AT MAGAZINE nr. 7 - E/IT

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OUTDOORACTIVITY intervista a heinz mariacher YOUDISCOVER NZULEZU Persistenza di un mondo antico IL CUORE PULSANTE DELLA SCOZIA Edimburgo it.atmagazine.eu AT MAGAZINE Turismo attivo, senza confini. 07 AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 7 - Maggio 2013

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AT MAGAZINE Edizione IT - Mensile - Anno I - Nr. 7 - Maggio 2013

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OUTDOORACTIVITY

intervista aheinz mariacher

YOUDISCOVER

NZULEZU Persistenza di un mondo antico

IL CUORE PULSANTEDELLA SCOZIAEdimburgo

it.atmagazine.eu

ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 7 - Maggio 2013

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obiettivo AT

PHOTOS GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

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sommarioNum07 MAG2013

web it.atmagazine.euemail [email protected] [email protected]

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VIAGGIO SENZA LIMITI

PAINTING OF MOUNT NEBOdi Kathryn Stedham

INTERVISTA A HEINZ MARIACHERdi Giampaolo Mocci

NZULEZU, PERSISTENZA DI UN MONDO ANTICOdi Massimo Cozzolino

UN NUOVO MODO DI FARE TURISMO di Valentina Morea

BRUGES E BRUXELLESdi Francesca Columbu

IL CUORE PULSANTE DELLA SCOZIA, EDIMBURGOdi Marco Lasio

MONTE MAJORIdi Elio Gola

DISEGNO A MATITA di Jaume Grau Xena

MONUMENTI APERTI 2013di Giuseppe Giuliani

ANTICHI MESTIERI DEL BELPAESE, VENEZIAdi Giuseppe Belli

TURISMO CULTURALE, UN LAVORO ALLA PORTATA DI TUTTIdi Sabina Contu

MATITA, GOMMA E MOUSEdi Barbara Valuto

Editoriale

AT on canvas

Outdooractivity

YOU DISCOVER

AT on canvas

you discover

AT culturam!

il filo di Arianna

AT Decameron

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staff editor

Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte inte-grante di quel che i cinque sensi attribuiti mi per-mettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consen-tono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di co-noscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!

Barbara Valuto

Sono quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che è outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al tor-rentismo, dal trekking alla mountain bike, ma in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filoso-fia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo”.

Gianluca Piras

Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondado-ri). Attualmente dirige “Dia-rio24Notizie”,”2012 Maga-zine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associa-zione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giorna-listi degli Uffici Stampa.

Andrea ConcasChe cos’è un’erbaccia?Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson].Esistono migliaia di metafo-re e aforismi che concettua-lizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppu-re, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guarda-re con curiosità e atten-zione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.

Giampaolo Mocci

classe 1973, Segno zodia-cale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comu-nale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio.Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in par-ticolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto con-centrando la mia attenzione negli ultimi anni.Film preferito : C’era una volta in America.Attori: Clint Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’ar-te della guerra” di Sun TZu.Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.

Sabina ContuDa turista occasionale e di-stratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del clas-sico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conosce-re a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, natural-mente, non se ne parla proprio.

Flavia Attardi

Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsa-bile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei con-tenuti del sito istituzionale.Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significa-tivo scherma, calcio, tenni-stavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Ori-stano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di ammini-strazione dal 1996.

Oscar MiglioriniHo 23 anni e vivo a Carbo-nia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmen-te sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari.Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entu-siasma e spero di dare un importante contributo.

Shawn Serra

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“Porta itineris dicitur longis-sima esse”.I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare biso-gna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni.Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.

Grazia SolinasHo cinquantasei anni e amo definirmi “diversamente giovane”.Ho vissuto buona parte del-la mia vita aldilà del mare, ma con radici ben salde sulla nostra terra.Sono sentimentalmente legato a una ragazza ben più giovane di me, che non so bene come riesca a sop-portarmi.Dopo trentacinque anni di lavoro, in area commerciale nel settore della comunica-zione pubblicitaria, faccio ora parte della categoria degli esodati.Coltivo molte passioni fra cui l’elettronica, i motori, il volo, la pesca, il modelli-smo, i viaggi e la musica.Nei rapporti umani conside-ro imprescindibile il rispetto reciproco e il mio stile di vita è imperniato sull’osser-vanza di quelle che chiamo “le regole del gioco”.

Ignazio Perniciano

38 anni, vivo e lavoro nella bella Cagliari, dividendomi tra gli impegni della quoti-dianità e la ricerca di una dimensione temporale da dedicare alle mie passio-ni: l’arte contemporanea, la poesia, il buon vino, le giornate di sole e i viaggi. Da 15 anni mi occupo di comunicazione e marketing. Ho collaborato con le più affermate agenzie pubbli-citarie di Cagliari curando i progetti web per clienti come Tiscali. Dal 2001 ho accettato di dedicarmi total-mente all’utility Energit con il ruolo di Marketing & Com-munication Specialist. “Ora mi sento come se stessi aspettando qualcosa che so non arriverà mai... Perché adoro illudermi e sperare, ti senti più vivo mentre lo fai [C. Bukowski].

Stefania Spiga

Regnum: AnimaliaPhylum: ChordataDivisio: VertebrataClassis: MammaliaOrdo: PrimatesFamilia: HominidaeGenus: HomoSpecies: sapiensSubspecies: sapiensSub-subspecies: sardoaAetas XLIIISexus: aliquando…Mater lengua: Italica, Sar-da campidanensisAliis: Anglica (C1), Hispani-ca Castellana(B2), Batava vel Belgica et Hollandica (B1)Facultas: ars pingendi Aliis: ars de computatris programmandis , histo-ria artium et antiquitatis, astronomia et astrologia, occulta philosophia, my-thologia, hodierni litterae, ars herbaria (botanica et mycologia), photographia.

Paola Angelotti

Maggio 1985, Perito infor-matico (ABACUS), laureato in Scienze della comuni-cazione, appasionato di assemblaggio, programma-zione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a cono-scere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.

Marco Lasio

Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di mana-ger presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere.Il mio motto è: la vida es un carnaval!

Rosalia Carta

Over 30 years in the IT world.Passionate about new technology and always open to new solution.

Rinaldo Bonazzo

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Patrizia Giancola

Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimen-to culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.

Stefano Vascotto

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Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960.She studied at Academy of Fine Arts in Cracow.Painting with profes-sor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski.Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski.Diploma in 1989.Tekstile art with professor Ryszard Kwiecien.All works inspired by the surrounding nature. Fa-vorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains.Her work are in private col-lection in many countries.She likes to travel and takes pictures.

Barbara KnapczykLorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisi-cing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. Ut enim ad minim veniam, quis nostrud exercitation ul-lamco laboris nisi ut aliquip ex ea commodo consequat.

Elisabetta Gungui

Sono Giuseppe Belli, cin-quantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incom-prensibile che contrad-distingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.

Giuseppe Belli

Il mio nome è Angelo e, sono nato 55 anni fa nella zona più bella della Sar-degna, la Barbagia. Porto sempre con me, ovunque vada la sua natura, i suoi profumi, i suoi sapori, la visione e l’amore della mia gente che sono uniche. Sono ragioniere, divorziato e padre di una splendida figlia. Adoro il cinema e la musica in tutte le loro forme. Amo la poesia e la magia delle parole: quelle ben cantate, quelle ben re-citate e quelle ben parlate. Dalla mia gente ho impara-to l’importanza dei rapporti umani, a costo di deludere, a costo di deludersi perché come qualcuno ha detto: non si è mai soli quando qualcuno ti ha lasciato, si è soli quando qualcuno non è mai venuto.

Angelo Mulas

Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, crea-tiva e simpatica (dicono!).Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studioScienze della comuni-cazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni.Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!).Sono appassionata di cine-ma, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arric-chimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis.Le poche righe a disposi-zione son finite per cui con-cludo qui la mia brevissima presentazione!

Denise LaiClasse 1974; Sarda di na-scita e di sangue; Attual-mente impegnata professio-nalmente presso l’aeroporto di Cagliari.Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stezzo modo un gratacielo di una grande metropoli.Faccio mia la frase:...[]”Ac-cettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”..e ad oggi credo di avere, an-cora, tante sfide da vincere!

Francesca Columbu

Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appun-tamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lappo-nia. Invece, vive ad Asse-mini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)

Giuseppe Giuliani

29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e rivi-ste, anche online.

Marco CabitzaIl mio mondo è una valigia.Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini.La sete di novità e l’entu-siasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).

Valentina Morea

staff editor

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PHOTO BARBARA VALUTO © AT PHOTOGRAPHER

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GIAMPAOLO MOCCI | EDITORE

Viaggio senza limiti

editoriale

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Una volta un caro amico mi disse: “quello che fai non è nulla se si rapporta a una visione più ampia e generale, certo l’altezza e la pericolosità sono elevate, ma la difficoltà è ben lontana da quelle dei big…”. Ho ripensato spesso a queste parole e non ne ho mai colto a fondo il significato, sarà anche per il fatto che si prestano a diverse interpretazioni.

Il contesto della frase è legato alla salita degli High Ball. Scalare senza protezione massi alti fino a dieci metri e oltre, dove l’incertezza e l’arroganza sono punite severamente da rovinose cadute dall’esito incerto. Sono salite che bisogna affrontare esclusivamente quando tutti gli elementi necessari convergono nella voglia irrefrenabile e quasi ossessiva di salire quella sequenza di movimenti. Sono tante le linee che ho salito in questo stile e solo alcune di queste sono state ripetute da altri arrampicatori, quindi tante altre ancora in attesa di una ripetizione. Sempre che qualcuno trovi in questo stile la passione per la scalata che sconfina con l’ossessione di risolvere quel problema.

È questo il punto che mi fa riflettere: ciò che facciamo deve essere necessariamente sottoposto a giudizio, al fine di stilare una qualche graduatoria?

Personalmente, nel salire questi mostri, ho sempre egoisticamente pensato al puro divertimento, senza preoccuparmi troppo del gradimento di chi sarebbe venuto dopo. Questo suggerisce un antico dilemma, hanno valore le azioni come tali o perché contestualizzate e meritevoli di un qualche primato. Il confronto e la condivisione sono elementi importanti per la crescita interiore dell’individuo, ciò non toglie che si possano realizzare azioni a prescindere che qualcun altro decida di confrontarsi con esse. C’è tanta gente che non prende l’iniziativa perché è condizionata dalla società, dal conformismo, dal tradizionalismo e da chissà quale altro freno, la culla ideale per frasi come quella citata, che non fa altro che continuare a mettere nuovi ostacoli.

I nostri limiti sono artefatti della mente frutto dei condizionamenti, quindi superarli, è solo un fatto mentale. Essere un buon viaggiatore, significa essere il primo esploratore delle proprie barriere e ogni volta che una di queste cade, si apre un mondo nuovo da esplorare… così il viaggio continua sempre!

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AT on canvas

This painting is of Mount Nebo, which is the southernmost and highest mountain in the Wasatch Range of Utah, in the United States. Mount Nebo is crowned by three peaks, with the northern peak reaching 3,636 m. Named after the biblical Mount Nebo overlooking Israel, which is said to be the place of Moses’ death, I have always found inspiration in the backdrop of these shadowy blue peaks while traveling north on Interstate 15.

She likes to travel and takes pictures.

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© 2011, Kathryn Stedham all rights reservedcommisioned by the Utah State Public Arts

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Touches Sky: Mt. Nebo, oil on canvas (121.92 cm X 243.84 cm)

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LANDSCAPEPHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

obiettivo AT

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Outdooractivity

HeInz mariacher Un protagonista del free climbing. intervista

DI GIAMPAOLO MOCCI

“L’arrampicata resta sempre un gioco e parlare di carriera nell’arrampicata sembra un po’ una barzelletta”. Una visione e uno stile di vita a misura d’uomo quello di Heinz Mariacher, al quale l’importanza delle “imprese record” che i media costruiscono ad hoc non dicono nulla mentre trova la profondità dei pensieri filosofici nel confronto umile e rispettoso con la natura e la montagna.Uno dei protagonisti degli albori del free climbing, quando negli anni ottanta nasceva quel movimento che vedeva nelle falesie l’evoluzione del muoversi sulla roccia. Ha scalato in lungo e in largo per il pianeta ma le montagne austriache e le Dolomiti, sono le pareti più importanti di un percorso lungo e ancora lontano dal definirsi terminato.Un uomo che nell’arrampicata cerca il divertimento attraverso il gioco dei movimenti in una dimensione verticale. Il piacere del gioco dove porterà Heinz Mariacher e

soprattutto cosa farà da grande?

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15ROFAN, TIROLO, PHOTO © MICHAEL MEISL

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Il 17 maggio del 2011 si è svolto il primo raduno denominato “Festa della placca”, dall’idea del climber austriaco Gerhard Hörhager. In quell’occasione si è parlato della “Spiaggia delle lucertole” come

la possibile prima falesia in terra italiana. In pratica un luogo sacro dell’arrampicata e tu, con Luisa Iovane, Roberto Bassi e Manolo, ne sei stato artefice. Dopo tanti anni cosa ne pensi?

Penso che ultimamente le placche stiano tornando più interessanti per i giovani, perchè di strapiombi si è visto di tutto e di più. Lo strapiombo per noi era diventato il terreno più adatto per spingere le difficoltà, perché ai nostri tempi la gran parte degli arrampicatori non aveva una grande preparazione atletica. Oggi quasi tutti sono fortissimi, fanno trazioni con un braccio su liste minuscole e lo strapiombo non è più la stessa sfida di una volta. Chi ha la forza non deve neanche essere un grande arrampicatore per fare grado, mentre sulle placche conta l’intuizone del movimento, la scioltezza, l’equilibrio, senz’altro un gioco più fine.

Oggi gli arrampicatori hanno tanti modelli cui ispirarsi. Voi eravate l’avanguardia di questo nuovo movimento. Che cosa ispirava la vostra ricerca e soprattutto cosa cercavate nell’arrampicata estrema?

La curiosità e la ricerca dei propri limiti, come prima nell’alpinismo. Penso che la bellezza dell’arrampicata sia proprio il fatto che ognuno può cercare i suoi limiti personali, indipendemente dal grado.

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Nel 1988 hai arrampicato con Paperino, è stato il periodo all’apice della tua carriera. Da allora come si è evoluta la tua filosofia di climber?

La storia con Paperino l’ho tirata fuori per prendere in giro una certa mentalità che si può osservare nell’ambiente dell’arrampicata e soprattutto nell’alpinismo. Parlare di carriera nell’arrampicata mi sembra un po’ una barzelletta. Per me l’arrampicata è sempre rimasta un gioco e quell’aria d’importanza, che si dà nei media a “imprese record” (inventate a misura per venderle), l’ho sempre trovata ridicola. Trovo molto interessante la storia dell’alpinismo, ma il culto che è stato costruito intorno e che viene sostenuto da vari interessi ha poco a che fare col vero spirito di protagonisti autentici. Se vogliamo parlare di filosofia dobbiamo distanzarci il più possibile da questi artifici superficiali. Per me i pensieri filosofici possono solo risultare da un confronto umile e rispettoso con la natura e la montagna.

Hai arrampicato in lungo e in largo per il pianeta. Quali luoghi consideri importanti, quelli che hanno segnato il tuo percorso di arrampicatore?

Senz’altro le montagne austriache, dove ho iniziato, poi le Dolomiti, tutto il resto era una logica evoluzione. Forse è un aspetto interessante che per me l’evoluzione si è svolta al contrario, voglio dire da pareti alte a pareti sempre più basse. Le montagne dell’Himalaya sono belle da vedere, ma salirle è più sofferenza che divertimento. Invece

arrampicare in Dolomiti, e poi in falesia, per me è sempre stato un divertimento.

PHOTO ARCH. © H.M.

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Il 17 maggio del 2011 si è svolto il primo raduno denominato “Festa della placca”, dall’idea del climber austriaco Gerhard Hörhager. In quell’occasione si è parlato della “Spiaggia delle lucertole” come

la possibile prima falesia in terra italiana. In pratica un luogo sacro dell’arrampicata e tu, con Luisa Iovane, Roberto Bassi e Manolo, ne sei stato artefice. Dopo tanti anni cosa ne pensi?

Penso che ultimamente le placche stiano tornando più interessanti per i giovani, perchè di strapiombi si è visto di tutto e di più. Lo strapiombo per noi era diventato il terreno più adatto per spingere le difficoltà, perché ai nostri tempi la gran parte degli arrampicatori non aveva una grande preparazione atletica. Oggi quasi tutti sono fortissimi, fanno trazioni con un braccio su liste minuscole e lo strapiombo non è più la stessa sfida di una volta. Chi ha la forza non deve neanche essere un grande arrampicatore per fare grado, mentre sulle placche conta l’intuizone del movimento, la scioltezza, l’equilibrio, senz’altro un gioco più fine.

Oggi gli arrampicatori hanno tanti modelli cui ispirarsi. Voi eravate l’avanguardia di questo nuovo movimento. Che cosa ispirava la vostra ricerca e soprattutto cosa cercavate nell’arrampicata estrema?

La curiosità e la ricerca dei propri limiti, come prima nell’alpinismo. Penso che la bellezza dell’arrampicata sia proprio il fatto che ognuno può cercare i suoi limiti personali, indipendemente dal grado.

17PHOTO ARCH. © MICHAEL MEISL

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I nuovi mostri. Nell’ultimo decennio si è fatto un balzo in avanti considerevole nell’alta difficoltà.

Come vedi quest’evoluzione del free climbing?

Logica. Con il numero maggiore di praticanti lo sviluppo diventa sempre più veloce, perché c’è più confronto diretto e motivazione reciproca. In tutti gli sport è bello vedere l’espressione del massimo livello, ma non dimentichiamo che in realtà

c’e`più libertà per chi si sviluppa distante dalla corsa per l’ultimo grado.

Quali tratti caratteristici riscontri in questi giovani talenti e nel giovane talento “Mariacher” di allora?

Sono due cose completamente diverse. Il giovane talento di oggi si sviluppa in un ambiente sociale, nelle palestre artificiali e nelle falesie, viene spinto e sostenuto da uno spirito di gruppo e di competizione. L’arrampicata è riconosciuta e integrata nella società. Il giovane “talento” Mariacher era un solitario e definito un pazzo scatenato che andava a rischiare la vita per cose inutili.

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Quali tratti caratteristici riscontri in questi giovani talenti e nel giovane talento “Mariacher” di allora?

Sono due cose completamente diverse. Il giovane talento di oggi si sviluppa in un ambiente sociale, nelle palestre artificiali e nelle falesie, viene spinto e sostenuto da uno spirito di gruppo e di competizione. L’arrampicata è riconosciuta e integrata nella società. Il giovane “talento” Mariacher era un solitario e definito un pazzo scatenato che andava a rischiare la vita per cose inutili.

Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’arrampicata di oggi?

Mi piace tutto quello che è sano e che rappresenta uno sviluppo naturale (che cresce fra gli arrampicatori). Non mi piace l’influenza dei media superficiali e di certi sponsor che portano tutto a un livello di pura competizione. Chi vede l’arrampicata solo sotto questo aspetto non ha la minima idea di quanto di più ci possa dare, se allarghiamo l’orizzonte.

YOSEMITE 1980, PHOTO © LUISA IOVANE

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“Se tutto quello che viene pubblicato è limitato alla pura

prestazione e alla competizione, la conseguenza sarà un’inevitabile

perdita di valori più profondi”.

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Page 21: AT MAGAZINE nr. 7 - E/IT

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PHOTO ARCH. © HEINZ MARIACHER

Un nuovo giornale

È sempre una bella notiziaquando una voce

si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione.

È una voce originale e,soprattutto, appasionata.

Page 22: AT MAGAZINE nr. 7 - E/IT

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Nel tuo blog scrivi: “la fine della storia: il fatto che oggi la mia arrampicata non significhi più niente per nessuno non ha tolto nulla al mio

entusiasmo”. Sembra la citazione di un grande saggio greco. In effetti, non è difficile riscontrare nei giovani la poca attenzione per quella che oggi può definirsi la storia dell’arrampicata, con i suoi momenti e i suoi personaggi. Tu sei un personaggio che ha fatto e dato tanto al mondo dei climber che oggi conosciamo, credi che quest’atteggiamento d’indifferenza verso la storia delle origini possa essere dannoso per il futuro?

Se tutto quello che viene pubblicato è limitato alla pura prestazione e alla competizione, la conseguenza sarà un’inevitabile perdita di valori più profondi. Ho però l’impressione che fra gli arrampicatori che giocano lontano dalle luci della ribalta sia rimasto un mondo più autentico, dove si vive nella polvere come ai tempi passati, lì c’è molta più sensibilità per valori più profondi e così anche per la storia.

Sei un ottimista entusiasta, quindi quali i progetti e cosa farai da grande?

Nella mia definizione, “diventare grande” vuol dire raggiungere una certa indipendenza e poter decidere per se stesso. In questo senso mi sento arrivato, se però con grande si intende “adulto”, penso che non diventerò mai grande. Mi piace troppo giocare e non riesco a prendere sul serio le cose che sono così importanti per

la gran parte degli adulti.

RED ROCKS, LAS VEGAS, PHOTO © LUISA IOVANE

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BLOW... VALLE DI S. NICOLÒPHOTO © MICHAEL MEISL

(FA) PRIMA SALITA TEMPI MODERNI 1982, PHOTO © LUISA IOVANE

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TESTO E PHOTO DI MASSIMO COZZOLINO

Nzulezu Persistenza di un mondo antico

You DISCOVER

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Le palafitte sono abitazioni primitive tipiche del Neolitico e dell’Età del Bronzo, ho sempre pensato

che ormai non esistessero più, mi sbagliavo.

Dal piccolo molo di Beyin in Ghana, prendendo una canoa, con timoniere e vogatore ci inoltriamo

sulle brune acque color cola in un paesaggio surreale attraverso stretti canali, a tratti forzosamente

a capo chino, nella fitta foresta fluviale tra bambù, ninfee e cascate di foglie di palme di Rafia, che

s’intrecciano e s’immergono creando un gioco speculare fra la natura reale e quella riflessa.

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La navigazione a motore non è consentita perché questa, di quello che sembra un immenso lago di chinotto, è l’unica acqua potabile che hanno a disposizione le cinquecento anime del piccolo villaggio di Nzulezu.

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“Questo libro rappresenta un viaggio metaforico alla ricerca di un riscatto, di quegli abbandoni

atavici, di padre in figlio, e dell’interruzione drammatica della

loro relazione affettiva, che si sublima in “frammenti” di ricordi-

diario chiamati a riempire un vuoto. Nel racconto viene fuori una città, Napoli, che ha mantenuto intatte

le sue relazioni e che l’autore ci restituisce con emozioni nuove, forse per metabolizzare quelle

“solitudini” che si è portato dentro per tanto, troppo tempo.”

Ines D’Angelo

IN VENDITAPRESSO

LE MIGLIORI LIBRERIE

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Occorre circa un’ora di remi. La navigazione a motore non è consentita perché questa, di quello che

sembra un immenso lago di chinotto, è l’unica acqua potabile che hanno a disposizione le cinquecento anime

del piccolo villaggio di Nzulezu. Vivono, come dice il suo stesso nome in lingua Nzema, “sulla superficie dell’acqua”

in uno degli ultimi villaggi su palafitte al mondo. Nel 2000 è stato candidato a Patrimonio dell’umanità per la

sua importanza antropologica e per preservare una grande ricchezza di tradizioni locali legate al culto del lago

Tandane. Queste abitazioni sono interamente costruite con le foglie di Rafia, palma dal forte valore simbolico,

hanno un’architettura estremamente lineare e geometrica e alcune sono dipinte con un colore azzurro e verde

smeraldo.

Nzulezu è composto da un unico corridoio sospeso, centrale , sul quale si affacciano tutte le abitazioni e si

svolgono tutte le attività comuni, in fondo a questo viale ci sono due chiese e una scuola. La scuola si sostiene

con la tassa di ingresso e con il buon cuore di chi visita questo magico e remoto luogo, dove l’uomo e la natura

vivono all’unisono.

La leggenda vuole che i saggi fondatori di Nzulezu siano arrivati qui oltre quattrocento anni fa da Walata, antica

città dell’impero del Ghana, seguendo una lumaca.

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Occorre circa un’ora di remi. La navigazione a motore non è consentita perché questa, di quello che

sembra un immenso lago di chinotto, è l’unica acqua potabile che hanno a disposizione le cinquecento anime

del piccolo villaggio di Nzulezu. Vivono, come dice il suo stesso nome in lingua Nzema, “sulla superficie dell’acqua”

in uno degli ultimi villaggi su palafitte al mondo. Nel 2000 è stato candidato a Patrimonio dell’umanità per la

sua importanza antropologica e per preservare una grande ricchezza di tradizioni locali legate al culto del lago

Tandane. Queste abitazioni sono interamente costruite con le foglie di Rafia, palma dal forte valore simbolico,

hanno un’architettura estremamente lineare e geometrica e alcune sono dipinte con un colore azzurro e verde

smeraldo.

Nzulezu è composto da un unico corridoio sospeso, centrale , sul quale si affacciano tutte le abitazioni e si

svolgono tutte le attività comuni, in fondo a questo viale ci sono due chiese e una scuola. La scuola si sostiene

con la tassa di ingresso e con il buon cuore di chi visita questo magico e remoto luogo, dove l’uomo e la natura

vivono all’unisono.

La leggenda vuole che i saggi fondatori di Nzulezu siano arrivati qui oltre quattrocento anni fa da Walata, antica

città dell’impero del Ghana, seguendo una lumaca.

Ammetto di essermi sentito un intruso, non ho volutamente fotografato nessun abitante

di Nzulezu, ma solo le abitazioni e il sereno luogo che li circonda, che forse in parte spiega le

ragioni del loro vivere isolati dal mondo moderno.

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Il turismo rappresenta, dopo l’industria del petrolio, la principale attività economica nel mondo, proponendosi troppo spesso come fenomeno di consumo, disattento alla sacralità di luoghi o popolazioni e disinteressato ad uno scambio rispettoso, finendo per confondere folclore con cultura, souvenir con produzione locale, elemosina con sviluppo e lasciando ben poco alle comunità che mettono a disposizione le proprie tradizioni e la propria identità.Da alcuni anni, in controtendenza ad un turismo di massa che finisce per impoverire le comunità locali, si sta diffondendo un nuovo modo di viaggiare, basato su valori quali rispetto, educazione, etica, giustizia, e che si propone un ruolo sociale e di sviluppo economico, rivalutando

l’importanza di un incontro tra turisti e comunità visitate all’insegna

del reciproco vantaggio: il TURISMO RESPONSABILE. Che cos’è il Turismo Responsabile? Questa è ovviamente la domanda base di tutto. AITR (l’Associazione Italiana Turismo Responsabile) lo definisce così: “Esiste un modo di viaggiare la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni, anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire); della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale); della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questo è Turismo Responsabile: un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità

YOU DISCOVER

Un nuovo modo di fare turismo responsabile, sostenibile E rispettoso

TESTO DI VALENTINA MOREAPHOTO DI NICOLA MELONI

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del reciproco vantaggio: il TURISMO RESPONSABILE. Che cos’è il Turismo Responsabile? Questa è ovviamente la domanda base di tutto. AITR (l’Associazione Italiana Turismo Responsabile) lo definisce così: “Esiste un modo di viaggiare la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni, anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire); della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale); della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questo è Turismo Responsabile: un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità

e tolleranza. Insomma stare dalla parte di chi offre soluzioni e non di chi crea problemi alla sostenibilità dell’unico pianeta“. [dal sito www.aitr.org]. La necessità della nascita di un movimento e di un’idea di turismo basato sul concetto della responsabilità, cioè di una maggior attenzione alle conseguenze del nostro viaggiare su popoli e ambiente, si è palesata a partire dagli anni ‘80, quando il fenomeno del turismo, raggiunte dimensioni di fenomeno di massa, ha iniziato a presentare tutta una serie di problematiche legate all’impatto di quest’attività sulle comunità locali. Fino a questo momento, il turismo veniva quasi universalmente considerato la panacea di tutti i mali economici di qualsiasi Paese, capace di risollevare qualsiasi economia nazionale in

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difficoltà. Nessuno (o quasi) aveva ipotizzato che l’industria turistica, una volta assunta la connotazione di fenomeno di massa, potesse essere portatrice di esternalità negative, di pesanti impatti ambientali, socio-culturali ed economici . Il turismo responsabile nasce come una “cura “ , un modo per evitare che la nostra passione per il viaggio, si trasformi in una minaccia per le terre e le persone che ci ospitano. L’impatto sociale e ambientale del turismo è molto elevato e coinvolge ogni settore; il turismo, com’è stato concepito e realizzato fino ad ora, ha spesso “consumato” i luoghi in cui ha messo piede, creando false aspettative, conoscenza fittizia, immagini stereotipate. Certo, modificare è inevitabile: ma perché modificare in peggio? Spesso gli effetti di uno sviluppo abnorme e deregolamentato del turismo sono stati deleteri per la natura, le tradizioni e la cultura dei “paradisi incontaminati”. E non si tratta soltanto della barriera corallina in pericolo o dell’estinzione di qualche rara specie animale: l’impatto del turismo è stato, e continua ad essere, violento anche sull’uomo. Il benessere che trasuda da un turista in vacanza non può lasciare impassibile chi vive in povertà.

L’impatto della cultura occidentale – nei suoi aspetti consumistici che

la vacanza mette in risalto – può portare alla distruzione dell’identità di un popolo o al peggioramento delle sue condizioni di vita. Non avendo la possibilità di guadagnare in modo lecito dall’economia del turismo, molte persone cercano di ottenere comunque dei vantaggi immediati, anche rubando. Chiunque sia andato a fare un viaggio in un paese povero sarà stato “assaltato” da bambini con occhi tanto furbi quanto supplicanti. Per non parlare di conseguenze ancora peggiori: alcune zone del sud-est asiatico sono diventate tristemente famose per il turismo sessuale, anche a scapito dei bambini. Le popolazioni che dovrebbero essere padrone in casa propria, meta di tanti turisti, hanno il diritto di essere prima di tutto tutelate e aiutate a sviluppare la propria economia. O forse dovrebbero essere semplicemente lasciate libere di gestire le proprie terre e le proprie risorse, anche quelle turistiche. Ecco dunque la necessità di trovare un’alternativa al turismo di massa e di viaggiare senza mai lasciare a casa il rispetto. Si tratta di pianificare viaggi che uniscano il sapore dell’avventura al contatto con la gente locale, servendosi delle loro stesse strutture, utile per una maggiore presa di coscienza della situazione di altri popoli, ambienti,tradizioni, usi

Dovunque tu vada, vacci con Tutto il cuore ! (Antico proverbio cinese)

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la vacanza mette in risalto – può portare alla distruzione dell’identità di un popolo o al peggioramento delle sue condizioni di vita. Non avendo la possibilità di guadagnare in modo lecito dall’economia del turismo, molte persone cercano di ottenere comunque dei vantaggi immediati, anche rubando. Chiunque sia andato a fare un viaggio in un paese povero sarà stato “assaltato” da bambini con occhi tanto furbi quanto supplicanti. Per non parlare di conseguenze ancora peggiori: alcune zone del sud-est asiatico sono diventate tristemente famose per il turismo sessuale, anche a scapito dei bambini. Le popolazioni che dovrebbero essere padrone in casa propria, meta di tanti turisti, hanno il diritto di essere prima di tutto tutelate e aiutate a sviluppare la propria economia. O forse dovrebbero essere semplicemente lasciate libere di gestire le proprie terre e le proprie risorse, anche quelle turistiche. Ecco dunque la necessità di trovare un’alternativa al turismo di massa e di viaggiare senza mai lasciare a casa il rispetto. Si tratta di pianificare viaggi che uniscano il sapore dell’avventura al contatto con la gente locale, servendosi delle loro stesse strutture, utile per una maggiore presa di coscienza della situazione di altri popoli, ambienti,tradizioni, usi

e costumi, e per il loro sviluppo. Il primo passo è escludere quei modi di viaggiare invasivi che danneggiano l’ambiente e le comunità che vivono nei luoghi che si visitano. Il secondo è realizzare dei percorsi turistici appoggiandosi ad associazioni ed altre aggregazioni locali che siano in grado non solo di far “vedere” i luoghi, ma anche di far incontrare le culture, le comunità, scoprendo il Paese da punti di vista diversi da quelli dei cataloghi patinati e creando nuovi legami di vicinanza con la comunità ospitante. Il turismo responsabile dunque propone di viaggiare in modo più consapevole, favorendo un turismo sostenibile, che appoggi l’economia locale e stimoli lo sviluppo sociale. Un turismo non solo rispettoso della natura, ma anche delle abitudini, delle tradizioni, della cultura di un paese, che proponga un rapporto autentico con i luoghi e le popolazioni, senza barriere come i cancelli “dorati” dei villaggi turistici.Un turismo vissuto come opportunità di conoscenza reciproca, arricchimento culturale ancor prima che economico. Un turismo che offra, a visitati e visitatori, soddisfazioni più grandi e risultati più duraturi.

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YOU DISCOVER

fiandre occidentalibruges, belgio

TESTO E PHOTO DI FRANCESCA COLUMBU

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Guardare una fotografia o semplicemente parlare di Bruges evoca, in me, immagini ed emozioni singolari, in grado di raccontare una città romantica, aristocratica ed elegante. È un luogo che sa rapirti e portarti lontano, in un mondo fiabesco fatto di Cavalieri, Conti e Duchesse ma anche di palazzi e chiese che sembrano ricamate. Narra una storia che traccia nove secoli di architettura: in stile gotico, barocco e classico. I tanti canali che la attraversano, nei quali ci si può specchiare per la loro lucentezza, le hanno valso il soprannome di “Venezia del Nord”. Il suo centro storico, rappresentativo del più raffinato Medioevo, è stato proclamato nel 2000 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Delle vie del centro non si dimenticano le tante cioccolaterie che si presentano agli occhi dei turisti come gioiellerie e boutique alla pari dei negozi dei più blasonati stilisti. Chi ama viaggiare, per sentirsi cittadino del mondo e scoprire le tante meraviglie che ogni città è in grado di regalare, non può esimersi dal pianificare il suo prossimo viaggio in questa affascinante e incantevole terra dove il tempo sembra essersi fermato.

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Nella maggior parte dei casi quando si sente parlare di Bruxelles si pensa sempre al luogo nel quale risiedono le principali istituzioni della Comunità Europea. Ci si immagina, quindi, una grande metropoli affollata da manager e colletti bianchi, sempre impegnati a reggere le, traballanti, economie degli stati membri. Ma Bruxelles è molto di più. È prima di tutto la capitale del Belgio, città cosmopolita dai mille volti, in grado di offrire a ogni turista le più svariate attrattive: natura, arte, storia e gastronomia. Come in tante città del Nord Europa il cielo è timido nel regalare giornate di sole, ma il suo grigiore un po’ malinconico è sempre compensato dalle carezze delle sue luci e dal calore delle strade, affollate sino a tarda notte. Perdersi nel suo centro storico può rivelarsi una gran fortuna per vivere appieno le bellezze di ogni angolo delle sue strade medioevali, che raccontano ancora oggi la mondanità regale degli anni passati. Scegliere Bruxelles come meta di un viaggio richiede almeno un soggiorno di cinque giorni. Sono tante le sorprese e le emozioni che saprà regalare questa città ma un breve weekend potrebbe farvi ripartire con tanto amaro in bocca: per i musei non visitati, le strade non attraversate, le cattedrali non ammirate e la buona birra belga non degnamente sorseggiata.

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bruxellesbelgio

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TESTO E PHOTO DI MARCO LASIO

Il cuore pulsante

della Scozia

Oggi visitare una grande capitale europea è più semplice grazie alle sempre più numerose compagnie low cost e alle loro offerte last minute. Andare a Edimburgo potrebbero

essere sufficienti anche solo sessanta euro per andata e ritorno, oppure anche meno.Usciti dall’aeroporto la prima cosa che risalta all’occhio, sono i caratteristici taxi britannici e gli autobus a due piani che in trenta minuti portano alla new town e alla old town (Edimburgo è infatti divisa a metà da Princess Sreet e dagli omonimi giardini).

You DISCOVER

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Scesi dall’autobus si è immediatamente immersi nel centro più turistico della città. Da una parte Princess Street, la via dello shopping e la strada più frequentata della capitale, con negozi

per tutte le tasche, alberghi e ristoranti. Dall’altra Cockburn Street, che con i suoi negozi (tra cui, per gli amanti del genere, un bellissimo negozio di dischi con un’infinità di vinili, ormai una rarità), pub e ristoranti

caratteristici porta alla Royal Mile o miglio reale (nome popolare per una successione di strade lunga un miglio scozzese dividendo in due la parte old town) che collega i due principali monumenti della capitale: Holyrood Palace (la residenza estiva della regina Elisabetta II) e il Castello di Edimburgo, che non si può dire di essere stati a Edimburgo senza averlo visitato. Un’antica fortezza in cima alla collina che sovrasta tutta la Capitale. Nessun altro castello d’Europa domina la sua città come il possente Castello di Edimburgo. Durante il medioevo divenne il più importante castello reale di Scozia, residenza dei reali, visitabile al prezzo di sedici sterline, oggi sede di diversi musei e monumenti.

Continuando per la Royal Mile, con un sottofondo perenne di suono di cornamusa, si assapora l’essenza della Scozia, è la strada più trafficata dai turisti dove si può trovare veramente di tutto, dalla classica boutique di souvenir alle botteghe di whisky, drogherie, ristoranti di varie etnie, negozi (di un noto marchio internazionale leader nel cashmere) dove si può acquistare il kilt (il classico costume scozzese con “gonnellino”). Giunti a metà della via non si può non notare l’imponente Cattedrale di St. Giles (la cattedrale

principale della Chiesa di Scozia), mirabile esempio di architettura gotica visitabile gratuitamente tutti i giorni. La cattedrale è universalmente riconosciuta come chiesa madre del Presbiterianesimo.

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PHOTOS GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER44

Edimburgo è piena di attrazioni culturali con l’imbarazzo della scelta, ma non è solo musei e monumenti, la vita notturna ha i suoi luoghi “culto” per il divertimento, come ad esempio Grassmarket, una zona della città che si distingue per l’alta concentrazione di pub caratteristici dove mangiare e bere una buona birra locale.

Le attrazioni della Royal Mile non finiscono in superficie, infatti, il sottosuolo nasconde una città sotterranea dall’atmosfera antica e misteriosa,

un dedalo di cunicoli che nel medioevo rappresentava la parte oscura e malfamata della città scozzese. La scelta di costruire la città in una collina vulcanica, rese difficile

le operazioni di urbanizzazione, per l’assenza di spazio e di ampie aree pianeggianti. Edimburgo divenne quindi la prima città dell’epoca a sviluppo verticale, infatti sotto la Royal Mile vennero edificati diversi livelli abitativi, suddivisi in base all’estrazione sociale. È oggi possibile visitare una parte della città nascosta (il Mary King’s Close) accompagnati da una guida multilingua al prezzo di quindici sterline. Un itinerario turistico che porta alla scoperta della storia di Edimburgo, fatta di distillerie clandestine, appestati sepolti vivi e prigioni terribili.

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Poco distante dal più famoso rilievo di Monte Arcuentu, con i suoi 725 metri d’altezza, quella di Monte Majori è la più alta cima del comune di Guspini. Nonostante l’altitudine ne faccia poco più d’una collina, la caratteristica formazione basaltica, è inserita in un contesto ambientale particolarmente suggestivo. Il conglomerato basaltico del Monte Majori, frutto di violente esplosioni vulcaniche, è stato nel tempo eroso e scavato dall’acqua e dal vento che hanno conferito al monte la tipica forma arrotondata e allo stesso tempo l’hanno solcata in profondi canaloni. E su questi solchi che, nelle parti più a valle, trova ospitalità un importante bosco primario di lecci che si presenta immutato nel tempo, senza che l’uomo ne abbia mai governato la vegetazione. I grandi alberi di leccio, uniti a sughere, cisto e corbezzolo proteggono dal sole il sentiero che, da alcune caratteristiche costruzioni pastorali ormai abbandonate note come “is corrazzus de procibis”, conduce fino alla cima del monte. Il sentiero, classificato di media difficoltà, si presenta costantemente in salita e richiede circa un ora e mezzo di cammino per guadagnare la cima e, con essa, una

spettacolare vista panoramica. Arrivati alla fine del bosco, quando la fitta vegetazione lascia il posto allo scuro conglomerato roccioso, lo sguardo spazia infatti su tutta la pianura del basso campidano e, nelle giornate più limpide, è possibile scorgere i

riflessi delle acque del golfo di Cagliari.

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monte majori

“ viviMajori ”una giornata dedicata alle attività outdoor

TESTO E PHOTODI ELIO GOLA

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Sono sufficienti ancora pochi passi per superare la cresta e ammirare, sul versante opposto, la caratteristica conformazione basaltica del Monte

Arquentu; poco più in là, il mare della “Costa Verde”, da Torre dei corsari si spinge fino a Capo pecora. La vista, i profumi e i colori che accompagnano i

visitatori lungo tutto il percorso ripagano ampiamente gli sforzi.Un tempo neanche troppo lontano, i boschi del monte Majori, erano la meta indiscussa per la tradizionale gita fuori porta del primo maggio; oggi questa tradizione, ma soprattutto questi luoghi, ritrovano una certa popolarità grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale e di diverse Associazioni del luogo che, a metà maggio, organizzano “ViviMajori”: una giornata dedicata alle attività outdoor che, per il 2013, è fissata per domenica 19 maggio. Prevede una mattina di turismo attivo da concludere di fronte a un piatto dei tipici gnocchetti sardi – malloreddus - che attenderà i partecipanti a fine mattinata all’ombra delle querce e dei lecci. Per gli amanti della natura e dei malloreddus è sicuramente un appuntamento da non perdere.

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DESCRIZIONE:arrampicata su roccia, a parte qualche rara eccezzione, sempre bella e compatta. Lo stile di scalata alterna muri verticali, diedri e placche a gocce. La progressione è sempre accompagnata da panorama mozzafiato e d’effetto. Nota tecnica, le soste per entrambi gli intinerari sono sempre comode e ben posizionate. Consiglio alla penultima sosta di proseguire all’evidente e ampia cengia appena sopra e far sicura da uno dei grandi ginepri.

ACCESSO:dal parcheggio seguire la stradina che porta alla biglietteria per la miniera di Porto Flavia. Subito dopo le panchine (a destra) salire il ripido sentiero che s’inerpica fino alla rete di protezione caduta massi. Tenere la rete alla sinistra e giunti alla pietraia, salire verso la base della parete. Giunti sotto la falesia ridiscendere sino alla base del Pilastro dell’Italia Liberata, per raggiungere l’attacco della via seguire il corrimano attrezzato con fittoni e corda (2° grado traverso).

Per la via Le Grand Mammut continuare a scendere per altri 10 metri fino all’attacco evidente con nome alla base.

Scheda Tecnica

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Monte MajoriComune di Guspini

- Percorso ARANCIO (diretto)Distanza: 3,7 kmDurata: 1 ora 40 minuti Dislivello: 450 mt (da q. 150 a q. 600)Difficoltà: Facile

- Percorso VERDE (trekking)Distanza: 7,5 kmDurata: 3 ore Dislivello: 450 mt (da q. 150 a q. 600)Difficoltà: Medio/Facile

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AT on canvas

JAUME GRAU XENADisegno a matita

JAUME GRAU XENA© 2013, all rights reserved

Per tutti coloro che volessero saperne di più del mio lato artistico,Il disegno ed i suoi diversi formati, sono state una costante nella mia vita. Una delle immagini che conservo nella mia memoria è

vedere mio padre, assorto, intento a disegnare sempre immagini meravigliose, credo che sia ciò che mi ha spinto a desiderare di

entrare nel suo mondo magico. Sotto la sua guida, che non mi ha mai lasciato, da bambino, ho dipinto il mio primo quadro su

un lenzuolo “Il cervo”. Così iniziò la mia crescita artistica ed una delle stagioni più produttive con molti dipinti ad olio e acquerelli, scoprendo lungo il percorso, un nuovo modo di espressione, la

fotografia.Da quel momento, ho passato periodi senza contatto apparente

con i pennelli, ma per visualizzare un pensiero o per parlare, per esprimermi, dovevo disegnarlo. Il disegno era parte di me.

Cartoonist della “Consell General de les Valls d’Andorra” (Natura Disegni notebook “Anem a Comella”). Illustrazioni per la prima guida

di Palau, spettacoli, ecc.In ogni caso poi la pittura e il disegno sono stati relegati in secondo

piano per lasciare spazio alla fotografia. Cofondatore della 2a galleria permanente di fotografia di Spagna, la galleria Tau, ho realizzato diversi audiovisivi e mostre dei miei lavori, sia lì che

all’estero. Ha lavorato per lo più in bianco e nero, grigio, forme, ... che potrebbe suggerire ad occhi estranei, matita, carboncino o

sfumature.Ma mancava qualcosa, e poco a poco ho ripreso contatti con il

disegno.Questa volta senza colore, lavorando con inchiostro diluito le curve

esuberanti delle barche delle spiagge di Tossa, utensili da pesca e paesaggi (Illustrazioni per il libro “Una storia Passeig da Palau”). L’inchiostro è sempre più diluito fino a diventare finalmente matita.

Con il carbone e per lo più con la matita, è con queste che ho riscoperto la misteriosa passione del far nascere delle forme da un

foglio, da un supporto piano. Chiaro, grigio scuro, e il foglio che ti chiama e ti porta aad assaporare una meravigliosa esperienza che a

volte quando inizia, si spera non finisca mai.

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AT on canvas

“WHAT A WONDERFUL WORLD”

GUARDARE AVANTI CON FERMEZZA E CON CALMA

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GUARDARE AVANTI CON FERMEZZA E CON CALMA

LA MUSICA UN RIMEDIO PER L’ANIMA

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TRASCINANDO CON DIGNITÀ IL PESO DI UNA VITA

I SEGNI DI UNA VITA DIFFICILE

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TRASCINANDO CON DIGNITÀ IL PESO DI UNA VITA

FORZA E DETERMINAZIONE NEI SUOI OCCHI

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YOU DISCOVER

Monumenti aperti

DI GIUSEPPE GIULIANI

2013

CAGLIARI, DUOMOPHOTO BARBARA VALUTO © AT PHOTOGRAPHER

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Quando è nata, nel 1997, Monumenti Aperti era una manifestazione tutta cagliaritana. Un’idea di alcune associazioni culturali subito sposata

dall’amministrazione comunale.

Monumenti aperti

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Sin dalla prima edizione era parso chiaro che la naturale evoluzione di quell’iniziativa fosse Monumenti Aperti tutti i giorni dell’anno. Per vedere esaudito quel desiderio c’è ancora da attendere, ciò che invece ha subito trovato spazio è l’allargamento dei confini: già da tempo, Monumenti Aperti tocca tutta la Sardegna.L’edizione del 2013, quella numero diciassette, prende il via il 4 e 5 maggio e si conclude nel fine settimana dell’1 e 2 giugno.

Da quest’anno, l’appuntamento usufruisce del patrocinio del Ministero dei Beni e Attività Culturali.

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CAGLIARI, MUNICIPIO - PHOTO © PIERLUIGI DESSÌ/CONFINIVISIVI

http://www.atmagazine.eu/

Scopri il turismo attivo senza confini con

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Sin dalla prima edizione era parso chiaro che la naturale evoluzione di quell’iniziativa fosse Monumenti Aperti tutti i giorni dell’anno. Per vedere esaudito quel desiderio c’è ancora da attendere, ciò che invece ha subito trovato spazio è l’allargamento dei confini: già da tempo, Monumenti Aperti tocca tutta la Sardegna.L’edizione del 2013, quella numero diciassette, prende il via il 4 e 5 maggio e si conclude nel fine settimana dell’1 e 2 giugno.

Da quest’anno, l’appuntamento usufruisce del patrocinio del Ministero dei Beni e Attività Culturali.

CAGLIARI, TORRE DELL’ELEFANTEPHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

visita il blog

http://www.atmagazine.eu/

Scopri il turismo attivo senza confini con

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Monumenti Aperti ritorna a concentrarsi sui soli mesi primaverili e vede l’esordio di 3 nuovi comuni, Cabras, Portoscuso e Quartucciu, nell’elenco di quelli coinvolti. Adesso, sono 31 i centri che apriranno le porte ai visitatori.Bisogna ritornare al 1997 per spiegare gli obiettivi che hanno mosso i promotori. Monumenti aperti punta a far conoscere l’immenso patrimonio storico, archeologico, culturale e ambientale che ogni

centro possiede. Coinvolge i giovani nell’organizzazione e gli

affida il ruolo di guida per spingerli a conoscere la storia della propria città o del proprio paese. Invita le amministrazioni comunali a lustrare i propri gioielli, almeno una volta all’anno.Tutto questo, nel suo insieme diventa un’importante proposta turistica che va ad arricchire quei mesi di spalla sui quali da anni si lavora.Il risultato è un lungo elenco (così lungo che vi invitiamo a visitare il sito www.monumentiaperti.com) di chiese, musei, siti archeologici, percorsi ambientali che diventano subito accessibili con tanto di guide.

SASSARI, PARCO DI MONSERRATOPHOTO © PIERLUIGI DESSÌ/CONFINIVISIVI

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affida il ruolo di guida per spingerli a conoscere la storia della propria città o del proprio paese. Invita le amministrazioni comunali a lustrare i propri gioielli, almeno una volta all’anno.Tutto questo, nel suo insieme diventa un’importante proposta turistica che va ad arricchire quei mesi di spalla sui quali da anni si lavora.Il risultato è un lungo elenco (così lungo che vi invitiamo a visitare il sito www.monumentiaperti.com) di chiese, musei, siti archeologici, percorsi ambientali che diventano subito accessibili con tanto di guide.

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CARBONIA, MINIERA DI SERBARIUPHOTO © PIERLUIGI DESSÌ/CONFINIVISIVI

SASSARI, BASILICA DI SACCARGIAPHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

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Per un giorno, la Sardegna diventa quello che dovrebbe essere sempre. Il turismo culturale è l’unico negli ultimi anni ad aver sopportato la crisi, confermando o aumentando i numeri. La risposta del pubblico è ogni anno più sorprendente: nel 2012 sono stati 285 mila i visitatori di Monumenti Aperti e nel corso di queste diciassette

edizioni quasi cento comuni hanno partecipato all’iniziativa.

CAGLIARI, FINESTRA TORRE DELL’ELEFANTEPHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

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Carissimi amici, ancora insieme per condividere il piacere di un viaggio, se pur fantasioso, comunque fantastico, alla riscoperta di antichi mestieri intorno a cui si sono consolidati negli anni tradizioni e costumi che hanno contribuito non poco a costruire la storia originalissima, quando non unica, del nostro bel paese. Siamo ancora sui Colli Euganei, e prima di decidere di lasciare questa bellissima regione, il Veneto, ci organizziamo per una visita non meno interessante fra le calli veneziane. Per qualcuno che non si ricordasse cosa sono, spieghiamo subito che si tratta di tipiche strade della città di Venezia situate tra due fila continue di edifici che, spesso, prendono il nome di signori conosciuti, o famosi del posto. Queste vie sono una caratteristica di Venezia e, denominate così, sono anche la gran parte delle strade dell’’area lagunare. Ma chi è che non conosce Venezia, la sua storia. Quando era una potente Repubblica da queste parti dominava il Doge, antico duca, trasformatosi nei secoli da sovrano in massimo magistrato. Venezia oggi è una bellissima città d’arte che custodisce nei suoi palazzi e nelle sue chiese tesori e opere d’arte di inestimabile valore, testimonianze di un passato di conquiste, e di scambi con i paesi orientali. Costruita su un arcipelago di centodiciotto isolette che si incrociano grazie ai sui innumerevoli canali, essa è messa insieme da oltre quattrocento ponti, ed è percorribile solamente a piedi o in barca. Oltre al centro storico, il territorio di Venezia comprende anche una parte della laguna veneta con le sue isole e con le sue località balneari come il Lido di Venezia, e Cavallino-Treporti che circoscrivono la laguna separandola dal mar Adriatico. E proprio dal mare, quando essa dominava nel Mediterraneo, confluivano su questo territorio merci di ogni genere, di svariate fatture e qualità che rendevano la produzione artigianale più che mai fiorente, anche grazie ad una operosa organizzazione che attraverso

at culturam !

TESTO E PHOTO DI BETTY SERIANI

DI GIUSEPPE BELLI

antichi mestieri del bel paese

Venezia

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la creazione di corporazioni estese a tutti i campi crearono una classe artigianale altamente specializzata. Ogni mestiere possedeva un’insegna. Esse erano rappresentate da tavole lignee su cui era dipinto il nome del mestiere con le relative caratteristiche. Per celebrare poi la magnificenza e la potenza della repubblica veneziana, niente era più indicato dell’uso dell’oro, usato anche nei mosaici della sua basilica. Uno dei più antichi mestieri della Serenissima, infatti, è quello dei doratori che produssero veri e propri capolavori con le sottilissime foglie d’oro, anche se, il più delle volte, l’opera di questi maestri artigiani è rimasta sepolta nell’anonimato. La loro opera, non di meno però, s’impose per la sua ricchezza e bellezza. Venezia amò l’oro e lo profuse insieme ai suoi colori: il rosso e l’azzurro. L’arte dei doratori rappresentava un mestiere florido e, numerose erano le botteghe, dove si lavorava per la sua realizzazione. Si tratta di un lavoro che richiede notevole abilità e pazienza, soprattutto nella fase dell’applicazione dell’oro. Nella doratura a foglia, (tecnica antichissima) i materiali e l’attrezzatura sono rimasti invariati nei secoli. Al termine di numerose fasi di lavorazione, con impasti di gesso, argilla rossa, colla di pesce cui seguiva la fase di brunitura con pietra d’agata, iniziava la fase successiva, quella dell’applicazione ai diversi oggetti ornamentali che erano tra i più svariati: dalle navi, agli armadi, dalle cornici ai soffitti di cui ci rimangono preziose testimonianze. L’opera di questi artigiani si diffuse moltissimo nel Settecento, quando andavano di moda il mobile rococò laccato e dorato insieme alle porte anch’esse dorate. Per non parlare della splendida decorazione a stucchi del Teatro e delle Sale Apollinee fedelmente ricostruite dopo il drammatico incendio. Questi ornamenti non sono soltanto la rappresentazione di un’epoca. Essi, ancor oggi, ci sorprendono per la loro bellezza, e come una meravigliosa cornice innalzano le opere d’arte di questa bellissima città al loro massimo splendore. Purtroppo di questi maestri doratori ne sono rimasti pochi, e se abbiamo la fortuna di entrare in una di queste residue botteghe ancora rimaste aperte, tra campo Santo Stefano e Santa Maria Formosa, restiamo incantati dal fascino che circonda quest’arte antica che ha caratterizzato tanta parte della nostra unica e bellissima Venezia. Nella prossima tappa andremo alla riscoperta di un altro antico mestiere sempre in giro per queste calli. Arrivederci alla prossima.

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FARE IMPRESA INNOVATIVA IN SARDEGNA col turismo culturale.

La manifestazione Monumenti Aperti che si terrà nel mese di Maggio nella isola sarda offre una serie di riflessioni sull’organizzazione, la scelta dei siti e degli itinerari, ma richiama un’opportunità prioritaria: il lavoro che non c’è.Secondo recenti dati Eurostat, la maggior parte degli europei, circa il 77%, vede la cultura come un aspetto fondamentale della propria vita; il 69% è interessato soprattutto all’arte e alla cultura del proprio Paese ma il 57% anche a quella di altri mentre il 54% ha visitato, negli ultimi didici mesi, almeno un monumento storico. La cultura, dunque, è senza dubbio un forte fattore di attenzione per i cittadini europei.Il turismo culturale ha importanti ricadute sugli aspetti economici e occupazionali, rendendo evidente il valore dell’attività culturale e il suo specifico apporto alla coesione sociale, all’identità regionale e allo sviluppo della collettività nel contesto urbano. Da circa un ventennio, anche il turismo urbano sta conoscendo un formidabile ritorno d’interesse caratterizzato da una crescita apprezzabile, senza dubbio a motivo della combinazione di diversi fattori quali il processo di valorizzazione e risanamento dei centri storici delle città, l’ampliamento e la diversificazione delle attività culturali, il consistente aumento di interesse, da parte dei consumatori, per il patrimonio e l’urbanistica, la ricerca di animazione e di nuove opportunità di entertainment.L’offerta si è articolata non solo in base all’evoluzione delle esigenze dei visitatori in termini di attività e di svago, ma anche grazie alla volontà sempre più decisa delle amministrazioni competenti nel promuovere il turismo quale asse strategico di sviluppo socio-economico, propulsore di ricchezza e di occupazione.L’Unione Europea ha riconosciuto l’esistenza di uno stretto collegamento funzionale tra le politiche di coesione economico-sociale e il ruolo della cultura, puntando in particolar modo l’attenzione sulla grande capacità di occupazione che essa ha per i giovani.La domanda di turismo culturale, se adeguatamente stimolata, crea un potente

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il filo di arianna...

il turismo culturale un lavoro alla portata di tutti

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indotto capace di coinvolgere i trasporti, l’hotellerie, l’enogastronomia, l’edilizia, l’editoria, le nuove tecnologie e molti altri ambiti ancora, con tutti i benefici che ne conseguono. La crisi dei budget pubblici ha indirizzato le istituzioni verso nuove risorse, facendo venir meno il timore di mercificazione; la riforma della pubblica amministrazione ha sviluppato quei concetti di servizio e di trasparenza nella comunicazione e nelle pubbliche relazioni, che sono alla base delle iniziative di maggiore apertura nei confronti del pubblico. Sono questi gli orientamenti dell’Amministrazione, mentre l’incremento della domanda di contenuti culturali ha portato a una crescita in termini di flussi di visitatori, nei settori di nicchia, stimolando la formazione di una rete diffusa di luoghi in precedenza poco conosciuti .I “turisti culturali” visitano caffè, ristoranti e fast-food che sono segnalati al pari dei monumenti; vanno nei locali alla moda e contemporaneamente visitano aree archeologiche e centri storici; cercano hotel di charme e agriturismi, visitano cantine e godono della cucina tradizionale come degli incantesimi della vita urbana, perché le destinazioni convenzionali convivono con altre più informali.Tra le tendenze che caratterizzano il turismo culturale in Italia molto interessante da considerare è quella che riguarda i centri minori, i piccoli borghi dell’entroterra e tutto quel fiorire di proposte concernenti la commistione cultura-cibo. Si tratta di un settore che presenta ancora un grande margine di crescita e anche un’opportunità di sviluppo per queste località. Sono quindi nati nel corso degli anni network nazionali e internazionali per dare loro maggiore spazio e visibilità. In Italia sono state istituite alcune reti, tra queste i Paesi Bandiera arancione (marchio di qualità turistico-ambientale assegnato dal TCI ai comuni dell’entroterra con meno di 15.000 abitanti), i Borghi autentici o le Città Slow. Il pregio di questi network sta nella capacità di generare dei cicli virtuosi che se da un lato avvicinano un turista già “selezionato”, dall’altra spingono l’offerta a mantenere un profilo che sia all’altezza del “marchio”.

Un’opportunità di lavoro può consistere anche nel valorizzare arte, lavoro e servizi con l’ideazione di progetti localizzati sul territorio e garantendo la conservazione e incrementando la fruibilità dei beni appartenenti al patrimonio culturale nonché migliorandola qualità dei servizi offerti e con un servizio qualificato di assistenza tecnico-amministrativa.Una scelta di buona volontà e di amore per la nostra terra alternativa all’emigrazione selvaggia.

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obiettivo AT

PHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER70

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a cura di BARBARA VALUTO

at decameronMATITA, GOMMA E MOUSE...

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obiettivo AT

PHOTO ANTONELLO LECIS © AT PHOTOGRAPHER72

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Vademecum:L’arrampicata sportiva, l’alpinismo e le attività di montagna in genere, come tutte le attività all’aria aperta, tra l’altro sempre più diffuse, sono spesso praticate anche da persone inesperte che si sono avvicinate da poco tempo a questo tipo di turismo attivo.In caso di escursioni alpinistiche valutiamo bene che il nostro itinerario “verticale” sia adeguato alla nostra preparazione. Non sempre avere tanto entusiasmo equivale ad avere le “capacità” psico-fisiche e tecniche adeguate. È sempre consigliabile affrontare i primi itinerari di arrampicata solo dopo aver frequentato giusti corsi di formazione o almeno sotto la guida di compagni di cordata esperti.Avere cura di acquisire le adeguate conoscenze tecniche per affrontare l’arrampicata non è cosa banale, spesso gli incidenti (oltre che per fattori imprevedibili come la caduta di un sasso) si verificano proprio per mancanza di preparazione e per sottovalutazione dei pericoli legati a determinate manovre.Bisogna sempre tenere in considerazione che l’arrampicata, che sia essa sportiva che alpinistica, è una attività potenzialmente pericolosa e in qualche caso mortale:• Portare appresso il cellulare con le batterie ben

cariche.• Utilizzare SEMPRE il casco in percorsi alpinistici.• Avvisare sempre qualcuno dell’itinerario alpinistico

che ci apprestiamo a compiere.• Portare una lampada per il buio, un telo termico e

abbigliamento di riserva.• Verificare SEMPRE E PRIMA di ogni uscita il buono

stato delle attrezzature da utilizzare (imbrago, corde, moschettoni, fettucce, cordini, rinvii ecc.), e accertarsi di avere al seguito tutto il materiale tecnico necessario per la scalata.

• Non utilizzare MAI un solo ancoraggio per calarsi dalla via, sia in falesia e sia in una via di più tiri.

• Abituarsi a sbloccare le corde doppie solo per l’ultimo della calata.

• In falesia prestare la massima attenzione alla sicura del nostro compagno.

• In caso necessita chiamare il numero unico per le emergenze sanitarie 118 e specificare il tipo d’incidente e dove vi trovate, se in montagna o in falesie lontane da strade chiedete esplicitamente l’intervento del Soccorso Alpino. Se vi siete spostati da qualche parte per telefonare NON SPOSTATEVI dal campo telefonico perché la centrale operativa potrebbe richiamarvi per avere notizie più precise.

Buone arrampicate a tutti !

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CALZATURIFICIO ZAMBERLAN S.r.l. Sede: Via Marconi, 1

36036 Pievebelvicino di Torrebelvicino (VI)

Tel. ++39 0445 660.999Fax ++39 0445 661.652

http://www.zamberlan.com/[email protected]

ph. B.Valuto © AT Photographer

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AT MAGAZINE

Cultura, Sport, Turismo, ecc.

TESTATA GIORNALISTICA REGISTRATA

PRESSO IL TRIB. DI CAGLIARI nr. 24/12 del 10/10/2012

Luogo e anno della pubblicazione: Cagliari, 2012

ANNO I

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Mensile - Anno I Nr. 7 - Maggio 2013

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