Mensile Valori n. 110 2013

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Cooperativa Editoriale Etica Anno 13 numero 110. Giugno 2013. € 4,00 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento Contiene I.R. Monete su misura Create per rivitalizzare l’economia, rischiano di essere una bolla speculativa Finanza > Titoli tossici: ancora nelle tasche delle banche, che cercano modi per disfarsene Economia solidale > Dalle rinnovabili fino a 49 miliardi di guadagni per l’Italia entro il 2030 Internazionale > Sviluppo sostenibile: una realtà ancora possibile o solo un termine vuoto? Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità PUBLISTAMPA / LARA LEONARDELLI

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Monete su misura Create per rivitalizzare l’economia, rischiano di essere una bolla speculativa Finanza > Titoli tossici: ancora nelle tasche delle banche, che cercano modi per disfarsene Economia solidale >Dalle rinnovabili fino a 49 miliardi di guadagni per l’Italia entro il 2030 Internazionale > Sviluppo sostenibile: una realtà ancora possibile o solo un termine vuoto?

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| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 13 numero 110. Giugno 2013.€ 4,00

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Monete su misuraCreate per rivitalizzare l’economia, rischiano di essere una bolla speculativa

Finanza > Titoli tossici: ancora nelle tasche delle banche, che cercano modi per disfarseneEconomia solidale > Dalle rinnovabili fino a 49 miliardi di guadagni per l’Italia entro il 2030Internazionale > Sviluppo sostenibile: una realtà ancora possibile o solo un termine vuoto?

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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n due anni in Europa il fenomeno delle monete complementari esploderà. È il momento. Si sta realizzando quanto accaduto per la finanza etica o il commercio equo: all’inizio eranonati su una spinta ideale, poi sono diventati una necessità. Oggi le monete complementarisono necessarie come risposta alla crisi. Un domani poi, potranno essere uno strumento di riequilibrio tra locale e globale. Perché danno più potere alle comunità locali.Rappresentano una grande possibilità per aggirare il patto di stabilità, che sta strozzando i Comuni, e il fiscal compact, che sta strozzando gli Stati. Malgrado una politica di austerity,con le monete locali è possibile aumentare la disponibilità di risorse monetarie del cittadino. I Comuni possono adottare politiche espansive. Possono prendere dei disoccupati e far loro svolgere lavori utili, pagandoli parzialmente in moneta locale. Denaro che sarebbe poi speso per rivitalizzare l’economia del territorio. In base ai miei calcoli, con le monetecomplementari si può arrivare fino a un 20% in più di scambi per l’economia.Prendiamo per esempio Napoli, una città al collasso. Se avesse 15-20 milioni di valuta locale,potrebbe usarli per svolgere alcuni lavori essenziali, come la raccolta differenziata,retribuendo i lavoratori anche in moneta complementare. È accaduto a Bristol, nel Municipiodi Lambeth (Londra), dove il Comune paga gli stipendi, in parte, in monete complementari. E la città è riuscita a superare una situazione di pre-fallimento. Le monete complementari non sono una soluzione a tutti i problemi, ma danno una boccatad’ossigeno, permettono di ricostruire il tessuto locale. Funzionano solo se c’è fiducia, se si creauna rete sociale. È fondamentale una triangolazione tra produttori, consumatori ed entilocali, che hanno una grande responsabilità. Ed è necessario che il territorio di applicazionesia circoscritto, per garantire un’elevata circolazione delle monete. Per esempio lo Scec a Napoli di fatto è un buono sconto. Ma si trasforma in moneta se circola, se il commercianteche lo accetta da un consumatore usa lo Scec, a sua volta, per fare degli acquisti. Le monete complementari, lo dice il nome, devono coesistere con la valuta ufficiale. I beni chestanno sul mercato globale devono essere pagati in euro, dollari, yen. Gli acquisti quotidianiin moneta complementare. Storicamente più monete convivevano, è da relativamente pocotempo che abbiamo una sola moneta. Nell’antica Roma c’erano tre monete: una percommerciare con esterno, d’oro, una per gli acquisti importanti, come la terra o la casa,d’argento, e una per gli acquisti giornalieri, come pane e vino. L’accusa che viene rivolta alle monete locali di essere un possibile strumento di riciclaggio di denaro per la mafia è falso. Anzi, costituiscono un antidoto alla criminalità organizzata. Le mafie hanno bisogno di una moneta globale, per poter spostare capitali da un posto a un altro. La moneta locale le fa solo ridere. E non esistono neanche rischi inflazionistici,almeno nelle aree dove c’è un alto tasso di disoccupazione, come ci ha insegnato Keynes.Un problema ancora irrisolto è il rapporto con le banche centrali, che per ora si stannoopponendo a questo strumento economico. Bisogna trovare anche giuridicamente un modello di riferimento. Ma sono fiducioso, ci sono e ci saranno talmente tante esperienzeche le banche centrali non potranno che accettarle e inquadrare il fenomeno giuridicamente.

| editoriale |

Monete locali Anti crisi e austeritydiTonino Perna*

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L’AUTORETonino PernaEconomista e sociologo, insegnaSociologia economica alla facoltàdi Scienze politiche di Messina.Ha fondato il Cric (CentroRegionale d’Intervento per la Cooperazione), una Ong chelavora nei Balcani, nel Nordafrica,in America Latina e MedioOriente. Ha inoltre presieduto il Comitato Etico della BancaPopolare Etica di Padova e haamministrato il Parco Nazionaledell’Aspromonte, inventandoanche una moneta locale,l’EcoAspromonte. Fra le suepubblicazioni, “Fair trade”, “Lo sviluppo insostenibile” e, ultima in ordine di tempo, “Lasettimana del dottore Morgante”,un romanzo di denuncia controun sistema sanitario che nonriesce ad andare incontro alleesigenze dei più deboli. * L’editoriale è frutto di un’intervista condotta da Elisabetta Tramonto a Tonino Perna

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Il Forest Stewardship Council® (FSC®) garantisce tra l’altroche legno e derivati non provengano da foreste ad altovalore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da areedove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.Involucro in Mater-Bi®

globalvision 7

fotonotizie 8

dossier Monete su misura 14Bitcoin, cronaca di una bolla annunciata 16Una moneta per la comunità 18Il boom del Sardex, triplicato in un anno 20Il problema non è l’euro, ma chi lo governa 22L’interventismo della Fed e l’immobilismo della Bce 24

valorifiscali 27

finanzaeticaBanche, bilanci e derivati. Cartolarizzazione 2, il ritorno 28Dalla Russia alla Cina. Gli investimenti passano (ancora) dai paradisi fiscali 32Giù le mani dalla nostra banca! 34

socialinnovation 37

numeridellaterra 38

economiasolidaleLe rinnovabili fanno 49 (miliardi) 40Il futuro, piccolo e ben costruito 44Stati Uniti, l’autosufficienza energetica mai così vicina 46Energia idrovora 47Ceramica italiana, la salvezza viene dall’estero 49Ma non chiamatele solo piastrelle 51Cessione di sovranità, l’altra faccia della globalizzazione 53

consumiditerritorio 55

internazionaleSostenibilità: realtà o bolla? 56Un trapano di luce nel buio del Mali 61L’Iran al voto sopra una polveriera 65

altrevoci 66

bancor 73

resistenze 74

Accanto alle valute ufficiali fioriscono in tutto il mondo monete parallele, in molti casi elettroniche, che si propongono di rivitalizzare economielocali. Ma spesso si sono tradotte in puraspeculazione, come il Bitcoin.

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ABBONAMENTI 2013Valori [10 numeri]

giugno 2013mensilewww.valori.itanno 13 numero 109Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale,Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza,Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa,Federazione Trentina della Cooperazione, Rodrigo Vergara,Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazioneAntonio Cossu, Donato Dall'Ava, Maurizio Gemelli,Emanuele Patti, Marco Piccolo, Sergio Slavazza, Fabio Silva([email protected]).direzione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciMario Caizzone, Danilo Guberti, Giuseppe Chiacchio (presidente).direttore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Napo Torriani, 29 - 20124 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana,Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro,Andrea Montella, Valentina Neri grafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)fotografie e illustrazioniMichel Gaillard, Yadid Levy (Contrasto);Paul Darrow, Stringer (Reuters)

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite,non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.chiusurain stampa: 27 maggio 2013in posta: 31 maggio 2013

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di risollevarsi dalla crisi, quanto dal-l’efficacia delle politiche economichemesse in atto per contrastarla.

L’attuale sistema economico mondia-le ne è la concreta dimostrazione. Il 10aprile scorso il direttore del Fmi, Christi-ne Lagarde, ha affermato che l’economiadà segni di “ripresa a tre velocità”. Velo-cità che sono, appunto, legate alle politi-che economiche attuate. Analizzandoquanto sta accadendo in Cina, Usa ed Eu-ropa, emerge chiaramente tale nesso. Il“gigante asiatico”, che crescerà sia nel2013 che nel 2014 con un tasso superioreall’8%, inizialmente ha affrontato la crisipuntando sui consumi e successivamen-te è tornato a far crescere l’economia congrandi investimenti in infrastrutturepubbliche. Si può quindi affermare chela Cina è l’economia più keynesiana nel-lo scacchiere internazionale.

Gli Stati Uniti cresceranno nel 2013del 2% e del 3% nel 2014. Dietro questidati non c’è solo il gigantesco “allenta-mento monetario” prodotto dalla Fed,ma anche la politica economica di Oba-ma, che, a vario titolo, è intervenuta di-rettamente a sostegno dell’economia.Anche negli Stati Uniti i debiti eccessivicreati al fine di affrontare la crisi sonoun problema. Ma Obama sta cercandodi coniugare “al meglio” rigore e crescita.In breve l’idea è che il risanamento deri-

va dalla crescita, e non il contrario, co-me sostenuto dall’Europa. Quest’ulti-ma, a causa della sua politica impernia-ta sul rigore dei bilanci, è invischiata inun pericoloso avvitamento austerità-recessione. Come nel 2012, nel 2013 l’Eu-rozona chiuderà in recessione (-0,2%).La stessa Germania non andrà oltre il+0,6%. In Europa un po’ di ripresa si ve-drà (forse!) nel 2014: un modesto +1%.Per quanto riguarda poi lo scenariocomplessivo, la crescita mondiale do-vrebbe attestarsi attorno a un +3,5% nel2013 e +4,1% nel 2014. Dunque l’econo-mia mondiale dovrebbe essere, secondola maggioranza delle previsioni, a unasvolta se non nel 2013 di certo nel 2014.

Ma su un fatto concordano tutti: laripresa sarà assai lenta, soprattutto se

confrontata alle passate recessioni. Ilritorno alla normalità, anche rimanen-do nell’ambito di una valutazione con-giunturale, cambiamenti epocali a par-te che ci dicono che il rientro nellasituazione pre-2007 è impossibile, nonè dietro l’angolo.

La “straordinarietà” della crisi vis-suta e della attuale difficile ripresa èsoprattutto segnalata dal dato occu-pazionale. Quest’ultimo è ovviamenteil portato di una crisi che ormai ha su-perato i cinque anni. Dall’inizio dellaturbolenza finanziaria (2007) si sonopersi 50 milioni di posti di lavoro (Rap-porto Ilo, aprile 2012) per cui la disoc-cupazione mondiale ha raggiunto ilrecord storico di 205 milioni. Il mag-gior incremento della disoccupazioneha riguardato i Paesi sviluppati. Se-condo Christine Lagarde «con oltre200 milioni di persone senza lavoro, lacreazione di occupazione è la priorità».Ma, come visto, in Europa il pregiudi-zio liberista (ossia le politiche di au-sterità) funzionale all’interesse miopedi singoli Stati (Germania in testa) im-pedisce interventi che mettano al cen-tro tale obiettivo. C’è da chiedersi finoa che punto la coesione sociale e in de-finitiva la stabilità democratica deiPaesi europei potrà ancora essere mes-sa alla prova!

La crisi a “U”Un mondoa tre velocità

diAlberto Berrini

Con lo sguardo di oggi e in un’ottica congiunturale, sembrerebbe che lacrisi attuale stia assumendo un andamento a “U”. Con questa lettera sidescrive un calo a cui segue un rallentamento economico non breve,

prima di poter osservare una ripresa di una certa consistenza. La lunghezza del“lato basso della U” dipende non tanto dalle autonome capacità dei mercati

La distanza tra Cina, Usa ed Europa è direttamenteproporzionale alle scelte di politica economica

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Moda, le vittimecomprese nel prezzo

Sono 1.700 i lavoratori tessili mortiin Bangladesh a causa della scarsasicurezza degli edifici dal 2005; solo il crollo del complesso di laboratoriRana Plaza del 24 aprile a Dhaka vale1.127 vittime. Senza contare i feriti e le persone con danni permanenti,lo sfruttamento di migliaia di precarisottopagati, la negazione dei piùelementari diritti sindacali. Tuttoquesto è “compreso nel prezzo” dellamoda spacciata dalle maggiori griffeinternazionali, dai grandi rivenditori o dai semplici traders. L’immanetragedia di Rana Plaza ha però fatto“troppo rumore”, costringendo partedi “questa moda” a firmare un Accordo per la sicurezza e la prevenzione degli incendi in Bangladesh, che prevede ispezioniindipendenti, formazione deilavoratori, informazione pubblica,revisioni strutturali degli edifici e, peri marchi internazionali, l’obbligo di far fronte ai costi e interrompere le relazioni commerciali con aziendeche rifiutano di adeguarsi. Al 15 maggio 24 società avevanosottoscritto l’impegno (primifirmatari H&M, Inditex, PVH, Tchibo,Primark, Tesco ma poi Abercrombie & Fitch, Carrefour, Esprit e, alla fine,anche la nostra Benetton, sottopostaa pressione dalla Campagna AbitiPuliti). E se la mancata adesione dei principali rivenditori Usa, tra cui il colosso Wal-Mart Stores Inc (422miliardi di dollari di fatturato nel 2011, 16 miliardi di utili, 2 milioni di dipendenti e numerosi fornitori dalBangladesh) e poi Sears HoldingsCorp., Gap Inc. e JC Penney Cotradisce forse sicumera rispetto a eventuali campagne di boicottaggioo cause risarcitorie, altri si espongonoin direzione contraria: tramite un documento sottoscritto dai suoimembri, tra cui l’italiana Etica Sgr, la coalizione internazionale di investitori etici ICCR chiede allesocietà di aderire all’accordo susicurezza e prevenzione, e di favorirel’attività sindacale, la trasparenza e il sostegno alle vittime. [C.F.]

www.abitipuliti.orgwww.cleanclothes.org www.industriall-union.orgaction.goingtowork.org.uk/page/content/bangladesh

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[Soccorritori al lavoro dopo il crollo del Rana Plaza,il 27 aprile scorso].

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Forum panafricanoPace in programma

Siate artefici di pace (Make thepeace happen), facile no? Forse nonproprio, ma in Angola almeno ci provano, avviando una massicciacampagna nata sotto l’ombrello di questo slogan e promossadall’Unione africana nel 2010;condotta grazie a più di tremilagiovani e sfruttando il potere di propagazione virale di cui la tecnologia – a basso costo – è oggi capace: sono 10 milioni i telefonini ad aver ricevuto sms di sensibilizzazione, per un battageche continuerà fino a fine annointegrando eventi culturali, musica,teatro, danza, letteratura e comunicazione tramite manifestinegli spazi pubblici, programmitelevisivi e radiofonici, diffusionesui social network. Azioni concreteche l’Africa sta sviluppando percambiare se stessa dall’interno:secondo il sito guerrenelmondo.it,infatti, nel continente divampanoancora conflitti in ben 24 Stati(Angola compreso), con 115soggetti armati attivi coinvoltisoprattutto in alcune zone “calde”(tra le altre, Darfur, Libia, Mali,Nigeria, Congo, Somalia). Per questo, pur con le contraddizioniche anche Valori ha spessosollevato, la comunità internazionalepromuove momenti strategici di pacificazione come il recenteForum Panafricano. Tenuto a Luanda, in Angola, e organizzatoda UNESCO, Unione Africana e Governo locale, il forum è statocapace di riunire centinaia di delegati intorno ai temi chiaveenunciati dal titolo Africa: Sourcesand Resources for a Culture ofPeace (Africa: fonti e risorse peruna cultura di pace). Ma, soprattutto, ha stilato un pianodi azioni imperniate sul sostegno a cultura, educazione, scienza e tradizioni, esplicitandol’inevitabile connessione tra la volontà di ottenere la pace e quella di valorizzare il potenzialedelle risorse culturali, naturali eumane del Continente. [C.F.]

www.guerrenelmondo.itwww.unesco.org/new/en/africa/resources/events/africa4peace/

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[Un momento del Forum Panafricano del marzoscorso a Luanda, in Angola].

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| fotonotizie |

Povera vecchiaItalia

«Stiamo invecchiando tanto e velocemente, siamo secondi soloalla Germania in Europa.Prevediamo per il 2050 un indice di vecchiaia del 253-254%, il chesignifica avere 5 over 65 anni perogni giovane sotto i 14, tra meno di 40 anni, con conseguenzedrammatiche per il welfare e per la spesa sanitaria. Se non si fa qualcosa prima». GianlucaMerchich, ricercatore di economiadell’Università di Milano-Bicocca,insieme a Mariangela Zenga ha condotto la ricerca L’incidenzadelle cronicità nelle geriatrieitaliane. Possibili risparmi per la spesa sanitaria. Lo studioevidenzia la necessità di unaprofonda innovazione neltrattamento dei pazienti piùanziani: in Italia il 37,5% dei ricoveriprodotti dalle geriatrie è infattirelativo a patologie croniche. Ciò equivale a 540 mila giornate di degenza ordinaria per cuioccorrono circa 1.480 posti letto e una spesa corrispondente di 137milioni di euro l’anno (2011). I ricercatori dell’ateneo milanese,pur subordinando sempre ogniopzione economicista all’esigenzadi cura, da un lato sottolineano la necessità di puntare su modelli di cura alternativi al ricovero,diffusi sul territorio e più vicini al domicilio del paziente (meno del2% dei dimessi dai reparti di geriatria con patologie cronicheaccede all’ospedalizzazionedomiciliare). Dall’altro ci danno unabuona notizia: secondo Merchichl’Italia sarebbe un passo in avanti in Europa lungo questo processoutile di deospedalizzazione. A livellonazionale i cosiddetti ricoveri “a rischio di non appropriatezza”afferenti a patologie croniche(dell’apparato respiratorio o circolatorio, diabete, dislipidemie)sono passati dal 23,73% del 2009 al 18,67% del 2011. Tra le regionispiccano tuttavia Puglia (29,46% di ricoveri “a rischio di nonappropriatezza” nel 2011),Campania (25,52%) e Basilicata(25,06%), contro le più virtuoseFriuli Venezia Giulia (11,11%),Abruzzo (11,94%) e Valle d’Aosta(12,09%). [C.F.]

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[Carloforte, Isola di San Pietro, Sardegna].

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dossier a cura diAndrea Barolini, Matteo Cavallito,Emanuele Isonio, Elisabetta Tramonto

Bitcoin, cronaca di una bolla annunciata > 16

Una moneta per la comunità > 18

Il boom del Sardex, triplicato in un anno> 20

Il problema non è l’euro ma chi lo governa > 22

L’interventismo della Fed e l’immobilismo della Bce > 24

Altro che denaro finto del Monopoli, le monete complementarisono verissime. Che vengano stampate delle banconote o che restino moneta elettronica, permettono di acquistare benie servizi presso gli esercizi aderenti al circuito. E di ravvivarel’economia locale.

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Scoppia la bolla Bitcoin. Nessunarivoluzione, la valuta virtuale creasolo una maxi-speculazione Le vere monete complementaririflettono i legami economici e sociali di una comunità

Monetesu misura

MICHEL GAILLA

RD / REA / CONTRASTO

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dossier | monete su misura |

La matematica al potereÈ la parabola del Bitcoin, la grande rivo-luzione tecno-anarchica poi tradottasinell’ennesima bolla finanziaria che ne hasmascherato i limiti progettuali, a co-minciare da quella opacità di fondo chetroppo spesso accompagna le rivoluzio-ni della rete o presunte tali (per dirneuna, chi gestisce WikiLeaks? Da dove? Econ quali fondi?). Inventata nel 2009 suiniziativa di Satoshi Nakamoto, tuttoraun illustre sconosciuto (presumibilmen-te uno pseudonimo), la più celebre e con-troversa valuta complementare del Pia-neta può definirsi tecnicamente mathbased, ovvero basata sul calcolo. Per ca-pirlo occorre guardare alla sua genera-zione: i Bitcoin sono come monete vir-tuali incastonate in una miniera. Perestrarli dalla roccia virtuale, gli utentidevono risolvere un complesso proble-ma di calcolo che richiede l’impegno diun pool di utenti (un singolo computernon potrebbe raggiungere la potenza dicalcolo necessaria), che hanno attivatoun programma computazionale ad hoc.Tale processo, chiamato mining, portaalla soluzione di un problema di critto-grafia e alla conseguente erogazione daparte del sistema di un blocco di Bitcoin(espresso sottoforma di codici identifi-cativi) che sarà diviso tra gli utenti chehanno risolto il calcolo. Il sistema dicreazione infine è programmato per es-

sere decrescente, tanto che nel 2040 i Bit-coin circolanti nel mercato raggiunge-ranno il picco massimo di 21 milioni (con-tro i 10 circa di oggi).

Una volta accumulati, i soldi virtualipossono essere spesi per acquistare unapluralità di beni e servizi laddove la valu-ta è accettata, oppure scambiati da chiun-que utilizzando apposite piattaforme co-

me Mt.Gox, tuttora la principale piazza dicontrattazione, dove qualsiasi utente puòvendere o comprare bitcoin pagandoli indollari, euro, yen, sterline, ma anche in ru-bli o in zloty polacchi, avvalendosi dei ser-vizi di una società di money transfer. Contutto ciò che questo comporta. Lo scorsomaggio il Department of Homeland Secu-rity degli Stati Uniti ha bloccato un cana-le di trasferimento fondi di Mt.Gox dopoaver scoperto che le società coinvolte nonsi erano registrate presso il Financial Cri-mes Enforcement Network del Diparti-mento del Tesoro Usa, violando così lanormativa antiriciclaggio. Domanda: co-me può un sistema basato sull’anonima-to, la diffusione decentralizzata e l’assen-za di controllo tenersi alla larga da unabolla speculativa? Risposta: non può. E in-fatti la previsione si è avverata.

Speculatori in agguatoRicapitolando, all’inizio dell’anno il Bit-coin è scambiato a 13 dollari, ma il suovalore è in rialzo. Il 22 gennaio la mone-

Bitcoin,cronaca di una bolla annunciatadiMatteo Cavallito

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Nessuna banca centrale,nessun controllo. La valutadigitale per eccellenzadovrebbe rappresentare una rivoluzione di sistema. Ma intanto si è già tradottain una maxi speculazione

Una vicenda incredibile, quasi fantascientifica. Ma anche una storia ve-ra e clamorosamente istruttiva. O forse, più semplicemente, una sto-ria già vista fatta di illusione e volatilità – la materia di cui sono fatte

le bolle – ma consumatasi nello spazio di qualche settimana, qualche miliar-do di click, qualche trilione di bit. Perché la moneta, si sa, è una cosa seria. Ma non tutte le monete sono serie allo stesso modo.

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LA BOLLA BITCOIN: GENNAIO - APRILE 2013

FONTE: M

T.GOX, IN BITCOIN CHARTS, H

TTP://B

ITCOINCHARTS.COM, M

AGGIO 2013

USD

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ta digitale supera quota 17 biglietti ver-di, che diventano 20 a inizio febbraio, 33circa a fine mese, 40 ai primi di marzo, ol-tre 70 tre settimane più tardi. L’accele-razione è evidente, ma il meglio deve an-cora venire. Il primo aprile la monetasfonda la soglia psicologica dei 100 dol-lari, il giorno dopo chiude le contratta-zioni a 117 toccando quota 135 appenaventiquattro ore dopo. Ma il botto la va-luta lo fa tra il 6 e il 9 aprile passando da142 a 230 dollari nello spazio di quat-tro giorni. Poi, improvvisamente,il 10 aprile il tasso di cambiocrolla a 165 raggiungendo,una settimana più tardi, ilrecord negativo sotto quota70. Le oscillazioni successivecompletano il quadro: la bolla siè gonfiata, è scoppiata, si è ri-creata, si è sgonfiata un’altravolta (vedi ). Tutto in po-che sedute virtuali, tutto come dapronostico.

Il punto, ha scritto di recenteJoe Wiesenthal, uno dei principa-li editorialisti di Business Insider,è che «una valuta a corso legaleha un valore intrinseco men-tre il Bitcoin non ce l’ha». Qual-cuno, e probabilmente è stataquesta l’argomentazione prin-cipale dei Nakamoto boys, po-trebbe obiettare, evocando lafine della convertibilità in

oro sancita nel 1971, che avrebbe trasfor-mato le valute in pezzi di carta dotati diun valore basato esclusivamente sulla fi-ducia. Ma il problema, tuttavia, è che la fi-ducia non è solo un concetto virtuale. «Laverità, per quanto noiosa, è che viviamoin un mondo fatto di leggi dove i governihanno le loro armi e possono imprigio-nare chi non paga le tasse», ha precisatoWiesenthal. «Per questo il dollaro sta-

tunitense non è semplice-mente importante perchéla gente ritiene che lo sia,ma lo è perché gli StatiUniti rappresentano l’en-

tità più potente delmondo con la for-za dell’esercito, del

FBI, della CIA, dellaNSA e delle varie au-torità locali “arma-

te” che vogliono essere pagate in dollari.Non è fiducia, è la legge. Sorry».

Illusione per molti, guadagno per pochiNon stupisce, dunque, che la scommessadi una valuta virtuale capace di metterein discussione il monopolio delle banchecentrali (il celebre “signoraggio” al centrodi una miriade di mai dimostrate teoriedel complotto) si sia tradotta, in definiti-va, in un fenomeno poco rivoluzionario emolto convenzionale: l’arricchimento dipochi grandi speculatori. Lo scorso 2 apri-le, riferiva Bloomberg, esistevano 250 por-tafogli virtuali contenenti Bitcoin per al-meno 1 milione di dollari ciascuno. Ma lesigle anonime che li caratterizzavano (eche avevano fatto scattare l’allarme anti-riciclaggio dei funzionari del Tesoro Usa)impedivano di svelare l’identità dei fortu-nati possessori, tanto più che nessun mi-lionario pareva intenzionato a fare ou-ting. L’eccezione veniva dai leggendarigemelli Cameron e Tyler Winklevoss, gliex studenti di Harvard passati alla storiaper aver intentato causa a Mark Zucker-berg contestandogli la paternità intellet-tuale originaria di Facebook (la vicenda siè conclusa con un risarcimento pari a 20milioni di dollari e un pacchetto azionarioche oggi ne vale 200).

L’11 aprile, riferiva il New York Times, idue investitori dichiaravano un patrimo-nio in Bitcoin pari a 11 milioni di dollari, piùo meno lo 0,8% del mercato mondiale del-la valuta (stimato allora in 1,3 miliardi). Il“denaro”, spiegava il quotidiano newyor-chese, giaceva nei codici contenuti in alcu-ni preziosi hard disk conservati nelle cas-sette di sicurezza lontane dalla rete e dallaminaccia degli hacker. Nello stesso pe-riodo 82 mila Bitcoin, equivalenti a circa10 milioni di dollari, comparivano nel

portafoglio degli investimenti dellaExante, una società maltesecui faceva capo un fondohedge fondato da tale Anato-li Knyazev. Se “ben gestiti” inun ambiente di forte volatilità,i portafogli possono garantireenormi profitti sui margini diprezzo. Più che di rivoluzione,sa tanto di emulazione.

GRAFICO

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Il telefono come carta di credito. È l’idea (non originale) sviluppata dalla Apple e pronta a diventare realtà nel 2014. Il principio è quello del cosiddetto eWallet, il portafoglio elettronico, già introdotto, senza troppo successo (funziona negli Usa e solo su pochi telefoni compatibili), da Google nel 2011. Il sistema, che memorizza i dati delle carte di credito, di debito e dei buoni sconti accumulati, permette di operare attraverso una tecnologia denominata Near Field Communication (bastaavvicinare lo smartphone a un sensore per avviare la transazione). La speranza dellaApple è quella di arrivare laddove il gigante di Mountain View non ha saputoapprodare, magari introducendo il sistema all’interno del prossimo iPhone. Le prospettive, in questo senso, non mancano se è vero, come nota Business Insider,che gli utenti Apple, stando a quanto dichiarato dalle società di e-commerce Fab e Rue La La, tendono a spendere di più degli omologhi Android. Una nuova droga del “consumismo”? Può darsi. Ad oggi, nota ancora B.I., gli acquisti via smartphonein Europa e Stati Uniti valgono 25 miliardi di dollari. Nel 2015 il giro d’affari dovrebbesalire a 65.

EWALLET, LA RISPOSTA DELLA MELA

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«Procederemo con lo studio difattibilità di un sistema dimoneta complementare, an-

che tramite il coinvolgimento dei princi-pali stakeholder come banche, associazio-ni, istituzioni e camere di commercio». Apronunciare queste parole è stato l’attua-le governatore della Regione Lombardia,Roberto Maroni, della Lega Nord, lo scor-so aprile quando ha illustrato le linee gui-da del suo programma di governo. «In pe-riodi congiunturali – ha continuato –caratterizzati dal credit crunch, come l’at-tuale, lo sviluppo di nuovi strumenti dipagamento può agevolare lo scambio dibeni e servizi». E non è stato l’unico negliultimi mesi a parlare di valute comple-mentari nel nostro Paese, come rispostaalla crisi. A Bergamo a gennaio è stato or-ganizzato un confronto per proporre l’in-troduzione di una moneta da parte delleistituzioni pubbliche locali, «per uscire

dalla crisi, rilanciare i consumi, allentarela morsa del credito e aumentare il poteredi acquisto dei salari», si è detto. Tra gli or-ganizzatori il vicepresidente della Regio-ne, Andrea Gibelli, della Lega. Un’inizia-tiva a cui si aggiunge quella di un gruppodi imprenditori di Imola, coordinati daUnindustria Bologna (vedi ), oltre chel’ormai affermato Sardex, in Sardegna(vedi a pag. 20), rivolto sempre al-le imprese. Ben diverso il caso degli Scec,che invece coinvolgono i singoli consu-matori (vedi nelle pagine seguenti).

Strumento anticrisiSuccede da decenni: in corrispondenza dicrisi economiche fioriscono le monetecomplementari. È accaduto dopo la crisidi Wall Street del ’29; nel 2001, dopo il de-faultdell’Argentina; e sta accadendo oggi.In tutto il mondo esistono migliaia di mo-nete complementari, non tutte tracciate.Quelle “costruite” bene resistono nel tem-po, altrimenti scompaiono nell’arco di po-chi mesi. Alcune comportano la creazionedi vere e proprie banconote da spenderenel circuito di negozi aderenti (è il caso delChiemgauer, in Baviera, che coinvolge ol-tre 500 mila persone; di Ithaca Hours, ne-gli Usa, nato nel 1991 per tutelare i pro-duttori locali contro lo strapotere delgigante della grande distribuzione WalMart; o anche dell’italiano Scec), ma piùspesso si tratta di monete elettroniche edi metodi di compensazione di crediti edebiti tra imprese, come il longevo Wirsvizzero (vedi ).

«Le monete complementari sono cer-tamente uno strumento per contrastarela crisi: sono un tentativo di rispondere subase locale alle disfunzioni del sistemamonetario di cui la crisi è la testimonian-za evidente», spiega Luca Fantacci, docen-te dell’Università Bocconi di Milano, cheda anni si occupa di questi temi. E conti-nua: «Siamo finiti in questa crisi ancheperché il sistema monetario non ha fun-zionato. I fiumi di denaro creati dalle ban-che centrali non hanno fatto il loro me-stiere. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012la Bce ha creato circa 1.000 miliardi di eu-ro. Dove sono finiti? Si pensava potesseroservire per ridare fiato agli scambi, favo-rire l’accesso al credito alle imprese, so-stenere la domanda. Invece lo stesso Ma-rio Draghi ha dovuto riconoscere che èstato un tentativo vano, l’economia non siè ripresa. È per rispondere a questa di-sfunzione che vale la pena, seppure su ba-se locale, pensare a sistemi monetari chefunzionano su principi diversi. Ma – pre-cisa Fantacci – non significa che qualsiasimoneta locale risponda allo scopo. Pos-sono anche essere animate da buone in-tenzioni, ma, se non strutturate corret-tamente, rischiano di replicare su baselocale i difetti della moneta ufficiale».

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ARTICOLO

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Una monetaper la comunitàdiElisabetta Tramonto

Una moneta, tanto più secomplementare, non ha unvalore di per sé, ma solo pergli scambi che rende possibiliall’interno di una comunità

In Italia si moltiplicano gli esperimenti di monete complementari. Potrebbero essere uno strumento per rilanciare le economie locali, ma, se non tengono conto dei bisogni reali delle comunità, rischiano di replicare i problemi dell’euro

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Una moneta fatta benePerché dunque la creazione di una mo-neta parallela a quella ufficiale dovreb-be aiutare l’economia locale? E quali so-no gli ingredienti perché sia efficace?«Innanzitutto, lo dice la parola stessa, deveessere “complementare”, e quindi non pro-porsi di sostituire la moneta ufficiale. Lamaggioranza degli scambi economici do-vranno continuare a essere regolati, peresempio, in euro, la moneta locale dovràoccupare una percentuale tra il 20 e il 25%del giro d’affari», spiega Luca Fantacci.

«Secondo, deve essere creata in unaquantità commisurata agli scambi di benie servizi che devono essere alimentati daquesta moneta. Se all’atto dell’emissionenon ho alcun riguardo al fatto che ci pos-sa essere qualcosa da comprare, avrò crea-to reddito, ma quando andrò a spenderlonon avrò nulla da comprare. Così si creainflazione». Il modello di riferimento pro-posto dal professore della Bocconi è quel-lo del Wir «e in generale – spiega Fantac-ci – dei sistemi di compensazione, in cui lamoneta non è neanche qualcosa di fisica-mente tangibile, ma è una pura unità diconto, qualcosa che serve all’interno dellacomunità di scambio per denominare de-biti e crediti. A noi colleghi che ci occupia-mo di questi temi piace chiamarla “mone-ta cooperativa”. A questa corrisponde uncredito da vantare all’interno di una co-munità, che però non dà diritto a denaro.Io, impresa, ho un credito perché ti ho ven-duto un bene o un servizio e potrò spen-derlo per acquistare da te beni e servizi».

Una cambiale socialeEd ecco il terzo ingrediente: la comunitàe l’integrazione tra i suoi membri. «Lemonete complementari – spiega Fantac-ci – devono essere applicate all’interno diun perimetro circoscritto, che però nonha necessariamente a che fare con unacerta taglia geografica, bensì con i lega-mi tra i soggetti coinvolti. La Bartercard(bartercard.com), ad esempio, è un cir-cuito di moneta elettronica, inventato inAustralia, ma diffuso in una dozzina diPaesi, rivolto a piccole e medie impresefortemente internazionalizzate che pos-sono pagarsi a vicenda con questo mec-canismo. Ovunque esse siano. Tuttavia

la maggioranza delle monete comple-mentari circola in un territorio circo-scritto perché spesso le organizzazionihanno più interazioni se fisicamente vi-cine. Dove si verificano scambi più inten-si, dove c’è coesione economica, esigenzesimili, lì ha senso introdurre monete re-gionali o locali».

I vantaggi per chi partecipa al circuitodelle monete complementari sono diversi:«Innanzitutto, se strutturate rispettandoi requisiti elencati, dovrebbero aumentaregli scambi, alimentare la domanda. In se-condo luogo le imprese che aderisconobeneficiano di credito a costi bassissimi,in moneta complementare, quando inve-ce nel sistema tradizionale non avrebbe-ro accesso al credito oppure lo avrebbe-ro solo a tassi di interesse altissimi».

Ma, perché il sistema delle monetecomplementari non si trasformi in una

bolla, l’adesione delle imprese deve esse-re regolata da una selezione sulla basedel merito creditizio. «L’organismo cheregola l’emissione della moneta comple-mentare tiene conto del fatturato, dellostato di salute e del grado di integrazionesul territorio dell’azienda e, sulla base diquesti parametri, assegna un plafond.Quello che viene valutato dovrebbe esse-re il contributo reale che l’impresa puòdare alla comunità».

E i consumatori, come possono averaccesso alle monete complementari?«In un sistema strutturato in modo cor-retto i singoli non possono “acquistare”moneta locale, nè tantomeno riceverla atitolo gratuito, ma solo guadagnarla co-me parte dello stipendio. Per poi spen-derla negli esercizi aderenti o, in alcunicasi, addirittura usarla per pagare le im-poste locali».

Si chiamerà SoNantes la moneta complementare che a breve sarà lanciata a Nantes,in Francia. Un nome scelto in modo partecipato, tra 771 proposte dei visitatori del sitointernet. Un progetto nato nel 2011 sulla spinta di Jean Marc Ayrault, sindacosocialista della città dal 1989 al 2012, quando François Hollande lo nominò primoministro. Al lavoro da due anni sul progetto due italiani, docenti dell’UniversitàBocconi: Luca Fantacci (intervistato nell’articolo in queste pagine) e Massimo Amato.Il circuito SoNantes coinvolgerà imprese, consumatori e, questo è l’aspetto piùinteressante, l’amministrazione pubblica locale: la municipalità di Nantes. Sarà di fatto una camera di compensazione dove, in moneta complementare, le impresepotranno scambiarsi crediti e debiti, i lavoratori riceveranno una parte dei salari e potranno anche essere pagate parzialmente le imposte. E saranno coinvolte anchele organizzazioni del terzo settore, che riceveranno una porzione di monetecomplementari non usate durante l’anno. «Un modo per favorire la circolazione deldenaro – spiega Luca Fantacci – e fare delle organizzazioni non profit un sostegno alladomanda». www.unemonnaiepournantes.fr

DUE ITALIANI AL LAVORO PER UNA MONETA FRANCESE

Luca Fantacci,docente dell’UniversitàBocconi di Milano

Era il 2006 quando Valori ha dedicato per la prima volta un dossier allemonete complemtari, per poi tornare sul tema nel 2009.

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diEmanuele Isonio

Il circuito di imprese, nato nel 2010, conta oggi mille realtàaderenti. La giunta regionale sta pensando di usarlo pererogare un reddito di cittadinanza ai giovani disoccupati

Almeno a giudicare dai tassi di crescita del Sardex, ne deve esserepassata di acqua sotto i ponti da quando, nel Seicento,l’ambasciatore spagnolo definì i sardi pocos, locos y mal unidos.L’idea di creare una moneta complementare in Sardegna è venutanel 2007 a tre ragazzi, tutti giovanissimi (tra 24 e 28 anni), amici fin dai tempi delle elementari. Ad accomunarli la previsione(lungimirante e rilevatasi tristemente corretta) che l’inizio della crisifinanziaria e bancaria in Usa si sarebbe trasformata rapidamente in crisi del credito. «E in Sardegna già partiamo da una situazionesvantaggiata», racconta Carlo Mancosu, uno dei fondatori di Sardex. Da quella consapevolezza è nato il progetto di creare un modo per le imprese di finanziarsi tra loro a tasso zeroattraverso un’unità di conto che ricalcasse l’esperienza dello WIRsvizzero (vedi ): le aziende del circuito accettano di ricevere unaquota di crediti Sardex quando forniscono beni e servizi ad altre

realtà aderenti. A loro volta potranno usare tali crediti per rifornirsiquando saranno loro ad averne bisogno.

Rischio condivisoIn pochi anni, il sistema è cresciuto in maniera esponenziale (vedi

). Dalle 200 aziende di fine 2010 il circuito oggi conta millerealtà (con un tasso di abbandono inferiore al 7%). Il numero di operazioni è passato da 420 a oltre 4.400, per il 2013 si prevedeche balzino a 22 mila e che gli importi transati tocchino quota 12,4milioni di euro (+300% rispetto all’anno scorso). E ora l’esperienzadel Sardex sta figliando altrove. In Sicilia e Piemonte sono già partitii circuiti Sicanex.net e Piemex.net. Seguiti fra poco da Marche,Abruzzo, Liguria e Sannio (Molise, Benevento e Avellino).«Il nostro sistema permette di evitare che l’eventuale fallimento di un’azienda abbia un effetto a catena sull’intero sistemaproduttivo», spiega Mancosu. «Nel mercato tradizionale, se un’azienda acquista una fornitura da un’altra ditta, ma poifallisce, mette in difficoltà l’azienda creditrice che, a sua volta,potrebbe non avere i soldi per pagare i propri fornitori. Nel circuitoSardex, il rischio è pienamente condiviso tra tutte le realtà aderentie il suo impatto è quindi ammortizzato».

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GRAFICI

Il boom del Sardex, triplicato in un anno

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L’avevamo presentato ormai tre anni fa (nel numero di giugno2009 di Valori) come un esperimento di moneta

complementare che, per evitare di essere uno strumentomeramente locale, è stato concepito come una rete di cittadini,imprese e professionisti. Tecnicamente lo Scec è una riduzionevolontaria di prezzo a chi aderisce al circuito. In pratica, il cittadino che si iscrive attraverso il sito scecservice.org ricevegratuitamente 100 Scec (equivalenti a 100 euro) da usare negli esercizi convenzionati, per pagare una parte del prezzo del prodotto (tra il 10 e il 30%). A loro volta gli esercentipossono usare i buoni per pagare fornitori e produttori,garantendo così la circolazione delle banconote. «Una rete nazionale permette ai produttori locali di smaltirealtrove le eccedenze produttive di un’area e di diffondere le eccellenze e i prodotti di qualità», spiegava Pierluigi Paoletti,all’epoca presidente nazionale di Arcipelago Scec. A distanza di quasi quattro anni la scommessa è sulla buona strada peressere vinta: i soci sono passati da 3 a 20 mila, con 3 milasocietà che accettano gli Scec distribuiti in 13 regioni. Finora sono state sviluppate transazioni per 3 milioni di Scec.«Tale cifra – spiega il neopresidente Luca Vannetiello –

ha prodotto un giro d’affari di 12 milioni di euro, visto che il tassodi accettazione media nei negozi convenzionati è del 20%». Il sogno (possibile) per il futuro è arrivare a poter distribuire 100Scec al mese per ogni iscritto: «In alcuni circuiti locali piùavanzati ci sono già distribuzioni ulteriori rispetto a quellad’ingresso», rivela Vannetiello. «Con il contributo degli entilocali potrebbe diventare presto realtà». Per ora hanno rispostoall’appello il IV Municipio di Roma (con il quale c’è in piedi una collaborazione per fornire di banda larga il quartiereperiferico di Cinquina), i Comuni di Oriolo Romano(dell’associazione Comuni Virtuosi) e di Parma che stapensando di permettere l’uso degli Scec per pagare parte dei tributi locali.

ARCIPELAGO SCEC. L’ESPERIMENTO METTE RADICI

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In più, visti i risultati ottenuti finora, il sistema si sta aprendo ancheai privati. Per fronteggiare la crisi economica e ridurre il rischio di dover licenziare, alcune aziende hanno proposto ai propridipendenti dei contratti di solidarietà. In pratica, una percentualedel loro stipendio viene pagata in Sardex. Così il potere d’acquistodelle famiglie è garantito e le aziende non hanno bisogno di licenziare.Ma l’aspetto più interessante, secondo i promotori, esuladall’aspetto economico e occupazionale: «I vantaggi relazionalisono forse la parte più bella della nostra storia», osserva Mancosu.«Al denaro si associano spesso i peggiori istinti umani. E invece conil Sardex è maturato il senso di comunità e la convinzione cheinsieme si possano superare prima e meglio le sfide imposte dallacrisi economica».

Dalle imprese ai privatiUna convinzione che sta facendo breccia anche nel governoregionale. Il presidente della Sardegna, Ugo Cappellacci, ha infatti proposto di adottare il Sardex per istituire un reddito di comunità da versare ai disoccupati sardi. L’idea è di versare 500 Sardex (equivalenti a 500 euro) mensili a diecimila giovani inoccupati tra 25 e 35 anni, che dovranno mettere a disposizione della comunità ore di servizi. «Per controbilanciarel’aumentata quantità di crediti Sardex immessi nel circuito dai nuovi beneficiari – ha spiegato Cappellacci – la Regione creerà un Fondo di garanzia, pari a 20 milioni l’anno, da utilizzare per l’acquisto, in euro e con normali procedure di gara pubblica, di beni e servizi da rivendere in Sardex all’internodel circuito».

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2013201220112010

318.820 1.147.500

3.966.553,92 3.912.640,25

12.482.400,00PREVISIONE

TOTALE TRANSATO 2010-2013

Si chiama Wir (in tedesco “noi”) e l’anno prossimo compirà 80anni. È una moneta complementare creata in Svizzera nel 1934 da 16 imprenditori di Zurigo per salvare le loro aziende dalla crisieconomica. Oggi sono oltre 60 mila le piccole imprese nel Paeseche si scambiano beni e servizi in Wir. Come spiegato da LucaFantacci (nell’ a pag. 18), per entrare nel circuito, vengonovalutate in base al loro merito creditizio, che permette di assegnare un plafond in moneta complementare corrispondenteal loro stato di salute. Non esistono banconote, solo monetaelettronica. Si tratta di una camera di compensazione tra

imprese: se un’azienda vende a un’altra qualcosa, avrà un creditoe la seconda un debito. Chi ha un credito può comprare da un qualsiasi socio, direttamente e senza intermediari. Chi ha debiti potrà compensarli vendendo beni o servizi. La moneta è emessa da una banca, la Wir bank, che può anche concedereprestiti ipotecari, a un tasso fisso dell’1,5%. Dagli anni ’30 il Wircircola in Svizzera, in parallelo al franco. Diversi studi universitarihanno dimostrato la natura anti-ciclica di questa monetacomplementare: con la crisi la circolazione del franco svizzero è rallentata, quella del Wir è aumentata. www.wir.ch/it

ARTICOLO

IN SVIZZERA UNA MONETA QUASI OTTANTENNE

A Imola l’idea di una moneta complementare è venuta a un gruppo di imprenditori, guidati da Leandro Pallozzi, direttorefinanziario della Bergami Fratelli, storica azienda di carpenteria:«Pensiamo di creare un sistema di crediti tra imprese che permettadi ridurre l’indebitamento bancario e tuteli il tessuto produttivo delterritorio», spiega. Un esperimento che riprende la proposta di International Clearing Union fatta da Keynes nel 1943. «Invece di una valuta per gli scambi tra Stati, noi vorremmo applicarla alleimprese». Verrà creato un istituto per valutare le aziende e deciderel’ammontare del fido da concedere gratuitamente a ciascuna,

in funzione delle potenzialità e della propensione di spesa nelcircuito. Entusiastica l’adesione: «In un mese ho coinvolto 33imprese e puntiamo a cento entro l’anno per partire ufficialmente a inizio 2014». Le aziende aderenti non hanno ostacoli all’accesso al credito: «A spingerle – rivela Pallozzi – è la comunepreoccupazione di salvaguardare il tessuto industriale locale».«Quest’area è caratterizzata da un forte senso cooperativo e daimprese interconnesse», ammette Federica Pirani, responsabiledella delegazione locale di Unindustria Bologna, che stacollaborando per estendere l’iniziativa a tutte le imprese aderenti.

A IMOLA GLI IMPRENDITORI SI ISPIRANO A KEYNES

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dossier | monete su misura |

Sono passati oltre vent’anni daquando i Paesi membri dell’U-nione europea (allora ancora Co-

munità) decisero di adottare una valutaunica. E oltre dieci da quando monete ebanconote sono in circolazione. Nono-stante le difficoltà iniziali, nonostantel’opting-out “eccellente” di alcuni Paesi(Regno Unito e Danimarca, seguiti poi dal-la Svezia, decisero di non aderire) e, so-prattutto, nonostante la crisi che si sta ab-battendo ormai da anni sull’Eurozona, lamoneta unica europea è ancora conside-rata da una larga maggioranza di econo-misti tutt’altro che un problema. Al con-trario, essa costituisce un elemento distabilizzazione e un bastione difensivocontro le speculazioni (ebbene sì, propriocontro gli speculatori, benché negli ultimianni essi abbiano scelto i debiti delle eco-nomie “periferiche” dell’Ue come propriobersaglio privilegiato). Di più: per alcuniPaesi, l’ingresso nella valuta comunitariaè stato perfino salvifico.

Da luoghi comuni a credenze popolariUna delle ragioni che spingono gli espertia difendere l’euro è legata a quella chepuò essere considerata una delle più dif-fuse e tenaci credenze popolari, ovvero l’i-dea che la moneta unica sia responsabiledi una forte inflazione nei prezzi al con-sumo. Già nel 2006 Eurobarometro se-gnalava un dato davvero sorprendente:ben il 93% dei cittadini europei si dicevaconvinto della spinta al rialzo provocata

dall’euro. In Italia, poi, il rapporto di con-versione con la lira, fissato a 1.936,27, haportato molti cittadini a raddoppiare, percomodità di calcolo, il costo di ciascunprodotto. Così 50 euro sono stati “letti” alungo come 100 mila lire. Numerosi eser-centi, inoltre, hanno approfittato del pas-saggio per “arrotondare” in eccesso i prez-zi. Di qui la sensazione di una “inflazionepercepita” particolarmente alta.

Eppure basta un breve ripasso di sto-ria economica degli ultimi decenni perrendersi conto di come la stabilità deiprezzi recente sia quasi senza preceden-ti, soprattutto per un Paese come l’Italia.Un’analisi di Uri Dadush pubblicata suL’Espresso un anno e mezzo fa ricordache, negli anni Settanta e Ottanta, l’in-flazione in Italia superava in media il13% all’anno. Un valore sceso progressi-vamente, a mano a mano che ci si avvici-nava all’Unione economica e monetaria(Uem), attestandosi dapprima intorno al5% (negli anni Novanta), quindi al 2-3%in tempi più recenti. E non è tutto: lamancanza di svalutazioni (strumentoutilizzato non di rado ai tempi della lira)ha scongiurato a sua volta ulteriori spin-te inflazionistiche. Tra i principali suc-cessi dell’euro, dunque, possiamo anno-verare senz’altro proprio la stabilità dei

prezzi. Casomai è il livello dei salari che èrimasto stagnante, il che apre le porte adanalisi molto più vaste.

I meriti della moneta unicaUn secondo importante obiettivo rag-giunto dall’Uem è stato quello di farscomparire le crisi dei cambi a ripetizio-ne che si manifestavano tra le valute eu-ropee. All’inizio degli anni Novanta, ognivolta che il dollaro si indeboliva, gli inve-stitori si gettavano a piene mani sul mar-co, che conseguentemente cresceva sen-sibilmente. A tutto svantaggio delle altremonete del Vecchio Continente, che ve-devano salire i tassi di interesse e incon-travano difficoltà crescenti sul frontedelle importazioni. Basti pensare che, inun Paese “forte” come la Francia, tra il1990 e il 1993 i tassi di interesse a brevetermine fissati dalla banca centrale era-no costantemente attorno al 10% (conpicchi ancor più alti legati proprio allecrisi dei cambi). Mentre in Italia i Bot de-cennali erano mediamente sul 4,5% pri-ma dell’euro; fino alla crisi del 2008, inve-ce, erano scesi a poco più del 2%. E, anchegrazie a tale contenimento, il debito pub-blico era passato dal 122%, in rapporto alPil, del 1994, al 104% del 2007 (anno primadella crisi).

Problemi di governance Certo, non si può negare che l’euro abbiaportato con sé anche alcuni problemi. Ilcommercio con l’estero, ad esempio, bril-lava maggiormente prima della sua intro-

Il problema non è l’euro,ma chi lo governa diAndrea Barolini

Il vero problema: all’unionemonetaria non è seguitaun’unione economica reale.Oltre a politiche inadeguate

Additato come “il male assoluto”, un danno per molti Paesi europei, in realtà l’euro è tutt’altro: un elemento di stabilità e una difesa dalla speculazione. Ma non si possono negare problemi nella gestione della valuta unica

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duzione: l’Italia poteva contare su un de-ciso attivo sulla bilancia dei pagamenti.Ma le lacune più gravi sono quelle che sisono manifestate con tutta la loro forzanegli ultimi anni, con la crisi internazio-nale. Ci si aspettava, infatti, che la cre-scita economica potesse ricevere benefi-ci decisamente più forti dalla monetaunica. I dati, che già non brillavano neglianni Novanta, non hanno invece subitoalcuna “impennata” prima della crisi. Enegli ultimi anni l’euro ha potuto soloparzialmente arginare una fase di gene-ralizzata e pesantissima recessione (checomunque, con la lira, sarebbe statasenz’altro ancora peggiore). Una delle ra-gioni è legata al fatto che l’impatto delcalo dei tassi imposto dalla Bce nel ten-tativo di rivitalizzare le economie non siè riverberato in modo omogeneo nell’Ue:le grandi differenze esistenti tra i sediciPaesi che adottano l’euro hanno fatto sìche la “cinghia di trasmissione” della po-

litica monetaria sia stata ben diversa daregione a regione.

In molti hanno indicato nel mandatodell’Eurotower la maggior parte dei pro-blemi. È vero, infatti, che la banca di Fran-coforte non può costituire un prestatoredi ultima istanza per gli Stati (ruolo che ri-vestono invece tutte le altre banche cen-trali, dalla Fed a Bank of England). L’archi-tettura dell’Uem, inoltre, prevede di fattoun’ampia fiducia nei mercati e nella lorocapacità di regolarsi e di “dettare la linea”.Basti pensare che sul fronte dei cambi l’ar-ticolo 111 del Trattato di Maastricht dispo-ne che il Consiglio dei ministri Ue formulisolamente “orientamenti generali”. E suc-cessivamente si è aggiunto che il ricorso atale norma avrebbe dovuto essere limita-to a “circostanze eccezionali”.

Una moneta senza uno Stato Ciò che manca, dunque, è principalmentela politica. L’Unione monetaria non è sta-

ta seguita, infatti, né da un’Unione econo-mica reale, né tantomeno da un’Unionepolitica. Gli strumenti a disposizione sonodunque limitati e spesso inadeguati. Lastessa cieca adesione ai dogmi dell’auste-rity, come unica ricetta anti-crisi, è figlia ditali costrizioni: la politica monetaria ha difatto come unico obiettivo la lotta all’in-flazione (ad ogni costo, anche se ciò vuoldire affossare le economie e allontanareinesorabilmente la ripresa).

Come se non bastasse, poi, i decision-maker europei hanno imposto il pareg-gio di bilancio agli Stati europei: un veroe proprio “cappio” intorno al collo di chivorrebbe immaginare un cambiamentodi rotta. Si impone infatti agli Stati di ri-durre le loro spese in fase di rallenta-mento, restringendo così ancor di più ilmargine di manovra dei governi nazio-nali. Un’ulteriore conferma del fatto chenon è l’euro il problema, bensì il pensierounico che lo governa.

diAndrea Barolini

Una consultazione sulla moneta unica non sarebbeammissibile per la Costituzione. E, in ogni caso, l’uscitadall’Unione economica e monetaria (Uem) dell’Italiapotrebbe portare alla disgregazione dell’Ue. È quantosostiene Maria Romana Allegri, docente di Diritto pubblicoe dell’Unione europea all’Università La Sapienza di Roma.

Negli ultimi anni si sono ripetute richieste di referendum peruscire dall’euro. La Costituzione cosa dice in proposito?Le norme relative all’Uem erano previste dal Trattato di Maastricht e oggi sono contenute nei trattati approvati a Lisbona nel 2007.Aderendovi, l’Italia ha accettato di limitare la propria sovranità in favore dell’Unione europea. L’art. 75 della Costituzione, in ognicaso, non consente di abrogare tramite referendum le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali né – così ha precisato la Corte costituzionale – l’ordine di esecuzione deglistessi. Di conseguenza, un referendum abrogativo di questo generenon sarebbe ammissibile. E neppure il ricorso a un referendumconsultivo – che non avrebbe comunque alcun valore vincolante – è previsto dalla Costituzione: servirebbe una legge costituzionale ad hoc, che dovrebbe essere approvata appositamente con

la procedura aggravata prevista dall’art. 138, come già accadde una volta nel 1989.

Quale sarebbe perciò l’iter che occorrerebbe seguire perabbandonare la moneta unica?Tecnicamente non è possibile, poiché i Trattati europei nonprevedono procedure a ciò finalizzate. Occorrerebbe quindimodificarli, o adottare un apposito protocollo per concedere a un Paese membro una deroga rispetto all’euro. Per questo peròè necessaria una decisione unanime del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo, della Commissione e della Bce. Una soluzione evidentemente non semplice.

Nell’ottica del processo di integrazione europea, l’uscita di un Paese come l’Italia dall’Uem che cosa comporterebbe?Le conseguenze sono difficilmente prevedibili. Sul piano politico,si avvierebbe verosimilmente un processo di disgregazionedell’Ue, poiché altri Stati membri seguirebbero probabilmentel’esempio italiano rispetto all’Uem o ad altre politiche europeeconsiderate sgradite. Sul piano economico, si andrebbe incontro a un indebolimento dell’euro sui mercati valutari e a un aumento dell’instabilità economica nell’Eurozona. Tutte cose che nessuno si augura.

«Uscire dall’euro?Impossibile con un referendum»

Page 24: Mensile Valori n. 110 2013

dossier | monete su misura |

La gestione della crisi da parte del-le autorità comunitarie è statasenz’altro poco efficace, ancorata

alla rigida teoria del rigore. Le scelte as-sunte a Bruxelles, infatti, sono figlie primadi tutto di una palpabile mancanza di di-battito all’interno delle istituzioni comu-nitarie: esiste un pensiero unico nell’am-bito economico che non riesce a esserescalfito neppure dagli appelli di esperti difama internazionale come Joseph Stiglitze Paul Krugman. Un monolitismo che nonrisparmia le politiche monetarie. Quellescelte cioè che, soprattutto in tempo di cri-si, possono essere determinanti.

Ciò che colpisce, non è soltanto lapervicacia dei “decisori” comunitari: èanche il loro progressivo isolamento. Levoci scettiche se non del tutto contrarieall’austerity, infatti, si stanno moltipli-cando. E cominciano a provenire ancheda pulpiti “istituzionali”. Olivier Blan-chard, capo economista del Fondo mone-tario internazionale, qualche mese fa haparlato ad esempio di «considerevole im-patto sulla crescita» dei piani di riduzio-ne dei deficit pubblici messi in opera inEuropa, ammettendo di aver «sottosti-mato gli effetti del rigore».

Fed contro il rigore eccessivoNon è un caso se altri Paesi sembranoben più “decisi” ad aiutare la crescita ri-spetto all’Ue. Di recente, la banca centra-le degli Stati Uniti ha deciso ad esempiodi mantenere invariata la sua politica disostegno eccezionale all’economia ameri-cana. Fin qui nessuna sorpresa: la sceltadella Federal Reserve era ampiamente

prevista dagli analisti (anzi, secondoquanto scritto da Krugman sul New YorkTimes, gli sforzi potrebbero essere perfi-no insufficienti: «Gli Usa sono in una“trappola monetaria”: anche le politichesuper-espansive potrebbero non basta-re»). Ciò che ha lasciato invece più stupi-ti è la decisione della Fed di puntare conchiarezza il dito contro il rigore eccessi-vo: «La politica di bilancio frena la cresci-ta economica», ha dichiarato senza mezzitermini il Comitato di politica monetaria(che in questo senso sembra abbia ascol-tato Krugman). Una presa di posizioneche, se raffrontata con la situazione incui versano i Paesi dell’Unione europea,non può che fare riflettere.

Se è vero, infatti, che all’inizio delloscorso mese di marzo sono stati applicatitagli automatici di bilancio negli Usa(manovre che, secondo le stime, potreb-bero portare a una contrazione del Pro-dotto interno lordo dello 0,5-0,6%), restail fatto che la quantità di austerity intro-dotta nella prima economia del mondonon è neppure paragonabile a quella cheè stata adottata in Europa. Un rigore“estremo” che non è stato di certo contra-stato dalla Bce: al contrario, l’Eurotower,insieme alla Commissione di Bruxelles eal Fondo monetario internazionale (com-ponendo la famosa “troika”) ha imposto lapropria scure anche di fronte ai casi so-cialmente più gravi e drammatici, a co-minciare dalla Grecia. Il taglio dei tassi diun quarto di punto deciso all’inizio di mag-gio assomiglia, in questo senso, a una goc-cia in mezzo al mare.

La Federal Reserve, invece, non si è li-mitata a riconoscere che la crescita dell’e-conomia americana è ancora contrastata,

L’interventismo della Fed e l’immobilismo della BcediAndrea Barolini

Il cieco rigore della Bce si stadimostrando non solo inefficace, ma anche dannoso. All’opposto la politica della Fed, decisa ad aiutarela crescita con una politicamonetaria molto generosa

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QUANTITATIVE EASING IN GIAPPONE

FONTE: THE NEW YORK TIMES - HTTP://KRUGMAN.BLOGS.NYTIMES.COM/2013/04/11/MONETARY-POLICY-IN-A-LIQUIDITY-TRAP

Base monetaria

Indice dei prezzi al consumodi cibo/energia

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| dossier | monete su misura |

e che la disoccupazione – nonostante i mi-glioramenti “degli ultimi mesi” – resta an-cora “elevata” (il tasso a marzo era al 7,6%):ha reiterato il proprio impegno a mante-nere i tassi nella forchetta tra lo 0 e lo0,25% (invariata dal dicembre del 2008!),dichiarando di volerlo fare per lo menofinché la quota dei senza-lavoro non scen-derà sotto al 6,5%. E finché la spinta infla-zionistica derivante dal quantitative ea-sing non porti la corsa dei prezzi sopra al2% annuo (circostanza che, tra l’altro,Krugman esclude, portando ad esempiole politiche monetarie del Giappone, chenon hanno comportato effetti concretisui prezzi al consumo, vedi ).

Ma non è tutto: la banca centrale degliUsa, proprio in ragione delle preoccupa-zioni legate ai tagli di bilancio, ha deciso diconfermare anche le ingenti iniezioni diliquidità nel circuito finanziario, che pro-seguono ormai da tempo al ritmo di 85 mi-liardi di dollari netti al mese. Ciò in parti-colare grazie all’acquisto massiccio dibuoni del Tesoro: operazioni che valgonocirca 45 miliardi di dollari ogni mese.

La Fed, inoltre, ha dichiarato di esserepronta a incrementare il piano anti-crisi,aumentando l’acquisto di titoli di Stato inragione dell’evoluzione degli indicatorimacroeconomici. «È evidente che la ban-ca centrale ha voluto mettere le cose inchiaro, affermando che non è previsto abreve termine un cambiamento nella suapolitica monetaria aggressiva», ha osser-vato all’agenzia AFP l’analista Joel Na-roff, della società di consulenza NaroffEconomics. Secondo Mei Li, esperta diFTN Financial, la dichiarazione della Fedpotrebbe preludere perfino a «un’accele-razione della sua azione». «La banca cen-trale si è detta pronta a fare di più se l’e-conomia ne avrà bisogno», ha confermatoun altro analista. E se è vero che l’econo-mia americana ha bisogno di sostegno,quella europea avrebbe bisogno di un ve-ro e proprio shock.

GRAFICO

Gli Usa sono in una trappolamonetaria: anche le politichesuperespansive della FederalReserve potrebbero nonbastare ad uscire dalla crisi

Un elemento sempre più “ingombrante” negli equilibri politico-monetariinternazionali è rappresentato dalla Cina. Da anni, infatti, il flusso di capitali esteri in ingresso nella seconda economia del mondo, generato dall’enorme mole di esportazioni, ha contribuito a far accumulare enormi quantità di denaro (ricchezzagestita, in gran parte, attraverso il fondo sovrano CIC). Di tale gigantesca liquidità,una quota per nulla indifferente è stata utilizzata per acquistare debito dei Paesiesteri. Stati Uniti in testa. Così, nel primo trimestre di quest’anno gli investitori internazionali hanno acquistatotitoli di Stato americani per tremila miliardi di dollari (il record dal 2009).Abbandonando invece euro e yen, il primo ancora in crisi, il secondo svalutato dal nuovo premier conservatore, Shinzo Abe. E secondo un’analisi pubblicata da Bloomberg all’inizio di aprile, proprio la Cina costituisce il maggior compratore(con un’accelerazione significativa proprio negli ultimi mesi). Per l’amministrazione di Obama, va detto, non si tratta di una cattiva notizia: il primoobiettivo della Casa Bianca, oggi, è di riuscire a finanziare il bilancio pubblico perevitare di dover ricorrere alla scure sociale più di quanto non sia già stato fatto in questi anni. Ed evitando gli effetti recessivi che un’ondata di rigore genererebbesull’economia reale. È evidente, però, che l’acquisto massiccio di debito Usa da partedi Pechino “costringe” Obama a un rapporto (politico, commerciale ed economico)privilegiato con la Cina. Cosa succederebbe, infatti, se il governo asiatico decidessedi smettere di acquistare titoli di Stato americani? Gli Usa probabilmentefaticherebbero a piazzare sul mercato il proprio debito, e dovrebbero alzare i rendimenti per renderlo maggiormente appetibile agli occhi degli investitori.Indebitandosi così ancor di più sul medio e lungo periodo. Considerando ciò, forse appare chiaro il motivo per cui, da qualche mese a questaparte, Washington sembra puntare il dito con meno insistenza sulla questione della “guerra monetaria”, ovvero della svalutazione artefatta dello yuan operata dallaCina per sostenere le proprie esportazioni.

LA CINA SCEGLIE IL DOLLARO (E SCARTA EURO E YEN)

La sede della Federal Reserve a Washington

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| valorifiscali |

soffre di enormi handicap: la specia-lizzazione produttiva sbilanciata neisettori a bassa innovazione, la bassaproduttività, modelli di governance an-tiquati, scarsi investimenti in capitaleumano e, last but not least, una distri-buzione del reddito sempre più spere-quata. Il fisco non può fare quasi nullaper contribuire ad affrontare la mag-gior parte di questi problemi e può dareun contributo minimo a incrementarel’efficienza e l’equità del nostro siste-ma economico. Diciamo minimo, per-ché, dato che il nostro sistema fiscale èormai maturo e ha una struttura difondo del tutto simile a quella dellamaggior parte dei sistemi fiscali, gli ac-corgimenti possibili sono solo margi-nali. Appare quindi paradossale e, ap-punto, erroneo continuare a spenderemigliaia di parole sulla riforma dell’I-mu piuttosto che su un punto in più oin meno di Iva. Ma si tratta di un “erro-re” probabilmente voluto: i temi eco-nomici di fondo e strutturali sono benpiù complessi, si prestano molto menodel fisco a facili slogan e quindi fannocalare subitamente l’audience dei pro-grammi televisivi.

Occorre, quindi, provare a ristabili-re qualche verità oggettiva. La prima èche l’odiata Imu, come più volte argo-mentato su queste pagine, non è altro

che un’indispensabile componente pa-trimoniale di un sistema fiscale equi-librato e ha solo parzialmente colma-to il gap esistente tra l’Italia e gli altriPaesi in tema di gettito dalle impostepatrimoniali. Certo, potrebbe essereattuata in modo meno iniquo, ma par-

lare di abrogazione della tassa sullaprima casa, come se si trattasse di unoscandalo, appare veramente fuori dalmondo. L’aumento dell’Iva andrebbeevitato, sia per ragioni teoriche sia sul-la base di quanto accaduto nel 2012, da-to che gli aumenti precedenti non han-no affatto portato gli effetti sperati (il gettito è aumentato meno di quan-to avrebbe dovuto, pur tenendo contodel calo dei consumi).

Ciò detto, se proprio si vuole dedica-re al fisco attenzione e, soprattutto, ri-sorse, sarebbe il caso di concentrarsisui livelli anormalmente alti di tassa-zione dei redditi da lavoro, in particola-re di quelli bassi e medio-bassi. La no-stra Irpef è un’imposta incompleta, chetassa ormai quasi esclusivamente i la-voratori dipendenti con aliquote mar-ginali molto elevate, che crescono ra-pidamente al crescere del reddito. Ciògenera livelli di prelievo alti anche perredditi contenuti, il che contribuisce adisincentivare l’occupazione, speciefemminile, e a far crescere il sommerso.Varrebbe la pena, piuttosto che lanciar-si in progetti abrogativi poco sensati epoco equi, aumentare le detrazioni dalavoro per i redditi bassi, prevedendomeccanismi come quello dell’impostanegativa, perché ne possano usufruireanche i cosiddetti incapienti.

L’agenda del governoA (s)propositodi fisco

diAlessandro Santoro

La costituzione del Governo Letta ha portato con sé un’ulteriore enfa-tizzazione delle questioni fiscali, già al centro del dibattito durante lacampagna elettorale. Non è certo una novità. Da anni, ormai, discutere

di politiche economiche sembra voler significare occuparsi quasi esclusiva-mente di fisco. Si tratta di un colossale “errore” di prospettiva. Il nostro Paese

Anche il Governo Letta si concentra su questionifiscali: dall’Imu all’Iva. Ma per i problemi strutturalidel Paese il fisco può ben poco

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finanzaetica???

Gli investimenti passano (ancora) dai paradisi fiscali > 32Giù le mani dalla nostra Banca! > 34

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| asset tossici |

Le banche cercano modi per sbarazzarsi dei titoli “spazzatura”.

Cartolarizzazione 2,il ritornoCartolarizzail ritorno

Banche,bilanci ederivati

La storia è tutta nei bilanci, o permeglio dire in ciò che non si vede.Prendete una banca con il suo

portafoglio che ancora pullula di titoliproblematici. Sono prestiti con scarse ga-ranzie, prodotti strutturati in alcuni casiparticolarmente “esotici”. Ma sono so-prattutto pezzi di carta ormai svalutati,titoli comprati a 100 che adesso però val-gono 50, 20 oppure zero. In estrema sin-tesi assets tossici. Un tempo le banche liavrebbero iscritti a bilancio al loro valorenominale, ma adesso, si sa, i regolatori so-no in pressing. Vogliono il fair value, ilprezzo di mercato, e vogliono soprattut-to i famosi “requisiti di capitale” calcolatiin base a quanta liquidità (o titoli pregia-

Assicurare i titoli problematiciattraverso l’emissione di derivati: si chiama cartolarizzazione, è la strategia che ha innescato la crisi. Il suo declino sembravainarrestabile, ma ora è tornata in auge. E i rischi non sono solo per gli speculatori

diMatteo Cavallito

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| finanzaetica |

ti facilmente liquidabili) debba esseremessa da parte dalla banca stessa per so-pravvivere in caso di crisi.

I titoli tossici potrebbero essere ven-duti, certo, ma in quel caso, ovviamente, leperdite sarebbero enormi. E allora ecco lasoluzione: siccome il mercato li ha de-prezzati e siccome i bilanci non possonoessere intaccati, i titoli non vengono névenduti né contabilizzati bensì assicuratistipulando un derivato con un garante,magari un fondo speculativo, disposto adassumersene i rischi dietro adeguato com-penso. L’assicurazione entra nel bilancio ei conti, magicamente, migliorano. Ridu-cendo l’ammontare del capitale da accan-tonare per essere in regola.

Trucchi di bilancio e fondi hedgeIl meccanismo non è nuovo e si chiamasecuritization, cartolarizzazione, la stra-tegia che in passato ha permesso allabolla immobiliare di trasformarsi in unacrisi sistemica. All’epoca le banche dove-vano gestire i mutui a rischio, i subprime,e tentavano di bilanciare le possibili per-dite “assicurando” i crediti attraverso iderivati. Ne derivarono prodotti com-plessi, spesso indecifrabili, capaci di tra-sformare un credito in una fonte istan-tanea di liquidità. Oggi il principio restaidentico, ma con la nuova esigenza di ag-giustare i bilanci. L’operazione si chiamacapital relief trade e solleva più di un

dubbio agli occhi dei regolatori interna-zionali (vedi ). Attirando, in compen-so, l’attenzione degli investitori con un’e-levata propensione per il rischio.

Nel marzo di quest’anno, ha riferito ilNew York Times, Credit Suisse ha realiz-zato un’operazione denominata “Lucer-na” stipulando una sorta di assicurazionesu un pacchetto di crediti già erogati apiccole e medie imprese elvetiche peruna copertura complessiva di 5 miliardidi franchi (4 miliardi di euro). L’istitutoha accettato di farsi carico di una piccolaparte della perdita e retribuisce al 10% unpool di investitori europei e americani di-sposti ad assicurarla sulla parte restante.In pratica il principio dei credit defaultswaps (Cds), strumenti utili, certo, ma an-

che rischiosi. Soprattutto per chi si trovacoinvolto nella catena dell’investimento.Ne sanno qualcosa gli insegnanti delNew Mexico, il cui fondo previdenziale(Nmerb) si è trovato a investire in Or-chard Global Capital Group, un hedge at-tivo nelle operazioni di cartolarizzazione.Nel dicembre del 2011 il direttore del fon-do pensione Jan Goodwin ha chiesto lu-mi sull’uso dei Cds. Allan Martin, un con-sulente esterno, ha rassicurato Goodwinevidenziando l’attenzione di Orchard perl’analisi dei rischi. Il fondo pensione, hasuccessivamente precisato a Valori ilChief Investment Officer Bob Jacksha, siè impegnato a investire fino a 200 milio-ni di dollari insieme ad Orchard, cifra dacui si attinge progressivamente (ad oggisono stati già prelevati circa 70 milioni)ogni volta che Orchard individua oppor-tunità d’investimento. Nmerb non inve-ste in altri fondi speculativi coinvolti inoperazioni di regulatory capital trade.

Quelli di Credit Suisse e Orchard nonsono certo casi isolati. Lo scorso anno, adesempio, la potentissima Citigroup, unadelle tante miracolate degli aiuti pubbli-ci Usa, ha realizzato una transazione deltutto simile a quella della collega svizze-ra per un portafoglio titoli da 1 miliardodi dollari con la Blackstone, una societàdi private equity, attraverso la costitu-zione di una società veicolo denominataCloverie e domiciliata in Irlanda. Un pa-radiso fiscale, ovviamente.

«Credo che in futuro assisteremo a unuso sempre maggiore di questo genere ditransazioni», ha spiegato al NY Times l’at-

BOX

| 30 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

All’inizio del 2011 la Federal Reserve degli Stati Uniti ha inviato una circolare allesue sedi locali invocando particolare attenzione per le operazioni di cartolarizzazionee chiedendo di valutarne la legittimità caso per caso. Il timore dei regolatori è che le operazioni possano limitarsi a costituire una mera strategia di capital reliefdistribuendo inoltre le perdite nel medio-lungo periodo invece di bilanciarleconcretamente come dovrebbero. A distanza di tempo, sostiene il New York Times, il pressing dei regolatori Usa costituirebbe un ostacolo di poco conto visto che le banche potrebbero aggirare il problema modificando la struttura dell’operazione(ad esempio prestando denaro alla loro clientela affinché quest’ultima investadirettamente in questo genere di transazioni). Il Comitato di Basilea, da parte sua,aveva espresso in passato gli stessi timori della Fed. Quest’anno, lo stesso Comitatoha quindi prodotto un documento di consultazione, External audits of banks, che potrà essere integrato dopo il 21 giugno 2013. Nel testo si chiede «particolareattenzione» per l’attività di cartolarizzazione, sottolineandone il «rischio intrinseco»oltre alla capacità di «rappresentare anche un pericolo di natura reputazionale».

DA BASILEA AGLI USA, QUALI OSTACOLI PER LA SECURITIZATION?

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880.394

409.605 415.733

511.614

VOLUME GLOBALE DELLA CARTOLARIZZAZIONE 2002-12

Volume cartolarizzazione[mln di dollari]

FONTE: ASSET-BACKEDALERT, 2013, WWW.ABALERT.COM. DATI IN DOLLARI USA

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 31 |

| finanzaetica |

tuale proprietario della società specializ-zata Spring Hill Capital Partners (nonchéex dirigente Lehman), Kevin White, e pocoimporta che le operazioni, come ha sotto-lineato ancora al quotidiano newyorcheseil docente di Stanford Anat Admati, noncontribuiscano certo a ridurre il rischio li-mitandosi, al contrario, a trasferirlo sol-tanto “in un angolo torbido del mercato”.Come se non bastasse, ha sostenuto il Fi-nancial Times, le stesse banche di grandidimensioni avrebbero iniziato a coinvol-gere un numero crescente di investitoriipotizzando di utilizzare il proprio exper-tise per aiutare gli istituti più piccoli a ri-solvere analoghi problemi di bilancio incambio di un rendimento. «Coinvolgereistituti di secondo e terzo livello intascan-do così le commissioni sulla ristruttura-zione: per alcune banche è ormai una sor-ta di Santo Graal» ha spiegato un anonimoinvestitore al quotidiano della City.

Un mercato in ripresaParlare di grande revival della cartola-rizzazione è forse prematuro. Ma l’inver-sione di tendenza è ormai evidente. Nel2006 il controvalore dei principali pro-dotti della cartolarizzazione come asset-backed securities e Cdo’s (vedi )emessi nel mondo raggiunse la cifra di

2,6 trilioni di dollari (vedi ) per poicrollare nell’arco di un paio d’anni. Nelcorso del 2012 però la ripresa è stata evi-dente e l’ammontare dei prodotti hasfondato quota mezzo trilione segnandocosì una crescita del 20% rispetto al 2011.JP Morgan, ha ricordato Bloomberg ci-tando i dati della newsletter di settoreAsset-Backed Alert, ha fatto la parte delleone gestendo cartolarizzazioni di mu-tui, debiti e prestiti spazzatura (ovveroalle imprese classificate sotto l’invest-ment grade) per 66,2 miliardi, sfiorandouna quota di mercato pari al 13% che lacolloca davanti alle rivali Barclays (9,2%)e Bank of America (8,7%). La ripresa, peraltro, sembra accompagnarsi a un rinno-

vato “clima politico”. Condizionata dallapersistente stretta del credito bancario,rilevava a febbraio il Financial Times,l’Europa sembra aver trovato una viad’uscita proprio attraverso la cartolariz-zazione se è vero che l’ammontare totaledei suoi prodotti emessi dalle impresecresce a un ritmo del 14% annuo. Impos-sibilitate a finanziarsi sul fronte banca-rio, insomma, le aziende del Vecchio Con-tinente avrebbero iniziato a cercareliquidità direttamente sul mercato co-struendo (con l’ausilio delle banche stes-se ovviamente) prodotti strutturati dapiazzare agli investitori. Un cambio dirotta obbligato, probabilmente, ma an-che decisamente rischioso.

GLOSSARIO

GRAFICO

LA CARTOLARIZZAZIONE GLOBALE NEL 2012

Prodotti derivati Emissioni2012 (mln $)

Numerodi operazioni

Quota di mercato (%)

Variazione 2011-12 (%)

Public ABS (Usa) 122.639 123 24.0 86.3

Rule-144A ABS (Usa) 96.404 227 18.8 5.6

Prime MBS and re-Remics (Usa) 13.035 56 2.5 -39.4

Commercial MBS (Usa) 102.130 173 20.0 50.0

ABS and MBS (non Usa) 116.435 153 22.8 -25.3

Commercial MBS (non Usa) 4.377 8 0.9 20.5

CDOs (mondo) 56.593 128 11.1 181.5

Totale cartolarizzazione 511.614 868 100.0 20.0FONTE: ASSET-BACKED ALERT, 2013, WWW.ABALERT.COM. ABS: ASSET-BACKED SECURITIES; MBS: MORTGAGE-BACKED SECURITIES; RE-REMICS: RE-SECURITIZEDREAL ESTATE MORTGAGE INVESTMENT CONDUITS; CDO’S: COLLATERALIZED DEBT OBLIGATIONS (VEDI )GLOSSARIO

GLOSSARIO

CARTOLARIZZAZIONEIn Inglese securitization, è il processo attraverso il quale i crediti vantati nei confronti dei debitori delle banche(tipicamente soggetti a rischio) vengono utilizzati comesottostante di un prodotto derivato di cui vanno a costituire la garanzia. I titoli derivati vengono quindiscambiati sul mercato trasformando di fatto i crediti in denaro liquido.

ASSET-BACKED SECURITIESStrumenti finanziari derivati, tecnicamente obbligazioni,creati nel processo di cartolarizzazione che utilizzanocome garanzia crediti di vario genere spesso frammentatie successivamente impacchettati in un unico prodotto. La macrocategoria comprende vari sottogeneri di strumenti,tra cui le Collateralized debt obligations (Cdo’s)ad esempio, costruiti secondo il medesimo principio. Nel mercato americano, le ABS emesse secondo le regoledella cosiddetta Norma 144A (Rule 144A) sono riservate ai cosiddetti QIBs (qualified institutional buyers), ovvero ai grandi investitori istituzionali che si distinguono dai piccoli risparmiatori, ovvero dalla clientela retail.

MORTGAGE-BACKED SECURITIESSono asset-backed securities garantite da pacchetti di mutui. I crediti vantati dalla banca nei confronti deicontraenti del mutuo vengono raggruppati in un paniereche comprende diversi mutui a rischio variabile (quelliconcessi a clienti “prime”, cioè a bassa probabilità di insolvenza, e quelli destinati ai debitori “subprime”, a maggior rischio default) per essere trasformati nellagaranzia del nuovo prodotto derivato.

SOCIETÀ VEICOLOOvvero Special Purpose Vehicle, è un’entità finanziariacreata dalla banca per costruire e vendere agli investitorii prodotti della cartolarizzazione (come ABS, CDO’s, MBS etc.). L’entità societaria è tipicamente domiciliata in un paradiso fiscale.

RE-REMICSSigla di Re-securitized real estate mortgage investmentconduits. Si tratta di cartolarizzazioni di prodotti finanziarigarantiti dai mutui che in precedenza erano già staticartolarizzati e quindi inseriti in appositi veicoli di investimento (Real estate mortgage investment conduits).

FAIR VALUEIl valore di un titolo prezzato secondo il principio del mark-to-market, ovvero in base al suo probabile valore di mercato. Un titolo finanziario comprensivo di cedole e interessi assume un valore nominale convenzionale di 100. In caso di aumento di rischio il suo prezzo di mercato può scendere ben al di sotto di questa sogliadeterminando un aumento negativo di spread tra il valorenominale e il fair value.

CDSOvvero Credit default swaps, sono i titoli derivati cheassicurano contro il rischio default del debitore. Maggioreè il rischio, maggiore è il loro valore. Un Cds sul debitoredel valore di 1.000 punti base indica che si devono pagare1.000 euro per assicurare 10.000 euro di credito vantatinei confronti del debitore.

INVESTMENT GRADEI livelli di rating più elevati che caratterizzano i titoliconsiderati più sicuri. I titoli classificati investment sonodi qualità variabile ma sono comunque accomunati da un rischio default complessivamente basso.

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La lotta contro i paradisi fiscali è incima all’agenda delle grandi eco-nomie mondiali da molto tempo.

A partire almeno dalla riunione del G20nel 2009 a Londra: in piena crisi, i gover-ni di tutto il mondo si dichiararono riso-luti a recuperare i capitali in fuga versogiurisdizioni fiscalmente vantaggiose. Aoltre quattro anni di distanza, però, i ri-sultati sono oggettivamente scarsi: qual-che accordo bilaterale è stato siglato (adesempio tra Germania e Svizzera), ma ilproblema è ben lontano dall’essere risol-to. Sebbene recuperare tali capitali co-stituirebbe un aiuto determinante persuperare la crisi, i paradisi fiscali conti-nuano ad attrarre business da tutto ilmondo. Un’analisi del mensile franceseAlternatives Economiques sottolinea co-

me, nonostante la flessione degli ultimianni, il quantitativo di prestiti bancariinternazionali destinati a paradisi fisca-

li e quello di depositi provenienti da taligiurisdizioni siano rimasti nel 2012 a li-velli incredibili: rispettivamente, il 43% eil 46,6% del totale (vedi ).

Chi investe all’estero?Ma i dati più allarmanti li ha pubblicati afebbraio scorso l’Ocse. In uno studio in-titolato Lutter contre l’érosion de la base

GRAFICO

| finanzaetica | capitali all’estero |

Dalla Russia alla CinaGli investimenti passano(ancora) dai paradisi fiscalidiAndrea Barolini

Un’analisi dell’Ocse basata sugli investimenti diretti all’estero dimostra come giurisdizioni come Barbados, British Virgin Islands e Bermudaabbiano ricevuto più capitali di Paesi come Germania e Giappone. Mentrele Isole Mauritius rappresentano il principale investitore al mondo in India

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51,4

46

41,2

46,6

43

47,9

Depositi

Prestiti

FONTE: ALTERNATIVES ECONOMIQUES SU DATI BRI, GENNAIO 2013

I PRESTITI BANCARI INTERNAZIONALI DESTINATI AI PARADISI FISCALIE I DEPOSITI BANCARI INTERNAZIONALI PROVENIENTI DAI PARADISI FISCALI [in % sul totale]

di Matteo Cavallito

Le corporation Usa hanno un tesoro all’estero, al sicurodalle richieste dell’Agenzia delle Entrate

Oltre 1.900 miliardi di dollari, più di 1,9 trilioni di biglietti verdi.Praticamente il Pil dell’Italia. Sono le riserve off shore dellecorporation statunitensi, stimate nei mesi scorsi dal Wall Street

Journal sui dati resi noti dagli analisti di Bloomberg. Liquiditàfiglia di profitti generati all’estero e lì mantenuti in ossequio alle strategie di ottimizzazione, ovvero elusione, fiscale. Profittienormi al riparo dalle richieste dell’IRS (Internal RevenuesService), l’Agenzia delle Entrate Usa, e, di conseguenza, dal finanziamento delle casse pubbliche statunitensi. Il tutto,s’intende, nel pieno rispetto della legge, visto che le norme, o per meglio dire le loro carenze, lo consentono.

Liquidità off shore, un affare da (quasi) 2 trilioni di dollari

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 33 |

| finanzaetica |

d’imposition et le transfert de bénéfices,l’organizzazione concentra la propria at-tenzione sugli investimenti diretti all’e-stero (Ide): sono effettuati da qualcunoche risiede in un’economia (“investitorediretto”) per generare un interesse dura-turo in una società (“impresa di investi-mento diretto”) che a sua volta ha sede inun’altra economia. Operazioni corposedal punto di vista dei capitali impiegati.Che, spesso, puntano non solo al profit-to, ma anche a garantire all’investitore ilpotere di influenzare scelte aziendali,“penetrando” nel sistema economico.

Basandosi su dati dell’Fmi, l’Ocse hanotato che di questa mole di denaro, nel2010 tre paradisi fiscali, Barbados, BritishVirgin Islands e Bermuda, hanno ricevu-to da soli il 5,11% di tutti gli Ide. Più dellaGermania (4,77%) e del Giappone (3,76%)!Nello stesso anno i tre Paesi hanno effet-tuato ben il 4,54% degli investimenti di-retti all’estero operati in tutto il mondo(battendo la prima economia europea, laGermania, ferma al 4,28%).

Ancor più interessante è scoprire chele British Virgin Islands nel 2010 sono sta-te il secondo principale investitore in Ci-na (14% del totale dei flussi di capitale), se-conde solo a Hong Kong (arrivata al 45%)e superando la prima economia del mon-do, gli Stati Uniti (fermi al 4%). Le Bermu-da sono risultate il terzo investitore in as-soluto in Cile, mentre le Isole Mauritius(altro tax haven conclamato) sono state ilprimo investitore in un’economia impor-tante e in grande ascesa come l’India (conil 24% del totale). Cipro, British Virgin

Islands, Bermuda e Barbados, poi, rappre-sentano insieme il primo investitore inRussia (con l’isola europea che spicca conben il 28% degli Ide).

Pochi occupati e poche tasseMa non è tutto. Qualcuno potrebbe ec-cepire che questa movimentazione di ca-pitali genera comunque dei benefici (intermini ad esempio di ricadute occupa-zionali). Ebbene, l’Ocse sottolinea comela grandissima maggioranza degli Idevenga effettuata tramite Special purpo-se vehicles (Spv): società create ad hocper trasferire il denaro, con personaleestremamente limitato (se non inesi-stente). Nei Paesi Bassi, ad esempio, nel2011 gli Ide entranti sono stati 3.207 mi-liardi di dollari: di questa quota 2.625 mi-liardi sono passati attraverso le Spv. Per

quanto riguarda quelli in uscita, poi, pertali società sono transitati 3.023 miliardisui 4.002 totali. Mentre a Lussemburgo,si è arrivati (sempre per gli Ide uscenti) a1.945 miliardi su 2.140.

A tutto ciò va aggiunto un altro ele-mento: i principali “utilizzatori” dei para-disi fiscali sono le grandi aziende, le mul-tinazionali, le banche e, in generale, lerealtà che “muovono” grandi capitali. Sesi tiene presente ciò, si comprende benequanto sia grande la fetta di introiti fi-scali “rubata” dai tax havens. L’Ocse ri-corda, a questo proposito, come le impo-ste sui profitti aziendali valgano il 10%del totale dei capitali raccolti grazie alletasse dai governi dei Paesi dell’area-Ocse.Ovvero, per rendere ancor più compren-sibile la mole dei capitali in ballo, qualco-sa come circa il 3% del loro Pil.

Dal momento che la caratteristica principale dei paradisifiscali è di offrire segretezza e opacità sulle operazionifinanziarie, è ovvio che risulta molto difficile stimare il girod’affari che essi nascondono. James S. Henry – ex capoeconomista della società di consulenza McKinsey e autore del libro The Blood Bankers – ha pubblicato una stima, secondola quale il totale degli asset nascosti attraverso i tax havensraggiungerebbe un valore di 26 mila miliardi di dollari. Un gigantesco tesoro nelle mani di sole 91 mila persone. Lo 0,001% della popolazione mondiale. Basandosi su un metodo diverso, l’economista Gabriel Zucmanritiene che l’8% della ricchezza finanziaria mondiale sia nascosta nei paradisi fiscali. In ogni caso, si tratta di cifre che basterebbero per risolvere buona parte dei problemi del Pianeta. A.B.

IL TESORO DI 91 MILA PERSONE NASCOSTO NEI TAX HAVENS

James S. HenryThe Blood Bankers

Basic Books, 2005

La cifra definitiva, sottolinea il Wall Street Journal, è prestocalcolata. L’indagine si è concentrata su 83 compagnie i cui profitti offshore raggiungono in totale gli 1,46 trilioni di dollariequivalenti, segnala Bloomberg, al 75% del totale raggiunto lo scorso anno da tutte le imprese statunitensi attive all’estero,una cifra quest’ultima, che gli analisti di JP Morgan valutarono a suo tempo in 1.700 miliardi. Il che, evidenzia il quotidianofinanziario Usa, suggerirebbe oggi un ammontare complessivosuperiore agli 1,9 trilioni di dollari. Per le 83 imprese studiatel’aumento dei profitti offshore su base annuale è stato pari al 14,4% contro il 34% registrato nello stesso periodo da Microsoft, Apple e Google. I tre colossi del Nasdaq, in particolare, prevedono secondo il WSJ di tenere al riparo delle

tasse statunitensi qualcosa come 134,5 miliardi di dollari, più del doppio della cifra rilevata due anni fa (60 miliardi circa). L’ammontare dei dollari investiti permanentemente all’esterorappresenta una quota decisamente maggioritaria della liquiditàtotale delle compagnie (il 68% per la Apple, ad esempio, e addirittura l’87% per la rivale Microsoft). Ma l’aspetto piùincredibile è che questa stessa liquidità, detenuta formalmenteall’estero, è in realtà materialmente parcheggiata negli Stati Uniti.Come a dire che il cash di cui sono titolari le filiali estere vienedepositato nelle banche americane per essere magari investito in asset facilmente liquidabili. A gennaio, il 93% dei 58 miliardi di dollari cash delle sussidiarie off shore di Microsoft era investitoin titoli del Tesoro statunitense.

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| finanzaetica | rinnovo cda |

Altro che quote rosa! Avremmo po-tuto intitolare così questo artico-lo, dedicato al rinnovo del Consi-

glio di amministrazione di Banca Etica. Loscorso 18 maggio si è tenuta l’assembleadei soci dell’istituto di credito, a Firenze,all’interno della Fortezza da Basso, in oc-casione di Terra Futura. A partire da que-st’anno il Cda avrebbe dovuto esserecomposto almeno dal 33% di donne. Ma le,spesso criticate, “quote rosa” non sonostate necessarie. Dei 12 consiglieri eletti,ben 7 sono donne, più di metà del Cda. Sipuò dire che oggi Banca Etica sia l’istitutodi credito con la maggiore percentuale diconsiglieri di amministrazione donne (il58,3%). Sono (in ordine alfabetico): Rita DePadova (già consigliere), 58 anni, inse-gnante, impegnata nell’associazionismosociale nel Mezzogiorno; Nicoletta Denti-co, 51 anni, giornalista, impegnata da anninella cooperazione internazionale; AnnaFasano (già consigliere), 38 anni, impegna-ta nel mondo non profit e nell’housing so-ciale; Cristina Pulvirenti, 47 anni, econo-

mista esperta di finanza (lavorava agliaudit della Banca d’Italia); Francesca Ri-spoli, 33 anni, direttrice nazionale di Li-bera; Mariateresa Ruggiero, 45 anni, im-pegnata in Banca Etica fin dalle sueorigini, direttrice della Fondazione Cul-turale Responsabilità Etica; Sabina Sini-scalchi (confermata consigliere), 60 anni,con una lunga esperienza nella finanzaetica e nella cooperazione internaziona-le (non ce ne vogliano i soci uomini se inqueste pagine abbiamo pubblicato solole foto delle donne).

Come presidente della banca è statoconfermato Ugo Biggeri, 47 anni, ex presi-dente della Fondazione Culturale Re-sponsabilità Etica e di Mani Tese. Gli altriuomini del Cda sono: Marco Carlizzi, 43anni, avvocato, impegnato nella coopera-zione sociale; Pino Di Francesco, 54 anni,dell’Arci; Giacinto Palladino, 49 anni, delsindacato bancario Fiba-Cisl; Pedro Ma-nuel Sasia Santos, 51 anni, candidato del-l’area Spagna e Giulio Tagliavini (giàconsigliere), 53 anni, professore ordina-

rio di Economia degli intermediari finan-ziari all’Università di Parma.

L’assemblea ha approvato il bilancio2012, dai risultati che, se paragonati alresto del mondo bancario, appaiono ot-timi: 1 milione e 600 mila euro di utile;777,2 milioni di euro di raccolta di ri-sparmio (+8,3% sul 2011 contro una me-dia di sistema del +3,4%); 42,8 milioni dieuro di capitale sociale (il 21,9% in piùdel 2011, mentre in media il sistema havisto un calo dell’1,9%); 620,1 milioni dieuro di impieghi (+13,6% sul 2011 controuna media di sistema di +1,1%). Le soffe-renze lorde, seppure in crescita, si man-tengono ampiamente al di sotto dellamedia di sistema: 1,4% in Banca Eticacontro il 7,20%.

Un’assemblea animataÈ stata un’assemblea molto partecipata,con 924 soci presenti e 2.921 per delega,per un totale di 3.845 voti. Un’assembleache poteva essere “riscaldata” da venti diprotesta. E invece non è stato così. Negli

Giù le manidalla nostra banca!diElisabetta Tramonto

Nel nuovo Cda di Banca Etica oltre la metà dei membri sono donne: 7 su 12. Elette in un’assemblea degli azionisti moltopartecipata (oltre 900 i presenti), con una netta difesa dell’istituto da parte dei soci dopo gli attacchi anonimi subiti

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Nicoletta Dentico Rita De Padova Anna Fasano Cristina Pulvirenti Francesca Rispoli Mariateresa Ruggiero Sabina Siniscalchi

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 35 |

| finanzaetica |

ultimi mesi la banca è stata “attaccata”da una serie di mail anonime indirizzateal Cda, ai dipendenti e ad alcuni soci. Let-tere che criticavano il presidente (con to-ni a dir poco aggressivi), la gestione dellabanca, i risultati ottenuti. Un comporta-mento per nulla in linea con i metodi e ivalori della banca, dove di solito le criti-che sono ben accette e durante le assem-blee (e non solo) è normale che alcuni so-ci avanzino delle richieste e rimostranze,anche con toni accesi. Ma “mettendoci lafaccia”. L’uso dell’anonimato (oltre ai to-ni aggressivi) è apparso fuori contesto (ele accuse lesive per l’immagine di BancaEtica). Tanto che l’istituto ha denunciatol’accaduto alle autorità.

Durante l’assemblea sono arrivate al-cune richieste da parte dei soci di chiari-menti riguardo le lettere anonime, manessuna vera critica. I membri del Comi-tato Etico hanno tranquillizzato riguar-do la falsità delle accuse e il presidente,Ugo Biggeri, ha affermato che, come ul-teriore garanzia per i soci, autorità terze

daranno il loro giudizio sull’operato del-la banca (sottoposta di recente a un’ispe-zione della Banca d’Italia e della Consob).

Durante l’assemblea un socio ha let-to in pubblico una lettera a nome di ungruppo di partecipanti, che esordiva co-sì: «Banca Etica sta vivendo un momen-to di particolare visibilità: siamo cresciu-ti, siamo incisivi, forse iniziamo a darefastidio». Si riferiva alle mail anonime,ma anche a due articoli pubblicati da IlSole 24 Ore, il giorno dell’assemblea e ilprecedente, che riportavano il contenu-to delle lettere, senza però aver interpel-lato la banca, dandole la possibilità di di-re la propria (grave pecca giornalistica).«Noi da qui diciamo forte – concludeva lalettura del socio – che le nostre porte so-no aperte per chi voglia conoscere da vi-cino il lavoro di Banca Etica; le critichesono bene accette purché costruttive. Achi vuole attaccarci invece diciamo: “giùle mani da Banca Etica”! Noi continuere-mo a lavorare per costruire una finanzadiversa».

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Anche quest’anno 8 giorni di scuola estiva sullagreen economy con Andrea Di Stefano, direttoredel mensile Valori (www.valori.it) e giornalistaesperto di economia e finanza. 8 giorni sotto la Grigna, lungo il sentiero delViandante, in una corte ristrutturata nel centromedioevale di Maggiana (Lc).

DAL 3 ALL’11AGOSTO 2013

8 MATTINATE di formazione divulgativa e al contempo scientificamente rigorosaper analizzare la green economy nei suoi meccanismi essenziali e nelle sue prospettive reali, offrendo un quadro di riferimento perchi, tecnico, cittadino, politico, abbia bisogno di strumenti di comprensione della realtà politico-economica locale e globale.

INFORMAZIONI SUL SITO [email protected] /www.corsivalori.it

La scuola estiva di Valorisulla green economyFormazione e turismo per la sostenibilità

a scuola con

8 POMERIGGI di turismo sostenibile a limitato impatto ambientale con giriguidati o liberi nelle Baite alpine, lungo il lago di Lecco, nelle cascate e nei sentieri montani della zona, nei piccoli gioielliarchitettonici del territorio.

8 GIORNATE di ospitalità presso il Bed and breakfast La Torre del Barbarossae presso la comunicante osteria Sali e Tabacchi, con cucinaattenta ai prodotti tipici locali e alla filiera corta.

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 37 |

| socialinnovation |

negozi, studi medici e i più importanticentri diurni. La linea 812 non è sem-plicemente un’ancora di salvezza per isuoi utenti: è diventata un caso di mi-glioramento del servizio pubblico at-traverso l’impatto sociale. HackneyCommunity Transport (HCT) è la piùimportante impresa sociale britannicanell’ambito del trasporti e gestisce iclassici double decker rossi di Londra.

È nata sui bisogni del suo quartie-re, sviluppando il trasporto di alunni,anziani e disabili. HCT ha inserito nelcontratto di servizio pubblico stipula-to con il colosso Transport for Londonil concetto di outcome (risultato) su-perando quello di output (prodotto):la capacità, cioè, di generare nuovi ser-vizi di impatto sociale partendo daglistessi input (risorse) previsti dall’ap-palto.

Il significato è chiaro: se attraver-so l’esercizio del trasporto urbano èpossibile dimostrare di aver ottenutoun miglioramento sociale ed econo-mico della spesa pubblica in un setto-re sociale, questo outcome è un pro-fitto sociale. Come tale può esserecontrattualizzato, misurato e in se-guito distribuito tra il contractor chel’ha generato e l’ente pubblico che neha beneficiato, alla stregua di un pro-fitto economico.

È inoltre possibile ottimizzare gliinput dell’appalto, gli autobus, gli auti-sti, per produrre nuovi servizi nel mer-cato privato: questi ricavi extra an-dranno ad abbassare la spesa pubblicalegata all’appalto stesso.

La Gran Bretagna ha introdotto nelproprio ordinamento il Social ValueAct, entrato in vigore alla fine di gen-naio 2013, con cui il governo richiede atutti gli enti pubblici di includere, al-

l’interno dei contratti di servizio pub-blico, il benessere economico, sociale eambientale di una comunità locale.

Come è avvenuto per l’Italia conl’avvio della cooperazione sociale, an-che in Uk uno dei campi di applicazionepiù diffuso sarà quello dell’inserimentolavorativo di soggetti svantaggiati efragili (persone con disabilità, con pro-blemi mentali, con precedenti penali).Riqualificare la spesa pubblica in modopiù saggio, includendo il concetto di“profitto sociale” nell’erogazione di ser-vizi pubblici, è quanto mai opportunoin questo periodo di budget ridotti.

Con il Social Value Act gli enti loca-li mantengono la libertà di cercare for-nitori di servizi, con l’aggiunta, però, didover distribuire valore a una comu-nità locale, caratteristica, questa, fon-dativa del terzo settore europeo chepuò diventare, così, competitivo anchenel Regno Unito.

Questa norma mette le imprese pri-vate tradizionali sotto pressione perfornire un valore sociale, oltre al pro-fitto economico: sarà forse possibileassistere a un vero e proprio cambia-mento nel modo in cui le aziende forni-ranno i servizi pubblici.

Approfondisci il tema sul blog So-cial Innovation di Valori.it

diAndrea Vecci

In passato raggiungere il supermercato Sainsbury’s nel quartiere londinesedi Islington senza un’auto privata non era semplice. Oggi è invece possibileper tutti: è, infatti, raggiunto dalla linea 812, un community bus il cui percor-

so è stato disegnato dagli utilizzatori. Concepito in base alle esigenze di anzianie disabili, ma a disposizione di tutti, il percorso 812 collega ai principali servizi:

Dal prodotto al risultato:ecco come è cambiata nel Regno Unito la disciplinasugli appalti pubblici grazie al Social Value Act

Spesa pubblicaLa scelta inglese: innovareper il benessere sociale

Page 38: Mensile Valori n. 110 2013

Se l’economia non funziona bastacreare una nuova moneta, chenon sostituisca quella ufficiale,

ma sia accettata, per acquistare beni eservizi, in un’area circoscritta (geografica,di solito, o un gruppo di imprese correlatetra loro) e, circolando il più possibile, per-metta di riattivare l’economia (locale). Èquanto affermano i sostenitori delle mo-nete complementari. Ne esistono oltre2.500 nel mondo (una stima precisa è im-possibile), la maggior parte create in pe-riodi di crisi (quella del ’29, quella argenti-na del 2001 o quella attuale). Talvoltaprevedono l’emissione di banconote (ri-svolto che può creare problemi con le au-torità monetarie, che in alcuni Paesi chiu-dono un occhio, anche per la dimensioneridotta del fenomeno, altrove invece nonlo consentono), ma spesso sono elettroni-che, virtuali. Il rischio: se non “costruite”bene possono provocare inflazione.

Monete parallele

diElisabetta Tramonto

| numeridellaterra |

| 38 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

EL SALVADOR

Red de trueque solidariahttp://blog.truekenet.com

CANADA

Corporate Trade Network • CorporateTradeNetwork.comBarter21 • goodtradeexchange.comBarterWorks • www.barterworks.orgCalgary Dollars • www.calgarydollars.caNDG Barter Network • www.reseaudechangendg.orgPowell River Dollar • http:/powellrivermoney.caSalt Spring Dollars • www.saltspringdollars.comVictoria Local Exchange Trading System • www.lets.victoria.bc.caWaterloo Region Time Exchange • www.wrte.timebanks.org

STATI UNITI

Ann Arbor Small Business & Community Exchange www.a2sbx.comBay Bucks • www.baybucks.orgBerkShares, Inc. • www.berkshares.orgBitcoin • www.bitcoin.orgBridgetown Bucks • www.pdxcurrency.netCommunity Dollar Network • www.communitydollar.netDane County TimeBank • http://danecountytimebank.orgFourth Corner Exchange • www.fourthcornerexchange.com

Hour Exchange Portland • www.hourexchangeportland.orgMadison Hours • www.madisonhours.orgPLENTY • www.ncplenty.orgPremier Barter • www.equitradephoenix.comSt. Louis Community Exchange http://stlcommunityexchange.appspot.com/Thankyous at Friendly Favors • www.favors.org/FFThe Baltimore BNote • http://baltimoregreencurrency.orgTime Banks USA • www.timebanks.org

HONDURAS

Red Comal • www.redcomal.org.hn

MESSICO

ACV/Compartienda • www.aahora.org/compartienTianguis Tlaloc

VENEZUELA

Interser

BRASILE

Brasile (Cearà) > Palmaswww.bancopalmas.org.brBrasile (Amapà) > CentelhaBrasile (Cearà) > CaribelosBrasile (Acre) > Arco-IrisBrasile (Amazonas) > LibertadeBrasile (Amazonas) > TucumãBrasile (Amazonas) > PuxirunsBrasile (Bahia) > TinharéBrasile (Bahia) > SamperBrasile (Bahia) > TrilhaBrasile (Bahia) > ConchaBrasile (Cearà) > Vale

Brasile (Cearà) > TimaùbaBrasile (Cearà) > AbBrasile (Cearà) > CaribelosBrasile (Cearà) > BentosBrasile (Cearà) > PotiguaraBrasile (Cearà) > SabiàBrasile (Cearà) > CastanhaBrasile (Cearà) > PirambùBrasile (Cearà) > RiosBrasile (Cearà) > São CristovãoBrasile (Cearà) > DendeBrasile (Cearà) > Ponto deFinanças Solidárias

BELGIO

BruSEL • www.brusel.beClés de SEL • www.clesdesel.beEPI • www.enepisdubonsens.euLETS Antwerpen Stad • http://groepen.letsvlaanderen.be/antwerpen-stadLETS Mol • www.letsmol.beLETS Vlaanderen • www.letsvlaanderen.beMacasel • www.macasel.bemonsSEL • http://monssel.beRES - Hét andere Geld! • www.res.beSEL de Somme • seldesomme.beSEL’Bonheur Beauvechain • selbonheur.genial.beSELeri • www.seleri.beSELEsneux • www.selesneux.beUnis-Vers-Sel • www.unis-vers-sel.net

FRANCIA

JEU • jeu.vingrau.free.frLa Route des SEL • www.route-des-sel.orgle CIGALONDE • www.acal-lalondelesmaures.fr/frMesure • http://monnaie-locale-romans.org/SEL de MARS • www.seldemars.orgSelidaire • www.selidaire.orgSOL • www.sol-reseau.org

GRAN BRETAGNA

Barter Angels • www.barterangels.comBath LETS • www.bathlets.org/homeBrixton Pound • brixtonpound.orgFalmouth LETS • www.falmouthlets.org.ukLetsbuzz • www.letsbuzz.org.ukThe CollaborActions Networkhttp://thebusinessbarternetwork.comTotnes Pound • www.totnespound.org

ECUADOR

ToctiucoRumihuaico

ARGENTINA

Red global del truequewww.trueque.org.ar

URUGUAY

Circuito de credito comercial Uruguaywww.c3uruguay.com.uy

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| strumenti anticrisi |

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AUSTRALIA

Bega Valley LETS • http://thebegavalley.org.au/bvlets.htmlBrislets • http://brislets.comByron Shire Community Exchange • www.bsce.com.auCentral Coast LETS • www.centralcoastlets.orgMaleny LETS • www.communityexchange.net.auMoreland LETSShoalhaven Community Exchange • www.shoalhavenexchange.netSouth Burnett LETS & Gympie LETS ExchangeSwan Hills LETS • swanhillslets.orgSydney and Illawarra LETS • www.auslets.org/sydney

NUOVA ZELANDA

Bay Of Islands Community Exchange • www.boice.co.nzInvercargill Barter & Exchange Systems • ibes.orcon.net.nzOzone Barter • www.ozonebarter.comWairarapa Green Dollar Exchange • www.wais.org.nz

HONG KONG

Community Oriented Mutual Economy • http://come.sjs.org.hkVen • www.venmoney.net

COREA DEL SUD

Hanbat LETS • www.tjlets.or.kr

GIAPPONE

Slow Japan • www.sloth.gr.jpEarth Day Money • www.earthdaymoney.orgWAT • www.watsystems.netFureai Kippu

AUSTRIA

LA21-Jugendprojekt I-MOTION • www.i-motion-woergl.atTalente Tauschkreis Vorarlberg TTKV • www.talente.ccTiroler Stunde

ITALIA

Bendiu • www.bendiu.comCamuno • www.camuno.netOrmita • www.ormita.comSardex• www.sardex.netSCEC• www.progettoscec.com

PORTOGALLO

RedeBarter • www.redebarter.com

SPAGNA

ECO Alt Congost • www.ecoaltcongost.orgFreicoin • www.freicoin.orgMálaga Común • www.malagacomun.orgTikiwiki + CC Mod • intercanvis.net

CROAZIA

Crom Alternative Exchange http://cromalternativemoney.org

DANIMARCA

absi • www.absi.dk

UNGHERIA

Kékfrank • www.kekfrank.hu

POLONIA

Barter System Poland• www.bartersystem.pl

SLOVACCHIA

LETS Studnicka • www.studnicka.sk

UCRAINA

Time Bank Dobrobank • dobrobank.com

PAESI BASSI

LETS den Haag • www.letsdenhaag.nlLokale Ruilkring • www.niksvoorniks.nlNOPPES • www.noppes.nlQoin • www.qoin.comStichting LETS Tiel • www.letstiel.nlstichting LETS Utrechthttps://sites.google.com/site/letsutrecht/Wageningen-LETS • www.lets-wageningen.nl

GERMANIA

Chiemgauer • www.chiemgauer.infoCoinsystem • www.coinstatt.orgDKG - Deutsche Kompensationsgesellschaft mbHhttp://www.deutsche-kompensation.de/exchange*me • www.exchange-me.deGibundNimm-Forum • www.heidemarieschwermer.comHALLERTAUER • www.hallertauer-regional.deLausitzer • www.lausitzer.netMinuto-ZeitGutscheine • http://minutocash.orgMittelFranken • regiogeld.deRheingold • www.rheingoldregio.deTalente Tauschring Hannover • www.tauschring-hannover.deTAUBER-FRANKEN e.V. • www.tauber-franken-regiogeld.de

SITI INTERNET• complementarycurrency.org/ccDatabase, uno deidatabase on line più completi e aggiornati sullemonete complementari nel mondo

• olccjp.net, laboratorio giapponese sulle monetecomplementari

• inovacaoparainclusao.com/rede-brasileira-de-bancos-comunitaacuterios.html, per le monetebrasiliane

• monetacomplementare.it

• valueforpeople.co.uk

• community-exchange.org

Per realizzare questa mappa abbiamo usato uno dei siti piùaggiornati (complementarycurrency.org/ccDatabase), ma ne avremo certamente tralasciata qualcuna. Se ne conoscetealtre segnalatecele, aggiorneremo il nostro archivio e disegneremouna mappa più esaustiva. Scrivete a [email protected]

Page 40: Mensile Valori n. 110 2013

| 40 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

Energia idrovora > 47Ceramica italiana, la salvezza viene dall’estero > 49Cessione di sovranità e globalizzazione > 53

economiasolidaleREUTERS / PAUL DARROW

Le

Page 41: Mensile Valori n. 110 2013

In cima a una pala eolica. Un operaio al lavoro per gli ultimi aggiustamenti di una delle 15 turbine di un parco inaugurato l’anno scorso ad Amherst, in Nuova Scozia.

| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 41 |

| energia pulita |

Rispetto agli obiettivi sullo svilup-po delle fonti d’energia rinnova-bili siamo sulla strada giusta.

Nonostante tutto. Mamentre l’Italia staraggiungendo con anticipo i parametrifissati dall’Europa con il Piano 20-20-20(ridurre del 20% le emissioni di gas serra,portare al 20% il risparmio energetico e al20% il consumo di energia da fonti rinno-vabili entro il 2020), infuria la polemica amezzo stampa tra “fossilisti”, occulti o di-chiarati, e ambientalisti. E, contempora-neamente, sui nostri comparti energeticipiù green pesano decisioni politiche con-troverse (vedi “Energia negativa”).Poteri e interessi contrapposti che si af-frontano in uno scacchiere ben delineatoda Alessandro Marangoni, CEO di Althe-sys, società indipendente di consulen-za strategica che ha appena pubblicato l’IREX Annual Report 2013. «Il settore del-le rinnovabili – spiega – dopo due anni diboom si sta ridimensionando. Vuoi per-ché gli incentivi sono stati via via ridotti,vuoi perché il mercato in Italia, e più ingenerale in Europa, si sta saturando. Lacrescita delle rinnovabili abbinata al ral-lentamento economico ha fatto sì che og-gi si stia in una situazione di sovraccapa-

BOX

Nel bel mezzo della polemica, tuttaitaliana, sui costi delle rinnovabiliirrompono le cifre dei loro benefici,non solo economici, attraverso il rapporto IREX 2013. Mentre i 100GW di fotovoltaico nel mondo sono a meno di un passo, lo dice la IEA

fanno 49 (miliardi) rinnovabili

di Corrado Fontana

Page 42: Mensile Valori n. 110 2013

| economiasolidale |

cità produttiva del comparto elettrico e,quindi, ci sia una battaglia accesa per unospazio di mercato sempre più stretto».

Tanti, benedetti, da qui al 2030È in questo teatro che irrompe però il bi-lancio costi-benefici di IREX 2013 (vedi

a pag. 44). Il quale, nell’analisi del-l’evoluzione delle rinnovabili di casa no-stra, considera due percorsi possibili: ilprimo definito business as usual, cioè se-condo l’andamento attuale, che ipotizzasi raggiunga al 2020 una copertura del35% dei consumi elettrici tramite rinno-vabili e un 42% nel 2030; il secondo, defi-nito accelerated deployment policy, piùimpetuoso, che stima un 38% di energiarinnovabile nel 2020 e un 45% nel 2030.

Altro che 20 20 20! E con vantaggi eco-nomici, al netto di incentivi e costi, chevanno da un guadagno per l’Italia di 18,7miliardi di euro al ben più significativodato di 49 miliardi di euro, ottenuti attra-verso voci differenti: ricadute occupazio-nali positive (fino a 60 mila posti di lavo-ro nuovi nel 2030) e mancate emissioni(nel 2030 tra i 68 e gli 83 milioni di tonnel-late di CO2, evitate, a cui si aggiungeran-no mancate emissioni di ossidi di azoto, eanidride solforosa, per un beneficio so-ciosanitario, oltre che ambientale); e poirisparmi sulle importazioni di combusti-bili fossili (8-10 miliardi di euro) e per l’ab-bassamento dei prezzi dell’elettricità nel-le fasce orarie di maggior produzione da

TABELLA

| 42 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

di Corrado Fontana

Il responsabile dell’Ufficio Energia di Legambiente punta il dito sui nemici dell’innovazione e analizza alcune vie di sviluppo delle rinnovabili: stoccaggio dell’energia,dimensione locale e scambi con la rete nazionale

«Oggi l’Italia ha un parco fotovoltaico installato secondo, in Europa, solo a quello della Germania. E ha avuto unaproduzione di energia rinnovabile nel 2012 superiore al 28% deltotale dei consumi elettrici». Fotografa così la situazione nel nostro Paese Edoardo Zanchini, responsabile dell’UfficioEnergia di Legambiente. E continua: «I nemici di questa

innovazione sono però i grandi gruppi energetici, che stannosoffrendo un crollo della domanda di energia da centralitermoelettriche e l’aumento della quota di mercato occupatadalle rinnovabili. Ciò è vero al punto da costringere lo spegnimento di centrali termoelettriche a gas, mentre quelle a carbone continuano a produrre, non essendoci in Italia unatassazione che penalizza l’inquinamento e avendo costi più bassi».

Che cosa pensa della polemica sui costi delle rinnovabili in bolletta? Negli ultimi dieci anni il rincaro delle bollette per i cittadini è derivato dall’andamento del prezzo del petrolio. Ma l’autoritàper l’energia difende il sistema com’è, senza ricordare quali siano

Zanchini: «Chi ha paura dell’innovazione?»

A testimoniare un clima nient’affatto pacifico che aleggia sulle rinnovabili italianebasterebbero i recenti interventi del presidente di Assoelettrica (Associazionenazionale delle imprese elettriche), Chicco Testa, che si è scagliato contro i costi in bolletta degli incentivi alle rinnovabili che ricadrebbero sulle imprese. Una posizionepoco green eppure comprensibile, quella dei colossi dell’energia tradizionale, ma che pare corroborata anche da certi appoggi istituzionali a latere. A maggio si sono registrate, da un lato, la richiesta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas a Parlamento e Governo perché valutino l’imposizione di nuovi oneri a tutti gli impianti destinati all’autoconsumo, come ad esempio i piccoli fotovoltaiciresidenziali e, dall’altro, l’apertura dell’appena insediato ministro dello Sviluppoeconomico, Flavio Zanonato, a trovare i miliardi di euro necessari per convertire la centrale termoelettrica di Porto Tolle (Ro) da olio combustibile a carbone. Ciò dopo le passate strizzatine d’occhio al nucleare dell’ex ministro Corrado Clini, le note attenzioni dell’ex ministro Corrado Passera per la prosperità delle fonti fossilie più di qualche inciampo messo dal precedente governo alla corsa delle rinnovabiliitaliane: i ridotti incentivi del quinto Conto Energia a sostegno del fotovoltaico, il cui tetto fissato a 6,7 miliardi di euro viene raggiunto in queste settimane, o il sistema di aste e registri che regola il settore eolico appesantendolo di burocrazia.

ENERGIA NEGATIVA

0

20

40

60

80

100

120

201220112010200920082007200620052004200320022001200019991998199719961995199419931992

EVOLUZIONE DELLA CAPACITÀ FOTOVOLTAICA TOTALE INSTALLATA TRA IL 1992 E IL 2012

FONTE: IEA (INTERNATIONAL ENERGY AGENCY) 2013 / PVPS REPORT

- A SNAPSHOT OF GLOBAL PV 1992/2012 - PRELIMINARY INFORMATION

FROM THE IEA PHOTOVOLTAIC POWER SYSTEMS PROGRAMME

Altri Paesi principali Paesi monitorati dallo IEA Photovoltaic Power Systems Programme

Page 43: Mensile Valori n. 110 2013

rinnovabili (complessivamente tra 41 e 47miliardi di euro al 2030). Grazie al diffe-renziale di prezzo tra le ore di picco “sola-ri” e “non solari” Althesys ha stimato in-fatti 838 milioni di euro di risparmio giàper il 2012, contro i 396 del 2011.

E quanto al cosiddetto fuel risk, cioè levariazioni nel prezzo e le difficoltà neiflussi di approvvigionamento legate al-l’importazione di gas e petrolio, Marango-ni sottolinea il contributo delle rinnovabi-li a risolvere «un problema di riequilibriodelle fonti energetiche: oggi non se ne par-la più molto, ma ci ricordiamo del rischiodi rimanere al freddo per la lite tra la Rus-sia e i Paesi confinanti su cui passavano igasdotti; così come durante la primaveraaraba e gli scontri in Libia, quando si era-no ipotizzati problemi a ricevere il gas dalNord Africa».

Energia concentrataOltre a quelli economici, nello sviluppodel mix energetico ci sono insomma van-

| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 43 |

| economiasolidale |

i sussidi conteggiati destinati alle fonti fossili. Non solo. Si opponea un sistema che permetterebbe di sviluppare le rinnovabili senzaincentivi: innovazioni sulle reti locali, sullo stoccaggio dell’energia,sulla vendita diretta che permetterebbero a un condominio, a gruppi di piccole e medie imprese di avere una propria rete chescambia ogni tanto energia con la rete nazionale, ma si garantisceuna propria autonomia, puntando anche sulle rinnovabili. Oggi in Italia ciò sarebbe competitivo, considerando i prezzidell’energia, ma è vietato.

Il capitolo dello stoccaggio dell’energia pare un tema digrande prospettiva... Pensiamo alla Sicilia o a una parte dell’Appennino tra Basilicata,Campania e Puglia dove si trova la più grande concentrazione di produzione da fonti rinnovabili. Lì alcuni impianti di stoccaggio(sistemi di batterie per trattenere l’elettricità prodotta e non

impiegata, ndr) potrebbero permettere di gestire in modo efficiente ed economicoper il Paese la produzione, soprattuttodurante i momenti di picco di giorno,immagazzinando l’energia elettrica in eccesso per restituirla nei momentiin cui la domanda c’è. Una secondaapplicazione utile potrebbe essere proprioall’interno di quelle reti elettriche locali di cui accennavamo prima, potendo quindi immagazzinare parte dell’energiaelettrica prodotta dal fotovoltaico se non viene consumata interamente.

E una prospettiva ancora più intelligente sarebbe quella di poteroffrire alla rete nazionale l’energia elettrica in eccesso prodottadalle reti locali.

«La prima cosa che emerge è che il solare fotovoltaicorisulta la tecnologia che più rapidamente sta trasformando la struttura energetica del Paese, che in pochi anni è passatoda zero a una quota che viaggia ormai oltre i 20 Terawattora,una quantità di energia pari a quella di tre centrali nucleari da 1GW». Così commenta brevemente Giuseppe Onufrio(direttore esecutivo Greenpeace Italia) il rapporto IREX 2013. «Il rapporto dà un’ampia visione anche dei benefici dellosviluppo delle rinnovabili, mostrando come questi superino i costi degli incentivi. Significativi sono due aspetti: a) anche

senza incentivi il solare fotovoltaico è destinato a crescere nell’ordine di 1GWall’anno, e dunque a raggiungere fino a 35 GW al 2030; b) sull’eolico si è registrata un’accelerazione delle installazioni prima dell’introduzione del nuovo sistema delleaste che, di fatto, sta bloccando il settore. Le recenti dichiarazioni “pro carbone” del Ministro Zanonato a proposito dell’impianto termoelettrico di Porto Tollemostrano quale parte il Governo Letta con ogni probabilità giocherà: a difesa degliinteressi fossili e delle aziende che, come Enel, producono in modo prevalente concarbone e olio combustibile. Ma il tempo non gioca a loro favore. Quella in atto è unagrande trasformazione irreversibile del sistema energetico che non è solo italiana».

RINNOVABILI TRA GRANDE TRASFORMAZIONE E RESISTENZE FOSSILI

Edoardo Zanchini,responsabiledell’Ufficio Energia di Legambiente

STRUTTURA DEI COSTI DI PRODUZIONE (LCOE) DI EOLICO E FOTOVOLTAICO

FONTE: IREX ANNUAL REPORT 2013 - RINNOVABILI: L’EVOLUZIONE DEL SETTORE ITALIANO NEL CONTESTO INTERNAZIONALE E L’INTEGRAZIONE NELLA POLITICA ENERGETICA

EOLICO

FOTOVOLTAICO

PROGETTAZIONEE PERMITTING

9,4% 25,8% 36,3% 8,6% 3,5% 4,5% 11,9%

3,4% 36% 37,9% 7,5% 2,9% 2,5% 9,8%

TECNOLOGIA COSTO DEL CAPITALE TERRENO PROPERTY TAX

E ROYALTIES CARENZE RETE O&M

Page 44: Mensile Valori n. 110 2013

| economiasolidale |

taggi di sistema. E il settore delle rinnovabili, nonostante il ral-lentamento e la crisi, si mostra in fase di progressiva concen-trazione grazie alle molte acquisizioni societarie messe in attodai gruppi più grandi e più solidi. Ma non solo. Ben 217 opera-zioni sono state rilevate nel 2012 da Althesys, per un totale di10,1 miliardi di euro di investimenti (+30% di crescita interna sul2011) e 7.729 MW di nuova potenza. Anche i nostri investimentifuori confine sono cresciuti, di oltre il 55% rispetto al 2011, so-prattutto fuori dall’Europa. L’Agenzia Internazionale dell’Ener-gia certifica, del resto, che la capacità fotovoltaica globale in-stallata nel 2012 ha quasi raggiunto la soglia epocale dei 100 GW,con un trenddi mercato sostanzialmente stabile rispetto al 2011e 28,4 nuovi GW nel 2012 (con un primato assoluto dell’Italia chegià riceve dal solare il 5,75% del mix energetico).

E se, pur con qualche flessione, le rinnovabili avanzano,IREX 2013 individua un freno al pieno sviluppo in Italia, e cioèil peso economico della burocrazia: «Se negli ultimi 4 anni il co-sto di un impianto è sceso del 60% – conclude Marangoni – nel-lo stesso periodo la burocrazia italiana è rimasta immutata, senon si è addirittura complicata». Una zavorra che si somma al-la scarsa apertura alla produzione locale e alle reti di piccoli im-pianti, che favorirebbero invece l’autonomia energetica, limi-tando la necessità di complesse procedure e costose valutazionid’impatto ambientale riservate alle grandi centrali.

In Germania il 22% dell’elettricità è stato prodotto nel 2012 dafonti rinnovabili, ma le quattro grandi utilities, E.ON, RWE,EnBW e Vattenfall Europe, sono quasi assenti dal settore. Lo

riporta un’analisi su dati del ministero tedesco dell’Ambiente, dif-fusa dall’agenzia Reuters, che sottolinea come, dei 71 GW di capa-cità energetica rinnovabile installata alla fine del 2011, solo il 7%nasca da impianti di proprietà delle grandi compagnie di servizi.Anzi, ben il 40% della capacità rinnovabile sarebbe in mano a sin-goli individui; il 14% sarebbe invece controllato da operatori dinicchia; l’11% dipenderebbe dagli agricoltori; il 9% da realtà indu-striali energivore; l’11% da società finanziarie e un 7% da piccolesocietà di servizi regionali outilities internazionali.

Non solo. Mario Richter, dell’Università di Lueneburg, denun-cia a Reuters che le quattro big tedesche avrebbero ceduto a in-vestitori non appartenenti al settore energetico ben il 97% delleloro partecipazioni nel fotovoltaico. «Si tratta – commenta Ma-rio Agostinelli, ex ricercatore all’Enea – di una coraggiosa disa-mina dello stato di crisi dei colossi dell’elettricità concentrata,un segno di reversibilità verso il modello del decentramento:non conviene più mantenere un sistema concentrato e rigido.

Il futuropiccolo e bendistribuitodiCorrado Fontana

Dalla Germania all’Italia rimbalza l’allarme per le grandicompagnie di gestione dei servizi elettrici: il modellodella generazione domestica e diffusa da fotovoltaicorischia di trasformarle velocemente in dinosauri

| 44 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

SITI INTERNET

www.assoelettrica.itwww.althesys.com

www.greenpeace.org/italy/itwww.legambiente.it

IL BILANCIO COSTI-BENEFICI 2008-2030 [€/MLN]

BUSINESS AS USUAL ACCELERATEDDEPLOYMENT POLICY

COSTI

Incentivi (copertura costi differenziali) 221.189 237.955

Costi carenze infrastrutturali 1.537 1.770

BENEFICI

Effetti sull’occupazione 85.041 96.632

Riduzione emissioni CO2 75.998 98.3781

Altre emissioni evitate 2.863 3.454

Indotto-effetti sul PIL 28.161 33.146

Riduzione fuel risk 8.376 10.017

Riduzione del prezzo dell’elettricità 41.037 47.351

Saldo benefici netti 18.750 49.246

Il dossier IREX 2013 analizza costi e benefici legati all'investimento in energiarinnovabile secondo due scenari di sviluppo: 1 - Business as Usual (BAU), che assume l’obiettivo intermedio al 2020 indicato dalla

Strategia Energetica Nazionale o SEN (approvata a marzo 2013 dal ministro delloSviluppo economico delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera e dalministro dell’Ambiente Corrado Clini tramite Decreto interministeriale), cioè un 38% dei consumi coperti tramite Fer (Fonti energetiche rinnovabili).

2 - Accelerated Deployment Policy (ADP), che ipotizza una percentuale di Fersulla produzione totale pari al 45% al 2030, assumendo una potenza installatacoerente con il potenziale italiano.

I due scenari comporterebbero per l’Italia un saldo positivo netto del rapportocosti-benefici al 2030 rispettivamente di 19 e 49 miliardi, dettagliati nella tabellaqui sopra.

PRIMI 10 PAESI AL MONDO PER CAPACITÀ DI FV INSTALLATA

MW DI CAPACITÀ INSTALLATA NEL 2012 MW TOTALI DI CAPACITÀ INSTALLATA1 Germany 7.604 Germany 32.4112 China 3.510 Italy 16.2503 Italy 3.337 USA 7.2214 USA 3.313 Japan 7.0005 Japan 2.000 China 7.0006 France 1.079 Spain** 5.1007 UK 1.000 France 4.0038 Australia 1.000 Belgium 2.5679 India* 980 Australia 2.400

10 Greece* 912 Czech Republic* 2.0858 GW countries 13 GW countries

FONTE: IREX ANNUAL REPORT 2013 - RINNOVABILI: L’EVOLUZIONE

DEL SETTORE ITALIANO NEL CONTESTO INTERNAZIONALE

E L’INTEGRAZIONE NELLA POLITICA ENERGETICA

* Non-PVPS Countries / ** Spain data delivered in AC, this number is a DCrecalculation.

FONTE: IEA (INTERNATIONAL ENERGY AGENCY) 2013 / PVPS REPORT

- A SNAPSHOT OF GLOBAL PV 1992/2012 - PRELIMINARY INFORMATION

FROM THE IEA PHOTOVOLTAIC POWER SYSTEMS PROGRAMME

Page 45: Mensile Valori n. 110 2013

| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 45 |

Ciò risulta di grande rilievo pensando alleattuali strategie delle nostre municipaliz-zate come A2A, che punta al teleriscalda-mento e ai rifiuti invece di diventare l’uti-lity della Milano solare».

E, sebbene non abbiamo dati certi e pa-ragonabili sui referenti degli oltre 500 mi-la impianti italiani che producono energia

da fonti rinnovabili, Edoardo Zanchini diLegambiente sostiene che «il peso delleutilities nel settore è bassissimo, quasi in-significante per A2a e Iren nelle “nuove”rinnovabili (solare, eolico, biomasse), men-tre resta molto importante nel vecchioidroelettrico (in larga parte di Enel) e nellavecchia geotermia (tutta di Enel)».

Insomma, un cambio di paradigmanella produzione e nel consumo di elettri-cità è in atto, non solo in Germania. InBorsa, le azioni delle utilities sono state lepeggiori tra i 19 settori principali dall’ini-zio del 2008: l’EuroStoxx600 Utilities, do-ve se ne scambiano i titoli, ha già perso407 miliardi dollari di capitalizzazione.

| economiasolidale |

FOTOVOLTAICOLCOE (€/MWh) LEOE (€/MWh) ∆ ∆ %

- - - -

156,5 96,4 -60,1 -38,4%

123,5 96,4 -27,1 -22,0%

146,3 115,0 -31,3 -21,4%

223,9 166,9 -57,0 -25,4%

172,3 134,8 -37,5 -21,8%

140,2 128,5 -11,6 -8,3%

147,8 103,7 -44,1 -29,8%

135,0 301,8 166,8 123,6%

120,6 47,2 -73,4 -60,8%

103,1 47,2 -55,9 -54,2%

186,8 133,1 -53,7 -28,7%

150,5 124,6 -25,9 -17,2%

EOLICOLCOE (€/MWh) LEOE (€/MWh) ∆ ∆ %

58,4 79,0 21 35,3%

61,7 61,3 -0,4 -1,0%

65,8 60,5 -5 -8,1%

114,4 81,6 -33 -28,7%

116,8 133,3 16,5 14,0%

96,8 103,7 7 7,1%

78,8 107,6 29 36,5%

70,3 47,2 -23,0 -33,0%

69,1 104,1 35 50,7%

81,3 86,5 5,1 6,3%

PAESE

DANIMARCA

FRANCIAnord

sud

GERMANIA*

GRECIA

ITALIAnord*

sud

POLONIA

ROMANIA

SPAGNAnord

sud

UK

MEDIA

CONFRONTO LCOE-LEOE FOTOVOLTAICO ED EOLICO (2012)**

** LCOE (Levelized Cost of Energy) / costi. LEOE (Levelized Earn of Energy) / ricavi

Tra i vantaggi economici per chi punta sulle rinnovabili in Europa ci sarebbero le mancate emissioni di CO2. Emissioni che sono “prezzate” secondo l’ETS (Emission TradingScheme), ovvero il sistema vigente nell’Ue che dovrebbepenalizzare i settori industriali ritenuti energivori (sedicimilaoperatori, tra impianti termoelettrici, industriali e aviazione) e maggiormente inquinanti, costringendoli a “pagare di più se inquinano di più”. Peccato che la crisi abbia spezzatoogni buon proposito e ad aprile i parlamentari europei abbiano bocciato il congelamento dell’asta dei crediti emissivi (in primis i cosiddetti EUA, cioè EU emissionallowances), che era stato richiesto per rallentare la caduta del

loro valore (-90% negli ultimi 5 anni). Dopo il voto il prezzo è sceso nell’immediato a 2,63 euro a tonnellata (-40%): un valore insignificante se si pensa che secondo alcuni analisti, per incoraggiare davvero gli operatori a passare a fontienergetiche più rispettose dell’ambiente, il prezzo del carboniodovrebbe essere superiore ai 50 euro a tonnellata (il picco più alto, a 36 euro, si è toccato nel 2006). Proprio per questocrollo del prezzo del carbonio IREX 2013 certifica unasignificativa discesa del risparmio derivante dalle mancateemissioni di CO2 nel 2012, risparmi che al 2030 potrebberoportare un gruzzoletto per l’Italia compreso tra 2,9 e 3,6 miliardi di euro. C.F.

INQUINARE COSTA SEMPRE MENO

FONTE: IEA (INTERNATIONAL ENERGY AGENCY) 2013 / PVPS REPORT - A SNAPSHOT OF GLOBAL PV 1992/2012 - PRELIMINARY INFORMATION FROM THE IEA PHOTOVOLTAIC POWER SYSTEMS PROGRAMME

Prime tre fonti perpotenza installata nel 2012 in Europa

Primi tre Paesi al mondo per capacità FV installata nel 2012

GW fotovoltaici di capacità installata nel mondo nel 2012

GW fotovoltaici totali di capacità installata nel mondo al 2012

Percentuale mediaglobale e valore massimonazionale di produzione dielettricità da fotovoltaiconel mix energetico

Percentuale di crescitapiù elevata registrata sui mercati continentalidel FV

L’Eu

ropa

nel

2012

1st PV2nd Wind3rd Gas

Top

3 - 2

012

GERMANIACINAITALIA

2012

inst

alla

zion

i

28.4GW

Cap

acità to

tale

96.5GW Pr

oduz

ione

elet

tricità MONDO:

0,5%

ITALIA:5,75%

Cre

scita ASIA

+66%

FONTE: IREX ANNUAL REPORT 2013 - RINNOVABILI: L’EVOLUZIONE

DEL SETTORE ITALIANO NEL CONTESTO INTERNAZIONALE

E L’INTEGRAZIONE NELLA POLITICA ENERGETICA

Page 46: Mensile Valori n. 110 2013

| economiasolidale |

La notizia, riportata a febbraio daBloomberg, è di quelle che prestopotrebbero tradursi in pietre milia-

ri. Nei primi dieci mesi del 2011, stando aldipartimento Usa dell’Energia, l’energiaprodotta all’interno dei confini statuni-tensi ha soddisfatto l’81% del fabbisognonazionale. Inizia insomma a intravedersiquell’autosufficienza energetica che man-ca dal 1952 e che libererebbe Washingtondai costi – e dalle implicazioni politiche –della dipendenza da altri Paesi.

I dati parlano chiaro. La produzione dipetrolio ha superato del 3,6% quella del-l’anno precedente, arrivando a una mediadi 5,7 milioni di barili al giorno, la più altadal 2003. E nell’arco di tre anni potrebbesalire a 7 milioni. In Alaska un terzo deiposti di lavoro è legato all’industria delgreggio e resta ancora da sfruttare un po-tenziale di 10,4 miliardi di barili. Così comesono ancora da sfruttare appieno le sab-bie bituminose dell’Alberta, in Canada. Ilmaxi-oleodotto Keystone XL, percorren-do quasi tremila chilometri, da lì dovreb-be partire per portare il petrolio in Texas.Ma il progetto ha scatenato accese prote-ste che a febbraio sono arrivate fino allaCasa Bianca, dove, insieme a decine di at-tivisti, sono stati arrestati anche BobbyKennedy e il figlio Conor.

Un tesoro chiamato gasMa è il gas naturale l’elemento di svoltaper la politica energetica a stelle e strisce.

Stando all’Energy Information Admini-stration, la produzione, che lo scorso annoera di 69,2 miliardi di piedi cubi al giorno,nel 2014 supererà i 70. Merito del fracking,la fratturazione idraulica delle rocce, cheha reso possibile l’estrazione di risorse chefino a pochi anni fa sarebbero state pres-soché inaccessibili. A patto, però, di un pe-sante impatto ambientale.

L’aumento della produzione inevita-bilmente fa crollare i prezzi, che si allonta-nano sempre di più da quelli applicati nelresto del mondo. Il gas naturale, che nel2005 era a quota 15,2 dollari per MMBtU, èsceso a circa 3 dollari, un quinto di quantosi paga in Giappone e in Europa. Anche ilWTI (il benchmark statunitense per ilprezzo del petrolio) mentre scriviamoquesto numero di Valori è quotato a 95dollari, mentre il Brent, il suo omologoeuropeo, è sopra i 103.

Un ruolo per le rinnovabiliMa il mix energetico non è fatto solo difonti fossili. Nel 2012 – spiega l’ultimo rap-porto dell’Agenzia internazionale dell’e-nergia – negli Usa sono stati installati 3,13GW di fotovoltaico, che hanno portato lapotenza installata totale a superare i 7GW. Gli Stati Uniti si collocano così al ter-zo posto a livello globale, dopo Germania eItalia e pressoché allo stesso livello di Cinae Spagna. Il 2012 inoltre è stato l’anno re-cord per l’eolico americano, con 13,1 GW dipotenza installata, più della metà dei qua-

li nell’ultimo trimestre. Ma questo picco èdovuto soprattutto al fatto che si temessela fine degli sgravi fiscali per l’eolico, cheinvece sono stati riconfermati nel pac-chetto sul fiscal cliff. D’altronde c’è chi te-me che l’energia pulita possa risultare po-co competitiva di fronte al clamoroso calodei prezzi dei gas e petrolio. Cosa che po-trebbe ostacolare i piani di Barack Obamaper un Green New Deal, quella crescita“verde” promessa fin dal primo mandato.

Addio importQuel che è certo è che si fa sempre più cen-trale il ruolo degli States nello scacchieregeopolitico dell’energia. Entro il 2020 po-trebbero diventare il principale produtto-re energetico al mondo, scavalcando laRussia. E si profila il ruolo di esportatorenetto: secondo l’IEA già lo scorso anno leesportazioni di prodotti petroliferi raffi-nati avrebbero superato le importazioni(non succedeva dal 1949) e perché accadalo stesso con il gas naturale basterebbeaspettare l’inizio del prossimo decennio.Se, come stima Bloomberg, entro il 2020gli Usa faranno a meno di importare 4milioni di barili di petrolio al giorno, e seil prezzo è di circa 100 dollari al barile, ilrisparmio sarà di 145 miliardi di dollari.In pratica una netta sforbiciata al deficitcommerciale, che l’anno scorso superavadi poco i 500 miliardi. Ma non dipendereda nessuno per le importazioni di energiasignifica anche svincolarsi dal legame coiPaesi arabi, principali esportatori di pe-trolio e interlocutori particolarmente deli-cati. Un processo che, in parte, è già avvia-to: se nel 1999 il 23% del greggio usato negliUsa proveniva dal Golfo Persico, nel 2010tale percentuale è scesa al 15%.

Stati Uniti, l’autosufficienza energetica mai così vicinadiValentina Neri

Gli Usa, nei primi 10 mesi del 2011, hanno prodotto “in casa” oltre l’80%dell’energia consumata. La produzione di petrolio è ai massimi dal 2003, e il controverso shale gas ha segnato un vero e proprio boom. Anche le rinnovabili,fortunatamente, sono in crescita: per l’eolico il 2012 è stato un anno da record

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Il quantitativo di acqua dolce utiliz-zata per produrre energia in tutto ilmondo raddoppierà nei prossimi 25

anni. A lanciare l’allarme è un’analisidell’International Energy Agency (IEA),

che elenca una serie di fattori scatenan-ti all’origine di tale impennata. Ma chepunta il dito soprattutto contro, da unlato, l’energia prodotta tramite il carbo-ne; dall’altro, il previsto boom dei bio-carburanti.

Se le politiche attuali rimarrannoinalterate, infatti, l’IEA calcola che il si-stema produttivo globale diventeràsempre più “idrovoro” in futuro: i 66 mi-liardi di metri cubi di acqua all’anno uti-lizzati oggi diventeranno così 135 miliar-di nel 2035. Una quota pari al consumoresidenziale di tre anni di un Paese comegli Stati Uniti. Di questo enorme quanti-

tativo di acqua – bene che scarseggeràsempre più in futuro – oltre il 50% è (e re-sterà) utilizzato dalle centrali a carbone:tale fonte di energia supererà il petrolioentro il 2017 e diventerà così la prima inassoluto nel mix energetico globale.Mentre i biofuels, che oggi consumano il17,9% delle risorse idriche destinate alsettore, arriveranno a rappresentarepiù del 30% del totale (in termini assolu-ti, l’aumento sarà pari al 242%: dagli at-tuali 12 miliardi di metri cubi annuali, a41 miliardi nel 2035).

Va detto che non tutti concordanocon queste cifre. I produttori di biocar-buranti, ad esempio, ritengono che i ri-sultati dell’analisi dell’agenzia pariginasiano dipesi da una sopravvalutazionedel consumo attuale di acqua da parte diuna delle industrie del comparto (quellache produce bioetanolo). E che siano sta-ti, inoltre, ignorati gli sforzi effettuatidal settore per limitare i consumi. Lastessa IEA ammette che è complicatofornire stime, in ragione delle grandi dif-ferenze esistenti tra le diverse colture.Ma occorre ricordare che i biofuels rap-presentano oltre il 50% dell’acqua con-

| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 47 |

| economiasolidale | risorse naturali |

EnergiaidrovoradiAndrea Barolini

56,7%

2010 2035

51,9%17,9%14,9%

30,4%

10,4%

Centrali a carbone

Alimentazione gasMiniere di carbone

BiomassaPotenza nucleare

Biocarburante

Olio egas naturale

Centrali a carbone

Alimentazione gas Miniere di carboneBiomassa

Potenza nucleare

Biocarburante

Olio egas naturale

CRESCE LA SETE DI ENERGIA

FONTE: INTERNATIONAL ENERGY AGENCY,

CURRENT POLICIES SCENARIO

Secondo uno studio dell’IEA, entro il 2035 il quantitativo di acquausata per produrre elettricitàpasserà dagli attuali 66 miliardi di metri cubi all’anno a 135miliardi. A causa soprattutto del carbone e dei biocarburanti

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| economiasolidale |

| 48 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

sumata per quella che viene consideratala “produzione primaria di energia” (ov-vero quella di carburanti, piuttosto chedi energia elettrica). Tale quota è desti-nata a raggiungere il 72% nel 2035, e sem-bra che il gioco non valga neppure lacandela se si considera che, tra 22 anni, ibiocarburanti saranno utilizzati sola-mente dal 5% dei mezzi di trasporto.

Nel 2025 un mondo sempre più assetatoQuelle rivelate dall’IEA, dunque, sonostime estremamente preoccupanti, se sitiene conto del fatto che le Nazioni Uni-te hanno più volte sottolineato comegià nel 2025 ben 1 miliardo e 800 milioni

di persone abiteranno in regioni afflitteda gravi problemi di approvvigiona-mento idrico, mentre due terzi della po-polazione mondiale dovrà fare i conticon una riduzione della disponibilità. «Èevidente come di fronte a simili dati siacruciale l’impegno del mondo politico anon promuovere opzioni energetichead alto consumo di acqua», ha spiegatoal magazine National Geographic San-

dra Postel, direttrice del Global WaterPolicy Project.

Non basterà, infatti, neppure il pro-gresso tecnologico. Lo stesso NationalGeographic spiega ad esempio come, nel-le centrali a carbone di ultima generazio-ne, il volume utilizzato nel processo diraffreddamento è destinato perfino adaumentare. E così il consumo complessi-vo passerà dagli attuali 38 miliardi di me-tri cubi a 70 miliardi tra poco più di ventianni. Un problema – quello dell’uso di ac-qua per il raffreddamento – che presenta-no anche i reattori nucleari, ma che nelloro caso è mitigato dal fatto che essi rap-presentano solamente il 13% della produ-zione globale di energia (cifra che scen-derà al 10% nel 2035), il che comporta unutilizzo di acqua pari al 5% del totale.

Quanto allo shale gas, la cui tecnicadi estrazione implica l’utilizzo di acquaper la fratturazione delle rocce sotterra-nee nelle quali esso è intrappolato, l’IEAsottolinea che da un punto di vista quan-titativo l’impatto globale, per quantonon trascurabile, non è neppure parago-nabile a quelli di carbone e biofuels. Ilproblema del gas da scisto, dunque, sem-bra legato – piuttosto che alla quantitàdi acqua usata – alle implicazioni am-bientali di tale utilizzo (vedi ).

La soluzione nelle rinnovabiliSecondo l’IEA, lo sfruttamento delle tec-nologie di “raffreddamento secco” (senzauso di acqua) nelle centrali a carbone po-trebbe costituire una soluzione. Il che,però, costerebbe ai produttori tre o quat-tro volte in più rispetto a quello che pa-gano oggi per il processo di raffreddamen-to idrico. Per cui l’agenzia internazionalepropone un’altra strategia. L’unica chegarantirebbe risultati certi: puntare sufonti alternative. Eolico e solare foto-voltaico, spiega l’IEA, hanno il vantaggiodi presentare consumi idrici ridottissi-mi (ad oggi, gravano sul totale per menodell’1%). In alternativa, aggiunge infinel’agenzia, per lo meno, si dovrebbe pun-tare sul gas naturale, che fornisce at-tualmente il 23% di tutta l’energia pro-dotta nel mondo, consumando solo il 2%dell’acqua impiegata complessivamentedal settore.

BOX

Saranno circa due milioni le abitazioni inglesi che si scalderanno, a partire dal 2018,grazie allo shale gas di produzione statunitense. È il risultato dell’accordo siglatodalla compagnia britannica Centrica e dall’americana Cheniere: secondo l’intesa,raggiunta alla fine di marzo, la prima pagherà 10 miliardi di sterline in venti anni per ricevere 89 miliardi di piedi cubi di gas all’anno. Abbastanza per fornire energia a 1 milione e 800 mila case. La questione degli approvvigionamenti di gas sta entrando sempre più fortementenell’agenda politica inglese: il governo è preoccupato per i rischi legati alladipendenza dalle importazioni in arrivo da Norvegia e Russia. Per questo il primoministro David Cameron ha spiegato di «accogliere con grande favore l’accordo traCentrica e Cheniere». Lo shale gas, tuttavia, continua a costituire una fonte di energia estremamentecontroversa. Esso si trova in natura intrappolato in profondità nelle rocce: la suaestrazione, dunque, prevede la fratturazione tramite getti di soluzione acquosa.Tecnica che presenta aspetti preoccupanti, sia per la salute umana che perl’ambiente, per via degli elementi chimici inquinanti utilizzati nella stessa soluzione.Oltreché, ovviamente, per lo spreco di acqua dolce.

LO SHALE GAS MADE IN USA SBARCA NEL REGNO UNITO

Nelle nuove centrali a carbone, il volume di acquausato per il raffreddamentoè destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 49 |

| economiasolidale | made in italy a rischio/puntata 5 |

Ècome se l’Italia della ceramica fos-se tagliata in due da una nuova li-nea gotica. Al posto delle armate,

stavolta a essere divisi sono imprenditori.Identico il settore, diversi i prodotti rea-lizzati. A Nord primeggiano piastrelle e ri-vestimenti. Al Centro ceramiche sanita-rie e stoviglie. E, mentre i primi sonoriusciti tutto sommato a sopravvivere al-la crisi, nel secondo caso le storie che rac-contano gli addetti ai lavori fanno temereche il destino di uno dei settori storici del-la manifattura italiana sia segnato irre-parabilmente. Così come la vita di mi-gliaia di lavoratori, che in alcuni casi sonosopraffatti dalla paura di rimanere senzastipendio. L’ultimo caso il 18 maggio scor-so: Gennaro De Luca, 46 anni, padre di duefigli, cassaintegrato da alcuni mesi, si èbuttato da un ponte di Civita Castellana(Viterbo). L’azienda per cui lavorava – laCeramica Galassia – avrebbe dovuto li-cenziare 53 dei suoi 150 dipendenti.

Viterbo senza futuro?Nel distretto di Civita Castellana si con-centra la produzione dell’Italia centrale,distribuita tra sette comuni del viterbese,a una quarantina di chilometri da Roma.

Settanta aziende, in media quaranta di-pendenti ciascuna, che combattono daquindici anni con una crisi che appare sen-za fine. A essere colpito è principalmenteil settore delle stoviglie. L’aggressione, sot-to forma di dumping, ha, ancora una volta,gli occhi a mandorla. «Le importazioni abasso costo dalla Cina – ammette Valen-tino Vargas, segretario della Filctem Cgildi Viterbo – hanno annientato il settore.L’ultima azienda ha chiuso l’anno scorso.Avevamo cinquemila addetti. Oggi sono2.800». I tagli hanno lasciato a casa so-prattutto le donne, inadatte a essere ri-collocate fra le imprese specializzate nellaceramica sanitaria. Ma, dal 2008, quest’ul-timo settore sta cadendo sotto i colpi del-la crisi causata soprattutto dalla flessionedella domanda interna. «Circa 40 delle 70aziende del distretto hanno di fatto giàchiuso. E chi rimarrà aperto, subirà pesan-ti piani di ridimensionamento».

I dati Filctem Cgil mostrano che gliammortizzatori sociali riguardano 1.751dipendenti: per 1.412 c’è la cassa integra-zione, 274 sono in mobilità e 93 hanno sti-pulato contratti di solidarietà. Un nume-

ro, quest’ultimo, probabilmente inferiorea quello reale. Perché oltre ai contratti“ufficiali”, molte aziende sopravvivonograzie alla buona volontà dei dipendenti.Che in alcuni casi accettano di ricevere glistipendi con tre, quattro, addirittura settemesi di ritardo. Fatale la stretta del creditoda parte delle banche, che non si limita alblocco dei nuovi prestiti, ma si spinge finoa pratiche ben più odiose: «Alcuni istituti –denuncia Vargas – chiedono il rientro anti-cipato di crediti già concessi, tagliandoqualsiasi speranza di futuro alle aziende».Un pericolo evidentemente reale, vistoche, quando parliamo con un dipendentedi un’impresa a rischio, ci chiede l’anoni-mato per lui e per la ditta: «Abbiamo ri-nunciato alla quattordicesima e lavoriamogratis un giorno al mese. Ma, ti prego, nondire dove lavoro perché le banche potreb-bero imporre il rientro del prestito». «L’im-possibilità di accedere al credito – com-menta Franco Manfredini, presidente diConfindustria Ceramica – è un problemacruciale perché impedisce la crescita di-mensionale delle aziende, gli investimentiin innovazione e l’aumento dei volumi».

Ceramica italianaLa salvezza viene dall’esterodiEmanuele Isonio

Il settore stoviglie è quasi azzeratodal dumping cinese. Ma l’arrivo di investitori internazionali ha invecesalvato dal fallimento nomi storicidelle piastrelle tricolore. Con il mercato interno ancoracongelato, l’export aiuta le aziendea credere nel futuro

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Per fortuna c’è l’exportScene difficili da immaginare per chi nonconosce il settore. Al cui confronto la si-tuazione fotografata in Emilia Romagnaappare quasi rosea. Lo storico distrettosviluppatosi lungo l’asse Sassuolo-Fiora-no è ancora oggi uno dei poli produttivimondiali per le piastrelle. Qui si concentral’80% della produzione ceramica italianache ha fatto segnare nel 2012 un fatturatocomplessivo di 5,6 miliardi di euro (4,7 inpiastrelle, 380 milioni dai prodotti sanitarie 70 milioni dalla stoviglieria). Certamenteil confronto con i livelli pre-crisi indica

una condizione comunque delicata (gli ad-detti passati da 25 mila a poco più di 22 mi-la, le produzioni di piastrelle diminuite da500 milioni di metri quadri a circa 400). Masperare nella ripresa non è una chimera:«Ritornare ai dati 2007-2008 non è impos-sibile», commenta Manfredini. «Siamo ingrado di intercettare una domanda esterache torna a crescere. E il nostro è ancoraoggi uno dei primi tre settori merceologiciper quantità di esportazioni. Finisce all’e-stero l’80% della nostra produzione». Sel’Europa, compresi gli Stati del Nord, è nelpieno della stagnazione, altrove le cose

vanno meglio. È il caso dei “nuovi ricchi”, inRussia e Medio Oriente. Ma anche degliUsa, in cui il settore edilizio mostra segnidi ripresa dopo la bolla immobiliare.

I dati peggiori si registrano sul fronteinterno. Nel 2012 l’acuirsi della crisi delmercato edile ha determinato una ridu-zione del 17% delle vendite per l’ndustriaceramica. Comprensibile la preoccupazio-ne per il possibile calo degli incentivi sulleristrutturazioni edilizie, previsto, salvoproroghe, a fine giugno. «Hanno dimostra-to di funzionare bene, facendo emergere ilnero e stimolando un ammodernamento

Dopo le piastrelle l’Unione europea ha deciso di usare lo strumento dei dazi anche per tutelare le aziendeceramistiche specializzate in stoviglieria. Il 15 maggio scorso è entrato in vigore il regolamento comunitario che istituiscedazi definitivi nei confronti delle importazioni di porcellana e ceramica da tavola proveniente dalla Cina. L’aliquota del dazio, in vigore per i prossimi cinque anni, varia dal 13,1% al 23,4% per le imprese cinesi che hanno collaboratoall’indagine e del 36,1% per tutte le altre aziende.Il procedimento arriva a conclusione dopo un iter di 15 mesi.Tutto era iniziato con la denuncia presentata dai produttoriitaliani, tedeschi e belgi (circa il 50% dell’industriacomunitaria). La Commissione ha dovuto quindi avviare unaverifica dell’esistenza di livelli di dumping nelle importazioni

cinesi, secondo quanto richiesto dalle regole del WTO. Rilevante il danno arrecato all’industria comunitaria del settore:negli ultimi cinque anni si sono persi 10 mila posti di lavoro e la quota di mercato dei prodotti cinesi è cresciuta, all’internodella Ue, dal 22 al 65%. La decisione fa seguito a quella, analoga,presa l’anno scorso per tutelare il settore delle piastrelle.L’introduzione dei dazi, in quel caso, ha prodotto subito i risultatisperati: «In dodici mesi l’import dalla Cina è calato del 50%»,rivela il presidente di Confindustria Ceramica, Franco Manfredini.«L’uso dei dazi è sacrosanto. Le imprese cinesi, infatti, possonopermettersi di abbattere i costi di produzione perché non hannospese ambientali o diritti sindacali da rispettare. È giustoristabilire le regole, anche perché solo così si possono tutelare idiritti di imprese, territorio e lavoratori». Em.Is.

A TUTELA DELLE STOVIGLIE EUROPEE ARRIVANO I DAZI ANTICINESI

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CERAMICA SANITARIA PIASTRELLE MATERIALI REFRATTARI STOVIGLIE DI CERAMICA

2010 2011 Var. % 2010 2011 Var. % 2010 2011 Var % 2010 2011 Var. %

Aziende (numero) 43 41 - 20 20 - 37 37 - 12 12 -

Addetti (numero) 4.378 4.196 -4,16% 23.352 22.189 -4,98 2.216 2.229 0,59% 986 993 0,71%

Produzione (migliaia di tonnellate) 4,88 4,60 -5,61% 387,4* 399,7* 3,17 502,1 507,5 1,07% 13,9 15,4 11,08%

Vendite totali (migliaia di tonnellate) 4,69 4,48 -4,47% 412,8 413,1 0,09 501,5 525,0 4,70% 13,9 15,4 11,12%

… di cui Italia 2,55 2,24 -12,29% 123,6 114,9 -7,03 319,9 346,9 8,46% 11,4 12,2 6,77%

… di cui export 2,14 2,24 4,84% 289,2 298,3 3,13 181,6 178,1 -1,91% 2,5 3,2 31,19%

Fatturato totale (milioni di €) 391,1 378,2 -3,31% 4.629 4.716 1,86 409,2 449,1 9,75% 68,1 68,5 0,61%

… di cui Italia 181,3 159,7 -11,92% 1.216 1.146 -5.75 256,4 290,0 13,12% 53,1 52,8 -0,52%

… di cui export 209,9 218,5 4,13% 3.413 3.570 4,58 152,8 159,1 4,12% 15,1 15,7 4,56%FONTE: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA CERAMICA

* milioni di mq

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Page 51: Mensile Valori n. 110 2013

Parlare con gli imprenditori dello storico distretto del-la ceramica nato tra Modena, Sassuolo e Reggio apreun mondo. Non solo per il piacevole mix di etica del la-

voro e pragmatismo emiliano. Ma perché permette di scopri-re una realtà nota probabilmente solo tra gli addetti ai lavori:si scopre, ad esempio, che il distretto è uno dei settori indu-striali italiani che ha più puntato sull’innovazione. A testi-moniarlo il numero di domande presentate all’Ufficio euro-peo dei brevetti (77 su 1845, un terzo solo in Emilia-Romagna)che colloca le aziende ceramiche italiane al terzo posto dopoGermania e Francia. Un tentativo strenuo di strappare il set-tore a una crisi irreversibile e alla concorrenza internaziona-le a basso costo.

L’ambiente ringraziaPer ora gli effetti più interessanti sono sul fronte ambientale:la filiera ha investito in operazioni di riconversione green 450milioni di euro (il 10% del fatturato annuo complessivo). Il ri-sultato – rivela l’ultimo rapporto GreenItaly pubblicato dalla

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del nostro patrimonio edilizio. Non si capisce perché non lo si ren-da strutturale, così da permettere alle aziende di poter pianifica-re strategie e assunzioni su più anni» commenta Manfredini.

Una indubbia mano è venuta dai dazi europei (in vigore da unanno nel settore piastrelle e ora estesi alle stoviglie, vedi ) chehanno limitato i danni della concorrenza cinese.

Capitali stranieri sulla via EmiliaMa la sfida più stimolante, per garantire il futuro del settore, èl’arrivo di capitali esteri. Gruppi storici sono già passati di mano.Come le Industrie Fincuoghi, acquisite a novembre 2011 dalla tur-ca Kale, leader in patria con il 25% di quote di mercato, terzo pro-duttore ceramico europeo, una donna alla guida, come ammini-stratrice delegata (Zeynep Bodur Okyay). O, a dicembre scorso, laMarazzi, seimila dipendenti, ceduta dall’omonima famiglia allamultinazionale statunitense Mohawk per 1,17 miliardi di euro.«Indubbiamente l’ingresso di investitori esteri impone una sfi-

da al nostro tessuto produttivo», osserva Giordano Giovannini,segretario emiliano della Filctem Cgil. «E, infatti, qualcuno ha cer-cato di bloccarli. Ma il loro arrivo, che pure va seguito con atten-zione, ha dato una scossa al distretto e induce le altre imprese acompetere di più e meglio». A dare fiducia è la stima che, nel mon-do, hanno i prodotti made in Italy: «I turchi di Kale – spiega Gio-vannini – hanno capito perfettamente che per guadagnare fettedi mercato nella fascia alta, bisogna stare in Italia. È un problemaineludibile di immagine». Non a caso quindi, appena arrivata, lanuova dirigenza turca ha acquistato nuovi macchinari per il sitodi Borgotaro della Fincuoghi, che navigava da tempo in cattiveacque: «Per il futuro – spiega l’Ad di Kale Italia, Burak Orhun –puntiamo sull’innovazione tecnologica, come la decorazione di-gitale, per rafforzare le peculiarità che rendono i marchi Edilcuo-ghi e Edilgres punti di riferimento storici nel settore».

BOX

Materiali autopulenti, gres antibatterico, lastresupersottili. L’industria ceramica tricolore affronta la crisi puntando sull’innovazione: l’Italia è al terzoposto per numero di brevetti presentati in Europa, dopo Germania e Francia

Ma non chiamatele solo piastrellediEmanuele Isonio

Nonostante una produzione che risultadoppia rispetto al 1980, i consumi energeticidel settore sono dimezzati

| economiasolidale |

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Fondazione Symbola e da Unioncame-re – è una riduzione dal 1998 al 2009 del65% delle emissioni di piombo, fluoro epolveri. Sul fronte energetico, nono-stante una produzione doppia rispettoal 1980, i consumi energetici si sono di-mezzati. E, a differenza di altri settoriindustriali, quello della ceramica è ingrado di riassorbire la maggior parte deirifiuti di produzione: per ogni chilo dimaterie prime minerali usato, il 12% de-riva da scarti solidi. Le eccellenze, in talsenso, non mancano. Come la Coopera-tiva Ceramica d’Imola (data di nascita:1874, la più antica cooperativa di produ-zione e lavoro d’Italia), che ha lanciatosul mercato un gres porcellanato cheriutilizza il 100% di scarti crudi, il 100%delle acque di processo e recupera inte-ramente i residui di depurazione. Soloun esempio di un elenco potenzialmen-te sconfinato.

Innovare è indispensabile«Un’azienda che vuole stare sul mercatoè obbligata a fare innovazione, soprat-tutto in un settore di concorrenza per-fetta come il nostro. Questa è la realtàcon cui dobbiamo confrontarci ognigiorno, quando le cose vanno male, masoprattutto quando vanno bene, perevitare di farci trovare impreparati».L’analisi è di Mauro Manfredini, diretto-re commerciale della Casalgrande Pada-na, azienda tra le più grandi (1.200 di-pendenti), sul mercato dal 1960, che hadeciso di investire sulla responsabilitàsociale (turn over interno molto basso,relazioni sindacali ottime) e sui nuoviprodotti. Dai suoi stabilimenti, dopo

due anni di ricerca, è uscito un tipo dipiastrelle autopulenti che, grazie a unprocesso nano tecnologico, abbattonodel 99,9% i quattro principali ceppi bat-terici. Un tipo di rivestimento che, ap-plicato sulle facciate degli edifici, ha lastessa capacità di purificare l’aria di un

bosco delle dimensioni di un campo dicalcio e di eliminare la quantità di ossididi azoto emessa da undici automobiliogni giorno. Una strategia aziendale chefa considerare con scetticismo l’utilitàdi incentivi per l’innovazione: «Per sti-molare la competitività di un’impresa, èmolto meglio aiutarla a ridurre i costi,tagliando l’incidenza delle tasse sul la-voro e il prezzo dell’energia e dei servizi.In questo modo premiamo davvero leimprese serie e facciamo uscire dal mer-cato chi pensa di vivere con gi aiuti pub-blici».

Più che gli incentivi perl’innovazione, servonoiniziative per tagliare letasse sul lavoro e il costodell’energia e dei servizi

| economiasolidale |

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Il nome in inglese, Ceramics of Italy, rivela l’obiettivodell’iniziativa: promuovere l’immagine e i contenutidell’industria ceramica italiana sui mercati esteri. Esigenzaquanto mai attuale vista l’incidenza delle esportazioni sultotale delle vendite del settore ceramico italiano.La sua storia parte da lontano: come marchio commercialenasce negli anni ’70 e dal 2008 viene esteso alle stoviglie

e alle ceramiche sanitarie. L’aspetto più rilevante di questo marchio, registrato da Edi.Cer. (l’organizzatore di Cersaie, il Salone internazionale della ceramicaorganizzato ogni autunno a Bologna) e promosso da Confindustria Ceramica, è nelcriterio di concessione del suo uso: «Ceramics of Italy – spiega Franco Manfredini,presidente di Confindustria Ceramica – contrassegna quei materiali caratterizzati da un elevato design, frutto di moderne tecnologie, che realizzano prodotti nelmassimo rispetto dell’ambiente, con una grande attenzione alla sicurezza sul postodi lavoro». In pratica i prodotti che possono fregiarsi del marchio non devono soloessere disegnati e progettati in Italia, ma anche interamente realizzati da aziendetricolore, rispettando però gli standard ambientali e di responsabilità sociale. A verificare i requisiti previsti dal protocollo, un organismo indipendente: Certiquality.Il vantaggio, per le aziende che possono usarlo (sono 53 finora e l’elenco completo è su www.laceramicaitaliana.it), è presto detto: «Possono andare sul mercatointernazionale con un marchio stimato e riconosciuto. A livello internazionale tuttoquesto ha un valore molto significativo».

IL MARCHIO CHE DIFENDE IL VERO MADE IN ITALY

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 53 |

| economiasolidale | democrazia |

Temi che dovrebbero essere por-tanti nella nostra democrazia, co-me la Costituzione, le riforme a cui

è stata sottoposta e le prossime che ap-porterà il Governo Letta (che ha predispo-sto un ministro per le Riforme costituzio-nali), riscuotono pochissimo interesse tragli italiani, troppo occupati a resistere aemergenze come disoccupazione e scom-parsa dei servizi pubblici per accorgersidel collegamento tra i fatti. Un collega-mento che non è sottolineato dai media,con un silenzio che è vera istigazione all’i-gnoranza, non offrendo neppure lettureutili della crisi economica, che viene usa-ta come grimaldello per forzare la trasfor-mazione. Eppure, riprendendo il politolo-go Colin Crouch in Postdemocrazia (2003),«è un errore fondamentale ritenere che,poiché la maggior parte delle persone haperso interesse per la politica, in qualchemodo il potere politico tenda a svanire enessuno lo voglia o ne faccia uso».

Così è centrale dare delle risposte co-struttive a queste domande: è in corsouna cessione di sovranità che corrispon-de a una cessione di democrazia? Versochi si sta operando questa devoluzione?Chi sarà maggiormente danneggiato daqueste modifiche strutturali della no-stra società?

Cessione di sovranità,l’altra faccia della globalizzazionediPaola Baiocchi

«L’Italia prosegue sulla strada delleriforme», indipendentementedall’esito elettorale. Ha detto il presidente della Bce Mario Draghi,sottolineando che il processo di riforma continua come se ormaifosse inserito «il pilota automatico»

di Paola Baiocchi

Un organismo privato, la Bce, ha dettato segretamente a due Stati sovrani le modifiche da apportare alle Costituzioni e in tema di politica economico-sociale, in cambio di aiuti finanziari

Il 5 agosto del 2011, nel pieno di un feroce attacco speculativo condotto nei confrontidelle Borse europee, che ha colpito in particolare le economie di Italia e Spagna, il governatore uscente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet e quello in pectore, Mario Draghi, scrivono una lettera segreta al governo italiano, all’epocapresieduto da Silvio Berlusconi. Solo da poco, in modo del tutto incidentale, si è saputo che anche il governo spagnolo ha ricevuto la lettera dei governatori.La Banca centrale europea, che è un istituto privato, ha chiesto ai due governi di intraprendere una serie di misure di politica economica, in cambio dellaconcessione del suo sostegno attraverso l’acquisto massiccio di titoli di Stato sulmercato secondario. Tutte richieste di portata epocale per l’Italia, come “la pienaliberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali”, che dovrebbero“applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala”. Un intero paragrafo è dedicato alla fine dei Contratti collettivi nazionalidi lavoro, da sostituire con la contrattazione aziendale, mentre viene prescritta la revisione delle norme che regolano le assunzioni e il licenziamento dei dipendenti.A questa gravissima ingerenza nelle scelte di politica economica di due Stati sovrani, i governi iberico e italiano hanno cominciato a dare seguito, modificando anchele Costituzioni per introdurvi l’obbligo del pareggio di bilancio.

La lettera della Bce del 5 agosto 2011

Trattatosull’Unioneeuropea

Trattato che istituisce la Comunitàeuropea

Carta dei dirittifondamentali

Costituzioneeuropea

Trattatosull’Unioneeuropea

Trattato che istituisce la Comunitàeuropea

Carta dei dirittifondamentali

Trattatosull’Unioneeuropea

Trattato sulfunzionamentodell’Unioneeuropea

Carta dei dirittifondamentali

Trattato di Lisbona

L’unione dei trattati nella Costituzioneeuropea [sinistra] e la struttura uscita dalTrattato di Lisbona cheha emendato i trattatiesistenti [destra]

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| economiasolidale |

| 54 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

Una Banca che modifica le Costituzioni«La cosa più preoccupante non è la ces-sione di sovranità verso l’Unione europeache, in qualche modo, si recupera perchési partecipa a pieno titolo alle istituzionicomunitarie come Stati, e anche come cit-tadini attraverso il Parlamento europeo»,spiega la costituzionalista Ines Ciolli. «Lavera cessione di sovranità sta avvenendoverso istituzioni non rappresentative co-me Banca mondiale, Fondo monetario,Banca centrale europea. Istituzioni nonelettive e non partecipative, dove c’è lapreminenza delle banche e degli istitutifinanziari internazionali».

«A partire dall’ultimo quarto del seco-lo passato sovranità e democrazia hannosubito una profonda crisi [...]», scrive Gra-zia Sanna in Eros o Virus? (Rassegna Av-vocatura dello Stato 2/2010). «Non v’è chinon veda come nel mondo globalizzato ipoteri economico, finanziario, militare emass-mediatico si siano trasferiti preva-lentemente al di fuori dei confini del di-ritto statale, in un contesto che li rendesempre più capaci di sottrarsi al control-lo giurisdizionale nazionale e, nel con-tempo, anche di servirsene per i loro fini».La lettera della Banca centrale europeadell’agosto 2011 (vedi in questepagine), che in segreto ha dettato a Statisovrani come Italia e Spagna le riformecostituzionali ed economico-sociali daattuare, è un episodio chiarissimo del po-tere che organismi economici privati or-mai esercitano sui governi, senza nessuncollegamento democratico con loro.

I limiti dei movimentiDopo l’annullamento dell’Accordo multi-laterale sull’investimento del 1995 in sedeOcse (vedi ), i movimenti dei cittadininon hanno più segnato punti a loro favo-re contro i diktat degli organismi sovrana-zionali. La denuncia verso Fondo moneta-rio internazionale e Banca mondiale, chesubordinano sempre la concessione dei lo-ro interventi a modifiche interne agli Sta-ti anche in contrasto con le loro Costitu-zioni, è andata sbriciolandosi dopo il G8 diGenova. Al contributo portato da JeanZiegler con il suo La privatizzazione delmondo (2004) non si è dato molto seguito,

tanto che l’attenzione dei movimenti ver-so la perdita di sovranità è ormai rivoltaquasi soltanto a quella alimentare. In que-sto si evidenziano i limiti dei movimenti,che pensano di riuscire a vincere inciden-do su alcuni settori, senza inquadrarli inuna visione più generale di cambiamentodel sistema economico che solo un partitopuò dare. E che, storicamente, solo i parti-ti comunisti sono riusciti a imporre.

Lex mercatoriaIn ambito Ue il Trattato di Lisbona – se-condo Sergio Fabbrini, direttore LuissSchool of Government – è andato assu-mendo “caratteristiche costituzionali” ele decisioni della Corte europea di giusti-zia «hanno contribuito a istituire un veroe proprio ordine legale sovranazionale,ovvero a costituzionalizzare il funziona-mento del mercato comune». Quali sonoi caratteri di queste trasformazioni che

sono avvenute gradualmente e «carsica-mente» (M. Calise, La Costituzione silen-ziosa. Geografia dei nuovi poteri, 1998)nell’ambito dei rapporti tra Stati nazio-nali e interessi sovranazionali?

«Non sono caratteri democratici. Si èaffermata una lex mercatoria come quel-la del Medioevo – riprende Ines Ciolli – incui la regolazione internazionale è basa-ta su accordi di natura privatistica, da ri-solvere davanti a un arbitro e non a ungiudice, dove la legge non è uguale pertutti. Rispetto alle tutele sociali che lanostra Costituzione offre, abbiamo mol-to da perdere, perché la nostra Carta èmolto attenta a limitare i poteri forti». Sitratta insomma di una cessione di sovra-nità che danneggia soprattutto le classisubalterne trasformate in “consumato-ri”, che vedono a volte riconosciute delle“clausole contrattuali”, ma perdono benpiù importanti diritti sociali.

Riprendendo Crouch, in questa po-stdemocrazia i diritti si riducono all’e-sercizio del voto: «Anche se le elezionicontinuano a svolgersi e a condizionarei governi, il dibattito elettorale è unospettacolo saldamente controllato, con-dotto da gruppi rivali di professionistiesperti nelle tecniche di persuasione e siesercita su un numero ristretto di que-stioni selezionate da questi gruppi. Lamassa dei cittadini svolge un ruolo pas-sivo, acquiescente, persino apatico, limi-tandosi a reagire ai segnali che riceve. Aparte lo spettacolo della lotta elettorale,la politica viene decisa in privato dall’in-tegrazione tra i governi eletti e le éliteche rappresentano quasi esclusivamen-te interessi economici».

BOX

ARTICOLO

L’Ami è stato negoziato segretamente in seno ai 29 Paesi membri dell’Ocse tra il 1995 e l’aprile del 1997. Proponeva una liberalizzazione molto spinta degli scambicommerciali: vi si stabiliva, tra l’altro, che le multinazionali potessero scegliere in quale Stato le controversie si dovessero decidere, non di fronte a un giudice, ma con degli arbitrati. Qualcosa come affidare le pecore al lupo lasciando allemultinazionali, per esempio, la libertà di risolvere una controversia su tasse evase in un paradiso fiscale. L’Ami è stato bloccato perché divulgato pubblicamente graziea una “soffiata” e dall’opposizione della Francia. Ma il lavoro che i poteri economicimettono in campo per bypassare gli Stati continua.

IL TENTATIVO SVENTATO DELL’AMI, ACCORDO MULTILATERALE SULL’INVESTIMENTO

La vera “devoluzione” di sovranità è quella versoistituti non elettivi comeBanca mondiale, Fmi e Bce

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 55 |

| consumiditerritorio |

cro al seno. «Mia madre è morta all’età di56 anni per un tumore alla mammella,dopo aver lottato per dieci anni», ha di-chiarato la Jolie. «Sono portatrice di ungene difettoso per cui ho l’87% di proba-bilità di avere un cancro al seno e il 50%per quello alle ovaie. Per questo ho deci-so di operarmi, riducendo il rischio al 5%e ho deciso di raccontare la storia dellamia esperienza perché altre donne pos-sano trarne ispirazione».

La Jolie ha già fatto circolare noti-zie su se stessa abbastanza macabre:come quella di aver stretto con il se-condo marito, l’attore Billy Bob Thorn-ton, un patto di sangue suggellato datatuaggi e da uno scambio di fialettecontenenti il loro sangue, da portare alcollo. Sappiamo bene che l’esternazio-ne di scelte tanto discutibili quanto in-time è funzionale ad alimentare la co-struzione del mito nel mondo dellospettacolo. Ma l’ultima dichiarazionedell’attrice è devastante dal punto divista culturale, perché è stata ripresada tutti i media internazionali, anchequelli più autorevoli, e rischia di inne-scare un’ondata di interventi chirurgi-ci per emulazione più che per neces-sità. Operazioni “alla Jolie” per seguire“l’ispirazione” lanciata da una donnache è un modello, perché consideratabellissima, perché ha avuto grande

successo e ha sposato un altro rappre-sentante del gradino più alto dello starsystem, Brad Pitt.

In realtà la scelta è estrema e portasotto gli occhi di tutti una volontà di mu-tilazione del proprio corpo per accedereal successo che già l’attrice mostra con lasua magrezza. Gli interventi chirurgicisono un’extrema ratio, non una praticaestrema come gli sport e le attività adre-naliniche che sembra piacciano alla Jo-lie. Soprattutto l’asportazione non lamette al riparo dal cancro, che può co-munque svilupparsi, ma che avrebbepotuto non manifestarsi mai in lei.

Va anche ricordato che la scelta del-l’operazione è quella preferita dallecompagnie assicurative che dettano lelinee guida della sanità americana: unamastectomia costa molto meno delleterapie e se a farne la pubblicità è un’at-

trice bella e famosa, il tema della pre-venzione pubblica con il quale gli StatiUniti devono confrontarsi per avviareuna vera riforma sanitaria, diventa su-bito una cosa noiosa, poco spettacolaree per niente eroica. Proprio come lascelta della Jolie, di cui il marito BradPitt ha detto: «Decisione eroica».

Ma la prevenzione funziona e haeffetti molto meno devastanti per ledonne: l’asportazione non è uno scher-zo, si perde la sensibilità al seno. Van-no inserite delle protesi, da sostituirsicon successivi interventi chirurgiciogni 10/15 anni. E resta comunque un5% di ghiandola mammaria per cui bi-sogna continuare a sottoporsi ai con-trolli di routine.

Se poi il riferimento è alle eroicheAmazzoni mitologiche, nessuna statuadell’antichità testimonia che si taglias-sero un seno per tirare meglio con l’arco:anzi sono tanto ben messe da aver fattopensare che la A che precede l’etimo diseno sia rafforzativa e non privativa.

La medicina predittiva dovrebbeservire a mettere in campo la preven-zione più adatta ad ogni individuo.L’uso, invece, che ne fa la Jolie, sembraessere il peggiore possibile e ricorda davicino la dichiarazione del presidenteBush junior che per evitare gli incendisuggeriva di eliminare gli alberi.

MedicinaProposteindecenti

diPaola BaiocchiQ uando un personaggio ai vertici dello star system lancia delle dichia-razioni scioccanti bisogna ricordarsi che si tratta di persone straor-dinariamente ben pagate per dire e fare quello che dicono e fanno.

La premessa è necessaria dopo la dichiarazione dell’attrice Angelina Jolie diessersi sottoposta a una doppia mastectomia per paura di ammalarsi di can-

Una mastectomia costa allecompagnie d’assicurazionemolto meno delle terapie

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| 56 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

internazionale???

So

Un trapano di luce nel buio del Mali > 61Maduro e il futuro del Venezuela > 64L’Iran al voto. Su una polveriera > 65

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 57 |

| stato del mondo |

realtà o bolla?stenibilità:

Il Worldwatch Institute individua nel suoRapporto 2013 una vera sostenibilità fatta di tantielementi: dal superamento del Pil al contrastoalla diseguaglianza.

«Viviamo nell’era della su-stainababble». Si apre conquesto neologismo, pres-

soché intraducibile, lo State of the world2013 pubblicato ad aprile dal Worldwat-ch Institute. Ma, se è difficile trovare uncorrispettivo italiano per il termine, cheunisce “sostenibilità” e “bolla”, il signifi-cato è chiaro. Quotidianamente ci vieneproposta una serie apparentemente ine-sauribile di prodotti, servizi e attivitàpresentati come “sostenibili”. Sono “so-stenibili” le automobili, il design, persinole Olimpiadi. Ma, così facendo, non si fache inflazionare il termine, che, pianopiano, diventa un’etichetta applicata aqualsiasi cosa risulti anche solo legger-mente meno dannosa rispetto alle pro-poste tradizionali.

Lo sviluppo sostenibile è solo un termine vuoto, un’etichetta cheindica qualsiasi cosa sia un po’ menodannosa per il Pianeta? Se, invece,indica un modello di societàè ora di renderlo praticabile

diValentina Neri

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La provocazione è drastica e non privadi una buona dose di ironia. È arrivata l’o-ra di mettere nel cassetto il concetto di so-stenibilità, ormai svuotato di significato?O, viceversa, i tempi sono maturi per con-cretizzarlo? Il presidente del WorldwatchInstitute, Robert Engelman, è netto: biso-

gna trovare un’unità di misura per la so-stenibilità. E non è impensabile come po-trebbe sembrare. La prima a parlare di svi-luppo sostenibile è stata la Commissionemondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Ven-tisei anni fa, nel documento Our CommonFuture, lo definiva come «uno sviluppo

che soddisfa i bisogni del presente sen-za compromettere la possibilità dellegenerazioni future di soddisfare i propribisogni». A questo punto basta porsi unadomanda: se le cose andranno avantiesattamente così, quali saranno le conse-guenze sui nostri figli? Partendo da que-sto presupposto si capisce che le scelte difacciata non bastano. Perché se ci limitia-mo a ragionare al ribasso, cercando solo dimigliorare leggermente rispetto al passa-to, non facciamo che spostare il problemain avanti di cinque, dieci o vent’anni. E ilproblema è uno: continuiamo a sfruttarerisorse destinate a esaurirsi. Di fatto, “con-sumiamo il Pianeta”.

Il Pianeta consumatoNel 2008 l’umanità ha consumato 68 mi-liardi di tonnellate di materiale: dai me-talli ai minerali, dai combustibili fossilialle biomasse e altro ancora. Vale a dire10 tonnellate a testa, 27 chili al giorno.

| internazionale |

| 58 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

diValentina Neri

I più instabili sono i prezzi dei cereali, cresciuti negli anniDuemila più dell’80%. Sul fronte del contrasto allaspeculazione si registra qualche novità positiva

+104,5%. Un tasso di crescita impressionante, che non è solo un dato numerico, ma tocca molto da vicino le vite di interepopolazioni. Di tanto, infatti, è aumentato l’indice globale dei prezzi alimentari fra il 2000 e il 2012. In media ogni anno i prezzi del cibo sono cresciuti del 6,5%. Nel 2012 l’aumento è del 2,7%: inferiore alla media del decennio precedente, ma sufficiente per raggiungere livelli che non si vedevano da decenni. A dirlo sono i dati della Banca mondiale, raccolti dalWorldwatch Institute nell’ultimo Vital Signs pubblicato ad aprile. Quello dei prezzi alimentari è un andamento molto particolare(vedi ). Fatta eccezione per il picco raggiunto con la crisidel 1974, fra il 1960 e il 1999 era gradualmente calato, perché domanda e offerta aumentavano parallelamente: la popolazione infatti era più che raddoppiata ma, nel frattempo,cresceva la disponibilità di aree coltivate. Da dove nasce, quindi, la netta inversione di tendenza del nuovo

millennio? Innanzitutto – spiega il Worldwatch Institute – i prezzialimentari sono diventati molto più volatili. Non è un fenomenoinedito: i rendimenti agricoli da sempre sono influenzati dallecondizioni meteorologiche. Ma i dati della Fao spiegano che la deviazione standard (vale a dire la misura dello scostamentodalla media del periodo) fra il 1990 e il 1999 era ferma a 7,7 punti.Fra il 2000 e il 2012 invece volava a 22,4. E i più instabili in assoluto sono i prezzi dei cereali, che negli anni Duemila sonocresciuti di oltre l’80%. All’inizio del 2013 mais e grano costavanorispettivamente l’11 e il 17% in più rispetto a un anno prima.Di fronte a cambiamenti così radicali, il meteo c’entra poco. A influire, piuttosto, è l’aumento della popolazione, guidatodall’Asia, che per giunta ha visto quasi raddoppiare il reddito procapite. A differenza di quanto accadeva nel secolo scorso, l’offertadi cibo non è riuscita a stare al passo: se la sua crescita fra il 1990e il 1999 era pari allo 0,44% annuo, nei dieci anni successivi si fermava al +0,35%. Colpa, secondo il Worldwatch Institute,anche del fatto che sempre più terreni vengono destinati allaproduzione di biocarburanti. Ma anche delle maxi-importazioni(come quelle di soia da parte della Cina) e, viceversa, dellebarriere all’export adottate da un numero sempre più consistentedi Stati, che hanno fatto schizzare verso l’alto i prezzi.Impossibile, inoltre, tacere sul ruolo della speculazione. Gli assetfinanziari sul cibo – scrivevamo su Valori di ottobre –, che nel2006 valevano 65 miliardi di dollari, nel 2011 ne valevano 126. Gli speculatori hanno ormai in mano il 62% del mercato deicereali; nel 1996 ne controllavano solo il 12%. Il WorldwatchInstitute è prudente e chiarisce che non è stato ancora stabilito

GRAFICO 2

Prezzi alimentari,il boom non si ferma

Indicatore di progresso reale

Pil

0

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

200619991992198519781971196419571950

GRAFICO 1 PIL E INDICATORE DI PROGRESSO REALE A CONFRONTO, STATI UNITI, 1950-2004

FONTE: W

ORLD

WATCH IN

STITUTE

[dollari per persona]

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 59 |

| internazionale |

L’equivalente di un Pianeta e mezzo. Ledifferenze tra l’uno e l’altro capo della Ter-ra, com’è facile immaginare, sono abissali:se nel Sudest asiatico la media si ferma a3,3 tonnellate ciascuno, nel Nordamericasale a 27,5. Se tutti consumassero come gliamericani, la Terra potrebbe sosteneresoltanto un quarto dell’attuale popolazio-ne. E bisogna far fronte all’avanzata deiPaesi emergenti. Negli anni Ottanta all’A-sia bastavano 4,7 miliardi di tonnellate:nel 2008 ne ha consumati 21,1 miliardi.Tendenzialmente si è portati a pensareche maggiori consumi siano associati a un

tenore di vita più alto e quindi al benesse-re. Ma, così facendo, non si tiene conto adesempio di piaghe come l’obesità, che solonegli Usa ogni anno si porta dietro 270 mi-liardi di dollari in costi sanitari. Né delleconseguenze devastanti del cambiamen-to climatico, dovuto proprio all’eccessivosfruttamento delle risorse.

Verso la “vera” sostenibilitàLa strada che il Worldwatch Institute in-dividua verso una “vera” sostenibilità èfatta di tanti elementi a cui questo gior-nale ogni mese dedica ampio spazio. Apartire dal superamento del Pil (vedi Va-lori n. 109, maggio 2013). Per il Pil – si leg-ge nel rapporto – anche un incidente auna piattaforma petrolifera è un fattorepositivo, perché la perdita di greggio an-drà ripulita e quindi si darà il via a un’atti-vità economica. Un indicatore alternativocome il GPI (Genuine Progress Indicator -vedi ), invece, esamina anche il

capitale umano, naturale e sociale, par-tendo dal presupposto per cui i beni ma-teriali servono quando migliorano laqualità della vita.

Ma un mondo più sostenibile deveanche essere meno diseguale. Servonoquindi meccanismi redistributivi delreddito, che possono essere fiscali, oppu-re passare per la riqualificazione di areedisagiate e l’accesso più equo all’istruzio-ne. O, ancora, per il contrasto all’eccessi-va finanziarizzazione dell’economia eagli incredibili squilibri fra gli stipendimilionari dei manager e quelli dei loro di-pendenti. Le imprese senza dubbio sonochiamate a fare la loro parte. Perché daloro non deriva solo il 60% dell’outputeconomico, ma anche le esternalità, valea dire gli effetti negativi per l’ambiente ela società, che nel 2008 valevano 7 milamiliardi di dollari: l’11% del volume dell’e-conomia globale. E il 35% di esse (più di 2mila miliardi di dollari) è imputabile a so-GRAFICO 1

in modo esatto il legame tra la speculazione sulle commoditiese i prezzi. Ma la società civile, capeggiata da Oxfam, alza la voceda tempo. E inizia a ottenere le prime vittorie, visto che a marzoDeutsche Bank, che alla fine del 2010 gestiva 3,8 miliardi di contratti, ha deciso di non emettere nuovi Etf sullecommodities alimentari. Il suo esempio è stato seguito all’iniziodell’estate da Commerzbank, DekaBank e dalla Banca regionaledel Baden-Württemberg, e ad agosto dall’austriaca Volksbanken.All’inizio di quest’anno sono state le francesi Bnp Paribas e CréditAgricole, e la londinese Barclays, ad abbandonare la speculazionesul cibo. Anche gli hedge fund sono in ritirata: l’agenziaBloomberg segnala che ad aprile si è verificato un calo delle

scommesse sulle materie prime che non si vedeva dal 2008. La speculazione sembra fare un passo indietro, dunque. In un momento che potrebbe rivelarsi cruciale. Complice il cambiamento climatico, infatti, i prezzi sono destinati a esseresempre più alti e sempre più variabili. L’unica soluzione, secondola Fao, è data da nuovi investimenti strutturali nell’agricoltura.Altrimenti si rischia di lasciare campo libero a un boom dei prezziche ha già mostrato le sue conseguenze pesantissime soprattuttosulle popolazioni più povere. Tra giugno del 2010 e aprile del 2011,riporta la Banca mondiale, il +57,9% dei prezzi dei cereali ha trascinato 44 milioni di persone nella condizione di estremapovertà; l’equivalente di uno Stato come l’Ucraina.

Il Worldwatch Institute,istituto di ricercafondato nel 1974 da Lester Brown, ha pubblicato ad aprile il suo annuale Rapportosullo stato del mondo,in cui si interrogasulla realizzabilitàdella sostenibilità

CONFRONTO TRA CONSUMO EQUO DELLA TERRA, MEDIA MONDIALE E PAESI AD ALTO CONSUMO [per persona]

Misure di consumo Consumo equo:1 pianeta

Media mondiale:1.5 pianeti

Alto consumo:3 pianeti

Calorie giornaliere disponibili 2.424 2.809 3.383

Consumo di carne [kg per anno] 20 40 100

Spazio vivibile [mq] 8 10 34

Persone per famiglia 5 4 3

Uso di energia in casa in GW [per anno] 8,4 12,6 33,5

Uso di energia in casa in kW/h [per anno] 2.300 3.500 9.300

Proprietà di veicoli a motore 0,004 0,1 0,5

Uso di veicoli a motore [km per anno] 582 2.600 6.600

Viaggi aerei [km per anno] 125 564 2.943

Emissioni di anidride carbonica [t per anno] 2 4 14

Aspettativa di vita [anni] 66 67 790

50

100

150

200

250

300

20102005200019951990198519801975197019651960

GRAFICO 2 PREZZI ALIMENTARI MONDIALI, 1960-2012

FONTE: W

ORLD

WATCH IN

STITUTE

[dollari Usa 2005 = 100]

Page 60: Mensile Valori n. 110 2013

le 3 mila aziende. Con il modello delleCorporation 2020, proposto da PavanSukhdev (di Deutsche Bank, lavora alProgramma ambientale delle NazioniUnite), vengono tassati l’uso di combu-stibili fossili e lo sfruttamento delle ri-sorse, più che i profitti. Si introduce unlimite alla leva finanziaria, soprattuttoper le aziende too big to fail (banche enon solo). L’attività pubblicitaria e dimarketing è monitorata da vicino e resapiù trasparente. E soprattutto si traccia-no tutte le esternalità, positive o negati-ve, in modo da includerle nel bilancio.

Così si riuscirebbe a quantificare, e li-mitare, le emissioni derivanti dai combu-stibili fossili. Ma il rapporto propone di fa-re un passo in più. Carbone, petrolio e gasnon sono insostenibili solo nel momentoin cui vengono utilizzati, ma fin dalla lo-ro estrazione. Perché, dunque, non la-sciarli almeno in parte nel sottosuolo? Ciha già provato il Costa Rica, che nel 1994aveva aperto alle esplorazioni petroliferedelle compagnie straniere, della texanaHarken Energy. Ma la società civile si èsubito mobilitata contro un’attività cheavrebbe inquinato le acque e compro-messo la biodiversità, e di conseguenza la

pesca, sostentamento della popolazione.In seguito alle proteste popolari, nel 2002è stata approvata una moratoria sull’e-strazione. In Ecuador il presidente RafaelCorrea nel 2007 ha lanciato l’ambiziosoprogetto Yasuní-ITT, che propone di la-sciare nel sottosuolo il 20% delle riserve dipetrolio note, cioè 846 milioni di barili. Iproventi della loro estrazione sono stima-ti in 7,2 miliardi di dollari in tredici anni.

L’Ecuador ne chiede la metà, circa 350milioni di dollari all’anno, alla comunitàinternazionale, chiamata a finanziarel’iniziativa in ragione della tutela dell’e-cosistema. Un’idea visionaria, ma chesta iniziando a incontrare alcune primeaperture anche dai Paesi arabi. Le pro-poste più coraggiose insomma arrivanodai Paesi del Sud del mondo, i primi a fa-re i conti con le conseguenze dello sfrut-tamento delle proprie risorse. Lo stessoEcuador, ad esempio, è tuttora coinvoltonella lunga contesa legale contro Che-vron-Texaco, che si rifiuta di pagare il ri-sarcimento da 18 miliardi di dollari a cui èstata condannata. Gli Usa invece sembra-no aver intrapreso una direzione oppo-sta. Grazie al fracking, tecnica controver-sa che si è attirata l’opposizione dellecomunità locali, riescono a estrarre riser-ve di gas naturale che in passato sarebbe-ro state inaccessibili. E vi fanno leva perraggiungere l’autonomia energetica.

Ma – afferma con forza il rapporto –non è più tempo per puntare allo svilup-po chiudendo gli occhi di fronte alle sueconseguenze. Non puntare sulla sosteni-bilità, quella vera, potrebbe rivelarsi unascelta da pagare a caro prezzo.

| internazionale |

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«Nella lingua Bambara latorcia elettrica è chiama-ta “trapano del buio”, co-

me dire che il problema non è illuminare,ma tagliare l’oscurità; similmente ho pen-sato che servisse uno spazio per svolgerele attività collettive, ovvero un’ “ombrad’albero nella notte” sotto una luce inten-sa e netta, quasi teatrale», così raccontaMatteo Ferroni, architetto e ideatore dellampione protagonista della copertina diValoridi marzo scorso. L’abbiamo intervi-stato per scoprire la genesi di un progettointernazionale che funziona in Mali comeponte tra cultura e tecnologia sostenibile:«Ho pensato alla luce come un fenomeno

culturale e non un’innovazione tecnolo-gica. Anzi, la tecnologia è stata la conse-guenza ed è valorizzata proprio da aspet-ti culturali come l’organizzazione socialee il linguaggio. Perché tradizionalmente,nei villaggi, persone e cose appartengonoa un gruppo, esiste cioè il bene collettivo,ovvero un oggetto di cui non si è proprie-tari, ma custodi! Così ho pensato che an-che la luce potesse diventare un utensilecomunitario di coesione sociale, invece diun prodotto di consumo individuale».

C’è stata interazione con gli abitanti?Il lavoro è nato come ricerca, senza l’a-spettativa di un seguito immediato. Quin-

di non me la sentivo inizialmente di coin-volgere gli abitanti e ho cominciato a os-servare con discrezione, preferendo gliappunti scritti alle foto. I primi a interes-sarsi al mio lavoro sono stati alcuni gio-vani, anche laureati, che poi hanno costi-tuito un’associazione per diffondere leluci nella comunità. L’interazione con gliabitanti dei villaggi è cominciata quandoho fabbricato il primo prototipo.

Quale rapporto hanno gli abitanti dei villaggi con la tecnologia, l’energia e la luce?La tecnologia fa parte della loro vitaquotidiana: telefonini, torce elettriche,pannelli solari, radio, macine meccani-che, scooter, vaccini, semenze seleziona-te. Di notte limitano però le attività allefasi di luna piena o alla disponibilità dilanterne a petrolio e torce elettriche. Mala cosa più affascinante credo che sia il

Un piccolo lampione a energia solare ricavato da pezzi di vecchie bici,pensato per essere costruito e utilizzato con facilità. L’idea è di un architettoitaliano per un progetto internazionale che rischiara le notti e migliora la vita dei villaggi africani del Mali

| internazionale | energia solidale |

Un trapano di lucenel buio del MalidiCorrado Fontana [foto Matteo Ferroni, www.eland.org]

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rapporto che c’è tra uomo e macchina.Ogni macchina ha un suo operatore chesa farla funzionare e ne va orgoglioso.Un’intimità che mi sembrava importan-te mantenere, dando alla luce un suooperatore, ovvero i bambini, che in fon-do sono anche una fonte di energia.

Come la sua invenzione sta trasformando la vita nei villaggi?Questa luce aiuta a unire le persone inattività collettive (il mulino, l’alfabetiz-zazione, la raccolta dell’acqua alla fon-tana, l’abbattimento di bestiame pervendere la carne e le cerimonie) o vienenoleggiata individualmente per impie-ghi come la vendita di legna al bordodella strada, lavori artigianali, i parti.

Inaspettata è stata però la rapidità concui è entrata nelle abitudini e alcuni usiprima inimmaginabili, come la vaccina-zione dei pulcini o le sepolture notturne:di norma in queste comunità i morti siseppelliscono prima del tramonto o do-po l’alba, perché il cimitero si trova ap-pena fuori dal villaggio, e per conservareil corpo durante la notte usano massag-giarlo con erbe. Però, nella stagione piùcalda, questo non basta a evitare la de-composizione (soprattutto dei bambini),e allora, quando qualcuno muore nel po-meriggio, va tumulato prima del tra-monto, perché con le pile non c’è abba-stanza luce per farlo di notte, e ciòimpedisce a conoscenti e parenti chevengono da più lontano di arrivare in

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tempo per dare l’ultimo saluto. In tali ca-si ho visto perciò usare il lampioncinoportatile, per aspettare il momento giu-sto e andare al cimitero a seppellire ilcorpo anche col buio.

Qual è lo stato di sviluppo del progetto?Abbiamo lavorato su un’area di 70 vil-laggi con 36.500 abitanti. Ad oggi ci sono42 luci in 10 villaggi: essendo un oggettocollettivo si riesce a soddisfare le neces-sità reali di un villaggio con 4-6 lam-pioncini portatili, invece di decine dilampioni pubblici. Fabbricare una lucecosta 240 euro e richiede una piccolabatteria da 12V/12A che alimenta un mo-dulo Led che illumina per 6 ore. I prossi-mi passi saranno quelli di far fabbricare

il modulo Led localmente per abbatterei costi e rifornire altri 10 villaggi. Ed èstata una bella sorpresa vedere che al-cuni villaggi hanno raccolto spontanea-mente 60 vecchi telai di biciclette perfabbricare altre luci.

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SITI INTERNETSul sito web www.elandworkshop.org si trova un videodell’esperienza di Foroba Yelen (come è chiamata nellalingua locale la luce collettiva dei lampioni) e molteinformazioni sul progetto sviluppato dalla FondazioneeLand, insieme con ADM Faso Gnetàa (associazione digiovani nata a sostegno del progetto nel CommuneRurale de Cinzana) e con il supporto della Casa delleculture del mondo di Berlino (Haus der Kulturen derWelt - www.hkw.de).

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Il 14 aprile scorso il candidato cha-vista Nicolás Maduro ha vinto leelezioni presidenziali venezuelane

sconfiggendo il leader dell’opposizioneHenrique Capriles con uno scarto mini-mo. Le accuse di brogli non sono mancatee gli Stati Uniti non hanno ancora ricono-sciuto ufficialmente il risultato. Maggio-ranza e opposizione si scambiano accusepesantissime: una rissa divampata du-rante una sessione del parlamento si èconclusa con sette feriti. Gli scontri per lestrade dopo le elezioni hanno lasciato sulterreno sette morti. «Niente brogli, le ele-zioni sono state regolari – sostiene Alfre-do Luis Somoza, giornalista e presidentedi Icei (Istituto Cooperazione EconomicaInternazionale) – solo che ci sono statidue vincitori: Chávez e Capriles. Non cer-to Maduro». Il delfino dello storico leaderbolivariano, insomma, sembra aver con-

quistato la vittoria grazie soprattutto alcredito di consenso accumulato dal suopredecessore. Un tesoretto di popolaritàche si è eroso negli ultimi mesi dopo esser-si già ridotto progressivamente, per altro,tra il picco del dicembre 2006 e l’ottobredello scorso anno, in occasione dell’ulti-ma vittoria di Chávez ( ).

Il fattore C (come Cuba)Nel corso di quei sei anni Nicolás Maduroha trascorso molto tempo a Cuba comeministro degli Esteri. Un ruolo preziosoche potrebbe essere stato addirittura deci-sivo nel superare l’altro aspirante candi-dato, il presidente dell’Asemblea Nacional,Diosdado Cabello Rondón. Il petrolio lowcost di Caracas è un sostegno fondamen-tale che Cuba, ricorda ancora Somoza,avrebbe ricambiato con un apporto decisi-vo nei servizi di sicurezza di Caracas. Il mu-

tuo scambio, accompagnato dalla volontàdi Chávez di rafforzare un fronte comunecon i governi più “vicini” del Subcontinen-te (Ecuador, Bolivia e Nicaragua) avrebbefatto il resto. «Chávez con ogni probabi-lità non è morto lo scorso 5 marzo a Cara-cas – sostiene ancora Somoza – ma è de-ceduto a Cuba qualche settimana prima.Il suo decesso è stato probabilmente te-nuto nascosto in attesa di risolvere il no-do della successione, sul quale L’Avanaavrebbe avuto un peso decisivo favoren-do la scelta del fedelissimo Maduro».

I diavoli di MaduroA due settimane dalla sua vittoria eletto-rale, Maduro ha accusato l’ex presidentecolombiano Álvaro Uribe di essere allatesta di un complotto per assassinarlo.Nello stesso periodo, ha definito pubbli-camente Obama el jefe mayor de los dia-blos (il grande capo dei diavoli), compien-do così una pessima mossa diplomaticasulla strada del riconoscimento del risul-tato elettorale da parte di Washington(necessario al rafforzamento della sualeadership) e tradendo, di fatto, gli inse-gnamenti del suo predecessore. Unoche, come noto, amava sì la retorica antiyankee, ma non difettava certo di sensi-bilità nei confronti delle priorità politi-che. La stesse priorità, per altro, con cuidove fare i conti oggi Maduro, chiamatoa invocare aiuti energetici e alimentari aBrasile, Argentina e Uruguay. Ad aprilel’indice di scarsità elaborato dalla Bancacentrale venezuelana, l’indicatore chemisura la difficoltà di reperimento deibeni di consumo, ha raggiunto il 21,3%, illivello più alto dal 2009. L’anno in cui so-no iniziate le misurazioni.

GRAFICO

“Il nostro agente all’Avana”Nicolás Maduroe il futuro del VenezueladiMatteo Cavallito

L’ex ministro degli Esteri e fedelissimo di Chávez ha conquistato la poltronapresidenziale. Ma il consenso è ai minimi storici. E la tensione è alle stelle

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VENEZUELA: DIVARIO MAGGIORANZA/OPPOSIZIONE ALLE PRESIDENZIALI 1998-2013

FONTE: C

ONSEJO

NACIONAL ELE

CTORAL (W

WW.CNE.GOB.VE), NOSTRA

ELA

BORAZIONE. D

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ERCENTUALI. LA CONSULTAZIONE DEL 15 AGOSTO 2004

CONSISTEVA IN

UN REFE

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| internazionale | osservatorio medioriente |

C’erano anche 12 donne tra i 686candidati che si sono presen-tati per le elezioni presiden-

ziali iraniane del 14 giugno. Il Consigliodei Guardiani della Costituzione, ha co-municato gli 8 nomi selezionati con l’ap-provazione dall’Ayatollah Ali Khamenei.L’attuale presidente Ahmadinejad non èpiù rieleggibile dopo due mandati e an-che il suo pupillo, il consuocero EsfandiarRahim Mashaei, non potrà partecipare al-le elezioni. Escluso anche il moderato expresidente Hashemi Rafsanjani, non ab-bastanza allineato con Khamenei.

La situazione del Paese non è facile:crescono le pressioni di Israele, con Ne-tanyahu che ha più volte dichiarato diconsiderare il 2013 l’anno fatidico perfermare lo sviluppo dell’atomica irania-na. E a gennaio il giornale britannicoSunday Times ha riportato la notizia diun’esplosione in profondità nella cen-trale di Fordow. Poi il Sunday Times harivelato un’intesa per una cooperazionemissilistica tra Israele, Arabia Saudita,Emirati Arabi Uniti, Turchia e Giorda-nia, chiamato patto della Mezzaluna,contro possibili attacchi iraniani. La regiasarebbe di Washington, che in funzioneanti iraniana ha in preparazione anche

un super sistema di difesa nel Qatar, co-me riportato dal Wall Street Journal, a in-tegrazione della Al Udeid Air Base.

Saltato l’import/export Italia-IranL’Iran viene dipinto come un Paese cana-glia, non solo dai media italiani, ma anchedal Consiglio dell’Unione europea che hainasprito l’embargo perché sospenda ilprogramma nucleare. Anche se non è pro-vato sia per fini militari. L’embargo dan-neggia l’Iran, dove scarseggiano i medici-nali e la valuta pregiata come l’euro.

Ma nuoce molto anche all’Italia che,con 3,41 miliardi di euro l’anno, è il primoimportatore europeo di petrolio iraniano,per il quale abbiamo raffinerie adatte. Edè il secondo partner commerciale euro-peo del Paese verso il quale secondo l’Isti-tuto per il commercio estero nel 2011 ab-

biamo esportato per 1,04 miliardi di euro(meno 21% rispetto al 2010 a causa delleprecedenti sanzioni). Con l’embargo ab-biamo perso lo sbocco per prodotti stru-mentali, materiali per concerie, veicoli etrattori, farmaceutici, carta, stoffe, abbi-gliamento. Abbiamo bloccato il compartoalimentare, cresciuto del 250% nel 2011.Fatto saltare commesse di caldareria perserbatoi per gas o petrolio. Mentre nonpotremo esportare in Iran tecnologie peril settore della cantieristica navale o co-struire nuove petroliere per Teheran, no-nostante i nostri cantieri siano in crisi.

Intanto i pistacchi iraniani che co-prono il 54% della produzione mondialee sono considerati i migliori del mondosono scomparsi dagli scaffali dei super-mercati e delle botteghe equosolidali.Sostituiti dai pistacchi del Texas.

L’Iran al votoSopra una polverieradiPaola Baiocchi

Medicinali e valuta pregiata comel’euro cominciano a scarseggiare a causa dell’embargo dell’Unioneeuropea. L’accerchiamento condotto da Israele, assieme alle principalimonarchie del Golfo e agli Usa, mettea dura prova la popolazione.

Nessun riformista tra gli otto prescelti, Moussavi e Karroubi, tra i protagonisti dellemanifestazioni dopo le elezioni del 2009 sono ancora bloccati agli arresti domiciliari. I candidati sono tutti fedelissimo di Khamenei e già inseriti con diverse responsabilità in ruoli istituzionali. Il candidato visto come favorito è il segretario del SupremoConsiglio per la Sicurezza Saeed Jalili, 47 anni, stretto collaboratore di Khamenei ecapo negoziatore sul dossier nucleare che per il suo incarico è conosciuto dadiplomatici occidentali di alto livello in sedi internazionali. C’è poi Mohammad Gharaziex ministro delle Telecomunicazioni; l’ex direttore del Centro per le ricerche strategicheHassan Rohani; l’ex primo vice presidente Mohammad Reza Aref; il capo del Consiglio di discernimento degli interessi dello Stato Mohsen Rezaei. Ammesso il sindaco di Teheran Mohammad-Baqer Qalibaf, che si presenta appoggiato da sostenitori cheindossano sciarpe o braccialetti gialli, che ricordano il voto del 2009 quando i sostenitori di Mousavi mettevano qualcosa di verde. L’ultra conservatore Qalibaf, 52 anni, molto vicino a Khamenei, è un ex comandante della forza aerea delle guardierivoluzionarie e un ex capo della polizia iraniana. Si era presentato in una coalizioneformata anche dall’ex ministro degli Esteri Ali Akbar Velayati e Gholam Ali Haddad Adel,ex presidente del Parlamento, anche loro ammessi. Pa. Bai.

LA ROSA DEGLI OTTO CANDIDATI

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CHERNOBYL CAPITOLO CHIUSO SOLO NEL 2065

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altrevoci

CO2, AUMENTANO LE EMISSIONIMA L’AGRICOLTURA È PIÙ EFFICIENTE

Nel corso del 2010, l’ultimo anno per il quale sonodisponibili dati più recenti, le emissioni gassose prodottenel settore agricolo a livello globale hanno raggiuntoquota 4,69 miliardi di tonnellate di CO2 con un aumentodel 13% nello spazio di vent’anni. Il livello di emissioniannuali derivanti dal trasporto hanno raggiunto nellostesso periodo i 6,76 miliardi di tonnellate contro i 12,48registrati nella produzione di energia elettrica. Il ritmo di crescita delle emissioni greenhouse è comunqueinferiore di 1,6 volte al tasso di espansione del segmentoagricolo evidenziando così un aumento dell’efficienzaenergetica di tali attività. Lo ha segnalato a maggio il VitalSigns Online service del Worldwatch Institute(www.worldwatch.org). Le principali cause di emissioninel settore sono da attribuire alla decomposizione dellematerie organiche e alla digestione animale. Questeultime, in particolare, sono cresciute del 7,6% nelventennio in esame (1990-2010) con enormi variazioni a livello continentale: +51,4% in Africa, +28,1% in Asia, -16,1% in Oceania, -48,1% in Europa. Nella Top 5 dellenazioni caratterizzate dalle maggiori emissioni dallecoltivazioni organiche ci sono ben quattro Paesi asiatici:Indonesia (278,8 milioni di tonnellate), Papua NuovaGuinea (40,8), Malesia (34,5) e Bangladesh (30,6).

[M.CAV.]

CLIMA, A RISCHIO LA VITA SULLA TERRA

Oltre il 50% delle specie vegetali attualmenteconosciute, e un terzo di quelle animali, rischiano di non riuscire a sopravvivere al di là del 2080. Ad affermarlo è un rapporto dell’università inglese di East Anglia, che punta il dito contro il cambiamentoclimatico. Secondo l’analisi, le emissioni di gas a effettoserra porteranno il Pianeta a vedere la propriatemperatura media più alta, alla fine del secolo, di circa4 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Lo studio ha riguardato quasi 49 mila specie: di queste – secondo le conclusioni pubblicate sulla rivista NatureClimate Change – le più a rischio sono alcuni tipi di piante, anfibi e rettili, che risultano penalizzati a causadel loro ritmo di adattamento ai cambiamenti (più lentorispetto alla media). Quanto alle zone maggiormentecolpite dal riscaldamento dell’atmosfera, il rapportole individua nell’Africa sub-sahariana, nell’Americacentrale, nell’Amazzonia e nell’Australia.Ma i ricercatori britannici sottolineano che probabilmentei risultati a cui sono giunti sono perfino sottostimati. Essi si basano, infatti, sul mero aumento delletemperature, non tenendo conto degli eventi estremi e delle possibili catastrofi naturali che si produrranno a causa del cambiamento climatico. E che potrebberoaccelerare il processo di estinzione di alcune specie.

[A.BAR.]

SUDAMERICA, SAVE THE CHILDREN:MEGLIO NASCERE A CUBA

Save the Children, organizzazione internazionale per la tutela dei diritti dei bambini, ha recentementepubblicato il suo quattordicesimo Rapporto sullo statodelle madri nel mondo. In testa alla classifica, che mettea confronto le condizioni di mamme e bambini in 176Paesi, ci sono la Finlandia, la Svezia e la Norvegia. Primotra i Paesi dell’America latina è Cuba, al 33° posto, avantirispetto all’Argentina (36°), al Cile (51°), al Brasile (78°).La classifica si basa su fattori come le condizionigenerali di salute, il livello d’educazione, quelloeconomico e politico delle madri. Ma viene preso in considerazione anche il benessere dei bambini, cheinclude il tasso di mortalità prima dei cinque anni e lapercentuale dei denutriti. L’Italia consegue un onorevole17° posto, mentre gli Stati Uniti sono al 30°: tra i Paesiindustrializzati gli Usa guidano la classifica per mortalitàdei neonati, ogni anno più di 11 mila bambini muoionodurante il primo giorno di vita. Le condizioni d’istruzioneed economiche sono soddisfacenti, ma non è lo stessoper quanto riguarda la salute delle madri, del benesseredei bambini (rispettivamente al 46° e al 41° posto) e la partecipazione politica (89°). Gli ultimi dieci postidella classica sono occupati da Paesi dell’Africa sub-sahariana, mentre l’ultimo Paese in assoluto è la Repubblica democratica del Congo.

[PA.BAI.]

Centottanta miliardi di dollari nei prossimi tre anni. È la cifra mastodontica che si potrebbe dover sborsareper mettere in sicurezza il sito nucleare di Chernobyl. A dichiararlo, in occasione del 27esimoanniversario dell’incidente, è stato il presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, che ha spiegato come, «al fine di ridurre le perdite economiche conseguenti alla catastrofe», sia necessario «proporre un programma per tutte le regioni coinvolte dall’esplosione della centrale nucleare del 1986».Ad oggi – ha sottolineato il quotidiano ambientale francese Enerzine – resta ancora moltissimo lavoroda fare per le 2.700 persone che lavorano nella centrale. Per questo il parlamento ucraino si è vistocostretto a deliberare un programma in quattro tappe: l’estrazione del combustibile nucleare (da completare nel periodo 2010-2013), la conversione dei reattori (2013-2022), l’abbassamento deilivelli di radioattività (2022-2045) e infine il definitivo smantellamento (2045-2065). È chiaro, dunque,che quasi un secolo dopo il disastro, il mondo potrebbe avere ancora gli occhi puntati su Chernobyl!Alla fine di aprile il primo ministro ucraino Mykola Azarov ha annunciato che i lavori per la costruzionedel nuovo “sarcofago” di sicurezza dovrebbero essere conclusi entro il 2015.

[A.BAR.]

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| LASTNEWS |

THE ECONOMIST: PERCHÉ I BANCHIERI NON VANNO MAI IN CARCERE

GLI STRANI AFFARI DI GOLDMAN SACHS IN MALESIA

Nello scorso mese di marzo, il fondo malese 1MDB,domiciliato alle Isole Vergini Britanniche e sotto il direttocontrollo del governo di Kuala Lumpur, avrebberastrellato circa 2,7 miliardi di dollari, cedendo alla bancad’affari Usa Goldman Sachs obbligazioni pari a un valorenominale di 3 miliardi. Lo ha riferito, proprio alla vigiliadelle elezioni locali (5 maggio) il Financial Times, citandoalcuni documenti ottenuti in esclusiva. L’operazione, che consentirebbe a 1MDB di ottenere la liquiditànecessaria per finanziare una joint venture con il fondosovrano di Abu Dhabi, è la quarta transazione condottadalla banca con il governo malese: solo di commissioniGoldman ha già incassato 200 milioni di dollari. I titoli, ha precisato Bloomberg, sono stati ceduti con un tasso di interesse del 4,4% (141 punti base in più rispetto al benchmark del bond sovrano in scadenza nel 2012),poi calato, sei settimane dopo, a quota 3,76,determinando un profitto del 5,7% per gli investitori. «Se dovessimo andare al potere combatteremmo perrecuperare quel margine di profitto che spettalegittimamente al governo malese», ha dichiarato il leader politico Wong Chen, uno dei principali esponentidella coalizione di opposizione. Alle elezioni, la maggioranzauscente è stata riconfermata tra accuse di brogli.

[M.CAV.]

USA, «DA NOVARTIS TANGENTI AI FARMACISTI»

La giustizia americana ha fatto sapere alla fine di aprile di aver avviato un procedimento contro il colossofarmaceutico svizzero Novartis. L’accusa è gravissima:aver accordato sconti illegali ai farmacisti, in cambio del loro assenso a favorire la vendita di un farmaco, il Myfortic. In poche parole, tangenti per garantirsideterminati livelli di business.Secondo la denuncia presentata dalle autoritàstatunitensi, Novartis – a partire dal 2005 – avrebbeconvinto almeno una ventina di farmacie a «orientaremigliaia di pazienti che erano stati sottoposti a trapianti»a utilizzare il prodotto, proponendo «tangenti sotto formadi sconti e promozioni». In particolare, a un farmacista di Los Angeles sarebbe stato accordato il 5% delle venditeannuali del Myfortic (ossia l’equivalente di centinaia di migliaia di dollari) per convincere tra 700 e 1000pazienti a scegliere il farmaco prodotto da Novartis. In questo modo il colosso svizzero si sarebbeaccaparrato tra l’altro decine di milioni di dollari dirimborsi pubblici, legati ai programmi sanitari americani.Da parte sua, l’industria farmaceutica respinge ogniaddebito, annunciando che si difenderà in tribunale.

[A.BAR.]

IL NUOVO BOOM DELLE BIOTECNOLOGIE

Dalla fine del 2011 a oggi le società del settorebiotecnologico hanno guadagnato il 75% evidenziandouna performance tre volte superiore alla media deiprincipali indici delle borse mondiali (25%). Lo ha riferitol’associazione Altroconsumo. Il boom del settore che,evoca l’âge d’or di fine anni ’90 - inizio 2000, troverebbe la sua spinta essenzialmente in una coppia di fattori.In primo luogo, il record di approvazioni di nuovi farmacida parte delle autorità di controllo americane che, nel corso del 2012, avrebbero dato il nulla osta allacommercializzazione di 39 nuovi prodotti, il numero piùalto registrato dal 1996. In secondo luogo, un rinnovatointeresse da parte delle case farmaceutiche, tuttora alleprese con la scadenza di molti brevetti di farmaci e allaricerca quindi di nuovi prodotti per rimpiazzarli. «Moltehanno lanciato Opa su società biotecnologiche e questoha galvanizzato il mercato», sottolinea Altroconsumo,visto che «quando si vuole comprare una società quotatabisogna offrire un bel ricarico sul prezzo di Borsa». Diversesocietà del settore, precisa ancora l’associazione,sarebbero tuttavia ancora poco diversificate: «basta unoslittamento dei tempi in fase di approvazione per creareloro notevoli problemi a livello finanziario, con ovvieconseguenze negative sul prezzo in Borsa».

[M.CAV.]

Dallo scoppio della crisi ad oggi gli scandali finanziari hanno accompagnato la cronacagiudiziaria sui giornali di tutto il mondo. Ma, nonostante la miriade di cause e processi, i banchieri in carcere sono un’eccezione. È la riflessione condotta dall’Economistin un articolo pubblicato nel primo numero di maggio. Ad oggi, scrive il settimanalebritannico, nessun banchiere del Regno Unito accusato di reati finanziari si ritrova a viveredietro le sbarre visto che i condannati se la sono cavata con sanzioni pecuniarie o sempliciinterdizioni temporanee dal loro ruolo. Stesso discorso per gli Stati Uniti dove la FederalDeposit Insurance Corporation ha promosso più di 40 azioni legali dal 2010 che solo in pochissimi casi si sono tradotte in processi penali. Una mano leggera che, nota ancora il settimanale, stona in modo particolare con la linea dura scelta dalle autorità Usa in passatoe ben rappresentata dalle azioni legali condotte contro oltre 800 banchieri in occasione del famigerato scandalo savings and loan negli anni ’80. In Brasile, ricorda ancoral’Economist, il fondatore di Banco Santos, Edemar Cid Ferreira, è stato riconosciuto colpevoledi “crimini contro il sistema finanziario nazionale” e riciclaggio dopo il fallimento della suabanca avvenuto nel 2005. Ad oggi sta scontando una condanna a 21 anni.

[M.CAV.]

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| FUTURE |

Si chiama FairPhone e viene pubblicizzato come il primo cellulare etico. Dopo gli anni di dominio Nokia, poi Apple e ora Samsung, malgrado le campagne promozionali che strizzavano l’occhio al green e a una vita consapevole, è tempo di ragionare su materiali,accordi di lavoro e materie prime. Passare, insomma, dalla comunicazione alla sostanza.Numerose le realtà coinvolte nel progetto che, dopo essere stato annunciato nel 2011, si appresta ad arrivare nella grande catena di distribuzione. Conflict-Free ha selezionatomateriali in Africa che fossero estratti nel rispetto dei lavoratori e senza alimentare i conflittiregionali e i Signori della Guerra; Labor Voices ha curato il monitoraggio delle condizionilavorative per evitare il ripetersi di casi Foxconn (l’azienda cinese che produce materiali perApple in cui si sono registrati casi di suicidio per lo stress derivante dalle condizioni di vita e di lavoro). Altre Ong e Onlus stanno lavorando su comunicazione, verifica della filieraproduttiva e distribuzione. On line su Vimeo “Nous Sommes FairPhone”, spot dell’iniziativa.

BANDI, VOUCHERE NESSUN FINANZIAMENTO

Più che di future parliamo di pessime politiche delpassato: bandi aperti in Rete con chiusura pochi giornidopo e che prevedono verifiche complesse e fidejussionida depositare nelle casse comunali per chi non sia statoavvertito prima; iniziative “per favorire l’imprenditoriagiovanile” che farebbero scappare qualsiasiimprenditore; voucher per fare colloqui e business planche nessuno probabilmente leggerà mai ma i cui bandiservono essenzialmente a pagare le società di consulenza e servizi che le varie PubblicheAmministrazioni e Camere di Commercio coinvolgonocome “tutor”. Tanto fumo, come da vecchia scuola degliuffici stampa e comunicazione, e quasi mai sostanza. Per gli aspiranti startupper e imprenditori l’Italia non è un Bel Paese e Milano sembra guidare, malgrado il cambio di amministrazioni comunali e regionali, questatendenza. Ultimo in ordine di tempo, ma curioso perassurdità, un bando del Comune di Milano per assegnareimmobili Aler ad uso commerciale. Sulla carta, comesempre, l’iniziativa è lodevole: corsia preferenziale perchi vuole aprire una libreria, canone maggiorato per altreattività. Se si entra nel merito si trovano immobili a voltefatiscenti, in fondo a strade chiuse e in un caso una ex toelettatura per cani con ancora peluria sugli scaffali,nessun bagno e una cantina ammuffita. Per gli aspirantiimprenditori senza famiglie e capitali alle spalle, Milanodecisamente non è un Paradiso.

MATERIALI ON LINE PER UN’EXPO INNOVATIVA

SiExpo è una iniziativa promossa dalla branca italiana di Material Connexion, biblioteca di materiali presente a New York, Tokyo, Istanbul e Milano. Sul sitodell’iniziativa vengono catalogati i materiali piùinnovativi nei diversi ambiti di produzione, con un occhiopuntato sulla sostenibilità. Obiettivo dell’iniziativa è creare un luogo di incontro tra industrie, designer e chi crea innovazione nei materiali. La grandeesposizione universale, oggetto negli ultimi anni di speculazioni politiche e urbanistiche, muoveintelligenze internazionali fungendo da catalizzatore di start-up e nuove iniziative che la intendono utilizzarecome vetrina. Tra i materiali cui punta maggiormentel’iniziativa vi sono le nanotecnologie per materialiantibatterici e le tecniche di riutilizzo creativo di materiali usati. Il made in Italy è al centro del progettoe la declinazione non è solo sui classici settori di moda e design ma allargata alle frontiere della ricerca e sperimentazione su prodotti di laboratorio“assimilabili”, per sensazione tattile o funzionalità, ai classici materiali della produzione artigianale comelegno o ceramica.

FINANZIARSI IN RETE ANCHE IN ITALIA

Ormai è un appuntamento fisso in questa rubrica: il crowdfunding sta prendendo piede in Italia e le opportunità per giovani e imprese creative sonointeressanti. MusicRaiser lancia, tra le altre iniziative,una raccolta fondi per ripubblicare in vinile la discografiadei Csi, gruppo simbolo del passaggio dal post punkitaliano a una ricerca sonora e testuale profonda. E c’è chi si autopromuove sul territorio come il collettivoRatafolk che sottopone agli utenti il suo progetto di autofinanziamento offrendo cd, mp3, vinile e workshop a chi sosterrà il primo live. I fondi richiesti, per i progetti più disparati (dalla catena di “swap” perscambiare abiti al documentario in Africa o Mongolia alla ricerca etnografica) variano quasi sempre da pochemigliaia a qualche decina di migliaia di euro concontributi liberi da dieci euro in avanti. Le note casehistory del browser indipendente Firefox e dell’enciclopedia costruita dagli utenti Wikipedia ci dimostrano che un nuovo modo di finanziarsi puòesistere, basta avere coraggio e costanza nel proporsi.

UN CELLULARE PIÙ CORRETTO

a cura di Francesco Carcano | per segnalazioni scrivete a [email protected]

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| TERRAFUTURA |

Il commercio equo è ormai una realtà consolidata da anni. Ma, soprattutto per chi vive al di fuori delle grandi città, può non essere così semplice raggiungere una delle botteghe in cui acquistare capi d’abbigliamento e accessori che siano stati prodotti nel Sud del mondorispettandone le tradizioni, l’ambiente e le giuste condizioni di lavoro. A dare una rispostaancora una volta è il web, con Trame di Storie, il primo negozio on line specializzato nellamoda equa e solidale. L’iniziativa è della cooperativa ferrarese altraQualità, attiva da più di dieci anni. I prodotti di Trame di Storie vengono da Bangladesh, India, Vietnam, Colombia,Guatemala, Egitto. Paesi difficili, che spesso finiscono sotto i riflettori per le condizionitutt’altro che eque imposte negli enormi stabilimenti gestiti dai giganti industriali: ne è un esempio recente, e tragico, la strage di Rana Plaza. Ma è proprio per questo che ognianno lo staff della cooperativa fa visita ai lavoratori, per verificare le loro modalità di lavoro e per collaborare con loro nella creazione dei modelli.www.tramedistorie.it

LA STRADA PER IL COMMERCIO EQUO È ON LINE

LA MODA CHE NASCE DALLE PIANTE

«Si prendono le foglie e si mettono sul tessuto, che deveessere esclusivamente naturale. In seguito questotessuto viene piegato, arrotolato, legato strettamente e messo in una pentola insieme ad altre erbe chefungono da bagno tintorio. Si fa bollire il tutto perqualche ora e lo si lascia riposare per un paio di giorni.Alla fine, quando si apre il tessuto, è sempre unasorpresa, perché non si ha mai la certezza di quello chesarà il risultato finale: sono tutti pezzi unici». Così LauraDell’Erba, in arte Lalazoo, descrive la tecnicadell’ecoprint, una particolare modalità di tintura a impattozero che non usa nulla di sintetico. L’ha appresa da un’artigiana israeliana, allieva di India Flint, la “guru”di questo metodo. E ha scelto l’ecoprint per le suecreazioni, che realizza nel laboratorio di Cilavegna, in provincia di Pavia, e che abbiamo incontrato all’ultimaedizione milanese di “Fa’ la cosa giusta”. Sopravvivere – racconta – non è facile. Ma capi così particolaripossono incuriosire sia le persone alla ricerca di un vestire “sano”, sia chi ha un occhio di riguardo per uno stile ricercato e fatto di pezzi unici.www.lalazoo64.blogspot.com

LE TRADIZIONI AGRICOLE CHE AIUTANO A CRESCERE

Quella degli istituti penali minorili è una realtà senzadubbio molto delicata, fatta di ragazzi che vivono unafondamentale fase di formazione. Magari, però,riscoprire il legame con la terra può aiutare alcuni di loroa trovare la propria strada. Nasce con questo obiettivo il nuovo progetto di Aiab, l’Associazione italiana perl’agricoltura biologica, volto a realizzare sei orti bioall’interno degli istituti di Palermo, Roma, Pontremoli,L’Aquila, Airola e della comunità Borgo Amigò di Roma.Negli scorsi mesi i ragazzi hanno frequentato i corsipreparatori e, durante l’estate, saranno impegnati a coltivare piante antiche e autoctone (dalle erbearomatiche ai legumi a curiose varietà di peperoncino)fornite dalle aziende socie di Aiab. «Negli istituti minorili– spiega Anna Ciaperoni, responsabile agricolturasociale di Aiab – il turn over è piuttosto frequente quindii ragazzi seguono quest’attività per qualche mese,acquisendo un bagaglio di esperienze che possonotornare utili in futuro. Spesso capita che anche quelli che inizialmente erano più scettici piano piano si appassionino al lavoro a contatto con la natura».www.aiab.it

A FIRENZE SI APRE IL SIPARIOSULLA DISABILITÀ

C’è un ristorante, nella suggestiva cornice della zonastorica di Firenze, gestito da una cooperativa sociale di tipo B che ha deciso che i “suoi” nove ragazzi, con disabilità intellettiva e sensoriale, debbano avere un ruolo molto particolare. Perché non sono, comespesso accade, impiegati in inserimenti socio-terapeuticio come dipendenti: al contrario, sono soci a tutti gli effetti. Questo ristorante si chiama “I ragazzi di sipario”, è aperto dal 2007 e offre piatti tipici toscani,preparati con ingredienti a km zero prodotti da altrecooperative della zona. Ma i ragazzi disabili sono i protagonisti di un piccolo arcipelago capeggiatodall’associazione di promozione sociale Sipario. Un arcipelago di cui, spiega il presidente Marco MartelliCalvelli, fanno parte anche una Web Tv e Made in Sipario,un laboratorio artigianale che da pochi mesi ha apertoun nuovo punto vendita nel capoluogo toscano.www.iragazzidisipario.it www.sipariotv.itwww.madeinsipario.com

a cura di Valentina Neri | per segnalazioni scrivete a [email protected]

Page 70: Mensile Valori n. 110 2013

| 70 | valori | ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 |

| NARRATIVA |

a cura di Michele Mancino | per segnalazioni scrivete a [email protected]

LA VITA DEI PARTITI TRA SPERANZE E ILLUSIONI

RITROVARE LA MEMORIA DELLE ORIGINI

Quando si decide di raccontare la propria storia è perchési vuole lasciare una testimonianza alle futuregenerazioni per aiutarle a costruirsi un’esistenzapartendo dalla memoria delle origini. La vita di Masal PasBagdadi raccontata nei libri ha incontrato l’interesse dei lettori, indipendentemente dalla loro appartenenzaculturale, etnica o religiosa, perché il suo destino,segnato dalla fuga ad appena cinque anni da chi la voleva uccidere soltanto perché ebrea, è lo stesso di molte persone costrette a fuggire dalle persecuzionirazziali. «A piedi scalzi nel kibbutz non bastava di sicuroa salvare i ricordi e i pensieri depositati dentro di me. E mentre lo presentavo al pubblico sentivo che ancoradovevo fare i conti con il passato, e soprattutto con il presente, per far diventare l’Italia il mio Paese di adozione. Ho deciso così di continuare ad andare in giro per il Paese e raccontare ancora e ancora, e in viaggio ho scoperto gli italiani, un popolo affettuosoe accogliente. A ogni incontro si ricreava quella magiainaspettata: io e gli altri, gli altri e me, le distanze si accorciavano e la gratitudine reciproca era sincera».

Pas Bagdadi MasalMamma Miriam

Bompiani, 2013

UN MAIALINO NELLA GUERRA TRA BANDE

Ottobre 2006. La Romania sta entrando nell’UnioneEuropea, ma Torino è scossa da una serie di omicidi checoinvolge le comunità di immigrati albanesi e rumeni. È in corso una faida fra delinquenti, o c’è dietro la manodella criminalità organizzata che prima infesta e poibonifica certe aree per speculare nel settoreimmobiliare? Enzo Laganà, nato a Torino da genitoricalabresi, è un giornalista di cronaca nera che vuolevederci chiaro e scoprire il movente degli omicidi. Ma prima di far luce sul caso dovrà occuparsi di unaspinosa vicenda che riguarda Gino, il maialino del suovicino di casa, il nigeriano Joseph. Chi ha portato il maialino nella moschea del quartiere? E soprattuttoperché? Enzo dovrà far luce su questi piccoli e grandi misteri usando un bel po’ di fantasia, ironia e tanta pazienza. Un giallo multietnico per raccontareil nostro Paese multiculturale all’insegna dellacommedia all’italiana.

Amara LakhousContesa per un maialino italianissimo a San Salvario

Edizioni e/o, 2013

TRA LE SBARRE VEDO IL CIELO

Feride Cicekoglu è un’autrice tra le più apprezzate nel panorama della letteratura turca. Ha passato quattroanni della sua vita in carcere, in quanto oppositrice del regime che si instaurò dopo il colpo di stato del 1980.Da quella esperienza nasce questo libro, ambientato a Istanbul dove vive il piccolo Baris, figlio di unadetenuta che a soli quattro anni è costretto a vivere in carcere con la madre perché non ha nessun luogo in cui andare. Baris guarda oltre le sbarre del carcere in cui è rinchiuso e lì, attraverso le parole e i gesti delladetenuta Inci, impara a conoscere ciò che sta fuori, ciò che può stravolgere le relazioni umane e ciò cherende pure le persone e i loro sentimenti. E in quell’unicospazio di cielo vede gli aquiloni, azzurri, rossi, che rischiano di venire abbattuti dai fucili delle guardie,proprio per il senso di libertà che instillano nei prigionieri.

Feride CicekogluNon sparate agli Aquiloni

Scritturapura Casa Editrice, 2011

Daniela BrancatiIl coyote liberò le stelle

Laurana Editore, 2013

La vita dei partiti politici raccontata nei romanzi è una tendenza letteraria che fotografa l’attualeperiodo storico italiano: la crisi dei due poli e l’avvento di nuovi movimenti trasversali. La vita di un grande partito, Sinistra Unita, viene ricostruita attraverso gli occhi di una giovane donna, bellae ambiziosa, che vorrebbe un incarico professionale di prestigio all’interno del suo partito senzaperò pagare il prezzo del cinismo e dell’opportunismo che vede intorno a sé. Fra contraddizioni e speranze, illusioni e disillusioni, incontra sul suo cammino personaggi a cui crede e di cui al tempo stesso diffida. Il segretario del suo partito, Eugenio Rispoli, uomo arrivista e spregiudicato,le propone di fare la portavoce e Luisa crede sia finalmente arrivato il suo momento, ma ignora ciò che si trama alle sue spalle. Sullo sfondo dell’intrigo di passioni inconfessabili, dell’intreccio conpoteri forti e con il mondo dell’informazione che manovra e si fa manovrare dai partiti, Luisa si muove in un gioco più grande di lei. Vincere significa migliorare la politica, liberarla da giochi di potere al limite del lecito. E anche trovare il proprio posto nel mondo.

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 71 |

| ECONOMIAEFINANZA |

C’È ANCORA DA IMPARARE DALLA CRISI

a cura di Michele Mancino | per segnalazioni scrivete a [email protected]

La crisi dà delle lezioni che bisogna essere in grado di ascoltare, molte delle quali sono ancora tutteda “imparare”. Una riflessione sul fallimento del modello neoliberista e sulle sue cause tarda a produrre quel cambiamento radicale di politica economica che la situazione attuale esige. Siamoancora lontani dalla costruzione di una nuova e robusta tavola di valori condivisi con cui sostenereun progetto realmente riformista. Nel testo viene indicato come “riformismo” la capacità di imparare le lezioni della crisi, con il principale obiettivo di cominciare a delineare i capisaldi di una “nuova politica economica”. Da contrapporre innanzitutto alla cosiddetta “austeritàespansiva”, ossia a un modello di politica economica i cui fondamenti teorici ribadiscono, controogni evidenza empirica che la crisi europea manifesta quotidianamente, il paradigma liberista. Per uscire da questa crisi in modo socialmente e ambientalmente sostenibile bisogna dunqueripensare radicalmente il modello economico che abbiamo di fronte. Serve niente di meno che un “mutamento fondamentale” del modello capitalistico.

STORIA DI UNA TRAGEDIA OPERAIA

La mattina del 13 marzo 1987, alle ore 7 e 30, diciottooperai, dodici “picchettini” e sei carpentieri-saldatori,iniziarono il proprio turno di lavoro nella stiva numerodue della nave Elisabetta Montanari. I picchettini devonoincunearsi in cunicoli e stare stesi sulla schiena o sul ventre perché l’altezza dei doppifondi non va oltre i 90 centimetri. Si sviluppa un incendio e si sviluppanogas letali come l’ossido di carbonio e l’acido cianidrico.Nel buio non tutti trovano le botole che conduconoall’aperto e quindi alla salvezza. Tredici di loro morirannoasfissiati. Vite spezzate che annunciano tragicamente al mondo l’inizio di una nuova era, segnata dal liberismosfrenato dove la vita umana è sacrificata al dio profitto.Questo libro rende omaggio alle vittime nel modo più forte e più naturale: raccontandone la storia. Per restituire una vita agli uomini che l’hanno persa, si devono descrivere i loro bisogni e le loro speranze,anche col rischio di scoprire che soltanto la disperazioneli spingeva ad accettare un lavoro così disumano.

Angelo FerracutiIl costo della vita

Einaudi, 2013

IL PAESAGGIO AGRARIO È DENTRO DI NOI

C’è bisogno di green economy, ma soprattutto di esempidi buone pratiche agricole e forestali in grado di rappresentare una risposta all’agricoltura industrialeintensiva, tra le cause principali della scomparsa dellaflora e della fauna dalle nostre campagne. “InsubriaRurale”, pregevole progetto editoriale finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, è unatestimonianza di quanto di buono c’è nell’agricolturabiologica in provincia di Varese, nonostante sia un territorio a forte vocazione industriale. Il progetto, natodalla collaborazione tra l’Università degli studidell’Insubria e alcuni agricoltori che praticano agricolturasostenibile, ha un carattere interdisciplinare. Si parte,infatti, dal concetto di natura in ambito filosofico perapprodare alle buone pratiche presenti sul territorio. Tra queste va segnalata l’esperienza dell’utilizzo delcavallo norico nel bosco, progetto curato dal Distrettorurale nato dall’incontro di Giovanni Nicolini con LuisaBroggini e Massimo Crugnola. E se è vero che «abitare non è semplicemente disporre di un luogo ma avernerispetto», allora il tema del paesaggio agrario diventa unodei pilastri su cui deve poggiare la green economy.

a cura di Fabio MinazziInsubria Rurale

Mimesis Centro Internazionale Insubrico, 2013

IL NUOVO UMANESIMO GLOCALE

Bruno Schettini è stato uno studioso rigoroso dellapedagogia sociale. Una vita contraddistinta dall’impegnocivico che questo libro ripercorre attraverso tutti i filonidi interesse della sua attività scientifica e sociale. Risaltanel testo la passione etica e civile di una persona chenon separava mai la sua attività di studioso da quella di militante impegnato in tante battaglie civiche,partecipe attivo delle tante iniziative sociali promossesul territorio, in primo luogo sul mondo del lavoro e del terzo settore. Docente sempre aperto al dialogo con i suoi allievi, studioso rigoroso e ricercatore“glocale” nel campo delle scienze umane e filosofiche.Amava definirsi un «intellettuale che si sporca le mani»,intendendo dire con questa espressione che la suaantropologia di riferimento aveva basi solide nella realtà,non disgiunta, quest’ultima, dalle persone che la costituiscono. Avvertiva così la necessità di un processo di trasformazione della società secondouna prospettiva neoumanistica.

a cura di Pasquale Iorio, Filippo Toriello Educare alla cittadinanza democratica

Ediesse, 2013

Alberto BerriniLe lezioni della crisi

Editrice Monti, 2013

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| ANNO 13 N. 110 | GIUGNO 2013 | valori | 73 |

| bancor |

sperimentate!». Stessa osservazione an-drebbe fatta oggi nei confronti dellaprofessoressa Carmen Reinhart, ex-esiliata cubana, e del prof. Kenneth Ro-goff, promessa mancata del gioco degliscacchi, oggi entrambi accademici adHarvard dopo carriere prestigiose alFondo monetario internazionale e in al-tre rinomate università americane. Unloro studio del 2010, “La crescita ai tem-pi del debito”, diventò immediatamenteuna sorta di bibbia di riferimento siaper le politiche monetarie delle ban-che centrali sia, inevitabilmente, per igoverni dei Paesi occidentali alle presecon la più grave crisi finanziaria dellastoria e con quelle politiche di auste-rity che hanno causato i disastri socia-li ed economici che tutti sappiamo.

La tesi dei due cattedratici era piut-tosto semplice e per certi versi accatti-vante nella sua determinazione finale:l’indebitamento di un Paese e il corri-spondente andamento della dinamicaeconomica sono inversamente propor-zionali. A supporto di questa tesi, i dueprofessori hanno raccolto centinaia didati sulle economie più avanzate delmondo negli ultimi duecento anni e,con metodi econometrici piuttosto ele-mentari, hanno calcolato che, superatala soglia del 90%, l’indebitamento ren-de quasi impossibile uno sviluppo po-

sitivo del Prodotto interno lordo, anzi,in media, ne comporta una decrescitadi qualche decimale l’anno.

Per dare un’idea di quanto influentesia stata questa ricerca nelle scelte adot-tate dai policy makersdi mezzo Pianeta,basti pensare che, oltre a innumerevolimenzioni su The Economist, Wall StreetJournal, New York Times e centinaia dialtri papers accademici, Reinhart e Ro-goff sono stati più volte citati da MittRomney, durante la recente campagnapresidenziale contro Obama, e dal com-missario economico dell’Unione euro-pea, Olli Rehn, nelle sue relazioni an-nuali al Consiglio degli Affari esteri. Ora,come tutti i ricercatori ben sanno, con-dizione necessaria per la validità dei co-siddetti stylized fact (rappresentazionisemplificate di evidenze empiriche sen-

za parametrizzazioni o modellizzazionicomplesse) è l’accuratezza: l’obiezionepiù grave per un accademico, peggio an-cora di “non riusciamo a replicare i tuoirisultati”, sta nel sentirsi dire “abbiamoriscontrato un errore nei tuoi calcoli”. Èproprio quanto è successo a Reinhart eRogoff: i professori Herndon, Ash e Pol-lin dell’università del Massachusetts, ot-tenuto con non poca fatica il file Excelnel quale i due accademici di Harvardavevano eseguito i loro calcoli, hanno ri-scontrato molti errori nel codice di pro-grammazione, oltre all’uso di pondera-zioni non correttamente esplicitate, ma,soprattutto, una gravissima dimenti-canza che aveva causato l’esclusione diuna buona parte dei dati dal dominiodelle funzioni di calcolo.

Adottando la procedura corretta, il li-vello di crescita del Pil dei Paesi con undebito superiore al 90% è risultato inmedia del +2,2%, in linea con quello deiPaesi con un indebitamento di molto in-feriore, e non quel -0,1% che avevano cal-colato Reinhart e Rogoff. Siamo tutti“impastati di debolezze e di errori” dice-va Voltaire, ma ripensare a quanti ri-schiano di morire di austerità, anche percolpa di un errore in Excel, rende certa-mente più amaro ogni nostro sorriso ofacile sarcasmo.

[email protected]

Danni (economici) e beffeMorire di austeritàper un errore in Excel

dal cuore della City Luca Martino

Con quel pizzico di sarcasmo che lo caratterizzava, John Galbraith, for-se il più illustre tra i seguaci di Keynes e ispiratore di gran parte deimanifesti economici dei Democratici americani in quasi tutto il do-

poguerra, ironizzò un giorno sul suo altrettanto celebre e strenuo oppositoreMilton Friedman, esclamando: «La sua sfortuna è che le sue teorie sono state

Alcune teorie liberiste di successo viziate da gravi errori di programmazione

Kenneth Rogoff Carmen Reinhart

Page 74: Mensile Valori n. 110 2013

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Lavoro e dirittiRaddoppiare le paghe in Bangladesh ci costa solo 3 centesimi

diMauro Meggiolaro

| resistenze | Donne e uomini, imprese che si indignano, protestano, resistono alla crisi

Il 24 aprile scorso al Rana Plaza di Dhaka in Bangladesh sono mor-te oltre 1.100 persone. Operaie e operai che producevano per gran-di e piccoli marchi del tessile di tutto il mondo. Gente che lavora

a ritmi massacranti e porta a casa 30 euro al mese, il prezzo di una se-ra in pizzeria. Meno dell’1% è iscritto a un sindacato, perché bisognachiedere l’autorizzazione ai padroni, che quasi sempre la negano. In-tanto loro tagliano, cuciono, attaccano bottoni. E noi ci compriamo lamaglietta, la camicetta, il golfino e la giacchetta. E costa poco, sempremeno, e ne compriamo di più perché costa poco. Intanto i nostri ar-madi si riempiono di vestiti, serve la cabina armadio, la stanza arma-dio, la casa armadio. Poi, quando i vestiti non ci stanno più, li buttia-mo o li diamo alla Caritas. Ne compriamo altri. E il ciclo ricomincia.Tanto costa poco, non costa nulla. Ma cosa succederebbe se aumen-tassimo un po’ le paghe degli operai? Se si investisse di più nella lorosicurezza? Per carità, certe cose bisogna dirle sottovoce, che poi en-trano in gioco i paladini del libero mercato, del libero scambio che por-ta sviluppo. «Se aumentano le paghe in Bangladesh le industrie si spo-stano nel Myanmar o, al limite, un giorno, in Corea del Nord. E addiolavoro, addio sviluppo». I consumatori comprerebbero di meno, per-ché i prezzi sarebbero più alti. In realtà il Trades Union Congress(TUC), la confederazione che unisce sindacati del Regno Unito, ha fat-to due conti ed è arrivata a una conclusione interessante: raddoppia-re le paghe dei lavoratori in Bangladesh costerebbe al consumatore fi-nale solo 3 centesimi di euro in più per ogni articolo comprato. «Ilproblema non sono i consumatori alla ricerca di prezzi bassi – diconoi sindacalisti del TUC – ma l’avidità dei grandi brand del tessile e deiproprietari delle fabbriche, che non vogliono lasciare sul piatto nulla».E non si sognano di contrattare condizioni di lavoro migliori con i sin-dacati. Il TUC, assieme a una serie di organizzazioni sindacali inter-nazionali come IndustriALL Global Union, ha lanciato una campagnaper chiedere al governo del Bangladesh di aumentare il salario mini-mo e migliorare la sicurezza sul lavoro e le misure antincendio per glioltre 3 milioni di lavoratori del tessile. Un primo risultato è stato giàraggiunto: il 13 maggio il governo ha fatto sapere che anche i lavora-tori del tessile potranno dar vita a sindacati senza chiedere l’autoriz-zazione ai proprietari delle fabbriche. Un primo, grande risultato. Pec-cato che sia costato almeno 1.125 vite umane.

Per inviare commenti e proposte: http://zoes.it/meggiomaurotwitter: @meggio_mFacebook: https://www.facebook.com/pages/Mauro-Meggiolaro/115383048506446

L’idea “Going to work”, andando al lavoro è un’iniziativa del TUC, TradesUnion Congress – la confederazione che unisce i sindacati del RegnoUnito – per «unire le persone che vogliono vedere maggiore equità nel modo in cui lavoriamo per la nostra economia e in cui la nostraeconomia lavora per noi».

Azioni Decine le azioni collegate alla campagna “Going to work”: dallapressione per l’aumento delle paghe e il miglioramento dei criteri di salutee sicurezza in Bangladesh alle proteste contro la privatizzazione delsistema sanitario nazionale inglese. Dopo la tragedia del Rana Plaza, il TUCsta chiedendo ai consumatori di spedire lettere ai grande magazziniDebenhams e al colosso del retail tessile GAP per stringere nuovi accordicon i produttori sulla sicurezza del lavoro in Bangladesh.

Going to work • www.goingtowork.org.uk

La pagina dedicata all’iniziativa per il Bangladesh sul sito dellacampagna “Going to work”.

Page 75: Mensile Valori n. 110 2013

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