanziaria, da livelli più bassi (come agenzie di recupero crediti, elaborazione dati, ecc.), ai livelli più elevati (come le consulenze fi scali, legali, revisione contabile, marketing, brokeraggio, softwarehouse e altri).È nelle frange più evolute di questi servizi che si sono sviluppati quelli specifi ci del TA: dalle attività relative alla programmazione della produzione, al controllo della qualità o del consumo energetico e della sostenibilità, fi no alle società di engineering o a quelle che si occupano di applicazioni dell’innova-zione, innovazione che rimane la com-ponente trainante di tutte le economie postindustriali.La concezione del TA come fenomeno residuale (“tutto quello che non è im-mediatamente e facilmente rubricabile come terziario tradizionale”), è stata rapidamente superata dai tempi e dal-l’evoluzione sia del mondo della produ-zione che dal mondo del consumo; non solo quindi assistiamo ad una tendenza accelerata verso la terziarizzazione ma, all’interno di quest’ultima, si ripropone una tendenza che sposta il baricentro verso, diremmo, la terziarizzazione

riali a quelli immateriali, quindi ai servizi di rango superiore; la qualità della vita non si incrementa aumentando la quan-tità di servizi o beni, ma aumentando la qualità di servizi o beni, i quali ultimi beni stessi anzi fi niscono, proprio a que-sto scopo, per inglobare un sempre più alto tasso di servizio.Peraltro, le economie avanzate assisto-no alla progressiva terziarizzazione non tanto in quanto un numero crescente di abitanti possa permettersi un tenore di vita superiore, ma soprattutto perché si verifi ca un’esplosione del complesso di servizi che si rivolgono al primario, al secondario ed al terziario stesso.Questa è la ragione prima che conduce a distinguere tra producer services, servizi che si rivolgono al mondo della produzione e sono fi nalizzati ad aumen-tare il potenziale produttivo ed il valore di chi li utilizza, e consumer services, servizi che si rivolgono al mondo del consumo e concorrono ad aumentare la soddisfazione del consumatore.Al centro di tutte le disparate distinzioni che vengono fatte (per esempio anche quelle tra terziario tradizionale e ter-ziario moderno, tra terziario implicito e terziario esplicito, tra servizi a pre-stazione fi sica e servizi a prestazione intellettuale, ecc.), è la necessità di disaggregazione del settore dei servizi, per averne una mappa concreta e prati-cabile, anche a fi ni statistici.Risulta chiaramente qualche diffi coltà a rappresentare il cosiddetto terziario avanzato, ovvero quella tipologia di ter-ziario che tende ad affermarsi in tutta l’area dei servizi e sempre più viene as-sunto come categoria a se stante, come gruppo omogeneo di attività.Al pari delle tecnologie high-tech, il TA si connota soprattutto per l’elevato contenuto non tanto (o non solo) di tecnologia, ma soprattutto per l’elevato contenuto di conoscenze specialistiche presente nei diversi servizi, indipenden-temente dal settore merceologico di appartenenza o da altre classifi cazioni utilizzate.Va infi ne sottolineato che il TA deve essere circoscritto ai servizi che pro-ducono tecnologia o conoscenza e non sono da ricomprendervi quei servizi che si limitano a riutilizzarla.Per intenderci, informatizzare i servizi pubblici o introdurre procedure alta-mente automatizzate negli sportelli bancari, non fa di questi, così e sempli-cemente, TA.Potremmo proporre una tassonomia del terziario rappresentata da questo diagramma:

PUBBLICO

famiglie imprese

TdT TdS

TA

R&S

TERZIARIO

PRIVATO

famiglie imprese

figura 1

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terziario.Lo defi niremo Quaterziario (QT), con un termine quindi che contiene nel tempo medesimo l’idea di una progressione (“quater”), ma conserva e ingloba la radice “ter” di terziario che ne indica sia le origini che la vocazione.

Si tratta evidentemente di un esca-motage, di un pun, un gioco di parole, ma a nostro avviso può ben prestarsi al disegno che pone la conoscenza al centro dei processi di creazione del va-lore in un mondo dove le dinamiche non lineari mettono rapidamente fuori gioco l’instrumentarium tradizionale degli analisti e degli operatori.

DA KNOWHOW A KNOWLEDGE.

Il Nordest è, quasi proverbialmente, un’area ad economia basata in preva-lenza su reti di microimprese (portatrici di conoscenza tacita, sommersa), che hanno densamente popolato il territorio con capacità produttiva ad alta compe-titività; quindi un’economia, per dirla con un gioco di parole, più centrata sui terzisti che sul terziario.Certamente le cose non sono più così e questo si rispecchia sia nella spinta alla delocalizzazione che in una crisi diffusa, anche se non esiziale, che è la crisi di un modello di sviluppo.Evidentemente il ciclo di vita di questo modello e la sua fi tness rispetto ad un contesto economico drasticamente mutato negli ultimi anni, è entrato in una fase che può assomigliare alla fase di stallo che precede quella della deca-denza.

avanzata. Ad ogni buon conto, tra TA e Terzia-rio della Ricerca e Sviluppo (TR&S) il confi ne è sfumato: entrambi compren-dono tutte le attività esplicitamente fi nalizzate all’innovazione scientifi ca e tecnologica, in una parola alla creazione ed elaborazione della conoscenza: “tur-ning knowledge into value”.Si tratta di una gamma di servizi molto estesa: dagli uffi ci studi veri e propri fi no al design, dalla progettazione dei prodotti alla prototipizzazione, dalla progettazione dell’hardware a quella del software e quant’altro.Negli ultimi decenni, questo tipo di attività e ricerche si è posizionato de-cisamente nell’ambito delle tecnologie digitali e ha di fatto reso possibile anche alle PMI di accedere all’innovazione se non, in alcuni rari casi, di farsene mo-sche cocchiere.

IL QUATERZIARIO.

Tratteggiata la precedente panorami-ca, è a questo punto che si inserisce la nostra rifl essione sul quaterziario (QT), come momento di confl uenza tra ter-ziario avanzato e terziario della ricerca e sviluppo (per un modello di sistema innovativo a rete e di conoscenza loca-lizzata, di integrazione della conoscen-za tacita ed esplicita), contemplati dai modelli precedentemente tratteggiati.

La nostra argomentazione prende ini-zialmente le mosse da un’osservazione di base, da cui si evince che quanto comunemente si intende per innova-zione in realtà è riferibile a due realtà distinte:• da un lato, l’innovazione come prodot-to, (diciamo, il punto di arrivo);• da un altro, l’innovazione come pro-cesso, (diciamo, il percorso).La natura intrinseca dell’innovazione consiglierebbe di considerarla sempli-cemente come un processo, comunque essendo un processo ciclico, potremmo distinguere delle tappe che vedono sta-zioni di arrivo, o traguardi, per quanto provvisori.Il processo dell’innovazione, rapportato al mondo della produzione (primario, secondario o terziario che sia) non è confi gurabile come un vero e proprio servizio (pensiamo alla natura intrin-seca del servizio o alla cosiddetta ser-vuction), ma della natura del servizio conserva molto; soprattutto se non dimentichiamo che l’innovazione come processo di ricerca è, o meglio può es-

sere, semplicemente autoreferenziale, e questo accade anche nel caso della ricerca applicata. Nel nostro caso pertanto, potremmo distinguere l’innovazione come pro-dotto dall’innovazione come processo: se la prima può assumere le forme del servizio, non così la seconda, o non ne-cessariamente.Questo accade perché l’innovazione come processo è sostanzialmente elabo-razione di conoscenza.Spostiamo quindi dall’innovazione alla conoscenza il momento topico della nostra argomentazione; in un sistema dinamico evolutivo l’innovazione è sem-plicemente il prodotto della conoscenza in atto. La conoscenza, infatti, può darsi a pre-scindere dall’innovazione, l’innovazione mai a prescindere dalla conoscenza.La conoscenza tuttavia non si presenta come un servizio ma come un precur-sore del servizio, ovvero come un me-taservizio.

Mentre le economie avanzate procedono verso l’immaterializzazione dei prodotti (più valore ai servizi e meno ai beni), è inevitabile che il product lifecycle subisca il contraccolpo di una rapida obsolescenza; come per gli organismi, la sopravvivenza è funzione di una for-te fi tness che si ottiene in virtù di una spiccata capacità a rinnovarsi: la com-petitività su mercati ad alta incertezza e imprevedibilità segue leggi assimilabili, mutatis mutandis, a quelle della lotta per la sopravvivenza di un organismo in un ambiente naturale.Il vantaggio competitivo deriva dalla capacità di elaborare conoscenza e produrre innovazione; è un meccanismo di tipo adattivo evoluzionistico in un am-biente ad alta pressione selettiva.

Lo scopo che ci ripromettiamo, è quello di aggregare in una categoria specifi ca tutte le attività che, provenendo dai più disparati settori, siano fi nalizzate o trovino una migliore fi nalizzazione sotto l’egida del knowledge engendering and/or management.Essendo, secondo la presente proposta, questa categoria di attività non un ser-vizio ma un metaservizio, possiamo sì inscriverlo nel dominio del terziario ma nello stesso tempo non possiamo esau-rirlo nel terziario; altresì non potremmo neppure rubricarlo come un “quaterna-rio”, cioè un progresso per cumulazione rispetto al terziario, perché, come già accennato, si tratta tanto di una inten-sifi cazione quanto di una estensione del

PRIMARIO

SECONDARIO

TERZIARIO

TERZIARIO AVANZATO

QUATERZIARIO

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La cura elettiva per questi problemi (an-che se non una panacea) è l’innovazione che, come abbiamo detto, risulta da una accorta e puntuale coltivazione della conoscenza.In verità, una doviziosa letteratura attesta ormai che la conoscenza non è una grandezza monolitica, ma as-sume molti aspetti e facce a seconda dal punto di vista da cui la si riguarda; conoscenza esplicita, conoscenza im-plicita, conoscenza tacita e, di questa, le dimensioni tecnica e cognitiva, sono nozioni abbastanza comuni nonostante diverse scuole di pensiero propongano problematiche e soluzioni spesso non in perfetto accordo.Ad ogni buon conto, potremmo forse affermare che una delle diffi coltà del Nordest è da ricondursi appunto ad una ampia diffusione di una conoscenza prevalentemente tacita e declinata nella dimensione tecnica, quella che è altri-menti defi nita know-how.Se la conoscenza è identifi cabile come la risorsa di base dell’economia postfor-dista, allora quello appena evidenziato è un limite di non poco momento.Solo pochissime realtà, che proprio per questa strategia sono riuscite ad raggiungere una massa critica, si sono rivelate in grado di affrontare e supera-re una carenza di conoscenza implicita (formalizzabile) ed esplicita (formaliz-zata), in modo tale da fornire l’impresa di un fertile terreno per coltivare l’inno-vazione. Se è vero che le grandi organizzazioni occidentali hanno magnifi cato l’im-portanza della conoscenza esplicita ed implicita (promuovendo imponenti programmi di KM fi nalizzati a formaliz-zarla, soprattutto sotto forma di infor-mazione, cosa che ne spiega il sostan-ziale scarso successo); le organizzazioni orientali hanno piuttosto sottolineato l’importanza della conoscenza tacita, promuovendo modelli di management più orientati alla dimensione cognitiva (come dalle tesi ormai famose di Nonaka e Takeuchi); è altrettanto vero che il cir-cuito del knowhow del Nordest risente molto dei limiti di una mancanza di con-divisione e di integrazione (prerequisiti fondamentali dell’innovazione), mentre tutto il modello di sviluppo innovativo dell’occidente tende ad internalizzare la ricerca per un malinteso senso della tu-tela del “capitale intellettuale”, che solo recentemente comincia a mutare.Sembra lecito inoltre constatare che il TA del territorio non abbia saputo accollarsi un ruolo di promotore del-l’innovazione suffi cientemente dirom-

pente, limitandosi forse ad assolvere la funzione di fornitore di servizi riguardo ai bisogni espliciti delle imprese, con atteggiamento poco proattivo.Se questa poca propensione ad elabora-re conoscenza può essere fatta risalire sicuramente alla mancanza di massa critica delle imprese, è anche vero che non si è evoluta una suffi ciente capa-cità di aggregare risorse e condividere progetti, né di sviluppare partnership con quei centri naturali di elaborazione della conoscenza (esplicita) che sono i poli Universitari (i quali ultimi, peraltro, solo adesso in Italia stanno lentamente aprendosi al mondo e alle logiche del mercato).

È vero tuttavia che una forte e defi ni-tiva competitività sui mercati globali si ottiene non semplicemente importando innovazione (con costi molto alti) ma producendola!Pensiamo al settore nascente delle na-notecnologie: pare diffi cile che possa decollare in Italia se non su di un humus di cultura della conoscenza che attual-mente non esiste; sembra pertanto che un sistema di knowledge management a livello distrettuale sia condizione sine qua non per lo sviluppo di offerta competitiva; ma non si vede chi abbia la conoscenza necessaria a gestire questa conoscenza!Si tratta di essere in grado di creare e sostenere strutture come i cosiddetti KIBS (knowledge intensive business ser-vices), che concentrano la propria core

competence nella produzione e trasferi-mento della conoscenza, oltre che nella creazione di condizioni adeguate per l’interazione tra soggetti che sviluppa-no conoscenze complementari.La conclusione potrebbe essere che, non essendo il TA l’agente di innovazio-ne di cui necessita il fi tto tessuto pro-duttivo del Nordest per trasformarsi in un’economia knowledge based, potreb-be questo motore esserlo un eventuale Quaterziario?Questo soprattutto se è vero, come proponiamo, che la conoscenza non può essere considerata un mero servizio, ma quel cosiddetto metaservizio di cui abbiamo parlato in precedenza.Le panie e condizionamenti in cui è pre-so tradizionalmente il TA rischiano di es-sere di freno per un ruolo di promotore ed integratore della conoscenza sul ter-ritorio; è per questo che (pur con il mas-simo rispetto per il Rasoio di Occam), si può pensare opportuno introdurre la fi gura di un nuovo player, quale sarebbe il QT, sciolto da logiche consolidate e capace di condurre ad esito in manie-ra transettoriale la propria missione, soprattutto, se la consideriamo quella sorta di metaservizio di cui s’è detto. Transitare dalla cultura del know-how a quella della knowledge può quindi rivelarsi un percorso impegnativo, pie-no di trappole e di vicoli ciechi; forse è importante selezionare una guida con una missione esclusiva e specifi ca, non attardata da mille altre incombenze contingenti.Per dirla in altro modo: se l’economia è un sistema adattivo complesso, sotto-posto ad una perenne spinta evolutiva, formato da agenti (o attori) dotati una una razionalità limitata (o “vincolata”) e di risorse informazionali limitate, allora l’ecosistema è sempre suscettibile di evoluzione, apprendimento e adatta-mento, essendo impossibile separare l’agente dall’ambiente che comprende tutti gli altri agenti in competizione.L’innovazione allora è una riforma di paradigma che genera eventi critici (o catastrofi ) che possono creare caos da cui infi ne emergere una nuova stabilità.Sopravvive chi detiene e/o sviluppa la conoscenza per innescare gli eventi ca-tastrofi ci o per adattarsi facilmente alle nuove condizioni di competizione.In questo scenario, gli agenti possono giovarsi di una parte terza o - quater-ziaria?

Angelo Mancini

www.frontiereonline.it/quaterziario/

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Il titolo di questo articolo è una percentuale. È la per-centuale della nuova occupazione che è venuta dal Terziario Innovativo lo scorso anno. È signifi cativo che quasi la metà dei nuovi posti di la-voro venga dall’area dei servizi avanzati. Ma questo è solo un segnale. Negli ultimi anni, ma in modo eviden-te e consapevole solo negli ultimi mesi, sta crescendo l’attenzione del mondo industriale nei confronti del Terziario Innovativo, in tutte le sue diverse sfaccet-tature.Le sfi de dell’innovazione e della ricerca impongono alle aziende manifatturiere la scelta se crearsi profes-sionalità all’interno o ricorrere ad aziende specializza-te e dinamiche.

INDUSTRIA 2.0.Parafrasando le sequenza temporali, ordinamente de-scritte dell’informatica, credo si possa usare la stessa forma per indicare quell’industria, quell’apparato eco-nomico complesso ed integrato che trova nel terziario una base non soltanto di appoggio allo sviluppo, non solo acceleratore di processi ma anche organo vitale di mantenimento e sviluppo.L’industria, da quando non è una parte di processo ma genera e gestisce tutti i processi, cerca di capire se “deve” usare servizi innovativi esterni o crearli e gestirli all’interno.Ragionamenti facili nel passato in quanto un’analisi dei costi proiettata a qualche anno dava un parametro da valutare.Ora la certezza è venuta meno, se i parametri usati sono solo gli indicatori economici non abbiamo risul-tati credibili. Non solo, ma appare diffi cile anche un confronto con altre aree (non solo europee) dove esi-stono servizi diversi, dove esiste una scolarizzazione differente, dove l’ambizione del dipendente ha regole che a NordEst non possiamo applicare.L’elemento scatenate è la complessità. La comples-sità dei servizi, della loro scelta dell’erogazione, della valutazione e del mantenimento.Questi servizi sono sempre diffi cili anche dall’essere acquistati, confrontati, implementati nell’impresa.

Spesso ai terziari viene la voglia di creare delle “gui-de ai servizi”, operazione sempre diffi cile, parziale e talvolta pericolosa perché è pressoché impossibile concentrare in una tabella di poche righe la ricchezza dei servizi offerti.Ma è possibile scegliere un approccio diverso, defi nire un’ontologia dei servizi senza ricorrere alla classifi ca-zione in “gruppi” (informatica, comunicazione, ecc.).Quello che stiamo cercando di fare a Treviso è un approccio diverso, una mappa profonda (quindi molto

45,3%

IL TERZIARIO INNOVATIVO COME CERNIERA

TRA L’INNOVAZIONE E L’INDUSTRIA

MANIFATTURIERA. SAPER ACCETTARE LE SFIDE

DEL FUTURO COME VALORE DEL SERVIZIO.

di Maurizio Galluzzo

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precisa e dettagliata) ma completamente incentrata sull’obiettivo imprenditoriale.Questa mappa, che defi nirà i limiti (spesso labili e variabili) dell’impresa verrà poi riclassifi cata in una struttura defi nita in modo da essere confrontata con altre analisi, indagini e statistiche.È fondamentale che il terziario conosca se stesso perché solo da questo potremmo trarre una proposta di servizi (correttamente riclassifi cati) che diventerà anche bussola per chi questi servizi vuole (o deve) acquisire.Per un paio d’anni la scena mediatica è stata occupata dall’ICT (Information Comunication Technology) gra-zie anche alla forte crescita nei mercati internazionali. Crescita euforica sfociata con lo sgonfi amento della bolla speculativa della net economy. Ora la net eco-nomy si presenta con profi li più delineati con regole economiche più certe (oserei dire che molti analisti sono tornati con i piedi per terra) e presenta nuove opportunità di investimento.Ma non di sola informatica è costituito il Terziario In-novativo di Unindustria Treviso, delle oltre 350 azien-de iscritte solo un quarto fanno riferimento all’ICT, il resto è costituito da aziende che operano in tutti i campi dei servizi avanzati.

CHI È IL TERZIARIO INNOVATIVO A TREVISO.È costituito per la maggior parte da microimprese for-temente specializzate e settorializzate. Talune hanno progetti internazionali, altre hanno seguito e suppor-tano lo sviluppo delocalizzato delle imprese manifat-turiere trevigiane e hanno saputo spesso combattere e vincere agguerriti concorrenti internazionali.

TUTTO BENE?I dati dell’ultima indagine congiunturale analizzati dal Dott. Vittorio Filippi del Uffi cio Studi di Unindustria Treviso proprio sulle aziende trevigiane del Terziario Innovativo, presenta un quadro tutto sommato stabi-

le, con una tendenza all’ottimismo.L’eterogeneo mondo dei servizi trova nella provincia di Treviso le maggiori occasioni di business e pertanto la salute del settore è fortemente legata a quella del manifatturiero locale.

INTELLIGENZA E CONOSCENZA.Che la conoscenza, e la sua gestione siano alla base del futuro sviluppo dell’economia del territorio, sono in pochi a non crederlo. Ne è convinto anche il Presidente della CCIAA di Tre-viso, Federico Tessari che ha dichiarato in occasione della Giornata dell’Economia che per il 2003 “la Came-ra di Commercio punta su due fattori strategici per far crescere l’economia: l’intelligenza e la conoscenza”.Sulla stessa linea è anche il sottosegretario al Welfare On. Maurizio Sacconi: “Il Veneto e Treviso in partico-lare sono ad un bivio. Serve un riposizionamento del-l’economia veneta che porti gradualmente il tessuto produttivo verso funzioni di servizi e di conoscenza. […] Questa trasformazione va assecondata con le reti, la formazione, le infrastrutture per attrarre attività di alta intelligenza.”. Il Terziario Innovativo di Treviso sta lavorando su un progetto (CCIAA/Unindustria Trevi-so) di sperimentazione e applicazione dell’Economia della Conoscenza. Il progetto prevede due anni di atti-vità e durante questo primo anno si stanno mettendo le basi per lo sviluppo di un modello sperimentale riutilizzabile.Il progetto per il Gruppo Terziario Innovativo di Unin-dustria Treviso è il pieno coinvolgimento delle aziende associate ai progetti e alle iniziative. Questo sarà per-seguito attraverso occasioni di scambio, di incontri, di progetti, ma anche di tanta voglia di collaborare.Le dimensioni della maggior parte delle aziende as-sociate permettono di defi nire come l’aggregazione, nelle forme che si possono immaginare, sono una del-le principali opportunità per creare valore aggiunto ai servizi e dare piena soddisfazione al cliente.

IDENTITÀ DEL TERZIARIO INNOVATIVOSi stanno compiendo in queste settimane grossi sforzi per defi nire una precisa e condivisa identità del Terziario Innovativo di Unindustria Treviso. Sono numerose le iniziative previste e verranno discusse in occasione degli incontri denominati in depth.In questi ultimi mesi sono stati realizzati dei “conteni-tori” che avranno lo scopo di ospitare iniziative, pro-getti, attività, informazioni e conoscenze del Gruppo Terziario Innovativo.CONTENUTI NON SOLO PER IMPRENDITORI.I contenuti che si intendono realizzare sono, e do-vranno, essere pensati per “l’impresa” e non solo per

UNIVERSITÀ ED IL MONDODELLA FORMAZIONE

INTERNAZIONALIZZAZIONE

FITA

CONSULTA REGIONALETERZIARIO

PRESIDI

OSSERVATORIOTECNOLOGICOE TENDENZA

MAPPATURAONTOLOGICA DELLE

ATTIVITÀ DEL TI

PROGETTOKNOWLEDGE

MANAGEMENT

PROGETTORISORSE UMANEA

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RICERCA E INNOVAZIONETECNOLOGICA

PROGETTI

COMITATOSCIENTIFICO

PRESIDENZATERZIARIO

COMITATODI GRUPPO

VICEPRESIDENZA

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l’imprenditore. Si rischia altrimenti di sottolineare il modello (destinato ad andare in crisi) del cosiddetto individualismo imprenditoriale. Sano, fi no a quando l’impresa è piccola e non si intende farla crescere, devastante se invece esiste una volontà di organizza-zione propriamente detta.

IN DEPTH.Gli in depth sono incontri tematici di approfondimento che hanno lo scopo di fornire visioni ed opportunità di sviluppo su temi emergenti o che necessitano di una differente lettura. Sono incontri nei quali, oltre agli imprenditori, sono invitati anche i collaboratori delle aziende associate. I temi sono per la maggior parte dei casi tecnici e ser-vono a fornire spunti di “sconfi namento” verso aree inesplorate dalle aziende.È importante che venga compreso lo spirito dell’ini-ziativa che non deve essere vista dal solo punto di vista utilitaristico e di immediata applicazione. Anzi, sono stati esclusi proprio quei temi “quotidiani” o di prassi perché in depth deve diventare un momento in cui le aziende accettano le sfi de dell’innovazione di tecnologia/prodotto/servizio.È fondamentale il contributo degli associati per la ri-cerca e lo sviluppo dei temi emergenti.Gli in depth si svolgono sempre di giovedì pomeriggio secondo un calendario che è aggiornato continua-mente sul sito.

IL PORTALE.Le attività, le informazioni e le ricerche del Terziario Innovativo di Treviso sono disponibili per tutti nel sito www.terziarioinnovativo.it. Si tratta di un portale collaborativo in cui ogni associato può inserire le pro-prie informazioni e decidere (nel pieno rispetto della privacy) quali rendere pubbliche e quali mantenere riservate.È un luogo virtuale dove trovare materiali e riferimen-ti. Le industrie possono trovare un aggiornatissimo

repertorio di servizi e molte informazioni su come richiedere tali servizi.

UN DISTRETTO PER L’ICT?La CCIAA di Treviso sta proseguendo il percorso di marketing territoriale e oltre ai distretti esistenti (sportsystem, inoxValley e legno-arredo) sta studian-do l’opportunità di crearne uno anche per il prosecco.E il terziario innovativo dov’è? Da tempo, tra gli operatori economici dell’informatica (ICT) si chiede il riconoscimento di un distretto, di una forma di “rap-presentazione della densità” (anche occupazionale) che insiste nella nostra provincia.Una provincia che meriterebbe una maggiore atten-zione da parte delle facoltà di Informatica e Teleco-municazioni e che da qualche anno non è più presente nel territorio.Va notato come le aziende dell’ICT, associate ad Unindustria Treviso, siano rappresentate per la gran parte da aziende che fanno sviluppo, cioè progettano strumenti e tecnologie innovativi. Mancano grandi aziende (come nel caso della Lombardia) ma quelle di Treviso sono forti generatori di innovazione.Manca di fatto una integrazione interaziendale, in-somma non si è fatto sistema. Tentativi di aggrega-zione sviluppati negli ultimi anni non hanno portato ad esisti positivi. L’identifi cazione dell’imprenditore con l’azienda è spesso tale da impedire oggettive valutazioni delle opportunità. Nell’informatica trevigiana (a differenza di altre realtà come l’Etna Valley per fare un esempio) non ci sono reali collaborazioni, non esistono produttori di “semilavorati” come non esiste il riconoscimento delle specializzazioni (non esistono fi gure di analisti indipendenti, tester esterni, ecc.). Ogni fase, dalla progettazione, allo sviluppo, al rilascio del software o delle Web Application viene fatto all’interno della stessa (spesso piccolissima) struttura.Questo è un punto di rifl essione estremamente im-portante. Il distretto assume un ruolo (non soltanto di riconoscimento) quando è possibile pensare in “rete”.

POSIZIONAMENTO DEL TERZIARIO INNOVATIVODI TREVISO A LIVELLO REGIONALE

VICENZA14 %

VENEZIA11 %

VERONA10 %

TREVISO31 %

ROVIGO2 %

PADOVA30 %

BELLUNO2 %

COMPOSIZIONE PERCENTUALE DEL GRUPPO

TURISMO4 %

ASSISTENZA ALLAPRODUZIONE

5 %

ENGINEERING,PIANIFICAZIONE

TERRITORIALE9 %

INFORMATICAE TELEMATICA

26 %

VARIE5 %

SPEDIZIONIERI2 %

SANITÀ4 %

COMUNICAZIONEE MARKETING

10 %

CONSULENZAFINANZIARA

10 %

CONSULENZAORGANIZZATIVA

DIREZIONALE22 %

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Quando si possono portare avanti progetti collaborati-vi, quando si possono mettere insieme più aziende per la formazione, la certifi cazione, ecc. Prima di qualsiasi richiesta di distretto dell’ICT a Tre-viso sarà opportuna una rifl essione allargata e ogget-tiva.

E-PERICOLISta suscitando molte discussioni l’articolo 24 della Legge Finanziaria 2003 che impone agli enti locali di fare ricorso per gli acquisti alle convenzioni quadro defi nite dalla CONSIP (Concessionaria Servizi Informa-tivi Pubblici).L’obiettivo è di razionalizzare la spesa pubblica (35 miliardi di euro da razionalizzare sui 96 totali) anche facendo ricorso a tecnologie di e-procurement. Questa ricentralizzazione degli acquisti crea preoccupazione tra gli imprenditori. Il Gruppo Terziario Innovativo, attento a questo fenomeno, si coordina a livello regio-nale (Consulta Regionale del Terziario Avanzato del Veneto) e a livello nazionale con FITA (Federazione Italiana Terziario Avanzato).

RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀLo sviluppo competitivo e l’innovazione passano attra-verso il rapporto azienda-università. Si sono consoli-dati una serie di rapporti con alcune Università come Venezia e Padova. Sono state individuate una serie di linee d’azione che porteranno ad una reale attività di collaborazione.Il Terziario Innovativo ha come prerogativa quella di essere sulla frontiera dell’innovazione dei servizi. Quale miglior partner se non l’Università che con i suoi

IL COMITATO SCIENTIFICO

Il Terziario Innovativo ha deciso di dotarsi di un comitato scientifi co con lo scopo di indirizzo e di consultazione per poter affrontare con una visione policentrica ma coordinata le sfi de dell’innovazione. Il comitato scientifi co non è un organismo chiuso ma viene continuamente alimenta-to con nuovi partecipanti in relazione ai temi che si vogliono sviluppare o indagare. Fanno parte tra gli altri del Comitato Scientifi co del Terziario Innovativo di Unindustria Treviso:

Prof. Ferruccio BresolinOrdinario di Politica Economica Internazionale, Università Ca’ Foscari – Venezia

Ing. Donato BedinSenior manager di Treviso Tecnologia e membro del Comitato Tecnico Scientifi co di Veneto Innovazione

Prof. Paolo LegrenziProfessore ordinario di Psicologia cognitiva presso la Facoltà di Arti e design e Direttore del Dipartimento – DADI – IUAV Università degli Studi

Prof. Marco De MichelisOrdinario di Storia dell’Architettura, Preside della Facoltà di Design e Arti – IUAV Università degli Studi, Direttore del claVES - Corso di laurea in arti visive e dello spettacolo

Prof. Ernesto Luciano FrancalanciDocente IUAV e Critico d’arte

Prof. Marino FolinRettore della – IUAV Università degli Studi

Prof. Carlo GrassiVisiting professor all’École des Hautes Études en Sciences Sociales, Paris, Professore di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi - Università degli studi IUAV di Venezia, Facoltà Design e Arti

Prof. Alessandro PolistinaPolitecnico di Milano - Docente di Teoria e tecnica dell’elaborazione elettronica delle immagini

Dott. Lorenzo Secco Designer ed esperto in nuove tecnologie

Dott. Davide MeriglianoAmministratore Delegato del Centro Tecnofi n Servizi S.p.A. – Agenzia per lo sviluppo del Trentino.

L’elenco dei partecipanti al comitato scientifi co è aggiornato al momen-to di andare in stampa.

Dipartimenti fa, istituzionalmente, ricerca? Sappiamo come siano cambiate in questi anni le misu-re delle aziende che possono, vogliono, intendono col-laborare con l’università. La collaborazione una volta era riservata alla grande impresa che poteva permet-tersi straordinari investimenti con ricadute a distanza di anni sulla produzione. Oggi è spesso la PMI che ren-de possibili le nuove partnership con l’università.Le forme di collaborazione possono andare dalla ricer-ca (anche fi nanziata) fi no al supporto di tesi di laurea di dottorato o semplicemente un’attività di tirocinio, ora previsto dalla riforma universitaria.

RAPPORTI REGIONALI.Il Terziario Innovativo di Unindustria interagisce con le altre territoriali a livello Regionale facendo parte della Consulta Regionale del Terziario Avanzato pres-so la Federazione degli Industriali del Veneto. La consulta sta lavorando su più livelli che sintetica-mente riassumo:• modifi ca del modello di rappresentanza regionale• analisi dei fabbisogni formativi orizzontali e verticali• creazione di un osservatorio del TA• defi nizione di una identità comuneNei prossimi mesi saranno resi disponibili i materiali delle ricerche in corso. In ogni caso è disponibile all’in-dirizzo: www.terziarioavanzatoveneto.it/ un aggiorna-to sito Internet.

Chiunque voglia dare idee, contributi, sostegni ai pro-getti e/o iniziative può inviare una e-mail all’indirizzo: [email protected]

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LA CONOSCENZA COME RISORSA ECONOMICA

La citazione in esergo ci permette di affrontare una problematica complessa con una nota di umiltà; que-sto tuttavia non toglie che uno dei nodi strutturali del mondo contemporaneo sia diventato proprio la gestione della conoscenza (o knowledge, dato che è stato in ambito anglofono, includendo svedesi e giap-ponesi, che si è cominciato a problematizzare la que-stione della conoscenza nelle organizzazioni quando, da noi, forse conoscenza era ancora gnoseologia).L’approccio tradizionale dell’economia ci ha abituati a pensare che lo sviluppo sia, più o meno, una faccenda di accumulazione di capitale; di contro, la mancata accumulazione del capitale sarebbe appunto il princi-pale ostacolo al processo di crescita economica.Variazioni della produttività verrebbero comunemen-te spiegate in termini di variazioni nella concorrenza dei fattori primari, quali il capitale fi nanziario, appun-to, il lavoro e la disponibilità di materie prime.Con l’avvento della cosiddetta società post-indu-striale, preconizzata da Bell già all’inizio degli anni settanta, assistiamo ad un sostanziale mutamento di paradigma.Di conserva, un gruppo di economisti e ricercatori accademici ha cominciato a sviluppare (spesso in au-tonomia l’uno dall’altro) una nuova visione della busi-ness strategy che enfatizza l’effi cienza delle risorse piuttosto che delle forze competitive comunemente riconosciute.Questa visione sottolinea, per esempio, che tutte le imprese dispongono di un set differenziato e unico di conoscenze, competenze e talenti. Un patrimonio

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI CONOSCENZA.1

“ALLA PICCOLA PARTE DI IGNORANZA CHE

MANEGGIAMO E CLASSIFICHIAMO, DIAMO IL

NOME DI CONOSCENZA.”

AMBROSE BIERCE

di Angelo Mancini

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di risorse che risulta decisamente “sticky”, non può essere cioè facilmente né incluso né espulso dalla struttura operativa dell’azienda; nel breve periodo quindi, le imprese devono, come dire, accontentarsi di quello che hanno e fare di necessità virtù.Da ciò consegue appunto che, essendo gli asset del-l’impresa basati su valori intellettuali (o cognitivi o intangibili o di conoscenza, secondo i modi di defi nir-li), allora la conoscenza, la competenza, il knowledge management, l’apprendimento continuo ecc. sono istanze strategicamente critiche, sia in termini di estrazione del valore sia in termini di creazione del valore dell’impresa.Da qui si è cominciata a formare quella scuola di pen-siero (niente affatto omogenea, qui schematizzata e necessariamente molto semplifi cata), che ha come comune denominatore l’enfasi sul capitale di valori cognitivi, intellettuali o di conoscenza che dir si vo-glia, delle organizzazioni imprenditoriali.È una visione che sposta non di poco il focus dell’at-tenzione dai fattori primari dell’economia tradiziona-le verso altri che implicano aspetti meno strutturali, quali l’innovazione, il cambiamento tecnologico, la competenza e la formazione, così come il miglio-ramento dell’accesso alla conoscenza di prodotti, processi, clienti e mercati; aspetti cioè di frontiera tra il campo strettamente economico e quanto, diver-samente, pertiene alla più estesa sfera dei fenomeni sociali.La condizione postmoderna è inevitabilmente lo sfondo di tutte queste mutazioni di paradigma, il mo-mento di soluzione della continuità che, in effetti, è ancora in atto.La progressiva e inarrestabile terziarizzazione dei si-stemi produttivi è un chiaro segno di queste tenden-ze e, in particolare, il Terziario Avanzato svolgerebbe un po’ la funzione di pesce pilota verso un riassetto in cui la creazione del valore si dà a partire da risorse cognitive come informazioni, idee, creatività.La dinamica economica, letta in una chiave sistemi-ca e olistica, ovvero meno rigidamente settoriale, comprende dimensioni che sono più esplicitamente correlate alla non linearità dei processi adattivi e for-temente condizionate dal fattore conoscenza.A loro volta, le dinamiche della conoscenza non sono facilmente catturate dai dati macroeconomici (come il prodotto interno lordo, la quota di spesa pubblica in istruzione, gli investimenti in ricerca e sviluppo), è importante quindi inglobare, nella valutazione dello sviluppo, dati pertinenti alla sfera delle imprese, con-siderate come attori che interagiscono nel sistema economico nel suo complesso con una capacità di condizionarlo, e di esserne condizionati, che va al di

là di quello che siamo abituati a pensare nei sistemi lineari.Le imprese competitive sono, e sempre più saranno, quelle in grado di gestire logiche non esclusivamente economiche, o perlomeno in grado di concepire la sfera economica come meno angusta: la capacità di creare e manipolare conoscenza, in termini di innova-zione, diviene un evidente vantaggio adattivo e com-petitivo; così come la capacità di perseguire obiettivi strategici da perseguire in sinergia con gli altri attori sociali, il territorio, l’Università, le amministrazioni pubbliche.Diamo ormai per scontato che l’innovazione tecnolo-gica rappresenti uno dei modi per accrescere da un lato la produttività, in termini di effi cienza ed effi ca-cia; dall’altro lato la competitività sui mercati. Anche questo aspetto è tuttavia prodotto delle dinamiche innescate dalla gestione della conoscenza, il vero precursore dell’innovazione, e vale sia per chi produ-ce beni che servizi.Incrementale o radicale che sia, l’innovazione in defi -nitiva può, quando adottata dalle imprese come leva strategica, contribuire sostanzialmente alla produt-tività, all’accumulazione del capitale e allo sviluppo economico.I mutamenti epocali, i salti di qualità tecnologici, non si danno semplicemente come reazione all’aumento del costo dei fattori produttivi (per esempio, rimpiaz-zo delle maestranze con impianti tecnologicamente avanzati a seguito dell’aumento del costo del lavoro); l’innovazione tecnologica in un sistema economico aperto è infatti tendenzialmente un’istanza intrinse-ca, costante e ciclica, dettata anche dalla necessità di inseguire la competitività o di innalzare gli standard qualitativi della produzione.È così che si innescano processi virtuosi di incremen-to della conoscenza relativamente sia agli individui che alle organizzazioni, fi no a coinvolgere il territorio stesso; della conoscenza insomma nei suoi diversi e articolati aspetti.La conoscenza costituisce un elemento fondante della produzione, sia che venga incorporata nella tecnologia, oppure sia distillata negli anni e diffusa per capillarizzazione nei diversi distretti delle orga-nizzazioni (per esempio, in virtù delle comunità di pratiche), o infi ne risulti il risultato dirompente della creatività che riconfi gura l’esistente in soluzioni ine-dite.La conoscenza tuttavia è anche un bene collettivo, pubblico, cioè un bene alla cui produzione contribui-sce la collettività nel suo complesso.Evidentemente la conoscenza è, in misura crescente, un elemento strategico per le imprese, ma lo è anche

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sia per il territorio che per la comunità, permettendo alla compagine sociale l’accesso ad opportunità altri-menti irraggiungibili.A maggior ragione la gestione della conoscenza è tanto più strategica, quanto meno la conoscenza è diffusa e accessibile alla maggior parte dei soggetti competitivi, vale a dire che diventa un fattore critico per la creazione di valore economico.È evidente a tutti il sicuro (quasi sempre) vantaggio competitivo esistente per l’innovatore rispetto al-l’inseguitore, il quale ultimo accede alla conoscenza nuova in ritardo, insieme alle imprese concorrenti.È ragionevole prevedere pertanto, che la domanda di conoscenza da parte delle aziende aumenterà in maniera costante.Il patrimonio della conoscenza d’altronde è per, sua natura, disperso ed incompleto, non formalizzabile in modo esaustivo. Non può essere localizzato in un solo individuo o in una sola organizzazione ed è al contempo in perenne evoluzione.A misura che la conoscenza diviene il fattore critico dello sviluppo, risulta naturalmente decisivo che si diffondano sistemi di collaborazione tra le imprese stesse, da un lato, e fra imprese e territorio dall’al-tro.Il sistema dell’impresa infatti vive e si evolve all’in-terno del grande ecosistema territoriale, le sorti reci-proche sono strettamente correlate come quelle tra organismi che interagiscono per osmosi. Uno degli esempi più attuali di questa interdipen-denza è quello della gestione dei fl ussi migratori: l’integrazione è anche una questione di inserimento nel mondo del lavoro e, viceversa, l’inserimento nel mondo del lavoro è anche una questione di integra-zione. Tutti i soggetti sociali sono coinvolti e se questi processi hanno successo, gli effetti positivi ricadono sull’intera comunità.Qui, tuttavia, il concetto di conoscenza acquista con-notazioni che vanno ben al di là del nostro campo di indagine, stemperando in quello di civiltà.Per tornare al nostro discorso, possiamo allora im-maginare una sorta di ecosistema globale della cono-scenza, si tratterà quindi di massimizzare le capacità di entrare nel circuito di scambio di questa risorsa diffusa giovandosene al tempo stesso che si contri-buisce ad incrementarne il valore. Ci si può agganciare a questa problematica rievocan-do la diatriba intorno alla questione se la conoscenza sia defi nibile come evento pubblico o evento colletti-vo.L’approccio razionalistico, che quindi contempla l’esi-stenza di un agente cosiddetto razionale, ipotizza una sostanziale uniformità tra conoscenza e informazione

(modello di Hayek, modello informazionale), per cui la generazione della conoscenza è un evento preva-lentemente individuale, in quanto l’agente è chiamato ad attribuire signifi cati all’informazione in base alla proprie singole capacità ed abilità cognitive.A questo modello si contrappone quello di stampo costruttivista, con al centro il cosiddetto agente vin-colato, dove i concetti di informazione e conoscenza non si sovrappongono.In questo modello, al concetto di conoscenza come bene pubblico e globale, prodotto dal singolo indivi-duo che non può appropriarsi della rendita della pro-pria innovazione (salvo, naturalmente, ricorrendo a stratagemmi artifi ciali, come i brevetti, molto costosi dal punto di vista organizzativo e sociale), si contrap-pone il modello di conoscenza come bene collettivo, non indivisibile, che presenta invece, in contesti locali, la possibilità di essere modularizzata, quindi condivisa e scambiata, generando rendite crescenti in virtù della sua ricombinazione.Quest’ultimo modello, così come l’abbiamo schema-tizzato e semplifi cato, ci sembra essere piuttosto pertinente alla visone qui contemplata, sottolineando che la conoscenza è un evento collettivo e locale, distribuibile e condivisibile nei sistemi delle organiz-zazioni e tra le organizzazioni.Tradizionalmente utilizziamo diversi modelli interpre-tativi delle relazioni tra imprese e territorio: le reti, i distretti ed i cluster; mentre i due ultimi rimangono legati a realtà territoriali geografi camente circoscrit-te, il concetto di rete è più elastico e acquista nuove implicazioni.La rete non coinvolge inoltre solo soggetti omogenei e territorialmente compresenti, ma anche soggetti di natura diversa, associazioni di categoria, Università, pubbliche amministrazioni, enti territoriali.La conoscenza originale quindi, mentre da un lato è un elemento sempre più importante per lo sviluppo economico, dall’altro (sotto la specie innovazione) si dimostra una risorsa sempre più scarsa.Infatti in un’economia basata sulla conoscenza, sul-l’informazione e sulla comunicazione, la capacità di innovare diventa decisiva ancor più della capacità di produrre e persino di produrre con qualità; l’incer-tezza, l’imprevedibilità e la rapidità dei cambiamenti sono la regola imperante e di pari passo cresce la pressione competitiva, essendo le idee più facili da copiare e da replicare dei beni materiali.Nuovi modelli organizzativi, basati sul paradigma sistemico, quindi si dimostrano capaci di garantire successo alle imprese; come quello della cosiddetta “azienda estesa” che prevede un allargamento dei confi ni, non solo concettuali, dell’azienda, fi no a

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comprendere l’insieme degli stakeholder attraverso un mix di strutture fi siche e virtuali, come le reti logi-stiche e le reti informatiche. La gestione della conoscenza, anche nello scambio tra organizzazioni, può essere un modo profi cuo per superare le barriere di accesso alle innovazioni tecnologiche, allargare le opportunità e garantire i vantaggi competitivi; da questo punto di vista, per l’impresa, l’Information and Communication Techno-logy (ICT) ha apportato un’enorme accelerazione.Comme detto però, l’informazione non è in sé cono-scenza, da sola l’informazione non è il fattore che fa la differenza; anzi, in qualche caso l’ICT ha creato un nuovo problema di overloading di informazioni.Grossi investimenti in ICT, possono conseguire, al massimo, trasferimenti ottimali d’informazione al-l’interno e all’esterno di un’azienda, ma ciò che fa la differenza spesso sono competenze e skill propri dei singoli appartenenti all’azienda, che sarebbe saggio compito dell’azienda stessa far diventare una risorsa condivisa e di esclusiva proprietà dell’impresa. Da qui la drammaticità e l’urgenza dei cambiamenti che le aziende sono state chiamate a operare nello scorcio di fi ne secolo, nel momento in cui si sono ac-corte che con la proliferazione dell’informatica, han-no gradatamente perduto di vista la vera funzione dell’innovazione tecnologica, che è pur sempre quella di migliorare il rendimento globale degli individui in-seriti nell’organizzazione e, di conseguenza, aumen-tare la competitività globale dell’impresa. Il fatto è che reti e media informatici non sono più sol-tanto strumenti o soluzioni per specifi che esigenze d’impresa: le reti aperte create grazie alla digitaliz-zazione dell’informazione sono diventate l’ambiente nel quale lavoriamo; tanto è vero che possiamo ormai produrre e distribuire a costi ragionevoli tanta infor-mazione che non è certo la sua disponibilità il proble-ma, il vero problema, semmai, è quello della qualità di questa informazione, e della rapidità con la quale possiamo reperirla quando ci serve. Inoltre, l’abitudine a vedere la conoscenza di un’orga-nizzazione incorporata in documenti di vario genere ha fatto perdere di vista il fatto che la natura stessa dei documenti è cambiata: non più documenti defi ni-tivi, ma palinsesti da modifi care all’occorrenza; non più archivi statici ma basi di dati dinamiche; Intranet e l’ipertesto come strumenti base di comunicazione. Interattività, insomma, con tutti i nuovi problemi che questa rivoluzione comporta. In questo scenario la realtà aziendale globale è mu-tata profondamente, anche se il problema è ancora, soprattutto nella PMI, sottostimato. Paradossalmente la conoscenza, da sempre consi-

derata un sottoprodotto delle attività aziendali, è diventata la vera materia prima dell’organizzazione, la principale fonte di valore. La grande sfi da che le imprese sono chiamate a vincere, nel presente ecosistema globale in cui la pressione selettiva sarà sempre più feroce, non è semplicemente quella della gestione massiccia della conoscenza; piuttosto la sfi da cruciale della creazio-ne della conoscenza stessa, e questo obiettivo sarà raggiungibile se e solo se si svilupperà, tra l’altro, una nuova mentalità imprenditoriale capace di pensare e di fare rete.Un’economia globalizzata è di fatto non certo un tutto monolitico, bensì un sistema intermodale, di-remmo, di reti e subreti nelle quali fl uiscono risorse di tutti i generi, informazioni, merci, servizi e quant’al-tro; come nella società in rete la morfologia sociale determina l’azione sociale (secondo quanto afferma Castells, in senso più specifi co di quello che adottia-mo noi), così nell’economia in rete le possibilità delle imprese dipendono dalla loro posizione nei sistemi di scambio e di circolazione defi niti dalla morfologia delle reti stesse.Ecco la ragione dell’interesse di moltiplicare le reti, per massimizzare le possibilità di essere connessi ad almeno una sub-rete e di poter accedere, grazie a questa porta, alla totalità del sistema, secondo una logica equivalente a quella di Internet.Le reti sono sempre esistite nell’organizzazione sociale, tanto le reti fi siche che le reti virtuali o re-lazionali: dal sistema stradale costruito dai Romani, alla costellazione dei monasteri cristiani in epoca medievale, ai circuiti fi nanziari del Rinascimento, ai porti franchi commerciali dell’epoca coloniale, alle sette o gruppi di persone collegate da una fede o da un progetto. Le reti della tradizione tuttavia si distinguevano per la loro autarchia e rigidità, autosuffi cienza e chiusu-ra, per cui l’accesso e la circolazione era sottoposto a condizioni e regole rigide e precise, ritualizzate.Le reti di un’economia postmoderna sono invece ten-denzialmente caratterizzate dalla mancanza di ge-rarchizzazione, dalla apertura, sono aperte al fl usso, all’interconnessione, alla libertà di accesso.È ragionevole pensare che la linfa del sistema eco-nomico e fi nanziario del prossimo millennio scorrerà per questi meati e, in misura notevole, si chiamerà conoscenza.È un buon viatico, da tenere presente soprattutto nel nostro comprensorio che, sinora, non è sembrato brillare per iniziative in questa direzione.

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L’agire degli uomini che fanno parte del macrocosmo sociale è riconducibile in tre ambiti ben distinti. Le prime attività individuabili nel sociale sono quelle svolte da coloro che sono protesi a ricercare ottimali regole di comportamento comuni. Questo ambito è defi nibile giuridico-politico. Le seconde riguardano coloro che sono impegnati nei diversi campi della produzione, della circolazione e del consumo di beni; questa è l’area economica. Le terze sono rivolte alla crescita culturale e formativa degli uomini; questa è l’area spirituale.Se osserviamo la vita sociale, così come si svolge ai giorni nostri, ci possiamo domandare quali possono essere le cause fondamentali di molte delle criticità che emergono nelle più diverse circostanze ed a cosa dobbiamo attribuire la ragione di tutta una serie di ineffi cienze, ritardi, errori valutativi, titubanze, ten-sioni sindacali.La risposta la possiamo trovare osservando cosa ac-cade ad un uomo quando un organo appartenente ad uno qualsiasi dei suoi tre sistemi organici, come sopra defi niti, anziché svolgere la sua funzione ed essere in armonica correlazione con gli altri, prende il soprav-vento su di loro condizionandoli nel funzionamento ed inibendoli o costringendoli ad un superlavoro. Sicuramente questo prevaricare di un organo sugli

C’È FUTUROC’È FUTURO

RIFLESSIONI SU TEMI ECONOMICI E SOCIALI

A BENEFICIO DI UOMINI D’AZIENDA CHE

GUARDANO IN AVANTI ALLA RICERCA DEL

VERO, DEL BELLO E DEL BUONO.

a cura di Franco Tagliente

AZIENDE ALLA RICERCA DELL’ARMONIA.

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altri prima o poi porta ad una grave malattia di tutto l’organismo fi no alla sua morte. Basti pensare alle conseguenze di un affaticamento epatico causato da una scorretta digestione o ad uno scompenso cardia-co prodotto da una inadeguata attività motoria. Queste osservazioni sul comportamento patologico degli organi umani possono valere anche nell’ambito delle attività che si svolgono nel contesto sociale. In-fatti, una delle ragioni fondamentali della situazione di crisi in cui versa la nostra società risiede proprio nel modo con cui le attività peculiari con cui essa si esprime, economiche, giuridico-politiche, culturali-spirituali, sono svolte senza una chiara loro delimita-zione. Esse, anziché cooperare fra di loro ed infl uen-zarsi positivamente, interferiscono reciprocamente, prevaricano le une sulle altre e subiscono nonchè causano intromissioni tali da snaturare le individuali autonomie. È sotto gli occhi di tutti quanto dannosa sia l’inge-renza, anche nel nostro paese, degli organi politici nell’area economica o in quella spirituale. Per non considerare poi la perniciosità delle incursioni del-l’economia nella politica o nell’area culturale.Il cancro che ha colpito il nostro apparato sociale for-se non ha ancora prodotto irreversibili metastasi, ma per farlo regredire occorre scongiurare l’ingerenza di ogni area nei confronti delle altre.

Anche all’interno delle organizzazioni aziendali esiste la stessa tripartizione tipica del più vasto organismo sociale ed è per questo che troppe aziende lamenta-no crisi, ineffi cienze, demotivazioni ed insuccessi a causa di una inadeguata presa di coscienza di ciò che vuol dire triarticolazione in ambito aziendale. In altri termini, all’interno delle aziende come all’interno del-la struttura sociale, coesistono dannose interferenze fra le attività dell’area giurico-politica, di quella cultu-rale e di quella economica. Si prenda in esame ad esempio quest’ultima, quella cioè che sovrintende la produzione e la distribuzione di beni e servizi e ci si chieda in che rapporto si trova questa con l’area giuridico-polititica, di quella cioè che si fa carico di trascrivere procedure. Ci si doman-di poi quanto spazio sia dato, nell’azienda considera-ta, alla cultura e alla formazione, dunque allo spirito e non solo alla materia. Ed inoltre se la crescita dei suoi uomini sia oggetto d’attenzione al pari di altri aspetti gestionali o se sia considerata marginalmente. Ed infi ne quanta intromissione vi sia nell’area econo-mica, quella cioè del produrre e distribuire, da parte di coloro che invece dovrebbero attendere esclusiva-mente ad un’altra diversa area. Anni di osservazione su ciò che accade nell’ambito

economico relativo alle attività imprenditoriali, con-ducono ad affermare che esiste una chiara identifi ca-zione dei tre aspetti dell’essere dell’uomo, il pensare, il sentire ed il volere con le tre aree di attività azien-dale come sopra defi nite. In effetti il pensare è cor-relato con le attività inerenti l’ideazione e lo sviluppo di nuovi prodotti, il sentire con quelle riguardanti la defi nizione delle procedure e l’amministrazione, il vo-lere con la produzione e la distribuzione dei prodotti e dei servizi nonché con la logistica.Alla domanda su cosa possano servire queste osser-vazioni cerca di dare risposta questo disegno di un improbabile uomo che voglia rappresentare simboli-camente il corpo di un’organizzazione aziendale.Come si vede, le parti relative alla testa, al cuore ed ai polmoni sono rachitiche. Sono quelle dove è possibile collocare rispettivamente il pensare che sviluppa le attività ideative ed il sentire che sviluppa quelle ri-guardanti le procedure.Le parti relative al metabolismo, all’apparato dige-rente ed alla deambulazione sono invece abnormi. Sono quelle riconducibili alla volontà, al fare, al movi-mento, al produrre e commercializzare.Per questa ragione è notevole il numero delle azien-de rappresentabili come un mostro dagli abnormi arti e dall’enorme pancia su cui è impiantata una minuscola testa ed un rachitico torace a protezione di due striminziti polmoni e di un debole cuoricino. E’ questo un essere vivente che gode di uno scarso pensiero e di una limitata attività di sentimento e che si è sviluppato in modo abnorme nell’ambito della volontà che genera movimento proteso ad ottenere mezzi da destinare per lo più al suo nutrimento fi sico senza considerare quell’altro tipo di nutrimento di cui hanno bisogno sia la testa che il cuore. E’ il nutrimen-to delle attività riguardanti la crescita degli uomini, la defi nizione delle regole di comportamento, il con-trollo degli accadimenti gestionali; in altre parole di quelle attività di ricerca dello spirito che motiva, della formazione che appaga, del controllo di gestione che monitora, delle procedure che non siano solo facciata per una certifi cazione formale. Di fronte a questa rappresentazione dell’organismo aziendale l’interrogativo è: “Come è possibile trasfor-mare questo mostro in un essere armonico?”, “Dove mai potrà andare un’azienda che ha gambe e mani così grandi, ventre così abnorme e testa e cuore così piccoli?”, “Cosa fare per rinforzare gli organi rachiti-ci?”.

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CONSORZIO COOPERATIVE AUTOGESTITE / C.E.D.A.S. / C.M.I. / CAD-CAM STUDIO / CARLO DONELLI ADRIATICA / CARTABIANCA / CASA DI SOGGIORNO "VILLA DELLE MAGNOLIE" - SOGEDIN / CASA DI SOGGIORNO PREALPINA / CEEC / CEGOS NORDEST / CENTRO COMPUTER NEXT / CENTRO DI MEDICINA - CONEGLIANO / CENTRO ELABORAZIONE DATI PIANA / CENTRO SERVIZI AMMINISTRATIVI AZIENDALI / CENTRO SERVIZI ITALIA / CHECK POINT / CHELAB / CHELAB SERVIZI / CLAIM ADV AGENZIA DI PUBBLICITÀ / CLAMM / CLARIS BROKER / CLAUDIO DE NADAI & C. / COMMUNITY / COMPAGNIA FINANZIARIA DI INVESTIMENTO / COMPUTER / CONSORZIO SOCIALE CPS / CONSULSPED DI CHINELLATO M., POLLESEL C. & C. / CONSULSTAFF / CONTEA / COOPERATIVA SOCIALE SOLIDARIA / CORNER RED / CRIVERTRADE / CSC1 / D.B. GROUP / DADA / DAG COMMUNICATION / DAGEP INFORMATICA / DALCO & ASSOCIATI / DATA MEDICA PADOVA / DATA SERVICES / DATA SYSTEM / DATASYS INFORMATICA / DBA GROUP / DELTA SYSTEM / DELTATÌ / DEMA / DESIGN ASSOCIATI / DIE KAERNTNER SPARKASSE - CASSA DI RISPARMIO DELLA CARINZIA / DINAMO / DIRECT MARKETING EUROPE / DOOR & ASSOCIATI / DR. ALBERTO BOCCHI / DR. 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