Mensile Valori n.34 2005

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Anno 5 numero 34. Novembre 2005. € 3,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento valori Mensile di economia sociale e finanza etica Lavanderia > Dietro la fortuna di Ricucci Finanza etica > Banche con la testa al nord e poco credito al Sud Terzo settore > Case di mattoni per rom e sinti Dossier > Assenza di politiche industriali e finanza da rapina Il declino italiano GIANNI BERENGO GARDIN / CONTRASTO Fotoreportage > Lavoro

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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Anno 5 numero 34. Novembre 2005. € 3,00

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento

valoriMensile di economia sociale e finanza etica

Lavanderia > Dietro la fortuna di RicucciFinanza etica > Banche con la testa al nord e poco credito al Sud

Terzo settore > Case di mattoni per rom e sinti

Dossier > Assenza di politiche industriali e finanza da rapina

Il declino italiano

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Fotoreportage > Lavoro

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L DECLINO ITALIANO. FRUTTO DELLA MANCANZA DI RICERCA E INNOVAZIONE. Delle difficoltà nel costruire gestioni finanziarie solide. Della competitività serrata dei paesi in via di sviluppo. Tutto vero. Ma assolutamente insufficiente a giustificare quello che è accaduto negli ultimi decenni in alcuni settori economici, dove il Paese avrebbe potuto svolgere un ruolo e invece ha assistito alla progressiva e sistematica distruzione di un patrimonio umano, scientifico e industriale. Le storie che Valori vi racconta nel Dossier di questo numero sono emblematiche del presente e del recente passato.Capitani d’avventura, veri e propri banditi impegnati a truffare centinaia di miliardihanno attraversato, e letteralmente depredato, l’industria elettronica, informatica e agroalimentare del nostro paese: dietro di loro hanno lasciato solo macerie, migliaia di posti di lavoro distrutti, danni pesantissimi al sistema economico e finanziario, lunghi, e troppo spesso inconcludenti, procedimenti giudiziari. Certo non è sempreandata così. Ma senza un consistente sforzo di ricostruzione e memoria del passato e presente di queste vicende difficilmente si possono gettare le basi per un futuro. La società civile, i cittadini, le organizzazioni dei lavoratori hanno bisogno di tenere viva la memoria di quanto accaduto negli ultimi decenni in tanti settori industriali del nostro paese dove, anche con l’ausilio di ingenti finanziamenti pubblici, sono staticostruite, consumate e distrutte ingenti fortune economiche.

Anche perché alle scorribande dei finanzieri d’assalto si sommano le incapacità del sistema Paese di sostenere la sua innovazione. Per miopia, timore, difficoltànell’assumersi un sano fattore di rischio e spesso per la totale assenza di politicheindustriali pubbliche, negli ultimi due decenni l’Italia ha perso grandi opportunità di crescita. Basti pensare alla telefonia mobile e all’agroindustria. Omnitel aveva tutte le carte in regola per diventare quella che oggi è Vodafone, leader mondiale della telefonia mobile partita da un paese come la Gran Bretagna dove la diffusione dei cellulari era inferiore a quella italiana, ma dove il sistema finanziario ha creduto nella scommessa della nuova era delle telecomunicazioni permettendo alla società di espandersi in tutto il mondo. Ma l’Italia aveva anche di più perché ad un nuova realtàcome quella di Omnitel associava una leadership riconosciuta, tecnologica e marketing,della Tim, la società di telefonia mobile creata dall’ex monopolista Telecom Italia. Tarpata nelle sue prospettive di crescita dalle logiche finanziarie dei nuovi “padroni”,Colaninno prima e Tronchetti Provera dopo, impegnati a scaricare all’interno delle società acquisite i debiti contratti per effettuare le operazioni di acquisto. Questadinamica ha portato con sé un impoverimento nella ricerca e un mancato raccordo con l’unico competitor europeo nel campo dei semiconduttori, la franco-italianaStMicroelectronics. Esempi concreti di quello che va oggi evitato nelle poche nicchiedove esistono opportunità di rilancio e che non possono né devono avere a che fare con gli investimenti negli strumenti di morte come le fregate della Marina Militare per le quali tutti si stracciano le vesti. .

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Scorribande e miopiale cause del declino di Andrea Di Stefano

L’AUTORE

Andrea Di Stefanogiornalista, appassionato di nuove tecnologie e ambiente, è collaboratore di Repubblicae di Radio Popolare di Milano. Si occupa di temi di economia,finanza e mondo del lavorodall’inizio della sua carrieragiornalistica, nel 1987, quando a Radio Popolare di Milano curavala rubrica Corrispondenze Operaie.Negli ultimi anni ha lavorato per La Nuova Ecologia, ProvinciaPavese, l’Agl (Agenzia GiornaliLocali del gruppo L’Espresso), la Rtsi (Radio televisione dellasvizzera italiana) e collaboratocon diverse testate periodiche.Dal 1995 collabora alle relazioniesterne e istituzionali di Novamont, azienda italianaleader nella produzione di bioplastiche da fonterinnovabile di origine agricola.

POSTE

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| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 5 |

MASTER

| sommario |

valorinovembre 2005mensilewww.valori.itanno 5 numero 34Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milano

promossa da Banca Etica

sociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa,Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana

consiglio di amministrazioneSabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected])

collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

direttore editorialeSabina Siniscalchi ([email protected])

direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])

redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Francesco Carcano, SarahPozzoli, Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])Adriana Collura (infografica)

fotografieGianni Berengo Gardin (Contrasto),Antonio Maragno

stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)

distributore nazionaleEurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7

abbonamento10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euroSino al 31.12.2005 rinnovo: 25 euro.

come abbonarsiI bollettino postale

c/c n° 28027324 Intestato a: Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

I bonifico bancarioc/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin Adella Banca Popolare Etica Intestato a: Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori +Cognome Nome e indirizzo dell’abbonatoAttenzione: per l’attivazione immediatadell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 02.67491691 oppure file pdf all’indirizzo [email protected]

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte.

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Carta ecologica gr 90 Long Life prodotta secondo le norme Iso 9706 - Elemental Chlorine Free

Operai presso il porto. Lo scalo ligure è sempre stato uno dei luoghi di lavoro a maggiore incidenza di infortuni.Genova, 1988

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tel. 02.67199099fax [email protected]@[email protected]

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bandabassotti 7

fotoreportage. Lavoro 8

dossier. Declino italiano 16Affondato il grande polo elettronico italiano 18Il capitalismo alternativo di Adriano Olivetti 20Il Bel Paese saccheggiato dalla finanza di rapina: il caso Federconsorzi 22

lavanderia 27

finanzaetica 28Testa al Nord per le banche meridionali. E al Sud le tasche restano vuote 31«Il Sud paga ancora il rischio criminalità» [INTERVISTA A PAOLO COCCORESE] 34La relazione irrisolta tra banche e meridione [INTERVISTA A GIUSEPPE GALLO] 35Anche l’etica di esporta. A Bilbao 36

bruttiecattivi 41

internazionale 43Angola. Bancarelle fai da te per un economia di sussistenza 45Summit sulla società dell’informazione. Un altra occasione perduta? 48

macroscopio 52

economiasolidale 54Un tetto. Delle mura. Una casa. Una vita normale anche per i nomadi 56«Per questa società sono tutti criminali» [INTERVISTA A DON VIRGILIO COLMEGNA] 58Dimmi la tua certificazione e ti dirò chi sei e qual’è la tua rispettabilità 61La sfida di Ecor: esplicitare il giusto prezzo dei prodotti bio 62

utopieconcrete 65

altrevoci 66

stilidivita 74

numeridivalori 77

padridell’economia 82

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ETICA SGRBPM

L’incredibile“stipendio” Alitalia

| bandabassotti |

di Davide Venezia

A STORIA È SEMPRE LA STESSA. UN’AZIENDA IN CRISI PERMANENTE. Che non riesce a risollevarsi sia per le pessime congiunture dovute al caro petrolio sia per alcuni drammatici errori compiuti in passato.Alitalia è una delle vittime più vistose delle politiche nordiste rivendicate dalla Lega Nord:l’apertura dell’hub di Malpensa si è rivelato un flop, insostenibile dal punto di vista industrialeperché un paese come l’Italia non può permettersi due hub, cioè due poli di navigazione aerea, uno a Roma e uno a Milano. Nessun altra nazione europea, anche più popolata della nostra comela Germania, può permettersi due strutture di queste dimensioni. E la vocazione naturale per l’Italiaera, e probabilmente rimane, quella dell’hub a Roma come porta verso il sud del Mondo.Nonostante questi elementi oggettivi e per i puri interessi territoriali della Lega Nord e del presidente della Giunta regionale Roberto Formigoni Alitalia è stata costretta a investireingenti capitali e risorse umane sulla Malpensa che, peraltro, è stata anche una disavventuraimpiantistica con pesantissimi ritardi realizzativi. La compagnia di bandiera ha avuto negli ultimianni diversi manager che hanno cercato, più o meno, di stringere accordi internazionali e dare una prospettiva di sopravvivenza all’Alitalia. Oggi le sorte della compagnia sono rette da GiancarloCimoli, già amministratore delle Ferrovie dello Stato. I conti continuano ad essere pessimi.

I posti di lavoro perennemente in forse. E l’ultima trovatadell’amministratore delegato è stata quella di vendersi gli aeromobiliper poi riaffittarli in leasing: un po’ come la vendita delle sedi dei ministeri e della pubblica amministrazione. Nonostante questa situazione drammatica e i continui rischi di fallimento della compagnia l’amministratore delegato dell’Alitalia risulta, in assoluto, il manager più pagato nel suo settore. Dati ufficiali,

iscritti a bilancio, dicono che Giancarlo Cimoli dal 6 maggio al 31 dicembre 2004 ha ricevuto uncompenso di 1.522.996,00 euro, pari a una remunerazione mensile di 190.375 euro contro i 29.583euro del numero uno di Air France, Jean Cyrill Spinetta, i 45.143 euro del ceo di KLM, Van Wijk, e i 64.727 euro mensili percepiti da Rod Eddington, amministratore delegato di British Airways.

Alitalia – come ha denunciato il sindacato Sult – perde tanto, più di quanto gli altri in Europaguadagnano. Però, l’amministratore delegato della compagnia, da solo, guadagna tre volte di piùdei suoi colleghi europei. Durante la crisi post bolla Internet il ceo della Cisco, John Chambers,azienda che produce apparati per la comunicazione con la Rete, si era autoridotto lo stipendio ad un dollaro simbolico per dare il segnale della condivisione delle difficoltà attraversatedall’azienda, che stava anche procedendo ad una riduzione dell’occupazione attraverso dimissioniincentivate. Da Cimoli ci si potrebbe aspettare un piccolo segnale nello stesso senso invece di un compenso che da solo è pari a quello degli amministratori delegati delle tre principalicompagnie aeree europee, peraltro con conti economici decisamente diversi da quelli dell’Alitalia. Ma dubitiamo che l’amministratore delegato possa essere sensibile all’invito che gli è stato rivolto dal sindacato..

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Da solo Giancarlo Cimoliriceve una somma pari a quella dei treamministratori delegatidelle principali compagnieaeree europee

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La strana storia del signor Carlo Fulchir >18Barilla, la crisi di un simbolo >19Il capitalismo alternativo di Adriano Olivetti >20La finanza di rapina e il Bel Paese >23

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La produzione industriale vede l’Italia al settimo posto, dietro Stati Uniti, Giappone,Cina, Germania, Regni Unito e Francia. Il potere di acquisto vede invece l’Italia al ventiduesimo posto. I paesi con maggiorecrescita industriale sono la GuineaEquatoriale (44,7%), Bosnia (19%), Cambogia (15,7%), Mozambico (15,1%), Eritea (13%), Irlanda (12%) e la Cina (11,9%).Genova, 1960

Finanza di rapina. Assenza di politiche industriali.Le cause della crisi del sistema economico non sono da ricercare solo nella carenza di ricerca.

dossiera cura di Piero Bosio, Andrea Di Stefano e Francesca Paola Rampinelli

Industria

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Il declino italiano

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cessioni di ramo d’azienda, finanziamenti che vanno evengono, prestiti obbligazionari andati in default, riman-gono oltre tremila lavoratori senza stipendio da mesi. Pic-chiati dalla Polizia davanti a Palazzo Chigi. Al limite dellasopportazione per l’ignavia del ministero delle attivitàproduttive e della Presidenza del consiglio che non assu-mono alcuna decisione rispetto al piano di cessioni e ri-lancio messo a punto dall’amministratore straordinario.

Sulla voragine finanziaria da oltre 150 milioni di eurocreata in soli tre anni c’è ora un’inchiesta condotta dallaprocura della Repubblica di Padova, che nel maggio diquest’anno ha iscritto nel registro degli indagati per ban-carotta e aggiotaggio quattordici persone tra le quali figu-rano l’ex presidente Roberto Tronchetti Provera, fratellodel presidente e amministratore delegato della Telecom,Marco Tronchetti Provera. Artefice di una vicenda con-trassegnata da 450 mila scritture contabili Carlo Fulchir,un imprenditore partito da Gemona del Friuli dove mon-tava schede elettroniche in un piccolo laboratorio che a uncerto punto diventa il “salvatore” di diversi gruppi di elet-

tronica nazionali e internazionali. Ericsson, Italtel, Telit,Olivetti per arrivare sino alla Magneti Marelli: alcune del-le grandi imprese del settore si sono rivolte sempre a Ful-chir per “rilanciare” poli industriali, spesso costruiti con ifondi pubblici, utilizzati al meglio e abbandonati nelle ma-ni della Finmek quando non erano più galline dalle uovad’oro. Come in tanti altri casi Fulchir, con l’appoggio di so-ci forti e i favori degli istituti di credito, è così diventatol’uomo dell’elettronica italiana. In realtà l’imprenditorefriulano e i suoi amici più che di schede madri per decodere telefonini erano dei maestri nelle operazioni finanziarie.Valori ha potuto leggere la relazione svolta per conto del-l’amministrazione straordinaria: un incredibile risiko fi-nanziario che sta costando centinaia di milioni di euro al-lo stato italiano, ai lavoratori e ai creditori del gruppoFinmek. Di Carlo Fulchir si sono perse le tracce salvo l’au-torevole presenza nella società editrice del Domenicale diMarcello Dell’Utri, dove l’imprenditore friulano siede in-sieme ad un altro autorevole indagato della procura di Pa-dova per il fallimento del gruppo Finmek, il coordinatoremilanese di Forza Italia Riccardo Pugnalin.

Il caso Magneti Marelli: un portage?Nel marzo del 2002, nel pieno della crisi del gruppo Fiat,la Magneti Marelli Sistemi Elettronici viene ceduta alla Fin-mek. Dopo meno di due anni la società è stata riacquista-ta dal Lingotto. Perché i manager del gruppo automobili-stico hanno venduto e ricomprato la società di elettronica?A chi favevano capo la Starven Ltd che ha ricevuto 660 mi-la euro per l’intermediazione finanziaria su un conto cor-rente acceso presso la UBS di Ginevra e facente capo allasocietà di gestione patrimoniale Crame & Cie? E di chi erala AD Line che utilizzava lo stesso conto corrente dell’UBSper pagamenti assolutamente dubbi? Il 2 settembre 2002l’holding a capo del castello, la Mekfin ha emesso due fat-ture alla Finmek Magenti Marelli Sistemi Elettronici da 12milioni di euro ciascuna per servizi di consulenza strategi-ca\commerciale nel settore automotive. La società pagavale due fatture e con un ennesimo incredibile giro di dana-ro in un solo giorno i 24 milioni di euro venivano utiliz-zato per pareggiare precedenti linee di finanziamento in-crociato costituito tra la holding e alcune controllate. Ognipassaggio di proprietà è contraddistinto dal pagamento diadvisory per società estere o srl intestate a Carlo Fulchir ealla moglie Doris Nicoloso. Quando Finmek Automotivevende a Ixfin della famiglia Pugliese viene addebitato alcompratore una fattura da 500 mila euro emessa dalla F.In-vest Srl, società detenuta al 100% da Carlo Fulchir e dallaconsorte. Che l’operazione di cessione e riacquisto dellaMagneti Marelli possa configurarsi come un operazione diportage è confermato dalle incredibili clausole contrattua-li: tutto il potere decisionale rimane nelle mani dell’am-

Affondatoil grande poloindustrialedell’elettronica

L’ITALIA ESULTA, PARMA ESULTA: l’Authority europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa(European food security agency) avrà sede nella cittadina emiliana. In Italia, d’altra parte,l'industria alimentare costituisce il secondo settore produttivo dopo quello metalmeccanicoed inoltre il nostro Paese in Europa detiene il primato di ben 132 prodotti italiani (il 20% del totale comunitario) con il marchio a denominazione di origine (Dop, Dopg o Igp). Parmainoltre può vantare 8 mila imprese dedite all'agricoltura e un fatturato che, per il settorealimentare, si aggira intorno ai 5,5 miliardi di euro. L’Authority ha competenza, in primoluogo, sul controllo della qualità degli alimenti umani e animali. Svolge indagini su temi che vanno dalla protezione delle piante agli organismi geneticamente modificati,dai prodotti dietetici alle allergie, dal rischio biologico alle contaminazioni nella catenaalimentare e alla salute degli animali. L’ente è gestito da un consiglio d'amministrazione, da un direttore esecutivo e dal suo staff, da un forum di consiglieri e da un comitatoscientifico affiancato da 8 gruppi scientifici. Pareri e decisioni vanno trasmessi allaCommissione Europea, cui spetta comunque l’ultima parola. È previsto un budget annuo di 40 milioni di euro con 330 persone stabilmente occupate. L'Efa avrà una propriapersonalità giuridica, sarà finanziata dai fondi comunitari ma agirà in maniera indipendente.

L’AUTHORITY A PARMA

«IL PIANO DI BARILLA DARÀ UN COLPO ALL’ECONOMIA DEL SUD e soprattutto dellaBasilicata»: Lorenzo Rossi Doria, portavoce della Flai Cgil spiega così perchè ogi dismissionerappresenta un forte colpo ad un simbolo industriale, visto che in Basilicata l’industriaè rappresentata proprio da Fiat e Barilla. «La chiusura dello stabilimento del gruppoemiliano a Matera (120 persone) insieme alla vendita del mulino di Termoli (22 persone) e alla dismissione della linea di produzione delle fette biscottate di Caserta viene vissutacome un tradimento da parte della società. Il piano industriale del 2003 prevedeva 500milioni di euro di investimenti. Quello del 2004 ha stravolto tutto programmando la chiusuradel centro di ricerche Corial e degli impianti al sud». I sindacati sono scesi sul terreno di guerra rompendo una tradizione di pace interna all’azienda, da sempre motivo d’orgoglioper Barilla, e all’inizio di novembre negli stabilimenti di Pedrignano e di Rubbiano ci sono stati due partecipati giorni di sciopero. Secondo il segretario della Flai Cgil di Parma,Antonio Mattioli «con questa ristrutturazione si vuole fare pagare ai lavoratori i costisostenuti per inopportuni investimenti all’estero». Barilla ha intensificato negli ultimi anni le acquisizioni in Italia con l’annessione di Pavesi, TreMarie e Sanson e in Europa con Wasa, Kamps e Harry’s, trasformandosi nella prima multinazionale italianadell’agroalimentare, con oltre 2,3 miliardi di euro investiti dal 1994 in acquisizioni e nello sviluppo. L’esperienza di molti gruppi del settore agroalimentare, a partire da Parmalat, pone molti interrogativi sulla posizione dei vertici della società, che lamentanouna contrazione del mercato della pasta: in realtà la causa ultima di questo piano diristrutturazione sembra risalire solo ad una gestione finanziaria decisamente non brillante.

LA CRISI DI BARILLA

na società che esercita attività di perforazione e ricerca di diamanti

in Brasile con il conto corrente bloccato per sequestro conservativo

e una segnalazione da parte dell’Ufficio italiano cambi per esercizio di attività

finanziaria senza autorizzazione. Molte fiduciarie sparse tra il Lussemburgo, l’I-

sola di Man e l’Inghilterra. Diversi conti correnti aperti in banche elvetiche. È

qui che gli inquirenti probabilmente potranno trovare le tracce delle decine di

milioni di euro scomparsi nell’incredibile e emblematica storia dell’impero Fin-

mek creato dall’imprenditore friulano Carlo Fulchir. Oggi, dalle ceneri di que-

sto vero e proprio castello di carte fatto di contratti di compravendita, fusioni,

U

di Andrea Di Stefano

L’incredibile storia di Carlo Fulchir, presuntouomo della svolta perl’informatica in crisi. Oggi è indagato per bancarotta e aggiotaggio. Migliaia di lavoratori sono senzastipendio da mesi. Cassedella società svuotate e un bond da 150 milioni di euro bruciato in poche ore

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ministratore delegato, nominato in precedenza dal grup-po torinese, e durante il periodo nel quale la società dicomponentistica è rimasta fuori dal consolidato Fiat i“compratori” avevano l’obbligo di portare a termine unpiano di ristrutturazione rendicontando il Lingotto del-l’andamento trimestrale delle vendite.

La vicenda TelitSe possibile ancora più misteriosa si presenta l’acquisizio-ne da parte di Mekfin e successivamente Finmek Telit del-la Telit Mobile Terminals, società produttrice di telefonini.L’intraprendente e fantasioso Fulchir non solo fa interve-nire nelle fasi di acquisto nuove società che non rientranonel perimetro del gruppo Finmek, ma viene di fatto svuo-tata con la vendita di un ramo d’azienda a una terza so-cietà appositamente costituita da due dipendenti. Anchein questo caso sorgono pesanti interrogativi sul ruolo delvenditore, in particolare le Assicurazioni Generali che de-tenevano una quota dell’originale Telit. L’acquisizionemostra, infatti, una grave incongruenza a livello di prezzipagati: per il 60,31% la neo costituita Space Sat Sa sotto-scrive un aumento di capitale grazie ad una linea di fi-nanziamento concessa da Generali Worldwide pari a 25,8

milioni di euro mentre per il restante 39,69% rilevato dal-la Panoupalous Sa (controllante di Space Sat) il corrispetti-vo pattuito è di 2 euro. La società acquirente ha ricevutouna dotazione finanziaria pari a 70 milioni di euro garan-titi dai precedenti soci, tra i quali figurano Marconi Mobi-le, Banca del Gottardo, Sade Finanziaria, Fidia, Belgica In-surance e Banca di Roma oltre alle già citate AssicurazioniGenerali. Dove sono finiti questi ingenti flussi di danaro?Qualche evidenza esiste perché Finmek nel corso del 2002ha ricevuto disponibilità per 63 milioni di euro da TelitMobile Terminals che peraltro aveva registrato sia nell’e-sercizio chiuso al 30 aprile 2002 sia in quello precedenteingenti perdite pari a 122 e 220,7 milioni di euro rispetti-vamente. Anche in questo caso l’operazione non ha dun-que apportato alcun chè di industriale all’interno delGruppo Finmek dato che alla conclusione delle comples-se operazioni di ingegneria finanziaria e societaria le atti-vità produttive Terminals e Moduli e Subsystem venivanodate in affitto a Dai Telecom ma il canone veniva pagato aFinmek Telit nel frattempo ceduta a una certa TamairndHolding Sa. E di chi era la Tamarind Holding Sa? In un do-cumento ufficiale fornito all’Autorità Garante della Con-correnza e del Mercato si può leggere: «il 99% del capitale

della Tamarind è detenuto dal sig. Carlo Fulchir».Altra chicca: il 25 settembre 2002 Ad Line Sa fattura-

va a Mekfin “fornitura di tecnologia rekativa a moduloricetrasmettitore GSM dual band, modulo GSM/GPRS emodulo Gps” al prezzo di 11,350 milioni di euro. Pressola sede di Finmek è stata successivamente ritrovata unapresentazione intitolata “Sistemi di localizzazione GSm-GPS” del tutto identica nel titolo, nei contenuti e nellaforma alla presentazione di Ad Line Sa a supporto dellafattura da 11,350 milioni di euro. L’unica differenza è da-ta dal logo sulla copia trovata nella sede Finmek: al postodi quello di Ad Line in origine c’era quello di Telital Au-tomotive. La misteriosa Ad Line, con sede a Ginevra inRue de Candolle 9 e conto corrente coincidente conquello della Starven Ltd amministratore dalla società digestione patrimoniale Cramer & Cie, ha intrattenuto fre-quenti e numerosi rapporti d’affari con il gruppo Fin-mek: società e marchi che venivano comprate e cedutein continuazione. Al momento dell’entrata in ammini-strazione straordinaria dalle casse del Gruppo Finmek so-no usciti verso Starven e Ad Line, e quindi finite nelle ge-stioni patrimoniali di Cramer & Cie almeno una dozzinadi milioni di euro. .

La prima esperienza di azienda responsabile nata ad Ivrea nel recinto dell’azienda informatica. Un’impresa non solo economica distrutta dalle logiche finanziarie e dall’assenza di qualsiasi politica industriale.

DRIANO OLIVETTI DI CAMILLO, ebreo, nato a Ivrea l’11aprile 1901. Classifica: sovversivo».

C’era scritto questo nell’intestazione del dos-sier redatto dalla questura di Aosta nel 1931. Nona torto. Olivetti, dopo la caduta del fascismo, av-visò gli Stati Uniti di non fidarsi del generale Ba-

doglio e per questo venne successivamente arrestato. Tornato libero en-trò in clandestinità. Poi l’esilio in Svizzera, nel 1944, durante il qualecollaborò con la Resistenza e frequentò Altiero Spinelli, teorico dell’u-nità europea. Nel 1953 si candidò alle elezioni nella lista di Unità Po-polare di Ferruccio Parri e Piero Calamandrei.

Adriano Olivetti era un “sovversivo” a tutto tondo: innovatore delfare impresa, attento ai bisogni della forza lavoro, alla cultura, all’ur-banistica e all’ambiente. «Era un capitalista - ricorda lo studioso MarcoRevelli - alternativo alla Fiat e alla sua cultura dominante e repressiva.Olivetti aveva formato un collettivo creativo, motivato con un forteprogetto industriale –sociale. Con la sua morte finisce un sogno». A 23anni entrò nella fabbrica del padre dove fece la gavetta lavorando co-me operaio apprendista, un’esperienza che trasporrà nel suo lavoro:«bisogna capire l’umore nero di un operaio al lunedì, altrimenti non

si può fare il manager». Erano i primi embrioni della filosofia impren-ditoriale di Adriano Olivetti che entrò nel 1924 nella fabbrica del pa-dre che produceva 4000 macchine da scrivere all’anno con circa 400dipendenti. La porterà a 36 mila lavoratori con 5 sedi in Italia e altret-tante all’estero.

Facciamo un passo indietro, al 1925. Olivetti andò negli Stati Uni-ti per studiare il Fordismo, visitò un centinaio di fabbriche e compre-se che la produttività delle aziende americane era dovuta all’applica-zione rigorosa di metodi scientifici nell’organizzazione del lavoro.Tornato a Ivrea iniziò a sperimentare il Taylorismo, l’organizzazionedel lavoro industriale, adattando quel modello al contesto italiano in-crementando la produttività pur mantenendo il rispetto delle esigen-ze operaie. Assunse una nuova generazione di ingegneri e tecnici pun-tando sui giovani e sostenendo i ricercatori. Un tema che oggi in Italiasi ripropone in tutta la sua urgenza per rilanciare un’industria imballa-ta. Negli ultimi decenni i governi che si sono succeduti nel nostro pae-se hanno investito molto poco per la ricerca. Olivetti guardava inve-ce lontano, pronto a accettare la sfida della competizioneinternazionale e punterà su un personaggio chiave: un giovane in-gengere elettronico italo-cinese, Mario Tchou.

La svolta nella produzione. L’operaio allenatoreL’istituzione dell’ufficio Tempi e Metodi rappresenterà la svolta. Pre-vedeva un sistema con due figure centrali: l’operaio “allenatore” e ilcronometrista. L’’allenatore doveva collaborare con il cronometristadella produzione studiando il lavoro, testando i cambiamenti, sugge-rendo migliorie, ottenendo così risultati ottimali con un giusto equi-librio tra i tempi di produzione e le condizioni di lavoro dei dipendenti.Il progetto di Adriano Olivetti era però più ampio. inizio quindi a oc-cuparsi dell’urbanistica, dell’architettura, della cultura, complice l’edu-cazione ricevuta dal padre Camillo, da cui aveva ereditato il senso del-la giustizia e dell’uguaglianza. Progettò a Ivrea nuovi edifici industriali,mense, case per i dipendenti, colonie e asili per i loro figli. «Noi dellaFiat eravamo invidiosi per come erano trattati i lavoratori dell’Olivetti,le loro famiglie, i loro figli», racconta Marco Frola, ex tornitore nelgruppo torinese.

Nel 1948 nelle fabbriche Olivetti venne istituito il Consiglio di Ge-stione, per molti anni unico esempio di organismo paritetico nella ge-stione dei finanziamenti sociali e delle mense. Un’organizzazione dellavoro scientifica, una rete commerciale solida, il coinvolgimento dei

dipendenti producevano intanto i primi risultati con profitti consi-stenti. L’Olivetti portò sul mercato prodotti come la macchina da scri-vere Lexikon e la portatile Lettera 22. Qualche anno piu tardi arrivò lacalcolatrice Divisumma, inventata dall’operaio Natale Cappellaro, cheper le sue capacità venne nominato ingegnere honoris causa, a con-ferma dell’attenzione che Olivetti aveva per i suoi dipendenti. Lexikone Lettera 22 erano ottime macchine da un punto di vista meccanicocon un eccellente design che fece scuola a livello internazionale.

Siamo agli anni ‘50. L’industria informatica mondiale muoveva iprimi passi con la nascita nel ’51 di Univac, il primo calcolatore su sca-la industriale seguito subito dopo da IBM, Remington.

La sfida. Il passaggio dalla meccanicaall’elettronicaPer Olivetti iniziò la più grande sfida: il passaggio dalla meccanica edelettro-meccanica all’elettronica. L’allora amministratore delegato in-tuì che il principale obiettivo doveva essere la progettazione di calco-latori per applicazioni industriali e commerciali. Parlava dell’impor-tanza dell’elettronica già negli ’40: «L’elettronica è il nostro futuro»,diceva agli operai. Lo diceva convinto ma «con quel suo tono mite e

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Il capitalismo alternativo alla Fiatdi Adriano Olivetti

di Piero Bosio

Per l’acquisizione della TelitMobile Terminals si investono25,8 milioni di euro per il 60,31%della società, mentre il restante39,66% viene ceduto a soli 2 euro

Una fabbrica siderurgica nell’immagine di Berengo Gardin.Piombino, 1984

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L’industria agroalimentare italiana è la prima filiera economica italiana ma, salvo i successi di qualità, i produt tori agricoli annaspano, la produzione e i consumi calano.

L CIBO È STORICAMENTE SEMPRE STATO uno dei punti di forzadel nostro Paese, la tradizione culinaria italiana è la più fa-mosa e diffusa del pianeta (in eterna concorrenza con

quella francese), il clima e la naturageografica della Penisola garantisco-no la produzione di materie prime di

eccellente qualità e in tutto il mondo i nostri prodotti ali-mentari sono pregiatissimi. D’altra parte basta guardare ainumeri per trovare conferma a tutto ciò. Infatti, secondol’indagine “Scenari 2005-2015 della filiera alimentare” rea-lizzata da Federalimentare in collaborazione con il Centrostudi Confindustria, l’Ismea e le Università di Bologna, delMolise e di Verona, con 264 mila dipendenti e 6700 azien-

de, con 105 miliardi di euro di fatturato nel 2004 (+1,9%),l’industria alimentare è il secondo settore produttivo delPaese dopo quello metalmeccanico; trasforma oltre il 70%del prodotto agricolo nazionale e circa il 76% dell’exportdi settore è costituito da prodotti di marca. L’’industria ali-mentare costituisce la prima filiera economica d’Italia in-sieme ad agricoltura, indotto e distribuzione.

La ricerca si conclude con la nota di pessimismo: nel2004, per la prima volta dal dopoguerra, la produzione ècalata (-0,2% sull’anno precedente), mentre i consumi ali-mentari sono scesi del -2%. Anche per quanto riguardal’export, pur cresciuto del 3,5% a quota 14,6 miliardi, la vi-sione non è rosea e nettamente inferiore alla media euro-

pea. Le non brillanti prospettive di mercato si aggiungonoalla recente storia industriale del settore agroalimentare inItalia, contrassegnata da una serie di avventure imprendi-toriali caratterizzate da gestioni al limite del lecito e da per-sonaggi degni di un racconto d’appendice.

Raul Gardini ebbe la geniale intuizione di un imperoche unisse chimica e agricoltura ed ha pagato in prima per-sona le sue scorribande; Sergio Cragnotti, partito propriodalla Ferruzzi per passare al fallimento del gruppo Feder-consorzi, da cui rilevò la Fedital, arriva ai giorni nostri aldisastro della Cirio; l’ex “re del grano”, Franco Ambrosio,arrivò a trattare con la Italgrani oltre il 60% del grano du-ro mondiale, fatturando alla fine degli anni ‘80 quasi due-

mila miliardi di lire. Ambrosio, cassiere di Paolo Cirino Po-micino, nel 2001 finì in carcere per bancarotta fraudolen-ta. Un pensiero va infine rivolto al fantasiosissimo CalistoTanzi che ha dilapidato in giochetti finanziari l’azienda ali-mentare considerata l’orgoglio del Paese riuscendo a supe-rare il record, fino ad allora era detenuto proprio da Feder-consorzi, del crack più disastroso d’Italia.

Un settore danneggiato dalla finanza«Il settore agroalimentare in Italia è stato enormementedanneggiato dalla tendenza dei manager e proprietari abuttarsi sulla finanza trascurando l’industria», afferma

Il Bel Paese saccheggiato dalla finanza di rapina

di Francesca Paola Rampinelli

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gentile, con un sorriso appena abbozzato», ricorda il sociologo Lucia-no Gallino, assunto personalmente dall’imprenditore di Ivrea.

Ritorniamo a Mario Tchou, il giovane ingegnere italo-cinese.Tchou era un genio dell’elettronica, nel 1955 accettò di lavorare conAdriano Olivetti organizzando una squadra di giovani ingegneri e tec-nici che iniziò a collaborare con l’università di Pisa. Bruciarono i tem-pi. In due anni la sua equipe realizzò la Macchina Zero, che diventò poiElea 9003. Elea non fu un nome scelto a caso, è quello di un’antica cittàgreca sede della scuola di filosofia, scienza e matematica. L’Elea fu uncalcolatore all’avanguardia che entrò in un mercato dominato dall’Ibmcon il vantaggio di essere il primo calcolatore al mondo interamentetransistorizzato, con consistenti risparmi di costi e di energia. L’Olivet-ti scelse definitivamente di puntare sull’elettronica, ma i media (esclu-so Paese Sera e pochi altri) e soprattutto il governo italiano non so-stennero quel progetto. Negli stessi anni Usa e Gran Bretagnastanziarono ingenti somme per le ricerche elettroniche. Olivetti com-prese intanto che la sua rete commerciale non era più sufficiente, perquesto acquistò negli Stati Uniti la Underwood mentre iniziava l’e-splorazione dei mercati dell’Europa dell’Est e della Cina.

Fece anche degli errori, tra cui sottovalutare le metodologie finan-ziarie, ostacolando così il formarsi di un assetto di capitale solido dellasocietà. I bilanci fotografano un gruppo sempre sottocapitalizzato. «Inquel periodo di espansione - dice Luciano Gallino - contò troppo sul-l’autofinanziamento e sul sostegno della famiglia, divisa al suo inter-no». Intanto continuava nel suo impegno politico, venendo primaeletto sindaco di Ivrea e successivamente alle elezioni nazionali del1958 con il Movimento Comunità da lui fondato.

Il viaggio, la morte. L’addio a un sognoEra un uomo pieno di idee, di progetti quando in una mattina freddadi fine febbraio del 1960 salì sul treno direttissimo Milano-Losanna.Non sapeva che la morte era dietro l’angolo, una trombosi celebrale

fulminante lo colpì. Se ne andò così, a soli 59 anni, Adriano Olivetti.Padrone illuminato, alternativo, paternalista, innovatore... il modo

di fare impresa di Adriano Olivetti è ancora oggi oggetto di attenzioni;volle mettere l’uomo al centro della produzione e non la fabbrica,osteggiato sia dal Pci (che lo considerava un imprenditore paternalista)che da ampi settori della Dc. Adriano Olivetti fu soprattutto un capi-talista che non smise mai di chiedersi perché, come durante l’inaugu-razione dello stabilimento di Pozzuoli nel 1955: «Può l’industria darsidei fini? Si trovano questi fini semplicemente nell’indice dei profitti?O non vi è qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una desti-nazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica». Il contribu-to di intellettuali, architetti, urbanisti, arricchì l’Olivetti e favorì la na-scita di discipline che nei decenni successivi divennero importantifiloni accademici come l’economia di impresa (con Franco Momiglia-no), la sociologia industriale (Luciano Gallino), la psicologia del lavo-ro (Cesare Musatti). Un anno dopo la morte di Adriano Olivetti ancheMario Tchou morì in un misterioso incidente stradale. La scomparsa diTchou fu un altro duro colpo per la società di Ivrea: la visione strategi-ca, capacità tecniche e di ricerca dell’ingegnere italo-cinese erano fon-damentali per lo sviluppo della società. In quella situazione di emer-genza un altro componente della famiglia, Roberto Olivetti, assunseimmediatamente la guida della divisione elettronica.

La crisi finanziaria e l’inettitudine dei GoverniL’azienda entrò poi in una profonda crisi finanziaria per le divisioniinterne alla famiglia e le difficoltà a sottoscrivere aumenti di capitale.Nerio Nesi era allora direttore finanziario dell’Olivetti e ricorda: «Il Go-verno non capì che rinunciare ai grandi calcolatori sarebbe stata unasconfitta per l’Italia, per l’Europa».

Nel ‘64 l’Olivetti passò sotto il controllo di Fiat, Pirelli, Medioban-ca e Imi. Enrico Cuccia annunciò la cessione della divisione elettroni-

ca Olivetti alla General Electric. «Il Governo e gli industriali - sostieneLuciano Gallino - non furono lungimiranti nel vendere la divisioneelettronica dell’Olivetti e fecero anche un grave errore cedendola allaGeneral Electric,una società che aveva dato pessimi risultati nell’elet-tronica. Non escludo che ci siano state anche pressioni dagli Usa sulGoverno italiano per evitare che Olivetti diventasse un competitoredelle fabbriche statunitensi». Olivetti mantenne il diritto di proseguirenella piccola elettronica. Nel 1965 lanciò la calcolatrice Programma101, considerato il primo personal computer della storia.

L’arrivo di De Benedetti. Rilancio e fine di Olivetti Nel 1978 Carlo De Benedetti rileva una azienda “tecnicamente fallita”.L’Ingegnere riuscì a trasformarla, rendendola in tre anni nuovamentecompetitiva, Nel 1982 l’Olivetti inizia a fabbricare personal computerin Europa mentre molte aziende informatiche lasciavano il campo tracui Siemens, Philips, Bull, Nokia informatica e Ericsson informatica.

Omnitel (telefonia mobile) e Infostrada (telefonia fissa) portano lasocietà nelle telecomunicazioni. Per l’Ingegnere l’elettronica non erapiù strategica. Roberto Colaninno, subentrato a De Benedetti, utilizzòOlivetti come contenitore finanziario per “ la madre di tutte le scala-te”, quella a Telecom Italia. Nel 1999 a quattro mesi dal successo del-l’Opa (offerta pubblica di acquisto) su Telecom, Colaninno disse: «èbrutto licenziare, ma è ancora più brutto far perdere denaro a chi te loha affidato confidando che lo avresti fatto rendere». Infine arrivò Mar-co Tronchetti Provera. Con Telecom il marchio Olivetti venne addirit-tura cancellato dal registro delle società quotate in Borsa. Poi il ripen-samento e il tentativo di rilanciare il marchio di Ivrea con l’annuncio,nel maggio del 2005, di voler investire 200 milioni di euro in tre anni,di cui la metà per la ricerca e lo sviluppo in particolare di una linea diprodotti “ink jet” con due nuove stampanti realizzate da designer in-ternazionali come James Irvin e Alberto Meda.

Ma dopo le grandi promesse è arrivata la doccia fredda per i la-voratori e i sindacati. Telecom, a maggio 2005, ha annunciato di volersmantellare le produzioni di stampanti bancarie e registratori di cassadello stabilimento di Agliè in Piemonte dove la ex Olivetti Tecnost ha400 dipendenti. Le produzioni dovrebbero essere trasferite in Malesia.

Il deserto a Ivrea. Anche la storicamensa chiudeDi Olivetti restano un migliaio di dipendenti sparsi tra Ivrea, Scarma-gno, la Valle D’Aosta e Milano. La grande Olivetti appare ormai lonta-nissima e anche uno dei suoi ultimi simboli, la storica mensa Ico diIvrea, se ne è andato a fine 2004. La mensa, a forma esagonale, sorgesulla collina di Monte Navale, vicino agli stabilimenti, e fu voluta daAdriano Olivetti su progetto dall’architetto Ignazio Gardella.

Il capitalismo finanziario e l’ultimo sovversivo Si chiude così una delle pagine più tristi per il capitalismo italiano, cheha sancito lo smantellamento dell’informatica, dell’elettronica nel no-stro paese. Una conclusione determinata dalla scarsa lungimiranza deiGoverni, di interi settori del capitalismo che hanno privilegiato le lo-giche finanziarie e la rendita a scapito dell’innovazione e della ricerca,realizzando grandi plusvalenze, scarsi profitti e distruggendo un pezzodell’industria e dell’economia nazionale.

Resta l’esperienza di Adriano Olivetti che George Gilder, esperto dicomunicazione e tecnologie, descrisse con toni enfatici ma in parte ve-ritieri: «Olivetti fu un imprenditore che non ebbe nessun rapporto dimera dipendenza con il capitale, la terra, il lavoro ma che che creò ca-pitale, conferì valore alla terra e al lavoro. Non fu strumento dei mer-cati ma creatore di mercati, non un ottimizzatore di risorse ma un in-ventore di risorse». In fondo anche ai giorni nostri Olivetti sarebbestato probabilmente un imprenditore “sovversivo. .

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ministro Mannino si preoccupò di dire che la Fedit era ge-stita male». Tutto però continua a procedere tranquilla-mente fino al 1991 quando viene nominato ministro del-l’Agricoltura Giovanni Goria. La situazione si fa ancorauna volta misteriosa. Alcune fonti sostengono che Goria sidopo un solo mese al ministero avverte l’incombente di-sastro e decide di commissariare l’ente minacciando di di-mettersi e di fare così cadere il governo in caso di ostacoli.

Nel luglio 1991 si ottiene l’ammissione alla procedurafallimentare che appare subito lunga, costosa e complessa;l’intero patrimonio di Federconsorzi rischia di essere liqui-dato per poche lire visto che il concordato richiederebbevendite frazionate con conseguenti costi elevatissimi.

Viene così chiamato in campo Pellegrino Capaldo,professore universitario ed ex presidente del Banco di Ro-ma. Vanta doti tecniche ed è anche personaggio gradito alGoverno, al mondo agricolo, ai sindacati, agli istituti dicredito e alla Banca d’Italia. Elabora la Società GestioneRealizzo, composta da 28 grandi creditori che dovrebbe ri-levare i beni della Fedit. Una soluzione che «avrebbe con-sentito di chiudere rapidamente il concordato e vendere ibeni con procedure meno farraginose di quelle classiche».Il giudice Ivo Greco autorizza l’operazione e valuta il pa-trimonio in 2.150 miliardi di lire, cifra che appare assolu-tamente non corrispondente al valore reale ad un gruppodi ex dipendenti di Fedit che fa partire un’inchiesta pressoil tribunale di Perugia. A fine 2001, dalla vendita dei suoibeni, la Sgr aveva complessivamente realizzato 2.371 mi-liardi di lire e sostenuto costi per 2.293 miliardi, esclusi glioneri finanziari. Il suo indebitamento ammontava a 106miliardi. La società, con ulteriori realizzi, aveva previsto unincasso finale compreso tra i 2.650 e i 2.700 miliardi a fron-te di costi complessivi compresi tra i 2.630 e i 2.680 mi-liardi. In un decennio, in pratica, la Sgr avrebbe conclusoin pareggio il complesso delle dismissioni se non fosse in-tervenuto a vanificare i conti il sequestro dei beni, scatta-to con l’inchiesta di Perugia.

In forza a quale fenomeno, mentre è pendente da an-ni presso il Tribunale di Roma il processo penale contro idirigenti e gli amministratori di Federconsorzi responsabi-li di bilanci così fantasiosamente gestiti per anni, Capaldoe Greco (co imputati a Perugia) sono stati invece condan-nati per bancarotta fraudolenta (a 4 anni il primo e a 4 an-ni e 6 mesi il secondo) a spron battuto? Qualcuno parla diun’ipotetica, eventuale, ascesa di Capaldo in Mediobancache sarebbe stata arginata proprio dalla tempestività delprocedimento. Nulla avrebbe a che vedere, in questo caso,con l’effettivo interesse al recupero dei crediti vantati oltreche dalle banche da migliaia di coltivatori…

Per essere dichiarato innocente Capaldo ha dovutoaspettare, fino al giugno del 2004 quando la Corte d’ap-pello di Perugia ha ribaltato il primo verdetto, scagionan-dolo dall’accusa perché “il fatto non costituisce reato”. .

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Alessandro Danovi, condirettore dell’Osservatorio crisi erisanamento dell’Università Bocconi. Per capire benequanto questo sia vero basta scorrere le avvincenti vi-cende di Federconsorzi che le cui vicissitudini aprono lastrada a tutti i casi a cui si accennava sopra.

Fondata nel 1892 come società cooperativa, Federcon-sorzi diventa, dopo la Seconda guerra mondiale, una del-le maggiori organizzazioni economico-sociali italiane. Co-me sistema di riferimento di centinaia di migliaia dicoltivatori diretti e imprenditori agricoli, controlla 74 con-sorzi locali e oltre 80 aziende che operano nei settori piùdisparati, tra cui Massalombarda Colombani e PolenghiLombardo nell’agroalimentare, Siapa (agrochimica), Fata(assicurazioni), e il Credito Agrario di Ferrara oltre ad unaquota di minoranza qualificata della Banca Nazionale del-l’Agricoltura, pari al 13%. Inoltre fa capo alla Federconsor-zi un enorme patrimonio di terreni, allevamenti, magaz-zini e aziende agrarie oltre ad immobili di prestigio.

Il 31 dicembre 2001 l’onorevole Magnalbò fu incari-cato di stendere una relazione con la «ricostruzione il piùpossibile obiettiva di quanto è avvenuto in riferimentoalla Federconsorzi, nel periodo che va dal secondo dopo-guerra al commissariamento» così riporta alla Commis-sione parlamentare d’inchiesta: «durante il suo lungo pe-riodo d’attività, la Fedit portò a termine una serie diinterventi che andavano ben al di là di quello che era ilsuo programma di base, quello della sicurezza alimenta-re; infatti, la Fedit ad un certo punto cominciò a propor-si come ente che aveva la possibilità, attraverso il com-pendio immobiliare che a mano a mano acquisiva, diindebitarsi e di mettere le mani su vari settori dell’eco-nomia. In tal senso ebbe una compartecipazione a tuttele attività dei consorzi agrari italiani (d’altra parte questaera la sua funzione originaria), svolgendo anche il ruolodi sponsor, ma soprattutto di tramite tra i consorzi agra-ri e gli istituti di credito. Quest’ultima fu una delle gran-di funzioni svolte dalla Fedit che in tal modo riuscì a fi-nanziare tutto questo comparto, che era in perdita,attingendo costantemente credito presso le banche.». Ilrelatore in comissione afferma e che «tali aspetti appaio-no con più evidenza ed in termini che definirei "racca-priccianti" nell’analisi stilata dai collaboratori dellaCommissione che hanno messo in luce una massa dioperazioni in cui, oltre al ricorso costante al credito, sirinviene un utilizzo altrettanto costante, ordinario, quo-tidiano e perpetuo della doppia fatturazione. Ciò sta a si-gnificare che moltissime poste venivano fatturate duevolte e una stessa fattura per consulenza veniva pagatadue volte e questo per centinaia di miliardi».

Ma non è finita qui: «Si è inoltre riscontrato che vi era-no delle poste che in origine non corrispondevano ad al-cuna voce, ma che successivamente, negli anni 1988-89-90, vennero iscritte in bilancio, una prima volta per un

ammontare di 142 miliardi, la seconda per 240, come cre-diti inesigibili, quando invece si trattava di denaro uscitodalle casse senza alcuna giustificazione». Conclusione lo-gica: «Come si può osservare, a poco a poco la Fedit dal suoruolo iniziale passò ad assumere anche la funzione di por-tafoglio per operazioni in nero». Al momento del com-missariamento, avvenuto il 17 maggio 1991 (un venerdì17!), circa un terzo dei beni è in gestione commissariale oin liquidazione coatta amministrativa e l’indebitamentototale dei Consorzi verso la Federconsorzi ammonta a cir-ca 2.200 miliardi di lire mentre i debiti del consorzio han-no superato i 5 mila miliardi di lire.

Assenza controlli e crediti faciliIl relatore della Commissione parlamentare cerca di dareun quadro delle responsabilità più evident: «uno scarsocontrollo da parte della Banca d’Italia sul credito che ve-niva erogato a favore della Fedit. Dalle audizioni del re-sponsabile della Banca d’Italia non è emerso nulla a que-sto proposito. Anzi, l’impressione che ne è risultata è chequalcuno se ne fosse lavato le mani nella convinzione chein fondo la Banca d’Italia non avesse il dovere di entrarenel merito e nella sostanza dei crediti, ma dovesse sempli-cemente limitarsi a verificare la regolarità delle procedure.Personalmente non credo che ciò sia vero, in ogni caso ciòcorrisponde a quanto ci hanno riferito. Desidero ancheevidenziare -continua Magnalbò- la totale mancanza dicontrollo da parte del Ministero dell’agricoltura. Il Mini-stero avrebbe dovuto effettuare una vigilanza continua edinvece sembra che il suddetto Ministero si sia limitato a re-cepire passivamente i bilanci e la documentazione da par-te della Fedit, mentre quest’ultima considerava assolto ilproprio compito con la trasmissione degli atti. Quindi èmancata del tutto un’attività di controllo».

Appurate le responsabilità dei presunti organi dicontrollo, entrano in gioco altri soggetti: «Nell’interavicenda un ruolo fondamentale è stato ricoperto dalleassociazioni di categoria. LaColdiretti era certamente il sog-getto che maggiormente parte-cipava all’attività della Fedit eche, attraverso i suoi rappre-sentanti, dirigeva più o menodall’interno questo colosso.

Successivamente si affiancò la Confagricoltura, che di-sponeva anch’essa dei suoi uomini, tra cui Gioia, presi-dente della Confagricoltura e vicepresidente Fedit. Nellostesso periodo, anche i rapporti con la Coldiretti erano en-trati in crisi, perché la Fedit cominciava a "boccheggiare" enon era più in grado di fare consistenti elargizioni in ter-mini di sponsorizzazioni a favore delle due associazioni».

«Le cause del dissesto vanno individuate nella ricono-sciuta mala gestio, risalente a molti anni prima. Lo stesso

«QUELLO CHE È SUCCESSO È LA PROVA che il problema di Parmalat non era il corebusiness, ma la finanza. Purtroppo me ne sono accorto troppo tardi quando il mondo mi è crollato addosso». Lo ha dichiarato, commosso riferisce il suo avvocato, Calisto Tanzi,quando ha visto che il titolo della “sua” Parmalat, nel primo giorno di quotazione in Borsadopo 22 mesi dal crack, balzava bruscamente in avanti. Parmalat, infatti, dopo averesordito con il prezzo teorico di un euro ha chiuso a quota 3,025 euro. Un prezzo che assegna alla Parmalat una capitalizzazione di 4,9 miliardi di euro e che ha visto il passaggio di mano di 281,5 milioni di azioni, pari al 17,5% del capitale della società.Parmalat però non è certo un titolo che può garantire stabilità e per un po’ sarà necessarioche gli investitori si abituino a vederlo scattare al rialzo per poi calare bruscamente. Nel secondo giorno in Borsa, infatti, il titolo ha perso il 13,59% a 2,61 euro, portando la capitalizzazione a 4 miliardi Hanno senza dubbio inciso sulla frenata le prese di profittodegli hedge funds insieme alle incertezza circa le richieste di risarcimento danni avviate da Bondi contro le banche. La giornata è stata ancora decisamente intensa visto che se giovedì era passato di mano il 17,5% del capitale, venerdì i volumi hanno interessatol'8,1% delle azioni e sono transitati anche 6,3 milioni di titoli sul mercato dei blocchi.

Sulla sorte a Piazza Affari del gruppo di Collecchio ci sono moltissime incognitedeterminate sulle incertezze oggettive che ancora gravano su Parmalat. Da tempo circolanovoci circa una possibile acquisizione da parte di Granarolo , della francese Lactalis e di Nestlé ma si è parlato anche del gigante americano dell’agroindustria Cargill oltre che di una cordata guidata dal commissario della Cirio, Mario Resca.

Più chiari, invece, appaiono finalmente i numeri della società che sono stati presentatiil 10 ottobre, al termine del cda. Nel primo semestre 2005 il gruppo Parmalat ha realizzatoun fatturato netto consolidato di 1.847,8 milioni, in crescita del 2,3% rispetto allo stessoperiodo del 2004 (dati pro-forma ricalcolati). Il mol è passato a 141,6 milioni dai 130,4 del 2004, salendo al 7,7% dal 7,2%, mentre il risultato della gestione ordinaria, dopo ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti per 56,2 milioni, è pari a 85,4 milioni(4,6% dei ricavi della gestione caratteristica). L’utile netto pro-forma è di 39,6 milioni. Al risultato netto contribuiscono proventi non ricorrenti per 19,5 milioni, oneri finanziarinetti per 46,5 milioni e imposte sul reddito per 16,6 milioni. L'indebitamento finanziarionetto al 30 giugno era pari a 585,6 milioni, in aumento di 43,7 milioni.

IL RITORNO DI PARMALAT

La Commissionerileva «un utilizzocostante, quotidianoe ordinario alla doppiafatturazione»

La strutturadell’occupazione in Italia è fortementelegata ai servizi(63%) con unapercentuale del 32%di occupazioneindustriale.Genova, 1992

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NOVAMONT

Le origini della holdinglussemburghese

Stefano Ricucci| lavanderia |

di Paolo Fusi

HI C’È DIETRO STEFANO RICUCCI? Possibile mai, che l’odontotecnico sia divenuto dapprima immobiliarista e poi banchiere solo in virtù della sua somiglianza con Lando Fiorini e l’aggento un bo’ bburino da FrangesgoPionati? Commuove il fatto che la sua holding lussemburghese, la Magiste International SA, prenda il nome da papà Matteo, mamma Gina e bimbo Stefano – un po’ di “Ultimo Tango a Zagarolo” nella compassatacapitale del Granducato. La Magiste non si è sempre chiamata così. All’atto della costituzione, nel giugno 2001,e per i due mesi successivi, si chiamava Red Investment SA. I proprietari della Red Investment alias MagisteInternational all’atto della fondazione sono due: la Realest Finance SA di Lussemburgo e l’Alpine StrategicMarketing LLC di Washington. Quest’ultima ha sede nell’appartamento 101 di un palazzone della capitaleUSA, che appartiene alla Global Investors LLC di Trutnov – una fiduciaria d’investimenti di un paesino di minatori della Repubblica Ceca…

La Global Investors l’appartamento l’ha preso per gestire in parallelo due società: l’Alpine StrategicMarketing e la Rodeos Investments LLC. La prima fonda nell’ombra società in Lussemburgo. La seconda,invece, è famosissima. Nell’ottobre del 2002, infatti, la Rodeos conclude un contratto con la fabbrica d’armibulgara Terem e con la holding di Stato bulgara Kintex. Si tratta di una fornitura d’armi alla Siria, ufficialmente.Pochi giorni si scopre che le armi sono state portate in Iraq. La plusvalenza per la Rodeos è di 1,9 milioni

di dollari. Si viene a sapere poi che nell’anno precedente la Rodeos ha fatto affari persino più redditizi. Il direttore della Rodeos è un tale Mikhail Georgiev,

un trafficante d’armi di Sofia legato a due pesci grossissimi dellascena internazionale, che sono poi coloro che hanno coordinatoil colpaccio: il siriano Monzer Al-Qassar ed il russo Viktor Bout.Quest’ultimo, ex ufficiale d’aviazione dell’URSS, è il numero unoal mondo. Con i suoi enormi Antonov è in grado di trasportare

ovunque truppe, armi, carri armati: Bout garantisce la fornitura anche tra le montagne dell’Afghanistan,nell’Iraq in fiamme, nei porti semidistrutti della Somalia o all’interno di paesi come gli Stati Uniti – in barba a qualsivoglia controllo dello spazio aereo. È intoccabile, anche se ufficialmente ricercato dalla Polizia di oltre50 paesi, dato che ha come clienti gli Stati Uniti stessi, l’Arabia Saudita, la Russia, e via dicendo. Prima di Bout,il più grande era Monzer Al-Qassar. Legatissimo all’estremismo islamico, già condannato in Francia per terrorismo, Al-Qassar inventò negli anni ’80 un sistema per vendere armi costose a paesi poverissimi: questi pagavano in droga. Lui forniva armi bulgare (già allora dalla Kintex) e rivendeva la droga ai clan siciliani.I soldi venivano poi riciclati da una società ticinese, la Fimo SA di Chiasso. Una noticina per gli smemorati: la Fimo è al centro di alcuni dei più grandi scandali degli anni ’80 e ’90. Riciclava ad esempio i soldi delladroga, le tangenti per l’acquisto di Gianluigi Lentini da parte del Milan, ed altre piacevolezze del genere. Alcuni dirigenti erano membri della World Anti Communist League, che cercava fondi per armare gruppiparamilitari di destra. In cima, per coordinare il tutto, la Fimo aveva una propria banca, la Albis Bank. Che ne è stato di tutto ciò? Ma nulla, ragazzi. La banca c’è ancora, alla testa di cotanto gruppo. Si chiama però BPLBanca Popolare di Lodi (Svizzera) SA Lugano. Ha cambiato il pelo, come la Red Investment di Stefano Ricucci,che ora si chiama Magiste International in onore di mamma e papà. Non c’è da morirne di tenerezza? .

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La finanziaria intitolata a mammà e papà ha due discutibiliprogenitori: due fiduciariesospettate di collegamenti con il traffico d’armi. E scavando si trovano molte altre coincidenze

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finanzaeticaBanche italiane: testa al Nord e tasche vuote al Sud >31Giuseppe Gallo (Fiba-Cisl): «risolvere l’accesso al credito» >35Nestlè tra inchieste, proteste e il debutto dei prodotti etici >38

UN PROGETTODI VISIBILITÀPER IL TURISMORESPONSABILE

Il turismo responsabile è unostrumento al servizio della pace e dello sviluppo: lo sostiene anche l’ONU, che nel vertice di Johannesburg lo ha incluso tra gli strumenti per la lotta alla povertà. Ma il turismo potràprendere questa strada soltanto se sarà la domanda di mercato a cambiare: c’è da puntare allorasull’educazione e di questo compitosi sono prese carico diverse Ong.Cogliendo l’occasione offerta dalProgetto di Educazione alloSviluppo, il Cisv (Comunità impegnoservizio volontariato) ha portatoavanti il programma “Turismo Equo”con lo scopo di collegarequest’ultimo al commercio equo e solidale da un lato, e ai touroperator tradizionali dall’altro. Con ciò, la speranza di dar visibilitàal turismo responsabile anche in fiere di settore. Scopo del progetto è anche quello di dar spazio nel mercato del Nordad imprese di turismo responsabilenate nel Sud, e di inserire nei corsidi studio sul turismo le tematichetipiche dell’educazione allo sviluppo.Il Cisv si è anche impegnato a promuovere una politica comuneeuropea in materia: Italia e Franciagià collaborano attivamente su questi temi. Il convegnoconclusivo del progetto si è tenutodurante il forum annuale dell’AITR,con il quale Cisv ha collaboratostrettamente per la trasformazionedel sito www.aitr.it in un portalededicato al turismo responsabile.

EXXON MOBILCOSTRETTA A RIDURRE LE EMISSIONI

ExxonMobil, il Dipartimento dellaGiustizia Usa e l’EnvironmentalProtection Agency (EPA) hannoraggiunto un accordo economicoper chiudere il contenzioso relativoad una causa sull’inquinamentoatmosferico provocato dalleraffinerie della compagniapetrolifera. Il patteggiamentoraggiunto prevede interventitecnologici innovativi, stimati daExxonMobil in 571 milioni di dollari,finalizzati a ridurre di 53.000tonnellate l’anno le emissioni in sette raffinerie di cinque StatiUsa: California, Illinois, Louisiana,Montana e Texas. La riduzione delleemissioni sarà di 11.000 tonnellatedi ossidi d’azoto e di 42.000tonnellate di anidride solforosa. Le sette raffinerie rappresentanocirca l’11% della capacità di raffinazione degli Stati Uniti. Il patteggiamento stabilisce ancheuna multa di 8,7 milioni di dollari,cui si aggiungono 9,7 milioni, che la compagnia dovrà spendereper ulteriori interventi ambientali, a beneficio delle comunità in cui opera. Nel patteggiamento,ExxonMobil, che era accusata di aver violato il Clean Air Act, nega di aver operato in contrastocon leggi o regolamenti. La societàstatunitense è ritenuta tra leprincipali finanziatrici di think tankavversi al protocollo di Kyoto, come il Marshall Institute.

OPENOFFICE FESTEGGIA IL SUO QUINTO ANNIVERSARIO E RILASCIA LA VERSIONEAGGIORNATA DEL PACCHETTO

Gratuito, funzionale, compatibile con gli altri software e disponibile in moltissime lingue: OpenOffice ha appena festaggiato i suoi primi cinque anni di vita e per l’occasione ha reso disponibile la versione 2.Si tratta di un “pacchetto”, un insieme di programmi per l’ufficio, che si inserisce nella stessa categoria di Microsoft Office ma, a differenza di quest’ultimo è un software libero, con una licenza d’uso che consentea tutti di utilizzarlo, modificarlo, copiarlo e distribuirlogratuitamente. Un software “open source”, che in pratica significa “democratico”, realizzato dal basso:il codice sorgente è disponibile ed ognuno è dunquelibero di apportare modifiche e miglioramenti, a pattopoi di restituire alla comunità il programma modificato.

All’arricchimento di OpenOffice collaborano singolivolontari, specialisti del settore ed anche aziende comela Sun Microsystems, che non vogliono lasciar alla Microsoft il monopolio del sistema, ed offrire inveceagli utenti una – ed infinite – possibilità alternative. È una comunità che lavora per la comunità, e per ognisingolo elemento che ne fa parte: il programma infatti,per essere utilizzabile dal maggior numero di persone, è tradotto in oltre 60 lingue. E sono molte le comunitàminoritarie che in tutto il mondo stanno creando le “proprie” versioni di OpenOffice: l’Australia e la NuovaZelanda ad esempio ne hanno realizzata una per i nativiin lingua Mahori, in Sri Lanka è stata creata unaversione in lingua Tamil e si sta traducendo il softwarein diverse lingue sudafricane: per rendere accessibile il programma anche a chi non può (o non vuole)utilizzare l’inglese. OpenOffice attualmente vieneutilizzato da circa 100 milioni di utenti, pari al 10% del mercato, ed è sempre più richiesto sia dai privati che dalle aziende perché oltre ad essere gratuito ed “elastico” risulta sicuro, standardizzato da un consorzio di certificazione internazionale (Oasis) e compatibile con molti altri formati, inclusi quelli di Microsoft Office. E per tutte queste ragioni è fortemente raccomandato dalla Comunità Europea comeformato ufficiale dei documenti, soprattutto di quellidelle Pubbliche Amministrazioni dei Paesi membri.

ANCHE LEVI’SPUBBLICA LA LISTA DEISUOI FORNITORI

Levi Strauss & Co ha pubblicato perla prima volta la lista e gli indirizzidi oltre 750 fabbriche fornitrici deipropri marchi Levi’s, Dockers e LeviStrauss Segnature. Secondo il vice-presidente David Love, citato darainews.it, «la maggior trasparenzaall’interno della catena dei fornitoridarà un ulteriore impulso ai nostrisforzi per migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche tessili a livello mondiale. Il nostro auspicioè che questo livello di trasparenzadiventi uno standard del settoretessile, favorendo una maggiorcollaborazione tra marchi cheutilizzano le medesime fabbriche.Riteniamo che, se i marchilavorassero in comune sui temidell’aderenza ai codici di condotta,il monitoraggio delle fabbrichediventerebbe sicuramente più efficace e meno pesante per i fornitori, consentendo loro di pianificare tempi e risorse peradottare miglioramenti a beneficiodei lavoratori». I principali fornitoridi Levi Strauss & Co sono cosìdistribuiti: 189 in Cina, 60 in Giappone, 48 in India, 37 in Turchia, 33 in Messico, 31 nelle Filippine, 26 in Colombia,24 in Vietnam, 22 in Sud Africa, 20 in Corea del Sud, 19 a HongKong e in Portogallo, 18 in Brasile,17 in Thailandia, 15 in Cambogia,14 in Indonesia, 12 in Pakistan, 11 negli Stati Uniti, 10 in Bulgaria,Tunisia e a Macau, 9 in Canada, 8 in Bangladesh, RepubblicaDomenicana, Giordania ed Egitto.

IL MINISTERO AFFIDA TRA LE PROTESTE LA VERIFICA DEI DATI DEL TEST INVALSI A UNA DITTA PRIVATA

Tre milioni novecentomila euro di appalto (iva esclusa)per i test Invalsi nelle scuole, destinati dal Ministerodell’istruzione con concorso indetto con “proceduraristretta accelerata” per questo anno scolastico. Sedicimilioni di euro in totale assegnati a privati per il triennio2005/2008, in un momento in cui alla scuola pubblicanon arrivano nemmeno i fondi per pagare le fotocopie o le tasse comunali. L’Invalsi è l’Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione: ha il compito di valutare l’efficienza e l’efficacia del sistema educativo. Per assolvere il suo compito l’Invalsi ha scelto i test sugli alunni, che si svolgeranno dal 28 novembre al 2 dicembre, nelle classi seconde e quarte delle elementari, prime e terze delle medie. Tre le materie: matematica, scienzee italiano; quiz a risposta multipla da risolvere in tempiprefissati, senza nessun aiuto da parte dell’insegnante,con un mediatore linguistico per matematica, ma non per italiano, con codici a barre di identificazione per ogni alunno e codici “speciali” per i portatori di handicap. Tutte le operazioni, incluse le riletture dei test avverranno presso la sede della ditta scelta (Alfa 81 srl di Roma, per le prove che si sono tenute ad aprile).

Ma genitori, insegnanti e sindacati non ci stanno:evidente la violazione della privacy dei minori per cui è stata presentata una segnalazione al Garante.Sia i Cobas che la Cgil sono d’accordo nel dire che nessuna legge prevede l’obbligatorietà dei test. Si sono pronunciati contro anche il coordinamento delle associazioni persone con sindrome di Down che ha chiesto la sopsensione delle provepersonalizzate, il Cesp (Centro studi per la scuolapubblica) il movimento Scuola e Costituzione e molti genitori che hanno presentato diffide ai Dirigenti Scolastici affinché non “somministrino” i test ai loro figli.

USA: MANETTEPER FRODE ENUOVI SCANDALIALLE PORTE

Le autorità americane hannoarrestato, con l’accusa di frodefinanziaria, Phillip Bennett, ex timoniere della matricola di BorsaRefco, il più grande broker di futuredi materie prime indipendente degliStati Uniti. L’autorità di controllo del Chicago Mercantile Exchange(Cme) ha chiesto a Goldman Sachsdi intervenire. L’accusa che pendesul capo di Bennet è di averenascosto l’esistenza di prestiti per430 milioni, garantiti dal broker cheguidava una sua società personale.Le transazioni in questione nonerano state segnalate nel prospettodi collocamento della società,sbarcata a Wall Street lo scorsoagosto. L’esistenza di questeoperazion ha provocato le immediate dimissioni di Bennettdal timone della Refco, nonché il crollo del titolo che da circa 28 è sceso a 10 dollari. Intanto, nel tentativo di sbrogliare unasituazione diventata sempre piùcomplessa, l’autorità di controllodel Chicago Mercantile Exchange(Cme) ha chiesto a Goldman Sachse ad altri primari operatori di WallStreet di acquistare la società o di rilevare almeno il core businessdelle operazioni di trading suifuture. L’iniziativa, secondo quantoscrive il Wall Street Journal,potrebbe contribuire a rasserenarei timori di investitori e partner.Qualsiasi acquirente dovrebbegarantire i depositi fino a quando le posizioni della clientela non saranno state chiuse.

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Terminal al porto di Genova. Ogni anno in Italia sono circa1.400 i lavoratori che perdono la vita in incidenti sul lavoro,quasi sempre causati da assenza di tutele.Genova, 2002

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Testa al Nord per le banche meridionali. E al Sud le tascherestano vuote

una banca deve sopportare concedendo un prestito a unimpresa nel Sud Italia, dove i tassi di fallimento impren-ditoriale sono più elevati e i tempi di recupero dei credi-ti più lunghi. Basta guardare i dati sul rapporto tra soffe-renze e impieghi nelle diverse aree della penisola, cioè lapercentuale di crediti concessi dalle banche che non ven-gono restituiti (vedi ). Secondo le rilevazioni del-la Banca d’Italia nel 2003 il 15% dei crediti concessi nelSud risultava in sofferenza, cioè le imprese non erano piùin grado di restituire la somma ricevuta in prestito dallebanche. Una percentuale altissima e di gran lunga supe-riore al 3,45% del Nord Italia e al 4,78% della media na-zionale. Sono questi i numeri che giustificano i maggio-ri tassi di interesse sui prestiti richiesti al Sud. Un“premio per il rischio” che costa quasi due punti percen-tuali. Se infatti al Sud il tasso medio applicato sui presti-ti bancari è del 7,50% (dato rilevato dalla Banca d’Italiariferito al 2003), al Nord si passa al 5,69% (vedi ).«Due punti percentuali in più nel costo del credito percompensare un maggiore rischio sono accettabili – pre-cisa il professor Ferri - Diverso è il caso dell’accesso al cre-dito, che non dovrebbe essere concesso con il contagoc-

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e due misureA seconda che ci si trovi in una regione del Centro-Nordoppure del Sud Italia, variano, e non di poco, i tassi di in-teresse sul credito e, quel che è peggio, varia la probabi-lità di ottenere il credito. Ma perché? È giustificata que-sta differenza di trattamento su basi geografiche? «Inparte sì, per quanto riguarda i costi più alti attribuiti dal-le banche ai clienti nel Sud Italia. Non è giusto invece cheil credito sia razionato. Nelle regioni meridionali, infatti,il rischio che un impresa a cui è stato concesso un pre-stito non sia più in grado di restituirlo è molto più altorispetto alle regioni settentrionali. Se c’è un rischio mag-giore è giusto che la banca si tuteli ed è giusto che il clien-te sopporti costi più alti» spiega Giovanni Ferri, profes-sore di economia politica all’Università di Bari, cheinsieme a Paola Bongini, professoressa di economia degliintermediari finanziari all’Università Milano-Bicocca, hada poco pubblicato un libro dedicato proprio al mondodelle banche al Sud: “Il sistema bancario meridionale –crisi, ristrutturazione, politiche”. I tassi di interesse più al-ti, quindi, servono a compensare i maggiori rischi che

S

Un viaggio nel mondo del credito del Sud Italia. Per capire perché basta spostarsi di qualche centinaio di chilometri per vedere cambiare le regole del gioco. E per scoprire che molte imprese meridionali sarebbero pronte a pagare di più pur di ottenere un finanziamento.

ALERNO, ORE 8,30. Il signor Esposito, titolare di una piccola impresa edile, ha un appuntamento con il diret-tore di una banca della città. Scopo della visita: chiedere un prestito per acquistare nuovi macchinari. Le pro-babilità che il signor Esposito esca dalla banca con i soldi in tasca sono molto basse. Se invece dovesse riu-scire a convincere il direttore della banca a concedergli un prestito, il tasso di interesse si aggirerebbe intornoal 7,5% annuo. Spostiamoci di circa ottocento chilometri, a Milano. Il titolare di un’altra impresa edile, la Fu-magalli & figli, ha lo stesso problema del signor Esposito: ottenere un credito per rinnovare i propri macchi-nari. Il signor Fumagalli entrerà in una qualsiasi banca con sede a Milano per chiedere un prestito e moltoprobabilmente uscirà con il sorriso sulle labbra, il finanziamento in tasca e un tasso di interesse annuo infe-riore al 6%. Più di un punto e mezzo in meno del signor Esposito.

Nord e Sud, due pesi

di Elisabetta Tramonto

LIBRI

Paola BonginiGiovanni FerriIl sistema bancariomeridionale

Editori Laterza

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di sulla soddisfazione da parte delleimprese meridionali sui servizi of-ferti dalle banche, in particolare ri-guardo l’accesso al credito. Daun’indagine di Capitalia del 2000 èemerso che il 32,2% delle impresedel Sud Italia avrebbe desiderato piùcredito di quanto abbia ottenuto aitassi di mercato, contro il 18% delleimprese del Nord. Al Sud cioèun’impresa su tre ha ricevuto unarisposta negativa alla propria richie-sta di credito o comunque una som-ma inferiore a quella di cui avrebbeavuto bisogno. Ancora più indicati-vo un secondo risultato dell’indagi-ne. È stato infatti chiesto agli im-prenditori intervistati se, pur diricevere un prestito, sarebbero statidisposti a pagare tassi di interessepiù alti. La risposta è stata un sì peril 9,1% delle imprese, il doppio ri-spetto al Nord Italia (4,6%). Molteimprese meridionali, quindi, sareb-bero pronte a pagare di più per ave-re la possibilità di ottenere un fi-nanziamento.

Se la testa è lontanaSi parla di banche del Nord e ban-che del Sud. In realtà però oggi piùche altro esistono banche a diffu-sione nazionale con sede al Nord esportelli anche al Sud. Due terzi del-le banche che operano nel Mezzo-giorno appartengono a gruppiesterni alla regione (vedi ).È il risultato del processo di risana-mento del sistema bancario meri-dionale che si è concretizzato so-prattutto alla fine degli anniNovanta, quando le banche del

Centro-Nord sono accorse in massa per salvare le cugi-ne del Sud che stavano soccombendo, acquisendole. Unintervento sollecitato dalla Banca d’Italia che non sem-pre ha raccolto il favore delle banche settentrionali. Maè stato un intervento salutare? O invece ha peggioratola situazione? «Dipende – è la risposta di Giovanni Fer-ri - per le banche è stato un bene, oggi sono più sane edefficienti di prima. Lo dimostrano i dati sul rapporto tracosti e utili e sulla redditività (vedi ). Per le im-prese invece è cambiato ben poco, anzi, l’allontana-mento dal territorio dei centri decisionali delle bancheha peggiorato la situazione». È questa la conclusione a

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ce. Se un’attività imprenditoriale èvalida, non è un grosso problemapagare tassi di interesse un po’ piùalti. Il vero problema è non ottenereil credito, perché senza il finanzia-mento l’attività non parte».

Credito con il contagocce «Parlare della condizione del creditonel Sud Italia è un dialogo tra sordi.Da una parte l’Abi e la Banca d’Italiadipingono una situazione tutta rosae fiori. Se si ascolta invece la voce delmondo imprenditoriale emerge unadiffusa percezione di razionamentodel credito. Le imprese meridionali,cioè, non riescono a ottenere credi-to a sufficienza per finanziare i loroprogetti. Una percezione che condi-ziona le scelte produttive e di inve-stimento e paralizza l’economia delSud Italia - racconta Giovanni Ferri -Un indicatore, seppure non del tut-to esaustivo, della resistenza dellebanche a concedere prestiti alle im-prese meridionali è il rapporto tra impieghi e raccolta,cioè tra i prestiti concessi da una banca in un’area e lesomme che quella banca ha ricevuto dai propri clienti inquella stessa area (conti correnti, depositi o titoli). Piùquesto rapporto è vicino a cento, più la banca si sta im-pegnando per concedere credito nel territorio dove rac-coglie fondi. Nel Sud Italia si trovano percentuali di im-pieghi/raccolta che vanno dal 62% di San Paolo Imi al38% di Bpu. Significa che Carime, banca del gruppo Bpucon sede in Calabria, per ogni 100 milioni raccolti daipropri clienti nel Sud è disposta a concederne in prestitosolo 38». Negli ultimi anni sono stati condotti diversi stu-

cui ha portato l’analisi di Ferri e Bongini. Una banca conla “testa pensante”, cioè la direzione, il management ele funzioni strategiche, nel territorio in cui opera è piùpropensa ad aiutare lo sviluppo di quel territorio. Alcontrario se una banca che opera al Sud ha la testa alNord è più probabile che tenda a trascurare le esigenzedell’economia locale, seppure “a fin di bene”, cioè permigliorare l’efficienza della banca. È quanto è successoin molti casi per gli istituti di credito centro-settentrio-nali che hanno acquisito banche meridionali. «Non èandata sempre così – precisa Giovanni Ferri – Ci sonostate fusioni a freddo in cui la banca arrivata dal Cen-tro-Nord ha pensato solo a mettere in ordine i conti del-l’istituto meridionale e includerlo nella propria rete,estraniandolo dal contesto locale. È il caso, ad esempio,dell’ex Cariplo che ha acquisito il controllo di 3 banchedissestate: la cassa di risparmio di Puglia, la cassa di ri-sparmio di Calabria e Lucania, e la cassa di risparmio sa-lernitana, che si sono fuse creando Carime. Dal mo-mento dell’acquisizione da parte dell’ex Cariplo, comerisulta dai bilanci della banca, Carime ha effettuato scel-

te finalizzate al risanamento di bilancio, ma ha ridottodrasticamente l’erogazione di crediti». Positiva invece,secondo Ferri, l’esperienza delle banche popolari, chehanno sperimentato una “penetrazione soft”, in cuil’acquisizione della banca meridionale è stata gestitacercando di salvaguardare il radicamento locale. «Lebanche popolari hanno mantenuto indipendente labanca meridionale acquisita, che ha conservato il pro-prio marchio e una gestione autonoma, e hanno allon-tanato gli amministratori locali, che potevano avereavuto legami dubbi con il mondo politico locale, sosti-tuendoli però con soggetti che avessero comunque unaprofonda conoscenza del territorio. Un modello segui-to, ad esempio, dalla Popolare dell’Emilia Romagna. Inquesti casi le politiche adottate dalle banche, anche nel-l’erogazione di prestiti, hanno favorito di più l’iniziati-va imprenditoriale locale».

Niente politica in bancaChe cosa si può fare quindi per migliorare la situazio-ne del credito al Sud, aumentando le possibilità per le

Coltivare la terra confiscata alla criminalità? In Sicilia e in Calabria cinque cooperative di giovani ci stanno provandograzie all’impegno di Libera Terra, l’associazione di don Ciotti che nel 1996 è riuscita ad ottenere una legge per il riuso sociale dei terreni che un tempo appartenevano alla mafia. È così che oggile cooperative Placido Rizzotto, Lavoro e non solo, Noemarginazione,La Valle del Marro e la Casa dei Giovani producono grano, ortaggi,legumi, olio e vino, tutti rigorosamente biologici. Prodotti di qualitàvenduti localmente, ma anche attraverso la grande distribuzione, il commercio equo e solidale e i gruppi d’acquisto.

Non si tratta di un lavoro facile, spesso i campi sono in condizioni disastrose, per incuria o per veri atti vandalici.«Uno dei vigneti che abbiamo ricevuto era stato motosegato»,spiega Gianluca Faraone presidente della cooperativa Placido

Rizzotto, duecento ettari nella zona di Corleone. Rimettere i terreni in grado di produrre comporta molte spese. Un investimento che i soci non possono permettersi. Allora come si fa? Si va in banca,a chiedere un prestito. Già, ma non sempre si trovano le portespalancate, nonostante le cooperative godano di buona salutee producano reddito. Paolo Rappa di Noemarginazione,

che con gli altri dodici soci coltiva cinque ettari di terreno confiscatiai boss Vitale a Partinico (Palermo), si è visto rifiutare addirittural’apertura di un conto corrente perché la banca “non era interessataa questo tipo di rapporto”.

Come ottenere, allora, i soldi per far funzionare le aziendeagricole? Gli undici soci della Onlus calabra Valle del Marro stanno

aspettando i finanziamenti comunitari della Regione e intanto si finanziano con le quote sociali (27.500 euro) e con contributi di solidarietà privata. «Non ci siamo rivolti alle banche», spiegaGiacomo Zappia, presidente dell’associazione della piana di GioiaTauro, «perché i tassi di interesse sono proibitivi e perché non abbiamo nulla da dare in garanzia». Non ha chiesto credito alle banche nemmeno La casa dei giovani che a Castelvetrano, in provincia di Trapani, ha una cinquantina di ettari e un piccolofrantoio a freddo. L’associazione può però contare su un finanziamento a fondo perduto elargito da una fondazionedella San Paolo-Imi e su sovvenzioni del comune e della regione.«Aldilà del rischio, la difficoltà ad ottenere credito è legata al fattoche i terreni sono in comodato d’uso gratuito e restano di proprietàdel Comune - chiarisce Faraone - non possono, quindi, essere usaticome garanzia». La sua cooperativa, infatti, ha stipulato unacambiale agraria col banco di Sicilia per 50mila euro utilizzandogaranzie personali. Lavoro e non solo, che a Corleone sulle terreconfiscate ai boss mafiosi Marino e Lojacono fa crescere fichid’India, meloni gialli, mandorli, grano, legumi e pomodori, ha inveceottenuto due mutui chirografari da Banca Etica con la garanziadell’Arci siciliana. Sempre presso Banca Etica, il Consorzio Sviluppo e Legalità ha da poco istituito un fondo di garanzia per i crediti alledue cooperative di Corleone. E la Placido Rizzotto ha già fattorichiesta di un prestito di 100mila euro per finanziare il reimpianto di diciotto ettari di terreno a vigneto. «Abbiamo ottime possibilità di ottenerlo», conclude fiducioso Faraone. Paola Fiorio

LIBERATERRA. MA NON IL CREDITO

LE BANCHE RIMASTE

ABRUZZOCassa di risparmioprovincia di ChietiCassa di risparmioprovincia di Teramo

CAMPANIABanca Capasso AntonioBanca del Lavoro e del Piccolo RisparmioBanca di creditopopolareBanca di sconto e conti corrente S. Maria Capua VetereBanca PopolareVesuvianaBanca PromosBanca StabieseBP di Sviluppo

PUGLIABanca ApuliaBanca Popolare di BariBanca PopolarePuglieseBanca Popolare di Puglia e Basilicata

SICILIABanca AgricolaPopolare di RagusaBanca Popolare S. Angelo

[Banca Popolare di Lodi][Banca Popolare dell’Emilia Romagna]

[Banche Popolari Unite][San Paolo-Imi]

[Monte Paschi Siena][Banca Sella][Veneto Banca][Banca Intesa]

[Banca Popolare di Vicenza][Capitalia]

[Credito Valtellinese]

ABRUZZOBanca Caripe spaBanca Pop. di Lanciano e SulmonaCarispaq

BASILICATABanca Popolare del Materano

CALABRIACarimeBanca Popolare di Crotone

CAMPANIABanca della CampaniaIsveimerBanco di Napoli

PUGLIABanca 121

Banca Arditi GalatiBanca del Monte di Foggia

Banca Meridiana

SARDEGNABanca CIS

Banca di SassariBanco di Sardegna

SICILIABanca di Palermo

Banca NuovaBanco di Sicilia

Credito SicilianoIrfis

DOVE SONO FINITE LE BANCHE DEL SUD?

Centro-NordMezzogiorno80

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COST/INCOMERapporto tra costi e utili

ROE (RETURN ON EQUITY)Tasso di redditività del capitale investito

Indicatori di performance aziendale delle banche meridionali e centro-settentrionali (%)

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ltre il 25% delle piccole imprese del sud lamentanola difficoltà di accesso al credito. A segnalare il dato èGiuseppe Gallo, segretario della Fiba-Cisl (Federazio-

ne italiana banche e assicurativi). «Il soste-gno creditizio, nonostante la crescita co-stante dell’ultimo triennio», prosegue

Gallo, «è ancora insufficiente, sia sotto il profilo dei volumi, sia sot-to quello dei costi».

La quota di impieghi degli istituti di credito del Mezzo-giorno nel 2004 ha registrato una crescita superiore allamedia nazionale. Sta cambiando qualcosa nella politicacreditizia delle banche verso il sud?

«All’interno della contrazione del credito i prestiti bancari ai residen-ti nelle regioni del Mezzogiorno sono aumentati costantemente. A di-cembre 2004 l’ammontare dei finanziamenti complessivi era cresciu-to su base annua del 10,5%, più del doppio dell’incremento registratonel centro-nord per effetto, soprattutto, della più elevata crescita delcredito alle imprese. Ciò significa che la dinamica della contrazionecreditizia nel Meridione attraversa una fase di evoluzione positiva».

Ma la raccolta delle banche nel Mezzogiorno è ancorasuperiore agli impieghi?

«Il fenomeno è mutato radicalmente negli ultimi anni. La quota diraccolta nel Mezzogiorno restituita all’area sotto forma di crediti è au-mentata dal 75,8% del 1996 al 92,7% del 2004. La crescita è stata de-terminata dalle banche con sede nel centro-nord operanti nel sud delPaese che hanno aumentato il rapporto impieghi/depositi dal 103,4%del 1995 al 125,6% del 2004. Nello stesso periodo le banche con sedelegale al sud hanno ridotto il rapporto dall’81,1% al 61,2%. All’inter-no dei criteri di elevata selettività nella concessione dei crediti, le ban-che esterne all’area meridionale reinvestono quindi in finanziamentipiù di quanto raccolgono come risparmio».

Il costo eccessivo del credito nel Meridione è riconduci-bile solo al tasso di sofferenze?

«Il maggior rischio di credito pesa, certamente, sul differenziale di tas-so. Il rapporto tra stock delle sofferenze e totale dei crediti concessi nelMezzogiorno continua, tuttavia, a diminuire. Nel 2004 è stato pariall’11,2% rispetto all’11,9% del 2003. Il divario rispetto al centro-nordsi è ridotto a 7,6 punti percentuali contro gli 8,3 punti del 2003. Sulcosto del credito incidono la maggior frammentazione dei rapporti difinanziamento e le diseconomie di scala, nonché i tempi delle proce-dure di recupero crediti e le procedure esecutive immobiliari i cui tem-pi sono quasi doppi di quelli registrati nel resto del Paese».

Quanto pesano il limitato accesso al credito ed elevatocosto del denaro sull’economia locale del Mezzogiorno?

«Il rapporto tra sistema bancario ed economia meridionale è una va-riabile importante di una questione che esige una risposta sistemica:di politica industriale, di investimenti infrastrutturali, di repressionedella criminalità organizzata. L’approccio quantitativo non esaurisceil fenomeno. Esiste una dimensione qualitativa che richiede la pre-senza in loco di funzioni organizzative e gestionali delle aziende di cre-dito dedicate all’analisi, alla valutazione, alla gestione del credito, mo-dulata sulle specificità dell’impresa meridionale».

Cosa bisogna fare, allora?«Ripensare, con urgenza, la questione meridionale all’interno di unavisione dello sviluppo socialmente ed ambientalmente sostenibile ecompatibile, ovvero della responsabilità etica, sociale e ambientale co-me fattore propulsivo e principio sovraordinato dello sviluppo eco-nomico. Solo all’interno di queste coordinate sarà possibile riproget-tare il modo di creare valore, di distribuire il valore prodotto, orientaresul lungo periodo gli orizzonti temporali, riformare la governance, in-vertire un retaggio di arretratezza economica e sociale ormai secolare.Per quanto ci riguarda, come organizzazioni sindacali del credito nel2004 abbiamo sottoscritto con l’Abi il Protocollo per lo sviluppo so-cialmente ed ambientalmente sostenibile e compatibile del sistemabancario italiano, prevedendo, al suo interno, la costituzione di unOsservatorio paritetico che anche ha il compito di monitorare il rap-porto tra banche ed economia meridionale». .

La relazione irrisolta tra banche e Meridione Intervista a Giuseppe Gallo, segretario generale della Fiba-Cisl (Federazione italiana banche e assicurativi).

ERCATO UNICO EUROPEO e libera circolazione di merci,capitali e persone hanno costretto, a partire daglianni Novanta, le banche italiane a confrontarsi con

le cugine europee. Una competizione difficileper il sistema bancario nazionale caratterizza-to da molti istituti di piccole dimensioni. «L’u-

nica strada percorribile», afferma Paolo Coccorese, docente di Mi-croeconomia all’università di Salerno ed esperto in organizzazioneindustriale del mercato bancario, «era quella delle fusioni fra ban-che italiane, al fine di creare istituti nazionali in grado di fronteg-giare la concorrenza estera».

Come si presenta oggi il sistema bancario italiano?«Il numero di banche operanti si è ridotto dalle 976 del 1995 alle 778del 2004. Parallelamente, per controbilanciare la maggiore concen-trazione del settore si è resa più semplice l’apertura di nuovi sportelli,il cui numero è dunque passato da 24.040 del 1995 a 30.946 del 2004.Oggi possiamo dire di avere un sistema bancario italiano struttural-mente più vicino a quello medio europeo».

Ci sono differenze territoriali nel fenomeno di concentra-zione delle banche?

«Il numero degli sportelli è cresciuto in modo più o meno omogeneonelle macroaree del Centro-Nord e del Sud e Isole, rispettivamente del30,7% e del 22,1% tra il 1995 e il 2004. Il numero delle banche consede nell’Italia meridionale, invece, si è dimezzato, mentre si è ridot-to solo del 9,1% nell’Italia centro-settentrionale. Molte banche con se-de al Sud sono state acquisite da quelle del Centro-Nord, indice di unamaggiore “forza” del sistema bancario settentrionale».

È ancora concorrenziale il sistema bancario italiano?«Banche più grandi riescono a ridurre i costi medi di produzione delservizio con potenziali ricadute positive sulla clientela. Nel comples-so, il rapporto tra il risultato lordo di gestione, cioè il profitto derivanteda intermediazione creditizia e servizi ai clienti, e i mezzi amministratiè passato dall’1,54% del 1995 all’1,38% del 2003. Dunque, anche se

lieve, vi è un segnale di maggiore concorrenza fra gli istituti».

Le banche presenti nel sud Italia sembrano più votate al-la raccolta del risparmio che alla concessione di credito.Quali sono, secondo lei, i motivi?

«In effetti, i depositi nel Centro-Sud nel 2003 sono stati pari al 20,1%del totale nazionale, mentre i prestiti ammontavano all’11,4%. C’èquindi una quota di fondi raccolti al Sud e impiegati al Nord. Ciò èdovuto al diverso contesto socio-economico».

Cioè?«Nell’Italia centro-settentrionale i dati economici sono in mediamigliori: prodotto interno lordo pro-capite maggiore, minore di-soccupazione e meno crediti in sofferenza. Insomma, è più pro-duttivo, e meno rischioso, investire al Nord rispetto al Sud. Inoltre,se il tessuto economico è più vitale, vi è maggiore domanda di fon-di per le attività economiche da parte degli imprenditori, e quindile banche sono sottoposte ad una maggiore competizione per ac-caparrarsi la clientela, con ricorso pure a un ritocco delle condizio-ni sui depositi e sugli impieghi».

Come influisce la difficoltà di accesso al credito nell’e-conomia del sud Italia?

«Le banche sanno che al Sud un prestito ha maggiori probabilità dinon essere onorato, che il rendimento degli investimenti delle im-prese è minore, che c’è una maggiore presenza della criminalità.Tutto ciò impone un “premio per il rischio” a loro favore, che si tra-duce in una richiesta di tassi più elevati sui prestiti. Ma ciò contri-buisce a scoraggiare progetti e idee pur potenzialmente di successo.Insomma, un circolo vizioso che ostacola ogni tentativo di svilup-po delle aree già disagiate dell’Italia».

C’è una soluzione?«Probabilmente lo Stato rappresenta l’unico soggetto in grado di spez-zare questa spirale perversa, attraverso idonei interventi nel campo so-ciale ed economico». .

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| 34 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 |

imprese meridionali di ottenere i finanziamenti ne-cessari per crescere? «Certamente non aprire le portedelle banche ai capitali pubblici». Una sentenza deci-sa quella del professor Ferri, che fa riferimento esplici-to alla Banca del Sud, il progetto caro al ministro Tre-monti, sfumato con la Finanziaria dello scorso annoe ricomparso nella manovra del 2006, di un istituto acapitale misto, pubblico e privato, per “sostenere losviluppo economico del Sud”.

«Creare una banca con soldi pubblici è il presup-

| finanzaetica |

| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 35 |

«Il Sud Italia paga ancorail rischio criminalità»

M«Nel Sud occorre spezzare i circoli viziosi legati al credito»: intervista al prof. Paolo Coccorese, Università di Salerno.

Odi Paola Fiorio

posto per portare di nuovo la politica in banca – con-tinua Ferri - e non c’è niente di peggio dell’ingressodella politica in banca per decretarne la fine. Proprioil controllo del sistema bancario da parte dei politici èstato uno degli ingredienti della crisi che ha colpito ilsistema bancario meridionale negli anni Novanta. Bi-sogna invece pensare a una soluzione di mercato. Bi-sognerebbe incentivare le banche del Centro-Nord amantenere la testa al Sud, a favorire lo sviluppo delMezzogiorno». .

10

15

20

5

Centro-NordMezzogiorno

’91 ’92 ’93 ’94 ’95 ’96 ’97 ’98 ’99 ’00 ’01 ’02

QUANTO LE BANCHE PRENDONO E QUANTO DANNO

2,016

1,512

1,08

Centro-Nord [SCALA SX]Mezzogiorno [SCALA SX]Differenziale [SCALA DX]

86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02

IL COSTO DEL CREDITO BANCARIO

Evoluzione del rapporto sofferenze impieghi Differenze nei tassi di interesse sui prestitiper imprese Centro-Nord e Mezzogiorno (%)

di Paola Fiorio

GRAFICO 3 GRAFICO 4

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di Angelo Miotto

| finanzaetica |

| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 37 |

| finanzaetica | Spagna |

| 36 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 |

NTERNAZIONALIZZAZIONE. Non solo i grandi gruppi bancaripossono giocare sullo scacchiere europeo e mondiale.Banca Popolare Etica lo fa in maniera diversa, ben distan-te da logiche di pura espansione territoriale e di mercato,con un progetto legato a un’esperienza che nasce nel Ter-zo Settore basco, a Bilbao. Lì, nel 2003, è nata Fiare, unarealtà che attraverso il rigore professionale si propone dirispondere alla domanda crescente di risparmiare e inve-stire secondo criteri etici. Parte dallo specifico basco, mal’obiettivo finale la Spagna intera. Fiare è una fondazione,conta 62 soci del Terzo Settore e risponde a due esigenzespecifiche: l’esistenza di un tessuto associativo nella re-gione di Bilbao, la Vizcaya, e la richiesta di un nuovo sog-getto che risponda all’insoddisfazione etica rispetto al re-ticolo finanziario tradizionale.

In origine, all’atto fondativo, le associazioni sono 52,con uno spettro quanto mai ampio: Organizzazioni nongovernative per lo sviluppo, imprese o reti di imprese del-l’economia solidale, enti di inclusione sociale e organiz-zazioni che vengono dalla realtà religiosa, la Caritas e gliarcivescovadi. Sono quasi tutte associazioni basche, an-che se si contano alcune filiali spagnole. Una volta costi-tuita la fondazione si costruisce il percorso.

La road map Fiare-Banca EticaPeru Sasia è direttore generale della Fondazione. Un chi-mico che ha abbandonato una carriera tradizionale perdedicarsi al progetto etico. «Abbiamo costruito una roadmap che entro il 2010 ci porterà a inaugurare la primabanca etica in tutta la Spagna. Il nostro modello di riferi-mento è la Banca Popolare Etica, che abbiamo individua-to in seguito a uno studio sociologico, che per noi è statoil primo passo di una road map possibile». Quello studioha indagato sulla predisposizione dei soggetti del Terzo

Settore rispetto alla possibilità di poter investire e colla-borare con una Banca Etica. I risultati hanno detto chia-ramente che non ci si trova di fronte a una sacca di per-sone escluse dal sistema finanziario, quanto piuttosto auna evidente e conclamata insoddisfazione verso la retefinanziaria tradizionale. Lo studio ha registrato una gran-de disposizione nel lavorare con una banca come quellaimmaginata da Fiare.

«Il secondo passo – dice Peru Sasia – è stato quello diguardare alle esperienze esistenti in Europa, per capire chidovessero essere i soci che ci potevano dare una aiuto perla prima fase, quella in cui strutturare un piano di fattibi-lità per costruire una Banca Etica. Il socio che ci interes-sava di più per lo stile di funzionamento, per serietà, perscala, e per identificazione con il Terzo Settore è la BancaPopolare etica di Padova e le abbiamo chiesto un piano difattibilità per la creazione di una banca etica nel Paese Ba-sco». Nel piano elaborato emerge un dato importante: leipotesi di scala indicavano chiaramente che la Banca diFiare avrebbe dovuto essere presente in tutto lo stato spa-gnolo. Il nuovo percorso a tappe fisse si è arricchito, così,di un nuovo passaggio, in cui la nuova entità basca dovràlavorare, per un primo tempo, secondo le indicazioni for-nite da una banca madre. Anche qui viene scelta BancaEtica, mentre si approntano le condizioni operative percoprire diversi scenari: un ufficio di rappresentanza, suc-cursali, agenti finanziari. Oltre a un periodo in cui svilup-pare prodotti e dinamiche insieme a Banca Etica per arri-vare preparati di fronte all’autorità di vigilanza del Bancode España e quindi sollecitare una licenza per divenire unsoggetto autonomo.

Per raggiungere i requisiti richiesti dalla legislazionespagnola, Fiare e Banca Etica hanno costituito una so-cietà, controllata al 100% dai baschi, che sarà agente per

i prodotti bancari, con una operatività limitata all’eroga-zione di finanziamenti e alla sottoscrizione di prodotti dirisparmio, con contemporanea raccolta di capitale socia-le per la costituzione della nuova banca. I clienti spagno-li potranno acquistare prodotti di risparmio e di finanzia-mento di Banca Popolare Etica rispettando da un lato lenormative italiane in tema di trasparenza, formalità con-trattuali, antiriciclaggio, e dall’altro la normativa spagno-la in tema di società finanziarie.

«Questa è la road map – dice Peru Sasia- adesso siamoall’inizio dell’operazione. Da Bilbao stiamo studiando unpiano di cinque anni per sviluppare il progetto in tutto lostato e per raccogliere entro il 2010 finanziamenti per 60milioni di euro di deposito, 30 milioni di euro di prestiti,e 7 milioni di euro di capitale sociale raccolto. Questo èl’obbiettivo e questo sarebbe la fine dell’inizio».

Paesi Baschi: una realtà particolare Il progetto di Fiare nasce e si inserisce in una realtà terri-toriale molto particolare per il sistema creditizio: i PaesiBaschi. Casse di risparmio e cooperativisimo sono duedelle caratteristiche più storicamente note della realtà so-cio-economica della regione. Basta fare una veloce inda-gine per scoprire che proprio in questa realtà territorialesi trovano le migliori condizioni per ottenere un prestito;qui troviamo il fenomeno delle casse di risparmio, natecome risposta a una esigenza di utilità sociale dell’inter-mediazione finanziaria. Anche oggi, che hanno raggiun-to dimensioni più strutturate, mantengono l’impegno diindirizzare le eccedenze verso opere sociali. E sempre quitroviamo uno dei movimenti cooperativi più importantial mondo, quello di Mondragón, forte di 66.000 personein 15 nazioni diverse, per un volume d’affari che lo situaal settimo posto fra i gruppi economici più importanti diSpagna. E proprio alle prime battute del progetto, i pro-motori di Fiare si sono confrontati sia con la BBK, una del-le più forti casse di risparmio di Bilbao, sia con la Corpo-ración Cooperativa Mondragón che ha ispirato il futuromodello di governo societario, una cooperativa di credi-to. Consigli, ma anche appoggi sostanziali e oggettivi dalpunto di vista bancario. Resta il tema della concorrenzaferoce con gli altri istituti di credito tradizionale, forte-mente elettronici. Ma Peru Sasia non è preoccupato per ilconfronto, insostenibile, anche perchè la nicchia di rife-rimento è del tutto diversa: «Il nostro campo di battagliain nessun caso può essere quello dei prodotti e servizi,non solo in termini di prezzo, ma anche di comodità e ac-cessibilità. In questo saremo sempre dietro alla banca elet-tronica intensiva o alle casse di risparmio che sono già ra-dicate qui. Ma la nostra concorrenza è nella credibilità delprogetto. Sono le esperienze della finanza etica o la credi-bilità che questa ha agli occhi della gente media, che pos-sono spingerci a dire che quello può essere un campo ac-cettabile per la concorrenza al sistema. Rispetto al Terzo

Settore c’è meno concorrenza perché Fiare ha una singo-larità: non presta servizi al Terzo Settore. Vi appartiene».

Per i singoli cittadini la battaglia sarà quella di sempre:etica ed estetica si rincorrono in un gioco in cui spesso l’u-so dell’etica è ridotto a slogan, e quello della solidarietà amero annuncio. A Bilbao hanno scelto il tam-tam in unastrategia di comunicazione che vuole essere partecipativa,correre di bocca in bocca. L’obiettivo primario è generarecredibilità e fiducia come entità finanziaria. La gente de-ve sentire che sta mettendo i suoi soldi in un posto sicu-ro, con analisi professionali dei prestiti. «Credibilità si-gnifica osservare tutti quegli impegni che sono scritti nelmanuale di banca etica devono essere la nostra cifra di-stintiva: trasparenza, identificazione con i valori dei no-stri soci e clienti. E la nostra comunicazione non devve es-sere solo un forte messaggio che da noi parte e va versotutti, ma anche un messaggio che si passa di bocca in boc-ca, con la partecipazione».

Promotori e aiuti istituzionali Oltre cinquanta associazioni nel 2003, divenute 62 oggi.I primi a pensare e a lavorare sulla fondazione basca di fi-nanza etica sono state persone e associazioni. Molti eranoesponenti della vivace intellettualità basca, molti altri ve-nivano dalla chiesa cattolica. Le associazioni che hannoportato rigore ideologico e di pensiero si contano sulle di-ta di una mano. Chi inizia astrutturare Fiare sa che il proget-to è dispendioso e che l’equili-brio fra i costi e le entrate sareb-be stato un obbiettivo di mediotermine. C’era bisogno di liqui-dità, di denaro. Peru Sasia rac-conta che la decisione fu quelladi chiedere «a tutte le associazio-ni che partecipavano alla fonda-zione di versare tremila euro ca-dauna. Abbiamo così raccolto156mila euro come capitale dipartenza per lo studio sociologi-co e per i primi contatti. Quandoabbiamo visto che sarebbe statobene sviluppare l’idea e fare daagente finanziario, abbiamo pro-vato a convincere le amministra-zioni pubbliche ad appoggiare il nostro progetto. Molte cihanno aiutato e di partiti molto diversi fra loro. Anche ilgoverno provinciale- la Diputacion Foral - e il governo ba-sco – la Lehendakariza - hanno messo a disposizione aiu-ti economici diretti». Ma l’intenzione politica di Fiare,adesso, è quella di tornare ad avvicinarsi alle istituzioninon per chiedere finanziamenti, ma per trasmettere lapropria filosofa di iniziativa etica di intermediazione fi-nanziaria, per cercare di acquisire proprio settori del pub-blico nel portafoglio clienti. .

Anche l’etica si esporta. Il progetto di una Banca Etica a Bilbao

I

Fiare, la fondazione che conta 62 soci del Terzo Settore, risponde a due esigenze specifiche: l’esistenza di un tessuto associativo nella regione di Bilbao, la Vizcaya, e la richiesta di un nuovo soggetto che risponda all’insoddisfazione etica rispetto al reticolo finanziario tradizionale.

PER SAPERNE DI PIÙ

www.fiare.org

Nei paesi Baschi sono molto diffusicooperativismo e Casse di Risparmio.Nella foto, il museoGuggenheim a Bilbaoprogettato da Gehry.

La nostra sfida al sistema bancario è rappresentata dalla credibilità etica del progetto di Fiare

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| finanzaetica | Nestlé |

| 38 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 39 |

N ATTACCO FRONTALE A COLPI DI BOICOTTAGGI, manifesta-zioni di protesta, campagne di sensibilizzazione. Op-pure una battaglia silenziosa ma tenace portata avan-

ti dall’interno, fatta di assemblee,votazioni, risoluzioni proposte da unazionariato attivo. Come cercare di cam-

biare le politiche di una delle multinazionali più attaccate, criticatee boicottate? Negli ultimi trent’anni la Nestlé, colosso svizzero delcioccolato e di molto altro, è stata presa di mira su tutti i fronti . Ac-cusata di portare avanti politiche commerciali aggressive costate an-che molte vite umane, di non avere alcuna considerazione per la tu-tela dell’ambiente e per i diritti dei lavoratori, ma anche di unagestione aziendale irresponsabile a discapito degli stessi azionisti.

Più forti se si agisce dall’interno Anche gli azionisti possono far sentire la propria voce e influenzarele decisioni del management. È il cosiddetto azionariato attivo. È lastrada seguita da Ethos, una fondazione svizzera per l’investimentosostenibile. Ethos gestisce circa 500 milioni di euro per conto di 90fondi pensione svizzeri ed è tra gli azionisti della multinazionale el-vetica. «Si può tentare di influenzare le scelte di un’impresa dall’in-terno o dall’esterno - spiega Dominique Biedermann, direttore diEthos – Gli azionisti sono più forti se combattono insieme dall’in-terno. È il modo migliore per ottenere dei risultati». È successo que-st’anno. All’assemblea generale degli azionisti Nestlé, ad aprile, lafondazione ha presentato tre risoluzioni, la più importante per op-porsi alla decisione adottata dalla Nestlè di riunire in un’unica per-sona, oggi Peter Brabeck, le cariche di presidente e di amministrato-re delegato, per garantire trasperenza e possibilità di condivisionedelle scelte. All’assemblea generale la risoluzione non è passata maha ricevuto il 36% dei voti. Ethos è riuscita a raccogliere il consen-so di cinque grandi fondi pensione svizzeri. «Raccogliendo i voti diun terzo degli azionisti abbiamo lanciato un segnale forte al mana-gement che nei mesi successivi è venuto incontro a numerose no-stre richieste. Ad agosto è stato inviato un questionario a tutti i 250mila azionisti per chiedere il loro un parere su una serie di proposte

di modifica dello statuto. Un’iniziativa impensabile fino ad oggi daparte del consiglio di amministrazione della Nestlé», spiega Bieder-mann. La battaglia di Ethos aveva come bersaglio la corporate go-vernance, decisioni aziendali giudicate sbagliate. La politica di Ne-stè in campo sociale e ambientale sarà invece al centro degliinterventi del prossimo anno.

Dal latte assassino al caffè solidaleLa Nestlé è da anni sotto accusa per la massiccia diffusione gratuitanei Paesi del Terzo mondo di latte in polvere per neonati tramite gliospedali, una pratica censurata da numerosi organismi internazio-nali. Lo scorso luglio, l’International Labor Rights Fund ha presen-tato una denuncia contro la Nestlé e altre due compagnie che im-portano cacao dalle coltivazioni della Costa d’Avorio, accusandoledi traffico di bambini, torture e lavoro forzato. In Colombia i sinda-cati denunciano abusi e aggressioni sui lavoratori della sede localedella Nestlé. Alla fine di ottobre Luciano Enrique Romero Molina,un sindacalista colombiano della Cicolac-Nestlé, licenziato dall’a-zienda tre anni fa, avrebbe dovuto testimoniare contro la multina-zionale svizzera a Berna al tribunale permanente dei popoli. Non siè mai presentato in aula. L’11 settembre è stato assassinato.

Il mese scorso poi la “svolta”. La Nestlé è entrata ufficialmentenel mondo del commercio equo e solidale. Il nuovo caffè istantaneosi chiama Partners Blend ed è in vendita dal mese scorso in Gran Bre-tagna. Arriva direttamente da Etiopia e Salvador. Difficile pensare aun improvviso cambio di rotta della multinazionale svizzera, piùrealisticamente si tratta di una scelta strategica per conquistare unanuova fetta di mercato: «la scelta di introdurre un’etichetta fair tra-de è stata guidata dalla volontà di soddisfare la domanda dei clientiper un caffè attento alle fasi di produzione» hanno detto i dirigentidella multinazionale. Secondo il Financial Times inoltre le basse ta-riffe che da anni sono pagate ai coltivatori di caffè hanno provoca-to un’impennata della produzione e un crollo generalizzato dei prez-zi. Il caffè equo, invece, è pagato a prezzi molto più alti. Entrare inquesto mercato quindi - scrive il Financial Times - è un metodo percercare di stabilizzare i prezzi del caffè. .

di Eleonora Gigli

Un passo alla volta per scalfire il macigno Nestlé

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Da bersaglio numero uno delle campagne di boicottaggio a commerciante equo-solidale. A volte succede. Soprattutto se la buona azione porta anche un po’ di soldi in tasca. E succede anche che una battaglia condotta dall’interno con un savoir faire svizzero porti a piccoli-grandi risultati.

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> Lavoro

Anche nei cantieri navali si sono registrati graviincidenti, spesso dovuti alla mancata cura delle norme di sicurezza e ai turni pressanti, con esiti anche mortali. Vincenzo Viola, delegatosindacale a Palermo, è stato tra le vittime. Trieste, 1977/Genova, 1980

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| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 41 |

| bruttiecattivi |

CISL

“Martello” Tom DeLayin odore di mafia

Lobbisti

di Roberto Festa

ON SE L’ASPETTAVA PROPRIO TOM DELAY, DETTO “IL MARTELLO”, capogruppo repubblicano alla Camera, uno degli uomini più potenti di Washington e d’America. Certo, sapeva che un procuratore texano, RonnieEarle, stava cercando di incastrarlo per una storia di fondi elettorali. Ma non si aspettava che Ronnie ce la facesse, che un’accusa fosse formalizzata per davvero. DeLay è accusato di aver aggirato la legge elettoraledel Texas, che vieta di utilizzare i finanziamenti delle grandi corporation in campagna elettorale. Il capogruppo repubblicano avrebbe aggirato il divieto, versando 190 mila dollari di finanziamenti al National Republican Committee, per poi rimetterseli in tasca dopo il passaggio formale. Un caso classicodi riciclaggio per il quale il capogruppo repubblicano rischia fino a vent’anni. Nella furia con cui il vecchio“martello” ha accolto la notizia non c’è soltanto il timore per le proprie sorti politiche o l’orgoglio dell’uomodi potere che improvvisamente si ritrova mortale. C’è anche lo stupore per essere finito nel sacco per qualcosa che non appare così grave. Una rete di favori, legami poco chiari, scambi tra politica e denaro fa di DeLay il membro più chiacchierato del Congresso. «Una macchina di denaro sporco», lo chiamano i colleghi al Congresso. L’anno scorso la Commissione etica della Camera ha dovuto richiamare DeLay tre volte, per aver minacciato deputati rei di non aver votato secondo le sue indicazioni o aver cercato di comprarne il voto con la promessa di fondi elettorali. Il “martello” se ne è andato in missione a Londra

con moglie e portaborse grazie a un contributo di 70mila dollari di una società proprietaria di casinò.L’intervento di DeLay è stato fondamentale qualchemese dopo per affossare un progetto di legge inviso ai casinò. Ancora. Il re dei lobbisti di Washington, Jack Abramoff, è per DeLay «l’uomo di cui mi fregio di essere amico». Insieme hanno fatto affluire nelle casserepubblicane un fiume di “big money”, il denaro

delle grandi imprese. Ad Abramoff è legato il grave incidente giudiziario di DeLay. La storia è quella di Kostantinos “Gus” Bolis, uomo d’affari freddato in una strada di Fort Lauderdale nel febbraio 2001. Per l’omicidio sono stati arrestati lo scorso settembre Anthony Moscatello, Anthony Ferrari e James Fiorillo,tre pesci piccoli del clan di Gambino. Interessanti alcuni dettagli: “Gus” Bolis aveva appena venduto la sualinea di navi casinò alla coppia Adam Kidan e Jack Abramoff – amico del cuore di DeLay –; Kidan avevaassunto come propri “consulenti” Moscatello e Ferrari; e Abramoff aveva usato la sua amicizia con DeLay per ottenere i prestiti necessari all’acquisto della linea da crociera. L’accusa di riciclaggio in Texas rischia di essere per DeLay soltanto la punta dell’iceberg. La sua storia riporta alla mente quella di un altroimprendibile del passato, Al Capone, incastrato solo per reati fiscali. DeLay è del resto in buona compagnianel partito repubblicano. Bill Frist, capogruppo al Senato, è nei guai per aver venduto azioni di una societàpoco prima del suo crollo in borsa. E David Safavian, funzionario di primo piano dell’amministrazioneBush, è stato arrestato lo scorso settembre per aver cercato di bloccare una serie di indagini ancora control’ineffabile Jack Abramoff. Il potere di questa classe dirigente è messo in discussione dalla magistratura. Il modello di una politica svenduta agli affari è ormai vincente a Washington. Diceva il re degli anchormen,Walter Cronkite, al termine del giornale della sera: “Così va il mondo oggi”. .

N

Tom DeLay, capogruppo alla Cameradel partito del Presidente, è sotto inchiesta per riciclaggio. Ma le sue disavventure giudiziarieportano sino al clan Gambino e agli affari della mafia nei casinò

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iinternazionale| inbreve |

Reportage dal mercato di Roque Santeiro in Angola >45L’occasione perduta del Summit dell’Informazione >48

| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 43 |

UN TERRITORIOINDIGENOABBANDONATOCON ESPLOSIVO

Nel cuore della foresta amazzonicadell’Ecuador il territorio indigenoSarayaku è disseminato di esplosivo. La dinamite è un lascitodella Compagnia generale dei combustibili argentina (Cgc),che ha occupato per anni parte del territorio ancestrale indios per crivellarlo ed estrarne petrolio.

Dopo aver ignorato per anni la strenua opposizione dellepopolazioni che vivono quest’areada sempre e che da millennirispettano la terra con la stessasacralità con la quale trattano ognivita umana, la Cgc ha dovuto cederee se n’è andata. Ma ha lasciato, qua e là, mucchi di trappole mortali,pronte a esplodere. Peacereporter.netpubblica su questa vicenda una testimonianza.

La Corte Interamericana dei diritti umani si era espressa sul tema, condannando la violazione dei diritti del popoloindigeno e ordinando allo Statoecuadoriano di proteggere “la vita,l’intergità personale e la liberacircolazione”. Aveva anche impostol’immediato ritiro del materialeesplosivo (1.433 chili) sistemato per le esplorazioni geologiche.Secondo la Subsecretaría de protección ambiental del ministero dell’Energia, sono 476 le zone minate di esplosivi dai tre ai cinque chilogrammi l’uno. Il ministero ha chiesto di presentare una mappa del tracciato delle linee esplosivema la Cgc non ha collaborato.

AUSTRALIAOSTILE PER I RICHIEDENTIASILO

È stata piantonata giorno e notte,durante il parto e nei primi quattrogiorni di allattamento in ospedale.L’incredibile vicenda non è capitataa un serial killer ma ad una donnaarrivata in Australia per chiedereasilo politico. Heng Hak Kinag, 35 anni, di origine cinoindonesiana,ha passato due anni al centro di detenzione di Villawood. Incintadel terzo figlio, la Kinag era stataportata all’ospedale di Fairfield, a Sydney, per un taglio cesareo. Ma, secondo l’inflessibile sistema di immigrazione australiano, ha dovutopartorire con una poliziotta delcentro detenzione presente in sala,e durante i quattro giorni passati inospedale ha dovuto avere in cameravarie guardie, spesso uomini, giornoe notte. La vicenda, raccontata da The Australian, chiama in causail ministro dell’immigrazione, AmandaVanstone, accusata di usare«metodi crudeli» nei confronti deirichiedenti asilo. Nel 2003, comeriferisce l’organizzazione “MeltingPot”, il governo Australiano avevaapprovato un decreto che eliminadalla propria cartina geografico-politica circa 4.000 isole che si trovano al largo della costasettentrionale del paese. Questadecisione fa seguito alla volontà di non accogliere alcun possibilerichiedente asilo in territorioaustraliano. Con questa decisione il governo aveva creato una barrieraextraterritoriale in cui sospendere i diritti australiani e poter respingerei richiedenti asilo.

GIORNALISTA SI FINGECLANDESTINO E DENUNCIAABUSI VERSO GLI STRANIERINEI CENTRI TEMPORANEI

Per il governo italiano il reportage è frutto di una campagna odiosa della stampa di sinistra ma la magistratura ha aperto una inchiesta mentreAmnesty International ha presentato un articolatodossier, ricco di testimonianze, sulle violazioni dei diritti dei migranti in Italia. Un cronista del settimanale L’espresso, fingendosi clandestinoturco, è stato tratto in salvo dalle forze di polizia al largo dell’isola di Lampedusa e quindi sottopostoalla procedura di rito riservata dal Trattato di Schengen ai clandestini. Dopo una sommariaidentificazione è stato avviato ad un cpt (centro di permanenza temporanea per stranieri presunticlandestini in attesa di certa identificazione)

a Lampedusa. Qui il cronista, celatosotto la falsa identità e fingendo di non capire quanto veniva detto, ha potuto documentare le violazionidella legge compiute dal personale in servizio al cpt.

Tra le violazioni riferite nelreportage, numerose intimidazioniverbali e offese razziste, minacce di tortura fisica, violenze fisicheripetute oltre alla totale assenzadel rispetto dei diritti stabiliti dallalegge sul diritto di richiedere asilo.

Nelle mense della struttura i pasti, addebitati comesi è verificato a lauto costo nel contratto di gestionedella struttura, evidenziavano come alcuni alimenti(per esempio le carne) fossero stati sostituiti conprodotti scadenti. Fabrizio Gatti, autore del servizio,è stato denunciato dopo la pubblicazione per averfornito false generalità alle forze dell’ordine.

L’ingresso nei “cpt” è vietato anche a parlamentari e giornalisti e nessuno riesce a documentare quantoavviene all’interno, se non attraverso sporadichetestimonianze o eclatanti azioni di protesta degli ospiti e tentativi di fuga.

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LE CASEFARMACEUTICHESOTTO ACCUSA IN UN FILM

Nel cortile impolverato di una scuola,a Kano, nel nord dell’Algeria, un gruppo di bambini sta giocando a pallone. Un bambino con la facciatriste chiamato Anas sta seduto a guardare. Una malattia alle ginocchiache gli impedisce di correre. Nessunosa quale sia realmente la causa dellamalattia di Anas, ma c’è il sospettoche siano coinvolte le multinazionalifarmaceutiche. Sei anni fa, Anas vennecurato con un nuovo farmaco che rientrava in un programma di sperimentazione condotto da unadelle maggiori aziende farmaceutichemondiali. Un noto effetto collateraledel farmaco chiamato Trovan era il dolore alle articolazioni. Le questionisollevate dalla storia di Anas sonodiventate la sceneggiatura di unimportante film britannico. L’industriafarmaceutica internazionale si stapreparando ad affrontare un rigidoautunno. “The Constant Gardener”, il film tratto dall’omonimo romanzo di John Le Carré verrà distribuito nelle sale alla fine del corrente anno.Diretto da Fernando Meirelles, il famoso regista di “City of God”, il film è un risoluto attaccoall’industria farmaceutica e al modo in qui quest’ultima specula sulle vitedi cittadini del terzo mondo per la sperimentazione di medicine chepromettono guadagni milionari neipaesi industrializzati. Il tutto vissutoattraverso un thriller e una storiad’amore che dovrebbero garantirgli un adeguato pubblico. Gli ufficicomunicazione delle multinazionalisono quindi in agitazione.

NUOVO UFFICIODELLA CIA PERLE OPERAZIONIALL’ESTERO

National Clandestine Service: è questo il nome dell’agenzia checoordinerà le operazioni dei servizisegreti all’estero. La struttura, sottocontrollo della Cia, dovrà gestiretutte le operazioni in cui sono coinvoltiagenti e non si occuperà di raccoltadi informazioni telematiche. Ad essafaranno capo le operazioni, come i rapimenti in territorio straniero che hanno scatenato polemiche a livello mondiale e che secondo la Cia fanno parte del mandatoistituzionale affidatogli dal Congresso per le normativeantiterrorismo e la difesa dellasicurezza nazionale degli Stati Uniti.Recentemente la pubblicazione di due volumi dell’ex agente dellaCia in Medio Oriente, Robert Baer,avevano riacceso le polemiche. La Cia è sotto accusa da quandosono emersi i poco chiari passaggiche hanno accompagnato le segnalazioni sulle attività dei terroristi dell’11 settembre. In particolare la nuova organizzazionedovrà garantire il coordinamento del flusso di informazioni tra lediverse agenzie ed uffici e nel rapportocon la Difesa e la Fbi, il cui potere è molto cresciuto negli ultimi quattroanni seguiti all’attentato alle TorriGemelle. L’Ncs, questa la sigla del nuovo ufficio, dovrà permetterela riorganizzazione dopo il pensionamento e l’allontanamentodi numerosi operativi e l’eccessivafiducia riposta nei mezzi tecnologicia scapito del rafforzamentodell’intelligence classica.

DAL MASSACRO DI FALLUJALA TESTIMONIANZA ONLINE DI UN SOLDATO CHE HAPARTECIPATO ALL’ASSALTO

«Abbiamo ridotto Fallujah a macerie. Abbiamodichiarato vittoria e detto al mondo che Falluja era sotto il nostro totale controllo. Il nostro esercitoha affermato che le vittime civili erano state minimee invece i ribelli uccisi erano migliaia». La lettera di un soldato delle forze speciali americane è statapubblicata su www.militaryproject.org ed è stata unadelle numerosissime fonti consultate da OsservatorioIraq e dal settimanale italiano Il Diario per un documentato reportage sul massacro di Falluja in Iraq seguito al lungo assedio della città. Ancoraoggi su Falluja non sono stati forniti dati mentre le testimonianze indipendenti sulla violazione del diritto internazionale e dei diritti umani compiute

dall’esercito sonostate documentate da numerosi mediaindipendenti. La letterariferisce il clima e leviolenze dell’ingressonella città irachena:«Ero a Falluja durantegli ultimi due giornidell’assalto finale.

La mia missione era molto diversa da quella dei bravie stanchi fanti e marines coinvolti nei combattimentipiù grossi. Ero in una missione di scorta con il compito di proteggere un alto arrogante ufficialeandato all’ultima battaglia con lo stesso spirito di uno spettatore imparziale che guarda il quartotempo di una partita di football americano di un liceo.(...) Ancora artiglieria, ancora carri-armati, ancoramitragliatrici, sinistri aerei da combattimento che finiscono interi quartieri alla volta….questa non era una guerra, era un massacro! (...) Quandoripenso ai bombardamenti aerei che sono durati fino alla mattina seguente, non posso che essereimpressionato dalla nostra moderna tecnologia ed essere disgustato dai suoi mezzi. (...) Era comese gli iracheni avessero un coltello per combatterecontro un carro-armato».

Page 19: Mensile Valori n.34 2005

Operaie all’interno di un maglificionegli anni settanta e in fabbricache assembla biro. Lo spostamentodelle produzioni nei paesi dell’Est europeo e dell’Asia ha modificato tutti gli scenari.Perugia, 1970

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Il più grande mercato d’Africa. Quattro milioni di angolani ogni anno sopravvivono grazie a questarealtà autogestita che ufficialmente non dovrebbe esistere.

Bancarelle fai da te per un economiadi sussistenza

tendibili, parlano di almeno quattro milioni di persone ammassa-te in queste baraccopoli. Ci sono arrivati alla spicciolata quando laguerra civile rendeva pericoloso vivere nei villaggi e praticare l’a-gricoltura e non se ne sono più andati.

Oggi il loro potere d’acquisto non riesce nemmeno a sfiorareil circuito dell’economia ufficiale. Per il massimo organismo eco-nomico sovranazionale del pianeta infatti sono morti e invece vi-vono. Deolinda canta. È il suo modo per attirare i clienti alla ban-carella di capelli posticci e treccine con la quale si mantiene nelmercato di Roque Santeiro

Roque Santeiro Roque Santeiro è il più grande mercato d’Africa. Uno spettacolo. Ètanto grande che non sfugge, alla vista, nemmeno atterrando conun aereo di linea. Il colpo d’occhio lascia senza fiato: una distesamarrone di teli, legni, carretti, animali, spazzatura e uomini che siagitano sulla caratteristica terra rossa di questa parte dell’Africa. Adentrarci dentro si ha un attimo di smarrimento. Prima ancora di la-sciare la strada il primo senso ad essere colpito è l’olfatto. Un odoredi putridume misto a quello di spezie, di fogna, di olio di palma frit-to, di sudore. Poi è la volta dell’udito. Un rumore continuo prodot-to dal vociare di decine, centinaia di migliaia di persone e dal grac-

EOLINDA HA UN SORRISO IRRESISTIBILE che elargisce generosa a gran parte delle persone che incontra. Ha trent’anni, due fi-gli e le gravidanze non le hanno affatto scalfito il fisico: è snella e asciutta, si muove allegra ancheggiando provocantetra le baracche del mercato attirando le occhiate di tutti gli uomini che le passano intorno.

Deolinda dovrebbe essere morta. Lo dicono i dati della Banca Mondiale che assegnano agliabitanti delle baraccopoli di Luanda, la capitale dell’Angola, un prodotto nazionale lordo pro-capite di meno di un dollaro al giorno. Somma incompatibile con la vita in una città come la

capitale angolana la cui economia è stata drogata da 25 anni di guerra civile. Oggi la guerra civile è finita ma la situazione nonè cambiata di molto: una bottiglia di acqua minerale costa poco meno di un dollaro, un litro di latte quasi due, un viaggio incandongeiro, il taxi collettivo, un quarto di dollaro. Luanda è una città surreale: un piccolo e anacronistico centro storico apochi passi dalla Ihla, la striscia di terra che costituisce la spiaggia cittadina, per il resto è una distesa sterminata di baracco-poli e spazzatura che letteralmente assediano la cittadella delle ambasciate e degli hotel di lusso. Dati incontrollabili, ma at-

di Raffaele Masto

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Una guerra civile che si è protratta per venticinque anni ha messo in ginocchio l’economia di Luanda.

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nello stato e resiste. Roque Santeiro è un circuito economico al-ternativo che vive di vita propria che a volte interseca e interagi-sce con l’economia ufficiale e a volte confligge. È un mercato si-curo per milioni di persone con un potere d’acquisto minimo,non apprezzabile, capace di aggredire solo prodotti di massimautilità e a prezzi bassissimi.

È il meccanismo di tutta l’Africa che qui è esasperato dallaguerra e dalla grande concentrazione di popolazione nelle città.Non è un caso che il Continente Nero, per l’economia mon-diale, non è quasi nemmeno un mercato ma solo un serbatoiodi materie prime e di mano d’opera a basso costo con una po-polazione che in larga parte non ha un potered’acquisto apprezzabile. Quella africana è l’eco-nomia delle ciabattine infradito: costano pochisoldi (moltiplicati per centinaia di milioni di per-sone), sono indispensabili, sono fabbricate concosti di produzione infimi.

Diamanti e champagneNon è completamente vero, però, che i circuiti diquesta economia di sussistenza e di quella uffi-ciale sono nettamente separati. A Roque Santei-ro, per esempio, si stabilisce, di fatto, il cambioquotidiano tra il kwanza e il dollaro e si può com-prare di tutto, dai peperoni all’avorio, dalle cami-cie al vino rosso brasiliano o sudafricano, da qua-lunque pezzo di ricambio per auto ai televisori aschermo piatto, dai personal computer ai dia-manti, ci si può far tagliare i capelli e si può abor-tire o andare con una prostituta. Così Roque San-teiro non è solo un mercato per poveri. Anche iricchi si arricchiscono a Roque Santeiro. Del restoin quale centro commerciale troverebbero, tuttiinsieme, prodotti come gli abiti o gli occhiali dasole firmati, i frigoriferi e le paraboliche, le costa-te di manzo e il salmone norvegese, i pneumati-ci di marca e lo champagne.

A differenza di un centro commerciale a Ro-que Santeiro difetta la sicurezza. A Luanda vimettono in guardia dall’andarvi. Circola la voce- naturalmente non verificabile - che vi sia unmorto al giorno e che gli stessi abitanti della cittàci vadano senza orologi e oggetti di valore per ti-more di essere derubati e malmenati. Quello cheè certo è che il businnes di Roque Santeiro è inmano alle gang e ai boss locali che, se da una par-te si arricchiscono gestendo un flusso commer-ciale pari a quello di una grande multinazionale,dall’altra svolgono le funzioni di polizia, di con-trollo e di organizzazione che dovrebbero garan-tire le autorità statali e cittadine che qui sono assenti. Natural-mente lo fanno senza badare troppo alla sicurezza dei singoli e nonbadando affatto a disincentivare furti e truffe che, in fin dei conti,finiscono per fare parte del businnes.

Per questo motivo non tutti si arrischiano a tuffarsi nel magma

voi il magma pulsante che si stende fino alle banchinedel porto. Basta chiedere a loro cosa si vuole acqui-stare, attendere qualche minuto e li si vedrà riaffo-rare dalla folla con le migliori offerte del prodottorichiesto. Insomma Roque Santeiro non rifiuta nul-la a nessuno, di fatto è l’economia di Luanda. È l’e-conomia di sussistenza che supera, ingloba, si man-gia e metabolizza quella ufficiale.

Un salto nel futuro Luanda, anno 2020. Deolinda ne ha fatta di stra-da, oltre ai soliti prodotti adesso vende anchespazzole, parrucche, cosmetici e si può permette-re un piccolo magazzino. Ha raggiunto la sogliadei cinquant’anni, un successo se si calcola la vi-ta media in questo paese che dai primi anni due-mila non è migliorata. I suoi prodotti sono benconosciuti dai ragazzi sulla strada, sempre prontia rispondere alle richieste dei clienti che preferi-scono non entrare nel magma del Roque. È arri-vata la tecnologia e li hanno elencati, come tuttiquelli degli altri venditori, in un data base con-sultabile rapidamente. La scena sulla strada è unpo’ paradossale. I giovanotti stanno in piedi da-vanti alla tastiera di un computer, si muovono ve-loci, urlano, imprecano con i clienti in fila che at-tendono di consultarli. I computer sono infanga-ti e impolverati, nulla a che fare con l’atmosferaasettica dei palazzoni dei ministeri economici incentro dove analoghi computer con impeccabiliimpiegati seduti di fronte restano ampiamentesottoutilizzati. In quasi vent’anni ne sono cam-biate di cose. Il presidente è stato rovesciato, alnord è ripresa la guerriglia, ma è tornata presto lapace. Sul fronte internazionale i paesi del G-8, conuna decisione coraggiosa e dopo un lungo dibat-tito, hanno deciso di azzerare il debito dei paesiafricani. A Roque Santeiro non se ne sono quasiaccorti e di conseguenza non sono nemmeno riu-sciti ad essere grati per questa clamorosa svoltanelle relazioni tra cosiddetti paesi ricchi e poveri.Non lo hanno fatto per maleducazione perchè al-tre decisioni, come quella del vertice G-8 di Oki-nawa nell’anno duemila, che invitava ad estende-

re al Terzo Mondo l’uso del computer, è stata presto messa in prati-ca come testimoniano gli indaffarati giovanotti sulla strada.

Per il resto Roque Santeiro continua ad essere l’apoteosi dell’in-verosimile di sempre: centinaia di migliaia di persone calpestano lasua terra rossa ogni giorno, con le ciabattine infradito. .

chiare simultaneo di radio e registratori col volume a palla. Una vol-ta dentro si ha l’impressione di essere sommersi, inghiottiti da unamassa informe di materia, un magma che si muove con moto pro-prio, che pulsa, che annulla la volontà dei singoli. A dispetto dellasua estensione Roque Santeiro è un mercato recente. È nato alla fi-ne degli anni Settanta intorno ad un maestoso baobab sotto la cuiombra si riparavano donne, uomini e bambini che andavano a ven-dere povere mercanzie sui marciapiedi della città. La frescura offer-ta dalle fronde del baobab erano un ottimo punto di sosta e non erararo riuscire a vendere, o a barattare, i propri prodotti con altri ven-ditori già in quella piazza di sosta.

La data di nascita ovviamente, non è conosciuta con precisio-ne, ma è ben collocabile. Roque Santeiro è infatti l’eroe - una sortadi Robin Hood moderno, alle prese con gangster di ogni genere, cheruba ai ricchi per dare ai poveri - di una telenovelas brasiliana tra-smessa dalla televisione angolana proprio in quegli anni, gli annidella guerra fredda quando l’Angola gravitava nell’orbita sovieticae questo mercato era destabilizzante, era il regno del libero merca-to, dell’estro e del genio individuale, un bubbone insopportabile einestirpabile nella piattezza dell’economia pianificata.

Nell’era delle "magnifiche e progressive" sorti del libero com-mercio, si è tentato invece di istituzionalizzare il mercato e fornirlodelle infrastrutture necessarie ad accogliere la gran massa di persone

che ogni giorno vi si riversano: Stime ovviamente non verificabili,ma attendibili, parlano infatti di almeno un milione di acquirenti-venditori al giorno. Una agenzia umanitaria internazionale ha pen-sato allora di costruire a Roque Santeiro delle latrine, ma non è ser-vito a nulla. La natura selvaggia e spontanea di questo mercato le hasubito trasformate in merce. Se ne sono impossessati alcuni boss lo-cali ed ora per usarle bisogna pagare cinque Kwanza, la moneta lo-cale, con il risultato che sono pochissimi quelli che se ne servono.La grande massa dei frequentatori del mercato continua a fare i pro-pri bisogni all’aria aperta. Per anni migliaia di persone ogni giornohanno orinato sul tronco del maestoso baobab e pare sia stata pro-prio questa la causa della morte dell’albero centenario simbolo diRoque Santeiro e rifugio per eserciti di formiche e insetti che vive-vano sul suo venerabile tronco.

Ciabattine infradito: un businnesRoque Santeiro è un miracolo. Se non ci fosse le autorità angola-ne dovrebbero inventarlo perchè è attraverso le sue bancarelle checirca quattro milioni di persone non si trasformano in una massaincontrollabile capace di mettere in discussione stabilità sociale esicurezza del paese. E invece da anni i piani governativi prevedo-no il suo sgombero. Ogni volta che polizia ed esercito ci hannoprovato però hanno dovuto desistere. Roque Santeiro è uno stato

| internazionale |

L’ANGOLA è uno dei paesi del continente africanomaggiormente sfruttato nei secoli dalle potenze occidentali perchè ricco di materie prime come i diamanti o il petrolio e per le sue risorse agricole, un esempio per tutti sono le grandi distese di piantagioni di caffè. Il periodo postcoloniale, dopo l’indipendenza raggiunta nel 1975, è stato tormentato da una guerra civile lunga 27 anni. Il processo di transizione verso la pacificazione è iniziato solo nel 2002, dopo la morte di Jonas Savimbi,leader della guerriglia dell’Unita (União Nacional para a Independência Total).

Le organizzazioni non governative in tutti questi anni sono intervenute in unasituazione sociale gravemente degradata dalle violenze che hanno attraversato il paese. Al momento almeno due terzi della popolazione vive sotto la soglia della povertà, mentre un terzo si trova nella fascia dell’“estrema povertà”. L’Angolacompare al 161° posto nella classifica dell’economia mondiale su 173 paesi.

Uno degli interventi principali delle Ong riguarda quindi lo sviluppo dellapopolazione, di modo da raggiungere una soddisfacente qualità della vita. La Caritas italiana è impegnata su diversi fronti, tra cui un programma di svilupporurale incentrato sul ruolo delle donne nella regione di Negage, in collaborazionecon la Congregazione delle “Figlie di Gesù”. Il progetto prevede il coinvolgimentodi 200 donne in una settantina di villaggi. Oltre a ricevere una formazioneigienica-sanitaria, ma anche informazioni per lo sviluppo agricolo e nozioni sulla dieta alimentare, le donne sono spronate alla gestione dell’economiadomestica e all’utilizzo del denaro. Inoltre il programma prevede la nascita di un piccolo consorzio agrario e una associazione di risparmio e credito.

Dedicato sempre al ruolo della donna, che può rivelarsi centrale

per la ricostruzione del tessuto sociale del paese, anche un altro progetto per lo sviluppo socio-economico in corso a Luanda. La capitale dell’Angola è una città difficile, anche perchè negli ultimi anni ha conosciuto una crescitasmisurata, basti pensare che in un paese dove la popolazione conta 13 milioni di abitanti, circa 1/3 risiede a Luanda.

Il progetto di sviluppo rivolto alle donne viene svolto in in collaborazione tra Caritas Arcidiocesana e l’associazione cattolica di promozione della donna Pro.m.a.i.ca.

Un lavoro a parte, sempre sul territorio riguarda una delle ferite profonde del paese, create dalle divisioni emerse nel corso della lacerante guerra civile.La Caritas italiana segue un programma di riconciliazione, per promuovere una cultura di pace. Inoltre vengono attuati programmi di lingua portoghese a Cazombo, Luau, Negage e Bungo per facilitare l’integrazione tra gli angolanirimasti nel paese e quelli rifugiati all’estero, tra cui Congo-Kinshasa, Zambia e Namibia, nei quasi trent’anni di guerra.

Attualmente il paese si trova in piena ricostruzione e i primi effetti sono evidenti. Le città a lungo isolate a causa delle mine dissiminate ovunque,sono ora raggiungibili dopo gli interventi di bonifica e la riapertura di strade di collegamento.

Ma resta la dura realtà di moltissimi villaggi rurali ancora parzialmenteminati. Oggi più del 60% della popolazione angolana vive in centri urbani, mentre solo 3,3 milioni di "deslocados" (i cosiddetti internal displaced people) in questi due ultimi anni sono ritornati nelle loro aree di origine, prive di infrastrutture sociali.

Secondo la Banca Mondiale i quattro milioni di rifugiati chepopolano la periferia di Luandaregistrano un reddito mediogiornaliero inferiore a un dollaro.

ANGOLA IN NUMERI

Fonte: Guida dcl Mondo, EMI 2004

Popolazione 11.185.000 (1996)

Superficie 1.246.700 Kmq

Densità 8,5 ab/kmq

Capitale Luanda

Moneta Nuovo Kwanza

Lingua Portoghese.

Vengono parlate

anche Ovimbundu,

Kimbundu, Kikongo

Religione Religioni tradizionali

africane.

Il 38% cattolici.

15% protestanti.

Altre città Huambo, Benguela,

Lubango, Lobito.

Presidente Josè Eduardo Dos

OBIETTIVO RICONCILIAZIONE

di folla che ogni giorno calpesta la terra rossa di Roque Santeiro chetrasforma in affari anche paure e intraprendenze. Anche per questitimorosi c’è spazio per fare affari, basta fermarsi sulla strada che fen-de in due il mercato. In pochi secondi si viene circondati da bambi-ni vestiti di stracci, sciancati con sgangherate stampelle, intrapren-denti ragazzotti che si offrono, per pochi Kwanza, di affrontare per

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Non si tratta solo di regolamentare Internet e le reti informatiche ma di definire cosa si intende per lo sviluppo delle comunicazioni, la sorveglianza digitale e proprietà intellettuale.

Summit sulla Societàdell’Informazione: un’altra occasioneperduta?

in merito), ma di definire cosa si intende per sviluppodelle telecomunicazioni e più in generale, di tutto il set-tore delle comunicazioni, dai media ai satelliti, passan-do per la sorveglianza digitale, per la “proprietà intel-lettuale”, fino all’accesso stesso ai sistemi di informa-zioni, tanto locali quanto internazionali. Il WSIS, inol-tre, avrebbe dovuto risolvere il nuovo divario creato ne-gli ultimi 20 anni dalla rivoluzione digitale, il cosiddet-to digital divide. Sul tavolo sono rimaste due questioniirrisolte (più una serie di “problematiche” politiche cherendono mere parole il piano di azione e di implemen-tazione finora discussi): il “governo” di Internet e il fi-nanziamento dello sviluppo delle TIC nei paesi “in viadi sviluppo”. Di entrambi parleremo più avanti. Da no-tare, comunque, che la finalità rimane prevalentemen-te tecnocratica, mirando a includere le comunità e ipaesi rimasti “fuori” dall’economia mondiale, attraver-so la creazione di nuove infrastrutture e l’apertura di“ambienti favorevoli” al Mercato e alla finanza inter-nazionale. Quest’ultima, non a caso, esiste grazie allereti informatiche transnazionali e alla conseguente “di-gitalizzazione” dei flussi finanziari. E nonostante losforzo della società civile di far pressione sui governi

OPO IL FALLIMENTO SOSTANZIALE DELLA CONFERENZA ONU dello scorso settembre sugli Obiettivi di Sviluppodel Millennio (MDGs), adesso tocca all’ultima delle conferenze delle Nazioni Unite, e la meno cono-sciuta dall’opinione pubblica, il WSIS – o World Summit on the Information Society. Le premesse per

la sua conclusione, a Tunisi il 16-18 Novembre (dopo una prima fase a Ginevra nel di-cembre 2003 che ha prodotto la Dichiarazione di una Visione comune sulla Società del-l’Informazione) sono tutt’altro che rosee: su questioni fondamentali ci sono ancora po-sizioni molto diverse e soprattutto, il fatto che il Summit si svolga in Tunisia – paese conun record negativo per i diritti umani e la libertà di informazione – non è di buon au-

spicio. Tuttavia, le questioni affrontate al WSIS sono di grande rilevanza, in un mondo che sempre più si globa-lizza attraverso le nuove tecnologie di informazione e comunicazione (altra sigla: TIC o, all’inglese, ICT). Non sitratta solamente di regolamentare Internet e le reti informatiche (ad oggi non esistono convenzioni internazionali

di Jason Nardi

CRIS Italia (Communication Rights in the Information Society)

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La “Global Internet Map” del 2002. L’ampiezza della strisciaarancione india la capacità della “banda” di supportare il traffico di dati. Al centro della struttura della Rete vi sonogli Stati Uniti che gestiscono i punti nodali.

OCEANO ATLANTICO

OCEANO PACIFICO

USA

SUDAFRICA

BRASILE

ARGENTINA

MESSICO

CANADA

AUSTRALIA

GIAPPONECINA

RUSSIA

RUSSIA

EU

perchè vengano affrontate le implicazioni sui dirittiumani e le conseguenze di politiche che non tengonoconto dei contesti sociali e ambientali, molte questioni“umane” sono rimaste sulla carta.

La stampa, la società civile e la questione TunisinaForse per la marea di sigle, particolarmente incompren-sibili in questo Summit, forse per i temi – spesso consi-derati troppo tecnici e settoriali –, forse per pura igno-ranza, i mass media erano i grandi assenti nella primafase del WSIS e non sembra che siano molto più inte-ressati per la sua conclusione. Eppure la Società del-l’Informazione riguarda in prima persona anche loro, ilsistema dei conglomerati mondiali e regionali dell’in-dustria della cultura di massa e dell’infotainment, checon la sua alta concentrazione proprietaria sta minac-ciando seriamente la libertà di stampa, il pluralismo,l’indipendenza dei media in tutto il mondo. Non a ca-so, una delle nubi nere più minacciose che rischiano dioscurare il Summit è la situazione dei diritti umani inTunisia, paese ospite dell’evento. Alcune Ong tunisine

indipendenti e internazionali hanno denunciato i gra-vi abusi perpretrati dal governo di Zine El Abidine BenAli (al potere dal 1987) nei confronti di organizzazioniumanitarie, sindacati di giornalisti, avvocati e magi-strati, che abbiano osato criticare il governo. In varie oc-casioni, missioni internazionali (come quella dell’IFEX– International Freedom of Expression Exchange,http://campaigns.ifex.org/tmg) hanno verificato comela situazione stia peggiorando e sono giunte alla con-clusione che partecipare al Summit a queste condizioniè come ammettere che «la libertà di espressione ed’informazione non sono necessarie nella Società del-l’Informazione». Il 1° ottobre, una lettera-manifesto didenuncia indirizzata a Kofi Annan è stata presentata danumerose organizzazioni non governative e dalla cam-pagna CRIS (http://www.crisinfo.org). Tuttavia, la so-cietà civile che ha firmato l’appello non propone di boi-cottare il Summit – inclusi i gruppi che si oppongono alregime di Ben Ali - perchè pensa che sia un’occasioneper esporre all’opinione pubblica internazionale leenormi difficoltà che la popolazione locale deve af-frontare. In un paese che si promuove come moderno“crocevia di culture e tecnologia” (http://www.outsour-ce2tunisia.com/), capita che dei ragazzi vengano con-dannati a 13 anni di prigione perchè accusati di navi-gare su siti “pericolosi” (è il caso degli “Internauti diZarzis” - http://www.zarzis.org).

Attenzione solo sulla governance di InternetUn minimo di attenzione dei media si è avuta sul di-battito sulla “governance” di Internet. Dopo la primafase del WSIS, dove questo tema rimase sospeso e fucreato un gruppo di lavoro “multistakeholder” (ilWGIG - Working Group on Internet Governance) peraffrontare la questione, gli USA hanno più volte ribadi-to la loro ferma posizione per mantenere lo status quo– ovvero il sostanziale controllo, seppure indiretto, delgoverno degli Stati Uniti sui nodi principali (backbone)e la gestione della Rete. Durante l’ultima riunione pre-paratoria (Prepcom3, svoltasi a Ginevra lo scorso 28 set-tembre) a sorpresa la delegazione inglese, in quantopresidenza di turno della UE, ha presentato una propo-sta innovatrice per creare un nuovo Forum “multi-stakeholder” che sviluppi la politica pubblica di Inter-net. La proposta richiede il coinvolgimento di organiz-

IL WSIS È L’ULTIMO DI UNA SERIE DI SUMMIT mondiali organizzati dall’ONU, che si sono occupati delle questioni centrali dello sviluppo umano, a partire dal summit di Rio del Janeiro nel 1992. L’informazione e la comunicazione sono sull’agenda dell'ONU per la prima volta, nel tentativo di sviluppare un consenso e una visione comune sulla Società dell’Informazione. La struttura del Summit, divisa in due parti (la prima si è svolta a Ginevra nel dicembre 2003, la seconda sarà a Tunisi, dal 16 al 18 Novembre 2005), è organizzata dall’International Telecommunications Union (ITU) attraverso un Segretariato, che ha anche definito i primi contenuti e temi nel 2001. Nello stesso anno, la campagna CRIS (Communication Rights in the InformationSociety) ha formulato la prima posizione della società civile nei confronti del Summit. La finalità dichiarata del WSIS è di “offrire un’opportunità unica a tutte le parti in causa (stakeholder) di riunirsi in un incontro ad alto livello per sviluppare una migliore comprensione della rivoluzione digitale e il suo impattosulla comunità internazionale”. Se questo obiettivo verrà raggiunto è tutto da vedere – rimane comunque un’opportunità importante per le organizzazioni della società civile di impegnarsi criticamente sulle questioni di sviluppo e nuove tecnologie. La seconda fase del WSIS, a Tunisi, affronterà in particolare le questioni “politiche” del governo di Internet e del finanziamento per il superamento del divario digitale, oltre a definire l’implementazione e le modalità di continuazione del processo nel futuro. Diversamente che in altri Summit dell’Onu, la partecipazione di enti non governativi è stata integrata, dando al tempo stesso la possibilità a imprese commerciali del settore di intervenire direttamente per difendere i propri interessi.

COS’È IL WSIS

100 MLD $ PER LETELECOMUNICAZIONI

La Banca Mondiale ha stimato nel Febbraio 2005che occorrono più di 100 miliardi di dollari per svilupparel’infrastruttura delletelecomunicazioni nei paesi in via di sviluppo, tra il 2005 e il 2010.L’UE sosterrà i pianidi infrastrutturaregionali del NEPAD(New Partnership forAfrican Development).

A Tunisi si puòancora esserecondannati a 13 anni di carcere per avere visitatodei siti Internet

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zazioni intergovernamentali per l’allocazione degli in-dirizzi IP e le procedure per il cambiamento delle “rootzone file”, per l’inserimento di nuovi domini top-levele dei relativi gestori. La negoziazione continua, però,con l’esclusione della società civile.

Finanziare lo sviluppo della Società dell’InformazioneL’ONU stima che siano necessari almeno 50 miliardi didollari per raggiungere gli Obiettivi del Millennio entroil 2015, oltre ai fondi già promessi con il consenso diMonterrey per la finanza dello sviluppo. «Una parte si-

gnificativa di quei fondi verranno indubbiamente spesisulle nuove tecnologie, per migliorare l’efficienza e l’ef-ficacia dei servizi, sostenere il buon governo, dare aiutiai poveri e permettere lo sviluppo economico. Moltipaesi africani, che sono i più lontani dal raggiungere gliobiettivi, hanno bisogno delle nuove tecnologie per aiu-tarli a stimolare le loro economie e a integrarle nell’eco-nomia mondiale». Una delle proposte (dalla Posizionedell’UE per il finanziamento dello sviluppo dell’ICT) in-voca la creazione di un’iniziativa denominata: Interna-tional Finance Facility, un meccanismo per gestire la rac-colta dei fondi attraverso agenzie esistenti e un sistemadi “bond” sui quali sarebbe possibile richiamare l’inve-stimento a lungo termine dai mercati finanziari(http://www.dfid.gov.uk/pubs/files/International-Fi-nance-Facility2003.pdf) Altra proposta, sostenuta damolti governi del “Sud” e dall’iniziativa di una coalizio-ne di Enti Locali, è quella già avviata di un Fondo di So-lidarietà Digitale, con contributi volontari e piccole “tas-se” sulla vendita di hardware. Tra i principali opposito-ri, gli Stati Uniti – ma anche l’UE –, convinti che il fi-nanziamento debba passare attraverso meccanismi esi-stenti e la liberalizzazione dei mercati, che devono aprir-si all’investimento del settore privato (la politica del co-siddetto “enabling environment”). L’iniziativa contrap-posta si chiama “Digital Freedom Initiative” (DFI), unprogramma dell’amministrazione Bush il cui obiettivosi può leggere sul relativo sito: «Questo approccio ab-braccia le forze del mercato, la potenza delle tecnologie,la forza del volontariato americano e della leadership delcommercio. L’iniziativa dà alle imprese USA l’opportu-

nità di investire volontariamente le lororisorse con l’aspettativa che la domandadel mercato salirà nei paesi beneficiaridell’iniziativa DFI». (http://www.dfi.gov)

Oltre il Summit: i dirittidi comunicazioneLa Campagna Internazionale CRIS (CommunicationRights in the Information Society-http://www.cri-sinfo.org) raccoglie l’eredità delle riflessioni e delle pro-poste sviluppate sulla scena internazionale in materiadi diritti di informazione e comunicazione e ha gioca-to un ruolo particolarmente attivo nel WSIS. Lo ha fat-to nel riconoscimento dei fondamentali valori di li-bertà, dignità, giustizia e rispetto della diversità, pro-movendo una visione della Società dell’Informazionefondata sul diritto a comunicare, come mezzo per pro-muovere e proteggere i diritti umani e rafforzare la vitadelle persone e delle comunità, da un punto di vista so-ciale, economico e culturale. In Italia, CRIS ha promos-so innumerevoli incontri (alcuni anche a Terra Futura)per riaffermare che informazione e conoscenza sonoun’eredità comune, una risorsa fondamentale per la vi-ta di ogni persona e di ogni organizzazione sociale.Questo comporta l’affermazione e la tutela di una seriedi diritti da promuovere concretamente sulla scena in-ternazionale così come nel nostro paese: il diritto ad es-sere informati e ad informare, il diritto alla privacy, ildiritto al pluralismo linguistico, mediatico e culturale,il diritto ad associarsi ed esprimersi e il diritto di parte-cipare alla comunicazione pubblica e alla definizionedelle relative politiche. Le parole chiave che accompa-gnano questa visione sono accesso (poter ricevere infor-mazione) e partecipazione (contribuire alla comunica-zione), che sottolineano l’esigenza di pensare al ruoloattivo dei cittadini nella società dell’informazione e del-la conoscenza e l’esigenza di una maggiore capacità diascolto e dialogo da parte delle istituzioni. Diritti di co-municazione, dunque, come pre-condizione per la co-struzione di società democratiche. A questo si aggiungel’accountability [render conto] delle istituzioni e stru-menti chiari ed efficaci perchè i cittadini possano farrender conto del loro operato il governo e gli enti pre-posti alla promozione, garanzia e concretizzazione diquei diritti. Su questa strada, in salita, c’è ancora mol-tissimo da fare. A cominciare dalla nostra “anomalia”tutta italiana di conflitti d’interessi tra politica, pro-prietà dei mezzi di informazione e controllo monopo-listico sulle risorse pubblicitarie, alle politiche europeedi sorveglianza e “data retention” (conservazione di da-ti sensibili), fino alle questioni globali come quelle delWSIS. Il denominatore è lo stesso: la comunicazione èun bene comune.

Il ministro per l’Innovazione e le Tecnologie LucioStanca ha inaugurato il 6 ottobre a Roma, insieme al-

la collega irachena Basima Yosuf Putros, la nuova reteIntranet del governo iracheno. Un progetto intera-mente finanziato dal governo italiano, che ha desti-nato un budget di circa 5 milioni di euro già tutti im-pegnati, e realizzato attraverso l’apporto di società ita-liane, come ha sottolineato in conferenza stampa lostesso Stanca. ‘Govnet’ collega ben 13 dicasteri del go-verno di Baghdad, dove opera personale preparato eaddestrato in Italia e in contatto quotidiano con uncentro di assistenza e di controllo remoto a Roma. Larealizzazione tecnica é stata affidata a Innovazione Ita-lia Spa, che ha incontrato non poche difficoltà duran-te le fasi di attuazione. La rete si basa sostanzialmentesulla tecnologia laser (con banda di 100 megabite), perla relizzazione della quale sono state coinvolte treaziende italiane, la Olidata per le apparecchiature, laCpi per l’addestramento e preparazione e Telespazioper la fornitura del collegamento Internet satellitare.Nel sottolineare l’importanza del progetto, il ministroStanca ha posto l’accento “sull’importanza di prose-guire tale collaborazione”, estendendo gli ambiti aquello ospedaliero e scolastico, soprattutto in terminidi formazione a distanza. . Fonte: Ansa, Asca e MIT

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LA GUERRA PER LA GESTIONE MONDIALE della rete tra Stati Uniti e il resto dei paesi del pianeta si è consumata negli ultimi cinque anni anche per il varo dei domini Internet. Dopo lunghe trattative Washington, che manteneva il monopolio,ora è stata costretto a venire a patti e accordare all’Unione Europea la possibilità di essere rappresentata attraverso i domini .eu. La svolta è arrivata la primavera scorsa,e in Italia l’effetto è stato immediato. Nella normativa italiana è infatti comparsa nel Codice della proprietà industriale la denominazione dei nomi a dominio,segnalati per la prima volta come segni distintivi della rete contrapposti ai marchi.

A rendere difficili i passi avanti sono stati soprattutto i problemi burocratici. Il vecchio continente aveva l’esigenza di appoggiarsi in ciascun singolo paese ad una società di gestione. Una volta individuate, le società devono consentire ai detentori di trademark e alle pubbliche amministrazioni di rivendicare il dominio .eucorrispondente. Nel corso dell’estate il consorzio EurID, l’organismo di gestione delle estensioni europee, ha pubblicato la prima lista dei registrati, ossia dellesocietà accreditate che potranno ricevere e trasmettere allo stesso EurID le richieste di registrazione degli .eu. Nella lista compaiono alcune realtà italiane: si trovano i vari 9net, Alicom e Widestore che fanno capo al Gruppo Aruba e c’è Register.it. del gruppo DADA. Il giro di affari non è da sottovalutare. Ogni società accreditata ha infatti già versato 10mila euro nelle casse di EurID e anche altri operatori, che si occupano del vaglio dei marchi nel periodo dedicato ai brand (SunrisePeriod), partecipano al nuovo mercato che si sta aprendo sul varo dei nuovi domini.La registrazione di domini .eu sono riservati solo a persone fisiche con cittadinanzain uno degli Stati membri e alle imprese e le organizzazioni con sede sociale,amministrazione centrale o luogo di affari principale all’interno della Comunità.

AL VIA IL DOMINIO .EU

La decisione di tenere il summit a Tunisi ha sollevatonumerose protesteda parte delle associazioni non governative che si occupano di libertà di informazione.

Secondo l’Onu sononecessari almeno 50 miliardidi dollari per raggiungere gli Obiettivi del Millennioentro il 2015

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Comunicare l’esteticadella natura

Ambientalismo| macroscopio |

di Walter Ganapini

TA FACENDOSI STRADA L’IDEA CHE L’AMBIENTALISMO DEBBA TROVARE UNA NUOVA SINTESI CULTURALE per rendere più facilmente comunicabile e percepibile la sostanza delle proprie battaglie, elaborazioni, proposte. Negli anni , la sfida della “contaminazione” con la questione ambientale è stata indirizzata in ogni campo,dall’economia all’urbanistica, dall’ingegneria alla sociologia, spesso con risultati importanti.

Speravamo di avere percorso un lungo cammino dai primi scontri con i filosofi morali che negavano la nozione di solidarietà diacronica, intrinseca a quella di sostenibilità, spiegandoci che, mancando gli “enti”portatori del diritto (le future generazioni), la questione non si poneva . Gioivamo nel vedere la ConferenzaEpiscopale promuovere un Gruppo di Lavoro “Per la salvaguardia del Creato” , convinti che quella sedeavrebbe amplificato in modo definitivo la diffusione di acquisizioni culturali di ricerca di equità intra e inter-generazionale ed avrebbe dato enfasi definitiva al bisogno di nuovi stili di vita per l’individuo e la comunità.

Ciò nonostante, però, oggi le ragioni dell’ambiente sono pesantemente messe sotto accusa dai “soliti noti a libro-paga” (accademici o giornalistico-letterari), grazie alla dovizia di mezzi resi loro disponibili dai detentori dei potentati economico-finanziari che vedono messi in discussione business e profitti dallacrescente percezione sociale dei guasti che questo sviluppo sta causando all’ambiente ed alla salute, a partire

dalla diffusa consapevolezza che un grande cambiamento climaticoè in atto e che dobbiamo mettere in discussione i nostri modi di produrre e consumare risorse comunque finite. Non passa giornoche non tentino di far passare chi ha a cuore il futuro di umanità e natura come “conservatore che guarda al passato”, che vuolebloccare lo sviluppo con il ricorso a quella grande conquista di civiltà che è il “Principio di Precauzione”. Ed in molti è viva

la sensazione che questo stillicidio possa, alla fine, incidere nel cuore e nelle menti delle persone.Per questo pare necessaria la nuova sintesi culturale prima postulata, anche per rendere più diretto

l’approccio alle tematiche ambientali per le nuove generazioni e scuotere da scetticismo ed indifferenza i più. È forte la convinzione che quella sintesi, più che a livello etico, possa sostanziarsi a livello dell’estetica:volgarizzando, la bellezza dell’ambiente, naturale e antropizzato, è un valore in sé, che include nozioni di salubrità così come di rispetto per ciò che è altro da sé, vivente e non. Ecco allora che corre in aiuto di chi,con gli strumenti culturali da chimico, si azzarda lungo sentieri teoretici perigliosi, un antico dogmadell’alpinismo: anzitutto, cercare l’appiglio all’altezza del naso prima di mettere a dura prova la tenuta degli appoggi sotto i piedi con manovre a rischio.

È indispensabile tessere una fitta rete di relazioni e dialogo con chi, portatore di capacità creative sul versante delle arti e delle tecniche di comunicazione, è in grado di fare percepire a tutti, ad esempio ritraendoi grandi anfiteatri morenici, il silenzio, il profumo dell’aria, l’acqua che appare nella sua essenza di elementoin movimento, con la freschezza ionizzante del suo flusso. Per quanto si sia tutti ben consapevoli che nulla vi sia nel nostro ambiente italiano di non trasformato dall’azione antropica, siamo in presenza di bellezze che ci sanno trasmettere emozioni, epidermiche e profonde al contempo, e che ci aiutano ad esplicitare la necessità che ci si impegni tutti per evitare che un così grande patrimonio venga aggredito, disperdendo in tal modo la possibilità che altre generazioni ne possano godere traendone occasione di vita. .

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Una nuova sintesi culturale è indispensabile per renderepercepibile e comunicabile le battaglie per una nuovaconcezione dello sviluppo

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Officina dell’Alitalia. Sotto, Fabbrica automobilistica Fiat, operai al lavoro.Roma, 1978/Torino, 1978

> Lavoro

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economiasolidale| inbreve |

Una casa di mattoni per i Rom e meno luoghi comuni >56Don Colmegna: «La vergogna delle baraccopoli» >58

| inbreve |

L’ETICA DI YAHOO! E IL RISPETTODELLA LEGGE

Si conciliano eticità dichiaratadell’azienda e rispetto di legginazionali poco etiche? Il dibattitoaperto dal caso di Yahoo in Cina è aperto. «È evidente che le legginazionali, che violano gli standardinternazionali sui diritti umani, non sono accettabili dal dirittointernazionale». Nicholas Howen,segretario generaledell’International Commission of Jurists, risponde così alladichiarazione con cui Yahoo! hamotivato la consegna alle autoritàcinesi di email private inviateall’estero da un giornalista cinese,arrestato e condannato a dieci anni.Yahoo! afferma che »come ognialtra compagnia globale, Yahoo!deve assicurare che i propri sitinazionali operino all’interno delleleggi, dei regolamenti e deiconsuetudini del Paese in cui sonohanno sede». Howen si è dichiarato«fortemente preoccupato per il fattoche le azioni di Yahoo! abbianoportato alla condanna a dieci annidi carcere del giornalista cinese Shi Tao, per non aver fatto altro che esercitare il proprio diritto alla libertà d’espressione, che è garantito dalla DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo.Come ogni altra compagnia globalese Yahoo! sostiene di esseresocialmente responsabile e di aderire ai fondamentali dirittidell’uomo, dovrebbe assicurarsi chele proprie azioni rispettino il diritto e gli standard internazionali».

SPOT CONTROLA POVERTÀVIETATO IN INGHILTERRA

Politico, quindi vietato. L’Office ofCommunications (Ofcom) britannicoha vietato l’ulteriore trasmissionedello spot radio-televisivo contro la povertà, realizzato da una coalizionedi organizzazioni non governative e trasmesso dallo scorso dicembrein vari Paesi, tra cui l’Italia. Lo spot, realizzato in bianco e nero e denominato “Click”, ha comeprotagonisti personaggi famosi, che si alternano, schioccando le dita ogni tre secondi, l’intervalloche passa tra una morte e l’altra dei trentamila bambini che muoionoogni giorno nel mondo, a causa di conseguenze, evitabili, legate allapovertà. Alla fine lo spot suggeriscedi visitare il sito web dellacampagna “Make Poverty History”,dove si invita a premere sul propriogoverno e su quelli di altri Paesi, per sconfiggere la povertà e le sue conseguenze. Ofcom, purgiudicando importante l’iniziativa,osserva che questi sono inviti di carattere politico e che gli spotpolitici, in Gran Bretagna, sonovietati. Immediata la replica di MalePovertà History, che ha espressodisappunto, affermando che lo spot«sottolinea semplicemente il fatoche un bambino muore ogni tresecondi a causa della povertàevitabile. I milioni di persone che portano una fascia bianca o chehanno compiuto azioni di sostegnoa questa campagna, non la vedonocome un’iniziativa politico-partitica,ma come un grande problemamorale del nostro tempo».

ACCORDO INNOVATIVO A BRESCIA PER SOSTENERELA DIGNITÀ DEI LAVORATORISENZA STIPENDIO DA MESI

Un accordo innovativo per sostenere le famiglie dei lavoratori di aziende in crisi nel distrettobresciano è stato siglato tra le 11 Banche di CreditoCooperativo (BCC) della provincia di Brescia, la Provincia di Brescia, le rappresentanze sindacali, i curatori di tre aziende metalmeccaniche in stato di crisi e l’INPS. In base all’intesa, le BCC bresciane,su richiesta dei lavoratori, erogheranno finanziamentiindividuali che non saranno soggetti a tassid’interesse né a spese di alcun tipo. I tempi di rimborso di questi finanziamenti saranno correlati

ai tempi di liquidazione,da parte dell’INPS di Brescia, dei contributi di Cassa IntegrazioneGuadagni Straordinaria.Le tre aziende sono la Fomb di Brescia(fonderia cerchi in lega),la Orizio Paolo diRodendo Saiano

(macchine per maglieria) e la Simonelli di Sarezzo(trafileria ottone). Le Banche di Credito Cooperativosottolineano che questo è un primo, immediatosegnale di sostegno ad oltre quattrocento dipendentied alle loro famiglie che hanno perso la sicurezza e la serenità di un lavoro e di uno stipendio, aseguito dello stato di crisi delle tre società bresciane.Molti di questi lavoratori non percepiscono lo stipendio dal mese di dicembre 2004. Il Presidentedella BCC del Garda, della Federazione Lombardadelle BCC e di Federcasse, Alessandro Azzi, ha dichiarato a rsinews.it, commentando l’accordo:«la provincia di Brescia, così come avviene a livellonazionale ed internazionale, vive una contingenzaeconomica particolarmente difficile ed è statosentito quindi come un dovere per le Banche di Credito Cooperativo bresciane non far mancare il sostegno alla nostra gente».

LAVORODIFFICILE PERLE NEOMAMMEIN ITALIA

Poco solidali i risultati di una inchiestasul mondo del lavoro per le neomammea Torino. «Dati allarmanti e al di sopradi ogni previsione» secondo la Consigliera di Parità della Provinciadi Torino, Laura Cim. La ricerca è statacondotta dall’OrganizzazioneInternazionale del Lavoro (OIL), in collaborazione con la Direzioneprovinciale del Lavoro di Torino –Servizio ispezioni. Tra il 2002 e i priminove mesi del 2005, si sono dimesseuna media di 55 neo-mamme al mese,su un totale di circa 53.000 lavoratricia tempo indeterminato tra i 15 e i 29anni, e di circa 180.000 tra i 30 e i 49anni. Tra le motivazioni, il 52% indica ilrifiuto dell’azienda di concedere il part-time, il 14% il desiderio di dedicarsicompletamente ai figli, il 5% il desiderio di mettersi in proprio, conciliare meglio vita famigliare e lavoro, mentre il 29% non forniscemotivazioni. Tra le motivazioni previstedal questionario non compariva il fatto che le lavoratrici possano esserestate costrette dall’azienda alledimissioni, in quanto affermazioneritenuta molto delicata. La leggeitaliana vieta il licenziamento delledonne entro l’anno di età del figlio e, in caso di dimissioni, queste devonoessere convalidate dal Servizio Ispettivodella Direzione Provinciale del Lavoro. I ricercatori evidenziano che le donnearrivano alla scelta in modo sofferto e che “nessuna rinuncerebbe mai al suo posto di lavoro se potessedisporre di un’organizzazione degli orari,delle distanze e dei servizi compatibilee di un clima lavorativo accettabile”.

CÀPACE DOVERITROVARSIPROGETTANDOIL FUTURO

Ha inaugurato il 15 ottobre a CerviaCàPace, una “casa” dove si può far vacanza, studiare, incontrarsi e riflettere sui temi della pace.CàPace è un centro, che nasceregionale ma aspira a diventarepunto d’incontro e di riferimentonazionale, centro di formazione e sperimentazione su temi quali la gestione dei conflitti, l’educazionealla mondialità, la sostenibilitàambientale, il consumo critico, il commercio equo, il volontariatosociale, la finanza etica… Nato per volontà della cooperativaLa Lumaca di Modena, che da oltrevent’anni si occupa di educazioneambientale, CàPace ospiterà attivitàdi formazione rivolte al mondo dellascuola, ma anche a coloro che vogliono organizzare un corsodi formazione o un soggiornoconsapevole e responsabile:famiglie, educatori, associazioni.CàPace offrirà percorsi educativi per bambini e ragazzi, che potrannofare esperienza ludica e sociale a contatto con la natura, parteciparea laboratori teatrali e giochi di ruolo. Con i suoi 120 posti lettoin riva al mare Adriatico, a pochimetri dalla spiaggia e a due passida una delle pinete più belle delParco del Delta del Po, sarà la sededi corsi, forum e seminari, realizzatisia in proprio che in collaborazionecon altre organizzazioni come PaxChristi, l’Associazione ItalianaTurismo Responsabilee le Universitàdi Modena e quella di Firenze.

RIDERE DELLA CRIMINALITÀCON PIZZINO, UNA RIVISTA DI SATIRA CHE AFFRONTAARGOMENTI MOLTO SERI

Parole d’ordine: ridere, deridere, provocare. Insommasatira. È nato lo scorso maggio a Palermo il mensilesatirico Pizzino. “Un mese di satira, spamming con sardee affucanotizie”, si legge in copertina. Editodall’associazione culturale “Scomunicazione” e sfornatodalle menti di tre trentenni siciliani doc: GiampieroCaldarella, il direttore, Francesco Di Pasquale e LeonardoVaccaro. Un linguaggio tagliente e grottesco per farridere e pensare, «perché la risata uccide il silenzio»spiega Giampiero. Un italiano volutamentesgrammaticato, miscelato con il dialetto siciliano, perdenunciare la mafia e i malcostumi italici. Per affrontare

temi scomodi come le carceri, i boss detenutiin regime 41 bis, l’abusivismo edilizio, le spiagge in vendita, gli ecomostri. Ognimese un tema diverso: dopo il pizzo, il pontesullo stretto, le spiagge private e la scuola,questo mese nel mirino del Pizzino ilcampionato di calcio. Il nome Pizzino persbeffeggiare gli ormai noti pizzini, i bigliettiniscritti a mano con cui il boss superlatitante

Bernardo Provenzano impartisce direttive ai suoi picciotti.Colori sgargianti, un formato fuori misura che, se lo apri,diventa poster, da leggere anche sottosopra per cambiarepunto di vista. Il Pizzino è popolato da personaggi surrealicome i poliporci, metà polipi e metà porci, o Alì Babà e i 40 condoni. Rubriche dai titoli improbabili come “ogni testa è tribunale”, “cotture e società” o il “cacchiosello” e sondaggi che interrogano il lettoresu quali parole usare per iniziare una richiesta di estorsione. Si può intercettare il Pizzino in Sicilia, in molte edicole e librerie (l’elenco sul sitowww.scomunicazione.it) e in abbonamento nel restod’Italia. Costo del mensile un euro. E, come dicono i tre scomunicatori, il prezzo della rivista è deducibile dal pizzo, per chi lo paga regolarmente.

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Caritas). «Li abbandoniamo a se stessi oppure cerchia-mo di dare una risposta a questo gruppo e condividia-mo con loro un percorso di regolarità?», si chiese inquei giorni don Colmegna.

Evidentemente, la scelta è stata: andiamo avanti. An-che grazie al supporto del Ceas, un’associazione no pro-fit diretta da Beppe Massari attiva nella cura e riabilita-zione dei tossicodipendenti e degli emarginati, dove irom vennero ospitati di giorno. Nei giorni successivi,siamo ancora a luglio, vi furono vari incontri con il co-mune e la provincia che sulla vicenda continuavano afarsi la guerra. L’amministrazione del capoluogo persi-steva nella linea dura e sosteneva che una sistemazioneandava trovata fuori dai suoi confini. La Provincia, in-vece, si proponeva nel ruolo di coordinamento e si di-chiarava disponibile ad accollarsi i costi di costruzione edi gestione di un nuovo “campo della solidarietà”.

Quindi, il 28 luglio la Casa della Carità promosse lanascita dell’associazione del “Villaggio solidale” per tro-vare una sistemazione definitiva ai rom. Tra i parteci-panti, oltre al presidente della Provincia, Filippo Penati,vi sono anche personaggi noti come Alessandro Profu-mo, amministratore delegato di Unicredit e il patrondell’Inter Massimo Moratti.

In quei giorni (la situazione alla Casa della Carità sta-va diventando insostenibile), si trovò anche un nuovoaccordo per una altra sistemazione provvisoria. La Casadella Carità decise di tenere una ventina di persone, tracui i disabili, un altro gruppetto di circa 20 persone si tra-sferì al Ceas e del resto se ne fece carico la Provincia cheaffittò per sei mesi quattro appartamenti più un locale inzona stazione Centrale, chiedendo a don Colmegna diprendersi la responsabilità della buona tenuta degli im-mobili. Da allora la situazione non è cambiata. «Siamo inattesa che la Provincia rispetti l’impegno che si è presa eindividui un terreno dove sarà costruito il ‘Villaggio soli-dale’», dice Don Colmegna. Che intanto però non se nesta con le mani in mano: «Stiamo lavorando con degli ar-chitetti per la progettazione del villaggio che nascerà suun’area di 1.500 metri quadrati, dovrà avere tutti gli al-lacciamenti e case prefabbricate per 70-80 persone. Ci sa-ranno anche dei locali comuni perché per il popolo romi momenti di vita comune sono molto importanti».

Ma i diretti interessati che cosa pensano di questoprogetto? «Ci piace - dice Aurelio, 34 anni, sposato contre figli (una è Isabella), che è il portavoce del gruppo edi professione è violinista - siamo venuti qui in Italia perlavorare e per stare tranquilli con le nostre famiglie per-ché in Romania non riuscivamo a tirare avanti. Nonsiamo delinquenti».

Intanto Pisa va avanti con il progetto “Città Sottili”Nel 2002 l’amministrazione di Pisa prende una decisio-ne: “Basta con i campi nomadi”. Ma, in questo caso, lo

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L’altra Milano cerca una soluzione solidale per i rom sgomberati su esplicita pressionedell’amministrazione comunale. Che non ha esitato a parlare di problemi con questa “etnia”. Mentre a Pisa prosegue il progetto Città sottili.

I PIACEREBBE VIVERE IN UNA CASA GRANDISSIMA CON TUTTA LA MIA FAMIGLIA. E da grande voglio fa-re l’avvocato oppure diventare una star famosa». Isabella è un peperino di 10 anni, codadi cavallo e occhi castani, con le idee molto chiare e la risposta svelta. Come suo cugino

Sergio, 12 anni, occhi nerissimi e dolci, aspirante suonatore di violino com’è nella tradizione di famiglia, che dice:«Sì, anche a me piacerebbe una casa enorme dove ognuno però deve avere la sua stanza». Certo che una casa peruna famiglia di 78 persone non è facile da trovare. «Ma sì che ce ne sono. Potrebbe essere una casa come questa»,dice Isabella facendo un gesto con il braccio per comprendere tutto il complesso del Centro Ambrosiano di solida-rietà (Ceas) nel parco Lambro di Milano dove vive da fine luglio.

Ma chi l’ha detto che i rom non hanno voglia di casa e di stabilità? E chi l’ha detto che a volte non aspirino al-la “normalità” più o meno come la intendiamo noi?

Isabella e Sergio sono due dei 78 rom rumeni regolari (meglio: “non espellibili” perché hanno fatto domanda diasilo politico), tra cui una quarantina di bambini, molte donne e alcuni disabili, che la scorsa estate hanno diviso

la città di Milano. Fino alla fine di giugno vivevano nel campo noma-

di di via Capo Rizzuto al Gallaratese, raso al suolo dalleforze dell’ordine perché da lì veniva uno stupratore, ar-restato dalla polizia dopo aver violentato una studen-tessa diciannovenne a Pero, alle porte del capoluogo me-neghino. «La mia baracchina è l’unica rimasta in piedi»,ricorda Isabella con un po’ di tristezza perché nella fugaha dovuto lasciare le sue Barbie. Da allora i 78 rom (inrealtà, erano molti di più, ma la maggior parte si è di-spersa e 70 clandestini sono stati rimpatriati) sono sen-za un posto stabile dove stare.

Il Comune di Milano ha offerto assistenza solo peri primi giorni, ma poi non ne ha voluto più sapere. LaProvincia ha messo a disposizione un “supporto diprotezione civile”, che però non era altro che un pul-lman. Intanto, chi si è fatto carico dell’emergenza èstato don Virginio Colmegna che li ha accolti nellaCasa della Carità (una struttura di accoglienza della

di Sarah Pozzoli

GLI ZINGARI IN ITALIA: NUMERI E LUOGHI COMUNI DA SFATARE

Un tetto. Delle mura. Una casa. Una vita normale anche per i nomadi

CHI SONO E QUANTI SONO. In Italia vi sono circa 150mila zingari. Del totale, circa 70mila sonodi origine italiana e altri 30mila circa provengono dalla ex Jugoslavia (i primi sono arrivati dopola Seconda guerra mondiale, tra la fine degli anni ’60 e ’70 è giunta una seconda tranche,mentre gli ultimi sono arrivati dalla Bosnia e dal Kosovo in seguito alla guerra nella exJugoslavia). Dal 2000 sono arrivati oltre 40mila rom dalla Romania. L’Italia è uno dei Paesieuropei con il numero più basso di rom. In Romania sono tra 2,5 e 3 milioni, in Spagna le stimeoscillano tra 600mila a 1 milione, in Ungheria circa 400mila e in Francia 200-250mila. ASPETTATIVA DI VITA. L’aspettativa di vita dei rom in Italia è 45 anni, contro la media nazionaleattorno ai 75 anni. Uno dei motivi è dovuto al fatto che i rom esorcizzano la malattia attraversola negazione della stessa, facendosi curare solo nei casi di emergenza. TASSO DI SCOLARITÀ. Solo il 30% dei bambini rom e sinti è iscritto a scuola. La frequenza è probabilmente ancora più bassa. PROVENIENZA E LINGUA. La provenienza originale è dall’India. Gli zingari si mossero attorno al Mille dopo Cristo probabilmente premuti dall’espansione islamica, o forse per una gravecarestia. La migrazione attraverso l’Asia e l’Europa si svolse con una lunga sosta in Persia e nell’Impero bizantino come testimoniano i tratti che dalle lingue di questi Paesi acquisì la loro lingua: il Romanés. Ancora oggi, comunque, il Romanés è riconoscibile come l’evoluzionedi una delle tante lingue parlate in India e che ha come parente più illustre il Sanscrito. LA DISPERSIONE NEL MONDO E LE PERSECUZIONI. L’arrivo in Europa e la loro dispersione in tutti i Paesi europei è intorno al 1400. Nel secolo XVII si trovano nelle Americhe, deportaticome schiavi. Riduzione in schiavitù, deportazione e sterminio caratterizzano questo popolo,segnato probabilmente dalla diffidenza sorta al loro primo apparire nel Medioevo europeo:nomadismo come maledizione di dio; la pratica di mestieri quali forgiatori di metalli, legati nella superstizione popolare, alle arti magiche; le arti divinatorie identificabili come aspettostregonesco; soprattutto, la loro diversità fisica e culturale in genere e la riluttanza ad adattarsia regole di vita imposte. Di qui la tendenza della società “gagé” (i non zingari) a liberarsi di loro.Tutti i paesi europei adottarono nei loro confronti bandi di espulsione. Il nomadismo divenneuna perenne fuga. La Dieta di Augsburg decreta che chi uccide uno zingaro non commettereato. Nel XVIII secolo l’Illuminismo tenta di sostituire allo sterminio fisico il genocidio culturale.Maria Teresa d'Austria proibisce il nomadismo, cerca di legare gli zingari alla terra, vieta la loromusica, le canzoni, la lingua. toglie ai genitori i figli perché vengano educati in famiglie‘normali’. TUn tentativo simile a quello di Maria Teresa viene fatto dalla Fondazione umanitariasvizzera Pro Juventute in tempi assai più vicini a noi ‘requisendo’ i bambini alle rispettivefamiglie e affidandoli ad altre di non zingari. LO STERMINIO NAZISTA. Il tentativo di sterminio più scientifico e di maggiori proporzioni fu quello operato dai nazisti. Non meno di 500mila zingari vennero ammazzati e la voce dei superstiti non trovò ascolto neppure al processo di Norimberga, né vennero loro riconosciutii danni di guerra. ZINGARI E ‘NOMADI’. Oggi il nomadismo non esiste quasi più. I pochi casi si riferiscono allefamiglie proprietarie di giostre e circhi che vanno alla ricerca delle piazze per i loro spettacoli. IL RIFIUTO DELLE GERARCHIE. Gli zingari non riconoscono le gerarchie a meno che non sianoquelle che provengono dall’anzianità , dalla parentela o dall’essere reputato saggio. Sono quindifavole quelle dei re e delle regine degli zingari. In qualche caso si tratta di trovate degli stessizingari per abbindolare giornalisti alla ricerca di scoop con tanto di servizio a pagamento.

Fonte: Cooperativa AndoKampo, Zingari nelle città, 2° edizione, agosto 1994. Gli aggiornamenti sono stati forniti da Giorgio Bezzecchi, segretario nazionale dell’Opera Nomadi e da Maurizio Pagani, vicepresidente dell’Opera. Dopo la distruzione del campo nomadi, il Comune

di Milano ha curato l’assistenza solo per alcuni giorni. Nel silenzio delle istituzioni, la Caritas si è fatta caricodell’assistenza ai rom rimasti senza casa.

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sgombero graduale dei campi (finora quattro su cinque,dove in tutto vivevano 500 persone della ex Jugoslavia)va di pari passo con un programma a favore dei romchiamato “Città sottili” (il nome è stato preso da un rac-conto di Italo Calvino), portato avanti insieme allaAzienda sanitaria locale, l’Arci e la Caritas.

In che cosa consiste il progetto? «L’obiettivo è di da-re ai rom una opportunità di reale integrazione – spiegaAntonio Sconosciuto dell’Agenzia di programmazioneSocietà della salute, che è il responsabile di “Città sotti-li” – quindi, alle famiglie viene data una casa e viene as-segnato un educatore per aiutarli con la burocrazia, conla scuola e con la sanità». Un bilancio dei primi tre an-ni? «Siamo soddisfatti – continua Sconosciuto – a oggi

abbiamo sistemato in modo definitivo 216 persone, 53famiglie e altre 20 provvisoriamente in prefabbricati. Maa parte i numeri, il progetto è importante perché ci hapermesso di creare un contatto con la comunità rom».

Problemi? «Nessuno di particolare gravità. Ci sonostate delle questioni da risolvere nelle case popolarima nulla di diverso di quello che succede con gli ita-liani», taglia corto Sconosciuto. E aggiunge: «Sui romsi dice di tutto e di più ma secondo me molte cose chesi sentono sono opinabili. Pensi che in questi anni ab-biamo avuto persone che ci chiamavano preoccupateperché il bambino non andava bene a scuola e noi cheavevamo paura che cercassero di non mandarceli. Op-pure persone che ci hanno chiesto se potevano fare unpo’ di pulizie o cambiare le tende di casa perché eranoun po’ vecchie».

Tornando al progetto, ora sta terminando la primafase e sta partendo la seconda con lo sgombero del cam-po Oratoio. Seconda fase che porta con sé una novitàimportante. «Nei primi giorni di settembre – spiega an-cora Sconosciuto – abbiamo siglato una convenzionecon Banca Etica per la concessione di microcrediti allefamiglie rom, anche perché ci siamo resi conto che ci so-no molte più persone con lavoro fisso».

I prestiti sono concessi purché servano a “migliorarela qualità della vita”. Sì, dunque, al finanziamento perl’acquisto di un motorino per andare a lavorare, per lespese della caparra necessaria per affittare un apparta-mento oppure da sostenere per cure dentarie. O ancoraper riparare la caldaia rotta. No, invece, “ai debiti pre-

gressi”. «Non è che se ho comprato uno schermo al pla-sma poi posso pensare di ripianare il debito con il pre-stito», chiarisce senza giri di parole Alberto Fantuzzo, re-sponsabile marketing di Banca Etica. Il prestito concedi-bile, a tasso zero per il beneficiario, è compreso tra mil-le e 5mila euro. E si ripaga in rate mensili per un perio-do che va dai 18 ai 36 mesi. Le spese di istruttoria sonopari a 25 euro. Cosa succede se il beneficiario non paga?«Faremo dei monitoraggi in modo da capire subito checosa non va – dice Sconosciuto - comunque, l’eventua-le fallimento lo copriamo noi».

Qualche pratica già in corso? «Per ora sono tre. Nel-la prima fase contiamo di concedere tra i 10 e i 15 pre-stiti», conclude Fantuzzo. .

UNA VOLTA FACEVANO GLI ARROTINI, i fabbri ferrai, i venditori di stracci e di rottami,gli allevatori di cavalli. Portavano le giostre e i circhi in giro per l’Italia e si esibivano come musicisti, giocolieri, acrobati o predicevano il futuro con la chiromanzia. Attivitàtradizionali della cultura zingara che ora sono praticamente scomparse.

Su che cosa si basa allora l’economia degli zingari in Italia? Su poco. «L’80% è disoccupato– dice Giorgio Bezzecchi, segretario nazionale dell’Opera Nomadi – un dato preoccupante che però va letto nel contesto della cultura rom. Per il rom il lavoro è un sacrificio che va fattoper vivere ma non per realizzarsi e comunque non deve rendere schiavi. Il centro della loro vita è la famiglia allargata, non il lavoro. Nella cultura rom, per esempio, è impensabile lavorare per 35 anni. Anche perché l’aspettativa di vita è bassissima, 45 anni, come in Bolivia, contro i 75 anni della media nazionale. Da questa visione derivano anche accattonaggio e devianze».

Come sostiene la Lega Nord, è vero che lo stato interviene con sussidi o contributi?«Assolutamente no – dice Maurizio Pagani, vicepresidente dell’Opera Nomadi di Milano – la diceria messa in giro tempo fa dalla Lega si riferiva a poche centinaia di persone che eranoscappate dalla guerra in Bosnia e dal Kosovo come rifugiati politici con il diritto a una primaassistenza per 40 giorni come qualsiasi altro rifugiato. Nulla di specifico a favore dei rom.Secondo noi c’è il problema opposto. Le famiglie rom italiane non hanno lo stesso trattamentodegli altri nella fruizione delle misure di protezione sociale».

Tornando, infine, alla minoranza che lavora, ci sono delle attività prevalenti? «No, ormai i rom fanno i lavori più disparati – spiega Bezzecchi - io, per esempio, faccio il ragioniere mentremio fratello fa l’operaio. A Milano lavorano come mediatori culturali, ome giostrai , nell’edilizia e nei lavori stradali. Nel resto d’Italia mi vengono in mente diverse persone integrate che fannoprofessioni qualificate, come avvocati, docenti universitari, imprenditori e anche politici. Il nome più noto a parte Moira Orfei? Livio Togni, il senatore di Rifondazione comunista».

ECONOMIA DI UN POPOLOIN VIAGGIO (SENZA SUSSIDI)

«Per questa società sono tutti criminali.E le favelas si tengono in vita per recuperare consensi» Duro atto d’accusa di Don Virgilio

Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, che dallo scorsoluglio affronta l’emergenza degli sgomberi.

TAMATTINA (2 OTTOBRE SCORSO, NDR) DUE ROM SONO MORTI in una ba-racca. Un fatto che magari scandalizza ancora l’opinione pubbli-ca. Come scandalizza il dramma che si vive nei campi nomadifuori controllo, dove succede di tutto. Poi però il problema nonsi affronta. Anzi, si preferisce tenerlo vivo per recuperare consen-si». Qualche minuto fa don Virginio Colmegna, presidente dellaCasa della Carità di Milano (un centro per senzatetto che accogliea dormire e mangiare un centinaio di persone al giorno), ballavaal ritmo della musica tzigana suonata dai ‘suoi rom’, alla festa or-ganizzata al parco Lambro presso il Centro Ambrosiano di solida-rietà. E non gli mancava certo la voglia di scherzare. Ora però èdiventato serissimo. E in questa mezz’ora di intervista sulla suaesperienza con gli zingari il suo viso è sembrato via via sempre piùstanco. «La situazione non è facile da gestire - dice Colmegna –nei confronti dei rom c’è un rifiuto esasperato. Per questa societàmass-mediatica sono tutti criminali».

Don Colmegna facciamo un passo indietro: cosa si puòfare oggi per i rom in Italia?

«Innanzitutto, occorre una riflessione legislativa. I rom non possonorientrare nella legge Bossi-Fini perché sono un popolo del tutto par-ticolare. Poi, bisogna avviare una riflessione seria, bisogna creare unluogo di comprensione e di informazione su di loro. L’altra cosa ne-cessaria è fare con piccoli gruppi dei patti di legalità e per il lavoro. Eper quanto riguarda i ragazzi puntare all’inserimento scolastico».

In base la sua esperienza, qual è l’alternativa miglioreal campo nomadi?

«Non credo che ci sia una soluzione unica. La cosa migliore è quel-la di articolare progetti partendo dal contesto in cui ci si trova. Ed èfondamentale che si tratti di progetti di sviluppo e non assistenzia-listi. Noi abbiamo pensato al Villaggio solidale, un luogo dove i ‘no-stri’ rom possano vivere in modo decente, avere un minimo di sta-

bilità e di serenità. Ma non dico che questa sia la soluzione con la Smaiuscola. E’ semplicemente un modo per affrontare il problema. Ilpunto è proprio quello: oggi non interessa affrontare il problema erisolverlo, ma tenerlo vivo, cosa che in politica permette di recupe-rare consensi».

Si spieghi meglio ...«Guardi, la situazione è gravissima. Il flusso dei rom dalla Romaniasarà sempre più forte perché là non riescono a tirare avanti. Se l’u-nica risposta diventa quella dell’emarginazione e della marginaliz-zazione nei campi allora diventa un dramma, perché si spingonotutti verso la criminalità e la precarietà. E soprattutto per i giovani,i più esposti alla fragilità del sistema, c’è il rischio della droga».

Ma i rom vogliono integrarsi?«A me la parola integrazione non piace. Dalla mia esperienza posso

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Per sostenere il progetto di vita delle famiglie rom è stata anche siglata, nell’ambito del progettofiorentino “Città sottili” una forma di microcreditosostenuta da Banca Etica.

Villaggio solidale” sorgerà a Milano, una rispostacontro le intolleranze estesa su 1.500 metri quadri già in progettazione. Gli architetti stanno progettandocase prefabbricate per un’ottantina di persone.

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dire che i rom vogliono vivere. Loro devono salvaguardare il loromodo d’essere che però, a differenza di quanto comunemente sipensa, non è incompatibile con le nostre regole sociali».

Che cosa mi dice allora dei bambini mandati a doman-dare l’elemosina e degli episodi di criminalità di cui silegge sui giornali?

«Dico che bisogna collaborare con loro e mettere dei paletti. Uno èproprio quello: i bambini non devono chiedere l’elemosina. Noil’abbiamo fatto con il nostro gruppo, qualcuno ha tentato di far fin-ta di niente ma ce ne siamo accorti e hanno smesso. Ora riconosco-no che è un valore. Un altro paletto che abbiamo imposto è quellodella scuola. I rom non devono essere bollati come ignoranti. I bam-bini del nostro gruppo vanno tutti a scuola e le donne andranno al-le scuole serali per imparare l’italiano. Abbiamo ottenuto anche deirisultati straordinari per il lavoro».

Quali?«Molti rom hanno una forte tradizione musicale e così li abbiamospinti a costituire un vero e proprio gruppo musicale, la ‘band delVillaggio solidale’, trasformando un’attività di carattere ‘elemosi-niero’ in un’attività professionale. Stiamo anche producendo un cd-rom. Alcune donne del gruppo, invece, hanno iniziato a lavorare eper loro si sta pensando a un laboratorio di sartoria».

Gli zingari sono sporchi e rapiscono i bambini. Uno ste-reotipo duro a morire?

«No, si può vincere. E lo si fa portandoli in mezzo a noi. Restituen-do dignità alla cultura rom. E facendo informazione». (guarda fuoridalla finestra verso la festa) Bene, grazie (si alza, porge la mano .... e lafaccia stanca si apre in un sorriso). .

Noi zingari abbiamo una sola religione: la libertà.In cambio di questa rinunciamo alla ricchezza,al potere, alla scienza e alla gloria.Viviamo ogni giorno come fosse l'ultimo.Quando si muore si lascia tutto:un miserabile carrozzone come un grande impero.E noi crediamo che in quel momentosia molto meglio essere stati zingari che re.Noi non pensiamo alla morte. Noi la temiamo, ecco tutto.Il nostro segreto sta nel godere ogni giornole piccole cose che la vita ci offree che gli altri uomini non sanno apprezzare:una mattina di sole, un bagno nella sorgente,lo sguardo di qualcuno che ci ama.È difficile capire queste cose, lo so. Zingari si nasce.Ci piace camminare sotto le stelle.Si raccontano strane storie sugli zingari.Si dice che leggano l'avvenire nelle stellee che possiedano il filtro dell'amore.La gente non crede alle cose che non sa spiegarsi.Noi invece non cerchiamo di spiegarci le cose

[in cui crediamo.La nostra è una vita semplice, primitiva.Ci basta avere per tetto il cielo,un fuoco per scaldarci e le nostre canzoni,

[quando siamo tristi.poeta zingaro

LIBERTÀ

SO, SAI, EMAS, UNI, l’ultima nata è SA8000, la garanzia di So-cial Accountability (Responsabilità Sociale) in cui per la primavolta l’orientamento dello standard viene rivolto all’investitore

e al cliente. La certificazione SA8000 sututta la filiera produttiva norma la re-sponsabilità sociale delle imprese e ri-

conosce il valore di uno standard di eticità nel business. Nel 1997 il CEP fonda il Social Accountability International, orga-

nismo privato no profit preposto al monitoraggio di SA8000. Questostandard internazionale controlla e certifica i requisiti per un compor-tamento eticamente corretto delle imprese, della filiera e del ciclo pro-duttivo nei confronti dei lavoratori. I diritti presi per riferimento sonoquelli delle convenzioni ILO (International Labour Organisation), con-giuntamente con la Dichiarazione Universale dei Di-ritti Umani, la Convenzione delle Nazioni Unite suiDiritti del Bambino e quella per eliminare tutte le for-me di discriminazione contro le donne. Nove sono irequisiti sociali contenuti da SA8000, e toccano gli am-biti del lavoro infantile e quello obbligato, della salutee sicurezza sul posto di lavoro, la libertà d’associazioneed il diritto alla contrattazione collettiva, le proceduredisciplinari, l’orario di lavoro, la remunerazione ed i si-stemi di gestione etici. L’azienda deve osservare le leggi nazionali e vi-genti. La certificazione, con le periodiche verifiche, resta valida per treanni e pone nei meccanismi del business, nel concetto stesso di com-petitività, il tema della tutela dei lavoratori come esseri umani. Il verocentro della certificazione resta l’assenso di investitori e clienti, deglistakeholders come vengono chiamati i soggetti esterni al business.

Il caso tutto particolare della ToscanaVi sono oltre seicento organizzazioni certificate nel mondo, 193 dellequali sono italiane. Osservando la distribuzione delle certificazioni sul-la nostra penisola emerge un gap di quasi trenta punti percentuali trala Regione con più aziende certificate e la seconda della graduatoria. Il40% delle aziende che hanno adottato SA8000 è concentrato in To-scana, l’11% in Emilia Romagna, il 9 % infine in Lombardia. Un pri-

mato riconducibile all’azione dell’amministrazione della Regione. Nel2001, sotto la direzione dell’assessorato alle Attività Produttive, la Re-gione Toscana ha avviato per prima fra tutte le amministrazioni euro-pee, un processo di cooperazione con la realtà produttiva locale ed ilterritorio, promuovendo lo standard etico internazionale SA8000. Nel2003 è nata la Commissione Etica Regionale Toscana per la Responsa-bilità Sociale delle Imprese che ha collaborato alla realizzazione del se-condo convegno di Fabrica Ethica.

«Oltre allo stimolo per coltivare le politiche sociali, i vantaggi com-petitivi per le aziende saranno visibili e stabili nel tempo», sostiene Fa-brizia Paloscia coordinatrice del progetto Fabrica Ethica, «per questo laRegione ha stabilito una serie di agevolazioni cui si può accedere se sipossiede la certificazione SA8000, dalla riduzione dello 0,5% dell’IRAP

a punteggi aggiuntivi nell’esame delle pratiche di fi-nanziamento per i contributi di investimento (comequelli richiesti per innovazione, macchinari, ed altro)».La Regione Toscana contribuisce per il 50% dei costi so-stenuti per l’ottenimento della certificazione. I fondistanziati nel periodo 2001-2005 per le migliorie fina-lizzate alla certificazione ammontano a 35 milioni dieuro, derivanti in parte dai fondi comunitari, mentre1,5 milioni di Euro sono la cifra stanziata dalla Regio-

ne. L’adesione diffusa alla SA8000 secondo Franco Gesualdi, del Cen-tro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, conferma che per mol-te aziende si tratta di acquisire un valore aggiunto, di rilanciare le atti-vità economiche attraverso la via etica. A suffragare questa ipotesi, lenumerose iniziative di marketing territoriale intraprese in Toscana.Orientandosi alla nuova imprenditoria nelle aree dette greenfield, ilterritorio diventa «una riserva di risorse ed opportunità, su cui far levaper trasformarlo in un bacino di accoglienza di idee e di capitali pro-venienti da ogni parte del mondo». In questo filone si inserisce, peresempio, il film “Tuscany Dream”, a cura di Toscana Produzione, cheverrà trasmesso nel 2006 sulla principale rete televisiva cinese, laCCTV. Il film, che mostrerà la vita ed i sani principi che si perpetuanoancora oggi nella terra del Magnifico Lorenzo, è stato inserito nei pro-getti di promozione e sviluppo economico della Regione. .

di Micol Carmignani

Dimmi la tua certificazione e ti dirò chi sei e qual è la tua rispettabilità

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Viaggio nel mondo degli standard aziendali di qualità, di responsabilità etica ed ambientale. Significati e controlli complessi racchiusi in semplici acronimi. Ma è davvero tutto così chiaro? Cerchiamo di capire attraverso un caso esemplare: quello della Regione Toscana e il boom di SA8000.

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Tra i rischi indiretti, quello di contatto con sostanze nocive. Umberto Favero,dirigente dei Cantieri navali Breda a Margheraè morto per la contaminazione da amianto.Genova, 2002

> Lavoro

| economiasolidale | progetto trasparenza |

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NA BELLA SFIDA. Sia nei confronti dei consumatori fina-li, sia verso i clienti. «L’obiettivo è quello di fare infor-mazione e formazione - spiega Fabio Brescaccin, am-

ministratore delegato di Ecor, lapiù importante azienda italianadi distribuzione di prodotti bio-

logici con 3100 referenze a catalogo e oltre 54 milioni di euro di fat-turato - di fronte al dibattito che si è aperto sul tema dei prezzi e del-la remunerazione dei produttori. Il rischio, soprattutto per chi comenoi ha privilegiato la qualità alla quantità, è quello di non riuscire afare chiarezza. Per questo abbiamo lanciato il Progetto Trasparenza:vogliamo che il consumatore finale venga messo nelle condizioni dicapire quanto viene pagato al produttore, al distributore e al nego-ziante ma anche il lavoro che viene svolto. Noi, che tra l’altro de-stiniamo la maggior parte degli utili di Ecor alle finalità sociali, nonfacciamo gli intermediari ma puntiamo a sviluppare un progettoche possa far crescere l’agricoltura biologica e biodinamica comemodello sociale e culturale. Anche per questo il Progetto Trasparen-za ha una dimensione di informazione oltre il prezzo, per dare alconsumatore gli strumenti per conoscere veramente il prodotto e gliuomini che ci stanno intorno».

Partito nel gennaio 2005, il Progetto Trasparenza all’inizio ha ri-guardato una gamma ristretta di prodotti, gradualmente aumenta-ta a 126 e destinata ancora a crescere. Per ognuno dei prodotti nelpunto vendita sono a disposizione schede informative che riporta-no cinque tipi di informazioni: la denominazione, l’azienda pro-duttrice, la storia, la qualità nutrizionale, il prezzo. In ogni prodot-to inoltre, il cartellino che lo accompagna non riporta solo il prez-zo di vendita, ma anche il numero che identifica la scheda di ap-profondimento relativa.

Tutto questo si traduce anche in un effettivo risparmio per il con-sumatore: i prodotti compresi nel Progetto Trasparenza non sonosoggetti a promozioni e mantengono per tutto l'anno un prezzo ri-bassato in media del 13,6% rispetto all'anno precedente. «Soprat-tutto negli ultimi tempi il consumatore è letteralmente bombarda-to di promozioni - continua Brescaccin - e non sa che quelle inizia-

tive di marketing finisce per ripagarle, senza accorgersene, in un in-cremento dei costi di tutti gli altri prodotti».

Per il 2006 si prevede un forte ampliamento del progetto, ren-dendo trasparenti i prezzi e le caratteristiche di alcuni tra i prodot-ti preferiti dai clienti di Ecor. Un modo per far risparmiare e perinformare proprio su alimenti quotidiani che fanno parte del pa-niere del consumatore.

Il Progetto Trasparenza apre quindi alla conoscenza della storiadi ciascun prodotto, dalla selezione del seme alla pianta, all’even-tuale trasformazione e distribuzione, rendendo così accessibili leinformazioni che sono parte integrante della sua qualità. La sche-da riporta la sede dell’azienda, la sua nascita e il tipo di produzio-ni alle quali si dedica, nonché i nomi dei proprietari (se a condu-zione familiare). La carta d'identità è completata dalle caratteristi-che nutrizionali ed organolettiche dell’alimento, per aiutare ilconsumatore a compiere scelte a favore della propria salute e del-la qualità della propria vita. Un testo dal linguaggio chiaro spiegaquali sono gli ingredienti utilizzati, le modalità di lavorazione e diconfezionamento.

Attraverso la comunicazione del Prezzo trasparente, il consuma-tore può verificare che a tutti gli operatori economici della filiera siagarantita una giusta remunerazione, senza provocare impatti nega-tivi sulla vita delle persone e della natura. Le schede che accompa-gnano il prodotto forniscono così una piena informazione sui ter-mini economici e sociali che accompagnano lo scambio, rendendoespliciti i passaggi che portano alla formazione del prezzo finale.Vengono riportati il prezzo che viene dato al produttore, i costi dilavorazione e confezionamento, i costi di distribuzione, il prezzo alpunto vendita e l’Iva. A questo si aggiunge la descrizione di altri fat-tori come, ad esempio, il costo delle materie prime. «Non è stato fa-cile far capire a tutti i negozi che serviamo il significato di questa ini-ziativa - conclude l’amministratore delegato di Ecor - ma dopo uniniziale titubanza abbiamo registrato una buona adesione. Speriamodi poter continuare anche con l’appoggio dei consumatori che sia-mo certi possano essere interessati a capire non solo il prezzo in sèma il giusto valore di ogni prodotto e dei suoi protagonisti». .

di Davide Venezia

La sfida di Ecor:esplicitare il giusto prezzodei prodotti bio

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Per ognuno dei prodotti nel punto vendita sono a disposizione schede che riportano cinque tipi di informazioni: la denominazione, l’azienda produttrice, la storia, la qualità nutrizionale, il prezzo.

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| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 65 |

In Puglia funziona davvero

Microcredito| utopieconcrete |

di Mauro Meggiolaro

INERVINO MURGE. Un presepe di case bianche sulle colline a nord di Bari. 25.000 abitanti negli annicinquanta, meno di 10.000 oggi. Tutto attorno l’Alta Murgia, un altopiano calcareo, quasi desertico, una steppa ricoperta di pietre. Tre quarti degli abitanti sono finiti al nord a cercare lavoro. Chi è rimasto vive di commercio, lavora nel settore pubblico oppure fa il pendolare con i centri vicini.La disoccupazione è elevata e la piccola criminalità un problema.

Sembra l’introduzione di uno dei tanti rapporti rassegnati sullo stato del meridione. E invece per unavolta non è così. Perché a Minervino - e negli altri comuni della Diocesi di Andria - dalla fine del 2003 si dà “credito alla speranza”. Chi vuole avviare nuove attività imprenditoriali sul territorio può accederea piccoli prestiti fino a un massimo di 5.000 euro, senza che gli sia richiesta alcuna garanzia. L’iniziativasi chiama Progetto Barnaba ed è stata lanciata dalla Caritas in collaborazione con Banca Etica. La Caritasseleziona i progetti da finanziare, Banca Etica istruisce le pratiche e concede il prestito. «Lo scopoprimario è la creazione di occupazione, soprattutto tra i giovani», spiega don Mimmo Francavilla,direttore della Caritas di Andria e parroco a Minervino. Obiettivo già raggiunto in almeno otto casi.Grazie al microcredito Gianluca ha aperto una tappezzeria, Alessandro un’agenzia immobiliare, Angelauna scuola di moda, Francesco e Rachele un negozio di frutta e verdura mentre Antonio si è messo

a fare il venditore ambulante. Lucia ha rilanciato Cromolife, un laboratorio che realizza vetrate artistiche e lampade e Rossanaha dato vita con altri due soci alla cooperativa L’Albero, che offreservizi di educazione, animazione, musicoterapica e assistenzaper gli anziani. «Non c’è neanche passato per la testa di rivolgercialle banche tradizionali», racconta Rossana, 31 anni,commercialista e dottore di ricerca in geografia economica.

«Chi mai avrebbe potuto finanziare un’impresa sociale appena avviata, con tante idee ma nessunagaranzia?». Prima di ottenere il finanziamento i candidati seguono un percorso di formazione. In corsi intensivi, organizzati nei fine settimana, imparano a fare un business plan, ad aprire una partitaIVA, ad assumere e gestire eventuali collaboratori. Alla fine del percorso i progetti devono superare un esame socio-ambientale. Tra i criteri positivi di selezione ci sono la riduzione degli impattiambientali, la tutela del territorio, il recupero delle tradizioni, il consumo responsabile e l’accesso al lavoro da parte di soggetti svantaggiati. La decisione finale spetta a una commissione composta da otto membri: don Mimmo e altri due religiosi, un avvocato, un consulente, una commercialista, una psicologa e tre animatori di comunità.

«La vera forza del Progetto Barnaba è la rete di persone che siamo riusciti a coinvolgere» – dice don Francavilla - «i giovani finanziati sono costantemente seguiti, se ci sono dei problemi nella restituzione dei prestiti si attivano le parrocchie, si studiano insieme possibili alternative». E se il credito non dovesse essere restituito? La garanzia in realtà c’è. La fornisce per metà la Caritas e per metà chi compra i fondi di investimento Valori Responsabili di Etica Sgr - società di gestione delrisparmio di Banca Etica. Un euro ogni mille investiti nei fondi viene depositato in un fondo di garanziaper progetti di microcredito in Italia. Un piccolo contributo, che può aiutare a realizzare grandi idee. .

M

Un accordo tra Caritas di Andria e Banca Etica ha permesso l’erogazione di «crediti di speranza» senzagaranzie. Ora, i primi frutti

DIARIO

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altrevoci| economiaefinanza |

ECOLOGICI E COMPATIBILIPER ILFUTURO

La proposta del “Fattore 4”era stata avanzata già nel 1997 dai ricercatori del Wuppertal Institut.L’ipotesi di raddoppiare la ricchezza dimezzando il consumo delle risorse eraapparsa ai limiti del credibile.Eppure oggi viene discussacome un possibile e concretoobiettivo, sul quale misurareun’applicazione reale. «In molti settori dell’economiasi è dimostrato che in pochianni è possibile migliorarel’efficienza dei processiproduttivi proponendo al mercato prodotti che implicano minori costi per l’utente finale, minoregenerazione di rifiuti e minoriineri per la collettività»scrivono gli autori del volume,Raimond Bleischwitz e PeterHennicke. Uno degli strumentidi base di questo processo,analizzato nel volume, è l'analisi dei flussi di materiale e lo studio dei relativi indicatori.Favorendo la decisionalità e lo sviluppo, è una dellechiavi per il concreto sviluppodi una economia sostenibileche assuma in sé anche il concetto di ecoefficienza ed equità sociale.

R. BLEISCHWITZ, P. HENNICKEECONOMIA LEGGERAEdizioni Ambiente, 2005

LA PACIFICARIVOLUZIONEDEL MICROCREDITO

«Da tempo sostengo che il credito dovrebbe rientraretra i diritti umani. Si dovrebberocreare istituzioni per garantireil credito a tutti coloro chesono respinti dalle istituzionifinanziarie esistenti».Muhammad Yunus, è stato tragli ispiratori di Maria Nowak,fondatrice dell’Associazioneper il diritto all’iniziativa dei poveri. Il volume, edito da Einaudi, spiega comesecondo l’autrice, «è urgentedemocratizzare la finanza: non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in Europa, dove il crescentericorso al lavoro precariorende l’accesso al creditosempre più problematico. Tra il liberismo selvaggio e le declinanti politiche di welfare, la microfinanzapuò, invece, giocare un ruoloimportante riconciliando la logica del profitto con quelladell’interesse comune. Il microcredito (che ha sottrattonegli ultimi decenni più di 60 milioni di persone nel mondo dallo stato di povertà)costituisce cosi una validaterza via, permettendo agli esclusi di diventare creatoriin proprio di ricchezza».

MARIA NOWAKNON SI PRESTA SOLO AI RICCHIEinaudi, 2005

UN DEBITO DEI PAESIPOVERI DA CANCELLARENELL’ANALISI DI NOREENA HERTZ

Il 2 giugno 2005 tre miliardi di persone in novePaesi hanno assistito a Live 8, eventomusicale mondiale a sostegno delle battagliecontro la povertà e a favore dell’estinzione del debito dei Paesi del Terzo mondo.Malgrado le ormai evidenti perplessità legateagli eventi mediatici di questa natura, che producono un indotto eccezionale per le major e per gli artisti e sono di fattodegli enormi spot pubblicitari, il fenomenoevidenzia la crescente attenzione dei giovani e giovanissimi per tematiche etiche legateall’equità dello sviluppo. Il volume di NoreenaHertz racconta la storia e spiega il funzionamento del perverso ingranaggioeconomico che stritola i Paesi poveri e condiziona i Paesi ricchi. Insegnante al Centre of International Business and Management di Cambridge, Noreena Hertzè conseiderata tra le principali figure di analisti sul tema delle conseguenza della globalizzazione economica. Un testoaccessibile, a tratti retorico nella formaespressiva, che ha il pregio di introdurre ad una materia complessa come quella della riduzione del debito. Come scrive l’autrice,«non sono forse tutti indebitati, i paesi del mondo? Sicuramente lo sono gli Stati Uniti,il cui debito ammonta a tremila miliardi di dollari, dieci volte quello dell’America ma sono riusciti a onorare il loro debito. In America, Asia e America Latina, invece, i paesi più poveri non ce la fanno. I bambini in America muoiono ogni giorno perché i loro governi spendono più denaro per servire il debito di quanto ne spendano nella sanità o nell'educazione».

NOREENA HERTZUN PIANETA IN DEBITOPonte alle Grazie, 2005

COMUNICAREDAL 1844ALL’ERA DI INTERNET

Dal 1844 ogni ente governativo,ogni azienda ed ogni personapossono trasmettere i proprimessaggi utilizzando un sistemapubblico. Il testo di Hugillracconta questa grandetrasformazione del tessutoeconomico, politico e militareinternazionale, seguendo nei dettagli il progrediredell’innovazione tecnologica e il ruolo che le diversetecnologie hanno giocato nelledinamiche politiche mondiali.L’idea di fondo è che la storiadell’umanità sia stata soggetta a interessanti regolarità nelle trasformazioni del sistemaeconomico e politico mondiale e che tali regolarità siano state in qualche modo controllatedalle tecnologie legate al movimento di idee, merci,persone e informazioni. L’arco di tempo prescelto coincide con quello della mercificazionedell’informazione e del suo porsial servizio della società e deglistati, arco di tempo durante il quale Gran Bretagna, Germaniae Stati Uniti si confrontano sulla scena mondiale per il dominio economico del globo.Fino all’era di Internet...

PETER J. HUGILLLA COMUNICAZIONE MONDIALEDAL 1844 AD OGGIFeltrinelli, 2005

IL GOVERNOD’IMPRESA IN UNA GUIDACRITICA

«Un modello di governanceallargata dell’impresa, in baseal quale chi governa l’impresaha responsabilità che si estendono dall’osservanzadei doveri fiduciari nei riguardidella proprietà ad analoghidoveri fiduciari nei riguardi, in generale, di tutti gli stakeholder». Partendo da questa nuova concezionedi impresa suggerita dal modello CSR, il volume ne approfondisce le possibilitàdi sviluppo e attuazione nei vari campi e nelle diverseprospettive disciplinari,proponendo un approccioorganico alla materia grazie al contributo di diversi espertiin campo giuridico, sociologico,economico e aziendale. Composto di otto ampiesezioni, il volume vuolerispondere agli interrogativisulla responsabilità socialed’impresa come fattore di sviluppo per la competitivitàdelle imprese e dei singoliPaesi, con un coinvolgimentodella società civile per un obiettivo condiviso di sviluppo sostenibile.

LORENZO SACCONIGUIDA CRITICA ALLA RESPONSABILITÀ SOCIALEBancaria editrice, 2005

PROPOSTE DI ECONOMIAETICA DALLA BIBBIA

Un professore di teologiadell’università di Heidelbergricerca nella Bibbia la chiave dilettura per un’innovativa azionecontro la povertà e il degradoambientale. Il testo, pubblicatoper la prima volta nel 1995 e aggiornato con edizionisuccessive, ha conosciuto ungrande successo internazionalecon traduzioni in numeroselingue. Emi lo ha pubblicato in Italia con una aggiornataprefazione. «Le strutturedell’attuale ordine economicomondiale, per quanto forti e distruttive, sono costruzioniumane: possono e devonoessere cambiate secondo i principi di una giustizia che protegga e promuova la vita di tutti gli esseri umani e l’integrità del creato».Secondo il teologo, membro del gruppo Kairos Europa, la visione cristiana della“Salvezza” è leggibile come lo sviluppo di “economie per la vita” che mettano alcentro dello sviluppo il progressodell’uomo attraverso la creazionedi una economia alternativa su piccola scala, artefice di una effettiva democratizzazionedei rapporti sociali e dell'economia a tutti i livelli.

ULRICH DUCHROWALTERNATIVE AL CAPITALISMO GLOBALEEmi, 2005

UNA BREVE ANALISIDELL’ANIMA E DELLAPOLITICA TEDESCAATTRAVERSO LE PAROLE

Per oltre ottanta milioni di europei è una esperienza quotidiana. Spesso un sottile ostacolo nei rapporti con il mondoche si apre oltre confine. Non è solo un problema di lingua, è una questione di cultura. Difficile capire la Germania e il suo rifiuto della guerra in Iraq, le elezioniin Austria o i misteri di Zurigo senza legarequanto accade alla loro lingua. Il volume che pubblica Feltrinelli vuole essere unaguida per capire la mentalità tedesca. Per entrare nella chiave dell’anima di unacultura in grado di stupire e affascinare, il volume analizza l’importanza di alcunitermini chiave rispetto a noti personaggidella recente storia tedesca come WillyBrandt, Marlene Dietricht, Günter Grass,Heinrich Böll, Christa Wolf, Hans MagnusEnzensberger, Helmut Kohl, Edmund Stoibersono alcuni dei personaggi di questa analisidi vent’anni di Germania. «Quanta importanzaha avuto per Kohl il concetto di “amiciziavirile” (Männerfreundschaft) quando ha stretto la mano di Mitterand a Verdun o quando ha indossato lo stesso cardigan bludi Gorbaciov, nel Caucaso? Perché GermaniaEst e Germania Ovest restano due mondidistinti?». Un testo di piacevole lettura e di grande fascino, adatto anche ai moltiche non vorranno mai studiare la linguatedesca ma avvertono l’importanza diapprofondire la conoscenza di questa cultura.

FRANCESCA PREDAZZI, VANNA VANNUCCINIPICCOLO VIAGGIO NELL’ANIMA TEDESCAFeltrinelli, 2005

L’IDEOLOGIACELATA DEGLIECONOMISTI E LA RAGIONE

L’approccio è di tiporazionalista: tramontato il primato della politica e superate storicamente le ideologie, in un contesto di generale disincanto resta il mito dell’Economia e del libero mercato cui contrapporre il dirittoall’analisi. Secondo BernardMaris, l’economia si è trasformata in una sorta di ideologia indiscutibile comese, scrive l’autore «il costodella vita, la precarietà del lavoro, l’esosità degliaffitti, la caduta libera deglistipendi» potessero esseresolo oggetto di sterile invettivae rassegnazione. Occorreinvece secondo Maris armarsi“di spirito illuminista e confutare le pseudo leggiche gli economisti, per dissimulare il contenutoideologico delle proprie teorierendendole incomprensibili ai più, hanno avvolto in unafitta coltre i equazioni eformule matematiche».Secondo l’autore spesso gli economisti “non sanno”,intenti come sono a compiacerei potenti per riperpetuaresistemi esistenti mentrelasciano credere di avere a cuore il benessere di tutti.

BERNARD MARISANTIMANUALE DI ECONOMIAMarco Tropea, 2004

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| altrevoci | narrativa | | altrevoci | fotografia |

QUINDICIRACCONTISULLE FORMEDELL’AMORE

Quindici piccoli romanzi sulle forme dell’amore, e su come esso si manifesta in modo inaspettato. C’èl’amore nascosto nel presagio,come accade nella storia chedà il titolo al volume. C’è anchel’amore cercato con le fatture, e quello consumato dalleabitudini di coppia che spingeun coniuge al tradimento. C’è l’amore infelice per cui si muore. Sullo sfondo Napoli e i Campi Flegrei. «Di notte, a Napoli, si vive come in unorologio scassato. I quadrantifanno girare le lancette e ogniquadrante ha un fuso diverso.Voi guardate Napoli dall’alto,poniamo dalle Rampe di Sant'Antonio, e vedete una città cubista. Non nelsenso che tutti stanno sul cubo,intendiamoci. Perché poi nellediscoteche si entra sempre più tardi, ci si muove passatamezzanotte e sul cubo ci stanno le stesse squinziettedel resto d’Italia, tutte frangettee labbroni. No, il fatto è cheproprio ogni quartiere, ognifrazione di strada, si muove dinotte con una velocità diversa,brilla di colori differenti e ha unsuo speciale livello di rumore».

ANTONELLA CILENTOL’AMORE, QUELLO VEROGuanda, 2005

PIETRO ,TREDICI ANNI,CHE SCRIVE A MARIANNA

Paolo di Stefano, giornalista e scrittore, pubblica conFeltrinelli “Aiutami Tu”, storia di Pietro, tredici anni che scrivea Marianna e la chiama con mille nomi diversi.Marianna, presenza sfuggente,è il suo unico interlocutore.Pietro scrive. Ha bisogno diraccontare, di evocare desideri,di squadernare misteri, di dareuna forma al caos della sua vitafamigliare. Pietro e la sorellina,altrimenti chiamata “la mocciosa”, sono in balia dei genitori che si detestano e di una coppia di anzianibaciapile, i Nespola, ai qualispesso vengono affidati. Vicinidi casa e legati alla madre daun oscuro legame di dipendenza,i Nespola e i loro cibi ributtanti,tramano e sparlano del padre.Pietro e la sorellina capisconoche se l’ostilità fra i genitoridiventa sempre più profonda è anche perché l’intrusione dei Nespola si fa sempre più minacciosa. Pietro addensaintorno a questa minaccia cupefantasie di terroristi, di rapimenti,di delitti. Pietro vuole una vitanormale. La vuole per sé e perla “mocciosa”. Vuole giustizia. E per avere giustizia, è pronto a tutto.

PAOLO DI STEFANOAIUTAMI TUFeltrinelli, 2005

LE FIABE DI CARLOMOLLINO PER I GRANDI

Le sue immagini polaroid, con le tonalità pastello e la tintasoffusa, spesso compaiono su riviste estere che si occupanodi nuove tendenze. Perl’architetto Carlo Mollino è unofra i numerosi segni di unriconoscimento che si rinnovadella sua ricerca espressiva, che ha affiancato alla suaprofessione di architetto di famainternazionale anche lo sviluppodella la fotografia conpioneristiche visioni espressive.Nel 1949 pubblicava unmonumentale “Messaggio dallaCamera Oscura” di 445 pagine in grande formato. I suoi mobilisono oggi esposti nelle collezionidi tutto il mondo. “Fiabe per i Grandi” riprende il titolo di unacelebre, enigmatica fotografiascattata dall’architetto nel 1936. Con altre ottanta immaginistampate in duotone costituiscela prima pubblicazione del corpofotografico prodotto dall’autoresul finire degli anni trenta. Sonopreziosi ritratti e rari interni conriflessi surreali colti dall’occhiodel proprio creatore, fotografie che personalmente stampa,ritaglia, ruota e ritocca perrenderci in bellezza il suo intimomondo ricreato.

CARLO MOLLINOFIABE PER I GRANDIFederico Motta Editore, 2004

UNA IDEA DI UMANITÀ E GIUSTIZIA NEL VOLUMEDEL GIUDICE SPAGNOLOBALTASAR GARZÓN

Un giudice coraggioso, che ha indagato su molti misteri internazionali, scrive un messaggio ai suoi tre figli e ai loro coetaneiper affidare loro un sogno: quello di unaumanità restituita alla dignità e alla giustizia.Garzón ci parla della sua infanzia nell’Andalusiacontadina e di uno zio che gli raccontò della guerra civile, delle ingiustizie e delle sofferenze, storie che si impresseronella sua memoria di bambino e chedeterminarono la sua scelta. Poi gli studi a Siviglia, la dittatura franchista e la partecipazione alle lotte studentesche.L’autore descrive il mondo di oggi attraverso i grandi fatti di cui è stato protagonista, con critiche, riflessioni e proposte sulle difficiliquestioni della legalità nel mondo: su tutte,quella delle Corti Penali Internazionali per giudicare i crimini di guerra, mairiconosciute dagli Stati Uniti che nonaccettano alcun limite legale alla loro politicaestera. Su tutto ciò Garzón è chiaro e nonteme di schierarsi contro i poteri forti. Criticapesantemente l’amministrazione Bush per laguerra illegale in Iraq), per l’uso della torturaad Abu Graib e per la violazione dei dirittiumani di Guantanamo. Racconta le azionigiudiziarie che l'hanno reso oggi un giudicemolto noto: dall’arresto di Pinochet alla lottacontro il terrorismo basco, dal processo a Berlusconi alle indagini attuali sul terrorismodi matrice islamica.

BALTASAR GARZONUN MONDO SENZA PAURABaldini Castoldi Dalai, 2005

GLI ISLAMNEL MONDOVISTI DA ABBAS

Fotografo di origine iraniane,Abbas è tra i membri dell’agenzaMagnum. Dagli anni settanta ha iniziato un lavoro di documentazione deimovimenti politici del TerzoMondo, con reportage in Biafra,Bangladesh, Vietnam, Africa delSud, Medio-Oriente. La suaricerca sui volti contemporaneidell’Islam ha preso avvio nel 1987. Abbas è riuscito ad individuare le contraddizionitra il rigurgito di un movimentopolitico ispirato ad un passatomitico e il desiderio universaleper la modernità e la democrazia. Dal Mali allaCina orientale, dall’Uzbekistanall’Indonesia, dal Marocco al Pakistan alle periferie dellemetropoli europee la diffusionedell’Islam nelle sue diverseculture e ritualità vienedocumentata, con grandecuriosità. Dalle moschee alle comunità Sufi diffuse in Occidente, la ricerca di Abbasoffre immagini che condensanocon rara efficacia le differentianime dell’Islam. Il fotografo è autore anche di una articolataricerca sull’Islam in Iran, che gli è valsa numerosi riconoscimentied è ora parte del complessolavoro sugli Islam del mondo.A RICERCA ABBASISLAM DEL MONDO Contrasto, 2002

NEL LABIRINTO DELLE CITTÀ LO SGUARDO SULLA CITTÀ DIFFUSA

«Vedo la città come un grande corpo che respira,un corpo in crescita, in trasformazione, e miinteressa coglierne i segni, osservarne la forma,come un medico che indaga le modificazioni del corpo umano». Gabriele Basilico, formatosicon studi di architettura e divenuto uno dei piùcelebri fotografi documentaristi, dedica la suapiù recente ricerca alla “città diffusa” delleperiferie urbane dove «la qualità dell’ambiente si diluisce fino a smarrirsi. L’autore propone, con il suo classico utilizzo del bianco e nero, un viaggio nel paesaggio contemporaneomostrando le assonanze tra gli elementi che compongono città geograficamente distanti ma in cui il corpo urbano, cresciuto a dismisura, recupera una propria personalità.

Emerge un tratto caratteristicodell’evoluzione urbana degli ultimi decenni del secolo, il progressivo superamento dellaseparazione tra il labirinto urbano e la periferia.

Celebre per le sue immagini in grandeformato di Beirut distrutta dalla guerra(«Era una specie di cimitero imponente, si percepiva un’incredibile densità dell’aria.Questo ha creato un doppio sentimento, da unaparte un po’ di paura, dall’altra di eccitazione.Credo che la fotografia si muova sempre intornoa questi due elementi»), che lo hannoconsacrato tra i grandi fotografi, GabrieleBasilico prosegue ora con la pubblicazione di “Scattered city” una raffinata ricerca sulla trasformazione del paesaggio urbano.

GABRIELE BASILICOSCATTERED CITYBaldini Castoldi Dalai, 2005

I PERICOLOSIDESIDERI CHE FANNOSOFFRIRE

«Stai bene attento a quello che desideri. Lo dico peresperienza. I desideri sono cosebrutali, che non perdonano. Ti bruciano la lingua nell’istantein cui vengono pronunciati e non puoi più ritrattarli». A otto anni la protagonista del romanzo ha espresso un desiderio terribile. E questosi è avverato, con conseguenzedisastrose. Presa coscienza del suo terrificante potere, la protagonista capisce di essereun pericolo per gli altri e decidedi fuggire da tutto e da tutti.Trova lavoro in una piccolabiblioteca di periferia e ne fa la sua tana. Morendo un po’per volta, in preda a deliri di morte e paranoia. Finché ungiorno non rimane vittima di unsuo stesso desiderio disperato,mortale: è colpita da unfulmine. Ma questo non lauccide. Anzi, le cambia la vitaper sempre. Alice Hoffman è considerata una delle più importanti scrittricicontemporanee americane. Oggi vive a Boston. Da un suolibro è stato tratto il film Amori e incantesimi, con SandraBullock e Nicole Kidman.

ALICE HOFFMANLA REGINA DI GHIACCIOFazi, 2005

EMERGENCYE IL VEROVOLTO DELLAGUERRA

Emergency è una associazionenata per portare assistenzamedico-chirurgica alle vittimedei conflitti armati. Tra i suoicompiti vi è dare attuazione ai diritti umani per chi soffrele conseguenze sociali di guerre, fame, povertà,emarginazione. Afghanistan,Cambogia, Iraq, Sierra Leone,Sudan, Palestina, Algeria.Sempre in prima linea, nei teatri di guerra più cruentie dimenticati. È in questocontesto di guerra che operaEmergency, in uno sforzocontinuo per portare aiutoconcreto alle vittime civili dei conflitti armati e delle loroconseguenze a lungo termine.«Non basta dichiarareufficialmente la fine dellaguerra per avere la pace»spiegano gli autori del volume,che documenta con unanutrita sezione fotografica il lavoro dell’associazione. Un lavoro quotidiano, umile e prezioso, testimoniato dallecentinaia di fotografie raccoltenel volume. Le immagini,accompagnate dalle paroledei grandi poeti e pensatori diogni tempo, raccontano la vitadi ogni giorno, il dolore e lasperanza, in alcuni dei luoghipiù tormentati della Terra.A RICERCA EMERGENCYEMondadori, 2005

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contrasto

I MILLE FRUTTI DELRISPARMIOSOLIDALE

Un cd rom multimediale per ragazzi e adulti chevogliano condividere, accantoalla possibilità di disegni,musica e videogiochi, un percorso formativo sui temidell’educazione al risparmioetico. “I mille frutti delrisparmio solidale”, prodotto da Banca Etica, è parte di un percorso didattico rivoltoin particolare ai ragazzi delle scuole medie inferiori e al primo biennio delle superiori.Un viaggio affascinanteattraverso la storia del denaro e il suo utilizzo. Un giococoinvolgente per scoprire una nuova dimensione dellafinanza, appunto la finanzaetica. La vendita del cd rom è collegata anche allo sviluppodi un progetto di microcreditoin Bangladesh. Guidano il viaggio due personaggi(“soldo di cacio” e “Kemala”).Al progetto al fianco di BancaEtica vi sono Cuore Amico,CSAM Saveriani Brescia, Soci di Banca Etica di Brescia e SVI Servizio VolontarioInternazionale.

BANCA ETICAI MILLE FRUTTI DEL RISPARMIO SOLIDALEinfo: www.risparmiosolidale.it

UN TELEFILMIN DVD PERLA TEMUTAPANDEMIA

Per chi ne aveva potuto vederel’emissione negli anni settantadapprima sulla Televisionedella Svizzera Italiana e poi su Rai Due, la serie tv “I sopravvissuti” è rimasto un cult. In Rete numerosi blogchiedono da anni che siaritrasmessa, senza successo.Tra gli effetti secondari delladiffusione mediatica dei timorisulla “pandemia”, l’influenzache dovrebbe diffondersi a livello mondiale, il soloauspicabile potrebbe esseresecondo i siti inglesi dei fansdel telefilm, una suariprogrammazione da partedella Bbc. Per ora, chi volesserivedere la traduzione filmicadel romanzo di Terry Nation“Survivors” e riconoscere la sigla televisiva, molto notaall’epoca della diffusione deltelefilm, può ordinare l’interaserie in internet, pubblicataora in cofanetto. La vicendanarrata in “Survivors” raccontaproprio la diffusione di unamisteriosa epidemia chediviene presto incontrollabile e paralizza le città e lecomunicazioni in breve tempo,costringendo i sopravvissuti ad organizzare una vita basatasu regole sociali ed economichedell’età pre-industriale.

PENNANT ROBERTSSURVIVORSinfo: sopravvissuti.altervista.org

UN CLASSICO DELLADOCUMENTARISTICACONTEMPORANEA CON MICHAEL MOORE

Ci sono ottimi motivi per guardare “Fahrenheit 9/11” per chi lo ha perso al cinema.Il documentario, premiato con la Palma d’Oro a Cannes nel 2004, esce ora nelle edicole a curadel settimanale L’Internazionale, che proseguenella sua politica di diffusione di dvd d’autore ad un costo accessibile e distribuiti nella retedelle edicole. Innanzitutto, quello di Moore è un ottimo documentario, che rispetta il compitoinformativo che si è assegnato esprimendochiaramente la prospettiva di partenza (la delusione per la vittoria di George W. Bushnello scontro con Al Gore e l’ipotesi di brogli e operazioni al limite della liceità per ribaltare il risultato che aveva già accreditato Al Gorecome vincitore) e iniziando da questa premesse,resa con le immagini dei network Usa, avvia una approfondita inchiesta sull’attentato a New York dell’11 settembre 2001. Sotto analisi, con filmati e documenti esclusivi,vengono messi i legami tra la famiglia Bush e il gruppo finanziario Carlyle. Alcuni fatti sono ormai noti anche al grande pubblico (per esempio la partecipazione della famiglia Bin Laden al Carlyle Group che ha strettissimilegami con la famiglia Bush e l’Amministrazioneconservatrice Usa) ma il documento resta, con tutta la sua efficacia filmica e pedagogica,un ottimo strumento per riflettere sulle realimotivazioni della “guerra al terrorismo”.

MICHAEL MOOREFAHRENHEIT 9/11L’Internazionale, 2005

LA MUSICA DI THELONIUSMONK IN UNLIBRO E DVD

Thelonious Monk, un’animadifficile, una musicainclassificabile, inassimilabile,abissale e senza schema. Il profilo di un’America che Stefano Benni e UmbertoPetrin restituiscono nel volumee dvd di Real CinemaFeltrinelli. Il dvd restituisceintatta la forza dellospettacolo messo in scena in più di venti piazze italiane.«Mi chiede se voglio scrivereancora la mia merdasovversiva, senatore. Ebbenesì, credo di avere ancoraqualcosa da dire. Vorrei dirleche un guerriero pellerossaera cento volte più coraggiosodi un pilota di bombardiere.Vorrei dirle che le vostrepiscine sono nere di petrolio,e si sente la puzza da qui. Cheho dei dischi di Woody Guthrienascosti sotto al materasso.Mi chiede se sono un veroamericano senatore MacCarthy. Sì, sono un veroamericano un vero negro veroirlandese cinese russo ebreoapache. Sono tutti quelli che hanno sputato sangue per costruire questo paese.Ferrovie e strade e patiboli e prigioni. E le vostre armi checrescono ogni giorno, come unfolle cartone animato».

S. BENNI, U.PETRINMISTERIOSOFeltrinelli, 2005

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radio popolare

LA GUERRA IN IRAQDALLA PARTEDELLE VITTIME

Dall’inizio della guerra in Iraqvi sono state almenotrentamila vittime tra militari e civili in Iraq. Il conteggio,non disponibile se non concifre edulcorate da parte degli occupanti e del governoiracheno, viene tenuto dalleassociazioni dei diritti civilistatunitensi che contestanol’occupazione militare e chiedono il ritiro degli eserciti anglo-americani.Le vittime sono in prevalenzacivili da parte irachena e militari da parte statunitensee inglese (con militari italianideceduti a Nassirya duranteun attacco alla base del contingente italiano). Il conteggio è molto difficileperchè non può basarsi sudati ufficiali ma deve ricorrereal conteggio tenuto dalleassociazioni non governativeche nel contesto ingestibiledel paese mediorentaleassolvono compiti di assistenza alle vittime civili. Vi sono intere regioni delPaese e settori della capitaleBagdad di fatto inaccessibilialla stampa, anchemediorentale, e i giornalistiche accompagnano le truppearrivano solo quando i testimoni sono spesso stati allontanati..WWW.LUNAVILLE.COM,WWW.IRAQBODYCOUNT.NET

GLOBALRESEARCH,NOTIZIE E ANALISI

Global Research (CRG) è ungruppo indipendente di mediaattivisti e ricercatori con sedein Quebec (Canada). Sullapagina curata a Montreal di www.globalresearch.cabasato vengono pubblicati ecatalogati articoli e news oltrea commenti, analisi e studisulla situazione geopolitica ed economica e le prospettivecreatesi dopo l’11 settembre.Il sito internet dei ricercatoriera online da pochi giorniquando si è verificatol’attentato a New York e questoha profondamente influito lo sviluppo del progetto, che è stato inizialmente travoltodagli sviluppi dell’avvenimentoe dalle conseguenze che gli atti conseguenti decisidall’amministrazione Bushavrebbero comportato. «Dal settembre del 2001,abbiamo creato un vastoarchivio di notizie, di rapportiapprofonditi e di analisi con notizie che a malapenavengono accennate nei mediapiù ufficiali» spiegano a GlobalResearch. La guerra in Iraqviene raccontata sul sito con grande ricchezza di informazioni attingendo a reporter presenti sul luogoed ha ricevuto premigiornalistici.

WWW.GLOBALRESEARCH.CA

BEPPE GRILLOONLINE CONAGGIORNATENOTIZIE

La tournée del ’95 “energia e informazione” avevacatturato l’attenzione di moltimedia europei e un vastointeresse in Italia dove oltrequattrocentomila spettatotierano accorsi nei teatri. BeppeGrillo per quello spettacolo hadovuto pagare un prezzoanche di denuncie e lunghipassaggi in Tribunale, ma la sua popolarità già alta dopoi passaggi televisivi cresceancora più e lo pone in unruolo inedito di comunicatoredi notizie e dati chedifficilmente si trovano con tale forza sui media. Lo spettacolo “Black out-facciamo luce” porta nei teatridi Italia i temi del black outenergetico e del declinodell’Italia, delle nuove formedi povertà e dei dati effettividegli indicatori economici. Il ruolo di Beppe Grillo si trasforma così e si affinaverso una comicità colta,attenta alla sostenibilitàecologica, all’etica ed ai consumi. Un ruolo ineditoche raccoglie molto interessein altri paesi europei abituatia riflettere e scontrarsi su questi temi, come la Svizzera o la Germania, che gli dedicano più di un documentario.

WWW.BEPPEGRILLO.IT

YES MEN PER SVELARELE POLITICHE DELLE ORGANIZZAZIONIINTERNAZIONALI

«Il senso del nostro lavoro è di svelare glieffetti perversi della globalizzazione e dellepolitiche neoliberiste cercando di descriverlein modo più onesto e accurato di quanto nonfacciano i loro sostenitori reali. Il pubblicoaccoglie quasi sempre entusiasticamente le nostre tesi, non importa quanto assurde,crudeli o offensive possano essere». AndyBilchbaum è uno dei componenti di “The YesMen”, il gruppo di interventisti mediatici che negli Stati Uniti ha costretto più volte le organizzazioni internazionali a imbarazzateprese di posizione. La politica di Yes Men è semplice: intervenire alle assembleeinternazionali grazie al richiamo di siti “fake”messi nella Rete, identici nella formaestetica ai siti originali ma con contenuti di disarmante durezza. Dal 2000 gli Yes Mengestiscono un sito, gatt.org, pressochéidentico nella grafica e nei contenuti al sitoufficiale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Tramite questo sito il gruppoha rappresentato la Wto di fronte a plateeinternazionali di avvocati, ricercatori dellafibra tessile, studenti universitari e fiscalisti.Anche in questo caso, le presentazioni sono rimaste sul filo della credibilità, ma giungendo a esiti paradossali ed estremi. A Sydney, il falso rappresentante ha spiegatoche la Wto aveva deciso di sciogliersi per rinascere come un’organizzazione basatasulla Carta dei Diritti dell’Uomo delle NazioniUnite. Al termine della conferenza, la Wto ha dovuto smentire ufficialmente la notizia.

WWW.THEYESMEN.ORG

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stilidivitaA ROMA SE MARINI LA SCUOLAARRIVA UN SMS

Aumenterà il piacere del rischioe il romanticismo della fuga da scuola. Però non si scampa:al rientro a casa i genitorisaranno già stati informati.Meglio quindi avvertire lasciandoun sms sui telefonini dei genitori prima che provvedala scuola. Un gesto in fondoresponsabile e di maturità vistoche “Vision School”, unasperimentazione di controlloglobale attivo in alcune scuoledel Lazio da ottobre a dicembreavrà già avvertito del ritardo o dell’assenza da scuola. Il progetto è stato pensato per tenere sotto controllo gli studenti delle classi terzamedia e prima superiore e permette alle segreterie degliistituti di informare le famigliecon SMS automatici su assenzee ritardi. L’iniziativa fa parte del ben più ampio progettoPortalNet Scuola, finalizzatoalla realizzazione di una reteinformatica per collegare gli istituti del ventunesimodistretto scolastico del Lazio.Un progetto di sorveglianzatelematica che dovrebbedestare qualche perplessità,considerato che il rapporto tra docenti e genitori dovrebbeessere basato su uno scambiodi livello più alto di un sms e che la crescita degli studentidovrebbe essere basata sullaresponsabilizzazione individuale.

UN DISPENSERPROVOCATORIOPER LE ARMILEGGERE

Se le armi sono così facili da ottenere perchè non venderlecon un dispenser, utilizzabileanche quando gli armaioli sono chiusi? La provocatoriainiziativa è stata creata in SudAfrica dalla Gun Control Alliance(www.gca.org.za), unaorganizzazione che che si batteper una moratoria sulla venditadi armi in Sud Africa. La notiziaviene riferita nel blog del sitodella società di marketing“guerrigliamarketing.it” ,sempre molto attento a riferirele più innovative esperienze di comunicazione anche legatead iniziative di protesta enoprofit. L’associazione hapiazzato in diversi campusuniversitari e centri commercialialcuni distributori automaticiper la vendita di pistole. «Un modo semplice e direttoper dimostrare quanto sia facilepossedere un arma da fuoco inSud Africa» suggeriscono glianalisti di guerrigliamarketing. La campagna è stata ideatadall’agenzia Jupiter e ha avutoimportanti riconoscimenti nel settore. Le monete raccoltecome donazione sono stateimpiegate per sostenerel’attività dell’associazione. Sono circa trenta le vittime ognigiorno delle armi personali in Sud Africa, mentre ogni mesevengono ritirate centinaia di licenze per il porto di armiper motivi di scurezza.

DALLA LUCEINFORMAZIONI E MUSICA PER IL PALMARE

Il progetto di Talking Lights vienesviluppato da un laboratorio di ricerca giapponese, il Nakagawa Laboratory. Lo scopo della ricerca è utilizzarela luce ocme invisibile mezzo di comunicazione. Il prototiporealizzato dal laboratoriotrasmette delle informazioni(posizione Gps, dati sulla musicae segnali ascoltabili in cuffia)tramite delle variazioni di luceimpercettibili all’occhio umanoche vengono raccolte da unostrumento palmare, per esempioun Pda o un telefonino con funzionalità avanzate. Tali strumenti sono molto diffusiormai sopratutto nel settore dei servizi (consegna pacchi da parte dei corrieri, verificaprenotazioni effettuate online sui treni addirittura numerosiristoranti che così comunicanodirettamente dal tavolo delcliente alla cucina i nuovi ordiniin base al codice a barre delmenù). Tra i possibili utilizzi dellacomunicazione tramite la luce vi sono, secondo i progettisti,«offrire delle informazioni ai clienti, ai visitatori di mostreed esposizioni commerciali,migliorare la sicurezza di uffici e di abitazioni, controllare l’usodi energia della costruzione e in teatri di guerra fornire dati e indicazioni alle truppe ed ai veicoli».

UNA GUIDA A FUMETTI PER I CLANDESTINI CHE DAL MESSICO VOGLIONOENTRARE NEGLI STATI UNITI

La provenienza, il governo messicano, ha sollevato polemiche negli Stati Uniti. La tiratura della “Guida del migrante messicano”è stata elevata, oltre un milione e mezzo di copie, distribuite negli stati maggiormenteinteressati dall’emigrazione clandestina versogli Stati Uniti. Tom Tancredo, repubblicano delColorado, ha alzato la voce contro l’iniziativadella guida a fumetti perchè invitava, secondolui e molti conservatori che hanno minacciatovarie azioni di protesta contro la diffusione delmanuale, a violare le leggi degli Stati Uniti. La diffusione della guida era già avvenuta male proteste sono state comunque molto forti.Secondo il governo messicano l’iniziativa era mirata a contenere gli effetti peggiori che accompagnano il desiderio di cercare un a nuova vita oltre il confine messicano. Tra i consigli che la guida fumetti fornisce si trovano ad esempio indicazioni come bereacqua salata durante la traversata del deserto,che pur aumentando la sensazione di setediminuirà i rischi di disidratazione. Tra gli altriconsigli quello di evitare la consegna di pacchetti per conto di terzi se non se neconosce con certezza il contenuto oppure di attraversare il confine guidando vetture altrui.Ogni anno migliaia di cittadini messicani nelle aree di Zacatecas, Michoacan, Puebla,Oaxaca e Jalisco cercano la fuga verso gli Stati Uniti. I controlli alle frontiere, ancheper la lotta al narcotraffico, si sono fattisempre più severi e comprendono anchel’utilizzo di sistemi biometrici per verificare le impronte digitali. Le proteste negli StatiUniti, capeggiate dalla Federation for American Immigration Reform che chiedeleggi sempre più restrittive sull’immigrazione,hanno indotto il governo messicano a togliereanche da Internet la guida.

ULTERIORIPROBLEMI PERLE RETI WI-FILIBERE IN ITALIA

I sessanta attivisti di Nyc wireless(www.nycwireless.net), volontariimpegnati a creare una retelibera wi-fi che copra la città di New York, non avranno prestodegli emulatori in Italia. Chisperava in un parco pubblicoattrezzato con ripetitori wi-fi dovelavorare lontano da bianchepareti d’ufficio, deveprogrammare un viaggio all’esteroo rimandare le speranze.La pubblicizzata liberalizzazionedel wi-fi ad un attenta lettura del complesso testo governativofa svanire infatti ogni entusiasmoin merito e anzi sembra mettereper il momento almeno la parolafine ad ogni sperimentazione. La liberalizzazione al centro deldocumento, pur positiva cometutti i processi di apertura dellagestione della Rete, si occupadell’utilizzo delle tecnologiawireless da parte dei provider diservizi di comunicazione. Quindi«Gli ISP potranno fornire serviziwireless con sostanzialmente le stesse regole con cui giàforniscono quelli wired. Tutti gli usi di tecnologie wirelessal di fuori di spazi privati o checomunque attraversino spazipubblici sono vietati» spiegano i redattori di Punto Informatico,quotidiano online. Reti civiche e reti spontanee rimandatequindi, mentre il governovorrebbe i documenti d’identitàdi chiunque si collega alla Rete.

UN AMBIZIOSA PROPOSTAPER CREARE UNA RETELIBERA DAI CONTROLLI E DALLE CENSURE

«Internet è nata per soddisfare le esigenze di sicurezza militare dell’amministrazione delladifesa degli USA, e nel corso del tempo, la suastruttura originaria non è cambiata, né maipotrà mutare. Se, di fatto, i tentativi di rendereInternet il mezzo di comunicazione libero pereccellenza, sono destinati a fallire, allora nonci resta altro da fare che sostituirla. Come?Con una rete distribuita, decentralizzata epienamente efficiente, una rete che non possaessere sottoposta a nessun tipo di governo».Punto Informatico, quotidiano telematico sullaRete, racconta con un dettagliato articolol’ambizioso progetto di network studiato dalFreaknet MediaLab di Catania, una delle firmestorico del mondo hacker italiano. Lo hannochiamato Netsukuku- Cl0se th3 w0rld, OpeNth3 NeX7. Al progetto il MediaLab lavora da anni ed ora sembra si sia pronti ad aprire il progetto ai contributi esterni prima dell’avviodella sperimentazione. Sul sito ufficiale la “rivoluzione” della Rete viene descritta con toni lirici: «La Rete, Tao della conoscenza/che unisce il molteplice nell’uno / deverinascere libera / ed avvolgere in un caldoabbraccio / la dolce madre Gaia. Questo è ilrisveglio / il risveglio di tutti noi che finora /siamo vissuti immersi nella nebbia». Il progettoprevede di bypassare i provider e i controllidelle forze dell’ordine, dribblare gli interessidelle multinazionali dando vita ad un nuovoambiente digitale svincolando gli accessi dai network centralizzati con quella che i promotori definiscono una “rete pura”basata su un routing peer-to-peer.

UN MILIONE DI PIXELS IN VENDITANELLA RETE

All’inizio vi era stata una fronte,messa in affitto come spaziopubblicitario su eBay. Poi altreparti del corpo, un cartellopubblicitario su una remotaautostrada posto da un direttoremarketing in cerca di animagemella con relativo concorso, la parte di protagonista di un film...Ora è il turno di una effimera e abile iniziativa per sopravvivereed affermare la propria creativitànell’era di internet. Alex, inglesedi 21 anni, ha risoltobrillantemente il problema dicome pagarsi gli studi creando unsito internet dal nome suggestivo(milliondollarhomepage), basataunicamente su una schermatacomposta da un milione di piccoli quadratini (1.000 x1.000) corrispondenti ai pixels in cui è suddivisa l’immaginedella homepage, messi invendita come spazi pubblicitari.Appetibile il costo, 1 dollaro per ogni spazio e prevedibile ildesiderio di posizionarsi in modopiù visibile di altri, acquistandouno spazio maggiore. Semplice e geniale. I pixel vengono vendutia blocchi da 100 (un quadratino10x10) e la visibilità è assicurataper cinque anni. A fine settembreAlex poteva contare su oltre300.000 dollari di entrata, tuttiacquistati da aziende presentinella Rete, in vista del completamento del puzzleche lo farà diventare milionario.

AUTOMOBILIA IDROGENO, A CORRENTE, A METANO

Le stime più realistiche parlanodi 15 anni perchè le automobilialimentate ad idrogenopossano sfrecciare lungo le strade. Per ora restano gli esperimenti in corso e i primiprototipi i cui risultati almeno intermini di potenza non lascianosconfortati (lo scorso anno una Bmw alimentata ad idrogenoha superato la soglia limite dei 300 km/h durante i testsulla velocità). A inizio anno un Suv con design di Giugiaro è stato presentato al Salone di Detroit nell’ambito di unaserie di proposte innovative per superare la necessitàdell’alimentazione a petrolio.Per ora vi sono una settantinadi distributori di idrogeno al mondo, in Giappone e StatiUniti, di cui uno in Islandaaperto al pubblico che però non ha avuto clienti. Le alternative all’alimentazionea greggio vengono cercate atutto campo e la soluzione chesi prospetta più plausibile atempi brevi è quella di sistemi a doppi alimentazione. In Italiagià sono diffuse automobili a benzina e metano mentre a livello europeo si puntasull’alimentazione a elettricità e benzina. L’alimentazioneelettrica infatti, che non puògarantire lunghi percorsi, si rivela utile in città dove la velocità di percorrenza è spesso minima.

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| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 77 |

123L WORLD WIDE WEB STA CRESCENDO più veloce che mai, raggiun-gendo quota 75 milioni di siti registrati. L’interesse e il coin-volgimento delle persone e delle aziende nei confronti della

Rete ha raggiunto un picco storico: nel solo mese di settembre, se-condo le rilevazioni di Netcraft, sono stati registrati 2,68 milioni dinuovi domini, portando il totale a 74,4 milioni. Questa crescita faràricordare il 2005 come un anno record per la crescita di Internetche, con 17,5 milioni di nuovi siti aggiunti finora, ha già superatoil precedente primato di 16 milioni di nuovi domini in un anno,registrato nel 2000, in pieno boom speculativo. La prima analisiNetcraft è stata fatta nel 1995, quando vennero rilevati soltanto18,9 milioni di siti. La soglia dei 60milioni è stata superata invece nelmarzo 2005. Lo studio include nomidi dominio che sono stati registratima non vengono usati, e vengonodunque rappresentati da un’unicapagina statica. D’altro canto, esisto-no anche casi in cui diversi siti si ap-poggiano allo stesso indirizzo. No-nostante ciò, i numeri di Netcraftrendono l’idea di quanto il Web stia

diventando una realtà da cui aziende e privati non possono più pre-scindere. Dal prossimo 7 dicembre sarà possibile registrare i nuovinomi di dominio .eu. Lo ha annunciato EurID, l’organizzazionenon-profit composta dai Registri dei ccTLD (country code Top Le-vel Domain) belga (DNS BE), italiano (IIT-CNR) e svedese (NIC-SE),selezionata dalla Ue per la gestione del dominio Internet di primolivello .eu. Dal 7 dicembre, inizierà, dunque, il cosiddetto periodo‘sunrise’, durante il quale le istituzioni pubbliche o private e, tra glialtri, le aziende titolari di marchi registrati potranno beneficiare diuna sorta di pre-registrazione. Questa prima fase, che durerà fino al6 febbraio, si rende necessaria per permettere alle aziende di pro-

teggere il proprio nome di dominioda eventuali registrazioni abusive daparte dei cosiddetti cybersquatter. Laseconda fase (dal 7 febbraio al 6 apri-le), prenderà in considerazione le ri-chieste di altri aventi diritto, in par-ticolare aziende e artisti.A partire dal 7 aprile 2006, poi, la re-gistrazione sarà libera e non sarà piùnecessario dimostrare il proprio di-ritto a ottenere un dominio .eu.

Record dei domini InternetE ora parte anche il .eu

I

numeri.us .biz .info .org .net .com Tot

0,8 1,22,7

3,8

6,3

42,7 57,8

1.318 258 139 75 72 67 51 42 39 37 26 26 25 18 18 18 14 14 11 11 10 10 7

Stat

i Uni

ti

Regn

o Un

ito

Giap

pone

Germ

ania

Cina

Cana

da

Fran

cia

Urug

uay

C

orea

del

Sud

Pa

esi B

assi

A

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lia

I

talia

S

udaf

rica

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Sviz

zera

T

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B

rasil

e

N

orve

gia

F

inla

ndia

R

ussia

M

essic

o

Da

nim

arca

TUTTI I “QUARTIERI” DI INTERNET

LA CLASSIFICA

Numeri di domini registrati e attivi [in milioni]

Numero di indirizzi internet per Paese [in milioni]

Font

e: W

hois

sour

ce

N. DISTRETTI IMPRESE OCCUPATI

Agroalimentare 8 4.072 59.317Abbigliamento-tessile 19 24.175 225.413Calzature 14 7.128 57.305Meccanica 7 7.041 92.742Casalinghi 13 14.548 129.300Minerali non metallurgici 14 7.128 57.305

N. DISTRETTI NUM. IMPRESE COMPLESSIVEFino a 100 14 833Da 101 a 500 40 10.422Da 50l a 1.000 16 12.396Da 1.0001 a 2.000 15 19.739Da 2001 a 5.000 7 23.492Con più di 5.000 3 21.981

LA RADIOGRAFIA

Font

e: Il

Cub

dei

dist

retti

e U

nion

cam

ere

| stilidivita | informazionedisinformazione |

| 76 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 |

IN IRAQ SOLO STAMPAEMBEDDED ECONTROLLATA

La guerra in Iraq è ufficialmentefinita, i pieni poteri al govenoiracheno sono in arrivo. Questal’ufficialità della comunicazione.Stupisce allora che con unalettera indirizzata ai direttori di tutti i mezzi stampa italiani, la Farnesina abbia espresso il suo parere “assolutamentenegativo” sulla “opportunità e l’avvedutezza di inviaregiornalisti dall’Italia a Baghdad”nell’imminenza del referendumsulla Costituzione. Firmata dal portavoce della Farnesina la lettera è stata inviata ai responsabili di quotidiani,periodici, agenzie di stampa,televisioni e radio ed attiral’attenzione della stampa “sulla perdurante pericolositàdell’attuale situazione nella capitale irachena, destinataverosimilmente ad acuirsi inprossimità della consultazionereferendaria”. Più volte inpassato il ministero degli Esteriha esortato i connazionali a nonrecarsi in Iraq per l’assenza dicondizioni di sicurezza adeguate.L’ultimo appello rivolto, in particolare ai giornalisti, risale al marzo scorso. Esplicito,fu in quel caso, il riferimento a “minacce specifiche”che indicavano negli operatoridell’informazione un bersagliopreferenziale per attentati e, inparticolare, tentativi di sequestroper i giornalisti “non embedded”.

LA VIOLENZAE IL DEGRADONEL LAGERDEI CPT

In tutta Europa i centri di detenzione temporanea sono sotto accusa da parte delle associazioni per i diritti dei migranti. In Italia sono sotto accusa anche da parte di Amnesty International, dellamagistratura e della ComunitàEuropea per le costanti violazioniche si consumano dietro le fortificate mura di questi centriche non dovrebbero essereprigioni eppure lo sono con in più l’aggravante dell’assenza dei diritti minimi garantiti ai carcerati. Un coraggiosoreportage del settimanaleEspresso ha riaperto il caso, con un inviato che si è fintoclandestino curdo per poteraccedere al centro, chiuso comegli altri ai giornalisti. Ecco unbreve estratto del suo articolo:«“ce lo lascia un attimo che loportiamo nella sala delletorture?”, le chiede un poliziottorobusto che si è appenaaggiunto al gruppo. Ma forse è solo un modo per capire se Bilal parla italiano e perspaventarlo. (...) “Il Marescialloha detto di farli sedere. Sit down”, grida più forte il primoe sorprende un immigrato alle spalle, frustandolo sulle sueorecchie con i guanti in pelle (...)Resta immobile un minutointero. “What is the problem?”,urla il carabiniere e gli tira uno schiaffo sulla testa».

URANIOIMPOVERITO,ANCORA UNA VITTIMA

Alberto Di Raimondo, 26 anni di Lecce, è la trentottesimavittima ufficiale per uranioimpoverito. Come denunciaPeacelInk, «al costante e seriolavoro della Commissioned’inchiesta, in corso al Senato,si contrappone un preoccupantee pericoloso silenzio e dellegerarchie militari e degli organidi Rappresentanza CentraleMilitare. Essi hanno addiritturaignorato un invito allacollaborazione. Come tutti i militari deceduti fino ad oggi, e considerati morti di serie “B”,anche Di Raimondo avevariposto fiducia nell’Istituzionemilitare che, puntualmente, lo ha abbandonato subito dopoaver “controllato” una possibilereazione del ragazzo e dellafamiglia». Di Raimondo era statopiù volte in missione in Kosovocon il Reparto Lancieri di Novaradi stanza in Friuli. Rientrato nel 2003, ha accusato i primisintomi della malattia, fino aldecesso a causa del linfoma diHodgkin che ha colpito numerosisoldati in missione all’estero,colpiti dall’uranio impoverito.Sulla vicenda dell’uranioimpoverito, benché vi sia una Commissione d’Inchiesta, vi è una totale carenza di informazioni, spesso reperibilisolo nell’area antagonista e pacifista della Rete.

LA CENSURA IN ITALIA E IL CONTROLLO DEIMEZZI DI INFORMAZIONETELEVISIVA

“Viva Zapatero” è il documentario sulla libertàdi informazione e la censura in Italia girato da Sabina Guzzanti dopo la decisione di cancellare il suo programma “Raiot” dalla programmazione Rai, malgrado l’altissimoshare registrato con la prima puntata dedicataal potere dei media controllati da SilvioBerlusconi. Una censura politica, che si uniscealle esclusioni dal video di numerosi giornalistie alla difficoltà di trasmettere notizie secondocriteri puramente giornalistici. Il documentarioè un atto di accusa verso le regole non scrittedella censura e dell’autocensura in Italia, con carrellate di servizi televisivi in cuigiornalisti offrono domande preconfezionate e addomesticate ai potenti mentre i censuratirestano esclusi da ogni accesso al sistemainformativo. «Ho deciso di realizzare questodocumentario quando il giudice ha stabilitoche la querela contro Raiot era priva di fondamento. Quello che più mi affascinavanella realizzazione di questo progetto, era testimoniare in diretta la trasformazione di una democrazia in qualcos’altro. Al di làdelle ragioni storiche e politiche, raccontarein che modo la percezione degli avvenimenticambi gradualmente agli occhi delle personecomuni. Quali sono i meccanismi che rendonopossibile questa alterazione. È statoimportante verificare che queste restrizionidella libertà d’espressione riguardano solo l’Italia; che certo c'è una tendenzagenerale in questo senso negli ultimi anni, ma non ha niente a che fare con quello che succede qui da noi».

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| numeridell’economia |

| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 79 |

| numeridell’economia |

La geografia delle famiglie Vivono i povertà relativaDeterminata rispeto alla spesa media mensile per i consumi di una famiglia di due persone, la cui soglia è stata fissata a 919,98 euro nel 2004

Nord 4,7 %

Famiglie 11,7 % [2.674.000]

Individui 13,2 % [7.588.000]

Centro 7,3 %

Mezzogiorno 25,0 %

Le più ricche...Lombardia 3,7 %Bolzano e Veneto 4,6 %Emilia Romagna 3,6 %

...quelle menoPuglia 25,2 %Basilicata 28,5 %Sicilia 29,9 %

I DATI DEL RAPPORTO 2004 DELL’ISTAT SULLE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE ITALIANE

1 2 3 4 5 o più

9,410,8 10,1

14,5

23,9

AMPIEZZA DELLE FAMIGLIE

< 34 35-34 45-54 55-64 65 >

9,7

11,4

9,3 9,3

15,1

L’ETÀ

9,37,5

28,9

13,1

dipe

nden

te

auto

nom

o

diso

ccup

ato

ritira

to

IL LAVORO

11,6 11,9

maschio femmina

IL SESSO

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

Australia 1,9/3,4 2,7/3,7 2,4 3,2 2,7 2,7 -5,6 -5,0Austria 1,6/2,3 1,4/2,3 1,9 2,0 2,1 1,8 -0,6 -0,8Belgio 1,1/2,5 1,7/2,7 1,2 2,2 2,4 2,0 +3,4 3,3Gran Bretagna 2,2/3,0 1,7/3,0 2,0 2,2 2,0 1,9 -2,6 -2,6Canada 2,3/3,2 2,4/3,8 2,8 3,0 2,1 2,2 1,8 1,5Danimarca 1,5/2,6 1,6/2,5 2,0 2,2 1,6 1,8 2,2 2,1Francia 1,5/2,6 1,7/2,4 1,4 1,8 1,8 1,6 -0,3 -0,1Germania 0,4/1,2 1,0/1,8 0,9 1,3 1,7 1,6 2,9 2,9 Italia 0,0/1,0 0,6/1,2 -0,2 1,0 2,1 1,9 -3,0 -1,1Giappone 0,6/1,6 1,1/3,3 1,9 1,9 -0,1 0,3 3,6 3,6Olanda 0,7/1,5 1,0/2,2 0,5 1,6 1,4 1,0 3,5 3,5Spagna 2,3/3,3 2,3/3,9 3,2 2,8 3,2 2,9 -4,9 -5,0Svezia 2,4/3,3 2,5/3,2 2,1 2,7 0,5 1,3 7,0 6,4Svizzera 0,9/1,6 1,0/2,0 0,8 1,5 1,1 1,1 11,9 11,4Stati Uniti 3,3/4,0 2,5/4,0 3,7 3,3 3,0 2,7 -6,2 -6,0Area Euro 1,1/1,7 1,4/2,2 1,3 1,7 2,1 1,8 0,5 0,5

PAESE PIL INFLAZIONE BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL)MIN/MAX 2005 MIN/MAX 2006 MEDIA 2005 MEDIA 2006 2005 2006 2005 2006

| numeridell’economia |

| 78 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 |

| numeridell’economia |

LE DIFFERENZE IN ITALIA [% DI FAMIGLIE CHE VIVONO SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ SECONDO L’ISTAT]

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

25

20

15

10

5

MezzogiornoItaliaCentroNord

23,1 23,9 23,6 24,322,4 21,6

25,0

11,8 11,9 12,3 12,011,0 10,8

11,7

7,58,8 9,7 8,4

6,6 5,87,3

5,7 5,0 5,7 5,0 5,0 5,5 4,7

L SURPLUS DELLA BILANCIA COMMERCIALE

della Cina potrebbe toccare i 100 mi-liardi di dollari alla fine del 2005, tri-

plicando rispetto all’anno scorso.Le previsioni del ministero del Com-

mercio Estero si basano sull’andamentoestremamente positivo registrato anche

nel mese di settembre, quando la bilanciacommerciale ha registrato un saldo positi-vo di 7,6 miliardi di dollari, in leggera fles-sione rispetto ai 10,6 miliardi di agosto,ma sempre vicina ai 100 miliardi in ter-mini di tendenziale sugli ultimi dodicimesi. Il ministro del Commercio Estero ci-

nese ipotizza, quindi, un surplus a fine an-no compreso tra i 90 e i 100 miliardi, no-nostante si sia allargata la banda d'oscilla-zione dello yuan. Nei primi otto mesi diquest'anno la bilancia commerciale ha giàregistrato un segno positivo di 60,2 mi-liardi di dollari. .

Il petrolio detta legge. E fa paura

LE NAZIONI EMERGENTI

PAESE PIL PRODUZIONE INDUSTRIALE PREZZI AL CONSUMO BILANCIA COMMERCIALE TASSI INTERESSE

Cina +9,5 II Trimestre +16,0 Ago. +1,3 Ago. +96,4 Settem. 1,95India +8,1 II Trimestre +7,4 Ago. +3,4 Ago. -34,7 Agosto 5,47Indonesia +5,5 II Trimestre +7,3 Lug. +9,1 Set. +27,2 Agosto 12,74Malesia +4,1 II Trimestre +4,1 Ago. +3,7 Ago. +24,1 Agosto 2,91Filippine +4,8 II Trimestre -1,1 Lug. +7,0 Set. -0,7 Luglio 7,88Singapore +6,0 III Trimestre +11,8 Ago. +0,7 Ago. +17,4 Agosto 2,37Corea del Sud +3,3 II Trimestre +5,5 Ago. +2,7 Set. +25,2 Settem. 3,97Taiwan +3,0 II Trimestre +5,9 Ago. +3,1 Set. +1,7 Settem. 1,55Tailandia +4,4 II Trimestre +10,7 Ago. +6,0 Set. -7,3 Agosto 4,15Argentina +10,1 II Trimestre +6,0 Ago. +10,3 Set. +11,4 Agosto 4,93Brasile +3,9 II Trimestre +3,8 Ago. +6,0 Set. +41,2 Settem. 19,45Cile +6,5 II Trimestre +4,5 Ago. +3,9 Set. +8,9 Settem. 3,96Colombia +5,3 II Trimestre -0,2 Lug. +5,0 Set. +1,7 Luglio 6,52Messico +3,1 II Trimestre +2,1 Ago. +3,5 Set. -9,6 Agosto 8,94Perù +4,9 Luglio +4,6 Lug. +1,1 Set. +4,0 Luglio 2,95Venezuela +11,1 II Trimestre +8,0 Lug. +15,9 Set. +24,7 II Trimestre 11,49Egitto +5,2 I Trimestre +3,3 2004 +4,7 Ago. -10,4 II Trimestre 9,32Israele +4,8 II Trimestre +3,6 Lug. +1,6 Ago. -7,7 Agosto 4,07Sud Africa +4,5 II Trimestre +3,5 Ago. +3,9 Ago. -2,4 Agosto 7,05Turchia +4,2 II Trimestre +8,3 Ago. +8,3 Ago. -40,4 Agosto 15,60Repubblica Ceca +5,1 II Trimestre +8,6 Ago. +8,6 Ago. +1,4 Agosto 1,90Ungheria +4,1 II Trimestre +6,7 Ago. +6,7 Ago. - 3,4 Luglio 6,01Polonia +2,8 II Trimestre +4,6 Ago. +4,6 Ago. -3,3 Luglio 4,54Russia +6,1 II Trimestre +3,4 Ago. +3,4 Ago. +113,4 Agosto 13,00

I

Page 37: Mensile Valori n.34 2005

| A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 | valori | 81 |

| numeridivalori | portafoglioetico |

pagine a cura di Mauro Meggiolaro

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 29.09.2005 DAL 31.12.2004 AL 29.09.2005

Sabaf pezzi per forni a gas Milano, Italia Heidelberger Druck. macchine per la stampa Francoforte, Germania CSX trasporti New York, USABody Shop International cosmetici Londra, Gran BretagnaHenkel detergenti, cosmetici Francoforte, GermaniaAviva assicurazioni Londra, Gran BretagnaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, Svezia Novo Nordisk farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMerck Kgaa farmaceutici/chimica Darmstadt, Germania3M Company grafica, edilizia New York, USAFLS Industries edilizia Copenaghen, DanimarcaMayr – Melnhof Karton cartone Vienna, AustriaVerizon telecomunicazioni New York, USACisco Systems tecnologia Informatica New York, USACanon tecnologia digitale Tokyo, GiapponeStmicroelectronics semiconduttori Milano, Italia BG Group gas Londra, Gran BretagnaSevern Trent ciclo acqua Londra, Gran BretagnaVestas Wind Systems pale eoliche Copenaghen, DanimarcaBoiron medicina omeopatica Parigi, FranciaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 29.09.2005 +18,46%

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

16,81 €27,98 €

USD 46,23£210,8175,60 €

£622,37SEK 173,50DKK 305,00

69,11 €USD 73,18

DKK 174,00123,00 €

USD 32,53USD 17,86

JPY 6.090,0013,87 €

£536,00£995,71

DKK 146,0020,64 €

-11,65%11,92%30,84%35,98%18,13%2,62%-3,33%1,63%

37,40%1,15%

68,31%-1,84%-8,91%4,86%

13,75%-2,44%

53,99%6,60%

113,91%-15,76%

Portafoglio di Valori [in Euro]

MSCI DM World price Index [in Euro]

18,46%

18,50%

in collaborazione con www.eticasgr.it

ARITÀ. Il portafoglio etico di Valori chiude settembrea +18,5%. Lo stesso risultato dell’indice azionariointernazionale MSCI, suo parametro di riferimento.

Al primo posto due danesi: la solita Vestas (+113,91%), che ca-valca il boom dell’eolico e FLS Industries (+68,31%). Il nostro bor-sino è tornato a salire guadagnando quasi quattro punti da fine

agosto. Dalle maggiori economie mondiali ar-rivano notizie confortanti. Negli Stati Uniti iconsumi salgono a ritmi molto elevati, inGermania la domanda interna è debole ma so-no ripartite le esportazioni, mentre in Giap-pone il trionfo di Koizumi e la ritrovata stabi-lità politica giovano allo yen e alla borsa. Duei principali motivi di preoccupazione: il prez-zo del petrolio, che potrebbe salire ancora, e idati sull’impatto economico dell’uragano Ka-trina, che stanno uscendo in questi giorni.Tutti si aspettano una correzione al ribassodelle stime di crescita. British Petroleum (BP),che estrae petrolio nel Golfo del Messico, hastimato che Katrina ridurrà i suoi ricavi di 700milioni di dollari. Il titolo BP è sceso di 7 pun-ti in soli 5 giorni. .

Avanti piano. Aspettando Katrina

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

PRendimenti dal 31.12.2004 al 29.09.2005

Aviva Sede Londra, Gran Bretagna Borsa LSE, Londra

Rendimento 31.12.2004 – 29.09.2005 +2,62%

Attività Aviva è la settima compagna di assicurazioni al mondo e la prima in Gran Bretagna. Dà lavoro a circa 58.000 persone.

Responsabilità sociale

Giudizio complessivo Impiego stabile. Buoni i report ambientali. Pioniere negli investimenti socialmente responsabili.

Politica sociale interna Impiego stabile e buona qualità dei contratti rispetto al settore. Investimenti elevati nella salute e sicurezza dei dipendenti.

Politica ambientale Ottimi i report ambientali. Cooperazione con i movimenti ambientalisti. Il 30% dell’energiaconsumata è prodotto da fonti rinnovabili. Le decisioni di investimento tengono conto di criteriambientali.

Politica sociale esterna Pioniere nel campo degli investimenti socialmente responsabili. Criteri sociali e ambientalivengono applicati a tutti gli investimenti, non solo al comparto etico. Limitata la presenza nei paradisi fiscali. Escluso l’investimento in imprese che producono o commerciano armi.

| 80 | valori | A N N O 5 N . 3 4 | N O V E M B R E 2 0 0 5 |

| indiceetico | numeridivalori |

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX

ON C’È PARTITA. L’indice nordico di Valori batte il suoparametro di riferimento per il nono mese consecu-tivo. 23,58 contro 15,64. Otto punti di distacco. Ti-

rano la volata la petrolifera norvegese Statoil, che beneficia del-l’alto prezzo del greggio e la finlandese Metso. Entrambechiudono settembre con rendimenti superiori all’80% da inizioanno. L’economia europea sembra godere diun periodo di relativa bonaccia. La liquidità èabbondante, il costo del denaro è ai minimi ela Banca Centrale non si scomoda certo ad al-zare i tassi. “Rates are appropriate”, i tassi van-no bene così: da mesi i banchieri di Fran-coforte ripetono questa frase come unalitania. Peccato che la liquidità in eccesso va-da a finire sempre di più in fondi speculativio in strumenti derivati ad alto rischio. Gliscambi di credit derivatives sono talmente in-tensi che le banche non riescono più a pro-cessarli. Jochen Sanio, direttore del BaFin, laConsob tedesca, ha detto di avere una pauramatta che prima o poi crolli tutto. Quasi nes-suno l’ha preso sul serio. E se alla fine avesseragione? .

Nordiskt Index [in Euro]

Eurostoxx 50 price Index [in Euro]

Non c’è partita.Otto punti in più

N

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 29.09.2005 DAL 31.12.2004 AL 29.09.2005

Electrolux elettrodomestici Stoccolma, SveziaH&M abbigliamento Stoccolma, SveziaTrelleborg componenti meccaniche Stoccolma, SveziaOrkla alimentari/media Oslo, NorvegiaKesko distribuzione Helsinki, FinlandiaStatoil petrolio Oslo, NorvegiaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, SveziaStorebrand assicurazioni Oslo, NorvegiaGambro tecnologia medica Stoccolma, SveziaColoplast tecnologia medica Copenaghen, DanimarcaNovozymes farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMetso macchine industriali Helsinki, Finlandia Skanska edilizia Stoccolma, SveziaTomra macchine industriali Oslo, NorvegiaTietoenator software Helsinki, FinlandiaNokia telefoni Helsinki, FinlandiaHolmen carta Stoccolma, SveziaUPM-Kymmene carta Helsinki, FinlandiaTelenor telecomunicazioni Oslo, NorvegiaVolvo automobili Stoccolma, SveziaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 29.09.2005 +23,58%

13,83%14,92%10,04%43,68%29,30%84,02%-3,33%

15,66%16,99%25,33%14,85%80,45%37,18%47,06%19,23%16,52%2,89%1,96%

12,49%-0,22%*

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

StorebrandSede Oslo, Norvegia Borsa OBX, Oslo Rendimento 31.12.2004 – 29.09.2005 +15,66%

Attività Storebrand è una compagnia di assicurazioni. La maggior parte delle sue attività ha sede in Norvegia. Dà lavoro a circa 1.300 persone.

Responsabilità socialeGiudizio complessivo Buoni i rapporti con le parti sociali. Storebrand è uno dei leader nel mercato degli investimenti

socialmente responsabili.

Politica sociale interna Ogni dipendente sviluppa un piano di azione annuale che viene integrato nel piano di gestionegenerale dell’impresa, basato su valori condivisi. Storebrand investe molto nella formazione e nell’educazione dei suoi collaboratori.

Politica ambientale La strategia ambientale viene verificata due volte all’anno. Largo uso del teleriscaldamento nella sede centrale.

Politica sociale esterna Il 40% degli asset sono gestiti secondo criteri sociali e ambientali. Storebrand ha creato un dipartimento di ricerca interno dedicato all’analisi sulla responsabilità sociale delle imprese.Alle assicurazioni sulla vita vengono applicati una serie di criteri negativi come la violazione dei diritti umani e degli standard dell’OIL (organizzazione internazionale del lavoro) o la produzione di mine e bombe cluster.

*Il rendimento di Volvo è calcolato dall’entrata del titolo nell’indice (2 settembre 2005) € = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

23,58%

15,64%

Rendimenti dal 31.12.2004 al 29.09.2005

179,50 SEK276,00 SEK129,00 SEK248,50 NOK

23,210 €166,00 NOK173,50 SEK64,25 NOK

115,00 SEK378,00 DKK319,50 DKK

21,04 €113,50 SEK46,50 NOK

27,90 €13,54 €

245,50 SEK16,68 €

58,75 NOK338,00 SEK

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valoriLe immutabili leggi di natura del sociologo

Vilfredo Pareto

di Francesca Paola Rampinelli

E TEORIE OPERANO POCHISSIMO PER DETERMINARE GLI ATTI DELL’UOMO, molto maggior forza hanno [...] il tornaconto e le passioni, e sempre si trova qualche compiacente teoria che li giustifica». Inoltre «l’uomoha una tendenza spiccatissima a figurarsi come logiche le azioni non-logiche». Lo afferma Vilfredo Paretodefinendo l’homo economicus protagonista del suo Manuale di economia politica; un uomo guidatodall’egoismo, costretto nell’agire dalla limitatezza delle risorse economiche, dalla necessità di scambiarebeni, dalle difficoltà di produzione e dagli ostacoli imposti dal sistema. Pareto nasce a Parigi nel 1848 in una famiglia nobile italiana esule in Francia per motivi politici, studia in Italia dove si dedica alla matematica e alle lettere classiche per poi laurearsi in ingegneria all’Istituto Politecnico di Torino nel 1869. L’incontro con l’economia non è immediato per il giovane Pareto che lavora per un ventenniocome ingegnere e dirigente delle ferroviarie italiane e si avvicina agli studi d’economia solo nel 1890, più che quarantenne. Nel giro di pochi anni però succede a Walras nella cattedra d’economia politicadell’Università di Losanna dove insegnerà per circa un decennio e dove rimarrà fino alla morte nel 1923,nonostante la nomina, poco prima a senatore in Italia. Le sue principali opere economiche sono il Corsodi economia politica (1898) ed il Manuale di economia politica (1906) in cui si identifica l’economiacome la scienza che ha per oggetto le azioni logiche dell’uomo per raggiungere i fini adeguati tramite

i mezzi a disposizione. Ogni soggetto compie delle azionisecondo i suoi gusti, operando nei limiti degli ostacoli costituitidai beni e dalla tecnologia disponibili: l’equilibrio finaletra gusti e ostacoli è l’oggetto dall’analisi economica. Secondo Pareto la conseguenza di ciò è che la sociologiaconsegue logicamente all’economia, poiché serve a ritrovare le condizioni che garantiscono l’equilibrio della comunità.Secondo Pareto i principi generali dell’evoluzione della società

(la storia è immobile e ciclica e l’uomo immutabile nel corso dei secoli) sono frutto di fenomeni“naturali” osservando i quali il pensatore elabora una teoria di fisiologia sociale secondo cui le società non sono mai state omogenee. Differenziazioni, antagonismi, dispute e interessi divergenti sono il risultato di "forze naturali" e la lotta di classe, come concorrenza e confronto economico per il potere,«rappresenta il principale evento che domina la storia». «Al di sopra, ben al di sopra, dei pregiudizie delle passioni dell’uomo planano le leggi della natura. Eterne, immutabili, sono l’espressionedella potenza creatrice: rappresentano quel che è, quel che deve essere, quel che non potrebbe esserealtrimenti. L’uomo può pervenire a conoscerle; non può mutarle». Pareto elabora anche una teoria detta appunto Legge di Pareto, secondo in tutte le nazioni la distribuzione dei redditi assumegraficamente la forma di una curva, definita comunemente Diagramma di Pareto, «che ha la forma della punta di una freccia o, se si preferisce, della punta di una trottola» leggendo la quale si coglieche è possibile aumentare il reddito minimo, ridurre l’iniqua distribuzione dei redditi, o ottenerecumulativamente entrambi questi effetti, solo se il volume complessivo della ricchezza aumenta piùrapidamente della popolazione. In sintesi dunque il miglioramento delle condizioni di vita delle classipovere è legato all’aumento della produzione piuttosto che alla distribuzione della ricchezza..

«L

| padridell’economia |

Secondo l’economista la lottadi classe “rappresenta il principale evento che dominala storia” e “le teorie operanopochissimo per determinare gli atti dell'uomo”