Milanonera Web Press Numero 1

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T orna dopo sette anni di silenzio il maestro del giallo italiano: Carlo Lucarelli. Ritorna, dopo tanta televisione, alcuni racconti e qualche saggio, con un ro- manzo di ampio respiro: L’ottava vibra- zione, edito da Einaudi. Un romanzo che ci racconta come era- vamo più di cent’anni fa quando parti- vamo male equipaggiati per inseguire il sogno colonialista in Africa. Un libro che l’autore spiega essere nato e sviluppato dentro di sé, senza che lui lo cercasse. Si è rivelata una necessità, come una spinta compulsiva che l’ha costretto a studiare una parte della nostra storia sco- nosciuta, come quella del colonialismo, fino alla battaglia di Adua del 1896. “Questa storia l’ho avuta dentro la te- sta”, spiega Lucarelli nella lunga intervi- sta che trovate a pagina 3, “all’inizio solo con una serie di immagini, come quella della bimba che balla a piedi nudi. Poi sono stato a Massaua, proprio per studiare l’ambientazione del libro, e ho visto la stessa scena che per anni ho avu- to nella mia mente: la bambina che balla a piedi nudi. Lì ho capito che questo voleva dire qual- cosa per me e ho iniziato a procurarmi documenti dell’epoca e parlare con le persone che ho conosciuto e vivono in Eritrea. Ho scoperto un mondo di odori, suoni, caldo appiccicoso, che ho sentito di do- vere descrivere nel libro.” E tornare alla scrittura “vera” deve aver- gli fatto riprendere gusto alla narrazio- ne tanto che, ci rivela, sta già lavorando ad un nuovo romanzo, un libro che lo riporta alle origini quando esordì con Carta Bianca. “Ho in mente una nuova storia del com- missario De Luca”, rivela “e la pubbli- cherò con Sellerio”. Noi ne siamo felici e aspettiamo, pron- ti ad ospitarlo nuovamente sulla prima pagina del nostro giornale, con il suo nuovo lavoro. AMORE E GUERRA AI TEMPI DEI CORSARI Intervista a Massimo Carlotto a pagina 4 IL MISTERO DEGLI INCURABILI Il primo capitolo in esclusiva a pagina 7 LOS ANGELES E LE ALTRE CITTà IN NOIR La nuova collana Nero Alet a pagina 10 EVENTI Milano in Bionda 21 giugno 2008 a pagina 13 JOE LANSDALE Tre domande a uno dei maestri del noir americano contemporaneo a pagina 11 LEONARDO PADURA FUENTES “Vi racconto la mia Cuba di ieri e di oggi” a pagina 2 JAMES SALLIS Incontro con l’autore de Il bosco morto, in Italia in questi giorni. a pagina 6 PATRICK GRAHAM “Paragonatemi a Umberto Eco, non a Dan Brown” a pagina 5 Il maestro del giallo è tornato Dopo sette anni il nuovo romanzo di Carlo Lucarelli interviste Rivista bimestrale dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita. Numero uno, maggio 2008 Carlo Lucarelli [foto di Michele Corleone/Studio CUT UP]

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T orna dopo sette anni di silenzio il maestro del giallo italiano: Carlo

Lucarelli.Ritorna, dopo tanta televisione, alcuni racconti e qualche saggio, con un ro-manzo di ampio respiro: L’ottava vibra-zione, edito da Einaudi.

Un romanzo che ci racconta come era-vamo più di cent’anni fa quando parti-vamo male equipaggiati per inseguire il sogno colonialista in Africa.Un libro che l’autore spiega essere nato e sviluppato dentro di sé, senza che lui lo cercasse.

Si è rivelata una necessità, come una spinta compulsiva che l’ha costretto a studiare una parte della nostra storia sco-nosciuta, come quella del colonialismo, fino alla battaglia di Adua del 1896.“Questa storia l’ho avuta dentro la te-sta”, spiega Lucarelli nella lunga intervi-sta che trovate a pagina 3, “all’inizio solo con una serie di immagini, come quella della bimba che balla a piedi nudi. Poi sono stato a Massaua, proprio per studiare l’ambientazione del libro, e ho visto la stessa scena che per anni ho avu-to nella mia mente: la bambina che balla a piedi nudi. Lì ho capito che questo voleva dire qual-cosa per me e ho iniziato a procurarmi documenti dell’epoca e parlare con le persone che ho conosciuto e vivono in Eritrea.Ho scoperto un mondo di odori, suoni, caldo appiccicoso, che ho sentito di do-vere descrivere nel libro.”E tornare alla scrittura “vera” deve aver-gli fatto riprendere gusto alla narrazio-ne tanto che, ci rivela, sta già lavorando ad un nuovo romanzo, un libro che lo riporta alle origini quando esordì con Carta Bianca.“Ho in mente una nuova storia del com-missario De Luca”, rivela “e la pubbli-cherò con Sellerio”.Noi ne siamo felici e aspettiamo, pron-ti ad ospitarlo nuovamente sulla prima pagina del nostro giornale, con il suo nuovo lavoro.

Amore e guerrA Ai Tempi dei corsAriIntervista a Massimo Carlottoa pagina 4

iL misTero degLi incurAbiLiIl primo capitolo in esclusiva

a pagina 7

Los AngeLes e Le ALTre ciTTà in noirLa nuova collana Nero Alet

a pagina 10

eVenTiMilano in Bionda21 giugno 2008

a pagina 13

Joe LAnsdALeTre domande a uno dei maestri del noir americano contemporaneo

a pagina 11

LeonArdo pAdurA FuenTes“Vi racconto la mia Cuba di ieri e di oggi”

a pagina 2

JAmes sALLisIncontro con l’autore de Il bosco morto,in Italia in questi giorni.

a pagina 6

pATricK grAHAm“Paragonatemi a Umberto Eco, non a Dan Brown”

a pagina 5

Il maestro del giallo è tornatoDopo sette anni il nuovo romanzo di Carlo Lucarelli

interviste

Rivista bimestrale dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita. Numero uno, maggio 2008

Carlo Lucarelli [foto di Michele Corleone/Studio CUT UP]

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milanoNERA2 Maggio 2008

ediToriALe - dalla rete alla libreria, gratis.

L’avventura continua su carta

A d ondate regolari qualcuno af-ferma che il giallo è morto, che è

letteratura di serie B, o che comunque se i giallisti fossero scrittori seri scri-verebbero altro. Ecco: milanonera nasce per confutare tutte queste tesi. Un’avventura che porto avanti dall’ago-sto del 2006 quando, coinvolgendo nell’impresa altri amici scrittori, critici letterari e giornalisti, fondai il blognoir milanonera. Da allora di strada ne abbiamo fatta pa-recchia: in diciotto mesi di attività ab-biamo recensito quasi quattrocento libri, intervistato un centinaio di scrittori e il blog, che nel frattempo si è trasformato in portale, si è guadagnato la fiducia di diverse migliaia di lettori ogni mese. Risultati che hanno convinto l’editore Kowalski, e noi della redazione, ad as-

sociarci per intraprendere la strada della carta stampata creando così milanone-ra web press, un giornale che nasce dal-la rete e arriva in libreria, gratuitamente. Sarà completamente a colori e verrà di-stribuito, con cadenza bimestrale, in tut-te le librerie d’Italia con una forte pre-senza nei punti vendita Feltrinelli di cui il marchio Kowalski fa parte.Un’avventura partita in solitaria col tem-po si è trasformata in una rivista collet-tiva proponendosi come punto di riferi-mento per gli appassionanti del genere, lettori e addetti ai lavori. Ci siamo impegnati leggendo, scriven-do, incontrando gli scrittori. Ne è nato questo primo numero di cui vado or-goglioso: tante recensioni, anticipazio-ni e interviste ad alcuni degli autori di genere italiani e stranieri più famosi: da Massimo Carlotto a Carlo Lucarelli, da Valerio Varesi a James Sallis, da Joe Lan-sdale a Leonardo Padura Fuentes. Il noir mondiale direi che è degnamente rappresentato in queste pagine che ho fortemente voluto zeppe di libri perché la gente che ama leggere è sempre alla ricerca di buoni consigli di lettura. E noi quei consigli li diamo gratis: sia in rete che nell’edizione cartacea cercan-do di rispondere a quella richiesta che forse molte testate dedicate al noir (pur-troppo tutte fallite, forse a a causa di un

prezzo di copertina eccessivo) non sono riuscite a convogliare. Noi ci proviamo. Cocciutamente.

Il nostri intenti principali sono due.Il primo: scrivere recensioni solo di libri che ci piacciono. Perché i libri costano, e perché vale la pena leggere solo buoni libri. Non necessariamente appena pub-blicati.Non cerchiamo solo tra le novità - dove sta scritto infatti che i libri nuovi sono più belli? - ma anche tra quelli del pas-sato sforzandoci di sfatare la terribile legge editoriale secondo la quale dopo tre mesi un libro è morto e sepolto. Non è così.Un bel libro rimane per sempre tale. Specialmente se non lo si è letto.L’altro proposito di questo giornale car-taceo (la dicitura web press deve essere indicativa in questo senso) è di creare un circuito virtuoso con il sito www.mi-lanonera.com dove ogni giorno, come dall’inizio dell’avventura, pubblichiamo un nuovo articolo che avrete la possibili-tà di commentare direttamente. Insomma oggi non nasce l’avventura milanonera, continua. Mi auguro per molto tempo.

Paolo [email protected]

EDITORIALE

Dopo anni di silenzio è uscito in libreria La nebbia del passato (Marco Tropea Editore, p. 350, € 16.90) il nuovo romanzo dello scrittore cubano Leonardo Padura Fuentes. milanonera l’ha intervistato.

Lei sostiene che a cuba la letteratura sia più li-bera del giornalismo. perchè? non ritiene che lo stesso concetto potrebbe essere applicato anche alla stampa di molti paesi occidentali?La stampa cubana, che appartiene allo Stato, è asso-lutamente selettiva e al servizio del sistema. La lette-ratura cubana ha assunto quindi anche il compito di raccontare la realtà, di diventare cronaca e memoria del presente. Ripeto spesso che se fra cinquant¹anni qualcuno legges-se un giornale cubano e un mio ro-manzo penserebbe che stiamo par-lando di due paesi differenti. Alla fine la letteratura è più “reale” del giornalismo. A parte la stampa di propaganda, che è il caso cubano, spesso i media anche altrove sono controllati da gruppi politici ed economici.

nel suo ultimo romanzo mario conde racconta come sempre la vita quotidiana a cuba. Quant’è cambiata l’isola, e quant’è cam-biato conde in questi undici anni d’inattività?

Tra questo romanzo e i primi della serie sono passati quasi quindici anni.Mario Conde passa dalla fine della giovinezza alla piena maturità, e in lui cresce il disincanto, una tri-stezza più profonda che deriva dalla consapevolezza: quello che ha perso non può recuperarlo, e questo riguarda anche la società. Mario Conde invecchia con me ed è testimone della vita cubana. Il periodo che va dal 1989 al 2004 non è un periodo qualsiasi: sono i quindici anni che vanno dalla caduta del muro di Berlino alla guerra in Iraq.Adesso la gente con l’arrivo di Raul Castro ripone più speranza nel futuro, si augura che sia l’inizio di

uno spazio di possibilità individua-le che prima non esisteva, l’inizio di un cambiamento dopo lunghi anni di immobilismo. Anche se per il momento delle nuove concessio-ni (come la possibilità di avere una linea telefonica) ne beneficia solo il 15-20 per cento della popolazio-ne.

nel romanzo lei rievoca la dolce vita habanera dei cabaret e dei lo-cali notturni degli anni cinquan-ta. Qualche nostalgia dell’epoca d’oro del bolero cubano?Gli anni Cinquanta per me sono un’epoca sfumata dai ricordi al-trui, soprattutto quelli dei genito

ri, ma la musica cubana di quegli anni è il bolero. A quell’epoca la vita culturale dell’Avana era molto vivace, anche se c’erano aspetti tragici, come la ditta-tura di Batista. Inoltre allora si stava completando un processo di corruzione iniziato vent’anni prima, con l’ingresso anche della mafia.Ma il bolero è l’espressione del sentimento, della drammaticità cubana, e di fronte allo splendore degli anni Cinquanta provo il fascino di chi quell’epoca non l’ha vissuta.

Paolo Roversi

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Hanno collaborato a questo nuMero:Daniela Basilico, Antonella Beccaria, Da-niele Biacchessi, Paolo Bianchi, Annarita Briganti, Donatella Capizzi, Claudia Cara-maschi, Alfredo Colitto, Silvia Cravotta, Ste-fano Favaro, Fabio Fracas, Paolo Franchini, Paolo Grugni, Simona Mammano, Adele Marini, Luca Ottolenghi, Giancarlo Pagani, Valeria Palumbo, Seba Pezzani, Raffaella Pic-cinni, Massimo Rainer, Paolo Roversi, Am-bretta Sampietro, Simone Sarasso, Gian Paolo Serino, Giampaolo Simi, Nicoletta Vallorani.

la Cuba di ieri e di oggi raccontata da Leonardo Padura Fuentes

Leonardo Padura Fuentes

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milanoNERA 3Maggio 2008

INTERVISTE

F accio l’intervista a Carlo Lucarelli nel suo castello di Mordano. È un’antica

costruzione all’interno della cui torre lo scrittore ha posto il suo studio. Enorme tavolo in cristallo al centro, gran-di finestre che assicurano tanta luce, ma anche la vista del paese e librerie, tante librerie, i cui autori sono suddivisi in ma-niera geografica (la stessa soluzione che ho adottato io).Sono tanti anni che conosco Carlo e ogni volta che passo con lui varie ore ho la ma-niera di apprezzarlo per la sua semplicità, piena di introspezione, che la fama non ha mai scalfito.Faccio fatica a trovare un posto nell’enor-me tavolo per il mio computer, devo spostare pile di fogli, sentenze, relazioni parlamentari, tutto materiale che sta studiando per le prossime puntate di Blu Not-te. La prossima, che inizia in autunno, affronterà il tema della mafia al nord. Sarà una puntata da non perdere assolutamente.

come lavori per costruire una puntata di blu notte?I miei collaboratori, i giornalisti Francesco La Licata e Mario Portanova, fanno un dossier, lo completano con interviste, sentenze e quanto è dato sapere sul caso. Poi voglio leggere tutto e racconto sintetizzando, tenendo ovviamente conto dei tempi televisivi. Quello che viene fuori sono 40 pagine di testo in cui inserisco i filmati.

Quanto questo romanzo è importante per te?Moltissimo, mi sento emozionato come al mio debutto

che è avvenuto con Carta bianca pubbli-cato da Sellerio nel 1989.

perché questo libro, anch’esso storico come i sellerio, non l’hai proposto alla tua prima casa editrice?Il commissario De Luca è Sellerio, ma questo è nato con Einaudi. I romanzi nuovi che penso diventano automaticamente Einaudi, perché parlo dell’idea che ho in mente con Severino Cesari, editore con Paolo Repetti della collana Stile Libero, e insieme ne discu-tiamo.

Hai presente la domanda che per un po’ di tempo non ti faranno più i tuoi lettori, ma che fino all’uscita di quest’ultimo romanzo ti è sta-ta fatta ovunque e con assoluta costanza. “Quando esce il suo prossimo romanzo?”Mi rendo conto delle ragioni dei miei lettori, ma io questa storia l’ho avuta dentro la testa, all’inizio solo con una serie di immagini, come quella della bimba che balla a pie-di nudi. Poi sono stato a Massaua, proprio per studiare l’ambienta-zione del libro, e ho visto la stessa scena che per anni ho avuto nella mia mente: la bambina che balla a piedi nudi. Lì ho capito che questo voleva dire qualcosa per me e ho iniziato a procurarmi documenti dell’epoca e parlare con le per-sone che ho conosciuto e vivono in Eritrea. Ho scoper-

to un mondo di odori, suoni, caldo appiccicoso, che ho sentito di dovere descrivere nel libro. I suoni mi hanno appassionato, tutti questi dialetti di-

versi, dovevo riuscire a farlo per-cepire anche a chi legge il libro. Spero di esserci riuscito. Vole-vo rendere la sintonia delle varie voci. Ho inserito una colonna sonora, come in tutti i miei libri, l’unica che non c’entra è una canzone di Nilla Pizzi, ma l’ho voluta met-tere perchè la cantava mia madre

quando ero piccolo e per me ha una valenza speciale. perchè nello sfondo, come un protagonista, hai mes-so la battaglia di Adua?Perchè gli italiani hanno avuto questa grande sconfit-ta per i soliti motivi di tutta la nostra storia recente. Sono andati in Africa impreparati, anche culturalmen-te, volevano farne un pezzo d’Italia, senza sapere cosa avrebbero trovato. Le persone, la terra cosa avrebbe potuto dare.In più senza soldi. Gli studenti, a Napoli, dopo la scon-fitta di Adua, che è costata cinquemila morti, gridava-no “Viva Menelik” il negus etiope che ci ha battuto ad Adua. C’è stata quindi una ribellione in Italia a questo delirio di conquista. Mi viene il parallelo con l’Iraq.

so che con questo romanzo hai avuto in mente Konrad, Kipling, ma io leggendolo ho sentito tanto dell’anima nera dell’Hemingway de i quarantanove racconti? pensi che io sia così lontana con questo paragone letterario?No, non ci avevo pensato, ma ti ringrazio per il parago-ne e penso che tu abbia ragione.

nei tuoi precedenti romanzi non hai mai inserito la parola amore. in questo sì. perchè?Ho spaziato nei sentimenti, aggiungendo anche questo. Alcuni di questi amori sono uniti alla morte, altri no.

il prossimo libro? non ho potuto evitare la doman-da, così sarò la prima ad avertela fatta per i prossimi sette anniNon rinnegando i miei libri precedenti, ho in mente una nuova storia di De Luca, e sarà Sellerio.

Simona Mammano

Lo scrittore ritorna in libreria con un romanzo dopo sette anni

L’Africa che mi fa vibrareUn’intervista a trecentosessanta gradi con Carlo Lucarelli

Carlo LucarelliL’oTTAVA VibrAzioneeinaudi, p. 456, € 19,00

Questa è la terra dell’ottava vibrazionedell’arcobaleno: il NeroÈ il lato oscuro della luna,portato alla luce.Ultimo colpo di pennello nel dipinto di Dio.

È dal poeta etiope Tsagaye Gabre-Medhin, che Carlo Lu-carelli prende il titolo del suo ultimo romanzo, L’ottava

vibrazione (Einaudi 2008, pp. 456, euro 19), un libro che l’autore spiega essere nato e sviluppato dentro di sé, senza che lui lo cercasse.Si è rivelata una necessità, come una spinta compulsiva che l’ha costretto a studiare una parte della nostra storia sconosciuta, come quella del colonia-lismo, fino alla battaglia di Adua del 1896. Con questo romanzo Lucarelli è cresciu-to nella scrittura come forma, perché ri-esce a trasmetterci vivide immagini che coinvolgono a fondo i nostri sensi, ma è riuscito a mettere in luce tutta la sua sensibilità di scrittore.

Il lettore viene assalito in maniera in-tensa dagli odori, a volte forti e sgrade-

voli, dai rumori, dai silenzi, dalla confusione di una terra che è considerata di tutti, tranne di chi l’ha sempre abitata, para-gonandola così a un far west italiano. Riesce a farci percepire i diversi sentimenti che animano le persone che abitano la colonia, con le loro passioni, a volte con un risvolto nero, altre con uno amoroso.Sì, Lucarelli ci parla anche di amori, al plurale perché gli amori possono essere dolci, ma anche terribili.È un romanzo profondo quello che ci propone, dove mette in luce le motivazioni che gli italiani hanno dato per con-quistare una colonia, esattamente identiche a quelle con cui tutto il mondo odierno giustifica le invasioni in altre terre: l’esportazione della democrazia.

Questo è un romanzo corale, dove le storie dei personaggi non sono mai se-condarie. Ma è corale anche dal punto di vista linguistico, perché tutti i prota-gonisti utilizzano una loro lingua, che può essere un dialetto africano, ma an-che la miriade dei dialetti italiani, dove la diversa provenienza rivela e mette in luce culture a volte opposte, anche se provengono dalla stessa Italia.Se Lucarelli per darci un romanzo così completo deve metterci sette anni, sia-mo disposti ad aspettare gli stessi tem-pi per il prossimo.

Simona Mammano

LUCARELLIL’OTTAVAVIBRAZIONE

EINAU

DI

Einaudi. Stile libero Big

� 19,00

Carlo Lucarelli (Parma 1960) vive tra Mordano e San Marino. Dopo Almost blue (1997),Il giorno del lupo (1998), L’isola dell’Angelocaduto (1999), Mistero in blu (1999), e Guernica(2000), tra gli ultimi suoi libri pubblicati da Einaudi Stile libero ci sono il romanzo Un giorno dopo l’altro (2000) e i racconti di Il lato sinistro del cuore (2003); poi Nuovi misterid’Italia (2004), La mattanza (2004) e PiazzaFontana (2007) – gli ultimi due con allegati i Dvd del ciclo televisivo Blu notte.I suoi romanzi sono tradotti in piú lingue, e sonooggetto di versioni cinematografiche e televisive,tra cui la recente serie L’ispettore Coliandro.Conduce da alcuni anni in Tv Blu notte, la fortunata trasmissione dedicata a casi misteriosi e insoluti, o ad aspetti in ombra della storia italiana.

ISBN 978-88-06-19069-9

9 7 8 8 8 0 6 1 9 0 6 9 9

Massaua, 1896. Nel catino rovente di una città sensualee cosmopolita tutti i destini si intrecciano.Mentre un detective non autorizzatoè ossessionato dalla ricerca di un assassino di bambini,uomini, donne e soldati precipitano, senza saperlo,verso il proprio destino. Verso la piú colossaledisfatta che il colonialismo europeo abbia subito. La battaglia di Adua.

Un grande romanzo di guerra e d’amore. E di delitti.

Una storia epica rinasce dall’ombra del passatoe irrompe in una luce cupa e visionaria, splendida e dannata.Tutte le voci, i dialetti e le lingue, sono il tessuto di un romanzocorale dove inferno e salvezza abitano insieme. Gli amori i tradimenti i deliri e le perversioni piú folli si intrecciano all’innocenza piú pura, l’arroganza dei potenti vive accanto alla comunità degli umili, la magia e il quotidiano si fondono.Lo scrittore che ha rinnovato il noir italiano porta la propria indagine della «metà oscura» dell’anima in un nuovo, inesplorato terreno. Dove una pagina oscura della nostra storia diventa leggenda.

Si sentiva.Si sentiva nell’aria che schiacciava la città.C’era qualcosa di diverso in quell’aria immobile e pesante, calda come in un forno, un odoreaspro di metallo e fumo bagnato, un brivido elettrico, che sapeva di bruciato e faceva rizzare i peli sulle braccia. Era già stagione di piogge,ma non è aria di temporale quella che possonosentire tutti, da Massaua e lungo la costa, oltreArchico, Zula, Assab, e dentro, fino a Cheren, e su per l’altopiano, fino ad Asmara, Agordat e oltre, oltre i confini della Colonia, nelle terredel negus.È aria di guerra.

Progetto grafico di Riccardo Falcinelli. Elaborazione grafica di immagini Gettyimages e De Agostini/Alinari.Image editor Maria Virdis.

EINAUDI STILE LIBERO • BIG

CARLO LUCARELLI

L’OTTAVAVIBRAZIONE

LUCARELLI COVER.qxd 26-02-2008 17:04 Pagina 1

il libro

“ In Eritrea ho scoperto un

mondo di odori, suoni, caldo appiccicoso,

che ho sentito di dovere

descrivere nel libro. ”

Carlo Lucarelli

“Gli italiani sono andati in Africa impreparati,

volevano farne un pezzo d’Italia, senza sapere

cosa avrebbero trovato”

Page 4: Milanonera Web Press Numero 1

milanoNERA4 Maggio 2008

INTERVISTE

Trovo che sia stato coraggioso ambientare un romanzo nel 1500 con protagonisti due corsa-

ri omosessuali. come ti è venuta l’idea?Leggendo il verbale di un processo del Sant’Uffizio che mi ha dato la possibilità di scoprire che nelle città cor-sare si rifugiavano gli omosessuali che volevano vivere la loro vita in modo pubblico e senza il timore di essere processati, torturati e uccisi. Inoltre cercavo due perso-naggi di “rottura” con il mondo occidentale e cristiano e due ex lanzichenecchi gay mi sono sembrati perfetti.

Quanta ricerca e documentazione c’è voluta per ri-costruire così bene la vita dei corsari?Oltre tre anni di letture e ricerche per scoprire duran-te un viaggio ad Algeri che la prima stesura era poco equilibrata dal punto di vista storico essendomi docu-mentato su testi di storici occidentali e cristiani. Per fortuna ho incontrato intellettuali algerini che mi hanno dato la possibilità di accedere ad altri testi e l’Istituto di Cultura Italiano è riuscito a ottenere il permesso per una mia visita al palazzo del Beylerbey e all’harem, luoghi fonda-mentali per la mia narrazione.

Ti sei ispirato a qualche autore in par-ticolare per scrivere questo romanzo?No. Ho voluto arrivare a questo ro-manzo privo di “bussola” per godermi l’esperienza fino in fondo.

Hai voluto raccontare una metafora di come le reli-gioni dovrebbero convivere? Quella che ora sembra la più integralista una volta era la più tollerante e viceversa...Fino a quando i corsari rinnegati ebbero saldamente in pugno il potere nelle città del Maghreb l’Islam fu

tollerante e in qualche modo progressista (eccetto la condizione femminile). Quel mondo terminò nel 1830 con la conquista fran-cese dell’Algeria e da quel momento l’involuzione della società fu una costante interrotta negli anni Sessanta dalla liberazione ma oggi, purtroppo, il fondamentali-smo uccide gli omosessuali, la libertà, opprime le don-ne e la cultura. Del resto è anche vero che il mondo cristiano su certi temi non ha fatto poi tutti questi progressi…

il tuo libro si apre con l’attacco di carlo V ad Alge-ri, la roccaforte dei corsari. una battaglia epica fra buoni e cattivi anche se a ben vedere nessuno dei due contendenti era completamente buono o cat-tivo

Non c’erano buoni e cattivi. Nella guerra di corsa un mondo era speculare all’altro. I cavalieri di Malta e i veneziani erano pirati del-la peggior specie esattamente come gli algerini. Quello che mi interessava veramen-te svelare era che dietro al concet-to di scontro di civiltà si cela, ieri come oggi, la necessità del control-lo politico, militare ed economico del Mediterraneo.

Quanta verità storica e quanta fantasia c’è nel tuo romanzo?

La fantasia è l’intreccio di trama. Personaggi, ambien-tazioni e fatti sono fedelmente riprodotti dalle crona-che dell’epoca.

c’è una bella frase nel romanzo in cui si dice che farsi turchi era un modo per cambiare la propria condizione: “il destino non era deciso dalla nascita ma dalla fortuna...”E questa era la molla che faceva scattare in molti “au-daci” il desiderio di farsi “turchi”. Mi ha colpito scoprire che moltissimi europei sono diventati corsari e musulmani (per pura convenienza) per poter sfuggire a un destino deciso fin dalla nasci-ta. L’inquisizione quando li processava insisteva molto su questo punto e cioè sull’ardire di aver voluto osare pensare di mutare la propria posizione sociale dato che solo Dio può decidere chi nasce nobile e chi plebeo.

Tu ti sei sempre dichiarato un autore di genere (al-meno al festival nebbiagialla lo hai fatto): cristiani di Allah però forse s’inserisce più nel filone del ro-manzo storico che in quello noir mediterraneo a te tanto caro. È corretta questa interpretazione?Sono e rimango fieramente un autore di genere e ho scritto questo romanzo pensando a un noir mediterra-neo o meglio a un progetto che mi portasse alle origini di questo filone narrativo.Ho cercato di stare il più lontano possibile dal romanzo storico vero e proprio (anche se la tentazione era forte per la mole di materiale che avevo a disposizione).Ritengo di essermi attenuto alle regole fondamenta-li del noir, ma mi rendo conto che forse non è così evidente.

il titolo del romanzo è un omaggio a un altro libro. ce ne vuoi parlare?

Sergio Atzeni oltre ad essere un grande scrittore è sta-to anche un grande traduttore e questa attività è poco nota. Prendendo il titolo da un importante saggio dei Benassar tradotto ormai nel lontano ’91 e pubblicato da Rizzoli ho voluto rendergli omaggio.

dall’Alligatore al corsaro redouane è un bel salto: quanto è stato difficile staccarti dal tuo personaggio e inventarne uno altrettanto forte?Ho dovuto concentrami molto per immaginarlo. Prima di scrivere ho avuto bisogno di “vederlo” nel-la mia mente e solo allora sono riuscito a staccarmi. Anche per questo è stato fondamentale il viaggio ad Algeri, camminare per i vicoli della Casbah, osservare la città con il “suo” punto di vista mi ha permesso di renderlo forte. Al punto che molti lettori mi stanno chiedendo il seguito.In che guaio mi sono cacciato?

per dirla come il titolo di un tuo romanzo: con l’Al-ligatore è solo un “arrivederci amore, ciao” non un addio, giusto? Quando lo rivedremo all’opera?Il nuovo romanzo dell’Alligatore uscirà a settembre 2009. Come ho avuto modo di dire a NebbiaGialla, ho bisogno di tempo per maturare una storia impor-tante e capire le trasformazioni umane e psicologiche del personaggio.

come ti comporterai col personaggio di rossini? continuerà a essere presente nelle tue storie anche se l’ispiratore di questo personaggio non c’è più come hai raccontato ne “La terra della mia anima”?Rossini, come hanno avuto modo di ripetere più volte i miei lettori, deve continuare a vivere come personag-gio di carta e io sono molto felice di accontentarli.

Paolo Roversi

milanonera incontra l’autore di Cristiani di Allah

Amore e guerra ai tempi dei CorsariBattaglie epiche e amori omosessuali nel nuovo romanzo di Massimo Carlotto

Massimo CarlottocrisTiAni di ALLAHe/o, p. 194 € 19.50

Algeri, 1541.La possente armata

di Carlo V, punta di lan-cia della Cristianità, vie-ne annientata alle porte della capitale nordafrica-na dai corsari di Hassan Agha, che reggono la città per conto del sul-tano di Costantinopoli. I corsari sono in gran parte dei rinnegati, eu-ropei cristiani che hanno abbracciato l’Islam, per interes-se, come scelta di libertà o più semplicemente per poter saccheggiare navi e depredare le coste del Mediterraneo sotto la protezione della Sublime Porta.Anche Redouane e Othmane, i protagonisti del roman-zo, sono dei corsari rinnegati. Il primo albanese, il secon-do tedesco, ex lanzichenecchi, hanno scelto la libertà di Algeri, da dove salpano sul loro sciabecco per le scorrerie e dove credono di poter vivere indisturbati la loro storia d’amore proibita.

il libro

“Dietro al concetto di scontro di civiltà

si cela, ieri come oggi, la necessità

del controllo politico, militare

ed economico del Mediterraneo.”

Massimo Carlotto [Foto Michele Corleone/Studio Cut Up]

Page 5: Milanonera Web Press Numero 1

milanoNERA 5Maggio 2008

INTERVISTE

Ambientato tra Roma e gli Stati Uniti, Il Vangelo secondo Satana è

un thriller che seduce. Marie Parks, agente dell’ FBI, ma so-prattutto essere umano innocente, viene manipolata dalla Chiesa per recuperare un libro autentico e compromettente, il Vangelo secondo Satana, appunto.Come il monito delle Recluse, antico e misterioso ordine religioso, preannun-cia, “Qui finisce l’inizio, qui riposa il segreto della potenza di Dio”.In occasione della presentazione italiana del romanzo, milanonera ha intervista-to l’autore.

come è nata l’idea di questo roman-zo, come ci ha lavorato e che tipo di ricerche ha effettuato?L’idea è nata da un incontro avvenuto a Roma tre anni fa con un amico di infan-zia che lavora in Vaticano.Mi parlò di manoscritti proibiti della cristianità che negavano l’esistenza di Dio e di particolari conosciuti solo dalla Chiesa. Erano custoditi presso ordini religio-si, ma grazie ad amici ho avuto acces-so a varie biblioteche e ho potuto farmi un’idea precisa della materia.

Lei è credente? se non lo è si definisce un ateo o un agnostico?No, non sono credente, lo sono stato, e da allora tento, guardando chi crede, di recuperare la fede. Niente in particola-re mi ha fatto capire di non credere, è successo così e ho capito che la chiesa in cui credevo era qualcosa di vuoto, è un’opinione soggettiva. Credere implica una scelta, è come la fe-licità, la si costruisce giorno per giorno, un po’ come un matri-monio. Sono un agnosti-co, esserlo significa essere certo di essere solo e non avere paura di credere che dopo la vita non ci sia più nulla. L’Ateismo è invece una religione, poiché significa credere in Dio e volerlo rifiutare allo stesso tempo.

come si conciliano l’attività di consulente d’azienda e quella di scrittore? A quale ri-nuncerebbe se ne fosse costretto?È un equilibrio precario, squilibrato, mi alzo presto la mattina per poter scrive-re, è difficile gestirli entrambi. Un altro mestiere mi aiuta ad avere un certo equi-librio, anche se può sembrare un para-dosso. Ho capito che scrivendo riesco a per-cepire ciò che scrivo. Scrivere è una passione, non un mestiere, non voglio programmare l’uscita di un nuovo libro, ma è un’attività più istintiva e rilassata, l’importante è che non bisogna dipen-dere dal successo.

Quanto di lei si può trovare nei suoi personaggi e quale di questi la tratteg-gia meglio?Carso e Marie Parks mi tratteggiano molto, la mia parte femminile mi rap-

presenta più di quanto vorrei ammette-re. Volevo un vero essere umano inno-cente, puro, bistrattato, consumato, che subisce la vita e tenta di ribellarsi a ciò che le cose vogliono farla diventare.

chi è la vittima del romanzo?Marie Parks senza dubbio, è utilizzata dalla Chiesa per recuperare il Vangelo, il suo dono, l’innocenza, la porta a diven-tare vittima. Manipolata senza render-

sene conto, è lei il vero personaggio martiriz-zato e quello innocente per eccellenza.

perché la scelta di roma e gli stati uniti?Roma è il fulcro della religione, la Francia sa-rebbe stata troppo pic-cola per Marie, avevo bisogno di spazi ampi e io mi sono alimentato di letteratura Nord ame-ricana. Ecco perché gli Stati Uniti.

che somiglianza esiste con il codice da Vinci?Sono libri molto diversi, sebbene super-ficialmente possano indurre ad un con-fronto e a una confusione tra i lettori. I personaggi fanno la differenza, è gesti-to nel libro passato e presente, l’indagine è più simile a quella di Umberto Eco, l’ambientazione è più italiana.

come mai i gialli stanno vivendo una stagione così felice secondo lei?cosa attira i lettori?Accade questo perché si ammazza al po-sto dei lettori. Con i gialli gli fai vivere quello che vogliono vivere, rifiutandolo allo stesso tempo, si mette in luce il loro lato oscuro. Abbiamo paura di ciò che ci affascina.

cosa consiglia a un giovane autore che vuole scrivere un giallo?Consiglio di diffidare di qualunque con-siglio, di scrivere ciò che si vuole scrive-re. Non lasciatevi dire da nessuno che quello che scrivete non sia valido, scri-vete sempre: qualcosa rimarrà.

La più bella soddisfazione che ha avu-to come scrittore?Il fatto di essere innamorato di Marie Parks.

A chi deve dire grazie?Ringrazio i lettori e un grazie anche alla storia, ai personaggi, a Marie Parks, mia moglie inizia a essere gelosa.

Ha mai pensato a una trasposizione cinematografica del suo libro?Nei cartoni animati ci sono stati degli adattamenti, ma non ho avuto delle vere proposte concrete.E poi sono una persona molto esigente e non è facile accontentarmi.

chi è il suo lettore prediletto se ne esi-ste uno in particolare?Quando scrivo non penso mai al lettore, devi ancorarti al flusso universale, scri-vere è un atto egoistico e solitario.

cosa dobbiamo aspettarci dai suoi prossimi romanzi?Un nuovo romanzo uscirà in ottobre.Poi arriverà anche il seguito del Vangelo secondo Satana, non perché voglia ca-valcare l’onda, ma perché voglio conclu-dere questa storia in modo compiuto.

Claudia Caramaschi

incontro con patrick graham, autore de Il Vangelo secondo Satana

“Non paragonatemi a Dan Brown; io mi sono ispirato a Umberto Eco” Il romanzo è stato un vero caso letterario in Francia

“Agli esordienti dico: non

lasciatevi dire da nessuno

che quello che scrivete non è

valido, scrivete sempre: qualcosa

rimarrà”

Graham Patrick [Foto: Matthieu Jaïs]

Page 6: Milanonera Web Press Numero 1

milanoNERA6 Maggio 2008

INTERVISTA

Valerio Varesi è uno di quegli scrit-tori che ti entrano nel cuore. Per

la delicatezza del linguaggio, per l’ori-ginalità delle storie, per la capacità di coinvolgere il lettore attraverso una narrazione mai sopra le righe e per l’essersi inventato il personaggio del Commissario Soneri, protagonista an-che di “Oro, incenso e polvere”, l’ulti-mo romanzo dell’autore parmense.Che proprio a Parma ambienta le av-venture del suo personaggio più fa-moso che in questo caso si muove in un’atmosfera felliniana di rara bellezza in cui si trova a indagare sull’omicidio di una giovane ragazza rumena, trova-ta carbonizzata nei pressi di un campo nomadi.Ma in questo nuovo episodio, per So-neri le sfide non finiscono lì: ne deve combattere una personale con Angela, la sua compagna infatuatasi di un altro uomo.

Varesi dà prova di rara maestria nell’ap-profondire l’aspetto psicologico e senti-mentale della storia riuscendo così a ren-dere ancora più umano il personaggio del suo commissario, che nella fiction “Neb-bie e delitti” è interpretato da Luca Bar-bareschi. E proprio a proposito di questo abbiamo chiesto un parere all’autore.

La trasposizione televisiva del commis-sario soneri ritiene sia fedele a quella del personaggio da lei inventato?Molto, e oserei dire che è quasi filo-logica, nel senso che Barbareschi, pur essendo molto differente fisicamente dal Soneri letterario che ho creato, ha saputo magistralmente calarsi dentro il carattere del personaggio, da lui giusta-mente definito un po’ “chandleriano”, sapendogli dare quelle sfumature ca-ratteriali, sentimentali ed emotive che prima di farlo diventare un poliziotto lo fanno essere uomo.Soneri non potrebbe mai interpretare una scena d’inseguimento all’ameri-cana perché è un personaggio molto pacato e introverso e fargli compiere azioni rocambolesche sarebbe stato in-sensato.Sono molto contento della sua inter-pretazione, è stato bravissimo così come tutti gli altri attori, la produzione, il re-gista e il direttore della fotografia che hanno saputo calarsi dentro la realtà del romanzo di provincia caratterizzato dal profilo orizzontale della “bassa”.La fiction mantiene la caratteristica dei miei libri che è rappresentata dalla for-te connotazione territoriale e dall’im-portanza dell’abitabilità dello stesso territorio.

com’è nata l’idea di creare una saga poliziesca come quella di soneri e come pensa che la letteratura di ge-nere possa riuscire a raccontare l’ita-lia dei nostri giorni?Soneri è nato abbastanza casualmente. Quando decisi di scrivere il primo ro-manzo che lo vide protagonista stavo seguendo il caso della famiglia Car-retta per Repubblica, il quotidiano per cui scrivo, e la storia turpe di questa famiglia che improvvisamente sem-brava essere sparita nel vuoto mi aveva interessato molto, sia come cronista sia come uomo.Così decisi di scrivere una storia ispi-rata a questa vicenda e inevitabilmen-te il genere che più si prestava al rac-conto fu proprio quello poliziesco. A quel punto, serviva un personaggio che s’occupasse delle indagini e così m’inventai la figura del Commissario Soneri, ispirandomi non solo alla mia sensibilità ma anche ad alcuni poli-ziotti veri che conoscevo e frequentavo per dovere di cronaca. Quando poi ho visto che il personaggio piaceva davve-ro, forse proprio per questa sua aria in-dividualista, malinconica, introversa, a tratti persino scorbutica, mi è venuto naturale continuare a scrivere di lui e dargli una continuità. Cerco sempre di

scrivere di vicende che possano essere rappresentative ed emblematiche. Non m’interessa costruire una storia per confondere il lettore fino alla penulti-ma pagina per scoprire l’assassino.Quello che cerco di fare è costruire una storia che racconti uno scenario, uno spezzone di vita che rappresenti la realtà attuale cosa che peraltro ritengo sia in grado di fare non solo la lettera-tura di genere, anche se è innegabile che quest’ultima risulti essere più in presa diretta perché più vicina alla cro-naca e alle aberrazioni odierne. Ritengo che il delitto rappresenti una sorta di crepa nel terreno della realtà, attraverso la quale sia possibile vedere quello che si nasconde sotto. E spesso queste crepe squarciano il terreno di quella che viene ritenuta la soporifera provincia in cui sembra che nulla acca-da e dove invece le cronache spesso ci dimostrano il contrario.

Daniela Basilico

dalla carta stampata alla televisione

intervista con l’autore de Il bosco morto recentemente pubblicato in italia da giano

James Sallis visto da vicinoL’autore sarà a Piacenza il prossimo 15 maggio

i l libro di un altro che avresti voluto scrivere e il libro tuo che non avre-

sti voluto scrivere.Affronto come prima la seconda doman-da; in realtà, i miei libri mi piacciono tutti. Se al loro interno ci sono cose che appaiono ingenue, cose che ora come ora risolverei diversamente? Certo che sì. Ma credo che la mia evoluzione come scritto-re per quanto riguarda tutti i vari generi abbia seguito un percorso incredibilmen-te diretto.Mi piacerebbe aver scritto Meridiano di sangue, L’assassino che è in me, Ulisse, Il giorno della locusta, More Than Human, La sorellina, L’étranger, L’uomo che cad-de sulla terra, e un altro paio di centinaia ancora.

sei uno scrittore di genere o uno scrit-tore tout court, perché?Nonostante io sia conosciuto principal-mente come autore di polizieschi, la mia “carriera” è cominciata come scrittore di fantascienza. I miei più vecchi amici vengono dal mondo della fantascienza,

un mondo in cui tengo ancora un piede. Contribuisco profusamente e con regola-rità a riviste poetiche e letterarie, ho tra-dotto un romanzo di Raymond Queneau e ho pubblicato volumi di musicologia, ho scritto una biografia di Chester Himes e ho lavorato per molti anni come scrittore di recensioni letterarie, critico e columnist.

un sempreverde da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare...Ci sono libri sui quali conti-nuo a tornare. Tra questi vi sono quelli che ho già citato prima, oltre ai testi di Tho-mas Pynchon, uno strano romanzetto di Thomas McGuane intitolato Panama, e qualsiasi cosa Donald Harington abbia scritto.In quanto musicista, suono musica mon-tana d’altri tempi, blues e musica count-ry ed è quindi questo che ascolto più

frequentemente. Al momento mi diletto con mandolino e chitarra Hawaiana.Road House è un film che continuo a ri-guardare, una splendida rivisitazione del nostro mitico West.

si può vivere di sola scrittu-ra oggi?Ho scritto per oltre 40 anni. Solo negli ultimi quattro sono stato in grado di mante-nermi con la scrittura.Prima di allora, grandi recen-sioni e mail di fans hanno la-sciato il mio conto bancario piuttosto indifferente. Ovvia-mente, però, i miei testi sono molto poco commerciali.

Favorevole o contrario alle scuole di scrittura creativa? perché?Nella migliore delle ipotesi sono un co-lossale spreco di tempo e denaro, e nella peggiore spingono a codificare provin-cialismi pericolosi per uno scrittore, e in generale per la letteratura.Bisogna rendersi conto che la scrittura

creativa negli USA è una grande industria che si auto-alimenta.

Quanto c’è di lei in Turner il protago-nista del romanzo Il bosco morto appe-na pubblicato in italia?13.5%. In tono più serio: siamo entram-bi del Sud, abbiamo avuto vite interes-santi, siamo dei sopravvissuti. Ecco tutto. Sempre più nelle mie opere, per lo meno da Lew Griffin in poi, mi sono reso con-to che scrivo di personaggi che dopo aver trascorso periodi terribili sono approdati a una sorta di quieto stato di grazia.

due chiacchiere con Valerio Varesi dai cui romanzi è stata tratta la serie Nebbia e Delitti

“Soneri in tv è un personaggio chandleriano”

James Sallis

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milanoNERA 7Maggio 2008

FRESCHI DI STAMPA

Fine novembre, A.d. 1589

La notte si fonde nel mare. Il cielo va rannuvolandosi a strisce lun-

ghe e viola. Maliziosa, la Lanterna continua a fare l’occhiolino a inter-valli regolari di luce e oscurità.Di fronte al molo per le calate, in un vicolo di case basse, due giovani uo-mini ridono con l’allegria del vino, incuranti dell’ora tarda.Una bottiglia cade senza rompersi e danza per un lungo istante. Accanto a loro passa una barca a remi capo-volta.Da sotto spuntano quattro gambe pe-lose e altrettanti piedi scalzi. Gli sghi-gnazzi aumentano di vigore.Una scia d’odore di pittura li saluta insieme all’insolita visione che spa-risce all’angolo dopo i magazzini.Giunti davanti al palazzo signorile di una delle famiglie Del Pozzo, i due giovani si salutano menandosi

delle gran pacche sulle spalle, dandosi convegno per la notte seguente. Non si sarebbero più rivisti.Mentre l’amico si allontana inciam-pando nei suoi stessi talloni, Biagio armeggia in tasca per trovare la chia-ve del portone.

L’Ombra dell’Eclissi cala improvvisa su di lui e rabbuia l’intera facciata della casa. Il ragazzo sente prima freddo, poi un sibilo.Una lingua rugosa e salda gli stringe la gola raspando la carne. Ha appena

il tempo di saggiarne l’asperità con la falange di un dito. Il respiro si mozza e gli manca l’aria. Prima che possa reagire, l’Ombra lo solleva di peso da terra e il collo si spezza con il rumore di un gambo di sedano. Il corpo vola nell’androne buio del palazzo accanto.La chiave picchia sul selciato, fa al-cune allegre capriole e si ferma in un interstizio. Del giovane Biagio non rimane altro.

L’autoreLorenzo Beccati vive ad Alassio e lavora a Milano. È autore di diversi programmi televisivi di successo. Ha pubblicato per Kowalski i ro-manzi Il barbiere di Maciste (2003) e Il santo che annusava i treni (2005). Il Guaritore di maiali (2007), suo esordio nel thriller, è stato venduto in Germania.

il nuovo romanzo di Lorenzo beccati

Il mistero degli incurabiliIl primo capitolo in esclusiva per MilanoNera

“Una lingua rugosa e salda gli stringe la gola raspando

la carne”

n ella notte di Roma i bambini dormo-

no e sognano. Sognano di cose che esistono, di cose che non sono e mai saranno, e di altre, la cui natura è più ambigua. Sognano di guerre, di attori, di amore, di mo-

stri orribili e dei modi in cui è possibile ucciderli. Simi-le a un fantasma adesso voglio portarti attraverso porte e pareti, facendoti entrare di soppiatto in una casa di periferia, nella zona di Tor Bella Monaca: accucciato in una coperta piena di buchi, il piccolo Timoteo, che ha più capelli che ciccia, visita un mondo fatto di foreste e villaggi. La sua famiglia è stata sterminata da qualcosa, lo stesso qualcosa che ora lo insegue, passo dopo passo, senza fretta, tanto sa che presto lo raggiungerà. Timo-teo nel mondo del sogno corre e in quello della carne si agita, perché anche lui sa una cosa, sa che esiste un

posto sicuro in cui un eroe lo proteggerà. Ci arriverà in tempo? Impossibile dirlo: il suo gatto ci ha visti e siamo costretti a fuggire.Troviamo un’altra casa, una in cui le coperte sono pu-lite e i capelli ben pettinati, e sbirciamo Giulia, che piange ogni sera prima di addormentarsi perché una grossa macchia rugosa le copre metà della faccia. Gli altri bambini la chiamano “La Bella” proprio perché bella non è, né mai lo sarà. Ora è avvolta nelle coperte, con la guancia destra, quella divorata dalla Macchia, nascosta dal guanciale. Perfino nei sogni la Macchia la accompagna. Giulia sogna di volare in un cielo blu notte, completamente sola, senza nessuno che la pren-da in giro.Le stelle sopra di lei sono talmente tante che non le sembrano reali - di stelle così a Roma non se ne vedono mai. E la luna è soltanto uno spicchio sottilissimo, il sorriso sghembo di uno Stregatto. Sotto c’è un immen-so mare, scuro come il cielo, e all’improvviso Giulia prova l’impulso di tuffarsi. Lo fa, perché in questo so-

gno lei non è una brava bambina, è selvaggia e felice. L’impatto le mozza il fiato, ma dopo l’acqua è tiepida, rassicurante. Le si avvicinano alcune sirene, colorate di scarlatto e blu, le mani palmate, branchie che pulsano sul collo. Sono bellissime. La circondano e l’accarez-zano, e al loro tocco il pigiamino di Giulia si apre e galleggia lontano. Poi una le sfiora la guancia con un bacio. Giulia si scosta, perché non vuole che quella cre-atura stupenda si rovini le labbra sulla Macchia. Ma lei è più veloce. Giulia avverte una fitta gelida, e quando la sirena si allontana, si porta una mano al viso. Magia!La pelle è liscia e soffice - possibile che la Macchia sia scomparsa? Giulia vorrebbe parlare, ma all’improvviso le sirene sono spaventate. Nuotano via all’impazzata, abbandonandola. Giulia resta immobile.Anche lei ha paura. Qualcosa si sta avvicinando alle sue spalle, e lei si trova sospesa nell’acqua, nuda, dispersa e sola. Qualcosa è dietro di lei. Vicino. Se Giulia si giras-se, lo vedrebbe. Giulia lo farà?

Anticipazione. Le prime righe di Pan il nuovo romanzo di Francesco dimitri in uscita a giugno per i tipi marsilio

Cose che capitano nelle notti romane

Lorenzo BeccatiiL misTero degLi incurAbiLiKowalskip. 320, €15.00

Genova, Anno del Signore 1589.

Strani avvenimenti scuo-tono le mura dell’Ospe-dale degli Incurabili, dove sono rinchiuse po-

vere anime che Dio sembra aver dimenticato mentre gli uomini le ricordano solo con il nome della malattia di cui soffrono: il furioso, il sifilitico, il malinconico, l’epilettico, lo storpio. In quegli stessi giorni, un demone si aggira per i carruggi, seminando il terrore.Tre ragazzi spariscono e i loro cadaveri vengono ritrovati grazie alle visioni di una maga. Il Guaritore di maiali è l’unico in grado di svelare i due misteri che finiscono per fondersi in uno solo. A complicare le cose, il mistero più grande di tutti: l’amore.La nuova indagine del Guaritore di maiali conferma l’abi-lità narrativa di Lorenzo Beccati che coniuga una trama impeccabile a una rara capacità di ricostruire un’epoca e una città.

il libro

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milanoNERA8 Maggio 2008

RECENSIONI

m ilano di notte è una puttana scal-

za con l’alluce che sbuca dal collant bucato.Al sabato si traveste, si dà una ripulita, ma al lunedì torna se stessa, perché la notte a Milano arriva di lunedì, quando la gente per bene dor-me, sotto le lenzuola che odorano di pulito, mentre io lavoro dentro il mio taxi, bianco come un lenzuolo sudicio, sporcato dalla notte: dalla luce giallastra dei lampioni, dall’odore dei clienti, non come quelli del sabato, tosati e petti-nati come aiuole.

Sale. Ha le spalle da Minotauro, la mascella decisa, la schiena robu-sta, i polpacci da ciclista e una quarta di seno! Si chiama Monica, è il nome che si è scelto dopo l’operazione, mi chiama “tesoro”.Il lunedì, mi spiega, è la serata del buon pa-dre di famiglia perché la domenica la passa coi bambini.Monica stacca sempre alle tre, solo i primi tempi tirava a far mat-tino, quando aveva da avviare l’attività.Resto perplessa.

Parla del suo corpo come se fosse la sede le-gale di un’impresa!Il giorno in cui cambierà pap-pone che ci scrive: “nuova gestione”.

Una volta ha fatto a botte: “Questa è zona mia”, le disse un viados dalla folta criniera sla-vazzata.Sembravano due pugili travestititi da donne.Si dice che gli ange-li non abbiano sesso: Monica li rappresenta entrambi, è un erma-frodita, un bronzo di Riace con le calze nere e il tacco da dodici; le labbra rosse e le mani da muratore.Ogni lunedì torna a casa in taxi.

È una notte umida, si è addormentata sul sedile posteriore, ho l’impres-sione di trasportare un pupazzo inanimato: la sua femminilità esaspe-rata ha qualcosa di co-mico, mi ricorda la Miss Piggy dei Muppets, o una bambola gonfiabile comprata al sexy shop!

Uso un tono sostenuto per richiamarla dal son-no: “Siamo arrivati”.Il pupazzo riprende vita di scatto, guardan-dosi attorno, si scuote come il personaggio di un cartone animato investito da un treno o schiacciato da un mas-so, si scrolla ed è “come nuovo”, capace di so-pravvivere a tutto.

Brian EvensonLA coLpAisbn, p. 285, € 15.00

Confesso che, di fronte all’enne-simo romanzo noir, mi capita

spesso di pensare a quale clone si na-sconda dietro la copertina. Sgombria-mo subito il campo da un sospetto del genere. La Colpa di Brian Even-son non è un clone.E diciamo pure subito che si tratta di un bel libro, per quanto tosto e non di facile metabolizzazione.Non è certo una colpa. E perdonate-mi la caduta di stile, ma la tentazio-

ne di giocare con il titolo è stata trop-po forte. Il giovane Rudd vive nello Utah, è piuttosto sfigato e, al pari di buona parte dei suoi concittadini, è mormone.Così come noi italiani siamo quasi tut-ti cattolici.Suo padre è morto suicida e la madre lo opprime con tutte le sue menate re-ligiose. Rovistando nel baule del padre, scopre di avere un fratellastro. O, per lo meno, è convinto di averlo.Scopre alcuni macabri rituali mormo-ni e, tra incubi, visioni e ossessioni che lo portano quasi a convincersi di aver perso i lumi della ragione, scopre una

terribile verità sulla sua famiglia, la sua assenza di fede, sui padri fondatori della religione mormona e, addirittu-ra, su se stesso. Nemmeno le sue mani sporche di sangue riescono a restituir-gli il senso di una realtà che gli sfugge sempre più, portandolo ad alienarsi da se stesso e a trasformarsi, fino ad as-somigliare pericolosamente a qualcu-no che lo ha preceduto molto tempo prima.Ripeto, un libro difficile, a tratti indigesto, ma decisamente ben scritto e capace di atterrirci.Quando le parole sono più affilate dei coltelli...

Seba Pezzani

Giovanni Bianconieseguendo LA senTenzAeinaudi, p. 419, € 17.00

Giovanni Bianconi è un cronista di razza.

Lavora sui fatti, sulle sentenze dei tribunali, sugli atti giudiziari dei ma-gistrati.Non ama le dietrologie. Racconta sto-rie, alcune volte note, spesso dimen-ticate della storia contemporanea.Da anni, pubblica libri sulle vicende più torbide e inquietanti del nostro paese.In A mano armata, descrive la fol-le corsa di Valerio Fioravanti, detto

Giusva, dalle bande di destra di Mon-teverde a Roma, fino alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Bianconi realizza per primo la storia della banda della Magliana in Ragazzi di malavita. Ne L’attentatuni ricostruisce minuzio-samente il lavoro degli investigatori che assicurano alla giustizia gli assassini di Giovanni Falcone. Ora affronta i 55 giorni del caso Moro, dalla strage di via Fani con l’uccisione degli uomini della scorta del presidente della Democrazia Cristiana (16 marzo 1978), al ritrovamento del corpo senza vita dello statista in via Caetani, sem-pre a Roma (9 maggio 1978). Bianconi sceglie la strada del romanziere.

Prima di tutto sfodera le carte. I do-cumenti dei brigatisti, le risposte pub-bliche e private degli uomini della De-mocrazia Cristiana, i sentimenti della famiglia Moro.Poi ricorda la cronaca del marzo 1978, quella di un’Italia ammutolita, colpita al cuore, e di una partita di Coppa dei campioni, Juventus-Ajax vinta dai bianconeri ai calci di rigore, che nessuno però vide, perché dopo i supplementari il tempo per la diretta era scaduto.E infine si abbandona al piacere della scrittura, fluida, dinamica ed efficace. Questo libro è certamente uno dei mi-gliori usciti sull’argomento.

Daniele Biacchessi

LE OSCURE VERITÀDEL PASSATO

“Personaggi dal fascino ipnotico si aggirano nelle strade di Cleveland al ritmo di una narrazione incalzante.”

The Washington Post

Michael Koryta

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David PeaceToKyo Anno zeroil saggiatore, p. 441, € 17.00

L’anno zero è il 1946. Dopo Hiroshima e Nagasaki,

Tokyo è una città in stato d’assedio. Invasa da stranieri che arrivano da Formosa, dalla Corea e dalla Cina, oppressa da un caldo intollerabile, abbarbicata a riti che simulano il ri-torno a una quotidianità impossibile: nel piccolo e nel grande, la città ha perso la sua identità.E l’ha persa anche il detective Mina-mi.È un gioco sardonico, quello di Pea-ce: attribuire al personaggio più diso-rientato di tutti il nome di un punto cardinale, rendere esplicita la farsa di un’identità fittizia e costringere il pro-tagonista a scoprire chi sono le geishe

trovate morte a Shiba Park. Nel cantie-re a cielo aperto che è diventata la città, Peace costruisce un percorso poliziesco a partire da un fatto di cronaca vero: la storia di Kodaira Yoshio, reo confesso di quattro stupri e omicidi, e giustizia-to nell’ottobre del 1949. Come sempre, Peace trasforma un fat-to di cronaca in un gioco di specchi. L’identità nascosta di Minami pilota la sua ostinazione nello svelare il nome e la storia delle vittime.I corpi delle geishe trovate morte ri-mandano ai corpi delle prostitute giap-ponesi violate dai soldati americani. La fame di verità è anche fame reale e as-senza di cibo. Le macerie urbane sono poca cosa rispetto alle rovine sociali e politiche. L’autopsia del corpo di una vittima – pagine magistrali di lucidità e pietas insieme – è l’anatomia di un paese in ginocchio.

L’insonnia del protagonista diventa una soglia espressiva, il meccanismo che autorizza la qualità visionaria del resoconto, un ariete che distrugge con il “ton ton” ritmico della ricostruzione la barriera tra reale e immaginario.Il romanzo è impregnato di odori, de-gli umori del caldo, del sapore della morte imminente.I corpi dei personaggi sono vivi, pul-santi, sofferenti. Sentiamo il caldo e i pidocchi, proviamo il dolore, e l’as-senza di perdono. E sappiamo anche che la pioggia, altra costante nella nar-rativa di Peace, non servirà a lavare la colpa. Così un poliziesco si trasforma nella meditazione sul processo di rico-struzione giapponese: un’operazione molto lontana dall’esser pulita, e nella quale ogni neutralità è impossibile.

Nicoletta Vallorani

Taxi bluesRacconti di una scrittrice taxista

di Raffaella Piccinni

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milanoNERA 9Maggio 2008

RECENSIONI

Questa è una rubrica di libri, molto di parte. Quelli che se-gnalerò quasi certamente non sono capolavori della lettera-tura e forse, proprio per que-sto, vale la pena leggerli. Il ra-gionamento che sta alla base di questa mia affermazione è il seguente: quante volte ci innamoriamo di un libro solo perché ci colpisce in qualche modo?In un romanzo non c’è solo la trama e non c’è nemmeno solo la scrittura; c’è il cuore, il linguaggio, l’atmosfera oppu-re una serie di piccoli dettagli che ce lo fanno apprezzare a discapito magari di una vago-nata di difetti.Quelli che segnalerò sono li-bri che mi hanno fatto scatta-re qualcosa dentro.

Douglas LindsayiL monAsTero dei LungHi coLTeLLiKowalski, p. 384, € 15.00

Finalmente un noir in cui si sorride anche se forse è una contraddizione in termini. E probabilmente è questo a pia-cermi. Un libro ironico, dove il cattivo non è il solito genio del male ma nonostante que-

sto intriga. Ti porta con sé. Come la coppia di poliziotti, uomo e donna, che si mette sulle tracce di Barney Thom-pson barbiere assassino.

Flavio SorigasArdiniA bLuesbompiani, p. 272, € 16.00Mi piace perché Soriga è della mia generazione; meglio ha la mia stessa età, ed è uno che scrive ed i suoi libri vengo-no letti. Che di questi tempi è molto. Mi piace perché si sente dalle sue pagine che è innamorato della sua terra, la Sardegna. Prioprio come io lo sono della mia Bassa dove ho ambientato uno dei miei ro-manzi di maggior successo.Leggendo ho saltato alcune pagine, perché il ragazzo si farà, e non è una critica: an-che di libri bellissimi ho salta-to qualche passaggio.

Peter Gomez, Marco Travagliose Li conosci Li eViTichiarelettere, p. 576, € 14.60

Le elezioni sono passate – e tutti sappiamo com’è andata a finire – ma questi politici raccontati nel libro ci sono

rimasti sul groppone. Un di-zionario in cui si fanno nomi e si descrivono le gesta dei nostri governanti.

Chiudo segnalando due libri della casa editrice guidata dal vulcanico Marcello Baraghi-ni, mio primo editore, cui re-sto sempre molto affezionato. Marchetta? Chissà...

Giuseppe CasapiT buLLstampa Alternativap. 160, € 10.00Le lotte clandestine dei cani, il loro addestramento. Il mondo sommerso delle scommesse. Un’opera forse ri-uscita a metà che si perde più dietro le vicende sentimentali del protagonista che la storia originale e intrigante dei cani guerrieri. Peccato.

Alex PanigadaLA FATA Verdestampa Alternativap. 104, € 10.00

La prima storia dell’assenzio pubblicata in Italia. Un libro che mancava e che vanta la prefazione di uno che di as-senzio se ne intende: Andrea Pinketts.

I like ITLibri che mi piacciono per motivi assolutamente soggettivi

di Paolo Roversimilanonera, sin dalla nascita, ha il suo Whiteside, la sua anima candida, in cui vengono recensiti libri non di genere. Ecco le due segnalazioni non noir di questo numero.

Bruce Wagner ForzA mAggiorebaldini castoldi dalai, p. 571, € 20.00

“Le storie di Wagner sono dissezioni, disarticolazioni e biopsie in prosa, stipate sotto vetrini da microscopio. Il medico è di guardia e visita una

serie di pazienti impregnati di malessere”: questo il giudizio, come sempre noir, di James Ellroy che firma la bellissima prefazione a Forza maggiore di Bruce Wagner. Una prefazione che, da sola, vale il prezzo di copertina perché Ellroy è al meglio della sua cupa disperazione ma riesce anche ad affermare (evento incredibile, più unico che raro) di aver sorriso e apprez-zato l’ironia dell’autore. Merito di un libro che vale davvero la lettura: è un ottovolante di carta impazzito tra le strade di Los Angeles. Una scrittura tesa, un ritmo mozzafiato e cinematografico senza scadere nella tentazione filmica del già visto. La storia di un autista di limousine che scarrozza atto-ri, sceneggiatori e produttori di una Hollywood cinica ma surreale, viziosa ma completamente (in ) folle. Se amate il genere Scene di lotta e di classe a Beverly Hills, pellicola culto degli anni ’80, dovrete leggere questo roman-zo per Forza Maggiore. Anche perché a firmare la storia di quella Beverly Hills di lotte e di classe è stato proprio lo stesso Wagner, tra i più acclamati sceneggiatori americani (sua anche la regia del più recente I’m losing you con Rosanna Arquette ). Autore capace di mantenersi off Broadway e al contempo di essere una star di Hollywood, Wagner ha una visione tutta personale del mondo del cinema e la riversa in questo romanzo: una bobina di carta impazzita che stupisce e disseziona non mancando di strappare in più passaggi molti sorrisi. Con buona pace noir anche di Ellroy.

Gian Paolo Serino

Francesco CarofiglioL’esTATe deL cAne neromarsilio, p. 172, € 14.00

La scrittura di Carofiglio è calda e limpida come l’estate. Come quella del 1975: tra le colline, la risacca e i boschi che sospirano di vento.

Dove Matteo, Beppe, Valentina e Alessandro - quattro moschettieri adole-scenti - scorrazzano con le loro biciclette in cerca di nulla. Sono i padroni del mondo, sono una squadra. Sono liberi. Ma ognuno di loro custodisce un segreto: una piccola tragedia che, affiorando inesorabilmente lungo la narrazione, li costringerà a guardar la vita nel suo profilo peggiore.Matteo Leoni, il protagonista, timido e malinconico, ha i primi vagiti d’amore, rabbia e gelosia; ma soprattutto è pervaso da una paura soffocan-te che non ha le sembianze dell’uomo nero ma di un cane nero, rabbioso e sinistro. Beppe si rimpinza di merendine per compensare l’assenza di una madre normale. Alessandro convive con la violenza, la costrizione e l’ane-lito all’assoluto. Valentina scopre le porcherie ipocrite dei grandi. In un lungo, appassionato ricordo, Matteo Leoni, il ragazzo divenuto scrittore, nel buio e nella solitudine di una vita incompleta, risale la china di quei giorni roventi, dei suoi ‘ricordi di un’estate’, per ritornare a vivere… Con la paura al guinzaglio.

Luca Ottolenghi

recensioni in bianco

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milanoNERA10 Maggio 2008

RECENSIONI

Rebecca StottiL codice di newTonpiemme, p. 349, € 17.90

Ci sono scelte che penalizzano un libro. Sbagliarne il titolo, per esempio, può significare con-

dannare un’opera a vivacchiare tra gli scaffali delle librerie obbligandola così a rinunciare, fin dal principio, alle ambi-zioni con le quali era stata scritta. Il codice di Newton di Re-becca Stott ha, purtroppo, subito questa sorte.

Il titolo originale Ghostwalk non c’entra nulla con quello italiano così come il contenuto del volume non è minimamente accomunabile all’infinita teoria dei vari “codici” che dopo l’exploit Browniano hanno cominciato a proliferare senza limite.Il libro di Rebecca Stott, infatti, è un saggio colto e raffinato sull’opera e la vita di Isaac Newton inserito in una trama – per vero migliorabile – che alterna fra loro tempi e realtà differenti eppure complementari. Dalla Cambridge del 1660, con le tematiche della “guerra del vetro” e della ricerca scientifica, alla Cambridge odierna, reale e immaginaria, dove omicidi e suicidi appa-rentemente inspiegabili si mescolano a tematiche ambientaliste e a riflessioni sul senso profondo della conoscenza. Non è un giallo. O almeno: non solo. È un libro colto e godibile capace di mescolare sapientemente tutti gli ingredienti del genere per poi allontanarsene velocemente. E cosa c’entra, allora, il codice di Newton? Nulla, appunto, a parte un’unica parola: Nabed. Una parola che peraltro, storicamente e letterariamente, riuscirà ancora a lungo a con-servare intatto il proprio mistero.

Fabio Fracas

Autori variLos AngeLes noirAlet, p. 384 € 13.50

Non c’è dubbio che alcune città siano più “nere” di altre.

In Italia, Milano, Bologna e Roma sono state e sono tuttora al centro di romanzi che ne sottolineano l’aspetto violento,

criminale, cupo e pericoloso. Milano con Giorgio Scerbanenco, Bologna con Carlo Lu-carelli e Loriano Machiavelli, Roma con Giancarlo de Cataldo.Ma questo vale ovviamente anche per il resto del mondo: alcune città hanno, più di al-tre, un fama noir che le contraddistingue. Una su tutte è Los Angeles, resa celebre, sotto questo aspetto, dai capolavori di Raymond Chandler, James Ellroy e James Cain. Ne sottolinea oggi l’importanza come fondamentale fattore di ispirazione Los Angeles noir, una raccolta di racconti dove spiccano quelli di Michael Connelly e Robert Fer-rigno. Un avvincente percorso letterario-geografico attraverso i ‘luoghi oscuri’ di una megalopoli che non perdona chi la prende sotto gamba.Insieme a questo volume sono usciti anche Londra noir (coi racconti, tra gli altri, di Barry Adamson e Ken Bruen) che spiegano l’altro lato della città più cool della terra, e Brooklyn noir (coi racconti, tra gli altri, di Pearl Abraham e Maggie Estep) dove emerge il contrasto razziale che fa da substrato a uno dei più popolosi quartieri di New York.È prevista l’uscita di altre quattro raccolte, tra cui quelle dedicate all’Avana e a San Francisco.

Paolo Grugni

James PattersonuLTimo AVVerTimenToLonganesi, p. 288, € 16.60

Nel deserto del Nevada esplode una potentissima bomba e un intero paese viene cancellato completamente.

Il giorno dopo una telefonata al direttore dell’FBI rivendica l’attentato. Il Lupo, pericolosissimo boss della mafia russa, è tornato e ora ha al suo fianco un temibile complice, il genio del male so-

prannominato la Donnola, e minaccia di distruggere le grandi città del pianeta, se non verrà pagato un riscatto altissimo entro breve. Il conto alla rovescia è partito e i leader mondiali hanno quattro giorni di tempo per impedire l’ecatombe.Nel giro di poche ore, Alex Cross deve districarsi in un groviglio di false piste, amici traditori e agenti di servizi stranieri, per arrivare al cuore del complotto.Per riuscire finalmente, forse, a scoprire la vera identità del suo nemico numero uno.

Patterson si rivela un mago a mescolare continuamente le carte. Mentre si legge si ha sempre la sensazione che la pagina successiva possa cambiare quanto appena letto. Tecni-ca che rischia di far perder al lettore il filo del discorso e il piacere della lettura. Pericolo acuito dalla scarsa omogeneità degli episodi che sembrano completamente slegati e uniti solo per rendere filante la storia, e che, spesso, lasciano perplessi perché i personaggi sembrano usati in quel particolare momento solo per quell’episodio senza curare la loro personalità. Molte volte si tratta di personaggi minori, ma il risultato è ugualmente quel-lo di far perder al lettore la dovuta attenzione.

Stefano Favaro

Carrie BebrissospeTTo e senTimenToTea, p. 288, € 10.00

Perché Jane Austen stimola tanta creatività? Perché non ci si limita a leggere, studiare e commentare i suoi libri (e

la sua vita), ma ci si scrivono sopra altri romanzi e sequel, si fanno film, si organizzano eventi? Dietro tanto successo non c’è alcun mistero: Jane Austen ha

saputo fondere al meglio il ritratto veritiero della società (superipocrita) in cui viveva con una dimensione letteraria in cui il sogno ha ancora un suo spazio. Le sue protagoniste, cioè, sono davvero eroine e non soltanto donne alla prese con la morale e i costumi vit-toriani. E poi, possiamo pure essere diventati moderni/e all’eccesso, ma ognuno di noi si porta dentro una romantica cavalcata nella brughiera e un ballo occhi negli occhi. Per questo è tutto da godere questo libro che trasforma Elizabeth Bennett e il suo bel-tenebroso marito Fitzwilliam Darcy addirittura in detectives per svelare l’oscuro motivo che ha trasformato il giovane, vanesio, ma onesto Harry Dashwood, promesso sposo della sorella di Elizabeth, Kitty, in un volgare e scostumato signore, fin troppo simile a un suo antenato, Sir Francis Dashwood. C’entrano qualcosa un vecchio ritratto terribil-mente somigliante e uno specchio antico? Mettendo insieme un personaggio realmente vissuto, i protagonisti di Orgoglio e pregiudizio e quelli di Ragione e sentimento la Bebris costruisce un divertissement letterario che non piacerà solo gli appassionati della Austen. E che nel gioco del riconoscimento dei personaggi diventa una sorta di giallo nel giallo.

Valeria Palumbo

“Un romanzo spassoso e macabrocon personaggi surrealie impareggiabile humour nero.”

The Sunday Mirror

Douglas Lindsay

IL MONASTERODEI LUNGHICOLTELLI

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milanoNERA 11Maggio 2008

RECENSIONI

Adele MarininAVigLio bLuesFratelli Frilli editori, p. 490, € 15.90

Adele Marini è un’amica. Lo scrivo subito per chiarezza e perché di lei,

fra l’altro, ammiro la capacità di stare contemporaneamente “dentro la storia” e nella “realtà”.Naviglio Blues, la sua ultima fatica lette-raria appena pubblicata dai Fratelli Frilli, coniuga in modo sapiente vari piani nar-rativi accostando fra loro (e fondendoli) fatti realmente accaduti ed elementi della finzione narrativa.Nella storia, dalla quale emerge una Mi-lano cupa e complessa, le vicende legate alla scomparsa di tre bambini di differente

estrazione sociale si intrecciano e si colle-gano a fatti apparentemente distanti. Con-temporanei o relegati a un recente passato.Ci sono le indagini ufficiali della Squadra Mobile e dei Carabinieri e quelle ufficiose e impacciate di un vecchio parroco.Ci sono i fantasmi della strage alla Que-stura di Milano del 17 maggio 1973 e le trame, ben tessute e orchestrate, della cri-minalità organizzata.Ci sono documenti ufficiali, verbali e persino un utile glossario delle principali abbreviazioni utilizzate durante lo svolgi-mento del racconto. In poche parole: c’è una storia, complessa e articolata, che vale la pena di leggere. E di gustare. Dall’inizio alla fine.

Fabio Fracas

manifestazione - Trastevere noir

La capitale si veste di neroRoma, Museo in Trastevere dal 27 giugno

r oma indossa l’abito nero. Lo fa con un nuovo festival dedicato alla scrit-

tura di genere e ribattezzato Trastevere noir. La manifestazione di far emergere gli aspetti creativi della “cultura noir”, grazie a scrittori e registi che presente-ranno e rileggeranno alcuni grandi fatti di cronaca ormai diventati storia.Il festival s’articolerà su due weekend presso il Museo in Trastevere dal 27 al 29 Giugno e dal 3 al 6 Luglio.“È ormai evidente che il genere noir rap-presenti in Italia un fenomeno culturale in grande espansione, a livello letterario, cinematografico e musicale, fortemente legato alla cronaca ed ai contesti metro-politani.”, spiegano gli organizzatori.“In Italia il noir si è ormai sviluppato come uno strumento interpretativo della realtà, dando luogo ad una nuova corrente di produzione artistica che è al tempo stes-so lettura del presente e denuncia sociale, dove i protagonisti anonimi e gli eroi ne-gativi ci appaiono nella loro quotidianità, carica di umanità e di passioni.Il noir mediterraneo dunque come spec-chio di un vissuto urbano sempre più complesso e frammentato, dove l’illega-lità si scontra con una società civile in forte crisi di indentità.Un filone letterario che in Italia vede in Gadda e in Sciascia i suoi antesignani e che si afferma con una propria identità, staccandosi dalla giallistica classica, gra-zie soprattutto all’opera di Scerbanenco, dell’italo-marsigliese Jean Claude Izzo e del contemporaneo Camilleri.Anche nel cinema italiano, dopo l’affer-mazione del genere poliziesco degli anni settanta, il noir moderno si ispira alla cronaca ed al senso di caos che il mondo attuale quotidianamente trasmette .Due titoli su tutti: Quo vadis baby e Ro-manzo criminale, che pur rappresentando generi diversi, il pulp e la cronaca, affron-

tano la l e t t u r a del quotidia-no in chiave noir. In campo letterario molti giovani autori ita-liani del settore stanno ri-scuotendo un elevato successo, a livello nazionale ed internazionale: pensiamo tra gli altri, oltre al consacrato Carlo Lucarelli, a Marcello Fois, a Paolo Roversi, a Massimo Carlotto, a Cinzia Tani ed a Santo Piazzese...È anche in aumento il numero di auto-ri che, pur rientrando in generi lettera-ri più classici, utilizzano spesso il noir come chiave descrittiva, in questo cam-po di contaminazione si muovono oggi nomi del livello di Niccolò Ammaniti, Melania Mazzucco e Corrado Augias.Un evento unico, tra cronaca e letteratu-ra, dove il reale e l’immaginario, il fatto e la narrazione, si fondono in una nuova capacità di raccontare la nostra società e le sue pieghe più nascoste.Anche sotto l’aspetto dei partecipanti il Festival presenterà una forte contami-nazione tra vari generi: accanto ai più affermati scrittori italiani saranno in-fatti presenti giornalisti, registi, rappre-sentanti delle Forze dell’Ordine e delle Istituzioni.Performance musicali e teatrali, elabo-rate e condotte direttamente dagli scrit-tori, contribuiranno a rendere completa l’offerta culturale dell’iniziativa.Per la sua vocazione storica di antico quartiere popolare e per la forza evoca-tiva del suo nome, Trastevere si presenta come il luogo più adatto per la localizza-zione del Festival.Un’operazione dunque anche di marke-ting territoriale, tendente a rafforzare l’immagine culturale di un Rione storico di Roma”.

Andrea VitaliLA modisTAgarzanti, p. 385, € 16.60

Con questo romanzo Andrea Vitali ha superato definiti-vamente il maestro Piero Chiara e si conferma tra i più

grandi narratori italiani. Non finisce di stupirci ritraendo gli abitanti di Bellano con le loro furbizie, le loro passioni (chi per la caccia agli uccelli, chi per la caccia all’altro sesso), i piccoli intrighi quotidiani.

A Bellano le donne sono particolarmente scaltre e ricche di senso pratico, in un modo o nell’altro riescono a far fare agli uomini quello che vogliono.Con madri come l’Angelina e Eutrice c’è poco da discutere. E di fronte agli argomenti di Anna Montani, la Modista, non c’è proprio niente da discutere. Romanzo corale, con Anna Montani, intrapren-dente venditrice di scampoli eufemisticamente definita “Modista” che nonostante un marito disperso in Russia infrange i cuori locali, Eutrice Denti, madre possessiva e donna pia, Eugenio Pochezza, figlio devoto, giornalista per noia attratto dalle donne, Firmato Bicicli, orfano sempliciotto affidato dalla madre in punto di morte al sindaco che lo im-piega come può al servizio del Comune, il maresciallo Carmine Accadi con due pensieri fissi: costringere il sindaco a riparargli il gabinetto e conquistare la Modista, il sindaco Amedeo Balbiani, più interessato alla caccia che alle sorti di Bellano, Austera e Gerbera Petracchi ambigue sorelle che gestiscono la farmacia del paese, tre maldestri ladruncoli che trovano un’attività più redditizia sono i personaggi principali. La storia non ha una trama vera e propria, è un descrizione delle vicende degli abitanti del paese con linguag-gio lombardo a volte ironico e irriverente. Così è descritta la morte: “...emise l’ultimo respiro... più che un respiro fu un mezzo rutto. Morì nel sonno.”

Ambretta Sampietro

i suoi romanzi sono molto ap-prezzati in italia: secondo lei cosa piace della sua scrittura agli italiani? si ritrovano in qualcosa?Devo ammettere che non so bene come mai ci sia tanta passione per me, ma, siccome adoro l’Italia, che insieme alla sua cultura esercita un gran fasci-no su di me, non sono sorpreso. Posso solo dire che mi fa un gran piacere.

Hap e Leonard due eroi molto ama-ti. Quanto c’è di lei nei due perso-naggi? È stato difficile crearli o sono nati “naturalmente”?Hap e Leonard mi sono venuti in mente in maniera repentina. Hap è modellato su di me quand’ero giovane e Leonard è un collage di varie perso-ne. Forse anche Hap lo è, però lui e io abbiamo diverse cose in comune. Direi anche che Hap e Leonard sono le facce diverse della stessa medaglia, della stessa persona.

conosce autori italiani di giallo e noir? cosa pensa della letteratura di genere italiana?Ho incontrato diversi autori di gene-re italiani e sono sempre stati molto carini con me. Spero di poterli cono-scere meglio.Sarebbe davvero bello poter parlare italiano.Continuo a programmare di impa-rare la lingua, ma il lavoro e i tour assorbono tutto il mio tempo.

tre domande a Joe Lansdale

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milanoNERA12 Maggio 2008

RECENSIONI

Giuseppe GennaHiTLermondadori, p. 623, € 20.00

“Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”, si dice così, no? Mi sa tanto

che la cosa vale pure per i peccatori, a giudicare dalle critiche impietose che sono fioccate sul nuovo libro di Giu-seppe Genna. Da quando è uscito, penne illustri e meno illustri si sono prese la briga di stroncarlo, gridando allo scandalo. Al centro delle critiche, più o meno la solita solfa: di Hitler è meglio non parlare. Forse è proprio per questo velo di immobilismo che affligge il Bel Paese che da noi non si scrivono libri coraggiosi. Il libro di Genna ha stomaco da vendere; guarda l’abisso dritto negli occhi, racconta la vita della non-persona dalla culla alla tomba. Senza filtri. E chi se ne frega se “la cronaca del periodo viennese è sommaria”? Se “le fonti consultate riguardo agli armamenti della prima guerra mondiale non sono granchè”? La lingua dei critici batte dove il dente di Genna non duole per nulla. Gen-na ha osato fare quello che nessuno, nel nostro paese, aveva mai fatto. Ha raccontato il Male con stile, ha avuto coraggio e non ha tradito il precetto di Fackenheim: “È vietato a chiunque concedere vittorie postume a Hitler”. Hitler è un romanzo necessario. Guar-dare in fondo all’abisso può insegnare un sacco di cose.

Simone Sarasso

Wu MingpreVisioni deL Tempoedizioni Ambiente, p. 192, € 10.00

Previsioni del tempo è l’ultimo nato di Verdenero, piccola grande colla-

na delle Edizioni Ambiente, che riunisce molti tra i migliori noiristi (e non solo) italiani per una serie di romanzi brevi e dal prezzo accessibile. L’idea è quella di sen-sibilizzare il grande pubblico ai problemi ambientali tramite la narrativa, che a volte riesce a scavare nelle coscienze con mag-gior forza dei dati giornalistici. La storia è quella di un viaggio lungo l’autostrada del sole di un camion carico all’andata di maiali macellati illegalmente, e al ritorno di rifiuti industriali. L’operazione è or-ganizzata da Angelo, un broker di rifiuti

con molto cervello e pochi scrupoli. Stavol-ta però i buzzurri che comandano in Italia hanno affidato il camion a una sua vecchia conoscenza. Il passato di Angelo riaffiora, e qualcuno dovrà sporcarsi le mani. Perso-naggi come Angelo, il Conte Piccolo, Don Antonio, restano in mente per il loro reali-smo, fatto di contraddizioni, di umiliazioni famigliari da riscattare, di vivi e lascia vive-re. Realismo giocato in sapiente contrasto con le note surreali del viaggio, che si svolge sotto un cielo nero e una pioggia torrenzia-le, in un’atmosfera vagamente onirica, in cui ritroviamo persino la pantera che all’ini-zio degli anni Novanta diede il nome a un movimento studentesco e poi scomparve nel nulla. Un romanzo di notevole impatto, stilistico, narrativo e psicologico.

Alfredo Colitto

Henning MankellscArpe iTALiAnemarsilio, p. 332, € 18.00

Cos’è successo ad un chirurgo in pensione che sceglie di segregarsi

con un cane e un gatto moribondi in una disabitata isola al largo di Stoccolma? Da quale segreto scappa? Fredrik Welin per sentirsi vivo fa un buco nel ghiaccio e ci si immerge. Annota in un diario dettagli di un’esi-stenza triste: “ieri mi sono ubriacato”. L’unico collegamento al mondo esterno è il postino Jansson, malato immagina-rio, con il quale parla svogliatamente di sintomi che non sono tali. Il resto del tempo incombe il passato. Un giorno, dopo l’immersione nel ghiac-cio, trova ad aspettarlo una donna con un deambulatore.È Harriet, fidanzata giovanile, poi lui sparì per avere più carriera, amore, ric-chezza.

Nonostante sia molto malata è andata alla ricerca di Fredrik per costringerlo ad esaudire un’antica promessa, portarla in un lago nel bosco del quale le parlava sempre. In realtà vuole che conosca Louise e non possiamo dirvi chi sia Louise e perché Fre-drik debba sapere che esiste. Anche Harriet ha un segreto da svelare prima che sia tardi. Il nuovo romanzo di Mankell non è un’indagine del celebre Wallander, nessun giallo da risolvere. Capiamo dalla prima pagina che l’unico potenziale assassino è Fredrik. Di se stesso. Non si perdona un errore che ha segnato la sua vita e quella di una certa Agnes. Se fosse un libro scontato o una sceneg-giatura hollywoodiana vi garantiremmo il lieto fine ma è un romanzo di mestiere, realista, malinconico, sul tempo che pas-sa, sulle colpe e sulla capacità di espiarle prima che sia tardi.

Annarita Briganti8 maggio 2008 Torino - Fiera Internazionale del LibroLa Fiera si svolge da giovedì 8 a lunedì 12 maggio 2008, con i seguenti orari: giovedì, domenica e lunedì (10-22); venerdì e sabato (10-23).milanonera sarà presente presso lo stand Feltrinelli.www.fieralibro.com

15 maggio 2008Piacenza – Dal Mississipi al PoMusica e scrittori noir.Dal 15 al 18 Maggio.Tutte le informazioni su:www.festivalbluespiacenza.it

21 giugno 2008Milano in Bionda - Scrittori noir e birra Menabrea daranno vita ad un evento etilico-letterario sulla terrazza della Libreria del Corso di Corso San Gottardo a Milano. Ingresso gratuito. A partire dalle ore 21.

27 giugno 2008Roma - Trastevere Noir FestivalDue weekend all’insegna del cinema e della letteratura noir con i più importanti autori italiani.Museo in Trastevere, dal 27 al 29 giugno e dal 3 al 6 luglio 2008.Info: 06 36004397

Ben PastorLA Voce deL FuocoFrassinelli, p. 363, € 17.00

Ben Pastor appartiene alla categorie di autrici che potremmo definire “seriali”.

Tra il 2001 e il 2006, infatti, la scrittrice statunitense nata a Roma ha pubblicato, nel nostro paese (con una diversa casa edi-trice), ben sei libri che vedevano, nel ruolo di protagonista centrale e indiscusso, Mar-tin Bora, un ufficiale della Wehrmacht. A questi, a dimostrazione di una capacità produttiva impressionante, la nostra ha anche aggiunto due gialli di matrice mit-teleuropea, I Misteri di Praga e La camera dello scirocco, in omaggio a Kafka e Roth. Laureata in lettere con indirizzo archeolo-gico e insegnante universitaria di Lettere sociali, la Pastor, vincitrice nel 2006 del premio Saturno d’oro come migliore scrit-trice di romanzi storici, propone ora al suo pubblico il seguito de Il ladro d’acqua. L’ambientazione storica è quella dell’im-pero romano del IV secolo dopo Cristo. Anche in questa serie, come nella prece-dente, una figura si erge predominante sul contesto della vicenda: lo storico, biografo e investigatore trentenne Elio Sparziano. Il protagonista, originario della Pannonia, è impegnato, su mandato di Diocleziano, nella biografia su Settimio Severo (mentre

nel precedente primo episodio doveva oc-cuparsi di Adriano) e si ritrova ad indagare sulla morte, resurrezione ad opera di un cer-to Agnus (la voce del fuoco di cui al titolo) e nuova morte (per omicidio) di un costrut-tore di mattoni, tale Marco Lupo. Alla sua morte si aggiungeranno anche quella di un giudice e di alcuni cristiani accusati della morte dello stesso. Nel corso delle sue doppie indagini, Spar-ziano si ritrova a spostarsi attraverso gran parte dell’impero, dalla Belgica Prima (le attuali Francia e Germania), all’Italia set-tentrionale, fino all’est europeo di cui, pe-raltro, è originario.Il tutto con la mente, e soprattutto il cuo-re, impegnato a sciogliere i dubbi in merito al suo amore per l’egiziana Anubina, da lui stesso riscattata in un bordello. Saranno i prossimi episodi della serie a dirci cosa ne sarà del rapporto tra i due, mentre il mistero in ordine al fatto di sangue lega-to alla voce del fuoco troverà soluzione in questo romanzo, forse più attento alla de-scrizione storica e alle considerazioni morali del biografo che non agli aspetti di mistero che ci si potrebbe attendere in un giallo. Un’opera, quella della Pastor, che gronda cultura. Grondasse anche di un poco di suspance in più, non sarebbe propriamente un difetto.

Massimo Rainer

LORENZO BECCATI

IL MISTERODEGLI

INCURABILI“Una delle figure più originali spuntate ultimamente nell'affollata confraternitadei detective di carta.”Giorgio Boatti, il manifesto

Genova, anno Domini 1589.Uno sfuggente assassino semina morte tra i carruggi

e dentro le mura dell’ospedale dei folli.

Una nuova intricata indagine per Pimain, il guaritore di maiali.

www.kow

alski.it

appuntamenti

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milanoNERA 13Maggio 2008

RECENSIONI

Fabrizio CancianiiL mio miTrA Èun conTrAbbAssoTodaro, p. 232, € 14.50

Bruno Kremer, ex musicista ed ora scal-cinato investigatore privato, riceve la

devastante visita di due energumeni fran-cesi a caccia di Giordano, un compagno di gioventù che non vede da trent’anni. L’accaduto gli riporta alla mente la mitica estate del 1977, quando in compagnia del bassista Vladi aveva girovagato in autostop per l’Italia, alla ricerca del già sfuggente Giordano.Questi ricomparirà recando un pericoloso segreto dagli anni di piombo. Anzi, “il” segreto per eccellenza. A causa del quale Bruno sarà trascinato in una frenetica gimcana per le strade di Mi-lano per salvare la ragazza che ama. Il libro è strutturato su due piani paralle-li, i ricordi del viaggio in autostop si al-ternano ai capitoli “gialli” ambientati nel presente.Così, la parte del 1977 forma un autono-mo romanzo on the road intriso di musi-ca, nel più puro filone brizzi-morozziano, molto simpatico nella descrizione nostal-gica della provincia italiana e dell’ambien-

te fluido e confuso dei fricchettoni, mentre la sezione “gialla” è strutturata come un ro-manzo d’azione.I due volti speculari del 1977, quello “priva-to” e spensierato dei concerti e delle canne, e quello “politico” e aspro degli anni di piom-bo e delle scelte estreme, sono resi mediante stili narrativi diametralmente diversi: nella parte “gialla” – più legnosa e meno sentita, ma ravvivata da un inseguimento metro-politano molto in stile “grisbì” – l’autore adotta un linguaggio impersonale, scarno e arricchito da digressioni storiche sotto for-ma di dialogo.Il narratore del 1977 descrive invece in pri-ma persona, con un’efficacia che ha tutto il sapore dell’esperienza diretta, il confuso cal-derone ideologico-musicale in cui si dibat-tevano gli adolescenti milanesi in quell’epo-ca sgangherata.E chiunque abbia l’età giusta non potrà che ritrovarsi in ogni sensazione o pensiero, in ogni singola canzone e nelle abbondanti e meritate citazioni dell’araldo dimenticato Gianfranco Manfredi, simbolo della gene-razione.

Donatella Capizzi

Mario La FerlacompAgnA mAriLynstampa Alternativa, p. 312, € 15.00

Quando ci si trova tra le mani un li-bro del genere, gli effetti sono due:

la sorpresa e l’indignazione. La sorpresa perché l’impressione è che Mario La Ferla abbia una fantasia incontenibile per im-maginarsi uno scenario così articolato e cospirativo. L’indignazione, invece, è ef-fetto diretto della prima pulsione: La Fer-la non inventa nulla ma, previa verifica, attinge da un corposo dossier che l’FBI redasse per colpire la famiglia Kennedy attraverso le sue amanti, compresa la più celebre e pericolosa, Marilyn Monroe.E allora ci si indigna perché, se le inten-zioni dell’ente federale e del suo direttore, l’ambiguo e inamovibile J. Edgard Hoo-ver, non erano certamente determinate solo dall’amor patrio, le sue attività spio-nistiche un effetto positivo ce l’hanno: re-stituire la corretta immagine di un pezzo d’America. Senza che però si sia ottenuto

– almeno finora – il logico effetto: ridiscu-tere pezzi di storia recente.Perché si dovrebbe farlo? La ragione è evi-dente: la dinastia dei Kennedy e la politica d’oltreoceano non sono state limpide come le si ricorda. Ma la corruzione, i personali-smi, le connivenze mafiose e il tradimento di valori morali e sociali sono stati costan-ti. La facciata però andava mantenuta con qualsiasi mezzo. Omicidio compreso. Perché, nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962, questo si consumò: un omicidio e la vittima fu la celebre divina di Hollywood, elimina-ta per volere comune della Casa Bianca, dei vertici di cosa nostra e dell’FBI che sfrutta-vano ciò che conosceva l’attrice. La quale, in un’opera di giustizia altrettanto involontaria da parte degli agenti federali, viene riscattata: non è più una sciacquetta dalle forme abbondanti, ma un’astuta rac-coglitrice di informazioni da usare per ciò che sentiva più vicino a sé, le idee liberal. Che, oggi come ieri, vengono etichettate come comuniste a titolo denigratorio.

Antonella Beccaria

Greg IlesiL progeTTo TriniTypiemme, p. 510, € 11,50

Greg Iles è un autore di thriller. Greg Iles è americano, del Mississippi.

Greg Iles vende milioni di copie. Tutte queste cose non le sapevo e non m’inte-ressavano fino al 2004, quando la casa edi-trice Piemme, da poco passata alla Mon-dadori, mi affidò la traduzione di un suo romanzo, The Footprints of God. In italia-no si intitola Progetto Trinity. È un thriller fantascientifico e immagina un mondo dove una squadra di ricerca sia riuscita a creare un computer in grado di replicare una mente umana e di farla vivere, così, per sempre. Era proprio il pieno boom del Codice Da Vinci, e poiché la storia ha una sua accezione mistica e la copertina italia-na era molto scaltra (un particolare della Sacra Sindone), il libro finì in classifica. Scoprii che Iles aveva scritto un altro thril-ler, Twentyfour Hours, che era diventato un ricco film hollywoodiano.

E poi altri, di cui adesso non ricordo i titoli. Mi appiopparono immediatamente un al-tro suo lavoro, Blood Memory, in italiano La memoria del fiume. Mezzo migliaio di pagi-ne. Gli autori come lui puntano al lavoro spesso, rilegato massiccio. E all’azione. Che qui si svolge a Natchez, Mississippi, e in parte a New Orleans. Sotto c’è una torbida storia familiare di violenza e incesto. Greg Iles ha una faccia simpatica, almeno in foto-grafia. Suona la chitarra in un gruppo rock e ha suonato anche con Stephen King. Il suo prossimo libro, Turning Angel, si svolge di nuovo a Natchez e a pag. 298 ho già con-tato otto morti, tra cui un paio minorenni. Lo tradurrò in società con Tommaso La-branca. Ci siamo divisi i capitoli, e anche i cadaveri. E anche le domande: perché tanti lettori sono così avidi di carneficine a ritmo serrato? Ma non gli basta la realtà? Una pos-sibile risposta: perché questi libri hanno tra-me. Qui almeno succede qualcosa. Nei libri degli italiani invece, cannibali e no, troppo spesso regna sovrana e cupa la noia.

Paolo Bianchi

m ettete dieci scrittori di gialli davanti ad una birra alla spina e state a vedere cosa sono capaci d’inventare.

Se poi hanno un tempo massimo di cinque minuti per bersi la birra e cotemporaneamente devono presentare al pubblico il loro ultimo romanzo, be’ la faccenda si deve fare sicuramente interes-sante...Ecco gli ingredienti che caratterizzeranno il primo milano in bionda - giallo e noir festival.

Nato da un’idea di Paolo Roversi sotto l’egida di milanone-ra e Kowalski e la complicità alcoolica della birra menabrea (in giro per l’Italia troverete bottiglie con l’etichetta recante il logo milano in bionda che vedete qui a fianco) la manife-stazione si svolgerà sabato 21 giugno a Milano.L’appuntamento è presso la terrazza eventi della Libreria del corso di Corso San Gottardo a due passi dai Navigli a par-tire dalle ore 21.

Milano in Bionda: primo Giallo e noir festival con la birra MenabreaBirra e giallisti

Thornburg NewtonLA sTrAnA ViTAdi cuTTer e boneFanucci, p. 320, € 16.00

È possibile scrivere un noir che sia an-che un romanzo on the road e una

parabola amara della vuotaggine dei miti borghesi? La risposta è sì. Ad azzardare questo bizzarro cocktail di generi ha pen-sato Thornburg Newton nell’ormai remo-to 1976, anno della prima pubblicazione negli Usa di questo piccolo gioiello del thriller vagabondo e visionario. Una vera chicca, scoperta e portata in Italia dall’edi-tore Fanucci dopo 32 passati a dormicchia-re nell’oblio (senza per altro invecchiare di un giorno). Cutter e Bone, i protagonisti di questa storia noir, sono figli dell’Ame-rica wasp degli anni ‘70 che, incredibil-mente, appare assolutamente identica, nei miti, nella vita, nelle manie, a quella di oggi. Entrambi, per ragioni diverse, hanno respinto la nauseante banalità del vivere per l’apparire e campano da emarginati. Richard Bone, bello, abbronzato e intelli-gente, ha piantato in asso la vita di agi e di stress del manager rampante e si arrabatta dispensando sesso e illusioni a turiste av-venturose e incaute. In pratica fa il gigolò.

Potrebbe diventare ricco, ma non è abba-stanza cinico e siccome è tormentato dagli scrupoli fatica a sbarcare il lunario. Alex Cutter, reduce dal Vietnam (ma potrebbe benissimo esserlo dall’Iraq), ha una protesi al posto di una gamba, un moncherino al posto di un braccio, una benda sull’occhio mancante. È un uomo a pezzi a cui la guerra ha tolto tutto tranne il gusto per una maca-bra ironia che denuncia le sue origini agiate. Anche lui, come Bone,?è sempre alla ricerca di espedienti per tirare avanti un giorno di più. Succede una notte: Bone sta rincasan-do a piedi quando intravede nell’oscurità la sagoma di un uomo che scarica in un bidone dell’immondizia il cadavere di una ragazza. L’indomani, vedendo sul giornale la foto del multimiliardario Wolfe, un ex bifolco che arricchendosi col commercio dei polli ha incarnato il grande sogno ame-ricano, ha la vaga sensazione di riconoscere in lui l’assassino nonostante non lo abbia visto in faccia. Non ne è sicuro, ma incauta-mente ne parla con Cutter e insieme, in un delirio di sbornie e di suggestioni, decidono di tentare il ricatto. Ma per ricattare Wolfe bisogna avvicinarlo e allora lo inseguono fin sulle creste dei monti Orzak, nel cuore dell’America violenta, bigotta e selvaggia.

Adele Marini

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Page 14: Milanonera Web Press Numero 1

milanoNERA14 Maggio 2008

i l po e il mississipi: cos’han-no in comune e come è nata

l’idea di questo abbinamento?Il fiume è un po’ la metafora del-la vita, della storia e della cultura. Il Po è il più grande e più lungo fiume italiano, così come il Mis-sissippi è il principale corso d’ac-qua americano. Le grandi civiltà si sono sempre sviluppate intorno a grandi fiumi (Roma, Egitto, ecc) e la cultura si è sempre abbeverata alle fonti della storia. Questo è il punto di unione.

piacenza durante il festival di-venterà un luogo molto noir, grazie alla presenza di alcuni dei più importanti scrittori ame-ricani. È stato difficile metterli tutti insieme?C’è stato bisogno di un lungo la-voro organizzativo, ma ti raccon-terei una balla se ti dicessi che ho passato le notti insonni. In realtà, la variegata schiera di scrittori presenti al festival è com-posta quasi interamente di amici e

conoscenti. Joe Lansdale e Anne Perry sono miei amici di vecchia data. Li considero dei membri della famiglia e ho la fortuna di essere reputato alla stessa stregua da parte loro. Massimo Carlotto lo conosco da anni e ci lega una comune passione per la musica e un rispetto reciproco nato nel momento stesso in cui ci siamo incontrati. Gli scrittori piacentini, tranne Bosonetto, li conosco tutti ottimamente. John Har-vey l’ho conosciuto a Courmayeur e lui e Jim Sallis (che conosco da un festival di Mantova di alcuni anni fa) sono amici.Sallis, in compenso, conosce Lansdale. Ben Pastor e Patrizia Debicke sono due care amiche. Peter Tremayne e KielL Ola Dahl non li conosco di persona. insomma, volevo solo farti capire che ho impostato la scelta degli ospiti sulle mie conoscenze personali, proprio per favorire un ingresso indolore del festival di Piacenza in una fascia più alta. Il bello verrà l’anno prossimo, ma ho già delle idee. Bisogna lavorare con netto an-ticipo.

Quanto una città tutto sommato piccola come piacenza si presta ad eventi di questo genere?Spero tanto. Negli anni scorsi, abbiamo avuto un buon riscontro sul piano musicale e un po’ meno su quello letterario. Eravamo agli inizi e dovevamo crescere. Le sedi degli incontri letterari, per la verità molto belle, erano infelici sul piano lo-gistico. Quest’anno la letteratura sarà il sistema linfatico del festival musicale. Gli appun-tamenti si svolgeranno nella piazza principale e contiamo di coinvolgere davvero la cittadinanza. La città è piccola me proprio per questo la dimensione del festival dovrebbe guada-gnarne.

musica e letteratura si fondono del festival. quanto è importante la contamina-zione? e quanto un’arte può trarre giovamento dall’altra?Contaminazione e abbattimento delle barriere sono proprio gli obiettivi del nostro festival. La creatività è creatività, in qualunque campo. Musica e parole, a mio avviso, si spo-sano ancor più che musica e immagini. Anzi, credo che la rovina della musica sia dovuta in buona parte all’avvento della video-music. Le immagini hanno tolto – e non aggiunto - immaginazione. Le parole, invece, possono accrescerla. In fondo, se Springsteen, e prima di lui Woody Guthrie, hanno dedicato degli interi album al Tom Joad di John Steinbeck e al suo spettro, un motivo dovrà pur esserci...

seba pezzani, direttore artistico del festival Dal Mississipi al Po

Il Po, l’America, gli scrittori noir e il bluesLibri e musica in scena a Piacenza dal 15 al 18 maggio

RECENSIONI

Seba Pezzani

Autori variTuTTA coLpA di dioAd est dell’equatore, p. 120, € 8.90

In Italia i racconti funzionano sempre poco, ammettiamolo. Le cose stanno

cambiando, o almeno così sembra, ma a casa nostra le storie brevi non pagano né ripagano ancora. Non lo fanno quasi mai, purtroppo, e quando capita si può gridare al miracolo. Anzi, si deve.Scrivere e pubblicare racconti, dunque, rappresenta una sfida, una partita difficile da vincere e, per questo, ancora più bella da giocare.Gli autori sanno bene quanto sia arduo confrontarsi con una vicenda da conden-sare in poche pagine e solo chi pubblica, invece, conosce quali ansie nasconda un investimento del genere. Pensare di esor-dire sugli scaffali italiani con un prodotto di questo tipo, quindi, rappresenta più di un scommessa: è un azzardo bello e buono. Che ci crediate o meno, la casa editrice “Ad est dell’equatore” ha deciso di spiccare que-sto salto nel buio pubblicando la raccolta Tutta colpa di Dio che - come evidenzia il risvolto di copertina – si annuncia come “un’eterna caduta libera nella metà oscura dell’animo umano”.

In poche parole, uno di quei viaggi da fare se si ama il noir tutto pancia e cuore.Sette autori napoletani (di cui uno esordien-te) si confrontano senza paura con i vizi ca-pitali e ce li raccontano come sanno e come vogliono, a volte affidandosi anche all’iro-nia, altre alla spietatezza. Sette voci molto diverse, ma nessuna fuori dal coro. Andrea Santojanni fa i conti con l’invidia, Ciro Marino con la lussuria peggiore. Ange-lo Petrella si confronta, invece, con l’accidia e, per fare meno fatica, lascia che parli anche il proprio cane. L’ira spetta a Riccardo Brun mentre Maurizio de Giovanni, alle prese con l’avarizia, risparmia tutto ma non se stesso. Luca Maiolino, l’esordiente lanciato nella mischia, ci racconta la gola ingozzandoci con la sua storia amara e Peppe Lanzetta, forse il più tagliente fra questi sette samu-rai campani, ci regala una pillola di superbia giovanile purtroppo sempre attuale.Davvero un peccato che, al posto dei sette vizi, i coraggiosi curatori non abbiano scelto i dieci peccati: così fosse stato, anche altre importanti penne partenopee – come quelle di Ugo Mazzotta o Diana Lama - avrebbero potuto spargere la propria scia di parole noir. A tutto beneficio della raccolta e, soprattut-to, dei lettori.

Paolo Franchini

Maurizio MatroneiL commissArio incAnTATomarcos y marcos, p. 214, € 14.50

Da un po’ di tempo, in libreria, si trovano tanti romanzi dove la sto-

ria e la scrittura appaiono soltanto come trasparenti paraventi dell’autore. Servono - incidentalmente - solo per farci vedere quanto è bravo il nostro autore, quanto ha sofferto, quanto ha vissuto.È un gioco sporco, ma ahimè, accade spesso, soprattutto quando il libro è scrit-to in prima persona e il protagonista è una sorta di alter ego dello scrittore.Niente di tutto questo accade, invece, per l’ultimo romanzo di Maurizio Matrone, che - attraverso una scrittura fortemen-te letteraria, ricca e accogliente - crea un vero personaggio di carta, uno strano ed etereo commissario, unico in Italia ad es-sere stato promosso per meriti letterari, e

immagina una storia forte attraverso le sue peripezie bolognesi. Nel libro il protagonista di carta dialoga con una persona di carne, reale, Wilma, improvvisamente e troppo presto scom-parsa. E a lei racconta con infinito amore, tutta la sua vita ormai trascorsa. Gli episodi che l’hanno resa unica, attraver-sando nel racconto, il campo arato (ormai quasi una novantina di anni fa) da un altro scrittore Massimo Bontempelli, ne La vita intensa. Secondo Montesquieu “un’opera ori-ginale ne fa quasi sempre nascere cinque o seicento altre, queste servendosi della pri-ma all’incirca come i geometri si servono delle loro formule”. Ed è proprio l’operazione che fa Matrone, un esperimento difficile ma anche riuscitis-simo, pieno di cuore e sentimento, dove il lettore si perderà per ritrovarsi con grande nostalgia.

Giancarlo Pagani

Jaume CabréLe Voci deL FiumeLa nuova Frontiera, p. 570, € 21.50

Non è necessario tenere lo stesso rit-mo per novanta minuti per vincere

una partita. Quella che è una regola non scritta del calcio si applica benissimo an-che al romanzo del catalano Jaume Cabré, Le voci del fiume. La sfida è seria: ricostru-ire un periodo storico estremamente dif-ficile per la Spagna, quello dopo la guer-ra civile, ripercorrendo le vicende di un maestro elementare che cerca di riscattar-si da una veloce e quanto mai disastrosa adesione alla causa falangista. Gli errori di Oriol Fontelles, la sua solitudine dopo l’abbandono della moglie incinta e la sua adesione al maquis, il movimento di resi-stenza armata al franchismo, sono inseriti in una epopea che si snoda dai primi anni

Quaranta fino agli inizi del ventunesimo secolo, passando in mezzo agli anni Cin-quanta e Settanta, attraverso le vicende di una trentina di protagonisti. Tanti, troppi i fili da tenere in una mano: e nonostante la splendida coralità, che in alcuni punti profuma di Marquez, a vol-te ci si perde saltando senza appigli da un piano temporale all’altro, da un punto di vista all’altro.Salti a volte felici, a volte meno, ma che non tolgono valore al romanzo, semplice-mente ne rendono più faticosa la lettura. Che va completata, per tutte le 570 pagi-ne, se si vuole scoprire come è morto Oriol Fontelles. Una verità ben diversa da quella che gli altri - prima tra tutti la sua amante, l’inarrivabile Elisenda Vilabrù - e la storia hanno voluto tramandare, facendone un martire della causa franchista.

Silvia Cravotta

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Page 15: Milanonera Web Press Numero 1

milanoNERA 15Maggio 2008

L’ irruzione del “giallo” nel panorama librario ha provocato un aumento di produzione (più di

500 i titoli di autori italiani pubblicati nel 2006) molto rapido e persino sorprendente per due moti-vi: primo, in Italia questo tipo di narrativa sembrava aver vissuto di successi legati all’emergere occasionale di talenti come Scerbanenco, Fruttero e Lucentini, Macchiavelli (in realtà il giallo italiano una tradizio-ne novecentesca la vantava di già, magari stentata, ma di una certa tenacia); secondo, il radicato e radicale pregiudizio dell’establishment culturale contro la “pa-raletteratura” o “narrativa di consumo”. Possibile che in pochi anni sia cambiato tutto?

A un primo sguardo parrebbe di sì. Tanto che qual-cuno ha visto nel giallo un famigerato “genere uni-co” che tutto avrebbe fagocitato.Apprensione legitti-ma, anche se la si potrebbe contestare in uno dei suoi punti fondanti: ciò che noi chiamiamo giallo in Italia comprende così tanti tipi differenti di storie da non poter configurare in ogni caso un dominio di genere così ferreo.

In realtà, proprio al culmine del successo, l’esplosione del giallo italiano rivela come, nell’era della rapidità, i cambiamenti, per essere reali ed effettivi, necessitino di tempi che rapidi non sono. Dimostra insomma che ognuno di noi in fondo subisce questa velocità come un diktat che male si accorda con le proprie sensibilità più profonde. Ultimamente si sono levate voci critiche sul giallo italiano, sia da parte di chi è sempre stato diffidente nei confronti della narrativa di consumo, sia da parte di chi questo tipo di storie le scrive (ci sono anche quelli che fanno parte di entrambe i gruppi). Voci che mi pare convergano su un paio di punti: la qualità media si sta abbassando (effetto d’altronde inevitabile dell’inflazione di titoli) e non è poi così vero che il giallo sia l’unica forma narrativa per raccontare l’Italia contemporanea (qualcuno dubita anche che lo faccia veramente).

Al di là della mia opinione su questi punti, preferisco esprimere i sospetti che queste affermazioni mi fanno venire. Il primo è che l’establishment culturale italia-no abbia subito a muso lungo il successo del giallo senza interrogarsi sul bisogno che il giallo andava a soddisfare, un grido di dolore che arrivava da mol-ti lettori: “dateci delle storie avvincenti, realistiche e comprensibili”. Rispondere a una richiesta equivale per alcuni a un compromesso sulla qualità letteraria. Che il giallo abbia strappato molti under trenta a un

avvenire di non-lettura mi pare però un risultato che giustifica quel compromesso.E sul compromesso arriva il mio secondo sospetto. L’indizio è una frase ormai ricorrente: “ho usato una trama gialla come pretesto per raccontare altro”. Fa-teci caso, non si parla neanche più di strumento o di occasione, ma di “pretesto”. Al microscopio etimo-logico, la parola “pretesto” risulta essere una cortina “tessuta davanti” a qualcosa che si intende celare. Il risultato paradossale è che una trama gialla, concepita per disvelare, venga usata invece per coprire le reali intenzioni dell’autore. Può essere intrigante. Meno intrigante è che l’artefice dell’infingimento, anziché lasciare quest’ultimo colpo di scena alla sagacia del let-tore, lo sveli subito, per giustificare a priori, appunto, lo sporco lavoro di tessitura che le sue mani di chierico hanno accettato di fare. Più che ammettere un com-promesso, è chiedere scusa di una compromissione imbarazzante.

Parafrasando Bukowski, equivale a dichiarare più o meno onestamente: “sia chiaro, sono uno scrittore raf-finato e un intellettuale di grande spessore. Metto un delitto nelle mie storie per farmi pubblicare”.

Flashback improvviso: per quanto sono riuscito a ca-pire, i miei avi facevano i tessitori a Lucca. Facevano lo sporco lavoro del telaio, insomma. Ma erano loro, con i battitori e i filatori, a intrecciare la seta con l’oro e con l’argento. Erano loro, nelle bottegucce malsane, a rendere quelle trame finissime e preziose. Tessuti così morbidi da modellarsi perfettamente sulla persona che li indossava. Coprendo, disvelare. E non disvelare per coprire.

Sarà per questo, ma sono convinto che “tessere un in-treccio” non sia un pretesto a buon mercato e nem-meno, a ben vedere, un ingrediente liofilizzato alla portata di tutti. È uno sgobbo duro, ma chi lo reputa un’attività meccanica degna solo dell’ultimo garzone, rischia di resuscitare tutta l’antica presupponenza bor-bonica dell’intellettuale dedito al palpito ornamenta-le, al cruccio funambolico.

Credo che tessere trame sia la principale “technè” di chi ha scelto – né per ripiego, né per opportunità – un certo tipo di storie e, di conseguenza, un certo tipo di scrittura. Una scrittura che stabilisce alcune prio-rità e che non è “bella” o “brutta” se non rispetto alla simbiosi profonda che realizza con i fatti che intende narrare e con la ragione fondante di quella intenzione narrativa.

Insistere vezzosamente sul “pretesto” conduce inoltre a riesumare una visione di forma e contenuto come due potenziali “separati in casa” (la trama-contenuto mal sopporta la scrittura-forma, dato che il raffinato intel-lettuale va in giro a ogni presentazione a dire che solo la scrittura, la bellissima scrittura di cui lui è capace a prescindere, fa la differenza). È una posizione che im-maginavo francamente consegnata alla storia. Come se non bastasse, provoca l’effetto di relegare l’intreccio criminoso (sia esso individuale o in concorso con altri) a puro espediente per raccontare “altro”. In un Paese in cui sta diventando ogni giorno più difficile rima-nere “altro” dalla tenaglia dell’illegalità e delle logiche predatorie, mi fa venire in mente, per finire con Lut-tazzi, il buontempone che sul Titanic si preoccupa di un rubinetto che perde.

L’autoregiampaolo simi si è guadagnato l’attenzione del pubblico e della critica con i due romanzi noir Il corpo dell’inglese (2004) e Rosa elettrica (2007), entrambi per Einaudi Stile Libero. È fra gli autori italiani tradotti in Francia nella Série Noire di Gallimard.Collabora come soggettista e sceneggiatore ad alcune fiction televisive.

INTERVENTI

Uno sporco lavorodi Giampaolo Simi

Giampaolo Simi

Il romanzo raffinato e sensuale di un nuovo originalissimo narratore siciliano.

Catania, anni Sessanta. Un giovane avvocato. Uno scottante segreto.

Salvo Scibiliale maleparole

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