SalutePiù - Maggio 2010

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benessere cultura costume SALUTE FONDI SANITARI INTEGRATIVI Intervista a SIMONPAOLO BUONGIARDINO 22 Mggio riaprono le TERME DI CRETONE IN SABINA Montopoli Intervista al Sindaco ANTIMO GRILLI L’ORTOPEDICO: Il legamento crociato IL GINECOLOGO: L’Endometriosi IL CARDIOLOGO - IL LIFE COACH - LO PSICOLOGO - IL RADIOLOGO - IL TECNICO ORTOPEDICO

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I comportamenti "giusti" per il proprio cuore, il recupero del legamento crociato, l'uso dei "tutori" in ortopedia, l'endometriosi, sono gli articoli medici di questo numero. Completano la rivista uno special sui fondi sanitari integrativi, con intervista al presidente di Fondo Est Buongiardino ed uno special su Montopoli corredato di intervista con il suo sindaco Antimo Grilli

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benessere cultura costumeSALUTE

FONDI SANITARI INTEGRATIVIIntervista a SIMONPAOLO BUONGIARDINO

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TERME

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TONEIN SABINA

Montopoli Intervista al SindacoANTIMO GRILLI

L’ORTOPEDICO: Il legamento crociato IL GINECOLOGO: L’EndometriosiIL CARDIOLOGO - IL LIFE COACH - LO PSICOLOGO - IL RADIOLOGO - IL TECNICO ORTOPEDICO

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Direttore ResponsabileFabrizio Sciarretta

Segreteria di RedazioneFilippa [email protected] 06 90625576

Art director e impaginazione:Alessia Gerli

EditoreLaboratorio Clinico Nomentano SrlVia dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM)Iscritto al registro della stampa e dei pe-riodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009

StampaGraffietti Stampati S.n.c.S.S. Umbro Casentinese km.4.50001027 Montefiascone (VT)

Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a:GERLI [email protected] T 0774 608028

il life coach

medicina

in sabina

Hanno collaborato con noi

Francesco Licata - Un numero o un numero uno?

Lo Psicologo - Hypnose et Thérapie

L’Ortopedico - Il crociato recuperato

Il Radiologo - Vedere il legamento

Il Tecnico Ortopedico - Ma cosa sono questi tutori?

Il Cardiologo - Bacco, tabacco e Venere

Il Ginecologo - Endometriosi

Cura certa, portafoglio salvo!

Intervista con Simonpaolo Buongiardino

Montopoli

Antimo Grilli - Intervista al Sindaco di Montopoli

i fondi sanitari integrativi

14 fondi sanitariintegrativi

L’Ortopedico8

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Credo sia chiaro a tutti che non è possibile continuare così: nel solo 2009 la spesa sanitaria della Regione Lazio ha generato un disavanzo di 1.6 miliardi di euro, cioè 3.000 miliardi del vecchio conio. Ma non sono poche le risorse destinate dalla Regione alla sanità, infatti superano gli 11 miliardi di euro all’anno: sono

i costi ad essere fuori controllo. Vi è però una speranza “bipartisan”: se guardiamo a Lombardia ed Emilia Romagna – due regioni di segno politico opposto - scopriamo che il Servizio Sanitario Regionale può funzionare bene senza generare perdite che, alla fine, vengono ripianate mettendo le mani nelle nostre tasche !Non è pensabile che la spesa sanitaria pubblica possa ancora crescere di molto: in totale, nel 2009, il Servizio Sa-nitario Nazionale è costato oltre 103 miliardi di euro, cioè 200.000 miliardi di lire. Però, mentre la spesa non può crescere all’infinito, crescono invece i bisogni dei cittadini: infatti grazie a capacità diagnostiche e terapeutiche sem-pre migliori ma anche sempre più costose, è cresciuta l’aspettativa di vita e quindi anche l’età media degli italiani. Questo significa anche dover assistere un crescente numero di anziani più a lungo. Dunque, la domanda di sanità è in crescita e lo sarà sempre di più, ma come finanziarla?Evidentemente, è necessario cambiare direzione, innanzitutto nel Lazio, una delle “pecore nere” tra le nostre regioni. Occorre subito rivedere i meccanismi attraverso cui le ASL acquistano beni e servizi, ridisegnare le reti di assistenza ospedaliera e territoriale (ambulatori) accrescendone l’efficienza, sviluppare l’assistenza domiciliare, integrare le ri-sorse della sanità pubblica con quelle della sanità privata. Questi ultimi sono due mondi che, fino ad oggi, sono stati tenuti separati senza prendere in considerazione né il diritto del cittadino di scegliere da chi e dove farsi curare, né il principio di buon senso per il quale un servizio pubblico va reso da chi garantisce la qualità migliore al costo più competitivo.Infine, è necessario integrare le risorse finanziarie dello Stato con quelle dei privati, ovvero delle aziende: per questo sono nati i fondi integrativi sanitari, sicuramente una delle risorse determinanti per risolvere una situazione ormai al limite del sostenibile come l’articolo che pubblichiamo in questo numero racconta.

Fabrizio SciarrettaDirettore Responsabile

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Francesco Licata

HANNO COLLABORATO

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Contento di essere uno dei tanti ? Allora continua a rotolare: barat-tolo vuoto in caduta libera senza

fine. Primo (unico) comandamento: stor-di-men-to-per-ma-nen-te ! E nessun senso di colpa: lo fanno tutti ! Facebook, Twitter, You tube notte e giorno, (s)ballo in discoteca, brillo sulle strade, bullo a scuola. Scuola ? Messaggiarsi, ammazzare il tempo, fare casino, timpani incollati su Ipod e cellulari. Parla ! Parla ! Più parli, più ti ricarichi ! Con-fuso ? E chi non lo è ? Insicuro ? Ma dai, passerà ! E poi, puoi sempre esibire la forza che non hai, gonfiare di botte i più deboli e tagliarti di risate all’ombra del branco. E se proprio vuoi fare colpo, bestemmia: ne basta una ogni tre parole.

Se, invece, non vuoi essere uno qua-lunque, impara a distinguere la vita dalla fiction. L’insicurezza è normale

alla tua età, non lo è allenarsi a diventare cialtroni, barbari e vigliacchi. Hai paura ? Ammettilo tranquillamente. Sarai già più forte, avrai già meno paura. Tu ora sei in un vortice di emozioni: venti squassanti e mutevoli ti proiettano in un lampo ai confini di orizzonti mai immaginati. Mordi con gu-sto i frutti dell’età: quelli polposi e dolcissimi e quelli più agri, ti faranno crescere. Senti spuntare le ali, ma chiediti: “è già tempo di volare ?”. Ecco, il tempo. Quando si hanno i tuoi anni, il tempo, come l’amore, sem-bra non dover mai finire. E’ talmente tanto che puoi lasciarlo scorrere senza farci caso o, più saggiamente, dividerlo fra allegria e impegno. Spendilo con intelligenza e avrai un fisico forte, una mente aperta, un cuo-

re acceso. Il tempo, se lo riempi di sogni, fa miracoli. Lo sai ? Le imprese che hanno cambiato il mondo prima di essere realiz-zate sono sempre state sognate ad occhi aperti. Kipling diceva che ogni giorno offre dodici ore per sognare e dodici per realiz-zarli i sogni. Ma tu, sei capace di sognare ? Per i sogni ci vuole silenzio. Saprai trovarlo ? Nella nostra società non c’è più, applau-dono perfino ai funerali !

Vedi, oggi la vita è per te un film girato a livello della strada: frenesia di uomi-ni e cose, rombo di motori, clacson,

sirene, stridio di freni, aria pesante. Ma sali di un piano e già cambia. Più sali, più il cla-more si attenua, l’orizzonte si dilata, l’aria migliora. Se riesci ad arrivare all’attico, poi, le persone che si agitano laggiù ti sembra-no formiche e la visuale, che prima non ol-trepassava i negozi di fronte, ora è grande quanto il cielo. Lo sguardo spazia fino al-l’orizzonte e l’aria è talmente leggera che puoi sentirci il mare. Lassù, pensieri, sensa-zioni, immagini prendono forma d’infinito. Allora ? Rimani a terra o ti prepari al de-collo? Sei per una vita usa e getta, intrup-pato nel gregge o per il volo avventuroso che può fare di te un essere speciale? A te la scelta. Io posso solo augurarti buon viaggio !

Sei un numero o...

Se hai dieci…dodici…sedici anni. . . o giù di lì, queste righe sono per te.

Francesco LicataAutore televisivo e Life Coach

UN NUMERO ?

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LO PSICOLOGO

Penoso, doloroso e amaro il disagio della mente attanaglia l’uomo che ne patisce i sintomi. Attacchi di pani-

co, ossessioni, fobie di ogni tipo, insonnie, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, di-sturbi sessuali, disturbi post-traumatici da stress, manie, paranoie solo per citarne al-cuni sono i nemici della serenità umana. In cosa si differenziano dagli altri mali bio/me-dici? Perché è così difficile trovare la cura definitiva? Il malessere psichico è una costruzione ar-chitettonica complessa, stabile e, cosa biz-zarra, funzionale all’esistenza dell’individuo che lo patisce. Il sintomo è la soluzione più adattiva che la mente ha rintracciato per gestire i tumulti emozionali ed ambientali, il sintomo è un’amara forma di equilibrio mentale, ed è comunque una difesa dalla disintegrazione psichica. La mente che non trova soluzioni “intelligenti” per gestire la sua vita sviluppa il sintomo, ma una mente che non è in grado di sviluppare il sintomo si disgrega e cade in follia, si generano così le vere e proprie psicosi.Le persone sofferenti dei disturbi psicologici conducono un’esistenza totalmente legata al sintomo, sono incatenate ad esso, piani-ficano e progettano tenendo la loro ombra in obbligatoria considerazione, sono condi-

Dott. Stefano Traseispecializzato in Ipnosi e Psicoterapia Ercksoniana

HYPNOSE ET THÉRAPIE

La Tua Vita nelle Tue Mani

zionate dal loro fardello, lo favoriscono per-ché non possono fare altrimenti, si sentono soffocare perché non hanno scelta. Il sin-tomo asfissia, spegne, abbatte, distrugge, recinta, limita e divora la sua vittima. Se sof-fri di un disturbo di questo tipo sai bene che la tua vita non è nelle tue mani, è nelle sue.Perché lasciar trascorrere in balia di un di-sturbo la tua esistenza? Perché non ripren-dersi la capacità di gestire felicemente gli atti quotidiani? Perché rimanere nel cupo e tenebroso freddo del malessere? Esiste una psicoterapia ad alta effica-cia, una terapia d’impatto, breve, stra-tegica, una terapia che utilizza le straor-dinarie capacità dell’Ipnosi Clinica. In una nota struttura medica della Bassa Sabina, il Dr. Trasei, specializzato in Ipnosi e Psico-terapia Ercksoniana, sarà lieto di aiutarvi in poche sedute a riporre la “Vostra Vita nelle Vostre Mani” facendovi scoprire quanto sia straordinario e piacevole stare bene. Riceve per appuntamento al 334.6107843

HYPNOSE ET THÉRAPIE

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Essi sono, quindi, responsabili del mante-nere la stabilità del ginocchio. La notorietà del legamento crociato anteriore deriva dal fatto che esso viene maggiormente solle-citato durante le attività sportive e proprio durante gli sport si verificano la maggior parte delle sue rotture. La rottura del lega-mento crociato anteriore, nella gran parte dei casi, porta con sé altre lesioni a carico dei menischi o della cartilagine che riveste le superfici articolari del ginocchio e di tutte le articolazioni. Si tratta, quindi, di una le-sione importante in grado di compromette-re la stabilità del ginocchio e che necessita di un attento piano di trattamento. Quando tale rottura e’ totale, o comunque causa di frequenti cedimenti del ginocchio, la cura richiede un intervento chirurgico di rico-struzione. Nel caso in cui si decida di non sottoporre il ginocchio alla ricostruzione, si consiglia l’abbandono delle maggiori attivi-tà sportive. Il rischio nel praticare sport con una rottura del legamento crociato anterio-re è quello di continuare ad avere distor-sioni che possono portare, in alcuni casi e dopo diversi molti anni, ad una precoce artrosi dell’articolazione. Ma torniamo al momento del trauma: il ginocchio compie una torsione innaturale, viene superata la

resistenza meccanica del legamento, esso cede e si rompe. In quel momento il pa-ziente avverte, in genere, un “crack” ed assiste al cedimento del proprio ginocchio avvertendo un dolore immediato ed un possibile successivo gonfiore, che, nella realtà, è il responsabile del minor o mag-giore dolore. La diagnosi di lesione totale del legamento crociato anteriore si basa sull’esame obiettivo clinico eseguito dallo specialista: dopo un’accurata anamnesi, lo specialista può ricercare - nelle prime ore -l’emartro (presenza di sangue all’interno dell’articolazione) ed eseguire diverse ma-novre cliniche che permettono di porre la diagnosi di rottura del legamento crociato anteriore: il test di Lachman, il test del cas-setto anteriore, il jerk test o pivot shift. Con queste poche manovre, un chirurgo del gi-nocchio esperto, e’ in grado con certezza di porre diagnosi di rottura del legamento crociato anteriore o lassità anteriore del gi-nocchio. A questo punto il chirurgo orto-pedico spesso richiede la collaborazione di un medico radiologo esperto nello studio dell’apparato muscolo-scheletrico. Perché, come detto prima, la rottura del legamento crociato anteriore nella maggioranza dei casi non e’ isolata. La semplice radiografia, ma, ancora meglio, la risonanza magnetica nucleare consentirà di evidenziare lesioni ossee, lesioni dei menischi (che oggigior-no possono richiedere interventi delicati e complessi di sutura meniscale), lesioni del-la cartilagine (che oggi vengono affrontate in tanti modi, a seconda della loro esten-sione, dalla abrasione, alle radiofrequenze fino al trapianto di impianti o “scaffold” sin-tetici o cellule cartilaginee). Come si opera la rottura del legamento crociato anteriore? Le tecniche chirurgiche che mirano a ri-costruire il legamento crociato anteriore si eseguono attualmente in artroscopia, cioè tramite due piccole incisioni di circa 1 cm. che permettono, in una l’introduzione dello strumento ottico collegato alla telecamera

Il crociato recuperato

Al centro dell’articolazione del ginocchio vi sono due legamenti, i legamenti crociati, rispettivamente anteriore e posteriore, che hanno la funzione di impedire lo spostamento anteriore e posteriore della tibia rispetto al femore.

Dott. Fabio SciarrettaChirurgo Ortopedico

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L’ORTOPEDICO

che consente di osservare l’interno dell’ar-ticolazione e, nell’altra l’introduzione di tutti quegli strumenti miniaturizzati usati durante l’intervento. Nella maggior parte dei casi, si ricorre al prelievo di un tendine del paziente stesso. I tendini più comunemente utilizzati sono i tendini dei muscoli semitendinoso e gracile (di cui vengono prelevati circa 20 cm mediante un apposito strumento introdotto dal ginocchio che ripercorre il loro decorso lungo la faccia interna della coscia) che, suturati insieme, danno luogo a quattro fasci (prelievo quadruplicato) op-pure la parte centrale del tendine rotuleo. Il trapianto viene poi fatto passare all’interno dell’articolazione lungo il percorso che era proprio del legamento originale e quindi fissato al femore e alla tibia secondo diver-se possibili tecniche. Fino a qualche anno fa, dopo l’intervento l’articolazione del gi-nocchio veniva immobilizzata, un tempo in gesso più recentemente in un tutore. Og-gigiorno ciò non è più sempre necessario, mentre è ancora obbligatorio graduare il

carico sull’arto operato utilizzando le stam-pelle. Subito dopo l’intervento comincia però la riabilitazione. La riabilitazione del ginocchio operato di una ricostruzione del legamento crociato anteriore è essenziale per ottenere un buon risultato e viene effet-tuata secondo protocolli ben precisi al fine di consentire il corretto recupero dell’arti-colarità del ginocchio e la sua funzione fino al momento della ripresa della attività spor-tiva, Ciò comporta per il paziente un im-pegno costante nel compiere, inizialmente, esercizi per il rinforzo del tono muscolare degli estensori e dei flessori dell’articolazio-ne e per il recupero del movimento dell’ar-ticolazione operata e, successivamente, la ripresa della corsa rettilinea e di esercizi, guidati dal preparatore, sport specifici.L’impegno viene, però, ripagato: se ci si e’ applicati intensamente dopo quattro mesi si e’ in grado di iniziare a riprendere lo sport, circa un terzo del tempo necessario fino a soli pochi anni fa!

Il ginocchio in un’immagine di Risonanza Magnetica Il ginocchio in un’immagine di Radiologia Tradizionale

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VEDERE

La diagnostica per im-magini dell’articolazio-ne del ginocchio, ha

subito notevoli cambiamenti negli ultimi 25 anni. Mentre agli albori della radiologia, l’unica metodica disponibile era la “lastra al ginocchio”, a partire dai primi anni ‘80, ci si è potuti avvalere sia della Tomografia Computerizzata (TAC) che, in seguito, della Risonanza Magnetica Nu-cleare (RMN). La TAC ha portato una rivo-luzione in campo ortopedico, poiché consente risultati mi-gliori della radiologia tradi-zionale per quanto riguarda la visualizzazione dei tessuti molli ed ha reso possibile osservare l’articolazione del ginocchio anche nella sua componente interna oltre che nella componente squisita-mente ossea. Risultava però piuttosto difficoltosa e sog-getta al giudizio personale del radiologo, la valutazione dei legamenti e dei menischi con il rischio che venissero sottovalutare le problemati-che connesse.

Con l’avvento della Risonan-za Magnetica è stato possi-bile visualizzare in maniera ottimale la totalità delle arti-colazioni e del ginocchio in particolare, data la maggior flessibilità di questa tecnolo-gia che permette di ottimiz-zare l’esecuzione dell’esame con le sequenze adatte a se-conda del sospetto clinico e dalla sintomatologia espres-sa dal paziente.I fattori che possono essere variati durante l’esecuzione della risonanza, aiutano mol-tissimo sia il radiologo che l’ortopedico nel confermare o escludere alcuni importanti patologie e pertanto a con-sigliare il paziente sul tratta-mento più opportuno sia di natura chirurgica o meno. Va anche segnalato che la risonanza , a differenza della TAC, non impiega i “raggi X” ma campi magnetici e, quin-di, non presenta le controin-dicazioni tipiche dell’esame radiologico legate all’assor-bimento di radiazioni da par-te del paziente.La fedeltà con cui le strutture del ginocchio risultano visibili e pertanto valutabili, ha reso il rapporto tra ortopedico e radiologo ancora più stretto

in termini di collaborazione e molto precisa la valuta-zione dei tempi di recupero del paziente. A tale riguar-do, dal punto di vista radio-logico, possiamo dividere la patologia dell’articolazione del ginocchio in due gruppi principali, Quella riguardan-te i menischi e quella che riguarda i legamenti. La frat-tura di un menisco sia totale che parziale, la lesione più o meno completa dei lega-menti crociati o collaterali, risulta, in mani esperte, dia-gnosticabile con particolare precisione.L’esame, articolato secon-do sequenze prestabilite in termini di tempo e di cam-po elettromagnetico, si è avvalso negli ultimi tempi di magneti particolarmente po-tenti, tutto ciò ha portato ad una accuratezza diagnostica invidiabile e sostanzialmente non presente in altri campi della medicina.

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I l tutore è un dispositivo medico, utilizzato in ortopedia nel trat-tamento di alcune patologie:si

tratta di uno strumento esterno che garantisce una immobilizzazione relativa di un’articolazione a segui-to di un trauma o una artrosi o per chi ha subito un intervento chirurgico con lo scopo principale di ridurre il carico sull’articolazione e quindi diminuirne il dolore.Per l’arto inferiore esistono moltissimi tipi di tutori, ma se l’articolazione inte-ressata è il ginocchio, il tutore più ido-neo alla cura è la “ginocchiera”.Nell’antichità la ginocchiera era intesa come la parte posta a protezione del ginocchio nell’armatura. Oggi esistono molti tipi di ginocchiere che variano in relazione all’uso a cui sono destinate. Và considerata ginocchiera “sporti-va” o, meglio ancora “preventiva”, quando la ginocchiera è una protezio-ne che si indossa su una o entrambe le ginocchia per proteggerle dall’impatto conseguente a una caduta o altro (si pensi allo sport di pallavolo, di patti-naggio o motocross) o quelle usate per lavoro, dove la persona è costretta a stare lungo tempo in ginocchio. (un esempio tipico il “pavimentista”).In ambito medico, di solito, le ginoc-chiere vengono utilizzate per un conte-nimento dell’articolazione. In commer-cio ne esistono di tantissime marche e numerosi modelli, dalla più semplice in materiale neoprene, drytex o elasti-

cizzate per patologie di minore inten-sità , a quelle più complesse in “com-posito di carbonio”, che servono per severe instabilità di LCA (Legamento crociato anteriore), LCP (Legamento crociato posteriore), LCL (Legamento collaterale laterale), LCM (Legamento collaterale medio). Quasi tutte mirano all’ immobilizzazione dell’articolazione nella posizione più idonea o, alla limi-tazione dei movimenti sia in flessione che estensione,.La maggior parte delle ginocchiere prescritte in ambito post–chirurgi-co ha lo scopo di proteggere l’ar-ticolazione “debole” da eventuali traumi distorsivi, da inappropriate eccessive flessioni o iperstensio-ni, scaricando tutto il carico attra-verso due aste metalliche poste una laterale e l’altra mediale. Alcune pre-sentano anche la possibilità di mante-nere in sede la rotula, evitando delle lussazioni e altre ancora si distinguono per avere in più un cinturino rispetto ad un’altra (tipico il cinturino sul pol-paccio).La ginocchiera oltre a essere impor-tante, nella fase post–intervento, di-venta anche importante nella funzione psicologica. Il paziente vede il proprio ginocchio protetto ed è più fiducioso nel recupero accettando più volentieri sia la riabilitazione che il carico.Di solito dopo un intervento, il me-dico, oltre alla ginocchiera, consiglia l’utilizzo delle stampelle. Le stampelle permettono al paziente di appoggia-re il peso del corpo su tutta la pianta del piede , nella misura in cui que-sto è tollerato. Le stampelle di norma vengono abbandonate dopo 1-2 set-timane. Le stampelle possono essere affittate, mentre non è possibile, per i tutori, sia per ragioni igieniche, sia perché la maggior parte dei modelli, vanno personalizzati dal tecnico orto-pedico laureato.Nella fase post-intervento, alcuni me-dici, prescrivono l’utilizzo del plantare (in questo caso materiali anti shock) al fine di distribuire nel piede i giusti ca-richi, in modo tale da ridurre al minimo la sollecitazione sia sul piede stesso che sulle ginocchia. Non è certo la “panacea”, ma sicuramente alleviando la pressione del piede al suolo si con-tribuisce a rendere meno dolorosa la fase riabilitativa.

IL PERSONAGGIO

IL TECNICO ORTOPEDICO

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Dott. Giuseppe ZitoDottore in Tecniche OrtopedicheMaster di Posturologia

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Spesso i vecchi proverbi nasco-no dalla saggezza popolare basata sull’osservazione della

vita quotidiana, quindi sull’esperien-za. Questo principio calza a pennello nel caso del detto “Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere” applicato alla prevenzione cardiova-scolare, con la sola eccezione di Ve-nere. Difatti, ad esclusione dell’abuso della “pillola blu” e di eventuali sus-sulti emotivi dinanzi all’estratto conto della carta di credito improvvidamen-te lasciata nelle mani della coniuge, il sesso non è un fattore di rischio car-diovascolare. Infatti, secondo i dati dell’Organiz-zazione Mondiale della Sanità e del-le maggiori società scientifiche car-diologiche (AHA, ESC, ESH, JNC) le principali cause dell’infarto e dell’ic-tus sono costituite dal fumo di tabac-co, dall’alimentazione sbagliata, dal sovrappeso, dalla sedentarietà.Il fumo di sigaretta determina un’ac-celerazione dei processi dell’atero-sclerosi, oltre a poter precipitare la condizione di relativa stabilità della placca ateromasica verso la fissura-zione e la conseguente formazione del trombo, vero responsabile degli

accidenti cardiovascolari. E’ dimo-strato che l’abolizione dell’abitudine tabagica prima della mezza età con-duce ad un’aspettativa di vita sovrap-ponibile a a quella dei non fumatori.Il “bicchierino” a tavola sembra avere effetti positivi sull’apparato cardiova-scolare, ma, come in tutte le cose, purchè sia fatto “cum grano salis”. Modeste quantità di vino (1 bicchiere ai pasti) determinano una riduzione del colesterolo LDL (quello cattivo) ed incrementano il livello di HDL, ri-ducendo, pertanto, il rischio di atero-sclerosi. Tuttavia, quantità maggiori o l’assunzione di superalcolici alterano il metabolismo dei carboidrati e pos-sono condurre ad un aumento della pressione arteriosa sistolica. Inoltre, spesso l’alcol riduce l’efficacia dei farmaci antipertensivi. È quindi ac-certato che un eccessivo consumo di bevande alcoliche (anche occasiona-le) si associa ad un maggiore rischio di ictus. Nel corso degli ultimi 10 anni, l’intro-duzione di alcuni accorgimenti diete-tici proposti dallo studio DASH (dieta ricca in frutta e verdura, vegetali e alimenti a basso contenuto di gras-si per ridurre l’apporto quotidiano di

Responsabile Branca di CardiologiaPoliambulatorio Clinico Nomentano

Dott.Francesco Ruggiero

Bacco,Tabaccoe Venere

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grassi saturi e di colesterolo) e l’in-cremento dell’impiego di cibi ad ele-vato contenuto di potassio si sono dimostrati strumenti efficaci per ri-durre i valori pressori e globalmente il rischio cardiovascolare. Come già sottolineato in precedenza, la classi-ca dieta mediterranea “povera” ca-ratterizzata da carboidrati semplici (la pasta), fibre e vitamine (frutta e vegetali) e grassi polinsaturi (pe-sce) si conferma vincente quale elisir di buona salute.

A questa va abbinato uno stret-to controllo delle quantità di cibo assunto e soprattutto un’adeguata attività fisica che consenta di smal-tire il superfluo. Infatti, Numerosi studi hanno descritto l’esistenza di una relazione diretta tra l’incremento ponderale e pressorio evidenziando inoltre che l’obesità predispone ad un aumento della pressione arteriosa e allo sviluppo di ipertensione. È al-trettanto noto che nei soggetti obesi il calo ponderale ha un impatto favo-revole non solo sui valori pressori ma anche sui fattori di rischio associati, quali l’insulino-resistenza, il diabete e l’aumento delle dimensioni del cuo-re. Un recente studio ha evidenziato che una perdita di peso di circa 5.1 kg si associa ad una riduzione media dei valori pressori sistodiastolici pari rispettivamente a 4.4 e 3.6 mmHg. Inoltre, una modesta perdita di peso, associata o meno ad una riduzione nell’apporto alimentare di sodio, è in grado di prevenire la comparsa di ipertensione (uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolari) nei sogget-ti in sovrappeso con pressione arte-riosa nomale-alta (140/90 mmHg) e può ritardare l’instaurazione della te-

rapia farmacologica. La sedentarietà, intesa come assenza di allenamento fisico, è un predittore piuttosto importante della mortalità cardiovascolare, indipendentemente dalla pressione arteriosa e dagli altri fattori di rischio. Un esercizio fisico moderato non solo ha effetti favo-revoli sui valori pressori ma può indurre anche una riduzione del peso corporeo, dell’eccesso di grasso viscerale e della circonfe-renza addominale, incrementando

inoltre i livelli di colesterolo HDL e ri-ducendo il rischio di diabete. L’allenamento fisico riduce i valori pressori a riposo di 3.5/3.2 mmHg il che spesso si traduce nell’evitare l’inizio di una terapia farmacologica. E’ quindi consigliabile svolgere re-golarmente un’attività fisica aerobica di entità moderata per 30-45 min al giorno. Inizialmente si dovrebbero programmare attività ad impegno ae-robico (cammino, jogging, nuoto), per poi associare esercizi di resistenza.In conclusione, voler bene al pro-prio cuore significa sostanzialmente volersi bene, ovvero dedicare quelle attenzione e quel tempo necessari al proprio benessere sia in termini qua-litativi (adeguatezza della nutrizione, astensione dal fumo) sia in termini quantitativi (attività fisica costante, calo del peso).

Responsabile Branca di CardiologiaPoliambulatorio Clinico Nomentano

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Anche se fino ad oggi non tutti se ne sono resi conto, nel nostro

paese sta rapidamente cre-scendo un nuovo strumento che si rivelerà prezioso per far fronte alle nostre esigen-ze di salute. Tipicamente, infatti, vengono alla mente solo due alternative quan-do si abbia necessità di una “prestazione” sanitaria: ri-volgersi al Sistema Sanitario Nazionale, pagando il “ticket” o usufruendo delle esenzioni a cui si abbia diritto, oppu-re metter mano alla tasca o utilizzare l’assicurazione ma-lattia o infortuni a suo tempo prudentemente sottoscritta.La realtà, invece, non è più così. In questi ultimi anni, un poco alla volta, sono diven-tati 5 milioni gli italiani che possono usufruire di un fon-do di assistenza sanitaria integrativa per pagare il conto della propria spesa sa-nitaria. Sono infatti oltre 500 gli enti che operano in questo ambito con diverse “nature giuridiche”: fondi sanitari in-tegrativi del Servizio Sanita-rio Nazionale oppure casse e società di mutuo soccor-so. Altrettanto interessante è rilevare come ormai questi enti facciano fronte a circa 4 miliardi di euro all’anno di spese sanitarie. Le realtà più dinamiche e che

in questi ultimi quattro - cin-que anni hanno generato la grande crescita del fenome-no, sono i fondi che nascono dalla contrattazione colletti-va, cioè vengono previsti al-l’interno di un contratto col-lettivo nazionale di lavoro di un determinato settore.In questi casi, il finanziamen-to del fondo di assistenza avviene attraverso i contri-buti versati dalle aziende che fanno capo a quel c.c.n.l. mentre ai dipendenti delle aziende va il beneficio di po-ter accedere alla copertura di determinate spese sanitarie.Ovviamente, i benefici per il dipendente variano da caso a caso ma, in genere, è pre-vista la copertura delle spese ambulatoriali (visi-te, diagnostica specialisti-ca, ecc.) fino ad arrivare alle spese relative a interventi chirurgici e relativa de-genza.Ma in quali strutture biso-gna andare perché il fon-do paghi le spese? Que-sta è un’altra buona notizia. Infatti, ci si può ovviamente recare presso le strutture pubbliche e, in questo caso, sarà coperto il costo dei ti-cket ma, viceversa, ciascun fondo consente ai suoi iscrit-ti di scegliere tra molte, alle volte moltissime, strutture private distribuite sul ter-

ritorio nazionale. L’iscritto potrà così scegliere la solu-zione che più lo convince: finalmente viene applicato quel principio della “libera scelta” sancito dalle nostre leggi e che prevede che cia-scuno possa scegliere da chi e dove farsi curare. Un diritto che, purtroppo, le politiche sanitarie del nostro paese hanno fin qui spesso nega-to.Così, anche in Italia, al si-stema pubblico si sta affian-cando un sistema “privato” o “volontaristico” che potrà rap-presentare una risposta forte al nostro bisogno di salute soprattutto in una situazione in cui la crescita dell’aspetta-tiva di vita, il conseguente in-cremento dell’età media della popolazione ed il rapporto sempre più sfavorevole tra popolazione attiva ed in pen-sione, mettono a dura prova la capacità dello Stato di con-tinuare a finanziare una sem-pre crescente spesa sanitaria pubblica.Non a caso, infatti, le ultime leggi emanate per questo set-tore impongono ai fondi di de-stinare una quota significativa delle proprie risorse (il 20%) all’erogazione di prestazioni dove è più debole la copertura del Servizio sanitario naziona-le quali l’assistenza odontoia-trica e quella socio-sanitaria.

Fabrizio Sciarretta

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Cura certa, portafoglio salvo!I FONDI SANITARI INTEGRATIVI

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I FONDI SANITARI INTEGRATIVI

Ben oltre un milione e centomila iscritti di cui 230.000 nel Lazio,

Fondo Est nasce nel 2005 in attuazione del Contratto Na-zionale di Lavoro per i dipen-denti delle aziende del Terzia-rio e del Turismo ed è oggi il maggior fondo di assistenza sanitaria integrativa italiano.Per approfondire logiche e prospettive di questo settore, abbiamo incontrato il suo pre-sidente, Simonpaolo Buon-giardino.Presidente, i fondi integra-tivi sono uno strumento ancora giovane e forse non da tutti conosciuto. Come procede l’adesione da par-te delle aziende? Riscon-trate una sufficiente sensi-bilità a questo tema?

Attualmente risultano iscritte più di 120.000 aziende, per un totale di oltre un milio-ne e centomila lavoratori, e considerando che Fondo Est è attivo da Aprile 2007 direi che la risposta delle impre-se è stata piuttosto positiva. Seguendo l’andamento delle iscrizioni abbiamo riscontrato un’adesione piuttosto forte nel Nord, dove gli iscritti sono circa il 70% dei lavoratori impiegati nei settori Terziario e Turismo, mentre nel Meri-dione abbiamo registrato una partecipazione più bassa con adesioni che non superano il 24%. Probabilmente il motivo risiede nel fatto che molte im-prese e molti consulenti non ci conoscono. Per questo uno dei nostri obiettivi consiste

nella diffusione capillare delle informazioni e dei servizi ri-guardanti Fondo Est, volta ad aprire un dialogo diretto con le aziende ed i Consulenti del territorio per dare loro tutto il sostegno ed ausilio di cui ne-cessitano.Ci dia una sua stima. Cosa succederà da qui a cinque anni considerando il com-plesso del sistema dei fon-di integrativi? Quanti lavo-ratori potranno usufruire della copertura di un fondo nel nostro paese?L’idea è che oggi l’assisten-za sanitaria integrativa possa fare la differenza, in quanto il sostegno economico è impor-tante non solo per le famiglie ma per il bilancio dello Stato più in generale. La nascita di

Intervista a Simonpaolo BuongiardinoPresidente di FONDO EST

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Fondo Est, come degli altri fondi di assistenza sanitaria, è stata caratterizzata dalla loro natura integrativa e di suppor-to rispetto al Sistema Sanitario Nazionale. Credo che in una prospettiva futura l’assistenza sanitaria integrativa si debba occupare, in modo sempre più completo, di quegli aspetti non coperti dai LEA (Livelli es-senziali di assistenza) della sa-nità pubblica, anche alla luce del recente Decreto Sacconi (27 ottobre 2009) che forni-sce un nuovo ed importante impulso a questo ambito pro-seguendo il percorso di attua-zione del complesso sistema dei fondi integrativi avviato dal precedente Governo. Il nostro obiettivo futuro è di arrivare a coprire tutto il potenziale ba-cino di utenza impiegato nei settori terziario e turismo, che secondo il dato Istat 2001 conta circa 2,2 milioni di lavo-ratori dei quali, fino ad ora, abbiamo intercettato oltre la metà.Evidentemente, oltre al di-pendente dell’azienda è necessario – all’interno del più generale sistema del Welfare – pensare anche ai suoi familiari. Come si muovono i fondi in questo ambito?Alcuni Fondi hanno già inclu-so, nell’ambito dei loro piani sanitari, l’iscrizione dei fami-liari dei loro assistiti. Fondo Est attualmente non prevede questa possibilità, ma posso dire che essa rientra nei nostri progetti futuri. Per ora stiamo cercando di migliorare i nostri piani sanitari per garantire co-perture sempre più complete ai nostri iscritti. La legge vi affida ormai an-che il compito di supporta-re il SSN in ambiti in cui in-contra maggiori difficoltà. E’ il caso delle cure odon-toiatriche e dei servizi so-cio-sanitari. Come evolve-rà lo scenario del rapporto fondi-SSN?

Credo che il rapporto tra i Fondi di assistenza integrati-va e il SSN tenderà ad essere sempre più solido ed articolato come dimostrato dalle regole di funzionamento del sistema, individuate dal Decreto Sacco-ni. Posso dire che la risposta del Fondo è stata immediata rispetto alle nuove esigenze. Il nostro piano sanitario che già prevede: il rimborso dei ticket, le visite specialistiche, la diagnostica, la chirurgia e pacchetti per la prevenzione e la maternità, è stato ampliato con un interessante pacchetto odontoiatrico, che comprende visita annuale con ablazione del tartaro ed un sostegno importante per gli interventi di implantologia, e con prestazio-ni mirate all’inabilità tempora-nea in caso di infortunio (fisio-terapia, agopuntura, presidi e ausili medici).

Un’ultima domanda. Ci spie-ghi il vostro segreto: le aziende vi versano un con-tributo di 10 euro al mese per iscritto e voi dal 2007 ad oggi avete erogato ben oltre 700.000 prestazioni. Allora esiste un modo per contenere i costi della sa-nità?Il nostro segreto deriva in par-te dal fatto che abbiamo oltre un milione e centomila iscritti. Infatti, condizioni di mercato normali non consentirebbero alcun tipo di prestazione sani-taria con solo centoventi euro l’anno, mentre un milione di assistiti, non selezionati sta-tisticamente (tutti i lavoratori debbono essere iscritti a pre-scindere dallo stato di salute), consentono un calcolo del ri-schio che ci permette di offrire un ampio ventaglio di presta-zioni a costi contenuti.

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La tabella mette in relazione i dati ISTAT (cen-simento 2001) relativi ai lavoratori dei settori Terziario e Turismo e i dati sui lavoratori iscritti a Fondo Est. Circa il 50% dei lavoratori risulta iscritto.

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MONTOPOLIDa dieci secoli arroccata sul crinale che divide l’Abbazia di Farfa

dalla Valle del Tevere e dal suo Monte Soratte, Montopoli vive del colloquio costante tra questi tre simboli della Sabina. Infatti, proprio su questa magnifica terrazza che domina da un

lato l’Abbazia e dall’altro il Fiume, l’Abate Ugo I, intorno al mille, costruì una torre di guardia per consentire ai frati di accorgersi di quei pericoli che la po-sizione di fondovalle dell’Abbazia non permetteva loro di avvistare. Si trattava del nucleo primigenio, tutt’ora in loco, intorno al quale si sviluppò il borgo, L’Abate aveva ovviamente scelto bene: infatti, dal Belvedere di Montopoli si possono osservare più di quaranta località, come riporta Don Carmelo Cristia-no ne “I Territori di Montopoli di Sabina e Bocchignano”, il testo da leggere per conoscere la storia di questi luoghi. A metà del X secolo, sempre ad opera degli Abati di Farfa, intorno alla torre sorse il castello sia con la costruzione di mura che sfruttando le “rupi” che cingevano una parte dell’area. Così, fino al 1119, Montopoli fu tra i castelli nell’orbita di Farfa. Poi, in un momento di crisi del potere politico dell’Abbazia, il borgo si costituì in libero Comune ed in questo assetto seguitò per oltre un secolo. Intorno al castello sorsero le contrade di Santo Stefano (oggi Via San Bonaventura) e San Michele (oggi Via Pacifica). Il Comune durò fino al 1243 quando i Colonna occuparono Montopoli e Bocchignano imponendo la loro signoria. In quegli anni sorsero il Palazzo della Signoria (Via della Torre).ed il Palazzo del Capitano (Piazza Cacciatori del Tevere). Nel 1345 l’Abbazia di Farfa, riuscì a riprendere Montopoli e la tenne fino al 1477. Fu un periodo fio-rente per il borgo anche perché gli stessi Abati spesso risiedevano nel Palazzo della Signoria e tenevano il loro tribunale nella piazza di Campo dei Fiori. A partire dal 1477 – grazie all’allora Abate di Farfa Cosimo Orsini – la cittadina entra nell’orbita di questa famiglia e, con essa, nel Rinascimento. Gli Orsini vi costruirono i loro tre palazzi che occupano l’area tra Via Orsini ed il Palazzo Comunale ed il borgo assunse la sua attuale conformazione con l’edificazione anche dell’area dell’attuale Piazza del Municipio.Il 1589 segna il passaggio di Montopoli dagli Orsini a signori più vicini a Papa Sisto V. Infatti, il Cardinale Farnese, Commendatario di Farfa, ne affida il go-verno al capitano di ventura fiorentino Angelo Felici. La famiglia Felici, a cui si deve nel 1631 la chiesa di Santa Maria degli Angeli, rinunciò ai suoi poteri agli inizi del ‘700 ma ormai Montopoli, come tutta la Sabina, era entrata nell’ “era moderna”. Dunque, questo antico borgo, ricco di storia, merita certamente una visita, magari in congiunzione con l’Abbazia di Farfa per ammirarla dal-l’alto. Da non dimenticare che per la festa del Santo Patrono, San Michele Arcangelo, Montopoli organizza una nutrita serie di manifestazioni che occu-pano la seconda metà di settembre.

393 0387512 (Pro Loco)e-mail: [email protected] www.prolocomontopoli.it

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Vicesindaco di Montopoli per dieci anni, da giugno dell’anno scorso Antimo Grilli, 42 anni, è assurto al rango di Primo Cittadino.Sindaco, quali iniziative hanno caratterizzato questo suo inizio di mandato ?

Credo che anzitutto vada evidenziata la continuità dell’azione amministrativa che collega il mio mandato ai due precedenti. E’ sia una questione di coeren-za di obiettivi di lungo periodo che un elemento fortemente positivo perché consente di portare a compimento iniziative che richiedono un impegno plu-riennale. Per quanto riguarda il primo aspetto, il nostro comune è innanzitutto concentrato sullo sviluppo di quei servizi essenziali collegati alle esigenze del-la gente: l’acquedotto, le scuole, con la relativa messa in sicurezza, le mense scolastiche di qualità e gli scuolabus gratuiti. C’è da sottolineare come negli ultimi dieci anni siamo riusciti a fornire un crescente livello di servizi senza aumentare in alcun modo le relative tariffe.E per quanto riguarda le iniziative pluriennali ? E’ il caso degli interventi di recupero dei centri storici di Montopoli e Boc-chignano a cui va aggiunta l’attenzione verso le problematiche legate alla gestione del traffico nei centri urbani. Si tratta di un insieme articolato di interventi che devono essere finalizzati alla creazione di parcheggi, al mi-glioramento degli accessi alle zone residenziali e degli accessi dalla viabili-tà locale alle strade provinciali, soprattutto nella zona degli impianti sportivi. Una sottolineatura specifica merita il progetto per l’eliminazione del traffico pesante dal centro storico di Bocchignano attraverso un apposito variante di collegamento nella strada provinciale mirtense. Poi, credo sia necessario sottolineare un aspetto che spesso sfugge, ovvero che per le amministrazioni locali un impegno significativo in termini di risorse ma spesso poco visibile da tutti è la manutenzione continuativa alle infrastrutture esistenti senza la quale vi è la certezza di gettare al vento quanto realizzato negli anni dalle amministrazioni precedenti.Passando dalle infrastrutture all’economia, certamente Montopoli ha una sua naturale vocazione turistica.Montopoli ha un suo antico e profondo rapporto con l’Abbazia di Farfa e proprio in virtù di quest’ultima stiamo sviluppando un’azione di riqualificazio-ne di un tratto del corso del torrente Farfa volta a fornire un ulteriore stimolo a visitare il nostro territorio. Si tratta, infatti, della creazione di un percorso naturalistico e di una pista ciclabile in parte già percorribili oggi. Inoltre, stia-mo realizzando la viabilità necessaria per collegare l’Abbazia con la riserva naturalistica del Tevere-Farfa passando per i territori dei comuni di Montopoli e di Torrita Tiberina. Insomma, una magnifica opportunità per passare un fine settimana tra cultura, natura e sport.Ed in termini di ricettività, com’è l’offerta montopolese ?E’ all’altezza della situazione. Abbiamo già sul territorio diversi agriturismi ed altri se ne vanno aggiungendo. Anche l’offerta di ristorazione è notevole. Si tratta di un fatto importante per la nostra economia che è comunque da sempre legata all’agricoltura ed all’olivicoltura in particolare. In più, il Comune dispone di due ostelli di cui uno con venticinque posti letto attualmente utiliz-zato per un progetto a favore di cittadini richiedenti asilo politico, l’altro ostello con venti posti letto che mettiamo a disposizione di chi ce ne fa richiesta. E’ di prossima pubblicazione una guida proprio per promuovere la nostra offerta turistica che supporterà ulteriormente il già eccellente lavoro che svolge la nostra Pro Loco e le tante altre associazioni presenti nel nostro territorio.

IL SINDACO DI MONTOPOLI

Il Sindaco di Montopoli Antimo Grilli

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L’endometriosi colpisce circa il 10% delle donne in età fertile ed in Italia si stima in circa 3 milioni il numero di coloro che ne sono affette ma, per contro, forse il problema maggiore nel fronteggiare questa malattia sta nella scarsa conoscenza che ne hanno le donne. Così, spesso, i sintomi della malattia vengano sottovalutati ed accettati come facenti parte dell’essere donna. Ciò può portare a far sì che anche molti anni trascorrano tra i primi sintomi e la dia-gnosi definitiva. Non a caso, il 60% dei casi di endometriosi si diagnosticano tra i 25 e i 35 anni di età, ma si valuta che nel 45% dei casi i sintomi erano già presenti dall’adolescenza.

Che cos’è ?

L’endometriosi è causata da una crescita anomala del rivestimento interno del-l’utero (endometrio) al di fuori dell’utero stesso. Così, spesso le aree endometrio-siche si trovano nel basso addome, nelle ovaie, nelle tube o negli spazi tra utero e vescica o tra utero e intesti-no. Più raramente, all’interno della vagina, della vescica o dell’intestino. In questi casi, le cellule dell’endometrio si impiantano nelle aree in que-

stione e si sviluppano arri-vando anche a formare cisti di grandi dimensioni.Nessuna delle ipotesi fin qui prodotte spiega inte-ramente la malattia che, probabilmente, ha alla base una serie di concause: di certo c’è che l’endometriosi si “nutre” degli ormoni ses-suali femminili, gli estrogeni. Tra le cause possono trovar-si, la metaplasia, ossia la ca-pacità di un tessuto normale di trasformarsi in un altro tipo di tessuto sempre normale; una predisposizione geneti-

ca, statisticamente, infatti, è frequente riconoscere l’en-dometriosi tra le parentele di primo grado; la diffusione linfatica o vascolare, ossia la possibilità che gruppi di cellule endometriali, duran-te la mestruazione, possano essere trasportate dai vasi linfatici o sanguigni in zone lontane del corpo e lì pos-sano svilupparsi; alterazioni immunologiche sono spes-so presenti anche se non è ancora chiaro se siano una causa o una conseguenza della malattia.

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Dott.ssa Manuela SteffèGinecologa, Responsabile Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita – Laboratorio Clinico Nomentano

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IL GINECOLOGOI Sintomi

Il dolore pelvico è il sinto-mo più comune. Spesso, ma non sempre, è in associazio-ne con il flusso mestruale. Perché il dolore? Ogni mese l’endometrio dell’utero, per regolazione ormonale, si stacca, sanguina e fuoriesce con le mestruazioni. Anche il tessuto endometriosico al di fuori dell’utero risponde agli ormoni nello stesso modo: durante il mese cresce e poi si stacca e sanguina. Es-sendo piccole aree situate in posizioni bizzarre, al san-guinamento segue imme-diatamente una reazione in-fiammatoria che circoscrive l’area e la isola dagli organi circostanti: si forma quindi la cisti endometriosica dal contenuto fluido-denso co-lor cioccolato (ossia sangue vecchio). La reazione infiam-matoria continua nella cisti e intorno ad essa è causa di dolore. Si capisce quindi perché il dolore possa essere associato al flusso mestrua-le, oppure essere riferito al-l’intestino, o essere presente durante l’ovulazione o i rap-porti.Ci sono poi anche altri sin-tomi importanti: dolore du-rante e dopo l’atto sessuale, infertilità, aborti spontanei, affaticamento cronico, pe-riodi di stitichezza alternati a diarrea. Questi ultimi sin-tomi possono far sospettare di “colon irritabile” in quanto simili ai sintomi di questa pa-tologia.

La Diagnosi

Purtroppo, l’indagine “prin-cipe” per una diagnosi certa rimane la laparoscopia che permette di effettuare del-le biopsie con conseguente esame istologico. E’ difficile però proporre da parte del-lo specialista e, al contem-

po, accettare da parte della paziente un intervento chi-rurgico come strumento di diagnosi, specialmente se i sintomi non sono severi. Quindi spesso si scelgono inizialmente altri approcci che possono condurre ad un ragionevole “sospetto” di en-dometriosi. Fondamentale è il colloquio con lo specia-lista per analizzare i sintomi sotto tutti gli aspetti, e me-todiche quali l’ecografia o, eventualmente, la risonan-za magnetica. E’ impor-tante poter identificare fin da subito le donne in cui esiste una sospetta endometriosi, specie se molto giovani, per-ché è possibile attuare una strategia terapeutica diversa per ogni stadio della malattia prevenendo i danni che pos-sono prodursi nel tempo.

La Terapia

Non essendo chiare le cause dell’endometriosi, non esiste parimenti una terapia defi-nitiva. Si sviluppano quindi approcci clinico-terapeuti-ci caso per caso adattando la terapia alla risposta della paziente. Le terapie posso-no essere chirurgiche o far-macologiche e sono mirate a contenere il dolore e/o a contrastare l’infertilità. Tra le terapie farmacolo-giche le sostanze ormonali più comunemente impiega-te comprendono la pillola contraccettiva spesso utiliz-zata senza pausa; pillole ad esclusivo contenuto proge-stinico; il danazolo; i dispo-sitivi intrauterini a rilascio di progesterone. Creare uno stato pseudo-menopausale temporaneo per lunghi pe-riodi talvolta è necessario per ridurre la malattia e man-tenerla sotto controllo. Utili sono anche gli antinfiam-matori e antidolorifici, che spesso però causano gastri-

te. La terapia chirurgica è quasi sempre conservativa e laparoscopica; comporta l’asportazione o la distruzio-ne delle lesioni; può allevia-re i sintomi e, in alcuni casi, permettere una gravidanza. Ciò nonostante, come per le altre modalità terapeutiche, le recidive sono frequen-ti. Poiché la gravidanza di frequente causa una re-missione temporanea della sintomatologia e poiché si pensa che l’insorgenza di sterilità diventi più probabile con il perdurare della malat-tia, spesso si consiglia alle donne con endometriosi di “avere una gravidanza” il più presto possibile. Durante la gravidanza generalmente i sintomi legati all’endometrio-si migliorano, in particolare negli ultimi mesi. Tuttavia, in alcune donne i dolori pelvici sono violenti, in particolare durante il primo trimestre. Nel complesso, comunque, gli effetti benefici della gra-vidanza sono solo tempora-nei e spesso, dopo un paio d’anni dal parto, ritorna la malattia.

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OEndometriosi ed Infertilità

Si stima che circa il 30- 40% delle donne con endome-triosi abbia problemi, più o meno gravi, ad avere una gravidanza. Essere affette da endometriosi non signi-fica però automaticamente che non si potrà avere una gravidanza, bensì che è mol-to probabile che si abbiano problemi, più o meno com-plessi, per ottenerla. Nella maggior parte dei casi, an-cora non è noto perché con l’endometriosi ci sia difficoltà nel concepire. In alcuni casi la causa è evidente poiché l’endometriosi ha causato un danno alle tube importante, mono o bilaterale.La strategia terapeutica è necessariamente personaliz-zata, in base allo stadio della malattia, precedenti terapie mediche o chirurgiche effet-tuate, età della paziente.Nell’endometriosi minima o lieve l’inseminazione intrau-terina (AIH) associata ad una terapia per l’ovulazione dà buone possibilità di gravi-

danza (meglio se preceduta da un intervento chirurgica per la rimozione delle lesioni esistenti) anche se con pro-babilità di successo inferiori rispetto alle pazienti non af-fette da endometriosi. Qualora falliscano i program-mi di AIH oppure si abbia un’endometriosi media o se-vera, si possono effettuare dei programmi di feconda-zione in vitro (FIVET- Fertiliz-zazione In Vitro con Embryo Transfer, consistente nella fe-condazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione nell’utero della donna). Purtroppo, anche con la fecondazione in vitro la probabilità di ottenere una gravidanza rimane inferiore rispetto alle pazienti non af-fette.

Laparoscopia

La laparoscopia è una me-todica chirurgica assai meno invasiva delle tecniche tradi-zionali di chirurgia “aperta”. Essa consiste nell’impiego congiunto di un laparosco-pio e di specifici strumen-

ti chirurgici. L’uno e gli altri vengono introdotti nel corpo della paziente attraverso pic-cole incisioni.Il laparoscopio è un tubo mol-to sottile che consente, con-temporaneamente, di portare una fonte di luce all’interno degli organi interessati dal-l’intervento e, viceversa, di trasmettere all’esterno l’ im-magine degli organi in modo tale che il chirurgo possa visualizzarla su un monitor ed eseguire l’intervento at-traverso strumenti da presa e da taglio della tipologia ne-cessaria per l’intervento.

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