Mensile Valori n.36 2006

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Anno 6 numero 36. Febbraio 2006. € 3,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento valori Mensile di economia sociale e finanza etica Wto > In gioco molto danaro e potere. Ma anche la vita delle persone Finanza etica > I tanti volti delle assicurazioni etiche in Europa Economia solidale > La carovana della speranza che libera dalla mafia Dossier > Lo scandalo dei Centri di detenzione temporanea dei migranti Business disperato FRANCESCO COCCO / CONTRASTO Fotoreportage > Harraga nuove povertà Parte da messina il reportage economico in collaborazione con Caritas Italiana sui nuovi fenomeni che rappresentano un’emergenza per il Paese e l’intera società osservatorio

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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Anno 6 numero 36. Febbraio 2006. € 3,50

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento

valoriMensile di economia sociale e finanza etica

Wto > In gioco molto danaro e potere. Ma anche la vita delle personeFinanza etica > I tanti volti delle assicurazioni etiche in Europa

Economia solidale > La carovana della speranza che libera dalla mafia

Dossier > Lo scandalo dei Centri di detenzione temporanea dei migranti

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Fotoreportage > Harraga

nuovepovertàParte da messina il reportageeconomico in collaborazione con Caritas Italiana sui nuovi fenomeniche rappresentano un’emergenzaper il Paese e l’intera società

osservatorio

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UOGHI DI NON DIRITTO. VERI E PROPRI BUCHI NERI DELLA LEGALITÀ. Sui quali bisogna chiudere gli occhi.Dopo la pubblicazione nel 2004 del Libro Bianco sui Cpt da parte di Medici Senza Frontiere, che denunciava in modo circostanziato le molte manchevolezze dei centri e anche i dirittinegati a molti degli intervistati, è stata disposta una chiusura ermetica dei centri. Non entranoné i consiglieri regionali, né quelli comunali, né le associazioni che si occupano dei diritti dei migranti, come l’Arci, e nemmeno le più importanti organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani a livello internazionale, come Medici senza Frontiere, Human Rights Watch e Amnesty International.

Per tentare di rimediare a questa situazione anomala ma anche preoccupante, un gruppo di parlamentari dell’opposizione si è costituito in task force per visitare tutti i Cpt d’Italia e preparare un nostro libro bianco sull’argomento. Lavorando in rete con associazioni ed anche avvocati, abbiamo messo insieme un sostanzioso dossier che mette a nudo molte cose, a cominciare dalla sostanziale inefficacia dei Cpt, anche al fine dichiarato di assicurare le espulsioni delle persone che si trovano illegalmente in Italia. Sono strutture costose (con enormi ed inspiegabili variazioni di costo), sottratte alle normali procedure di controllodella spesa della pubblica amministrazione. E sono anche un affare, soprattutto nelle regionidove manca il lavoro. Ad Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, il Cpt ed annessi centri di accoglienza ed identificazione sono i primi datori di lavoro della zona. La piccola Calabria ha ben due Cpt: l’altro è a Lamezia Terme, dove il suo amministratore dichiara con orgoglio che dà lavoro a 20 persone. Per tenerlo pieno, come quello di Crotone, gli ospiti arrivano in pullman o aereo: gruppi di persone incappate in qualche retata, molte altre sbarcate in Sicilia, o richiedenti asilo provenienti da altre regioni d’Italia.

Visitando campi e centri su e giù per l’Italia abbiamo constato che Pisanu (comesicuramente sa) ha torto: l’illegalità sta proprio dentro i Cpt. Come visitatore ne sono stata ripetutamente testimone.

L’esempio più eclatante è quello di Lampedusa, ormai una leggenda nera in Europa. Ad ottobre dell’anno scorso sono stata testimone oculare di uno spettacolo avvilente: più di cento uomini caricati con i polsi legati su un aereo diretto in Libia. Nessuno di lorosapeva dove andava. Non esistevano decreti di espulsione, non avevano visto un giudice e tanto meno un avvocato. Nessuno li aveva informati della possibilità di fare ricorso. Per la nostra polizia erano egiziani, e questo in base alla segnalazione dell’interprete del campo, che li ha identificati in base all’accento. Dopo la trasmissione in televisione di immagini da Lampedusa il governo si è difeso dicendo che le fascette di plastica non sonomanette. Rispondo: sono peggio, se vengono tirate tagliano la carne.

Di Lampedusa si è occupato anche il Parlamento Europeo, che ha votato una risoluzioneinvitando il nostro governo a non ripetere le espulsioni collettive verso la Libia. Anche la CorteEuropea dei Diritti dell’Uomo è intervenuta, ingiungendo al nostro governo di non espellere 11 ricorrenti in Libia, dove ritenevano di correre il rischio, palesemente non infondato, di essere esposti al pericolo di trattamenti degradanti.

Se qualcuno commette un reato anche grave in Italia e viene colto in flagrante nessuno lo può rinchiudere senza la convalida di un giudice. Ma lo straniero che incappa nell’arcipelago oscuro dei nostri Cpt può scomparire, anche per mesi. .

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Cpt: il buco nerodella legalità di Tana de Zulueta

L’AUTRICE

Tana de Zulueta è nata a Bogotà,in Colombia, da padre spagnolo e da madre inglese. Si è laureata in archeologia e antropologia a Cambridge, nel Regno Unito, nel 1972, con una tesi su “Il sistema delle caste in India”.Corrispondente a Roma del SundayTimes per dieci anni, dal 1977 al 1987 (lasciò il giornale quando lo comprò Murdoch), ha svolto la medesima funzione per The Economist dal 1987 al 1996.Dall’aprile del 1996 è membro del Senato della Repubblica, elettanel primo collegio di Roma. Comemembro della Commissione Antimafia, è stata relatrice del rapporto sul traffico di persone approvato il 5 dicembre 2000. Dal 1996 al 2001, è stata vice presidente dell’AssembleaParlamentare dell’OSCE.Rieletta nel maggio 2001 nella listadell’Ulivo, è stata membro dellacommissione Affari Esteri dal 2001al 2005. Attualmente è iscritta al gruppo dei Verdi ed è membrodella commissione speciale per i DirittiUmani e della commissione Difesa.

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BANCAETICA

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valorifebbraio 2006mensilewww.valori.itanno 6 numero 36Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milano

promossa da Banca Etica

sociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa,Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana

consiglio di amministrazioneSabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected])

collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

direttore editorialeSabina Siniscalchi ([email protected])

direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])

redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Francesco Carcano, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

revisione testiSilvia Calvi

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])

fotografieFrancesco Cocco, Paolo Pellegrin (Contrasto/Magnum Photos)

stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)

distributore nazionaleEurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7

abbonamento10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro

come abbonarsiI bollettino postale

c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

I bonifico bancarioc/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin Adella Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori +Cognome Nome e indirizzo dell’abbonatoAttenzione: per l’attivazione immediatadell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 02.67491691 oppure file pdf all’indirizzo [email protected]

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte.

Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamentedisponibile ad adempiere ai propri doveri.

Carta ecologica gr 90 Long Life prodotta secondo le norme Iso 9706 - Elemental Chlorine Free

“Harraga” significa bruciatori: i clandestini bruciano i loro documenti per non essererispediti nei loro paesi di origine.Vivono nella speranza di raggiungere l’Europa.Tangeri, 2005

INVIARE LETTERE E CONTRIBUTI A

Società Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico 1, 20125 Milano

tel. 02.67199099fax [email protected]@[email protected]

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bandabassotti 7

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dossier. Cpt 16

Un grande business sulla pelle dei migranti 18

«Arrivano grandi opportunità» [INTERVISTA A MARIA PIA MENDOLA] 21

L’industria della detenzione si fa strada anche in Italia 22

lavanderia 27

finanzaetica 28

Assicurazioni, una storia di lotta di classi. Ma questa volta solo di merito 30

L’assicurazione ha paura dei cambiamenti climatici 32

bruttiecattivi 36

osservatorionuovepovertà 37

Nel cuore debole di Messina. Poveri si nasce ma a volte lo si diventa 38

In fuga cittadini e e imprese. Turismo e vivai i settori forti 40

internazionale 50

La lunga mano delle multinazionali sui sussidi agricoli 52

Fine primo round. In palio potere, denaro e vite umane [INTERVISTA A ANDREA BARANES] 54

macroscopio 57

economiasolidale 58

Nel cuore del Senegal le impronte della finanza etica 60

La carovana per liberare la vita e la mente 63

utopieconcrete 65

altrevoci 66

stilidivita 72

numeridivalori 77

padridell’economia 82

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ETICA SGRBANCA

DILEGNANO

La grande tangentopolidella Calabria

Depuratori sporchi| bandabassotti |

di Giovanni Vignali

ON C’È NESSUN FURBETTO DEL QUARTIERINO, nell’indagine per truffa ambientale denominata Poseidone che haportato i magistrati di Catanzaro Luigi De Magistris e Isabella De Angelis a seguire una pista che, dal maremalato di Calabria, li ha condotti al Nord, verso le stanze della politica che conta, verso Roma e Milano.

Tutto è iniziato con una segnalazione alla Corte dei Conti: 700 depuratori, uno ogni mille metri, a fronte di spiagge sporche e un litorale in agonia non si possono liquidare come il solito pasticcioall’italiana. Da otto anni in Calabria vige il regime di “emergenza” ambientale che - dal 1997 al 2004 - ha fatto confluire sulla Regione la cifra ragguardevole di 925 milioni di stanziamenti pubblici. Una tortasostanziosa in una terra nella quale la zona grigia fra politica, affari e malavita è un argomento del qualesolo di recente si inizia a parlare apertamente. Nessun immobiliarista venuto dal nulla o raiderspregiudicato avrebbe potuto infilarsi nelle maglie di questo meccanismo, non in Calabria. 45 chilometridi costa risultavano quest’estate “permanentemente non balneabili”: una striscia bianca e schiumosalarga 80 centimetri emergeva ogni giorno a poca distanza dal bagnasciuga. Come sono stati spesi i 337 milioni di euro che tra il 2001 e il 2005 avrebbero dovuto “ripulire” la Calabria?

Dalle carte di Poseidone emerge che la struttura che doveva sorvegliare sul buon uso delle risorsepubbliche che arrivavano in Calabria si sarebbe invece trasformata in una sorta di centrale

di distribuzione di denaro e opere pubbliche da “realizzare in deroga alle norme, nazionali e comunitarie, a tutela della concorrenza e trasparenza”. Impianti usati per distribuiretangenti; consulenze gonfiate per strutture rimaste solo sulla carta, collaudi mai eseguiti, costi spropositati,progetti incompleti.

Un affare illecito da 200 milioni, secondo la ricostruzionedi un superteste che ha svelato, davanti ai magistrati, il modus operandi attraverso il quale il denaro che da Bruxelles arrivava a Reggio Calabria si fermava, in percentuali dal 3 al 7 per cento, fra mani piccolee grandi, calabresi e romane. Con tanto di nomi e cognomi di referenti politici di calibro nazionale, pure loro oggi indagati. Fabio Schettini, già assistente del vicepresidente della Commissione europeaFranco Frattini; Giovanbattista Papello, consigliere dell’Anas, ex subcommissario per l’emergenza rifiuti in Calabria e stretto collaboratore del vice-ministro delle infrastrutture Ugo Martinat (An); RobertoMercuri, amministratore delegato di Pianimpianti Spa, di cui era vice presidente sino al 29 novembrescorso Franco Bonferroni. Non un nome qualsiasi, quello di Bonferroni, fra gli uomini politici più potentidella Prima Repubblica. Negli ordini di perquisizione di abitazioni e uffici gli inquirenti hanno inseritoanche l’ex sottosegretario della destra democristiana pre-Tangentopoli. Bonferroni, attualmenteconsigliere di Finmeccanica, non l’ha presa bene. Uno che quando il figlio si sposa in Libano puòpermettersi di portare il presidente della Cei Camillo Ruini a Beirut a officiare le nozze, con charter pagatoanche agli amici di famiglia, ha preferito affidare la propria replica all’avvocato. Il 3 dicembre spiegava di non essere stato raggiunto da alcun avviso di garanzia, e di essersi comunque dimesso tre giorni primaper evitare “qualsiasi tentativo di speculazione”. .

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Settecento depuratori, uno ognimille metri, a fronte di spiaggesporche e un litorale in agonianon si possono liquidare come il solito pasticcio all’italianacostato 925 milioni di euro

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> Harraga Al porto. Gruppo di giovani, gli harraga,coloro che sognano e aspettano la prima occasione per emigrare in Europa. Sono quasi tutti minorenni e vivono sulla banchina in attesa del momento giusto per attraversare lo stretto di Gibilterra, nascosti sotto un camion o a bordo di qualchecarretta dei mari. Tangeri, 2005

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i sono parole che cambiano la faccia alle persone, come il sole e il vento. “Harraga”,letteralmente “bruciatori”, è una di quelle. Per molti ragazzi del Sud del mondo chetentano il viaggio della vita verso l’Europa, quella parola è un segno di appartenenza ad un destino di sventura. Gli harraga declinano i pensieri solo al futuro, mentre il loropassato svanisce in una fiammata. Questi candidati all’espatrio clandestino, infatti,bruciano i documenti d’identità per non essere rispediti nei paesi d’origine in caso di arresto. Sono per la maggior parte minorenni e provengono da tutto il Marocco, un Paese giovane, dove vivono quasi nove milioni di persone che hanno meno di 15 anni,con un tasso di natalità pari al 20,4% e un incremento naturale della popolazione del 14,9% . Quando gli harraga arrivano al porto di Tangeri, si riconoscono per il lorosguardo sfuggente e perennemente in attesa di qualcosa. Hanno i capelli arruffati,vestiti senza forma, dormono sulla banchina, per strada o in rimesse di fortuna. I loropasti sono improvvisati e si affidano ad un’inconsapevole e disperata provvidenza. Si arrangiano come possono e si confondono con i tantissimi bambini abbandonati al loro destino per le strade della città, circa 2000, secondo l’ultimo censimento.

La pelle degli harraga ha il colore della polvere che rende il loro aspetto di un’irrealeuniformità. Potrebbero essere tutti fratelli o tutti appartenenti alla stessa tribù, nonimporta, in comune hanno il desiderio di aprire la porta del benessere che sta davanti ai loro occhi. Il profilo della speranza è quello della Spagna che nelle giornate terse,come per incanto, rende lo stretto di Gibilterra ancora più stretto. Due Stati dirimpettaidivisi da un piccolo lembo di mare, eppure così lontani nelle prospettive di accesso dei loro abitanti: per gli aspiranti clandestini la Spagna è una finestra da cui si puòguardare il sogno europeo; per gli abitanti del Vecchio Continente il Marocco è la portad’ingresso per l’Africa.

Gli harraga quando intravedono quella finestra non cercano rassicurazioni, ma soloun segnale per partire, non importa con chi e con cosa. Si accoccolano sotto la panciadi un camion, scompaiono negli anfratti invisibili dei traghetti diretti verso le coste del Mediterraneo o si imbarcano su bagnarole che non ce la faranno mai. Insomma,azzardano con il destino una scommessa il cui prezzo può essere anche la morte. Sono molti, infatti, gli harraga che giacciono in fondo allo stretto di Gibilterra, circa 200 solo nel 2005. Una cifra arrotondata per difetto, considerato che i tentativi di passaggio nell’ultimo anno sono stati stimati in almeno 12 mila. Per aggiornarequesta triste contabilità non ci si può nemmeno affidare alle denunce dei parenti,perché gli harraga sono ragazzi senza nome, senza storia e quindi nessuno ne rivendicané la scomparsa e tantomeno la sofferenza patita.

L’AUTORE

Francesco Coccoè nato a Recanati nel 1960, ma vive e lavora a Carpi. Ha iniziato l’attivitàdi fotografo nel 1989. Le immagini di Cocco raccontano il disagio di persone che vivono e sopravvivono ai margini della società.Le sue foto sono state pubblicatesu riviste nazionali e internazionali,nonché esposte in mostre collettive.La sua passione per la fotografia e lo spiccato interesse per l’uomo nel suo ambiente lo hanno spinto a compiere numerosi viaggi in moltiluoghi del mondo, soprattutto nei paesi asiatici. In Bangladesh ha fotografato le condizioni di vita deibambini di strada e il lavoro minorile,mentre in Vietnam, subito dopo lariapertura delle frontiere, ha realizzatoun reportage le cui immagini sonostate esposte nell’ambito della mostra“Vietnam Oggi” (Modena, 1993).Successivamente, in collaborazionecon l’associazione Emergency, ha documentato il dramma delle vittime delle mine antiuomo in Cambogia, dove, con il supportodell’ong “New Humanity”, ha ancheaffrontato il tema della prostituzioneminorile. In Brasile ha fotografato i non vedenti dell’Istituto “BenjaminConstant” di Rio de Janeiro e lo sfruttamento dei bambini lavoratorisull’isola di Marajoa in Amazzonia.Nel 1999 una selezione di sue foto sul tema dell’infanzia traumatizzatadalle guerre è stata esposta a Carpinella mostra “Ci sono bambini a zig-zag”. Francesco Cocco fa partedello staff Contrasto dal 2003.

> Harraga

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foto di Francesco Cocco / Contrasto

“Harraga” significa “bruciatori”: i clandestini bruciano i loro documenti d’identità per non essere rispediti nei paesi d’origine. La loro speranza è raggiungere l’Europa,partendo dalle coste del Marocco. Nelle immagini di Francesco Cocco i loro sguardisfuggenti e l’ossessione di un viaggio che si può concludere anche con la morte

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> Harraga

La terra di nessunonascosta tra gli anfratti del porto di Tangeri dove vivono gli “harraga”. Gli aspiranti clandestini si confondono con i tantibambini abbandonati per le strade della città.Tangeri, 2005

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Nell’ultimo anno si stima che almeno200 “harraga” siano morti nel tentativo di raggiungere l’Europa.Sono vite senza nome e senza storia e quindi nessuno ne rivendica la scomparsa. Tangeri, 2005

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Pescherecci nel porto. Il cinema Mauritania, vecchia gloria in abbandono.Ritratto di un bambino che vive nel porto con gli altri “harraga”, coloro che sognano e aspettano la prima occasione per emigrare in Europa. Il piede di un uomo di strada nella medina di Tangeri. Tangeri, 2005

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Si privatizza. Ma è sicurezza? >18«Le grandi opportunità dei migranti» >21L’industria della detenzione si fa strada anche in Italia >22L’economia delle sbarre >25

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a cura di Cristina Artoni e Paola Baiocchi

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Centoventidue milioni di euro per la gestione dei moderni lager italiani.Assegnati senza trasparenza nè controlli. Un business da cancellare

Sulla pelle dei migranti

Mohamed, 17 anni, vive nel porto con gli altri “harraga”, coloro che aspettanol’occasione per emigrare in Europa. Con ogni mezzo i migranti cercano di raggiungere il “paradiso” occidentalespesso esaltato nelle immagini che giungonovia satellite dai diversi canali televisivi. Ma la realtà è molto diversa dalle favole, più o meno crude, della televisioni.Tangeri, 2005

L’affare Cpt

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Luoghi in cui la sospensione dei diritti alla difesa e alla parola è al-l’ordine del giorno. Ma i Cpt sono diventati anche un business, unavoce consistente di spesa del bilancio dello Stato, un modello di pri-vatizzazione della sicurezza. E, come spesso accade quando si ha ache fare con delle istituzioni totali (come sono questi centri di de-tenzione), un sistema assolutamente non trasparente.

Privatizzata la detenzione Quello che ruota intorno alla costruzione delle strutture, al riforni-mento di materiali, alla pulizia, ai pasti, alla gestione quotidiana èormai un business da centinaia di milioni di euro. Un vero e proprioapparato che specula su persone e strutture: i migranti in via d’e-spulsione e i centri di detenzione creati per trattenerli.

Secondo i documenti contenuti nel rapporto presentato a feb-braio del 2005 dalla Corte dei Conti, Gestione delle risorse previstein connessione con il fenomeno dell’immigrazione redatto dai con-siglieri Valeria Chiarotti e Sonia Martelli, in Italia il costo pro capitedi un ospite in un Cpt varia da 26,70 a 99,29 euro al giorno. Nel 2004il tempo medio di detenzione nei Cpt è stato di 26 giorni.

«L’ente che ottiene la convenzione – sottolinea Martone - viene in-dividuato sempre con una procedura inusuale. Non c’è una gara d’ap-palto o una licitazione pubblica ma è il Prefetto che rivolge un invito apresentare offerte rivolte ad una lista di pochi enti, normalmente sem-pre gli stessi. L’anomalia della procedura è dimostrata in modo palesedall’episodio relativo al futuro Cpt di Bari dove alla Croce Rossa, che siè rifiutata di assumere l’incarico, automaticamente è subentrata l’asso-ciazione Le Misericordie senza alcuna procedura di gara. Il Prefetto puòdecidere di assegnare direttamente l’incarico al gestore. Si tratta di unapratica poco trasparente rispetto anche ai capitolati di spesa: non sap-piamo con quali criteri vengono scelti i fornitori. Probabilmente la se-lezione viene effettuata in base al prezzo pro capite, ma senza alcuna re-lazione chiara con i servizi che dovrebbero essere erogati. Al di là dellevalutazioni politiche ci troviamo davanti a due rischi: o il prezzo è trop-po basso, e allora l’erogazione dei servizi è pessima nei confronti degliospiti, o il prezzo è artificialmente alto e quindi si realizza un grosso gua-dagno per l’ente perché nessuno, neppure noi parlamentari, è riuscitoa conoscere i servizi che devono essere prestati. Ci troviamo di fronte auna situazione estremamente preoccupante».

Le polemiche scatenate dalle associazioni e Ong impegnate suitemi dei migranti, dall’Arci alla Caritas, dovrebbero aver prodottoun cambiamento.

«Fino al 2003 c’era un sistema molto discrezionale per assegnare lagestione dei Cpt, e non era prevista una gara. A partire dal 2004 conuna circolare del Prefetto D’Ascenzo sono state introdotte modalità piùtrasparenti per individuare i gestori - spiega Mario Nispi Landi, consi-gliere della Corte dei conti, che in passato ha curato le ricerche nellastruttura di controllo - ora viene attuata una gara d’appalto con con-tratto standard che permette di assegnare ad un unico gestore una se-rie di attività. Con la standardizzazione del contratto si è richiesto an-che la prestazione di alcuni servizi minimi e questo permette anche difare dei confronti fra i diversi enti. Certo, non si tratta di una gara pub-blica – continua il consigliere Nispi Landi - è una trattativa privata aper-ta a più offerte. Le Prefetture dovrebbero effettuare una sorta di prese-lezione degli enti che vi possono partecipare, basata su alcuni requisiticome il possesso del nulla osta di sicurezza, dato che si tratta di strut-ture che appartengono alla categoria di attività di ordine pubblico».

Si privatizzala sicurezza, si ghettizzala disperazione

CON L’INTRODUZIONE DELLA BOSSI-FINI è cambiata anche la durata delperiodo di trattenimento di un migrante nel centro, permanenza che dovrebbeservire soprattutto per l’identificazione prima dell’espulsione verso i paesi diprovenienza. Con la Turco-Napolitano la detenzione massima era di trenta giorni,con la Bossi-Fini è raddoppiata a sessanta. Con la legge attuale, inoltre, qualsiasistraniero presente in maniera irregolare in Italia può finire in un CPT. Chiunque siaentrato nel nostro paese con un visto turistico e alla scadenza dei tre mesi vogliarimanere in Italia, rischia di essere portato in un centro di permanenza temporanea.In passato, invece, lo straniero avrebbe ricevuto il foglio di via, o un’intimazione a lasciare il paese entro quindici giorni, ma senza finire in un centro. Per capirel’entità del fenomeno teniamo presente che tra il 2002 e il 2003 sono 17 milale persone finite negli 11 centri sia di permanenza sia di accoglienza.

In un libro bianco, redatto nel gennaio del 2004, l’associazione Medici senzafrontiere, premio Nobel per la pace, ha denunciato la situazione fallimentaredella detenzione amministrativa in Italia: un fallimento multilivello e multisistema.Il 60% circa dei migranti nei CPT – precisa il rapporto - hanno scontato unacondanna in carcere, e a fine pena trascorrono due mesi suppletivi all’interno del centro per essere riconosciuti dall’Ambasciatore o dal Console del paese di origine. Dopo i due mesi di trattenimento nei CPT il destino del migrante è: o essere rimpatriato in maniera coatta su un aereo, oppure ricevereun’intimazione a lasciare l’Italia entro cinque giorni. Nel rapporto, Medici senzafrontiere (www.msf.it) denuncia che le strutture dei Centri sono per la maggiorparte fatiscenti, costringendo i migranti a vivere in condizioni di grande disagio.Manca all’interno un adeguata assistenza legale e psicologica, e per contro si registrano eccessi negli interventi delle forze dell’ordine e l’abuso nellasommistrazione di psicofarmaci. Dal punto di vista sanitario, Msf ha riscontratogravi lacune e una scarsa collaborazione con il servizio sanitario nazionale.

SESSANTA GIORNI DI SOFFERENZA

entri di accoglienza. Luoghi dove si organizza concretamente l’ospita-lità. Etimologicamente l’accoglienza è riferibile al francese “accueil-lant” (cordiale, ospitale” con la “a” come rafforzativo). Nulla di più di-

stante dalla realtà. Eppure sono stati “venduti” all’opinione pubblica come centridi accoglienza, “alloggi” collettivi e protetti per gli stranieri migranti. A far apri-re gli occhi sulla realtà di questi moderni campi di concentramento è stato il la-voro di tante organizzazioni umanitarie, attivisti new global e giornalisti deside-rosi di raccontare la realtà. Introdotti dal centro-sinistra attraverso la legge Turco-Napolitano, i Cpt da centri di trattenimento, misura comunque discutibile si so-no trasformati con la Bossi-Fini in vere e proprie strutture di detenzione, dove lecondizioni di vita dei reclusi sono decisamente peggiori di quelle delle “case dipena circondariali”, come ancora vengono chiamate le carceri in burocratese.

Cdi Cristina Artoni

Uno dei quartieri della Medina che si affaccia sul porto, punto di partenza per moltissimi migranti. Tangeri, 2005

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TO I conti sono presto fatti«Il Governo ha impostato tutta la politica relativa ai migranti inun’ottica repressiva – spiega il senatore di Rifondazione ComunistaFrancesco Martone - la tabella della Finanziaria che contiene i datirelativi alla voce immigrazione/rifugiati/profughi prevede che 122milioni di euro, dei 155 milioni complessivi riferiti a questo capito-lo, siano destinati alla gestione e manutenzione dei Cpt. Bisogna poiaggiungere l’altro capitolo di spesa, che riguarda la costruzione dinuovi centri, che ammonta a 80 milioni di euro: per questa voce c’èlo stanziamento ma non il finanziamento. I soldi, in pratica, non cisono: il Governo, al momento di approvare la Finanziaria 2006, nonsapeva, quindi, dove trovare le risorse per costruire nuovi centri».

La gestione dei Cpt, per tutto quello che non riguarda la sicurez-za, è affidata a enti che stipulano convenzioni con le Prefetture loca-li. Queste strutture sono sempre associazioni private come le Miseri-cordie, la Croce Rossa Italiana o piccole Onlus costituite ad hoc, comela cooperativa “Fiamme d’Argento”, formata da carabinieri in pen-sione o “Malgrado Tutto”, cooperativa che ha partecipato agli inter-venti in Kosovo nel 1999 e che gestisce il Cpt di Lamezia Terme.

REATI CONTESTATI AI DETENUTI IN ITALIA AL 31/12/2004

IN PERCENTUALE

Ordine pubblico 1,5Contravvenzione 2,4Associazione di stampo mafioso 2,6Contro l’amministrazione della giustizia 3,0Contro la P.A. 3,4Fede pubblica 4,3Contro la persona 14,7Legge droga 14,9Legge armi 16,7Contro il patrimonio 30,6

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si aggiungono anche le spese per i mediatori culturali, gli interpreti e imedici. Ho appreso che, nella prossima finanziaria, si intende presen-tare un emendamento per uniformare i costi. Se venisse approvato l’ef-fetto sarebbe comunque quello di incrementare la spesa».

Per Nispi Landi la ricerca, di solito basata su dei numeri, ha nonpoche lacune, soprattutto dal punto di vista umanitario: «Devo am-mettere che il nodo principale è non essere riusciti, forse non rien-tra nelle competenze della Corte dei Conti, a visitare direttamente icentri. Per fare un lavoro vero questa sarebbe la cosa più utile. Noifacciamo un controllo che si basa su documenti scritti, sulle conta-bilità, ma per vedere quello che effettivamente succede bisogna es-sere sul posto, verificare come effettivamente queste persone sonotrattate. L’Italia ha avuto dei richiami dalla Comunità Europea: iltrattamento non era in linea con le convezioni sui diritti umani».

I Cpt in Italia hanno costi differenti, ma qualcosa in comune c’é: «Aparte le condizioni fisiche o sanitarie che sono in buona parte simili intutti i centri, ossia molto scadenti – precisa Francesco Martone che neha visitati tanti in questi anni - c’è un problema di fondo: i diritti fon-damentali e le tutele giurisdizionali non sono assolutamente assicurate.Nell’ultimo Cpt che ho visitato a Lamezia Terme c’erano dei richieden-ti asilo della Costa d’Avorio, arrivati da tempo, che non erano ancorariusciti a parlare con un avvocato. I documenti che vengono consegnatiagli ospiti in entrata non sono certo le carte sui diritti legali o costitu-zionali, ma solo un regolamento di permanenza nel centro». .

| dossier | cpt |

| 20 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

| dossier | cpt |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 21 |

Il nodo rimane quello della struttura di detenzione. Sono, di fatto,delle carceri e quindi gli enti che possono, e vogliono, gestire un Cptsono sempre gli stessi. E le differenze di costo rimangono impressio-nanti. Confrontiamo ad esempio il Cpt di Modena, affidato alla sezio-ne locale della Confraternita delle Misericordie d’Italia, gestita dal fra-tello del ministro Giovanardi, con quello di Brindisi, gestito dall’OnlusFiamme d’argento. Nel primo caso, il costo di un ospite varia da 69,50a 99,29 euro, nel secondo è di 26,70 euro. L’assoluta mancanza di tra-sparenza da parte del Ministero degli Interni non permette di analiz-zare nel dettaglio le ragioni di queste incredibili differenze. Anche peri ricercatori della Corte dei Conti non è stato semplice ottenere i do-cumenti sulle gestioni dei Cpt: «L’attività della magistratura contabileprevede la consegna di tutta la documentazione relativa ad ogni vocedi spesa», spiega Valeria Chiarotti, una delle relatrici della relazione2004 della Corte, «ma a volte abbiamo incontrato anche noi difficoltà.Dalla nostra abbiamo una legge che ci consente di farlo, al Ministerodell’Interno lo sanno molto bene, ma ci fanno comunque penare».

Le convenzioni vengono stipulate di media ogni tre anni e, dal2004, il Ministero ha inviato ai Prefetti delle linee guida con dei con-tratti standard in cui si richiede agli enti dei servizi base. I costi però,secondo i documenti disponibili, non sembrano cambiati. Perché? «IlMinistero dell’Interno – continua Chiarotti - ha redatto una sorta dicapitolato per tutti i servizi che vengono forniti nei Cpt, in cui si pre-vedono le prestazioni e i corrispettivi. Il range di prezzo è abbastanza

ampio perchè le realtà locali sono molto diverse una dall’altra. E giàda nord a sud c’è un divario di costi oggettivo, che non vale solo peri Cpt. È chiaro che quello che si spende a Crotone non è lo stesso diMilano. La banda di oscillazione per i costi dei servizi è abbastanzaampia, ma rispetto al passato almeno esiste ed è diventato uno stru-mento per porre dei limiti, in basso e in alto alla scala dei costi».

Il Ministero dell’Interno ha cercato, quindi, di mettere una top-pa allo scandalo del business dei Cpt. Ma il problema resta: «la dif-ferenza evidente dei costi è in effetti un elemento che lascia quantomeno perplessi – aggiunge Nispi Landi - differenze molto accentua-te come quelle che sono state riscontare dalla Corte sembrano deltutto ingiustificabili. Tanto che avevamo sollecitato un’attenta ri-flessione su queste incongruenze per capire da dove derivavano. Èchiaro che può dipendere anche dalla diversa natura degli enti chevi partecipano, alcuni con finalità di lucro, altri meno. Oltre un cer-to limite, le distanze sembrano ingiustificate anche tenendo in con-siderazione le diverse tipologie di servizio (per esempio la mensa).Un altro aspetto da tenere presente poi è che a tutti questi costi vaaggiunto l’affitto della struttura quando non è di proprietà statale».

Una conferma indiretta del problema è contenuta nella risposta delPrefetto D’Ascenzo al comitato parlamentare di controllo dello scorsonovembre: «È chiaro ed evidente che, quando parliamo di un costo di60-70 euro al giorno per persona, nel corrispettivo non è compreso so-lo il vitto, l’alloggio e il vestiario che assicuriamo alle persone. A questi

LA MAPPA DEI CENTRI

IL GOVERNO BERLUSCONI ha previsto la creazione di tre tipi di centri: diprimo soccorso e accoglienza, di identificazione e di permanenza temporanea.Gli ultimi dati pubblici disponibili sono del Prefetto Anna Maria D'Ascenzo,capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministerodell’Interno e responsabile della gestione amministrativa dei centri.

I centri di accoglienza sono tuttinelle regioni meridionali Sicilia, Calabria e Puglia: CITTÀ POSTIBari-Palese 600 Foggia-Ortanova 490Crotone-Sant’Anna 1.322Lampedusa 190Otranto 75

I centri di identificazione sono invece sette, di cui tre funzionanti:CITTÀ POSTITrapani 210Crotone 300Foggia 200

I centri di permanenzatemporanea, Cpt, sono quindici (1983 posti complessivi): CITTÀ POSTIGradisca d’Isonzo in costruzioneTorino 96Milano 140Bologna 95Modena 60 Roma Ponte Galeria 300 Bari in costruzioneFoggia 220 Brindisi 180Otranto 75Crotone 129 Catanzaro 75Ragusa 60Caltanissetta 96Trapani 54

Parla M. P. Mendola, ricercatrice presso l’Università di Milano-Bicocca e Visiting Scholar presso la New York University.

UALI SONO LE CARATTERISTICHE dei flussi migratori che inte-ressano l'Italia e l'Europa?«È difficile fornire una stima precisa della dimensionedei flussi migratori perché è difficile (anche per i gover-ni nazionali e gli organismi internazionali) circoscrivereil fenomeno e distinguere i ‘migranti regolari’ dai lavo-ratori stagionali per esempio, o dai richiedenti asilo po-litico, o da quelli ‘irregolari’. Ciò che è evidente tuttavia- anche solo sulla base di fatti di cronaca o della centra-lità dell’argomento nel dibattito politico - è che i flussimigratori sono in aumento, e Italia e Europa sono desti-nate a diventare la meta di flussi rilevanti di immigratida diverse parti del mondo.

Secondo l’ultimo “Dossier Statistico Immigrazione”della Caritas e Fondazione Migrantes, dal 1970 ad oggi glistranieri nel nostro paese sono aumentati di trenta volte.Solo dal 2001 al 2004, la popolazione straniera soggior-nante legalmente in Italia è passata rispettivamente da1.600.000 a 2.730.000 persone. Inoltre è interessante no-tare che mentre nel 1970 il 61% degli immigrati in Italia

proveniva da altri paesi europei, l’ 8% dall’Asia e il 3% dal-l’Africa, nel 2004 gli immigrati arrivati in Italia dall'Euro-pa sono il 47% del totale, mentre il 17% proviene dall’A-sia e il 24% dal continente africano.

L’Italia quindi, come gli altri paesi europei, si trova adaffrontare non solo un elevato flusso migratorio ma an-che un cambiamento nella sua composizione, riconduci-bile alle cause più profonde del fenomeno, quali l’esi-stenza di forti differenziali di benessere e tendenzedemografiche divergenti fra paesi ricchi e paesi poveri».

Il trend di crescita dei migranti anche in Ita-lia è inevitabile. Ma quali saranno gli impat-ti nel breve medio termine?

«L’informazione diffusa sulle condizioni di vita nei pae-si industrializzati, la distribuzione iniqua della ricchezzae delle opportunità fra paesi ricchi e poveri e il calo deicosti di trasporto e di comunicazione, rendono l’immi-grazione un fenomeno strutturale delle società dei paesi‘avanzati’. Oggi in Italia l’incidenza sulla popolazione

«Le grandi opportunitàdei migranti»

LIBRI

Caritas,Fondazione MigrantesImmigrazione.Dossier Statistico2005XV Rapporto, Caritas, Roma.

World Bank (2006)Global EconomicProspects 2006:Economic Implicationsof Migration andRemittancesWashington DC: World Bank.

Patrie Galere Stefano Anastasia Carocci Editore.

SPESA RELATIVA AL FUNZIONAMENTO DEI CENTRI DI PERMANENZA NELL’ANNO 2003

Agrigento - ASI 1.712.786,38 77.463,62 1.790.250,00 1.790.250,00 1.667.901,22 77.463,62 1.745.364,84 44.885,16Agrigento - Lampedusa 1.758.428,10 113.712,63 1.872.140,73 1.872.140,73 1.677.951,25 113.698,81 1.791.650,06 80.490,67Bari - Palese 2.788.132,22 2.788.132,22 2.742.792,00 0,00 2.742.792,00 2.742.792,00 0,00Bologna-Caserma Chiarini 2.666.437,55 277.000,00 2.943.437,55 2.943.437,55 2.428.655,36 256.439,75 2.685.095,11 258.342,44Brindisi - Restinco 1.054.573,70 321.785,65 1.376.359,35 987.336,86 663.166,20 321.785,53 984.951,73 2.385,13Caltanissetta - Pian del lago 2.095.028,80 723.750,00 2.818.778,80 2.553.166,80 1.829.259,66 620.966,18 2.450.225,84 102.940,96Catanzaro - Malgrado tutto 1.467.942,33 0,00 1.467.942,33 1.340.358,43 1.273.677,12 0,00 1.273.677,12 66.681,31Crotone - S.Anna 0,00 2.576.000,00 2.576.000,00 2.576.000,00 0,00 2.576.000,00 2.576.000,00 0,00Foggia - Borgo Tressanti 0,00 3.521.698,70 3.521.698,70 1.500.000,00 n.d. n.d. n.d. n.d.Gorizia - Gradisca d'Isonzo 0,00 18.053.458,14 18.053.458,14 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Milano - via Corelli 3.762.133,35 491.709,25 4.253.842,60 4.253.842,60 3.621.470,85 467.711,13 4.089.181,98 164.660,62Modena - v.le La Marmora 2.334.055,17 677.581,54 3.011.636,71 2.862.636,71 2.185.055,17 641.234,73 2.826.289,90 36.346,81Otranto - Don Tonino Bello 540.295,92 158.780,00 699.075,92 699.076,92 331.329,94 158.781,00 490.110,94 208.965,98Ragusa - Somicem 0,00 104.330,00 104.330,00 104.330,00 0,00 102.358,08 102.358,08 1.971,92Roma - Ponte Galeria 3.618.625,73 1.051.503,48 4.670.129,21 4.597.129,21 3.618.625,73 978.467,04 4.597.092,77 36,44Lecce-S.Foca - Regina Pacis 2.771.490,24 87.688,93 2.859.179,17 2.859.178,17 2.742.769,15 87.687,93 2.830.457,08 28.721,09Torino - Brunelleschi 2.043.532,00 338.158,23 2.381.690,23 1.905.767,29 1.661.909,06 226.078,55 1.887.987,61 17.779,68Trapani - Serraino Vulpitta 732.846,80 131.547,00 864.393,80 841.877,80 707.423,80 131.547,00 838.970,80 2.907,00TOTALI 26.558.176,07 31.494.299,39 58.052.475,46 36.429.321,07 24.409.194,51 9.503.011,35 33.912.205,86 1.017.115,21

Fonte: Elaborazione C.d.c. su dati forniti dall'Amministrazione

CENTRI(UBICAZIONEE DENOMINAZIONE)

SOMME IMPEGNATE:GESTIONE MANUTENZIONE

ORD., STRAORD. E LAVORI IN ECONOMIA

SOMME EFFETTIVAMENTE SPESE DALLEPREFETTURE PER:GESTIONE MANUTENZIONE

ORD., STRAORD. E LAVORI IN ECONOMIA

IMPEGNI TOTALISOSTENUTIDAL CENTRO

ACCREDITAMENTO TOTALE ALLEPREFETTURE

SPESE TOTALI SOMME VERSATEAL CEEDMI

Q

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| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 23 || 22 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

straniera è vicina alla media europea (5%) ma in altri pae-si come Austria e Germania è gia al 9%. Si stima che i sog-giornanti stranieri nel nostro Paese diventeranno tre mi-lioni entro il 2006 e, ogni anno, i flussi andrannoincrementandosi per nascite e ricongiungimenti familia-ri, oltre al numero di nuovi lavoratori che annualmenteverranno inseriti nel mercato del lavoro. Sempre secon-do il rapporto Caritas, i potenziali flussi in ingresso di la-voratori e familiari ammontano a 300.000 persone l’an-no, il che significherebbe un ulteriore raddoppio dellapopolazione straniera nel corso dei prossimi dieci anni.

Tuttavia, non sembra che la normativa italiana el’impostazione del sistema economico percepiscano lereali dimensioni del fenomeno e le esigenze sia dei pae-si riceventi sia di quelli d’origine degli immigrati».

È possibile individuare settori dell'economiain cui la popolazione composta da migrantipossa essere un elemento di sviluppo?

«Il ruolo dei migranti nell’economia dei paesi riceventiè spesso percepito negativamente, in quanto si ritienecontribuisca ad abbassare il livello dei salari (dei lavora-

tori meno qualificati) o ad aumentare la disoccupazio-ne. Recenti studi economici, tuttavia, mostrano che inItalia i migranti non si sostituiscono ai lavoratori autoc-toni, ma occupano posti di lavoro che, altrimenti, reste-rebbero vacanti: nella collaborazione familiare, peresempio, o nell’edilizia, nei servizi di pulizia, in agricol-tura, nei servizi infermieristici.

Anche nelle realtà industriali più dinamiche del Pae-se, caratterizzate spesso da un eccesso di domanda di la-voro (si pensi al Nord-Est per esempio), i migranti svol-gono un ruolo essenziale nel contribuire a mantenereadeguati livelli di efficienza produttiva e a volte persinoa preservare attività economiche destinate altrimenti ascomparire o a essere ‘delocalizzate’.

Inoltre, esistono quasi 100.000 imprenditori mi-granti che creano nuovi posti di lavoro, per se stessi e inmisura crescente anche per gli italiani. La funzionalitàdei migranti alle esigenze di mercato è ulteriormenteconfermata dalla loro mobilità territoriale che, secondol’Istat, è tre volte superiore a quella degli italiani.

Tuttavia, se si parla di sviluppo, ci dovremmo chie-dere perché - a differenza di altri paesi europei o degli

Stati Uniti - l’Italia ‘attira’ od offre opportunità di im-piego a lavoratori non qualificati o, detto altrimenti,perché non attrae (o attrae in misura relativamente in-feriore) migranti con livelli di istruzione elevati. Questonon riguarda più i flussi migratori ma è un problemastrutturale dell’economia italiana che penalizza tutti i la-voratori qualificati, anche quelli autoctoni».

Qual’è il rapporto tra povertà e sviluppo? Inparticolare nella popolazione migrante?

«Nell’era della globalizzazione (ma non molto diversa-mente dal secolo scorso per molti paesi europei, fra cuiil nostro) l’emigrazione costituisce una delle principalifonti di sviluppo e di reddito nei paesi poveri del sud delmondo, attraverso le rimesse che gli emigrati spedisco-no a casa e il potenziale ritorno degli emigrati stessi.

Dati recenti della Banca Mondiale mostrano che lerimesse totali dai migranti ai paesi in via di sviluppo so-no ampiamente superiori al livello totale degli aiuti allosviluppo, più stabili dei flussi in entrata di capitali in-ternazionali e, a differenza di altri flussi finanziari, arri-vano direttamente alle famiglie. Recenti studi, inoltre,

hanno mostrato che avere un migrante all’interno delnucleo famigliare è una strategia di diversificazione delreddito e di alleviazione di vincoli finanziari che favori-sce piccoli e grandi investimenti all’interno delle fami-glie d’origine, con ricadute positive sull’economia di in-tere comunità rurali ed urbane.

Tuttavia, i flussi migratori sono lontani dall’essereuna panacea per la povertà, a causa delle politiche mi-gratorie restrittive da una parte, e dei costi economicidell'emigrazione internazionale dall’altra. È importantesottolineare, infatti, che gli emigranti che arrivano daipaesi in via di sviluppo non appartengono al settore del-la popolazione più povera e meno istruita del propriopaese, ma possiedono delle risorse (materiali e/o profes-sionali) da investire nel processo migratorio. Per questogli immigrati sono operatori economici fortemente mo-tivati, che generano importanti cambiamenti in termi-ni di sviluppo ed equità sia per i Paesi riceventi sia perquelli di origine. Al tempo stesso, però, la migrazione èsolo una componente del processo di sviluppo dei Pae-si di origine e la lotta alla povertà necessita di ulterioreimpegno e risorse da parte dei Paesi avanzati». .

I NUMERI DELLA BOSSI-FINI

2002 2003 2004

Stranieri rintracciati in posizione irregolare allontanati 88.501 65.153 45.512non rimpatriati 62.245 40.804 34.860totale 150.746 105.957 80.372

Stranieri effettivamente allontanati: 88.501 65.153 45.512Respinti alla frontiera 37.656 24.202 18.725Respinti dai Questori 6.139 3.195 1.993Ottemperanti all'intimazione 2.461 8.126 5.816Espulsi con accompagnamento alla frontiera 24.799 18.844 12.673Espulsi su conforme provvedimento dell' Autorità giudiziaria 427 885 675Stranieri riammessi nei paesi di provenienza 17.019 9.901 5.630

Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati forniti dal Ministero dell'Interno - Dipartimento P.S.

CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA RIEPILOGO GENERALE PRESENZE

2002 2003 2004

Trattenuti 18.625 14.223 11.883

Effettivamente rimpatriati 6.372 6.830 5.688

Dimessi per scadenza dei termini di legge 5.927 4.271 2.919

Dimessi per altre cause 5.003 1.920 3.044

Allontanatisi arbitrariamente 167 225 232

Effettivamente rimpatriati 34,2% 48,0% 48,1%

Dimessi per scadenza dei termini di legge 31,8% 30,0% 24,7%

Dimessi per altre cause 26,9% 13,5% 25,7%

Allontanatisi arbitrariamente 0,9% 1,6% 2,0%

Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati forniti dal Ministero dell'Interno - Dipartimento P.S.

L’ITALIA IN PRIGIONE. SERIE STORICA 1945-2004

ANNO POPOLAZIONEDETENUTAAL 31/12

1945 73.8181955 35.5721965 36.1581975 30.7261985 41.5361995 46.5252004 56.068

Fonte: Ministero della giustizia.Dipart. amministr. penitenziaria.

L’ESECUZIONE PENALE ESTERNA. SERIE STORICA 1991-2004

ANNO MISURE ALTERNATIVEO DI SICUREZZA INIZIATE NEL CORSO DELL’ANNO

1991 5.6651996 19.6462001 25.3872004 28.966

Fonte: Ministero della giustizia.Dipart. amministr. penitenziaria.

L’industria della detenzione si fa strada anche in ItaliaIl modello è quello californiano che assegna al sistema carcerario 5,7 miliardi di dollari (penalizzando altre spese) per 161 mila detenuti e 485 mila sottoposti a misure alternative.

N’AVANGUARDIA: la gestione dei Centri di permanenzatemporanea (Cpt) affidata a privati, soprattutto del ter-zo settore, può essere considerata una sorta di speri-

mentazione in vista della privatizzazione deiservizi di custodia in Italia.

Il Correctional Business nel mondo tota-lizza fatturati da miracolo economico: riguarda approssimativamente11 milioni di “ristretti” in crescita in tutti i Paesi, con multinazionali

che si occupano dei diversi aspetti, dal personale, alla costruzione de-gli istituti, alle mense. Uno di questi giganti, per esempio, è la franceseSodexho leader del catering sia quando fornisce i pasti alle prigioni inSpagna, in Cile, nei Paesi Bassi o ha in appalto la refezione scolastica aMilano.

Gli Stati Uniti hanno sicuramente il primato nell’aver trasformatola carcerazione in un’industria dove i privati sono coinvolti - diversa-mente dall’Italia - in tutte le fasi della detenzione; guardare a loro può

chiarire un percorso iniziato anche da noi, ma sul quale è ancora pos-sibile intervenire.

La California, per esempio, ha istituito il third strike, un sistema cheha reso l’accesso alla prigione simile ad una porta girevole, per cui si en-tra e si esce fino al terzo reato (come passare con il rosso o insultare unpoliziotto), poi si fa la somma e si resta dentro. Con il third strike il bud-get che la California assegna al sistema carcerario è oggi di 5,7 miliardidi dollari e assorbe la maggior parte degli stanziamenti a discapito di

sanità, case e istruzione, per 161mila detenuti e 485mila cittadini sot-toposti a misure alternative alla detenzione. Un anno in carcere costaal contribuente californiano 52mila dollari, mentre un anno all’Uni-versità di Stanford 25mila. Il potente sindacato delle guardie carcerariecaliforniane, il Ccpoa, ha 40mila iscritti e riesce a dire la sua sull’ele-zione di sceriffi e governatori, che poi si esprimono in leggi e compor-tamenti che alimentano la macchina carceraria.

Il rapporto stretto tra aumento della popolazione reclusa e leggi che

di Paola Baiocchi

U

LIBRI

Cristina ArtoniL’amore ai tempidella Bossi FiniBruno MondadoriEditoreMilano, 2005. Storie di unaintegrazione difficile,a volte impossibile, per colpa di unalegge profodamentediscriminatorianei confronti dello “straniero”.

Alessandro Dal LagoNon-personeL’esclusionedei migranti in una societàglobaleFeltrinelli, 2004. Una ricerca di analisifondamentaleper capire la nostrasocietà in relazionecon il processomigratorio.

LIBRI

Giulio Calvisi e Aly Baba Faye Libro bianco sulla Bossi Fini.Rapporto sullapolitica delle destrein materia di immigrazioneEdizioni L’Unità. Un testo sulla politica del centrodestrasull’immigrazionevista dai DS.

Federica SossiStorie migrantiViaggio tra i nuovi confini EdizioniDerive Approdi Roma, 2005. Ogni tappa, ogniluogo geografico di questo viaggioracchiude uno dei drammi modernidell’immigrazione.

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di successo nel reinserimento. Con la Legge Meduri - con-tinua Lacatena - c’è uno snaturamento degli istituti di ga-ranzia. Il nostro servizio cambia e non è più un centro diservizio sociale, un lavoro di sostegno alla persona e dicontrollo sulla sua capacità di inserimento, ma affiancheràil lavoro della polizia penitenziaria, la quale attua delle forme di con-trollo, che non sono sicuramente quelle del servizio sociale».

Può richiedere le misure alternative alla detenzione della legge Goz-zini chi ha una condanna inferiore ai tre anni oppure chi, tossicodi-pendente, ha meno di quattro anni da scontare. Nel caso dell’affida-mento in prova al servizio sociale può dormire e vivere in famiglia econtinuare a lavorare. Nel caso della semilibertà, dorme in carcere e la-vora all’esterno; nel caso della detenzione domiciliare, vive in casa, ma-gari fruendo di alcune ore per lavorare.

Il problema si presenta per chi non ha né casa, né lavoro e qui ilpubblico ha ceduto un altro spazio al privato: gli ostelli che possonoospitare queste persone o le madri straniere con bimbi al di sotto deitre anni, sono solo gestite dal terzo settore.

«Le leggi italiane che ci sono attorno al carcere - dice Fabio Picchivice commissario, comandante della Casa circondariale Don Bosco diPisa - sono giudicate buone e studiate da altri Paesi; il problema è chenon abbiamo né le strutture, né i soldi, per realizzare quello che è pro-gettato». La Gozzini viene disapplicata per un problema reale di risor-se: da sempre c’è carenza di personale sia tra gli educatori che dentro alcarcere seguono il programma trattamentale, sia tra gli assistenti socialiche lavorano sulle misure alternative, in più c’è una grandissima di-sparità di competenze all’interno di queste figure professionali. «Si per-de così la possibilità di offrire opportunità sociali - conclude Maria Ro-saria Lacatena - che sarebbero sufficienti a dare risposte allamaggioranza dei detenuti italiani e anche a risolvere il problema dellarecidiva, che non si affronta con le leggi capestro».

L’offrire opportunità è una bella distanza “culturale” con il si-stema statunitense che vede il carcere come luogo d’isolamento esfruttamento..

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NEGLI STATI UNITI si stima che la spesa carceraria superi i 20 miliardi di dollari all’anno per due milioni di detenuti, di cui 100.000 sono in isolamento, 128.000 sono ergastolani, 100.000 sono minorenni in riformatorio,mentre altri 15.000 minori convivono nelle prigioni per adulti. Il Michigan da solo ha 300 minorenni condannati all’ergastolo senza possibilità di rilascioanticipato. 700.000 detenuti si trovano nelle prigioni locali e, di questi, 400.000sono, più che in attesa di giudizio, in attesa d’avvocato. Aspettano, anche per anni, che qualcuno si degni di trovargli un difensore d’ufficio.

Le persone in libertà vigilata sono 4.800.000 e a questi occorre aggiungere5 milioni di ex detenuti che hanno perso il diritto di voto. Dopo aver letto questidati è meglio rivedere l’immagine degli Stati Uniti come “nazione più libera del mondo”. Nel 1993 l’industria della carcerazione era la terza per importanzanel Paese, con seicentomila addetti.

Ad oggi negli USA ci sono 160 servizi correzionali totalmente privati che operano in 30 Stati, e rappresentano il 7% del mercato statunitense. A queste imprese private i detenuti vengono affidati non appena condannati e sono i privati a gestire tutte la detenzione, con proprio personale penitenziaro.Le carceri private crescono a un ritmo del 35% l’anno. Tra le cinque società che gestiscono il business, le due maggiori sono quotate in Borsa e dominano il mercato. La Correctional Corporation of America (Cca), nata nel 1983 con gli stessi soldi dei finanziatori della Kentucky fried chicken, gestisce il 51% circa delle prigioni private, mentre la Wackenhut Corrections Corporation ne gestisce il 22%. Queste multinazionali della sicurezza operano non solo negli USA, ma anche in Canada, Australia, Gran Bretagna e si stannoaffacciando sul mercato europeo.

Nel decennio 1991-2000, gran parte dei paesi dell’Unione europea hanno registrato incrementi significativi, superiori alle 10 unità, del tasso di detenzione. Si va dal record portoghese, che passa da 82 a 147 detenuti per 100.000 abitanti nel 1998 (ultimo dato disponibile), agli incrementinotevoli dell’Olanda (+ 46), dell’Italia (+37), di Inghilterra e Galles (+33), della Grecia (+27), del Belgio (+25), della Scozia (+24), della Spagna (+22),della Germania (+18) e dell’Irlanda (+16). Secondo l’Observatoire internationaldes prisons (Oip) è la Francia ad avere il record dei detenuti in strutture private, anche se con servizi di custodia statali: sono il 30% sul totale, mentre in Gran Bretagna sono il 9,3 e in Australia il 17,8%.

Anche in Germania i servizi di custodia non possono essere affidati a personale privato, ma tutto il resto sì. E si prevede, nel 2006, l’inaugurazionedella prima prigione che verrà gestita con i privati. Il Cile ha siglato un accordocon un consorzio privato per la costruzione e gestione di dieci nuove prigioni,per un totale di 16mila posti. Uno dei primi contratti firmati è andato a una cordata formata un socio locale, poi la francese Sodexho e l’italianaTorno Engeneering Group; quando Berlusconi ha incontrato il presidente cileno gli ha espresso i suoi complimenti per il sistema penitenziario.

La Sodexho, multinazionale fondata a Marsiglia nel 1966, si dichiara sul proprio sito “leader mondiale dei servizi” e non si fatica a crederlo, con i suoi 300mila addetti in 76 Paesi che operano nel settore delle carceri,“dell’ospitalità” e del catering. P.B.

L’ITALIA IN PRIGIONE. SERIE STORICA 1945-2004

STATO PRESENZE IN CARCERE TOTALE POPOLAZIONE

1 Usa 2.085.620 293.655.0002 Cina 1.548.498 1.306.313.8003 Federazione Russa 763.054 143.100.0004 Brasile 330.642 186.112.7905 India 313.635 1.080.264.4006 Ucraina 198.386 47.425.3367 Messico 191.890 106.202.9008 Repubblica sudafricana 186.739 43.647.6589 Thailandia 168.264 65.444.371

10 Iran 133.658 68.278.82628 Italia 57.046 57.321.070

Fonte: International Centre for Prison Studies, King's College, London.

IL MONDO IN PRIGIONE. LA TOP TEN DEI TASSI DI DETENZIONE E L'ITALIA

STATO TASSO DI DETENZIONE OGNI 100 MILA ABITANTI

1 Usa 7142 Bermuda (GB) 5323 Bielorussia 5324 Federazione Russa 5325 Isole Palau 5236 Isole Vergini (USA) 4907 Turkmenistan 4898 Cuba 4879 Suriname 437

10 Isole Cayman (GB) 429128 Italia 100Fonte: International Centre for Prison Studies,King's College, London.

L’INDUSTRIADELLE SBARRE

lo determinano è sottolineato da Franco Corleone,garante dei diritti dei detenuti per la città di Firenze,ex deputato Verde sottosegretario alla Giustizia conil governo di centrosinistra: «Negli anni Novanta lalegge Iervolino-Vassalli, che puniva con il carcerenon solo lo spaccio, ma anche l'acquisto e la deten-zione di droga per consumo personale o in casi di re-cidività, ha riempito le carceri, come potrebbe suc-cedere ora con la Fini-Giovanardi. La ex Cirielli poi - continua Corleone- ha una seconda parte destinata ai poveracci, che toglierà le misure al-ternative atte al recupero, determinando l’aumento della popolazionecarceraria».

Nel 1990 i detenuti erano 45mila, ora sono 60mila e le nostre pri-gioni straripano. Come far fronte ad un ulteriore affollamento?

La risposta potrebbe arrivare dalla Dike Aedifica SpA, società creatanel luglio del 2003, con azionista unico la Patrimonio SpA del Mini-stero dell’economia. Perché scomodare Dike, dea greca della giustizia?Il ministro Castelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 lo hadichiarato: «Alla Dike saranno attribuite le risorse derivanti dalla ven-dita dei penitenziari dismessi, che saranno utilizzate per le ristruttura-zioni e le acquisizioni da effettuare, in forma privilegiata, attraverso lalocazione finanziaria, con procedure quali il leasing e il project finan-cing, implicanti l’affidamento e la gestione a privati della costruzionedi edifici penitenziari».

Molti interrogativi sulla DikeSulla Dike sono state presentate molte interrogazioni parlamentari, an-che per sapere se sono esistiti rapporti tra la Aedifica e Giuseppe Ma-gni, consulente del Ministero della giustizia per l’edilizia carceraria eiscritto al registro degli indagati per presunte irregolarità e corruzionein appalti per l’edificazione o la ristrutturazione di istituti penitenziari.La Corte dei conti, da parte sua ha espresso perplessità sulla conven-zione stipulata dal Ministero con la Dike, che non risulta formalmen-te approvata e neppure pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, convenzio-

ne che contiene clausole contraddittorie che con-fliggono in più punti con le competenze spettanti alMinistero delle infrastrutture e dei trasporti.

«Al momento la Dike - riprende Franco Corleo-ne - sembra sia inattiva e posso dire che sono statisventati tentativi come quello di vendere il carceredi San Vittore al Comune di Milano. Ma il rischio ècertamente quello di un intervento molto forte del

privato, anche nella definizione del progetto di carcere».La Dike è inattiva, ma esistente. Intanto la finanza creativa si ma-

nifesta, per esempio, nella vicenda del carcere di Pordenone a cui erastato destinato un finanziamento ordinario di 10 milioni di euro, di-ventati, nel 2003, un leasing con stima prevista di 32,5 milioni di eu-ro; una spesa molto più onerosa di un mutuo, ma che permette ope-razioni di lifting nei bilanci.

Un altro settore in cui si spinge verso la privatizzazione è quello delrecupero dei tossicodipendenti detenuti: a Castelfranco Emilia, in pro-vincia di Modena, nel marzo dello scorso anno Castelli e Giovanardihanno inaugurato una ex casa lavoro, trasformata in carcere per tossi-codipendenti con danaro pubblico (7,5 milioni di euro), ma data in ge-stione alla Comunità di San Patrignano.

Peccato che non avessero avvertito la Regione né del progetto,né dell’inaugurazione e che il decreto legislativo n. 230/1999, di rior-dino della medicina penitenziaria, stabilisca che la gestione e le fun-zioni di cura e riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti passinodal Ministero della giustizia alle Regioni e che proprio l’Emilia Ro-magna faccia parte della sperimentazione prevista per questo pas-saggio di competenze.

In un comunicato durissimo l’Emilia ha preso le distanze dall’ini-ziativa del Ministero della giustizia e ha fortemente criticato l’apertura«ad una sorta di gestione privata con la Comunità terapeutica, che sitrova così ad operare all'interno del carcere, anziché orientare il tratta-mento dei detenuti tossicodipendenti verso sbocchi che portino a mi-sure alternative alla detenzione».

Così la Regione ha fatto naufragare l’ipotesi di San Patrignano e haaperto un tavolo, con gli Enti locali, per stabilire la convenzione; ma lareazione sarebbe stata la stessa in Lombardia, dove il governatore For-migoni ha già lanciato l’idea di togliere alla polizia penitenziaria il tra-sferimento dei detenuti per affidarlo a guardie private?

Anche le misure alternative sono un business potenziale

Le misure alternative alla detenzione sono un altro dei nodi dovesi introducono modifiche che ne cambiano la funzione. La legge Me-duri del 27/07/05, che doveva disciplinare l’ordinamento della carrie-ra dirigenziale penitenziaria, modifica in realtà l’istituto e l’opera deiservizi sociali nelle carceri. I Centri di servizio sociale per adulti (Cssa),che attualmente seguono il detenuto dentro e fuori le carceri, diventa-no “Uffici per l’esecuzione penale esterna e assistenza”, ossia organismiche rischiano di essere deputati al puro controllo della eventuale libertàvigilata. «Le misure alternative alla detenzione - spiega Maria RosariaLacatena, assistente sociale presso il Cssa di Pisa - interessano 30milapersone, circa la metà dei detenuti, e hanno una percentuale altissima

SITI

www.stranieriinitalia.comwww.arci.itwww.meltingpot.orgwww.caritas.it/immigrazionewww.naga.itwww.medicisenzafrontiere.it

LIBRI

Medici senza FrontiereCentri di permanenzatemporaneae assistenza, anatomiadi un fallimentoEdizioni Sinnos Roma, 2005. È il rapporto curatodall’Organizzazionee rappresenta la primafotografia dettagliatadella realtà che si viveall’interno dei Cpt.

AA. VV.Stranieri! I centri di accoglienzatemporanea in ItaliaManni editori, 2004.Politiche italianesull’immigrazione,l’accoglienza e i lager.

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BPM VITA

Il nuovo porto francodel Venezuela

Puerto Ordaz| lavanderia |

di Paolo Fusi

ER QUEST’ANNO, NON CAMBIARE: STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE”. Muhammad Nassar El-Din, detto Nasreddin, l’ha detto ai suoi soci italiani, canadesi e sauditi all’indomani dell’11 settembre, che quelli s’erano presi paura.Ma come, dopo il guaio delle Torri Gemelle, ci ritroviamo a Puerto Ordaz come se nulla fosse? Specie ora chetuo cugino è sulla lista nera delle Nazioni Unite? Muhammad, serafico, alle spalle generazioni di aristocraticipersiani, li ha tranquillizzati: vedrete, non succederà nulla. Ed aveva ragione. Oggi, a Puerto Ordaz, ci si va di nuovo a prendere il sole e le zanzare, come se nulla fosse mai accaduto. Ah Venezuela, terra di caldicrocicchi… Da un lato la strada che va a Caracas, dall’altro il Rio Orinoco e le strade che congiungono ai produttori di coca della Colombia, della Bolivia, ai trafficanti di schiavi e droga brasiliani e delle guyane… e di fronte il delta dell’Orinoco, oltre 1000 chilometri di deserto e pantano, centinaia di isolette disabitate,prima di arrivare al mare e vedere di lontano spuntare Aruba, l’isola del Clan Cuntrera, e Curaçao, l’isola in cui la Citibank da oltre trent’anni sposta i soldi di cui nessuno si deve impicciare.

Laggiù la mafia siciliana lavora da oltre vent’anni insieme alla Fratellanza Musulmana e, adesso, ai sostenitori di Al-Qaida. Una storia, badate bene, che non interessa a nessuno. Tanto che quando un avvocatodello Studio Legale che difende Licio Gelli, laggiù litiga con un proprietario terriero e gli manda un sicario, la polizia svizzera manda sì un poliziotto, ma uno, il cui cugino in Venezuela fa il gestore dei conti del Cartello

di Calì ed ha pagato in contanti il killer. Tutti assolti. Ma tutti sanno.Il Parlamento argentino ha scritto il tutto in un rapporto di 800 pagine

e l’ha mandato in giro negli Stati Uniti. Niente: tutti zitti. Zittissimi.Perché incontrarsi nella giungla del Venezuela? Tutto comincia

nel 1983: a) il presidente della Colombia comincia a combatteremilitarmente i cartelli della droga; b) la BCCI (fallita nel 1991) comincia a dare segni d’insolvenza ed i banchieri della Fratellanza Wahabita (GaithPharaon, Khaled Bin Mahfouz, la famiglia Bin Laden, la famiglia Kashoggi

etc. etc. etc.) hanno bisogno di un altro sbocco: si associano una banca ticinese (ex presidente: BernardinoNogara), già del Vaticano, una società immobiliare (ex presidente: Michele Sindona), già dell’Opus Dei e del Vaticano, un rappresentante del Clan di Montreal di Frank Cotroni, un rappresentante dei Santapaola, un rappresentante dei Cuntrera, il generale Noriega (appena arrivato al potere nell’ex colonia venezuelana oggi nota come Panama) – ed un Nasreddin… che feste, ragazzi, nonostante le zanzare.

Per farla breve, questi signori decidono di trasformare Puerto Ordaz nell’attracco delle navi che portano la cocaina nel Nordamerica ed in Europa. Dopo l’11 settembre hanno cambiato poco: ora si scarica in Yemen,in Somalia, in Marocco, in Albania. Le societä sono amministrate da banchieri svizzeri e “uomini d’affari”siciliani e bosniaci, ma i capi del traffico si chiamano Nallib, Altaf, Jalloum, Aziz, Ibrahim. Alcuni di loro eranocon Osama in Afghanistan o in Sudan, ed ora si riposano laggiù, dove nessuno li cerca – come avevano fatto,prima di loro, i gerarchi nazisti. Soldati di ventura di Allah, fanno la guardia alla cocaina, con cui si pagano i kamikaze in riva al Mediterraneo, contro un nemico che non viene. E li arma Monzer Al-Qassar, siriano,coinvolto in tutto, negli ultimi trent’anni. Intanto Bush racconta di guerre vinte in Iraq, di guerre da vincere in Siria e di batoste inflitte ad Al-Qaida. Che risate. È bello e rassicurante sapere che anche la vita dei trafficantidi droga e di armi può essere così noiosa. .

“P

Un rapporto del parlamentoargentino descrive condovizia di particolari l’alleanzatra Fratellanza Musulmana, Al Quaeda e la mafia siciliana.Ma nessuno se ne occupa

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| inbreve || inbreve |

finanzaeticaAssicurazioni, quando la classe di merito fa la differenza >30Caes,recuperare il valore sociale delle assicurazioni >32“My money. Clear conscience”, non investite in armi >35

LA NORVEGIABOICOTTAIL NUCLEARE DIFINMECCANICA

L’indicazione di non investire più in Finmeccanica è arrivata dal “Consiglio etico” del Governonorvegese, in quanto la societàitaliana potrebbe essere coinvoltanella produzione di armi nucleari.Dopo questo suggerimento, Global, il fondo previdenziale pubblico della Norvegia (già denominatoPetroleum Fund), ha così venduto la propria quota di 290 milioni di sterline (423 milioni di euro) - il maggior fondo mondiale - in azioni Bae e ad altre sei ditteproduttrici di armi tra cui appuntol’italiana Finmeccanica. Le societàfanno parte del gruppo Mbda,azienda leader nella produzione di missili. La drastica decisionenorvegese è, infatti, arrivata dopo la rivelazione che la Mbda staproducendo il missile nucleare aria-terra ASMP-A , armacommissionata dalle forze armatefrancesi, la cui consegna è previstanel 2008.

Le aziende coinvolte nellaesclusione, oltre a Finmeccanica,sono: Boeing, Honeywell, NorthropGrumman, United Technologies, Bae Systems e Safran.

Mbda è una joint venture tra Eads (37,5%), Bae Systems(37,5%) e Finmeccanica (25%), è operativa dal dicembre 2001,raggruppa la quasi totalitàdell’industria missilistica europea e si posiziona al secondo posto nel mercato mondiale dopo la statunitense Raytheon.

CAPITALIA,NEL 2005 MENOGUADAGNIDALLE ARMI

La Campagna di pressione alle “banche armate”, promossa da “Missione Oggi”, “Nigrizia” e “Mosaico di Pace”, ha ottenuto un risultato concreto immediato.Capitalia, infatti, nel corso del 2005ha ridotto del 70% gli importi delle transazioni legate a operazionidi export di armamenti.La strada da percorrere però è ancora lunga, perché solo nel 2004era di 1,3 miliardi di euro il valoredelle autorizzazioni all’esportazionedi armi concesse alle banche dal ministero dell’Economia.

L’annuncio è stato fatto daipromotori della campagna nel corsodel convegno “Cambiare è possibile,dalle banche armate allaresponsabilità sociale d’impresa”,durante il quale è stata sollecitataanche la creazione di un osservatoriopermanente che coinvolga banche,sindacati, enti locali e società civile,per monitorare i finanziamenti degli istituti di credito all’industriabellica. L’osservatorio dovrebbe poi coordinarsi con le associazionieuropee che già svolgono attività di monitoraggio del settore. I direttori delle tre riviste promotricidell’iniziativa si sono dettipreoccupati per l’atteggiamento del Governo italiano che, dopo i cambiamenti già apportati alla legge 185/90 sull’esportazionee il commercio di armi, ha recentemente annunciato un progetto di riscrittura della legge.

LA TOSCANA HA UNA NUOVALEGGE SULLA COOPERAZIONE.TRA LE NOVITÀ I CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA

Il consiglio regionale della Toscana, in una delle ultimesedute del 2005, ha approvato la nuova legge sullacooperazione, che regola in maniera innovativa uno dei settori chiave dell’economia regionale. Questa legge,che interviene dopo la normativa del 1977, punta a valorizzare e sostenere oltre 4.000 imprese con circa70.000 addetti - il 5,6% degli occupati in Toscana - che operano in moltissimi settori, dal consumo, al manifatturiero, dalle costruzioni alle attivitàprofessionali, dai trasporti alle abitazioni, nei servizi di carattere sociale, sanitario ed educativo.

Tra le novità contenute nel nuovo testo di legge ci sono i Caic, Centri di assistenza tecnica, che saranno costituiti dalle organizzazioni cooperativesu autorizzazione della Regione, e che si occuperanno di informazione, sostegno, consulenza. Previste anchemisure per il sostegno ai disabili e la valorizzazionedell’occupazione femminile.

Il nuovo testo è stato approvato dal Consiglioregionale con i voti della maggioranza di centrosinistra, di Rifondazione, dell’Udc, mentre si è astenuta Forza Italia.

La legge istituisce, inoltre, la Consulta regionale della cooperazione, prevede lo svolgimentodella Conferenza regionale del settore da svolgersi con cadenza triennale, rafforza l’Osservatorio regionaletoscano e disegna gli interventi per lo sviluppo ed il sostegno del sistema cooperativo.

Per Ambrogio Brenna, assessore alle attivitàproduttive e alla cooperazione, si tratta di “un testoimportante, che ha l’obiettivo di valorizzare questo grande tessuto di imprese, che rafforzal’equilibrio socio-economico della Regione, fondato sulla coesione sociale”.

Entro 180 giorni, la Giunta regionale dovrà predisporreil regolamento attuativo, per disciplinare in dettaglio le attività dei centri di assistenza e le modalità di funzionamento della Consulta della cooperazione.

L’ANTITRUSTMETTENEL MIRINO LE BANCHE

Un’indagine conoscitivadell’Antitrust per capire i reali costi dei servizi bancari è stataannunciata dal presidentedell’organismo garante dellaconcorrenza e del mercato.L’indagine è stata motivata dalla grande oscillazione dei datirilevati sui costi dei conti correnti. Si va infatti dai 30 euro, dichiaratidall’Associazione bancaria italiana(Abi), fino ai 200 denunciati da alcuni consumatori. Dati discordanti anche sui costi di chiusura conto, che variano da 100 euro fino a 35, e sulle spese per il trasferimento titoli.

La polemica sui costi dei conticorrenti e delle spese di gestione in banca è riesplosa dopo la pubblicazione di un’indaginedella società di analisi Cap Gemina,in base alla quale i conti correntiitaliani risulterebbero tra i più caridel mondo, con costi medi di 250euro all’anno. Cifre contestatedall’Abi. L’associazione sostiene cheil prezzo medio annuo che l’utenteitaliano deve pagare per avere unconto, oscilla fra i 65 ed i 113 euro,in linea con gli altri Paesi europei.Inoltre, secondo le associazioni deiconsumatori, dopo il recente rialzodei tassi dal 2 al 2,25% deciso dalla Banca centrale europea, molti istituti avrebbero effettuatomodifiche generalizzate sui conticorrenti, con voci fantasiose di costi, spese e commissioni,limitandosi alla segnalazioneprevista sulla Gazzetta Ufficiale.

ABN AMRO NEL MIRINO DEL DIPARTIMENTO PENALE DELLA GIUSTIZIA DEGLI STATI UNITI

“Come Abn Amro è andata oltre ogni limite nel mondodella finanza spericolata”. È il titolo di un’inchiesta del Wall Street Journal, condotta dal giornalista Glenn R. Simpson, sulle relazioni pericolose del colossobancario olandese, finito ora nel mirino del Dipartimentopenale della Giustizia americano. Secondo le ammissionidella stessa banca, sono stati trasferiti miliardi di dollarinegli Usa senza preoccuparsi di chi facesse questeoperazioni e soprattutto perché le facesse. Inoltre in molteoccasioni è venuta a mancare la necessaria attenzionenella comunicazione delle transazioni al governo degliStati Uniti, come prescrive la legge sui crimini finanziari.Alcuni responsabili della banca avrebbero anchefalsificato documenti relativi ad operazioni per miliardi di dollari con l’Iran e la Libia, Paesi che sono soggetti a sanzione da parte di Washington.

Abn Amro ha sottoscritto una transazione con il Governo Usa e con le autorità olandesi per 80 milionidi dollari a fronte di trasferimenti illegali o sospetti per 70 miliardi da Europa dell’Est, Libia e Iran.

Secondo Simpson, la vicenda prende il via circa 6 anni fa, quando due banche di New York venneromesse sotto accusa dal Dipartimento di giustizia per i loro loschi legami con finanziatori russi. Mentre le altre banche americane cercavano di disfarsi di questiclienti scomodi, la numero uno d’Olanda era la sola che coglieva la ghiotta occasione. Contro i dirigenti di Abn non ci sono ancora capi d’imputazione,nonostante le ammissioni degli stessi. A favore del colosso olandese ci sono: la circostanza che le violazioni sono state scoperte e riferite alle autoritàdagli stessi investigatori ingaggiati dalla banca, e le prese di posizione ufficiali dei vertici contro le pratichee le manovre finanziarie illegali. In questa vicenda, però,il problema etico rimane, per il fatto stesso che l’Abn è stata la testa di ponte negli Stati Uniti per le attivitàfinanziarie dei nuovi raider dell’Est Europa.

Nell’inchiesta del WSJ vengono citati i testi di alcunee-mail scottanti. In particolare una in cui un dirigentedella filiale newyorkese avrebbe scritto: “Comepossiamo non trarre profitto da questa opportunità?”.

COCA-COLASPONSORINDESIDERATOALLE OLIMPIADI

Continua il boicottaggio contro la Coca-Cola, tra i principali sponsordelle prossime Olimpiadi invernali di Torino. Negli Usa la Coca-Cola,infatti, è stata citata in giudizio, per violazione dei diritti umani, dai sindacati di alcune impresecolombiane imbottigliatrici della bevanda.

La protesta contro la multinazionalesegue il percorso del tedoforo. Dopo la Toscana, dove la contestazione ha coinvolto ben 7 tappe, è approdata a Genova. Qui, ad attendere la carovanaolimpica, c’erano circa 150persone. All’arrivo della fiaccola i manifestanti hanno esposto le bandiere della pace e una grossasagoma di cartone in ricordo degli otto sindacalisti assassinati.La manifestazione è stataaccompagnata da un volantinaggioper informare i cittadini del capoluogo ligure sui motividell’iniziativa. Gli organizzatori,quindi, sono stati costretti ad interrompere il percorso e a spegnere la fiaccola. La fiammaè stata trasferita dentro uncontenitore e trasportata da un’autodella carovana. Il tedoforo è statoimbarcato su un bus navetta, che i manifestanti hanno tappezzato con cartelloni raffiguranti un teschio con due torce olimpiche al posto delle tibie e la scritta“boicotta Coca-Cola sponsor dellatorcia olimpica e degli squadronidella morte colombiani”.

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di Paola Baiocchi

| finanzaetica || finanzaetica | assicurazioni |

A LEGGENDA VUOLE CHE BACH ABBIA SCRITTO LE 32 VARIAZIONI GOLDBERg peralleviare le notti insonni del conte Keyserling. Ci sono delle Varia-zioni - non musicali - che per altri sono diventate motivo d’insonnia.

Per arrivarci bisogna partire un po’ da lontano, da un piccolo “les-sico aziendale” che ci serve per orientarci in questo racconto am-bientato nelle assicurazioni delle auto: classe di merito è quel pun-teggio assegnato in base ad una serie di elementi come l’età e ilnumero di incidenti degli ultimi cinque anni ed è certificata dall’at-testato di rischio, che deve essere consegnato all’assicurato almenotre giorni prima della scadenza contrattuale. Ci sono 18 classi di me-rito e, se si è virtuosi, cioè non si fanno incidenti, si scalano dalla di-ciottesima in sù. Fa una bella differenza essere nella quattordicesimaclasse o nella prima: la polizza sulla stessa macchina può costare mil-le euro l’anno oppure 400.

Si tenta di tutto per risparmiare sulle assicurazioni: le polizze te-lefoniche sono meno care, anche se più impersonali; per chi preferi-sce il rapporto personale esistono gli agenti, che svolgono un ruolo di

intermediazione tra compagnie e utenti e - quelli bravi - rendono ve-ramente le cose più facili.

A volte le compagnie complicano un po’ la vita agli agenti: è la sto-ria che hanno vissuto alcuni ex assicuratori della Verona, prima chequesta diventasse, nel dicembre 2003, una divisione della Cattolica.

Alla fine degli anni Novanta la Verona offriva delle polizze daiprezzi veramente convenienti, attirando parecchi agenti: con circacento agenzie su tutto il territorio nazionale, la Verona nata nel 1976,sembrava rappresentare un buon affare per chi si affiliava.

Peccato però che, dietro la rete di vendita, non ci fosse una strut-tura amministrativa altrettanto efficiente e si verificassero parecchieincomprensioni nelle RCA (Responsabilità Civile Auto) soprattuttosulle classi di merito maturate. Al momento del rinnovo delle poliz-ze di assicurati provenienti da altre compagnie, la Verona dichiaravadi non aver ricevuto l’attestato di rischio con la classe di apparte-nenza e quindi procedeva a “declassare” automaticamente alla di-ciottesima, applicando la Variazione 77.

Gli agenti correggevano riportando gli utenti alla loro “merita-ta” classe, ma le cose non si risolvevano perché per la compagnia re-stava aperta la posizione e gli agenti risultavano debitori. La Veronaesigeva il credito, prima attraverso gli ispettori, poi immettendo di-rettamente con un software la correzione sul foglio cassa elettroni-co, il resoconto degli incassi che giornalmente le filiali spedisconovia modem alla sede.

Il racconto di una delle segretarie ricorda la descrizione delle vio-lazioni degli hacker nei sistemi informatici: la stampante che comin-cia a lavorare senza che nessuno abbia impartito l’ordine di stampa,conti in attivo trasformati in debiti. A colpi di Variazione 77 le cifredovute, secondo la Verona, diventano presto milioni di lire e i sonnidi molto agenti si fanno agitati. Ma i clienti non si accorgono di nien-te, perché a fare da filtro ci sono gli agenti.

A questo punto sarebbe stato interessante avere dei chiarimentidalla Cattolica, che ha assorbito il portafoglio clienti della Verona, manon siamo riusciti ad andare oltre l’addetto stampa – Luigi Giudici –che prima ha dichiarato di non vedere proprio perché un giornale co-me il nostro dovesse occuparsi di una storia marginale di agenti plu-rimandatari, poi ha promesso di metterci in comunicazione con qual-cuno che potesse darci spiegazioni. Ma, evidentemente, non hatrovato nessuno che volesse parlare con noi.

Con l’Isvap (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private edi interesse collettivo) le cose sono andate un po’ meglio: su invito del-l’addetto stampa abbiamo inoltrato le nostre domande scritte, in at-tesa di essere smistati al servizio competente. Una settimana dopo ab-biamo ricevuto le risposte per scritto, senza poter aggiungere nulla;peccato, perché organismi come l’Isvap dovrebbero proprio servireper contribuire alla trasparenza nel mondo delle assicurazioni.

Silvia Bartolini, che tratta spesso con istituzioni come l’Isvap inqualità di presidente della delegazione Toscana dell’Associazionedei consumatori Codacons, è più disponibile a parlare con noi:«L’Isvap dovrebbe favorire la dialettica tra il consumatore e le as-sicurazioni, ma si dimostra più spesso un organismo corporativo adifesa delle compagnie».

L

Lo sapevate che le grandi compagnie di assicurazione sono tra i maggiori sostenitori del Protocollo di Kyoto? E che alcune banche, su pressione di campagne di protestainternazionali, hanno scelto di fare marcia indietro sul finanziamento alla produzione ed esportazionedi armamenti? Non preoccupatevi, nel settore finanziario il vizietto del rendimento da perseguire ad ogni costo continua ad appassionare gli animi. E c’è ancora chi investe con profitto nelle mineantiuomo, chi truffa i propri promotori finanziari o taccheggia i clienti con commissioni una tantumnascoste tra le pieghe degli estratti conto. Ma ci sono anche piccoli segnali in controtendenza chefanno ben sperare: compagnie che cambiano strada o ne hanno scelto sin dall’inizio una diversa. In questo servizio vi presentiamo alcuni casi nell’uno e nell’altro senso. Per aiutarvi a capire se è giàora di appendere sul balcone la bandiera bianca o se invece si può ancora sperare che forse, pianopiano, qualcosa possa veramente cominciare a cambiare. Anche nel grigio mondo della finanza.

Una storia di lotta di classi. Ma questa volta solo di merito

New Orleans.Un’immaginedel disastro causatodall’uragano Katrina.La loro potenza aumenta di anno inanno proprio a causa del riscaldamentodella terra. Il protocollo di Kyoto,che gli Stati Uniti non hanno firmato,tende proprio ad arginare questotipo di danni.

Fa una bella differenzaessere nellaquattordicesima classeo nella prima: la polizzasulla stessa macchinapuò costare 1.000 eurol’anno oppure 400

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Page 17: Mensile Valori n.36 2006

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E LA RICORDATE L’ESTATE DEL 2003? Caldo torrido, aria irrespi-rabile e, per settimane, neanche l’ombra di una nuvola.Un’ondata di calore che non si vedeva da mille anni. Solo

in Europa ha provocato almeno 27.000morti. E ha danneggiato gravemente l’a-gricoltura, la navigazione interna e la pro-

duzione di energia. In Portogallo sono sparite decine di et-tari di foreste: il 5% della superficie totale del Paese. Non èandata meglio nel 2004, un anno record per gli uragani ne-gli Stati Uniti e i tifoni in Giappone, mentre il 2005 diffi-cilmente potrà essere dimenticato: le immagini di New Or-leans messa in ginocchio dall’uragano Katrina rimarrannoancora a lungo impresse nella memoria.

Se si cerca di valutare in termini economici l’entitàcomplessiva dei danni causati dalle catastrofi ambienta-li degli ultimi anni ci si trova di fronte a cifre astrono-miche. Miliardi di euro di profitti in fumo per le impre-se, miliardi spesi dai governi per rispondere alleemergenze, soccorrere e curare i feriti, ricostruire strade,scuole, ospedali. E soprattutto miliardi pagati dalleCompagnie di assicurazione ai clienti danneggiati: soloper Katrina ne dovranno sborsare più di 50.

Di necessità virtùNon è un caso che tra i maggiori sostenitori del Protocol-lo di Kyoto - il primo accordo internazionale per contra-stare l’aumento di temperatura della terra - ci siano pro-prio le assicurazioni. La Compagnia tedesca Allianz -leader di mercato in Europa - è stata tra le prime a scen-dere in campo. Nel giugno del 2005, con la collaborazio-ne del WWF, ha pubblicato un rapporto dettagliato (Cli-mate change & the financial sector: An Agenda forAction) che analizza gli effetti del clima sul settore finan-ziario e propone azioni concrete per prevenire il collassoambientale ed economico del pianeta. “I cambiamenticlimatici costituiscono un rischio serio per l’economiaglobale: incidono sulla ricchezza della popolazione, sulladisponibilità delle risorse, sul prezzo dell’energia e sullavalutazione delle imprese. È ora di rivoluzionare il modoin cui usiamo e produciamo l’energia, studiare nuove op-zioni per lo sviluppo economico, per il benessere della so-cietà. È ora di trasformare i rischi in opportunità”. Lo stu-

dio inizia con questa dichiarazione congiunta del CEO diAllianz, Joachim Faber, e di Paul Steel, direttore di WWFInternational. Lo scopo è chiaro: far capire alla comunitàfinanziaria che il business as usual ha i minuti contati.

L’ambiente presenta il contoBasta sfogliare le prime pagine del rapporto per rendersiconto della gravità della situazione. L’ambiente ci sta pre-sentando il conto di un modello di sviluppo miope, ener-givoro, fuori controllo. Un conto salatissimo. «I cambia-menti climatici influiranno negativamente sulle risorseidriche, faranno diminuire i raccolti nelle zone tropicali,causeranno un innalzamento del livello dei mari che pro-vocherà lo spostamento in massa di decine di milioni per-sone». Popolazioni in fuga, che ci abitueremo a chiamare“climate refugees”, profughi climatici. Gli effetti sulla sa-lute saranno altrettanto gravi. Le inondazioni, l’inquina-mento e l’umidità crescente faciliteranno la diffusionedella malaria e di altre epidemie. Secondo l’Organizzazio-ne Mondiale della sanità già oggi muoiono per il clima al-meno 160.000 persone per fame, problemi respiratori, an-negamento, scarsa qualità dell’acqua. I cambiamenticlimatici non risparmieranno nessuno ma, come succe-de spesso, si abbatteranno con maggiore violenza sui Pae-si poveri, in particolare quelli della fascia tropicale chedovranno convivere con temperature insopportabili enon avranno i mezzi sufficienti per prevenire e affronta-re i disastri naturali. I segnali di questa tendenza sonochiari già da adesso: in seguito alle catastrofi degli ultimianni la Banca Mondiale è diventata, involontariamente,la terza Compagnia di riassicurazione mondiale, dopoMunich Re e Swiss Re, perché è stata costretta a deviarebuona parte dei suoi fondi per lo sviluppo verso i Paesi po-veri colpiti da uragani e inondazioni.

Ma il rapporto di Allianz e WWF va oltre e conside-ra le conseguenze di lungo periodo anche sui Paesi ric-chi: «anche il nord dovrà fare i conti con costi climati-ci esorbitanti. La maggior parte delle grandi impreseeuropee, statunitensi e giapponesi hanno un numerocrescente di stabilimenti, uffici commerciali e fornitorinei Paesi in via di sviluppo. I disastri incideranno sullacatena di produzione».

74 mila miliardi di euroAlla fine della fattura gli zeri da contare potrebbero es-sere dodici. Uno studio della Commissione Europeastima i danni complessivi potenziali dei cambiamenticlimatici - se nel frattempo non si prenderanno prov-vedimenti - in 74 mila miliardi di euro, quasi tre volteil prodotto mondiale lordo. Una cifra che risulta diffi-cile immaginare. Allianz si sofferma in particolare suicosti e i rischi per i settori assicurativo e bancario. Le as-sicurazioni sono tra le società più esposte ai cambia-menti del clima: le imprese che si assicurano contro leinondazioni e gli uragani busseranno sempre più spes-so alle porte delle compagnie per ottenere risarcimenti

VAllianz fa il tifo per il protocollo di Kyoto

Con il passaggio dalla lira all’euro, tra il 2000 e il 2001, i rapporticon la Verona si incrinano definitivamente e sessanta agenzie su cen-to lasciano l’assicurazione veneta, ma cominciano le trattative sulle ci-fre: su crediti esigibili di qualche centinaia di milioni di lire, la Com-pagnia transa a venti, trenta, come nei fallimenti.

Nel dicembre del 2003 la Verona viene assorbita dalla Cattolica, di

cui era sempre stata una costola. Ora restano ancora delle cause, nelForo competente di Verona, dove il Gruppo è radicato da oltre centoanni, stringe alleanze con l’Università per dar vita al Corso di Laureasull’Economia delle Assicurazioni e riserva anche venti biglietti agli as-sicurati veronesi per ogni partita in casa del Chievo, che porta sullamaglia il logo della Cattolica. . L’ONG BELGA NETWERK VLAANDEREN ha scoperto che AXA, un Gruppo

bancario e assicurativo internazionale attivo anche in Italia, sta investendocirca 2,7 miliardi di dollari nei titoli di Textron e ATK, due società statunitensiche producono mine antiuomo. L’investimento in Textron è particolarmentesignificativo. Sommando investimenti diretti e indiretti (tramite fondi offerti alla clientela), AXA controlla quasi il 29% del capitale azionario della società. Il fatto che AXA investa nella produzione di armi non convenzionali non è una

novità. Nella primavera del 2004Netwerk aveva rivelato che i cinque maggiori Gruppi finanziaridel Belgio (AXA, Dexia, Fortis, INGe KBC) avevano in portafoglio titolidi Singapore TechnologiesEngineering, un produttore di minecon sede a Singapore. Questascoperta, unita alla pressione della campagna “My Money. ClearConscience?” (“Il mio denaro.Coscienza pulita?” - vedi l’articolo“Conto arancio. Conto armato?”sul numero di Valori di Aprile2005) convinse Dexia, Fortis, ING e KBC a bloccare i loro investimentinelle mine. Solo AXA si rifiutò

di fare marcia indietro. La sezione belga della società è stata comunqueobbligata ad azzerare gli investimenti in Singapore Technologies Engineering. Il Belgio, dal giugno 2004, è infatti la prima nazione al mondo ad averpromulgato una legge che proibisce gli investimenti in società che produconomine antiuomo. Ora l’attenzione si è spostata su Textron che, secondoNetwerk, sarebbe ancora presente nei portafogli dei fondi che AXA vende ai clienti belgi. Il 18 ottobre scorso alcuni attivisti della campagna “My Money.Clear Conscience?” hanno simbolicamente cercato di sminare la sedeprincipale di AXA a Bruxelles, muniti di tutta l’attrezzatura necessaria per il riconoscimento e il disinnesco delle mine (vedi foto). M.M.

“Chiuso per sminamento”. Due attivisti della Campagna “My Money. Clear Conscience?”cercano di sminare la sede di AXA a Bruxelles.

AXA FINANZIA I PRODUTTORI DI MINE ANTIUOMO

VERSIKO (WWW.VERSIKO.DE) NASCE NEL 1975 come “Alfred & Klaus, collettivo di assicurazione” in un garage nei pressi di Düsseldorf, quando Alfred Platow e Klaus Odenthal, due assistenti sociali che gestiscono centri giovanili,decidono di diventare assicuratori e consulenti di organizzazioni ambientaliste.

Negli anni Versiko sviluppa prodotti finanziari propried elabora soluzioni assicurative e previdenziali in collaborazione con le grandi compagnie di assicurazione, in particolare con Continentale. Nel 1995 diventa una società per azioni e dal 1999è quotata alla borsa di Francoforte. Tra i prodottiassicurativi e previdenziali offerti da Versiko c’è la pensione privata VersiRente e l’assicurazione sulla vita VersiLife, entrambe legate all’andamento di fondi di investimento socialmente responsabili.Nel 2005 entra nel capitale sociale - con il 25,1% -

il gruppo bancario Fortis, con lo scopo di promuovere in tutta Europa i fondi di investimento etici di Ökoworld Lux SA, società di gestione del risparmio creata da Versiko. L’assicuratore tedesco ha oggi una ottantina collaboratori, di cui 21nell’amministrazione centrale e circa 60 agenti a provvigione negli uffici di Düsseldorf,Berlino, Colonia, Bonn, Amburgo e Stoccarda. Dopo tre anni consecutivi con il segnomeno, nel 2004 il bilancio di Versiko ha chiuso con un utile di 373.000 euro. I ricavi da provvigioni sono stati pari a 8,25 milioni di euro. (M.M)

NASCE IN UN GARAGE IL PRIMOASSICURATORE ETICO TEDESCO

I fondatori di VersikoAlfred Platow e Klaus Odenthal.

I cambiamenti climatici hanno un impatto sempre maggiore sui conti delle assicurazioni. Le grandi Compagnie corrono ai ripari e si creano alleanze insolite. Come quella con il Wwf.

I disastrosi effetti di alcune inondazioni.

L’Isvap sembra più un organismocorporativoa difesa delle compagnie

di Mauro Meggiolaro

Page 18: Mensile Valori n.36 2006

5 MAGGIORI GRUPPI FINANZIARI PRESENTI IN BELGIo investo-no complessivamente 1,5 miliardi di dollari in 11 im-prese che producono armi”. Sono questi i dati – evi-denziati da una ricerca dell’associazione NetwerkVlaanderen - da cui è partita la campagna “My money.Clear Conscience?”, lanciata da un gruppo di ONG

belghe alla fine del 2003. La campagna chiedeva alle banche di fermareogni investimento nell’industria degli armamenti e di essere più traspa-renti nel comunicare le loro strategie di investimento nelle armi. Ne ab-biamo parlato nel numero di Valori di Aprile 2005 (Cfr. l’articolo “Con-to arancio. Conto armato?”), esaminando nel dettaglio il volume diinvestimenti dei cinque gruppi analizzati (AXA, Dexia, Fortis, ING eKBC) nella produzione di mine antiuomo, bombe a grappolo, uranioimpoverito e munizioni nucleari. Ce ne siamo occupati perché si trattadi banche e assicurazioni che sono sempre più presenti in Italia coni loro prodotti, basti pensare al Conto Arancio di ING. A più didue anni di distanza dal lancio della campagna, si comincia-no a raccogliere i primi importanti frutti. Alcune banche han-no fatto marcia indietro, altre hanno elaborato politiche benprecise sull’investimento nei produttori di armi, altre ancorahanno chiuso la porta e hanno preferito continuare sulla lorostrada. Ma vediamo, in breve, che cosa è cambiato per AXA,DEXIA e ING, le società più presenti nel nostro Paese.

AXA: Indifferente. Dal primo report di Netwerk (ottobre 2003) risultavache AXIA stava investendo 1 miliardo di dollari in 10 produttori di ar-mi, con partecipazioni azionarie importanti in ATK (4,61%), Allied De-fense Group (2,6%), Lockheed Martin (1,86%) e BAE Systems (1,18%).Il secondo rapporto (aprile 2004) ha rivelato investimenti in produtto-ri di bombe a grappolo, mine antiuomo e altre armi controverse. Il co-losso assicurativo e bancario francese è rimasto indifferente alle solleci-tazioni della campagna. “AXA non adotterà mai un codice o dei criteriin relazione all’investimento nei produttori di armi”, ha dichiarato laportavoce Elly Bens. Un’unica nota positiva: la divisione belga di AXAha azzerato gli investimenti dei suo fondi comuni in Singapore Tech-nologies Engineering (STE), produttore di mine antiuomo. Ma si trattadi un atto dovuto, visto che, grazie anche alle pressioni della campagnadi Netwerk, dal giugno del 2004 gli investimenti in questo tipo di mi-ne sono proibiti in Belgio. La decisione della divisione belga di AXA in-teressa appena il 2% delle azioni di STE che AXA possiede in tutto ilmondo. Nell’ottobre del 2005 Netwerk ha scoperto investimenti in al-tri due produttori di mine (Textron e ATK, vedi ). BOX

DEXIA: Grandi passi avanti. 42,5 milioni di dollari investiti in societàche producono armi come Thales, General Dnamics e BAE Systems.Investimenti in produttori di armi non convenzionali. Sono questi idati evidenziati dai due rapporti di Netwerk. Ma Dexia non si è tira-ta indietro di fronte alle richieste delle ONG belghe. Ha venduto lesue partecipazioni in BAE Systems e EADS, ha eliminato dai suoi fon-di le azioni di STE e, nell’aprile del 2005, ha elaborato linee guida benprecise per regolare l’investimento negli armamenti. Dexia non cre-de che il settore della difesa debba essere necessariamente escluso da-gli investimenti, ma ammette che sia necessario un approccio diver-so rispetto alle altre attività della banca.

Ecco i tre punti chiave del nuovo approccio: 1) esclusione degliinvestimenti diretti e indiretti (tramite fondi comuni) in produttoridi mine antiuomo, a cui vengono negati anche tutti i servizi banca-

ri (conti, crediti, ecc.); 2) vietati i finanziamenti a progetti di ri-cerca, sviluppo e produzione di armamenti (munizioni, ae-rei, sottomarini, ecc.). Non sono invece vietati ifinanziamenti per la produzione di radar, satelliti, simula-tori, centri di addestramento, veicoli leggeri utilizzati dal-l’esercito, ecc.; 3) Il gruppo Dexia e le società controllatehanno venduto tutte le loro partecipazioni azionarie diret-te in società che producono armi e non intendono assu-merne di nuove. Grandi passi avanti, ma per i promotoridella campagna si puo’ fare di più. Per esempio eliminare

da tutti i fondi comuni di investimento offerti alla clientela (e nonsolo da quelli etici) le azioni di imprese coinvolte nella produzione enel commercio di armi.

ING: Prime aperture. La banca del conto arancio si è dimostrata dispo-nibile al dialogo anche se resta ancora molto da fare. Nelle sue ricer-che Netwerk aveva scoperto investimenti per 300 milioni di dollariin 9 produttori internazionali di armamenti e crediti a EADS (secon-do produttore di armi in Europa) per la costruzione di nuovi missilinucleari M51 destinati alla marina francese. Alla fine del 2004, la di-visione olandese del gruppo era stata coinvolta anche in un grandefinanziamento per l’esportazione di armi in Indonesia, Paese cono-sciuto per le violazioni sistematiche dei diritti umani. In seguito allepressioni delle ONG belghe, ING, nel marzo del 2005, ha elaboratouna nuova politica per l’investimento in armamenti.

“ING ha fatto un passo importante nella giusta direzione”, ha di-chiarato Netwerk. “Le linee guida sono chiare e comunicate in modotrasparente”. Ma i margini di miglioramento sono ancora ampi. .

Il Conto Arancio è un po’ meno armato

“IObbiettivo della campagna “My money. Clear Conscience” è fermare ogni investimento delle banche nell’industria bellica. ING si è dimostrata disponibile al dialogo e ha elaborato una nuova politica per gli investimenti in armi

| finanzaetica |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 35 || 34 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

milionari. Le proiezioni statistiche dell’Associazionedegli Assicuratori Britannici (ABI) parlano chiaro: «en-tro il 2050 il costo annuale delle richieste di risarci-mento per eventi legati al clima raddoppieranno fino araggiungere i 3,3 miliardi di euro. Un anno particolar-mente negativo (come il 2005) potrebbe costare da so-lo 20 miliardi». Il problema più serio sembra essere l’a-deguamento dei premi, che sono calcolati in base aproiezioni statistiche di dati storici. L’ABI stima che i ri-schi climatici potrebbero essere sistematicamente sot-tovalutati di almeno il 30% a causa dello sfasamentotemporale tra i dati storici utilizzati e il momento futu-ro in cui le catastrofi potrebbero verificarsi. In pratica ilclima potrebbe cambiare molto più in fretta di quantole statistiche possano prevedere. Già oggi per Allianz il35-40% dei risarcimenti per danni assicurati a livelloglobale sono dovuti a catastrofi naturali. Altri effetti suiprofitti delle Compagnie di assicurazione potrebberoderivare da un volume crescente di richieste di risarci-mento riconducibili al clima: cali delle vendite, stressdei lavoratori o dei clienti causato dal caldo, danni aiveicoli, ritardi nei viaggi, inquinamento da inondazio-ni. Secondo il rapporto di Allianz e WWF non potran-no dormire sonni tranquilli nemmeno le banche. Il ri-schio creditizio potrebbe aumentare per le imprese più“carbon intensive”, quelle cioè che più di altre emetto-no CO2 nell’atmosfera (ad esempio i produttori di ce-mento) e che quindi dovranno spendere di più per ade-guarsi alle politiche di riduzione delle emissioni.

Dai rischi alle opportunitàMa Allianz e WWF non si fermano all’analisi impieto-sa e desolante dei rischi, dei costi e delle catastrofi. Alcontrario, alla fine del Rapporto viene stilata una“Agenda for Action” per ogni tipo di operatore finan-ziario, una vera e propria lista di azioni da intraprende-re per prevenire il peggio. Con una sola raccomanda-zione: bisogna fare presto. Ecco in breve i consigli chevengono dati alle Compagnie di assicurazione: a) rac-cogliere informazioni sui rischi climatici futuri in mo-do da prevedere con maggiore precisione i danni asso-ciati al clima; b) controllare l’esposizione dei clienti allecatastrofi naturali e sviluppare modelli di previsionespecifici, come ad esempio il “flood zoning”, la suddi-visione delle aree geografiche in base alla probabilitàche si verifichino inondazioni; c) promuovere - in col-laborazione con i partner industriali - lo sviluppo di tec-nologie che puntano a diminuire le emissioni di CO2:energie rinnovabili, motori elettrici, ecc. Alcuni hannogià adottato anche soluzioni concrete scontando il pre-mio a chi assicura auto ibride.

Il 5 gennaio scorso St. Paul Travelers, un assicuratoreamericano, ha annunciato sconti del 10% per chi pos-siede e vuole assicurare automobili ibrid. A basse velocitàfunzionano grazie a un motore elettrico, mentre quandola velocità aumenta ricaricano la batteria elettrica. .

1) COME FUNZIONA UN CONTRATTO DI ASSICURAZIONE? Quandofirmiamo un contratto di assicurazione trasferiamo a chi ci assicura (compagnia diassicurazione) un rischio al quale siamo esposti. La compagnia si assume il rischio al nostroposto e, in cambio, noi le paghiamo una somma di denaro, che viene chiamata premio.Esempio: Mario Bianchi decide di assicurare la sua automobile (che vale 15.000 euro)contro il rischio che venga rubata, pagando 200 euro a una compagnia di assicurazione. Se l’auto viene rubata, la compagnia paga a Mario Bianchi 15.000 euro come risarcimento.Se il furto non si verifica, la compagnia non ha nessun obbligo nei confronti del sig. Bianchi.

2) A COSA SERVE L’ASSICURAZIONE? Il contratto di assicurazione serve ad eliminarel’incertezza che grava su chi è esposto a un rischio determinato. Mario Bianchi è incertoperché non sa se la sua auto nuova verrà rubata. Assicurandosi, si libera dall’incertezzaperché sa che, in caso di furto, può contare sull’impegno dell’assicuratore a risarcirlo.

3) COME FUNZIONA UNA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE? La compagnia di assicurazioneè un’impresa che, grazie al numero elevato di rischi che si assume è in grado di determinarecon esattezza la probabilità che si verifichino, ripartendone le conseguenze negative tra unapluralità di soggetti esposti allo stesso tipo di rischio. Nel nostro esempio la compagnia si assume il rischio che venga rubata la macchina a Mario Bianchi, ma anche a Luigi Rossi,Stefania Verdi e a molte altre persone. Ipotizzando che si siano assicurate 100 personeversando un premio di 200 euro (per un totale di 20.000 euro totali di premi versati) e che la macchina venga rubata solo a Mario Bianchi, l’assicurazione dovrà risarcire solo il sig. Bianchi con 15.000 euro. La compagnia ricaverà i 15.000 euro dai premi degli altri 99 assicurati che non hanno subito il furto. Le conseguenze negative del furto ai danni di Mario Bianchi sono così ripartite su 99 persone che hanno pagato 200 euro di premio senza ricevere in cambio niente di più che la liberazione dall’incertezza.

Per comodità, abbiamo assunto che tutte le auto assicurate abbiano un valore di 15.000 euro e che tutti paghino un uguale premio di 200 euro. Nell’esempio il premio, che l’assicurazione aveva fissato in anticipo in base al calcolo statistico delle probabilità di furto (1%), permette di risarcire Mario Bianchi e di remunerare l’attivitàdell’assicurazione con 4.800 euro (200 x 99 = 19.800; 19.800 -15.000 = 4.800).

4) DOVE VENGONO INVESTITI I PREMI? Una volta che ha incassato i premi (nel nostro esempio20.000 euro) la compagnia di assicurazione li investe in titoli di Stato, azioni, fondi, immobili.Dai premi e dai guadagni che ottiene investendoli, la compagnia trae le risorse necessarie per far fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati e risarcire il loro danno.

5) COSA SI INTENDE PER “SOMMA ASSICURATA”? La somma assicurata è l’importo nei limiti del quale l’assicuratore si impegna a risarcire l’assicurato. Nelle assicurazioni di cose, la somma assicurata corrisponde di regola al valore dei beni assicurati (valoreassicurabile, nel nostro esempio 15.000 euro, il valore dell’automobile del sig. Bianchi).Nelle assicurazioni del patrimonio o assicurazioni di spese, è l’importo pattuito che indicail massimo che l’assicuratore è disposto a risarcire (in questo caso non si parla di valoreassicurabile ma di massimale, vedi l’esempio delle RC auto).

Mauro Meggiolaro in collaborazione con Pietro Negri, direzione Affari Giuridici ANIA(Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, www.ania.it)

CINQUE DOMANDE SULLE ASSICURAZIONI

di M.M.

Il simbolo dellacampagna

“My money. ClearConscience?”

Page 19: Mensile Valori n.36 2006

| bruttiecattivi |

Banche italiane

di Andrea Di Stefano

ORSE A MOLTI SPIACE DOVERLO CONSTATARE. Ma la notizia, cruda, è ottimamente riassunta dall’agenziaReuters: «La Corte di Appello di Bologna ha respinto l’opposizione di Unicredit Banca e di alcuniesponenti aziendali, tra cui l’amministratore delegato del gruppo Unicredit Alessandro Profumo,confermando la condanna a pagare sanzioni amministrative e pecuniarie per 437.000 euro perirregolarità accertate da Consob in seguito a ispezioni condotte tra il 13 ottobre 2003 e il 10 marzo2004, sull’operatività su titoli emessi o garantiti dalla Repubblica Argentina. Consob ha contestatouna serie di violazioni a esponenti aziendali, all’epoca dei fatti, di Unicredito Italiano e a UnicreditBanca in qualità di responsabile in solido. Tra queste «il non essersi l’intermediario dotato di procedure interne idonee ad assicurare l’efficiente, ordinata e corretta prestazione dei servizi di investimento; l’avere effettuato operazioni nei confronti di clientela retail senza avere fornito agli investitori informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specificaoperazione; non essersi l’intermediario astenuto dall’effettuare operazioni non adeguate al profilodegli investitori... e dall’effettuare operazioni in conflitto di interessi».

Sanzioni simili hanno colpito, sempre per i bond argentini, i vertici delle banche che oggi fannoparte del Gruppo Banca Intesa (Nuovo Banco Ambrosiano, Comit e Cariplo). Ma nel libro nero

degli istituti che hanno ricevuto multe dalla Consob, in questo caso per il crack della Cirio, figura un altro lungo elenco di manager, presidenti, amministratoridelegati e sindaci di dieci banche: Monte Paschi Siena(anche per la controllata Banca Agricola Mantovana),Banca Intesa, San Paolo Imi, Banca di Roma, Bnl, Cassa di Risparmio di Torino (gruppo Unicredit),

Antonveneta, Cassa di Risparmio di Firenze, Popolare di Ancona, Credito Emiliano.Poco prima del Natale è arrivata anche la richiesta di rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta

a carico dei vertici di Capitalia, Popolare di Lodi e SanPaolo-Imi per la vicenda Cirio: una truffa da 1,125 miliardi di euro che ha coinvolto 13 mila risparmiatori. Oggetto dell’indagine nove bondemessi tra il 2000 e il 2002 con il sostegno di banche che, in alcuni casi, erano debitrici del gruppodi Cragnotti e che sarebbero rientrate dall’esposizione attraverso la vendita delle obbligazioni. I responsabili delle società emittenti - dunque la famiglia Cragnotti - avrebbero costituito, si leggenel provvedimento della Procura di Roma, «tre società dichiarate insolventi il 19 novembre 2003,Cirio Holding Luxembourg sa, Del Monte Finance Luxembourg sa e Cirio Finance, vere e propriescatole vuote al solo scopo di emettere le obbligazioni in Lussemburgo (pur sapendo fin dall’inizioche sarebbero state negoziate quasi esclusivamente in Italia)» e, quindi, al fine di aggirare la valutazione del rischio attraverso società di rating indipendenti. I titoli furono emessi e negoziatiin Lussemburgo corcordando «fittiziamente» che fossero destinati solo agli investitori istituzionaliquando, sostengono i magistrati, sin dall’inizio i bond erano «di fatto destinati al mercatosecondario italiano» e, dunque, ai risparmiatori.

Cosa aspettano questi manager a rassegnare le dimissioni? .

F

Cosa aspettano i vertici degliistituti così pesantementechiamati in causa, soprattuttodall’inchiesta sulla bancarottaCirio, a rassegnare le dimissioni?

povertànuoveosservatorio

a cura di Sarah Pozzoli e Elisabetta Tramonto

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 37 || 36 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

“La porta della Sicilia”. Una testimonianza dello splendore normanno, un centro di commercio e cultura che ha portato alla costituzione della prima Università degli Studi Siciliani. Una forza distrutta più volte dalle dominazioni (a cominciare da quella borbonica),dalla natura (il devastante terremoto con maremoto del 1908 che provocò 70.000 morti) o dalla guerra (bombardata più volteper la posizione strategica durante la Seconda Guerra Mondiali).Da allora, la città non si è mai ripresa.

Agli onori della cronaca nazionale Messina è arrivata soprattutto per il “verminaio” rappresentato dagli scandali che hannoinvestito l’Università, il Palazzo di Giustizia e soprattutto la sanità. Nel frattempo la città ha subito un “terremoto” economico,sociale e umano. È questo il contesto nel quale Valori ha deciso di realizzare la prima tappa dell’Osservatorio sulle nuove povertà,un iniziativa frutto della collaborazione con Caritas Italiana, una delle poche (se non l’unica) realtà che cerca di mettere la testa nei fenomeni sociali.

Parlare di poveri non è di moda. Salvo che per qualche servizio di cronaca un po’ strappalacrime. Noi cercheremo di farlo raccontando e analizzando le molte realtà del Paese.

messina

Parte dalla città dello Stretto l’inchiesta sulla nuova emergenza sociale e le sue implicazioni economiche

Sanzioni e rinvii. Ma loro non mollano

Da sinistra a destra:Una discarica a cielo apertodavanti alle case popolaridel villaggio Aldisio; un asilo mai aperto in unazona periferica della città;case semidistrutte vicino al villaggio Camaro; la carcassa di un’autobruciata ai margini di una baraccopoli; uno dei vialoni di ingresso in città.

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| osservatorio nuove povertà | messina |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 39 || 38 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

osservatoriomessinanuovepovertà

aveva una famiglia e un lavoro. Faceva il cameriere negli alberghinella provincia di Messina. Poi ha perso il lavoro e sua moglie lo halasciato. In quest’ordine o viceversa, poco importa. Di fatto, oggi èsolo e disoccupato. «Chi vuole che dia un lavoro a un cinquanten-ne?», dice rassegnato. Il confine che separa dalla povertà è sottile, su-perarlo è più facile di quanto si creda, oggi più di ieri. A Messina inmolti lo hanno già varcato e in molti sono proprio sul bordo del pre-cipizio. Sono i nuovi poveri, che vanno ad aggiungersi ai vecchi.

Nuove e vecchie povertà, visibili e invisibiliChi sono dunque questi “nuovi” poveri? Sono diversi dai “vecchi” po-veri? «In parte» risponde Guido Signorino, docente di economia re-gionale all’università di Messina, che ha curato insieme a Sabrina Mu-naò e Salvatore Rizzo il rapporto della Caritas sulle povertà in Sicilia:“Fragilità sociale e mancato sviluppo”. Vecchi e nuovi poveri affronta-no gli stessi problemi, lo stesso disagio, hanno le stesse esigenze. Soldi,un lavoro, medicinali, cibo, una casa. Questi i bisogni delle fasce po-vere della popolazione messinese rilevati dall’indagine condotta neicentri di ascolto della Caritas. Vecchi e nuovi poveri si differenziano

nelle cause che li hanno portati alla condizione di disagio. «I vecchi po-veri sono nati e cresciuti in famiglie indigenti – spiega Guido Signori-no - È una condizione ereditata, difficile da modificare. Di solito pas-sando da padre in figlio il livello di istruzione, di lavoro e di redditorestano bassi. Anzi, spesso la condizione tende a peggiorare. Abbiamocondotto una ricerca per due anni consecutivi nelle prime due classidelle scuole superiori a Messina per individuare la diffusione del lavo-ro nero e minorile. È emerso che mentre il primo anno, 2001-2002, iragazzi che avevano già avuto esperienze di lavoro erano il 21%, unostudente su 5, l’anno successivo, la percentuale era salita al 35%, unostudente su 3. Un aumento vertiginoso, sintomo di una crescita dellapovertà». Quali, invece, le nuove povertà? «Sono legate in modo cre-scente all’immigrazione o a improvvise avverse condizioni economi-che che possono colpire una famiglia: il fallimento di un’attività com-merciale, la perdita del lavoro del capo famiglia – continua GuidoSignorino – Eventi che oggi, con la diffusione del lavoro irregolare e

con la scarsa accoglienza delmercato messinese, sono dif-ficili da superare e rischianodi attivare la spirale della po-vertà». «Le categorie più a ri-schio sono le famiglie nume-rose, in particolare quelle cheaccolgono in casa un anzianonon autosufficiente – raccon-ta Sabrina Munaò – Poi ci so-no le donne sole, separate ovedove, che si trovano a do-ver provvedere alla famiglia.

C’è chi ha perso il lavoro in tarda età e non riesce più a inserirsi nelmondo del lavoro. Ma ci sono anche molti giovani che non trovanoun’occupazione o ne trovano una precaria. La povertà, soprattutto ne-gli ultimi anni, ha assunto forme invisibili, in apparenza, e, per questo,più subdole. I nuovi poveri sono anche operai, impiegati e commer-cianti che, soprattutto dopo l’arrivo dell’euro, faticano ad arrivare allafine del mese. È la cosiddetta povertà grigia, di chi vive appena soprala soglia di sopravvivenza e, alla prima spesa imprevista, precipita».

Ma quanti sono i poveri a Messina? Difficile misurare la povertà.Si può avere una prima idea della situazione dal numero di richiestedi sussidio economico che arrivano ai servizi sociali. «Sono state cir-ca 1.500 le domande arrivate in Comune nel 2000 e, da allora, la si-tuazione è rimasta più o meno la stessa – spiega Sabrina Munaò -5.000 le persone coinvolte, di cui 1.700 minori. Considerando che gliabitanti di Messina sono circa 250.000, la percentuale di persone col-pite non è così elevata, il 2%. Ma questo dato non comprende tuttequelle famiglie, di cui accennavo prima, che sono appena al di sopradella soglia di povertà». «A Messina c’è un’area di povertà molto piùampia di quanto risulti dai dati – dichiara Mario Centorrino, neo-as-sessore al bilancio della città - Ho assistito alla distribuzione di pastigratuiti in una mensa e mi ha colpito vedere persone che non reca-vano segnali evidenti di povertà. Se li avessi incontrati per strada nonavrei pensato che fossero così indigenti. Eppure erano in fila con ilvassoio in mano per chiedere un piatto di pasta».

Incontro ravvicinato con la Messina più poveraPer guardare in faccia la povertà a Messina bisogna recarsi nei quar-tieri giusti. Santa Lucia sopra contesse, Bordonaro, Aldisio, Mangialu-pi, Mare grosso, Camaro, Giostra. Sono i vecchi villaggi che sorgeva-no attorno al nucleo urbano, poi inglobati nella città. La gente abitain vecchie case popolari o nelle baraccopoli. Agglomerati di piccole ca-se in eternit, lamiera e muratura costruite dopo il terremoto e nel pe-riodo post bellico come abitazioni temporanee. Alcuni di questi quar-tieri sono in periferia, altri invece appena fuori dal centro. Bastaattraversare la strada per ritrovarsi in un altro mondo: dallo shoppingdelle vie del centro, al degrado di baracche fatiscenti, terreno fertileper la criminalità. Arrivati a Giostra viene subito voglia di tornare in-dietro. In uno spazio di un chilometro quadrato si ammassano uncentinaio di casette, separate da stradine strette dove non riesce a pas-sare più di una persona alla volta. È questo il volto povero di Messina.

Risposte: solo una tantumMa nessuno fa niente per tentare di cambiare la situazione? Viene dadomandarsi. Troppo poco, sembra. «Il problema della povertà a Messi-

Un giro, per niente turistico, per le strade di Messina. Non quelle dello shopping in centro, quelle strette delle baraccopoli e dei quartieri periferici. Dove vecchi e nuovi poveri condividono problemi simili. Senza ricevere risposte vere Nel cuore debole

di Messina Poveri si nasce, ma a volte lo si diventa

di Elisabetta Tramonto

re 11 e 45. Puntuali, come ogni giorno, si aprono le porte della mensa di Cristo Re. Le

volontarie, cinque signore sorridenti, servono un pasto gratis a chiunque lo chieda. Gli

“ospiti” entrano e si precipitano al bancone per riempire il vassoio. Si mangia pasta al sugo di po-

modoro, gateau di patate e, per finire, mandarini. Aspetto e profumo niente male. Una cinquan-

tina le persone sedute ai tavoli, «ma alcuni giorni possono anche arrivare a ottanta» dice la signora

Maria mentre riempie un piatto. C’è gente di tutte le età, marocchini, egiziani, polacchi, ma an-

che molti italiani, siciliani per lo più. Come Salvatore, sulla cinquantina, una faccia allegra, tuta,

scarpe da tennis e occhiali da sole sulla testa. È originario di Palermo, ma vive a Messina, in una

baracca, una delle molte in città, costruite dopo il terremoto del 1908 o dopo la guerra. Salvatore

mangia alla mensa di Cristo Re quasi ogni giorno. Fino a pochi anni fa invece pranzava a casa sua,

O

Alcune case popolari nel quartiere Camaro, uno dei più poveri della città. Palazzi, ormai

fatiscenti, costruiti nel periodo fascista si alternano alle baracche del post terremoto.

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| osservatorio nuove povertà

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osservatoriomessinanuovepovertà na non è mai stato affrontato in modo radicale. Non c’è progettazione,non c’è sforzo di capire e risolvere i problemi alla base – lamenta Sabri-na Munaò – Ci sono solo interventi di emergenza. Dalle istituzioni e daiservizi sociali arrivano solo contributi economici. Così però il problemanon si risolve. Dopo un mese siamo punto a capo». Diverso il contri-buto della Caritas attraverso i centri di ascolto e gli osservatori che ten-tano di approfondire le ragioni del disagio sociale. I centri di ascolto so-no cinque a Messina: uno in centro, uno a Giostra, uno nel villaggio diGanzirri, uno a Barcellona Pozzo di Gotto e il centro servizi immigrati.«Forniamo assistenza sanitaria, una collaborazione per le pratiche bu-

rocratiche, cerchiamo di fare incontrare domanda e offerta di lavoro -spiega un volontario della Caritas – ma soprattutto diamo ascolto». Ra-ramente la Caritas interviene anche con un aiuto economico, «si pagaqualche bolletta, ma non molto di più» spiega un volontario. A voltesono gli stessi volontari che attingono al portafogli e raccolgono fondiper aiutare qualche famiglia. Ma non basta, serve un intervento mag-giore, soprattutto da parte delle istituzioni. «Bisogna ridefinire una stra-tegia di lotta alla povertà», conclude Guido Signorino, «creando per-corsi di reale inserimento nella dinamica sociale e produttiva della città.Nel mercato del lavoro e nel circuito della formazione». .

composto da 64.359 imprese, ma soltanto 46mila sonoquelle attive. «Un numero insufficiente – si legge nellostudio – rispetto alla popolazione di Messina», trattan-dosi di appena sette imprese ogni 100 abitanti. Però, bi-sogna evidenziare che, nel 2004, il numero di nuoveaziende ha superato quelle che hanno chiuso (saldo po-sitivo di 824 unità, +1,3), ma se si è trattato soprattuttodi esercizi commerciali. Secondo gli studiosi, perché cisia una reale inversione di tendenza bisogna avere unaumento dell’industria e dell’agricoltura.

Un altro dato apparentemente incoraggiante ri-guarda l’export: nel 2004 ha registrato un aumento del53,8% rispetto all’anno precedente. Ma il boom è do-vuto soprattutto alla petrolchimica (legata al polo diMilazzo) e quindi sembra più legato al rialzo mondialedei prezzi del petrolio che non all’incremento dei pro-dotti esportati.

Molte aziende agricole ma piccole e poco meccanizzateSecondo il rapporto Caritas, la dimensione media delleaziende agricole messinesi (prime in Sicilia per nume-ro) è di appena 2,3 ettari, meno della metà della medianazionale (5,1 ettari) e nel periodo 1990-2000 ha subi-to una contrazione di quasi il 12%. Il settore è arretratoanche sul fronte tecnologico: l’indice di meccanizza-zione (ossia la presenza di trattrici per azienda) è pari al-lo 0,04, quattro volte inferiore alla media siciliana(0,16), sei volte inferiore alla provincia di Ragusa (0,24)e dieci volte inferiore a quella di Trapani (0,4). La de-bolezza del settore – osserva il rapporto Caritas – non èin grado di far sì che «alcuni elementi potenziali di qua-lità e sviluppo, come i due vini doc, il Faro e la Malva-sia delle Lipari e 25 prodotti tipici, possano “esprimereil potenziale che avrebbero».

Niente da salvare dunque? No, qualcosa c’è.

Idi Sarah Pozzoli

Il quadro economico che emerge dalle ricerche è univoco: il declino colpisce non solo il settore industriale che ha perso in soli dieci anni addirittura un terzo delle unità

GIOVANI MESSINESI SE NE VANNO ALTROVE A CERCAR FORTUNA

(5mila nel 2003). Nel Nord Italia o nel mondo, pocoimporta. Esuli comunque perché la loro città li respin-ge. Tornate, tornate ma please solo per le vacanze diNatale o estive – è il messaggio neanche tanto subli-minale che sembra mandare la città dello Stretto –. Enon dimenticatevi di sostenere i bei negozi del centrocon un po’ di shopping e le trattorie tipiche con lautecenette a base di pastaallemelanzane-involtinialpesce-spada-cannoli. Ecco il conto. Arrivederci e grazie.

Non tutti i giovani messi-nesi se ne vanno, è chiaro.Qualche fortunato resta per-ché magari trova lavoro alPoliclinico (con 2.550 dipen-denti è la prima industria del-la città), all’università o pres-so un altro ente pubblico.Anche altri restano e lavora-no per le poche, piccole im-prese della città. E magariqualche coraggioso è anchecapace di inventarsi qualcheattività lucrosa. O quantome-no, sufficiente per arrivare afine mese. Molti però riman-

gono solo perché non hanno i mezzi (anche solo cultu-rali) per buttarsi oltre Scilla e Cariddi e vivono ai margini.Nell’altra città (e sì, perché Messina ha due volti, quello ri-spettabile del centro e quello degradato dei ‘villaggi’, iquartieri periferici dove ci sono ancora le baraccopoli co-struite dopo il terremoto del 1908) vivacchiano con lavo-retti saltuari e in nero, se va bene, diventano manovalan-za dei clan di quartiere e disoccupati, se va male.

Tutti quelli che restano hanno una cosa in comune:fanno pochi figli. Dal secondo rapporto sull’economia

di Messina (dati 2004), appena pubblicato dal Diparti-mento di economia, statistica, matematica e sociologiadell’Università cittadina, emerge infatti che nel 2004 imorti hanno superato i neonati (il saldo è di –817). Co-sì come coloro che hanno abbandonato Messina hannosuperato quelli che hanno chiesto la residenza (–322). Intutto 1.139 cittadini in meno rispetto all’anno scorso.Cosa significa? Secondo gli studiosi, questo doppio da-to negativo è sintomo di poca fiducia nel futuro e di de-pressione economica.

Perché si è creata questa situazione? Stando ai datidel rapporto Sicilia 2004 dell’Eurispes (rielaborati per ilrapporto sulle povertà in Italia della Caritas nazionale -Fragilità sociale e mancato sviluppo, ed. Gruppo Abele2005 - da Guido Signorino, Sabrina Munaò e SalvatoreRizzo), l’economia messinese è in declino e nonostantequalche spunto (apparentemente) positivo fornito dal-lo studio dell’università di cui sopra (basato su dati Istat,Unioncamere e Starnet), per ora non sembrano coglier-si solidi segnali di un risveglio.

L’industria ha perso un terzo delle unità produttiveSecondo il rapporto Caritas, nel periodo 1991-2001 laprovincia di Messina ha perso unità produttive locali «inuna misura veramente preoccupante». In particolare, hachiuso i battenti il 16,6% degli esercizi commerciali(contro una media regionale del 9,7%) e addirittura il30,3% delle unità produttive industriali (+5,3% nella re-gione). In calo (-2%) anche le unità locali delle istitu-zioni pubbliche (scuole, asl e pubblica amministrazio-ne). Segna invece un andamento in controtendenza ilsettore “altri servizi” anche superiore al dato regionale(+19,4% contro il 17,8%).

Nel 2004, si legge invece nell’indagine annuale del-l’università, il tessuto imprenditoriale locale risulta

«MESSINA DEVE RIACQUISTARE LA DIGNITÀ PERSA». Non poteva che essere una bella dichiarazione d’intenti sul futuro della cittàdello Stretto quella di Francantonio Genovese, il giovane avvocato con illustriparentele politiche (è figlio di Luigi Genovese, sei volte senatore democristiano e nipote del potentissimo Nino Gullotti, otto volte ministro Dc), che ha appenapreso le redini della città siciliana (l’intervista è stata fatta il 21 dicembre, novegiorni dopo la vittoria delle elezioni). Con il neo sindaco targato Unione, 37 anni,due figli, faccia da bravo ragazzo e portatore di un conflitto d’interessi perché è socio di minoranza del gruppo Franza (traghetti e tante altre attività a Messina)abbiamo parlato della sua idea di città e delle priorità del suo governo.

Come sogna di trasformare Messina?«Sarà una prova difficile perché bisogna cambiare la città fin dalle sue fondamenta,anche nel modo di pensare e nel modo di affrontare la vita quotidiana. Bisognadare il via a un progetto di sviluppo che risolva la piaga principale del trafficocittadino e allontani il traffico gommato per il collegamento con Villa San Giovanni.E poi bisogna lavorare per garantire un livello di qualità della vita superiore a quellodi oggi, cominciando dalle piccole cose che sono essenziali al vivere quotidiano,come l’arredo urbano e le aree verdi. Un altro punto importante è recuperarel’affaccio sul mare. Attraverso interventi ad hoc, come il recupero della zona falcata».

La prima decisione concreta che prenderà? «Stiamo mettendo mano all’apparato amministrativo per far ripartire la burocraziadel municipio. Successivamente, ci aspettiamo di inaugurare l’approdo dei Tremestieri per poi emettere l’ordinanza di trasferimento del traffico pesantee toglierlo dal centro urbano».

Avete qualche piano per risolvere l’ormai secolare questionedelle baraccopoli e delle altre zone degradate della città?

«Chiaramente bisogna intervenire, ci impegneremo fino all’inverosimile per questesacche di popolazione che vivono in condizioni di vera indigenza. Dobbiamorecuperare questi cittadini da un punto di vista sociale. E lo dobbiamo fare con interventi mirati, cercando non solo di rivalutare queste aree ma anchecercando di ridare un tessuto economico e creando occupazione vera».

Mi dica qualcosa di concreto...«Cercheremo di stimolare fino all’inverosimile l’iniziativa privata, facendo sì che chiunque voglia investire in questa città lo possa fare senza incontrare né intoppi né un apparato burocratico che faccia da barriera. Scommetteremosoprattutto sui piccoli e medi investitori – ma siamo convinti che anche quelligrandi torneranno, cercando di creare anche incubatori di impresa e di aiutarlicon un fondo di garanzia che vorremmo istituire già dal 2006».

Ultima domanda: come pensa di risolvere il suo conflittod’interessi?

«Le mie attività sono alla luce del sole, sotto i riflettori dei cittadini e dichiunque voglia andare a verificare. Sono assolutamente sereno. Non hointeressi particolari da curare. Ho l’interesse che questa città cresca». S.P.

IL SINDACO GENOVESE:MESSINA DEVE RICONQUISTARELA SUA DIGNITÀ

In fuga cittadini e imprese Turismo e vivai gli unici settori forti

Dal 1991 al 2001 hanno chiusoi battenti il 16,6% degli esercizicommerciali, il 30,3% delleunità produttive industriali(contro una crescita regionaledel 5,3%). In calo (-2%) anche le unità locali delle istituzioni

Il sindaco di MessinaFrancantonio Genovese.

una delle baraccopolidel villaggio Camaro,adattamentidelle case di fortunadel post Terremotodel 1908.

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ESSINA PUÒ ESSERE PARAGONATA A UNA DONNA ANCORA

affascinante. E con la voglia di lavorare, di diver-tirsi, di fare nuovi incontri. Ma che resta lì, inca-

pace di muoversi. Come se fosse costret-ta su una sedia a rotelle. È un’immagineun po’ triste e frustrante quella a cui ri-

corre Guido Signorino, docente di economia regionale all’universitàmessinese, per descrivere la città dello Stretto. «Purtroppo è così – di-ce il professore – ci troviamo di fronte a un’economia paraplegica, ècome se mancasse la capacità di connettere gambe e cervello». ConSignorino abbiamo cercato di individuare le cause dello scarso svi-luppo di Messina e le possibili strade della rinascita.

C’è chi fa risalire la crisi economica di Messina addiritturaal terremoto che devastò la città il 28 dicembre del 1908(morirono 70mila persone su 170mila abitanti e risultaro-no distrutti il 90% degli edifici). Non è un po’ esagerato?

È un’ipotesi che ritorna, in effetti il terremoto fu un evento epocale chesconvolse la città dal punto di vista demografico e anche nella confor-mazione. Inoltre, interruppe il ruolo che Messina aveva nei traffici com-merciali. Diversi studiosi sostengono che allora la città perse la sua me-moria storica e le sue radici. Però c’è da dire che dal terremoto in poi lacittà ha vissuto fasi alterne. Nel periodo post-bellico (anni ’50-60), le at-

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osservatoriomessinanuovepovertà

ziò a organizzarsi, sviluppando università, ospedali e attività com-merciali. Tutto questo portò il sistema all’implosione. Come con-torno, si inserì anche il problema della struttura urbana».

Si spieghi meglio...«Negli anni ’60-’70 venne avviato il traghettamento privato chepermise al gruppo Franza di prosperare e di diversificare anche in al-tre attività, ma che, appunto, violentò la struttura della città. Con iltraghettamento privato arrivarono i tir che ancora oggi passano loStretto e attraversano il centro della città (sono circa 4mila al gior-no, ndr), tagliandola in due e obbligandola a svilupparsi in lun-ghezza da nord a sud. Il risultato è una città poco vivibile e che perla sua conformazione non facilita le relazioni sociali ed economicheche avrebbero dovuto sorgere spontaneamente».

E quanto ha influito il sistema creditizio sullo scarso svi-luppo della città?

«Su questo fronte Messina non si discosta molto dalle altre città delSud dove il sistema creditizio ha avuto un ruolo particolarmente ne-gativo e incapace di supportare un sistema di sviluppo. Prima han-no pesato le inefficienze del sistema bancario fatto solo di piccolisportelli e poi l’arrivo dei grossi gruppi non ha fatto altro che darevita a un serbatoio di risparmio per foraggiare attività al Nord. Lo si

Mdi Sarah Pozzoli

Il docente di economia regionale Guido Signorino analizza una crisi che affonda nel modello di sviluppo del dopoguerra.

tività economiche ricominciarono a fiorire e Messina fu ancora il polodi attrazione di una vasta area che comprendeva la Calabria. Successi-vamente, dalla metà degli anni ’60 e soprattutto negli anni ’70, la cittàtornò in crisi, situazione che si radicalizzò negli anni ’80-’90.

Quali furono le ragioni del declino?I motivi sono legati al modello di sviluppo della città nel dopoguerra.Era un modello che mancava di forza, fondato sull’edilizia e su un’eco-nomia di rendite legata al denaro pubblico. Se, da un lato, crescevano isettori del terziario e dei servizi, dall’altro i settori più antichi e più im-portanti dell’economia messinese, in particolare quello della cantieri-stica e quello della trasformazione degli agrumi, andavano via via estin-guendosi. Bisogna sottolineare che la crisi di questi settori fu provocata,oltre che dalla scarsa attenzione della città, anche dalla crescente con-correnza nei mercati europei di sbocco, specie in seguito all’entrata del-la Spagna e all’apertura con Israele. Un altro elemento che influì è chela città non fu in grado di percepire in tempo la reale portata del decli-no di queste attività perché prosperava nell’edilizia, grazie soprattuttoal denaro pubblico e nei servizi, come polo d’attrazione della Calabria.

E poi cosa successe?«Il bilancio pubblico cominciò via via a ridursi e quindi si esauriro-no anche i trasferimenti di denaro. Inoltre, la sponda calabrese ini-

UN RAPPORTO CONFLITTUALE LEGA NINO CALARCOalla sua Messina. «Un pessimista dinamico - si definisce - Sono innamorato di questacittà, per questo mi arrabbio se le cose non funzionano». Nino Calcarco, 74 anni, daquasi 40 alla guida della Gazzetta del Sud, è il direttore di giornale più longevo d’Italia.

Direttore, come ha visto cambiare la città in questi anni?Cambiare? Direi solo peggiorare. Dal terremoto del 1908 non si è più ripresa. Il sisma spazzò via un’intera classe sociale: la borghesia, i commercianti, i possessori dei mezzi di produzione. Catania e Palermo ne approfittarono. Dopo ci fu la ricostruzione e di nuovo la distruzione, nel 1943 con le bombe degliamericani. Per ricostruire la città arrivarono carpentieri, operai specializzati, capicantiere da tutta Italia. Non ci fu un inurbamento graduale. Messina fu invasa da gente disperata dalla campagna, soprattutto dalla Calabria. Gente che portavacon sé valori rurali. Ancora oggi i messinesi non hanno la mentalità da città.

Ma perché Messina non è riuscita a decollare?Dal terremoto in poi abbiamo avuto 4 generazioni di una classe dirigente che non ha avuto i tempi necessari per formarsi. È una città asfittica, senza spiritoimprenditoriale. Sino al 1943 ha vissuto dell’assegno dello Stato come cittàterremotata. Non ha mai sviluppato un’industria solida, c’erano solo gli agrumi.Messina non ha zone adatte agli insediamenti industriali. È anche un problema di conformazione geografica: il mare da una parte, le montagne dall’altra. Gli aliscafi avrebbero potuto essere una grande occasione. Nacquero con laRodriguez negli anni ‘60. Quando il signor Rodriguez morì, i figli dissiparono tutto.

E il turismo?Il terremoto ha distrutto tutto, abbiamo pochissime attrazioni per i turisti. Più che altro un turismo di passaggio, diretto a Taormina, all’Etna, alle isole Eolie.

E allora oggi di che cosa vive Messina?La nostra Fiat è il Policlinico, che dà lavoro a circa 2500 dipendenti, poi abbiamol’Università, il Comune e La Provincia. Manca il commercio. Un tempo l’economia di Messina era trainata da un fiorente commercio, tutta la Calabria veniva qui a fareacquisti e per l’Università. Poi la Calabria è decollata e Messina ne ha risentito.

Che ruolo ha la Massoneria per la città di Messina?L’ho sempre detto, Messina ha il più alto tasso di Massoneria in Italia. È un’eredità inglese. Napoleone non oltrepassò lo stretto. Qui rimasero gli inglesi.

Qual è il problema più grave che Messina deve affrontare?Il traffico. Un piano regolatore assurdo, una linea tranviaria illogica, un progettodi svincoli autostradali ancora fermo, rendono impossibile muoversi per la città.

Come potrebbe rialzarsi?Il primo passo è la costruzione del ponte sullo stretto. È l’unico modo per ridarevita alla città e valorizzare lo sbocco sul mare. La costruzione del ponte darà impulsoa tutta la Sicilia. Il ponte sarà fondamentale soprattutto per il transito dei treni eil traffico delle merci su rotaia.

SOLO BRUTTI VOTI IN PAGELLA PAROLA DI UN PESSIMISTAINNAMORATO DELLA SUA CITTÀ

Un’economia paraplegica e senza forza

SARÀ UN NAPOLETANO A RIDARE LUSTRO ALLA CANTIERISTICA DI MESSINA?Antonio Palumbo, proprietario della Palumbo spa, una delle aziende piùimportanti in Campania nel settore delle riparazioni, costruzioni, trasformazioni e manutenzioni di navi, lo spera. Dopo essersi aggiudicato nel dicembre scorso la gara bandita dall’Autorità portuale ed ente porto per l’utilizzo del bacino di carenaggio, conta infatti di ottenere presto l’atto di concessione formale.«Stiamo preparando la documentazione richiesta dalle autorità – dice Palumbonel corso di un’intervista telefonica a fine dicembre – e quindi speriamo a breve di poter dare il via all’attività».

E così si riparte da zero dopo la disfatta dell’ottobre del 2003, data in cui la Smeb, la ditta che in precedenza utilizzava il bacino il carenaggio, vennedichiarata fallita. La Palumbo, che ha presentato un piano di investimento di 14 milioni di euro, preferisce mantenere uno stretto riserbo sulla ricadutaoccupazionale della nuova attività. «Non voglio sbilanciarmi finché la situazionenon si sarà definita», dice Palumbo. Sulla Gazzetta del Sud si ipotizzano circa165 assunzioni che comprenderebbero anche i cassintegrati dell’ex Smeb.

Ma perché un imprenditore partenopeo avrebbe deciso di puntare su Messina?«Napoli, dove già abbiamo due bacini, ci stava stretta – dice Palumbo – a quel punto, la scelta ci è parsa ovvia». E conclude: «speriamo di parlare presto di Messina come di un nuovo polo per le grandi riparazioni».

UN NAPOLETANO PUNTA AL RILANCIO DELLA CANTIERISTICA

Nino Calarco, direttoredella Gazzetta del Sud,da quasi quarant’anni

alla guida del quotidiano.

DA PIÙ DI VENT’ANNI MESSINA PENSA ALLE FONTI ENERGETICHE ALTERNATIVE. Siamoal Cnr-Itae, l’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia, anello della rete del Consiglionazionale delle ricerche. Specialità della casa: l’idrogeno. Qui lo si studia dagli anni Ottanta,prima che balzasse agli onori della cronaca come la fonte energetica del futuro. Muoversi in anticipo ha permesso al Cnr-Itae di diventare un punto di riferimento a livello internazionale.Ogni anno sbarcano a Messina studenti da tutta Italia. Un giro d’affari da circa tre milioni di euro all’anno (3,6 nel 2005). 65 ricercatori impegnati ogni giorno a tempo pieno e partnerdel calibro di Pirelli, Eni, Enel, Ansaldo. Da una collaborazione con il centro di ricerche dellaFiat è nato il prototipo della prima auto italiana a idrogeno con celle a combustibile, la 600Elettra. Tra i partner internazionali anche la Daimler, per un progetto di celle a combustibilead alta temperatura. «Il centro sta facendo molto per lo sviluppo della città – spiega GaetanoCacciola, il direttore del Cnr-Itae – Qui sorgeranno stazioni di prova per testare tecnologieenergetiche pronte per la commercializzazione. Permetteranno di attirare investimenti e industrie a Messina. Sono già stati stanziati 9,8 milioni euro». Coinvolte nelle attività del Cnranche due aziende cittadine: l’Atm, l’azienda del trasporto locale, in un progetto, ancora da approvare, per costruire piccoli veicoli pubblici a celle a combustibile. E la Giano Ambiente per realizzare quadricicli elettrici a celle a combustibile, da usare nei centri storici o nelle isole.

ENERGIA PULITA PER FAR CRESCERE MESSINA

Messina è la numero uno in Sicilia per numero diaziende e fatturato complessivo di florovivai. Inoltre, laprovincia continua a primeggiare nel settore del turismodiretto all’arcipelago delle Eolie e Taormina.

Posti di lavoro in caloNel decennio 1991-2001 – si legge infine nel rapportoCaritas - Messina ha perso il 15,7% dei posti di lavoro,il triplo rispetto a Palermo (-5,8%) e 40 volte in più ri-spetto ad Agrigento (-0,4%), le uniche due province si-ciliane che nel periodo hanno registrato un calo. Il se-gno meno riguarda un po’ tutti i comparti (istituzioni:–8% di addetti; commercio: -16,1%; altri servizi: -4,1%),ma è senza dubbio il settore industriale quello ha sof-ferto di più (-39,3%). Dalle rilevazioni dell’universitàsembrerebbe esserci un cambio di rotta: il tasso di di-soccupazione è infatti passato dal 22,1% del 2003 al16,1% nel 2004 (circa il doppio della media nazionale).Ma a un’analisi più approfondita emerge che si tratta diuno specchietto per le allodole: nel 2004 è infatti cala-to anche il tasso di attività dal 44,2% al 42,21% (l’a-genda di Lisbona ha fissato il 70% di tasso di attivitànella Ue). Insomma, il tasso sulla disoccupazione è sce-so ma soprattutto perché meno gente cerca lavoro. .

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| osservatorio nuove povertà | messina |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 45 || 44 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

osservatoriomessinanuovepovertà tegie ma hanno poca influenza sulle attività economiche. In base al-la seconda, invece, le due associazioni, per potersi incontrare senza in-tromissioni, avrebbero colonizzato l’economia in modo silenzioso esotterraneo. Quindi, in modo ancora più pericoloso».

La sua personale ricetta per la rinascita di Messina.«Servirebbe un complesso di azioni perché le cause della crisi sonomolteplici e profonde. Innanzitutto, bisognerebbe riconsiderare l’as-setto urbanistico della città, espellendo l’attività del traghettamentoe dei tir dal centro e spostandola ai margini. Poi, bisognerebbe valo-rizzare le potenzialità turistiche della città. Pensi che nella provinciadi Messina transitano 6-8 milioni persone all’anno dirette a Taormi-na e alle isole Eolie, mentre nella città si aggirano un po’ spaesati sol-tanto 200-300mila turisti. Inoltre, servirebbero investimenti impor-tanti nei centri di ricerca scientifica e tecnologica – in particolareuniversità e Cnr – per sviluppare attività di servizio molto avanzato.Infine, bisognerebbe incentivare un’imprenditorialità diffusa, poten-ziando iniziative come gli incubatori d’impresa». .

può vedere facilmente dal livello dei tassi d’interesse sui prestiti,molto più alto rispetto a quello del Settentrione».

Qual è stato invece il ruolo della criminalità organizzata?«Messina per lungo tempo è stata definita, come Ragusa, la “città bab-ba”, cioè non mafiosa. Questo teorema è stato accreditato fino agli an-ni ’90. Poi però è emerso in modo sempre più lampante che la cittàfunge da terreno d’incontro tra mafia palermitana e ‘ndrangheta ca-labrese. Insomma, si è ammesso che c’è una presenza importante.Dando per scontato che la criminalità organizzata ha un impatto unpo’ ovunque nel Mezzogiorno a causa delle estorsioni, andrebbe in-dagato fino a che punto questo ruolo di cerniera tra due grosse orga-nizzazioni possa aver influito sulla gestione degli affari. Al riguardo cisono due ipotesi opposte. In base alla prima, Messina sarebbe una sor-ta di zona franca in cui mafia e ‘ndrangheta definiscono le loro stra-

Odi E.T.

SPEDALI PUBBLICI SEMPRE PIÙ VUOTI A MESSINA. Chi ha biso-gno di cure mediche si rivolge a una clinica privata o simette in viaggio verso un ospedale di qualche altra re-gione italiana. Se si aggiungono le inchieste della magi-stratura su una serie di decessi negli ospedali messinesi,lo zampino della politica e i forti interessi economici ingioco, ecco servito un quadro della sanità nella città del-lo Stretto. Pare proprio ci sia qualcosa che non va’.

Fuga dagli ospedaliI messinesi sembrano non fidarsi più degli ospedalipubblici della città. Risultato: tutti al Nord. La Sicilia ètra le regioni con la più alta percentuale di migrazio-ne ospedaliera, superata solo da Lazio e Campania. Se-condo i dati dell’assessorato alla Sanità della Regione

nel 2003 sono state oltre 67 mila le prestazioni medi-che usufruite da siciliani in trasferta. E nel rapporto2005 sulla qualità della vita del Sole24Ore, Messina èrisultata la città siciliana da cui i pazienti scappano piùfacilmente per farsi curare fuori dall’isola. Quelli cherestano in città, invece, optano per le cliniche private.Secondo il rapporto Sicilia 2004 dell’Eurispes, Messinaè l’unica città della regione dove il tasso medio di uti-lizzo delle strutture sanitarie private supera quello del-le pubbliche, 72,3% a 68,4%. Per rendersene conto ba-sta fare un giro tra le corsie di uno dei tre ospedali dellacittà: Policlinico, Papardo e Piemonte. In alcuni re-parti del Policlinico, ad esempio, si attraversano inte-ri corridoi senza incontrare un’anima, file di stanzevuote dietro porte chiuse. E dire che, gli ospedali di

Messina non sono in condizioni così disastrose comesi potrebbe pensare. O meglio, non sono molto diver-si dalla maggior parte degli ospedali italiani. A Mila-no, ad esempio, all’ospedale “Fatebenefratelli” o al“Maggiore”, oppure agli ospedali di Parma o di Pavia,la situazione è molto simile. Medici efficienti e prepa-rati accanto ad altri per cui assistere un malato è unagran scocciatura. Reparti con stanze spaziose, muri ap-pena imbiancati, bagni puliti e macchinari in ottimecondizioni, si alternano ad altri che invece cadono apezzi. Stanze piccole e sporche, mucchietti di sigaret-te buttate negli angoli, pezzi di intonaco che cadonoa terra, enormi macchie di muffa sul soffitto. Le scenedi questo tipo negli ospedali di Messina non sonomolto diverse da quelle di altre strutture di cura ita-

liane. Nella città siciliana però il mondo della sanitàha qualcosa di diverso. A partire dai casi di malasanità,per arrivare alle interminabili liste d’attesa e agli in-trecci con il mondo della politica.

Ombre sulla sanità al di là dello StrettoA Messina otto medici su dieci sono indagati per qual-che reato o perché denunciati da pazienti. A scriverloè il Corriere della Sera, riportando le parole del procu-ratore Piero Grasso. Cinque bambini sono morti trasettembre e gennaio scorsi in due ospedali della città,al Policlinico e a Barcellona Pozzo di Gotto. Due era-no stati ricoverati per una semplice appendicite. Sen-za arrivare ai decessi, i guai della sanità messinese si

Soldi e potere fanno male alla sanità Ospedali sempre più vuoti. Eppure il Policlino è la prima industria della città dello Stretto con 2.550 dipendenti e un giro d’affari di oltre 146 milioni di euro l’anno.

VALORE AGGIUNTO AI PREZZI BASE PER ABITANTE [prezzi correnti, euro dal 1999, eurolire per anni prec,]

50

48

46

44

42

4042,1

43,9

41,9

49,4

MessinaMezzogiorno

SiciliaItalia

TASSO DI ATTIVITÀ

MessinaMezzogiorno18

15

12

9

6

3

SiciliaItalia

16,115,0

17,2

8,0

TASSO DI DISOCCUPAZIONE

Agricoltura Industria Altre attività80

70

60

50

40

30

20

105,9

19,8

74,4

7,6

19,4

73

7,5

23,8

68,7

4,4

30,7

64,9

MES

SINA

SICI

LIA

MEZ

ZOGI

ORNO

ITAL

IA

OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITÀ

MESSINA, PORTO DI MARE NEL CUORE DEL MEDITERRANEO, preda ambita di conquista, più volte distrutta e risorta dalle sueceneri. Nacque nel 750 a.C. con il nome di Zancle, falce. Così la chiamarono i coloni greci calcidesi che la fondarono, per la forma del braccio di terra che racchiude il suo porto.Dopo l’invasione dei messeni divenne Messanion, da cui la versione latina Messina. Preziosa base marittima, fu contesada greci e cartaginesi. Nell’843 arrivarono i saraceni, che sitrattennero per due secoli fino all’arrivo dei normanni. Poi toccòagli angioini, agli aragonesi e agli spagnoli. Durante le crociateil porto di Zancle fu il punto di partenza delle spedizionicristiane in Terrasanta. Fu Messina, con i moti del 1847, a dareil via al Risorgimento Italiano. Nel Luglio 1860 i Garibaldinientrarono in città. Terremoti e carestie segnanola storia diMessina. Come il forte sisma nel 1783 e quello devastante del1908. Ricostruita, fu nuovamente distrutta dai bombardamentianglo-americani della seconda guerra mondiale nel 1943.

BREVE STORIA DELLA CITTÀ

Agricoltura7.976

Industria11.811

Servizi26.480

Una veduta panoramica dello stretto che divide la Sicilia dal Continente.

IL TESSUTO IMPRENDITORIALE NELLA PROVINCIA DI MESSINA

FON

TE IS

TAT

FON

TE IS

TAT

FON

TE IS

TAT

1995 1996 1997 1998 1999 2000

Trapani 8.877,2 9.500,6 9.745,1 10.055,1 10.506,0 11.236,0Palermo 9.233,4 9.867,6 10.312,9 10.755,7 10.973,2 11.717,2Messina 9.897,9 10.857,5 11.213,8 11.645,1 12.023,1 12.746,1Agrigento 8.223,1 8.905,9 9.531,5 9.516,5 9.788,3 9.704,0Caltanissetta 8.752,4 9.282,2 9.857,7 10.482,6 10.431,8 10.488,1Enna 7.899,5 8.480,5 9.401,4 9.409,3 9.557,7 10.405,6Catania 9.114,8 9.455,7 9.818,6 10.200,9 10.733,3 11.556,1Ragusa 9.869,6 10.546,1 11.216,3 11.558,3 11.966,0 12.860,7Siracusa 11.489,8 12.394,7 12.968,5 13.438,7 13.355,4 14.025,9Sicilia 9.314,5 9.949,3 10.412,2 10.777,3 11.079,1 11.728,6Roma 17.358,3 18.398,8 18.927,1 20.055,8 20.438,0 21.431,6ITALIA 14.463,7 15.420,2 15.989,8 16.615,4 17.094,2 17.982,4

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La Sicilia vanta un primato: 1.700 cliniche accreditate, 165 solo a Messina che nel 2004hanno ricevuto dalla Regionerimborsi per 107 milioni di euro

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osservatoriomessinanuovepovertà

Ldi S.P.

Il racket fa capo ai clan che controllano i “villaggi”, come si chiamano i quartieri della città, mentre nel giro dei prestiti a strozzo operano anche molti cravattari dall’aspetto pulito e diverse società finanziarie.

A HOLDING MESSINESE ‘ESTORSIONE&USURA SPA’ non conosce crisi. Con unfatturato complessivo stimato per difetto in almeno 150 milioni di eu-ro all’anno (100 milioni circa dall’estorsione, secondo i calcoli fatti peril 2000 da Mario Centorrino, docente di politica economica all’uni-versità di Messina nonché neo-assessore allo sviluppo della giunta Ge-novese, e altri 50 milioni dall’usura, secondo Ferdinando Centorrino,vicepresidente della Fondazione antiusura), il giro d’affari è parago-nabile a quello di floride aziende del ‘made in Italy’, come, tanto percitare alcuni esempi noti, il produttore di cucine Scavolini (157,3 mi-lioni di euro nel 2004), la maison di moda milanese Etro (152 milio-ni di euro) e le calze Pompea (156,6 milioni).

Niente male e, naturalmente, tutto esentasse. Ma chi c’è dietro questi business criminosi? Il discorso è intrica-

to. Il racket delle estorsioni – dicono fonti investigative – fa capo so-prattutto ai clan mafiosi che controllano i ‘villaggi’ (così si chiama-no i quartieri della città) e da cui prendono il nome (i più forti sonoquelli di Giostra, Mangialupi, Santa Lucia sopra Contesse, Annun-ziata e Gavitelli), mentre, per quanto riguarda il giro dell’usura, ac-canto alla criminalità organizzata operano anche una fitta rete dipiccoli “cravattari’ di quartiere, persone che svolgono attività legali

al di sopra di ogni sospetto (professionisti, commercianti, impiega-ti della p.a.) e anche finanziarie.

«Negli ultimi anni il fenomeno dell’estorsione è risultato in au-mento - denuncia Clelia Fiore presidente della locale Associazioneantiracket e neo-assessore alla legalità – anche se rispetto agli anni’90 le modalità sono profondamente cambiate».

Come? Da poche e importanti richieste di pizzo a cui seguivanominacce, incendi e intimidazioni per convincere al pagamento, ilracket si è adeguato alla crisi economica e al tessuto messinese, fattoormai solo di piccole imprese, e ha cominciato a chiedere poco (an-che soltanto 50-100 euro al mese) a molti. Risultato: per evitare noiesi paga e basta. «Si stima che il 60% degli operatori economici paghiil pizzo – dice Fiore - ma la percentuale si alza nel settore imprendito-riale, in particolare in quello delle costruzioni. Qui vengono imposteanche forme diverse dal pagamento della somma di denaro, come laguardiania (l’imposizione di una persona stipendiata come custodedel cantiere, ndr) o il “consiglio” di acquistare le forniture di cemen-to dalla ditta x».

Analogo discorso vale per l’usura. Anche in questo caso l’attivitàferve. Sia per la crisi economica generale, sia per le difficoltà cre-

scenti di accesso al credito bancario. Ma chi è la vittima tipica del-l’usura? «L’usura nella nostra città è un fenomeno trasversale checolpisce un po’ tutte le categorie socio-economiche – dice Ferdi-nando Centorrino, vicepresidente della Fondazione antiusura – si vadai piccoli imprenditori ai commercianti, ma anche i privati che ten-gono un livello di vita troppo alto rispetto alle loro entrate oppureche perdono il lavoro o devono pagare le cure per un familiare am-malato. A Messina poi non bisogna sottovalutare la spiccata attitu-dine al gioco d’azzardo». Le somme richieste in prestito variano dacaso a caso, mentre i tassi d’interesse sono sempre vertiginosi (si ar-riva anche a punte del 250% all’anno). Spesso, inoltre, si vengono acreare circuiti perversi per cui se non si riesce a restituire la rata pat-tuita, si ricorre a un altro prestito usuraio per pagare il primo. Al pri-mo e al secondo se ne può aggiungere un terzo e così via, creandouna sorta di catena di S. Antonio da cui difficilmente si esce inden-ni. E così chi è “moroso” può arrivare a perdere gli immobili di pro-prietà oppure l’azienda o il negozio. «Attraverso l’usura la crimina-lità organizzata si è infiltrata nel tessuto economico della città –conclude Centorrino – impadronendosi di piccole e medie impresee arrecando un grave pregiudizio all’economia della città». .

La ditta ‘Estorsione&Usura’ spa continua a prosperare

tori, laboratori di analisi privati a cui i pazienti posso-no rivolgersi, pagando solo il ticket come in un qual-siasi ospedale pubblico. Sarà poi la clinica a chiedereall’Asl il rimborso della prestazione. Una gallina dalleuova d’oro, insomma, un modo per dirottare fondipubblici su strutture private, mentre negli ospedali lestanze restano vuote. La Sicilia vanta un primato inItalia: 1.700 cliniche accreditate, 165 solo a Messina.Per avere un termine di paragone, nella provincia diGenova, che ospita 875 mila abitanti contro i 622 mi-la di Messina, ce ne sono solo 58. Risultato: nel 2004le cliniche messinesi accreditate hanno ricevuto dallaRegione 107 milioni di euro. E sono solo una parte deifondi che ruotano attorno al mondo della sanità: cir-ca 1,3 miliardi di euro all’anno nella provincia di Mes-sina. Basti pensare che il Policlinico è la prima indu-stria della città. 2.550 dipendenti e un giro d’affari di146 milioni di euro all’anno. Facile quindi immagina-re quanto sia ambito questo bottino. Viene quindi dachiedersi chi tiri le fila di questa partita. Ad esempiochi decide quali cliniche possono essere accreditate?L’assessorato alla sanità della Regione, naturalmente.Ecco il primo punto di contatto con il mondo della po-litica. «I legami tra sanità e politica sono evidenti – di-chiara con tutta tranquillità Lillo Oceano, segretariogenerale della Funzione pubblica della Cgil - Basta sfo-gliare le liste delle ultime elezioni comunali (lo scorsodicembre n.d.r.). Più di 100 candidati erano medici,

soprattutto primari. Il portabandiera del terzo polo, ilmovimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, erail presidente dell’ordine dei medici Nunzio Romeo».Le conseguenze? «La prima ricaduta diretta è la lottiz-zazione dei dirigenti sanitari, che sono ormai emana-zione diretta dei partiti», spiega Oceano. Gli fa eco Ma-rio Centorrino, neo assessore al bilancio della città: «lasanità a Messina è fondata su un sistema assurdo ba-sato sulla gestione politica dei primariati. Non si di-venta primario per merito, ma per appartenenza poli-tica». «Il secondo effetto degli intrecci tra sanità epolitica – spiega Oceano - è la duplicazione delle strut-ture sanitarie. Anziché distribuirle in maniera efficien-te sul territorio, se ne fanno due identiche a breve di-stanza per poi lasciare certe zone prive di servizisanitari. Il tutto per soddisfare le esigenze di carriera diquesto o di quello». E non è tutto. Per il segretario ge-nerale della Funzione pubblica della Cgil le ricadutemaggiori si manifestano negli approvvigionamenti diattrezzature e materiale farmaceutico, che ruotanosempre attorno agli stessi fornitori, e negli intrecci trasanità pubblica e privata. «La sanità pubblica non fa fi-no in fondo il suo mestiere, per salvaguardare gli inte-ressi della sanità privata – dice Oceano - Le attrezzatu-re che non funzionano al meglio negli ospedalipubblici permettono un enorme giro d’affari per lestrutture private: per esempio quando le macchine pergli esami sono in funzione per 4 ore anziché 12». .

trovano anche altrove. Basta dare un’occhiata alle li-ste d’attesa per un esame clinico. In alcuni casi si arri-va ad aspettare fino a cinque mesi per una sempliceecografia. E anche quando i tempi d’attesa sono con-tenuti, 2 mesi per una risonanza magnetica o un me-se per una Tac, in linea con un ospedale milanese, nonè detto che all’ultimo momento si possa ricevere unatelefonata dall’istituto sanitario e scoprire che l’esamenon si può fare: il macchinario è rotto, tutto rinviatoa data da destinarsi. «Succede spesso – spiega un vo-lontario del Tribunale dei diritti del malato di Messi-na – e per i motivi più svariati. Un signore di 70 annicon un melanoma aveva fissato un appuntamento perun’ecografia all’addome per il 6 luglio scorso. Il gior-no precedente una telefonata lo avvertì che l’appun-tamento era stato rinviato al 9 settembre per “ferie delpersonale”. L’8 settembre stessa scena, tutto rinviato,e non si sa neanche a quale data. E non è l’unico ca-so», conclude il volontario. Come stupirsi, quindi, sepoi la gente si rivolge alle cliniche private?

Il business sanità fa gola, anche al mondo politicoUn altro punto rovente della sanità a Messina: le cli-niche private accreditate. Sono case di cura, ambula-

I NUMERI DELLA PROVINCIA DI MESSINA

Popolazione:662.450 abitanti

Messina città: 252.026(censimento 2001)

Territorio: 3.247 kmq

Comuni: 108

Imprese attive: 46mila nel 2004

17% agricoltura e pesca

25,47% industria e costruzioni

57% terziario

Tasso disoccupazione:16,1% nel 2004

FON

TE: IS

TAT,

UN

ION

CAM

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TAR

NET

IL PONTE SULLO STRETTO. MAI UNA GRANDE OPERA PUBBLICA ha suscitato tanteparole, discussioni, dibattiti, studi e controstudi. I primi a prenderlo in considerazionefurono addirittura i Romani ma poi abbandonarono l’idea perché non disponevano né dei mezzi né della tecnologia necessarie per costruirlo. Quindi se ne riparlò con una certa serietà all’indomani dell’Unità d’Italia. Ma solo un secolo dopo venneistituita la Stretto di Messina spa, la società incaricata di studiare un collegamentopermanente con la Penisola. Dopo aver esaminato varie ipotesi, la Stretto di Messinaoptò per il ponte stradale e ferroviario a campata unica. Quindi, iniziò la progettazionee il governo Berlusconi pubblicò il bando di gara per la costruzione e la gestione. Gara vinta il 12 ottobre scorso da una cordata internazionale di imprese capeggiatada Impregilo. Partiranno i lavori? Può darsi. Ma intanto la lunga strada del Pontecontinua a essere irta di ostacoli. Ultima la commissione Ue che ha avviato una procedura d’infrazione su aspetti ambientali, accogliendo i ricorsi presentati dai Verdi e dal Wwf un paio d’anni fa.

E questo – ce ne scusiamo con i lettori - per ora è tutto sul Ponte di Messina. La redazione di Valori ha deciso di rinviare l’argomento a uno dei prossimi numeriperché è troppo vasto e complesso per essere relegato a un solo articolodel dossier. S.P.

LA STORIA INFINITA DEL PONTE SULLO STRETTO

UNA BUONA NOTIZIA E UNA CATTIVA. La buona notizia: secondo l’ultima classifica annuale redatta dal Sole 24ore sulla qualità della vita nelle province italiane, Messina ha guadagnato venti posizioni, passando dal 103° posto all’83°. Il balzo in avanti è avvenuto soprattutto grazie ai miglioramenti riscontrati nel settoredell’ordine pubblico. La cattiva notizia: la città dello Stretto ha registrato pochi cambiamenti in positivo per quanto riguarda l’ambienteeconomico, l’amministrazione della giustizia e la tutela dell’ambiente. S.P.

QUALITÀ DELLA VITA, MESSINA RISALE IN CLASSIFICA

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osservatoriomessinanuovepovertà

pubblicitàcisl

NA SOCIETÀ CHE METTE AL CENTRO SOLO GLI UOMINI in cra-vatta non è una società civile. Al centro ci devono es-sere anche gli uomini con i jeans stracciati o magari di

qualcun altro. Ma per farlo ci vuole coraggioe non sempre questo coraggio si ha». Fran-cesco Montenegro, presidente di Caritas Ita-

liana e vescovo ausiliare di Messina, parla con fervore, guardandotidritto negli occhi. Parla con partecipazione di gente che fa fatica ad ar-rivare a fine mese, che sta male e che non ha i soldi per comprare lemedicine. Di gente che cade nelle sabbie mobili dell’usura. Di genteche dal Sud emigra al Nord ma poi torna indietro perché non riesce co-munque a mantenere la famiglia.

È il mercoledì prima di Natale. A Messina e il traffico è ancora piùcongestionato del solito per la corsa ai regali. Fatto curioso:per fare questa intervista di presentazione all’Osservatoriosulle nuove povertà che Valori, in collaborazione con la Ca-ritas, inaugura da questo numero, ci troviamo nella splen-dida cornice della Chiesa Annunziata dei Catalani, poco pri-ma che inizi l’incontro natalizio dell’arcivescovo con leautorità cittadine (sono presenti sindaco, questore, prefetto,assessori, alti magistrati, ecc.), dove “l’uomo in cravatta” e“consorte in pelliccia di visone selvaggio” regnano sovrani.Poveri, disoccupati e reietti sono lontani anni luce. Purtrop-po non è così. Là fuori ci sono le baraccopoli a ricordarcelo.

Quali sono stati i cambiamenti più significativi nel panora-ma nazionale della povertà nell’ultima decade?

Il cambiamento più importante è che stiamo tornando alle vecchie po-vertà e quindi la situazione è preoccupante. Vediamo sempre più per-sone che non arrivano a fine mese, che non sono nemmeno in gradodi comprarsi da mangiare o i medicinali. Magari perché hanno persoil posto di lavoro, cosa che a 40-50 anni significa perdere la speranza.E poi, legate a questa situazioni ci sono tante altre problematiche daconsiderare. Un esempio è l’usura. Le persone in difficoltà economichecercano denaro in maniera indebita e poi restano dentro queste sabbiemobili e non ne escono più. Quello che ci è chiaro è che la forbice èsempre più aperta e i poveri sono sempre più poveri.

Quali sono le categorie più a rischio povertà?I giovani che non trovano lavoro, soprattutto nel Meridione. Una po-vertà emergente è anche quella delle donne. Con lo smembramento

delle famiglie, tante donne si ritrovano a dover badare ai figli da so-le perché l’assegno di mantenimento dell’ex marito non sempre ar-riva. E poi le famiglie, quando viene perso il posto di lavoro.

Che cosa pensa del problema immigrazione?È un fatto legato alla globalizzazione. La gente che arriva ha bisognodi vivere e vuole vivere. Quindi va considerato come un problema so-ciale e non soltanto come un problema di polizia. Dobbiamo impa-rare ad aprirci all’accoglienza e alla convivenza, anche perché abbia-mo bisogno di loro. Noi vediamo gli immigrati soprattutto come forzelavoro: adesso ci servite e allora venite. Poi però andatevene. E anco-ra: ci preoccupiamo degli sbarchi, ma sono solo il 13%. Tutte le altrepersone come vengono e perché vengono? E’ forse il momento di ri-

vedere la legge? Se abbiamo bisogno di 10 persone e apria-mo la frontiera solo a quattro, gli altri sei sono costretti aentrare clandestinamente. Così non va.

Quali strumenti utilizza Caritas per intervenire sul ter-ritorio?Innanzitutto, i centri d’ascolto. Perché carità non è sol-tanto ti do qualcosa, è anche capacità di ascolto e cerca-re le ragioni di quella richiesta. Poi, ci stiamo preoccu-pando che ci siano gli osservatori delle povertà con lacapacità di analizzare l’evoluzione del fenomeno. Sonoindispensabili perché aiutano nell’opera di prevenzione.

Ci stiamo attivando molto sul fronte delle Caritas parrocchiali per-ché sono dei radar formidabili sul territorio che nessun altra istitu-zione può avere in modo così capillare. Sono centri importanti nonsolo per scoprire le situazioni di difficoltà, ma anche per creare nuo-ve possibilità di lavoro.

Quale giudizio dà degli interventi del governo nella lottacontro la povertà?

Si dice che di denaro ne giri poco. Però mi chiedo perché si apranotanti sportelli bancari soprattutto al Sud. In generale, poi, nei pro-getti e nei piani finanziari che si fanno è sempre l’aspetto socialequello che deve pagare il prezzo per tutto. Sarà disattenzione? In-differenza? Quello che mi verrebbe da dire è che è più facile toglie-re al povero quel poco che ha. E che, dall’altro lato, prestare la giu-sta attenzione al povero richiede scelte coraggiose. E questocoraggio, spesso, non c’è. .

di Sarah Pozzoli

La faccia della miseria è anche molto vecchia

«U

Bisogna analizzare, ascoltare e intervenire per prevenire: sono gli obiettivi dell’azione di Caritas Italiana che insieme a Valoripresenta l’Osservatorio sulle nuove Povertà che durante tutto l’anno accompagnerà i lettori con inchieste sul territorio.

Francesco Montenegro,presidente di CaritasItaliana e vescovoausiliare di Messina

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iinternazionale| inbreve |

La lunga mano delle multinazionali sui sussidi agricoli >53A Hong Kong i Paesi poveri hanno perso ancora >54Wto deludente, ma i tavoli rimangono aperti >55

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 51 |

AMAZZONIA,DIMINUISCONOGLI ALBERIABBATTUTI

Dall’agosto 2004 al luglio 2005sono stati distrutti altri 19 chilometri quadrati di forestaamazzonica, circa cinque campi di calcio ogni minuto.

Il dato è stato diffuso dall’Inpe(istituto nazionale di ricerchespaziali). L’annuncio da un latopreoccupa, ma conferma dall’altroche c’è stato un calo del 31 per cento rispetto ai dodici mesiprecedenti. Infatti tra il 2003 e il 2004 l’area devastata è stata di 27.200 chilometri quadrati.

Un po’ di delusione nelle autoritàfederali brasiliane c’è stata, perchésecondo le previsioni dello scorsoagosto, la deforestazione annuale si sarebbe dovuta assestare sotto i sedicimila chilometri quadrati,segnando una diminuzione di quasiil 50 per cento. Secondo l’analisi di Greenpeace, la riduzione dei ritmidi disboscamento è dovuta ad unamaggiore presenza dello Stato nellaregione, conseguenza a sua volta di due eventi: l’omicidio dellamissionaria Dorothy Stang e unagrossa operazione di polizia, graziealla quale le forze dell’ordine hannosmantellato un’organizzazionecriminale che abbattevaabusivamente alberi e trafficavalegna illegalmente. La fondatezzadelle considerazioni di Greenpeacesarebbe dimostrata dal fatto che la più forte riduzione è stataregistrata nel mese di giugno, cioè proprio in coincidenza con l’operazione di polizia.

I MERCENARICILENIPREFERITI DAGLIAMERICANI

Le compagnie militari mercenariepresenti in Iraq sono sempre di più,tanto da rappresentare il secondoesercito per numero di effettivi dopoquello Usa. In media si conta unmercenario ogni 10 soldati regolari.Tra i soldati a contratto sonorappresentate molte nazioni:Sudafrica, Libano, Bosnia, Francia,Italia, India, Colombia, Irlanda,Inghilterra, Australia, Nordamerica e anche Cile.

Di cileni se ne contano almeno600. Sono quasi tutti ex militari o poliziotti dell’era Pinochet e addestrati dalla Cia. Sono moltoapprezzati per la loro preparazionee vengono utilizzati in variemansioni: bonifica dei terreniminati, scorta ai convogli militari o umanitari, riparazione e custodia di armi.

I mercenari cileni possonoguadagnare fino a 4000 euro al mese . Per le loro caratteristichedi affidabilità vengono richiestisoprattutto dalla BlackwaterSecurity Consulting Company, che ha sede nella Carolina del Nord.Il Cile è l’unico Paese in cui lasocietà americana abbia cercatonuovi mercenari per l’Iraq.

Il fenomeno del reclutamento dei soldati a contratto cileni è cresciuto talmente tanto dalloscoppio della guerra in Iraq, che ha provocato la reazione dell’alloraministro della Difesa cileno MichelleBachelet (oggi neo-eletta presidentedel Cile) che ha aperto un’inchiestaper violazione della legge sulle armi.

ACCORDI DI LIBERO SCAMBIOUSA-THAILANDIA,A RISCHIO L’ACCESSO AI FARMACI ESSENZIALI

Negli stati poveri non si può proteggere la salute dei cittadini producendo versioni generiche a bassocosto di farmaci protetti da brevetto.L’organizzazione di soccorso medico internazionale“Medici senza frontiere” (Msf) ha lanciato l’allarmedurante l’accordo di libero scambio tra Thailandia e Stati Uniti. Msf chiede al governo thailandese di proteggere l’accesso ai farmaci, anche nel caso di pressioni da parte degli Usa, per limitare l’accessoai farmaci essenziali. Una decisione in quella direzionemetterebbe in pericolo il programma nazionale per la cura dell’Hiv e dell’Aids del Paese asiatico.

È dal 1995 che “Medici senza frontiere” è presente in Thailandia e fornisce assistenza per la prevenzione e la cura dell’Aids. Nel 2000

ha iniziato la terapiaantiretrovirale, fornendoanche un programma di educazione alle cure,assistenza psicologica e servizi di supporto a oltre16 mila thailandesi. Secondol’associazione umanitaria è già successo in occasione

di altri accordi regionali che gli Usa spingessero perottenere misure per prolungare la durata dei brevetti.

La proposta statunitense nell’accordo thailandeseè segreta. “Medici senza frontiere” ha, però, ragionedi credere che sulla base della posizione negozialesostenuta in passato, in particolare per l’Area di libero scambio dell’America Centrale, gli StatiUniti cercheranno ancora una volta di otteneremisure per la protezione della proprietà intellettualemolto più forti di quelle stabilite dall’Organizzazionemondiale del commercio (OMC) in occasione della Dichiarazione di Doha. In quella dichiarazione si affermava, appunto, la priorità della salute pubblicarispetto alla protezione della proprietà intellettuale.

| inbreve |

| 50 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 5 |

HABRE CONTESO DA BELGIO E UNIONEAFRICANA

L’ex presidente del Chad, HissenHabre, accusato di crimini control’umanità, sarà giudicatodall’Unione Africana. Habre, che ha 63 anni ed è stato arrestatonel novembre scorso, si trova in esilio in Senegal da 15 anni. Il Belgio aveva richiesto a più ripresela sua estradizione, senza esito.

Habre è accusato di avercommesso o di essere il mandantedi omicidi politici e torture. Il periodo incriminato va dal 1982al 1990.

La commissione del Chad per la Verità contesta ad Habre40.000 vittime politiche e l’utilizzodella tortura di massa.

La vicenda sul giudizio dell’expresidente è però piuttostocontroversa: da una parte si ritieneche a giudicare Habre debbanoessere coloro che sono state le sue vittime; dall’altra i gruppi per la difesa dei diritti umaniritengono invece essenziale che Habre sia consegnato al Belgioper avere un processo equo e giusto. I cittadini del Chad chevivono in Belgio hanno intantosottoposto il caso di Habre alla “giurisdizione universale” della legge belga, che ha facoltà di giudicare i crimini commessicontro l’umanità in qualsiasi parte del mondo. La legge è statasuccessivamente revocata, ma il caso di Habre è uno dei tantigià in corso e, pertanto, potrà andare avanti.

IN MALAWIEMERGENZA HIV800 MILA AFFETTIDAL VIRUS

L’Aids sta devastando il Malawi. Si contano almeno 800 mila persone,su 10 milioni di abitanti, affette dal virus dell’Hiv. La fascia dellapopolazione più colpita ha un’etàcompresa tra i 15 e i 49 anni. Mentre un bambino sieropositivo su quattro muore prima di compierecinque anni. Il virus ha ridotto di molto l’aspettativa di vita della popolazione in una nazione in cui il 65% degli abitanti tira avanticon meno di un dollaro al giorno.

A questa piaga si aggiunge la disperazione di mezzo milione di bambini che sono rimasti senza genitori a causa dll’Aids.

Per far fronte all’emergenza, prestosarà costruita una clinica che forniràcure ai piccoli affetti dal virus.L’ospedale sorgerà nella capitaleLilongwe, con i fondi dello statunitenseBaylor College of Medicine. Il progettoverrà finanziato da un fondo triennaledi 1,5 milioni di dollari dal programmachiamato “Step Forward”.

La clinica di Lilongwe saràrealizzata secondo il modello della prima clinica pediatrica per Aidsdella Baylor in Romania, dove risultache il programma abbia ridotto la mortalità infantile per Hiv di oltre il 90% in quattro anni. Ai bambinisaranno assicurati trattamentifarmaceutici all’avanguardia, tra cui terapie antiretrovirali. Studi recentihanno dimostrato che, in mancanza di trattamenti antiretrovirali, il 90% dei piccoli pazienti nati con il virus muoreentro tre anni. Solo l’1% sopravvive al terzo compleanno senza ammalarsi.

CINA, DOPO WIKIPEDIA E GOOGLE LA CENSURA DEL GOVERNO COLPISCE SKYPE

Continuano in Cina le forme di censura e di politicarepressiva per quanto riguarda i diritti di espressione e la libertà di informazione. Dopo l’oscuramento del sito Wikipedia (l’enciclopedia compilata dai navigatori), dei motori di ricerca Google e Altavista, è stata la volta di Skype, il sistema per telefonare basato su tecnologia VoIP (Voice over Interner Protocol).

Skype ha dovuto accettare le richieste del governocinese di filtrare alcuni termini sconvenienti, che verranno sostituiti da silenzi o strani rumori, comunque non identificabili e quindi

innocui per il potere.La prima denuncia della censura

cinese fu fatta da “Reporter sansfrontieres”. L’associazione segnalòcome i motori di ricerca in versionecinese restituissero risultati“riveduti e corretti” a ricerche di parole chiave come “Tibet” o “libertà”. I link ottenuti con queste ricerche erano infattidepurati da collegamenti a paginecon contenuti sgraditi alle autorità,

oppure rimandavano a pagine bianche con la scritta“il documento non contiene dati”.

Altra forma di censura accertata sarebbe stataquella di fornire come risposta una serie di link a siti favorevoli al governo cinese, con informazionimanipolate, senza critiche e affermazioni scomode.Eppure, effettuando la controprova, ovvero la stessaricerca attraverso motori non filtrati, di documenti on line scomodi al regime ce ne sarebbero molti. Ancor più grave il trattamento subito dal bloggerdissidente Shi Tao, imprigionato con una condanna a dieci anni di reclusione; mentre sarebbe statooscurato anche il blog di Zhao Jing, reo di averpubblicato alcune notizie riguardanti le mobilitazionidei lavoratori di un quotidiano di Pechino.

Page 27: Mensile Valori n.36 2006

di Paola Fiorio

| internazionale | Wto |

| 52 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 5 |

| internazionale |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 53 |

Un’inchiesta del Guardian ha rivelato che tra i destinatari delle sovvenzionidella politica agricola comunitaria ci sono moltemultinazionali, tra cui: Shell,Nestlé, Mars e Philip Morris

La lunga mano delle multinazionalisui sussidi agricoli

dini europei per mantenere il settore pur riducendo il vo-lume della produzione agricola. Secondo il quotidiano bri-tannico la maggior parte dei contributi della Pac, circa 30miliardi di euro, sono effettivamente destinati ad aiuti al-le imprese agricole, anche se soprattutto a quelle di gran-di dimensioni. Ben 14 miliardi di euro, però, finiscono nel-

Olanda, tra i destinatari ci sono Heineken e Grolsch (bir-ra), Mars e Nestlé (dolciumi), Philip Morris (tabacco) epersino Shell e Klm. Quest’ultima, rivela il Guardian, haricevuto sussidi per “ristrutturare” la campagna e fare del-le nuove piste di atterraggio.

Germania e Francia, i Paesi che più hanno ostacolatonel 2002 la riforma della Pac, si rifiutano di fornire infor-mazioni sui destinatari dei contributi nei loro Paesi.

La Pac, che costituisce quasi la metà del totale del bud-get europeo e costa ai contribuenti 43,6 miliardi di euro,serve a garantire un sostegno finanziario diretto ai conta-

ON SONO SOLO I CONTADINI A BENEFICIARE DEI SUSSIDI EUROPEI all’agricoltura. Da un’inchiesta del quoti-diano The Guardian emerge, infatti, che nella lista dei destinatari britannici delle sovvenzioni del-la politica agricola comunitaria (Pac) compaiono i nomi di numerose multinazionali del settore ali-mentare come Tate&Lyle, Nestlé, Cadbury e Kraft. E non è tutto. Le multinazionali si mangianouna fetta importante di questi finanziamenti, non le briciole.

Indagini simili sono state condotte anche in altri Paesi europei con il medesimo risultato. InDanimarca tra i maggiori beneficiari compaiono Arla (produttore di latte e derivati), Vanisco (zuc-chero), Danish Crown (carne in scatola) e Novozymes (enzimi per l’industria alimentare). In

N

UN ACCORDO MODESTO ha chiuso il vertice dell’organizzazionemondiale del commercio (World Trade Organization - Wto), tenutosi aHong Kong tra il 13 e il 18 dicembre scorsi. Sei giorni di trattative, rinvii,accuse, rilanci per un negoziato che, partito da Doha nel 2001, dovevaservire ad aprire i mercati dei Paesi industrializzati alle esportazioni deiPaesi poveri e aiutare così lo sviluppo del Terzo mondo. Il risultato diHong Kong accontenta invece Europa e Stati Uniti, premiati dalla lungascadenza dell’eliminazione dei sussidi agricoli e dalla liberalizzazione deiservizi, mentre fa poche concessioni ai Paesi poveri.

Sul tavolo dei negoziati ha tenuto banco soprattutto l’agricoltura,con le sovvenzioni europee e americane all’export che, abbassando iprezzi dei prodotti Ue e Usa, fanno una concorrenza sleale ai contadinidel Sud del pianeta. Ma si è parlato anche di industria e servizi.Questi i punti dell’accordo.

I SUSSIDI AGRICOLISu uno dei punti più controversi del vertice ha vinto la linea francese. Isussidi alle esportazioni agricole saranno cancellati solo entro la fine del2013, data in cui scade anche il bilancio comunitario, e non nel 2010come India, Brasile e altri 90 Paesi poveri avevano chiesto. Inoltre,Europa e Stati Uniti potranno mantenere i propri aiuti fino a circa il 2010ed eliminarli progressivamente nei tre anni successivi. La scadenza del2013 permetterà all’Unione europea di rimandare la spinosa revisionedella politica agricola comunitaria all’approvazione del budget di spesa2013-2019.

I DAZI ALL’INDUSTRIAI membri del Wto si sono accordati sulle scadenze per i tagli delle tariffedoganali industriali. Alla fine di aprile saranno presentate le modalità edentro il 31 luglio prossimo dovranno essere presentate le liste completedi prodotti. Questo dovrebbe portare a zero le tariffe del 97% dellemerci, anche in categorie merceologiche che non interessano i Paesi invia di sviluppo, come la produzione di aerei.

LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZIVia libera per i servizi delle aziende Usa e Ue nei Paesi poveri. Il documento finale di Hong Kong parla, infatti, della possibilità di sottoscrivere accordi tra Paesi per estendere la liberalizzazioneaumentando così il livello di partecipazione straniera nei Paesi in via di sviluppo in settori come quello bancario, delletelecomunicazioni, della sanità.

WTO, VINCONO I PAESI RICCHI.DELUSI QUELLI POVERI

le tasche di grandi industrie del settore alimentare comesussidi all’esportazione. La Pac, infatti, mantiene i prezziartificialmente alti per gli agricoltori europei, attraverso ta-riffe e quote di produzione. E le multinazionali che espor-tano alimenti hanno, quindi, diritto a sussidi per la diffe-renza tra i prezzi Ue che devono pagare e quelli più bassidel mercato mondiale.

Scendendo nel dettaglio, il Guardian rivela che Ta-te&Lyle e le sue consociate nel 2003-2004 hanno ricevuto227 milioni di sterline del budget britannico provenientedalla Pac, mentre a Nestlé ne sono andati quasi 19,6 mi-lioni. Quest’ultima, però, ha ricevuto sovvenzioni anchein Belgio e Olanda.

Beffa nella beffa, nella lista dei beneficiari dei contri-buti agricoli britannici il Guardian ha scoperto delle pre-senze discutibili, come Premier Foods, la società implicatanella contaminazione alimentare causata dal colorante Su-dan 1, che ha ricevuto oltre 60mila sterline di sussidi. O co-me Gate Gourmet, che fornisce catering per gli aerei e chel’anno scorso ha ricevuto 500mila sterline perché, spiega

IL WTO

Nome: Organizzazione mondiale del commercio

Sede: Ginevra

Fondazione: 1995

Paesi membri: 149

Direttore generale: Pascal Lamy

Quota di mercato rappresentata: 90% del commercio mondiale

Budget 2005: 169 mln franchi svizzeri

Compiti:Amministrazione degli accordicommerciali

Monitoraggio della politicacommerciale dei Paesi

Forum per i negoziati commerciali

Giudizi e sanzioni sulle disputecommerciali tra Stati

Cooperazione con altri organismiinternazionali

Assistenza tecnica per i Paesi in via di sviluppo

Sink Wto, ovvero Wtosparisci. Lo sloganesibito da questagiovane chiede una riduzione delle aree su cui il Wto esercita il suo potere, a partiredalla proprietàintellettuale.

Page 28: Mensile Valori n.36 2006

| internazionale |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 55 |

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il Guardian, fornendo le compagnie aeree di bustine mo-nodose di zucchero e latte esporta nello spazio internazio-nale i suoi prodotti e acquisisce così il diritto ai sussidi perl’esportazione. E ancora, industrie farmaceutiche come

GlaxoSmithKline, Boots, Reckitt e Acs Dobfar hanno rice-vuto sostanziosi contributi per aver usato zucchero nellaproduzione di medicine. Anche Eton, il prestigioso colle-ge dove hanno studiato i principi William e Harry, ha ri-

cevuto 2.652 sterline l’anno scorso.Da parte loro le multinazionali affermano di aver di-

stribuito i contributi ricevuti agli agricoltori, sotto forma diprezzi più alti alla produzione. Oxfam, un’organizzazione

non governativa impegnata nell’assistenza al Terzo mon-do interpellata dal Guardian, sostiene invece che questa po-litica di sussidi ha creato un mercato garantito a un pugnodi multinazionali, prezzi fissi ed eccessi di produzione. .

N GIOCO AL MASSACRO DOVE CHI AVEVA PIÙ POTERE, com-merciale e non solo, ha potuto prendersi la fetta piùgrande della torta. I Paesi poveri sono rimasti a guar-dare. L’Italia anche, assente o schiacciata dall’Unio-ne europea».

Un giudizio severo quello di Andrea Baranes,dell’osservatorio sul commercio internazionale Tradewatch. Dal13 al 18 dicembre era a Hong Kong.

Un giudizio secco sull’accordo raggiunto a Hong Kong:promosso o bocciato?

«Bocciato sicuramente, non si è fatto nessun passo avanti sulla stra-da dello sviluppo. Il tutto infarcito di belle intenzioni di aiuto ai Pae-si poveri che alla fine, ancora una volta, hanno perso e sono torna-ti a casa a bocca asciutta».

…e chi ha vinto invece?«Hanno vinto Stati Uniti e Unione Europea, che hanno ottenutoesattamente quello che volevano. In parte hanno vinto India e Bra-sile, che hanno conquistato un posto al tavolo dei grandi, ma al

Le reazioni dopo Hong Kong in Italia non sono state univo-che. Anche a sinistra c’è chi sostiene che sia stato un par-ziale successo. Perché?

«Perché, in apparenza, qualche minimo passo avanti è stato fatto.Ufficialmente sono stati messi nell’agenda internazionali prioritàcome lo sviluppo e la lotta alla povertà. Ma, nella sostanza, non si èottenuto niente di buono».

Quindi non c’è proprio niente da salvare in questo accordo?«Molto poco. Solo la fine dei sussidi alle esportazioni agricole, ma sene parla tra 8 anni. E non è stato neanche affrontata la questione deifalsi aiuti alimentari che permettono agli Stati Uniti difinanziare i loro agricoltori con lo stesso effetto degli in-criminati sussidi all’export europei».

E per quanto riguarda gli altri accordi in di-scussione?

«Non sono stati fatti grandi passi avanti né per i Nama(l’accordo sulle tariffe dei prodotti industriali), né per ilGats (sulla liberalizzazione dei servizi). Usa e Ue hanno

rimandato ogni discussione a Ginevra, dove l’attenzione dei mediasarà inferiore a quella che c’era a Hong Kong. Tra marzo e aprile èstato fissato un “Hong Kong 2” nella sede del Wto dove si tornerà anegoziare in burocratese stretto tra i tecnici del Wto e sarà molto piùdifficile per i Paesi del Sud arginare l’aggressione di Usa e Ue».

Ma è corretto ridurre tutto a uno scontro tra ricchi e pove-ri o sono in gioco dinamiche più complesse?

«Certamente le dinamiche sono più articolate. Più che tra Nord eSud del mondo, lo scontro in atto è tra due modi diversi di inten-dere il commercio e le relazioni internazionali. Tutto sembra diven-

tato commerciabile, tutto fa parte del Wto. In nome dellibero commercio si stanno facendo danni enormi. E aperdere siamo tutti, Paesi poveri e non solo».

Alla luce di questi difficili negoziati in corso da più diquattro anni, quale futuro ha il Wto?«Il problema è stabilire se cibo e acqua possono essere con-siderati una merce, se la salute umana possa essere in ma-no a un’organizzazione che si occupa di commercio». .

Fine primo round. In palio potere, denaro e vite umane

«U

ON È STATO CERTO UN FALLIMENTO anzi ha fatto registrareaperture significative verso i paesi emergenti sia da par-te degli Stati Uniti sia da parte dell’Europa»: è il giudi-

zio di Fabrizio Onida, professo-re ordinario di Economia inter-nazionale presso l’Università

Bocconi, ex presidente dell’I.C.E., Istituto nazionale peril Commercio Estero, e sottosegretario del governo D’A-lema, sulla sesta Conferenza ministeriale dell’Organiz-zazione mondiale del Commercio (Wto) che si è svoltaad Hong Kong nel dicembre scorso.

«Rispetto al rischio che l’incontro finisse con uncollasso come era accaduto a Cancun nel 2003, non sitratta certo di un fallimento; va tenuto presente, infat-ti, che si è stabilito di tenere aperti i negoziati per tut-to il 2006, anche perché ad aprile del 2007 scade il fa-st truck, cioè il mandato attribuito a Bush dal congres-

so per negoziare in sede di Wto senza dover otteneremandato per ogni singola questione e non è detto chetale delega sia rinnovata al presidente». Lo precisa ilprofessore aggiungendo che «certo, il fatto di non tro-varsi davanti a cifre conclusive da spazio ai pessimisti.Ma, in realtà, a Ginevra i tavoli delle concertazioni con-tinueranno a lavorare seguendo le linee tracciate aHong Kong».

Dall’appuntamento asiatico è emersa l’approvazio-ne di un documento finale che prevede l'eliminazionedi ogni forma di sussidio all’agricoltura per l’export en-tro il 2013 inoltre è stato approvato all’unanimità uncompromesso che apre la strada all'adozione, entro ilprossimo anno, di un accordo generale per la riduzionedei dazi doganali a favore dei paesi del terzo mondo.

Infine è stata adottata una dichiarazione conclusivache intende rilanciare i negoziati per la liberalizzazione

Aperture e spunti ma i tavoli restano aperti

«Ndi Francesca Paola Rampinelli

Secondo Fabrizio Onida il Wto di Hong Kong non è stato deludente anche se non si è giunti a cifre conclusive.

Andrea Baranes, osservatore internazionale di Tradewatch e presente a Hong Kong, boccia l’accordo raggiunto: i Paesi poveri ancora una volta hanno perso, Usa e Ue la fanno da padrone, Italia inesistente. Nessun passo avanti sulla strada dello sviluppo.

prezzo di essere manovrati sulle questioni importanti. La Cina eratotalmente assente a Hong Kong. Il risultato dei negoziati rispecchiafedelmente la scala dei poteri commerciali».

La stessa alleanza tra Paesi poveri che finora sembrava reg-gere, a Hong Kong si è spezzata…

«Sì, è emerso un gruppo di neo potenti: Cina, Brasile, India e in par-te il Sudafrica. Cioè si è creata una spaccatura tra i Paesi che hannoqualcosa da offrire in questo grande circo del Wto e quelli che inve-ce non hanno merce di scambio».

E in questa partita giocata a Hong Kong l’Italia che ruoloha avuto?

«Praticamente nessuno. La delegazione italiana è stata assente».

E l’Unione Europea?«Non poteva sperare di meglio. Mandelson è tornato a casa a testaalta. È riuscito a mantenere i sussidi all’agricoltura per altri 8 anni esui servizi ha tenuto aperta la porta per una politica di liberalizza-zione aggressiva».

di E.T.

Andrea Baranes

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Fare chiarezza su dati e conti

Energia| macroscopio |

di Walter Ganapini

AVVICINARSI DEL “PICCO DI HUBBERT” (punto oltre il quale la produzione di idrocarburi comincerà a decrescere),oggi stimato come probabile al 2025, non è accompagnato, men che meno in Italia, da una informazione seriacirca problemi e prospettive del comparto energetico.

Gli “animal spirits” del mercato deregolato non spiegano come si sia pervenuti , da noi, all’insanatransizione dalla “monodipendenza petrolio” a quella “gas naturale”.

È dall’inizio degli anni ’80 che molti, anche in campo ambientalista, spiegavano come fossetermodinamicamente irrazionale bruciare un nobile intermedio per l’industria chimica come il metano per scaldare l’acqua nelle case fino a circa 60°C (risultato abbondantemente conseguibile con il ricorso al sole o ai cascami energetici dei processi industriali) o tramite combustione diretta o, più perversamente,generando elettricità con cui poi alimentare i “boilers” domestici.

Dalla fine degli anni ’80 si riflette sulla tendenziale vulnerabilità, da instabilità strategica, di almeno due delle tre aree da cui ci approvvigioniamo di gas naturale: Russia (a partire dalla guerra cecena, non poco in relazione con il passaggio di pipelines in quella neo-nazione) ed Algeria (in virtù della crescita delfondamentalismo). È poi facile profezia spiegare che il dibattito sui ri-gassificatori, strutture utili a consentirel’approvvigionamento da altre aree (es. Libia e Nigeria) tramite navi metaniere difficilmente terrà conto

di analisi strategiche elaborate dall’Enel già durante la presidenzaViezzoli, da cui si evinceva l’enorme fabbisogno finanziario per attrezzarele nuove flotte oltre alla vulnerabilità di queste “bombe galleggianti”.

Stupisce che, quando dovrebbero essere evidenti fallimentoeconomico e crisi ambientale associabili all’approccio reaganiano della “supplì-side economy”, quasi nessuna voce si alzi a richiedereuna drastica e ben pianificabile svolta a favore del “demand-sideenergy management”, e quindi dell’innovazione di sistema tutta

incentrata sulla nozione di efficienza (“to do more with less”).Altra pecca decisiva in termini di trasparenza dei percorsi decisionali, unico fattore in grado di frenare

l’atomica irruenza scajolesca, è la distruzione, complice anche il centro-sinistra, della nozione di pianificazionein campo energetico. Si straparla di altissimi prezzi dell’energia come vincolo centrale allo sviluppo, inteso il più delle volte come crescita quantitativa (ma crescita di che, del già enorme numero di veicoli circolanti, dei cellulari, della cementificazione del suolo che tutte le Relazioni sullo Stato dell’Ambiente indicano ormaicome insostenibile?). Si dice «ci vuole il nucleare come in Francia , perché importiamo da lì energia a bassocosto»: abbiamo già evidenziato in una precedente rubrica la scorrettezza teoretica di tale assunto. Oggi, però,la smentita si arricchisce di una informazione che solo “Il Sole-24 Ore” ha dato, costringendola nella rubrica“Paradossi” del 28 Dicembre 2005: il titolo recitava “Parigi e Londra comprano energia italiana”. Il fenomenoha avuto inizio nel marzo 2005, si è rafforzato nel giugno e ancor più da novembre, per raggiungere l’apiceattorno a Natale, quando il 10% dei 4,5 MWh acquistati nella nostra Borsa ha preso la via dell’estero. Nel 2005, in sostanza, i prezzi di base e di picco della nostra energia elettrica sono stati superati del 30% da quelli espressi dalle Borse tedesca e francese, mentre in quella inglese si raggiungeva un + 50%, addirittura!Giudizio, quindi, giudizio... e trasparenza! .

Nel 2005 l’Italia ha incredibilmente esportatoenergia. Perché i prezzierano inferiori a quelli delle corrispondenti borse tedesca e inglese

L’

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 57 |

| internazionale |

degli scambi commerciali mondiali, due anni dopo laConferenza di Cancun.

«Risultati positivi - sottolinea Onida - erano già statiraggiunti fin dal vertice di Goa in cui erano state risolte lequestioni evidenziate a Singapore e quindi superate alcu-ne fondamentali controversie di fondo. In questo roundinoltre i 149 paesi membri del Wto avevano di fronte unnumero più limitato di argomenti da affrontare».

«Siamo davanti ad un momento in cui si cerca di in-trodurre un processo di graduale apertura senza cederealla tentazione di concludere accordi solo bilaterali cherischiano sì di liberalizzare una parte dei flussi com-

merciali ma rendono sempre più complessi i meccani-smi organizzativi dei singoli stati generando una selvadi regole foriera anche di arbitrio da parte delle orga-nizzazioni doganali».

«Tra l’altro - aggiunge ancora il professore - è emer-so ancora una volta che i paesi in via di sviluppo tassa-no maggiormente le importazioni provenienti da altripaesi in via di sviluppo rispetto a quelle che provengo-no dagli stati ricchi per una questione di omogeneità diproduzione. Per quanto riguarda i temi relativi all’agri-coltura», conclude Onida affrontando i singoli temi al-l’ordine del giorno «non sono state prese decisioni defi-nitive ma sono state messe sul tavolo proposte interes-santi oltre ad aver fissato l’azzeramento dei sussidi al-l’export per l’agricoltura entro il 2013. È anche vero cheresistono i cosiddetti sussidi domestici circa i quali peròhanno avanzato, sia Europa che Stati Uniti, offerte co-raggiose che sono da valutare nel corso dei prossimi la-vori. Non ci sono state nuove concessioni per quanto at-tiene al campo dei servizi rispetto a quelle già fatte inprecedenza, ma se non ci sono stati progressi non si so-no neanche registrati regressi. Mentre, in conclusione,per quanto riguarda la questione della produzione deifarmaci nei paesi meno sviluppati, il passo più significa-tivo era già stato compiuto con la dichiarazione di Goain forza della quale i paesi colpiti da malattie endemichehanno imposto la produzione in loco dei medicinali an-che se i brevetti detenuti dalle case farmaceutiche nonsono ancora scaduti; in questa sede è stato solamente in-serito un emendamento nell'accordo Trips». .

Due giovani manifestanti contro il Wto ad Hong Kong. I Paesi più poveri stanno iniziando ad avere una loro vocenelle negoziazioni, grazie al sostegno di chi è scesoin piazza a protestare,

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| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 59 || 58 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

economiasolidale| inbreve |

Nel cuore del Senegal l’impronta della finanza etica >60Liberi dalle mafie, undicesima carovana per la legalità >63Banca Etica, un prestito con un forte valore sociale >64

| inbreve |

ALLE IMPRESEITALIANEPIACEIL FOTOVOLTAICO

Oltre 13 milioni di euro per passareal “piccolo” fotovoltaico, ovveroimpianti fino a 20 Kw. È questa la cifra stanziata per le piccole e medie imprese campane, operantinell’ambito dei Progetti integratiterritoriali (Pit) di alcuni settori tracui l’edilizia, i servizi e il commercio.Il bando mira a sostenere il miglioramento dell’efficienzaenergetica delle pmi. Il costomassimo ammissibile a contributo è di 6.500 euro per Kwp; il contributocopre fino al 75% del costodell’investimento e, in ogni caso,non supera i 100mila euro. Le imprese che beneficeranno del contributo non potranno vendereo dismettere l’impianto prima che siano trascorsi dodici anni.

In Italia, per il primo trimestredel 2006, agli incentivi alla produzione di energia elettricada impianti fotovoltaici sono stateammesse 2.872 domande, pari al 78% delle 3.668 richiestepervenute al gestore del sistema.Delle domande ammesseall’incentivazione, 47 riguardanoimpianti di potenza superiore ai 50Kw e 2.825 quelli fino a 50 Kw. Le regioni caratterizzate da unapotenza più elevata ammessaall’incentivazione sono: la Puglia, la Sicilia e la Campania. Per il secondo trimestre, infine, sono pervenute al gestore della reteelettrica nazionale circa 7.500domande, più del doppio di quelledel primo trimestre, per una potenzacomplessiva di circa 190 Mw.

DUE GIORNI A TREVISOPER LA PACEE L’ALTRUISMO

Educare l'uomo a comportamenti“prosociali”. Stimolarlo a migliorareil benessere di altre persone o a ridurne lo stato di sofferenzasenza che sia prevista unaricompensa. È questo lo scopo della prosocialità, un nuovo modo di fare psicologia al servizio della comunità. Se ne parleràgiovedì 23 e venerdì 24 febbraioall’Auditorium del Collegio Pio X di Treviso in occasione del convegno“Alterità e cultura di pace”. Con un relatore d’eccezione: Robert Roche, professoreall’Università di Barcellona,massimo esperto di questo ramo della psicologia cognitiva e relazionale. Nella prima giornataRoche parlerà di formazioneprosociale per una cultura di pacementre venerdì 24 è prevista unatavola rotonda in cui si affronterà il tema della prosocialità in campoeducativo, economico e artistico. Il convegno è gratuito. Rientra nella “Rete progetto Pace”sponsorizzato da Banca Etica. Per partecipare basta inviare la scheda d’iscrizione all’IstitutoFabio Besta, Borgo Cavour, 33,Treviso (via fax al n. 0422/548205,o via e-mail a [email protected]).Maggiori informazioni sul sitohttp://82.188.101.140/rete_progetto_pace/Docenti.htmo al numero 0422/410164.

LA RACCOLTA DIFFERENZIATADEL LEGNO È REDDITIZIA E CREA NUOVI POSTI DI LAVORO

Negli ultimi sei anni la raccolta differenziata del legnoin Italia ha fruttato 434 milioni di euro, grazie alla raccolta e al riciclo di oltre 7 milioni di tonnellatedi rifiuti da imballaggi di legno. Una quantità pari ad un anno intero di importazioni italiane di legnamegrezzo e di semilavorati. Un’attività che ha creato quasi 3 mila nuovi posti di lavoro.

Il legno recuperato, dopo essere stato trattato e lavorato, diventa materia prima. Viene utilizzatasoprattutto nella produzione di pannello truciolareecologico, un semilavorato utilizzato nell’industriaitaliana del mobile e, in misura minore, nella produzionedi pasta cellulosica e di blocchi di legno-cemento per l’edilizia. I costi sostenuti corrispondono

a 300 milioni di euro, dovuti alla raccolta degli imballaggi, alla lavorazione presso le piattaforme(nelle quali il legno viene stoccato e ridotto di volume), all’impattoeconomico e ambientale dei trasporti, alla mancata produzione di energia.

I benefici invece sono risultati pari a 734 milioni di euro e derivanodal valore della materia prodotta,dagli imballaggi riutilizzati,dall’impatto economico e ambientale

connesso con l’evitato smaltimento in discarica, dalle emissioni evitate da riciclo e riutilizzo,dall’occupazione generata, stimata in 2.854 lavoratoriin più nel settore della raccolta e trattamento di rifiutida imballaggi in legno.

Il saldo, inoltre, non tiene conto di alcuni fattoripositivi difficilmente quantificabili come: gli effetti sulla popolazione delle campagne di sensibilizzazioneed educazione ambientale, la minor dipendenzadall’estero per l’approvvigionamento di materie prime.

COCA SEK, LA RISPOSTADEGLI INDIGENIALLA COCA COLA

L’hanno chiamata Coca sek, chesignifica Coca del sole. È la rispostadegli indigeni colombiani alla CocaCola. Si tratta di una bevanda moltodissetante che assomiglia comecolore ad una cedrata e come gustoad un tè speziato. Il suo componentebase è la foglia di coca, del tipo più pregiato. La produzione per il momento è minima e punta a soddisfare a malapena il fabbisognointerno, ma i produttori non escludono anche l’esportazioneall’estero, nonostante le leggirestrittive sull’esportazione di prodottia base questa pianta. Il progetto degliindigeni punta a rivalutare una culturatradizionale. La Coca Sek vieneprodotta, infatti, nella valle del Cauca,dove c’è una riserva indigena. Primadi essere immessa sul mercato è statatestata da molti assaggiatori. Arrivarealla formula definitiva non è statofacile, ci sono voluti anni di prove,durante i quali gli ideatori si sonoimpegnati a testare i gusti di piùgruppi etnici, essendo loro abituati al gusto forte della bevanda. La Cocasek non contiene zucchero raffinato,ma solo prodotti naturali provenientidalla coltivazione della terra e dalle foreste. Il concetto di biologicoe naturale fa parte della filosofia che gli indigeni hanno applicatoanche ad altri prodotti. Basti pensaread alcuni progetti bio legati allaproduzione del Caffè sugli altopianidel Messico (Uciri) e distribuiti in Europa attraverso i canali del commercio equo e solidale.

ECONOMIAA NERVI TESIANCHEAL NORD

Anche il ricco Nord Italia ha dei punti deboli. Piccole areeisolate, spesso in montagna, la cui economia fatica a decollare.Zone sempre meno popolate, con molti anziani, pochi servizi e un reddito pro capite in calo.Come si può intervenire per risollevare queste aree? È la domanda alla base del convegno, organizzato da Banca Etica e dalla FondazioneCulturale Responsabilità Etica onlusdal titolo “Un’economia leggera per aree fragili - come favorire la sostenibilità nelle aree periferiche del nord Italia”. Si terrà a Rovigo, presso la sededella Provincia, il 25 febbraio a partire dalle 9,30. Grazie agli interventi di docenti delle università di Parma, Modena e Trieste, ma ancheascoltando esperienze concrete dichi un modo per crescere lo hatrovato, si cercheranno le soluzionimigliori. Ad esempio attivitàeconomiche leggere che rispettinol’ambiente e che sappianosviluppare risorse preziose come la conoscenza e il capitale umano.Per ulteriori informazionie per conoscere i nomi dei relatori si può visitare il sito internethttp://www.lscmt.units.it/osti/EconomiaLeggera.htm.

È A ROMA IL PRIMO DISTRETTO DI ECONOMIA SOLIDALE

Dieci milioni di euro di fatturato e 335 occupati a tempo pieno. Sono queste le cifre dell’altra economiadi Roma e provincia, così come emergono dall’indagineche l’Ufficio autopromozione sociale della Capitale ha svolto per verificare la fattibilità di un distretto di economia solidale. Nove i settori dell’altra economiaoggetto d’indagine: i più significativi sul territorio per fatturato, persone coinvolte e diffusione culturale.Si va, infatti, dal commercio equo e solidale ai gruppi di acquisto solidale, dall’agricoltura biologica allatrasformazione del bio e dell’equo, dal riuso e ricicloalla promozione delle energie rinnovabili, dal turismoresponsabile alla finanza etica e al software libero. Circa il 60% degli operatori oggetto dell’indagine,

si colloca su una dimensionemedio-piccola, con un fatturato compreso tra i 30.000 ed i 120.000euro. Il 15,9% degli operatoriha una dimensione moltopiccola (fino a 30.000 euroall’anno), mentre gli operatoridi più ampie dimensioni (con

un fatturato superiore ai 120.00 euro) rappresentano il restante 22,7%. Inoltre, i risultati mostrano che piùdella metà degli addetti sono volontari (53,5%), mentrei retribuiti rappresentano il 43,8% dei lavoratori, ci si avvale in modo marginale del servizio civile (2,6%).Alla domanda sui possibili vantaggi derivanti dallacostruzione di un distretto, la maggioranza (88%) ha indicato una maggiore visibilità, seguita dalpossibile incremento delle vendite (71%), mentre pocopiù della metà (55%) vede il DES come un’opportunitàdi qualificazione della filiera. Notevole l’aspettativa di crescita per il futuro da parte degli operatori: il 93% degli intervistati pensa di aumentare la quantitàdi servizi/prodotti venduti nei prossimi tre anni.Convinzione che rischia, però, di scontrarsi con alcunilimiti strutturali dell’altra economia: il ciclo corto, il controllo della filiera, il rapporto diretto con il cliente,il rifiuto di marketing massificanti.

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Una conferenza internazionale sull’economia solidale a Dakar. Uno sguardo su un popolo a cui l’iniziativa e la vogliadi fare non mancano. Un esperienza di microfinanza in un villaggio sperduto all’ombra dei Baobab. Da due anni è stata creata una cassa di credito e risparmo. Un sistema autogestito dagli abitanti del villaggio.

ASE DI PAGLIA E TERRA IN MEZZO A UNA DISTESA DI NULLA. Sterpaglie secche, qualche albero qua e là. Ci saranno 35 gradi.Un sole accecante. Silenzio. Siamo a Tabby (si legge Tabbì, alla francese), un villaggio di 500 anime a metà stradatra Dakar e il deserto della Mauritania. Qui la gente parla solo Wolof, una delle lingue più diffuse in Senegal, e pas-

sa giornate intere seduta all’aperto. A discutere, osservare, riflettere. È l’immagine che mi ha colpito di più. Succede anche in città,a Dakar, ma qui è incredibilmente evidente. Nessuno sembra avere fretta. Quell’urgenza, quella voglia di fare tutto e subito, tipi-ca di noi abitanti del Nord del mondo, è lontana anni luce. Guardando queste persone negli occhi si ha l’impressione che l’in-tricato mondo della finanza con tutti i suoi termini complessi non faccia neanche parte del vocabolario Wolof. E invece non ècosì. Siamo qui per scoprirlo. Siamo in sei: tre italiani, una belga e un boliviano, giunti in Senegal per la conferenza internazio-nale sull’economia sociale e solidale che si è tenuta lo scorso dicembre a Dakar. Ci accolgono con un misto di curiosità e di desi-derio di farsi conoscere. Ci sediamo in uno scorcio d’ombra in cerchio insieme a una cinquantina di senegalesi. C’è il capo vil-laggio, giovani, anziani. Molte le donne, di ogni età, determinate, grintose, sembrano avere le idee molto chiare. Avvolte nei lo-

ro abiti tradizionali, parlano di tassi di interesse, di rischio, di duratadel credito. Ecco a Tabby gli albori della finanza. Una finanza, fattadi piccoli (piccolissimi) numeri, ma utile, concreta, inventata per rea-lizzare progetti e per aiutare chi ne ha bisogno.

Rossa e verde. Due scatole per costruire il futuro del villaggioMettere i propri risparmi in banca e ottenere un interesse. Ma anchechiedere un prestito o ricevere un aiuto economico in caso di biso-gno. Succede anche a Tabby. Ma, invece di una banca come la im-maginiamo noi, con una vetrata all’ingresso, gli sportelli e i cassieri,ci sono solo due scatole di metallo, una rossa e una verde. Da dueanni nel villaggio è stata creata una Cassa di credito e risparmio, unsistema di raccolta dei risparmi e di finanziamento totalmente au-togestito dagli abitanti del villaggio. Le due scatole ne sono il segnotangibile. Quella verde è la “cassa di risparmio”. Una volta al meseogni famiglia versa 150 franchi Cfa, la moneta senegalese, circa 20centesimi di euro. La cassa, funziona come una vera a propria ban-ca, con tanto di tassi di interesse attivi e passivi. Per i risparmi mes-si nella scatola infatti le famiglie ricevono un interesse del 9% se-mestrale. Ma il vero scopo della cassa verde è erogare finanziamen-ti. Le famiglie che vogliano sostenere una spesa superiore alle loropossibilità o effettuare un investimento, acquistando ad esempiouna mucca, un cavallo o delle sementi, possono chiedere un presti-

to. Fino a un massimo di 10 mila franchi Cfa (circa 15 euro), da rim-borsare entro 6 mesi a un tasso di interesse del 9% (situazione pernoi anomala, tassi attivi e passivi coincidono). Un comitato di cre-dito, formato sempre da membri del villaggio, dovrà quindi valuta-re la richiesta e decidere se approvare il finanziamento. «Ogni voltavalutiamo attentamente l’attività per cui viene richiesto il prestito –ci spiega uno dei membri del comitato di credito, una donna – Al-l’ultima riunione abbiamo approvato solo 4 richieste di finanzia-mento su 53». La scatola rossa invece è la “cassa di solidarietà”. Ognifamiglia versa 25 franchi Cfa al mese (solo 4 centesimi di euro). Ser-ve per le situazioni di emergenza, per aiutare una tantum una fami-glia in difficoltà, per una malattia improvvisa, la perdita di un rac-colto, la morte di un animale. La responsabilità della gestione delledue casse è affidata a quattro persone del villaggio, con un mecca-nismo di controllo incrociato. Due tengono le scatole, altre due lerispettive chiavi. Ce lo spiega il detentore delle chiavi della cassa ver-de, mostrandocele con orgoglio. E se qualcuno non dovesse resti-tuire il prestito? La domanda sembra scandalizzarli un po’, come senon avessero mai preso in considerazione quest’eventualità. «In-nanzitutto dovremmo capire i motivi per cui il prestito non vienerimborsato e, se ci fossero dei problemi, cercheremmo di aiutare lapersona - spiega uno dei membri del comitato di credito, lasciando-mi a bocca aperta – comunque è una situazione rara, considerandoanche che si tratta di piccole somme».

Microfinanza,per educare alla solidarietà Certo, sono piccole somme ma per le famiglie di Tabby possono si-gnificare molto. «I soldi dei prestiti sono importanti per noi – spie-ga una donna – Se non ci fossero stati lo scorso mese non avrem-mo potuto acquistare una gallina e quindi vendere le uova». «Al dilà della somma prestata, questo sistema è molto utile da un puntodi vista educativo – commenta Fabio Salviato, presidente di Bancaetica, parte anch’egli della delegazione a Tabby – Permette di in-trodurre il concetto di risparmio, ma, ancora più importante, inse-gna al villaggio ad affrontare e risolvere insieme i problemi». Que-sto modo di condividere, discutere e decidere insieme non è unanovità per il Senegal, anche nel campo della gestione del denaro.In tutto il continente africano sono diffuse le tontine, gruppi di per-sone, spesso donne, che gestiscono una sorta di cassa comune. Cia-scuno versa periodicamente una piccola somma di denaro e, a tur-no, un membro della tontine riceve l’intero capitale raccolto. Lacassa di credito e risparmio di Tabby è un’evoluzione delle tontine.È gestita autonomamente dal villaggio ma è inserita in un proget-to più ampio, coordinato dall’Ugpm (Union des Groupements Pay-sans de Méckhé), che raggruppa gli abitanti della zona rurale diMéckhé. Sono più di 80 i villaggi coinvolti, dove sono state orga-nizzate delle casse di risparmio e di credito. Gli organizzatori sonoun gruppo di giovani senegalesi che hanno studiato a Dakar o in

Nel cuore del Senegal le impronte della finanza etica

di Elisabetta Tramonto

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La banca di Tabby. Solo due scatole una per il risparmio, l’altra per i finanziamenti

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Questo è un sistemautile dal punto di vistaeducativo. Permette di introdurre il concetto di risparmio

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Ndi Paola Baiocchi

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 63 |

EL 1994 SI È MOSSA PER LA PRIMA VOLTA sulle strade della Sicilia:pochi ragazzi, poche tappe - solo nove giorni - ma la vo-lontà forte di reagire, di affermare che è possibile vivere sen-za la mafia. La Carovana partiva da Capaci, dove solo dueanni prima era stato ucciso il giudice Falcone e poi passavaper Licata, Palermo, Marineo, Corleone, Bivona, Racalmu-to, Siculiana, Canicattì, Gela.

“Poveri pazzi” devono aver pensato nei feudi mafiosi,ma poi anno dopo anno c’è statasempre meno gente a guardare esempre più gente a partecipare: lalegge Rognoni-La Torre del ‘96comincia ad assegnare alle Asso-ciazioni i terreni confiscati allamafia e nel 1997, assieme alla Ca-rovana, parte Pole Position, unprogramma per il recupero e ilreinserimento sociale e lavorati-vo dei ragazzi a rischio. L’annosuccessivo, i “pazzi” che parlanodi educazione alla legalità passa-no lo Stretto e arrivano in Cala-bria. Nel 1999 la Carovana deci-de di partire dall’Aula di Giustiziadi Palermo, dove si stanno svol-gendo i maxiprocessi.

È un contagio che non si fer-ma: nel 2002 la Carovana diven-ta nazionale, tocca dieci Regioni,arriva in Lombardia, coinvolgecentinaia di Associazioni, scuole,Enti locali che discutono, pro-muovono progetti, conoscono iprofumi della la Sicilia, man-giando i prodotti coltivati sui ter-

reni che erano di Riina, da una gioventù bella che ha vo-glia di riscattarsi.

Quest’anno, l’undicesima edizione della Carovana èdiventata internazionale, ha viaggiato dal 20 settembre al17 dicembre e a Libera, all’Arci e ad Avviso pubblico - le treAssociazioni che ne sono il motore - si sono aggiunte unagalassia di realtà che vogliono stabilire un ponte di solida-rietà tra zone a più alta concentrazione mafiosa e territori

dove l’infiltrazione criminale simanifesta. Così tra le tappe c’èstata l’Albania, il Marocco, maanche Villa Wanda in provinciadi Arezzo, dove risiede ancora ilcapo della P2 Licio Gelli.

La tappa ToscanaProprio in Toscana, se la Carova-na avesse potuto fermarsi in ogniComune che ne aveva fatto ri-chiesta, non sarebbe ancora rien-trata a casa; ma nel frattempo dal-la Toscana sono “germinate” altreiniziative messe in moto dal pas-saggio della Carovana. «Parteci-piamo già da anni alla Carovana,anzi quest’anno le tappe toscanesono partite da San Giuliano Ter-me, che è uno dei Comuni piùsensibili alle tematiche dell’educa-zione alla legalità e alle azioni po-sitive», spiega Fabrizio Tognonidell’Associazione Chiodofisso,che aderisce a Libera, «a settembreavevamo consegnato un pulminoda nove posti, donato dalla Mise-

La carovana per liberare la vita e la mente

La cronaca dell’undicesima carovana per la legalità che è diventata internazionale e vede sempre più impegni concreti a sostegno della libertà e contro la mafia. La prima edizione partì da Capaci luogo simbolo della lotta alla criminalità mafiosa.

ta di 724 cooperative di risparmio e credito. Anche se ben struttu-rato e ormai attivo da tempo, il mondo della microfinanza in Se-negal ha bisogno di aiuto. Questa la conclusione raggiunta dall’a-nalisi di Etimos. Un aiuto che si traduca in un appoggio finanzia-rio e in assistenza tecnica.

Microcredito,non mette tutti d’accordoDi microcredito si è a lungo parlato alla conferenza di Dakar sull’e-conomia solidale, come strumento per una finanza etica. Non si puòperò dire che abbia ricevuto un’approvazione unanime. Erano mol-ti i giovani africani, senegalesi ma non solo, presenti alla conferen-za, più di 700 sui 1200 partecipanti da tutto il mondo. Ciascuno conla propria esperienza di economia solidale: piccole imprese agricoleo artigianali con alcuni problemi e bisogni comuni. Più finanzia-menti, innanzitutto, ma anche formazione per poter camminarecon le proprie gambe. Non sempre e non per tutti il microcredito ri-sulta essere la soluzione migliore. «Troppo difficile ottenere un fi-nanziamento», è l’obiezione più ricorrente. «Dobbiamo trovare ilnostro modo di fare economia e finanza, non importare quello delNord del mondo». È il succo del discorso di Rabia Abdelkrim-Chikh,coordinatrice dell’Ong senegalese Enda Cyberpop per lo sviluppodel terzo mondo. Determinazione e grinta da vendere. «Il problemanon è tanto e solo il microcredito – spiega Rabia – ma tutti queglistrumenti che la finanza etica sta proponendo al Sud del mondo.Strumenti importati dal vecchio modello economico con cui si pen-sa di risolvere i problemi dell’Africa. Bisogna invece introdurre ele-menti nuovi e creativi. L’economia solidale deve servire a costruirequalcosa di diverso, altrimenti si fa rientrare la logica della finanzasolidale in quella della finanza tradizionale. Gli attori dell’Africa de-vono essere partecipanti attivi alla creazione della loro economia».A molti attori africani presenti alla conferenza invece il microcredi-to piace eccome. C’è chi ne ha già usufruito e chi sfrutta l’occasionedella presenza a Dakar di numerosi operatori internazionali attivianche nella microfinanza per chiedere un finanziamento..

| Liberi dalla mafia | economiasolidale |

SENEGAL

Superficie 196.722 km2Popolazione totale 10,3 milioni di abitantiPopolazione principali città:Dakar 2,15 milioni di abitantiTouba-Macké 1 milione di abitantiThies 500 milaPopolazione di età inferiore a 15 anni 45%Speranza di vita alla nascita 54 anniScolarizzazione elementare 58%, medie 11%Tasso di alfabetismo donne 73,3%, uomini 53,6%Tasso di cambio 655,957 euro/francoCfaPil 6,3 mld franchiCfa (9,6 milioni di euro circa)Tasso di crescita del Pil nel 2003 6,30%Debito estero 30 mld franchiCfa (45 milioni di euro circa)Inflazione nel 2004 1,70%

Europa o in Canada ma hanno deciso di tornare nella loro terra na-tia e aiutare gli abitanti dei villaggi, raramente istruiti, spesso anal-fabeti, insegnando loro a gestire la cassa di credito e risparmio, peresempio, ma anche educandoli a preservare l’ambiente, a tentare didifendersi dall’avanzare del deserto, per impedire che sempre piùfamiglie lascino le campagne per trasferirsi in città. Un team di 15“animateur”, una sorta di agenti del microcredito, sono il contattodiretto con gli abitanti del villaggio. Forniscono loro assistenza e in-segnano rudimenti di finanza. Oltre al sistema di risparmio e di cre-dito organizzato nei villaggi, che rende possibili piccolissimi finan-ziamenti, le casse dell’Ugpm sono alimentate anche da finanzia-menti internazionali, fondi che arrivano da società di investimen-to solidale o da donatori e che permettono di prestare somme mag-giori e a più beneficiari.

Boom della microfinanza in SenegalLa microfinanza non è certo una novità in Senegal. Lo dimostra ilnumero di mutuelles, cooperative di risparmio e credito, presentinel Paese. Ben 724. Nell’ultimo decennio si è assistito a una veraesplosione del credito cooperativo, erano solo 18 nel 1993. Un si-stema così attivo ha attirato l’attenzione del consorzio di micro-credito Etimos, che all’inizio dell’anno scorso ha inviato una de-legazione a Dakar per effettuare uno studio, sostenuto dalla Re-gione Toscana, sulla microfinanza locale. Risultato: da un puntodi vista macroeconomico, il Senegal è uno dei Paesi più affidabiliin Africa, uno dei pochi a beneficiare di un rating internazionale.Negli ultimi due anni l’agenzia Standard and Poor’s gli ha attri-buito una valutazione B+. Per quanto riguarda il mondo del credi-to, c’è una netta separazione tra la finanza e la microfinanza. Ilmercato finanziario senegalese, si legge nel rapporto di Etimos, èdominato dalle banche commerciali, che controllano circa l’85%delle risorse finanziarie e non hanno praticamente rapporti con leistituzioni di microfinanza. Il settore del microcredito è inveceesploso solo negli anni Novanta e ha portato, appunto, alla nasci-

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Alcuni manifestanti a Dakar durante la conferenza internazionale sull’economia solidale.

La legge Rognoni - La Torre, che consenteda oltre vent’anni di aggredire le ricchezzeaccumulate dalle mafie nel nostro Paese, è in pericolo. Rischia di essere approvatodal Parlamento, infatti, un disegno di leggeche tra i molti aspetti discutibili prevede la possibilità di revisione, senza limiti di tempo e su richiesta di chiunque sia titolare di un “interesse giuridicamentericonosciuto”, dei provvedimenti definitivi di confisca. È in corso una raccolta di firmeper salvare la legge.Per aderire all’appello: [email protected]. 06/69770301, fax 06/6783559

SALVIAMO I TERRENILIBERI DALLA MAFIA

Capaci, luogoazionamentotelecomando.A destra: Gioia Tauro, grupponell’oliveto.

| economiasolidale |

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In Sicilia i frutti del riscatto

Libera terra| utopieconcrete |

di Alessia Vinci

N CONSORZIO, UN SOGNO. «Quando siamo nati, un giornale palermitano intitolò così. Tanto sembrava azzardatoil progetto di riunire in consorzio alcuni comuni del corleonese, affidando loro la gestione dei patrimoniconfiscati alla mafia grazie alla legge 190 per trasformarli in opportunità imprenditoriali con una fortissimaconnotazione sociale». Ricorda così Lucio Guarino, direttore del Consorzio Sviluppo & Legalità, il clima di speranza ma anche di sfida impossibile che ha circondato la nascita dell’iniziativa nel 2000. Oggi il consorzio si è consolidato e comprende 8 comuni: a Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirelloe San Giuseppe Jato si sono aggiunti Altofonte, Camporeale e Roccamena, tutti nella zona occidentale dellaprovincia di Palermo. In questi cinque anni ha dato vita a quattro cooperative sociali e gestisce 600 ettari di terreni dove sorgono anche due centri agrituristici, un centro ippico, una cantina e un centro di confezionamento (questi ultimi saranno completati a giugno), oltre ad una serie di infrastrutture minori. Il disegno iniziale, che prevedeva il ripristino della legalità in un’area dove il potere di infiltrazione e diintimidazione della mafia è tuttora enorme, si è completato in un progetto imprenditoriale vero e proprio,capace di dare lavoro pulito e far fruttare terreni incolti, facendone il simbolo di un riscatto simbolico e insieme concreto. «Stiamo parlando di attività agricole, di aziende agrituristiche, di vigneti, uliveti, campi

coltivati a grano, di zootecnia, di cantine e centri ditrasformazione – precisa Guarino - Qui lavorano piùdi 80 persone, se teniamo conto anche dei lavoratoristagionali, l’uso di metodi di coltivazione biologici èun obbligo e il recupero di tecniche di trasformazionetradizionali, ad esempio nella lavorazione della pasta,è la garanzia di una qualità eccellente dei prodotti,oltre al valore sociale, di per sé enorme».

In questo momento, l’accesso al credito è un elemento fondamentale per dare ulteriore impulso e autonomia alla dimensione imprenditoriale del progetto, che richiede continui investimenti. «I beni e i terreni che noi gestiamo vengono dati in comodato d’uso gratuito alle cooperative sociali selezionate – spiega Guarino – che, dunque, non dispongono di alcuna garanzia patrimoniale, fondamentale quando si entra in banca per chiedere un prestito». Per questo, il Consorzio sviluppo e legalità ha costituito un fondodi garanzia presso Banca Etica, mettendolo a disposizione delle cooperative già avviate e di quelle chenasceranno. Contestualmente è stata firmata una convenzione che prevede l’erogazione da parte di BancaEtica di finanziamenti in un rapporto di 3 a 1 rispetto alle garanzie disponibili. La collaborazione tra Entepubblico (in questo caso il Consorzio) e la Banca diventa un elemento fondamentale. Che non si risolve in un intervento assistenziale o diretto, ma punta a fornire sostegno e risorse necessari per permettere un salto di qualità imprenditoriale a questi ragazzi. «Quella di Banca Etica – sottolinea Guarino – è stata una scelta fortemente voluta e mirata. Siamo un consorzio con finalità sociali e vogliamo partner con una connotazione sociale altrettanto marcata». Per Banca Etica l’impegno nel corleonese non è una novitàdell’ultima ora. Ben prima della costituzione del fondo di garanzia, era partito un finanziamento a sostegnodella cooperativa “Lavoro e non solo”. Ora l’accordo con il Consorzio Sviluppo & Legalità potrà liberarerisorse per intervenire con maggiore continuità e importi più sostanziosi. .

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Firmata una convenzione tra BancaEtica e Consorzio Sviluppo & Legalità.Un fondo di garanzia di 100.000 europermetterà di finanziare le cooperativeche lavorano i terreni confiscati alla mafia nel corleonese.

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ricordia di Cascina, alla cooperativa Placido Rizzotto checoltiva le terre dei Brusca a Portella della Ginestra e ha unagriturismo. Poi avevamo chiesto a Don Ciotti, il promo-tore di Libera - continua Fabrizio Tognoni - chi poteva averpiù bisogno. Si è pensato alla Valle del Marro, l’ultima natatra le cooperative, che coltiva terreni in Calabria confiscatialla ‘ndrangheta. Così, in un paio di mesi, con le Ammini-strazioni di San Giuliano Terme e del Lungomonte pisano,con la nostra Associazione, con la parrocchia di Perignanoe con altre Associazioni, abbiamo raccolto circa 13mila eu-

ro e una serie di attrezzature daconsegnare a questa cooperativadella piana di Gioia Tauro, natanel febbraio del 2005».

E così a quei “pazzi” che gira-vano la Sicilia undici anni fa, loscorso 26 dicembre si sono ag-giunti sulle strade deserte e ghiac-ciate d’Italia due camion dei Vigi-li del fuoco di Pisa e di Lari, due

pulmini di un paio di Associazioni pisane e uno messo a di-sposizione dal Comune di Cascina, con a bordo altri ventipazzi: sindaci, un prete (don Armando Zappolini), rappre-sentanti delle Associazioni, di Libera da Livorno e da Pisa,che hanno trasportato in Calabria un camion Mercedesfurgonato, una fresa, un frangizolle. una macchina spargi-concime, una Panda e una ruspa.

Tutto macchinario usato, recuperato, messo a posto indue mesi e trasportato in Calabria da chi crede nella forzadelle idee e della solidarietà. .

RESTITUIRE ALLA LEGALITÀi terreni guadagnati con attività illecite. È il lavoro di Libera Terra, l’associazione di don Ciotti. Ma i campi confiscati alla mafia sono spesso in stato di abbandono e tornare a coltivarli costa fatica e denaro.

Il Consorzio Sviluppo e Legalità ha quindi istituito un fondo di garanzia di 100mila euro presso Banca Eticache si è impegnata ad erogare prestiti fino a un totale di 300mila euro. E a fine dicembre il primo finanziamento è stato assegnato ai dodici soci della cooperativa Placido Rizzotto, che con questi soldi reimpianteranno vitigni autoctoni di qualità su 18 ettari di terreno nel comune di Monreale, confiscati al clan Riina.

«Per noi questo prestito ha un valore sociale elevato»,spiega Alberto Fantuzzo di Banca Etica.

«È la dimostrazione che con i soldi si possono fare cose egregie con un’ottima ricaduta». Perché questi progetti vadano avanti però, sottolinea Fantuzzo, è necessario che la legge sui terreni confiscati alla mafianon sia modificata, altrimenti «non ci sarebbero più garanzie di stabilità per chi prende in mano questi terreni e nessuno lo farebbe più». P.F.

PER SAPERNE DI PIÙ

www.libera.itwww.carovanaantimafia.itwww.avvisopubblico.itwww.liberaterra.itwww.arci.it

UN PRESTITO CON UN FORTE VALORE SOCIALE

Corleone, ex casa di Riina. I beniconfiscati ai mafiosivengono utilizzati in progetti sociali.

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altrevoci| narrativa |

RACCONTICOME IN UNACANZONE DIBRASSENS

“In questa vita” di Anne Ruchatè un libro malinconico, a voltecosì malinconico da sfiorare lacrudeltà; come in una ballata diGeorges Brassens, l’autrice nonrisparmia nulla sul dolore dellavita. Sono quattro storie suldestino, spesso beffardo conl’esistenza umana, capace diassecondare e illudere per poiriprendersi la gioia che haregalato. La storia di Marta (“Unlutto bianco”) che, poco primadel parto, viene a sapere che il suo bambino forse non ce la farà. Disperazione e speranzasi alternano in un dialogo tra presente e futuro. La storiadei “Soldati senz’armi”, un racconto di destiniaccomunati dal presagio della morte, racconta di uominiche si congedano dal mondolasciando in custodia la loromemoria e le loro tracce. “In questa vita”, che dà il titoloal libro, è la vicenda di unamore condiviso da due donneall’insaputa l’una dell’altra. La morte di chi custodiva quel segreto sentimentoavvicinerà i loro destini. “In spettri” la vita di alcunefigure femminili, legate tra loro,si fermerà in un mattinonebbioso di fine ottobre.

.ANNE RUCHATIN QUESTA VITACasagrande, 2005

CONFLITTIDIMENTICATI,IL RAPPORTOCARITAS

“Guerre alla finestra” è ilrapporto di ricerca della Caritasitaliana sui conflitti dimenticati,le guerre infinite e il terrorismointernazionale. I curatori, in oltre 450 pagine, hannoanalizzato come vengonopercepiti i nuovi conflitti e attraverso quali canali sono presi in esame nellanostra società. Per farlo, hannoraccolto una grande quantità di dati e condotto un sondaggiotelefonico.

Nel quarto capitolo il libro analizza la dimensioneeconomica dei conflitti con datie analisi approfondite. Gli Usaspendono per la guerra in Iraq151,1 miliardi di dollari, parialla metà del Pil dell’Argentina.Il prezzo del petrolio nel 2005,a causa della guerra, ha raggiunto il prezzo record di 60 dollari al barile. Di contro,in Iraq la disoccupazione è salita al 60 per cento,raddoppiata rispetto agli anniprima della guerra ed è quasidimezzata la produzione di petrolio, passata da 2 milionidi barili - sotto il regime di Food for Oil gestito dalle Un - a 1,33 milioni del 2003,anno di inizio del conflitto

FRANCESCO STRAZZARI, WALTER NANNI E PAOLO BECCEGATOGUERRE ALLA FINESTRACaritas, 2005

UNA STRANA COPPIARACCONTA LETRASFORMAZIONI DELCAPITALISMO ITALIANO

Che cosa possono avere in comune un sindacalista duro, puro e appartenente all’alaradicale della Fiom e un docente di economia,riformista, consulente della Margherita che dialogano sulle condizioni dei lavoratori e il futuro delle imprese? Molto più di quelloche si possa immaginare. È sufficiente leggere “Il diavolo e l’acquasanta”, scritto da Francesco Boccia e Maurizio Zipponi, per rendersene conto. Il primo è un giovaneprofessore universitario, emigrato nel mondoaccademico anglosassone agli inizi degli anniNovanta. Formatosi alla London School of Economics, tornato in Italia nel 1998 per insegnare all’Università Cattaneo, dopo pochi mesi nella bolgia romana come consigliere economico del ministroEnrico Letta. Il secondo è un sindacalista che inizia a Brescia la sua attività in fabbricada operaio metalmeccanico; oggi dopo oltrevent’anni di battaglie sindacali è segretariogenerale della Fiom di Milano. La sua radicalitàalimenta da anni un forte processo riformatorenel sindacato.

I due si incontrano per la prima volta nel1999 in una delle tante trattative ministerialidurante il Governo D’Alema. Per due anni sonosu fronti opposti in molte vertenze industrialicomplesse e dolorose. Vengono da due mondidistanti tra loro, usano strumenti diversi, ma spesso arrivano alla stessa conclusione.

In questo libro discutono apertamente dei temi che li appassionano: la trasformazione del capitalismo italiano, le responsabilità delleclassi dirigenti e le condizioni dei lavoratori».

«FRANCESCO BOCCIA - MAURIZIO ZIPPONI IL DIAVOLO E L'ACQUASANTAPalomar, 2004

NON CI PUÒESSEREMERCATOSENZA ETICA

Scandali Parmalat, Cirio, BondArgentina, Enron, Popolare di Lodi. Cosa c'entra tuttoquesto con i normali e correttimeccanismi di mercato? La risposta è: nulla, non c’entranulla. Questi scandali sono il frutto delle indicazioni deiguru della nuova economia che puntano tutto sulla crescita dei dividendi degli azionistisenza pensare allo sviluppodelle aziende, che è tale solo senon danneggia i dipendenti e ilmondo che ruota intorno a loro.

Il giornalista FrancescoMaggio nel libro “Economiainceppata. Può funzionare il capitalismo senza l’etica?” va dritto al nocciolo dellaquestione: senza il ritornoall’etica, non c’è modo di correggere i “difetti”dell’economia di mercato.Nessuna morale e nessunapredica. Oltre al continuomonitoraggio dellaresponsabilità sociale, gli imprenditori sarannochiamati a far circolare sulmercato, insieme alle azioni,anche un certificato di credibilità capace di garantire i portatorid’interesse o stakeholder da eventuali sgradite sorprese.

FRANCESCO MAGGIO ECONOMIA INCEPPATA.Donzelli, 2005

LUNAR PARK,AFFRESCODI UN’AMERICAMALATA

Nel suo quinto romanzo “Lunar Park”, tradotto dal bravoGiuseppe Culicchia, Bret EastonEllis ha sorpreso tutti,mettendosi a nudo. Lo scrittoree l’uomo, infatti, si confondonoin una storia che è fortementeautobiografica.

Se è vero, dunque, che la scrittura è quasi sempre la vampirizzazione della propriaesperienza, Ellis non risparmiaal lettore nemmeno una gocciadi sangue della sua esistenza“americana”, compresa quelladei suoi miti letterari. Un libroche sembra perfetto per un filmdi Robert Altman, un affrescoimpietoso dell’“American way oflife”. In “Lunar Park” c'è propriotutto il dietro le quinte di una società, che vive succubedelle sue stesse ossessioni e incapace di dare risposte ai problemi della gente, semprepiù dipendente da psicofarmacie falsi nemici.

Chi era abituato al cinismoe alla satira feroce di Ellis,questa volta dovrà fare i contianche con il suo lato più teneroe accettare le lacrime di unpadre che racconta il difficilerapporto con i figli. Ora rimanesolo un dubbio al lettore: comeci sorprenderà ancora BretEaston Ellis?

BRET EASTON ELLISLUNAR PARKEinaudi, 2005

ERODOTO,REPORTERDELLASTORIA

Nel suo peregrinare per il mondo Ryszard Kapuscinski,uno dei più grandi giornalistiesistenti, porta con sé le Storiedi Erodoto. Lo storico greco,considerato dall’autore il primoreporter, diventa così di volta in volta compagno di viaggio,faro e bussola, riferimento per orientarsi dall’Asia all’Europa,insostituibile dizionario per tradurre e comprendere le culture che incontra sul suocammino. Grazie ad Erodoto,Kapuscinski scopre la storia dei popoli e i sentimenti che li animano nella grandezzae nell’errore. Varcare la frontieraè sempre stato “un prepotentebisogno psicologico” di Kapuscinski, fin da quandoera un giovane e inespertogiornalista. La vita lo porterà in giro per i cinque continentialla scoperta di se stesso,sempre attento a non sacrificareil microcosmo della passioneumana sull’altare della grandestoria che le fa da sfondo.

Fin dai tempi di Erodoto la curiosità del mondo è quellache anima il viaggiatore e Kapuscinski non smette mai di farsi domande, perché il viaggio “comincia moltoprima e non finisce mai”,nemmeno quando ci si ferma.

RYSZARD KAPUSCINSKIIN VIAGGIO CON ERODOTOFeltrinelli, 2005

SOGNI E FALLIMENTIDEL NORDESTNEL RACCONTO DI CARLOTTO

La sua stessa vita è un romanzo noir, così pienadi fughe, rinascite e colpi di scena. OggiMassimo Carlotto fa lo scrittore ed èconsiderato uno dei più grandi autori europei delgenere. I suoi libri, oltre che nelle librerie,finiscono anche nelle sale cinematografiche(Arrivederci amore ciao).

Con Nordest è riuscito a realizzare un piccolo capolavoro che va oltre il giallo,senza rinunciare alla durezza e al ritmo che contraddistinguono i suoi romanzi.

Scritto a quattro mani con Marco Videtta,autore e sceneggiatore, questo libro racconta la storia di una famiglia che attraversa l’interaparabola, dall’ascesa fino al declino, del miracolo economico nel nordest italiano. Un mondo industriale composto da famiglieabituate a comandare da sempre e chetramandano il loro potere di padre in figlio.Accanto al lavoro e all’etica della fatica c'è un lato meno bello che si fa largo tra lenuove generazioni di industriali, fatto di illegalitàe brama di ricchezza, che se ne infischia della salute della gente, della bellezza del territorio, della tutela della comunità. Un modello economico e sociale che per anni è stato considerato vincente, che ha portatoricchezza materiale e alimentato una culturaindustriale fatta di emulazione e sacrificio, ma oggi in profonda crisi in un contesto europeoprofondamente cambiato, tanto da spingere “il mitico nordest” oltre l'estrema periferia di se stesso, ovvero verso la Cina.

MASSIMO CARLOTTO - MARCO VIDETTANORDESTEdizioni e/o, 2005

IL LAVORONEL MONDOCHECAMBIA

Quanto il capitalismoglobalizzato sta trasformando i caratteri del lavoro? Questa è la domanda da cui parteRonald Dore nel libro “Il lavoronel mondo che cambia”.

La convinzione chel’Occidente soffra laconcorrenza dei paesi asiaticiperché questi hanno costi di produzione più bassi e una massiccia mobilitazioneproduttiva, secondo Dore, non spiegherebbe totalmente il fenomeno, anche alla luce di quanto è avvenuto in passatoin Giappone. L’ascesa del Paesedel Sol Levante nell’economiamondiale non era statadeterminata dalladisarticolazione selvaggia del lavoro. Le armi vincenti di quel modello erano state:stabilità dell’occupazione, altaremunerazione, attenzione allaqualità e all’organizzazione.

Eppure anche il Giapponedi oggi è investito dalcambiamento e risente di quell’“individualismo di mercato” che mette in discussione il vecchio regime del lavoro, smantella il welfare e il sistema delle tutele collettive.

RONALD DORE IL LAVORO NEL MONDO CHE CAMBIAll Mulino, 2005

| economiaefinanza |

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| fotografia |

I VOLTI IN FUGA DI MARCODELOGU

“Delogu ha inseguito un tempofacce ferme, ritraendo statue. Poi ha cercato facce di vecchicontadini, fattezze di una vecchiaresistenza. Ora ferma facce infuga. Hanno solo quelle i detenutiper scappare, non hanno i piediper correre, né mani per scavaregallerie. Hanno solo facce.Cambiano, sarà la clausura, sarà la voglia di strofinarsi il tempo sulla faccia, di usarlocome pasta abrasiva per togliersia sera, prima del sonno, il grassod’officina della pena. Però lefacce dei detenuti cambiano piùsvelte delle altre. Delogu fermafacce in fuga”. Così scrive Erri DeLuca nell’introduzione al libro“Cattività”. Marco Delogu è famoso per il suo modo di ritrarre le persone, nonimporta se un fantino del palio o un compositore. Ogni sua fotoè capace di carpire il tempo che è passato, ma anche quelloche verrà. Accade in “Cattività”,dove i volti di cui ha fatto scorta in carcere sono invecchiati e vivono già oltre il presente, con il tempo della pena datrascorrere che si è trasfiguratonelle sue foto, incurante delleleggi naturali. Ritratti di detenutiche sono delle vere profezieumane, perché “sembrano giàciò che sicuramente saranno”.

«MARCO DELOGU CATTTIVITÀStampa alternativa, 1999

LA CAMERAOSCURADELLAMEMORIA

“Non si può essere cosmopolitisenza avere un campanile nella memoria”. È una frasedell’etnologo napoletanoErnesto De Martino, riferita a “Quelli di Bagheria” di Ferdinando Scianna. Sarebbetroppo semplice liquidarequesto libro come un omaggioalla Sicilia (d’altronde l’avevagià fatto, in passato, “Festereligiose in Sicilia”, pubblicatonel 1965 con la prefazione di Leonardo Sciascia). La particolarità di queste foto è che sono state scattate daScianna prima che diventasseun fotografo affermato e con gliocchi dell’antropologo (materiache ha studiato all’università).Sarà l’amicizia con Sciascia a svincolarlo dalla pretesascientificità della sua azione.Scianna ha uno spirito narrativoche rivela sia la sua grandezzadi fotografo sia il suo senso di identità in un mondo chesubisce trasformazioni violentee nel costume e nella realtà dei luoghi. Attraverso le suefotografie che ritraggono piazze,volti, gente per raccontare le storie di Bagheria, Sciannascava nella “camera oscura”della memoria. Un’operazione,per sua stessa ammissione,difficilissima ma riuscita.

FERDINANDO SCIANNAQUELLI DI BAGHERIAEd. Galleria Gottardo, 2002

“SOGNI E FAGOTTI”, IMMAGINIDELL’EMIGRANTEITALIANO

In poco più di un secolo, circa 27 milioni di italiani hanno lasciato il loro Paese in cercadi miglior fortuna. Inseguivano tutti il sogno di una vita migliore e di un lavoro dignitoso.Basta andare ad Ellis Island, di fronte a Manhattan e a pochi metri dalla Statua dellaLibertà, per capire quanti sogni erano racchiusiin quelle povere esistenze e nelle cataste di valigie parcheggiate in attesa di un sì.

E appunto “Sogni e fagotti” è il titolo del libro pubblicato dalla “Fondazione PaoloCresci per la storia dell'emigrazione italiana”di Lucca. Un libro che racconta la scelta di emigrare, la partenza, il viaggio, l’arrivo e il difficile inserimento nei paesi di approdo. E ancora, il lavoro, i momenti salienti della vita sociale e familiare.

Il volume si avvale delle lettere e dellefotografie conservate presso la fondazione,documenti eccezionali e straordinari che consentono di guardare al fenomeno quasi dall’interno e di cogliere attimi ed emozioni di un’esperienza che ha segnato la vita di tantissime persone.

Gli autori dei testi sono Maria RosariaOstuni, studiosa dell’emigrazione italiana e responsabile scientifica della FondazioneCresci, e Gian Antonio Stella, giornalista del “Corriere della Sera”. Un cd, con un’ampiascelta di canti d’emigrazione eseguiti da Gualtiero Bertelli con la “Compagnia delle acque”, completa “Sogni e fagotti”.

«MARIA ROSARIA OSTUNI E GIAN ANTONIO STELLASOGNI E FAGOTTIFondazione Paolo Cresci, 2005

PASOLINI,UNABIOGRAFIAPER IMMAGINI

È difficile racchiudere in un libro di fotografie una vita intensacome è stata quella di Pier PaoloPasolini. Questo libro riesce afarlo con grande garbo, persinonel momento della sua morte. I curatori Fabio Pierangeli e Patrizio Barbaro hanno fattoun grande lavoro di scelta tra le tante fotografie che ritraevanoil poeta, senza tralasciarenessun periodo storico: dallaspensierata fanciullezza friulana aCasarsa della Delizia alla maturitàromana, fino alle foto del suocorpo martoriato, ritrovato la mattina del 2 novembre 1975all’Idroscalo di Ostia.

Sono scatti che cirestituiscono un’esistenzacoraggiosa e coerente, di un intellettuale che rifiutaval’omologazione e la culturaconsumistica. Pasolini era lacoscienza scomoda di un Paeseche si avviava alla ricostruzionemateriale e al contempo alla distruzione morale.

Straordinarie le immagini del poeta nella borgata romanadel “Mandrione”, mentre parlacon la povera gente abbandonataa se stessa tra i calcinacci e la sporcizia delle baraccheaddossate ai ruderidell’acquedotto romano e con le strade piene di fango.

F. PIERANGELI - P.BARBAROPIER PAOLO PASOLINIGribaudo, 2000

contrasto

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novamont

RIAPRECON UN CDLA SCUOLADI BARBIANA

Nel giorno dell’inaugurazionedel percorso didattico dellascuola di Barbiana (Firenze),voluto dalla fondazione “don Lorenzo Milani”, c’eranoquasi tutti: gli ex allievi MicheleGesualdi e Gosto Burberi, quellidi Calenzano e quelli di Vicchio,venuti a rendere omaggio al loro maestro. Per loro stessavolontà, però, la scuola di Barbiana non diventerà un museo e nemmeno un luogodi culto del priore. L’esperienzadi questo grande pedagogista,grazie all’aiuto delle nuovetecnologie, continuerà adessere sinonimo di democraziadella conoscenza. È stato infatti realizzato un cd-rommultimediale, un modellovirtuale in 3 dimensioni dellascuola e dei luoghi che hannoispirato “Lettera ad unaprofessoressa”, distribuito dallafondazione stessa e scaricabileanche dal sito internet.

Il cd è stato interamenteprogettato con software open-source, cioè programmigratuiti, a disposizione di chiunque li voglia utilizzare.Conoscere per condividere congli altri e non come privilegioper pochi. Una scelta su cui don Lorenzo Milani sarebbestato sicuramente d’accordo

WWW.DONLORENZOMILANI.IT

GLI ORIGINALIMAPPAMONDIDI INGO GÜNTHER

Si chiama Ingo Günther ed è un artistatedesco che da molti anni costruisce e usa i mappamondi in maniera originale. Li gira e li rigira non per vedere montagne, laghi,regioni, mari e confini, ma per avereinformazioni che indicano qualcosa di diversorispetto agli equilibri geopolitici.

Günther, infatti, nei suoi mappamondirappresenta dati diversi, ma di estremointeresse per la vita delle persone. Ad esempio, si possono trovare le montagne di debito, le cui dimensioni stanno ad indicarela presenza più o meno massiccia di debitiinternazionali. E ancora, è possibile vedere gli stati con il maggior consumo di petrolio,quelli che hanno aderito al protocollo di Kyoto,la quantità di prigionieri politici, l’aspettativadi vita nei vari continenti, l'inquinamento, i dati riguardanti la pena di morte, le correnti oceaniche e i fondali marini, le zone maggiormente colpite da meteoriti, i budget militari di ogni nazione, la posizionedei sottomarini nucleari, la quantità di energiaconsumata in base alla popolazione.Informazioni che di solito non si trovano nei cari e vecchi mappamondi.

Insomma ce n’è per tutti i gusti, 306 per l’esattezza. Oltre che curiosi sono belli da vedere, di grande impatto visivo e costruiticon vari materiali. Pare che un editore orientaleabbia contattato Ingo Gunter per pubblicare un libro sui suoi originali mappamondi. Nel frattempo, per vederli, potete visitare il sito dove è ospitato il suo catalogo.

WWW.WORLDPROCESSOR.COM/CATALOG/WORLD

LE SEIINCHIESTESCOTTANTIDI REPORT

È una trasmissione di culto per chi ama il giornalismod'inchiesta, ed è anche la prova provata che in Italia si può fare. Le inchieste di “Report”, trasmesse da Rai3,sono state raccolte in un dvd di 180 minuti e in un libro che completa e aggiornaquanto raccolto nel video.Milena Gabanelli, ideatrice e volto di questa trasmissione,ne firma l’introduzione. Nel cofanetto sono contenute le sei più importanti inchiesterealizzate da Report:“Operazione Ponte” di StefaniaRimini, sul faraonico progettodel ponte di Messina; “Puntualecome un treno” di GiovannaCorsetti, sul disastroso statodelle ferrovie italiane; “L’altroterrorismo” di Paolo Barnard, un viaggio nei Paesi che solo a parole dicono di combatterlo;“Armi di distruzione di massa” di Giorgio Forconi,sull'impossibile distruzionedell'immenso arsenale chimicoe batteriologico; “Uno stipendioonorevole” di Bernardo Iovene,l’analisi della busta paga dei parlamentari; “Nient’altroche la verità” di SabrinaGiannini, un’inchiesta su diecianni di indagini giudiziariedell’omicidio di Ilaria Alpi.

MILENA GABANELLIREPORTBur, 2005

PORRAJMOS,STORIA DI UNGENOCIDIODIMENTICATO

Il Porrajmos per gli zingari è come la Shoah per gli ebrei.Significa divoramento,sterminio, distruzione. Duranteil nazismo, i rom venneroassimilati agli ebrei nella teoriarazziale e di conseguenza anche al trattamento, condeportazione e soluzione finale.Gli storici parlano di almeno500 mila zingari uccisi nei campi di sterminio.

Nei vari processi ai nazistiper crimini contro l’umanitànon si è quasi mai parlato di questo genocidio. Solo nel 1980 la Germania riconosceagli zingari la dignità di vittimedella persecuzione razziale e, solo nel 1995, si discuteufficialmente per la prima volta,in un convegno internazionale,del genocidio degli zingari.

Il libro “Il Porrajmosdimenticato. La persecuzione di Sinti e Rom in Europa”,curato da Giorgio Bezzecchi,Maurizio Pagani, Erika Rossi,Francesco Scarpelli, TommasoVitale, in collaborazione con Michele Sasso, è un lavoropuntuale che riporta il lettore in quella storia dimenticata.

Un dvd multimedialeinterattivo, con documentistorici, approfondimenti e fotografie, completa l’opera.

AUTORI VARIIL PORRAJMOS DIMENTICATOOpera Nomadi, 2005

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stilidivitaBIOLOGICOANCHE CONUN PIZZICODI OGM

Per i consumatori europei, d’orain poi, sarà più facile identificareil prodotto biologico grazie ad un logo o a una etichettache ne garantisce il contenuto.Questo è l’effetto del nuovoregolamento emanato dalla Commissione Europea. Gli ambientalisti, però, hanno protestato perché il regolamento contiene unapostilla discutibile: l’etichettabiologica potrà essere appostaanche sulle confezioni di queiprodotti nei quali siano finiti,anche accidentalmente, finoallo 0,9% di ingredienti ogm.Questo punto rappresenteràuno degli elementi di maggiorcontrasto nei futuri negoziati tra i ministri che sostengonoche l’agricoltura biologica non può che essere sinonimo di ogm-free e quelli che sono disposti ad accettarequesta piccola variante.

I produttori saranno liberi di scegliere se utilizzare o menoil logo biologico. Comunque per poter essere etichettatocome tale, il prodotto finitodovrà essere biologico almenoal 95%. Anche i prodottibiologici importati per essereammessi sul mercatocomunitario dovranno adeguarsialle norme europee o essereprovvisti di garanzie equivalenti.

CACCIAALLE BALENE,SARÀ UNMASSACRO

Nel 2006 saranno uccise più di duemila balene. Si trattadel numero più alto negli ultimiventi anni, cioè da quando è entrata in vigore la moratoriainternazionale per la caccia ai cetacei. Tra gli autoriprincipali di questa “strage” ci sono tre Paesi: la Norvegia, il Giappone e l’Islanda. Il primoha annunciato che la quotaconcessa ai propri pescatorisalirà a 1052 esemplari, tutti di balenottera minore. Il secondo invece consentirà la cattura “per fini scientifici”,in quanto aderisce allamoratoria internazionale, di ben935 balenottere minori e 10balenottere comuni, questeultime a rischio di estinzione.Nei prossimi due anni i pescatori del Giapponecattureranno anche altri 40 esemplari di balenotterecomuni e 50 di megattere. Il terzo Paese, che ha ripreso la caccia da tre anni, punta nel 2006 a catturare 39esemplari di balenotteracomune. Greenpeace si mobiliterà con azioni di boicottaggio. Canottidi gomma saranno usati per bloccare le linee di miradegli arpioni delle baleniere.Già a dicembre l’associazioneambientalista è entrata in azione contro la flottagiapponese nelle acquedell’Oceano Meridionale.

GUIDARECOMEIN UNVIDEOGIOCO

Guidare come in un videogioco.È quanto si potrà fare con la Urge: una concept-carprogettata da Microsoft e Nissan che monta, oltre al motore e a quattro ruote,anche una console da gioco.

Infatti nella plancia,piuttosto spartana, è statainserita una versioneappositamente modificata di Xbox 360, che permette di controllare i giochi utilizzandogli stessi comandi dell’auto:sterzo, pedale del gas e pedaledel freno. Ovviamente il sistemarisulta particolarmente adattoai giochi di guida, e non a casoMicrosoft fornirà di serie ProjectGotham Racing 3. ty.

Secondo il gigante del software, un guidatore può ad esempio parcheggiarela propria auto, accendere la console e tuffarsivirtualmente nelle stesse stradeche ha appena percorso.

Per il video i giocatoridovranno accontentarsi di unoschermo a 7 pollici che,quando non si utilizza per il gioco, può essereutilizzato anche comespecchietto retrovisore, vistoche i progettisti dei due colossinon hanno ancora elaborato la modifica del parabrezza in un mega-display lcd.

SPEGNI LA TV E RISPARMI 55 MILIONIDI EURO E 306 MILIONIDI KILOWATTORA

Tecnicamente si chiamano led e sono quellespie luminose che indicano se un dispositivo(televisore, monitor pc, videoregistratori etc...)è acceso. In genere, finito di guardare la tv, si pigia il tasto del telecomando, ma quellalucina rimane accesa in posizione di stan-bay.Lo stesso discorso vale per il pc, la radio,l’impianto stereofonico. Non ci si fa caso perchéla gente lo ritiene un consumo insignificante.

L’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori non la pensa, però, allostesso modo. E ha calcolato quanto consuma e quanto costa, in un anno, quel piccolo occhiorosso che fissa inutilmente il vuoto per ore.

Un led, infatti, assorbe mediamente 2 wattall’ora, che moltiplicato per 20 (le ore dellagiornata durante la quale il televisore dovrebbeessere spento) e per 365 giorni all’anno portaad una cifra di 14600 wattora, vale a dire 14,6kilowattora. Se moltiplichiamo quest’ultimodato per 21 milioni di famiglie, che presumibilmente hanno nel salotto untelevisore, si raggiunge la cifra di 306 milionidi kilowattora, che moltiplicati a loro volta peril costo medio del kilowattora pari a 0,18 euro,comprensivo del supplemento quota fissa,dell’imposta erariale, dell’addizionale per gli enti locali, dell’iva, porta ad una cifra di 55 milioni di euro risparmiati e ottenuti solo spegnendo completamente il televisore. Il calcolo può essere esteso a tutti i puntiluminosi, dall’hi-fi al computer.

Con un semplice gesto, dunque, le famiglieitaliane potrebbero risparmiare fino a 55 milioni di euro e 306 milioni di kilowattora prodotti dalle centrali elettriche. Più soldi e meno inquinamento.

BRAILLENET,LA RETE PER I NONVEDENTI

I non vedenti potranno leggereil web. In Italia, infatti, è statocreato BrailleNet, un sistemabasato interamente sul linguaggio “html”, in gradonon solo di ricreare una sintesivocale e tattile delle pagineinternet, ma anche di ricreare il layout sulla barra Braille, cioè di disporre il testo tenendoconto degli accorgimenti graficidella sua disposizione sullo schermo. Un passaggioimportante considerato che,secondo le ultime ricerche,sarebbero almeno 500mila i disabili italiani che scelgono la Rete come fonte di informazione.

Al di là delle comodità e dei limiti delle barre Braille, è stato presentatorecentemente da un gruppodi ricerca dell'Università di Tokyo un altro dispositivointeressante, costituito da un display flessibile per letturasensoriale, basato sull'impiegodi minuscoli transistor organici.Il piccolo schermo hadimensioni di 4x4 cm, uno spessore di solo 1mm e può riprodurre gruppi di 24 lettere Braille per volta.

La realizzazione di questascoperta sarebbe molto utileper la creazione di librielettronici praticamente identicia quelli cartacei, ma menoingombranti e voluminosi.

100 KM APIEDI NELLASAVANA PERPARTORIRE

È accaduto nella RepubblicaDemocratica del Congo.Una giovane donna ha percorsoquasi cento chilometri a piedinella savana, nel cuoredell’Africa sud-sahariana, per andare a partorire. È arrivata stremata all’ospedaledi Kimbau, dopo un giorno e una notte di cammino. La ragazza aveva avuto una gravidanza difficile e quando si è accorta che, per salvare sé e il propriobambino, avrebbe avutobisogno di un taglio cesareo si è messa in viaggio versol’unico ospedale del Paese. Ad accoglierla ha trovato un medico italiano, l’unico in un territorio che deve servireoltre centomila persone. Si chiama Chiara Castellani, ha 49 anni, molti dei qualipassati in Nicaragua, a curarecorpi martoriati dalla guerra e altri 15 nella RepubblicaDemocratica del Congo, ex Zaire, in prima linea a lottarecontro malattie dimenticate,fame e povertà.

L’intervento dell’equipemedica salva la giovane madre,ma non il bambino. Sul posto è presente il fotografo AngeloOrlando che, con le sue foto,documenta le varie fasi diquesta storia. La giovane donna senza nome è stataeletta da PeaceLinkpersonaggio dell’anno.

LA CARTA IGIENICAMINACCIA L’ESISTENZA DELLEGRANDI FORESTE

Ogni giorno 270 mila alberi finiscono nei wc di mezzo mondo. Lo rivela una ricerca del Wwfinternazionale, che denuncia lo scarso impegnodelle big companies nell’utilizzare carta riciclataper confezionare i miliardi di rotoli di carta igienicaprodotti ogni giorno. Si tratta di alberi cheprovengono da foreste naturali o da piantagionisparse in tutto il mondo: America Latina, Canada,Stati Uniti, Sud Africa, Russia, Asia ed Europa. La ricerca è stata condotta sui cinque maggioriproduttori mondiali: da Procter & Gamble, a SCA,da Kimberly Clark, a Metsa Tissue fino a GeorgiaPacific, colossi che da soli coprono il 70% del mercato europeo, pari a un quarto di quellomondiale, e i cui prodotti, nella maggior parte dei casi, contengono “livelli preoccupantementebassi” di fibre riciclate. Le aziende spiegano lo scarso utilizzo di materiale riciclato, sostenendoche questa è la richiesta dei venditori al dettaglio,perché così vogliono i consumatori. Pronta la replica dell’associazione del Panda, secondo cui i consumatori non avrebbero idea che, ognivolta che vanno in bagno, minacciano le forestedel mondo. Il fatto poi che i prodotti contenenticarta riciclata non siano di alta qualità è un altromito da sfatare. Il volume d’affari annuo delmercato europeo è pari 8,5 miliardi di euro. Ognianno, nel Vecchio Continente, vengono consumati22 miliardi di rotoli di carta igienica, pari a 5,5 milioni di tonnellate. Non è comunque solola carta igienica a destare preoccupazione. Il Wwf,infatti, nella sua ricerca documenta come sianomolti i prodotti per i quali vengono utilizzate le fibre vergini di alta qualità al posto di materialericiclato: si va dagli asciugamani ai tovaglioli, fino ai comuni fazzoletti di carta.

E-VOTE,AL SEGGIOARRIVAIL COMPUTER

Concluse le sperimentazioninelle passate elezioni, il Governo spera con le prossimepolitiche di sancire il passaggioad un sistema di scrutinioelettronico: in quella occasione,infatti, da 9 a 10 milioni di schedeelettorali saranno elaborate con strumenti informatici ad hoc. Il ministro all’Innovazione Lucio Stanca ha spiegato che l’automazione riguarderà la rilevazione sia dei risultatiattribuiti, scheda per scheda,dalla presidenza di seggio, sia delle fasi di conteggio dei risultati complessivi, sia infine della trasmissionetelematica ad un appositoCentro nazionale operativo per la raccolta e l’aggregazionedei risultati.

Con questa automazionedigitale delle procedure,saranno immediatamentedisponibili informazioni e datianalitici per ciascun seggio al termine delle relativeoperazioni di scrutinio. Dati che saranno resi disponibiliper la consultazione, pressoapposite postazioni di collegamento allestite al ministero dell’Interno e nelle strutture periferiche,come le prefetture e i commissari di Governo.

Nei seggi elettorali farà,dunque, la sua comparsa una nuova figura: l’operatoreinformatico.

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ARTERIGEREE IL VIZIODELLAMEMORIA

Per Arterigere- Essezeta, una piccola casa editrice di Varese, la missione è nondisperdere la memoria collettiva.

Pubblica principalmentelibri di storia, di solito quellastoria che gli altri non voglionoraccontare, perché scomoda o poco di tendenza. Negli ultimianni i suoi libri hanno fattodiscutere molto anche a livellonazionale. È il caso del libro“Gianna e Neri” i due partigianiuccisi perché avevano cercatodi fare chiarezza sulla finedell’oro di Dongo o “CalogeroMarrone. Un eroe dimenticato”,la storia di un funzionariodell’anagrafe comunale che,pagando con la sua vita, salvòmoltissimi ebrei dalladeportazione fornendo loro i documenti falsi per l’espatrio.Varese, in quanto provincia di confine, assumeva il ruolo di luogo di passaggioprivilegiato, per chi era alladisperata ricerca della salvezzaoltre il confine elvetico.

Di recente pubblicazione è “Maledetti figli di giuda vi prenderemo. La caccianazifascista agli ebrei in unaterra di confine”, “del giovanestorico Francesco Scomazzon,un’opera destinata a lasciare un segno nel dibattito su un periodo oscuro della nostra storia.

MODIFICARELA CONSOLLEPLAYSTATIONNON È REATO

La decisione presa dal tribunale di Bolzano il 20 dicembre scorsofarà discutere a lungo. Il giudice,infatti, ha assolto il titolare di unaditta di distribuzione di consolle e pc, dopo che era stato accusatodi aver venduto chip che forzavanoi sistemi di sicurezza installatidalla Sony sulla playstation.

Il tribunale di Bolzano ha riaffermato la tutela del dirittod'autore, ma allo stesso tempo ha detto no ai blocchi dei grandiproduttori che impediscono losviluppo tecnologico dei prodotti.Il caso risale al 2002, anno in cuila guardia di finanza, nell’ambitodell’operazione “Christmas Card”e su segnalazione della Sony,aveva sequestrato in tutta Italiamigliaia di software che consentivano di rimuovere le protezioni che impedisconoalla consolle di leggere giochi non originali. La società di distribuzione vendeva i “Modchip”, avvertendo però i clienti sulla limitazione del loroutilizzo. Da una parte, dunque, la tutela del diritto d’autore,dall’altra il diritto sacrosantodell’acquirente di utilizzare come meglio crede la consolle,sfruttandone tutte le potenzialità,compresa quella di utilizzarlocome un vero e proprio pc.

PAKISTAN,TERREMOTOCASOPOLITICO

Oltre alle guerre ci sono anche i terremoti dimenticati.Quattro mesi fa una scossa di magnitudo 7,6 ha sconvoltola regione del Kashmir in Pakistan. Non ci sono ancoracifre ufficiali, ma i quotidianipakistani parlano di oltre 70mila vittime. Le Nazioni unite e le organizzazioni internazionalistanno operando in 37 campiin cui sono rifugiate circa 57 mila persone. Nei campi,sorti in prossimità dei villaggidistrutti, hanno trovato rifugio126 mila persone. Per le operazioni di soccorsol’Onu aveva chiesto aiuti per 550 milioni di dollari, di questi ne avrebbero ricevutisolo il 40% circa.

I donatori internazionali, tra cui l’Italia, hanno stanziato la somma di 5,9 miliardi di dollarida destinare alla ricostruzione del Paese. Una cifra sufficiente a soddisfare la richiesta di Islamabad per i prossimicinque anni: 3,5 miliardi di dollariper ricostruire le 400mila casedistrutte e 1,7 miliardi per offriresostegno ai sopravvissuti. A farsi carico, però, dellapopolazione nei villaggi piùremoti e poveri, dove lo Statonon arriva, sono i volontari e i sanitari delle organizzazionimusulmane legateall’opposizione politica interna.

L’OCCHIO DIUN GRANDE FRATELLOSORVEGLIERÀLE STRADE INGLESI

ANPR IITS, acronimo di AutomatedNumberplate Recognition Information,Intelligence and Technology Strategy, è il nome del sistema informatizzato che terràsotto controllo 39 milioni di autovettureinglesi. Il grande occhio è costituito da 3milatelecamere ad alta definizione posizionate su tutto il territorio nazionale ed equipaggiatecon un elaboratore in grado di registrare e riconoscere immediatamente qualsiasinumero di targa, grazie ad un chip applicatosulle stesse. Ciascuna telecamera potràelaborare ed identificare mediamente circa3600 numeri di targa all’ora, circa 10 miliardidi registrazioni all’anno, dati che verrannoconservati per un biennio.

Collegato ad un enorme database, il sistema lancia un segnale d’allarme alle forze dell'ordine non appena individua il passaggio della vettura di un ricercato, un pregiudicato sospetto e persino di un automobilista che non ha pagatol’assicurazione obbligatoria. Ad ognipassaggio, il sistema elabora otto milioni di schede al secondo, su un archivio digitalecomposto da 32 milioni di fascicoli.

Il budget di partenza è pari ad oltre duemiliardi e mezzo di sterline. È stato definito dai giornali «un sistema per lo spionaggiointerno», visto che nel progetto sarebberocoinvolti i servizi segreti inglesi e anche perché l’ANPR è un sistema natocome dispositivo antiterrorismo.

Nel frattempo alcune associazioni hannoprotestato per questa invasione della privacyindividuale.

diario

| informazionedisinformazione |

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123A CRISI CONTINUA A MORDERE L’ITALIA DEI DISTRETTI. Nel Nord-Est è il polo della calzatura di Fusignano-Bagnacavalload avere sofferto maggiormente nel periodo giugno

2005-luglio 2004 rispetto all'analogo periodo giugno 2004-luglio2003. Il calo dell'export è stato del 30%. Meno pesanti le conse-guenze - contenute tra un -5,3% e un -6,7% - dei poli calzaturieri diVerona e del Brenta, il cui valore nominale dell'export 2004 ha toc-cato complessivamente cifre ragguardevoli: 891 milioni. Nel Nord-Est, comunque, il settore tessile è in sofferenza acuta: il calo di Car-pi, il cui fatturato estero 2004 è stato di 199 milioni, nel periodopreso in considerazione è stato del 16,4% e le attese sono negativeanche per il 2006. Analogo discorsoper Treviso, il cui polo tessile - per ilquale i cui ricavi oltrefrontiera sonostati di 408 milioni - è crollato del12,9%. Nel Centro-Nord arriva laconferma che sono ancora tessile ecalzature i settori che soffrono. Luc-ca, Fermo, Lamporecchio, Empoli:quattro poli accomunati dal successoprima e dalla crisi poi. Il distretto del-la calzatura di Lucca - 340 milioni di

fatturato all'estero nel 2004 - ha perso il 14,5 del valore in un anno.Lamporecchio (Pistoia) scende del 9,2%. Fermo - il cui distretto, inattesa della nuova Provincia, si divide tra Macerata e Ascoli Piceno -scende del 13,5 a Macerata e del 3,2% ad Ascoli. Il polo della pelledi Empoli perde il 12,8% in un anno, ma è quello che ha le maggioriprospettive di ripresa nel 2006 secondo le elaborazioni di Banca In-tesa. Male anche Prato, che da anni sconta l'invasione asiatica.

Nel Nord-Ovest la crisi morde ancora i settori tradizionali deltessile - Biella, il settore serico di Como, le calzature della bassa bre-sciana, la maglieria del Gallaratese - ma ai primi posti del monitordi Banca Intesa i distretti in difficoltà sono oggi altri. A partire da

quello del legno concentrato nellazona Casalasco-Viadanese a cavallotra le province di Mantova e Cremo-na che ha registrato un calo fino al75%. Male anche il polo dei casalin-ghi di Omegna, dove il calo delleesportazioni è stato del 20,5% e ma-le anche il polo genovese dell'arde-sia, i cui ricavi all'estero sono di 11milioni ma il cui crollo è stato del13,2% in un anno. .

L’Italia dei distretticontinua ad essere in crisi

L

numeriFON

TE: M

ON

ITO

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ISTR

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AN

CA IN

TES

A

NORD OVEST

SETTORE EXPORT VARIAZ. ATTESE 2004 % *2006

LEGNO/CASA CASALASCO VIANDESE [CR] 4 -75,9 –

FRIGORIFERI CASALE MONFERRATO [AL] 127 -32,4 –

CASALINGHI OMEGNA [VB] 66 -20,5 –

ARDESIA VALFONTANABUONA [GE] 11 -13,2 +++

CALZATURE BASSA BRESCIANA 145 -12,3 +

MAGLIERIA GALLARATESE [VA] 81 -11,8 –

NORD-EST

SETTORE EXPORT VARIAZ. ATTESE 2004 % *2006

CALZATURE F.BAGNACAVALLO [RA] 32 -30,5 +

MAGLIERIA ESTERNA CARPI [MO] 199 -16,4 –

MAGLIERIA ESTERNA TREVISO 408 -12,9 –

CICLOMOTORI BOLOGNA 370 -12,7 –

MACCHINE AGRICOLE MODENA 355 -11,1 ++

GRAFICA VERONA 74 -10,7 +

CENTRO-NORD

SETTORE EXPORT VARIAZ. ATTESE 2004 % *2006

CALZATURE LUCCA 340 -14,5 +

CALZATURE FERMO [MC] 577 -13,5 +

PELLE EMPOLI [FI] 74 -12,8 ++

MARMO CARRARA 275 -10,3 –––

STRUMENTI MUSICALI CASTELFIDARDO [MC] 26 -10,2 ––

CALZATURE LAMPORECCHIO [PT] 148 -9,2 +

L’IMPENNATA DEI PREZZI

2000 2001

LIBERI

CONTROLLATI

2002 2003 2004 2005[ottobre]

7

6

5

4

3

2

1

FON

TE: M

INIS

TER

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O

pubblicità

I DISTRETTI ITALIANI * Incrementi %: + [0-2]; ++ [2-4] +++ [oltre 4]; – [tra 0 e 2]; –– [tra 2 e 4]; ––– [oltre 4]

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| numeridell’economia |

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 79 |

| numeridell’economia |

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

Australia 2,4/3,8 2,8/3,9 2,7 3,2 2,8 2,9 -5,9 -5,3Austria 1,3/2,0 1,8/2,4 1,8 2,0 2,3 1,9 -------- -0,1Belgio 1,2/1,5 1,6/2,3 1,4 1,9 2,5 2,1 +2,2 2,2Gran Bretagna 1,6/1,8 1,7/2,4 1,8 2,1 2,1 2,0 -2,1 -2,2Canada 2,8/3,0 2,7/3,6 2,9 3,1 2,3 2,3 1,8 1,6Danimarca 1,9/3,5 2,3/3,3 3,0 2,8 1,8 1,9 2,9 2,8Francia 1,4/1,7 1,6/2,2 1,5 1,9 1,9 1,7 -1,2 -1,0Germania 0,9/1,2 1,5/2,0 1,1 1,7 2,0 1,7 3,9 3,8 Italia 0,1/0,2 1,0/1,7 0,2 1,3 2,0 1,7 -1,5 -1,4Giappone 1,8/2,4 1,3/2,5 2,3 2,0 -0,1 0,3 3,6 3,6Olanda 0,5/1,0 1,5/2,4 0,8 1,9 1,5 na 4,1 4,2Spagna 3,3/3,4 2,8/3,4 3,4 3,0 3,4 3,1 -6,5 -6,8Svezia 2,3/2,7 2,8/3,5 2,6 3,1 0,5 1,5 7,0 6,7Svizzera 1,1/2,0 1,6/2,7 1,8 2,1 1,2 1,1 13,3 12,7Stati Uniti 3,5/3,7 2,7/3,8 3,6 3,3 3,4 2,9 -6,5 -6,6Area Euro 1,2/1,5 1,7/2,3 1,4 1,9 2,2 2,0 0,1 0,1

PAESE PIL INFLAZIONE BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL)MIN/MAX 2005 MIN/MAX 2006 MEDIA 2005 MEDIA 2006 2005 2006 2005 2006

| numeridell’economia |

| 78 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

| numeridell’economia |

A REVISIONE DEL PIL CINESE, dopola recente rivalutazione dell'e-conomia di quasi il 17%, ha

mostrato che la crescita in 12 province èinferiore ai dati precedenti e che quindi losviluppo è "disarmonico", come recita lanota ufficiale dell’Ufficio centrale di stati-

stica. Per il 2004 è risultata una crescita del10,1%, invece che lo stimato 9,5%. Ma idati locali sull'economia sono sempre sta-ti criticati come poco accurati e differentidal risultato nazionale. Anche per il 2004,la somma dei Pil forniti dalle autorità lo-cali portava a una crescita maggiore del

3,9% rispetto al 9,5% nazionale. All'esitodella revisione e con applicazione dei dif-ferenti criteri risultanti (ad esempio, conun maggior valore attribuito ai servizi),per 12 delle 31 amministrazioni locali lacrescita per il 2004 è risultata inferiore,anche in valori assoluti. .

Anche la crescita cinese presenta grandi squilibri

LE NAZIONI EMERGENTI

PAESE PIL PRODUZIONE INDUSTRIALE PREZZI AL CONSUMO BILANCIA COMMERCIALE TASSI INTERESSE

Cina +9,4 III Trimestre +16,6 Nov. +1,3 Nov. +102,1 Dicembre 2,18India +8,0 III Trimestre +6,9 Nov. +5,3 Nov. -37,3 Novembre 5,93Indonesia +5,3 III Trimestre -5,9 Ott. +17,1 Dic. +26,2 Novembre 14,31Malesia +5,3 III Trimestre +6,7 Nov. +3,5 Nov. +25,6 Novembre 8,76Filippine +4,1 III Trimestre +4,6 Ott. +7,9 Nov. -8,9 Novembre 6,75Singapore +7,7 IV Trimestre +22,4 Nov. +6,6 Dic. +17,3 Novembre 3,28Corea del Sud +4,5 III Trimestre +12,2 Nov. +1,0 Nov. +23,5 Dicembre 4,17Taiwan +4,4 III Trimestre +9,0 Nov. +2,2 Dic. +7,8 Dicembre 1,65Tailandia +5,3 III Trimestre +5,0 Nov. +5,8 Dic. -8,0 Novembre 4,50Argentina +9,2 III Trimestre +7,5 Nov. +12,3 Dic. +11,1 Novembre 8,88Brasile +1,0 III Trimestre +0,4 Ott. +6,2 Nov. +44,4 Dicembre 17,95Cile +5,2 III Trimestre +6,2 Nov. +3,7 Dic. +9,2 Dicembre 5,16Colombia +5,8 III Trimestre +0,5 Ott. +4,9 Dic. +1,5 Ottobre 6,23Messico +3,3 III Trimestre +3,0 Nov. +3,3 Dic. -8,6 Novembre 7,92Perù +7,2 Ottobre +4,1 Ott. +1,5 Dic. +4,6 Novembre 3,60Venezuela +9,8 III Trimestre +10,8 Ott. +14,4 Dic. +28,2 III Trimestre 10,37Egitto +5,2 I Trimestre +4,0 2005 +3,4 Nov. -11,3 III Trimestre 8,57Israele +5,7 III Trimestre -15,2 Ott. +2,7 Nov. -7,9 Dicembre 4,91Sud Africa +4,9 III Trimestre +0,3 Ott. +3,4 Nov. -3,4 Novembre 7,10Turchia +7,0 III Trimestre +10,7 Nov. +7,7 Dic. -43,2 Novembre 14,81Repubblica Ceca +4,9 III Trimestre +7,2 Nov. +2,2 Dic. +1,5 Novembre 2,17Ungheria +4,5 III Trimestre +7,3 Nov. +3,3 Nov. - 3,5 Ottobre 6,17Polonia +3,7 III Trimestre +8,5 Nov. +1,0 Nov. -3,0 Ottobre 4,49Russia +7,0 III Trimestre +10,7 Nov. +10,9 Dic. +117,6 Novembre 12,00

L

LICENZIAMENTI ANNUNCIATI CLASSIFICA DELLE ECONOMIE MONDIALI

UNIONEEUROPEA

38

150

20%

6%

30%

44%

2000 2005

USA

52

230

2000 2005

ASIA

132

328

2000 2005

RESTODEL MONDO

2744

2000 2005LAVATRICI

25

TELEVISORI

29

CONDIZIONATORI

30

PC PORTATILI

50

VITAMINA C

50

MACCHINEFOTOGRAFICHE

55

101,88mld $

0

PENICILLINA

60

GIOCHI

70

TRATTORI

85

1994 2005BILANCIA COMMERCIALE

COSA VENDE LA CINAParte della Cinanella produzione mondiale

LE ESPORTAZIONI IN MILIARDI DI DOLLARI

OROLOGI

75

A CHI VENDE LA CINA

FON

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IL PIL DELLA CINA DAL 1980

Volume del Pil 2004 in miliardi di dollari

1. Stati Uniti 11.6682. Giappone 4.6243. Germania 2.7154. Gran Bretagna 2.1415. Francia 2.0036. Cina 1.9717. Italia 1.6738. Spagna 9929. Canada 98010. India 692

AZIENDA PAESE POSTI DI LAVORO ANNO

Deutsche Telecom Germania 32.000 2008General Motors Usa 30.000 2008Daimler Chrysler Germania 16.000 2006Ibm Usa 14.500 2005Hewlett Packard Usa 14.500 2006Volkswagen Germania 14.000 2008Sanyo Giappone 14.000 2005Opel Germania 12.000 2010Telestra Austria 12.000 2010Eastman Kodak Usa 10.000 2005

CAPITALE INTANGIBILE

CAPITALE PRODUZIONE

CAPITALE NATURALE

5%

18%

77%

LE RICCHEZZE NEL MONDO [RIPARTIZIONE 2000]

In miliardi di dollari

1980 266

1985 306

1990 388

1995 706

2000 1.072

2004 1.971

FON

TE: B

AN

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006

Page 41: Mensile Valori n.36 2006

| A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 | valori | 81 |

| numeridivalori | portafoglioetico |

pagine a cura di Mauro Meggiolaro

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 30.12.2005 DAL 31.12.2004 AL 30.12.2005

Sabaf pezzi per forni a gas Milano, Italia Heidelberger Druck. macchine per la stampa Francoforte, Germania CSX trasporti New York, USABody Shop International cosmetici Londra, Gran BretagnaHenkel detergenti, cosmetici Francoforte, GermaniaAviva assicurazioni Londra, Gran BretagnaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, Svezia Novo Nordisk farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMerck Kgaa farmaceutici/chimica Darmstadt, Germania3M Company grafica, edilizia New York, USAFLS Industries edilizia Copenaghen, DanimarcaMayr – Melnhof Karton cartone Vienna, AustriaVerizon telecomunicazioni New York, USACisco Systems tecnologia Informatica New York, USACanon tecnologia digitale Tokyo, GiapponeStmicroelectronics semiconduttori Milano, Italia BG Group gas Londra, Gran BretagnaSevern Trent ciclo acqua Londra, Gran BretagnaVestas Wind Systems pale eoliche Copenaghen, DanimarcaBoiron medicina omeopatica Parigi, FranciaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 30.12.2005 + 24,31%

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

17,89 €32,32 €

50,77 USD259,95£85,00 €

701,88 £197,00 SEK354,50 DKK

70,05 €77,50 USD

186,00 DKK118,00 €

30,12 USD17,12 USD

6.900,00 JPY15,16 €

571,71£1.080,86 £

103,50 DKK21,70 €

-5,95%29,28%46,39%66,68%32,81%15,03%9,23%

18,20%39,26%9,13%

80,03%-5,83%

-14,07%2,41%

26,07%6,69%

63,27%15,02%51,74%-11,43%

Portafoglio di Valori [in Euro]

MSCI DM World price Index [in Euro]

24,31%

24,22%

in collaborazione con www.eticasgr.it

IENTE DA FARE. I titoli di Cisco Systems, leader mon-diale nel networking per internet, non possono piùrimanere nel Portafoglio di Valori. Secondo la so-

cietà di analisi Ethibel, Cisco non è più tra le imprese migliori delsuo settore nel rispetto dell’ambiente e dei diritti, perché è risulta-ta poco trasparente nella gestione delle risorse umane ed è stata du-

ramente criticata per la fornitura di tecnologieinformatiche al governo cinese. Vendendo leazioni di Cisco guadagniamo 1024,10 euro,portando a casa un magro +2,41% rispetto al-l’investimento iniziale. Con questi soldi (vir-tuali) compriamo 48 azioni di Intel, colossoamericano dell’informatica. E’ una delle po-che imprese tecnologiche che non esternaliz-za quasi nessuna delle sue attività, ha il tassodi infortuni sul lavoro più basso del settore eun sistema di gestione ambientale all’avan-guardia: tutti gli stabilimenti sono certificatiISO14001. Dal prossimo numero di Valori po-tremo cominciare a seguire i rendimenti dei ti-toli Intel in borsa. Sperando che, ancora unavolta, la performance finanziaria sia all’altezzadi quella sociale e ambientale. .

Fuori Cisco Systems.Entra Intel

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

NRendimenti dal 31.12.2004 al 30.12.2005

Svenska Handelsbanken Sede Stoccolma (Svezia) Borsa XSSE - Stoccolma Rendimento 31.12.2004 – 30.12.2005 +9,23%

Attività Svenska Handelsbanken (SHB) è una banca scandinava che offre tutti i tipi di servizi bancari. Il 90% dei ricavi proviene da attività nei Paesi nordici, dove SHB ha circa 540 sportelli.

Responsabilità sociale

Giudizio complessivo Eccellente la gestione delle risorse umane. Impiego stabile e notevoli opportunità di formazione per i dipendenti. Nessuna presenza in paradisi fiscali.

Politica sociale interna Il 95% dei dipendenti lavora in Scandinavia. Ottime le politiche di pari opportunità. SHB riduce al minimo l’outsourcing: quasi tutti i servizi sono gestiti da dipendenti della banca,compresi i servizi informatici.

Politica ambientale Il 35% dell’energia viene prodotto da fonti rinnovabili. Nel 2002 le emissioni di CO2

sono state ridotte del 35%. SHB prende in considerazione criteri ambientali in tutte le scelte di investimento e di vendita.

Politica sociale esterna SHB non ha sedi nei paradisi fiscali e ha scelto di essere presente con i suoi sportelli anche nelle aree rurali del nord della Scandinavia, dove è spesso l’unica banca disponibile.

| 80 | valori | A N N O 6 N . 3 6 | F E B B R A I O 2 0 0 6 |

| indiceetico | numeridivalori |

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX

PASSATO UN ANNO. Dodici mesi nei quali abbiamo gioca-to con le azioni di alcune tra le imprese più sostenibi-li del mondo. Quelle che riducono le emissioni di in-

quinanti, stracciano i contratti con i fornitori che non rispettano idiritti dei lavoratori, producono tecnologie che aiutano a risparmia-re energia o a generarne di nuova con il sole, il vento, l’acqua. Con40 azioni abbiamo creato due indici etici: il Nor-diskt Hållbarhet, che include solo titoli scandi-navi, e il Portafoglio di Valori, che mette insie-me imprese socialmente responsabili quotatenelle borse internazionali. Ogni mese li abbia-mo confrontati con l’andamento generale deimercati in Europa e nel mondo. Dopo un annoabbiamo capito una cosa: investire eticamentefa bene anche alle nostre tasche. Il Portafoglio diValori ha reso il 24,31% mentre il Nordiskt hachiuso il 2005 a +29,30%, ben otto punti in piùdel DJ Eurostoxx, l’indice azionario europeo concui lo confrontiamo. La medaglia d’oro dei ren-dimenti va a un’impresa del Nordiskt. Si chiamaMetso, ha sede ad Helsinki e produce macchineper la lavorazione della carta. Nel 2005 i suoi ti-toli sono cresciuti del 98,28%. .

Nordiskt Index [in Euro]

Eurostoxx 50 price Index [in Euro]

Un anno di gioco.Scandinavia da record

È

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 30.12.2005 DAL 31.12.2004 AL 30.12.2005

Electrolux elettrodomestici Stoccolma, SveziaH&M abbigliamento Stoccolma, SveziaTrelleborg componenti meccaniche Stoccolma, SveziaOrkla alimentari/media Oslo, NorvegiaKesko distribuzione Helsinki, FinlandiaStatoil petrolio Oslo, NorvegiaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, SveziaStorebrand assicurazioni Oslo, NorvegiaGambro tecnologia medica Stoccolma, SveziaColoplast tecnologia medica Copenaghen, DanimarcaNovozymes farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMetso macchine industriali Helsinki, Finlandia Skanska edilizia Stoccolma, SveziaTomra macchine industriali Oslo, NorvegiaTietoenator software Helsinki, FinlandiaNokia telefoni Helsinki, FinlandiaHolmen carta Stoccolma, SveziaUPM-Kymmene carta Helsinki, FinlandiaTelenor telecomunicazioni Oslo, NorvegiaVolvo automobili Stoccolma, SveziaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 30.12.2005 29,30%

30,32%11,88%34,55%58,46%33,43%68,49%9,23%2,83%

-12,17%29,72%24,09%98,28%45,54%49,78%31,84%32,96%9,48%1,22%

24,39%10,56%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

TietoenatorSede Espoo (Finlanda) Borsa HSX - Helsinki Rendimento 31.12.2004 – 30.12.2005 +31,84%

Attività Tietoenator produce software e tecnologie informatiche per banche e assicurazioni, media e telecomunicazioni, strutture sanitarie, logistica, gestione delle risorse umane. Ha circa 11.700 dipendenti, di cui il 50% in Finlandia e il 28% in Svezia.

Responsabilità sociale

Giudizio complessivo Buone la gestione delle risorse umane e dei rischi ambientali. Linee guida sul rispetto dei diritti umani applicate ai fornitori.

Politica sociale interna Piani di carriera individuali e colloqui di valutazione per l’80% dei dipendenti. Il 60% dei lavoratori è sindacalizzato.

Politica ambientale Formazione dei dipendenti sugli obiettivi del sistema di gestione ambientale.Attenzione agli impatti ambientali dei rifiuti e del trasporto.

Politica sociale esterna Esclusi i fornitori che fanno uso di lavoro minorile. Nessun coinvolgimento dell’impresa in attività lesive della dignità umana o degli animali.

*Il rendimento di Volvo è calcolato dall’entrata del titolo nell’indice (2 settembre 2005) € = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

29,30%

21,27%

Rendimenti dal 31.12.2004 al 30.12.2005

206,50 SEK270,00 SEK158,50 SEK279,50 NOK

23,950 €155,00 NOK197,00 SEK58,25 NOK86,75 SEK

391,00 DKK345,00 DKK

23,12 €121,00 SEK48,30 NOK

30,85 €15,45 €

262,50 SEK16,56 €

66,25 NOK374,50 SEK

Page 42: Mensile Valori n.36 2006

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valoriL’economiaha un metodo

Lionel Robbins

di Francesca Paola Rampinelli

OLO UN PROBLEMA DI UTILIZZAZIONE RAZIONALE DELLE SCARSE RISORSE DISPONIBILI di fronte alla scelta tra unamolteplicità di desideri. La definizione del professore inglese, nato nel 1898 e morto nel 1984, è una di quelle che sono rimaste impresse a marcare la storia del pensiero economico, anche perché il contributopiù celebrato di Robbins è di natura metodologica e riguarda il concetto stesso di scienza economica. Infatti l’opera di Robbins Essay on the Nature and Significance of Economic Science, del 1932, è stata considerata per molti anni una pietra miliare per quanto riguarda la metodologia della teoria economica. In questo testo,tra l’altro, l’economista afferma che è superflua, da un punto di vista teorico, l’ipotesi dell’utilità marginalecardinale (cioè misurabile e confrontabile), ma sottolinea che, dal punto di vista della politica economicaprescindere da questa ipotesi è "moralmente inaccettabile".

Lionel Robbins ha goduto di grande prestigio professionale fin da giovane quando, professore di economia all’età di soli 31 anni, alla London School of Economics, chiama subito a fame parte von Hayek, favorendo la crescita di una nuova scuola di economisti tra cui si annoverano Hicks e Kaldor.

Robbins resta a capo del dipartimento di economia fino al 1960, quando deve dimettersi perché è statonominato presidente del Financial Times. Nonostante il suo impegno primario sia quello dell’insegnamento,Robbins partecipa attivamente anche alla vita istituzionale ricoprendo cariche pubbliche: dal 1941 al 1945

è a capo della sezione economica del Consiglio di guerra e ha una intensa frequentazione con Keynes, che li portaalla creazione dell’accordo di Bretton Woods.

Prende parte attivamente anche al dibattito sullapossibilità di creare un’Europa unita contribuendo allafondazione di una vera e propria scuola federalista londineseche, tra gli altri, annovera nelle sue file, Philip Henry Kerr,Sir Walter Layton e Patrick Ransome. Il gruppo di Federal

Union pubblicherà anche numerosi scritti volti a diffondere l’idea dell’unità del continente su basi federali.Nel dopoguerra Robbins è nominato presidente di una commissione sui problemi dell’istruzione

superiore che si conclude con una serie di raccomandazioni che apriranno la strada a un ampliamentodell’accesso all’Università per i giovani più meritevoli. A questo proposito in almeno un paio di passaggidelle 33 lezioni di storia del pensiero economico che l’ultraottantenne Robbins tiene alla London School of Economics fra il 1979 e il 1981, (pubblicate con il titolo La misura del mondo. Breve storia del pensieroeconomico), riporta il giudizio severo di Smith sui professori di Oxford che fanno solo finta d’insegnare,mentre sottolinea il valore positivo della prassi inglese, ma anche tedesca, secondo cui i professori venivanopagati direttamente dagli studenti per le loro lezioni. La commissione Robbins mirava a ristabilire parte diquel prestigio di cui avevano goduto un secolo prima i professori universitari, ma, nello stesso tempo puntavaa democratizzare l’applicazione del principio di merito. Per quanto riguarda la pratica dell’insegnamentol’economista inglese sostiene che per sapere la verità è sempre necessario risalire ai testi originali anche se questa regola ammette qualche eccezione, come per il "Corso" di Pareto, che dichiara di non avernemmeno aperto, date le critiche negative. Questa contraddizione in realtà è perfettamente coerente con la teoria secondo cui è fondamentale rendere espliciti ì giudizi dì valore dei quali si è consapevoli. .

S

| padridell’economia |

Secondo l’economista un problema economico è riconducibile all’utilizzazionerazionale delle scarse risorsedisponibili, di fronte alla scelta tra una molteplicità di desideri

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