Mensile Valori n.76 2010

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valori Anno 10 numero 76. Febbraio 2010. € 4,00 Dossier > Costruire insicurezza: violenza in tv, città-ghetto, troppo uso del carcere Holding della paura Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. UGO PANELLA Fotoreportage > Centro penale Quezaltepeque Finanza > Vitol, Trafigura, Glencore: i nomi sconosciuti dei nuovi padroni del petrolio Economia solidale > Cos’è l’altra economia? Il Tavolo Res mette i puntini sulle “i” Internazionale > America latina: la Cina allunga le mani. E gli Usa retrocedono

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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valoriAnno 10 numero 76. Febbraio 2010. ! 4,00

Dossier > Costruire insicurezza: violenza in tv, città-ghetto, troppo uso del carcere

Holding della paura

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

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Fotoreportage > Centro penale Quezaltepeque

Finanza > Vitol, Trafigura, Glencore: i nomi sconosciuti dei nuovi padroni del petrolioEconomia solidale > Cos’è l’altra economia? Il Tavolo Res mette i puntini sulle “i” Internazionale > America latina: la Cina allunga le mani. E gli Usa retrocedono

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| editoriale |

Fabbricadi insicurezzadi Gian Carlo Caselli

D A SEMPRE LA SICUREZZA È UN OBIETTIVO per il quale vengono messe in campo le migliori energie e intelligenze.Spesso, purtroppo, con scarsi risultati. Soprattutto negli ultimi tempi, caratterizzati dalla diffusione e dalla crescita di paure e insicurezze di ogni tipo, collegate a vari fattori: la Tv, che ogni giorno rovescia nellenostre case immagini di violenza, terrorismo, guerra, fame, povertà, sfruttamento, persecuzione, intolleranza; la politica (i partiti soprattutto), che non è più quel punto di riferimento che era in passato; il lavoro, che non c’è o, quando c’è, è precario o sommerso o poco garantito e che, invece di essere un diritto, diventa troppospesso un pericolo per la salute e la vita stessa del lavoratore. In questo quadro si inserisce il problema dellasicurezza urbana. I dati ufficiali non sono confortanti, ma neppure catastrofici. Eppure sempre più catastroficasta diventando la “percezione soggettiva” dei cittadini. E la paura, nel suo mix di realtà e percezione, è un datodi fatto. Se è irresponsabile cavalcarla (magari dopo averla fomentata con un’informazione mirata), è altrettantoirresponsabile non tenerne conto, liquidandola con giudizi esorcizzanti. Una buona politica non è quella chestrumentalizza la paura per raccattare voti, ma quella che cerca di “governarla”, arginandola e contenendola.Altrimenti si corre il rischio di assecondare, se non addirittura alimentare, la paura, innescando un cortocircuito che sacrifica sull’altare della sicurezza garanzie e diritti, affievolendo quel pluralismo politico-culturaleche costituisce sempre un solido argine contro il pericolo di derive di intolleranza.

L’immigrazione extracomunitaria costituisce oggi - sul piano sociale, economico e giuridico - uno dei maggiori problemi italiani. Sbaglia gravemente chi dimentica che la migrazione rappresenta un potentemotore di sviluppo e vuole invece leggervi una minaccia per la nostra civiltà, da fronteggiare con trivialiinvocazioni di cannoniere: finendo per criminalizzare tutti i migranti in quanto tali, perché considerati“diversi” e per ciò stesso pericolosi a prescindere. Ma sbaglia anche chi sottovaluta il problema, dimenticandoche un fenomeno epocale come la migrazione è un fiume in piena, che inevitabilmente porta con sé alcuni“detriti” e che il problema dei “detriti” va affrontato con realismo, senza illudersi di poterlo esorcizzare con un approccio esclusivamente sociologico, rinunziando alla necessaria dose di repressione. Ciò non significa- sia ben chiaro - che i problemi della sicurezza debbano affrontarsi in termini esclusivamente di ordinepubblico. Un fenomeno complesso esige tante cure. In particolare adeguate politiche sociali. Vale anche per il degrado urbano, cui è doveroso opporsi. Ma guai a dimenticare che esso è fatto di persone, volti e storie,non di oggetti. Deve perciò essere combattuta e respinta come incivile qualunque tentazione di intervenire con retate, espulsioni di massa o allontanamenti indiscriminati per etnie o categorie. Tenendo ben presente,nello stesso tempo, che sicurezza non vuol soltanto dire quanta gente si manda via, ma quali opportunità si danno a chi resta. Diversamente si fa scuola di violenza e si favoriscono sempre nuovi errori, con crescitaesponenziale proprio di quell’insicurezza che si vorrebbe ridurre.

C’è poi la questione carceri. È un dato di fatto che anche le “distorsioni” sul tema sicurezza contribuisconoalla criminalizzazione di comportamenti che, di fatto, risultano essere più “fastidiosi” che davvero criminali. In questo modo si consegnano al carcere persone che difficilmente il carcere riesce a gestire adeguatamente:come gli stranieri e i tossicodipendenti, che da soli rappresentano il 60/70% dell’intera popolazione detenuta.Nell’ambito della pena il carcere rappresenta il perno dell’intero edificio: non credo che se ne sappia ancoraimmaginare un sostituto. Da un lato per le attese che la società ripone nella risposta detentiva, per il senso di sicurezza che la detenzione è in grado di diffondere. Dall’altro perché le stesse sanzioni alternative, che sonoun patrimonio, un progresso, una conquista di civiltà, trovano nel carcere la garanzia della loro praticabilità ed effettività. È comunque un dato di fatto che tutte le commissioni per la riforma del codice penale, per quanto diverse fra loro, si son mosse nella direzione di riservare il carcere a ipotesi sicuramente, dal punto di vista quantitativo, assai meno numerose di quanto oggi non accada, per sviluppare invece discorsi alternativi,sanzioni che non si identificano più necessariamente, univocamente e inesorabilmente con il carcere. .

L’AUTOREGian Carlo Caselli (Alessandria, 1939). Procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Torino. È stato giudice istruttore nelle indaginisul terrorismo e le Brigaterosse. Dal 1986 al 1990membro del Consigliosuperiore dellamagistratura e, tra il 1993e il 1999, subito dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio e durante i processi “eccellenti” su mafia e politica, alla guida della Procuradi Palermo. Dal 1999 al 2001 dirige il Dap(Dipartimentodell’amministrazionepenitenziaria). Ha scritto diversi libri:l’ultimo, Le due guerre,è uscito nel 2009 per Melampo editore.

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| sommario |

valoriAll’interno della sezione femminiledel carcere di Quezaltepeque le detenute-mamme possonovivere con i loro bambini, ma solofino a quando compiono cinqueanni. Dopo vengono presi in caricodall’Isna, una sorta di orfanotrofio.El Salvador, 2009U

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globalvision 7

fotoreportage. Centro penale Quezaltepeque 8

dossier. Holding della paura 16Crimini in televisione, fabbrica di insicurezza 18Progettare un quartiere sicuro. Il ruolo dell’urbanistica 20Parigi, se questa è una periferia 21Lotta al terrorismo. Di nuovo di moda 22Carceri utili davvero. Lavoro e reinserimento 24Sovraffollamento, la risposta nel Codice 26

finanzaetica 28Discreti e implacabili, i nuovi padroni del petrolio 30Banche sotto esame: rimandate a settembre 32Gli italiani hanno voglia di etica ma nella finanza non esiste 35Cambio al vertice a Banca etica: continuità o innovazione? 36La famiglia Marcegaglia dà il cattivo esempio 38

finanzaislamica 41

economiasolidale 42Economia: si fa presto a chiamarla “altra” 44Giuseppe Eusepi: «L’impresa che rispetta le regole è sempre etica» 46Beni confiscati, fino a dieci anni per destinarli 47Tre problemi, quattro voci a confronto 49

lavanderia 53

internazionale 54America Latina, il Sud aggancia la locomotiva cinese 56Ombre cinesi, paure statunitensi 58Crisi dimenticate/4. Congo, cronaca di un conflitto permanente 60Italia, Senegal, Dubai e Sudafrica. L’impresa sociale si mette in viaggio 62

altrevoci 66

indiceverde 73

utopieconcrete 74

febbraio 2010mensilewww.valori.itanno 10 numero 76Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione AutonomaBancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazioneUgo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeUgo Biggeri ([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini,Francesco Carcano, Matteo Cavallito, CorradoFontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino,Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])fotografieAugusto Casasoli (A3, Contrasto), Daniele Cavallotti,Lalo De Almeida (Redux, Contrasto), Cedric Gerbehaye(Vu), Dominic Nahr (Oeil Public), Ugo Panella stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)abbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsiI carta di credito

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Quale ritorno alla normalità?

Dopo la tempesta| globalvision |

di Alberto Berrini

DOPO IL “SECOLO BREVE” (1914-1991), - un modo per interpretare il ’900 - è finito anche il primo “lungodecennio” (2000-2009) del XXI secolo. Reso “lungo” dalle difficoltà registrate in quel periododall’economia mondiale, al punto che Paul Krugman (Nobel per l’economia nel 2008) l’ha definito il decennio del “grande zero”, facendo riferimento ai risultati economici di quest’ultimo decennio, almeno per quanto riguarda il mondo sviluppato (diverso sarebbe il discorso se si considerano alcuni Paesi emergenti). Risultati assai mediocri soprattutto se confrontati con le aspettative di inizio secolo.Erano gli anni in cui si pensava (o meglio i “neoliberisti” pensavano) che la new economy avrebbe garantitouna crescita sostenuta ed eliminato definitivamente il ciclo economico, ossia l’alternarsi di fasi economichepositive e negative. È successo esattamente il contrario. La velocità media della locomotiva economica è diminuita mentre gli sbandamenti, fino al rischio di veri e propri deragliamenti, sono aumentati.Ora siamo nel 2010 e la ripresa, che pure è nei numeri, è ancora piena di incognite. Abbandonata la fiducia negli algoritmi matematici, in particolare per quelli che garantivano la finanza a rischio zero, si guarda alla storia per meglio affrontare il futuro prossimo venturo.

La paura riguarda la “W”, ossia una seconda ricaduta dell’economia, dopo il semestre terribile(settembre 2008 – marzo 2009), che potrebbe essere causata da una exit strategy troppo anticipata, ossia

dall’abbandono eccessivamente frettoloso degli stimoli fiscali e monetari che hanno sostenuto l’economia in questi mesi. Il riferimento storico,messo in risalto dal “solito” Krugman, è il 1937. In quell’anno la fineanticipata del New Deal, decisa dal Presidente americano Roosevelt,determinò una ricaduta dell’economia americana, (dopo la GrandeDepressione del quadriennio 1929-1933), che poi uscì dalla crisi solo“grazie” allo scoppio della II Guerra Mondiale. Del resto l’economia

privata è stata negli ultimi anni sostenuta da una serie di bolle, da quella di internet a quella immobiliareed ora non è ancora chiaro da dove possa venire un nuovo sostegno all’economia mondiale.

Il dibattito sui tempi dell’exit strategy è aperto. Solo su un punto gli economisti sono concordi. Una prolungata politica monetaria eccessivamente espansiva apre la porta a nuove bolle speculative, che potrebbero scoppiare al primo segnale di pericolo di una nuova recessione. Non è un caso che in questigiorni (10 gennaio) la Banca dei regolamenti internazionali abbia convocato a Basilea i responsabili delle più importanti banche private del mondo. Per i monetaristi (un altro modo per dire liberisti) si trattadi tornare quanto prima alla normalità del mercato perché, come dicono, «di troppo Keynes si può morire»,alzando i tassi di interesse. Per i keynesiani, che hanno paura degli effetti recessivi di una tale manovra, è meglio introdurre nuove regole nei mercati per evitare le bolle finanziarie. Osservava l’economista JosephStiglitz (4 gennaio 2010): “Dicono che alzeranno i tassi per rientrare nella normalità. Ma questo si tradurràin 2,4 milioni di nuovi mutui insolventi nel 2010”. La verità è che i neoliberisti danno per scontato e inevitabile un periodo di parecchi anni di alta disoccupazione. Nel loro modello la sostenibilità economicanon prevede, anzi è alternativa, se non incompatibile, con la sostenibilità sociale. Aveva dunque ragioneKrugman quando affermava (La Repubblica, 29 dicembre 2009): “Del decennio che si conclude, in ognicaso, a essere veramente sconvolgente, è la nostra mancanza di volontà a imparare dai nostri errori”. .

Secondo i neoliberisti la “soluzione” è un lungoperiodo di disoccupazionealle stelle. Un segno della mancanza di volontà ad imparare dai propri errori

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rima di tutto i controlli, minuziosi, di ciò che abbiamo portato: carta igienica e medicine,che Soleterre Onlus, il Gruppo Giovanile Monsignor Romero, costituito da giovani migrantisalvadoregni residenti in Italia, e l’associazione salvadoregna Homies Unidos, distribuiscono

nella sezione femminile del carcere di Quezaltepeque, in El Salvador. È l’iterda seguire per far visita alle 130 donne “ospiti” della struttura, quasi tuttemembri della “18 Street Gang”, o “Barrio 18”, che, insieme alla Mara

Salvatrucha, è una delle bande (pandillas) più pericolose del Centro America. Fondatenegli anni Ottanta nelle periferie della California da ragazzi salvadoregni fuggiti durante la Guerra Civile (1980-1992), una volta iniziata l’espulsione dei loro membri verso il proprioPaese di origine, imposta dalle leggi “anti immigrazione” statunitensi, hanno riprodotto il modus operandi che avevano negli Usa nelle città centroamericane (soprattutto El Salvador,Honduras, Guatemala). Qui, con 70 mila affiliati, controllano, insieme ai narcotrafficanti(che li utilizzano come mano d’opera a basso prezzo), i principali traffici illeciti.

Secondo lo studio “Mappa della violenza, i giovani dell’America Latina”, pubblicato nel 2008 dalla Red de Informacion Tecnologica Latinoamericana, il Sudamerica è la regione al mondo più pericolosa per i giovani. La causa principale è la diseguaglianzasociale: quando nello stesso spazio geografico vivono ricchissimi e poverissimi, in unasituazione di enorme ingiustizia sociale, si provoca il dramma che vive l’America Latina, e in particolare il Centro America, tra i più iniqui al mondo in termini di reddito.

La reazione dei governi e delle istituzioni locali al proliferare della violenza finora si è tradotta soprattutto nell’attuazione di un regime poliziesco repressivo che vedenell’incarcerazione (o addirittura nell’eliminazione fisica) l’unica forma di prevenzione dellaviolenza. In America Centrale la popolazione carceraria aumenta sempre più, compostasoprattutto da giovani. L’attuazione di misure repressive contribuisce a far guadagnarepopolarità ai governi, perché trasmette un’immagine forte e “attiva” rispetto al problemadella sicurezza. Concentrare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla pericolosità deicriminali, che, nell’immaginario collettivo generato dai mass media, provengono dalle aree

più povere e dai ghetti urbani, impedisce di chiedersiperché, nonostante l’attuazione sistematica di questemisure, i livelli di violenza aumentino invece che diminuire.

Le soluzioni non possono passare dalla repressione,ma da programmi di inclusione sociale, redistribuzionedel reddito, rafforzamento del sistema educativo pubblicoe generazione di posti di lavoro. *Responsabile dell’Ufficio Progetti in America Latina

foto di Ugo Panella

L’America centrale è la regione al mondo più pericolosa per i giovani. La causa principale è la disuguaglianza sociale. Il governo di El Salvador risponde con misure repressive,carcere o eliminazione fisica, per trasmettere un’immagine di forza e di sicurezza. Servirebbero invece programmi di inclusione sociale e di redistribuzione del reddito.

>Centro penaleQuezaltepeque

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L’AUTORE

Ugo Panella, 62 anni, nato a Spoleto, è un fotogiornalistaspecializzato da anni nei reportagedi impegno civile. Inizia la suacarriera documentando i conflitti del Centro America alla fine degli anni’70. In particolare, la guerra civile in Nicaragua e, più tardi, quella in Salvador. La passione per lafotografia di denuncia lo ha portatoin giro per il mondo, in luoghi in cuila vita quotidiana è fatta di violenze,

senza alcun rispetto per la dignitàumana: la lotta per la sopravvivenza nelle baraccopoli di Nairobi; la vita nel cimitero del Cairo, in cui un milione di senzatetto vive in tombe e loculi; l’attività dei medici dell’Imc (InternationalMedical Corps) per il recupero dei bambini soldato in Sierra Leone. Nel 1999, in collaborazione con Renata Pisu, inviata de La Repubblica, ha realizzato un lungo reportage in Bangladeshsulla condizione di migliaia

di ragazze sfigurate dall’acido solforicoperchè avevano rifiutato le “avances”di uomini violenti. Un lavoro pubblicatodalle maggiori testate internazionalie che ha portato all’attenzione del mondo un problema del tuttoignorato fuori dal Paese d’origine.Ha da poco concluso un reportageall’interno dell’Istituto oncologiconazionale di Kiev, a sostegnodell’attività di Soleterre. La Ongitaliana è impegnata nel Paese per migliorare la diagnosi preventivadei tumori nei bambini.

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Ci sono circa 130 donne nella sezionefemminile del carcere di Quezaltepeque,alcune incinte. Le retate della polizia, frequenti in molti quartieri di El Salvador, non risparmiano le donne in gravidanza. E in carcere ci sono anche dei neonati, che vivono con le madri e dormono su piccole amache, appese al letto superiore.El Salvador, 2009

> Centro penale QuezaltepequeSOLETERRE ONLUS è un’organizzazione umanitaria:realizza con proprio personale progetti di cooperazioneinternazionale diretti soprattutto a donne, bambini e giovani in Africa, Asia, America Latina e Europa, finalizzatia promuovere la giustizia sociale ed economica. Info 02 45911010 – www.soleterre.org

INFO

di Valentina Valfrè*

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Le condizioni di vita nelle carceri di El Salvador sono pessime: calore soffocante, spazi ristretti, sporcizia, nessuna attività educativa o ricreativa. A Quezaltepeque i letti a castello in cui dormono le detenute sono ovunque, anche in quelli che dovrebbero essere gli spazi comuni e in cortile. Una partedelle ragazze dorme per terra, su materassi sporchi o rovinati.All’arrivo dei volontari di Soleterre e del fotografo, però, cercano di darsi un tono, con un tocco di trucco.El Salvador, 2009

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Le pandillas sono famose per i tatuaggi che caratterizzano i membri della banda.Ognuna ha i suoi segni distintivi, una sorta di uniforme simbolica, che trasmette dei messaggi all’esterno. Per esempio la lacrima nera (nella foto in alto a destra),rappresenta un uomo ucciso.El Salvador, 2009

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All’interno del carcere di Quezaltepeque c’è un’areaappositamente riservata alle donne che vogliono tenere consé i propri figli, fino all’età di cinque anni, nel caso in cui fuorinon abbiano nessuno che possa prendersi cura di loro. Unaventina di ragazze, poco più che maggiorenni, vivono in spaziristretti, senza alcun corredo utile per i bambini. Alcune Ong,come Soleterre onlus, il Gruppo Romero e Homies Unidos,portano giochi, pannolini, medicinali e articoli per la pulizia.El Salvador, 2009

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Notizie ansiogene e delitti trattati in modo“seriale”: la Tv contribuisce ad aumentare l’insicurezza.Politiche multilivello possono rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini

a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Emanuele Isonio

Il carcere romano di Regina Coeli, uno dei più vecchi in Italia. Situato in un edificiodel 1654, fu adibito a prigione nel 1881.Questa è una delle fotografie, come tuttequelle in bianco e nero che pubblichiamo in queste pagine, contenute nel libro “Regina Coeli”, pubblicato dalla Heraldeditore, nella collana “Quaderni dal carcere”.L’autore degli scatti è Pino Rampolla.Roma, 2009

Crimini in televisione: fabbrica di insicurezza >18Urbanistica: progettare un quartiere sicuro >20Parigi, se questa è una periferia >21Lotta al terrorismo: di nuovo di moda >22Carceri utili davvero: lavoro e reinserimento >24Sovraffollamento, la risposta nel Codice >26Pisapia: decarcerizzare, buon senso non buonismo >27

Holding della paural’affare

del millennio

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fondato da Ilvo Diamanti, Demos & Pi, in collaborazionecon l’Osservatorio di Pavia-Media Research.

Ce ne parla Fabio Bordignon, direttore di Demos:«Nel corso degli ultimi dodici mesi gli italiani hannopercepito un rallentamento nella progressione dei fe-nomeni criminali e si dicono meno preoccupati di re-stare vittime di reati. Tuttavia esistono alcune specifi-cità, nel modo di trattare le notizie sul crimine in Tv. Siregistra, innanzitutto, una specializzazione di rete: lapresenza del tema è costantemente superiore nei noti-ziari delle reti private, in particolare del Tg5 e di StudioAperto. Nel Tg1 la curva delle notizie “ansiogene” se-gue, in modo parallelo, quella del competitor Tg5».L’informazione italiana ha poi un’ulteriore specificità:«Nel rapporto 2009 – continua Fabio Bordignon – l’os-servazione sui Tg è stata allargata ad altre realtà euro-pee. Ebbene, la quantità di notizie sulla criminalità neiTg italiani, risulta nettamente superiore a quanto suc-cede in Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna (so-prattutto per quanto riguarda le reti pubbliche)».

Specifica del nostro Paese è anche la costruzione nar-rativa dei casi di cronaca nera, seguiti negli anni e propo-sti in modo “seriale”, come il delitto di Cogne.

sono andate diminuendo nel 2009, senza essere sup-portate da un’inversione nell’andamento dei reati». Icrimini commessi cioè sono rimasti costanti, ma la loro“notiziabilità” è aumentata.

«Sono dinamiche conosciute – spiega Fabrizio Batti-stelli, sociologo e direttore del Dipartimento Innovazio-ne e Società della Sapienza di Roma – la richiesta di sicu-rezza è una domanda legittima, che va ascoltata. Non lesi può rispondere solo con politiche di ordine pubblico,ma con un insieme di politiche integrate e multilivello

che tengano insieme gli aspetti ur-banistici e architettonici che fannosicurezza, la sorveglianza del territo-rio, la cooperazione tra forze di poli-zia, l’attività delle associazioni, e gliaspetti sociali dell’integrazione e del-la coesione: studio, lavoro e tempolibero per i giovani. Ogni euro pub-blico speso per questi ultimi obietti-vi equivale a 10 euro risparmiati nelsistema penale. Sottrargli risorse –conclude il professor Battistelli - por-ta effetti di degrado conosciuti». .

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Crimini in televisionefabbrica di insicurezza

| dossier | holding della paura |

di Paola Baiocchi

i sentiamo più sicuri dopo esserci chiusi in casa, aver munito le finestre di in-ferriate, attrezzato gli ingressi con telecamere a circuito chiuso e allarmato la

porta? No, perché una finestra all’interno di casa nostra rimane sempre aperta: è la te-levisione, l’elettrodomestico che negli anni si è trasformato da strumento di accultura-mento in ansiogeno comunicatore di insicurezza. Chi percepisce una maggiore sensa-zione di insicurezza, infatti, guarda per più di quattro ore al giorno la Tv, soprattutto lereti Mediaset. È uno degli elementi evidenziati nel 3° rapporto su “La sicurezza in Italia.Significati, immagine e realtà”, curato per la Fondazione Unipolis dal centro di ricerca

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La “prima rotonda” di Regina Coeli, su cui si affacciano le quattro sezioni del carcere.Roma, 2005

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Diventare parte di una comunità ci fasentire più sicuri. Ogni euro di denaropubblico speso in studio, lavoro,tempo libero, equivale a dieci euroinvestiti nel sistema penale

Fabrizio BattistelliLa fabbrica della sicurezzaFranco Angeli, 2008

Giorgio AgambenLo stato di eccezioneBollati Boringhieri,2003

Manuel CastellsComunicazione e potereUniversità BocconiEditore, 2009

IL PROGRAMMA DI ORDINE PUBBLICO che attualmente si sta affermando in Italiavede uno spostamento di risorse dalla Pubblica sicurezza verso le municipalità, dove potranno affermarsi sempre più i sindaci-podestà. L’allarme è stato lanciato dai sindacati di Polizia che denunciano tagli alla spesa corrente e in conto capitale tra Interno e Difesa per oltre un miliardo di euro in tre anni, mentre vengono finanziatele municipalità e il “volontariato” delle ronde con fondi previsti nella Finanziaria.

Milano è un esempio di queste politiche: mille telecamere sul territorio coordinateda una centrale operativa “spaziale”, corpi speciali come il “Nucleo problemi del territorio” che si occupa dello sgombero dei campi Rom e ha in dotazione una Beretta Px4 Storm uguale a quella usata da Bruce Willis nei suoi recenti film.Dotazioni che la Polizia di Stato, a volte sotto sfratto dai commissariati per morosità, si sogna. «Il contraltare», spiega Roberto Citterio, coordinatore regionale Polizia locale per la Cgil Funzione Pubblica (Lombardia), è che: «Si sottraggono competenze alla Polizia municipale, come la prevenzione, e si frammenta l’intervento di lotta alla criminalità egregiamente svolto dai corpi dello Stato. L’effetto è generare paura e ridurre gli spazi di partecipazione».

Un’ulteriore frammentazione, che potrebbe rinverdire medievali contese di campanile, è contenuta nella regionalizzazione delle polizie, prevista dalla riformadel Titolo V della Costituzione e dalla legge sulla devolution. Nella maggioranza delle Regioni al momento si ragiona su forme di coordinamento, ma c’è chi si è spintomolto più in là. Come la Toscana che dichiara, attraverso le parole del suo presidenteClaudio Martini, “di essere da sempre federalista” e ha avviato la formazione di unaPolizia regionale che si è avvalsa anche della consulenza delle Giubbe rosse canadesi.

IL NUOVO ORDINE PUBBLICO: POLIZIE REGIONALI, CORPI SPECIALI E RONDE

Sulla sicurezza vediamo un film, non la realtà«Non esiste correlazione tra i reati e la loro rappresenta-zione», spiega Antonio Nizzoli, che ha curato la reda-zione del rapporto per l’Osservatorio di Pavia. «Cioè sein televisione aumentano le notizie di cronaca nera, au-menta la percezione di insicurezza, anche se il numerodi reati realmente commessi è in diminuzione. Questo èsuccesso nel biennio 2007-2008, in cui si sono registratipicchi di notizie (vedi ) su fatti di criminalità cheGRAFICO

L’INSICUREZZA APPARE ALIMENTATA DA QUATTRO ORDINI DI RAGIONI:1. La perifericità sociale. L’insicurezza risulta più elevata nei ceti più bassi, fra le persone

con un grado di istruzione meno elevato, tra le donne, nel Centro-Sud.2. Il capitale sociale. L’insicurezza cresce fra le persone esterne ai circuiti della partecipazione;

mentre si riduce fra chi è inserito in reti di relazioni amicali e di vicinato molto fitte.3. L’esposizione ai media, in particolare alla televisione. Quando il consumo televisivo supera

le quattro ore al giorno l’angoscia cresce.4. Il problema della sicurezza è denunciato con maggior forza dagli elettori del centrodestra: Pdl

e Lega; è percepito in modo meno drammatico dagli elettori del centrosinistra. In particolare del Pde della sinistra radicale, mentre gli elettori dell’IdV rivelano un grado di paura piuttosto elevato.

3° Rapporto su “La sicurezza in Italia. Significati, immagine e realtà”: www.demos.it

LA TV ALIMENTA LA PAURA

TREND DI NOTIZIE E REATI

TREND DI NOTIZIE PER NETWORK E REATI

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UANDO ANTONIO DA SANGALLO presentò nel 1539 ilprogetto per la realizzazione della nuova Basilicadi San Pietro, Michelangelo lo stroncò: «È fatto di

angoli e di scuri. Potrebbe celarequalsiasi delitto: proteggere bandi-ti e briganti, battere moneta falsa e

attentare alla virtù delle monache». Al di là della vicenda in sé, legata anche a gelosie tra architet-

ti, il grande artista toscano aveva sollevato una questione validaancora oggi: una progettazione degli spazi urbani intelligente eaccorta può ridurre il tasso di criminalità in un quartiere e aiuta-re gli abitanti a sentirsi più protetti? Se si pensa ai fallimentariesempi delle Vele di Scampìa, dello Zen di Palermo o del serpen-tone chilometrico di Corviale a Roma, la risposta appare sconta-ta. Eppure non lo è del tutto.

I brutti edifici creano insicurezza?«L’argomento è importante ma scivoloso», avverte l’architetto VezioDe Lucia, ex direttore generale dell’Urbanistica del ministero dei La-vori pubblici. «Non bisogna perdere di vista i fatti più importanti:l’80% delle vittime per motivi “urbanistici” è dovuto a scelte dis-sennate. Costruzioni fatiscenti in zone sismiche o in aree a rischioidrogeologico. Pensiamo a Sarno, a L’Aquila o a Ischia. Dev’esserequesta la prima preoccupazione dell’urbanista».

E le Vele, lo Zen, Corviale? «Stiamo attenti a criminalizzare l’archi-tettura», prosegue De Lucia. «Sono stati tutti importanti esperimenti,ideati da grandi nomi (Franz Di Salvo, Vittorio Gregotti, Mario Fioren-tino, ndr) per rispondere alla sfida di dare a tutti una casa in cui vivere.Il problema non è tanto la struttura architettonica. Casi analoghi, in al-tre parti d’Europa, hanno portato a esiti opposti. La differenza la fa laqualità della gestione dei quartieri: le Vele hanno 15 piani e non sonomai stati attivati gli ascensori. A Vienna il Karl Marx Hof, edificato nel1930, è tuttora un esempio per urbanisti e sociologi. Al suo interno, ol-tre a 1.382 appartamenti, si trovano asili nido, biblioteche, un centromedico, uffici, lavanderie comuni e anche una piscina».

Sì all’integrazione, no ai ghettiDa quelle esperienze si può comunque trarre un insegnamento peri progetti futuri: «Nel progettare nuovi quartieri – osserva De Lucia- va evitata la formazione di ghetti. Molto meglio inserire interven-ti di edilizia pubblica e popolare all’interno di modelli integrati. Nonsi devono più avere quartieri monoclasse o monoreddito». O mo-

norazza. Un concetto analogo è stato, infatti, espresso, pensandoagli alloggi per immigrati, anche dal direttore generale del Censis,Giuseppe Roma: «Rispetto ad altre esperienze europee, finora abbia-mo evitato i quartieri-ghetto. Se ora li creiamo, ci mettiamo unabomba ad orologeria in casa».

Orti, feste e altre idee di condivisioneEvitare i ghetti e riempire di sociale edifici, rioni e quartieri può, quin-di, essere la via d’uscita per aumentare sicurezza e la qualità della vi-ta. «Una città non è fatta solo di case. Il benessere non è fatto solo dicose», commenta Ezio Manzini, docente di Design strategico al Poli-tecnico di Milano. «Per sentirsi parte di una stessa comunità, i citta-dini devono essere coinvolti in progetti sociali, anche piccoli. Que-sto crea un collante tra loro, permette di conoscersi, di aiutarsi e diraggiungere obiettivi concreti. Inevitabilmente anche la sicurezza nerisente in positivo». Innovazione sociale dal basso, senza attendere lamano pubblica. «Orti urbani, car pooling, bike sharing, scuolabus, apiedi, festa dei vicini di casa, assistenza agli anziani, iniziative cultu-rali. Sono infinite le idee possibili» prosegue Manzini. «L’intervento

pubblico non è indispen-sabile. Ma se gli enti loca-li intervengono, questiprocessi virtuosi possonoessere diffusi in fretta emoltiplicare i propri be-nefici effetti». .

CON L’ECONOMIA CAMBIA LA GEOGRAFIA del paesaggio fisico e laddove si potevano portare i bambini a scuola semplicemente raccogliendoli di casa in casacon un breve viaggio in pullman ora non si può più, perché gli abitanti si sonodispersi, ciascuno con la propria villetta recintata, a volte fortificata, nella pianura.Da questa considerazione è nata una piéce teatrale Cave! Lo spettacolo del nordestd’Italia, prodotto da Codice a Curve con il finanziamento dall’Assessorato alla culturadi Montebelluna (TV): «La politica usa il tema della sicurezza per i propri fini, sfruttandogli episodi per generare terrore in un’area dove la sicurezza non è un problemareale», denuncia la responsabile della produzione Antonella della Giustina.cavecanem-cave.blogspot.com

APPUNTAMENTO A TEATRO: CAVE! RICCHEZZA E PAURA NEL NORDEST

PER RISOLLEVARE le sorti delle periferieoccorre anche una voce politica. In questianni se ne sono convinti molti attivisti dei diritti dei cittadini dei quartieri disagiati.Tra questi, Yazid Kherfi (nella foto) ha unitole forze nel “Movimento dell’immigrazione e delle banlieues”: una federazione di cinquanta comitati dei quartieri perifericidi Parigi. Lo scorso 26 settembre, a Montpellier, si è riunito inoltre il terzo“Forum sociale dei quartieri popolari”.L’obiettivo è trasformarsi in un movimentopolitico vero e proprio, e presentarsi alle prossime elezioni regionali.

LA VOCE POLITICA DELLE BANLIEUES

L’INDAGINE DEMOSCOPICA “Insicurezza e degrado delle periferie urbane” realizzato dal Dipartimento Innovazione e Società (DleS)Sapienza Università di Roma:www.sosimpresa.it/10_documentazione.html

APPROFONDIMENTI

Le scelte progettuali incidono sulla sicurezza urbana. Ma non bastano i bei palazzi. Servono progetti sociali per far sentire i cittadini parte di una stessa comunità.

Progettare un quartiere sicuroIl ruolo dell’urbanistica

di Emanuele Isonio

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Le Vele e lo Zen sembrano esempidi scelte fallimentari. Eppure in

altri Paesi idee simili funzionano.La differenza è nella gestione

A PARIGI I QUARTIERI SULLA RIVE DROITE DELLA SENNA sono quelli menoricchi, meno agiati. Proprio da qui partono molti dei treni periferici che colleganola città con i sobborghi: le banlieues. Ma non fatevi ingannare: delle periferieparigine conosciamo soprattutto il volto violento delle rivolte, dell’odio e della rabbia. Eppure non sempre è così. Chi parte dalla stazione Saint-Lazarecon il treno per Vernon, estrema periferia ovest della metropoli, può deviare peruna banlieue che di certo non evoca le notti di rivolta del 2005. Siamo a Neuilly-sur-Seine. Qui il reddito medio pro-capite è di 40 mila euro annui; l’architettura

e i servizi non hanno nulla da invidiare alla Ville Lumière. Il treno prosegue per la Normandia, e ferma in un luogo soloapparentemente simile. Ad un primo sguardo, Mantes-la-Jolie -57 km da Parigi, casa per 47 mila francesi (e non) - è un postosemplice e tranquillo. Qui, invece, si concentra uno spaccatoeloquente della realtà periferica parigina. Se infatti Mantes è una cittadina di case piccole, pulita e silenziosa, bastaspostarsi poco più a nord, nel quartiere di Le Val-Fourré,

e la musica cambia. Edificata tra il ’59 e il ’77, l’area è una “zona a urbanizzazioneprioritaria”: fa parte cioè di un vasto piano che fu attuato per contrastare la crisiabitativa. Qui furono costruiti 8.300 appartamenti condensati in poche decine di torri: niente più che dormitori. Con vista sul niente. Quasi tutti gli abitanti sono arabo-africani: anche i negozi si sono adattati: niente salumerie, perché il 99% degli abitanti è di fede musulmana. E niente fiorai: roba da parigini.

YAZID KHERFI: DALLE BANDE ALLE ASSOCIAZIONIQui nel ’67 si trasferì la famiglia di Yazid Kherfi, ex ragazzo di strada, ex latitante,ex detenuto, oggi scrittore e assistente sociale. La sua storia è stata di recenteraccontata in un reportage di Radio France. Da adolescente si avvicina allebande del quartiere, dedite a furti e rapine. Un approdo, ancora oggi, per moltigiovani: «La si preferisce a scuola e famiglia perché con la violenza ci si sentevivi», racconta Kherfi. Le Val-Fourré è così: un ghetto economico, sociale e razziale. I ragazzi qui sono lasciati a vivere nel nulla. Nessun ritrovo al di fuoridella tromba delle scale: servizi sociali impalpabili, nessuno svago “virtuoso” per i giovani. A scuola ci si va se capita e le famiglie sono obbligate, per legge, a mandare i figli negli istituti del quartiere. Il lavoro onesto, poi, scarseggia.

Kherfi fu ricercato in seguito ad una serie di scontri. Scappò in Algeria, la terra di origine della sua famiglia, poi tornò, ma trovò il carcere ad aspettarlo:«Una scuola del crimine». Quando uscì fu obbligato a rimanere per un anno nelsuo quartiere: «Mi si impose di restare a contatto con la banda!». Nel frattempoperò erano nate associazioni sul territorio, create dagli stessi cittadini. Così Kherfisi è riscattato, diventando un attivista dei diritti degli abitanti delle banlieues.

Eppure gli amministratori locali sembrano preferire la via della repressione:«Ma la polizia non risolve i problemi. Bisognerebbe investire soprattutto sui giovani, valorizzandone le capacità, puntando sui lavori sociali. Eliminando il sentimento di ingiustizia che provano», spiega Brigitte Djebar, educatrice. È proprio questa la chiave: non lasciare soli gli abitanti, farli sentire parte di unacomunità. Aggregare anziché reprimere. Ma la strada è ancora lunga. Su quellaprincipale di Le Val-Fourré, intanto, rimbomba una strofa che è una fotografia, al ritmo duro del rap: «Chiudete le vostre porte, le strade sono deserte, le cittàsono morte. E tutte le sirene d’allarme sono in allerta» Andrea Barolini

PARIGI, SE QUESTA È UNA PERIFERIA

A sinistra, le Vele di Scampia a Napoli,qui a fianco, un dettaglio del Corvialedi Roma. Sopra, la zona “chic”dellabanlieue di Mantes La Jolie a pochedecine di chilometri da Parigi.

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ON VEDO L'ORA DI ESSERE BOMBARDATO dal premio Nobel per lapace», chiosava qualche tempo fa il corsivista Jena su LaStampa, perché dopo la scoperta di un passeggero sul vo-

lo Amsterdam-Detroit con dell’esplosivo nelle mutan-de, l’orologio della guerra che ticchetta nella pancia de-gli Stati Uniti come in quella del coccodrillo di Peter

Pan, ha ripreso a farsi sentire più forte. Dopo un lungoelenco di errori che sarebbero stati commessi dall’intelli-gence, è stato indicato il nuovo obiettivo: è lo Yemen, per-ché il “depresso” nigeriano che (sembra) sia riuscito a sali-re a bordo dell’aereo senza passaporto, da lì era transitato.

Il salto mentale con cui il presidente Obama ha pun-tato il dito verso questo piccolo Paese, è acrobatico co-me quello del suo predecessore che ha bombardato l’Af-ghanistan e l’Iraq dopo l’attentato alle Torri gemelle del2001. La maggiore colpa dello Yemen è forse quella diessere collocato troppo strategicamente: proprio sopra alCorno d’Africa dove la flotta cinese ha in corso opera-zioni contro la pirateria somala; un piccolo Stato eco-

nomicamente debole che si protende nell’Oceano In-diano come una piattaforma di lancio missilistica pun-tata verso la Cina. Una posizione importante come quel-la dell’Italia, che, proprio per essere una “portaereinaturale” nel Mediterraneo, ha sottomesso tante volte lasua sovranità a quella degli Stati Uniti.

Misure di sicurezza:obbedienza e businessUn osservatore impertinente come lo scrittore tedesco Pe-ter Schneider ha chiesto in un recente articolo su La Re-pubblica: “perché obbligare milioni di passeggeri a com-pilare scrupolosamente i loro formulari diversi giorniprima della partenza, per poi far passare senza problemiun individuo fortemente sospettato e già noto alla Cia?”.Nello stesso articolo si dava una risposta: “Molto proba-bilmente alcune misure di sicurezza non hanno alcunsenso e servono al più come esercizio di obbedienza”. Cer-to questa ventata di controlli negli aeroporti (nelle sta-zioni ferroviarie e nelle metropolitane niente?) fa esulta-re i produttori di body scanner i cui prezzi sono saliti da 120a 200 mila euro l’uno e l’annuncio che verranno adottatinegli scali di Malpensa, Venezia e Fiumicino ha salvatodalla cassa integrazione i 240 dipendenti della Gilardoni,

in provincia di Lecco, che opera con l’americana L3 Com-munication. Ma anche Edward Alden, analista del Coun-cil on Foreign Relations uno dei “pensatoi” americani piùconservatori, giudica che la maggioranza dei provvedi-menti non servirà a nulla se non ad alimentare l’antia-mericanismo. Più operazioni di intelligence, insomma, emeno minacce di bombardamenti sarebbero i più effica-ci nella lotta al terrorismo.

Ritorna l’uso del terrorismo«Definire cosa sia il terrorismo è un esercizio sul quale sisono confrontati molti storici», spiega Giuseppe De Lu-tiis autore di “I servizi segreti in Italia. Dal fascismo allaseconda Repubblica”, in uscita questo mese. «Nei decen-ni scorsi e nel ’900 il termine è stato usato a volte contromovimenti di liberazione o di resistenza. Pensiamo aipartigiani italiani che nel ’43-’44 venivano chiamati ter-roristi dal regime fascista. Ai nostri giorni un gruppo ar-mato che non opera nei suoi territori e attacca gruppi dicivili, è considerato terrorista. C’è da dire che spesso (eanche negli ultimi mesi) si è esagerato nell’uso di questotermine per definire azioni che non hanno comportatomorti o feriti, ma sono state usate per scopi strumentalida settori politici o di intelligence o di stampa».

«Altra cosa – continua il professor De Lutiis – è il terrori-smo che abbiamo subìto in Italia agli inizi degli anni ’70:Piazza Fontana, potrebbe essere considerato il nostro 11settembre. Su quella terribile e destabilizzante strage sonoemerse nuove evidenze che portano a un “ufficio di guer-ra psicologica” localizzato all’interno della base Nato di Ve-rona, che agiva in contatto con i vertici del Comando de-signato della terza Armata di Padova. In questa sedepadovana, con i fascisti veneti, sono state progettate atti-vità non ortodosse. Tra queste la bomba di piazza Fonta-na, perché in ambienti Usa non c’erano preoccupazionisolo per un’invasione di tipo militare da parte del Patto diVarsavia, ma anche di un’eventuale crescita del Partito co-munista italiano e per il successo delle sinistre in Europa».

Scenari così inquietanti non solo rendono legittimaun’altra irrispettosa domanda di Peter Schneider (“Daanni mi chiedo quali disastri potrei mai procurare su unaereo con un paio di forbicine e una limetta da manicu-re”), ma soprattutto ci chiedono di fare i conti con il no-stro passato e con il fatto che, spiega il professore De Lu-tiis: «tuttora attività di guerra psicologica vengonosvolte all’interno delle basi Nato, che non hanno più co-me obiettivo la famosa “soglia di Gorizia” ma probabil-mente il Medioriente». .

Lotta al terrorismo Di nuovo di modaLunghe file negli aeroporti, body scanner e bombardamenti. Sono i mezzi migliori per combattere il terrore?

di Paola Baiocchi

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UNA SERIE DI INIZIATIVE, varate a raffica negli ultimi mesi, allontanadefinitivamente i cittadini dal controllo di alcuni pilastri come la Difesa e la Protezione civile e apre la strada ad altre privatizzazioni in settoridelicatissimi. Nella Legge Finanziaria 2010, composta da due soli articolima con ben 247 commi, viene varata la privatizzazione della Difesaitaliana. Ce ne parla Gianni Alioti, coordinatore per il settoreinternazionale della Fim-Cisl: «Difesa Servizi SpA gestirà l’acquisizione di beni e servizi per le Forze Armate, secondo regole privatistiche (meno vincolanti sui reati di corruzione, concussione e abuso d’ufficio), con scarsa trasparenza (eliminazione della gara pubblica) e senza doverrispondere alla Corte dei Conti. Il controllo societario sarà nelle mani del ministero della Difesa, che sceglierà dirigenti e membri del Cda senzacontrollo parlamentare. È una forma di "privatizzazione" molto simile alle liberalizzazioni post-sovietiche, dove la nomenclatura al potere si è appropriata di pezzi dello Stato. Un precedente pericoloso, che potrebbe applicarsi a sanità, istruzione e giustizia. È già avvenuto con la Protezione Civile SpA, che gestirà appalti ed emergenze per conto della presidenza del Consiglio senza obblighi di consultazione e di rispettodel diritto pubblico». Continua Alioti: «Nei compiti di Difesa Servizi c’è, inoltre, la valorizzazione di immobili e aree del demanio militare con i più svariati usi, come lo smaltimento dei rifiuti, con l'aggravante di gestire “affari privati” in siti secretati come militari. Se ci sono esigenzedi far cassa è meglio, allora, alienare in modo trasparente e riconvertire a usi civili tutte le basi, strutture, caserme e immobili non più necessari ai fini della difesa, riducendo così le “servitù militari”». Pa. Bai.

PRIVATIZZATA LA DIFESA ITALIANA

EMERGENZA

1960, rivolta di piazza a Genovacontro il congresso del Msi

1969, esplosione bomba a piazza Fontana

11 settembre 2001, New York,attentato alle Torri gemelle

Sbarchi di immigrati

MOLTE LEGGI ITALIANE sono nate per fronteggiare delle emergenze, per poi rimanere nel nostroordinamento e saldarsi con l’orientamento securitario successivo all’11 settembre 2001.

LEGGE

Il Governo (con il primo ministro Tamboroni) autorizza l’usodelle armi durante le manifestazioni. 7 morti a Reggio Emilia.

Leggi speciali contro il terrorismo: 1975, la legge Reale (n.152), autorizza la polizia a sparare nei casi in cui ne ravvisasse necessità operativa; 980 la cosiddetta “legge Cossiga” (n.15), prevede condannesostanziali per chi venga giudicato colpevole di terrorismo”ed estende ulteriormente i poteri della polizia

Art. 270-bis: aumentate le pene per i reati di tipo associativo

2002, Legge Bossi-Fini sull’immigrazione (n.189), prevede che l’espulsione sia immediatamente eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte della forzapubblica. Gli immigrati clandestini, privi di documenti, vengono portati in centri di permanenza temporanea, istituiti dalla legge Turco-Napolitano, al fine di essere identificatiLuglio 2009, Ddl 733 Pacchetto sicurezza: introduce il reato di clandestinità, l’impossibilità di iscrivere all’anagrafe i figli degli immigrati, la tassa sul permesso di soggiorno. Autorizza le ronde di privati e aumenta i poteri dei sindaci “sceriffo”.

DALL’EMERGENZA ALLA LEGGE

Aldo GiannuliCome funzionano i servizi segreti: dalla tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuroPonte alle Grazie,2009

Giuseppe De Lutiis I servizi segreti in Italia. Dal fascismo alla secondaRepubblicaSperling & Kupfer,2010

Ingresso nella prima sezione del carcere di Regina Coeli. Roma, 2005

Il presidente degli StatiUniti ha indicato nelloYemen il prossimoobiettivo “della guerraal terrore”.

Un ufficio di guerra psicologicaall’interno della base Nato di Veronaha alimentato la strategia della tensione in Italia negli anni ’70

DAL 2007 SI CHIAMA XE SERVICE LLC,ma ha solo cambiato nome, non metodi. La Blackwater Worldwide Usa è la più grandecompagnia militare privata. Fondata nel 1997 da Erik Prince, rampollo di unaricca famiglia statunitense che ha militato in Marina, è il principale fornitore di contractors del Dipartimento di Statoamericano al quale assicura più di mille ex militari, addestrati presso la sua sede di Moyock nel North Carolina, in un’enormearea dove ogni anno vengono preparati circa 35 mila paramilitari. Utilizzati in Iraq e Afghanistan, ufficialmente in operazioni di scorta del personale diplomatico,eseguono anche molte attività sotto il comando della Cia di cui rappresentanouna versione “esternalizzata” e spregiudicata. Il mese scorso cinquemercenari della Blackwater sono stati assoltida un tribunale di Washington: eranoaccusati del massacro di 17 civili, compiuto durante una scorta a Baghdad con particolare efferatezza e disinvoltura, il 16 settembre 2007. Pa. Bai.

BLACKWATER: I MERCENARI DI STATO

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A PRIMA COSA CHE COLPISCE all’interno del penitenziario diBollate (alle porte di Milano) sono le celle: spaziose, pu-lite, ma soprattutto aperte. Dalle 8 di mattina alle 8 di

sera. Durante il giorno, i detenuti se-guono corsi d’informatica, di linguestraniere o di alfabetizzazione. Posso-

no giocare a calcio (su un campo regolamentare) o a tennis (di cam-pi ce ne sono due). Per i colloqui con i figli c’è la “stanza delle affet-tività”, che sembra un piccolo chalet di montagna in cui si puòcucinare, mangiare insieme, fare i compiti con loro, tutelandoli co-sì dal trauma dell’ambiente carcerario. A Bollate c’è un giornale in-terno (CarteBollate) con una redazione di otto detenuti che seguo-no corsi di giornalismo e di video impaginazione; un laboratorioteatrale (Teatro Dentro), che mette in scena spettacoli accessibili an-che al pubblico esterno; c’è anche il progetto De.vi.l.s. (detenuti vi-

cini alle scuole) nato con l’intento di far incontrare i detenuti congli studenti dell’hinterland milanese. E, aspetto forse ancora più im-portante, il carcere è aperto alle cooperative sociali, che possono usu-fruire di spazi in comodato d’uso. I detenuti sono coinvolti in atti-vità lavorative che permettono di costruirsi un mestiere e un futurouna volta scontata la condanna: una cooperativa di falegnameria,una di vivaisti, una di catering. Ci sono poi le commesse esterne: la-vori di inserimento dati e un call center. Nell’ignobile panorama car-cerario italiano, in cui solo 4.765 celle sono in regola con la norma-tiva europea, poter scontare la propria condanna a Bollate è una“fortuna” (si fa per dire, è sempre un carcere).

Il lavoro rende onestiMa come deve essere, quindi, un carcere per rispondere alle esigen-ze di recupero del condannato? Prima di tutto va chiarito un pun-to: un penitenziario non può essere la risposta a tutti i reati penali.Su questo concordano avvocati, magistrati, agenti di polizia, asso-ciazioni: la detenzione va riservata a chi davvero la merita e un si-stema penale virtuoso nasce dall’equilibrio tra carcere e misure al-ternative. Detto questo, è altrettanto indubbio che un penitenziario

disumano non aiuta la sicurezza dei cittadini: «Un contesto carcera-rio sbagliato danneggia anziché aiutare. Crea sacche di criminalitàe, una volta scontata la pena, restituisce alla società un soggetto an-che più pericoloso di quando è entrato», ammonisce Paola Balbo,per nove anni giudice onorario del Tribunale di Torino. «Fin dallastruttura, il penitenziario deve dare l’idea di ordine. Il personale de-ve essere rigoroso, perché è il primo a dover dare l’esempio e deveavere totale rispetto delle nazionalità dei detenuti».

Altro aspetto essenziale, il lavoro: «Aiuta ad assumersi le proprieresponsabilità, a imparare il rispetto delle regole, dei tempi e deglialtri. Più è professionalizzante, più agevola la ricostruzione dell’i-dentità del condannato», spiega Anna Ciaperoni, vicepresidente diAiab, che in molti penitenziari ha realizzato progetti di coltivazionibiologiche. «Il lavoro agricolo in particolare ha un che di originalee di non ripetitivo. Evita l’alienazione e dà un ri-scontro immediato all’impegno profuso». Sul tema“lavoro” battono molti operatori del settore. «È la ve-ra cura per la sicurezza della collettività. Riuscire atrovare una opportunità di lavoro serio a una perso-na detenuta che sia disposta a mettersi in gioco, rap-

presenta la migliore forma di sicurezza permanente che si possa da-re», dichiara Enrico Sbriglia, direttore del carcere di Trieste.

I dati del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria)dimostrano come il tasso di recidiva tra i detenuti “lavoranti” sia net-tamente inferiore rispetto a chi non lavora (19% contro 60%). Pur-troppo sono ancora pochissimi (il 3% del totale – vedi ) i reclusicoinvolti in attività lavorative reali (pulire latrine e corridoi non ser-ve a nulla, se non a passare il tempo). «Ma per agevolare le coopera-tive e le imprese che operano con i detenuti – osserva Alessio Scan-durra, ricercatore dell’associazione Antigone - servono penitenziaricon spazi adeguati, che si aprano all’esterno e armonizzino le esi-genze di controllo con i tempi di un’attività imprenditoriale».

Il lavoro di reinserimento del condannato non finisce però concarcere e lavoro. «La fase più delicata è quella dell’immediato post-pe-

na», rivela Paola Balbo. «Un sistema virtuoso deve pre-parare il rientro in società dell’ex detenuto. Lasciarloda solo, senza assistenza e senza una formazione, si-gnifica aumentare le probabilità che commetta nuovireati». A tutto discapito della sicurezza dei cittadiniche il sistema penale dovrebbe difendere. .

GRAFICO

L

Carceri utili davveroLavoro e reinserimento

di Emanuele Isonio

LINK UTILI

www.polizia-penitenziaria.it www.carcerebollate.itwww.associazioneantigone.it

VOCI E STORIE DALLE CELLE

I progetti lavorativi fannocrollare la recidiva tra i detenutidal 60 al 19%. Ma coinvolgonofinora solo il 3% dei reclusi

Gennaro FrancioneIl sistema penale tra realtà e utopia

Emanuele PalmieriDelinquenti non si nascema si diventa

Luciana ScarciaL’attesa. Racconti dal carcere

Luca FerrariRebibbia

Pino RampollaRegina Coeli

UNA CASA EDITRICE, la Herald Editoredi Roma, e una cooperativa, la Infocarcere, che offre lavoro a soggettisvantaggiati, in particolare detenuti ed ex detenuti. Dalla collaborazionetra i due soggetti è nata la collana“Quaderni dal carcere”: 16 volumifinora per raccogliere esperienzepositive in carcere, tra cui due librifotografici su Rebibbia e Regina Coeli,che fanno parte del progetto editoriale“Obiettivo Carcere: autobiografia di chi vive al di là del muro”, che prevede la realizzazione di un libro fotografico su ogni istitutopenitenziario presente nel Lazio. Un progetto totalmente autofinanziato.Tra gli autori detenuti ed ex detenuti,ma anche operatori penitenziari,cappellani, giudici, insegnanti in carcere,agenti di polizia penitenziaria.www.infocarcere.itwww.heraldeditore.it

UN TUTOR PER REINSERIRSI

SI CHIAMA Agenzia nazionalereinserimento e lavoro ex detenuti (Anrel): una vera e propria agenzia di collocamento per i carcerati, nata sulla spintadel siciliano Polo di eccellenza della solidarietà e promozione umana “Marioe Luigi Sturzo”. È un progettonazionale, per ora in fase di avvio, attivo solo in alcuneregioni: Veneto, Lombardia,Lazio e Campania. Si rivolgea detenuti tra i 18 e i 50anni, preferibilmente sposatie con figli, con una penaresidua da scontare di tre anni. A queste personeverrà offerto un servizio di tutoraggio e preparazioneprofessionale personalizzataper riavviarle al lavoro.

COOPERATIVE IN CARCERE

NON C’È SOLO BOLLATE (con il vivaio www.cascinabollate.org,il catering, la falegnameria e molti altri progetti) tra le esperienze di lavoro nelle carceri italiane. Su e giù per la penisola se ne trovano molte altre. Eccone alcune:

LECCE E TRANI: Made in carcere - la coop Officina creativa ha assunto 16 detenute per realizzare borse per la spesa in stoffa, cappelli, bracciali, coperte dagli scarti di tessutodelle aziende della zona. www.madeincarcere.it

MILANO SAN VITTORE: Sartoria Sanvittore - la coop Alice,attiva dal ’92, dal 2008, realizza vestiti di jersey e organza e abiti da sposa. www.cooperativalice.it

PADOVA: I dolci di Giotto - la coop Work Crossing ha realizzato nel carcere una pasticceria artigianale premiatadall’Accademia italiana della Cucina: panettoni, colombe,biscotti acquistabili anche on line. www.idolcidigiotto.it

ROMA REBIBBIA: Coop Piantala - produce piante aromatiche biologiche certificate Icea con le detenute del ramo femminile. www.piantearomatiche.org

SIRACUSA: Dolci evasioni - www.arcolaio.org - dal 2005 la coop L’Arcolaio produce pasta di mandorle e dolci tipicisiciliani, acquistabili anche online su Zoes.it.www.piantearomatiche.org

TORINO E SALUZZO: Pausa Cafè - cacao, caffè, birra sono le sue produzioni, in vendita anche online su Zoes.it.www.pausacafè.org A Torino è attiva anche la Papili Factory, specializzata in oggetti artistici e artigianali. www.papili.it

VENEZIA GIUDECCA: Orto delle Meraviglie - gestito dalla coop Rio Terà dei Pensieri, produce oltre trenta tipi di ortaggi, frutta ed erbe vendute all’ingrosso.www.rioteradeipensieri.org

VERBANIA: Banda Biscotti - inutile dire cosa producano.www.bandabiscotti.it

VOLTERRA: ogni estate i detenuti cucinano con noti chef, per le Cene Galeotte aperte ai visitatori.

I penitenziari sono utili se usati poco e bene. Altrimenti, finiscono per produrre criminali anziché rieducarli. A Bollate uno degli esempi più positivi: servono spazi adeguati, rigore, lavoro, operatori sociali e rapporti con l’esterno.

DETENUTI LAVORANTIDETENUTINON LAVORANTIALLE DIPENDENZEAMMINISTR. PENITENZ.NON ALLE DIPENDENZEAMMINISTR. PENITENZ.

2002 TOTALE 55.670

42.196

11.213

2.261

41.382

12.152

2.534

26.984

10.4831.538

44.137

12.165

1.825

2004 TOTALE 56.068

2006 TOTALE 39.005

2008 TOTALE 58.127

FON

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002 -

2008

I LIBRI HERALD

La cooperativa Made in carcere.Sotto, detenuti di Caltagirone. A sinistra, Pasquale Di Stefano, il pittore di Regina Coeli, che nel 2000ha regalato un quadro al Papa. Roma, 2005

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| dossier | holding della paura |

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 27 |

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ASTA UN DATO PER CAPIRE CHE IL PIANO predisposto dal Guar-dasigilli Angelino Alfano non ha più chance di risolve-re il sovraffollamento delle carceri di quante ne avesse

lo “scoglio” di Battisti di “arginare il mare”:in un Paese in cui il numero di detenuti au-menta di mille unità ogni mese (al netto del-

le scarcerazioni), un piano da 17 mila posti da attuarsientro il 2012, evidentemente non è la giusta via da per-correre (vedi ). Se pure fosse realizzato per intero,nel frattempo la popolazione carceraria, con gli attua-li trend di crescita, avrà superato le 100 mila unità. Me-glio, piuttosto, fronteggiare il problema riservando ilcarcere ai soli casi più gravi. In una parola, decarceriz-zare. Ma la strategia per arrivarci è, forse, ancor più dif-ficile che costruire nuovi istituti di pena. Perché passainevitabilmente per una riforma organica del nostroCodice penale, la cui ossatura risale agli anni ’30 e nonè mai stata modificata.

Con le pene alternative cala la recidiva...«È l’attuale sistema di sanzioni penali a “produrre carce-re”, nell’errata convinzione che più carcere significhipiù sicurezza», denuncia Angiolo Marroni, garante deidetenuti della Regione Lazio. «In realtà, la soluzione al

BOX

problema della sicurezza si basa su un uso più ampio del-le misure alternative alla detenzione. Ma, sia chiaro: al-ternative non vuol dire meno dure e dissuasive. Era lastrada tracciata dalla proposta di riforma del codice pe-nale redatta dalla Commissione Pisapia: un sistema fon-dato su pene pecuniarie, interdittive, prescrittive e, soloalla fine, detentive» (vedi ).

A sostegno di questa ipotesi, un paio di dati partico-larmente significativi: il Dap (Dipartimento dell’ammi-nistrazione penitenziaria) rivela che, tra i condannati amisure alternative, solo quattro su mille (0,4%) com-mettono reati nel corso della pena. Nei cinque anni suc-cessivi, il tasso di recidiva è del 19%, contro il 68% deidetenuti ordinari. Risultati analoghi sono stati rilevati inoccasione dell’indulto: una volta libero, ha commessoun altro reato il 31% dei detenuti contro il 22% dei be-neficiari delle misure alternative. Non solo: i dati evi-denziano che più anni si passano dietro le sbarre, piùsarà probabile una ricaduta una volta usciti.

Statistiche alla mano, quindi, il carcere è una vera“scuola di criminalità”. Sanzionare un reato con pene di-verse dalla reclusione (magari con lavori utili per la col-lettività) aumenta invece la sicurezza (effettiva) dei citta-dini. Nel frattempo, nelle galere finalmente vivibili,educatori e operatori sociali (ora ne abbiamo solo uno per

INTERVISTA

oltre 80 detenuti, penultimi in Europa. Vedi ) po-trebbero concentrarsi sul recupero dei casi più gravi.

...e si risparmiano soldiDa non sottovalutare, poi, l’aspetto economico: ogni gior-no lo Stato italiano spende 157 euro per ciascun detenuto.Moltiplicate tale cifra per 64 mila e otterrete dieci milionidi euro. Tre miliardi e mezzo di euro all’anno. Ampliandoil ricorso alle pene alternative, una parte di quelle risorsepotrebbe essere destinata ad altri interventi. Ad esempio adisintossicare i 18 mila tossicodipendenti attualmente re-clusi: «Solo intervenendo seriamente sul loro problema sieviterà che, una volta liberi, commettano nuovi reati perprocurarsi la droga», spiega Alessio Scandurra, ricercatoree membro del direttivo dell’associazione Antigone.

«Una riforma del codice penale con l’obiettivo di re-legare il carcere a extrema ratio è sicuramente una rispo-sta al sovraffollamento degli istituti di pena, ma non èsolo questo», commenta Antonio Fiorella, docente di di-ritto penale alla Sapienza di Roma. «Dovrebbe essere laconseguenza della volontà di reinserire il reo nella so-cietà. Decarcerare significa soprattutto distinguere chimerita una pena detentiva da chi non la merita. Le mi-sure alternative sono funzionali a evitare il più possibilela desocializzazione degli individui». .

GRAFICO

Sovraffollamento, la risposta nel Codice Il carcere aumenta la sicurezza? I dati dicono altro: sono molto più efficaci le pene alternative. Ma servono nuove norme. Per fare della detenzione l’extrema ratio.

di Emanuele Isonio

B

LIBRI

Paola BalboDiritto penitenziariointernazionalecomparatoEsecuzione penale in carcere e in area esternaLaurus Robuffo, 2005

«SIAMO ORMAI IN UNA SITUAZIONE di panpenalismo crescente.Il legislatore continua a introdurre nuovi reati, sempre sanzionaticon il carcere». Giuliano Pisapia (nella foto) è uno dei più notipenalisti italiani. Nel 2006 ha guidato la commissioneministeriale chiamata a riformare il codice penale. La quarta in quindici anni. Quella che è giunta più vicina al traguardo.

Quali sono i presupposti da cui nasce la vostra bozza di riforma?Ci siamo basati sui dati: la reiterazione del reato è più alta tra chi è in carcere. Conle pene alternative è molto più bassa. I costi della detenzione sono enormi. Ridurresovraffollamento non è l’obiettivo della riforma, ma solo una conseguenza positiva.

Cosa proponeva la commissione?L’attuale sistema penale risale al 1930. Minaccia pene draconiane che in realtà non vengono quasi mai scontate. La nostra idea era di sostituirlo con un ventaglio di sanzioni, in cui il carcere è solo l’ultima opzione.

In poche parole, decarcerizzazione. Una rivoluzione.In realtà abbiamo proseguito sul solco delle commissioni che ci hanno preceduto.Le sanzioni detentive (domiciliari e carcerarie) vanno comminate solo se le altrepene non sono adeguate. Ma non è nulla di rivoluzionario: in Germania da quindicianni il 90% dei reati non è più punito con il carcere.

Chi dovrebbe decidere quali sanzioni utilizzare?Oggi i giudici nei tre gradi di giudizio non hanno alternativa a punire un reato, anchedi minima gravità, con il carcere. Solo dopo, il Tribunale di sorveglianza puòdecidere se concedere a un condannato le misure alternative. In questo modo si ingolfano i tribunali e passa molto tempo tra il reato e la punizione. Con la riforma,le pene non detentive potrebbero essere irrogate fin dal giudice di primo grado.

Come si concilia il maggiore uso di pene non detentive con la percezione dei cittadini che troppo pochi pagano per i reati?

L’allarme sociale è prodotto proprio dal senso di impunità. Va fatto capireall’opinione pubblica che le proposte di decarcerizzazione non sono fatte per buonismo, ma perché si sono rivelate più efficaci. Sia in termini di certezza della pena, sia per permettere il recupero sociale del condannato.

Molti dicono: usiamo i condannati per riparare le buche per strada o per pulire i nostri quartieri. È una proposta politicamente scorretta?

Quelli che ha indicato non sono altro che “lavori socialmente utili”. Sono tra i più favorevoli a utilizzarli. E la proposta della “mia” commissione li prevede.

Se venissero estese le pene alternative, sarebbero comunquenecessarie nuove carceri?

Un ammodernamento è indispensabile. Servono strutture moderne pensate per agevolare le attività rieducative e di lavoro all’interno della prigione.Anche qui: non lo si fa per spirito caritativo ma perché l’esperienza dimostra che migliore è la qualità di un carcere, più le possibilità di recupero aumentano.

Che fine ha fatto poi la vostra proposta di riforma?A gennaio 2008 era approdata in Senato. Poi la crisi del governo Prodi e lo scioglimento delle Camere fermò tutto. Ora la proposta è stata ripresentata dal Pd. Ma l’attuale maggioranza è orientata in tutt’altra direzione. Em.Is.

PISAPIA: DECARCERIZZAREPER BUON SENSO, NON PER BUONISMO

QUELLO DELLE CARCERI ITALIANE È UN UNIVERSO SCONOSCIUTO A MOLTI. Quantisanno che, dei 63.460 reclusi nei nostri penitenziari (cifra record dall’amnistia di Togliatti, 20 mila oltre la capienza), 33.225 (il 52%) sono in attesa di processo? Un danno doppio: si affollano le celle con persone che, in base alla Costituzione, sono innocenti fino al termine del processo e che non possono essere coinvolte in programmi di recupero, visto che non è sicuro che siano colpevoli. A monte di ciò, la lentezza esasperante dei processi. Talmente lenti a celebrarsi, da arrivare a un paradosso: il giorno della condanna definitiva coincide con la fine della pena. Una situazione per nulla infrequente: i due terzi dei condannati devono infatti scontarepene inferiori a 3 anni (vedi ). Solo il 5% invece è “dentro” per condanne a duecifre (gli ergastolani sono lo 0,5%). Altro aspetto poco noto: i tossicodipendenti. Sonoun terzo della popolazione carceraria (e sono in aumento, visto il giro di vite della Bossi-Giovanardi), nonostante, per loro, sarebbero più utili i centri di disintossicazione. Molto pochi invece i detenuti a cui sono concesse pene alternative (9.406) sebbenesolo 42 abbiano commesso reati durante l’esecuzione della misura. Nota dolente ancheper il numero di educatori: ce n’è uno ogni 83 detenuti. Peggio di noi in Europa solo Cipro. Pazienza se, così, il reinserimento sociale diventa una chimera. Em.Is.

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LE NOSTRE PRIGIONI:I NUMERI DEL FALLIMENTO

NUOVE CARCERI: IL PIANO C’È, I SOLDI NO

È DIFFICILE PER UN GIORNALISTA star dietro agli annunci del ministro Alfano: «Aumenteremo i posti in carcere a 60 mila»,diceva a gennaio 2009. «I posti saranno 80 mila» ha invecedetto il 13 gennaio 2010. Fossero pure 100 mila, nonrisolverebbero il sovraffollamento, perché il numero di detenuticresce a ritmo vertiginoso (1000 al mese). Già oggi sono più dei posti annunciati l’anno scorso e fra qualche mese sfonderannoquota 80 mila. Comunque, il piano predisposto dal capo del Dap,Franco Ionta prevede 17.129 nuovi posti (distribuiti in 47 nuovipadiglioni da realizzare in strutture già esistenti e in 24 di nuovacostruzione). Ma solo per 10.806 è indicata la coperturafinanziaria. Del miliardo e mezzo di euro necessario, mancano980 milioni. «Faremo ricorso ai privati e al project financing»,assicurava il ministro. Ma l’idea si è ben presto arenata perchénon si sono trovati costruttori disposti a finanziare i lavori. Il governo ha anche pensato di “ricompensarli” regalando loro le sedi delle vecchie carceri nei centri storici di varie città italiane.Una manna per gli speculatori. Ma l’emendamento allaFinanziaria è stato bocciato. È certo, invece, che dei 500 milionistanziati, una parte sarà prelevata dai Fas (Fondi per le AreeSottosviluppate). E un’altra arriverà dalla Cassa delle Ammende: un vecchio fondo, nato negli Anni ’30, che dispone di oltre 100 milioni, costituito con le ammende pagate dai condannati: un po’ come se il tfr di un lavoratore fosse usato per la ristrutturazione di un’azienda. Per legge quei soldidovevano essere usati per il loro reinserimento sociale. Em.Is.

CHI C’È NELLE CELLE ITALIANE33.225

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Nella pagina accanto:uno scorcio del campetto da calciodel carcere romano di Regina Coeli.Roma, 2005

Page 15: Mensile Valori n.76 2010

| inbreve || inbreve |

finanzaeticaDiscreti e implacabili, i nuovi padroni del petrolio >30 Banche sotto esame: rimandate a settembre >32Cambio al vertice a Banca etica: continuità o innovazione? >36

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 29 || 28 | valori | A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 |

RECORD MONDIALEPER LO SCUDO FISCALENESSUNO “MEGLIO”DELL’ITALIA

95 miliardi di euro. Una cifra spaventosa capace di ridicolizzare i risultati ottenuti da Francia (3 miliardi),Olanda (1,5), Regno Unito (se ne prevedono 2) e Argentina (8,3). Stiamo parlando delle sommarimpatriata in Italia grazie allo “scudo fiscale”,l’amnistia de facto promossa con l’obiettivo di rastrellare liquidità. La notizia del clamoroso primatodella Penisola è stata diffusa a gennaio dal quotidianoItalia Oggi, citando i dati resi pubblici dall’InternalRevenue Service (Irs), l’agenzia delle entratestatunitense. Il ministero del Tesoro italiano non sembra avere dubbi. In una nota ufficiale ha definito i numeri il sintomo di “uno straordinariosuccesso, segno di forza della nostra economia e di fiducia nell'Italia” ma anche “di intelligenza”.“Portare o tenere i soldi nei paradisi fiscali - hannovoluto precisare dal dicastero - non conviene più, né economicamente né fiscalmente”. Parole sante,soprattutto alla luce della vera peculiarità italiana:l’eccezionale trattamento di favore riservato a chiaveva esportato illegalmente i capitali oltreconfine. A motivare il successo italiano, a ben vedere, c’è proprio la compassionevole indulgenza governativa.Unitamente al pieno condono e alla garanziadell’anonimato, le autorità italiane impongono sui capitali un’aliquota ridottissima (appena il 5%)contro le sanzioni a doppia cifra promesse dagli altri Paesi. In Francia, a seconda della gravitàdella situazione, l’evasore rischia di dover restituire dal 10 all’80% della somma occultata, negli Usa si può arrivare al 50%, nel Regno Unito lo Stato puòdecidere di trattenere l’intero ammontare rientrato.Buona parte dei capitali recuperati finirà così nellecasse pubbliche. In Italia, al contrario, a fregarsi le mani sono soprattutto le banche private.

PER UN USO RESPONSABILEDEL DENAROLA MICROFINANZA VA IN ERROR 104

“Tempo fa un cittadino fece un curioso esperimentoche ebbe molto successo su internet. Divise il denarodestinato al piano del governo statunitense per salvarele banche dalla crisi finanziaria mondiale - circa 700 miliardi di dollari - per gli abitanti del Pianeta. Il risultato fu strabiliante: 104 milioni di dollari per ciascuno!!! La stampa internazionale diffuse la notizia, salvo accorgersi, con notevole ritardo, che l’esperimento recava con sé un grave errore. Il risultato della divisione in realtà era 104 dollari per ciascun abitante del Pianeta! Seguirono polemicheaccese sull’errore di calcolo, ma non arrivò un solocommento su come si sarebbero potuti utilizzare quei 104 dollari”. È partita da qui la campagna

internazionale Error104, appunto,finanziata dalla Comunità Europea per diffondere i temi della finanza etica, della microfinanza e della finanzaetica per lo sviluppo, con l’obiettivo di sensibilizzare i risparmiatori. Una boccata d’aria fresca in tempi di crisi e di bonus ancora milionari

ai manager, ma soprattutto una ricca e utile fonted’informazioni e documenti, tutti resi disponibiligratuitamente sul web (da Youtube, Facebook, Zoes, ecc.): alcune brevi videointerviste (tra cui una alla nota economista americana Saskia Sassen) e studi scientifici, nonché la preziosa “Guida per risparmiatori”: come investire per lo sviluppo nei Paesi del Sud del mondo, realizzata in formatoelettronico e cartaceo, dove potrete leggere tutto ciò che avreste sempre voluto sapere e nessuno vi ha mai detto su finanza etica, microfinanza e microcredito e un intero capitolo di suggerimenti per diventare un risparmiatore eticamente responsabile. A coordinare la campagna in Italia è la Ong Ucodep, ma tra i partner ci sono anche Fondazione CulturaleResponsabilità Etica, Acra, Ctm-Altromercato, Cresud, Etimos. Tutti insieme per promuovere un uso diverso e responsabile del denaro.www.error104.it

TIAA-CREFABBANDONAIL PETROLIOSUDANESE

Tiaa-Cref, il principale fondopensione degli insegnanti statunitensiha ritirato le sue partecipazioni da quattro grandi compagnie stataliasiatiche del settore petroliferoaccusate di fare affari con il regimedittatoriale sudanese. La TeachersInsurance and Annuity Association -College Retirement Equities Fund, ha ricordato il direttore della OngInvestors Against Genocide Eric Cohen,«È la prima major dei servizi finanziariad assumere pubblicamente unaposizione in linea con il desiderio

della maggioranzadegli americani chenon vuole che i suoirisparmi e i proprifondi pensioneabbiano un qualchelegame con i genocidi». Le societàda cui il fondo ha disinvestito,

ha ricordato il portale specializzatoSri News, sono le cinesi PetroChinae Cnpc Hong Kong, l’indiana Oil andNatural Gas Corporation e la maleseSinopec. Tutte e quattro sonosospettate di aver finanziato, di fatto, il regime autoritario del presidente sudanese Omar al-Bashir che, proprio grazie ai proventi del petrolio, avrebbepotuto sostenere le sue milizieresponsabili del massacro di centinaia di migliaia di personenella regione del Darfur. Unosterminio che è valso ad al-Bashirun mandato di cattura da parteCorte Penale Internazionale.

SAY ON PAY:CEDEANCHECISCO SYSTEM

L’assemblea degli azionisti del colosso informatico CiscoSystem ha approvato la risoluzionesul “say on pay” (il diritto degliazionisti di votare sul programma di remunerazione del management)presentata da un gruppo di azionistiattivi americani e sostenuta in Italiada Etica sgr, la società di gestionedel risparmio del gruppo BancaPopolare Etica. Il voto favorevolepone così fine a una battagliainiziata nel 2007 quando la questione fu affrontata per la prima volta in assemblea.

La mozione chiede ai verticidell’azienda di prendere in considerazione il volere degli azionisti responsabiliintroducendo così nuovi principi di trasparenza sui processi di remunerazione dei top manager e di garantire la rendicontazioneall’assemblea. Decisivo, nel successo dei promotori,l’impegno degli azionisti religiosiriuniti nell’Interfaith Center on Corporate Responsibility (Iccr),l’associazione che riunisce circa300 investitori con patrimoniogestito di oltre 100 miliardi di dollari. Sono almeno un centinaiole mozioni sul say on paypresentate negli Usa nel solo 2009. Tra le società che hanno accolto la richiesta Intel, Hp, OccidentalPetroleum, Verizon, Mbia, PG&E, H&R Block, Blockbuster,Ingersoll-Rand e Motorola.

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MUTUI:CLASS ACTION A UNICREDIT E BANKITALIA

L’Associazione difesa consumatoried utenti bancari e finanziari(Adusbef) ha promosso una classaction contro Unicredit e la Bancad’Italia contestando il sistema di calcolo dell’ammortamento dei mutui applicato dall’istituto di piazza Cordusio e consentitodall’istituto centrale. Lo ha riferito a gennaio l’agenzia Reuters citandouna nota ufficiale dell’associazione.Ad alimentare le speranzedell’Adusbef c’è una sentenzapronunciata il 29 ottobre 2008 dal Tribunale di Bari che, accogliendo la richiesta del vicepresidente dell’associazioneAntonio Tanza, aveva giudicatoillegittimo il sistema utilizzato da Unicredit: il cosiddetto“ammortamento alla francese”. Tale schema calcola il valore delle rate sommando la quota degli interessi con quella del capitale. A differenza di quanto accade nel sistema “italiano”, tuttavia,quest’ultima non è mai costante in quanto soggetta agli interessicomposti (interessi sugli interessi). A parità di prestito, tassi e condizioni,l’ammortamento “transalpino”consente agli istituti un guadagnoulteriore. Secondo Adusbef, ha affermato Il Sole 24 ore, la renditabancaria sarebbe equivalente a un 1,2% di interesse aggiuntivo(2,88 miliardi di euro sui 240 erogatinei mutui al 31 ottobre 2009).

BONUS UK:NON CONTATESUGLI AZIONISTIATTIVI

L’opposizione dell’azionariato attivonei confronti delle generosepolitiche remunerative dellecompagnie britanniche resta un fenomeno sostanzialmentemarginale. Lo ha sostenuto il Wall Street Journal tracciando un bilancio delle campagne di pressione condotte nel 2009. Lo scorso anno soltanto cinquesocietà britanniche quotate in Borsa hanno dovuto fronteggiarel’opposizione degli azionisti.Soltanto due di queste (Royal DutchShell Plc e Royal Bank of Scotland)rientravano nell’elenco delle centomaggiori società del Paese. Nessunadelle compagnie sconfitte in tema di bonus dal voto degli azionisti ha finora reso pubbliche ipotesialternative di remunerazione.I risultati degli ultimi rapportirealizzati dal governo e dai networkdell’azionariato critico hannolasciato svariati spunti di riflessione:secondo Hector Sants, numero uno della Financial Service Authoritydi Londra, un maggiore impegno da parte degli azionisti avrebbecontribuito a prevenire molti degliultimi guai finanziari del sistema.Segnali importanti, ha ricordato,dovranno arrivare dalle attività 2010 a fronte del probabile ritornoin auge di quella politica di alteremunerazioni cui la crisi avevaposto un freno.

Page 16: Mensile Valori n.76 2010

duzione mondiale di petrolio, quanto Iran, Iraq, Kuwait, EmiratiArabi e Venezuela messi insieme. Negli ultimi anni hanno aumen-tato progressivamente il proprio potere contrattuale nei confrontidei Paesi produttori, ma anche di Big Oil: società come Exxon, Shell,BP, Total, non possono più fare a meno di loro. Perché hanno rap-porti privilegiati con governi, autorità di controllo e compratori. Esanno dove e come muoversi al momento giusto.

Il trionfo dei Rich boysCome il leggendario Marc Rich, pioniere del trading moderno.Un americano, oggi settantacinquenne, la cui carriera inizianegli anni Settanta trattando il petrolio per conto di PhillipsBros, il più grande trader di allora. Rich diventa un esperto dicombat trading, il commercio d’assalto, acquistando diritti diesportazione da Paesi in guerra o in crisi politica. Rich, El Ma-tador, trattava illegalmente con l’Iran di Khomeini, in Suda-frica durante l’apartheid o con Cuba e la Libia nel periododell’embargo americano. Dopo aver lasciato Philbro, vola inEuropa. Rich fugge dal Dipartimento di Giustizia. Dal 1983è accusato di “associazione criminale”, “commercio con ilnemico” ed “evasione fiscale” che, sommate, potrebberocostargli 300 anni di carcere. Trova rifugio in Svizzera dovefonda Glencore, a Zug, al centro delle Alpi. Per il trading delpetrolio è l’inizio di una nuova era.

Dalla “scuola” di Glencore passano generazioni di gio-vani manager, che oggi dirigono decine di nuove società. Se-condo le ricostruzioni di Business Week, “Rich ha creato lapiù potente rete informale di commodities trader del mon-do. Gente che compra petrolio nei luoghi più disparati, do-ve la corruzione è più elevata e le major dell’oro nero nonsi avventurano”. I “Rich Boys”, spesso con il supporto del-lo stesso Rich, hanno fondato società in tutto il mondo.Dall’olandese Trafigura alla Petrodel del nigeriano MichaelPrest, dalla Milio International di Mosca alla svizzera Ma-sefield: una galassia di piccole società che si scambianomerci e informazioni da una parte all’altra della Terra. Erealizzano ogni anno miliardi di dollari di fatturato.

Il lungolago dei miliardariQuanti siano nessuno lo sa con precisione. Il trader Gunvor, che ge-stisce un terzo delle esportazioni di petrolio russo, aveva un fattura-to (stimato) di 5 miliardi nel 2004. Per il 2009 gli insider parlano ad-dirittura di 70 miliardi di dollari, con un utile di 500 milioni. Numeriche si possono solo intuire. Voci di corridoio, indiscrezioni raccoltenelle sale trading. Gunvor, come altre società del settore, rimanechiusa nel massimo riserbo nei suoi uffici in Quai du Général Gui-

san, sul lungolago di Ginevra. La città dove hanno scelto difissare la loro sede Vitol, il maggiore trader del mondo, ma an-che Mercuria, Addax, Litasco. Per questioni fiscali, per la qua-lità dei servizi bancari, ma anche perché, nella città svizzera,ha sede SGS (Société Générale de Surveillance), la più gran-de compagnia che ispeziona i carichi delle navi. E dà il via li-bera alle contrattazioni. Dalle finestre con vista sul lago si in-viano e-mail che spostano le petroliere dalla Russia aSingapore, dai porti dell’Estonia all’Indonesia. Il prezzo delgreggio viene calcolato alla data di scarico in base ai bollet-tini del provider Platts, a cui viene aggiunto un margine me-dio di 10 dollari per ogni tonnellata. I seguaci di Marc Richosservano i grafici, seguono i trasferimenti passo dopo passo.Ma normalmente non si gettano nella mischia per accapar-rarsi concessioni di esplorazione, né raffinerie. Anche se lecose stanno cambiando. Alla fine di ottobre 2009, il gruppoVitol ha pagato 25 milioni di dollari in contanti per l’acqui-sto del 100% di Petroplus Refining Antwerp e Petroplus Re-fining Antwerp Bitumen, in base al quale diverrebbe pro-prietario di impianti per la produzione di bitume eraffinazione di gasolio nel porto di Anversa. Glencore sem-bra essere pronta per la quotazione in Borsa, che la porte-rebbe a rinunciare a “una serie di operazioni segrete”.

Per i trader si sta forse preparando una nuova stagio-ne, che probabilmente li porterà a una concorrenza sem-pre più spietata con le grandi sorelle del petrolio. Unalotta in cui sapranno muoversi con più agilità, anche sea volto scoperto. E con l’appoggio diretto delle peggioriélites dei Paesi più corrotti del mondo. .

| 30 | valori | A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 |

| finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 31 |

A DOMANDA DI PETROLIO RIMARRÀ DEBOLE anche nel 2010. Iprezzi si muoveranno nel range attuale, senza grandiscosse». L’annuncio è uscito poco prima della fine del-

l’anno su tutti i principali quotidianifinanziari. A darlo, stavolta, non sonostati i Paesi produttori dell’Opec, né le

grandi compagnie petrolifere. Ci ha pensato un tale Ian Taylor, di-rettore generale di una società che si chiama Vitol. Un suo collega,Pierre Lorinet, amministratore delegato di Trafigura ha rincarato ladose: «I fondamentali economici non giustificano i prezzi correntidel barile, che sono ancora troppo alti». «Anche Gunvor e Glencoresono d’accordo», spiega il Financial Times, «ma si rifiutano di com-

mentare». Mentre Daniel Jaeggi, condirettore di Mercuria, “è leg-germente più ottimista degli altri e afferma che i prezzi potrebberosalire nella seconda metà del 2010”, scrive il Financial Times.

Ma chi è Daniel Jaeggi? E chi sono Vitol, Trafigura, Gunvor, Mer-curia, Glencore? Società sconosciute ai non addetti ai lavori, ancheperché non amano la pubblicità e fanno di tutto perché non si parlidi loro. In realtà sono al centro dei flussi internazionali di petrolio.Non come produttori, ma come trader: commercianti. Comprano pe-trolio e lo rivendono, spostano petroliere negli oceani o le tengonoal riparo nei porti a seconda dei prezzi che scorrono sugli schermi deiloro uffici; cercano le migliori raffinerie al prezzo più conveniente.

In tutto, questi perfetti sconosciuti muovono il 15% della pro-

| finanzaetica | oro nero |

Il mercato del petrolio è sempre più nelle mani di un piccolo numero di trader con nomi sconosciutiche amano la discrezione. Hanno tolto lo scettro ai produttori e trattano con i governi dei Paesi più corrotti del mondo.

Discreti e implacabili I nuovi padroni del petrolio

«Ldi Mauro Meggiolaro

I TRADER DELL’ORO NERO

VITOLwww.vitol.comFondazione: 1966Sede: Ginevra, RotterdamDipendenti: ndFatturato 2008: 191,2 miliardi dollari

Fondata nel 1966, possiede infrastrutture in Medio Oriente, in Nigeriae nelle Filippine. Nel 2008, ha rivelato il Washington Post, le sue attività sono state analizzate dalla Commodities and FuturesTrade Commision (Cftc) degli Stati Uniti dietro il sospetto che le sue operazioni d’acquisto di contratti derivati avessero una natura speculativa. Nel luglio 2008, quando il petrolio toccò il record storico dei 147,27 dollari per barile, le sue operazioniarrivarono a compensare l’11% delle transazioni di oro nerocondotte presso il New York Mercantile Exchange (Nymex).

GLENCORE INTERNATIONALwww.glencore.comFondazione: 1974Sede: Baar (Svizzera)Dipendenti: oltre 2.000Fatturato 2008: 152,2 miliardi dollari

Già società di trading, la Glencore ha diversificato le sue attività nel settore minerario dove ha assunto un ruolo di primo piano dopol’acquisizione di più di un terzo del capitale di Xstrata. Glencore è stata fondata nel 1974 dal trader statunitense di origine belgaMarc Rich. Accusato di evasione fiscale e violazione dell’embargoimposto da Washington all’Iran, Rich è fuggito in Svizzera nel 1983.Nonostante la grazia presidenziale del 2001, non ha più messopiede negli Usa. A dicembre la sua società ha emesso 2,2 miliardidi dollari di obbligazioni prospettando un collocamento in Borsa.

TRAFIGURAwww.trafigura.comFondazione: 1993Sede: AmsterdamDipendenti: 1.900Fatturato 2008: 73 miliardi dollari

Fondata nel 1993, la Trafigura possiede 60 uffici in 42 Paesi e scambia una media di 1,5 milioni di barili al giorno. Il suo nomeresta legato a uno dei più grandi disastri ambientali e umani dellastoria. Nel 2006, le operazioni di lavaggio di una sua imbarcazioneportarono alla diffusione di sostanze tossiche nel porto di Abidjan,in Costa d’Avorio generando un disastro ecologico e provocandovittime tra la popolazione. Di recente, il quotidiano britannicoGuardian ha pubblicato alcune mail riservate che dimostrerebberola colpevolezza della società che insiste nel dichiararsi innocente.

GUNVORwww.gunvorgroup.comFondazione: 1997Sede: Amsterdam, Ginevra (sede operativa)Dipendenti: 350Fatturato 2008: 65 miliardi dollari

Un mistero vivente, a cominciare dalla sua nebulosa proprietà. La Gunvor,ha spiegato il Financial Times, risultacontrollata da una holding olandese, la Gunvor International BV, proprietà della cipriota Gunvor Cyprus Holding Ltdappartenente a sua volta alla Eis ClearwaterAdvisors, una società domiciliata nelle Isole Vergini Britanniche. Secondo

il Financial Times le fortune della compagnia sarebbero legateall’amicizia tra il premier russo VladimirPutin e Gennady Timchenko (co-fondatoredella Gunvor insieme allo svedese TorbjornTornqvist). Gunvor avrebbe ampiamentebeneficiato dall’uscita di scena del concorrente Yukos, il colosso messofuori gioco da Putin nel 2003.

MERCURIA ENERGY GROUPwww.mercuria.comFondazione: 2004Sede: Larnaca (Cipro), Ginevra (sede operativa)Dipendenti: 650Fatturato 2008: 46,9 miliardi dollari

Già attiva come trader petrolifero, la Mercuria ha avviato di recenteun ambizioso programma di espansione nel promettente carbonmarket. La società, che secondo l’agenzia Reuters avrebbe già a disposizione sei gruppi di lavoro specializzati in Svizzera e tre in Cina, punta molto ad assumere un ruolo di primo piano nel mercatodei crediti di emissione gassosa per i quali si sta sviluppando un mercato complementare di derivati. Di recente Mercuria ha espanso la sua posizione anche nel segmento biofuels siglandoun contratto da 50 milioni di dollari con la malese Carotech.

IL PETROLIO TRATTATO DAI 5 LEADER CORRISPONDE AL 15% DELLA PRODUZIONEMONDIALE, QUANTO IRAN,IRAQ, KUWAIT, EMIRATI ARABIE VENEZUELA MESSI INSIEME

PRODUZIONEGIORNALIERA

VITOL5,5 MLN BARILI

GLENCORE2,5 MLN BARILI

TRAFIGURA2,5 MLN BARILI

GUNVOR1,7 MLN BARILI

MERCURIA1,7 MLN BARILI

Page 17: Mensile Valori n.76 2010

| finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 33 |

| finanzaetica | lente d’ingrandimento |

| 32 | valori | A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 |

UNICREDIT

L’Ong belga Network Vlaanderen svela il rapporto traHvb-Unicredit e produttori di cluster bombs (2007)

Stretti rapporti con Finmeccanica, prima impresa di armamenti in Italia (nel 2008 garantito il collocamento di un prestito obbligazionario di 3,2 miliardi di euro, con una quota di 1,4 miliardi.Nel 2009: 250 e 600 milioni).

25 milioni di euro di finanziamenti alla Cmc,impegnata nella costruzione della base Usa Dal Molin di Vicenza (2008).

Tra i maggiori finanziatori di Eni (al 31 maggio 20094,2 miliardi di linee di credito).

Ha curato un’emissione obbligazionaria di Enel per 2 miliardi (novembre 2007). Linee di credito per 5,2 miliardi (luglio 2007).

I fondi Pioneer Am, Pioneer Im e Capital Italia hannoinvestito 35 milioni in titoli Walmart, 68 in Total, 83 in Nestlè e 37,4 in Coca Cola. Importanti anchegli investimenti nel settore farmaceutico (203,7 milioni), tra cui Novartis (56,8 milioni), Bayer (16,5 milioni), Pfizer (72,3 milioni), Monsanto(13,2 milioni), e Johnson & Johnson (35,5 milioni).

Il Gruppo ha controllate, dirette o indirette, in Lussemburgo, Delaware, Svizzera, San Marino,Dublino. La controllata HypoVereinsbank è presentea Singapore, Lussemburgo, Londra, Hong Kong,Amsterdam e alle Isole Cayman.

L’Antitrust ha avviato un procedimento verso UnicreditBanca di Roma per pratiche commerciali scorrette in tema di commissioni di massimo scoperto (luglio 2008). L’authority ha sanzionato il Gruppo con una multa da 1,37 milioni per scorrettezze in tema di portabilità dei mutui (settembre 2008).

A novembre 2009 aveva 2,4 miliardi di euro di derivati sottoscritti da 139 enti pubblici. Causato un risultato negativo lordo a carico degli enti per 150,4 milioni di euro.

Tra le segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva sui casi Lehman Brothers, è al primo posto con il 43%, pari a 696.490 euro. (Rapporto PiT 2009).

Enel è impegnata sul fronte del nucleare a Mochovce,in Slovacchia, e a Belene, in Bulgaria, dove sono in corso progetti ad alto rischio per la popolazione e l’ambiente. Con la francese Edf inoltre è impegnatanello sviluppo del nucleare in Francia e in Italia.

Tramite i fondi di Pioneer Am, Pioneer Im e CapitaliaItalia, Unicredit ha investito le seguenti somme in titoli di aziende attive nella gestione di sistemiidrici (al 30 giugno 2009): Gruppo Suez: 26,98milioni di euro; Veolia: 4,59 milioni; Severn Trent:10,13 milioni; Pennon Group: 4,59 milioni; A2A(Milano-Brescia): 3,93 milioni; Hera (Bologna): 1,45 milioni; Pictet Fund Water I (fondo di investimento sul settore idrico): 871.000 euro;Iride (Torino-Genova): 339.000 euro; United Utilities:156.000 euro; Enìa (Piacenza, Parma, Reggio Emilia):150.000 euro; Acea (Roma): 53.000 euro.

INTESA SANPAOLO

L’Ong belga Network Vlaanderen conferma un finanziamento erogato da Intesa SanPaolo alla Lockheed Martin, che produce cluster bombs(ottobre 2009).

Ha garantito l’emissione di obbligazioniFinmeccanica pari a 3,2 miliardi di euro. Nel 2009 altri 250 e 600 milioni.

14,5 milioni di euro di finanziamenti alla Cmc,impegnata nella costruzione della base Usa Dal Molin di Vicenza (2008).

Principale finanziatore di Eni: linee di credito per 7,5miliardi di euro (31/03/09). Garantita un’emissioneobbligazionaria da 1 miliardo (10/06/09).

Garantito il collocamento di obbligazioni Enel per 8 miliardi. E altri “significativi rapporti di naturacreditizia” (maggio 2009)

Attraverso i fondi di Eurizon Sgr ha investito in titoliTotal (71 milioni), Nestlè (46,7 milioni) e nel settorefarmaceutico (149,8 milioni): Novartis (41 milioni),Bayer (32 milioni), GlaxoSmithKline (38 milioni),Pfizer (19 milioni) e Johnson & Johnson (17,8 milioni).

Tra le 14 filiali estere compaiono George Town(capitale delle Cayman), Nassau (Bahamas), HongKong, Principato di Monaco, Singapore, Dubai,Beirut, Londra e Vienna.

L’Antitrust ha avviato un procedimento per pratichecommerciali scorrette in tema di commissioni di massimo scoperto (luglio 2008). L’authority ha sanzionato il Gruppo con una multa pari a 480.000 euro per scorrettezze in tema di portabilità dei mutui (settembre 2008).

Nel novembre 2009 aveva 3,7 miliardi di derivatisottoscritti da enti pubblici.

Tra le segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva sui casi Lehman Brothers, si colloca al secondoposto con il 21,1%, pari a 341.000 euro. (Rapporto PiT 2009).

Enel è impegnata nello sviluppo del nucleare in diversi paesi europei (vedi Unicredit). Nel luglio2009 ha garantito il collocamento di obbligazioniEdison, controllata da Edf, per 700 milioni di euro.

Il 7 gennaio 2008 ha acquisito il 10,6% di AcquePotabili. Gestirà l’acqua del bacino di Palermo (600 mila utenti).

Nel 2008 ha sottoscritto un contratto di finanziamentoa Irisacqua Srl e di Acque Potabili Siciliane.

Banca Imi ha curato, in qualità di joint bookrunner, il collocamento di obbligazioni A2A (Milano-Brescia)per 1 miliardo di euro.

Tramite i fondi di Eurizon Sgr, ha investito in titoli di aziende attive nella gestione di sistemi idrici (al 30 giugno 2009): in particolare Suez 27,38milioni; Veolia: 6,15 milioni; Hera: 5,78 milioni)

MONTEPASCHI

Nell’ottobre 2009 Mps Capital Services ha curato il collocamento di obbligazioni Finmeccanica per 600 milioni di euro, dopo aver investito 3,7 milioni in titoli della stessa società, attraverso i fondi di Prima Sgr, principale società di risparmiogestito del Gruppo (giugno 09).

Ha partecipato al consorzio che ha garantito il collocamento di un prestito obbligazionario a Enipari a 1 miliardo di euro (giugno 09), mentre i fondidi Prima Sgr hanno investito 52 milioni di euro in titoli della stessa azienda.

I fondi di Prima Sgr hanno investito, tra l’altro, in titoli Total (35 milioni) e Nestlè (20 milioni),mentre nel settore farmaceutico emergono duesocietà: Novartis (18,8 milioni) e GlaxoSmithKline(17,6 milioni) (30/06/09), su un investimentocomplessivo pari a 49,8 milioni di euro.

Ha una sussidiaria nel Principato di Monaco e filialia Hong Kong, Lussemburgo e Londra.

Ha messo in atto operazioni per eludere il fiscoattraverso prodotti “pronti contro termine” acquistatida banche estere con sede a Londra (ricostruzionedi Francesco Bonazzi su L’Espresso del 24 ottobre2008, sulla base di documenti bancari riservati).

L’Antitrust ha avviato un procedimento per pratichecommerciali scorrette in tema di commissioni di massimo scoperto (luglio 2008). A settembre2008 la banca è stata sanzionata con una multa da 359.000 euro per irregolarità in tema di portabilità dei mutui.

Tra le segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva sui casi Lehman Brothers, Mps si colloca al terzoposto con il 18%, pari a 292.000 euro. (Rapporto PiT 2009).

Su Enel vedi relativa voce Unicredit.

I Fondi di Prima Sgr hanno investito 2,5 milioni di euro in titoli Edison, controllata da Edf(30/06/09).

Attraverso i fondi di Prima Sgr, ha investito in titoli di aziende attive nella gestione di sistemi idrici (30 giugno 2009): Suez: 13,06 milioni; A2A: 6,77 milioni; Iride: 3,42 milioni; Veolia: 210 milioni.

Armamenti

Impatto sociale e ambientale

Paradisi fiscali

Tutela del risparmiatore

Nucleare

Acqua

Sette voci per dieci bancheSono stati individuati sette criteri, considerati partico-larmente significativi per valutare l’impatto delle azio-ni di una banca, e per ciascuno sono stati analizzati icomportamenti di dieci banche italiane, le prime perdimensione. I criteri sono: armamenti, impatto socia-le, impatto ambientale, paradisi fiscali, tutela dei ri-sparmiatori, nucleare civile e privatizzazione del servi-zio idrico. E le banche sotto esame sono: Unicredit,Intesa SanPaolo, Gruppo Montepaschi, Banco Popola-re, Ubi, Bnl, Bpm, Cariparma, Popolare di Vicenza eCredem. Le informazioni sono tutte tratte da fontipubbliche (Consob, Borsa Italiana, Banca d’Italia, bi-lanci, prospetti di emissione, stampa, ecc).

A decidere di mettere sotto la lente di ingrandi-mento i comportamenti di questi istituti di credito so-no stati Campagna per la Riforma della Banca Mon-diale (Crbm), Campagna Banche Armate (attraverso leriviste Missione oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace), Ires To-

HE COSA SAPPIAMO DELLA NOSTRA BANCA? Sicuramente la rata del mutuo o, nel migliore dei casi, lespese addebitate sul conto corrente. Potrebbe essere abbastanza, se non fosse che oggi gli istitutidi credito hanno assunto un ruolo senza precedenti nella vita economica e sociale. Da loro di-pendono, in ultima analisi, le grandi scelte di un Paese: dai trasporti all’energia, dalle infrastrut-ture alla gestione dei beni comuni (come l’acqua). Da loro dipende anche la diffusione di stru-menti di morte come le famigerate cluster bombs. Nasce da questa consapevolezza l’idea di creareuno strumento, accessibile al pubblico, che permetta di conoscere se, come e quanto le nostrebanche hanno sostenuto progetti o aziende, diciamo, indifendibili. Uno strumento di azione, peresercitare verso gli istituti di credito tutta la pressione possibile in veste di risparmiatori, cittadi-ni, associazioni o organismi pubblici.

C

Sette criteri per valutare le prime dieci banche italiane: dall’impatto ambientale agli armamenti,dai paradisi fiscali alla tutela del risparmiatore. Uno strumento per cercare di cambiare la situazione.

Banche sotto esameRimandatea settembre

di Roberto Cuda

I “CATTIVI” SU CUI LE BANCHE INVESTONOTOTALInveste in Birmania, sede di uno dei più feroci regimi dittatoriali del mondo, ed è accusata di beneficiare di lavoro forzato. La conferma viene da abitanti del posto e dall’EarthRight International (Eri). In particolare nell’ambito del progettoYadana, secondo l’Eri, la Total è complice degli abusi perpetrati dall’esercitobirmano, incaricato di garantire la sicurezza alla compagnia e agli impianti. FONTE: THE INDIPENDENT, 14/08/2009

NESTLÈÈ al centro di una campagna di boicottaggio internazionale, promossa da Baby MilkAction, per le continue violazioni del Codice internazione dell’Oms (Organizzazionemondiale della sanità) per la promozione dei sostituti del latte materno con tecniche pubblicitarieaggressive e scorrette, che, in contesti di scarsa igiene, sono una delle cause di mortalità infantile. È anche accusata di pesanti violazioni di diritti dei lavoratori in diversi Paesi: il sindacatocolombiano del settore alimentare Sinaltrainal la considera complice nell’assassinio di 12 sindacalisti nel Paese sudamericano. Infine è uno dei più grandi commercianti e trasformatoridi caffè e cacao al mondo, con grosse responsabilità delle gravi condizioni in cui versano milioni di contadini nei Paesi poveri. FONTI: CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, GUIDA AL CONSUMO CRITICO, EMI 2009; SINALTRAINAL, BABY FOOD ACTION NETWORK

LA PAGELLA DEI PRINCIPALI ISTITUTI DI CREDITO ITALIANOSul sito www.valori.it si possono trovare le pagelle delle altre 7 banche analizzate: Banco Popolare, Ubi, Bnl, Bpm, Cariparma, Popolare di Vicenza e Credem

Page 18: Mensile Valori n.76 2010

| indagine demos | finanzaetica |

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 35 |

| finanzaetica |

| 34 | valori | A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 |

scana, Finansol, Coordinamento Nord-Sud del Mon-do, centro Khorakhanè, Rete Disarmo, Comitato ita-liano per il contratto mondiale sull’Acqua, Altrecono-mia e Valori. In primavera sarà lanciato ufficialmenteun sito internet, quale base di partenza di un nuovoimpegno della società civile sul fronte finanziario, an-cora in parte da inventare. Ma l’obiettivo è chiaro: farleva sulle banche per orientare l’economia verso unamaggiore sostenibilità o, se preferiamo, togliere ossige-no ai progetti irresponsabili.

Una fotografia grigiaI primi dati a disposizione – di cui riportiamo uno spac-cato, sintetico e provvisorio, ma su cui Valori terrà ag-giornati i propri lettori – dipingono un quadro a tintefosche. Ne emerge un sistema bancario che, per soste-nere il titolo in Borsa o i dividendi degli azionisti, è di-sposto a fare carte false (nello schema che segue abbia-mo omesso i casi più eclatanti al vaglio dellamagistratura, come le truffe Cirio e Parmalat, a favoredelle informazioni meno note). Va da sé che non tuttele banche sono uguali. Il mercato è dominato dai duecolossi Unicredit e Intesa SanPaolo, che, insieme a BnpParibas (che controlla Bnl) e, talvolta, alla stessa Mon-tepaschi e pochi altri, hanno gestito operazioni di fi-nanziamento a favore di altrettanti colossi del calibro diEni, Enel e Finmeccanica, di cui abbiamo conosciutonei passati numeri di Valori i danni provocati in alcuniPaesi, in particolare nel continente africano.

Piccolo è belloIn generale la dimensione è inversamente proporzio-nale alla responsabilità: le piccole banche sono media-mente le più virtuose, anche se non mancano le ecce-zioni. Bnl, ad esempio, è in prima fila nel settore degliarmamenti: prima “banca armata” con 1,2 miliardi diimporti intermediati legati all’export di armi; vantastretti rapporti con Finmeccanica (attraverso la con-trollante Bnp) ed è la prima finanziatrice della Cmc,impegnata nella costruzione della base Usa Dal Molindi Vicenza, del tunnel Tav Torino-Lione e del ponte sul-lo Stretto di Messina.

Attraverso i fondi di Euromobiliare Am ed Euromo-biliare Sicav, il Credito Emiliano ha investito oltre 40milioni di euro in titoli di imprese attive nella costru-zione di cluster bombs, armi nucleari e mine antiuomo.L’analisi dei fondi di investimento, del resto, rivela unatteggiamento disinvolto di tutte la banche, che non ri-nunciano a impegnare i propri soldi nelle imprese eti-camente più discusse, tra le quali spiccano le maggiorimultinazionali del farmaco. Altri dati interessanti ri-guardano la tutela del risparmio, che dovrebbe essereparte integrante dell’attività creditizia: su 10 banche,solo una (Cariparma) non è stata sanzionata dall’Anti-trust per scorrettezze nella portabilità dei mutui. .

Gli italiani hannovoglia di eticama nelle banche non esiste

La crisi non ha insegnato nulla. Secondol’indagine Demos l’etica in banca non c’era e non ci sarà.

NA BANCA PER LA QUALE NON CONTI SOLO IL PROFITTO , mache agisca a favore della società e del territorio, chepresti attenzione alle conseguenze sociali e ambien-

tali delle proprie attività, che noninvesta nel settore delle armi, chealimenti le reti di solidarietà socia-

le, che adotti criteri di trasparenza nei finanziamenti e negli inve-stimenti. Un’utopia? No, è ciò che gli italiani desiderano. Lo rivelaun’indagine, realizzata lo scorso ottobre da Demos&Pi per conto diBanca Etica, intitolata “Voglia di etica-Cittadini, banche e finanzain tempi di incertezza”. L’80% degli intervistati ritiene che l'eticadebba avere uno spazio importante nella finanza. Ma i clienti orien-tati alla finanza etica restano una nicchia nell’oceano dei rispar-miatori e degli investitori. Tra gli intervistati, coloro che hanno di-chiarato di avere i propri risparmi investiti in banche attive sulfronte sociale e ambientale sono solo il 13%.

Una sensata contraddizione«Dall’indagine emergono due risultati solo apparentemente in con-trasto. Da un lato l’Italia sembra essere affollata di persone buoneche pensano all’etica, alla solidarietà e al bene comune. Quando larealtà dei fatti è decisamente diversa. Una situazione che può farpensare a un esercizio di buoni sentimenti a basso prezzo, al fattoche gli italiani siano buoni solo a parole», commenta il sociologoIlvo Diamanti, che ha supervisionato la ricerca, condotta da FabioBordignon, Luigi Ceccarini e Martina Di Pierdomenico. «Ma dal-l’indagine emerge anche che per gli italiani le banche finora nonsono state etiche (tre intervistati su quattro) e che non lo sarannoneanche in futuro (sei su dieci). La crisi insomma non ha insegna-to nulla», continua Diamanti. «Questa dicotomia in realtà dimostra

un grande realismo degli italiani: ritengono giusto e vorrebbero chel’etica fosse un valore presente nella finanza, ma sono consapevoliche questo non accade».

Il valore dell’etica«L’etica ha ormai assunto un valore di mercato. Ce ne accorgiamoperché sempre più banche usano questo termine, questo concetto,nelle loro attività di comunicazione», continua Diamanti. Bastapensare a Banca Prossima, costola di Intesa SanPaolo per il segmen-to non profit, o a istituti nati recentemente che usano il termine “eti-co” nel loro nome, come Eticredito o banca Simetica, o alle moltecarte di credito “etiche” offerte ai clienti dalle banche.

«Banca etica, che ha nell’etica la sua ragion d’essere e ha acqui-sito credibilità su questo fronte, dovrebbe alzare la soglia, definiremeglio i confini con le altre banche», conclude Ilvo Diamanti «Bi-sogna stare attenti che l’etica non venga assorbita dal mercato, de-ve mantenere la sua autonomia». .

di Elisabetta Tramonto

U

SECONDO LEI NEL MONDO DELL’ECONOMIAE DELLA FINANZA QUAL È STATO, FINO AD OGGI, LO SPAZIO PER L’ETICA?

ETICA E FINANZA PRIMA E DOPO LA CRISI

POCO52,4%

NON SANON

RISPONDE10,6%

MOLTO3,7%

ABBASTANZA10,5%

NESSUNO22,8%

SECONDO LEI, QUANDO L’ATTUALE PERIODO DI CRISI FINIRÀ IL MONDO DELLA FINANZA E DELL’ECONOMIA...

POTREBBEDIVENTARE

ANCHE MENOGIUSTO

10,5%

DIVENTERÀ PIÙ GIUSTO E RISPETTOSO DEI BISOGNI DEI CONSUMATORI E DEGLI INVESTITORI26,5%

NEL MONDO DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZA SECONDO LEI...

LO SPAZIOPER L’ETICA

DOVENDO APRIRE UN NUOVO CONTO PRESSOUNA BANCA, CHE IMPORTANZA DAREBBE NELLA SUA SCELTA AI SEGUENTI ASPETTI...

LA DIMENSIONE ETICA NELLA SCELTA DELLA BANCA

L’ETICA PUÒAVERE SPAZIO

MA COMUNQUEMOLTO LIMITATO

31,9%

L’ETICA NON PUÒTROVARE

SPAZIO8,9%

NON SANON RISPONDE8,6%

L’ETICA PUÒ E DEVE AVERE SPAZIO50,6%

NON SANON RISP.

5,4%

RESTERÀ PIÙ O MENOCOME PRIMA57,6%

CHE SIA TRASPARENTE NELL’INDICARE I SETTORI IN CUI INVESTE

CHE INVESTA UNA PARTE DEI SUOI UTILIIN PROGETTI SOCIALI E AMBIENTALI

53,9% 38,0%

1,4% 1,7%

4,9%

CHE NON INVESTANEL SETTORE DELLE ARMI

FONDAMENTALE IMPORTANTE POCO IMPORTANTE PER NULLA IMPORTANTENON SA/NON RISPONDE

27,4% 53,8%

5,5% 3,4%

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I “CATTIVI” SU CUI LE BANCHE INVESTONO

COCA COLA È al centro di una campagna internazionale di boicottaggio per graviviolazioni di diritti sindacali. Il Sinaltrainal ha richiesto l’incriminazioneufficiale della Coca Cola presso il tribunale di Miami per l’omicidio di 8 sindacalisti (marzo 2008).In India è accusata di vendere bibite fortemente contaminate da pesticidi, insetticidi e altriinquinanti chimici, tanto che sette Stati indiani hanno vietato per questo motivo la vendita di Cocae Pepsi. Dal novembre 2008 sono in corso proteste anche da parte dei contadini del Rajasthan, per il forte prelievo d’acqua e l’inquinamento della falda da parte della multinazionale.FONTI: SINALTRAINAL; CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, GUIDA AL CONSUMO CRITICO, EMI 2009; RETE BOICOTTAGGIO COCA COLA

NOVARTISLa compagnia farmaceutica svizzera nel 2006 ha fatto causa al governoindiano perché aveva negato alla compagnia il diritto esclusivo di commercializzare un farmacoanticancro, il Glivec (costo della terapia 27 mila dollari all’anno). Ma l’Alta Corte di Chennay le ha dato torto con una sentenza dell’agosto 2007. FONTE: MEDICI SENZA FRONTIERE

BAYERNell’agosto del 2009 la Corte Suprema di Delhi ha bocciato il tentativo dellamultinazionale farmaceutica tedesca di bloccare la concessione della "approvazionealla vendita" da parte dell'Agenzia indiana per il controllo dei farmaci, alla compagniafarmaceutica Cipla per la versione generica del farmaco antitumorale Nexavar, brevettato dallaBayer. La Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer, ha documentato centinaia di casi in cui i prodotti (pesticidi, farmaci, sostanze chimiche) o le fabbriche della Bayer hanno danneggiatoseriamente persone e ambiente WWW.CBGNETWORK.ORG

GLAXOSMITHKLINEPotente impresa farmaceutica inglese accusata da diverse organizzazioni di tenerealti i prezzi di farmaci essenziali per la salute, dal Sudafrica all’India. Nel maggio2008 alcuni rappresentanti politici delle Filippine hanno puntato il dito control’azienda per attività lobbistiche per bloccare un disegno di legge (Cheaper Medicines Act) che consentirebbe la produzione di farmaci a basso costo. Nell’ottobre 2009 Medici senza frontiereha chiesto alle nove maggiori compagnie farmaceutiche al mondo (Abbott Laboratories, BoehringerIngelheim, Bristol-Myers Squibb, Johnson & Johnson, Gilead Sciences, GlaxoSmithKline, Merck & Co,Pfizer e Sequoia Pharmaceuticals ) di rendere accessibili al più presto i nuovi farmaci contro l’Hiv ai milioni di persone colpite dalla malattia, inserendo i loro brevetti in un patent poolche comprende una lista di farmaci chiave contro l’Hiv. FONTI: CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, GUIDA AL CONSUMO CRITICO, EMI 2009; UNIMONDO, 08/10/2009

PFIZER Statunitense, è la più grande multinazionale farmaceutica del mondo. Condiziona le politiche internazionali sui farmaci, imponendo prezzi alti e brevetti prolungati che non permettono l’uso delle versioni generiche (molto meno costose) dei farmaci essenziali (ad esempio contro il cancro, l’Hiv e le malattie cardiache). Nel 2009 ha patteggiato con il Dipartimento della Giustizia statunitense il pagamento di 2,3 miliardi di dollari per chiudere delle cause per marketing illegale di ben 13 farmaci (indicazioni terapeutiche non autorizzate e pagamento di tangenti ai medici, denunciate da 6 ex dipendenti). Nel 2008 ha raggiunto negli Usa un accordo per chiudere il 90% delle cause avviate da pazienti, consumatori e Stati,relativamente ai rischi dei suoi antidolorifici Bextra e Celebrex. FONTI: IL MANIFESTO, MEDICI SENZA FRONTIERE, DER SPIEGEL, RSINEWS

MONSANTO Produce il 90% degli organismi geneticamente modificati del Pianetaed esercita un’agguerrita azione di lobby per la difesa dei brevetti inagricoltura. Dalla sua fondazione nel 1901, ha accumulato diversi processi a proprio carico, a causa della tossicità dei prodotti che impone al mercato. Negli anni è stata accusata di negligenza,frode, attentato a persone e cose, disastro ecologico e sanitario e utilizzo di false prove. FONTE: MARIE-MONIQUE ROBIN, IL MONDO SECONDO MONSANTO, ARIANNA EDITRICE, APRILE 2009

JOHNSON & JOHNSONPotente multinazionale farmaceutica americana accusatadall’associazione Oxfam – in un rapporto pubblicato nel 2007 –di essere tra i maggiori responsabili dell’emergenza sanitaria dei Paesi del Sud del mondo,opponendosi alla diffusione di medicine generiche a basso costo a causa dei brevetti. FONTI: CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, GUIDA AL CONSUMO CRITICO, EMI 2009; UNIMONDO, 08/10/2009

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| finanzaetica |

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ARIA CHE SI RESPIRA È QUELLA DI UN’AZIENDA DI FAMIGLIA, i cui ca-postipiti stanno per lasciare le redini dell’impresa chehanno fondato, amato, guidato per molti anni. In questo

caso, invece, si tratta di una banca: la Bancapopolare etica. E chi lascia il “posto di co-mando” non sono esattamente i proprietari

(che sono invece i circa 33 mila soci), bensì alcuni dei fon-datori, che, dalla nascita della banca nel 1999, siedono nelConsiglio di amministrazione: Fabio Silva, Mario Cavanie Giuseppe Di Francesco (13 in tutto i membri del consi-glio). Deve lasciare il suo incarico anche colui che, dallanascita della banca, è stato il suo unico presidente: FabioSalviato. Motivo: il regolamento dell’istituto prevede unlimite ai mandati (quattro consecutivi, di tre anni ciascu-no) e questi quattro membri del Consiglio lo hanno rag-giunto. È la prima volta che un allontanamento dal Cdaavviene non per la volontà della persona o per una vota-zione. È un passaggio naturale - e non è certo una sorpre-sa - ma non per questo meno rilevante per il futuro dellabanca (oltre che per le vite di queste quattro persone). È

un momento di grande (possibile) cambiamento: un’oc-casione - di modificare quello che non funziona, di rin-novarsi, di ringiovanire la veste dell’istituto - ma, secon-do alcuni, anche un rischio - di non continuità con lospirito e i principi fondanti della banca.

Una governance tutta particolareLa struttura di gestione, la governance, di Banca eticaprevede che a “governare” siano i soci, circa 33 mila trapersone fisiche e giuridiche (quattromila tra cui 9 Re-gioni, 40 Province, 300 Comuni). L’assemblea dei soci,che si riunisce almeno una volta all’anno, è l’organo so-vrano di governo della banca, all’interno del quale, co-me in tutte le banche popolari, ognuno, a prescinderedella quota posseduta del capitale sociale, ha diritto aun solo voto (vale il principio una testa = un voto). Mala partecipazione alla vita della banca è molto più assi-dua. I soci sono, infatti, organizzati in 60 circoscrizionilocali: gruppi, di solito a livello provinciale, che si in-contrano periodicamente, discutono, organizzano

eventi per diffondere la cultura della finanza etica. Il consiglio di amministrazione è eletto dall’assem-

blea dei soci. «Ha la responsabilità politica della bancanei confronti di terzi e definisce l’orientamento strategi-co», spiega Marco Piccolo, vicedirettore di Banca etica etra i suoi fondatori. «La direzione invece ha incarichioperativi. Le decisioni devono essere condivise tra dire-zione e Cda, una buona dialettica tra queste componen-ti è il segreto per il funzionamento della banca».

Il nuovo Consiglio di amministrazioneIl prossimo 22 maggio l’assemblea dei soci si riunirà pereleggere il nuovo Cda. La presentazione delle candidatu-re è già iniziata. Diverse le strade possibili. Potranno can-didarsi innanzitutto i precedenti consiglieri (tranne chiha raggiunto il limite di mandati); un rappresentante perognuna delle quattro aree (nord-est, nord-ovest, centro esud), scelto durante riunioni e dibattiti all’interno dellecircoscrizioni locali; tre proposti dall’insieme dei soci fon-

datori (quelli che attualmente compongono la compagi-ne societaria sono: Acli, Agesci, Arci, l’Associazione dellebotteghe del commercio equo-solidale, Aiab, Cisl Brianza,Cgm, Cooperativa Oltremare, Ctm-Altromercato, Etimos,Emmaus, Fiba-Cisl, Gruppo Abele, Mag2 Finance Milano,Mag Venezia, ManiTese, Overseas, Uisp) - che hanno can-didato: Giuseppe Gallo, segretario generale della Fiba Cisl;Daniele Lorenzi, responsabile politiche economiche Arci;Roberto Oliva, segretario generale Acli - e chi raccolga al-meno 300 mila firme, l’1% dei soci (nelle filiali della ban-ca si trova il registro con i candidati).

«La possibilità di ricandidarsi più volte e il limite deimandati avevano, quando abbiamo scritto lo statuto, ehanno lo scopo di trovare un equilibrio tra continuità ecambiamento», spiega Marco Piccolo. «Riservare ai socifondatori la scelta di tre candidati permette a questi im-portanti soggetti di avere voce in capitolo nell’autorità digestione della banca. Mentre le candidature assegnate allearee e quelle ottenute tramite le firme garantisce la massi-ma democraticità e partecipazione dei soci». .

Cambio al vertice a Banca EticaContinuità o innovazione?

| finanzaetica | il nuovo Cda |

L’di Elisabetta Tramonto

In alto, l’assembleadei soci dellacooperativa Verso la Banca etica, nel 1996. Il secondoda sinistra è FabioSalviato, l’unicopresidente dellabanca fino ad ora.Nella foto piccola a colori, una votazionedurante l’assembleadell’anno scorso.

NELL’ANNO della crisiBanca etica non vaaffatto in crisi:finanziamenti cresciutidi quasi il 25% rispettoalla fine del 2008 (per un totale di 535 milioni di euro), +6% per la raccolta di risparmio,+35% per il patrimonioamministrato dallasocietà di gestioneEtica Sgr, +14% per il capitale sociale.I dati relativi ai primi11 mesi del 2009tracciano un bilanciodecisamente positivo.Significativa la crescita di Etica Sgr (+81 milioni di patrimonio nel2009), che ha vistoaumentare i clienti da 8.600 a 10.800.

2009 DA RICORDARE

TRA I QUATTRO CONSIGLIERI USCENTI dal Cda di Banca etica c’è anche Fabio Silva, uno dei protagonistidella nascita della banca dieci anni fa, anzi 13, perché è durata quasi tre anni la fase preparatoria, con la “Cooperativa verso la Banca etica”. Non è facile lasciare le redini di un progetto che si è contribuito a creare e in cui si sono spesi così tanti anni della propria vita, con amore e passione. Una condizione che porta a inevitabili bilanci.

Uno degli elementi distintivi di Banca etica è la sua governance, perché?Innanzitutto per il voto capitario, che garantisce la massima democraticità nel processo decisionale. In questomodo si dà ai soci un peso egualitario a prescindere dalle azioni possedute. Secondo fattore fondamentale la struttura organizzativa dei soci, riuniti in circoscrizioni locali, che permette la di stimolare la partecipazione.Durante la fase preparatoria della banca, con la cooperativa “verso la Banca etica” ci siamo posti subito il problema di come governare la banca in assemblea. Questa è stata la metodologia più adatta a garantirepartecipazione, democrazia, condivisione.

È ancora una struttura valida?Sì, perché continua a dare buoni frutti, sia da un punto di vista valoriale che operativo.

Il 22 maggio verrà eletto un nuovo Cda. È un momento di cambiamento per la banca...

È una svolta. Alcuni di coloro che hanno fondato Banca etica se ne andranno. Porterà innovazione, spero nella continuità. È giusto così. Persone nuove portano nuove idee.

Che cosa vorrebbe chiedere al nuovo consiglio?Di stabilizzare i progetti già avviati, ma di partire con nuove iniziative. Di dare il via a un’azione di microcreditopiù strutturata in Italia e di proseguire sull’elaborazione internazionale, anche collaborando con altre banche.

SILVA: «È UNA SVOLTA»

«BANCA ETICA HA UNA MARCIA IN PIÙ nell’idea di banca che ha affermato, nella visione critica, nel non dare per scontate le regole bancarie tradizionali», afferma GiulioTagliavini (nella foto), docente di Economia degli intermediarifinanziari all’Università di Parma, ex membro del comitatoetico della banca.

Oggi Banca etica è ancora adeguata ai tempi?Sono necessari diversi cambiamenti. Sul fronte dei prodotti serve maggioreinnovazione: nuove forme di prestito e di raccolta. Innovazioni possibiliadesso che la banca ha acquisito solidità, non certo dieci anni fa, quandobisognava pensare solo all’operatività fondamentale per nascere e peraffermarsi. Ma è arrivato il momento di trovare prodotti di prestito piùcoraggiosi, coltivare meglio l’inclusione finanziaria e curare il risparmiatorecon prodotti più coerenti e disomogenei rispetto allo scenario. Quelli propostioggi sono piuttosto omologati con il mercato e abbastanza costosi.

Oltre ai prodotti, cos’altro cambierebbe?I canali distributivi e la comunicazione. Bisognerebbe spingere di più sui giovanie sul canale elettronico. Ho in mente una banca che fa transitare la maggiorparte delle operazioni di raccolta sul canale elettronico. Io abito a 50 km dal più vicino sportello bancario di Banca etica, ma non ho avvertito il problema. Ormai il cliente della banca non va quasi più allo sportello.

I clienti di Banca etica apprezzerebbero questa modifica?Esiste una grande fetta di pubblico giovane che oggi non percepisce il messaggiodi Banca etica: il messaggio tecnico e valoriale arriva solo ai clienti già “conquistati”, a chi ha scelto di far parte di questo istituto. Banca eticanon riesce ad arrivare incisivamente al pubblico dei giovani, dei diciottenniche aprono un conto quando iniziano l’università o di chi avvia una vitaeconomica propria. È un peccato. E credo che con qualche sforzo di comunicazione si riuscirebbe a raggiungerli con una proposta che apprezzerebbero, in questo momento storico soprattutto. C’è uno spaziodi mercato importante che andrebbe coltivato, non tanto per ottenere risultaticommerciali, ma per far conoscere l’alternativa rappresentata da Banca etica.

Propone una modifica dell’immagine della banca?Al momento al di fuori della cerchia di persone che segue Banca etica da vicino, la sua immagine non è molto diversa da quella delle Bcc. Invecevorrei che si differenziasse di più. Non è una critica alla presidenza che si chiude. C’è un tempo per ogni cosa. Prima era il tempo di dimostrareche la banca poteva stare in piedi, oggi è il tempo di correre. È una questionedi obiettivi. Desidererei che l’asticella venisse alzata, con nuovi traguardi da raggiungere: di comunicazione e di aggancio di settori nuovi. Metterei l’asticella bella in alto e farei il possibile per arrivarci.

TAGLIAVINI: «È IL MOMENTO DI VOLARE»

Quattro degli storici fondatori di Banca etica, tra cui il presidente Fabio Salviato, devono lasciare il Cda, perché hanno raggiunto il limite dei mandati. A maggio si terrà l’assemblea per eleggere il nuovo consiglio.

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| finanzaetica | economia creativa |

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le si nascondeva Steno Marcegaglia, padre fondatore dell’azienda. Inquesto modo venivano portati comodamente oltreconfine milioni dieuro, evitando di impacchettarli in centinaia di mazzette in contantida far transitare, tra mille pericoli, alla dogana di Como.

Oltre alla Steel Trading hanno collaborato con il piano dei Marce-gaglia una serie di società britanniche, come la Scad Company Ltd,che gestiva le vendite di un’acciaieria bulgara, la Springleaf CapitalHolding, la Cameo International e la Macsteel International Uk Ltd,che agivano per conto di alcune acciaierie indiane. In tutto il saldo deifondi neri avrebbe toccato nel 2004 i 22 milioni di euro.

Le tangenti Enipower I soldi depositati nei 17 conti svizzeri dei Marcegaglia sarebbero servitianche per pagare in nero, estero su estero, i bonus per i manager delGruppo che operavano all’estero o per acquistare beni in Italia. In que-st’ultimo caso il denaro tornava in patria in contanti, passando la fron-tiera di Como grazie a un comodo servizio di “trasporto valori” offer-to dalla stessa Ubs, in cambio dell’1% dell’importo rimpatriato. Gliincartamenti relativi ai conti Ubs dei Marcegaglia sono stati trasferitiper competenza territoriale dalla procura di Milano a quella di Manto-va alla fine del 2008. La Marcegaglia Spa ha, infatti, sede a Gazoldo, nelmantovano. Una condanna per frode fiscale sembra comunque mol-to improbabile, anche perché i documenti a disposizione del procura-tore di Mantova Condorelli sono datati e un eventuale procedimentoincapperebbe quasi sicuramente nei termini di prescrizione.

Ma come si è arrivati ai conti Ubs? La Procura di Milano li ha sco-perti indagando sulle tangenti Enipower. Uno scandalo, quello dellecentrali Enipower, che ha coinvolto la Marcegaglia Spa e una serie dialtre società, come la multinazionale francese Alstom, che avrebberopagato tangenti da milioni di euro a manager di Enipower in cambio

di appalti per la fornitura di servizi di manutenzione, caldaie, valvole,torri di raffreddamento nelle centrali termoelettriche di Mantova,Brindisi, Ferrera Erbognone (PV) e Ravenna. A Milano il caso si è chiu-so nel marzo del 2008 con il patteggiamento di Antonio Marcegaglia.Il fratello della presidente di Confindustria, ha ammesso di aver ver-sato, nel dicembre del 2003, una tangente da 1 milione 158 mila eu-ro a Lorenzo Marzocchi di Enipower per assicurarsi una fornitura dicaldaie da 127 milioni di euro. Come si legge nella sentenza deposi-tata il 28 marzo del 2008 al tribunale di Milano, la tangente è stata pa-gata “ad aggiudicazione avvenuta” mediante la “copertura formale difittizi contratti di consulenza” stipulati con società offshore come laPotz Sa di Lugano e la Daggie Engineering Ltd, registrata nell’Isola diMan. Oltre ai conti Ubs è stato usato anche un conto svizzero dell’al-lora Banca Popolare di Lodi “aperto all’uopo”. La corruzione dei ma-nager Enipower è costata alla Marcegaglia Spa la confisca di 250 milaeuro (equivalente al prezzo del reato) oltre a 500 mila euro di pena pe-cuniaria, mentre N.e./C.c.t. Spa (controllata da Marcegaglia al 70%)ha dovuto versare ad Eni ed Enipower 4 milioni di euro come risarci-mento danni. La condanna a 11 mesi per corruzione comminata adAntonio Marcegaglia è stata di conseguenza sospesa.

La banda del guard rail Ma appena un anno e mezzo dopo la sentenza di Milano, nell’ago-sto del 2009, Antonio Marcegaglia, come amministratore delegato

della Marcegaglia Building Spa, compare in un’altra lista di indaga-ti, stavolta dalla Procura di Trento. Imprenditori e società che "sisuddividevano il mercato nazionale della vendita delle barriere stra-dali ad altre imprese o enti pubblici, mediante la ripartizione inquote predeterminate” e si “accordavano su quale delle aziendeconsorziate avrebbe dovuto approvvigionare il compartimentoAnas”. Così si legge negli atti del tribunale di Trento, citati dal Cor-riere del Veneto. Un vero e proprio cartello del guard-rail, riunito nelconsorzio Comast, che avrebbe pilotato gli appalti per le barrierestradali delle autostrade italiane fino al maggio del 2007, data discioglimento del consorzio, “concordando quale tra le imprese con-sorziate avrebbe dovuto partecipare alle gare d’appalto”, “quali ri-bassi sarebbero stati presentati” e “quale società sarebbe stata desti-nata ad aggiudicarsi i lavori”.

È questa l’ipotesi del Pubblico ministero di Trento Giuseppe De Be-nedetto che già nel 2007 ha aperto un’inchiesta per “associazione adelinquere finalizzata alla turbativa d’asta” in seguito alla scoperta diirregolarità in un appalto per l’Autobrennero. Tra i soci di Comast c’e-rano la Marcegaglia Building, ma anche la Metalmeccanica Fracassodi Adriano Fracasso, vice-presidente dell’Associazione industriali ita-liani delle costruzioni metalliche e altre cinque imprese. Tra il 2003 eil 2007 le “sorelle del guard-rail” si sarebbero aggiudicate in modo frau-dolento almeno 16 gare d’appalto per circa 180 milioni di euro, conun profitto illecito di 8 milioni e mezzo di euro. Cifra per la quale ilgiudice Giulio Adilardi ha concesso in agosto il sequestro preventivo.Sui conti correnti di Marcegaglia sono stati congelati 2,1 milioni di eu-ro. In attesa di dipanare la matassa delle barriere stradali. .

A LOTTA ALL’EVASIONE DEVE INASPRIRSI», ha dichiarato EmmaMarcegaglia il 15 dicembre 2009, l’ultimo giorno utileper rimpatriare i capitali dall’estero grazie allo scudo di

Tremonti. Un provvedimento che pro-prio la presidente di Confindustria nonha esitato a definire: «Un male necessa-

rio, per ricapitalizzare le imprese e ottenere fondi a fini sociali». Delresto in fatto di evasione Emma la sa lunga. In Svizzera, con suo fra-tello Antonio e il papà Steno, ha tenuto almeno diciassette conti cor-renti, utilizzati per depositare milioni di euro in fondi neri dal 1994al 2004. L’hanno rivelato nel novembre del 2008 i due giornalisti diRepubblica Emilio Randacio e Walter Galbiati, sulla base dei docu-menti messi a disposizione dalla Procura di Milano.

Per dieci anni la Marcegaglia Spa, specializzata nella trasformazio-ne dell’acciaio, non avrebbe comprato la materia prima direttamentedai venditori, ma da una serie di società di trading che gonfiavano lefatture per permettere alla famiglia di far uscire dall’Italia fondi neri.Un vecchio trucco, utilizzato da molte imprese italiane, dalla Fiat diRomiti alla Parmalat di Tanzi. Il meccanismo usato è semplice: se l’ac-ciaio costava 100, la società Steel Trading, con sede a Londra, che lovendeva ai Marcegaglia, lo fatturava a 500. Marcegaglia Spa pagava500 su un conto di Steel Trading presso la Ubs di Lugano e la diffe-renza tra il costo reale e l’importo della fattura (nel nostro esempio400) veniva versata subito su un conto della stessa banca intestato aLundberg Trading, una società con sede nelle Bahamas, dietro la qua-

Fatture gonfiate, conti in Svizzera, corruzione e turbativa d’asta. Negli ultimi anni il presidente di Confindustria ha predicato bene, ma la sua famiglia ha razzolato malissimo. Vediamo perché.

La famigliaMarcegaglia dà il cattivoesempio

di Marco Atella

«L

Per 10 anni la Marcegaglia Spaavrebbe fatto uscire dall’Italiafondi neri. Nel 2004 hannotoccato 22 milioni di euro

Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria,con il padre Steno.Roma, 2001

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| finanzaislamica |

Non è una bolladella finanza islamica

Il crollo di Dubai

di Federica Miglietta*

BBIAMO LETTO, NEL CORSO DEGLI ULTIMI MESI, DEL CROLLO DELL’EMIRATO DEL DUBAI, uno dei sette Stati sovrani che compongono gli Emirati Arabi Uniti. Alcuni quotidiani hanno frettolosamente fatto coincidere il crollofinanziario dell’emirato con lo scoppio di una supposta bolla della finanza islamica. Questo nesso causale è impreciso e, in alcuni casi, fuorviante. La finanza islamica si fonda sul Corano, sulle sue leggi, sulle sueprescrizioni. La più famosa è il divieto di riba, ovvero di un’imposizione ex-ante di un tasso di interesse, il cuilivello non tiene conto dei risultati dell’investimento. Un tasso di interesse risulta lecito solo ove finanziato e finanziatore condividano i rischi imprenditoriali. Proprio questo divieto di tasso di interesse ex-ante ha fattonascere i sukuk, definiti da molti come “bond islamici”. Sono certificati di partecipazione alla proprietà di alcunibeni che permettono agli investitori di ottenere dei flussi finanziari periodici (assimilabili, in ottica occidentale,ad un tasso di interesse) derivanti, per esempio, dalla locazione dei beni immobiliari commerciali facenti partedel pool di asset e gestiti secondo la Shari’ah. Proprio tramite un sukuk si è finanziato Nakheel, colosso del realestate di proprietà di Dubai World che ha trascinato nel baratro la società proprietaria e l’intero emirato. Il sukukscaduto, del controvalore di circa 4 miliardi di dollari, è stato sottoscritto, per la maggior parte, da investitori del Golfo Persico e il suo default, evitato solo per un soffio, ha rischiato di creare un effetto a catena.

Ma è corretto attribuire al bond islamico la caduta di Dubai? Il sukuk del valore di 4 miliardi di dollarirappresenta solo una parte (inferiore al 10%) del debito totale di Dubai World. Il valore totale dei debiti

dichiarati, infatti, per i quali è stata chiesta una moratoria, sarebbe pari a 59 miliardi di dollari. Non vi sono forse circa 55 miliardi di dollari,finanziati con la finanza convenzionale, che devono essere rinegoziati?

Lo scorso anno a Dubai era attivo il 25% di tutte le gru del mondo, si costruivano centinaia di grattacieli per decine di migliaia di posti letto. Ma i comparti su cui si fonda l’economia di Dubai, turismo e finanza, che avrebbero dovuto attirare queste presenze, non prevedono

uno stanziamento fisico di decine di migliaia di persone. Nel turismo, Dubai è una tappa importante, ma soprattutto per il transito verso altre mete, e la permanenza media è di due o tre giorni al massimo. In aggiunta proprio il comparto turistico, legato al leisure and entertaiment, non è settore genuinamenteislamico, tanto che alcuni indici di mercato islamici escludono il comparto da quelli halal, consentiti. Il sistema civile ed economico di Dubai è di tipo duale. Il diritto civile è ancorato alla Shari’ah mentre il diritto commerciale segue le regole e le prassi del commercio internazionale. Tali prassi non sonoconsiderate peccaminose sul presupposto religioso che le società, in quanto persone giuridiche e non fisiche,non possono materialmente commettere atti peccaminosi. Dunque, l’emirato del Dubai non ha impostoalcun onere religioso alle società e ha, anzi, favorito prassi non genuinamente islamiche. Non si pensi, infatti, che il lusso e l’ostentazione, pilastri di Dubai, siano proprie dell’Islam: rappresentano, infatti,comportamenti non accettabili secondo la Shari’ah.

È quindi giusto affermare che a Dubai è sorto il cimitero della finanza islamica? Mi sembra eccessivo e fuorviante. La finanza islamica agli occhi di tanti è qualcosa di esotico, ma in questo caso ha contribuito poco al crollo. Nel mondo vero le aziende che utilizzano troppo la leva e non sono in grado di ripagare i propri debiti vanno in default. Non è questa economia di mercato?.

Il crack dell’emirato è dipeso solo in parte daiprodotti finanziari islamici.In realtà buona parte dei problemi sono arrivatidall’economia di mercato

* Ricercatrice di Economiadegli intermediarifinanziari presso la facoltà di Economiaall’Università di Bari e presso l’UniversitàBocconi di Milano

A

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A [email protected] FEBBRAIO>APRILE

per la Pace Muhammad Yunus, ha istituito la Microcredit RegulatoryAuthority, un organismo di vigilanza sulle attività di settore compiute dalle Ong presenti nel Paese. A tre annidi distanza, l’incontro rappresentaun’occasione per tracciare un bilancio e rilanciare il dibattito confrontando le esperienze di altri contesti nazionali.mra.gov.bd

27 - 28 marzoONLINE“MICROFINANZA: STRUMENTO PER LO SVILUPPO”Corso di formazione organizzato da Microfinanza srl in collaborazione con l’Istituto per gli Studi di PoliticaInternazionale (Ispi) e la FondazioneGiordano Dell’ Amore. Il corso si inseriscein un percorso formativo di 5 moduli per l’acquisizione di un diploma base in Microfinanza. Per iscriversi: www.ispionline.itwww.microfinanza.it

30 marzoMILANO (ITALIA)CONFERENZA SULLA FINANZASOSTENIBILEConferenza organizzata da AcademyLondon Stock Exchange Group e Forum per la Finanza Sostenibile, in collaborazione con Principles for Responsible Investment presso la sededi Borsa Italiana di Piazza Affari a Milano. www.borsaitaliana.it

7 - 10 aprileNAIROBI (KENIA)2010 AFRICA/MIDDLE EAST REGIONALMICROCREDIT SUMMIT (AMERMS)Convegno organizzato dalla MicrocreditSummit Campaign e sponsorizzato dallaAssociation of Microfinance Institutions(AMFI). All’edizione 2009 avevano presoparte circa 1.100 delegati. www.microcreditsummit.org

21 - 23 aprileMILANO (ITALIA)SALONE DELLA GESTIONE DEL RISPARMIOTre giorni di incontri presso PalazzoMezzanotte a Piazza Affari. Il Salone,primo evento in Italia interamentededicato al settore del risparmio gestito,sarà un’occasione d’incontro per gli operatori dell’industria, gli esponentidelle istituzioni e delle autorità di vigilanza, i media e i risparmiatori.www.salonedelrisparmio.com

26 febbraioMILANO (ITALIA)GREEN SOURCING: COME CREARE PROFITTO ATTRAVERSO SCELTE SOSTENIBILISeminario sui migliori modelli di pianificazione, realizzazione e mantenimento nel tempo di processodi acquisto sostenibile per il settorepubblico e per quello privato. “La giornata di approfondimento - spiegano gli organizzatori della societàBusiness International - ha l’obiettivo di mettere in evidenza le strategie 2010per scegliere un sourcing sostenibile non solo in chiave ambientale e sociale,ma che generi profittabilità economicaduratura nel tempo”.www.businessinternational.it

2 marzoROMA (ITALIA)IL NUOVO FONDO ROTATIVO PER KYOTOCome si possono ottenere i finanziamenti agevolati del Ministerodell’Ambiente per investire nell’efficienzaenergetica e nei progetti per la riduzionedella CO2? È il tema del Question Timecon gli esperti del ministero per l’Ambiente e della Cassa Depositi e Prestiti in programma presso il Montecitorio Meeting Centre.www.businessinternational.it

10 - 11 marzoGINEVRA (SVIZZERA)3rd MICROFINANCE INVESTMENTSUMMITTerza edizione del summit sul microcredito che ospiterà operatoridi 49 diversi Paesi. L’incontro seguel’analogo evento realizzato a Londranello scorso ottobre. Sponsorizza PlaNet Finance.www.microfinancesummit.com

15 - 17 marzoDHAKA (BANGLADESH)MICROFINANCE REGULATIONS:WHO BENEFITS?Nel 2006 il governo del Bangladesh,patria d’origine del premio Nobel

2 - 5 febbraioLAGOS (NIGERIA)PRACTICAL MICROFINANCE FOR PRACTITIONERSGli operatori delle istituzioni microfinanziarie incontrano le Ong. Organizza la Microfinance Association,un’organizzazione di base nel RegnoUnito, ma attiva in tutto il mondo.www.microfinanceassociation.org

5 febbraioROMA (ITALIA)JOSEPH STIGLITZ LECTIO MAGISTRALISIn occasione dell’inaugurazionedell’Anno Accademico 2009/10,l’università Luiss Guido Carli di Romaconferisce la laurea honoris causaall’economista statunitense JosephStiglitz. A seguire, presso l’Aula Magna“Mario Arcelli” di viale Pola, il premioNobel 2001 terrà una lectio magistralisdal titolo “Lessons of the global crisis for economic theory and policy”. www.luiss.it/eventi/20100205/

9 febbraioLUSSEMBURGOALFI SRI CONFERENCE 2010Conferenza sul tema degli investimentisocialmente responsabili. Organizza l’Alfi, l’associazione lussemburghese dei fondi d’investimento.www.alfi.lu

10 - 11 febbraioROMAABI – FORUM CSR 2010Si intitola “Responsabilmentetrasparente: l’evoluzione del mercato.Banche, istituzioni e stakeholder a confronto” l’incontro annuale sulla corporate governance organizzatodall’Associazione bancaria italiana (Abi)presso il Centro Convegni Matteo Ricci di Roma. Giunto alla sua quinta edizione,il forum sarà articolato in sessioni

plenarie, tavole rotonde di approfondimento e co-buildingsession interattive. Sponsorizza Etica Sgr.www.abieventi.it/eventi/1033/forum-csr-2010/

14 - 16 febbraioKATHMANDU (NEPAL)MICROFINANCE SUMMIT NEPAL 2010Seconda edizione della conferenzadedicata al settore micro finanziarionepalese. Si stima che in Nepal il microcredito raggiunga appena il 26% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà.microfinancesummitnepal.org

16 febbraioMILANO (ITALIA)QUESTIONI ESG NEL SETTOREBANCARIOSeminario tecnico organizzato dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Abi, Assogestioni,Ecpi, Vigeo e Academy London StockExchange Group. L’incontro si svolgeràdalle ore 17 alle 19 presso la SalaConferenze Abi di via della Posta 3 a Milano.www.finanzasostenibile.it

23 - 24 febbraioLONDRA (UK)MICROINSURANCE SUMMITDue giorni di convegno per mettere a confronto le esperienze degli operatoridel settore, delle compagnie, delle banche e delle agenzie di aiuto allo sviluppo. Sede dell’evento l’hotelLe Méridien Piccadilly di Londra.Sponsorizza Hanson Wade.www.hansonwade.com/events/microinsurance-summit-2010/index.shtml

25 febbraioLONDRA (UK)CLEAR PROFIT ‘9/10Quali sono le opportunità per gli investimenti responsabili nell’attualecontesto di mercato? Se ne discute alla quarta edizione di Clear Profit.www.clear-profit.com

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economiasolidaleEconomia, si fa presto a chiamarla “altra” >44Beni confiscati, fino a dieci anni per destinarli >47Proposte politiche: quattro voci a confronto >49

IN SICILIALE FATTORIE SOCIALIFANNO “RETE”

Le fattorie sociali sono unostrumento molto utile nei percorsiterapeutici e riabilitativi di bambini e adulti con disabilità fisiche e psichiche. E possonorappresentare anche una validaopportunità di lavoro per ex detenutie tossicodipendenti. In Sicilia, queste realtà sono da oggi in rete e potranno quindi collaborare tra loro e rafforzare la serie di prestazioni che offrono. L’iniziativaè frutto di un progetto di Aiab(Associazione agricoltura biologica),Acli Terra, Cnca (il coordinamentodelle comunità d’accoglienza). La rete, che già conta sull’adesionedi oltre 50 realtà, consentirà di intercettare risorse e dare forzaalle attività promosse dalle aziendee dagli enti pubblici, per sviluppareun’offerta efficiente di servizi idoneiall’inclusione sociale dei soggettisvantaggiati. «L’agricoltura sociale –spiega Lillo Alaimo di Loro,vicepresidente di Aiab - trova le sueradici più remote nelle forme di solidarietà e nei valori dellareciprocità, gratuità e mutuo aiutoche contraddistinguono le areerurali. La neonata rete è un tasselloimportante nel percorso di giustiziae inclusione sociale, tantonecessario al Sud e, in particolare,alla Sicilia».

VIAGGI& MIRAGGISBARCAA MILANO

Anche tra i turisti italiani, lentamente,si stanno diffondendo una maggioresensibilità ambientale e il rispettodoveroso per le culture e i luoghi che si visitano durante una vacanza.Segno di questo nuovo atteggiamento,la crescita del settore dei “viaggiresponsabili” e dei tour operatorche hanno sempre creduto in questotipo di turismo. Uno dei primi, la cooperativa Viaggi & Miraggi(www.viaggiemiraggi.org), che finoraaveva la propria sede a Padova, da quest’anno raddoppia, aprendouna nuova agenzia a Milano (via Sannio – fermata metropolitana:Lodi) inaugurata pochi giorni fa con una cena di raccolta fondi per la ricostruzione della bottega Il Sicomoro de L’Aquila. «È un eventoimportante per noi – ha commentatoEnrico De Luca, responsabilecommerciale della cooperativa –corollario di anni di lavoro. Anche a Milano la rete dei soci è andataampliandosi, così come il numero di clienti-viaggiatori milanesi e lombardi». Rivolgersi a un touroperator solidale permette di adottare una forma meno invasivadi turismo. «Il 40% di quanto pagatodal cliente – spiega Maurizio Davolio,presidente di Aitr (l’associazione chepromuove il turismo responsabile)rimane nel Paese di destinazione. Nei viaggi tradizionali, è meno della metà. Senza il prezzo dell’aereo e i margini di guadagnodell’organizzatore, la percentualesfiora il 100%».

IL DIFFICILE POST SISMADEL TERZO SETTORE:“IL SICOMORO” CERCA FONDIPER LA NUOVA SEDE

L’anno del sisma del 6 aprile è alle spalle ma le macerie, gli sfollati, le case e i negozi da ricostruire,l’Abruzzo in difficoltà sono ancora lì. E adesso fapaura un silenzio mediatico che può trasformarsi in assenza, dall’agenda politica e dall’attenzionedelle persone. Valori, che ha raccontato a dicembre il bene e il male nel dopo-terremoto, tiene accesi i riflettori, in particolare sulle sorti della bottegaequa e solidale Il Sicomoro de L’Aquila, che ha ancora bisogno di aiuto. La situazione, infatti,rispetto a 9 mesi fa non è cambiata granché: per il Natale 2009 è arrivato fortunatamente uno spazio provvisorio presso il centro commercialecittadino, il nuovo polo di aggregazione della città, in cui è stato allestito un banchetto di vendita dovealimentari del mercato equo, panettoni, cesti natalizi

e presepi sono andati “a ruba”e il lavoro è ripreso. Tuttavia,dopo mesi di attesa e trascorse anche le feste, a metà gennaio ancora non si prevedeva la consegnadel container promesso dalla Protezione civile:

l’attività della bottega si è perciò concentrata sulla diffusione e vendita – 10 euro, anche on line –in tutta Italia del calendario realizzato con LibLab per raccogliere fondi. Il progetto di ricostruzione di una nuova sede (i cui dettagli si trovano sul sitoweb www.ilsicomoro.org e www.nuovabottega.org,insieme alle foto del vecchio negozio distrutto) ha bisogno di soldi: dei 160 mila euro necessarimanca ancora circa la metà. A marzo Il Sicomorosarà ospite nello stand di Intergas alla fiera Fa’ la cosa giusta (12-14 marzo, Fieramilanocity).

A ROMA LA PIÙ GRANDE AREA WI-FI D’EUROPA:DALLA PROVINCIA IL PIANOPER IL DIRITTO ALLA RETE

Province, queste sconosciute. Da più parti si moltiplicano le proposte di abolirle e, da Nord a Sud, i cittadini stentano a comprendere le effettivecompetenze delle Amministrazioni Provinciali. Quella di Roma – per evitare di essere schiacciata tra i due “vasi di ferro” di Regione Lazio e Campidoglio –sembra aver puntato decisa sul settore dellaformazione e delle nuove tecnologie per creare lavoro e sostenere il Terzo settore. Punti cardine del progetto,la lotta al digital divide e il diritto per tutti alla Rete.Per questo, sono stati attivati i primi due hot-spot nella città di Roma (che si aggiungono ai 200 già installati in provincia): il primo nel popolarequartiere della Garbatella; il secondo nello storico

caffè Rosati della centralissima Piazza del Popolo. Entro il 2010, ne sarannoattivati 250. E di questa rete – con un contributo di 50 euro – potrannoentrare a far parte anche bar, hotel e ristoranti per offrire un servizio in piùai propri clienti. «Vogliamo fare di Romae del suo hinterland la più grande areadi rete Wi-fi gratuita d’Europa», ha spiegato il presidente della Provincia,

Nicola Zingaretti (che, dopo il rifiuto a correre come governatore è sempre più proiettato nel ruolo di “sindaco-ombra”). «Lo sviluppo delle nuovetecnologie è il cuore della Strategia di Lisbona:costruire un’economia della conoscenza per aprire una nuova stagione di sviluppo più sostenibile.L’accesso gratuito alla rete e la banda larga sono un obbligo di servizio universale per eliminarel’apartheid digitale in cui vivono troppe persone e che crea disparità nella fruizione di servizi,informazioni e opportunità di lavoro. La liberà di accessoè una sfida di crescita sociale e di democrazia».Dell’area Wi-fi potrebbero far parte anche i dueaeroporti della Capitale. Una proposta della Provinciaalla società che gestisce i due scali è già partita.«Avremmo così un caso unico al mondo in cui i passeggeriin aeroporto potranno navigare in attesa del volo».

VACCINI-BLUFFPER L’INFLUENZAINDAGINEA STRASBURGO

Dovevano essere decine di milioni le persone vaccinate nel nostro Paesecontro il virus dell’influenza A. Allafine, sono state 700 mila. Ma il nostrogoverno sborserà comunque 100milioni di euro per le scorte,accettando di riceverle fino alla finedi marzo, a epidemia già terminata. Chi ci guadagna con questa scelta?I cittadini sicuramente no. Le cassepubbliche nemmeno. Le casefarmaceutiche può darsi. Sul casoindagherà ora il Consiglio d’Europa. Il presidente della sua CommissioneSanità, l’epidemiologo tedescoWolfgang Wodarg, ha accusatoesplicitamente le industrie del farmaco di aver pressato l’Omsperché dichiarasse la pandemia:«Quello dell’influenza suina – ha tuonato - è stato uno dei piùgrandi scandali sanitari del secolo». Il Consiglio d’Europa ha quindiapprovato una risoluzione per avviare una inchiesta formale.«Per promuovere i loro farmacibrevettati e i vaccini contro l’influenza– ha proseguito Wodarg - le dittefarmaceutiche hanno influenzatoscienziati e allarmato i governi di tutto il mondo. Li hanno spinti a sperperare le ristrette risorsefinanziarie per vaccini inefficaci,esponendo milioni di persone al rischio di effetti collaterali pervaccini non sufficientemente testati».Il governo inglese, ad esempio, avevaprevisto 65 mila decessi, allertato gli obitori e l’esercito e sospeso il divieto di vendita degli anti-retrovirali senza ricetta medica.

NASCEIL MARCHIODEI PRODOTTIVEGANI

Chi ha scelto di essere vegano avràun “alleato” in più per rispettare i propri principi durante gli acquisti.Per chi non lo sapesse, è “vegan”(anche noto come vegetarianointegrale) chi adotta una dieta e uno stile di vita che esclude l’uso di prodotti di origine animale per qualsiasi scopo. Alimentazione e cosmesi, in primis. Ma ancheabbigliamento, arredamento,detergenti e persino tecnologie. Come si può immaginare, non è sempre facile districarsi tra i variprodotti in commercio per selezionarequelli rispettosi dei principi vegani.Per questo, i fondatori del progettoPromiseland hanno lanciato unmarchio di certificazione veganaVeganOk, «utile al consumatore eticoche reputi importante evitarel’uccisione e lo sfruttamento deglianimali, ma anche uno strumentosemplice ed economico per leaziende attente a tali temi», spiegaSauro Martella, ideatore del progetto.Il rispetto dei principi alla base delmarchio VeganOk non sarà controllatoda enti esterni ma si baserà su un’autocertificazione dell’azienda,che dovrà sottoscrivere un dettagliatodisciplinare. «Noi – spiega ancoraMartella – effettueremo dei controllisia prima della concessione del marchio, richiedendo la schedaprodotto, che per legge dev’esserepubblica. Sia ex post, anche sulla base di segnalazioni ricevute». Il disciplinare e le informazioni sui prodotti certificati sono consultabilisul sito www.veganok.com.

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Aggiunge Davide Biolghini, tra i promotori del Tavo-lo Res: «Il documento definisce “responsabili” tutte leimprese profit che operano in campo ambientale. Un pa-lese contrasto con le stesse definizioni europee di Re-sponsabilità sociale d’impresa. E ingloba nell’altra eco-nomia anche le multinazionali informatiche solo per laloro “tensione verso i prodotti open source”. Ma cosa c’en-trano le imprese industriali, pur attive - ad esempio - nelcampo delle energie rinnovabili, con un modo “altro” diproduzione? Oppure la SpA di informatica che ha intui-to il business dell’open source?». Ma non basta: «Nel rap-porto si notano revisioni, dimenticanze e contraddizio-ni. I suoi estensori sono gli stessi che hanno coadiuvatoil Comune di Roma per la creazione della delibera dellagiunta Veltroni (la 554 dell’agosto 2004) che ha fissato iprincipi dell’altra economia ed è stata alla base della na-scita della città omonima a Testaccio. Disorienta quindiche proprio loro ora si discostino da quei principi chepensavamo assodati».

Critiche valide o Torri d’avorio«Il nostro rapporto voleva essere un modo per allargarelo sguardo oltre i confini dell’economia solidale. Vole-vamo vedere che cosa ci fosse di avvicinabile ad essa nel-

l’economia dominante perché crediamo che possano es-serci alleanze tra cose diverse» replica Lorenzo Vinci,presidente della Obi One. «Personalmente non credonelle Torri d’avorio nelle quali il Tavolo Res sembra vo-ler rinchiudere l’economia solidale per difenderla da at-tacchi esterni. L’ossessione delle dighe di protezioneecheggia immagini tristi e non ha mai portato lontano».

A stretto giro, la replica di Saroldi: «Nessuno nega lapossibilità di accordi e collaborazioni tra settori diversi.Ma, se si vuole far progredire l’economia solidale, dob-biamo ricordare che gli utili da essa prodotti devono es-sere reinvestiti al suo interno. Altrimenti andrebbero di-spersi. Inoltre non vanno mai perse di vista le sue pecu-liarità che la differenziano dal resto dell’economia. Pren-diamo la green economy: è positiva dal punto di vista am-bientale, ma rimane nell’ambito delle attività economi-che tradizionali. Ben altra cosa sono le forme che pro-pongono un’alternativa al mercato capitalista. Quandoparliamo di dighe è perché il rischio di “annacquamen-to” dei principi dell’economia solidale è enorme. Nonvogliamo l’isolamento. Siamo lieti che gli anticorpi del-l’economia solidale contaminino le imprese responsabi-li. Ma rimuovere i filtri di controllo può finire per alla-gare le gracili piantine di una società diversa». .

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Economia:si fa prestoa chiamarla“altra”

OSA SI DEVE INTENDERE PER “ALTRA ECONOMIA”? Si può usare co-me sinonimo dell’economia solidale o ha un significatopiù ampio? Meritano di esservi inclusi solo gli organismi

tipici del Terzo settore (cooperative socia-li, enti non profit e imprese sociali)? O in-vece vanno aperte le porte anche alle

aziende classiche che rispettano gli standard della respon-sabilità sociale d’impresa? Domande cruciali per lo svi-luppo di un modo nuovo di concepire l’economia. Lospunto per rifletterci viene dal primo Rapporto nazionalesull’Altra economia: era stato scritto con l’intenzione diquantificarne il reale peso in Italia. Ha finito per suscitareun vespaio di polemiche, soprattutto tra chi è da tempoimpegnato nel complesso mondo dell’economia solidalee teme di vederne snaturati i principi e gli obiettivi.

Multinazionali solidali?Quando i ricercatori della Obi One a settembre presenta-rono il rapporto alla Città dell’Altra economia a Roma,non pochi – noi di Valori, compresi – rimasero stupiti daidati in esso contenuti (vedi ). Uno su tutti: l’Altra eco-nomia in Italia contribuirebbe per quasi il 4% al Prodot-to interno lordo. Un risultato sorprendente, salutato co-me il segno del progresso di un settore spesso snobbato e

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guardato con supponenza dall’economia tradizionale.Ma, una volta letti in modo più approfondito i numeri,vari addetti ai lavori hanno sollevato critiche sui criteriusati per definire le attività dell’altra economia. Primodella fila, il Tavolo Res (Rete dell’economia solidale), cheha messo le proprie riserve nero su bianco: “Prima di leg-gere quel rapporto, pensavamo che altra economia fossesostanzialmente un sinonimo di economia solidale (vedi

). “Altra”, appunto, rispetto alle logiche dell’econo-mia di mercato oggi imperante”. Convinzione legittimaperché in linea con quanto stabilito nella Carta dei prin-cipi per un’altra economia, scritta dal Comune di Romacon la collaborazione di oltre 50 organismi del Terzo set-tore e approvata a fine 2004 (vedi ).

«L’aspetto peggiore del rapporto – denuncia AndreaSaroldi, presidente della Rete Gas (Gruppi di acquisto so-lidale) – è di accomunare l’economia solidale con ognitipo di impresa purché la sua attività sia coerente con isettori caratteristici dell’altra economia». Esempio estre-mo per chiarire il concetto: «Paradossalmente, in questomodo, anche le produzioni nell’agricoltura biologica onelle energie rinnovabili di una multinazionale come laNestlé o l’Eni finiscono per essere conteggiate come “al-tra economia”. Un’assurdità», commenta Saroldi.

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GRAFICO

C “Spiga e madia” è un progetto di filieracorta che concentratutte le fasi produttivedel pane in un arco di pochi chilometri: il grano è coltiivato a Caponago, in provincia di Monza,dalla cooperativaNibai; la farina è prodotta dal molinoRonchi a Capriano di Briosco; il pane dal panificio di Davide Longoni a Carate Brianza e alla distribuzioneci pensano i Gruppi di acquisto solidaledella Brianza.

Basta che un’impresa pensi alla responsabilità sociale per inserirla nell’altra economia? Per il rapporto di Obi One, sì. Ma in molti non sono d’accordo. Un’occasione per chiarire finalmente i confini e le prospettive del settore.

L’ECONOMIA ALTERNATIVASECONDO IL TAVOLO RES

ECONOMIA NON MONETARIA

AUTOPRODUZIONE, VOLONTARIATO, BARATTO

ECONOMIA DI MERCATOSETTORE PRIVATO

ECONOMIA NON DI MERCATOSETTORE PUBBLICO

ECONOMIASOLIDALE

21,9%

Per i rappresentanti del Tavolo Res, l’economia solidale è una forma ibrida tra i tre principi economici (settore privato, settore pubblico ed economia non monetaria). Una sorta di enclave all’incrocio delle tre linee di confine.“Secondo noi – spiegano nella loro critica al rapporto Obi One - in questaposizione l’economia solidale ha il ruolo strategico di sottrarre spazioall’avanzata dell’economia di mercato; questo è possibile solo costruendouna protezione che crei un ambiente parzialmente riparato dalle logichedell’economia di mercato”.

“SONO COMPRESE NELLA DEFINIZIONE DI ALTRA ECONOMIA, intesa come diversae alternativa a quella oggi dominante, tutte le attività economiche che nonperseguono le finalità del sistema economico di natura capitalistica e di ispirazioneliberista o neo liberista. In particolare sono da essa rifiutati gli obiettivi di crescita,di sviluppo e di espansione illimitati, il perseguimento del profitto ad ogni costo,l’utilizzazione delle persone da parte dei meccanismi economici e nel solo interessedi altre persone, il mancato rispetto dei diritti umani, della natura e delle sueesigenze di riproduzione delle risorse”. Il testo integrale è disponibile suwww.cittadellaltraeconomia.org

L’ARTICOLO 1 DELLA CARTA DEI PRINCIPI DELL’ALTRA ECONOMIA

SESSANTA MILIARDI DI EURO DI VALORE ANNUO, il 3,82% del Pil. A tantoammonta l’altra economia italiana, secondo il rapporto di Obi One. Dati a cui si arriva conteggiando, oltre alle realtà dell’economia solidale e alle organizzazioninon profit, anche le “imprese industriali o dei servizi la cui attività sia coerente coni settori caratteristici dell’altra economia”: agricoltura biologica, commercio equo,finanza etica, energie rinnovabili, software libero e turismo responsabile. Con questicriteri, secondo il rapporto, le istituzioni del settore toccano quota 235 mila. Dei 60 miliardi prima ricordati, meno della metà proviene dalle 121 mila impreseprofit. Altri 33 sono prodotti da 45 soggetti non profit. Tutti soggetti piuttostogiovani: l’80% è nato dopo il 1980, oltre la metà dopo il 1990. Em. Is.

IL RAPPORTO: 60 MILIARDI DI EURO PRODOTTI OGNI ANNO

di Emanuele Isonio

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Beni confiscati,fino a dieci anni per destinarli

valutando al contempo il territorio. «Così si recupera unruolo fondamentale nella lotta alla mafia», osserva Lui-gi Cuomo, coordinatore di Sos Impresa.

Un decennio di attese...Ma non è tutto oro quello che luccica. Ora la possibilitàdi vendere i beni non destinati rischia di compromette-re la stessa ratio della legge. Che neppure lo Stato, finoad oggi, è riuscito a rispettare. Nonostante i tempi im-posti dalla legge, infatti, possono passare anni prima cheun bene venga confiscato e anche di più affinché vengadestinato. Ciò a causa di un sistema farraginoso, fatto didocumenti, sentenze, pronunce, e attese infinite. Lo sabene l’ex Commissario per la gestione e la destinazionedei beni confiscati, Antonio Maruccia, che negli ultimianni ha cercato di snellire l’iter. Nell’ultima relazione delsuo ufficio si legge come, al 30 giugno scorso, i beni im-mobili confiscati risultavano essere, complessivamente,8.933 (in gran parte in Sicilia, Campania e Puglia). Madi questi, ben 3.213 sono in attesa di destinazione (men-tre altri 313 sono addirittura usciti dalla gestione dell’A-genzia del demanio prima della destinazione stessa).

OSA OCCORRE FARE PER SCONFIGGERE LA MAFIA? Gran parte delle protezioni e dei privilegi mafiosi, certamente pagati daicittadini, non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia. Faccia-mo dei suoi dipendenti i nostri alleati». Lo affermava Carlo Alberto Dalla Chiesa, pochi giorni prima di morire, nel-l’ultima intervista rilasciata a Giorgio Bocca. «Un messaggio chiarissimo - osserva ventisette anni dopo il procura-tore Gian Carlo Caselli -. Non bastano infatti l’antimafia della magistratura e delle forze dell’ordine: serve un’anti-mafia sociale. Come quella delle cooperative di giovani, che costituiscono una legalità materializzata».

Non solo gli arresti, dunque: serve un’alternativa economica. Proprio quella che offre la legge che consente laconfisca dei patrimoni mafiosi e l’assegnazione di essi ad associazioni ed enti che generano lavoro e benessere, ri-

«C

Il treno dei beni confiscati in alcuni casi viaggia troppo a lungo prima di arrivare a destinazione. In media percorre la tratta (burocratica) in cinque anni e mezzo. Nonostante ciò rimane un’arma fondamentale nella lotta alle mafie.

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L’opinione di Giuseppe Eusepi: con i giusti presupposti, l’idea di “altra economia” si svuota e perde di significato.

L’impresa che rispetta le regole è sempre etica

ON È TANTO IL RAPPORTO DELLA OBI ONE A LASCIARMI PERPLES-SO. La mia è una critica all’idea in sé di altra economia».Giuseppe Eusepi è docente di Scienza delle Finanze alla

Sapienza di Roma. “Un economistaclassico”, direbbero alcuni. «Sono uneconomista di mercato. Parto dall’idea

che il mercato può fallire, ma non rovina il mondo», chiarisce lui.

Parlare di altra economia non avrebbe quindi senso?Sia gli estensori del rapporto sia i suoi critici sono uniti dall’idea cheesista un’economia “altra”, eticamente migliore rispetto al resto delmercato. Io contesto questa visione, basata sulla convinzione che inuno scambio economico ci sia solo la componente egoistica. Non sipossono attribuire patenti di eticità in base al fatto che una impresa siaprofit o non profit: se rispetta le regole, non ha nulla di non etico.

In pratica lei dice: il mercato è composto da aziende che ri-spettano le regole. Le altre sono fuori dal mercato...

Esattamente. Le imprese che evadono le tasse, che nascondono i capi-

tali nei paradisi fiscali, quelle criminali e mafiose, quelle che sfruttanoil lavoro minorile: sono tutte storture del mercato ed è contro di esseche va concentrata la critica. Non al mercato tout court.

Anche la concorrenza ha sempre un valore positivo?Sfido chiunque a sostenere che sia un disvalore. La concorrenza ha unaspetto etico: è un valore disciplinante che favorisce i più. Avvantaggiai consumatori mettendo in competizione i produttori. E questo è unaspetto da incentivare: un’impresa profit che fa concorrenza sana è unvalore positivo. Il dito va puntato contro chi fa concorrenza sleale econtro i cartelli tra aziende.

Il rapporto tra impresa e profitto non può essere un criterioper valutare l’eticità di un’azienda?

Tutte le imprese devono avere un profitto, altrimenti non possono so-pravvivere né crescere. Ai due estremi ci sono l’azienda totalmenteegoista e, all’opposto, quella puramente altruista. Ma sono due inven-zioni teoriche. Nel mercato reale c’è un’immensa “zona grigia” fatta disoggetti con maggiore o minore attenzione al profitto. .

di Emanuele Isonio

«N

Spiega l’economista Luigino Bruni: la vera sfida sta nel selezionare le imprese per i loro obiettivi e non per la loro forma.

Nell’economia alternativaal centro c’è il progetto

IÙ CHE DECIDERE SE INSERIRE O MENO un’attività economicanell’altra economia guardando alla sua forma giuridica,sarebbe opportuno guardare alla natura dell’impresa».

La proposta è di Luigino Bruni, docentedi Economia politica all’Università diMilano Bicocca.

Che cosa non la convince del Rapporto Obi One?La scelta di accomunare le attività economiche tradi-zionali che fanno responsabilità sociale d’impresa e leimprese sociali o gli organismi non profit è sinceramen-te discutibile. Detto questo, la sfida dei prossimi annista nell’individuare criteri di inclusione nell’alveo del-l’altra economia, basati sulla sostanza di un’impresapiù che sulla sua forma.

In pratica lei dice: non è la distinzione profit/non profit a chiarire cosa merita e cosa non me-rita di stare nell’altra economia?

Ci sono organismi formalmente non profit indegni del-l’economia solidale e, al contrario, imprese formalmen-te profit assolutamente degne dell’altra economia.

Da quali imprese è composta l’altra economia?Credo che meritino di starci tutte le imprese civili che na-scono con l’obiettivo di realizzare progetti sociali e che ve-dano il profitto e gli utili di bilancio solo come un vinco-lo per concretizzare il progetto per cui sono nate. Le im-prese speculative e ogni attività economica che, a prescin-dere dal settore di competenza, hanno invece come pro-prio obiettivo il profitto e vivono l’aspetto sociale come unvincolo non possono essere definite “altra economia”.

È rimasto stupito leggendo che l’altra econo-mia contribuirebbe al 4% del Pil italiano?

Proprio per quanto spiegato in precedenza, credo chequel numero non abbia un grande significato.

Un futuro rapporto sull’altra economia dovreb-be concentrarsi solo sulle attività private?

No. In prospettiva, credo vadano considerate anche leesperienze pubbliche che promuovono il progresso so-ciale. E tutte le esperienze di volontariato e di economiainformale. Ripeto: la vera sfida sta nel selezionare i sog-getti in base ai loro progetti e non per la loro forma. .

di Emanuele Isonio

«P

di Andrea Barolini

Su oltre 5 mila immobili destinati,solo 3 hanno rispettato il limite dei 120 giorni dalla confisca. Nel 70% dei casi sono stati necessarioltre 2 anni. E nel frattempo le aziende fallisconoLuigino Bruni.

Uno dei terreniconfiscati allamafia in Sicilia.Per combattere la criminalitàorganizzata serve l’antimafiasociale, quelladelle cooperativedi giovani.

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«Dei 5.407 immobili destinati - si legge nella relazio-ne - solo 3 hanno rispettato i 120 giorni dalla confiscadefinitiva previsti dalla legge». Per 3.754 di essi (quasi il70%!) si è impiegato infatti un tempo compreso tra 2 e,nei casi peggiori, 10 anni. In media, sono necessari 5 an-ni e mezzo. Allo stesso modo, se si analizzano i 3.213 be-ni che sono invece ancora in attesa di essere destinati, siscopre che 1.711 di essi (più della metà) sono “parcheg-giati” sulle scrivanie da oltre 5 anni. Per i motivi più di-sparati: perché sono ancora abitati dai mafiosi o dalle lo-ro famiglie, perché gravati da ipoteche (circa in un terzodei casi), perché semi-distrutti dagli occupanti prima diessere liberati e quindi in attesa di ristrutturazioni.

E le aziende, che dovrebbero essere il motore dellosviluppo? La musica, purtroppo, non cambia. Al 30 giu-gno scorso le imprese confiscate risultavano 1.185 e, diqueste, quasi la metà (581) sono uscite dalla gestionedell’Agenzia del demanio. Perché quasi tutte (537), nelfrattempo, sono fallite. Così come, delle 388 destinate,ben 347 risultano ormai liquidate. Segno che un’azien-da, evidentemente, non riesce ad aspettare i tempi dellaburocrazia italiana (per le aziende in media pari a quat-tro anni e mezzo)

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Tre problemi,quattro voci a confronto

ANCANO MENO DI DUE MESI alle prossime elezioni ammini-strative e regionali (28 e 29 marzo). I candidati stanno pre-sentando i loro programmi. Valori ha individuato tre temi

chiave – beni comuni privatizzati, lavoro e pre-cariato, stimoli economici per uscire dalla crisi –e ha chiesto a quattro esponenti di posizioni po-

litiche diverse delle proposte concrete su ogni questione.Sul numero di dicembre-gennaio erano stati interpellatiFrancuccio Gesualdi, Fabio Salviato, Luciano Muhlbauer eAntonio Tavani. Su questo numero tocca a: Mario Agosti-nelli, capogruppo della Sinistra Unaltralombardia e mem-bro del Consiglio Regionale della Lombardia; Antonio Bor-ghesi, parlamentare dell’Italia dei Valori; Francesco Ferran-te, senatore del Partito Democratico e membro esecutivoEcodem (associazione ecologisti democratrici) e GiovanniRuvolo, di Intesa Civica Solidale (Ics), nata a Caltanissettada un Gruppo di acquisto solidale (nelle ultime ammini-strative a Caltanissetta ha ottenuto il 15% dei consensi).

1. Beni comuni privatizzati AGOSTINELLI. È fondamentale anche giuridicamente sot-trarre l’assegnazione dei beni comuni allo spazio dei servi-zi di rilevanza economica. Una loro gestione privatisticafarebbe dipendere dal mercato un diritto universale. Se-condo, è necessario rivendicare l’unitarietà del ciclo che ri-guarda il bene prodotto, gestito, erogato (ad esempio l’ac-qua). Questo evita che la proprietà della risorsa, non diret-tamente collegata agli interventi di rigenerazione e di effi-cienza del servizio, si rivalga sulle tariffe, consentendosprechi e rinunciando al risparmio. Infine bisogna assicu-rare la partecipazione e la democrazia territoriale. Nel casodi beni comuni come le energie naturali (sole, vento, ac-qua) e, per altri aspetti, la conoscenza, dobbiamo conside-rare la rinnovabilità, l’integrazione col territorio e la rica-

duta sociale come effetti dell’esercizio di una democraziaterritoriale, che mette in relazione produttori e consuma-tori, stimola scelte di autogoverno e favorisce la coopera-zione. Per l’energia significa abbandono delle centrali, de-centramento e potestà locale; per la conoscenza una dif-fusione facilitata, banche dati pubbliche, assenza di royal-ties e copyrights per software e produzioni culturali.

BORGHESI.Noi di Italia dei Valori abbiamo assunto una po-sizione diversa tra l’acqua e altri servizi. Per l’acqua, inquanto unica, fonte di vita, bene irrinunciabile che appar-tiene a tutti, riteniamo che sia un diritto inalienabile e chenon possa essere proprietà di nessuno. La sua vendita nonpuò che avvenire in regime di monopolio, ma allora an-che la teoria economica è concorde che è meglio che essosia pubblico. Italia dei Valori ha già depositato presso laCorte di Cassazione il quesito referendario per l’abolizionedelle norme che impongono la privatizzazione dell’acquae presto inizierà la raccolta delle firme. Per gli altri servizipubblici, per i quali sussiste sempre la possibilità di ricor-rere a beni succedanei o prodotti alternativi (trasporto pri-vato rispetto a trasporto collettivo, legna o carbone rispet-to al gas e così via), la privatizzazione, se porta a un’effet-tiva concorrenza tra gli operatori, è auspicabile e non puòche comportare benefici per gli utenti finali.

FERRANTE. Farei una distinzione: non tutti i servizi pubbli-ci devono essere trattati nella stessa maniera. Ritengo chel’acqua non sia una merce, è un bene comune che non èpossibile privatizzare. È utile stipulare dei “contratti” con icittadini, che assicurino la gestione pubblica dell’acqua.Ma è necessario anche cambiare il modo in cui fino ad orasi è gestito questa risorsa. Oggi prima calcoliamo la quan-tità di acqua richiesta da industria, privati e agricoltura. E,

di Elisabetta Tramonto

M

A meno di due mesi dalle elezioni amministrative e regionali è il momento di passare alle proposte concrete. Ecco quelle di quattro esponenti di posizioni politiche diverse, riguardo tre temi chiave.

BENI IMMOBILI CONFISCATI AL 30 GIUGNO 2009

REGIONE TOTALE IN GESTIONE AL DEMANIO USCITI DALLA GESTIONE* DESTINATI

SICILIA 4.075 2.081 106 1.888CAMPANIA 1.323 360 47 916CALABRIA 1.300 253 61 986PUGLIA 722 219 17 486LOMBARDIA 655 100 31 524LAZIO 358 78 34 246PIEMONTE 121 34 6 81ALTRE REGIONI 379 88 11 280TOTALE IMMOBILI 8.933 3.213 313 5.407

* PER ALCUNI BENI CONFISCATI IL PROCEDIMENTO SI CHIUDE SENZA UNA FORMALE DESTINAZIONE RESA IMPOSSIBILE DACAUSE DIVERSE (ES. REVOCA DELLA CONFISCA, ESECUZIONE IMMOBILIARE, VENDITA PRECEDENTE ALLA CONFISCADEFINITIVA, ESPROPRIAZIONE, ILLECITO URBANISTICO, ECC...)

TIPOLOGIE DI BENI IMMOBILI CONFISCATI

TIPO NUMERO DI BENI

APPARTAMENTI, CASE, LOCALI GENERICI, ABITAZIONI E VILLE 4.702TERRENI AGRICOLI, CON FABBRICATI RURALI ED EDIFICABILI 2.287BOX, GARAGE, AUTORIMESSE, CANTINE E POSTI AUTO 1.075FABBRICATI IN GENERE 474CAPANNONI, CAVE PER ESTRAZIONE E STRUTTURE INDUSTRIALI 190ALBERGHI, PENSIONI E IMPIANTI SPORTIVI 18ALTRO 187TOTALE 8.933

AZIENDE CONFISCATE AL 30 GIUGNO 2009

REGIONE TOTALE IN GESTIONE AL DEMANIO USCITI DALLA GESTIONE* DESTINATI

SICILIA 452 103 191 158CAMPANIA 227 48 128 51LOMBARDIA 164 13 102 49LAZIO 101 7 25 69CALABRIA 95 17 56 22PUGLIA 86 11 45 30EMILIA-ROMAGNA 22 10 12 0ALTRE REGIONI 38 7 22 9TOTALE AZIENDE 1.185 216 581 388

* PER ALCUNI BENI CONFISCATI IL PROCEDIMENTO SI CHIUDE SENZA UNA FORMALE DESTINAZIONE RESA IMPOSSIBILE DACAUSE DIVERSE (ES. REVOCA DELLA CONFISCA, ESECUZIONE IMMOBILIARE, VENDITA PRECEDENTE ALLA CONFISCADEFINITIVA, ESPROPRIAZIONE, ILLECITO URBANISTICO, ECC...)

1.438 IMMOBILI E 8 AZIENDE IN DUE ANNI

IL BILANCIO DEI PRIMI 18 MESI DI VITA dell’Ufficio del Commissario straordinario ai beni confiscati è decisamente positivo. Sotto la direzione di Antonio Maruccia (al quale è succeduto a fine dicembre il prefetto Alberto Di Pace) sono stati destinati 1.438 beni immobili e 8 aziende, per un valorecomplessivo (stimato dall’Agenzia del Demanio) di 230 milioni di euro. Nei dodici anni precedentierano stati 3.969 i provvedimenti analoghi: un incremento medio del 284% all’anno.

BENI CONFISCATI IN VENDITA

UNA PIOGGIA DI POLEMICHE SULLA NORMA, contenuta nella Finanziaria 2010, che introduce la possibilità di vendere i beni confiscati alla mafia, anche se solo quelli “non utilizzabili a fini sociali”. Il rischio, infatti, è che tornino nelle mani delle stesse famiglie mafiose a cui erano stati sottratti. Il limite temporale previsto per la destinazione è di sei mesi, ma quasi tutti i beniconfiscati non vengono destinati così in fretta.

ANDAMENTO DELLE DESTINAZIONI DI IMMOBILI

1996

1500

1000

500

01997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008/9 TOTALE

19 76 133276 294 315

523 496 452 428280

677

1.438 5.407

In alto, MarioAgostinelli,capogruppo della SinistraUnaltralombardia e membro del ConsiglioRegionale dellaLombardia; sotto,Antonio Borghesi,parlamentaredell’Italia dei Valori.

LIBRI

Francesco ForgioneMAFIA EXPORTCome ‘Ndrangheta,Camorra e Cosa Nostrahanno colonizzato il mondoBaldini Castoldi Dalai,2009

...eppure ne vale la penaInsomma, la situazione non è rosea. Ma la strada è quel-la giusta. Basti pensare al fatto che, specifica Maruccia,negli ultimi 18 mesi sono stati destinati beni per oltre225 milioni di euro. «Complessivamente il valore deibeni sottratti alle mafie è di svariati miliardi - spiegaMarco Arnone, docente di Politica economica e diret-tore del Centre for Macroeconomics & Finance Resear-ch - anche se in molti casi è di difficile valutazione, per-ché le perizie spesso sono troppo vecchie.

Possiamo comunque affermare che il valore totalesi aggirava intorno ai 4,5 miliardi un paio di anni fa.Ma oggi potrebbe aver già superato i 7 miliardi». Unamontagna di denaro restituito alla legalità. Che d’orain poi sarà probabilmente gestito dall’Agenzia nazio-nale annunciata dal ministro dell’Interno RobertoMaroni. «Una buona notizia», commenta Lorenzo Fri-gerio dell’associazione Libera, «a patto che si tratti diun’organismo che agevoli l’uso sociale dei beni e nonpunti dritto alla vendita».

La sede sarà a Reggio Calabria, luogo scelto so-prattutto per ragioni simboliche, dopo l’attentato del3 gennaio scorso. .

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| economiasolidale |

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in base a questa cifra, andiamo a cercarla. Invece dovreb-be accadere il contrario: in base alle disponibilità nei baci-ni idrici dovremmo costruire i nostri consumi. Purtroppola maggioranza ha approvato la legge che privatizza l’ac-qua. Stanti così le cose è necessario creare un’autorità na-zionale che stabilisca dei paletti. Lo stesso discorso fattoper l’acqua non vale per gas, elettricità e trasporti: non èessenziale che siano pubblici, ma, piuttosto, stabilire rego-le che tutti gli operatori rispettino per tutelare i cittadini.

RUVOLO. In Sicilia l’acqua era gestita dai Comuni e i servizierano deficitari, oggi è privatizzata e i servizi continuano aessere carenti, ma con prezzi lievitati. Al di là di qualunqueazione politica è fondamentale che i cittadini acquistino ilcontrollo e siano parte attiva nella gestione del bene co-mune, per cui deve esserci sempre uno spazio di rappre-sentanza dei cittadini. Ad esempio nel consorzio universi-tario di Caltanissetta, che gestisce i corsi di laurea dell’U-niversità di Palermo, stiamo lavorando perché si prevedala presenza di una rappresentanza di studenti e di cittadi-ni. Lo stesso si può fare per la gestione di acqua e rifiuti.

2. Lavoro e precariatoAGOSTINELLI. Impedire delocalizzazioni produttive, soste-nere produzioni socialmente desiderabili ed ecologica-mente compatibili e favorire la riconversione dai settorimaturi. Generalizzare il sostegno non solo monetario, maanche commerciale-tecnico-formativo a cooperative di la-voro, nei settori di manutenzione, riqualificazione e rige-nerazione dei beni comuni.

BORGHESI. La crisi oggi pesa soprattutto sul mondo del la-voro. Nell’ambito della nostra proposta di Legge Finanzia-ria 2010 abbiamo chiesto: il raddoppio dei tempi della Cas-sa integrazione ordinaria da 52 a 104 settimane per i pros-simi due anni (500 milioni di euro); risorse adeguate per ilrinnovo dei contratti del pubblico impiego (800 milioni dieuro); l’aumento delle risorse del Fondo per l’occupazioneper estendere e garantire gli ammortizzatori sociali ancheai lavoratori atipici (900 milioni nel 2010, 2.100 nel trien-nio). E da tempo abbiamo presentato proposte per la revi-sione degli ammortizzatori sociali, perchè siano garantiti atutti i lavoratori (a tempo indeterminato o flessibile).

FERRANTE. Il mercato del lavoro è cambiato: un’intera ge-nerazione vive in condizioni di precariato. Bisogna esser-ne consapevoli e prevedere ammortizzatori sociali e formedi tutela nuove e moderne, non la brutta copia delle tute-le dei lavoratori dipendenti che si sono fatte finora, e unsalario minimo garantito quando si passa da un lavoro al-l’altro. È necessario poi puntare sulla formazione lavoroper i giovani e la formazione permanente per gli over 40.

RUVOLO. I problemi della disoccupazione e del precariato inSicilia devono essere letti con un filtro particolare. Molti di-

soccupati non lo sono davvero, fanno lavoretti di piccolaentità o in nero e non sono incentivati a uscire da questacondizione. Bisogna aiutare chi vuole trovare davvero unlavoro, da un lato, creando nuovi posti e incentivando lanascita di imprese che sappiano collegarsi con il territorio,dall’altro, alimentando una cultura d’impresa, in particola-re nell’agricoltura. Bisogna pressare gli enti locali per snel-lire gli iter burocratici. Sostenere l’imprenditoria giovanile,promuovendo la nascita di incubatori d’impresa, anchecon la collaborazione di associazioni industriali e banche.

3. Quali stimoli per uscire dalla crisi AGOSTINELLI. Investire nella green economy, stabilendo un le-game tra ricerca, lavoro qualificato, mobilità, riforma delwelfare. Destinare risorse recuperate dalla lotta all’evasionefiscale alla riqualifica del sistema dei distretti industriali edelle economie territoriali. Rilanciare la scuola e l’univer-sità pubblica per affrontare le emergenze ambientali e cli-matiche con modelli produttivi e di consumo adeguati.

BORGHESI. Emerge l’esigenza di una diversa politica econo-mica, che risponda alla crisi rilanciando la domanda inter-na, la capacità di competere sui nuovi mercati dei Paesiemergenti con la qualità dei nostri prodotti, che accompa-gni il nostro sistema produttivo verso la green economyo, permeglio dire, verso una riconversione ecologica del nostromodello di sviluppo e della nostra società. Abbiamo pro-posto una manovra anticiclica pari a un punto di Pil (circa16 miliardi di euro) per il 2010 che riduca anche la pressio-ne fiscale per 3 miliardi e la trasferisca dal lavoro, dalle fa-miglie e dalle imprese, alla rendita speculativa.

FERRANTE.La prima risposta è scontata: puntare sulla green eco-nomy, incentivare le fonti rinnovabili, ma in salsa italiana: va-lorizzando il nostro patrimonio ambientale, culturale e arti-stico, un elemento importante di stimolo economico. E serveanche una rivoluzione fiscale: spostare sui consumi il peso cheoggi grava su redditi da lavoro e d’impresa, alleggerendo l’Ir-pef. Sarebbe una rivoluzione che risponde anche alla que-stione ambientale e che libererebbe molte risorse.

RUVOLO. È necessario ragionare con la logica del fare sistema.Il territorio siciliano per decenni è stato gestito da una poli-tica che non ha saputo governare. Bisogna invece mettereinsieme tutte le risorse, dai sindacati agli imprenditori, perdisegnare un progetto di sviluppo economico serio, condi-viso e sostenibile. È necessario valorizzare le risorse del terri-torio e non depauperarle attraverso i soliti progetti di svi-luppo industriale che hanno generato disastri: il petrolchi-mico di Gela o di Priolo ha distrutto zone meravigliose e pro-vocato un aumento di tumori e malformazioni fetali. Per latipicità del territorio proponiamo di puntare sul compartoagricolo, creando figure professionali, aiutando un territoriodepresso a beneficiare di sgravi fiscali e introducendo, grazieai sindacati, maggiore flessibilità, ma non precariato. .

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APPUNTAMENTI FEBBRAIO>MARZO PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]

a Locri e Crotone, quest’anno la manifestazione nazionale organizzata dal Consorzio Goel, da anni in prima linea contro la ‘ndrangheta e tutte le mafie, si sposta in Emilia Romagna. Attesi migliaia di persone e centinaia di enti provenienti da tutta Italia.www.consorziosociale.coop

3 - 5 marzoWELS (AUSTRIA)WORLD SUSTAINABLE ENERGY DAYS 2009Tre giorni di conferenze ed incontri con esperti internazionali del settoredelle energie rinnovabili. In programmanumerosi convegni nel corso dei quali si farà il punto sullo sviluppo delle nuove tecnologie. All’edizione del 2009 hanno partecipato 850persone, proveniente di 53 Paesi. www.wsed.at

marzo ROMA2° FORUM NAZIONALE AMBIENTE E LEGALITÀAmbientalisti, politici, industriali e magistrati a confronto sulla normativa ambientale in Italia.www.legambiente.eu

12 - 14 marzoMILANOFA’ LA COSA GIUSTA FIERA DEL CONSUMO CRITICO E DEGLI STILI DI VITA SOSTENIBILIIn questi anni è andato crescendol’interesse per il mondo che si riconoscenella definizione di “Economia Solidale”.Per questo, Terre di Mezzo ha dato vita al “Progetto Fa’ la cosa giusta!” che si propone di diffondere sul territorionazionale le “buone pratiche”di consumo e produzione.

http://falacosagiusta.terre.it

20 marzoMILANOXV GIORNATA DELLA MEMORIA

E DELL’IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE MAFIECome ogni anno dal 1996 si celebra col primo giorno di primavera la GiornataNazionale della Memoria in ricordo delle vittime delle mafie. Milano e la Lombardia i territori scelti. www.libera.it

22 marzoITALIAGIORNATA INTERNAZIONALEDELL’ACQUAL’acqua è fonte indispensabile e insostituibile di vita, diritto inalienabileper tutti. Nel Sud del mondo oltre un miliardo e seicento mila persone non ha accesso all’acqua potabile. Nei Paesi ricchi si utilizza acqua puraanche per tirare lo sciacquone! La giornata mondiale dell’acqua è una ricorrenza istituita dalle NazioniUnite nel 1992, prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21.www.worldwaterday.org

25 - 28 marzoPARIGI (FRANCIA)PLANETE DURABLESalone dello sviluppo e dei consumirinnovabili, che copre quasi ogni aspettodell’ecosotenibilità: dalle energie alla distribuzione, dagli sport al turismo,dalla moda ai trasporti. Presentiassociazioni, ong e istituzioni.www.planete-durable.com

10 - 11 aprileITALIASUN DAYGiornate dedicate alla promozionedell’energia solare e delle fontirinnovabili. Per capire come funzionano,quanto costano, come si installano e quanto ci fanno risparmiare.www.ecosportello.org

20 - 21 aprileROMAIII SOLAR REVOLUTION SUMMITQuali sono le sfide degli operatoriitaliani del settore dell’energia solare?Come si può sviluppare una filiera?Questi i temi dell’incontro in programma a Palazzo Rospigliosi, via 24 Maggio ’43.solarsummit.businessinternational.it

14 - 21 febbraioITALIASETTIMANA AMICA DEL CLIMAMeno consumi, più energia pulita per salvare il Pianeta: banchetti,manifestazioni, blitz, convegni per promuovere azioni quotidiane, buone pratiche che ognuno di noi puòseguire per contribuire a un risparmioenergetico globale.www.legambiente.eu

16 febbraio - 2 aprileITALIATRENO VERDEStorica campagna itinerante di monitoraggio dell’inquinamentoatmosferico ed acustico nelle nostrecittà.www.legambiente.eu

19 - 21 febbraio VARESECORSO PER ANIMATORI DI RESIl Tavolo nazionale Rete di EconomiaSolidale promuove il 2°corso nazionaleper gli animatori delle RES locali. I successivi moduli: dal 19 al 21 marzoa Como e dal 7 al 9 maggio a Vicchio(FI). http://scret.it

25 - 27 febbraio STOCCARDA (GERMANIA)CEP 10Congresso e fiera internazionale per le energie rinnovabili e l’abitareecocompatibile. www.cep-expo.de

25 - 28 febbraio REGGIO EMILIAECO CASA & IMPRESAMostra specializzata sui temi della sostenibilità economica ed ambientale nell’edilizia:risparmio energetico, qualità abitativa, certificazione energeticaed architettura sostenibile. www.ecocasa.re.it

1 marzoREGGIO EMILIAMANIFESTAZIONE NAZIONALEDopo le prime esperienze

5 febbraio - 28 marzoMILANOGREEN LIFELegambiente, Triennale di Milano e Istituto di Ricerche Ambiente Italiapromuovono il progetto “Green Life:costruire città sostenibili”, mostrainternazionale dedicata a progetti di sviluppo urbano nell’ottica della sostenibilità e dell’ediliziaecocompatibile. L’iniziativa prevedenumerosi eventi pubblici di discussione e di approfondimento, convegni e seminaridi tipo divulgativo e tecnico-scientifico.www.mostragreenlife.org

6 febbraio ITALIAMAL’ARIA INDUSTRIALEL’inquinamento industriale nel mirino diquesta giornata di iniziative organizzatada Legambiente: in programma una seriedi blitz e l’uscita del dossier che fa ilpunto sui siti italiani a rischio per lasalute dell’ambiente e dei cittadini.www.legambiente.eu

11 - 12 febbraio ROMACIS-IT 2010Seconda edizione della Conferenzadell’Industria Solare in Italia, che havisto lo scorso anno la partecipazione dioltre 450 professionisti del settore, offreanche nel 2010 la piattaforma idealeper aggiornarsi sulle novità di mercato etecnologiche e per favorire lo scambio diesperienze tra gli operatori in Italia eall’estero.www.solarpraxis.de

13 febbraioBARLASSINA (MI)UNA NUOVA CULTURA DI CITTADINANZACiclo di incontri per la promozione di unacultura di Pace e Legalità, organizzato dalComune di Barlassina in collaborazionecon l’associazione Xapurì e ilCoordinamento comasco per la pace. Isuccessivi incontri si terranno il 14 marzoe l’11 aprile. A quest’ultimo parteciperà ildirettore di Valori, Andrea Di Stefano.www.comunebarlassina.it

In alto FrancescoFerrante, senatore del PartitoDemocratico e membro esecutivoEcodem; sotto,Giovanni Ruvolo, di Intesa CivicaSolidale (Ics).

APPUNTAMENTO

28 FEBBRAIO A CALTANISSETTAUn incontro dal titolo: “La rete dei movimenticivici siciliani e la politica nuova:dalla democraziapartecipata allapolitica condivisa”,organizzato da IntesaCivica Solidale.30 movimenti civicisiciliani si sono dati appuntamento per disegnare unamappa della politicadal basso nell’isola e per mettersi in reteper presentare un modello nuovo di organizzazionepolitica e di democraziapartecipata. intesacivicasolidale.it

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Miti dell’Occidente

PUBBCISL

Sciogliamogli Stati nazionali

di Paolo Fusi

ON SI SA PIÙ SE SCANDALIZZARSI O NO, i colpi al “comune senso del pudore” negli ultimi 25 anni sono stati talmentetanti che oramai mi rendo conto di osservare certe cose con un certo distacco, una morale assonnata e svogliata. Ma sì, lo sappiamo tutti che lo scudo fiscale ottiene due risultati abominevoli: permette al crimineorganizzato di far rientrare i propri capitali riciclati (se si usa lo scudo si ha diritto a non dire come si sonoguadagnate le cifre che rientrano) e dà luogo ad una spinta mai vista prima: oggi a nascondere i capitaliall’estero non sono più solo i ricchissimi. Dato che abbiamo imparato che la prossima sanatoria è sempre dietro l’angolo, oggi anche chi guadagna oltre i centomila euro l’anno ha imparato a far sparire il gruzzolo, con una crescente adesione morale della popolazione, che non a caso applaude a chi è capace di tenersi in tasca i soldi evitando di farsi taglieggiare dallo Stato. Ma il fatto è che l’Italia non ha inventato nulla.

Questo sistema meschino di tentare di recuperare le ricchezze sottratte al fisco l’hanno inventato gli americani e perfezionato i russi. Loro parlano ai Padrini, ai trafficanti d’armi e di droga, ai truffatori e dicono: dateci una certa cifra e noi accettiamo le vostre strutture on shore e off shore senza spendere soldi dei contribuenti per darvi la caccia. Nel frattempo l’evasione fiscale ha superato il 50% degli introiti previsti nel libero mercato (cioè esclusi gli introiti fittizi, le tasse che lo Stato paga a se stesso dalle buste paga dei propridipendenti) in 96 Paesi del Pianeta. Tutti quelli che già contano. Parlando con un banchiere togolese e con un politico ghanese mi sono trovato a capire che in Africa la sensazione e la percezione di un mondo che cambia

è molto più avanti, più precisa, più smaliziata e più coraggiosa della nostra. Per loro la questione è: come facciamo a fare in modo che la produzione di ricchezza nei nostri Paesi venga usata per migliorare le condizioni di vita della popolazione? Ci importa davvero se qualche assassino diventa ricchissimoprima di cambiare (in meglio) la qualità della vita in una regione poverissima? Ci importa davvero se lo stesso mostro assetato di sangue ora è l’unico in gradodi garantire la pace, l’ordine, una parvenza pur malata di giustizia e di garantire

la mobilità e l’approvvigionamento dei generi di prima necessità e dell’energia in quelle zone disperate? Il vertice della Fao di poche settimane fa ci ha fatto vedere ancora una volta che gli organismi internazionali

sono una burletta. Allora no, non ci importa nulla. Le porcate fatte dagli angolani in Angola, dai ghanesi in Ghanae via dicendo, le abbiamo fatte prima noi e loro hanno ora imparato a gestirsele in proprio. Bravi. I due africaniridono. Hanno imparato da sempre una cosa che noi non riusciamo nemmeno a capire: i nuovi mostri sonopiù “bravi” perché hanno capito che gli Stati nazionali non esistono, sono solo un totem di noi occidentali.

Gli Stati, mi spiegano i due dirigenti, raccolgono tasse per far credere di esistere ancora e mantenere la calmanei greggi. I controllori del fisco sono coloro che chiudono la porta dopo che i buoi sono scappati, sono cresciuti,hanno preso il potere e sono tornati a comandare. Gli Stati nazionali non controllano più il territorio, dato cheil crimine organizzato investe molto di più. Gli Stati nazionali non godono più del consenso, perché la corruzioneha sostituito l’ideologia, perché la politica, non avendo più risposte, sta abolendo con la violenza le domande.

Gli Stati sono ostaggio dell’industria e della finanza; hanno perso la capacità di supportare la cultura,sostituendole l’infotainment. E ora cercano di opprimere gli ultimi aneliti di libertà, di indipendenza, di pensiero critico: internet. Sciogliamo gli Stati nazionali, ora che abbiamo globalizzato il Pianeta. Torniamoalle Polis, alla democrazia credibile. .

N

Gli Stati sono ormairidotti a meri incassatoridi tasse, spesso noncontrollano il territorio e sono ostaggio di industrie e finanza

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| internazionale |

| A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 | valori | 55 |

iinternazionale| inbreve |

America Latina. Il Sud aggancia la locomotiva cinese >56 Crisi dimenticate/4: il Congo e il conflitto permanente >60Da Milano a Dubai, l’impresa sociale si mette in viaggio >62

| inbreve |

| 54 | valori | A N N O 1 0 N . 7 6 | F E B B R A I O 2 0 1 0 |

GAZA: L’EGITTOCHIUDE I CONFINICON UN MURO DI FERRO

Dopo “piombo fuso” l’operazionemilitare di Israele contro la Palestina partita nel dicembre2007 che ha causato oltre 1.400morti, tra i quali più di trecentobambini, dell’altro metallo sta per rovesciarsi sulle popolazionidella Striscia di Gaza. Questa voltasi tratta del ferro con il qualel’Egitto si accinge a costruire un muro che chiuderà l’ultimoaccesso alla Striscia.

L’Egitto partecipa al bloccoeconomico imposto da Israele alla Striscia di Gaza. Tranne i farmaci e la maggior parte degli alimentari di base il bloccocomprende tutto, dai materiali da costruzione ai quaderni per i bambini, agli spaghetti e ha trasformato Gaza, dove vivonoun milione e mezzo di persone, nella“più grande prigione del mondo”.

Per anni l’Egitto ha “fatto finta”di non vedere le centinaia di tunnelscavati sotto il suo confineattraverso i quali, con alti profitti per i commercianti egiziani, fluivanoi rifornimenti quotidiani dellapopolazione palestinese, armi e persone comprese. Ma tuttoquesto sta per finire perché l’Egittoha avviato la costruzione di un murodi ferro per l’intera lunghezza della frontiera con Gaza, con pilonidi acciaio spinti in profondità nel terreno al fine di bloccare tuttele gallerie e ogni collegamento di Gaza con l’esterno, aggravando le condizioni della popolazione civile.

FUJIMORI,CONFERMATALA CONDANNAA 25 ANNI

La Corte suprema del Perù ha confermato all’unanimità la condanna a 25 anni di carceredell’ex presidente Alberto Fujimori,colpevole di violazioni dei dirittiumani commesse durante il suomandato (1990-2000). La Cortesuprema doveva giudicare un ricorso di nullità nei confronti del processo di primo grado duranteil quale l’ingegnere di originegiapponese era stato riconosciutoresponsabile dei massacri di civiliperpetrati dagli “squadroni della morte” tra il 1990 e il 1991nei confronti della guerriglia filocomunista e del gruppo di SenderoLuminoso in particolare. Nel 2000dopo la scoperta di numerosiscandali finanziari e casi di corruzione, per sfuggire alla giustizia Fujimori avevaabbandonato il Perù per rifugiarsi in Giappone. Aveva poi tentato di ricandidarsi alle presidenziali nel suo Paese adottivo passando dal Cile, da dove era stato estradatonel 2007. Esulta ora per la suacondanna definitiva AmnestyInternational attraverso le parole di un suo osservatore, Javier Zuniga: «Non capita tutti i giorni di vedereun ex capo di Stato condannato per violazioni dei diritti umani quali torture, sparizioni e sequestri di persona. Speriamo sia solo il primo di molti processi del generein America Latina e nel resto del mondo».

CONSIDERATO ECCESSIVODA MOLTI PAESI IL COSTODELL’APPARTENENZAALL’ALLEANZA ATLANTICA

Suscita mugugni in Francia il costo del rientro del Paese transalpino nell’Alleanza atlantica: Le Mondelamenta che per la Francia si tratterà di 650 milioni di euro da qui al 2015. Le polemiche sono nate dopol’invito di Anders Fogh Rasmussen, il politico danesesegretario generale della Nato dall’agosto 2009, a rafforzare i contingenti in forza in Afghanistan, invitoal quale Italia e Gran Bretagna hanno già aderito.

La crisi economica internazionale sta spingendo molti Paesi a chiedere la revisione dei contributi; alla polemica si sono aggiunti infatti i conservatoribritannici che chiedono una riforma per condividere

in modo diverso i costi umani e finanziari degli interventi: «Se le cosenon cambieranno – ha scritto il DailyTelegraph – il futuro dell’Alleanza è in pericolo».

Il budget totale della Nato è statonel 2009 di 2 miliardi di euro, cosìripartiti: 22% dagli Usa, 16% dallaGermania, 12,5% dalla Francia, 12,5 % dalla Gran Bretagna, l’8% dall’Italia, e il 29% dagli altri

23 Paesi appartenenti al Patto atlantico.Tra le spese finanziate rientra il sistema

di sorveglianza terrestre della Nato che farà base a Sigonella dove saranno destinati 800 militari. L’Ags (Alliance Ground Surveillance) è un sistema di intelligence aerea dotato di vari apparati e di aereispia Global Hawk e di un velivolo Sigint italiano, che rivela le onde elettromagnetiche, comprese quelle telefoniche. Il costo complessivo del sistemache sarà operativo tra circa due ani, è di 1 miliardo e 560 milioni di euro, 150 dei quali a carico dell’Italiache, attraverso le parole del ministro della DifesaIgnazio La Russa, ha dichiarato: «L’operazione darà prestigio all’Italia».

LA CINA ANNUNCIA L’ESTENSIONEDELL’ASSISTENZA SANITARIAPUBBLICA ENTRO IL 2011

Il servizio sanitario nazionale non è un problema solo per il presidente degli Stati Uniti: anche la Cina ha il suo bel daffare per risolverlo. Dalla riformasanitaria degli anni Novanta restano senza coperturasanitaria gratuita quasi tutti gli abitanti dellecampagne, cioè circa 910 milioni di persone, che comprendono anche 110 milioni di lavoratori che si sono spostati dalle campagne alle città in cercadi lavoro o per studio.

Il governo ha ora annunciato un ambizioso pianoche prevede di estendere l’assistenza sanitaria al 90 per cento dei cittadini cinesi entro il 2011. Per i migranti il governo prevede la possibilità di sceglierese registrarsi e farsi curare presso il villaggio di residenza o nella città dove lavorano. E anche

gli studenti universitari sarannoiscritti nelle liste sanitarie del luogo dove studiano.

È stata annunciata la costruzione entro tre anni di duemila nuovi ospedali nelle province rurali e la creazione di un centro

medico di base in ogni villaggio entro il 2011. Tuttavia il governo, denuncia l’agenzia cattolicaAsiaNews, non ha indicato con quali fondi si potrannoottenere gli ambiziosi obiettivi, in una situazione dove i due terzi della popolazione deve pagarsi ognicura. Inoltre, continua AsiaNews, i governi cittadinipotrebbero essere riluttanti a sostenere ingenti speseper assicurare a milioni di migranti la stessa assistenzadei cittadini residenti, perché il disegno di legge non spiega dove i municipi reperiranno i fondinecessari. I migranti, poi, spesso “cambiano” città a seconda di dove trovano lavoro e ogni città ha proprie imposte e diversi criteri di spesa medica.Insomma un problema grande come il grande e popoloso Paese orientale.

IN CAMERUNI SITI WEB PIÙPERICOLOSIDEL MONDO

Per il terzo rapporto annuale della società di sicurezza webMcAfee sono i siti con il suffisso .cm (Camerun) quelli più pericolosiper chi naviga in rete. Secondo la “Mappatura del Mal Web”(Mapping the Mal Web) condottaanalizzando minacce, exploit deibrowser, phishing, pop-up eccessivi e download malevoli di oltre 27 milioni di domini web nazionali e generici, e calcolandone la probabilità ponderata di rischio,più della metà di quelli con il dominio .cm nascondono attivitàillecite o criminali, come softwareper il furto delle password.

Nel 2008 il primato di “piùpericoloso” del web era andato a Hong Kong (.hk), ma a seguitodelle severe misure adottate da parte dei gestori di questi dominiper reprimere le registrazioni di sititruffaldini, oggi solo l’1,1% dei siti.hk rappresenta un pericolo per la sicurezza dei navigatori. Il motivo per cui tante impresecibercriminali si sono concentratenel piccolo Stato africano è la somiglianza del dominio del Camerun con il più diffuso .com.I domini più sicuri sono risultatiquelli del Giappone (.jp) e poiquello dell’Irlanda (.ie). Mentre i sitiweb governativi (.gov) risultanoavere il dominio generico più sicuro.Secondo il rapporto McAfee i sitiregistrati nell’area Asia-Pacifico sono i più pericolosi di tutto il webcon il 13% di siti a rischio.

LA LIBERTÀDI STAMPA NON GODE DIOTTIMA SALUTE

76 cronisti uccisi, 33 rapiti, 573 arrestati, 1.456 quelli che hanno subito un’aggressione,157 i giornalisti costretti alla fuga dal loro Paese, 570 i mediacensurati. Questi sono i numeripresentati da Reporters sansfrontieres a Berlino nel suoventicinquesimo rapporto sullastampa internazionale. Rispetto al 2008 è stato registrato unaumento di 16 giornalisti assassinati(+26%). Da quest'anno, poi, secondoil rapporto di Rsf, anche il web è entrato in maniera massiccia nelle mire della censura: 1 bloggerè morto in prigione, 151 sono statiarrestati, 61 aggrediti, 60 i Paesicolpiti dalla censura di Internet. Il resoconto di Reporters sansfrontieres segue quello diffusoqualche tempo fa dal Comitato per la protezione dei giornalisti(Cpj), pubblicato da “Informa” il 18 dicembre scorso. Simili le conclusioni cui sono giunti i due organi internazionali, anche se i numeri di Rsf, se possibile, sonopeggiori di quelli del Cpj: secondoquest'ultimo i giornalisti uccisiquest'anno sarebbero 68 contro i 76di Rsf. Concordi invece nel giudicaregravissimo l'eccidio di 30 giornalistiavvenuto a novembre nel Sud delle Filippine, da parte della miliziaprivata di un governatore che, comespiega Rsf, «sarà ricordato come il più grande massacro di giornalisticommesso in una sola giornata».

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| internazionale |

EVE ESSERE STRANO SCOPRIRSI COMPARSA se per tutta la vita haivissuto da protagonista. Per chi invece per decenni haconosciuto solo illusioni effimere e ha ospitato più crisi

valutarie che mondiali di calcio, accorgersi che latempesta economica, una volta tanto, ha fattopiù male agli altri rischia di essere davvero ine-

briante. Dopo essere stata gravemente colpita da tutti iterremoti finanziari della globalizzazione moderna, l’A-merica Latina scopre oggi i vantaggi della marginalità. Ecosì, mentre l’Europa festeggia tassi di crescita che nonraggiungono l’1% e gli Stati Uniti si preparano all’onda-ta inflazionistica, gli eterni cugini poveri ritrovano l’ot-timismo. Potenza delle cifre, naturalmente.

La crisi è arrivata tardi e ha deciso di andarsene an-zitempo. Nel 2010, hanno affermato gli analisti dell’O-

nu, l’economia latinoamericana crescerà del 4,1% (con-tro il 2,4% della media mondiale) grazie, in primis, al-l’effetto-traino del Brasile. Un rilancio notevole soste-nuto tanto dalla ripresa statunitense (2,1%) quanto dal-la grande corsa (+8,8%) di un socio in affari sempre piùimportante: la Cina. Nel 2008, ha ricordato il FondoMonetario Internazionale (Fmi), il commercio tra Pe-chino e le nazioni latinoamericane ha superato i 140miliardi di dollari (erano 10 nel 2000) sottraendo quo-te di mercato importanti ai concorrenti. Nell’annus hor-ribilis 2008 le esportazioni del Continente verso la Cinahanno tenuto (-4,1%), quelle verso l’Unione europea egli Usa sono crollate (-36,3 e -35,3%). Le conseguenzenon si sono fatte attendere: per tre giganti della regio-ne come Argentina, Brasile e Cile, Pechino è diventato

il primo partner commerciale superando gli Stati Unitinella speciale classifica.

La Cina sempre più vicinaIl dirompente ingresso dei cinesi nel mercato regionalerappresenta la vera novità del decennio, nonché la fontedelle speranze future. Eppure le perplessità restano. L’e-splosione commerciale, infatti, non si starebbe traducen-do in un adeguato sviluppo economico e sociale. Nel2008 gli investimenti diretti di Pechino in America Lati-na si sono fermati a 24 miliardi di dollari. Molti di questisi sono concentrati nel settore energetico e nelle commo-dities (materie prime alimentari, come il grano, o no, co-me alluminio e rame), una scelta che non stupisce.

La Cina acquista soprattutto materie prime e vende

| internazionale | relazioni Sud/Est |

America LatinaIl Sud agganciala locomotiva cinese

di Matteo Cavallito

IL PRESIDENTE PERUVIANO ALAN GARCÍA lancia l’allarmesui pericoli del riarmo ma non disdegna di rivolgersi alla Cinaper un restyling dei suoi carri armati; il Brasile punta a scalare la classifica mondiale delle spese militari per nazione(attualmente è dodicesimo) e stringe accordi con Pechino; il Venezuela si sente minacciato, definisce un piano di guerral’accordo per l’utilizzo statunitense delle basi colombiane,ma continua a vantare un rapporto privilegiato con la Russianei trasferimenti di armi. L’America Latina, insomma, percorrela strada del riarmo e la tensione continentale aumenta. Le cifre restano limitate (38,6 miliardi di dollari spesi nel 2008 contro i 564 del Nord America, i 320 dell’Europa e i 206 dell’Asia), ma tanto basta per esacerbare conflittimai sopiti. Le spese del settore sono più che raddoppiaterispetto al 1991, quando si registrò il minimo storico dell’ultimoventennio, e la crisi mondiale non ha ostacolato la tendenzaalla crescita. E così gli eserciti si rinnovano e le mossegeopolitiche seguono a ruota. L’accordo Washington-Bogotárilancia la presenza americana dopo quel ridimensionamentostrategico che aveva aperto la strada ai concorrenti russi e cinesi. Sebbene in crescita, l’ammontare dei trasferimentidi armi convenzionali dalla Cina all’America Latina restatuttora modestissimo. Le relazioni in campo militare, tuttavia,si sono particolarmente intensificate. Pechino ha inviato un proprio contingente ad Haiti nell’ambito della sua primaoperazione di peacekeeping nel continente e, da tempo,promuove scambi di “studenti” nei corsi di specializzazionetra le accademie militari cinesi e quelle di Brasile, Cile,Argentina, Venezuela, Cuba e Messico. Contemporaneamente,Taiwan cura la sua amicizia con gli ultimi sostenitori del continente: ad ottobre l’isola “ribelle” ha ospitato nellesue accademie ufficiali provenienti da Repubblica Domicana, El Salvador, Guatemala, Nicaragua e Paraguay. M.Cav.

L’ingresso della Cina nel Subcontinente rappresenta la novità del decennio, nonché la fonte delle speranze future. Ma restano delle contraddizioni.

Un operaio livella il carico di semi di soia,a bordo di una navein partenza dal portodi Santos. La richiestadi soia brasilianada parte della Cinaè aumentata e haimpresso una profondatrasformazionenelle produzioniagricole tradizionali.Brasile, 2007

URUGUAYSostenuto dal capo di Stato uscente TabaréVázquez, il candidatoprogressista José Mujica

ha conquistato la presidenza del Paeseottenendo il 53% dei voti.Sconfitto al ballottaggio il candidato conservatoreLuis Alberto Lacalle.[ 29 novembre ]

HONDURASCome da pronostico il candidato conservatorePorfirio Lobo ha vintole elezioni presidenzialicon il 55,9% dei consensi,superando il suo avversarioElvin Santos (PartitoLiberale, 35,8%). L’ex presidente ManuelZelaya, deposto con un colpo di Stato il 28 giugno, ha giudicatoillegittima la consultazione,trovando il consenso diquasi tutti i governi dellaregione. Pur condannandoil golpe, il segretario di Stato Usa, HillaryClinton, si è pubblicamentecongratulata con il neopresidente Lobo. [ 29 novembre ]

BOLIVIAEvo Morales è statorieletto presidente con il 63% dei voti,sbaragliando la concorrenza del rivaleManfred Reyes Villa(25%). Decisivo il sostegno dellapopolazione indigena di cui il presidente è garante e sostenitore. [ 6 dicembre ]

CILECon il 51,6% dei consensinel ballottaggio dello scorso gennaio, il conservatore SebastiánPiñera ha conquistatola presidenza del Cile.Sconfitto il candidatodemocristiano EduardoFrei , già presidente dal 1994 al 2000.Soprannominato“Piñerusconi” per le somiglianze con il premier italiano(un’immensa fortuna, un canale televisivo, una squadra di calcio, un po’ di guai giudiziari…),Piñera è il primo politicoconservatore ad essereeletto democraticamentedal 1958.[ 17 gennaio ]

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¡A LAS ARMAS AMIGOS!L’AMERICA LATINA SI RIARMA

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AMERICA LATINA:PARTNER COMMERCIALI 2008

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manufatti. L’industria latinoamericana, incapace di regge-re la concorrenza asiatica, patisce l’invasione dei prodottia basso costo mentre il settore delle materie prime divieneil principale fattore di crescita. Un rischio non da poco afronte della rinnovata speculazione finanziaria. Finché icereali argentini, l’alluminio brasiliano e il rame cileno “ti-reranno”, insomma, le ambizioni di crescita saranno giu-stificate. Ma cosa accadrà, ci si chiede, quando a Londra ea Wall Street decideranno che è giunto il momento di gio-care al ribasso? La storia recente del petrolio e i guai finan-

ziari del Venezuela insegnano. Ma qualcuno nel Subcon-tinente potrebbe non aver imparato la lezione.

I piani di Pechino e le ansie di WashingtonLe mosse cinesi sono ispirate da un piano che il gover-no di Pechino ha reso pubblico nel 2008. Il “Policy Pa-per on Latin America and the Caribbean” spazia dagliscambi commerciali agli investimenti, dall’isolamentodi Taiwan (che molte nazioni sudamericane già non ri-

conoscono) alla cooperazione in campo militare (vedia pag. 57). Messo nero su bianco, il progetto ha fat-

to materializzare in un sol colpo tutti i possibili timoridegli Stati Uniti. Già nel 2005 gli analisti della HeritageFoundation, un think tank conservatore molto influentepresso la Casa Bianca, avevano avvertito circa i “perico-li” dell’espansione cinese, invitando l’amministrazionea spingere sull’acceleratore nei piani di libero scambio.Ma quel progetto, pensato molti anni prima, era già sul-l’orlo del fallimento: l’ipotesi dell’eliminazione dellebarriere commerciali in tutto il continente è franata perl’opposizione del Venezuela e del blocco del Mercosur(Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) trascinandocon sé la prospettiva di un’economia continentale in-dissolubilmente legata al dollaro. La Cina, che puntaapertamente a ridimensionare il ruolo del biglietto ver-de nello scenario internazionale (vedi nella pagina afianco), ha firmato accordi bilaterali con Argentina eBrasile per commerciare in monete locali, ma ha anchepromesso di sostenere un programma di riduzione ecancellazione dei debiti sovrani latinoamericani che, co-me noto, sono espressi proprio in dollari.

Integrazione lontanaPer il Subcontinente la diversificazione del commercioe il ridimensionamento dell’ingombrante ruolo statu-nitense rappresentano, al netto dei rischi, un’ottimaopportunità. Eppure qualcosa sembra non tornare. Gliaccordi doganali tra le nazioni restano ma la prospetti-va di integrazione in un blocco economico in grado didifendere gli interessi regionali anche in sede “diplo-matica” (Wto, Banca Mondiale, Fmi e G20) è ancora

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IL BIGLIETTO VERDE AMERICANO spogliato di qualsiasi privilegio e ridotto a semplicemoneta nazionale. Se fino a poco tempo fal’idea appariva folle, oggi l’ipotesi sembrasempre meno fantascientifica e, a conti fatti,appare piuttosto logica. Se gli Stati Uniti non sono più l’unica superpotenza economicadel Pianeta per quale motivo la loro valutadovrebbe continuare a dominare le riserveestere, regolare gli scambi petroliferi e misurare i movimenti di mercato? Se lo chiedono con insistenza i cinesi che, per il futuro degli scambi internazionali, hannorotto gli indugi proponendo apertamente la sostituzione del dollaro con i “diritti specialidi prelievo”: una valuta virtuale elaborata

dal Fondo monetario internazionale (Fmi)attraverso un paniere che, al biglietto verde,affianca yen, euro e sterline. L’ipotesi sarà pureprovocatoria, ma evidenzia ugualmente lo statoattuale del conflitto in atto tra Washington e il club dei Paesi emergenti. In accordo con le nazioni del Golfo, ha segnalato negli scorsimesi il quotidiano britannico The Indipendent, i regolatori di Cina, Brasile, Russia e Giapponestarebbero elaborando un nuovo schemafinanziario per sostituire il dollaro negli scambipetroliferi. Una mossa che, in combinazionecon la crescente presenza dell’euro nelleriserve internazionali, potrebbe segnare il definitivo requiem per la valuta Usa. SecondoBarry Eichengreen, docente di Economia alla

Berkeley University, lo yuan potrebbe diventareuna delle valute più importanti del mondoentro il 2020. Schiacciati da un debitopubblico ormai titanico (il valore delleobbligazioni sovrane Usa in mano ai cinesisfiora gli 800 miliardi di dollari), gli americani guardano con preoccupazione al deprezzamento della propria valuta (leggiinflazione) mentre gli speculatori di tutto il mondo puntano sempre più sul dollaro nelle operazioni di carry trade (prendono a prestito valuta americana sfruttando i bassitassi di interesse per cambiarla e reinvestirla in mercati più redditizi generando una plusvalenza). La banconota verde non se l’è mai passata così male. M. Cav.

CERCASI NUOVA MONETA DI RIFERIMENTO PER GLI SCAMBI INTERNAZIONALI

AMERICA LATINA: VARIAZIONE PERCENTUALE DEL PIL 2007-2010

NAZIONE 2007 2008 2009* 2010*

Argentina 8,7 6,8 0,7 4,0Bolivia 4,6 6,1 3,5 4,5Brasile 5,7 5,1 0,3 5,5Cile 4,7 3,2 -1,8 4,5Colombia 7,5 2,4 0,3 2,5Ecuador 2,5 6,5 -0,4 3,0Messico 3,4 1,3 -6,7 3,5Paraguay 6,8 5,8 -3,5 3,0Perù 8,9 9,8 0,8 5,0Uruguay 7,6 8,9 1,2 5,0Venezuela 8,2 4,8 -2,3 2,0America centrale e meridionale 5,8 4,2 -1,8 4,1Caraibi 3,1 0,8 -2,1 1,8TOTALE 5,8 4,1 -1,8 4,1

*stime

L FUTURO DELL’AMERICA LATINA parla sempre più cinese, ma sia-mo sicuri che l’ottimismo sia giustificato? Il filo diretto con laCina è realmente privo di rischi? E quello tra Pechino e l’A-

merica Latina è davvero uno scam-bio alla pari? Sono molti i motivi diperplessità che accompagnano la

relazione tra le due regioni. Valori ne ha discusso con FrancescoSchettino, ricercatore presso il Development studies research centre(Spes) dell’Università La Sapienza di Roma, da anni impegnato nel-lo studio delle dinamiche economiche dell’area.

Dalla Cina tanti scambi, ma pochi investimenti diretti. Ba-sta questo per garantire ai Paesi latinoamericani uno svi-luppo economico generalizzato?

Viste le dimensioni e lo “stato di salute” del capitale cinese, i margi-ni di sviluppo sono evidentemente ampi. Sul collegamento direttotra aumento degli investimenti e riduzione della povertà sono unpo’ più scettico. Se è vero che i recenti investimenti cinesi nei Paesiafricani hanno prodotto uno sviluppo infrastrutturale, è anche ve-ro che l’esperienza del capitale straniero in America Latina, almenodagli anni ’60 in poi, ha generato un violento sfruttamento della for-za-lavoro locale dando vita, inoltre, a quella catena di debito esteroche vincola tuttora le economie locali.

Manufatti cinesi in cambio di materie prime latinoamerica-ne. Una specializzazione produttiva che, in tempi di fortespeculazione, potrebbe rivelarsi molto pericolosa per i Pae-si del Subcontinente, concorda?

È noto che la specializzazione è estremamente rischiosa: sia per icombustibili fossili che per i generi alimentari di prima necessità, laspeculazione sta determinando una grande volatilità dei prezzi giun-gendo, spesso, a pilotarne gli andamenti. Ciò determina una fragi-lità economica, e dunque un’instabilità sostenuta con conseguenzedrammatiche per i più poveri. Questa eccessiva dipendenza, inoltre,si traduce in una elevata vulnerabilità politica dei governi, divenen-do così fonte di evidente instabilità.

L’invasione di prodotti cinesi a basso costo può danneg-giare l’industria locale. Un effetto collaterale accettabile?

È fin troppo ovvio che le merci più a basso costo siano quelle prefe-rite da coloro che vivono nettamente al di sotto della linea di po-vertà. Per i manuali di economia politica si tratta di “concorrenza”,di stimolo all’efficienza nelle industrie locali. Ma, se così non è, ilproblema potrebbe risiedere nella eccessiva debolezza del capitalelocale o nell’erroneità di quello stesso concetto di concorrenza che,

nel capitalismo, più che a una leale competizione “podistica” asso-miglia a una lotta fratricida.

La Cina scambia in valuta locale con Argentina e Brasile epunta apertamente a un ridimensionamento del dollaro. Èin corso una battaglia decisiva?

Questa è la questione cruciale. Il capitalismo sta vivendo una fasecritica contraddistinta da un conflitto valutario tra i capitali a baseeuro e quelli che si basano sulla valuta Usa. Da questo punto di vi-sta, le scelte del governo cinese sono di importanza strategica datoche, da una parte la Cina possiede la gran parte del debito statuni-tense – denominato in dollari – e dall’altra, detiene un quantitativodi riserve di valuta estera enorme. Dunque, l’ipotetica scelta di so-stituire il dollaro con l’euro, ad esempio, causerebbe un’immediatasvalutazione del biglietto verde e un conseguente crollo verticaledell’economia Usa. E a quel punto, come si è già visto in Iraq, diffi-cilmente gli Stati Uniti resterebbero a guardare. .

Ombre cinesi, paure statunitensi

di Matteo Cavallito

Prodotti cinesi low cost contro materie prime sudamericane pagate in valuta locale. Questa la ricetta del commercio tra Cina e Paesi latinoamericani. Che rischia di innescare un conflitto valutario. L’opinione di Francesco Schettino.

La scelta di sostituire il dollarocon l’euro, causerebbe il crolloverticale dell’economia Usa.E gli Stati Uniti nonresterebbero a guardare

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utopia. «Il modello dell’Unione Europea è evidente-mente lontano», spiega Osvaldo Coggiola, docente ar-gentino di storia contemporanea ed economica pressol’università di San Paolo in Brasile. «La concorrenza frai grandi gruppi europei, nordamericani, giapponesi,brasiliani, e cinesi è troppo forte da permettere un ac-cordo pacifico». La debolezza di molte valute locali e ilconflitto tra la valorizzazione del Real e la svalutazioneconcorrenziale del Peso troncano sul nascere qualsiasiipotesi di unione monetaria mentre, sul fronte politico,i piani di riarmo finiscono per complicare rapporti in-ternazionali storicamente difficili. Il futuro latinoame-ricano, ancora una volta, si decide altrove. .

La bandiera cinesesventola su piazzaTien An Men a Pechino.

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| internazionale || internazionale | Crisi dimenticate/4 | Congo |

di loro. Due mesi e mezzo dopo, sono riuscita a scappare».Ngarambe ha invece 31 anni. A causa della guerra, ha perso sua

moglie, ma non ha avuto tempo per piangerla. Doveva salvare unodei suoi figli: «Il mio bambino più piccolo ha 9 mesi. Per tutto il tem-po sua madre lo ha portato sulla schiena. Ma un giorno hanno inva-so il nostro villaggio. Quando lei ha provato a scappare, l’hanno pre-sa di mira. È stata colpita da un proiettile che ha ferito nostro figlio.L’ho dovuta seppellire con le mie mani. Poi ho preso il bambino e melo sono messo sulle spalle. Mi sono inerpicato sulle colline, una do-po l’altra. Sono riuscito a trovare un centro medico dove lo hannooperato. La mia vita era bella. Ero felice, avevo casa, facevo l’inse-gnante. Nel futuro, se mio figlio sopravvivrà, dovrò rimanere nelcampo profughi. La mia casa è ancora in territorio di guerra».

Due milioni di profughiMichel, Pierrette, Ngarambe, le loro sono rapidi spaccati di vite e tra-gedie personali. Che però, collegate insieme, riescono a trasmetterel’idea della quotidianità dei civili in Congo: costretti a preoccuparsi,ancor prima della fame e delle malattie, a sfuggire alle violenze di unconflitto permanente, che da oltre un decennio insanguina villaggi

e campagne del Nord e Sud Kivu e che vede combattersi, a vario ti-tolo e nonostante i 15 mila soldati della forza Monuc delle NazioniUnite, l’esercito regolare del Congo, i ribelli del Cndp e il Fronte perla Liberazione del Rwanda. Un cancro che colpisce milioni di perso-ne, peggiorandone le già precarie condizioni di vita. Un recente rap-porto dell’Ocha (l’ufficio Onu per il coordinamento degli aiuti uma-nitari) stimava che, solo tra marzo e giugno 2009, oltre un milione emezzo di congolesi hanno dovuto abbandonare le proprie abitazio-ni a causa delle campagne militari nella regione orientale del Kivu. Ela cifra supera i due milioni se si includono anche i profughi dei di-stretti di Haut-Uélé e di Bas-Uélé, in cui imperversano i ribelli ugan-desi dell’Lra (Esercito di Resistenza del Signore), un gruppo che com-batte per istituire nell’area uno Stato teocratico basato sui Dieci Co-mandamenti (il suo leader, Joseph Kony, si definisce “portavoce diDio e medium dello Spirito Santo”).

Un’amara ironiaIn un simile coacervo di deliri religiosi e sordidi interessi economicie commerciali chi si trova nella morsa del conflitto è del tutto privodi servizi sanitari. Le poche strutture che rimangono aperte, gestite

da associazioni umanitarie, traboccano di malati e feriti. «La guerrainfluenza molto il nostro lavoro – racconta Ilaria Porta, coordinato-re medico di Medici Senza Frontiere in Kivu – Non solo dobbiamocurare le malattie tipiche dei luoghi in cui manca l’assistenza sani-taria di base, ma ci troviamo anche molti feriti da arma da fuoco cherichiedono investimenti ingenti: sale operatorie adeguate, assisten-za post operatoria, chirurghi ortopedici e personale qualificato». Ol-tre a tutto questo, ci sono i traumi psicologici di bambini e donnetorturati e violentati: «Abbiamo quindi attivato dei programmi disupporto psicologico per vittime di stress post traumatico, indi-spensabili per aiutare le vittime dei conflitti».

Le sofferenze della popolazione congolese hanno tra l’altro unaspetto amaramente ironico: «Ciò che avviene in Congo – spiegaIlaria Porta, alla sedicesima missione per Msf – non è diverso daquanto ho potuto osservare in altre regioni africane. Cambiano inomi degli eserciti. Ma la popolazione civile è sempre neutrale e to-talmente disinteressata ai motivi del conflitto. Le vicende militari epolitiche passano sopra le loro teste. Non sposano nessuna causa.Capita che stringano “accordi” con gli eserciti che occupano il lo-ro villaggio, ma lo fanno per quieto vivere». .

ICHEL HA TREDICI ANNI: dormiva profondamente in-sieme ai fratellini e a sua sorella. Era più o menomezzanotte quando quattro uomini sono entrati in

casa loro, armati. Li hanno legati econdotti nella boscaglia: «Ci siamo ri-trovati con una ventina di altri bambi-

ni», racconta. «Ci frustavano e ci costringevano a lavorare, in silen-zio. Un giorno, mentre saccheggiavano un villaggio, si sono imbat-tuti in un contadino. L’hanno trascinato nella boscaglia e l’hannoucciso. Poi mi hanno chiamato. Mi hanno messo in mano un ma-chete. Il cuore mi batteva all’impazzata. Mi hanno ordinato di farloa pezzi. Altrimenti avrebbero ucciso anche me».

Pierrette non sa precisamente quanti anni ha («dovrei avernecirca quindici»). Per due mesi è stata sequestrata e trasformata inuna “moglie forzata”: «Ero partita con mia madre per lavorare neicampi. Dalla boscaglia sono apparsi alcuni uomini. Erano in tan-ti, armati, aggressivi. Ci hanno trascinato a forza nella foresta. Làhanno lasciato andare mia madre, ma hanno tenuto me con loro».È l’inizio di un incubo: «Di giorno mi facevano trasportare riso earachidi e mi picchiavano. La notte ero costretta a stare con uno

di Emanuele Isonio

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Cronacadi un conflittopermanente

LA CRISI UMANITARIA che flagella il Congo da oltre un decennio compare puntualmentefra le dieci più gravi segnalate ogni anno da Medici senza frontiere. Ma, altrettantopuntualmente, è dimenticata dai mass media italiani, nonostante le ferite della popolazionecivile continuino a moltiplicarsi. Per raccontare le loro storie di sopravvivenza durantei conflitti, Msf ha attivato il sito Condizione critica – www.condition-critical.org – riccodi filmati, fotografie, testimonianze di uomini, donne, bambini e degli operatori umanitari.Un archivio straordinario per documentare l’atroce quotidianità degli abitanti del Kivu.

I TESTIMONI RACCONTANO LA CRISI DEL KIVU

Nome: RepubblicaDem. del CongoPopolazione:68,3 milioni Capitale: Kinshasa Forma di Stato:Repubblica Indipendenza:1960, dal BelgioPil 2008*: 20,8miliardi di dollari Pil pro capite 2008*:300 dollariTasso di crescitareale 2008: 5,9%Tasso d’inflazione(stime 2007)**: 16,7%Alfabetizz.***: 67,2%Mort. infantile: 8,1%Incidenza Hiv/Aids(stime 2003): 4,2%Tasso di crescita popolazione: 3,2%Speranza di vita: 54,4 anni

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DALL’INDIPENDENZA DAL BELGIO NEL 1960 il Congo non ha maigoduto di stabilità politica o sociale. Nel 1965 Joseph Mobutu si autoproclamò presidente e cambiò il nome del Congo in Zaire,avviando un regime caratterizzato da un forte culto della personalità,durato 32 anni. La fine della Guerra fredda, che Mobutu avevasfruttato per essere l’ago della bilancia nel Continente africano, acuì la crisi politica interna e segnò la fine del suo regime nel 1996,quando le forze ribelli ruandesi e ugandesi, coalizzate sotto il comando di Laurent Desiré Kabila, presero il potere. Mobutu fuggì in Marocco. Kabila si proclamò presidente, e cambiò di nuovo nome al Paese: Repubblica Democratica del Congo. Nel 1998, i ribelli Tutsi,spalleggiati da Angola, Namibia e Zimbabwe iniziarono una dura lottacontro i fedeli di Kabila: una “guerra mondiale africana” che videcombattersi sul territorio congolese gli eserciti regolari di ben seiPaesi. Obiettivo: controllare i ricchissimi giacimenti di diamanti, oro e coltan (strategico nell'industria militare, informatica e delle telecomunicazioni) del Kivu e Uélé. 350 mila le vittime direttedel conflitto e 2,5 milioni i morti per carestie e malattie causate dalla guerra civile. La guerra finì con la morte di Kabila nel 2001. Gli successe il figlio Joseph. Dal 2004, la crisi del Kivu è andatapeggiorando. Nemmeno un trattato di pace (gennaio 2008) ha fermatoil conflitto. Guerra e malattie uccidono ogni mese 38 mila persone.L’instabilità avvantaggia i Paesi ricchi. A dicembre, l’arcivescovo di Butembo, monsignor Sikuli Paluku, ha accusato i governi occidentalidi mantenere il caos nella regione: «Le ricchezze minerarie del nostropaese – denunciava dalle colonne de L’Avvenire - sono una delleragioni di questo conflitto senza fine, in cui i congolesi si combattonogli uni contro gli altri, fratelli contro fratelli. Spesso per interessi che stanno fuori dal nostro paese. È una situazione di violenza,ingiustizia, sfruttamento che non possiamo più tollerare». Em. Is.

CINQUANT’ANNI TRA REGIMI E CAOS

Oltre dieci anni di conflitto tra forze governative e ribelli hanno gettato nel caos le regioni orientali del Congo. Per i civili la situazione è sempre più difficile.

Joseph Kabila.Sotto, profughi in fuga. A fianco,adolescentiper strada.

* A PARITÀ DI POTERED’ACQUISTO

** PREZZI AL CONSUMO***% POPOLAZIONE CON PIÙ

DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE

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Tra Locate Triulzi e Dubai la distanza non è poi tanta se si percorre mirando all’inclusione sociale, soprattutto ai tempi della crisi. Il mercato del sociale ha grandi potenzialità, ma anche qualche rischio.

ri, 100 chilometri più a Nord». Per tenere saldo il legametra Locate Triulzi e Dakar si fanno riunioni settimanali, infrancese o in italiano, tramite computer, sui problemi, darisolvere ogni giorno: l’acquisto del trattore, ad esempio,che è stato concluso direttamente sul mercato cinese, fa-cendolo spedire a Dakar per soli 8 mila euro, invece dei 23mila di un modello simile italiano. Continua Vecci: «At-tualmente lì abbiamo sette soci-lavoratori e una sede del-la cooperativa costruita materialmente da loro, insiemealla comunità locale».

I fiori dell’apartheidMa se Dakar sembra lontana, che dire di Capetown? PerIl Giardinone inizia infatti anche un’avventura sudafri-cana, un’ipotesi di investimento da 100 mila euro per 10anni su una fattoria che produce ed esporta fiori coltiva-ti su 20 ettari a Nord di Città del Capo, nella cosiddettaRiviera dei fiori, dove il clima è una primavera costante.«Guardando al tema del black empowerment, una sorta diincentivo alle pari opportunità, laggiù molto sentito per-ché i neri non hanno ancora recuperato il terreno per-duto in anni di apartheid, stiamo avviando qualcosa chequi giuridicamente non esiste, cioè un trust (fondo) nonlucrativo comandato da un master (sindaco) che fa que-sto lavoro per la comunità locale», racconta Vecci. «Ab-biamo posto tre condizioni: in primis che la gestione del-la fattoria sia data in mano al trust; poi che si facciano in-vestimenti per migliorarne la produttività e, infine, chesi impieghino lavoratori locali di colore che diventino so-ci». E poiché le spese saranno tra i 70 e gli 80 mila euro

per i primi due anni, Il Giardinone sta cercando altre coo-perative sociali che partecipino al progetto.

Parlo arabo?Logica imprenditoriale, internazionalizzazione dell’in-clusione sociale, creazione di reti e relazioni e qualchecontaminazione con il for profit: ecco forse la lente at-traverso cui leggeremo il futuro dell’impresa sociale. Secosì fosse, Il Giardinone si sarebbe portata avanti pun-tando anche su Dubai. Andrea Vecci e alcuni impor-tanti imprenditori (Malegori e Baronchelli della pro-gettazione del verde, lo studio di architettura Blast, ilcostruttore Pizzarotti) sono partiti a novembre per Abu

Dhabi, in una missione della Camera di commercio diMilano, e sono tornati con un accordo benedetto daEmirates Foundation per costituire una società di di-ritto emiratino che si chiamerà Italian team. Obiettivo:abbattere i costi e dar vita a una sorta di incubatore perle imprese italiane a Dubai. Il Giardinone sta studian-do come partecipare alla Srl iniziale e poi uscirne comeimpresa sociale “incubata”. Si parla di circa 60 mila eu-ro di spese all’anno, ma a Dubai il mercato del socialeè ancora in qualche modo vergine, spiega Vecci: «Tut-to il tema della comunicazione sociale lì non esiste an-cora. Cosi come è stata appena avviata la ricerca sul-l’inclusione lavorativa». .

LTRO CHE FOR PROFIT, in tempi di crisi economica è l’im-presa sociale a fare affari, a “conquistare” nuovi merca-ti, ad esportare il made in Italy. L’esempio viene da vici-

no: Il Giardinone, cooperativa sociale di tipo B,cioè di inserimento lavorativo di soggetti svan-taggiati, iscritta all’albo regionale lombardo dal

1996 e con sede in una cascina recuperata all’ingresso diLocate Triulzi, nella cintura di comuni a Sud di Milano.È un’impresa sociale, definita dal decreto 155/06, i cui36 soci-lavoratori (il 33% sono “persone svantaggiate”)mandano avanti un’attività di pulizie e di servizi di giar-dinaggio da 1 milione e 200 mila euro di fatturato an-nuo (bilancio 2008), è la seconda azienda di LocateTriulzi e si ritrova, di questi tempi, con un utile consoli-dato di 700 mila euro. Merito del lavoro, certo, ma an-che della legge, che fa divieto alle imprese sociali di ri-distribuirlo tra i soci. Da qui l’idea e la possibilità di in-vestire nei processi di internazionalizzazione.

Tra wolof e dialetto della bassaE fu così che Il Giardinone da Locate sbarcò in Senegal.Andrea Vecci, consigliere di amministrazione della so-cietà, ne parla con entusiasmo: «Da febbraio 2009 siamosoci sovventori di una cooperativa agricola senza scopo dilucro, avviata da alcuni nostri soci-lavoratori e ricono-sciuta, secondo la legge locale, dal governo. Si chiama Baysa rew (in wolof, la lingua locale parlata, significa “coltivala tua terra”), produce soprattutto mais su 20 ettari di ter-reno presso il villaggio dove si è sviluppata, 300 chilome-tri a Sud di Dakar, vicino al Gambia, e poi su altri 20 etta-

di Corrado Fontana

A

Italia, SenegalDubai e SudafricaL’impresa sociale si mette in viaggio

Flaviano Zandonai,ricercatore Iris network,e, sotto, Giorgio Fiorentini, UniversitàBocconi di Milano.

L VALORE AGGIUNTO È LA SUA STORIA. Avere alle spalle trent’anni diesperienza non è un elemento di poco conto», così dice, parlan-do di un “modello italiano dell’impresa sociale” da esportazio-

ne, Flaviano Zandonai, ricercatore diIris Network, la rete nazionale degliistituti di ricerca sull’impresa sociale.

Più in particolare, ricorda su cosa si dovrebbe puntare: «L’esperienzache c’è in Italia sull’inserimento al lavoro di persone che vivono unacondizione di disagio e fragilità sociale rappresenta un aspetto di valo-

re che si presta ad essere internazionalizzato. Se infatti esiste un mo-dello di impresa sociale internazionale è proprio questo e su di esso èperciò relativamente facile costruire delle partnership a livello interna-zionale». Sulla peculiare positività del modello italiano concorda il pro-fessor Giorgio Fiorentini, responsabile scientifico del Master in manage-ment delle imprese sociali, cooperative e aziende non profit dell’UniversitàBocconi di Milano, sottolineando che: «Quella dell’impresa sociale èuna formula imprenditoriale interessante, in particolare attraverso larealizzazione di SpA o Srl, senza distribuzione di utili, che potrebbero

InternazionalizzareNon basta la parola

di Corrado Fontana

L’impresa sociale ha struttura e numeri di rilievo: esiste un modello italiano da esportazione?

«I

LIBRI

Bruno AmorosoPer il Bene ComuneDallo stato del benessere alla societàdel benessereDiabasis, 2009

La costruzione di una fattoria in Senegal.

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APPUNTAMENTI FEBBRAIO>APRILE PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]

14 marzoCOLOMBIAELEZIONI LEGISLATIVE

17 marzoVIENNA (AUSTRIA)156TH MEETING OF THE OPECCONFERENCESi riunisce la Conferenza dell’OPEC, la massima autorità dell’Organizzazionedei Paesi produttori di petrolio. www.opec.org

26 - 29 marzoBARCELLONA (SPAGNA)SECONDA CONFERENZA SULLA DECRESCITA ECONOMICASeconda Conferenza internazionale sulla decrescita economica per la sostenibilità ecologica e l’equitàsociale, a seguito dell’edizione delloscorso anno a Parigi. La conferenzaincluderà presentazioni plenarie e tavolerotonde di accademici e specialisti della decrescita, nonché la presentazionedei lavori dei laboratori partecipativi.www.degrowth.net/-Barcelona2010

29 marzo - 16 aprileNEW YORK (STATI UNITI)SESSIONE 2010 DELL’UNDCSessione di lavoro della Commissionedisarmo delle Nazioni Unite (UNDC) che vede il Sud Africa e l’Italia alla presidenza dei due gruppi di lavoro: la Commissione elaboraraccomandazioni sul disarmo nucleare,la non proliferazione e l’utilizzo non bellico dell’energia atomica. Nel corso della precedente sessione il gruppo presieduto dal Sud Africa non è riuscito a produrre un documentounitario sul disarmo.www.un.org

22 - 23 aprileSEOUL (REPUBBLICA DI COREA)BUSINESS FOR THE ENVIRONMENT B4EIl Summit coreano segna l’incontro tra governi, imprese, media e ONG dopo la conferenza sul clima di Copenhagen,in cui verranno discussi i risultati di Cop15. Organizzato dall’UNEP, l’agenzia delleNazioni Unite per l’ambiente, al Summitsaranno presenti Wangari Maathai,Premio Nobel per la Pace, del movimento Greenbelt, Richard

del mercato dei capitali in Asia. Promossa dall’OCSE, l’Organizzazione per lo sviluppo economico tra i Paesi piùindustrializzati, dall’Asian DevelopmentBank Institute (ADBI) di Tokio, con il supporto del governo giapponese, la Tavola rotonda è stata istituita nel 1999in seguito alla crisi finanziaria asiatica e offre un forum di discussione tra gli organismi asiatici di regolamentazione,gli investitori e i professionisti del settore.www.oecd.org/daf/fin/tokyo

24 - 26 febbraioBALI (INDONESIA)SPECIAL SESSION OF THE GOVERNINGCOUNCIL UNEPUndicesima sessione speciale del Consiglio di amministrazione di UNEP/Forum ministeriale mondialesull’ambiente.www.unep.org

1 - 5 marzoHO CHI MINH CITY (VIETNAM)INTERNATIONAL CONFERENCE ON ENVIRONMENTAL POLLUTION,RESTORATION, AND MANAGEMENTIl recente sviluppo economico-industrialedel Vietnam, della Cina e di altri Paesiasiatici si è tradotto in una crescentepressione ambientale. La letteraturascientifica indica che ci sono problemi di inquinamento organico ed inorganicodelle acque dei Paesi asiatici e che altriinquinamenti, frutto delle produzioniindustriali, costituiscono un problemaper la salute pubblica. Per migliorare la qualità ambientale dei Paesi in via di sviluppo è stata indetta la primaconferenza internazionale SETAC(Asia/Pacific Joint Conference)organizzata dalla Ho Chi Minh CityUniversity of Technology.www.hcmut.edu.vn/en/

4 - 14 marzoGINEVRA (SVIZZERA)SALONE INTERNAZIONALE DELL’AUTOSotto l’insegna dell’auto “verde”all’ottantesimo Salone ospitato dalla seconda piazza finanziaria della Confederazione Elvetica,quest’anno in esposizione ci sarà anche una Ferrari 599 ibrida.www.salon-auto.ch

7 marzoIRAQELEZIONI PARLAMENTARI E REFERENDUM

FebbraioRIYADH (ARABIA SAUDITA)GULF MONETARY COUNCILNasce il Gulf Monetary Council, embrionedi quella che sarà la Banca centrale del Golfo Persico, operazione necessaria in vista dell’Unione monetaria dei Paesidel Golfo. Entro i prossimi dieci anni gli Stati del petrolio avranno una monetaunica, concepita sul modello dell’euro. Il progetto è stato avviato nel 1981, dopola fondazione del Gulf Cooperation Council(Gcc), al quale hanno aderito inizialmenteArabia Saudita, Kuwait, Bahrain e Qatar,ma che sembra destinato ad allargarsi ad altri Paesi produttori di petrolio. La valuta che cercherà di fare concorrenzaal dollaro nelle contrattazioni dell’oro nerosi chiamerà “gulfo”.

16 - 18 febbraioASPEN (COLORADO)CUBA AFTER CASTROQuale sarà la leadership a Cuba dopo la scomparsa di Fidel Castro? Questo l’argomento del dibattito moderato da Albert Coll, scrittore e docente di dirittoalla DePaul University, e da Ann LouiseBardach, giornalista autrice del libro“Senza Fidel: una morte annunciata”(ottobre 2009). L’incontro si terrà suimonti del Colorado nella sede dell’AspenInstitute, che ne è l’organizzatore, e sichiede quali saranno le conseguenze sugliStati Uniti della scomparsa di Fidel Castroe se la presidenza Usa sarà in grado di porre delle basi diverse nelle relazionicon il governo dell’isola caraibica.www.aspeninstitute.org

10 - 13 febbraioBANGKOK (THAILANDIA)32ND HEAD OF DRUG LAWENFORCEMENT AGENCIES MEETING Incontro organizzato dall’Asean, la Comunità economica tra i Paesi del Sudest asiatico. Le Agenzieinternazionali di controllo sui traffici di droga si danno appuntamento in Corea.www.asensec.org

22 - 23 febbraioTOKIO (GIAPPONE)11TH ROUNDTABLE ON CAPITALMARKET REFORM IN ASIAUndicesima Tavola rotonda sulla riforma

Branson presidente del gruppo Virgin, gli amministratori delegati della DowChemical Company, Siemens, LGElectronics, Coca-Cola, Hitachi, Nalco.www.b4esummit.com

24 - 25 aprileWASHINGTON DC (STATI UNITI)SPRING MEETING IFMAnnuale convegno di primavera del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.www.imf.org

25 aprileAUSTRIAELEZIONI PRESIDENZIALI

7 - 9 maggioDUBLINO (IRLANDA)MEETING ANNUALE DELLA TRILATERALCOMMISSIONRiunione plenaria della Commissionefondata da David Rockefeller nel 1972,che riunisce oggi 390 membri tra le persone considerate più influenti al mondo, provenienti dal settore degliaffari, dalle università, dai sindacati, dallapubblica amministrazione, dalla ricerca e dalle organizzazioni non governative.160 membri arrivano dall’Europa, 120dal Nord America e 110 dall’area asiaticadel Pacifico. L’argomento dei meetingnon viene comunicato alla stampa primadell’inizio dei lavori: lo scorso anno è stato sulle opportunità offerte dalla crisi (nella foto: il primo meetingdella Trilateral, a Tokio nel 1973).www.trilateral.org

7 - 10 maggioMELILLA (SPAGNA)SOCIAL CAPITAL IN PRACTICEOrganizzata dalla Social CapitalFoundation, la Conferenza riuniràscienziati, politici e operatori sociali per discutere nella pratica le questioniconnesse al capitale sociale. www.socialcapitalgateway.org

27 - 28 maggioABIDJAN (COSTA D’AVORIO)AFDB ANNUAL MEETINGNel corso del meeting annuale dei governatori dell’African DevelopmentBank Group (AfDB) e dell’AfricanDevelopment Fund, verrà lanciatol’African Economic Outlook 2010, unapanoramica delle prospettive economichedel Continente per l’anno in corso.www.afdb.org

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essere un ottimo start up per entrare nei mercati esteri. Una formula im-prenditoriale assai più snella, più vicina ai bisogni della domanda e concosti inferiori rispetto alle aziende for profit».

Qualche rischio... Nessun dubbio, insomma, sulle potenzialità del settore, ma sulle ci-fre del fenomeno e le caratteristiche del modello qualche interroga-tivo rimane. Il professor Fiorentini aggiunge che: «Bisogna aprire undibattito perché il divieto di redistribuzione degli utili non sia asso-luto bensì relativo», e mira alla normativa americana delle low profitlimited liability company (L3C), che permette di reinvestire un 4-5%di utili per attività di interesse sociale.

Andrea Bassi, docente di Sociologia delle organizzazioni non profitpresso la facoltà di economia dell’Università di Bologna, esalta la nor-

mativa italiana, ma mette in dubbio l’inter-nazionalizzazione di queste realtà: «Mi pareun fenomeno ancora in nuce, che non ha rag-giunto dimensioni significative. Dipende dache cosa si intende per internazionalizzazio-ne. Se si intende un processo di apertura dimercati al di fuori dei confini nazionali, que-sto mi pare davvero molto difficile, trattan-dosi di imprese che operano a livello localebasandosi sulla “domanda interna” e che

spesso gestiscono i servizi alla persona, i quali hanno come caratteri-stica la quasi “unicità” dell’offerta. Ritengo improbabile che una si-gnora romagnola si faccia assistere da una impresa sociale francese, te-desca o olandese». Flaviano Zandonai intravvede due opposti rischi di“snaturamento”: «Uno è rappresentato dalla deriva classica delle im-prese for profit, che aprono una propria sede all’estero senza conside-rare le esigenze locali: un grave errore per un’impresa che sostiene divoler servire gli interessi della comunità. È necessario un serio lavorodi adattamento del modello al contesto sociale. Il secondo rischio è laderiva opposta: andare a sviluppare un’impresa sociale con un’otticadi tipo filantropico. Occorre sempre sia chiara la dimensione impren-ditoriale, perché i processi di internazionalizzazione si fanno con ca-pitali di rischio, cioè capitali imprenditoriali».

...e molti beneficiAmmesso, però, che la realtà italiana sia pronta per capacità e ri-sorse a mettersi in viaggio, resta da stabilire se ne valga la pena.Certo tra mercato italiano e mondiale c’è una bella differenza, manon è tutto qui. Il professor Fiorentini vede l’occasione di valo-rizzare alcune specificità e allargare i rami d’impresa: «Si interna-zionalizza quando si riesce a fare partnership con una realtà terri-toriale di riferimento: questo è un limite, ad esempio, per alcunemultinazionali. Le persone che operano nell’impresa sociale, ge-neralmente, dimostrano una maggiore apertura culturale e unapropensione all’osmosi, potendo così sfruttare relazioni di parte-nariato virtuose ed efficaci nei vari contesti. Infine, sarebbe beneche l’impresa sociale, oltre a spendersi sugli abituali settori dellasanità o dell’assistenza, accettasse le sfide di ambiti come lo sport,l’entertainment, le strutture educative e universitarie, del turismosostenibile, della cultura e di tutto ciò che è inerente ad un con-cetto di welfare allargato». .

NON È CHE L’IMPRESA SOCIALE, quella che si identifica sostanzialmente nelle cooperative, prima non esportasse le proprie attività all’estero, è però vero che si può sempre farlo meglio. Da questo presupposto tre anni fa è nata, all’internodi Cgm (Consorzio Gino Mattarelli), ovvero la più grande rete di cooperative sociali in Italia, l’idea di articolare in un organismo il tema dell’internazionalizzazionedell’impresa sociale. Dai primi progetti nel mondo e dall’incontro sul territorio tra il settore cooperativo sociale, le Ong della cooperazione internazionale e i rappresentanti del commercio equo e solidale è nata la Fondazione Solidarete:

un alleanza forte tra soggetti e, soprattutto, tra reti impegnate nel terzo settore per un’internazionalizzazione dell’impresasociale. Ne fanno parte Cgm, Ctm-Altromercato e Focsiv(Federazione organismi cristiani servizio internazionalevolontario). Tre soggetti diversi e tre reti che continuano perciò a fare il proprio lavoro specifico ma, quando si tratta di sviluppare impresa sociale nei Paesi del Sud del mondo, si coordinano all’interno di Solidarete e partono insieme. Pierluca Ghibelli (nella foto), direttore della Fondazione, sostiene

infatti la necessità di attuare «sin dall’inizio sinergie efficaci, a partire da un modelloe dei principi condivisi, ma sempre in un’ottica di sviluppo e impresa». Del resto,molte realtà italiane e lo stesso modello dell’impresa sociale non sarebbero ancorapronte per le sfide dell’internazionalizzazione. Lo sostiene Ghibelli, che conclude:«Non è così matura l’idea, non è facile ancora trovare disponibilità e capacità per attivare i processi di internazionalizzazione. È un percorso che va costruito.Tutt’oggi manca un quadro completo e definito: il rischio è che il concetto di impresasociale, ricco come è di sfaccettature, resti in qualche modo liquido. Il nostrotentativo è quindi di porre un punto di riferimento sul tema, partendo dall’esperienzaconcreta che le reti coinvolte mostrano quotidianamente». www.solidarete.net

SI FANNO IN TRE PER L’IMPRESA SOCIALE

IRIS NETWORK, IMPRESA SOCIALE AL MICROSCOPIOLa cooperativa Il Giardinone al

lavoro. A sinistra, Andrea Bassi.

LIBRI

Carlo Borzaga, Flaviano Zandonai (a cura di)L’impresa sociale in Italia. Economia e istituzioni dei beni comuniDonzelli editore, 2009

L’IMPRESA SOCIALE È UN SOGGETTO ECONOMICO- e sociale - giuridicamente giovane: ha trovato definizionedi legge solo col recente d.lgs 155/06, che riconoscel’esistenza di imprese con finalità diverse dal profitto e pone vincoli e requisiti. Il valore aggiunto rispetto a un'impresa tradizionale sta infatti nel tentativo di produrre servizi ad alto contenuto relazionale, nel cercare di fare “rete” con esperienze del terzo settore,nel produrre esternalità positive per la comunità. Al monitoraggio e rappresentazione della nuova forma di impresa si dedica Iris Network (Istituti di ricercasull’impresa sociale) che ha pubblicato a settembre del 2009 il primo rapporto sul fenomeno, intitolato“L’impresa sociale in Italia - Economia e istituzioni dei beni comuni”, da cui emergono dati di tutto rilievo: in Italia operano già 15 mila imprese sociali, che dannolavoro a 350 mila addetti e movimentano 10 miliardi di euro per offrire beni e servizi a 10 milioni di utenti. E secondo Iris Network ci sono tutte le premesse per un’ampia crescita del settore. www.irisnetwork.it

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altrevociLA MUSICA DI VIVALDIRISCATTA LA VITA

Cecilia da sedici anni viveall’Ospitale della pietà di Venezia, un orfanotrofio in cui è stata abbandonataancora in fasce. La musica e la scrittura sono il suopassaporto per la salvezza in Terra. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro una grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si alza di nascostoper scrivere alla madre che l’ha abbandonata. La musica per lei è un’abitudinecome tante, un opaco ripetersidi note. Un giorno, però, le cose cominciano a cambiare, primaimpercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quandoarriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capellicolore del rame. Si chiamaAntonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Ceciliatroverà una sua strada nella vita, compiendo un gestoinaspettato di autonomia e insubordinazione.

TIZIANO SCARPASTABAT MATEREinaudi, 2009

UNA VIA D’USCITA DALLA CRISI AL PASSO DI UN LOMBRICO

È a partire dal basso, da una“perlustrazione” del suolo,che si misurano i limiti del nostro modelloeconomico. Proprio da qui,dalla terra, prende avvio la riflessione di David Tasch

sulla crisi. Il consumo di suolo e della suafertilità, la riduzione di biodiversità,l’impoverimento delle falde, il largo uso di pesticidi e di fertilizzanti, per aumentare le rese, sono fenomeni che fanno tutti capo al demone del denaro veloce. Il consolidarsidell’uso efficiente del capitale, per massimizzare i profitti, ha reciso ognilegame tra efficienza produttiva e capacità di ripresa biologica della terra. Ma resteremodavvero senza terra? Sì, se non ci indirizziamoda subito verso un’economia restaurativa,fondata sulla capacità di carico della terra,sulla diversità biologica e culturale, sulla valorizzazione delle specificità locali. E soprattutto su un nuovo strumentofinanziario, lo slow money, attraverso cui catalizzare pazientemente gli investimentiverso aziende piccole e responsabili, che operano per il benessere socio-ambientaledel territorio. Lo slow money inaugura una forma di imprenditorialità che rende gli investitori veri e propri lombrichi, agenti di preservazione e riequilibrio della salute del suolo e della comunità a lungo termine.

DAVID TASHSLOW MONEYSlow Food Editore, 2009

IL DISASTRODELLEFERROVIEITALIANE

Le Ferrovieitaliane come specchio della situazione e della storia del nostro Paese.

Casi paradossali che sfiorano il ridicolo come la guerra traaziende di pulizia, carri merciscomparsi (rivenduti a pezzi almercato nero), percorsi cambiatiper interesse elettorale, lenzuolasporche fatte passare per pulite,gare truccate, dirigenti cheintrattengono rapporti incestuosicon i fornitori, treni in ritardofatti passare per treni in orario,locomotive rotte che continuanoa rompersi, legionellosi ignorataanche dopo la morte di un ferroviere, porte di vagoniche volano via, treni vecchi fattipassare per nuovi (Frecciarossa).Tutto provato. E regali, favori, ma anche minacce,licenziamenti e vendette per la minoranza che osaopporsi. Claudio Gatti è riuscitoa trovare testimonianze, rapportiriservati e email di dirigenti ed ex dirigenti, consulenti,fornitori: parole che rivelano un quadro allarmante frutto di disorganizzazione, sbagli,truffe, ruberie ripetute per anni e che continuano nonostante le denunce della Corte dei Conti.

CLAUDIO GATTIFUORI ORARIOChairelettere, 2009

GUIDOGUERRIERI È TORNATO IN LIBRERIA

A gennaio è uscito in tutte le librerie il nuovo romanzo di Gianrico Carofiglio “Le perfezioni provvisorie”. La quarta avventuradell’avvocato Guido Guerrieririguarda un’inchiesta che sarebbe “destinata”all’archiviazione. Manuela,studentessa universitaria a Roma, è scomparsa in una stazione ferroviaria, dopo un fine settimanatrascorso con gli amici.L’avvocato non sa se accettare,ma alla fine cede alla curiositàsotto le pressioni di un collega.Studia le carte, incontra le persone coinvoltenell’inchiesta, tra cui Caterinala migliore amica di Manuela,ragazza molto bella e sfrontata.Con l’indagine conoscel’inquietante Nadia(personaggio presentato ai lettori nel libro “Ad occhichiusi”) di cui diventa amico.C’è una colonna sonoraintensa, particolare, che Guerrieri, insieme al saccodella boxe, non fa mai mancareai suoi lettori. La Sellerio ha previsto una prima tiraturadi 350 mila copie e, visto il digiuno di quasi tre anni, c’èda scommettere che andrannoesaurite in breve tempo.

GIANRICO CAROFIGLIOLE PERFEZIONI PROVVISORIESellerio, 2010

LA STORIACHE PASSA DAL FASTFOOD

Luigi Martinotti vorrebbe farelo storico, ma lavora in un fastfood e frigge patatine dallamattina alla sera. Su un tavolodella biblioteca comunaleconsuma tutte le ore di libertà, ricostruendo eventidel passato. Ci sono momentiin cui riesce addirittura a distinguere, quasi fosse una visione, l’incontro fra Attilae Papa Leone. Elabora ancheuna teoria storica, secondo la quale i mutamenti della società sono il prodotto di una terribile “insofferenzadell’insicurezza”, che spingegli uomini, cambiandocontinuamente, a inchiodare il mondo in un presenteimmobile e rassicurante.Anche la quiete apparente di Martinotti obbedisce a questalegge. La sua sensibilità si contamina dall’imprevedibilitàdei rapporti umani, compresel’intensa relazione sessualecon Antonella, cameriera del fast food, e la tenerezzaper il figlio di lei. Solo l’amicoGiuseppe riesce a tenereaccesa la sua vocazione.Quando il fallimento come storico è definitivo, la sua mente vacilla, e non resta che passare alla follia. Vera? Presunta?

CESARE DE MARCHILA VOCAZIONEFeltrinelli, 2010

IL RITORNODELL’INVESTIGATORE“ALLIGATORE” E DEL SUO PASSATO

L’investigatore Marco Buratti, dettol’Alligatore, è ritornato. Con lui ci sono anche due vecchi amici: il contrabbandiere e rapinatore Beniamino Rossini e Max la Memoria. Tutto inizia con un ingentequantitativo di droga pesante che spariscedall’istituto di medicina legale di Padova:quanto basta per scatenare gli appetiti della criminalità organizzata e la preoccupazione delle forze dell’ordine.L’Alligatore è “costretto” ad indagare e scoprire l’identità dei responsabili del furto.Sylvie, danzatrice del ventre franco-algerinaconosciuta anni prima in un night del Nordest,sparisce. A quella donna tiene parecchio per motivi di cuore Beniamino Rossini. Così, i tre iniziano a cercare, ritrovandosi a loro volta braccati da un nemico misteriosoche riporta alla luce un passato che qualcunonon ha dimenticato. Inizia un pericoloso giocodi ricatti che li porta lontano dalla soluzione e dal tempo, nella spasmodica ricerca di intercettare la prossima mossa dello sconosciuto.

MASSIMO CARLOTTOL’AMORE DEL BANDITOE/O, 2009

PERMISURAREL’ANIMA NONSERVE IL PIL

È ladiseguaglianza la madre di tutti i malesserisociali. Nella società

c’è più violenza, più ignoranza,maggiore disagio psichico, oraridi lavoro infiniti? Ci sono più malati, più detenuti, più tossicodipendenti, più ragazze-madri, più obesi?All’origine di questo alto tasso di infelicità ci sarà con ogni probabilità un maggiordivario tra ricchi e poveri, una maggiore diseguaglianza.Non è l’ennesima proposta di un astratto ideale egualitariodi matrice socialista. Piuttosto, è il risultato di trent’anni di ricerche e comparazionistatistiche tra i dati raccolti in tutti i principali Paesisviluppati. La prospettiva apertadal libro è chiara: se si vuoleavviare un nuovo ciclo di crescita che ponga al centrola qualità della vita e non solo il Pil, occorre intervenireimmediatamente per ridurre la forbice sociale cresciuta a dismisura tra anni Ottanta e Novanta.

KATE PICKETT, RICHARDWILKINSONLA MISURA DELL’ANIMAFeltrinelli, 2010

| economiaefinanza | | narrativa |

a cura di Michele Mancino SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A [email protected]

IL MONDOPOSSIBILEALLA LUCEDEL SOLE

Il temaenergeticoscotta. E scotteràsempre di piùproprio in un

Paese che sta facendo marciaindietro sulla scelta nucleare.Ma la prospettiva è – deveessere – globale. E servono più informazioni. In questepagine si trova il racconto della miope rapina delle risorsepassata e lo scenario scientifico-economico e politico futuro,fotografato dai rapporti degli istituti di ricercainternazionali. Ma non solo: c’èqui lo sforzo di una prospettivapercorribile per un “mondosolare” socialmente e organizzativamente possibile,in armonico e rispettosorapporto con la biosfera. E ilpunto di vista, fondamentale su certi argomenti, è duplice:quello di uno scienziato che è anche un politico impegnatosui temi energetici, MarioAgostinelli, e quello tecnico di Pierattilio Tronconi, che nel settoredell’industria elettromeccanicaha lavorato, indagandone da sindacalista i processiproduttivi e di trasformazione.

PIERATTILIO TRONCONI E MARIOAGOSTINELLIL’ENERGIA FELICE - DALLAPOLITICA ALLA BIOSFERASocialmente, 2009

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IN VIAGGIO DOVE LA CORTINA DI FERRO SI VEDE ANCORA

La cortina di ferro non c’è più, eppureè rimasto un paesaggio dove quelle divisionisono ancora vive e forti. Il viaggio di Monteleone è fatto di sguardi, annotazioni,evidenze, letture e studi, conferme e scoperte.Soprattutto, è fatto di tappe; alcune decise in base a una strategia precisa, altre casuali,come spesso accade a chi viaggia. Ogni tappaè segnata da due scatti che guardano uno a Ovest e uno a Est, per scoprire come sono oggi i paesaggi “oltre” e “al di qua” della cortina, chi abita quelle terre, quale innovazione o involuzionesociale possa essere avvenuta nei luoghi un tempo sorvegliati e inaccessibili.L’itinerario si conclude a Berlino. In questacittà l’autore ha cercato di raccogliere le atmosfere che potevano essere quelle di un tempo. Ha provato a rintracciarenei volti, nei paesaggi, nelle luci, nelle case,un’aria ipoteticamente scomparsa. Il libroraccoglie le pagine di un diario di un viaggiolungo il percorso, accidentato ed emblematico,della ex cortina di ferro; un viaggio nella memoria, in cui noi tutti possiamoritrovarci, figli come siamo di un’Europa un tempo divisa, che ancora oggi stenta a ritrovare il senso e la forza di una vera unità.

DAVIDE MONTELEONELA LINEA INESISTENTE VIAGGIO LUNGO LA EX CORTINA DI FERROContrasto, 2010

IL SITO WEB CHE CONTROLLA COME LAVORANO DEPUTATI E SENATORI

Open Parlamento è una iniziativa che vuoleportare, tramite la rete, una maggioreinformazione sulle attività e le azioni concretedei parlamentari italiani. Per esempio un grafico con le presenze di ogni deputato e senatore o una rappresentazione schematicadi come i diversi deputati votano le proposte di maggioranza e opposizione, utile per comprendere alcune dinamiche sottaciutedella vita politica italiana. “Informati, monitora,intervieni”: sono le tre parole chiave del sito.Gli utenti possono selezionare i temi di lorointeresse, per esempio “ambiente”, e quindiavere visibilità delle proposte in discussione, di quelle votate e sulla base di questeinformazione attivare dei microblog aperti a tutti gli utenti del sito sulla base del claim“ti riguarda, ci riguarda”. Tra le notiziecuriose, ma significative, di alcune modalitàdel fare politica, per esempio il record di undeputato del Pdl (onorevole Gabriella Carlucci)che, in un sola seduta è risultata firmataria di ben 241 disegni di legge.

parlamento.openpolis.it

| fotografia | | multimedia |

LA STELLA:MURI CHEAPRONO LA MENTE

Anna La Stella inizia a fotografare nel 1972. Dai primi ritratti in bianco e nero il suo obiettivo puntagradualmente verso scorci del vivere urbano e, in particolare,sul paesaggio duro e irriverentedelle periferie. I suoi soggettipreferiti diventano i muri: luoghitanto esposti da non essere piùvisti. Reti di denunce e utopieche, nel loro essere di tutti e di nessuno, raccontano rivinciterefrattarie all’omologazione.Scritte, graffiti, esplosioni di colori. Proclami di vitalità e rabbia che La Stella trasformain un punto di partenza sul quale l’autrice incidepersonalissime pennellatevirtuali: sovrapposizione di parole, ricordi, immagini, fino a raggiungere un effetto di lavori rarefatti e sospesi. I muri sono, dunque, l’ossessionedi Anna La Stella, i protagonistiassoluti delle sue fotografie.Scandagliati, esplorati,penetrati, e sovrapposti l’unosull’altro con una tecnologiasofisticatissima, filtrata dallapazienza e dalla fantasia. Tantoche alla fine non sembrano più muri. Anna La Stella è un’artista eclettica capace dicontaminare la propria arte conle esistenze che convivono il lei.

FINO AL 15 MARZO COOPERATIVA SOCIALE ARIMOvia Calatafimi 10, Milano

I TESTIMONIDEL PASSATOURBANODI NAPOLI

Visitare le città di un tempo e riviverle con l’aiuto di un’ampia raccolta di immagini sparse, seppuresapientemente accostate, non può considerarsi solo un’operazione di segnodocumentaristico. Le vocidiscrete - a volte appenasussurrate - che arrivano a noi da queste scene, ed invitano a collegarci dopoun secolo con queste nostrecittà, sembra che voglianochiedere urgentementeudienza. Affinché noi, i pronipoti che da pocoabitiamo il III millennio,possiamo amorevolmenteconservare lo sguardo. E, grazie a queste osservazioni,in un’alternarsi di memorie in "trasparenza", trasformarciin testimoni viventi di città che furono. Vedere Napolinella sua complessità passatae riviverla grazie alle immaginiè lo scopo di “Belli tiemp’ ‘ena’ vota “. L’occhio potrà così esplorare la città con il desiderio per conoscernenon solo le differentiarchitetture e i disegniurbanistici, ma anche il mododi essere di un popolo.

FINO AL 28 FEBBRAIOCOMPLESSO MONUMENTALE DI SAN LORENZO MAGGIORE,NAPOLIwww.sanlorenzomaggiorenapoli.it

SCENE DI GUERRA ICONE MODERNE

“Ombre di guerra” propone 84grandi immagini di altrettantifamosi fotografi. Ognuna è una proposta per meditaresul senso della nostratradizione visiva e sociale. Sul significato e la follia di una pratica insensata e dolorosa come è, appunto, la guerra. Questi grandi artistihanno consegnato alla storiaimmagini uniche. Istanti che racchiudono il senso della vita e della morte in uno sguardo, in un gesto, in un’azione. Il soldato chestringe il fucile, traumatizzatodalle bombe in Vietnam, nello scatto di Don McCullin; la veglia funebre in Kosovo di Merillon; la bandieraamericana piantata su Iwo Jima nella Seconda GuerraMondiale; il miliziano ripreso da Robert Capa colpito a mortenella guerra civile spagnola, le fosse comuni della Bosnianelle foto di Gilles Peress, la guerra nel Libano di PaoloPellegrin. Sono solo icone del nostro tempo. Raccontanouna dopo l’altra le guerre più recenti, dalla Spagna del 1936 al Libano del 2006:settanta anni di storia della iconografia del dolore.

AUTORI VARIOMBRE DI GUERRAContrasto, 2010

DIAMO A INTERNET IL NOBELPER LA PACE?

La rivoluzione di internet vienecandidata al Nobel per la pace2010. La proposta di “Internet 4 Peace”, lanciata da unmanifesto sottoscritto daiprincipali attori internazionalidel fenomeno, trova proprio nelweb il suo elemento trainante.La rivista Wired, sostenitrice in Italia del progetto, presentanelle sue edizioni cartacee e on line le storie dei dissidentidella rete, principalmente bloggerla cui testimonianza quotidianasopperisce ai vuoti di notiziedella stampa. Come nei casidelle cronache di guerra, che lavede spesso costretta dalle forzemilitari a conoscere e quindiriportare solo parte della realtà.Tra i testimonial Shirin Ebadi(iraniana, premio Nobel per lapace 2003) e numerosi cronistidi cronache quotidiane che,veicolate attraverso blog e socialnetwork, informano il mondo in tempo reale su violenze e soprusi. Il dibattito è aperto e si estende alla natura del webe alle implicazioni filosofiche(semplice strumento o fattore di evoluzione umana?). Se la copertina del Time dedicata a You come nuovo protagonistadel web aveva anticipatola candidatura di Obama alla presidenza Usa, un Nobel al web a cosa potrebbe portare?

www.internetforpeace.org/manifesto.cfm

DA WIKIPEDIA UN APPELLOPERCRESCERE

Per sapere cosa sia Wikipediad’istinto verrebbe da cercarela prima traccia in Reteproprio su… Wikipedia.L’enciclopedia “multilinguecollaborativa, on line egratuita” è stata fondata nel 2001 da Jimmy Wales e ha superato i trecentomilioni di utenti mensili. Viene pubblicata online in 250 lingue diverse. Quinto sito web al mondo per popolarità, soffreattualmente un’emorragia di collaboratori volontari che potrebbe, secondo la Wikipedia Foundation che amministra il progetto,mettere a rischio la sopravvivenza del sito di “cultura veloce”. Di qui un appello personaledel fondatore, diffuso in reteper salvaguardare il futuro di quello che viene ritenutonon enfaticamente un vero e proprio patrimoniodell’umanità nell’era digitale:uno strumento in costanteevoluzione, aperto, gratuito e senza sponsor, frutto del lavoro di migliaia di volontari che conquistanouna propria credibilità paginadopo pagina, con facoltà di critica e richiesta dimodifica da parte degli utenti.

www.wikipedia.it

TRASHWAREIN RETE PER BINARIOETICO

Sotto il marchio del pinguino di Linux, che segnala la sceltadel software libero, Binario Eticoè un sito web che propone,accanto a un punto di vendita-riutilizzo a Roma, una riflessione “operativa” sul consumismo elettronicorispetto a realtà come il DigitalDivide. «L’unico modo possibileper elaborare, rappresentare e diffondere informazioni che sostenga uguaglianza e partecipazione è lacondivisione dei saperi e deglistrumenti per produrli», scrivonogli ideatori dell’iniziativa. Che vuole promuovere, da unlato, l’utilizzo di software liberie, dall’altro, sviluppare il temadel trashware, il riutilizzo di tecnologie apparentementeobsolete, ma in realtà in grado,soprattutto se equipaggiate con software dal basso impattosulla memoria ram e sul processore, di proseguirela propria vita, magari con una funzione sociale.Spiegano infatti i responsabilidi Binario Etico che «la continua rincorsa trahardware e software, fomentatadalle grandi multinazionalidell’informatica, costringeall’acquisto di macchinesempre più potenti con le qualisi svolgono praticamente lestesse funzioni di dieci anni fa».

www.binarioetico.org

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LA LUMACAÈ IN VIAGGIO DA TRENT’ANNI:CHI VA PIANO…

“Chi va piano, va sano e va lontano”, recital’adagio. Così ha fatto la società cooperativaLa lumaca di Modena, che festeggia nel 2009i trent’anni di attività. Un record o quasi per un’impresa che nacque con nove soci nel 1979 e che da allora ha cambiato pellemolte volte. Dalla prima idea – allora quasirivoluzionaria – di ristrutturare un vecchioimmobile nell’Alto Appennino modenese perfarne un rifugio dove praticare turismo a bassoimpatto ambientale, La lumaca è diventataoggi una cooperativa impegnata a tutto camponei servizi di promozione e comunicazione dellacosiddetta green economy e offre lavoro stabilea 22 soci e a 15 collaboratori, con un fatturatoda 1,6 milioni di euro l’anno. Una realtàimpegnata soprattutto in Emilia Romagna,bassa Lombardia e Liguria, dove proponecampagne di educazione ambientale rivolte a bambini e ragazzi o vacanze a caratterenaturalistico da svolgersi in centri estivi e agriturismo, anche in collaborazione con le scuole pubbliche. Servizi di comunicazione e green marketing, insomma, con l’obiettivo di diffondere cultura ambientale e stili di vitacoerenti, stimolando le buone pratiche.Professionisti e volontari de La lumaca di recente sono stati premiati a Ecomondo per la campagna “Mister Tred”, attuata insiemealla Provincia di Modena, che ha coniugatol’aspetto educativo e la pratica concreta diriciclo dei rifiuti tecnologici, coinvolgendo i ragazzi nella raccolta, smaltimento e recuperodi varie tonnellate di materiale elettronico.

[email protected] - www.lalumaca.org

INTEGRAZIONEE CIBO:LA RICETTAGIUSTA

Cosa c’è di meglio della cucina?Tradizioni che si richiamano da una parte all’altra delPianeta, colori, profumi, sapori e gesti che diventano linguaggiouniversale. Così si fa integrazioneall’associazione Cucimondoonlus di Roma, dove le serate a tema dei corsi di cucinatrasformano in un’occasione diincontro e comunicazione i piattitipici di ogni parte del mondo,raccontati e spiegati da docentinon professionisti appartenentialle diverse Comunità etnichepresenti nella capitale. La formula – come ci spiega MayaKoshi, una delle responsabilidell’iniziativa – è semplice,accattivante e solidale: ci si puòiscrivere alle serate di un annodi corso in due diverse sedi (il centro Il fiume, via deiDalmati 37, e la sede di Ricercae cooperazione, via Savona13/A) o mettersi in lista d’attesae sperare che qualche posto si liberi in corso d’opera (dopo Madagascar, Armenia e Uzbekistan, a febbraio e marzobolliranno in pentola Nigeria,Congo, Israele e Giappone). Il ricavato è destinato a progettidi cooperazione internazionale(il 2009 ha già portato duebonifici da 3.000 e 2.600 euroal centro Mater Misericordiaedi Bukavu, nella RepubblicaDemocratica del Congo).

www.associazionecucimondo.org

L’AUTOSTOP (ETICO) CHE PARTE DAL WEB

Rispetto dell’ambiente e valoresociale: in una parola – o quasi – car-pooling. È questol’elemento iniziale che MarcoCiccolini, giovane imprenditoredi Matelica (Macerata) col bernoccolo dell’informatica e la passione per internet, ha trasformato in un portale webper una mobilità più sostenibilee conviviale. Si chiama “Over the stop” ed è un sitointernet nato la scorsaprimavera come impresa della Rete di economia etica e solidale (Rees) delle Marche.Lo spirito etico-ecologista sta proprio nel fatto che sul sitosi cercano e offrono passaggi, ci si incontra per ottimizzare i costi degli spostamenti e ridurre le emissioni di CO2, si contemperano le esigenze di spostamento a secondadell’area geografica, degli eventida seguire o degli interessi.Previsti anche il servizio di contabilizzazione di costi/performance ambientalidei viaggi e, tra qualche mese,due nuovi portali a tema: uno per gli appassionati di kitesurf e snowboard, l’altro legato all’organizzazionedi eventi, mirando a collaborareanche con altre fieredell’economia greene alternativa.

www.overthestop.it

UN RESPIRODI SOLLIEVOAI PIEDIDELL’ETNA

«Si è sentita l’esigenza di avereun posto che potesse sia darerespiro alle famiglie di personediversamente abili, offrendoloro un servizio di aiuto diretto,ma anche ai giovani portatori di handicap, che spessorestano inattivi dopo la conclusione del percorsoscolastico». Così riassume ilsignificato del progetto Respirola responsabile, dottoressaMaria Teresa di Guardia. A dare concretezza operativaall’esigenza iniziale è però una struttura fisica, il Centro di aggregazione Arcobaleno, che viene gestita per i primi dueanni dal consorzio di impresesociali catanese Il Sol.Co. Un luogo di assistenza ed espressione creativa per il Distretto 12 della provincia di Catania, ovvero i tre comunidi Adrano (oltre 40 mila residenti),capofila organizzativo alle pendici dell’Etna e sededella struttura, Santa Maria di Licodia e Francavilla. Un servizio che mancava, se èvero che dalla previsione inizialedi 15 utenti con handicap, tra adulti e minori, si è passatia un raddoppio dell’accoglienza.Ma soprattutto un luogo di integrazione dove si svolgonolaboratori teatrali e artistici, e attività motorie adattatesecondo le diverse disabilità.

www.solcoct.coop

| terrafutura |

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Il sorpasso del solare

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| indiceverde |

VALORI SOLAR ENERGY INDEX

INCE IL SOLE. Nel 2009 l'indice solare di Valori ha battuto di se-dici punti il Dow Jones Eurostoxx 50, che misura l'anda-mento medio delle cinquanta maggiori imprese europee. Do-

po un inizio anno difficile e sempre in affanno rispetto alla media deimercati, le imprese del solare hanno ripreso lacorsa. Valori Solar Energy ha chiuso con un+37,37%, contro il 21% dell'Eurostoxx. Il me-rito è soprattutto delle imprese tedesche: Cen-trotherm, Roth & Rau, Sma e Solar Millen-nium hanno reso tutte più del 100% in unanno. Ma è ancora presto per cantare vittoria.I titoli delle imprese che producono pannellifotovoltaici, inverter o moduli, sono estrema-mente volatili e dipendono ancora troppo da-gli incentivi statali. A metà gennaio il governotedesco ha annunciato che taglierà i contribu-ti al settore del 16% a partire da aprile. Un ta-glio che ci si attendeva per la seconda metà del2010, con dimensioni più ridotte. Dopo l'an-nuncio, Solar Millennium ha perso il 18% inuna sola giornata di contrattazioni. .

NOME TITOLO ATTIVITÀ PAESE CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTO31.12.2009 DAL 31.12.08 AL 31.12.2009

Conergy Sistemi fotovoltaici GermaniaCentrotherm Photovoltaics Linee produttive per pannelli solari Germania Evergreen Solar Celle e moduli fotovoltaici USAFirst Solar Moduli fotovoltaici (film sottile) USAGT Solar Linee produttive per pannelli solari USAManz Automation Linee produttive per pannelli solari Germania Meyer Burger Seghe speciali per lavorazione pannelli Svizzera Phoenix Solar Costruzione di centrali solari GermaniaPV Crystalox Solar Silicio policristrallino Gran Bretagna Q-Cells Celle fotovoltaiche GermaniaRenewable Energy Corporation Silicio, celle, moduli fotovoltaici Norvegia Roth & Rau Linee produttive per pannelli solari Germania SMA Solar Technologies Inverter solari GermaniaSolar Millennium Solare termico Germania Solaria Moduli fotovoltaici Spagna Solarworld Celle e moduli fotovoltaici Germania Solon Moduli e sistemi fotovoltaici Germania Sunpower Celle e moduli fotovoltaici USASuntech Power Celle e moduli fotovoltaici Cina Sunways Celle e inverter solari Germania

+37,37%

-34,00%+111,00%

-53,89%-4,41%

+87,40%+59,28%

+121,99%+68,05%-33,65%-54,94%-18,66%

+102,82%+148,67%+193,69%+32,46%+1,52%-50,03%-32,96%

+38,45%+64,63%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

! = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Vdi Carlo e Mauro Meggiolaro

Ricavi [Milioni di euro]

327,3

Utile [Milioni di euro] 20072008

SMA Solar Technology www.sma.deSede Kassel / Niestetal, Germania Borsa FSE - Frankfurter Stock Exchange

Attività Fondata nel 1981, è oggi il maggior produttore al mondo di inverter per moduli solari fotovoltaici.Gli inverter sono complessi dispositivi elettronici che convertono la corrente continua, prodotta daipannelli, in corrente alternata, generando informazioni relative a forma d’onda, frequenza e fase. Gli inverter fanno sì che l’energia del sole possa essere utilizzata nelle abitazioni e nelle industrie.

Rendimento 31.12.08 – 31.12.09 +148,67 %

681,6

36,8119,5

1.600 2.513

Numero dipendenti

0,66 !42,20 !1,51 $

135,40 $5,56 $

66,50 !264,00 CHF

42,23 !61,40 £11,40 !

44,75 KR30,22 !93,25 !35,39 !2,53 !

15,33 !7,17 !

20,95 $16,63 $4,84 !

Rendimento dal 31.12.2008 - 31.12.2009

Eurostoxx 50

Valori Solar Energy Index 37,37%

21%

Page 38: Mensile Valori n.76 2010

Stop alla crescitainfinita

Inversione di rotta

di Massimiliano Pontillo

L CAPITALISMO INDUSTRIALE TRADIZIONALE HA MOSTRATO TUTTE LE SUE LACUNE. La crescita illimitata delleproduzioni, l’espansione intercontinentale di beni e servizi, il dominio assoluto del denaro comeprioritario e privilegiato mezzo di scambio e accesso al consumo, di misura della ricchezza e indicatore di benessere ha scatenato una crisi “glocale”: ambientale, civile, sociale e di sistema. È necessario un repentino cambio di rotta se vogliamo continuare ad essere ospiti di questo Pianeta,l’unico che abbiamo.

La Green economy, la cosiddetta “economia verde”, sarà un’operazione lungimirante solo se riuscirà a capovolgere il paradigma della crescita infinita. E per giungere a questo obiettivo è fondamentale un’azione sinergica e integrata di tutti gli attori della società civile: i governi, le imprese, i cittadini. Il problema vero, dunque, è produrre meno in senso assoluto. Non bastarazionalizzare i consumi: per uscire dalla crisi serve un cambio di mentalità, una nuova economiaopposta a quella dell’accumulazione e del possesso.

Questa rivoluzione, in realtà, è in movimento e la possiamo vedere e riconoscere già in alcunesue forme ed espressioni che si stanno via via moltiplicando e radicalizzando. I Gruppi di acquistosolidale, che spezzano l’intermediazione parassitaria della grande distribuzione; i pannelli solari chevengono istallati rovesciano la piramide del modello energetico centralizzato; le banche del tempo,

che socializzano i bisogni e creano solidarietàautogestita; le monete complementari locali di sconto, che eliminano il denaro come mezzo di arricchimento; le istallazioni informatiche open source, che rinnegano la proprietà privatadell’intelletto; la filiera corta, gli orti urbani, i mercati contadini, che restituiscono la sovranità

alimentare agli abitanti; le piste ciclabili e i sistemi di mobilità condivisi, la mutualità, le iniziativeculturali multietniche e molto altro ancora.

La ricongiunzione tra economia e natura può avvenire solo riconoscendo le giuste gerarchie e priorità. Ricorda in un suo libro recente Paul Hawken: “Il vecchio capitalismo trascura di assegnareun valore economico ai maggiori cespiti di capitale che utilizza, e cioè le risorse naturali e i sistemiviventi. Ma tale lacuna non può essere colmata semplicemente assegnando un valore monetario al capitale naturale, innanzitutto perché molti dei servizi resi dai sistemi viventi non hannosostituti, a nessun prezzo; in secondo luogo, valutare il capitale naturale è un esercizio a dir pocoarduo e impreciso”.

Far entrare con prepotenza “l’economia della natura” dentro “l’economia dei soldi” potrebbeessere un’operazione non solo arbitraria, ma soprattutto inefficace. Sarebbe più razionale rovesciareil concetto: prendere atto che l’economia è un sottosistema dipendente dalla sfera biologica, alle cui leggi siamo semplicemente obbligati a sottostare.

E anche per questo è imprescindibile un “rinascimento” della cultura: fondata su valori etici, alla base di una società più giusta in cui prevalga il bene comune. .

I

Per uscire dalla crisi serve un cambio di mentalità che abbiacome obiettivo la diminuzione della produzione. E che punti suuna “economia della natura” nellaquale prevalga il bene comune

| utopieconcrete |

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