MilanoNera - maggio 2010

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Numero 7 | maggio 2010 - anno III Rivista mensile dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita Raccontiamo le storie che vengono taciute L’ESCLUSIVA I SABOT A PAG. 6 fotografati da A. Cara Un colpo di vento Paula Vene Smith Il noir side del Salone del Libro a pagina 13 LA RECENSIONE a pagina 10 L'INTERVISTA a pagina 3 COVER STORY Patrizia Debicke Fabrizio Fulio Bragoni Francesca Colletti

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MilanoNera web press: il numero di maggio

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Numero 7 | maggio 2010 - anno IIIRivista mensile dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita

Raccontiamo le storie che vengono taciute

L’ESCLUSIVA

I SAbot A pAg. 6 fotografati da A. Cara

Un colpo di vento

paula Vene Smith

Il noir side del Salone del Libro

a pagina 13LA RECEnSIonE

a pagina 10 L'IntERVIStA

a pagina 3 CoVER StoRy

Patrizia DebickeFabrizio FulioBragoniFrancesca Colletti

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Ci sono fenomeni in natura che si fanno fatica a spiegare come, ad esempio, il volo del calabro-ne. Data la piccola dimensione delle ali, in rapporto alla sua massa, la scienza per anni non

è riuscita a spiegare come riuscisse a vola-re. Non era possibile.

Poi, grazie ad un'attenta analisi al mi-croscopio, si è scoperto che le ali non era-no lisce e per questo permettevano all'in-setto di librarsi in aria.

Il nostro volo è cominciato due anni fa. E a ripensare a tutto quello che è ac-caduto sembra davvero un'eternità. Se si trattasse di un fidanzamento si pensereb-be alla convivenza, magari al matrimonio. Fosse un PC o un cellulare sarebbe quasi ora di cambiarlo, un'auto avrebbe supera-to la metà del leasing, un romanzo sareb-be stato ristampato in economica o scom-

parso per sempre dalle librerie. Non si tratta di nulla del genere però,

ma di MilanoNera Mag, la rivista che stringete fra le mani, il primo web press in noir italiano, cartaceo e gratuito, che pro-prio in questi giorni spegne due candeline.

L'avventura cartacea, dopo due anni di gavetta sul web, cominciò nel maggio 2008, proprio fra gli stand affollati del Sa-lone del Libro.

Un primo numero diventato ormai da collezione: aprivamo con interviste ad autori del calibro di Carlo Lucarelli, Joe Lansdale e Leonardo Padura Fuen-tes e presentavano la rivista in un even-to estemporaneo con Massimo Carlotto e Andrea J.Pinketts.

I mesi sono passati, l'entusiasmo non è venuto meno e oggi siamo ancora qui con un Mag che è diventato mensile

(all'epoca era bimestrale) e full color. La passione continua a guidarci. Teniamo duro e usciamo in libreria

tutto l'anno, nonostante le endemiche ri-strettezze economiche del mondo della carta stampata, ma con la determinazione del calabrone: sapevamo di poter volare, a dispetto di tanti che sostenevano il con-trario e lo stiamo dimostrando.

Andiamo avanti per la nostra strada perché leggiamo noir e siamo ottimi-sti. E se vi è venuta voglia di sfogliare tut-

ti i numeri cartacei del nostro Mag potete farlo cliccando qui:

http://issuu.com/milanonera.

Buona lettura.

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Ventiquattro mesi da calabrone

MILANONERAPeriodico mensile, n. 7 anno III

Redazione: Via Galvani 24, 20124 Milano - Tel. +39 0200616886

www.milanonera.com

EDITOREMilanoNera Eventi S.R .L.

www.mne20.com

DIRETTORE RESPONSABILE:Paolo Roversi

[email protected]

CAPOREDATTORE:Francesca Colletti

[email protected]

REDATTORI:Adele Marini

[email protected] Spaterna

[email protected]

Hanno collaborato a questo numero:

Alessandra Anzivino, Fabrizio Fulio Bragoni, Patrizia Debicke, Stefano Di Marino, Giampietro Marfisi, Cristina

Marra, Eva Massari, Luigi Milani

IMPAGINAZIONE E PROGETTO GRAFICO

[email protected]

PUBBLICITà[email protected]

SERVICE E PUBBLICITàTESPI s.r.l., C.so V. Emanuele II 154

00186 RomaTel. 06/5551390 - mail: [email protected]

STAMPASIEM, Via delle Industrie, 5

Fisciano (Sa)

Registrazione presso il Tribunale di Milano n° 253 del 17/4/08

EdItoRIALE

Paolo Roversi

MilanoNera E20 AppUntAmEntI ~ In Redazione ~

| Numero 7 - anno III

GIO 6 MAGGIO ORE 19,00Il libro nero del mondo(Gaffi)Gabriele DadatiRelatori: A. Casella, P.Grugni

VEN 7 MAGGIO ORE 19,00Carni estranee(Mondadori Epix)Adriano BaroneRelatore: Stefano di Marino

GIO 20 MAGGIO ORE 19,00L’imbalsamatrice(Gaffi)Mary B. TolussoRelatori: C. Sivieri Tagliabue e M. Santagostini

GIO 27 MAGGIO ORE 19,00Monza delle delizie(Frilli)Sergio PaoliRelatore: A.C. CappiLetture: Sergio Scorzillo

pARtICoLARE dELLo SpAzIo mILAnonERA in via Galvani

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Anche quest’anno ampio spazio è dedicato a tutte le diverse de-clinazioni del giallo. Il pluripre-miato Donato Carrisi, autore de Il suggeritore incontra il feno-meno Lars Kepler, ossia la cop-

pia di scrittori svedesi, Alexander Ahn-doril e Alexandra Coehlo, più famosa dopo quella formata da Maj Sjöwall e Per Wahlöö. L’ipnotista (Longanesi) è la storia di una strage familiare alla quale è soprav-vissuto a stento l’adolescente Josef, rinve-nuto in stato di shock e con ferite gravissi-me su tutto il corpo. Sarà lo psichiatra Erik Maria Bark, noto per le sue sperimenta-zioni con l’ipnosi, a interrogare Josef dopo averlo ipnotizzato. Quello che il ragazzo rivela in stato di trance e quello che segue alle rivelazio-

ni sono, per l’ipnotista e per la sua famiglia, l’inizio di un incubo ter-rificante.

Tanti i giallisti stranieri pre-senti a Torino: a partire da Robert Hültner, autore di La Dea (Del Vecchio), seconda indagine dell’ispettore Paul Kajetan, che si è aggiudicato il Premio Glauser nel 1998. Arriva a Torino anche Glenn Cooper per presentare il sequel de La biblioteca dei morti, Il libro delle ani-me (Nord).

Dopo essere stato costretto a dimet-tersi dall'FBI, Will Piper ha un unico desi-derio: dimenticare. Dimenticare l'esisten-za della Biblioteca dei Morti - la sconfinata raccolta di volumi in cui sono riportate le date di nascita e di morte di tutti gli uomi-ni vissuti dall'VIII secolo in avanti - e, so-prattutto, dimenticare gli innocenti che hanno perso la vota perché il segreto cu-stodito nell'Area 51 non fosse rivelato. Ma la Biblioteca dei Morti è una maledizio-ne che non può essere esorcizzata, e Will

deve rassegnarsi ad accettare questa veri-tà quando riceve un biglietto con un nu-mero di telefono e una strana firma: Club 2027. Soltanto le persone che hanno avuto accesso alla Biblioteca, infatti, sanno che quello sterminato elenco di date si conclu-de il 9 febbraio 2027.

Dal Messico arriva Élmer Mendoza, vincitore del premio Tusquets con Proiet-tili d’argento (La nuova frontiera).

Abbandonato dall'unica donna che ha mai amato e in cura da uno psicanalista per superare un trauma della sua infanzia, al detective Edgar "Zurdo" Mendieta viene affidato un caso che sembra un vero rom-picapo. Bruno Canizales, avvocato di suc-

cesso e figlio di un importante politico, è ritrovato morto con la testa perforata da una pallottola d'argento. Chi c'è dietro a questo omicidio e a quelli che stanno in-sanguinando il paese? I narcos? La politi-ca corrotta? O i membri della stravagante setta della Piccola Fratellanza Universale a cui lo stesso Canizales apparteneva?

L’ambiente, le sfide di uno sviluppo sostenibile, la compatibilità di una corretta politica delle risorse, il ripensamento del-le pratiche produttive, siano esse agrico-le o industriali, in un mondo in cui tutto si tiene, è uno dei temi centrali di quest’edi-zione. I crimini e l’illegalità ambientale, da anni sono al centro della collana Verdene-ro di Edizioni Ambiente, i cui noir di eco-mafia prendono spunto liberamente da

fatti di stretta attualità. Al Salone saranno presentati due nuovi romanzi. In antepri-ma Pesce mangia cane di Paolo Roversi (recensito in questo numero) e Solo fan-go, del vincitore dello Scerbanenco 2006 Giancarlo Narciso, l’ennesima indagi-ne di Butch Moroni, che svela un Trenti-no differente, anch’esso risucchiato nella melma della criminalità ambientale e de-gli interessi politici.

E di problemi ambientali tratta anche Neifilim, di Åsa Swartz, pubblicato dai tipi di Fanucci. La storia della dicianno-venne Nova Barakel, attivista di Greenpe-ace che vive a Stoccolma, orfana di madre. Una sera, armata di vernice spray, penetra

in casa dell’a.d. di un’importante azienda che scarica quantità eccessive di gas tossi-ci nell’atmosfera, per scrivere slogan accu-

satori, ma giunta nel-la stanza da letto sco-pre che il dirigente e sua moglie sono stati orrendamente massacrati. Nel frattempo Geor-ge McAlley, veterano di guerra e

scienziato, che ha dedicato molti anni alla ricerca dell’Arca di Noè, sta per rivelare i ri-sultati delle sue scoperte negli Usa, viene ritrovato morto. Mentre Nova comincia ad essere sospettata del duplice omicidio, ap-prende con stupore di aver ereditato dalla madre un’ingente somma di denaro, metà della quale è destinata a una misteriosa fondazione, la Fon (Friends of Nefilim), rappresentata da un certo Dagon.

L’osservazione della natura invece ha fatto di Danilo Mainardi un beniamino, per la sua straordinaria capacità di avvici-nare a un pubblico non specialista le ac-quisizioni dell’etologia, trasformandole in storie. Mainardi ci sorprende con un origi-nale giallo etologico, Un innocente vam-piro (Cairo) un affettuoso risarcimento

alla reputazione di una creatura, il Desmo-dus rotundus, vilipesa dall’ignoranza e dal-la superstizione.

L’India, paese ospite di quest’edi-zione, sarà presente nei romanzi di Carlo Buldrini, autore di Nel segno di Kali. Cro-nache indiane (Lindau)e di Shobhaa Dé, la scrittrice indiana, nota per i suoi roman-zi trasgressivi : Sorelle, Notti di Bollywood e Ossessione.

A Torino la Dè presenterà India Su-perstar (Tea), scritto per raccontare, ai suoi connazionali e a tutto il mondo, la strada che ha percorso il suo paese dall’in-dipendenza a oggi, trasformandosi da un’ex colonia a una grande potenza del terzo millennio.

Francesca Colletti CoVER StoRy

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Il noir side del Salone del LibroL’appuntamento con il Salone Internazionale del Libro è fissato dal 13 al 17 maggio. Un immenso scaffale nel quale il grande pubblico può incontrare il libro in tutte le sue forme. I titoli più belli e curiosi, i volumi introvabili e le ultime novità, e-book, audiolibri, libri antichi, fumetti, multimedia.

RobERt HULtnERLa deaDel Vecchio, 240 pagine, €14,00

LARS KEpLERL'ipnotistaLonganesi, 585 pagine, €18,50

gLEnn CoopERIl libro delle animeNord, 512 pagine, €19,60

ELmER mEndozAProiettili d'argentoLa nuova frontiera, 256 pagine, €16,00

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4 LE noVItà dAL SALonE

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Nella prefazione a questa in-novativa raccolta Massi-mo Carlotto afferma che “il noir è sovversione per eccellenza”, e che la speri-mentazione è d’obbligo per

creare un forte legame tra letteratu-ra di genere e realtà, cosa c’è di sov-versivo e sperimentale nella compo-sizione dei vostri romanzi?

Non pensiamo che la realtà in cui vi-viamo si conformi allo schema classico del romanzo poliziesco: crimine - indagine - soluzione del caso, come riaffermazione dello Stato di diritto. Crediamo che i fatti di-mostrino, piuttosto, il contrario. Non solo, crediamo che i romanzi contengano del-le inchieste e delle denunce di cui il mon-do dell'informazione non si occupa, a vol-te troppo impegnato a dar spazio a casi che non sono in grado di spiegare le grandi mu-tazioni criminali che avvengono nel nostro paese. Fin dalle prime presentazioni (così era accaduto anche per Perdas de fogu) ab-biamo visto le persone indignarsi, chiede-re informazioni, rifiutare che lo stato delle cose sia quello che ci fanno apparire i mezzi di informazione quotidianamente. I roman-zi diventano così degli strumenti di aggrega-zione, dei poli di attrazione, grazie ai quali creare rete e comunità.

Non ultimo, il libro stesso è una speri-mentazione, visto che per la prima volta nel-la letteratura italiana tre romanzi differenti ma uniti da un filo conduttore comune, con-vivono in un unico libro.Dalla vostra narrazione trasuda una grande ricerca sul territorio anche quando non è esattamente specifica-to un luogo, secondo voi la crimina-lità organizzata e globalizzata come riesce ad insinuarsi e a trasformare i territori che avete affrontato nelle Vostre inchieste?

Le mafie sono ormai transnazionali. Dove è conveniente allearsi lo fanno supe-rando qualunque steccato culturale e nazio-nale. Questo consente loro di essere molto

più avanti nella cultura della globalizzazio-ne di quanto non siano invece i singoli Pa-esi. D'altronde, parliamo della prima azien-da del nostro paese con un fatturato di ben 130 miliardi di euro, realizzato grazie a in-teressi piuttosto ramificati - traffiking, usu-ra, prostituzione sono quelli su cui ci siamo concentrati in questo lavoro ma solo alcu-ni degli interessi delle criminalità organiz-zate - che richiedono poi un ulteriore im-pegno per riciclare questi capitali. Ovunque ci sia la possibilità di trarre profitto, e in tut-ti quei casi in cui c'è la possibilità di far rien-trare nel ciclo economico i capitali che pro-vengono da tali attività, le mafie nutrono un interesse. La Costa Smeralda è uno di que-sti luoghi ma può diventarlo la Val di Susa con l'alta velocità. Le grandi opere, in gene-rale, riscuotono un grandissimo interesse da parte della criminalità. Ciò ovviamente pro-duce profondi mutamenti nei territori su cui la malavita può estendere la propria in-fluenza: grandi opere e riciclaggio, una del-le più grandi fortune per la criminalità orga-nizzata.I vostri romanzi appaiono assoluta-mente indipendenti e con stili narra-tivi ben identificati, quale linguaggio o scelta comune sta alla base della scelta di volerli pubblicare in un uni-co volume?

Siamo cresciuti insieme come gruppo mettendo insieme esperienze comuni, con-sigli, suggestioni, letture, ecc. ma cercando di mantenere sempre un'identità lettera-ria personale. Quando però ognuno di noi ha scritto la propria storia e successivamen-te l'ha fatta leggere agli altri, ci siamo resi

conto che i tre romanzi, oltre ad appartene-re tutti al noir mediterraneo avevano anche un altro punto in comune: da diverse ango-lazioni, parlavano di donne vittime di una società che ha uno sguardo profondamen-te maschilista, che provavano a ribellarsi in qualche maniera, venendo tuttavia inghiot-tite dal sistema. Effettivamente, in questo preciso momento socio-politico il proble-ma dell'attacco quotidiano mediatico e so-ciale contro le donne era di un'attualità bru-ciante, e queste storie andavano raccontate. Queste riflessioni hanno portato infine alla scelta di pubblicare i tre romanzi insieme, in modo che il messaggio che volevamo lan-ciare avesse più risonanza possibile. Inol-tre, il fatto che venissimo da un'esperienza collettiva precedente ci ha portato a vede-re questo libro come un passo ulteriore nel percorso di scrittura iniziato con Massimo, che prosegue con questo progetto "Sabot". L'obiettivo è quello di unire storie di ampio respiro con forti passioni ed emozioni ad in-chieste critiche sulla nostra società, river-sando in un libro solo tutta la nostra rabbia e l'indignazione per i temi trattati, veri car-buranti della nostra macchina narrativa.I personaggi che avete costruito han-no una comune doppiezza, e una vo-glia di affrancamento sociale mol-to forte, disperati e ricattati cadono nel baratro, aprono gli occhi al letto-re sul mondo. Che persone vorrebbe-ro incontrare invece nella vita reale i Sabot?

La nostra idea di scrittura è quella di raccontare storie che vengono taciute, di proporre al lettore un racconto che si svol-

ga in una realtà ben determinata, che pos-sa descrivere l’ambiente e i fenomeni so-ciali nei quali viviamo. Per fare questo, i personaggi dei nostri romanzi devono esse-re persone il più possibile reali, e quindi ave-re una loro complessità. Uno degli obiettivi del Noir Mediterraneo è quello di semina-re dubbi e smascherare alcune finzioni che servono a nascondere i problemi della no-stra società. Quindi a noi piacerebbe (e pia-ce) incontrare, nella vita reale, persone che si pongano dubbi, che si facciano doman-de, e che magari, come è capitato durante le presentazioni di Donne a Perdere (e prima ancora di Perdas de fogu), partano dal no-stro romanzo per manifestare una sincera indignazione.Che significato ha per Voi appartene-re ad una letteratura di genere, il Noir Mediterraneo, in continua evoluzio-ne?

Il Noir Mediterraneo è un genere che necessariamente deve reinventarsi di conti-nuo per continuare a essere in grado di rac-contare le mutazioni della società e della criminalità. Le nostre esperienze di scrittu-ra hanno avuto questo in comune: destrut-turare per prima la nostra stessa percezione della realtà. Poi il rapporto con i lettori, con-tinuo e serrato, è una costante fonte di sti-moli. Questo non può lasciarci indifferenti, e ci porta a dover riconsiderare di continuo i nostri modi di pensare. Ma questo, in de-finitiva, è uno dei motivi per i quali ci pia-ce muoverci secondo le coordinate del Noir Mediterraneo: per poterci confrontare con i problemi ed i dubbi dei territori nei quali ci muoviamo.

Alessandra Anzivino L'IntERVIStA

Le donne a perdere dei SabotMilanonera Mag incontra i Sabot (Ciro Auriemma, Piergiorgio Pulixi, Michele Ledda e Renato Troffa) in occasione dell’uscita di Donne a Perdere (E/O), un volume che riunisce i romanzi di tre autori differenti, una vera novità per l'editoria italiana.

I tre romanzi, avevano un punto in comune: parlavano di donne vittime di una società maschilista

I SAbot: da sinistra, Renato Troffa, Ciro Auriemma, Piergiorgio Pulixi e Michele Ledda

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RECEnSIonI RECEnSIonI

L a sistematica azione crimi-nale verso l’am-

biente è ancora con-siderata dalla mag-gior parte dell’opi-nione pubblica un reato secondario e quasi invisibile, tra-scurato spesso dall’at-tenzione dei media.

Contro questa tendenza alla rimo-zione generale lavora Edizioni Ambien-te che ormai da un paio d’anni ha affida-to a talentuosi scrittori noir l’incarico di creare appassionanti storie partendo dalla realtà.

Paolo Roversi nel suo Pesce man-gia cane parla di un territorio che cono-sce bene, la Bassa, quasi un personaggio seriale dei suoi romanzi, luogo d’elezio-ne e dell’anima.

E l’affetto che nutre per la sua terra si coglie con forza: l’amore per il Po de-turpato da saccheggi di sabbia per l’edi-lizia e di contaminazione profonda do-vuta a scarichi industriali abusivi. L’amo-re per quella Bassa turbata dal ritrova-mento dei cadaveri di imprenditori sen-za scrupoli che hanno depredato e ferito il grande fiume.

Roversi costruisce una trama credi-bile intrecciando due piani narrativi, quello dell’indagine a due, portata avan-ti da un magistrato donna e da un cara-biniere del Cta (Comando per la tutela dell’ambiente) e una narrazione quasi sentimentale e lucidamente idealista del cattivo di turno.

Due bei personaggi gli inquirenti, mai noiosi o troppo convinti del loro ruolo ma, anzi, assolutamente credibili sia sul piano lavorativo sia su quello del-la loro (sgangherata) vita privata fatta di doppiezza e frustrazione per una tran-quillità esistenziale che non arriva mai.

Il ritmo è sostenuto ma sempre ve-nato di quella sorta di placida vaghezza e ironia che contraddistingue i luoghi e l’autore stesso.

Alessandra Anzivino

La casa editrice fa torto all’autore, Massimo Lugli,

affibbiandogli una copertina che sem-bra la fotocopia di quella de Il Suggeri-tore e non gli serve. In una sentita, cali-brata ricostruzione giornalistica che ca-

valca gli inizi degli anni 70, con la politica che infiamma le piazze e le bande crimi-nali in guerra tra loro a insanguinare le strade di Roma, Marco Corvino, avventizio in prova e alle prime armi, approda alla cronaca nera di un quotidiano di sinistra della Capitale, dove il male e la violenza sono pane e routine quotidiana. Deve im-parare i trucchi e il distacco del mestiere che lo coinvolgono come spettatore e re-porter delle ambiguità della metropoli, delle rapine, dei delitti e degli stupri. Ma qualcosa cambia quando il suo telefono squilla e un assassino psicopatico e spieta-to, imbevuto di pseudo filosofia cinese, che si fa chiamare il Carezzevole come il carnefice imperiale, tenta di trascinarlo e coinvolgerlo in un incubo crescente di or-rore. Scelto dal killer come testimone della sua lucida follia, Corvino dovrà affrontarlo da solo e combattere la diabolica seduzio-ne del male.

Si legge trattenendo il fiato. Roman-zo efficace ma duro, adatto a stomaci in grado di digerire anche i chiodi.

Patrizia Debicke

Avere tra le mani un libro di Don Winslow è una

sorta di ipoteca tem-porale, la garanzia che in cambio delle ore di lettura si sarà forti di una lezione di stile.

Lo aspettavamo

al varco, nostalgici della forza narrativa de Il potere del cane, pronti ad immergerci nella sua nuova opera. Ad immergersi in realtà è Boone Daniels, un ex poliziotto con la passione del surf che attende eccita-to la mareggiata del secolo, l’onda perfetta che nessun surfista vuole perdere.

Lo sottrae al suo mare l’indagine su una maxi truffa a un’assicurazione, nella quale viene coinvolto da una conturbante avvocatessa.

Sullo sfondo una San Diego di mare e violenza, forse più di mare. La prima parte è quasi interamente dedicata al mondo del surf, del quale racconta le consuetudini e svela lo slang (yo fratello, yo!), rendendo con efficacia il senso del clan, dell’apparte-nenza al gruppo. Ottimo espediente se ad un certo punto comparissero Keanu Ree-ves e Patrick Swayze, chiusi nelle mute che ne esaltano i corpi e impegnati a cavalcare le onde più ribelli. Però non c’è schermo e non è un film, è un romanzo, un noir. Trop-po lunga l’attesa di entrare nella storia, troppo tempo prima che il plot prenda for-ma e l’azione raggiunga la velocità giusta. La pattuglia dell’alba viaggia su un diesel che fatica a carburare, che sale di giri quan-do ormai si è certi che si spenga, quando ormai il passeggero/lettore si è rassegnato a cambiare auto.

Chi resiste sul sedile viene premiato e assiste alla nascita (intorno a pagina 200) di una trama ben congegnata che si mo-della sull’alternanza della vita di strada e quella di mare, tra la prigione mentale e la libertà dell’anima, che Winslow interpreta con il genio narrativo che gli compete. Pec-cato che si debba aspettare il colpo di sce-na finale.

Eva Massari

Che il western e l’hard-boiled siano parenti

è cosa risaputa ma forse non ampia-mente riconosciu-ta. In fin dei conti si tratta di due ge-neri di letteratura pulp nati uno di se-

guito all’altro, storie che segnano il pas-saggio dell’America della frontiera a quella del banditismo.

James Lee Burke creatore della sa-ga di Robicheaux si spinge a raccontarci una vicenda dichiaratamente western senza lasciare le paludi per sottolineare una fratellanza intellettuale non da po-co. Moltissimi thriller della scuola dei duri riprendono caratteri e situazioni del western.

La vicenda di Son e Hugh, prigio-nieri in un carcere della Louisiana che colgono la fortuna e iniziano un percor-so iniziatico attraverso l’America in fase di formazione per raggiungere il Texas è la riproposta del miglior nero on the ro-ad che sta alla base del poliziesco mo-derno.

I due protagonisti sono la strana coppia, il giovane e la canaglia, eroi del West ma anche di centinaia di telefilm e romanzi della scuola dei duri sino a og-gi. La loro avventura, avvincente, ben descritta, umanissima e spietata è la me-tafora di un mondo in cambiamento. Che poi è il succo di ogni vero thriller americano.

Da leggere, sognando a ogni pagina come davanti a un bellissimo film in ci-nemascope. Il tema stesso del viaggio come percorso di formazione è emble-matico.

Il Texas è indipendente, incombe la battaglia di Alamo e Son e Hugh scopro-no di non essere solo due carcerati in fu-ga. E capiscono di non essere così duri di fronte a una realtà selvaggia, popolata di personaggi strambi, feroci calati in si-tuazioni pericolose.

Il loro è un percorso di formazione, di costruzione di una amicizia virile. Un percorso che, a ben guardare, è comune al western quanto al poliziesco.

Forse, c’è da chiedersi, non solo Mc-Carthy ha saputo cogliere il senso della frontiera. Forse un giallista spesso mal-trattato nelle edizioni italiane (troppi gli editori che lo hanno mollato prima del tempo) ha saputo sparare e colpire il bersaglio.

Stefano Di Marino

Perché un anzia-no, stimato, ir-r e p r e n s i b i l e

medico di paese ha ucciso la moglie a colpi d’ascia? Que-sta è la domanda po-sta dal primo dei rac-conti, nati da storie vere, che l’autore ci narra da avvocato, in

prima persona, pur attento a celare prota-gonisti e fatti dietro nomi e particolari di fantasia. La sua posizione di penalista gli impone di prendere le parti, di concedere ai suoi assistiti, colpevoli o innocenti che siano, la migliore difesa possibile. Sempre a fianco degli imputati per tutelarli, stavol-ta von Schirach fa uso di mezzi letterari sfruttando la penna con sapienza.

Ogni racconto è incisivo, preciso e colpisce doloroso come una scudisciata.

Il von Schirach che non fa sconti e non indora la pillola, mi convince e mi coinvolge emotivamente. Non crede a un’assoluta giustizia, a un’assoluta verità. Gli do volentieri ragione quando sostiene che in alcuni casi un delitto possa avere delle giustificazioni così forti da essere compreso.

L’etica del mondo attuale, le leggi eque, fatte per proteggere i più deboli dalle prevaricazioni, spesso appaiono impoten-ti o inutili davanti all’ineluttabilità dello sbagliare, rubare, uccidere. Non sempre la giustizia riesce a fare centro. Scirach mi-schia sapientemente sofferenze morali, pulsioni malate. Spesso la realtà si rivela peggiore di qualunque romanzo. Ci lascia intuire neri abissi dell’animo umano. Ci ammanisce come piatto forte delitti effera-ti. E per dessert dolceamaro ci serve la fa-vola triste di Michalka…

Patrizia Debicke

I l Gorilla ritorna dopo quattro anni di silenzio. Invec-

chiato, sposato, ripu-lito al punto da sem-brare quasi un travet visto il lavoro che fa – seppur da free lance - per un'assicurazio-ne. Ma il malinteso dura un attimo. Si

parte da un piccolo furto per poi venire proiettati in una spirale di situazioni estre-me, divertenti e tragiche al tempo stesso, come del resto è nelle corde dell'autore. La dualità del personaggio, il Gorilla e il Socio, diventa addirittura triplice in questo ro-manzo dove lo scrittore, oltre che col no-me, sembra anche entrare col suo vissuto milanese di tutti i giorni e la sua vita affetti-va, pronto per mettersi in gioco.

Ritmo incalzante, scrittura fluida,

mai alla ricerca del parolone o del dia-logo da virgolettare. Rifugge Dazieri, con-sapevolmente credo, dalla vanità dell'al-ta letteratura di quell'esercito d'autori che s'illudono di essere Proust e poi, dei loro romanzi, ti restano solo gli sbadigli. Con Sandrone non succede. Non ci si annoia, intrattiene e racconta, senza fronzoli, una storia che ti fa piacere seguire fino in fon-do.

Paolo Roversi

Approda alla versione – ma saremmo ten-

tati di chiamarla release, in omag-gio alla dizione in-formatica adottata dall’autore – 3.0 il celebre libro di Giuseppe Genna, già apparso in pre-

cedenti edizioni per i tipi di Pequod e Mondadori.

Opera composita, costituisce per molti versi la Summa del Genna pensie-ro, declinato di volta in volta in forma narrativa, saggistica, giornalistica, con varietà di stili e linguaggi. Una varietà e una ricchezza, che, abbinate a un’in-negabile, mostruosa, cultura possono intimorire e anche appesantire l’ope-ra, specie quando assume un linguag-gio iniziatico, o diviene suo malgrado concettosa.

Ma Genna è così: autore che non suscita indifferenza, cattura o respinge con forza pari alla pregnanza degli argo-menti esposti. Che sono tra i più vari: dal degrado urbano di una Milano disuma-nizzante alla miseria economica e mo-rale di un popolo sfiduciato e avvilito.

Colpisce la disarmante sincerità di certe pagine autobiografiche, rese con gli accenti lirici e ispirati cui Genna ci ha abituati in altre sue opere.

Né mancano la critica socio-politi-ca, la riflessione sui temi della religio-ne e della letteratura. Il libro, concepito come un perenne work in progress, pre-senta un numero di pagine quasi rad-doppiato rispetto all’ultima edizione.

Luigi Milani

V ictor Legris, il libraio di rue Des Saints Pè-

res ci ricasca. No-nostante la pro-messa fatta alla fi-danzata Tasa di ap-pendere al chiodo la sua passione per le indagini, cede al richiamo di un ca-

so di omicidio e di una morte misterio-

sa. L’omicidio dello smaltatore Léopold Grandjean e la morte del rilegatore An-drésy sembrano essere collegate da un nome: leopardo.

Il detective dilettante che opera in pieno Ottocento francese, nato dal-la penna di Claude Izner, pseudoni-mo delle sorelle Liliane Korb e Laurence Lefèvre, è protagonista del quinto libro della serie pubblicato da Edizioni Nord.

Spalleggiato dal giovane commes-so Joseph Pignot, scrittore di roman-zi e collezionista di articoli di cronaca e dalle intuizioni del padre adottivo Ken-jii Mori, il giovane libraio riveste anco-ra una volta i panni dell’investigatore per risolvere i casi di omicidio in com-petizione con l’ispettore Lacacheur pri-ma che l’assassino possa colpire ancora.

Le indagini lo riportano agli eventi della Comune di Parigi di vent’anni pri-ma e i ragionamenti e l’azione lo spin-gono per le vie della capitale. Anco-ra una volta Izner regala una perfetta e minuziosa ricostruzione storica e socia-le della Parigi del tempo e un’accurata caratterizzazione dei personaggi che ri-specchiano i mutamenti e le peculiarità della loro città.

Cristina Marra

La giornataccia di Kevin Power potrebbe esse-

re la metafora di un Paese, l'Irlanda, che cambia, passando dalla povertà alla ricchezza. Serven-dosi di una vicenda di cronaca, l'ucci-sione brutale di un

ventunenne fuori da un club notturno, Power traccia le coordinate esistenziali della gioventù borghese di Dublino: i so-liti problemi adolescenziali, qui narrati senza pedanteria o facili moralismi, il fenomeno dilagante del bullismo, l'alco-lismo.

La gioventù Irlandese descritta ne esce male, non malissimo se confronta-ta con altri libri che hanno parlato de-gli stessi temi: troppo poco fuori di testa e forse anche non sufficientemente ric-chi per essere come gli universitari de Le regole dell'attrazione o Acqua dal sole di Bret Easton Ellis. I ragazzi Irlandesi rac-contati da Power fanno usano alcoolici per sballarsi (ma non droghe), pensa-no in maniera intensa (ma non ossessi-va) al sesso, si approcciano con distacco (ma non con nichilismo) ai temi sociali.

Power si serve dell'espediente lette-rario del narratore onniscente per fare il ritratto socio-economico delle famiglie dei ragazzi coinvolti nella Giorantaccia, dando al testo un leggero ma deciso ca-rattere cinematografico; la ricostruzione processuale è dettagliata senza annoiare chi legge con vezzosi termini giuridici.

I bagordi di tanti a volte corrispon-

dono alle tragedie di pochi: più che una morale un monito.Giampietro Marfisi

C’era una volta l’Hard Boiled School, la

scuola dei duri. Ro-manzi che riporta-vano il crimine sul-la strada, suo luogo di appartenenza.

Storie che par-lavano di gente vera, in posti veri,

con i detective dal passato burrascoso capaci di prenderle e darle sempre con la battuta pronta e un animo virilmente romantico. Un'epopea cui sono cresciuti milioni di lettori e centinia di autori.

Un'era definita da vecchi trench, da cappelli a tesa larga e sigarette rollate e lasciate pendere dal labbro. Un’atmosfe-ra in bianco e nero. Personalmente non sono un sostenitore degli amarcord let-terari e cinematografici, mi sembrano sempre un po’ dei compitini senz’anima. Joe Gores, però, ha le carte in regola.

Su Hammett scrisse anche un gran-de noir che Wenders (forse con una mano abbastanza pesantemente guida-ta da Francis Ford Coppola) portò al ci-nema una ventina d’anni fa, Hammett, indagine a Chinatown. Studioso dell’ar-gomento, conoscitore del genere e del-la famiglia Hammett, Gores ci regala un prequel a Il falcone maltese e mette sul-la pagina ciò che la fantasia del lettore ha sempre immaginato.

Sam Spade agli inizi della carriera tra il 1921 e il 1928, i rapporti con il socio Miles Archer e sua moglie, la polizia, la mala in un’America divisa tra corruzio-ne, banditismo e innocenza perduta. Ca-piamo i complessi rapporti tra Sam Iva, Archer e la segretaria Effie Perine. So-prattutto diamo la caccia a un criminale senza volto che, con una trovata geniale, riappare negli anni in tre diverse avven-ture legate da un filo comune.

È proprio questo recupero di una formula narrativa che ci ricorda Black Mask la rivista pulp sulle cui pagine scrissero Hammett e Chandler che im-preziosisce un romanzo ben scritto ma senza troppi colpi d’ala.

Un’operazione nostalgia ben riusci-ta dopotutto, a cominciare dalla coperti-na che sembra proprio quella di un vo-lume uscito da una vecchia biblioteca. Se non fosse per il fatale errore di far im-pugnare una moderna Glock a un eroe degli anni Venti...

Stefano Di Marino

LA BELLEZZA è UN MALINTESO

Sandrone DazieriMondadori, p. 279 € 17,50

ASSALTO A UN TEMPO...Giuseppe GennaMinimum Fax, p. 323, € 15,00

IL CAREZZEVOLEMassimo Lugli Newton Compton, p. 332, €14,90

PESCE MANGIA CANEPaolo RoversiEd. Ambiente, p.176, € 16,00

IL RILEGATORE DI BATIGNOLLES

Claude IznerNord, p.361,€17,60Traduttore M. Dompè

GIORNATACCIA A BLACkROCk

Kevin PowerTropea , p.228,€15,50Traduttore S. Pezzani

UN COLPO DI VENTOFerdinand von Schirach Longanesi, p.240,€18,00Traduttore I. A. Piccinini

SPADE & ARCHERJoe Gores Mondadori, p. 296, € 19,00Traduttore R. Agostini

LA PATTUGLIA DELL’ALBADon WinslowEinaudi, p. 365, € 14,80Traduttore L. Conti

TWO FOR TEXASJames Lee BurkeMeridiano Zero, p. 288, €14,00Traduttori F. Saba Sardi, L.Conti

| Numero 7 - anno IIIM I L A N O • 8 • N E R A |

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| Numero 7 - anno IIIM I L A N O • 1 0 • N E R A |

Il silenzio della Musa è il suo pri-mo romanzo, ma so che in pas-sato lei ha scritto e pubblicato diversi racconti. Com’è appro-data alla scrittura?

Ho cominciato a scrivere rac-conti e poesie fin dalla prima infanzia, e pubblicato su giornali scolastici e riviste universitarie come The North American Review; niente mi piace di più di imma-ginare dei personaggi, e dar loro vita sotto gli occhi del lettore.

Il passaggio dal racconto al roman-zo è stato pianificato o casuale?

Mi piace molto leggere romanzi (in particolare gialli) e ho sempre voluto scri-verne uno. Purtroppo, l'insegnamento, e l'essere madre di due figli, mi hanno reso le cose difficili: ci vuole tempo, per scrive-re un libro.

Per questo, in passato, mi sono con-centrata su opere brevi, racconti e poesie. Poi, i miei figli hanno acquisito una cer-ta indipendenza, e io ho iniziato ad avere più tempo per scrivere; così è nato Il silen-zio della musa.

Mi sembra ci siano grandi somi-glianze tra la sua storia -dalla vita nella Romania di Ceausescu (segna-ta da un capillare controllo politi-co, che gioca un ruolo di primo pia-no nel suo libro), all'interesse per il mondo dell'arte, e in particolare per Hammershoi- e quella di alcu-ni personaggi del romanzo. Quanto c'è di autobiografico nel suo libro?

Il mio trisnonno è emigrato in Ame-rica dalla Danimarca nell' 800, lasciando-si alle spalle i familiari. Tra loro c'era sua sorella Charlotte, una pittrice nubile che ha diretto una scuola d'arte femminile. La sua figura di donna artista nella Danimar-ca di quel periodo mi ha sempre incurio-sito.

Per quanto riguarda la mia storia, mio padre faceva il diplomatico, e noi viveva-mo un po' di anni qua, e un po' là. Siamo stati a Bucarest dal '79 all' 81.

Non ho mai studiato arte: così, per ri-creare il mondo del romanzo, ho dovuto affidarmi all'esperto di Arte Scandinava di Sotheby’s, visitare musei in tre diversi pa-esi, e trascorrere numerose ore all'interno della British Library.

Vuole raccontarci il suo incontro con i quadri di Vilhelm Hammer-shoi?

Lo ricordo perfettamente: ero alla National Gallery, e mi sono sentita inspie-gabilmente attratta da un quadro in parti-colare. Sarà stato per il contrasto tra le sue linee semplici e i colori sobri, e la brillante intensità delle altre tele. Mi sono avvicina-

ta e ho letto il nome dell'autore e la dicitu-ra “Interior, Copenhagen, 1899.”

Mi è subito venuta in mente Char-lotte, la sorella del mio trisnonno, che in quegli anni era a Copenhagen: la co-munità degli artisti danesi doveva esse-re un circolo ristretto. Chissà, magari lei e Hammershoi si conoscevano, almeno per fama.

Poi ho immaginato che la donna di spalle, ferma al centro della tela nel suo vestito nero, nascondesse un segreto. Ho deciso che volevo raccontare la sua storia, ricreando con le parole la potenza dei toni pittorici di Hammershoi.

Ci sono degli autori dai quali si sen-te influenzata?

Mi piacciono molto i romanzi di An-drea Barrett, i gialli di P.D. James e la let-teratura poliziesca contemporanea, so-prattutto scandinava: islandesi, svedesi e norvegesi affrontano tematiche sociali ri-velando, nel contempo, la soluzione di un mistero.

Il suo libro concilia poliziesco, ro-manzo rosa e di formazione muo-vendosi su tre piani temporali e af-fidandosi a tre diverse voci. Tutto pianificato, o la scrittura le ha pre-so la mano?

Fin dal principio, volevo che ci fosse-ro tre voci differenti nel romanzo. Ho scrit-to i tre racconti (ognuno relativo a uno dei punti di vista) separatamente, e pensavo di lasciarli separati.

Poi, un amico mi ha consigliato di al-ternare ambientazioni e punti di vista ca-pitolo per capitolo. Ora il lettore si tro-va sotto gli occhi tre diverse storie che si evolvono simultaneamente, risolvendosi solo alla fine.

Pensa che il suo possa essere defini-to un romanzo di genere?

Il silenzio della Musa è un art myste-ry: rimanda a una tradizione di romanzi incentrati sullo svelamento di misteri se-polti all'interno di opere d'arte “straordi-narie”, che affascinano i personaggi, spin-gendoli ad indagare.

Sta già scrivendo un secondo ro-manzo?

Sto lavorando a un romanzo ispira-to alla strana potenza dell'antica poesia anglosassone. Ai lettori prometto segre-ti, tesori nascosti, indovinelli irrisolti, an-tica saggezza, uomini e donne in esilio ed eroiche battaglie.

Come ne Il silenzio della musa, i pro-tagonisti dovranno approfondire le loro conoscenze per scoprire verità da sempre sepolte dentro di loro.

Mi piacciono molto i romanzi di Andrea Barrett, i gialli di P.D. James e la letteratura poliziesca scandinava...

LA SCRIttRICE americana Paula Vene Smith (©Paul Tjossem)

Fabrizio Fulio Bragoni L'IntERVIStA

Vene Smith: ecco a voi il mio art misteryMilanoNera Mag incontra Paula Vene Smith autrice del romanzo Il Silenzio della musa (Longanesi), in uscita in Italia. Docente di storia dell'arte, nel 2003 ha insegnato a Londra, dove ha conosciuto il pittore danese, Hammershoi, cui si è ispirata per il suo primo romanzo.

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wHItE SIdE

maggio 2010 | | M I L A N O • 1 3 • N E R A

Quando l’autun-no scorso Cai-no, è uscito

nelle librerie porto-ghesi, la Chiesa lusi-tana ha gridato allo scandalo. I vescovi accusarono Josè Sa-ramago di offendere milioni di cattolici in tutto il mondo, de-

nunciando la rilettura ''irriverente se non oltraggiosa'' dell’episodio biblico. A vent'anni dall'uscita del Vangelo secondo Gesù Cristo (e dal clamore che suscitò), il premio Nobel torna a occuparsi dei testi sacri e di religione. E lo fa alla sua maniera, da ateo convinto e mai pentito: reinterpre-tando il primo fratricidio tramandato dalla Bibbia, quello di Abele. Caino, essere uma-no né migliore né peggiore degli altri, è vo-ce narrante, protagonista e spettatore. Condannato a un destino errante, attra-verso spazio e tempo, racconta della bla-sfema convivenza fra Eva e il cherubino Azaele, l'assassinio del fratello e il succes-sivo dialogo filosofico con dio e l'incontro con l'insaziabile Lilith. Assistiamo al sacri-ficio di Isacco, alla costruzione della Torre di Babele e alla distruzione di Sodoma. É lui che dialoga con Mosé, che vede nasce-re l'identità israelita e che assiste alle prove inflitte al povero Giobbe. Riscrittura uma-nocentrica, ironica e personalissima della Bibbia, Caino è una singolare invenzione letteraria e una potente allegoria che met-te in scena l’assurdo di un dio più crudele del peggiore degli uomini. Saramago ci de-lizia e ci fa riflettere con la sua lucida e in-confondibile ironia capace di trasformare in sublime letteratura la storia di un Caino che accetta il proprio castigo ma, contem-poraneamente, insorge contro un dio cru-dele tanto quanto gli uomini che l’hanno inventato, invidioso, corresponsabile. E a questo dio che Saramago, chiede spiega-zioni, per constatare che "la storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con dio, perché lui non capisce noi, e noi non capiamo lui". Un testo forte, intenso, perché “la grande letteratura è fatta per conficcarsi in noi lettori come un coltello nella pancia”.

Francesca Colletti

Sei racconti ac-comunati da un evento cata-

strofico: il terremo-to di Kobe del 1995 che rase al suolo gran parte della cit-tà giapponese. Sei personaggi che asso-migliano ad anime perse, che si tratti di

un uomo abbandonato dalla moglie o di un

figlio che cerca il padre che non ha mai co-nosciuto, di una dottoressa che si isola in un luogo isolato della Thailandia o di uno scrit-tore che ritrova un vecchio amore. E ancora un bancario che viene ingaggiato da un ra-nocchio (un rimando kafkiano?) per com-battere una battaglia contro il Gran Lombri-co, che vive nelle viscere di Tokyo e minaccia di distruggere la città, o un pittore che ama raccogliere legna sulla spiaggia per farne dei falò sotto gli occhi ammirati di una giovane amica. Racconti che con la loro semplicità arrivano all’anima del lettore e la catturano. Chi conosce altre opere di Murakami rico-noscerà alcuni riferimenti prettamente au-tobiografici, a partire da Kobe, dove l’autore è cresciuto. Trame che sfiorano il surreale e che non nella logicità, ma nelle atmosfere che suggeriscono trovano la loro ragion d’es-sere, esaltando l’emotività dei personaggi a discapito dei finali, che se qualche volta ven-gono accennati, spesso non sono nemmeno intuibili, a dimostrare che il fine ultimo dell’uomo non sta nella risoluzione degli eventi, ma dei conflitti dello spirito. Haruki Murakami si conferma, con Tutti i figli di Dio danzano, uno degli autori contempora-nei dotati di maggiore sensibilità e delicatez-za.

Eva Massari

Si è molto parla-to, spesso di-s c u t e n d o n e

con toni accesi, di Gomorra, libro d’esordio di Rober-to Saviano. Oggi il volume è approdato nell’edizione econo-mica degli Oscar, ar-ricchito da una cor-

posa antologia critica, che dà conto delle reazioni suscitate in tutto il mondo dal li-bro: non a caso, dato l’altissimo valore di denuncia e sensibilizzazione delle co-scienze che ben pochi hanno il coraggio di negare a Gomorra, anche se sono sto-ria purtroppo recente i nuovi attacchi sferrati allo scrittore partenopeo. Gli vie-ne rimproverato, come è accaduto agli autori e agli interpreti dello sceneggiato tv La Piovra e, prima ancora, all’autore e al regista de Il padrino, di trasmettere all’estero un’immagine falsata del nostro Paese. Al contrario, il racconto che Savia-no traccia de 'O Sistema è impresa assolu-tamente meritoria, se si vuole tentare di sradicare la mala pianta della criminalità organizzata, assurta ormai al rango di co-mitato d’affari. Solo attraverso la cono-scenza di queste realtà, per quanto spia-cevoli, si può sperare di poter influire sul-le coscienze delle nuove generazioni, cui è rivolto il libro. Interessante e innovativa anche la forma utilizzata dall’autore: il ro-manzo-inchiesta, che, unendo la scrittura in prima persona alla puntuale ricostru-zione dei fatti, oltre a ottenere un impres-sionante effetto verità, riesce a mantenere anche, e non è poco, una notevole qualità letteraria. Imperdibile.

Luigi Milani

GOMORRA Roberto SavianoMondadori, p. 395, € 10,00

Il lato candidodi milanonera

Il giallo della stretta bagnera

Adesso fai attenzione perché quel-la che ti sto per raccontare è una storia gialla degna di un roman-zo di Giorgio Scerbanenco, uno dei massimi autori che hanno raccontato la città attraverso i

polizieschi.Prima d'imboccare questa strada ri-

parati il collo: quello che sentirai è un mi-sterioso soffio d’aria gelida che testimonia la “presenza” del muratore Antonio Boggia che dal 1849 al 1859 qui compì i suoicrimi-ni. Come vedi siamo proprio nel cuore del centro storico di Milano, a ridosso di via To-rino; quella che hai di fronte è via Bagne-ra, un tempo chiamata Stretta Bagnera. Il nome ricorda forse la vicinanza dei bagni pubblici di età romana - la zona è ricca di piccoli reperti nascosti - ed è comunque vi-cina all'antichissimo tracciato della via Ne-rino, dove scorreva un rigagnolo d' acqua. Si tratta di un vicolo di pietre e di mura im-brattate dai graffitari, di finestre minuscole e persiane chiuse; scorciatoiaprediletta da-gli studenti e dai travet frettolosi. Un gomito di strada tra vecchi caseggiati silenziosi che custodisce una fama sinistra. Risale a metà Ottocento quando le cronache dei giorna-li erano zeppe di titoli come “Paura per il mostro di Milano”, forse il primo serial killer della città: Antonio Boggia, nato sul lago di Como, muratore, portinaio, e infine assassi-no. Il mistero della Stretta Bagnera di Mila-no andò in scena trent'anni prima dei vicoli londinesi di “Jack lo squartatore” ma non si concluse nello stesso modo. Boggia, al con-trario del suo emulo inglese, finì appeso a una corda, all'alba, l'ora delle esecuzioni ca-pitali. Era il 18 novembre 1861, la folla era in delirio e quella fu l' ultima impiccagione di un civile avvenuta a Milano, nel “prato della

morte” che si trovava tra l' attuale viale Bli-gny e viale

Beatrice d'Este. L'uomo era accusato di aver ucciso e fatto a pezzi un uomo d'af-fari, un operaio, un commerciante e un'an-ziana donna. Li ammazzava e li stipava in uno scantinato di via Bagnera, situato dove adesso si affacciano le uscite di sicurezza di un cinema multisala. Un incubo durato una decina di anni che rappresentò una bella spina nel fianco per gli ispettori della polizia asburgica. Lui, l'Antonio, sembrava una per-sona perbene, un sessantenne amante del lusso e dei bei vestiti. Un gentiluomo che sceglieva con cura le sue vittime, ne conqui-stava la fiducia, per poi invitarle nello scan-tinato, con la scusa di mostrare loro dei pez-zi d'antiquariato. La polizia lo catturò, per la prima volta, quando una sua vittima riuscì a fuggire. In tribunale, però, la corte lo as-solse credendolo pazzo e non collegando-lo agli altri omicidi. Gli toccarono solo quat-tro mesi di manicomio criminale. Uscito si rimise in cerca di un lavoro e di un'altra vit-tima: l' ultima. Si trattava di Ester Maria Per-rocchio un'anziana ricca signora, che affidò fiduciosa al Boggia l'amministrazione dei suoi beni. Finì malissimo, la sfortunata fu tagliata a pezzi in quel maledetto pertugio di via Bagnera. Questa volta non ci furono dubbi e la sentenza fu la morte. Dopo la sua impiccagione il celebre criminologo Cesare Lombroso si interessò al caso, richiedendo e ottenendo il cranio del Boggia per effettuare studi fisiognomici.

Risultato: lo studioso ne fece l’archeti-po di “fisionomia tipica dell’assassino”. Ora, se non sei troppo spaventato, vediamo se il nostro cattivo si è ispirato al mostro ed ha nascosto il prezioso in questo budello di strada.

Milano Diamante (Marsilio) è una guida speciale, un percorso a enigmi di Milano. Una raccolta di racconti, come quello che state per leggere, scritti da Paolo Roversi, che riguardano le leggende e le vicende meno note della città.

TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO

Haruki MurakamiEinaudi, p. 130,,€ 17,60Traduttore G. Amitrano

CAINOJosè Saramago Feltrinelli, p. 144, €15,00

Page 8: MilanoNera - maggio 2010

RACContI Storiacced'autore

È tutta la vita che leggo i giorna-li e non ci ho mai creduto. Non sono un ingenuo, lo so che le cose succedono, ma ho sempre pensato che i giornali si diver-tissero a fantasticare, a imbrogliare le car-te. Poi quando ho conosciuto Corazza nei giornali ci siamo finiti pure noi, anche se la storia non è andata proprio così come dicono.

Io faccio il barista in una via poco fuo-ri dal centro storico. Non arriva mai troppa gente: impiegati, ragazzini, gente di pas-saggio. Sono contento della mia vita. Mi piacciono le cose che si ripetono, i platani che perdono le foglie, i discorsi del sinda-co a Capodanno, i tipi strambi che passa-no il tempo al bar. Il giorno che è arrivato Corazza, per esempio, c’era il vecchio Alfio che aspettava una telefonata. È una vita che aspetta, quello. Si presenta qui il mat-tino, vestito di tutto punto con la cravatta e la valigetta per i documenti, come per an-dare al lavoro. Poi si siede e mi fa:

– Attendo una chiamata, Renzo, mi fai cenno se arriva?

Naturalmente la chiamata non arriva mai. Del resto non c’è più nemmeno il vec-chio telefono a muro, ormai hanno tutti il cellulare.

Corazza ha cominciato proprio così, parlando forte nel cellulare. Allora ho ca-pito che faceva sul serio. Discuteva di ga-ranzie, di percentuali. Poi ha preso una birra, e mi guardava con la faccia da cane bastonato.

– Qualche problema? – ho chiesto io, tanto per dire qualcosa.

– Soldi – mi ha detto. – I soldi sono sempre un problema. Chi ne ha, chi non ne ha, chi li vuole cambiare.

– Cambiare?Corazza ha buttato giù in un sorso

metà della birra.– Ci vorrebbe uno di cui fidarsi, una

persona del posto…Mi pareva che parlasse fra sé, così ho

preferito non insistere. Tante volte la gente dice troppo e poi si pente. Allora ti guarda-no male, come se volessero rimangiarsi le parole, e alla fine cambiano bar. Perché noi siamo qualcosa a metà fra la luce e l’ombra, e così dobbiamo rimanere. Ascol-tiamo, non diamo troppi consigli. Ne pas-sano tanti che avrebbero bisogno di cam-biare strada: qualcuno ce la fa, altri scom-paiono.

Scompaiono. A dire il vero tutti ri-mangono qui. Questa non è una metropo-li, sappiamo bene di chi è figlio uno e dov’è andato a finire l’altro. Se uno si chiama fuori, noi lo accettiamo; non perché siamo compassionevoli, ma perché l’abitudine ha la meglio. Il vecchio Alfio non lo vedia-mo nemmeno più, è parte del paesaggio.

Ogni mattina Alfio beve un caffè cor-retto cognac, poi mi fa cenno di metterlo sul conto, prende la sua valigetta ed esce guardando l’orologio, con l’aria di chi ha un impegno.

Corazza mi ha chiesto chi fosse. Io gli ho spiegato che era inoffensivo.

– Ha una pensione d’invalidità ma gli piace fingere di avere un lavoro.

– E voi fingete di crederci?Ho alzato le spalle. Non costa niente,

credere alle persone.Corazza non mi ha chiesto subito di

aiutarlo, ma dopo un po’ l’idea è arrivata con naturalezza. Abbiamo chiacchierato a lungo, lui era sempre al bar. Quando ho avuto l’idea, ne è rimasto quasi sorpreso.

Mi ha detto che si occupava di transa-zioni finanziarie: commercio di valuta, azioni, prestiti e roba così. Un suo cliente che veniva dalla Spagna voleva cambiare tre milioni di euro in franchi svizzeri, e al-lora avevano combinato un appuntamen-to nella nostra città.

E qui entravo in gioco io.Era un affare delicato, non potevano

certo scambiarsi tre milioni di euro al bar.

Perciò Corazza aveva pensato di chiedere a una banca se potessero mettergli a di-sposizione una sala riunioni per un paio d’ore. Lui non conosceva nessuno, in città, ma io abito qui da sempre. Sono cliente di un istituto bancario, di me si fidano.

A questo punto mi chiederete se non avevo sospetti. Forse sì, magari non volevo ascoltarli. Corazza mi piaceva, aveva l’aria di uno che conosce il mondo.

Naturalmente le cose sono andate storte, lo avrete letto sui giornali. La banca mi ha dato una saletta al primo piano per due ore. Ma per farla breve, quel maledet-to Corazza era un truffatore. Ha aspettato il suo cliente nella saletta, poi ha finto di essere il direttore dell’istituto e quell’altro idiota c’è cascato. Con la scusa di contare i soldi, Corazza si è assentato per qualche minuto. In realtà è uscito dalla banca e lo spagnolo non l’ha più visto.

Naturalmente aveva con sé i tre milio-ni di euro.

Il guaio però è che io l’ho visto, Coraz-za. Prima di sparire è passato dal bar e mi ha mollato una busta con qualche miglia-io di euro. C’eravamo soltanto io e Alfio, nessun altro testimone. Io ho preso i soldi e questo alla polizia non è piaciuto. Mi hanno interrogato per ore, prima di rila-sciarmi con la promessa che non era fini-ta. In realtà sono nei guai, perché sono sta-to complice di Corazza, anche se è difficile stabilire con quale grado di consapevolez-za. Insomma: la polizia è pronta a farmela pagare.

Ma per fortuna stasera è successo qualcosa di strano.

Era quasi l’ora di chiusura, al bar non c’era nessuno. Stavo pensando di andar-mene anch’io quando si è aperta la porta ed è entrato il vecchio Alfio, con il suo soli-to vestito, la sua borsa e i capelli messi in piega.

– Allora ho sentito che saresti un truf-fatore – mi ha detto.

– Cosa ne sai tu? – ho ribattuto io. –

Chi te l’ha detto?– Ma stavolta direi che ci è andata be-

ne. – Cosa?– Quello spagnolo ha scelto il model-

lo giusto.Così dicendo, Alfio ha appoggiato la

sua valigetta sul bancone. Anche allora non ho capito, e il vecchio ha dovuto spie-garmi.

– È bastato un attimo, mentre lui con-trofirmava la ricevuta. – Il vecchio mi ha strizzato l’occhio. – Una frazione di secon-do, capisci, è stato un azzardo…

Un azzardo. Non so dove Alfio vada a pescare certe parole. Comunque non è stato lì a dilungarsi. Si è portato due dita alla fronte, come per sollevare un inesi-stente cappello. Poi ha fatto una specie d’inchino ed è uscito di corsa, lasciando lì la valigetta. Io mi sono precipitato sulla so-glia: Alfio era già lontano, sulla sua vecchia bicicletta, confuso fra le luci e le ombre dei lampioni. Sono tornato al bancone e ho aperto la valigetta.

Tre milioni di euro.Ho richiuso subito il coperchio. I gior-

nali hanno riferito che la valigetta della truffa era stata ritrovata vuota alla periferia della città. Ma in realtà si trattava della va-ligetta del vecchio Alfio, che per un caso sorprendente era uguale a quella dello spagnolo.

Alfio le aveva sostituite: era riuscito a fregare Corazza senza che nemmeno se ne accorgesse. Poi mi aveva riportato i soldi come nuovi.

E adesso?Sono qui che scrivo da ore, e non ho

ancora preso una decisione. Lo so, dovrei andare alla polizia. Ma mi piace immagi-nare i soldi nella valigetta e pensare ai viaggi, alle pazzie. Mi piace chiudere gli occhi e vedere come su uno schermo le avventure che non farò mai.

È tardi. Dovrei chiudere il bar e anda-re a letto. Questa è la mia città, e non ho bi-sogno di altro. Questa è la mia vita. Come avventura, mi basta aprire il bar ogni mat-tina, mi basta scambiare due parole con il vecchio Alfio, con gli avventori abituali e con quelli che passano di qui. Non ho bi-sogno di altro.

E allora perché non riesco a dormire?

UNA PICCOLA CITTà

Andrea FAzIoLI

Page 9: MilanoNera - maggio 2010

CHI SI NASCONDE DIETROIL RITRATTO DI TIZIANO?

LA RISPOSTAIN LIBRERIA