Mensile Valori n.33 2005

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Anno 5 numero 33. Ottobre 2005. € 3,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento valori Mensile di economia sociale e finanza etica Finanza etica > Le locuste del capitalismo all’attacco della Germania Terzo settore > Zamagni: «Subito una rappresentanza istituzionale» Mongolia > Agricoltura autosufficiente e sobria. Ma dignitosa. Dossier > Non può esistere sviluppo senza equità. Ma anche senza giustizia Equa povertà? STEFANO G. PAVESI / CONTRASTO Fotoreportage > Periferie 9 771826 697002 50033 ISSN 1826-6975

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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Anno 5 numero 33. Ottobre 2005. € 3,00

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento

valoriMensile di economia sociale e finanza etica

Finanza etica > Le locuste del capitalismo all’attacco della GermaniaTerzo settore > Zamagni: «Subito una rappresentanza istituzionale»

Mongolia > Agricoltura autosufficiente e sobria. Ma dignitosa.

Dossier > Non può esistere sviluppo senza equità. Ma anche senza giustizia

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ONO MATURI I TEMPI PER LANCIARE UNA CAMPAGNA FORTE per dire che la guerra è una vergogna, che deve essere abolita, cancellata dal Pianeta. Il nostro obiettivo è quello di costruire un appellointernazionale di uomini della scienza e della cultura che, a cinquant’anni dalla scomparsa di Albert Einstein, ne rilanci l’impegno a tutto campo contro la guerra e per la pace. Gli scienziatiatomici hanno detto che il rischio di conflitto nucleare non è mai stato elevato come ora. Uno dei più grandi intellettuali viventi, Noam Chomsky, ritiene che un eventuale conflitto in cui si usassero ordigni atomici potrebbe, addirittura, «porre fine all’esperimento umano». Siamo in una situazione così pericolosa, eppure non se ne parla. Mentre il mondo si militarizzasempre di più, mentre va incontro a un rischio sempre più elevato non si sente più parlare di disarmo, nessuno dice niente. Credo, allora, che in questa situazione sia estremamenteimportante cercare di capire davvero la natura della guerra, le sue motivazioni, per usciredall’empasse in cui ci troviamo. Vorrei citare Albert Einstein: nel 1932 si trovava a Ginevra a una Conferenza internazionale sul disarmo in cui si discuteva quali armi fosse lecito usare e quali no, con quali strumenti uccidere fosse lecito, con quali altri strumenti dovesse essereconsiderato un crimine. Einstein a Ginevra fece una cosa straordinaria: per la prima e ultima volta nella sua vita, convocò una conferenza stampa e disse ai giornalisti «La guerra non si puòumanizzare, la guerra si può solo abolire!».

Credo che la storia dei decenni successivi gli abbia dato ragione: anche se Einstein non è statopreso sul serio dalla classe politica, di fatto ogni tentativo di rendere la guerra più «umana» è fallito,ogni Trattato, ogni Convenzione che sono stati firmati sono poi stati regolarmente calpestati. Solo se debelleremo la guerra, con tutti i suoi orrori, potremo avere un futuro. Per secoli nella storiala schiavitù è stata data per scontata, come se facesse parte integrante della fisiologia sociale sino a quando non è nato un movimento per l’abolizione che si è imposto all’umanità intera, vincendo nemici e interessi molto potenti. Cancellare la guerra non è solo impellente perle armi di distruzione di massa che incombono sulla vita di tutti, ma perché è una barbarie tale che non ammette giustificazioni o mediazioni. Se si lascia la guerra come un’opzione possibile per la risoluzione dei problemi, di qualsiasi tipo di problema, si lascia aperta la porta alla barbarie.

L’ultimo rapporto Sipri ha stimato in 1.035 miliardi di dollari l’ammontare della spesa in armamenti nel 2004: è quello che ha per vivere un terzo della popolazione mondiale. Dalla fine del secondo conflitto mondiale abbiamo avuto 162 guerre, considerando solo quelle più importanti: qualunque sia la guerra e dove si svolga, il 90% delle vittime sono civili, un terzobambini. La parola per descrivere queste armi occidentali è una sola: terrorismo. Cito un ultimoesempio, un caso che, come Emergency, conosciamo da vicino: la Banca Mondiale ha messo a punto un progetto per la costruzione del sistema sanitario in Afghanistan, un paese che esce da trent’anni di conflitto con due milioni e mezzo di morti, un milione e mezzo di mutilatie quattro milioni di rifugiati. Secondo l’istituzione di Washington il sistema sanitario di Kabuldovrebbe essere pagato in parte dai cittadini: per un paese dove la stragrande maggioranza della popolazione vive con 150 dollari l’anno, proporre che il sistema sanitario sia anche solo parzialmente coperto con il contributo della popolazione è una politica di guerra. .

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Contro la povertàAboliamo la guerradi Gino Strada

L’AUTORE

Gino Strada57 anni, è sposato e ha una figlia.Laureato in medicina, specializzatoin chirurgia dei trapianti di cuoree cuore-polmone. Dal 1989 al 1994 lavora come chirurgo di guerra con la Croce RossaInternazionale. L’esperienza lo convince della necessità di un’organizzazione piccola, agile e altamente specializzata,che curi le vittime civili dellaguerra. Con scarsissimi mezzi,assieme a un gruppo di colleghi e amici, fonda Emergencynel 1994. Emergency ha costruitonegli anni undici tra centrichirurgici e di riabilitazione in Ruanda, Eritrea, Iraq, Afganistan,Cambogia, Sierra Leone, Sudan, e ha curato più di 1,3 milioni di pazienti. Gino Strada ha anchescritto Pappagalli verdi, cronachedi un Chirurgo di Guerra (1999), e Buskashi, viaggio al centro della guerra (2002), entrambipubblicati da Feltrinelli.

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valoriottobre 2005mensilewww.valori.itanno 5 numero 33Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milano

promossa da Banca Etica

sociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa,Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana

consiglio di amministrazioneSabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected])

collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone

direttore editorialeSabina Siniscalchi ([email protected])

direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])

redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Francesco Carcano, SarahPozzoli, Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])Adriana Collura (infografica)

fotografieStefano G. Pavesi (Contrasto)

stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)

distributore nazionaleEurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7

abbonamento10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euroSino al 31.12.2005 rinnovo: 25 euro.

come abbonarsiI bollettino postale

c/c n° 28027324 Intestato a: Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

I bonifico bancarioc/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin Adella Banca Popolare Etica Intestato a: Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori +Cognome Nome e indirizzo dell’abbonatoAttenzione: per l’attivazione immediatadell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 02.67491691 oppure file pdf all’indirizzo [email protected]

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte.

Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamentedisponibile ad adempiere ai propri doveri.

Carta ecologica gr 90 Long Life prodotta secondo le norme Iso 9706 - Elemental Chlorine Free

Parco al Laurentino 38. Le periferie urbane si avviano ad una trasformazione profonda tra molte difficoltà economiche e sociali.Roma, 2003

INVIARE LETTERE E CONTRIBUTI A

Società Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico 1, 20125 Milano

tel. 02.67199099fax [email protected]@[email protected]

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bandabassotti 7

fotoreportage. Periferie 8

dossier. Povertà e diseguaglianze 16

La lotta alla povertà. Equa e giusta 18

«La Banca Mondiale deve ancora capire» [INTERVISTA A WILLY THIS] 24

«I poveri negli Stati Uniti di oggi» [INTERVISTA A DAVID SHIPLER] 26

lavanderia 29

finanzaetica 30

Le locuste del capitalismo attaccano la Germania 33

«Una caccia alle streghe ingiustificata» [INTERVISTA A GUIDO GIUBERGIA] 36

«Una rappresentanza politica e istituzionale per il Terzo Settore» [INTERVISTA A STEFANO ZAMAGNI] 37

bruttiecattivi 41

internazionale 42

La Mongolia. Autosufficiente. Povera. Ma senza devastazioni. 45

Maldive. La galera a cielo aperto 49

Maumoon Abdul Gatoom, ritratto di un dittatore 50

macroscopio 53

economiasolidale 54

La guerra preventiva del ministro Moratti 56

«Stop alla sperimentazione. Troppe incertenzze» [INTERVISTA A GIANFRANCO SIMONCINI] 58

Un budget diverso condiviso con il territorio e le persone 61

utopieconcrete 65

altrevoci 66

stilidivita 74

numeridivalori 77

padridell’economia 82

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ETICA SGRBPM

Il lupo perde il pelo ma non il vizio

Fiat| bandabassotti |

di Andrea Di Stefano

L LUPO PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO. Cambiano le generazioni alla guida della Fiat ma non l’atteggiamento nei confronti delle regole e della trasparenza. Due precise e dettagliaterichieste di informazioni da parte della Consob, quando il titolo del gruppo torinese avevacominciato a galoppare in modo anomalo in vista della conversione del prestito da 3 miliardiin azioni del Lingotto, hanno ricevuto identiche e nette comunicazioni. L’Ifil ha risposto alle due richieste di informazioni dichiarando di «non aver intrapreso né studiato alcunainiziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo» e di «non disporre di alcunelemento utile a spiegare tale andamento». Ed effettivamente l’holding che controlla il gruppoFiat non ha studiato alcuna operazione. Ci ha pensato Exor, una finanziaria lussemburghesecontrollata dall’accomandita della famiglia, la Giovanni Agnelli & C., il cui presidente è Gianluigi Gabetti. Guarda caso lo stesso presidente dell’Ifil, che in una serie di intervisteconferma di aver ricevuto un’interessante offerta dalla banca d’affari Merryl Lynch quando il titolo Fiat si trovava ai suoi minimi storici di 4,52 euro. L’operazione tecnicamente si chiamaequity swap. In pratica la banca d’affari si è impegnata a acquistare un consistente pacchetto di azioni e rivenderlo alla fiduciaria lussemburghese. Che, a sua volta, ha provveduto

a rivenderlo all’Ifil, la finanziaria che controlla da sempre il gruppo Fiat. Il gioco, avvenuto alle spalle del mercato, ha permesso di realizzare una plusvalenza da oltre 74 milioni di euro. Tutto danaro finito nelle casse di Exor e quindidell’accomandita della famiglia. Con buona pace degli azionistiminori, della Consob e delle regole di mercato che avrebberoimposto, tra l’altro, una possibile Opa dato che con questa

operazione l’holding Ifil aveva incrementato la propria quota ben oltre la soglia del 30% del capitale prima della diluzione prodotta dalla conversione del prestito.

Il contratto tra Exor e Merrill Lynch è stato, infatti, stipulato il 26 aprile 2005: la banca d’affari e la fiduciaria lussemburghese hanno pattuito l’equity swap su 90 milioni di azioni Fiat ordinarie quando il titolo era intorno ai minimi di 4,5 euro. Il prezzo mediodell’intero quantitativo per la banca d’affari nel periodo tra il 26 aprile e il 7 giugno è stato di circa 5,5 euro per azione per un totale di 495 milioni di euro. Il contratto è stato modificatoil 15 settembre 2005 prevedendo di chiudere l’operazione su 82,250 milioni di azioni. In quella data Exor ha acquistato le azioni al prezzo unitario di 5,6 euro per rivenderle all’Ifil a 6,5 euro per azione. L’operazione piace anche alle banche che in base al complesso contratto,stipulato in occasione del prestito convertendo da 3 miliardi di euro, avrebbero sottoscrittol’aumento di capitale al servizio della conversione in azioni. Tutti contenti, dunque. Salvo i piccoli azionisti, all’oscuro di contratti di equità swap e annessi, la Consob e le regole che avrebbero imposto la comunicazione formale per esaminare l’eventualità di una offerta pubblica di acquisto. .

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La famiglia Agnelli non rinuncia alle abitudini di poca trasparenza e molti giochi finanziari. Alle spalle delle autorità di controllo e della Borsa

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ella città sopravvissuta alla New Economy e modificatasi con lo sviluppo del terziario, la periferia assume il ruolo di elemento di continuità e di trasformazione, elemento vivo di recupero della qualità della vita e del senso della relazione. Secondo Marco Percocodell’Istituto di Economia Politica dell’Università milanese Bocconi «negli anni novanta si è verificato un mutamento enorme nel territorio e nelle relazioni tra chi vi opera, grazie allosviluppo delle telecomunicazioni. Lo sviluppo del lavoro decentralizzato e la modificazionedel lavoro nel centro urbano hanno determinato un flusso inverso, dal centro verso il contesto delle periferie». Nell’hinterland era ancora possibile affrontare un progetto di vita. Difficile, per molti impossibile, affrontare i costi elevati della città, anche a causadella diffusa incertezza legata alle nuove forme contrattuali che ha negato l’accesso agli immobili (i soli costi di cauzione, agenzia e anticipo sull’affitto per un bilocale a Milanopossono corrispondere a quasi un anno di pagamenti mensili di un contratto a progetto di quelli offerti dalle numerose agenzie interinali; l’accesso ai mutui è legato alla stabilitàlavorativa o alle garanzie offerte da terzi). Roma, Milano, Firenze, Napoli, al censimento del 2001 contavano gli stessi residenti degli anni settanta. A Milano quasi un terzo dellapopolazione è ormai ultrasessantenne. Si è diffuso il fenomeno dei “city users”, nomadimetropolitani che utilizzano la città durante il giorno per necessità legate ai contatti socialie di lavoro e per lo studio, abbandonando alla popolazione residente la città dal tardopomeriggio. La bolla immobiliare, avvertibile confrontando il costo della vita, i salari e il costo di un appartamento in acquisto in un centro cittadino, non ha però frenato la trasformazione delle capitali della finanza e dei servizi e gli investimenti si rivolgono oraad aree inusuali. A Milano aree un tempo disagiate sono destinate a un notevoleincremento di costi con un conseguente peggioramento della qualità della vita dei residenti(l’area di Rho Pero dove la Nuova Fiera ha fatto esplodere i costi, i Navigli dove numerosistilisti stanno spostando i loro studi). Guido Martinotti, sociologo urbano, professoreall’Università di Milano Bicocca, usa la definizione di “meta-city”, una concentrazioneterritoriale che supera i confini del centro cittadinio e include l’area metropolitana frutto del dopoguerra. Abolito il confine del non luogo che la separava dalla città, silenziosamentenel corso degli ultimi trent’anni la periferia ha assunto il centro al suo interno, diventandocittà nella città. Bagnoli, Tor Bella Monaca, l’hinterland milanese hanno assunto una connotazione e un’autonomia dalla città con cui confinano che li ha resi entitàseparate. Il recupero delle periferie urbane così giovani e già da recuperare è la nuova sfida delle amministrazioni italiane. Nel reportage di Stefano Pavesi la periferia è analizzataoltre gli stereotipi, come un corpo in evoluzione con la sua umanità.

L’AUTORE

Stefano G. Pavesiè nato a Milano, dove tutt’ora vive,nel 1967. Dopo gli studi in Agrariaall’Università di Milano ha studiatofotografia all’Istituto Riccardo Bauerdi Milano. Ha iniziato la sua carrieraprofessionale lavorando comeassistente nei vari ambiti dellafotografia: ritratto, still life, pubblicità.Si è dedicato successivamente al reportage sportivo dove, per la Gazzetta dello sport magazineha realizzato numerosi lavori in Italiae all’estero. È proprio questo campod’interesse che lo ha portato a realizzare un lungo lavoro attraversogli istituti penitenziari dove haraccontato le esperienze dei giovanidetenuti in relazione allo sport. Con i reportage successivi ha continuato a raccontare temi di grande attualità: la situazione dei curdi in Germania, l’universogiovanile della notte, i profughialbanesi, l’esperienza del movimentosecessionista della Lega. I suoi lavori sono stati pubblicati dalle maggiori testate italiane.Attualmente collaboracontinuativamente con Sette,magazine del Corriere della Sera. Nel 1999 il suo progetto sulle periferie urbane presentato in queste pagine ha vinto il PremioCanon per il miglior progettofotografico. Dal 1977 Pavesi è membro dell’agenzia Contrasto.

> Periferie

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foto di Stefano G. Pavesi / Contrasto

La trasformazione delle periferie urbane è un fenomeno in atto da molti anni. StefanoPavesi di Contrasto ha documentato con un reportage l’evoluzione delle periferie del-le grandi città italiane. Uno sguardo quotidiano sugli abitanti, una riflessione sullacomposizione sociale, una lucida visione sul corpo urbano in costante cambiamento.

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Chiesa Rossa al Naviglio Pavesedi Milano. Oral’area è al centrodi molti interessispeculativiMilano, 1998

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Laurentino 38:bambini del camponomadi giocano su un’automobile.Roma, 2003

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Bagnoli, ex areaindustriale Ilva- Italsider.Recentemente è stato varato un “Osservatorio sullo sviluppo di Bagnoli” per favorirela conversione e le nuove opere.Napoli, 1998

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Quartiere Missaglia,Bowling del Sole.Nell’area il comitato di cittadini “La Conca”protesta contro i progetti di sviluppoedilizio del Comune.Milano, 1998

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Equità e giustizia contro la povertà >18A tutta birra in Cina, con disparità >19«Conciliare crescita economica e sviluppo» >22David Shipler: «La povertà oggi negli Usa» >26

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Quartiere Barra a Napoli. Su circa42.000 abitanti, oltre 16.000sarebbero disoccupati secondo le organizzazioni dei disoccupatiorganizzati napoletani. Anche Barra,nella parte orientale, verrà toccata dal progetto Napoli Est, che prevedeforti investimenti per insediamentiuniversitari e produttivi. Secondo la Direzione Antimafia, tuttavia, i grandi progetti previsti richiedonomolta sorveglianza per gli interessicriminali che possono attirare.Napoli, 1998

Non può esistere sviluppo senza equità. Anche per la Banca Mondiale oggi il solo mercato non basta. La lotta alla povertà è ora tra gli obiettivi delle Nazioni Unite. Basterà questo per affrontarla?

dossiera cura di Cristina Artoni, Roberto Festa e Elisabetta Tramonto

diseguaglianze

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La sfidadell’equità

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se frequenterà la scuola per un anno. Fattori come il sesso, la razza, illuogo di nascita, il reddito e l’educazione dei genitori segneranno persempre le loro vite e anche le nostre. A sostenerlo è la Banca Mondia-le nel suo prossimo rapporto, il World Development Report 2006 inti-tolato “Equity and Development”, equità e sviluppo, realizzato da unnutrito team di economisti e coordinato da Francois Bourguignon, ca-po-economista della Banca mondiale (che il mese prossimo, il 16 no-vembre, sarà in Italia, a Torino). L’equità è il tema centrale di questa edi-zione del rapporto. Gli economisti della Banca mondiale si chiedonose esista equità all’interno dei singoli Stati e tra uno Stato e l’altro e sepossa esistere sviluppo senza equità. Risultato? Viviamo in un mondoingiusto dove pochi hanno molto e moltissimi hanno quasi niente.Questo era noto da tempo. La novità è che anche la Banca Mondiale siè accorta che l’equità è un fattore fondamentale e che non può esiste-re sviluppo, anche economico, senza equità. Una conclusione a dir po-co rivoluzionaria, se si considera che arriva dall’istituzione portaban-diera, insieme al Fondo monetario internazionale, della dottrinaneoliberista. Per i sostenitori della teoria economica liberista, infatti,non ha senso parlare di distribuzione equa o non equa delle risorse. Èil mercato, attraverso la legge della domanda e dell’offerta, a determi-

nare l’allocazione della ricchezza e del benessere. Se il mercato decideche devono esistere ricchi e poveri, pazienza, non è lecito intervenire.

Sulla stessa lunghezza d’onda della Banca mondiale ci sono an-che le Nazioni Unite, che negli ultimi mesi hanno sfornato ben duerapporti dedicati al tema dell’ineguaglianza legata allo sviluppo: loHuman Development Report 2005 dell’Undp, l’agenzia dell’Onu perlo sviluppo, e il Report on the World Social Situation 2005 intitolato“The Inequality Predicament” (scaricabili entrambi dal sito internetdell’Onu www.un.org). Le conclusioni delle due ricerche delle Na-zioni Unite sono analoghe a quelle della Banca mondiale: serve mag-giore equità per avere maggiore sviluppo. Ma le differenze tra gli ap-procci delle due istituzioni si fanno sentire. L’alone liberista dellaBanca mondiale non è certo scomparso, anche se nell’ultimo rap-porto la World Bank si è pericolosamente avvicinata a un mea culpa.

Quale equità?«Esistono solo due categorie di persone al mondo: quelli che hanno equelli che non hanno», dice Sancho Panza nel romanzo Don Quixo-te de la Mancha di Miguel de Cervantes. Il punto però è capire da checosa dipenda la possibilità di avere o non avere (reddito, ricchezza, be-nessere, salute). Se cioè i risultati che è possibile raggiungere nella vitadipendano da un insieme di caratteristiche individuali come capacità,talento e impegno, o invece dalle opportunità che ci vengono, o nonvengono, offerte dall’esterno, come l’istruzione, l’assistenza sanitaria,la possibilità di avere un lavoro o l’accesso al credito. Torniamo alla sto-ria di Nthabiseng e Sven. Ipotizzando che i due abbiano la stessa in-telligenza, la stessa forza di volontà, lo stesso talento, avrebbero pariopportunità di raggiungere gli stessi obiettivi? Oppure il fatto di averela pelle di un colore diverso, di essere di sesso diverso, di essere nati inluoghi diversi e da genitori diversi condizionerà per sempre le loro vi-te, offrendo a Sven opportunità che Nthabiseng non avrà mai? Se-condo la Banca Mondiale, purtroppo, è vero il secondo scenario. Ntha-biseng dovrà faticare molto più di Sven per riuscire a studiare e,probabilmente, frequenterà scuole di peggiore qualità del suo coeta-neo svedese. Una volta arrivata nel mondo del lavoro per lei sarà piùdifficile ottenere un impiego, quasi impossibile raggiungere cariche di-rigenziali, riceverà un salario più basso e, se vorrà avviare un’attivitàimprenditoriale, per lei sarà arduo convincere una banca a conceder-le un finanziamento. Questo è ciò che la Banca mondiale intende permancanza di equità: avere le stesse capacità ma non poter raggiunge-re gli stessi traguardi a causa di differenze basate su fattori come sesso,razza, luogo e ambiente di nascita. La Banca mondiale cioè non sipreoccupa tanto di garantire uguali risultati a tutti. È giusto che cia-scuno abbia il reddito, l’istruzione e il lavoro che si merita in base alleproprie capacità e al proprio impegno, purché tutti abbiano a disposi-zione le stesse opportunità. Questo è in sintesi il pensiero espresso daFrancois Bourguignon nel World Development Report. In un mondoequo deve essere garantita a tutti la possibilità di studiare, di ottenereun’assistenza sanitaria, un lavoro, l’accesso al credito e ogni altra op-portunità. Una teoria condivisa da molti economisti, come Sen, Ro-mer, Dworkin o Rawls, ma non da tutti. L’Onu ad esempio segue unadiversa linea di pensiero. Il concetto di equità, infatti, può anche esse-re inteso in termini di risultato finale. Per le Nazioni Unite cioè non

Niente povertàsenza equità.Ma è possibilel’equità senzagiustizia?

Un bambino nato in Svezia e una bambinanata in Sud Africa.Enorme il divario già alla nascita. In SudAfrica la mortalitàinfantile nel 2004 era pari al 62 per mille. In Svezia lo stesso dato nel 2003 era 2,8.

QUARANT’ANNI A TUTTA VELOCITÀ. La Cina corre a ritmi vertiginosi. Tassi di crescita economica senza precedenti. Un reddito pro capite che triplica di anno in anno. Una locomotiva lanciata a tutta birra su unastrada in discesa. Forse però sta correndo un po’ troppo e non si accorgedi quello che si sta lasciando alle spalle. A pagarne le conseguenze è la giustizia sociale. L’ineguaglianza all’interno del Paese è sempre più profonda. Enormi le differenze in termini di reddito, benessere, salute,speranza di vita, educazione tra le regioni più ricche e quelle più povere.La mortalità infantile nelle aree urbane è circa un terzo rispetto a quelladelle aree rurali. Se a Shanghai i bambini che muoiono entro i 5 annisono 8 su 1000 (circa come negli Stati Uniti), nelle province povere del Guizhou sono 60 su 1000 (come in Namibia). Sono i dati riportati nel rapporto sullo sviluppo umano dell’Onu. Enormi anche le differenze su base sessuale. Mentre il tasso di mortalità infantile per i maschi stadiminuendo del 2,3%, quello delle femmine sta aumentando dello 0,5%.E le politiche pubbliche non hanno fatto altro che aggravare la situazione– si legge nel rapporto dell’Onu - aumentando l’ineguaglianza sociale.Fino al 1980, infatti, gran parte della popolazione povera delle aree rurali della Cina usufruiva di un copertura assicurativa pubblica, tramite il Cooperative Medical System. Oggi non esiste più, è stato smantellatocon la riforma dei mercati finanziari. Quindi i cinesi possono scegliere: o pagano un’assicurazione privata o restano senza cure mediche. La Cinaoggi spende il 5% del Prodotto interno lordo nel campo della sanità, un tasso elevato se confrontato con altri Paesi aventi lo stesso reddito.Ma dalle tasche dello Stato esce meno del 2% del Pil, tutto il resto è stato privatizzato. La spesa pro capite per l’assistenza sanitaria nellearee urbane è circa 3,5 volte superiore rispetto a quella delle aree rurali,dove circa l’80% della popolazione non ha alcuna copertura assicurativa.Con la decentralizzazione del sistema fiscale poi, le regioni più povere si sono ritrovate senza fondi sufficienti provenienti dalla tassazione e in molti casi si sono rifatti sul sistema sanitario aumentando i ricarichisui servizi offerti. Ad esempio sulle vaccinazioni. Così anche la salute stadiventando una merce a caro prezzo e, soprattutto, un diritto per pochi.

A TUTTA BIRRA! MA LA CINA DIMENTICA LA GIUSTIZIA SOCIALE

thabiseng è una bambina sudafricana. Ha la pelle nera ed è nata in

un’area rurale a 700 chilometri da Cape Town da genitori poveri che

non hanno ricevuto alcuna istruzione. Sven invece è un bambino bianco, na-

to in una famiglia di medio reddito in Svezia e i suoi genitori hanno comple-

tato gli studi universitari. Due bambini le cui vite sono destinate a prendere

strade completamente diverse. Nthabiseng ha il 7,2% di probabilità di morire

nel suo primo anno di vita, Sven solo lo 0,3%. Nthabiseng ha davanti a sé una

vita media di 50 anni, 30 in meno di Sven, che invece potrà ambire a compierne

80. Sven probabilmente studierà per 12 anni, Nthabiseng sarà fortunata

N

Indice Gini sulla distribuzione del reddito

1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 20012224

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20 ANNI DI DISUGUAGLIANZA NELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO IN CINA

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di Elisabetta Tramonto

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basta assicurare a tutti pari opportunità – condizione comunque rite-nuta necessaria – bisogna anche ridurre al minimo le ineguaglianze direddito, sia all’interno di un singolo Stato sia tra una Paese e l’altro.

Siamo tutti disegualiL’80% del prodotto nazionale lordo mondiale giace nelle tasche di unmiliardo di persone che vivono nei cosiddetti Paesi sviluppati. Gli al-tri 5 miliardi di persone che vivono, o meglio tentano di sopravvive-re, nel Sud del mondo devono invece arrangiarsi con il restante 20%.Questa immagine dovrebbe già riuscire a rendere un’idea dell’inegua-glianza che regna nel mondo, almeno per quanto riguarda le enormidifferenze di ricchezza tra un Paese e l’altro. Ma non è tutto. Che il red-dito medio, il benessere, il livello di consumi siano diversi, molto di-versi, tra l’Italia e, ad esempio, l’Eritrea è facile da immaginare. Piùsconcertante invece è che esistano enormi ineguaglianze all’internodei singoli Paesi tanto nel Sud quanto nel Nord del mondo. Il 10% piùricco della popolazione in Sudafrica ha livelli di consumo 70 volte su-periori rispetto a quelli del 10% più povero. In alcuni Paesi dell’Ame-rica latina si registrano forti differenze di salario tra uomini e donne etra diverse etnie . E se si pensa che spostando-ci in un Paese “ricco” le cose possano cambiare ci sisbaglia di grosso. Negli Stati Uniti ci sono zone – lo di-chiara l’ultimo rapporto dell’Onu sullo sviluppo - do-ve il livello di povertà è paragonabile a quello dei Pae-si in via di sviluppo. E la situazione non migliora se siconsiderano altri fattori come la mortalità infantile, lasperanza di vita o l’istruzione. Gli Stati Uniti, primi almondo per la spesa per l’assistenza sanitaria (il 13%del Pil), hanno zone in cui il tasso di mortalità infan-tile è pari a quello della Malesia . Un america-no ricco, appartenente al 5% della popolazione statu-nitense con il reddito più elevato, vive in media il 25%in più di un americano povero, preso tra il 5% dellapopolazione con il reddito più basso. Ma c’è di più: ildiritto alla salute negli Usa è una questione di razza.Lo dimostrano i dati raccolti dall’agenzia per lo svi-luppo dell’Onu, l’Undp. La percentuale di bambinineri che muoiono prima del loro primo anno di vitaè il doppio rispetto ai neonati bianchi. E durante tut-ta la vita l’accesso all’assistenza sanitaria è segnato da profonde diffe-renze razziali. Il modello sanitario statunitense è basato in larga partesu un sistema di assicurazioni private, coperte per lo più dai datori dilavoro. Fatto sta che circa 45 milioni di americani non hanno una co-pertura assicurativa (dati Onu riferiti al 2003). E ogni anno, secondouna stima dell’Institute of Medicine, 18.000 americani muoiono pre-maturamente perché non sono assicurati. Anche in questo caso l’ap-

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partenenza ai diversi gruppi etnici è un fattore rilevante. Il 13% degliamericani bianchi non è assicurato contro 21% degli Afro-americanie il 34% degli Ispano-americani.

I numeri parlano chiaro. Viviamo in un mondo dove l’equità è so-lo un barlume all’orizzonte. Ma l’aspetto più preoccupante è che negliultimi anni anziché diminuire, l’ineguaglianza è cresciuta. Dieci annidi aumento nelle disparità tra Paesi ricchi e poveri e tra diversi gruppisociali all’interno di ogni Paese, come rivela l’ultimo rapporto dell’O-nu sullo sviluppo umano. Le differenze di reddito, di consumo, di istru-zione, di salute si fanno sempre più profonde. Il mondo cresce - sulfronte economia, tecnologia, innovazione - e diventa sempre più ini-quo. Ma perché? Questo è il punto cruciale. È proprio nell’individuarele ragioni che negli ultimi anni possono aver portato a un incrementodell’iniquità che la Banca mondiale fa lo sforzo più grande e si avvici-na ad ammettere le proprie responsabilità. “Sistematiche politiche ma-croeconomiche come la liberalizzazione dei commerci, l’apertura deimercati dei capitali, le privatizzazioni e le riforme del settore finanzia-rio possono aver provocato nel lungo termine un aumento dell’ine-guaglianza e l’arricchimento di alcuni gruppi a discapito di altri”. Non

è esattamente un mea culpa ma gli assomiglia molto.Chi se non la Banca mondiale e il Fondo monetario in-ternazionale hanno favorito politiche di liberalizzazio-ne dei commerci, di apertura dei mercati dei capitali edi privatizzazione? Oggi invece proprio dalla Bancamondiale arriva un indicazione: prima di introdurreriforme liberiste, che possano esporre un Paese all’ag-gressione della concorrenza esterna, è meglio valutar-ne attentamente l’impatto sociale.

Un triangolo per lo sviluppoCi può essere sviluppo senza equità? Per la primavolta la risposta a questa domanda da parte deglieconomisti della Banca mondiale è un secco no. Nellungo periodo equità e sviluppo sono legati indis-solubilmente. E le ragioni di questo legame sonomolteplici. La prima è di natura prettamente eco-nomica. Una società dove non tutti hanno la possi-bilità di accedere liberamente a fattori come l’istru-zione, il lavoro, i mercati finanziari o gli

investimenti, è necessariamente inefficiente. Una distribuzione di-seguale delle opportunità, infatti, provoca un’allocazione ineffi-ciente delle risorse, una perdita di potenziale produttivo e un fun-zionamento inefficiente dei mercati dei capitali, assicurativi eimmobiliari. È questa la conclusione dell’analisi della Banca mon-diale. Nel breve periodo invece equità ed efficienza possono, manon necessariamente, essere in contrasto fra loro. Si pensi ad esem-pio all’istruzione. Raggiungere un elevato livello di alfabetizzatoneè per un Paese una fonte di ricchezza. Gli studenti di oggi sarannoi ricercatori, gli imprenditori, i dirigenti di domani, che contribui-ranno allo sviluppo del Paese. Ma garantire a tutti un’istruzione haun costo elevato. Non bisogna però essere miopi, ammonisce laBanca mondiale. I maggiori costi a cui si va incontro oggi sarannopiù che bilanciati dai benefici futuri.

La seconda motivazione alla base del ruolo fondamentale del-l’equità per lo sviluppo riguarda il legame tra povertà e inegua-glianza. Se l’ineguaglianza aumenta, aumenta la povertà, anche inpresenza di crescita economica. Ridurre l’ineguaglianza è l’unicomodo per combattere la povertà. È la prima volta che la Bancamondiale fa un’affermazione del genere. Fin dall’inizio degli anni’90 ha fatto della lotta alla povertà la propria missione. Finora peròla parola equità non era mai stata pronunciata. La strategia percombattere la povertà prevedeva strumenti come la crescita dellaricchezza complessiva, gli aiuti per le popolazioni indigenti, l’au-mento delle opportunità per i più poveri. Oggi invece arriva lasvolta. La Banca mondiale riconosce che povertà ed equità sonodue fattori strettamente correlati. Che i poveri sono poveri perchénon hanno libero accesso all’istruzione, al sistema sanitario, al cre-dito, non hanno a disposizione infrastrutture e opportunità di ac-cedere al mercato. Francois Bourguignon, capo-economista dellaBanca mondiale, sostiene nei suoi studi che lo sviluppo si basa sutre pilastri: crescita economica, lotta alla povertà e riduzione delledisuguaglianze. Di conseguenza pensare che sia necessario sceglie-re tra politiche orientate alla crescita economica e politiche redi-stributive è sbagliato. Se ben integrate le due politiche sono duefacce della stessa medaglia.

Nel rapporto della Banca mondiale compare una terza argo-mentazioneche spiega il legame imprescindibile tra equità e svilup-po. Un’argomentazione di natura socio-politica, che finora la Ban-ca mondiale non aveva mai preso in considerazione, l’Onu sì. Lamancanza di equità è fonte di conflitti, instabilità sociale e crimina-lità. Tensioni che, sostiene Bourguignon, possono restare latenti oesplodere in vere e proprie rivolte o guerre civili. Ma, anche nel ca-so non dovessero manifestarsi, una diseguale distribuzione delle ri-sorse tra diversi gruppi sociali comporta diversi interessi da gestire,diverse politiche da attuare e, di conseguenza, un’inevitabile disper-sione di risorse pubbliche e un aumento dei costi. In entrambi i ca-

si quindi, che i conflitti si manifestino o restino latenti, a pagarne leconseguenze saranno la crescita e lo sviluppo.

Ricette per essere un po’ più ugualiGoverni e istituzioni possono fare molto, dicono Banca Mondiale e Na-zioni Unite, per costruire un mondo un po’ più equo. Sono necessariinterventi volti a garantire a tutti l’accesso a fattori primari come l’i-struzione, l’assistenza sanitaria, un lavoro, una terra da coltivare. Di-soccupazione, povertà e disuguaglianza sono condizioni collegate. Nel2003 erano 186 milioni le persone senza un lavoro nel mondo, il 6,2%del totale dei lavoratori. Politiche di liberalizzazione, secondo il rap-porto delle Nazioni Unite, hanno peggiorato la situazione del mercatodel lavoro, erodendo i minimi salariali, riducendo gli impieghi nel set-tore pubblico e indebolendo le leggi a favore dei lavoratori.

Secondo Bourguignon per contrastare la disuguaglianza socialeè necessaria una riforma agraria che colpisca i latifondisti e garanti-sca a tutti gli agricoltori la possibilità di coltivare un pezzo di terra.Fondamentale nell’ottica di un mondo basato sulle pari opportunitàanche l’accesso alle infrastrutture. Le strade, la ferrovia, l’elettricità,il telefono, l’acqua dovrebbero essere disponibili per tutti. Infine laripartizione della ricchezza.

La Banca mondiale fa un passo indietro e, anziché continuare adichiarare che sono le leggi di mercato a determinare la distribu-zione della ricchezza e che non servono interventi dall’esterno, af-ferma che sono necessarie politiche fiscali e redistributive per ri-durre le ineguaglianze sociali tra Paesi e all’interno di ogni Paese.Dello stesso parere le Nazioni Unite. “Programmi di trasferimentodi reddito verso le famiglie più povere sono fondamentali per mo-dificare la struttura delle opportunità” si legge nel rapporto dell’O-nu “The Inequality Predicament”. Sulla carta queste sono le indi-cazioni della Banca mondiale e delle Nazioni Unite per eliminareingiustizia sociale e povertà dal mondo. Non resta che metterle inpratica. Nthabiseng non aspetta altro. .

Anche migliaia di cittadiniUsa muoiono ogni annoperchè non hannoaccesso diretto alle cure mediche

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I salari di uomini Afro-indigeni, donne bianche non indigene e donne Afro-indigene, rapportati al salario di un uomo bianco

Uomini Afro-indigeni

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32.339I 20 paesi più poveri

I 20 paesi più ricchi

Confronto tra il Pil pro capite nei paesi ricchi e in quelli poveri [in migliaia di dollari]

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DIFFERENZE DI SALARIO TRA UOMINI E DONNE IN AMERICA LATINA [DATI 2004]

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Giovanni Andrea Cornia,docente di economia dello sviluppo all’università di Firenze ed ex-direttore del Wider (World Institute for Development EconomicReserch), uno centri di ricerca dell’università delle Nazioni Unite.

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Per la prima volta il tema del rapporto tra lotta alla povertà ed equità sociale viene analizzato anche dalla Banca Mondiale. L’economista Francois Bourguignon ha curato l’innovativo rapporto titolato “Il ruolo dell’equità nello sviluppo”.

ON CI SI PUÒ OCCUPARE DI LOTTA ALLA POVERTÀ senza porrel’accento sull’equità. Per lo sviluppo la ripartizione deiprofitti è una questione centrale, così come non ha sen-so parlare di crescita senza considerare il nodo della giu-stizia sociale». A parlare in questi termini è FrançoisBourguignon il più importante economista della BancaMondiale, in carica dall’ottobre del 2003.

Il tema dell’equità viene analizzato in profondità nelrapporto “Il ruolo dell’equità nello sviluppo”, curatodallo stesso Bourguignon.

Dopo il periodo in cui si è affermato lo sviluppo pia-nificato, il mondo si è trovato davanti alla diffusione diun modello unico: lo sviluppo neoliberista, un errore,ha spiegato l’economista: «Si è proceduto con piani di

aggiustamento e si pensava che la crescita e il benesserepotessero essere raggiunti indipendentemente da una ri-distribuzione delle ricchezze. Si procedeva quindi con leprivatizzazioni, che poi in alcuni casi in effetti si sonodimostrate catastrofiche. Ora si apre una nuova fase: sideve riconoscere che nello sviluppo è necessario alme-no in parte l’ intervento dello Stato. Siamo passati da

una posizione che era frutto di dottrine applicate a prio-ri, a una posizione pragmatica». Nel corso del GlobalProgressive Forum di Milano, che si è svolto lo scorso 9e 10 settembre a Milano all’interno della Festa naziona-le dell’Unità abbiamo raccolto le opinioni di alcuni re-latori su questa posizione inedita di un organismo co-me la Banca Mondiale.

«Tanta ipocrisia. Un freno al mercato va posto»

di Cristina Artoni

«N

L’ineguaglianza è incontinuo aumento, spiega il docente di economia Giovanni Andrea Cornia. Si deve prestare molta attenzione alla differenza tra «crescita economica» e «sviluppo».

NA RICERCA CHE, CINQUE ANNI PRIMA della Banca mondiale,dimostra che l’ineguaglianza è in continua crescita, trauno Stato e l’altro e all’interno dei singoli Stati. Una ri-cerca che ha dato vita a un libro: “Inequality, Growth andpovertà in an era of Liberalization and Globalization”.Curatore della ricerca, e del libro, Giovanni Andrea Cor-

nia, docente di economia dello sviluppo all’università di Firenze ed ex-direttore del Wider (World Institute for Development Economic Re-serch), uno centri di ricerca dell’università delle Nazioni Unite.

Con quali finalità è nata la ricerca?«La mia esperienza personale dagli anni ’70 a oggi mi ha portato a stu-diare con attenzione la realtà dei Paesi dell’Est, la povertà nei Paesi ric-chi, l’America Latina e la Cina. Ho avuto modo di constatare empiri-camente in continuo aumento dell’ineguaglianza. L’indagine cheabbiamo condotto ha poi confermato la mia intuizione.Abbiamo analizzato la distribuzione del reddito negli ulti-mi 20 anni in 73 Paesi (i dati sono contenuti nel databaseWiid, consultabile sul sito internet www.wider.unu.edu) eabbiamo scoperto che in 53 di questi l’ineguaglianza è au-mentata. Un risultato decisamente indicativo. La Bancamondiale però 5 anni fa non lo riconosceva. Ci siamoquindi chiesti il perché di questo aumento dell’inegua-glianza così diffuso».

E avete individuato le cause dell’incrementodell’ineguaglianza?

«Inizialmente abbiamo preso in considerazione cause tra-dizionali come la distribuzione diseguale della terra, dell’i-struzione, l’economia mineraria dominante, che spesso ècausa di profondi squilibri distributivi, scelte di investi-

mento che favoriscono il settore urbano a discapito di quello rurale.Ma abbiamo scoperto che le cause tradizionali non spiegano, se non inun numero limitato di casi (10-15 su 100), l’aumento dell’inegua-glianza in così tanti Paesi. Siamo quindi giunti alla conclusione che lacolpa dell’aumento dell’ineguaglianza sia della politica economica e inparticolare di politiche economiche volte alla liberalizzazione dei mer-cati finanziari, all’apertura del commercio internazionale».

Quindi politiche liberiste come quelle sostenute da Bancamondiale e Fmi sono la causa dell’aumento dell’iniquità?

«Dipende. Non sono politiche sbagliate di per sé, ma devono essere in-trodotte solo nei casi in cui le condizioni sono mature. Nei paesi dovel’economia è già abbastanza solida la liberalizzazione porta dei benefici.Promuovere una politica di liberalizzazione interna e di globalizzazioneesterna senza precauzioni porta a un aumento dell’ineguaglianza».

Ci può essere sviluppo senza equità?«No. Un paese può avere una crescita elevata anche in pre-senza di forti ineguaglianze interne, ma non si potrà par-lare di sviluppo».

La Cina sta crescendo rapidamente ma in modo disegua-le. Bisogna dubitare della sostenibilità di questo modellodi sviluppo?«In Cina la disuguaglianza è per lo più spaziale, le regionidella costa sono molto più ricche quelle dell’interno piùpovere. Credo che anche la Cina se continuerà così per 10-20 anni diventerà un altro Brasile, con un alto tasso di cri-minalità, un’elevata instabilità, le classi sociali si rivolte-ranno. E poi la Cina non ha un tasso di ineguaglianza cosìalto. I tassi più elevati sono presenti in America latina - Ar-

gentina, Brasile, Bolivia - e in Sudafrica (62 dell’indice di Gini), l’Italiaha un coefficiente 33-35, la Cina intorno al 42, come gli Stati Uniti. Unaprofonda ineguaglianza si manifesta ovunque ci siano latifondi o nelleeconomie caratterizzate da una forte stratificazione razziale, proprio co-me il Sudafrica e l’America latina. Adesso alcune delle economie ex so-vietiche si stanno dirigendo verso un elevata ineguaglianza e si stannoriproducendo condizioni di tipo latino americano».

E l’Italia, è un Paese iniquo? «Le indagini dell’Istat e della la Banca d’Italia mostrano un aumentodell’ineguaglianza nella distribuzione dei redditi fino al ’92-‘93 poi unacerta stabilità. Abbiamo una tasso di ineguaglianza più marcato deipaesi scandinavi, simile a quello di Francia e Spagna, ma più basso de-gli Stati Uniti. Fra i Paesi occidentali, quelli che presentano una spicca-ta mancanza di equità sono gli anglofoni: Stati Uniti e Gran Bretagna,che applicano maggiormente politiche economiche liberiste. In Italiale politiche di riforma del mercato del lavoro e la liberalizzazione deimercati finanziari anno influito sull’aumento della disuguaglianza».

Come si misura la disuguaglianza?«Esistono diversi indici per misurarla. Tra i più usati l’indice di Gini chevaria tra 0 e 100 e misura la distribuzione del reddito. Se l’indice è paria zero abbiamo tutti lo stesso reddito, se è pari a 100 il reddito è tuttonelle tasche di una persona e gli altri non hanno nulla. Ma la disugua-glianza si può misurare anche sui consumi o sulla distribuzione dellaricchezza: risparmi, case, terre, immobili, fabbriche, gioielli, quadri».

La Banca mondiale definisce l’equità come un’uguale di-stribuzione delle opportunità. Che cosa pensa di questa di-versa visione?

«Si può anche misurare l’equità con riferimento alle opportunità, ed

è quello che fa Bourguignon. Cioè se tut-ti hanno la possibilità di andare a scuola,di accedere liberamente al mercato del

credito, posso dire di avere una società equa. Ma siccome non siamotutti uguali, parte delle disuguaglianze dipendono da fattori soggetti-vi come differenze nella distribuzione del talento, delle capacità, del-l’impegno. Una teoria che condivido ritiene che ci debba essere equitàanche nei risultati e che quindi si debba intervenire laddove le capa-cità sono inferiori. Anche se l’ineguaglianza dipende da una differen-za nella distribuzione del talento e delle capacità individuali, va co-munque corretta. Altrimenti si rischia comunque un’instabilità.L’ineguaglianza delle opportunità è anche difficile da misurare, per-ché è difficile misurare le capacità di una persona. Difficile anche par-lare di pari opportunità. Le dotazioni iniziali agiscono anche a livellopsicologico. Il figlio di un professore universitario è più probabile chefaccia l’università rispetto al figlio di un barbiere, perché diverse sonole aspettative dei genitori e perché diverso è il ruolo da imitare. La con-dizione di equità individuata da Bourguignon, cioè le eque opportu-nità, non è sufficiente. Non è possibile a parificare le opportunità».

Che cosa si può fare per ridurre l’ineguaglianza? «Innanzitutto rendere l’accesso alle risorse uguale per tutti. È necessariauna serie di interventi sulle cause tradizionali: una riforma agraria, man-dare tutti i bambini a scuola in particolare le femmine, organizzare cor-si di istruzione per le donne. Così si andrebbero a parificare le condizionidi partenza. Bisognerebbe poi migliorare l’accesso al credito. Spendere isoldi della spesa pubblica nella salute. Su questo aspetto istituzioni co-me la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale sono con-cordi. Poi ci sono le politiche macroeconomiche: è necessaria una poli-tica di bilancio rigida, portare l’inflazione al 3%, lasciare circolare icapitali liberamente, aprire totalmente gli investimenti diretti». .

LIBRI

Giovanni Andrea CorniaInequality, growth,and poverty in an era of liberalizationand globalization

U

Equità fino in fondo, non basta garantire pari opportunità

di E.T.

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equità a livello internazionale, dove ad esempio i paesisviluppati stanno invadendo il mercato nelle esporta-zioni di merci: riescono a produrre moltissimo e man-tenere i prezzi molto bassi. È necessario per cambiare lecose introdurre equità nelle regole delle organizzazionidel commercio, che al momento non sono per nullaoneste. L’esempio più grave sono le regole che riguar-dano l’agricoltura nel WTO. Queste regole permettonoai paesi del primo mondo di proseguire con i sussidi peri produttori, mettendo sul lastrico i con-tandini dei paesi in via di sviluppo. Èun’ingiustizia. Occorre quindi equità siaa livello locale sia a livello globale».

Ma non è strano che ora anche l’e-conomista di punta della Banca Mon-diale sostenga la necessità di maggioreequità? Per Martin Khor si tratta di unasensibilità che si sta diffondendo in ma-niera evidente: «Sempre più gente starealizzando che l’equità è un fattore im-portante non solo a livello sociale maanche da un punto di vista economico.Se vi è una ridustribuzione equa dei pro-fitti gli stessi lavoratori si trovano nellecondizioni di poter spendere di più equesto spinge alla crescita economica di un paese. Mase la ricchezza rimane concentrata nelle mani di pochici sarà una totale assenza della domanda, come avevadetto il grande economista Keynes, se c’è una riparti-zione dei profitti, la domanda crescerà e i produttoridovranno lavorare di più e l’economia crescerà. L’e-quità quindi è fondamentale anche per l’aspetto eco-

nomico per un paese, oltre che per la giustizia sociale».È possibile riformare le organizzazioni economiche

come Banca Mondiale e Fondo Monetario? «Questapossibilità – prosegue l’economista malese - è nellemani dei cittadini dei paesi ricchi: se la popolazionefarà pressione sui propri governi, considerato che sonoloro ad avere il controllo dell’FMI, della Banca Mon-diale e dell’Organizzazione Mondiale del commercio.Altrimenti non lo faranno mai di loro spontanea vo-

lontà. Occorre che i cittadini del Sud in-dichino la strada, ma poi il movimentosociale dei paesi ricchi, come Italia, Ger-mania, Stati Uniti e Giappone aprano lastrada per chiedere la fine dello sfrutta-mento delle popolazioni dei paesi po-veri».

Chico Whitaker, brasiliano, è co-fondatore e membro del comitato delForum sociale Mondiale: «Si è parlatomolto negli ultimi tempi della riformadell’Onu, credo sia importante perchè èuna struttura che va salvata, ma per far-lo in modo sensato credo che si debbapartire dagli organismi economici chehanno un’incidenza fondamentale sui

destini del mondo, ossia: Fondo monetario internazio-nale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale delcommercio. Sono organizzazioni generate dagli accor-di di Bretton Woods che si devono rifare alla carta del-le Nazioni Unite, cioè sulla carta universale dei dirittidell’Uomo, cosa che al momento non rispettano. Par-liamo di equità, ma facciamolo davvero». .

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Non c’è equità senza libertàFederico Mayor Zaragoza è presidente di Ubuntu ed exdirettore generale dell’Unesco: «Si può pensare che l’e-lemento principale per favorire lo sviluppo sia l’equità,ma questa credo debba essere legata a doppio filo an-che con la libertà. Nel 1989, proprio nel bicentenariodella Rivoluzione Francese abbiamo vissuto un grandecambiamento, è scomparso un intero mondo in cui siriservava grande spazio all’uguaglianza ma che na-scondeva il fatto che mancava la libertà. Troppi silenzidi un regime chiamato Unione Sovietica. Poi questomondo si è disciolto. Perchè? Perchè era fondato sul-l’equità ma aveva dimenticato la libertà. Ora siamo difronte a un problema opposto: abbiamo un sistemache è basato sulla libertà ma che ha dimenticato l’e-quità è non può reggere in questo modo. Questi dueelementi a loro volta hanno poi cancellato la fratel-lanza. Dobbiamo ricordare che la dichiarazione dei di-ritti dell’Uomo nel primo articolo dice: “tutti gli esseriumani nascono liberi” e prosegue dicendo che si de-vono relazionare in maniera fraterna. Non sono io chesottolineo queste cose, questi sono i principi adottatiper il mondo che noi cederemo ai nostri discendenti ealle generazioni che prenderanno il nostro posto. Maora all’improvviso ci dicono che è il Mercato a coman-dare. Addirittura il presidente Clinton nel 1996 si èspinto a dire che oltre ad avere un’economia di merca-to il mondo doveva prepararsi all’idea di una demo-crazia di mercato e ad una società del mercato. Ve lopotete immaginare una democrazia di mercato? Biso-gna ritornare a pensare all’essere umano, occorre ri-spettarlo, ed è necessario ribadire che noi non possia-

mo accettare cose mostruose come continuare a vive-re sapendo che ogni giorno c’è gente che non ha nul-la da mangiare».

La corruzione demagogica Per Sameer Dossani, statunitense, direttore della rete50 Years is Enough e del US Network for Global Eco-nomic Justice, la posizione è dell’economista Bourgui-gnon è ipocrita: «La Banca Mondiale da sempre puntail dito sulla questione della corruzione e della legalitàin Africa e in altri continenti del Sud del mondo, pro-blemi sicuramente gravi e che dobbiamo tenere pre-senti, ma credo che di fronte a tutti i casi di corruzio-ne, dobbiamo prima di tutto chiederci quali sono leresponsabilità degli organismi legati all’Onu. Quelloche stanno facendo Banca Mondiale e il Fondo Mone-tario Internazionale nei loro piani di intervento è difatto far sì che i governi diventino la fotocopia dei lo-ro stessi organismi istituzionali, annullando reali for-me di auto-governo di ogni singolo paese. Così spessoun governo nel sud del mondo non rappresenta più lapopolazione. Questo svuotamento della capacità deci-sionale di un paese è un fenomeno molto più perico-loso di quello che loro riconoscono come corruzione,quindi parlare di equità mi sembra un’ipocrisia».

Martin Khor, economista malese, è direttore dellarete Third World: «È vero che l’equità è un elementofondamentale per lo sviluppo, ad esempio in campoagricolo. I contadini del Sud del mondo sono di frontea un processo più grande di loro che li spinge sempre dipiù verso la povertà. Occorrono nuove regole per di-fenderli. Penso che occorra introdurre il concetto di

Willy Thys, Segretario Generale della Confederazione mondiale del Lavoro, non si fa convincere dalla “svolta” annunciata da Bourguignon. «Nella Banca il Terzo Mondo non è rappresentato, manca una vera comprensione di modelli economici differenti».

L GIORNO IN CUI I DIRIGENTI della Banca Mondiale comprenderannoche i souk dei paesi arabi possono essere uno strumento di svilup-po economico avranno capito tutto»

Anche la Banca Mondiale, attraverso le parole del vi-cepresidente per lo sviluppo economico dell’organi-smo, François Bourguignon, sostiene che l’equità siaun punto centrale per realizzare lo sviluppo, non le sem-bra una posizione nuova rispetto al passato?

«È vero anche che anche all’interno della Banca Mondiale c’è genteche fa dei bei discorsi e che avanza delle buone idee. Ma il proble-ma è che l’istituzione funziona sempre nella stessa maniera dalla sua

creazione. Quali sono i suoi grandi difetti? La Banca Mondiale è l’i-stituzione che di più rispetto alle altre agisce direttamente sul terre-no, sappiamo in primis che tutta l’analisi è nelle mani di consulen-ti che arrivano da paesi sviluppati, quindi c’è la totale assenza dirappresentanza del Terzo mondo. Dall’altra parte si applica lo stessomodello economico ovunque, senza tener conto delle strutture eco-nomiche deboli dei paesi in via di Sviluppo. Io cito sempre un esem-pio piuttosto semplice ma credo efficace: il giorno in cui i dirigentidella Banca Mondiale comprenderanno che i souk dei paesi arabipossono essere uno strumento di sviluppo economico avranno ca-pito tutto, perchè il problema è che spesso con il loro intervento sop-primono quello che funziona e installano cose che non è detto che

funzionino e dunque arriviamo a delle soluzioni di squilibrio che fi-niscono per portare a un aumento del debito piuttosto che a sanarel’economia».

Si è parlato molto di riforma dell’Onu, ma per otteneredei reali passi avanti non si sarebbe forse dovuto par-tire da una riforma delle agenzie economiche?

«È chiaro che quello che determina lo sviluppo del mondo sono le po-litiche del Fondo Monetario Internazionale a livello macroeconomicoe della Banca Mondiale a livello microeconomico. Queste istituzioni,infatti, giocano un ruolo molto importante nello sviluppo ma anche esoprattutto nel “non sviluppo” dei paesi del Sud del mondo e di quel-

di Cristina Artoni «I

DISEGUAGLIANZATRA STATI

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GINI Calcolato applicando il coefficiente statistico di Gini sulla diseguaglianza

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DISTRIBUZIONE DEL REDDITO

Anche all’interno della Banca Mondiale vi è chi avanza buone idee.Ma poi l’istituzione prende il sopravvento

«Belle parole, ma la pelle della Banca Mondiale non cambia»

Equitàe lotta allapovertàsonolegate

Francois Bourguignon,economista.

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La povertà non riguarda solo i paesi in via di sviluppo, spiega l’autore di “The Working Poor” che ricorda come, ancora oggi, un bambino su sei negli Usa sia denutrito e la povertà abbia sempre una caratterizzazione di colore, età e genere.

INQUE ANNI DI LAVORO, centinaia di interviste in giro pergli Stati Uniti: The Working Poor di David Shipler è unacronaca dei poveri d’America dopo la riforma del Wel-

fare: le madri teenager senza lavoro, ma-rito, futuro; i giovani ex-carcerati cheaffondano nell’alcolismo e nella margi-

nalità sociale; i migranti messicani ridotti a schiavi neicampi del North Carolina e negli uffici di Los Angeles.David Shipler, ex-giornalista del New York Times, PremioPulitzer per un suo reportage sul conflitto israelo-pale-stinese, professore a Princeton, descrive la povertà comeun abisso fatto di scarsa istruzione, solitudine, lavori in-certi, salute malferma, assistenza sociale inesistente,profonda depressione. «I poveri diventano invisibili gra-zie a una cultura che insiste sulla responsabilità perso-nale e sulla moralità del successo professionale», ci diceShipler dalla sua casa nel Maryland.

Mister Shipler, lei descrive un paese che harinunciato a ogni progetto di protezione deipiù deboli.

«La situazione americana è molto diversa da quella euro-pea. Pur in un quadro di riduzione delle garanzie, l’Euro-pa mantiene un sistema esteso di garanzie sociali. NegliStati Uniti la cultura del Welfare è completamente scredi-tata. L’espressione welfare mothers (madri single a caricodell’assistenza pubblica) è diventata peggio di un insulto».

Dove nasce questo orientamento, culturaleancor prima che economico?

«Nasce con il nostro mito fondatore, con la cultura dellafrontiera che modella l’America. Questa in fondo è la ter-ra delle opportunità. Fin da bambini ci dicono che per pro-sperare devi rimboccarti le maniche. Il lavoro diventa unaforma etica: se lavori duro sei una brava persona. Non esi-ste nessun'altra società che attribuisca un valore così altoal successo sul luogo di lavoro. I soldi sono il segno che haisvolto con successo il tuo dovere. La ricchezza diventa in-dice di moralità. Se invece sei a carico dell’assistenza pub-blica, sei un fallito o un essere immorale».

Un mito che ha garantito anche lo sviluppodel paese…….

«Sì, in questo mito americano c’è una parte buona e unacattiva. La parte cattiva è ovvia: gli individui sono biasi-mati per la loro situazione. Finisci per condannare le vitti-me. Il lato positivo è che la società acquista uno straordi-nario dinamismo. Il mito dell’arricchimento si trasformain una tensione continua, in un bisogno degli individui didare realtà al mito. E’ un processo che assicura mobilità so-ciale e sviluppo economico».

Progressisti e conservatori americani si in-contrano oggi nella diffidenza a un WelfareState troppo esteso?

«Rimangono delle differenze: i conservatori si rifanno ateorie sociali individualiste e attribuiscono la povertà a undisordine personale, “comportamentale”; i progressistitendono invece a enfatizzare il ruolo di istituzioni e so-cietà. Nella pratica politica, comunque, i due poli spesso siincontrano. Dopotutto è stato proprio un presidente de-mocratico, Bill Clinton, a mettere fine al Welfare così co-me lo conosciamo».

Lei si riferisce alla riforma del 1996. Alcunidati recenti dicono che oggi 2 milioni di fa-miglie americane vivono grazie ai programmidel Welfare (Medicaid, buoni alimentari, sus-sidi per la casa, voucher per l’assistenza sa-nitaria ai bambini). Erano 5 milioni nel 1994.Il numero degli americani a carico dell’assi-stenza pubblica si è ridotto del 60%. È un se-gnale positivo?

«Bisogna saper leggere i dati. La riforma – welfare-to-work- ha costretto milioni di persone ad accettare lavori sotto-pagati, promettendo fondi per la formazione, l’assistenzaai minori, il comfort abitativo. Quei fondi non sono maiarrivati. Il risultato è che oggi in America milioni di geni-tori escono la mattina e lasciano i figli senza alcuna assi-stenza, in ambienti degradati. Non guadagnano abba-stanza, passano da un lavoro non specializzato all’altro,sprofondano sempre più nella depressione. 33 milioni di

americani vivono sotto la linea della povertà (circa 18 mi-la dollari per un genitore con tre figli)».

La povertà, il Welfare, ha un colore?«Sì, ha un colore, un genere e un’età. Ha il colore degli afro-americani e dei latinos: il 23% dei neri e il 22% dei latinossono poveri. Il genere è spesso quello femminile: più di 20milioni di donne non hanno di che vivere. E spesso la po-vertà colpisce i più piccoli: un bambino su sei è denutrito».

Come si è comportata l’amministrazione Bu-sh nei confronti del Welfare?

«Se Clinton lo ha ridotto, Bush lo ha esplicitamente presodi mira, riducendo i sussidi per istruzione e sanità, ponen-do vincoli burocratici che ne ritardano l’attribuzione.L’amministrazione ha introdotto il sistema dei blockgrants: prima molti programmi sociali erano co-finanziati(a ogni dollaro speso dai singoli stati corrispondeva un dol-laro del governo federale); oggi Washington tende a con-cedere una somma fissa, ciò che porta a una contrazioneinevitabile della spesa». .

L’Africa in casa dei ricchi. Anatomia della povertà negli Stati Uniti

di Roberto Festa

C

LIBRI

David ShiplerThe Working Poor

li in crescita. È vero che si vuole migliorare la situazione economica delmondo e a cascata, quindi, anche quella politica e sociale, credo cheoccorra riformare queste istituzioni. Stiamo parlando di realtà come ilFondo Monetario Internazionale, organizzato come un’istituzione fi-nanziaria, dove esiste un consiglio di amministrazione in cui chi ha piùsoldi ha diritto ad avere più peso nelle decisioni con più voti, e dunquequesto crea una situazione di strapotere. Prima di tutto degli Stati Uni-ti, ma anche dei paesi dei G7 cioè quelli più industrializzati. Qualcunodel movimento sostiene che questi sono degli strumenti di domina-zione dei ricchi sui poveri, ed è sicuramente vero».

È in corso nel Sud del mondo una sorta di neo-coloniz-zazione secondo lei?

«È vero che quando il sistema coloniale è affondato dopo la secondaGuerra Mondiale, è stato sostituito da queste strutture che manten-gono un sistema di equilibrio monetario mondiale. Il problema è chenon sono mai state riformate e da sessant’anni funzionano sempre

nella stessa maniera ma in un mondo che è cambiato moltissimo. Ècaduto anche il muro di Berlino, ma FMI e WB appaiono come im-mutabili. È una cosa aberrante».

Da parte parte bisogna cominciare per sanare?«Io credo che la prima cosa che dobbiamo pensare è arrivare a un rea-le alleggerimento del debito. Il debito estero è un elemento che para-lizza totalmente lo sviluppo dei paesi del Terzo mondo perchè conquesto peso gravoso non ci sono margini per applicare delle politiche.Questa è la prima cosa. Dovrebbero essere introdotti dei meccanismiche facciano in modo che il debito estero nel budget di uno stato siastabilito al 20%, così il resto può essere trasformato in fondo socialeper lo sviluppo in modo da sostenere le politiche sociali come adesempio l’istruzione, la sanità o creare degli impieghi per lo sviluppoeconomico. Invece con le regole della Banca Mondiale i paesi del Ter-zo mondo ripagano di più in interessi e in spese rispetto ai paesi svi-luppati. È un’assurdità, con questo sistema non si blocca mai come si

dice il rubinetto e le cose restano sempre difficili da migliorare».

Avete speranza di cambiare le cose con l’aiuto dei mo-vimenti?

«La società nel mondo non è progredita che con la sollevazione dellagente e dunque è creando dei contropoteri a differenti livelli che pos-siamo riuscire a cambiare le mentalità. Io credo che la formazione siaun elemento molto importante per lo sviluppo e il cambiamento.Quando le persone sono preparate, possono affrontare le grandi sfideche si trovano davanti perchè la società diventa sempre più complessae solo a quel punto le cose cominciano a cambiare. Ora la gente noncapisce ma sente che c’è aria di rivolta che fino a qui non si è però an-cora concretizzata, ma quando la gente avrà capito il meccanismo eavrà messo a fuoco degli obiettivi si renderà conto che le cose posso-no cambiare davvero attraverso delle scelte politiche, con partiti chesono coerenti. A quel punto il mondo cambierà e ogni individuo di-venterà un attore del cambiamento». .

David Shipler, premio Pulitzer e docente a Princepton, autore di The Working Poor.

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Oggi in America oltre trentamilioni di cittadini vivono sotto la linea della povertà e non hanno garanzie

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NOVAMONT

I soldi del dittatorelloche scompaiono

Liberia e dintorni| lavanderia |

di Paolo Fusi

IDEA ERA SEMPLICISSIMA. In Liberia si combatte da anni, chi vuoi che vada a controllare cosa combina una societàbucalettere di Monrovia. Per giunta, per costituire una società liberiana, non c’è bisogno di andare laggiù. La “piazza finanziaria” viene gestita dalla Liberian International Ship & Corporate Registry (LISCR) – una societàprivata statunitense con sede a Vienna (in Virginia), a New York, al porto greco del Pireo, a Zurigo, a Londra, a Tokyo, a Hong-Kong… e naturalmente in un ufficetto di Monrovia, in cui siede una segretaria ruffolona e preoccupata, che gestisce un telefono con cui chiamare la centrale in Virginia. La LISCR funge da ufficio del registro e da registro per l’immatricolazione delle navi (da sempre una delle maggiori fonti di sostentamentodella Liberia). Sicché il nostro eroe – il presidente/dittatore di uno stato nato dall’esplosione dell’ex UnioneSovietica – nel 1999 costituisce tre società liberiane: una a Zurigo, una a New York ed una a Hong-Kong. I soldi,che il nostro eroe riceve sottoforma di aiuti da parte del governo tedesco, li nasconde semplicemente in unabanca di Francoforte, di modo che non transitino mai nel suo paese (e non ci sia quindi il rischio che qualchedipendente malandrino ne scippi una parte). Orbene: mentre tutti noi sappiamo, che nelle piazze offshoreeuropee c’è un simpatico truffatore (in gergo “fiduciario”) che s’incarica di gestire la bucalettere, in Liberia non c’è nulla. Il dittatorello ne gode. E spera: se un giorno vorranno acciuffarmi, non ci sarà nessun fiduciario a spifferare tutto alla polizia. E difatti: la LISCR non è tenuta a tenere un registro vero e proprio delle società

che sono ufficialmente costituite in Liberia. E non è necessario – come a Panama, le Bahamas, le Isole Vergini o il Liechtenstein – che nelconsiglio d’amministrazione segga un indigeno con funzioni di garante.Dal 2000 alla testa del LISCR ci sono l’avvocato israeliano Yoram Cohened un socio del dittatore liberiano Charles G. Taylor, Sanijvan Ruprah.Costoro ricevono oboli alla registrazione delle nuove navi e decidonocosa fare dei documenti relativi alle bucalettere costituite per conto

della LISCR (e dello Stato della Liberia). Se l’obolo non è sufficiente, allora c’è da attendersi qualunque cosa.Ruprah non è uno sconosciuto: nel 2002 è stato salvato dalla Corte di Cassazione italiana, poiché la procura

della Repubblica di Monza aveva potuto dimostrare che di mestiere traffica armi insieme a personaggioni dellaOdessa da bere. Costoro, annoiati dai facili guadagni con il petrolio, la prostituzione e la droga, si sono messiad armare gli eserciti privati che massacrano gente in giro per l’Africa per controllare le miniere di diamanti. La Cassazione ha deciso che il reato sussiste, ma non gli interessa, perché compiuto da un cittadino esteroall’estero – poco importa se l’ha organizzato dall’Italia. Torniamo al nostro caro dittatorello. Il tipo non paga il pizzo all’IRI (simpatico nome della società che raccoglie per Taylor gli oboli pagati collateralmenteall’iscrizione al LISCR), perché da onesto tiranno è offeso da tanta malavitosità. Yoram Cohen, tra l’altro, è sotto inchiesta in Israele per spionaggio via Internet.

Risultato: in modo difficilissimo da spiegare, tutti i dati del dittatorello finiscono sul tavolo degli ispettoridel Fondo Monetario Internazionale. Orrore. Il presidente, offesissimo, si dimette e lascia il suo paese. Poi sireca a Francoforte a prendere i suoi soldi per poi trasferirsi al mare a godersi il suo cattivo umore. Ci crederete?Le sue società risultano non essere mai esistite. Ed i conti bancari? Le banche tedesche, che sono una cosa seria,non danno informazioni sui propri depositi. A nessuno. Tanto meno a qualche ex dittatorello asiatico, di cui manco riescono a pronunciarne il nome. .

L’

Un contorno di faccendieriprotagonisti di scorribande di ogni tipo, sfuggiti anche grazie alla Corte di Cassazione italiana

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| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 31 || 30 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

| inbreve || inbreve |

finanzaeticaRegole ancora lontane per i fondi speculativi in Germania >33Gli operatori degli hedge funds: «una caccia alle streghe» >36Una rappresentanza per il Terzo Settore è necessaria >37

LE BANCHECONDANNATE A RIMBORSAREPARMABOND

Una sentenza potrebbe cambiare il corso della battaglia dei risparmiatori contro le bancheper i bond Parmalat. Il tribunale di Parma lo scorso 22 luglio ha infatti annullato i contratti con i quali alcuni clienti avevanosottoscritto i bond «per viziogeneralizzato». Diversamente da quanto deciso da altri tribunali i giudici hanno riscontrato talianomalie da ritenere nulli i contrattifatti sottoscrivere ai clienti. Si trattanello specifico dei bond emessidalla Parmalat Finance CorporationBv, società lussemburghese delgruppo di Collecchio con un capitalesociale di 1.242.000 euro e nessundipendente a carico, venduti con ladenominazione Parfin, la stessa checompare nelle contrattazioni di titolidella Parmalat Finanziara Spa diMilano. La mancata identificazionedella società emittente hadeterminato un «vizio della volontà»in virtù del quale i clienti hannoottenuto la restituzione delle sommepagate per l’acquisto dei bond.

L’elemento estremamenteinnovativo di questa sentenza è il fatto che è ragionevoleipotizzare l'estensione dello stessoprincipio a tutti gli altri casi in cui i bond emessi dalle consociateestere di Parmalat sono stati vendutiai clienti con una denominazioneinsufficiente ad identificare la verasocietà emittente. Secondo una prima analisi oltre il 70% dei prestiti obbligazionari sono stativenduti con identiche procedure.

RINVIO DELLASARBANEXOXLEY PER LE PMI

La Sec ha deciso di allentare le maglie della legge anti-truffaSarbanes Oxley per le medieimprese. Le aziende con unacapitalizzazione di mercato inferioreai 75 milioni di dollari avranno a disposizione un altro anno per mettersi in regola con i controlliinterni sui loro bilanci. La Sec, che aveva già concesso un rinvio di dodici mesi in marzo, ha cosìspostato la scadenza fino al luglio2007. Con il nuovo rinvio, la Sec e il suo nuovo presidente Chris Coxseguiranno la raccomandazione di una loro stessa commissione,creata appositamente per analizzaregli effetti delle normative sullepiccole aziende. La Sec ha concessoanche alle banche un altro anno,fino al settembre 2006, per laregistrazione con l’agenzia di attivitànel brokeraggio. Una normativa che,in realtà, precedeva la SarbanesOxley ed era nata all'indomani delladeregolamentazione dei servizifinanziari. Le regole per le medieaziende al centro del ripensamento,in particolare, chiedono un processodi valutazione dei controlli sui contie della loro capacità di scongiurarescandali che, negli anni passati,hanno travolto anche grandi gruppiquali Enron e WorldCom. Questoprocesso prescrive poi che i revisoriesterni dei conti approvino i controlli e che i risultati delle verifiche condotte su questisistemi siano resi noti nei rapportiannuali agli azionisti.

IL DOW JONESSUSTAINABILITY INDEX SI RINNOVA E REGISTRAPIÙ ATTENZIONE AI PRODOTTI

Sono 57 le nuove aziende inserite quest’anno nel DowJones Sustainability World Index. Cinquantaquattroquelle cancellate. L’indice di riferimento pan-europeo, il Dow Jones Stoxx Sustainability Index, include invece25 nuove società, mentre 29 ne sono state eliminate.Tra le società nel paniere figurano la banca olandeseAbn-Amro, la svedese Ericsson, specializzata in apparati di telecomunicazione e la casaautomobilistica tedesca Bmw. Ma anche l’italianaTelecom, per il secondo anno consecutivo.

Questa la scelta per il 2005 dei Dow JonesSustainability Indexes, che il gruppo svizzero Samtraccia dal 1999, per conto di Dow Jones Indexes e Stoxx, valutando le performance finanziarie delle aziende di tutto il mondo e i loro criteri di sostenibilità ambientale e sociale.

L’analisi di Sam, basata sulla valutazione delle pratiche sociali, ambientali e di CorporateGovernance delle compagnie, costituisce l’indice di riferimento per gli investimenti sostenibili in 14 Paesi.E non sono briciole. Il valore complessivo ammontainfatti a 3,3 miliardi di euro.

Secondo la valutazione di Sam, l’interesse dellemultinazionali per la sostenibilità sta progressivamentespostandosi dalle strategie ai prodotti e ai servizi offerticome le tecnologie eco-compatibili nell’industriaelettronica, la prevenzione anticrimine nel settorefinanziario e cibi più naturali nell’industria alimentare.

Nel suo rapporto annuale Sam sottolinea inoltre che ad aiutare la trasparenza e l’affidabilità delle compagnie vengono sempre più spesso introdottidei meccanismi di controllo e indicatori standard di sostenibilità. Ne è un esempio l’inglese Operating & Financial Review (Ofr).

Insomma, l'attenzione alla sostenibilità socio-ambientale della catena produttiva sembra vivereun momento favorevole. Per questo Sam si prepara a incrementare l’offerta di indici lanciando il Dow JonesNorth America Sustainability Index e il Dow JonesSustainability Index.

DUE MILIONI DI DOLLARI DA BAE SYSTEMS A PINOCHET

BAE Systems, il maggior fabbricantedi armi del Regno Unito, avrebbepagato segretamente all’ex dittatorecileno Augusto Pinochet 2 milioni di dollari. Secondo un'inchiesta del Guardian, i pagamenticominciarono nel 1997 e continuarono fino al 30 giugnodell’anno scorso, data dell’ultimotrasferimento di 189.940 dollari.Una parte del denaro è stata pagatacon l’intermediazione di una societàfantasma domiciliata nelle isoleVergini britanniche, utilizzata dalla BAE per canalizzare le suecommissioni per la vendita di armi.Sollecitata sulle ragioni dei pagamenti al dittatore la multinazionale aerospazialebritannica si è limitata a pubblicareun comunicato in cui ha spiegatoche la società ha una «chiara e rigorosa politica nelle relazionicon terze parti, a cui i dipendenti si devono attenere». BAE Systems è stata già accusata in passato del pagamento di bustarelle all’estero:la società è al centro di un’inchiestadella squadra anti-frode delministero della Difesa per presuntifondi neri destinati all’ArabiaSaudita in cambio di potenzialicommesse militari. Il 14 settenbrela Corte suprema del Cile ha revocato l'immunità a AugustoPinochet; il che permetterà al pubblico ministero di depositarele incriminazioni contro l’ex dittatore, accusato per la scomparsa di 3.000 oppositoripolitici durante il regime militare.

OTTIMI AFFARI PER LE BANCHE SVIZZEREPRONTE ALLE BARRICATECONTRO LE ROGATORIE

I conti vanno a gonfie vele, nonostante l’euroritenutaentrata in vigore su una parte dei redditi finanziarirealizzati da cittadini residenti nei paesi dell’UnioneEuropea. Ma quello che non va giù ai banchieri svizzeri è l’insistenza delle autorità giudiziarie. In occasionedell’assemblea annuale dell’Associazione delle Bancheelvetiche il direttore generale, Urs Roth, ha lanciato un allarme sostenendo che le rogatorie sui conti di cittadini non residenti in Svizzera non devonodiventare uno strumento per acquisire in modosurrettizio informazioni riservate. Roth ha fatto un esplicito riferimento alla vicenda Yukos, il colossopetrolifero che era sotto il controllo di MikhailKhodorkovsky, il magnate finito in carcere per il suo progetto di opposizione politica. Ma in realtà la Switzerland Bankers’ Association non ha mai amatol’attivismo dell’autorità giudiziaria che nel corso degli ultimi anni ha dato la caccia ai tesori di ex dittatori, come il nigeriano Sani Abachi o il peruviano Alberto Fujimori.

Nonostante le rogatorie il 2004 è stato ricco di utiliper le banche elvetiche che hanno registrato utili nettiper 58,5 miliardi di franchi, con un aumento del 6,4%rispetto all’anno precedente. I patrimoni gestiti, voce principale per le banche svizzere, a fine 2004 erano pari a 3550 miliardi di franchi, in aumento di oltre il 10% rispetto ai 3200 miliardi dichiarati a suo tempo per fine 2003.

La SBA ha fatto notare che la somma raggiuntarimane inferiore del 3,6% al record del 2000. Ma resta il fatto, secondo molti analisti della piazza elvetica, che vi è stato un incremento della massa dei patrimonigestiti, tanto più interessante se si considera che è stato registrato nella fase che ha preceduto l’avviodell’euroritenuta su una parte dei redditi finanziari degli investitori Ue non residenti. Questa nuova imposta,accettata dalla Svizzera in cambio del mantenimento del segreto bancario ed entrata in vigore il primo luglioscorso, avrebbe potuto determinare una riduzione dei capitali gestiti, ma i dati di fine 2004 e le proiezioni di metà 2005 indicano che ciò sin qui non è avvenuto.

BOOMNELL’ACQUISTODI ARMI NELTERZO MONDO

I contratti di fornitura di armi tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo sono stati nel 2004 paria 22 miliardi di dollari, in nettoaumento rispetto all’annoprecedente, quando il totale fu di 15,1 miliardi di dollari. La venditadi armi convenzionali verso i paesiin via di sviluppo, che si attesta trail 55% e il 72% dell’intero mercatodi armi, ha raggiunto livelli record.Nel periodo 2001-2004, secondo il report del servizio di ricerca del Congresso USA, i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto il 57,3%di tutti i trasferimenti di armi. stesso periodo il 63,2% delle effettive consegne sono stateportate a termine nei paesi in via di sviluppo. Il Medio-Oriente è sempre stato il più grosso mercatodi armi nel mondo in via di sviluppo– il 49,2% degli accordi di tutti i paesi in via di sviluppo negli annitra il 1997 e il 2000 lo riguardava – l’Asia lo ha surclassato nel 2001-2004, spendendo, secondo quantoafferma il report, 35 miliardi di dollari in nuove armi durantequesto periodo. Il cambiamento è in parte dovuto alla diminuzione di acquisti di armi da parte dell’ArabiaSaudita e di altri stati del Golfocome conseguenza della PrimaGuerra del Golfo all’inizio degli anni’90. Ciononostante, l’Arabia Sauditanel 2004 si è classificata seconda,dietro all'India, nella classificadell'acquisto armi nei paesi in via di sviluppo, seguita da Cina e Egitto.Fonte: www.megachip.info

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Laurentino 38, il campo nomadi:una donna e una roulotte.

Sotto, Armando prepara da mangiare sul retro della sua baracca.Roma, 2003

> Periferie

| Hedge Funds | finanzaetica |

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 33 |

Le “locuste del capitalismo” attaccano la Germania

agli azionisti. Dal detto al fatto Hohn co-mincia ad aumentare progressivamente lasua posizione in Deutsche Börse, seguitoda una serie di fondi speculativi e di ban-che - tanto che ora le autorità di vigilanzasospettano l’esistenza di un concerto.Sempre più azionisti, che non conoscono iretroscena, vendono le loro partecipazionia Hohn e ai suoi colleghi, mentre il corsodel titolo sale. Il TCI passa presto all’8%nel capitale di Deutsche Börse. Altri fondi,come Atticus e Och-Ziff, superano il 5%.

Anche Generali è della partita, con il 3,5%. «Il 59% de-gli azionisti è con me», dichiara finalmente Hohn inuna mail il 17 aprile. «Ora mi sembra chiaro che la di-rezione della borsa tedesca è in seria difficoltà». Il 9maggio Seifert si dimette. Hohn vince la partita, l’ac-quisizione della borsa di Londra fallisce e la cassa del-la Deutsche Börse finisce nelle mani degli azionisti diminoranza. Diventati, silenziosamente, maggioranzaassoluta. «Siamo di fronte al Martin Lutero del capita-lismo», commenta entusiasta Michael Adams, profes-

meno altri otto fondi hedge, costringe alledimissioni Werner Seifert, direttore diDeutsche Börse AG, la borsa tedesca. Uncolpo al cuore per la city di Francoforte.

A guidare la fronda degli azionisti c’èChristopher Hohn, fondatore, proprieta-rio e direttore di TCI, “The Children’s In-vestment Fund”, un hedge che ha sedeoperativa a Londra ma è domiciliato alleCayman. Hohn ha 38 anni e nessuno pri-ma del colpaccio alla borsa sa chi è. Ancheperché è un personaggio molto riservato.Di lui non esistono foto pubbliche e la suasegretaria non è in grado di confermare nemmeno lasua età. Come puo’ un carneade del genere mettere incrisi una delle maggiori istituzioni tedesche? Con unastrategia ben precisa e un’enorme massa di liquiditàda investire. La strategia ormai è nota. Hohn non di-gerisce la decisione di Seifert di acquisire la borsa diLondra. Come azionista giudica troppo alto il prezzoda pagare e preferirebbe che la borsa tedesca utilizzas-se la cassa in un altro modo: per riacquistare azioniproprie (aumentandone il valore) e staccare dividendi

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I fondi speculativi controllano ormai un quarto delle grandi imprese tedesche. Locuste avide di denaro o ossigenoper i mercati? Il dibattito è aperto, ma il fortino tedesco è sempre più vulnerabile. E le regole stentano a decollare.

ONO COME LOCUSTE. Saccheggiano le imprese per poi scappare con la cassa». Così Franz Müntefering, capo dei so-cialdemocratici tedeschi (SPD), ha chiamato i fondi hedge e private equity lo scorso aprile. Non pago, ha reso no-ta una lista di “locuste” che starebbero per aggredire il sistema industriale tedesco: KKR, Apax, BC Partners,Carlyle, Advent, Permira, Blackstone, CVC, Saban Capital e altre ancora. Nomi sconosciuti ai più, società di in-vestimento che lavorano nell’ombra, con grande discrezione.

La vice Ute Vogt si spinge oltre invitando addirittura a boicottare i prodotti delle imprese controllate dai ca-pitalisti selvaggi. In Germania si scatena un putiferio. In molti liquidano la boutade del compagno Münte co-me mera propaganda elettorale, per guadagnare voti a sinistra. Ma il dibattito intorno al capitalismo e ai suoifigli degenerati non accenna a spegnersi. Solo un mese dopo il fondo speculativo britannico TCI, assieme ad al-

di Mauro Meggiolaro

Private equityLa definizione di privateequity comprende tuttele forme di investimentonel capitale di rischio di aziende non quotate,effettuate da investitorifinanziari specializzati -generalmente fondi diinvestimento chiusi - sia attraverso l’acquistoo la sottoscrizione di azioni o quote di capitale, sia tramitetitoli obbligazionariconvertibili.Riguardo alla finalitàdell’investimento, si parla normalmente di venture capital per le operazioni che hannolo scopo di finanziarel’avvio o lo sviluppodell’impresa, di buy-outo di replacement per le operazioni checomportano l’acquistodel controllo di aziendeesistenti, ovvero di quote del capitalenell’ambito della ricomposizionedell’assetto proprietario.

GLOSSARIO

Franz Müntefering,capo deisocialdemocraticitedeschi (SPD)

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IL TCI, THE CHILDREN’S INVESTMENT FUND non si chiama così acaso. Il fondo con cui Mr Hohn ha guidato l’attacco a Deutsche Börse è infatti uno deirari esempi di hedge a devoluzione. Il suo prospetto stabilisce che una quota fissa deiproventi venga destinata in beneficenza. Le donazioni le gestisce Mrs Cooper-Hohn, lamoglie del direttore, attraverso una fondazione, che ha sede a New York. I soldi, ben 3,5milioni di dollari il primo anno, servono a finanziare una serie di progetti a sostegno deibambini dell’Asia e dell’Africa. “Un olocausto silenzioso sta creando dai 30 ai 40 milionidi orfani nell’Africa sub-sahariana. La colpa è dell’HIV. Il fondo TCI è un modo perraccogliere soldi perché questo eccidio abbia fine”. Così ha dichiarato Hohn in unadelle rare interviste che ha concesso. Anche le locuste hanno cuore? (MM)

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a sorpresa la fusione della sua società di telefonia mo-bile con la concorrente Freenet. È un merger lampo:1,15 azioni Mobilcom contro 1 azione Freenet, senzagrandi discussioni. Dietro ci sono, ancora una volta,gli investitori stranieri. In Aprile, una settimana dopol’assemblea degli azionisti, il fondo Texas PacificGroup (TPG) rileva il 28% di Mobilcom e si aggiudicatre posti in Consiglio di Amministrazione. Da lì acce-lera i piani per la fusione, che ha come obiettivo ilconsolidamento della cassa e la possibilità di aumen-tare, con la riclassificazione del bilancio, l’esposizionecreditizia. Indebitarsi per pagare dividendi astronomi-ci agli azionisti. Sarebbe questo il piano di TPG secon-do la ricostruzione del settimanale Der Spiegel. Grenznon ci sta, ed è costretto a farsi da parte.

A fine agosto anche Daimler Chrysler lancia unSOS. Nel suo capitale sociale gli hedge spuntano comefunghi e il loro peso continua a salire. Si parla di unapossibile offerta di acquisto, ma l’ipotesi cade. I fondi inrealtà vogliono solo mettere alle strette il direttore ge-nerale Dieter Zetsche per ottenere un risanamento del-l’impresa in tempi brevi e guadagnare dalla conseguen-te ascesa del titolo in borsa, da tempo sottovalutato.

Ultimo obiettivo in ordine di tempo la Commerz-bank. Numerosi fondi speculativi avrebbero in manopacchetti di azioni, anche superiori al 2%. L’offensivalanciata dagli hedge durante l’estate potrebbe spiega-re l’improvviso scatto in avanti dei titoli: +17% nel so-lo mese di agosto. Dopo l’acquisizione di HypoVe-reinsbank da parte di Unicredit sono in molti ascommettere che la prossima scalata potrebbe interes-sare proprio la terza banca della Germania.

L’interesse degli investitori stranieri è forte anche nelsettore immobiliare tedesco, uno dei pochi al mondo anon aver conosciuto una vera fase di boom. Lo Stato, icomuni e addirittura le banche vendono gli immobili aprezzi stracciati per far cassa. E i fondi ne approfittano.Il meccanismo non cambia: raccogliere soldi da privatio fondi pensione, investire in imprese sottovalutate, ri-strutturarle e quindi rivenderle a prezzi più alti.

Confessioni di una locustaUn giochino molto redditizio con regole ben precise,che può però costare caro in termini sociali. In un’in-tervista al settimanale Freitag, Thomas Middelhoff, ex CEO di Bertelsmann e oggi partner del fondo Inve-stcorp, domiciliato nel Bahrein, si lascia sfuggire qual-che indiscrezione. Secondo Middelhoff, l’impresaideale da scalare non è quotata in borsa, ha un capita-le di almeno 100 milioni di euro e ha una buona ca-pacità di generare profitti. In più dovrebbe avere il po-tenziale per diventare leader nel suo settore. Il fondospeculativo la compra, la libera da una serie di “costi inutili” e poi la rivende. Il ciclo di “rigenerazio-ne” dura in media cinque anni. Purtroppo tra i “costi

sore di economia all’università di Amburgo. Per moltiHohn diventa il simbolo della fine di un’era, quelladella Deutschland AG, della Germania dei controlliincrociati, poco trasparente, rigida e dai metodi un po’invecchiati. Per la sinistra dell’SPD, invece, l’attacco diTCI è l’ennesima dimostrazione dell’aggressività dellelocuste. Pronte a tutto pur di mettere le mani sul de-naro fresco. Una minaccia per i diritti degli azionisti edei lavoratori.

L’ora dei pesci grossiDopo la beffa di Hohn le segnalazioni di nuovi attac-chi si moltiplicano. I fondi speculativi, che prima pre-ferivano prendere di mira società medio-piccole, spes-so non quotate, cominciano a puntare ai centrinevralgici del sistema economico tedesco. Ai primi diluglio il CEO di Mobilcom Thorsten Grenz annuncia

inutili” finiscono spesso anche quelli del personale.Emblematico il caso della Tenovis, impresa tedesca delsettore telecomunicazioni. Alla fine del 2002 i suoi di-pendenti avevano rinunciato al 12,5% dello stipendiopur di salvare il loro posto di lavoro almeno fino allafine del 2003. Nell’estate del 2003, il nuovo CdA, gui-dato dal fondo speculativo KKR, decide che non puòpiù aspettare e lascia a casa quasi la metà degli operai.Degli 8.000 originari ne rimangono circa 4.500.

Frecce avvelenate per l’arco di Müntefering e per lasua retorica anticapitalista. Ma le cose non vanno sem-pre a finire così. «Bisogna anche considerare che gli hed-ge funds hanno un loro lato positivo – spiega MichaelDiekmann, direttore di Allianz, a Der Spiegel. Mettono adisposizione capitale che altrimenti l’impresa farebbe fa-tica a recuperare. In cambio chiedono un aumento dra-stico dell’efficienza, ristrutturazioni e profitti. Si puo’ es-sere d’accordo o no, ma i fatti sono questi».

Un quarto della tortaGià, i fatti sono questi, e in Germania sono sempre piùchiari. Secondo le ultime stime i fondi speculativi con-trollerebbero ormai il 20-25% dell’indice azionarioDAX 30, che comprende le trenta imprese tedeschepiù capitalizzate, le blue chips della borsa di Fran-coforte. Il peso degli hedge, che fino a pochi mesi faera in linea con quello dei Paesi europei, è aumentatovertiginosamente dopo l’annuncio delle elezioni anti-cipate. Dalle urne gli investitori si aspettano infattiuna coalizione più solida e un governo finalmente ingrado di far ripartire l’economia. E quindi scommet-tono al rialzo. «Non stiamo attaccando la Germania»,spiega Heidi Zatlukal di Morgan Stanley al FinancialTimes. «È solo che il ciclo economico è entrato nellafase giusta». Le imprese tedesche sembrano pronte a

volare di nuovo, negli ultimi anni hanno aumentatola loro efficienza a costo di notevoli sacrifici e ora pre-sentano ai mercati valutazioni interessanti. Il discorsonon fa una piega.

In realtà la presenza ingombrante degli hedge de-sta più di qualche preoccupazione. Anche perché laGermania è solo la punta di un iceberg di un fenome-no molto più esteso, che coinvolge tutti i Paesi indu-strializzati. Il basso livello dei tassi di interesse ha so-vraccaricato i mercati di liquidità e ha spinto gliinvestitori, soprattutto quelli istituzionali (non ultimii fondi pensione), a cercare rendimenti sempre più at-traenti, assumendosi rischi via via maggiori. Gli assetgestiti a livello internazionale dai fondi speculativi incinque anni sono quasi raddoppiati. Secondo i dati diHedge Fund Research, valgono ormai 1.100 miliardi didollari, un quarto dei quali è investito in Europa. E so-no in continua crescita.

Se è difficile parlare di bolla nel caso degli hedge,non bisogna dimenticare che si tratta di strumenti ingrado di destabilizzare i mercati con estrema facilità,soprattutto perché possono indebitarsi, arrivando adinvestire somme molto superiori al loro patrimonio.

Memoria corta del governatoreCome rispondere allora all’assalto dei fondi speculati-vi? In Germania alle prediche di Müntefering sono se-guiti ben pochi fatti. Un programma di sviluppo eco-nomico in quattro punti, poi ritirati, e una serie ditentativi, apprezzabili, da parte di Schröder di intro-durre una qualche forma di regolamentazione basatasulla trasparenza e sul controllo: più informazioni suchi sta dietro ai fondi, eventuali limitazioni ai dirittidi voto o all’acquisto di pacchetti di azioni, ecc.. Pro-poste da applicare necessariamente in modo congiun-

Hedge fundsfondi comuni diinvestimento localizzatigeneralmente in centrioffshore o negli USA,contraddistinti da un numero ristrettodi soci partecipanti e dall’elevatoinvestimento minimorichiesto. Se lo scopo di un normale fondocomune è investire in un mercato – azionarioo obbligazionario– e batterlo, lo scopo di un hedge fund è invece quello di ottenereun rendimento assoluto,cercando di guadagnaredenaro sempre e comunque. Per questofine i fondi hedgedispongono di unventaglio di possibilitàdi investimento assai più ampio di quelloconcesso ai normalifondi comuni. Noninvestono, cioè, solo in azioni e obbligazioni,ma possono fare ampiouso di strumenti derivati(come opzioni e future),possono ricorrere allavendita di titoli alloscoperto (cioè senzaaverli in portafoglio) e, soprattutto, possono investiresomme molto superiorial loro patrimonioindebitandosi (effettoleva). La legge italiana li classifica come fondispeculativi anche se il loro scopo originalenon era di ottenereguadagni elevatispeculando, ma copriredal rischio – il termineinglese “hedging” da cui deriva il nome hedgefunds significa appuntocopertura (dai rischi).

GLOSSARIOTCI: SPECULARE PER AMORE DEI BAMBINI

CREATO NEL 1994 dall’asset manager John Meriwether, il fondohedge americano Long Term Capital Management (LTCM) ha avuto nel suo Board MyronScholes e Robert Merton, due premi nobel in economia. Il 23 settembre del 1998 è finito in bancarotta per una serie di scommesse sbagliate legate in particolare alla crisi asiatica e alla svalutazione del rublo. Diverse istituzioni finanziarieinternazionali sono state coinvolte. Per evitare il tracollo del sistema il governatoredella FED Alan Greenspan è intervenuto creando un consorzio internazionale di bancheche ha rilevato gli investimenti di Ltcm scongiurando la paralisi dei mercatiobbligazionari internazionali. (MM)

LTCM: IL FONDO DEI PREMI NOBEL

RENDIMENTI GONFIATI, segni menoche diventavano più nelle comunicazioni ai clienti. E una società di revisione fittizia a certificare il tutto. È successo per almeno 5 anni con i fondi hedge di Bayou, una finanziaria americana diretta da Mr Samuel Israel. Ora è sotto accusa per frode,dopo essere riuscito a prosciugare più di 300 milioni di dollari dalle tasche degli ignari investitori: personeagiate, istituzioni e anche un fondo di JP Morgan. Israel aveva comunicato ai clienti che avrebbe chiuso i fondi e restituito i soldi per dedicare più tempo ai figli,dopo la separazione dalla moglie. Ma i soldi non

si sono mai visti. Ora il giudice sta tentando di requisiregli asset rimasti per risarcire almeno in parte i clientitruffati. Bayou è il più grande hedge ad essere indagatoper distrazione di fondi dal 2000, quando l’assetmanager Michael Berger era stato accusato di averfatto sparire 400 milioni di dollari di perdite in 4 anni.Da febbraio dell’anno prossimo gli hedge americanidovranno registrarsi presso la SEC e sottoporsi a controlli a campione per la prima volta nella lorostoria. Intanto, da inizio 2005, l’autorità di vigilanzaUSA ha già preso provvedimenti contro 15 fondispeculativi. (MM)

HEDGE USA SOTTO ACCUSA PER FRODE

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La mia valutazione è che le strutture esistenti di carattere associativonon siano sufficienti a svolgere questo ruolo

NA CACCIA ALLE STREGHE. Direi che le critiche e leaccuse che vengono mosse agli hedge funds so-no frutto soprattutto delle carenze normative:

le autorità monetarie e di controllosui mercati salvo qualche eccezionehanno latitato spingendo gli opera-

tori ad operare da paesi che si prestavano a critiche e sospetti. Poi sisono aggiunti alcuni episodi, come quello dell’LCTM, che hanno da-to la sensazione che questi prodotti fossero gestiti in modo poco tra-sparente. Ma se andiamo a guardare i datistatistici non c’è alcun elemento che possaconfermare questa valutazione»: Guido Giu-bergia, presidente di Ersel Hedge SGR e am-ministratore delegato di Ersel Asset Manage-ment SGR, è uno dei massimi operatori delmondo hedge in Italia. Con il suo gruppo digestione del risparmio, nato sulle solide fon-damenta di uno degli studi di agenti di cam-bio più famosi e qualificati del Paese, lo Stu-dio Giubergia operativo a Torino dal 1936, èstato il secondo in Italia a lanciare hedgefunds secondo la normativa decisa dallaBanca d’Italia, la prima in Europa e una del-le più avanzate al mondo.

Gli hedge funds sarebbero quindi vittime di una cam-pagna denigratoria?

«No, non penso assolutamente che si tratti di questo ma di un’in-sieme di fattori che ha sicuramente contribuito a diffondere nelpubblico l’impressione che questi prodotti fossero altamente ri-schiosi e intrinsecamente speculativi. Non è così o almeno non èquesta la caratteristica principale, diciamo industriale, di un hed-ge fund. Storicamente questi prodotti si sono sempre caratteriz-zati come un alternativa altamente professionale agli investi-menti obbligazionari e azionari. La caratteristica peculiare deglihedge, almeno nella loro prima fase, era quella di utilizzare l’ef-fetto leva: a fronte di risorse per cento investivano utilizzando laleva finanziaria per un corrispettivo di 500 o 1000. È in questo

contesto che, per esempio, è scoppiato il caso dell’Ltcm che ave-va spinto a livelli estremi la filosofia della leva finanziaria»

Ma se il contesto è mutato perché periodicamente leautorità monetarie lanciano l’allarme sul rischio si-stemico rappresentato dagli hedge?

«Perché non hanno messo a punto un sistema di regole che permet-tesse alle società di uscire allo scoperto e di rendersi trasparenti. Sinoa quando non ci saranno delle norme precise, le società di gestione

di questi prodotti tenderanno a spostarsiladdove è possibile operare. Sinora questo haprivilegiato i famosi paradisi fiscali e off sho-re. Poi sta ovviamente ai singoli gestori deci-dere come muoversi: nel nostro caso abbia-mo cominciato a gestire fondi hedge soloquando è stato possibile nel nostro paesegrazie all’adozione di un regolamento preci-so e trasparente. A monte di tutte le discus-sioni c’è comunque il fatto incontrovertibi-le che sui mercati c’è stata una crescitaconsistente della massa monetaria e quindidella liquidità. Dopo il crollo dei mercatiquesta liquidità è rimasta parcheggiata o è fi-nita per riversarsi sul settore immobiliare».

Nonostante la mancanza di regole c’è stato comun-que un boom degli investimenti?

«Le modalità dell’investimento si sono modificate nel corso deglianni e un contributo importante alla stabilità del sistema è arri-vato dalla scelta di alcune autorità, come italiana, di introdurreuna regolamentazione per il settore. Il boom della domanda di in-vestimento in hedge funds ha creato diversi problemi, nonostan-te lo sforzo dei gestori di rendere sempre più dinamica e differen-ziata l’offerta. La performance si è ridotta complessivamente, masenza per questo assistere ad una esplosione della volatilità. Nelnostro caso registriamo per esempio delle performance molto li-mate, ma non c’è un prodotto che ha fatto il -10% e uno il +10%.Ci troviamo in una forchetta che va dal +1 al +6%» .

| finanzaetica |

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to assieme agli altri Paesi, che sono però rimaste sullacarta. Dopo le consuete dichiarazioni di intenti i Pae-si del G8 riuniti in Scozia hanno pensato che le locu-ste dei tedeschi non sono poi un problema che li ri-guarda. Il ministro delle finanze USA John Snow, invisita a Bruxelles, ha definito gli hedge «strumenti diestrema importanza per l’efficienza dei mercati, per-ché spostano il capitale nelle mani che riescono a far-

ne il migliore utilizzo». In linea con quanto sostieneAlan Greenspan, presidente della banca centrale ame-ricana, che si è opposto a qualsiasi forma di regola-mentazione dei fondi speculativi. Sì, proprio Green-span. Lo stesso che nell’ottobre del 1998 fu costrettoa iniettare nel sistema 3,6 miliardi di dollari per evita-re che il collasso clamoroso dell’hedge LTCM provo-casse uno sconvolgimento dei mercati globali. .

| Economia civile | finanzaetica |

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«Una caccia alle stregheingiustificata»

«UGuido Giubergia, secondo operatore di hedge funds, risponde alle accuse nei confronti di questi prodotti finanziari.

Guido Giubergia,presidente di Ersel Hedge SGR e amministratoredelegato di Ersel AssetManagement SGR.

Stefano Zamagni,ordinario di economiapolitica all’Università di Bologna e docente di storia del pensieroeconomico all'UniversitàBocconi di Milano.

di Andrea Di Stefano

ORA DI AFFRONTARE SENZA REMORE né preconcetti questo problema. Si tratta di un tema fondamentale per il futuro ditutto il mondo del Terzo Settore: quale rappresentanza si deve dare questa realtà? Come deve concretizzarsi perrendere il confronto con il mondo del privato e del pubblico alla pari»: Stefano Zamagni, ordinario di economia

politica all’Università di Bologna e docente di storia del pensiero economico all'Università Boc-coni di Milano, ancora una volta conferma il suo ruolo di padre dell’economia civile italiana.Alle Giornate di Bertinoro, organizzate come ogni anno dall’Aiicon (Associazione italiana per

la promozione della cultura della cooperazione e del nonprofit), Zamagni lancerà la proposta di una rappresentanza istitu-zionale per il Terzo Settore. «La mia è sola una delle ipotesi che metteremo sul tavolo e sulla quale spero che ci possa essere unconfronto aperto e costruttivo. Siamo arrivati, a mio parere, ad un punto molto importante del percorso di costruzione di unaeconomia civile e sociale e diventa ineludibile affrontare il tema della rappresentanza istituzionale»

Professor Zamagni la sua proposta muove dalla con-statazione che è indispensabile dare concretezza isti-tuzionale alla terza voce dell’economia. Perché oggi?

«Le ragioni sono presto riassunte: il mondo del Terzo Settore è cre-sciuto ma rischia in ogni momento di essere fagocitato dai duegrandi centri di interesse, la politica e l’economia capitalistica edi mercato. Entrambi questi soggetti hanno molto interesse neiconfronti di queste realtà, per ragioni diverse, ma sono portatoridi istanze molto diverse da quelle che invece trovano espressionenel Terzo Settore. Il Forum ha svolto e svolge un ruolo importan-te ma non è sufficiente a confrontarsi a livello istituzionale con lealtre realtà. Anche il sindacato, agli inizi della sua storia, sino aquando aveva il carattere di un’associazione di interessi non riu-sciva a pesare e a svolgere un ruolo istituzionale. Per le organiz-zazioni dei lavoratori il passaggio fondamentale è stato quello delcontrattazione»

Ma non esistono già delle realtà che rappresentano ilTerzo Settore? Penso per esempio alla Compagniadelle Opere?

Il Terzo Settoredeve esprimersi per bilanciarepubblico e privato

di Andrea Di Stefano

«È

Stefano Zamagni anticipa la proposta che avanzerà alle Giornate di Bertinoro: una rappresentanza deliberativa per il mondo dell’economia civile. «Si tratta solo di una proposta sulla quale si possa aprire un confronto aperto e costruttivo. Siamo arrivati ad un punto importante del percorso di costruzione di modelloalternativo e diventa ineludibile affrontare il tema della rappresentanza per fare un salto di qualità»

Manca un sistemadi regole che permetta alleimprese di uscireallo scoperto

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«La CDO non è una rappresentanza istituzionale di questo mon-do. È un importante e qualificata rappresentanza associativa disoggetti di varia natura (imprese private, profit e nonprofit, coo-perative ecc) ma il peso del nonprofit non è superiore ad un ter-zo all’interno della Compagnia. Il Consorzio Gino Mattarelli èun'altra realtà di indubbia rilevanza. La mia valutazione è peròquella che il Terzo Settore nella sua interezza (finanza etica, coo-perative, imprese sociali e volontariato) debba raggiungere unarappresentanza civile in grado di avere lo stesso peso che hannoacquisito il sistema pubblico e il mondo del privato. Pubblico eprivato sono ben contenti e si fregano dalla gioia per questa as-senza di rappresentanza dell’economia civile»

Secondo lei quale forma di rappresentanza deve as-sumere il Terzo Settore?

«Il punto da cui partire è che il terzo settore in Italia ha raggiun-to una dimensione quantitativa e una rilevanza qualitativa talida non poter più evitare il problema delle forme della rappre-sentanza. Il tema posto da questa edizione delle Giornate di Ber-tinoro è nuovo in senso assoluto ed è legato alla presa d’atto delfatto, se fino ad anni recenti la si poteva scongiurare, oggi biso-gna risolvere la questione, per evitare il rischio di iniziare uncammino a ritroso. Il ter-zo settore italiano è natoall’interno della societàcivile ma sin da subito èstato preso sotto la tuteladalla società politica. Talesussunzione alle logichedella politica lo ha fattocrescere ma non gli haconsentito di svilupparela propria autonomia e li-bertà decisionale. D’orain poi deve liberarsi daquesto condizionamento,ma prima deve definire le forme della rappresentanza, vale a di-re i livelli decisionali che lo rappresentino in maniera democra-tica: solo così potrà partecipare ai tavoli della concertazione, dia-logando e negoziando ad armi pari. Si tratta effettivamente dicompiere un atto di umiltà, per trovare, una via di uscita da unproblema di cui dobbiamo capire in primo luogo la natura, l’ur-genza e quello che non va fatto. Al dibattito delle Giornate diBertinoro proporrò che venga scelto un metodo deliberativo: laformula più idonea credo che sia quella del forum deliberativo.Con il voto ci si conta, con il negoziato vince chi è più forte: pro-porrò un approccio deliberativo che assegna il potere a chi è mag-giormente in grado di produrre ragioni».

Possiamo fare riferimento a qualche esperienza estera?«Non ci sono perché in nessun altro paese il Terzo Settore ha rag-giunto una presenza importante come in Italia. In Francia peresempio è troppo succube del governo. Oltre un terzo delle fon-dazioni è di nomina pubblica. In America il nonprofit è invecequasi completamente appannaggio del privato». .

LA V EDIZIONE delle “Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile”, si propone di affrontare il tema della rappresentanza del Terzo Settore.

Nelle precedenti edizioni sono stati approfonditi molti dei cambiamenti che, nella nostra società, hanno dato risalto e centralità a questo settore: dai nuovi percorsi di costruzione delle identità individuali, alle trasformazioni dello stato sociale e delle logiche di intervento della pubblica amministrazione. Questo è stato l’intento con cui AICCON, l’Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit, ha ideato e promosso questo appuntamento, coinvolgendo studiosi e operatori in una vera e propria “Cernobbio del Non Profit”, in cui far confluire riflessioni ed elaborare proposte concrete lungo il percorso di “civilizzazione” dell’Economia.

Il panorama del confronto con l’attualità si è progressivamenteampliato, eplicitando i punti nodali che rendono l’Economia Civile sempre meno una nicchia, ma piuttosto una dimensione strategica per i futuri assetti del welfare.

Dalla prima edizione, nel 2001, sono passati per il CentroUniversitario di Bertinoro, sede dell’iniziativa, docenti universitari di fama nazionale e internazionale, chiamati ad elaborare un “pensieroorientante” che potesse tradursi in un percorso di sviluppo reale per il nostro Paese, attraverso il confronto tra i rappresentantidell’Economia Civile e con i loro interlocutori, nel settore pubblico in trasformazione e in un mercato for profit sempre più attento alla società civile e alla responsabilità sociale.

Un percorso che è maturato in questi anni, in cui le Giornate hanno analizzato con spirito anticipatore le ricadute sociali, economiche e politiche di alcuni passaggi importanti:

. la definizione di uno dei soggetti protagonisti di questo scenario,l’impresa sociale, oggi in via di definizione giuridica (tema al centro dell’edizione 2002)

. i processi di trasformazione del welfare, che configurano nuovimercati di qualità sociale in cui è necessario esplorare le forme di partecipazione e di intervento di cui soggetti dell’economia civilepossano essere protagonisti (tema al centro dell’edizione 2003)

. la riforma del titolo V della Costituzione, che introduce il principio di sussidiarietà orizzontale all’interno della pubblica amministrazione configurando nuovi scenari di amministrazionecondivisa tra pubblico e privato nella governance del territorio (tema al centro dell’edizione 2004).

Per info: www.legiornatedibertinoro.it

IL PERCORSO DELLE GIORNATE DI BERTINORO

Il Terzo Settorein Italia non può più evitare la discussione su come essererappresentatovisto comeormai sonocresciute le sue qualità e dimensioni

Quartiere Barra a Napoli. Accanto al persistere di squilibri sociali, cresce la sperimentazioneculturale. Sul sito www.napoliest.it contributi sul possibile sviluppo della città campana. Napoli, 1998

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| bruttiecattivi |

CISL

Dall’UE via liberaall’attacco all’Iran

L’asse del male

di Roberto Ferrigno

A NUOVA GUERRA ALLE PORTE HA RICEVUTO UN SOSTANZIALE VIA LIBERA dalla decisione del cosiddetto gruppo “EU 3” (Francia, Germania, Gran Bretagna) di dichiarare esaurito il dialogo diplomatico con l’Iraniniziato nel novembre 2004 riguardo al presunto programma nucleare militare di Teheran. Il secondopasso, quasi sicuramente entro la fine del 2005, sarà la decisione dell’AIEA (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) di investire della questione il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il qualeben difficilmente troverà un accordo per imporre sanzioni all’Iran. Questo a causa di una ragione moltosemplice. Nonostante mesi e mesi di ispezioni, controlli, raccolta di informazioni condotte in ognimodo, nessuna traccia è stata trovata del presunto programma di armamento nucleare iraniano. L’Iranha ratificato il Trattato di Non Proliferazione (TNP) nel 2003, impegnandosi a sviluppare esclusivamenteil nucleare civile, un programma iniziato già sotto il regime dello Shah in cooperazione con Francia e Germania, e bruscamente interrotto in seguito alla rivoluzione khomeinista del 1979. L’Iran ha riconosciuto di aver condotto 18 anni di attività segrete – soprattutto in cooperazione col Pakistan e la Russia - per dotarsi di conoscenze e mezzi per la costruzione dei propri centri di ricerca e produzionenucleare. L’adesione al TNP ha quindi rappresentato una svolta di apertura e trasparenza importante.L’altra potenza nucleare regionale, Israele, non ha firmato il trattato, non avendo mai riconosciuto

ufficialmente di avere un programma nucleare. Lo stesso vale per Pakistan e India che insieme possiedono 70-90 testate atomichepronte all’uso. Siamo di nuovo di fronte ad una calcolata strategia di disinformazione e mistificazione che vedrà gli USA, o magari Israele,entro l’anno prossimo, dichiarare che, ancora una volta, l’ONU avràfallito e che toccherà risolvere la questione in maniera unilaterale e militare. Un altro dei pilastri del famoso “asse del male” dovrà

cadere, liberando per sempre l’area petrolifera del Golfo dall’ipoteca persiana.L’Europa, al contrario di quanto avvenuto con la guerra in Irak, questa volta sembra agire in perfetta

consonanza con l’amministrazione Bush. Il cambio di rotta può apparire impressionante solamente agli osservatori più distratti delle vicende politiche continentali. L’adesione ai piani statunitensi di rovesciamento della repubblica islamica, in realtà, si integra appieno con le linee di azione sviluppatedalla Commissione Barroso, con il supporto della maggioranza dei governi nazionali e del parlamentoEuropeo: enfasi poliziesca e giudiziaria nella lotta al terrorismo e nel controllo dell’immigrazione;accelerazione liberista per smantellare i residui ostacoli sociali ed ambientali; drastica diminuzione del supporto finanziario regionale per i Paesi appena entrati, definitivo affossamento dell’adesione della Turchia, nuova enfasi verso l’Ucraina e maggior pressione in favore di un cambio di regime pacificoin Bielorussia. L’Europa sembra quindi avviarsi verso una stretta poliziesca – nel solco segnato da TonyBlair nel corso della presidenza inglese – accoppiata ad una politica di due pesi e due misure riguardo allosviluppo della democrazia ad Est e nel “cortile di casa” mediterraneo, rispetto all’area petrolifera del GolfoPersico. Nel primo caso, si sceglie lo strumento della pressione politica ed economica a medio-lungotermine. Nel secondo, si appoggia la scelta militarista dell’amministrazione Bush. .

L

Enfasi poliziesca e giudiziaria, accelerazioneliberista, meno fondi per l’allargamento sono le nuove linee guida della commissione Barroso

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iinternazionale| inbreve |

Mongolia. Poveri ma autosufficienti. E per ora liberi >45L’inferno nel paradiso dell’Oceano Indiano >49

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L’HOTEL RUANDAHA TROVATO UNMISTERIOSOCOMPRATORE

L’Hotel “Mille Colline”, grandealbergo della capitale Kigali – grazieal quale, nel 1994, 1268 “ospiti”riuscirono a sottrarsi al genocidio –avrebbe trovato un compratore dopoessere stato messo all’asta per il fallimento della compagniaaerea belga che ne deteneva la proprietà. L’acquirente sarebbe un “uomo d’affari congolese” di cui però non è ancora stato diffusoil nome. L’albergo a quattro stelle,con 112 camere, un bar, tre sale per conferenze, un ristorante e unapiscina, è diventato famoso dopoessere stato al centro del film HotelRwanda in cui si racconta la vicendadel suo direttore Paul Rusesabagina,che procurò agli “sfollati” cibo e acqua, arrivando a utilizzare quelladella piscina, mentre inviava fax a Bruxelles e nel resto del mondoper cercare aiuti. Ma la situazione in Ruanda resta sempre tesissima.

Jean Léonard Chérif, giornalistadel bimestrale indipendenteruandese Umuco, è stato arrestatolunedì 12 settembre nella capitaleKigali dopo la pubblicazione di un articolo critico verso il funzionamento dei “Gacaca”, i tribunali popolari che affiancano la magistratura ordinaria nei casi di genocidio. In un recente scrittopubblicato su Umuco – che in linguakinyarwanda significa “Cultura” –Chérif aveva denunciato unasituazione di corruzione diffusa nel “Gacaca” del distretto di Kayumbu,nella provincia di Gitarama.Fonte: www.misna.org

IL DISASTROKATRINA NUOVOAFFARE PER L’HALLIBURTON

Il conto dei danni di Katrinacontinua a salire. Un disastro dai risvolti umani ed economicialtissimi. Ma non per tutti. C’è qualcuno che ha già iniziato a vedere la luce sotto le macerie.Chi? Gli azionisti di Halliburton, che dal giorno in cui la tempesta si è abbattuta su New Orleans,hanno visto il titolo della compagniabrillare a Wall Street, guadagnandooltre il 10% a 65 dollari. Secondo il mercato, il colosso texano, portatoalla ribalta dalla guerra in Iraq comeil maggior beneficiario degli appaltie di cui il vicepresidente Usa DickCheney è stato a.d. dal ’95 al 2000sarà ancora una volta tra i principaliprotagonisti della ricostruzione.

Nei primi giorni di settembre la società ha già ricevuto l’incaricodalla Marina Usa di ripristinare tre basi navali danneggiate dallatempesta (l’ammontare dell’appaltoè di 17 milioni di dollari).

Ma gli osservatori si aspettanomolto di più. Ovvero che lacompagnia metterà in moto ancorauna volta la sua rete di relazioni con la Us Army corps of engineers,l’agenzia militare che le affidò i lavori in Iraq e che adesso stasupervisionando la riparazione degliargini di New Orleans. E con Fame(l’agenzia della protezione civile), il cui ex direttore Joseph Allbaugh(nei primi due anni del governoBush), è diventato consulente della compagnia.

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GIORNALISTI E LETTORI DI LANCET CONTRO I BUSINESSARMATI DELL’EDITOREREED ELSEVIER

Giornalisti e lettori della prestigiosa rivista scientifica Lancet sono scesi in campo contro il commerciointernazionale di armi. Lo hanno fatto con un editoriale e delle lettere indirizzate all’editore, la multinazionale Reed Elsevier, e pubblicate nell’ultimo numero della rivista.

L’occasione è la fiera sulle armi che si tiene in questigiorni a Londra. Reed Elsevier, infatti, non solo è l’editoredelle più importanti riviste mediche mondiali, ma è ancheproprietario di Spearhead, la società che organizza le maggiori fiere mondiali nel settore degli armamenti.

La richiesta che Lancet fa a Reed Elsevier nel suoeditoriale è di «sbarazzarsi di ogni interesse d’affari che minacci l’uomo, specialmente i civili, la salute e il benessere». Rincarando la dose esorta il più importante

editore medico mondiale ad «allineare i suoi valori negli affari ai valoriprofessionali della maggioranza di coloro che serve». E le famigerate bombe a grappolo, in vendita nella fiera di Londra di due anni fa, non rientrano nei valori che hanno come centro di interesse la salute pubblica.

Inoltre, precisa Lancet, l’industria degli armamenti toglie risorse al settore sanitario dei Paesi poveri. Basti pensare

che il 59% della vendita di armi nel 2004 è stato destinato ai Paesi in via di sviluppo per una spesacomplessiva di 22 miliardi di dollari.

Sullo stesso tenore anche le lettere firmate da esperti in salute pubblica e organizzazioni mediche e scientificheche ricordano a Reed Elsevier che il suo coinvolgimentonella fiera sulle armi è incompatibile con il principio di Lancet di non causare dolore.

Secca la risposta di Reed Elsevier che rivendica un ruolo centrale dell’industria della difesa nel preservare la libertà e la sicurezza nazionale e sottolinea come le forze armate siano ormai spesso impegnate in attività di soccorso umanitario.

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NUOVOSCIOPERO DELLA FAME A GUANTANAMO

Più di 200 detenuti rifiutano il cibonella contestatissima prigione di Guantanamo. Lo sciopero della fame è iniziato a metà agosto per protestare contro la profanazionedel Corano da parte delle guardie e per la mancata applicazione della Convenzione di Ginevra.

La maggior parte dei 505prigionieri di Guantanamo sono staticatturati in Afghanistan nell’ottobre2001, subito dopo l’invasioneamericana. Altri sono incarcerati fin dal gennaio 2002. Senza un regolare processo.

Non è la prima volta che i detenuti del carcere attuano forme di protesta di questo tipo. L’ultimosciopero della fame era finito il 28 luglio scorso con la promessadell’Amministrazione Usa di migliorarele condizioni di prigionia. Promessanon mantenuta, dicono i detenuti, che hanno quindi ripreso la protesta. E questa volta sono disposti a morire di fame.

La situazione è disperata.Secondo i familiari e i legali dei detenuti, molti sono ormai allostremo. Il Pentagono, che parla di 76scioperanti contro i 210 denunciatidai loro avvocati, ha fatto sapere chetredici dei prigionieri che rifiutavano il cibo sono ora alimentati artificiale.

Nel frattempo, a Birmingham, in Gran Bretagna, c’è chi si veste con la tuta arancione dei detenuti di Guantanamo e picchetta il quartiergenerale di una compagnia che fornisce le manette usate nel carcere dell’isola cubana.

LE MAJORVOGLIONOCONTROLLAREINTERNET 2

Le major cinematografiche e musicali aderiscono al consorzioInternet2. Il loro scopo, studiarenuove tecnologie di gestione di diritti digitali, per proteggere i propri contenuti.È questo il succodella dichiarazione di MPAA (MotionPicture Association of America,l’Organizzazione americana deiproduttori cinematografici) e RIAA(Recording Industry Association of America, Associazione americanadei produttori discografici).

Internet2 è un consorzio senzascopo di lucro formato da 207università USA e da alcuni partnerdel mondo industriale, tra cuiComcast, Intel, Sun e Cisco. Lo scopoè sviluppare tecnologie per latrasmissione di dati ad alta velocità.

Attualmente, questo tipo di reteè usata sperimentalmente in alcunescuole USA per i collegamentiinterni. Il suo uso commerciale è previsto tra non meno di tre anni,ma saranno probabilmente di più. In soldoni, da questo consorziousciranno gli standard futuri dellarete, la seconda generazione di Internet. Con questo annuncio, i padroni dell’industriadell’intrattenimento calano sul tavolo la briscola da undici. Il protocollo di trasmissione via reteultra veloce, quello creato per la trasmissione di files multimedialiin pochi secondi, avrà incorporatoun sistema di DRM. Chi spera nella rete come svolta economicademocratica inizi a tremare.Fonte: www.zeusnews.it

AUMENTO DELLATEMPERATURA DI 3-4 GRADI E INNALZAMENTO DEL MARE: L’EFFETTO SERRA SULL’INDIA

Un aumento della temperatura di 3-4 gradi e l’innalzamento del livello del mare entro il prossimosecolo. Queste sono le conseguenze del riscaldamentoglobale in India. Lo ha evidenziato un recente studiocongiunto del ministero indiano per l’Ambiente e delministero inglese per il Commercio e gli Investimenti.

Secondo la ricerca, il cambiamento climatico avràun effetto devastante sull’agricoltura che costituiscecirca un quarto del Pil indiano e occupa quasi il 70% di una popolazione a nove zeri. L’aumento della pioggiapotrebbe compromettere alcuni colture costringendol’India a cambiare l’assetto dei prodotti dell’import-export. Senza contare che con un clima più umido si potrebbero diffondere malattie come la malaria.

Inoltre, l’innalzamentodel livello del maredovuto allo scioglimentodei ghiacciai,danneggerebbe la reteferroviaria che correlungo le coste dell’India.A rischio sarebbesoprattutto il progetto di 760 km di strada

ferrata lungo la costa occidentale. Uno scenarioapocalittico, insomma, a cui la comunità internazionalesta cercando da tempo di rispondere con il protocollodi Kyoto con cui i Paesi firmatari si impegnano, entro il 2008-2012, a ridurre del 5,2% rispetto ai livelli del 1990 le emissioni di gas responsabili dell’effettoserra. Per aiutarne lo sviluppo economico, Paesi comel’India e la Cina sono però esentati dal protocollo finoal 2012. Lo scorso luglio era comunque emerso un accordo segreto extra Kyoto siglato da Usa,Australia, India, Cina e Corea del sud, responsabili da soli del 40% delle emissioni di gas serra. Il patto, che mirava a combattere il riscaldamento globalesenza danneggiare l’economia, è stato però bocciato dalla comunità internazionale perché privo di obiettivi e in collisione con i trattati già esistenti in materia.

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Una ragazza in spiaggia sul lungomare di Bagnoli. La domenica si svolge un mercato di prodotti dell’Est per i numerosi immigrati.

Sotto, un venditore ambulante al quartiere Ponticelli.Napoli, 1998

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La casa è una gher, una tenda bianca di feltro e legno. Le condizioni sono dure, ma migliori di quelle della città. È l’economia agricola di sussistenza. A rischio per gli effetti dei fenomeni atmosferici, come lo zud che gela i terreni, ma con grandi capacità di sopravvivenza perchè regolata dalla sobrietà e l’autosufficienza.

Autosufficiente.Povera. Ma senzadevastazionisociali

sere solidali con chi si avventura fino al loro accam-pamento. Non occorrono convenevoli per entrare inuna gher a chiedere ospitalità. Semplicemente si at-traversa la porta di legno e ci si siede a sinistra, il luo-go riservato agli ospiti. Le donne di casa si sistemanoa destra, mentre gli uomini si accomodano sul lato op-posto alla porta.

La tenda di Oyunsuren poggia direttamente sul-l’erba e per attraversarla tutta bastano pochi passi. Laluce filtra dall’alto, al centro domina la stufa per cuci-nare e scaldarsi, di fronte alla porta d’ingresso ci sonogli unici mobili. In uno, chiuso con il lucchetto, sonocustoditi i beni della famiglia, mentre sopra l’altrotroneggia l’immagine sorridente del Dalai Lama cir-condata dalle foto dei figli di Oyunsuren.

Il tempo nella steppa è scandito dalla routine quo-tidiana. Ogni giorno Oyunsuren si alza alle sei, quan-

YUNSUREN, STRETTA NEL SUO VEZZOSO ABITO TRADIZIONALE di raso azzurro, sorri-de agli ospiti mostrando i denti bianchissimi mentre la pelle scurita dal so-le si increspa in mille rughe. Ha 35 anni, ma la dura vita della steppa mon-

gola l’ha fatta invecchiare precocemente. Lei, il marito Gombotseren e i loro cinque fi-gli sono pastori nomadi. In Mongolia si stima ci siano circa 170mila famiglie che vi-vono di pastorizia spostandosi attraverso la vasta prateria mongola in cerca dell’erbamigliore per il bestiame.

Come gli altri allevatori, anche Oyunsuren e Gombotseren vivono in una gher, la ten-da bianca di feltro e legno, tonda e bassa per resistere meglio al vento che durante l’in-verno sferza la steppa. Le dure condizioni di vita e le difficoltà di comunicazione – daqueste parti non esistono strade, solo piste di terra battuta - inducono i mongoli ad es-

di Paola Fiorio OOyunsuren e il maritoGombotseren davanti alla loro gher, la tenda tondae bassa di feltro e legno, con due dei loro figli. La tenda poggia direttamentesull’erba della steppa.

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sti ovini è un cachemire resistente e molto ricercato.Un centinaio di capre possono dare circa 30 chilo-grammi della preziosa lana che sul mercato vale 26dollari al kg.

Non sono certo grandi cifre quelle che girano per letasche dei pastori. Soprattutto perché solo il 10% di lo-ro possiede più di cento capi di bestiame, consideratiuna fragile soglia di sussistenza. Inoltre, tre anni dizud, un fenomeno atmosferico invernale che gela ilterreno e impedisce agli animali di nutrirsi, ha uccisodal 1999 al 2001 un terzo dei quasi 33 milioni di capidi bestiame dei pastori mongoli. Senza greggi molte fa-

miglie sono state ridotte in condizioni di estrema po-vertà. La stima parla del 36% della popolazione, su 2,5milioni, che vive con meno di un dollaro al giorno.

Oyunsuren e Gombotseren sono fortunati. Di ani-mali ne possiedono circa 400, soprattutto ovini. Manella loro gher, come nella maggioranza delle tendedella steppa, non c’è nessun bene superfluo e la lorodieta è uguale a quella degli altri pastori: carne, latti-cini e farina. Consumano cioè quello che possonoprodurre, farina a parte.

Non c’è energia elettrica nelle gher. Alcune tendehanno dei piccoli impianti fotovoltaici o delle pale per

do sorge il sole. Gombotseren e i figli maschi portanoil gregge al pascolo - pecore, capre, yak, mucche, cam-melli e cavalli - mentre alle donne è affidato il compi-to della mungitura, all’alba e al tramonto.

La ricchezza: le capreGli animali rappresentano il perno dell’economia no-made. Sono un mezzo di trasporto, si possono com-merciare e forniscono carne da mangiare e da vende-re, latticini, pellame, lana. Ma la vera fonte di ric-chezza per Oyunsuren e Gombotseren sono le capre.Il pelo che in primavera viene spazzolato via da que-

| internazionale |

OFFRESI CAPRE E PECORE IN USUFRUTTO. Questo potrebbeessere lo slogan dell’associazione La mensa e il gregge, fondata nel marzo scorso da Matteo Bellinelli, un giornalista e documentarista della rete televisiva elvetica in lingua italianacon il pallino della Mongolia.

Dopo due viaggi nel Paese di Gengis Khan per girare dei documentari sulla situazione di estremo bisogno di granparte della popolazione mongola, Bellinelli capisce che non può più restare solamente dietro la macchina da presa. Ci vuole un impegno concreto. E con l’aiuto di Amraa, ex sindacalista di Ulan Bataar decide di fare qualcosa per i pastori nomadi che, dopo aver perso tutte le loro greggi a causa dello zud, si sono riversati in città in cerca di fortuna e si sono ritrovati, disoccupati, a popolare le mense dei poveri.

L’obiettivo di Bellinelli è semplice: dare ai pastori chevogliono continuare questa attività la possibilità di farlo. Ma senza animali non si può sopravvivere nella steppa. Così è nata l’idea di dare alle famiglie nomadi che non avevano più bestiame un gregge nuovo: capre, pecore, cavalli, mucche– per i pastori della steppa – o cammelli – nel deserto deiGobi. Ogni famiglia riceve circa 200 capi, il cui costo si aggiratra i 4mila e i 6mila euro. Non si tratta però di una donazionepermanente. È un affido temporaneo. Gli allevatori si prendonocura del gregge per un paio d’anni, raddoppiandolo con i nuovinati che poi rimangono di loro proprietà. Il bestiame ricevuto,invece, passa a un’altra famiglia.

L’iniziativa è ancora giovane. Dal 2003, prima con raccolteinformali di soldi tra gli amici, ora attraverso le donazioni dei 200 soci de La Mensa e il gregge, Bellinelli ha aiutatocinque famiglie nomadi. Due di queste hanno già raggiunto il numero sufficiente di animali per garantirsi la sussistenza e si preparano a restituire la mandria affidata loro. Presto quindi verranno selezionati nuovi nuclei familiari che entreranno nel programma della Mensa e il gregge.

Sono piccoli numeri, forse una goccia nel mare, ma l’iniziativa, spiega Bellinelli, «permetterà a quindici famiglie nell’arco di dieci anni di potersi mantenere restando nella steppa a fare i pastori. Loro e i loro figli. Il nostro scopo è creare una continuità per consentire la permanenza nella steppa».

Il prossimo passo in questa direzione è una comunitàstanziale che La mensa e il gregge sta progettando nella zonadi Batsumber, 300 km a nord della capitale. Qui sorgerannoun’azienda agricola per dare lavoro a tre famiglie, una grandestalla per custodire il bestiame durante l’inverno, una rimessaper il foraggio e due laboratori per la lavorazione della lana e dei latticini.

«Vogliamo creare una struttura di riferimento - concludeBellinelli - che consenta ai pastori nomadi di lavorare meglio e di essere sostenuti in modo affidabile. Qui potranno trovarefieno per nutrire il bestiame durante gli inverni difficili e un responsabile che li potrà aiutare». Paola Fiorio

LA MENSA E IL GREGGE

Fonte: www.mongoliatourism.gov.mn

Superficie 1.564.100 kmq

Popolazione 2.475.400 (2003)

Densità 1,6 abitanti/kmq

Capitale Ulaan Baatar

(846.500 abitanti)

Lingua Mongolo Kalka

Religione Buddisti 94%

Moneta Togrog

Alfabetizzazione 83%

Inflazione 6% (2003)

Vita media Uomini 62,1 anni

donne 66,5 anni

Pil 6.100 milioni di $

MONGOLIA IN NUMERI

Tre anni di zud, un fenomenoinvernale che gela il terreno

rendendo impossibile il pascolo, ha prodotto dal 1999

al 2001 una vera falcidia della pastorizia mongola.

Secondo le stime degli entiinternazionali sono andati persi

33 milioni di capi e decine di villaggi sono letteralmente

scomparsi con una migrazionecrescente e incontroilata verso

la capitale Ulan Baatar.

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Il clan politico affaristico del presidente Abdul Gayoom basa il suo potere sugli introiti del turismo: il 60 per cento degli introiti rimane nelle mani del regime. E larga parte del restante giro d’affari finisce nelle tasche di imprenditori stranieri che foraggiano il sistema di potere.

Il paradisodell’OceanoIndiano è una galera a cielo aperto

Esiste alle Maldive un’assemblea parlamentare (Majlis) che legi-fera sotto lo stretto controllo del presidente che conta tra la mag-gioranza dei deputati tutti suoi sostenitori, tranne pochi indipen-denti, visto che nessuna formazione politica ha mai potuto presen-tarsi alle consultazioni elettorali.

Trent’anni di dittaturaQuando si era installato alla poltrona di presidente, Gayoon, era par-tito con il progetto di modernizzare il paese verso uno sviluppo eco-nomico che però resterà, si vedrà chiaro nel corso degli anni, esclusi-vo privilegio di pochi. Il regime si caratterizza soprattutto per la tota-le mancanza di libertà politiche e civili. Gayoom sostiene che da quan-do è al potere la qualità della vita dei circa 338.000 abitanti ha avutoun balzo in avanti. Ma la corruzione e la mancanza di regole demo-cratiche hanno esasperato la popolazione. Il malcontento è diventa-to visibile nel settembre del 2003 con manifestazioni di piazza a cui ilGayoom promise di riformare istituzioni e magistratura. Successiva-mente nel giugno del 2004 un nuovo pacchetto di riforme era statoannunciato e mai davvero applicato. La delusione si è allora riversataper le strade di Malè nell’agosto dello stesso anno, dove migliaia dipersone, con in testa giornalisti, attivisti dei diritti umani e parla-mentari indipendenti hanno reclamato una svolta democratica: rifor-

NCHE IN UN PARADISO SI PUÒ NASCONDERE UN INFERNO. Tutto è relativo e chi meglio delle Maldive per dimostrarlo ai no-stri occhi di turisti occidentali, che vediamo nell’arcipelago dell’Oceano Indiano la massima espressione di vacan-za esotica fatta di sabbia dorata e mare cristallino. In mezzo a quelle palme il regime di Maumoon Abdul Gayoom

prospera da oltre 27 anni. Ultimamente non è raro che l’insoddisfazione della popolazione esploda nel-le piazze della capitale Malè. La risposta della polizia è violentissima, con scontri, arresti, e detenzioni sen-za possibilità di difesa per chiunque protesti contro il regime. Sulla carta le Maldive sono una repubblica

presidenziale e le principali attività economiche sono la pesca, ma soprattutto il turismo di massa. Composto da circa 1200 isolesparse, l’arcipelago ha subito nella sua storia l’influenza indiana e dal X secolo d.c. quella araba, che spinse alla conversione all’I-slam gli abitanti prima buddisti e animisti. A parte una breve parentesi di occupazione portoghese, le Maldive sono state per qua-si due secoli un protettorato britannico prima dell’indipendenza nel 1965. Tre anni dopo il sultanato che reggeva da secoli è sta-to sostituito da una repubblica che ha visto dal 1978 Gayoom stabilirsi al potere per non lasciarlo più.

di Cristina Artoni

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VIVONO DI RIFIUTI. Raccolgono bottiglie di plastica per rivenderle a pochi soldi. Rovistano l’immondizia per qualche avanzo di cibo. Sono i bambini di strada di Ulan Bataar. Si stima ce ne siano tra i tre e i seimila. Sono in maggioranza maschi, abbandonati o, spesso, fuggitida genitori alcolizzati e violenti. D’inverno, per resistere alle temperature rigide che scendono anche a -30 gradi, si rifugiano nelle condutture sotterranee del riscaldamento.Gravi scottature, malattie legate alla mancanza di igiene,malnutrizione e il rischio di abusi sessuali per le bambine,sono i problemi che affrontano tutti giorni.

Diverse organizzazioni cercano di offrire un aiuto a questodramma della miseria. Nella capitale ci sono una ventina di dormitori che riescono a ospitare circa 500 bambini. Lo Zerbist care center, il ricovero gestito da padre Gilbert, un prete filippino, dà rifugio a 120 minori, dai 3 anni in su.

Tra i donatori dello Zerbist care center c’è ancheun’associazione italiana, Soyombo, che dal 1991 si occupa di diffondere informazioni sulla Mongolia nel Belpaese.Attraverso piccole donazioni e organizzando cene e altreiniziative, Soyombo riesce a inviare ogni anno 3-4mila euro a Ulan Bataar. E padre Gilbert li trasforma in letti, pasti caldie istruzione per i bambini di strada. p.f.

SOYOMBO AIUTA I BAMBINI DI STRADA

l’energia eolica, ma l’elettricità prodotta non è suffi-ciente per far funzionare un frigorifero. Il cibo deve es-sere quindi conservato in modo naturale, sfruttandole caratteristiche delle stagioni. Così, all’inizio dell’in-verno, ogni famiglia uccide 3-4 capi di bestiame e con-suma la maggior parte della carne durante i mesi fred-di. Quel che resta finisce appeso all’interno della ghere seccato per l’estate. Nella stagione calda, invece, sipreparano il formaggio e lo yogurt, freschi o seccati alsole, e la crema di latte.

L’incognita cittàAnche la vodka nella steppa viene fatta in casa utiliz-zando una base di latte fermentato con lo yogurt. Mala bevanda di cui ogni mongolo non può fare a menoè l’airag, il latte di cavalla fermentato e leggermente al-colico preparato in un grande recipiente ottenuto dal-lo stomaco di mucca.

Il desiderio di affrancarsi da un’economia di purasussistenza, la perdita del gregge dopo lo zud, il biso-gno di maggiori servizi – scuole, ospedali – hannospinto negli ultimi anni molti pastori a cercare mag-gior fortuna in città. La popolazione della capitaleUlan Bataar è passata in poco tempo da 400mila abi-tanti a 870mila. Oyunsuren, però, non intende ab-bandonare la steppa. «Certo la vita in città sarebbe piùfacile», spiega mentre prepara una zuppa di carne sec-ca per cena, «ma noi non abbiamo istruzione e sap-piamo fare solo i pastori. Che lavoro potremmo tro-vare nella capitale?». .

MALDIVE IN NUMERI

Fonte: Dihevi Observer

Superficie: 297 Km2

Popolazione: 311.000 (2001)

Densità: 1047 ab/Km2

Governo: Rep. presidenziale

Presidente: Abdul Gayoom

Capitale: Male (63.000 ab.)

Religione: Musulmana sunnita

Moneta: Rupia (Rufiyaa)

Lingua: Dihevi

Pil: 1,25 miliardi di $

Pil pro capite: 3.900 dollari

Crescita annua: 6,1%

Inflazione: 20%

In alto un immagine della brutale repressione delle ultime manifestazionidemocratiche a Malè. Molto diversa da quella del “classico” atollo maldiviano.

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Ronchetto dei Navigli. A Milano il 17,5% dei bambiniiscritti alla Materna nel 2002 era di origine straniera.Milano, 1998

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SI DEFINISCE il presidente più felice del mondo.All’età di 68 anni, Maumoon Abdul Gayoon nonpotrebbe sentirsi meglio, lui che da sei mandaticonsecutivi rimane a capo di uno dei più piccolistati del pianeta: l’arcipelago delle Maldive. Al potere dal 1978 Gayoon mantiene il record di longevità politica di un presidente eletto in Asia. Sotto il suo pugno di ferro quello che eraun anonimo mosaico di 1.190 isole si è trasformatoin un affare colossale, dove però sono all’ordine del giorno arresti sommari, torture, ergastolo ai dissidenti, estromissione dalla vita politica di qualsiasi formazione, controllo totale dei media,con un’opposizione costretta all’esilio. Gayoom

ha trasformato uno dei paradisi della Terra in un inferno. Quando il presidente maldiviano racconta il suo passato presidenziale

ne disegna un quadro idilliaco in cui la popolazione avrebbe beneficiatodei progressi portati dalla linea di governo che ha puntato tutto sul turismo. Una cartolina di palme e abbondanza che non combacia con la realtà vissuta dalla maggioranza degli abitanti. Solo una ristrettacerchia di privilegiati legati al potere nel paese, ha goduto dei proventi del turismo di massa, sono diventati dei multimiliardari, mentre il 42% dei maldiviani vive con meno di un dollaro al giorno secondo i datiriportati dal settimanale di Hong Kong, Time of Asia.

I 27 anni di governo di Gayoon sono stati contrassegnati da una certa stabilità e da una buona crescita economica, basata sul turismo e le attività finanziarie offshore. Il lungo regime instaurato da Gayoom è stato minacciato seriamente solo due volte: nel novembre del 1988quando un gruppo di mercenari Tamil, del vicino Sri Lanka e arruolati da imprenditori ostili al presidente-dittatore sbarcò a Malè. La crisi vennesuperata con l’intervento nel giro di 24 ore di paracadutisti indiani inviatidal premier Rajiiv Gandhi in appoggio a Gayoom. L’altro periodo instabilefu nel 1993 quando all’interno dello stesso clan familiare, il cognato Ilyas Ibrahim tentò un golpe, sventato in anticipo dagli uomini della dittatura maldiviana.

Ora la principale minaccia al regime è il crescente malcontento della popolazione, stremata dalla violenza degli apparati governativi e dalle rinnovate promesse di aperture democratiche. Promesse fino ad orasempre disattese. La repressione è il principale strumento di governo perGayoon tanto che sul regime arrivano sempre con più insistenza pressioniinternazionali, soprattutto da Unione Europea e dall’organizzazioneAmnesty International. Uno dei principali alleati di Gayoom dell’area è l’India che per preservare la sua influenza sull’arcipelago ha ultimamenterichiesto a Malé concrete misure di aperture democratiche. Il presidenteGayoom nella migliore tradizione totalitaria mantiene il controllo politicoed economico grazie all’appoggio del clan familiare allargato, piazzandoparenti e fedeli sostenitori nei posti chiave del regime, quindi a capo di tutti gli enti statali e delle maggiori attività economiche.

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me, diritti civili, la liberazione dei detenuti politici. La risposta del re-gime è stata feroce, tanto da essere ricordata nell’arcipelago come il“venerdì nero”. La polizia in assetto anti-sommossa ha disperso i cor-tei con l’uso di gas lacrimogeni e idranti. Centinaia di dimostranti so-no finiti in carcere, molti dei quali ancora detenuti. In seguito sonofioccate denunce su casi di tortura, pestaggi e condanne dopo proces-si farsa. Il presidente Gayoon ha inoltre imposto per i mesi successivilo stato di emergenza e il Parlamento si è riunito malgrado l’assenzadei parlamentari indipendenti, per la maggior parte finiti in prigione.In questa atmosfera, resa ancora più drammatica dal dopo-Tsunami,si sono svolte nel gennaio 2005 le elezioni legislative in cui la forma-zione del presidente Gayoom, il Partito del Popolo delle Maldive(MPP) ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento. L’opposi-zione ha parlato di frodi gigantesche e di una consultazione in cui nonè stata per nulla garantita la libertà di espressione e di stampa. L’orga-nizzazione Reporters sans Frontières ha denunciato che tutti i media,sia pubblici sia privati, sono controllati dalla presidenza e dai suoi so-stenitori, in aperta violazione dell’articolo 25 della Costituzione chegarantisce “il diritto di espressione e di divulgazione delle idee.”

Le Maldive compaiono al 157° posto su 167 paesi presenti, nelleliste che indicano la situazione della libertà di stampa.

Pressioni internazionaliLe pressioni internazionali hanno obbligato quest’anno il regime mal-diviano a garantire le tante annunciate riforme e dal giugno del 2005il Parlamento si è visto costretto ad approvare una legge per aprire almultipartitismo. Ma sembra l’ennesima operazione di facciata: adagosto il più noto dissidente del paese, il carismatico giornalistaMohammed Nasheed, alla guida del Partito Democratico Maldiviano(MDP) è stato arrestato per l’ennesima volta nel corso di una manife-stazione nella capitale. Un portavoce del regime ha annunciato senzamezze misure che il leader dell’MDP potrebbe passare il resto della suavita in carcere perchè accusato di “terrorismo e incitamento alla som-mossa”. I vertici del partito democratico hanno risposto che le accusesono assolutamente inventate e hanno sottolineato che si tratta di untentativo di sbarazzarsi di un rivale così popolare tra i maldiviani.

Nasheed era rientrato nel paese dall’esilio per partecipare al pro-cesso che avrebbe dovuto introdurre le riforme nel paese. Il paradisodell’Oceano Indiano accoglie in questo quadro che non può esseremarginale, almeno 250 mila turisti l’anno per un giro di affari di cir-ca 80 milioni di dollari, rendite che vanno ad alimentare il traffico cor-ruttivo su cui si fonda il regime. Gli italiani sono una fetta importan-te del turismo di massa verso l’arcipelago: nei primi sei mesi del 2004sono stati 80 mila a riversarsi sulle spiagge maldiviane, pari al 22% deltotale dei turisti sbarcati. Il 60% del Pil delle isole deriva dal turismo efinisce per garantire la stabilità del regime. Inoltre parte dei proventisono destinati ai pochi imprenditori locali e stranieri, cui il presiden-te concede in modo esclusivo le isole più belle dell’arcipelago.

Il clan politico-affaristico che sostiene Gayoon sembra quindi peril momento pronto a tutto per di ri-manere alla guida del paese, tra cuiscreditare l’opposizione ora accusa-ta, anche quella costretta all’esilio inGran Bretagna e India, di essere lega-ta dal fondamentalismo islamico. .

I SITI PER APPROFONDIRE

www.dhivehiobserver.comwww.hrcm.org.mvwww.friendsofmaldives.org

MAUMOON ABDUL GAYOOM,CARTOLINA DI UN DITTATORE

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| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 53 |

Per un Mediterraneodi sostenibilità e pace

Parternariato | macroscopio |

di Walter Ganapini

OPO L’AMPLIAMENTO, L’UNIONE EUROPEA INDIVIDUA NEL “PARTENARIATO DI PROSSIMITÀ”, che accorperà e sostituirà la pletora di strumenti oggi disponibili (Interreg, Cards, Meda, ecc.) lo strumento per cooperare con i Paesi nuove frontiere d’Europa, attribuendo un ruolo da protagonista alle Regioni note come “Obiettivo 1” (tra cui, in Italia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Puglia,Calabria, Sicilia e Sardegna) e vedendo la gestione sostenibile delle risorse (dai rifiuti alle risorseidriche, dalla qualità dell’aria a mobilità ed energia) come parte integrante della strategia di armonizzazione e di sicurezza nei riguardi delle citate nuove frontiere. Per tale strumento si prevede una dotazione finanziaria di circa 1 miliardo di euro.

Promuovere la cooperazione interregionale facilitando l’integrazione dei tematismi ambientalinegli obiettivi dello sviluppo (produzione industriale, agricola, energetica, trasporti, turismo),dall’area balcanica alla costa meridionale del Bacino Mediterraneo, è anche occasione unica di internazionalizzazione del sistema-Paese.

Nei Balcani emergono criticità legate ad uno sviluppo industriale e urbano non ambientalmente compatibili (rifiuti pericolosi, bonifica di suoli contaminati, emissioni

in atmosfera fortemente inquinanti), mentre nella secondaarea si presentano problemi di compatibilità nel settoreagroalimentare (approccio “cleaner production”), di correttagestione di rifiuti solidi e reflui liquidi nelle zone costiere,con particolare intensità in riferimento agli attuali (ed ai previsti) insediamenti turistici, di battaglia contro la desertificazione. Per far sì che ci si approssimi agli obiettiviattesi di partenariato, le Regioni debbono valorizzare la capacità progettuale pubblica e privata, a scala di singolo

attore e/o di distretto, sul versante dell’aiuto all’”Institutional Building” (promozione o consolida mento di strutture agenziali, dal controllo ambientale al supporto alle imprese,soprattutto piccolo-medie e/o artigianali) e su quello del “Technology Transfer” inteso come implementazione di modelli progettuali e gestionali che incrementino i livelli di autonomia delle realtà riceventi.

La difficoltà di concretizzare una così rilevante opportunità è emersa nelle Conferenze di Ancona, nel 2004, e di quest’anno a Matera: essa deriva anzitutto dallo stato di emergenzaambientale che caratterizza cruciali Regioni “Obiettivo 1” del nostro Paese (che però potrebberoessere affiancate da altre realtà in logica di partenariato interregionale) ed anche da resistenzeburocratiche a scala decentrata, soprattutto da parte di chi per anni ha gestito il piccolocabotaggio dei vari Interreg, ecc. C’è da augurarsi che, per candidare autorevolmente le Regioniitaliane a giocare il ruolo atteso nei nuovi strumenti partenariali, si manifesti una volontàistituzionale forte in vista dell’incontro di Cagliari, che si terrà nel tardo Autunno, a partire dalla individuazione e dal coinvolgimento delle parti terze interessate, tanto nei Balcani quantonel Bacino Mediterraneo meridionale. .

D

Molte opportunità daiprogrammi di partenariato tra le regioni dell’Obiettivo 1e i paesi che faranno partedell’allargamento, dai Balcanialla costa meridionale del mare meditteraneo

CONTRASTO

Page 28: Mensile Valori n.33 2005

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 55 || 54 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

economiasolidale| inbreve |

La guerra preventiva di Letizia Moratti >56Il budget condiviso di Banca Etica >61

| inbreve |

IL COMUNEPREME IL CARCEREMIGLIORA

Il Comune di Firenze ha inauguratouna nuova stagione nei rapporti con le Amministrazionipenitenziarie, aprendo un tavolo di confronto tra i responsabili del carcere di Sollicciano e l’Asl, per risolvere i problemi sanitari e di sovraffollamento della struttura.Nel mese di giugno l’Asl fiorentinaaveva presentato a Palazzo Vecchiouna relazione allarmata sullasituazione di degrado di Sollicciano,sia dal punto di vista strutturale(mancanza di impianti di areazione,cucine non a norma, muri scrostati),sia dal punto di vistadell’affollamento: 1030 reclusi oltre a 8 bambini, a fronte di una capacità di 450 persone.Fino a nove detenuti in una cella di 27 metri quadrati.Subito Graziano Cioni, assessorecomunale alle politiche sanitarie,aveva invitato l’Amministrazionecarceraria a predisporre un piano di ristrutturazione, senza ottenererisposta. Cioni allora il 19 di agostoaveva emesso un’ordinanzaprescrittiva «per effettuare i lavorinecessari per riportare la struttura a una situazione accettabile» tempo30 giorni, altrimenti la chiusura. Il 23 di agosto il direttore di Sollicciano, Oreste Cacurri, fasapere che un piano di ristrutturazioneè stato messo a punto e alcuniprovvedimenti attuati. E soprattuttol’annuncio dell’«alleggerimento di 100 persone e di un piano di riduzione e redistribuzioneall'interno dell'istituto fiorentino».

RITORNA LA FIERA DELLE UTOPIECONCRETE

“Ponti per un futuro amico”: dal 13al 16 ottobre nuovo appuntamentoa Città di Castello con la Fiera delle Utopie concrete che riproponela sua forma classica in unaedizione che ricorda il fondatoredell’iniziativa, Alexander Langer.Parte da due concetti capisaldi delsuo pensiero, i “costruttori di ponti”e “futuro amico” che saranno alcentro del seminario e del colloquiosul Premio Alexander Langer di domenica mattina. I ponti da costruire per un futuro amicoerano per Alex ponti di convivenza -tra le etnie, le religioni, le culture, le lingue, le nazioni. Come sicostruiscono? Quali sono i materialie perché è così difficile farlireggere? Le mostre, le animazioni, il corso di formazione, la conferenzanazionale “Città sostenibili ed amiche dei bambini” e gli incontri in Fiera riprenderanno il tema per ambiti diversi, cercandodi suscitare le sensibilità e farcrescere le conoscenze, la voglia e la fiducia per un lavoro verso un futuro amico. La Fiera ospitaanche un corso di formazione suglistrumenti di pianificazione integratadella gestione dell’ambiente e un workshop de L’Alleanza per il Clima sul progetto ClimateCompass, una metodologia che permette ai Comuni piccoli e medi di elaborare in tempi breviun programma d’azione ad hoc per la protezione del clima.Per info: www.utopieconcrete.it

UN ADOLESCENTE LONDINESEHA VINTO UNA CAUSACONTRO IL COPRIFUOCOIMPOSTO DA BLAIR

Un adolescente londinese di 15 anni ha vinto la suabattaglia contro il coprifuoco, introdotto nel 2003dall’Anti Social Behaviour Act. Fortemente voluti daBlair, gli Anti Social Behaviour Act sono un insiemedi norme molto repressive che prevedono, tra l’altro,l’istituzione di zone della città in cui i sedicenni non possono circolare non accompagnati dopo le21,00 e dove possono essere presi e scortati a casa,indipendentemente dal loro comportamento. Dopo lacreazione di tre zone di coprifuoco a Richmond doverisiede, il minorenne - noto solo con la lettera “W” -ha presentato ricorso contro questa misura, assistitodall’avvocato Javan Herberg dell’organizzazione

per i diritti civili Liberty.I giudici dell’Alta Cortehanno deliberato che lalegge non dà alla poliziail potere di fermare i teenager o di riportarlia casa con la forza. Se il governo vuoleinsistere con il coprifuoco deve

ridiscuterlo in Parlamento e «identificare meglio le circostanze in cui tali poteri possono essereapplicati». Parlando a nome del governo, unaportavoce del ministero degli Interni, ha detto che cisarà un appello per ribaltare la decisione dei giudici.«Credo che nessuno possa trattarmi come un criminale solo perché ho meno di 16 anni», ha dichiarato il quindicenne; dopo aver vinto la causale circa 400 zone soggette al coprifuoco nel RegnoUnito dovranno essere riviste. Ma al di là dellavittoria di “W” resta il fatto che sono stati istituiti20 mila Community Support Officer, ausiliari assuntipart time, con licenza di manganello, manette e arresto; pronti a perquisire, fotografare e multarechiunque per strada sia sospetto di comportamentoanti sociale.

BANCA ETICACONTINUA LA CRESCITAIN MERIDIONE

Banca Etica sbarca a Sud: il 24ottobre apre la filiale di Napoli, in Piazza Nicola Amore, nei localiche hanno ospitato il puntoinformativo. L’apertura di unosportello operativo rende visibileuna presenza in continua crescitanel sud (dove è previsto l’avvio di un'altra filiale a Bari). Lo confermano i numeri (aggiornatial 31 agosto); relativi ai soci (circa 1800), al capitale sociale(915.000 di euro), al rapporto tra raccolta di risparmio e impieghi:con 10.700.000 euro di raccolta e 17.500.000 euro di impieghiaccordati, Banca Etica rappresentaun’eccezione nel panorama italianoche in genere al Sud raccoglie più di quanto investa. Il 25 e 26 ottobreè in programma, sempre a Napoli,un convegno dal titolo “Investimentietici e sviluppo sostenibile. Quale progetto per il Mezzogiorno”.Un’occasione di confronto su un modello di sviluppo che puntiall’integrazione tra servizi sociali,istruzione e lavoro, individuando un ruolo adeguato del pubblico, una funzione eticamente orientatadel sistema finanziario e scelteimprenditoriali socialmenteresponsabili. Interverranno tra gli altri: Nichi Vendola (presidenteRegione Puglia), Savino Pezzotta,Luigi Bobba (presidente Acli), PaoloBeni (presidente Arci), Pippo Callipo(Presidente Confindustria Calabria) e Fabio Salviato (presidente BancaEtica). Info su sede e programma: Pina Bevilacqua (081 7877516 int 210).

TREMILA PUNTIDI CONTATTOPER FARE LASPESA GIUSTA

Tremila punti vendita mobilitatidella piccola, media e grandedistribuzione e del dettagliobiologico con promozioni e iniziativetutte all’insegna dell'equosolidale;testimonial di primo piano del mondo della cultura, dello sport, del cinema a dire che la scelta di solidarietà nei confronti dei piccoli produttori del Sud delmondo può incidere effettivamentesulle vite di migliaia di personeSono questi alcuni dei numeri di “Io faccio la spesa giusta”, la settimana per il Commercio Equoe Solidale ideata e promossa daFairtrade TransFair Italia, il marchioche certifica l’origine e le condizioniin cui sono stati lavorati questiprodotti, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie.La prima edizione del 2004 hacoinvolto un milione di consumatoriche hanno scelto di provare le referenze certificate e che hannocontinuato a sceglierle anchedurante l’anno. Quest’anno la settimana, che si svolgerà dal 15al 23 ottobre, oltre che nei puntivendita che aderiscono all’iniziativa(Coop, Conad, GS, Famila, Naturasì,B'io) sarà protagonista di incontri di approfondimento nelle LibrerieFeltrinelli di Milano, Roma, Bologna,Firenze e Napoli. Sul sito di TransFair (www.transfair.it) sarà possibile consultare gli eventiche si succederanno durante la settimana e l’elenco dei puntivendita che hanno aderito a “Io faccio la spesa giusta”.

GRANDE SUCCESSO PER IL BONDDI SISTEMA PROMOSSO DALLA REGIONE TOSCANA

C’è grande soddisfazione alla Regione Toscana per il successo ottenuto dai “bond di sistema”. Nel mesedi luglio questa linea di finanziamenti sostenuta da bondera stata presentata alle imprese toscane e già a metàsettembre erano arrivate 2247 domande per 560 milionidi euro, ben oltre i 250 milioni messi a disposizione con un meccanismo innovativo dalla Regione. Il costodell’operazione infatti sarà molto inferiore per la Toscana,che interverrà con un fondo di garanzia di 12,5 milioni; la moltiplicazione per 20 avverrà attraverso le banche -toscane o che operano sul territorio - che concederanno i finanziamenti, senza la presentazione di garanzie realiipotecarie, a costi ridotti e sostenibili. Le banche

cederanno il credito ad unasocietà veicolo, che a sua voltaemetterà obbligazioni,cartolarizzandole poi nel corsodel prossimo anno.Questo sofisticato strumentofinanziario, il primo emesso da una Pubblica amministrazionein linea con i requisitidell’accordo Basilea 2, è statomesso a punto da Fidi Toscana,società per azioni di proprietàdella Regione e delle banche,

e dal Monte de Paschi di Siena che ne fa parte.La quantità di domande per i bond (che si possonopresentare ancora fino al marzo 2006) ha sorpreso ancheMartini, il presidente della Regione, e Brenna l’assessorealle attività produttive, che hanno commentato così:«L’importo medio di 250.000 euro per operazionesignifica che si tratta di investimenti importanti, molto superiore alla media dei finanziamenti fino ad oggi richiesti dalle singole aziende».Con i prestiti ottenuti le imprese possono finanziareprogetti nuovi o avviati da non più di un anno, destinatiall’acquisizione di marchi o brevetti, per l’innovazionecompetitiva, per l’internazionalizzazione, per formare i propri manager o per la ricerca e lo sviluppo.

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FUNZIONAMENTO DIDATTICO E AMMINISTRATIVO [IN MILIONI DI EURO]

| economiasolidale |

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 57 |

La legge delegaIl 28 marzo 2003 viene approvata in via definitiva la leg-ge delega 53, la riforma Moratti dell’istruzione e della for-mazione, nata dall’elaborazione di un gruppo ristrettissi-mo, di cui si conosce il pedagogista Giuseppe Bertagna,senza che ci sia stata una reale e diffusa consultazione del-le parti interessate. Nulla a che vedere con la Commissio-ne dei saggi che aveva preceduto la riforma Berlinguer eaveva mosso un’approfondita discussione condivisa traintellettuali, pedagogisti e tecnici sia del mondo laico checattolico.

Le reazioni contro la riforma arrivano immediata-mente e la critica è subito fortissima da parte di tutte lecomponenti del mondo scolastico: non si sentiva l’esi-genza di toccare le materne e le elementari, che costi-tuiscono la parte più realizzata del nostro sistema edu-cativo. Nelle scuole la confusione si somma alla di-sinformazione che viene diffusa dal Ministero e dallefonti ufficiali. I sindacati, gli studenti e i comitati for-mati da genitori e insegnanti cominciano una lunga se-rie di lotte di piazza, di volantinaggi, di feste con pal-loncini e occupazioni simboliche.

Alfia Nicotra, segretaria generale Cgil scuola provinciadi Milano, ci riassume alcuni passaggi della riforma e delmetodo utilizzato: «La riforma Moratti è stata delineata inuna legge cornice che contiene l’enunciazione di diversiprincipi, che devono poi essere regolati dai decreti attua-tivi. Per tutta un’altra serie molto importante di cambia-menti, come il tutor, la legge 53 rimanda alle “indicazio-ni nazionali”, che non sono legge fino a quando non ter-mineranno il loro iter legislativo. Quindi - continua AlfiaNicotra - sta succedendo di tutto e di più: ci sono scuoleche applicano il portfolio delle competenze - che è il nuo-vo sistema di valutazione e altre no. Ma possono farlo per-ché il portfolio è all’interno delle indicazioni nazionali,che non essendo legge, non sono prescrittive».

«Stessa identica cosa - riprende Alfia Nicotra - ma mol-to più grave e drammatica vale per i programmi, cioè co-sa insegnare: anche i programmi sono contenuti nelle in-dicazioni nazionali. Quindi ci sono in vigore i vecchi pro-grammi, ma le indicazioni nazionali sono passate nellamaggioranza delle scuole attraverso i libri di testo, perchégli editori si sono adeguati subito e gli insegnanti sono sta-ti costretti ad adottare i libri “riformati”. La scuola sta vi-vendo una fase estremamente negativa perché alla brut-tezza di questa legge che non condividiamo in nessunsenso, si aggiunge questo elemento di confusione chemortifica e peggiora la qualità della scuola».

La complessità e la profondità con le quali agisce lariforma Moratti nella società non permettono semplifica-zioni e infatti si estende lo schieramento che chiede diabrogarla del tutto, mentre i suoi tagli si fanno sentire:nelle scuole di ogni ordine e grado aumentano gli stu-denti, mentre diminuiscono le classi e gli insegnanti;scendono di anno in anno i fondi per seguire progetti

| economiasolidale | scuola |

| 56 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

Una devastazione amministrativa, finanziaria e didattica si sta abbattendo su tutto il sistema scolastico italiano. Riduzione del tempo scuola, introduzione del tutor, aumento degli alunni per classe, cancellazione dell’obbligo scolastico, scelta a dodici anni tra il percorso professionale e lo sbocco universitario.

SPARITA LA “PUBBLICA ISTRUZIONE”. Se cominciare così può sembrare una provocazione di tipo giornalistico,bisogna fare un giro sul sito del Ministero presieduto da Letizia Moratti: all’indirizzo www.miur.it corri-sponde infatti il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Miur - non più Ministero del-

la pubblica istruzione. Una sfumatura per palati fini o una dichiarazione di intenti? Lascuola è abituata alle riforme, ne ha viste parecchie ed anche sostanziali da quando esistela nostra giovane Repubblica fondata sulla Costituzione nata dai valori della Resistenza,

contrariamente al quadro che dipinge il ministro Moratti quando afferma che «da ottant’anni la scuola non ha su-bito cambiamenti». Ma un intervento così massiccio e davastante come quello apportato dalla riforma Moratti, an-cora non lo aveva vissuto, tanto che ci si chiede se si riuscirà a sanare i danni che ha portato nel mondo della scuo-la. Ci vorrà del tempo e dei governi decisi ad abrogarla, ascoltando le voci dei tantissimi che si oppongono tra gli in-

segnanti, i genitori, gli studenti e i sindacati.La rivolta nei confronti delle spallate tirate dal gover-

no Berlusconi al sistema dell’istruzione parte prima del-l’entrata in vigore della legge delega 53 del 2003. Nel di-cembre del 2002 tutti i rettori delle università italiane pre-sentano contemporaneamente le dimissioni, per protestacontro il taglio alle spese per gli atenei previsto dalla Fi-nanziaria. La notizia, annunciata da Piero Tosi presidentedella Crui, la Conferenza dei rettori, fa il giro del mondoin un istante per la sua gravità, anche considerando leuniversità non sono certo organismi governati da giova-ni estremisti scapestrati. Le richieste della protesta? Nonridurre le spese, ma mantenerle nella Finanziaria del 2003almeno come quelle dell’anno precedente.

Una rivendicazione minima , che viene tam-ponata in parte con i fondi del fumo. Gli oltre tre mesi diincontri e scontri fra la Conferenza dei rettori da un latoe Moratti e Tremonti dall’altro hanno determinato l’inse-rimento, all’interno del maxiemendamento della Finan-ziaria 2003, di una “tassa sul fumo”, che prevede un get-tito di 435 milioni di euro destinati anche alle università

VEDI BOX 1 e alla ricerca: già la politica italiana tante volte aveva da-to del suo peggio, ma con il provvedimento di estrarrefondi per la ricerca da una tassa sul fumo (dal cancro aipolmoni, direttamente alla ricerca sul cancro) anche itransfughi dell’istruzione che avevano votato Berlusconiper bloccare la riforma Berlinguer, hanno cominciato acapire che il peggio doveva ancora arrivare.

di Paola Baiocchi

È

IN ITALIA SI SPENDONO 11,5 MILIONI DI EURO, in Francia oltre 28 milioni, in Germania addirittura 47 milioni. Il rapporto tra il numero di docenti e quello degli studenti vede l’Italia agli ultimi posti: da noi c’è un professore ogni 32 alunni, in Francia uno ogni 16, in Germania uno ogni 12. I laureati italiani sono soltanto l’8,7% della popolazione attiva (tra i 25 e i 64 anni), mentre in Francia rappresentano il 20,6% e in Germania il 23%. La formazione universitaria rappresenta lo 0,63% del Pil,mentre supera l’1% nella maggior parte degli altri paesi europei. E l’elenco, tutto in negativo per il sistema universitario italiano, potrebbe continuare a lungo. Unica nota positiva è il solido terzo posto dell’Università italiana, dopo Germania e Regno Unito, per la raccolta di finanziamenti europei.

I NUMERI DELLA RICERCA NELLE UNIVERSITÀ

La guerra preventiva del ministro Moratti

2001

331,480

248,259

187,839

208,159

185,587

2002 2003 2004 2005

C’ERANO UNA VOLTA I PRIVATISTI, quei ragazzi che arrivavano alla maturità magari portando “due anni in uno” per recuperare qualche bocciatura: sostenevano un esame di ammissione, portavano tutte le materie e, solitamente, finivano bocciatiun’altra volta. Negli ultimi quattro anni i privatisti si sono presentati in numero sempre crescente nelle scuole paritarie - quelle che la legge 62 del 2000 ha parificatoalle statali - e sono diminuiti nelle scuole pubbliche. Eppure i costi per sostenerel’esame sono molto differenti: meno di 30 euro nelle pubbliche; da 1000 euro in sù nelle paritarie.

Ma perché dal 2001 ad oggi i privatisti che si presentano nelle paritarie sono aumentati da 348 unità a 10322? Forse la spiegazione sta in una legginacontenuta nella Finanziaria del 2002 che ha modificato la composizione delle commissioni agli esami di maturità, abolendo i commissari esterni, sostituiti con i professori delle classi stesse. Il provvedimento è stato voluto dal ministro per contenere la spesa: nel 2001 un commissario interno veniva pagato infatti 523 euro, mentre quello esterno costava 1073 euro, che potevano salire fino a 3000 con il rimborso spese. Un indubbio risparmio per le casse dello Stato, che si è tradotto in una vera fortuna per le scuole paritarie, che nella sessione d’esami del 2005 hanno portato a casa almeno 15 milioni di euro e hanno bocciatoin percentuale molto meno che nelle scuole statali.

PRIVATIZZATI ANCHE GLI ESAMI DI MATURITÀ

Costituisce la parte più consistente dei bilanci delle scuole e servono per fronteggiare tutte le spese ordinarie e ricorrenti: bollette del telefono,cancelleria, viaggi di istruzione, tassa rimozione rifiuti ecc.

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| economiasolidale |

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 59 |

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contro la dispersione scolastica, si tagliano gli acquisti dimateriale di consumo , ci sono scuole che nonriescono a pagare la tassa rifiuti.

Attività pomeridiana addioMentre aumentano del 40% i contributi per le famiglieche iscrivono i figli alle private, gli istituti non riesconopiù a garantire l’apertura pomeridiana per attività di ap-profondimento, perché non hanno fondi per pagare glistraordinari ai bidelli (personale ATA).

«L’apertura al pomeriggio delle scuole è stato un obiet-tivo di molte lotte studentesche; le associazioni di volon-tariato usano spesso gli edifici scolastici per le loro attività.Nei paesi dove la delinquenza giovanile è alta si provve-de ad aprire anche al pomeriggio le scuole per frenare ilfenomeno; la perdita di spazi vissuti e di attività aggrega-tive inciderà sui nostri tessuti urbani con conseguenzeche vedremo presto», parla così un’insegnante di un isti-tuto tecnico pisano, che ci racconta anche di aver fattocoincidere tutte le aperture pomeridiane per scrutini ocolloqui con i genitori, con le lezioni di un corso seguitoda un suo gruppetto di allievi.

Il 15 di settembre, alla Conferenza Stato-Regioni, ildecreto attuativo della riforma delle scuole medie su-periori è stato bloccato dall'opposizione delle Regioni(vedi intervista), che hanno ottenuto il rinvio dellasperimentazione al prossimo anno scolastico. La rifor-ma riorganizza le superiori secondo la distinzione tralicei e formazione professionale, che dovrebbe andarea carico delle Regioni, ma senza copertura finanziaria.La riforma delle superiori verrà approvata nel Consi-glio dei ministri del 17 ottobre; spetta ora ai politici,in vista delle prossime elezioni, inserire l'abrogazionedella riforma voluta dal governo Berlusconi nei pro-

VEDI GRAFICO

grammi elettorali, mentre il nostro impegno di citta-dini deve essere quello di non dare credito ad atteg-giamenti ambigui nei confronti di questa riforma co-sì depauperante.

Dal canto suo il ministro Moratti è ben decisa ad an-dare avanti ricorrendo, come sempre, all’arma della di-sinformazione: non è vero che con le assunzioni, di cuisi sono conosciuti i numeri a luglio, si sia dimezzata lafolla dei precari. Sono stati coperti, a malapena, i postiresi liberi dal turn over; resta un uguale numero di sup-plenze affidate ai non di ruolo. Per quello che riguardail personale ATA la situazione è ancora più carente: la Re-gione Toscana, per esempio, ha reso noto che sono sta-ti colmati solo il 7% dei posti vacanti.

Per riassumere, i punti più contrastati della riformasono: la riduzione del tempo scuola, l’introduzione deltutor, l’aumento degli alunni per classe (fino a 28) l’an-ticipo a due anni e mezzo per l’entrata alla materna e acinque anni e mezzo per le elementari, la cancellazionedell’obbligo scolastico sostituito da un generico dirit-to/dovere esteso fino ai 18 anni, la scelta a dodici annitra il percorso professionale e lo sbocco universitario,l'alternanza scuola-lavoro, la cancellazione del valore le-gale del titolo di studio.

Proprio questo è uno dei punti più dirompenti del-l’impianto varato dal governo Berlusconi: perfino l’acces-so alle Università sarà legato non più al conseguimentodella maturità e dei diplomi, ma a prove di ammissione,sempre più aziendali. È la risposta ad una richiesta di Con-findustria, ripresa nel corso di quest’anno dal rapporto“Fermiamo il declino” elaborato dalla Fondazione De Be-nedetti: si progetta una forza lavoro ultraflessibile e chenon possa far valere, né contrattualmente né sul posto dilavoro, i titoli acquisiti con lo studio.

Scompare anche la “pagella”Procedendo in questa direzione intanto si è eliminatala scheda di valutazione nazionale: la pagella non èpiù stampata dal Ministero e uguale in tutta Italia. Daldicembre 2004 le scuole devono provvedere a propriespese alla stampa e ai contenuti: «Così non solo si per-de il senso dell’unità nazionale della scuola – com-menta Alfia Nicotra - ma si perde il senso del valoredella scuola pubblica. Questa novità sconvolgente ècominciata con la riforma degli esami di Stato, con l’a-bolizione del commissario esterno. Lì è stato il primosegnale che gli esami di Stato non hanno più lo stessovalore forte, per dire che con il tempo verrà tolto va-lore legale al titolo di studio. Per cui se io mi sono di-plomato ragioniere nell’istituto tecnico il mio titolo distudio varrà quanto quello del tipo che ha fatto 14 cor-si in 14 uffici privati».

«Hanno in mente un modello di scuola leggero, -dice ancora Alfia Nicotra della Cgil scuola - molto si-mile al modello americano che deve alfabetizzare e da-re quel minimo di competenze di base e poi chi ha stru-menti e risorse, ha i luoghi dove completare la sua for-mazione. Questo è un modello che divide la società indue parti: chi dovrà fare il manovale e chi dovrà fare ildirigente. Lo stato sociale leggero parte dalla scuola».

Un lavoro così sistematico di demolizione dei sa-peri della popolazione porta ad un abbassamento ge-neralizzato della coscienza critica dei cittadini. Le ri-cadute sociali potrebbero essere enormi: nel giro dipochi anni si potrebbero riprodurre anche da noi pro-prio quei fenomeni tipici delle aree povere delle cittàstatunitensi, in cui vivono 42 milioni di americani acui sono negate istruzione, sanità, sana alimentazio-ne, possibilità di avanzamento sociale..

LETIZIA BRICHETTO SPOSATA CON GIAN MARCO MORATTI, è figlia di Mimina e Paolo Brichetto, uno dei fondatori assieme a Edgardo Sogno dei Comitati di resistenza democratica, nati nel 1971 con lo scopo di “impedire con ogni mezzoche il Pci andasse al potere, anche attraverso libere elezioni”. I Comitati si assumevano l’impegno di “compiere personalmente e singolarmente l’esecuzionedegli esponenti politici di partiti democratici, responsabili di collaborazionismo con i nemici della democrazia e di tradimento verso le libere istituzioni” (dal libroTestamento di un anticomunista, intervista ad Edgardo Sogno di Aldo Cazzullo). Questa tradizione familiare del ministro Moratti non si trova nelle sue biografie ufficiali,che parlano di una brillante carriera nel mondo del brokeraggio assicurativo, e delle telecomunicazioni. Nel ’90 entra nel consiglio di amministrazione della Comit,da cui esce nel ’94. Nello stesso anno la Gpa acquisisce il gruppo Nichols e forma un’alleanza internazionale con il gruppo Segdwick.

Nel ’94, con il governo Berlusconi, viene nominata presidente della Rai, carica che mantiene fino al ’96; durante questo periodo svende settori attivi della Rai come i giornali Moda e King, favorendo il passaggio della pubblicità delle due testate verso la concorrenza. Proprio nel ’96 è Letizia Moratti che presentaMassimo D’Alema nel salotto buono della finanza italiana, trasformandosi in ambasciatrice del verbo dalemiano: lo fa incontrare con l’amministratore delegatodi Mediobanca Vincenzo Maranghi e con Luigi Fausti della Comit. Ne magnifica«l’onestà intellettuale e la modernità dell’uomo».

Alla fine del ’98, e per un anno circa, Letizia Moratti diventa presidente e amministratore delegato di News Corp Europe, società del gruppo Murdoch per cui realizza il piano di espansione in Europa. Sostiene e frequenta la comunità di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli per il recupero dei tossicodipendenti.Nel 2001 ha fatto parte dell’Advisory Board di Carlyle Group – Europa, fondo attivonell’acquisto degli immobili del patrimonio dello Stato italiano, dismessi con la societàdi cartolarizzazione Scip.

BIOGRAFIA DI UNA CARRIERA BRILLANTE

«Stop alla sperimentazione.Troppe incertezze, assenza di fondi. Costituzione ko».L’atto d’accusa di Gianfranco

Simoncini, assessore all’istruzione della Regione Toscana. Il decreto del ministrocontiene un invasione di campo nelle competenzedelle Regioni, ribadite e confermate anche dalle sentenze della Corte Costituzionale. Lo stop era quindi un obbligo.

A REGIONE TOSCANA GIÀ NEL CORSO DELL'ESTATE aveva ufficialmente ri-mandato di un anno la sperimentazione della riforma Morattinella scuola superiore, in attesa di modifiche ritenute necessarie.Alla Conferenza Stato-Regioni del 15 settembre le Regioni hannoottenuto di rimandare al prossimo anno scolastico 2006/2007 lasperimentazione. L'assessore per l'istruzione della Regione Tosca-na, Gianfranco Simoncini, che aveva avversato da subito la rifor-ma ha risposto alle nostre domande.

Cosa ha chiesto la Regione Toscana nella Conferen-za Stato Regione del 15 settembre?

«La Toscana, insieme alle altre regioni, ha chiesto fin da subito ilritiro del decreto del ministro Moratti sul secondo ciclo delle su-periori. Il giudizio è stato negativo perché la proposta istituisceun doppio binario licei-istruzione professionale, rompendo l’u-nitarietà del percorso formativo e la pari dignità degli istituti sco-lastici.

Il decreto contiene inoltre una invasione di campo rispetto al-le competenze assegnate dalla Costituzione e risulta, nei fatti,inapplicabile per mancanza di risorse e strumenti attuativi. Inquesto quadro, la Regione Toscana ha deciso di mettere uno stopalla sperimentazione: troppe incertezze sull’offerta formativa, sui

titoli di studio, sulla possibilità di passaggio da un regime ad unaltro. E, soprattutto, nessuna risorsa certa per la realizzazione delnuovo sistema di istruzione professionale, interamente affidatoalle Regioni. Un caos insomma, che abbiamo tentato di scongiu-rare, almeno per quest’anno, cercando di dare serenità e certezzealle famiglie. Nel frattempo, come Regioni, è stato deciso di en-trare nel merito del documento, chiedendo una serie di emenda-menti la cui approvazione dovrà condizionare l’attuazione even-tuale del decreto».

Quali sono i punti dove si richiedono modifiche?

L

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| banca etica | economiasolidale |

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 61 |

| economiasolidale |

| 60 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

«Nonostante il giudizio negativo, le Regioni hanno comunquedeciso di proseguire il difficile confronto con il governo. Hannopresentato un articolato documento con una seria analisi di me-rito. Rispetto alla possibile applicazione sono state individuate trequestioni vitali, la cui soluzione è ritenuta indispensabile per ri-durre il danno: certezza e quantificazione delle risorse, normetransitorie che regolino il passaggio da vecchio a nuovo sistema,definizione dei titoli di studio. Sono tre punti irrinunciabili: solose troveranno risposta il decreto potrebbe essere considerato at-tuabile, anche se restano il giudizio di fondo e la richiesta di tra-sformazione radicale dell’impianto della riforma».

Si è calcolato quale potrebbe essere il peso econo-mico della riforma delle superiori sulle Regioni?Con lemodifiche già attuate nella scuola elementare gli En-ti locali si sono trovati a far fronte a nuovi costi? Sipossono quantificare?

«Il punto è che per questa riforma non è previsto alcun tipo di fi-nanziamento. Il provvedimento del governo non chiarisce qualipossano essere le risorse per la sua attuazione. Una riforma nonpuò essere fatta a costo zero o avere addirittura l’effetto di taglia-re le spese, come di fatto è avvenuto in questi primi anni di at-tuazione dei provvedimenti per gli altri cicli di istruzione».

La riforma, eliminando elementi comuni - come la cer-tificazione legata al documento di valutazione – espostando risorse verso le scuole private, sta sman-tellando la scuola nazionale. Le Regioni riescono a fa-re fronte comune contro questa dissipazione?

«È evidente il rischio, gravissimo, che sta dietro questa riforma e,direi, dietro tutta la politica portata avanti dal ministro Moratti:quella di indebolire e di conseguenza far perdere progressiva-mente credibilità alla scuola pubblica. Meno risorse, meno perso-nale, programmi e titoli di studio differenziati, il reinserimento diun doppio canale licei-istruzione professionale, rompendo l’uni-tarietà dell’iter formativo, sono tutti passi che potrebbero porta-re verso scenari di degrado e al quale le Regioni stanno reagendoin maniera compatta».

La Toscana ha preparato, come la Regione Emilia Ro-magna, delle leggi regionali specifiche riguardo allascuola?

«Sì, la Toscana l’ha fatto fin dall’inizio di quest’anno. Con la no-stra legge abbiamo recepito le indicazioni del decreto legislativo112 del marzo 1998, ribadite nel nuovo titolo V della Costititu-zione, che assegnano alle Regioni le funzioni amministrative ine-renti la programmazione dell’offerta formativa integrata fraistruzione e formazione professionale nonché, proprio per ren-dere effettiva questa competenza, le funzioni di programmazio-ne della rete scolastica. Una funzione che la Regione ha fino adoggi puntualmente esercitata ma che, vanificata o contraddettadalle decisioni degli uffici decentrati del ministero, è rimasta unlibro dei sogni.

La Corte Costituzionale, in una sentenza recentissima, ha fat-to chiarezza su questo punto, riconfermando la competenza pie-na della Regione. Così, con la nuova legge, la Regione si riappro-pria di questa funzione fino ad oggi rimasta virtuale. La legge èun'integrazione della legge regionale 32, primo testo unico in ma-teria, cui sono seguiti il regolamento attuativo e il piano di indi-rizzo integrato.

Con la legge 32 prende corpo l’idea di un sistema che puntasu integrazione fra istruzione, formazione, lavoro, avvicina lascuola al mercato del lavoro, valorizza l’autonomia delle istitu-zioni scolastiche, in altre parole un sistema che realizzi la libertàindividuale e l’integrazione sociale attraverso il diritto all’ap-prendimento lungo tutto l’arco della vita. La legge 32 costituisceil quadro normativo, semplificato e aggiornato, nel quale trova-no collocazione tutti i servizi educativi in ambito regionale. Conquesta legge la Toscana ribadisce in maniera inequivocabile chel’apprendimento è un diritto inalienabile della persona, al pari diquello alla salute o al lavoro».

Ritiene che un futuro governo di centrosinistra debbaapportare delle modifiche alla riforma Moratti o deb-ba abolirla del tutto?

«Proporre modifiche e uno slittamento, non significa nasconder-si i limiti di fondo dello schema di decreto e il nostro giudizio sulmerito resta drasticamente negativo. Non credo francamente che,una volta mutate le condizioni politiche, questa possa essere unabase da cui ripartire. Per questo penso che un futuro governo dicentro sinistra dovrebbe sospenderne l’iter per andare verso unariforma seria, anche attraverso un percorso condiviso con partisociali, regioni, operatori della scuola, un confronto che in que-sta fase è mancato». .

Banchieri ambulanti, associazioni e realtà espressione della società civile, filiali: sono i protagonisti del processoche porta la Banca Popolare Etica a definire i propri obiettivi economici. Un percorso partecipato per definire gli obiettivi di utilità sociale che l’istituto vuole raggiungere nei suoi progetti di crescita.

ON CI SONO I MEGACONSULENTI DI MCKINSEY O ACCENTURE. Non si preparano business plan la cui unica stella polaresia il roe, cioè il parametro che misura la capacità di fare profitto. In prima fila ci sono invece i banchieri ambu-lanti insieme alle realtà del no-profit che hanno dato vita all’esperienza sempre più unica di Banca Popolare Eti-

ca. Un approccio diverso che nasce sin dalla definizione del budget, uno degli strumenti base di qualsiasi attività economicastrutturata. Le linee strategiche vengono definite dal consiglio d’amministrazione della Banca e con due obiettivi: lo sviluppoeconomico/volumetrico dell’attività e l’incremento dell’articolazione territoriale. Il consiglio d’amministrazione affida alla di-rezione generale il compito di individuare un piano operativo idoneo al raggiungimento degli obiettivi indicati. Da questo mo-mento parte il processo di discussione e elaborazione che coinvolge tutte le aree della Banca. I responsabili di area (coordinatidal responsabile dell’area controllo di gestione/amministrazione) elaborano un piano operativo specifico per l’area di propriaresponsabilità che declina obiettivi specifici ed il correlato fabbisogno di risorse. Poi c’è una fase di negoziazione con la Dire-zione Generale che ha l’obiettivo di amalgamare le diverse istanze, al fine di predisporre una programmazione che renda so-stenibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati, con le necessità dell’organizzazione aziendale e con gli obiettivi di efficienzaeconomica il cui raggiungimento è necessario per la vita e lo sviluppo della banca. L’obiettivo è ovviamente quello di arrivare

a proporre al consiglio d’amministrazione un piano di sviluppo cheabbia al centro, appunto, non tanto l’incremento della redditività fi-nanziaria ma l’utile sociale. Un percorso che ormai è diventata unaprassi consolidata per la Banca Popolare Etica.

«La banca ha visto la luce con una mission specifica: essere il sog-getto creditizio del Terzo Settore italiano. La situazione economicosociale, il contesto territoriale e la naturale propensione alle temati-che sociali hanno portato ad una domanda crescente di Banca Eticada parte del pubblico – spiega il direttore generale Mario Crosta -Questa domanda ha favorito una profonda mutazione, incremen-tando la gamma dei prodotti e servizi offerti: la Banca sta amplian-do la propria presenza a livello territoriale con l’obiettivo ormaiesplicito di diventare il punto di riferimento per singoli, famiglie,realtà profit con un certo orientamento. Non un secondo istituto dicredito, al quale si aderisce soprattutto per una condivisione del pro-getto, ma il proprio istituto di riferimento. In quest’ottica l’accordocon le Poste Italiane, che andiamo a sperimentare in quattro regio-ni, amplia in modo considerevole le potenzialità d’utilizzo dei ser-vizi tradizionali e si aggiunge allo sviluppo dell’online e dei stru-

Un budget diversocondiviso con il territorio e le persone

N

Gianfranco Simoncini,assessore all’istruzione della Regione Toscana. È stato uno dei protagonisti del braccio di ferro con il ministroLetizia Moratti.

Una riforma non può essereuno strumento per tagliarela spesa nell’istruzione,come è avvenuto negli ultimi anni

” In occasione dell’apertura della filiale di Banca Popolare Eticaa Napoli si terrà anche un convegno sul credito al Sud.

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BANCA POPOLARE ETICA con l’accordo con Poste Italiane diventa sempre più vicina ai cittadini, alle cooperative e associazioni che intendono gestire il danaro in modo diverso.Grazie agli sportelli di BancoPosta sarà infattipossibile effettuare versamenti sul conto correnteaperto presso Banca Etica. Il tutto avviene in modo abbastanza semplice: la carta Bancomatdi Banca Etica consente agli operatori degli sportelli di BancoPosta di associare il numero di carta al conto corrente e quindi di operare con la massima facilità nelle areedove non è presente una filiale. Il servizio, in una prima fase sperimentale, sarà operativo in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Puglia.

CON BANCO POSTAAZZERATE LE DISTANZE

menti di pagamento elettronico come carta di credito, Bancomat ecarte prepagate».

Il processo per la definizione del budget è anche uno dei momentidi più concreta attuazione della governance che la Banca Etica haconti nuamente affinato sin dai tempi della Cooperativa Verso laBanca Etica: «dobbiamo essere tutti consapevoli che il progetto a cuii soci fondatori, soci persone fisiche e non, risparmiatori hanno ade-rito è diventato una banca, ossia un istituto che amministra denaroche le viene affidato e por il quale è ovviamente garante – continuaCrosta – che ha responsabilità quindi nei confronti dei risparmiato-ri, dei prenditori di credito, dei soci e dei dipendenti. Il ruolo di cam-biamento che rappresenta uno dei nostri obiettivi strategici priorita-ri può essere perseguito solo consolidando la governance interna al-la Banca e il processo di budget da questo punto di vista è uno deglielementi cardine. Potersi confrontare con il territorio, raccogliere leistanze che emergono a livello locale e trasformarle in obiettivi stra-tegici e economici è una delle attività concrete più esplicite del cam-biamento, dei valori di cui vogliamo essere portatori con il nostroprogetto». Sono diversi gli esempi, i casi concreti che testimonianodella strettissima relazione tra il “mondo Banca Etica” e la Banca stes-sa: «stiamo rendendo sempre organici i rapporti operativi con alcunidei soci fondatori – conclude Crosta – per fare in modo che tutte leattività creditizie facciano capo alla Banca. Abbiamo attivato impor-tanti collaborazioni con le istituzioni locali per mettere a disposizio-ne dei cittadini strumenti finanziari di supporto come l’anticipo del-la cig nell’area torinese o i mutui agevolati ai giovani. Il sistema deivalutatori sociali e il progetto di formazione sono due altri tasselli delnostro impegno per contribuire alla crescita della conoscenza dellerealtà economiche profit e non profit che vedono nella Banca unpartner più che un organismo di supporto tecnico». .

Una realtà sempre più vicina ai cittadini e alle realtà associative per sostenere il cambiamento

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STE

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Roma, la fermata dell’autobus al ponte VIII.Second il prof. Sgritta della Sapienza il 14,8% dei romani accusa crescentidifficoltà economiche.

Sotto, Laurentino 38: una famiglia nella casa abusiva.Roma, 2003

> Periferie

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| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 65 |

Sorso di biodiversità.Equa e solidale

Caffè del Presidio| utopieconcrete |

di Andrea Di Stefano

E MACCHINE PER LA TORREFAZIONE SONO ALL’INTERNO DI UN CARCERE. Il caffè arriva direttamente dal Guatemala, per la precisione da 100 famiglie di piccoli e micro produttori, in largamaggioranza indigeni, associati in un consorzio di cooperative nel dipartimento di Huehuetenango.L’area è quella di un Presidio Slow Food: il caffè di Huehuetenango, San Pedro Necta è il primo Cru del Presidio, è frutto del lavoro di mappatura dell’area di produzione, che ha evidenziato le zone maggiormente vocate e stilato un attento disciplinare di produzione, che ne garantisce la qualità organolettica, sociale e ambientale. Questo caffè è ricavato unicamente da piante di Coffea Arabica (delle varietà Typica, Bourbon e Caturra) coltivate all'ombra di alberi ad altofusto, ad un’altezza compresa tra i 1.500 ed i 2000 metri di altezza.

Caratteristica importante della popolazione del dipartimento è la multiculturalità: vivono a Huehuetenango nove gruppi etnici differenti (Mam, Q'an'jobal, Jacalteko, Chuj, Akateko,Tectiteko, Awakateco, Kiche e ladino). L’indice di analfabetismo nel dipartimento è stimato al 53%, con maggiore incidenza nelle donne residenti in area rurale e nella popolazione indigena.La povertà unita alla discriminazione etnica, di genere e geografica, limita e ostacola l’accesso dei bambini e delle bambine alla scuola primaria, a cui si aggiunge l’impiego precoce come forza

lavoro familiare. Due debolezza sono diventata una grandeforza grazie a Pausa Cafè, una cooperativa sociale che ha sedepresso la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino,dove un gruppo di detenuti lavora il caffè di Huehuetenangosotto l’attenta guida di alcuni grandi torrefattori italiani. I produttori si sono impegnati al rispetto di un disciplinareche definisce l’area di coltivazione del caffè Huehuetenango,

le norme agronomiche, ambientali sociali ed economiche di produzione. In particolare la disciplinare prevede l’impegno al mantenimento della biodiversità, la riduzione e controllonell’uso di prodotti chimici, la conservazione delle riserve d’acqua. I bambini possono essereimpiegati nel ciclo di produzione solo se adempiono agli obblighi scolastici e l’organizzazione ha l’obbligo di diffondere l’alfabetizzazione. I bambini dei produttori associati devono aver fatto i vaccini minimi necessari e le donne devono sottoporsi a esami ginecologici una volta all’anno. Il 70% o il 75% dei profitti ricevuti dalla vendita del caffè vanno ai produttori stessi, a secondadella qualità del loro prodotto. Il 5% viene utilizzato nella realizzazione di opere sociali ed il restante 20% viene utilizzato nel mantenimento e nella promozione dell'organizzazione. Le donne produttrici, vedove o single, ricevono il 5% in più degli altri produttori.

Questa innovativa forma di alleanza tra i differenti protagonisti della filiera produttiva del caffè,consente di mantenere elevata la qualità in tazza e di migliorare la qualità sociale ed ambientaledel caffè di Huehuetenango (ovvero le condizioni di vita dei produttori). Al contempo, si creano opportunità di inserimento lavorativo per i lavoratori svantaggiati partecipanti al progetto, rendendo infine disponibile ai consumatori solidali un prodotto di eccellenza (un caffè in purezza, torrefatto con miscela 100% arabica centroamericana) ad un prezzo equo..

L

Da 100 produttori del Guatemala che lottano contro povertà, emarginazione e analfabetismo. E torrefattoin un carcere italiano

DIARIO

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| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 67 || 66 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

altrevoci| economiaefinanza |

REPORTAGE E EMOZIONEIN VIAGGIO TRALE CAPITALI

Scrive Roberto Faben,sociologo e giornalista:«andare in ogni città è come amare o scrivere un romanzo: non sai mai dovequest’avventura ti porterà».Berlino, Anversa, New York,Ostenda, Venezia, Liverpool,Amburgo, Bruges, Washington,Amsterdam, Napoli, L’Aia,Londra. Tredici cittàraccontate attraverso le atmosfere, le storie, i personaggi, i libri, le canzonie i film. Dal vuoto in costruzionedi Potsdamer Platz ai graffitidel Bronx, dai labirintiveneziani alle cantine deigiovani Beatles, dalle tracceamburghesi dell’“Angeloazzurro” alle orme di Van Gogh nel museo di Amsterdam, fino ai quartierispagnoli di Napoli, l’autore si aggira nelle città d’Europa e d’Oltreoceano per scoprirnel’immaginario, per catturarnele suggestioni e le atmosfere,per coglierne frammenti di vitee di Storia. Sospeso trareportage e narrazione, il testodi Faben si muove sulloscenario delle capitali e tra le loro contraddizioni e storie. Un emotivo itinerarioon the road di inizio secolo.

ROBERTO FABENTREDICI CITTÀManifestolibri, 2005

IL SENSO DIBENESSERE EALTRI VALORINEL VISSUTO

«Perché siamo sempre piùricchi, ma sempre meno felici?Pretendiamo sempre di più, ci circondiamo continuamentedi “cose”, di artefatti perrincorrere un benessere chenon riusciamo ad afferrare».Attraverso una serie di interviste, il testo di Paolo Inghileri, professorestraordinario di Psicologiasociale a Padova, ricerca una definizione concreta e vissuta del senso di benessere. Il testo, assuntala percezione prevalente nellasocietà odierna per la quale il benessere è legato al possesso e consumo di benimateriali, è costruitosull’indagine verso individui e comunità eterogenee chehanno compiuto delle scelteestreme rispetto al mondo dei beni materiali, dagli Elfidell’Appennino tosco-emiliano,alle famiglie di Villapizzone di Milano. Religione, famiglia,natura, ambiente e gruppisociali sono passati inrassegna per cercare di capirese il possesso materiale e la ricchezza siano di per se stessi fonte di benessere e felicità o lo diventino soloquando rispondono a desiderie bisogni reali.

PAOLO INGHILERILA “BUONA VITA”Guerini e Associati, 2003

MERCENARI E COMPAGNIE PRIVATE,PROTAGONISTI DELLEGUERRE CHE VERRANNO

Frutto di anni di ricerche sul campo, il volume di Francesco Vignarca racconta per la prima volta con larghezza di documentazione la realtà delle aziendeprivate che fanno la guerra per conto terzi.Una realtà emersa con durezza in occasionedei sequestri mirati della guerriglia irachenacontro le milizie private che hanno assoldatocontractors in tutto il mondo, Italia inclusa.Dalla ricerca di Vignarca emerge il ritrattodettagliato di un sistema che pochissimi,anche a livello politico e istituzionale,conoscono e comprendono. E che nessunocontrolla. «Se per “presenza mercenaria”intendiamo l’uso delle compagnie militariprivate per la fornitura di diversi servizi di sicurezza o di stampo bellico (protezionedi uomini ed installazioni, addestramentodelle polizie e dell’esercito iracheno, fornituradi servizi logistici e di approvvigionamentoper la Coalizione) ci troviamo di fronte ad un contingente militare “privato” che si aggira sui 30.000 uomini, secondo per numero dietro a quello degli Stati Uniti.Mentre prima delle fasi più acute dello scontro post-bellico iracheno ognunoagiva per proprio conto e seguendo un proprio contratto, sempre di più le compagnie stanno stringendo contatti e rapporti fra loro per operare con medesimistandard e con una intelligence comune. Con un percorso che davvero potrà portarealla nascita di un vero e proprio esercito di stampo privato e non legato al controllo e all’indirizzo di nessuna autorità pubblicariconosciuta e sovrana».

FRANCESCO VIGNARCAMERCENARIBur Rizzoli, 2005

UNA GUIDAALLEISTITUZIONIEUROPEE

Edizioni Missionarie pubblicain collaborazione con la Federazione OrganismiCristiani Servizio InternazionaleVolontario una guida dedicataai giovani che voglianocompiere, all'interno o al difuori di un contesto scolastico,un viaggio alla scoperta delleIstituzioni Internazionali in Europa. Uno strumentodidattico alla scoperta deiluoghi di “global governance” che permette di affrontare in un’ottica formativa e criticai temi della sovranitàalimentare e del commerciotramite il racconto di storie di vita dal Sud del mondo.Una struttura agevole rende il testo adatto a percorsi e progetti individuali di viaggio, unendo indicazioniteoriche e suggerimenti per approfondimenti a consiglipratici per giovani viaggiatori.«Se non si conoscono le strutture sovranazionali, il loro funzionamento e quindianche i loro limiti - affermanogli autori- si ha una visioneparziale del panorama storicoattuale e delle possibilità sulle quali si può contare per risolvere le controversieinternazionali ed i problemidella contemporaneità».

FOCSIVGOVERNARE GLOBALIZZAZIONEEmi, 2005

INTOCCABILIMA CONMOLTI INDIZIA SFAVORE

Centinaia di documenti sulle tracce del mistero dei potenti passati indenniattraverso pesanti accuse. Una selezione di atti giudiziariaccompagnati da brevi e preziose indicazione cheguidano la lettura. Difficileinserirsi, se si vuole andareoltre l’informazione quotidianae il proluvio di condizionali,nell’immensa mole di dati dei processi agli Intoccabili. Il volume di Marco Travaglio e Saverio Lodato guida per mano alla ricerca di una possibile chiave di lettura non strettamentegiudiziaria ma basati su attid’inchiesta. Una necessità diverificare e farsi un’opinionepropria così sintetizzata da Paolo Sylos Labini: «è l'informazione sulla veritàdei fatti che dà coraggio. Solo la verità può rendereliberi quanti oggi non voglionoessere schiavi«. Dal maxiprocesso ai casiAndreotti, Dell’Utri e Mori, alle ultime controverseinchieste su Totò Cuffaro sino alla battaglia del governoper escludere GiancarloCaselli dalla candidatura a Procuratore NazionaleAntimafia.

M.TRAVAGLIO, S. LODATOINTOCCABILIBur Rizzoli, 2005

LA DIFESADAL MALEOBBIETTIVOPRIMARIO

Nove brevi saggi di SalvatoreVeca scritti tra il 2003 e il 2004sono editi da Feltrinelli. Sono anni in cui la filosofiapolitica è stata chiamata a confrontarsi con eventidrammatici (la guerra, il diritto di intervento, l’idea di democrazia, lo statuto di verità della scienza). Ad accomunare questi grani temiè la tensione tra il piano teoricodell’analisi e le ricadute nella vitapratica. Le riflessioni di Veca si muovono tra questi due piani.Procedono nell’analisi filosofica,logica e consequenziale dei concetti in gioco, ma sono costantementeriportate alla concretezza del vivere e del convivere.Ragione e ragionevolezza devonopoter coincidere. Ne derival’adesione a un modello di dirittiumani, libertà e verità (temidiffusamente affrontati nel libro).Se l’idea di universalità di dirittiumani sviluppatasi dopola Seconda guerra mondialeincontra difficoltà, il compitodella filosofia sarà trovare il punto di equilibrio tra le diverse esigenze, fissandolonella “priorità del male”, ossianell’assumere la prospettivaminimale della protezione dalmale, come frontiera comune.

SALVATORE VECALA PRIORITÀ DEL MALEFeltrinelli, 2005

UN GAMBERO NERO PERLE RICETTE E I RACCONTICULINARI DI CHI HA PERSO LA LIBERTÀ

Un libro fotografico e un ricettario per raccontare la vita quotidiana dei detenutidi un carcere piemontese. In un universo di privazione, anche e soprattutto dei sensi,come quello carcerario, il cibo diventa un momento in cui affermare i propri gusti e il proprio saper fare. Nel quotidiano di un detenuto, la preparazione del cibo, la sua condivisione e la continua reinvenzionedi ricette diventano un modo per ricordare gli affetti, trasmettere agli altri unaconoscenza pratica, condividere una frazionedi piacere. In qualità di operatori sociali,Davide Dutto e Michele Marziani hanno trascorso più di un anno nel carcere di Fossano. Hanno varcato le porte dellesingole celle e hanno ascoltato, osservato e aiutato i detenuti intenti alla preparazionedel loro cibo. Il risultato è un ricettario“galeotto” nel quale confluiscono piatti,sapori e metodi di preparazione provenienti da tutto il mondo. Sempre più internazionaleè infatti la composizione della popolazioneoggi reclusa nelle carceri italiane.Accompagnano le cento immagini del volume, realizzate dal fotografo DavidDutto (una esperienza di guardia carcerariaalle spalle), delle didascalie che raccontanoabitudini, aneddoti e curiosità, ricordanostoria e provenienza dei personaggi ritratti in questo libro.

DAVID DUTTO, MICHELE MARZIANIIL GAMBERO NERODerive Approdi, 2005

SEGRETI DI GUERRA,TERRORISTI EINTELLIGENCE

Era dal 1991, dall’uscita di Sovranità limitata, che i fratelli giornalisti Antonio e Gianni Cipriani non firmavanoinsieme un libro. Editano ora con Sperling & Kupfer “La nuova guerra mondiale”un manuale composto di piùsezioni. La prima parte è unaguida dei termini più usati incampo bellico e rappresentatidagli avvenimenti degli ultimianni: guerra giusta, nonortodossa, psicologica,preventiva, umanitaria...Una serie infinita didefinizioni, pari solo allaquantità di nomi che si dannoalle sfumature di un colore.Ma se è determinante lascelta del nome come azionedi marketing per “vendere”all'opinione pubblica lanecessità di una guerra, restairrilevante per le vittimesapere se si tratti di “fuocoamico” o nemico. “La nuovaguerra mondiale” affrontaanche la catalogazionedell’arcipelago delle maggioriorganizzazioni dell’estremismoislamico, presentandoinformazioni inedite chericostruiscono uno scenarionon semplice da dipanare.Chiudono il libro i “profili” di alcuni servizi segreti.

ANTONIO E GIANNI CIPRIANILA NUOVA GUERRA MONDIALESperling & Kupfer, 2005

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| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 69 || 68 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

| altrevoci | narrativa | | altrevoci | fotografia |

IL MISTERODELLA SALAD’AMBRASCOMPARSA

Catherine Scott-Clark e AdrianLevya, giornalisti investigativi,lavorano per il Sunday Times e il Guardian Weekend, per la BBC, Channel 4 e HistoryChannel. Sono autori del“Mistero della sala d’ambra”premiato dal Sunday Timescome libro dell’anno e per il quale hanno ricevuto trenominations al British PressAwards. La storia della “salad’ambra” ha inizio nel 1717quando Federico Guglielmo di Prussia donò allo zar Pietroil Grande sei tonnellate di preziosa ambra. La sala di cinquantadue metri quadratinel Palazzo di Caterina a Leningrado, ricoperta di pannelli d’ambra finementelavorati è ritenuta oggi tra legrandi meraviglie del mondo.All’esercito tedesco che aveval’ordine di trafugare l’ambraverso la Germania sipresentarono solo le armaturedella sala. L’ambra erascomparsa. In una indaginecondotta nel mondo dellospionaggio e negli archivi diSan Pietroburgo e di Berlinofra diari e lettere maiclassificati, gli autori hannocercato una soluzione almistero dell’ambra trafugata.

C. SCOTT-CLARK, A. LEVYIL MISTERO DELLA SALAD’AMBRACorbaccio, 2005

IL LAMENTOTRISTE DI UNSUONATOREDI TAR

In Italia i suoi raccontidisegnati sono pubblicati da L’internazionale. MarjaneSatrapi, nata a Rasht, in Irannel 1969, deve la sua famaeuropea alla saga di“Persepolis”. Pollo alle prugneè il romanzo della maturità, la storia a fumetti struggentedi un grande suonatore di tardecide di lasciarsi moriredopo che la moglie, per dispetto, gli ha rotto il suo prezioso strumento.Dietro agli ultimi giornidell’uomo, appaiono - in flashback, digressioni ed ellissi - i tratti di un amore infelice e di una società scomparsa,tormentata tra modernità e tradizione. La perdita delleillusioni e la disperazione dei progressisti, le meditazionidel musicista sulla memoria e sul piacere, e l’atmosferanostalgica: un libro per capirele tensioni del presente ma anche immergersi in un passato che non torneràmai più. Attualmente MarjaneSatrapi vive a Parigi. Le sue strisce e illustrazionicompaiono regolarmente su quotidiani e riviste ed è autrice di numerosi libriper ragazzi.

MARJANE SATRAPIPOLLO ALLE PRUGNESperling & Kupfer, 2005

GLI USAMENTRE SIPREPARAVALA GUERRA

Anthony Suau è un fotografostatunitense che da anni vive a Parigi. In Italia è rappresentato dall’agenziaGrazia Neri. Nel 1984 ha vintoil Premio Pulitzer per unservizio sulla carestia inEtiopia e nel 1996 la RobertCapa Gold Medal per i servizisulla guerra in Cecenia. Nel 1999 ha realizzato lamostra e il volume “Beyondthe wall” (Oltre il muro) fruttodi dieci anni di immaginirealizzate nell’Est europeodopo la caduta del Muro diBerlino. “Fear This” raccogliele immagini realizzate da Suaunell’arco temporale che va dal marzo al maggio 2003 nel periodo in cui il conflittocon l’Iraq si è trasformato da guerra minacciata a guerrareale. Le immagini sonointrodotte dal giornalistapremio Pulitzer Chris Hedges,autore del saggio “la guerra è una forza che ci conferiscesignificato” e sonoraggruppate in tre areetematiche e iconografiche (la strada, la politica, la guerra).Il volume è dedicato allefamiglie dei giovani militaristatunitensi caduti durantel’occupazione dell'Iraq.

ANTHONY SUAUFEAR THISAperture Foundation, 2004

REGOLE D’AMOREBASATE SULLE EMOZIONINELLA NUOVA RACCOLTADI WILLIAM TREVOR

Protagoniste di questa serie di racconti,ambientati nella provincia irlandese, sono quasi sempre delle donne, disposte a sbarazzarsi del carico inutile di gestiimposti dai ruoli sociali o dal pudore, pronte a riconoscere, in nome delle lororegole, le pulsioni segrete, gli istinti oscuri e inconfessabili dell’essere. Dopo “Gliscapoli delle colline” che lo ha presentato al pubblico italiano, Trevor torna in libreriacon una serie di racconti in cui evidenzia lo spessore umano dei suoi protagonisti e il desiderio di creare un codice di regolenon ortodosso ma emotivo e ingiudicabile.Emily, vedova da poche ore, decide di usciredal silenzio e racconta per la prima volta a due sconosciute la storia del suo matrimonioinfelice; per amore, Nuala decide disacrificare il suo istinto di madre e proponeun baratto all’amica che teme di esseresterile; Cheryl accetta di sedere a un bar conil marito da cui si è separata e di assistere,ancora una volta, ai suoi deliri omicidi perpoi riscoprire l’ambigua compassione che un tempo l’aveva spinta a sposare quell’uomo,al di là del buonsenso e della prudenza. E una strana forma di amore per gliadolescenti, vittime del moralismo e dell’ipocrisia imperanti in un prestigiosocollegio, suggerisce a una matura camerieradalla bellezza leggendaria di sabotare la ferrea organizzazione dell’istituto.

WILLIAM TREVORREGOLE D’AMOREGuanda, 2005

REPORTAGEFOTOGRAFICOSULLE ATTESEDEI MIGRANTI

Edito nella collana Documentidella Fandango Libri,“Frontiera Sud” è un fotoreportagesull’immigrazione realizzato in un percorso tra Spagna e Marocco che, a partire daMadrid, ha toccato le localitàdi Almeria, Tarifa, Algeciras,Ceuta, Tangeri, Larache,Rabat. Il viaggio compiuto è un percorso a ritroso, che nelle intenzioni degliautori ha il senso di unaraccolta paziente di piccoliframmenti significativi, di “documenti umani”, per dirla con una vecchiaespressione. Le tappeprescelte nell'itinerario si prestano infatti a unarappresentazione complessa e unitaria del periplo migratorioe delle politiche che lo ostacolano. Le immaginifotografiche intendonorompere con un certo cliché di rappresentazionedell’immigrato e della sua condizione cercando di restituire non soltanto lo smarrimento dell’esule e la concitazione del transfugo,ma anche la dimensionedell’attesa e della sospensionedelle vite dei migranti. .S. SIMONCINI, G. CERAUDOFRONTIERA SUDFandangoLibri, 2004

NELLE MONTAGNE DELLANEUTRALE SVIZZERA I BUNKER MILITARI E LA PAURA DEL NEMICO

Nella neutrale Confederazione Elvetica le manovre militari e l’addestramento dellapopolazione sono sempre stati un fenomenocaratteristico. La Svizzera è ancora oggi una nazione neutrale che difende con forza la sua capacità militare di difesa dei confini, in un territorio naturalmente ricco di insidie e zone difficilmente raggiungibili. Il lavoro di Leo Fabrizio, ospitato in numerose mostre in Europa, è incentrato sull’iconografia dei bunkerelvetici. Il fotografo, con un attento lavoro di ricerca e di separazione anche cromatica delcorpo del bunker (la cui caratteristica dovrebbeessere proprio l’indistinguibilità dal paesaggiocircostante) ha compiuto un rilevante lavorostorico e fotografico. Fotografo diplomato alla Scuola d’arte di Losanna, ha lavorato per tre anni sul tema ricercando nelle zonemontagnose i bunker retaggio delle fortificazionicreate a partire dal 1914 nel timore di unainvasione straniera. «Quello che più mi ha colpitoiniziando la ricerca dei bunkers è stata la formarudimentale in rapporto alla sontuosità del paesaggio circostante». Proseguendo il lavoro di ricerca, il fotografo si è imbattutoanche in strutture ormai chiuse da tempo con l’apparenza esteriore di aziende agricole o di chalet privati. Il progetto di Leo Fabrizio ha in seguito ricevuto un contributo Federale per le Arti ed ha così potuto svilupparsi e tradursiin un libro e una mostra.

LEO FABRIZIOBUNKERSInfolio, 2004

SCOPRIRENEL PADREUNA SPIADEL REGIME

«È stata la lingua a provvedermi di serietà e di acume. È lei che mi aiuta,finora mi è sempre venuta in aiuto. Parlo della linguacome se parlassi di mia madre,infatti penso a lei nello stessomodo, con lo stesso trasporto.Mia madre mi fa venire inmente mio padre, ed ecco che ho già le lacrime agli occhi.Preferisco dire così, anzichédire che piango». Ultimata la stesura di “HarmoniaCælestis” lo scrittore PéterEsterházy chiede di poteraccedere a documenti segretiper sapere se, tra gli annisessanta e ottanta, i servizi ungheresi l’abbianomai sorvegliato. Consbalordimento trova quattrofitti dossier scritti da suopadre, eroe di HarmoniaCælestis, tra il 1957 e il 1980, con notizie su figuredell’aristocrazia ungherese e commenti di alcuni dirigentidei servizi segreti sul lavorod’informatore svolto dalpadre. “L’edizione corretta” è un diario, in cui l’autore-figlio commenta brani trattidai dossier con il suo stupore,l’amore per il padre e il sensodi delusione e di odio per lascoperta del suo ruolo di spia.

PÉTER ESTERHAZIL’EDIZIONE CORRETTAFeltrinelli, 2005

QUATTORDICIANNI DIIMMAGINI DALMARE ALTO

«Se sulla terra fermal’agricoltura e l’allevamentohanno rimpiazzato la caccia,in mare aperto la pescad’altura ancora sopravvive,con i suoi rituali e i suoiprotagonisti». Alla ricerca degli ultimi equipaggi chesolcano il mare e affrontano le tempeste, Jean Gaumy,fotografo dell’agenziaMagnum, per 14 anni si è imbarcato su peschereccid’alto mare condividendo per mesi interi la vitaquotidiana e le difficoltà dei marinai pescatori. Gaumyè un fotografo professionistadi Parigi. Dal 1977 è membrodi Magnum Photos. Jean Gamyha realizzato molti reportage,in Europa, in Asia, in Africa ein Centro America; ha seguitola guerra in Iran e nell’AmericaLatina e i cambiamenti delmondo rurale francese. MareAperto è il suo primo libropubblicato in Italia. All’attivitàdi fotografo ha affiancato neglianni anche la realizzazione dicorti e mediometraggi. Il libro raccoglie 120 immaginie un diario della sua personaleesperienza sui pescherecci, tra le difficoltà del mare e il particolare rapporto che lo lega al popolo dei pescatori.LA RICERCA JEAN GAMYMARE APERTOContrasto, 2002

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bertinoro

RACCONTI DACHERNOBYLDOPO LACATASTROFE

Il 26 aprile 1986 un reattoredella centrale atomica di Chernobyl in Ucraina,esplose durante una prova di sicurezza. La comunitàinternazionale seppedell’incidente solo quando i paesi del Nord Europarilevarono un improvvisoaumento del tasso diradioattività. Oltre quattromilapersone impegnate nelleoperazioni di soccorso e dispegnimento del nocciolo delreattore nucleare erano statea quel punto contaminate. Gli abitanti della circostantecittadina di Prypiat venneroevacuati, senza che venissefornita loro alcunainformazione ufficiale. La consegna del silenzio vennemantenuta anche quandomorirono i primi soccorritori,colpiti da ondate di radiazioniintollerabili per l’organismo. A quasi venti anni di distanzadall’incidente, la comunitàscientifica e politica si trovanoa discutere delle conseguenzedell’incidente, con costantipressioni minimizzatrici peruna catastrofe che pochidocumentari hanno saputoraccontare a quanti sono natidopo il più terribile incidentenucleare della storia moderna.

WLADIMIR TCHERTKOFFLA TRAPPOLA ATOMICAEmi, 2005

IL CAFFÈDALLAPRODUZIONEAL CONSUMO

“Dal chicco alla tazzina…evitando la borsa di New York”recita la presentazione delnuovo progetto della collanaEmi, un libro e un Dvd per raccontare la catena di produzione di uno deiprodotti maggiormente diffusie presenti nella nostra vitaquotidiana: il caffè.Apprezzato ora in tutto il mondo, il caffè è diventato in tempi brevi un’importantemateria prima, la secondadopo il petrolio. Ma come si profila lo scenario della suagigantesca economiaproduttiva? Quali sono i problemi che investono i 125 milioni di sconosciutilavoratori del suo sistemaproduttivo? Questo piccololibro racconta la grande storiadel caffè, da chi è coltivato, aquali condizioni, e le nuovestrade che percorre pergiungere fino a noi attraversoil Commercio equo e solidale,che restituisce dignità al lavoro di tutti coloro che loproducono. Allegato al volumeun documentario firmato daGiovanna Sganzini e GianniBeretta (autore di numerosireportage per la TelevisioneSvizzera Italiana) sullacoltivazione in Guatemala.

TATJANA BASSANESEIL CAFFÈEmi, 2005

UN DOCUMENTARIO E UNLIBRO PER RICORDAREGIAN MARIA VOLONTÉ E IL SUO IMPEGNO

Gian Maria Volonté morì girando il suo ultimoruolo sul set del film “Lo sguardo di Ulisse” di Theo Angelopoulos. Osteggiato dai produttorinegli ultimi anni della sua carriera, Volontè è un attore simbolo, reso celebre dalla qualitàdalle interpretazioni e dal rigore delle scelteartistiche e politiche realizzate nella sua carriera.Nel 1970 “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” da lui interpretato e diretto da Elio Petri viene premiato con l’Oscar comemiglior film straniero, a Volonté per la stessainterpretazione viene assegnato il Nastrod’argento. A dieci anni dalla morte, resta il simbolo di una stagione del nostro cinema che ha legato l’arte all’impegno. Scontroso,lontano dal mondo dello show business, Volonté è stato un artista del tutto particolare,profondamente calato nel ruolo dei personaggi,nel bene e nel male, e convinto che praticarel’arte e trasformare il mondo siano cosecollegate. Dagli spaghetti-western di SergioLeone al grande cinema sociale con Elio Preti e Francesco Rosi fino all’immedesimazionescenica con Aldo Moro e con gli eroi di LeonardoSciascia: un attore che ha raccontato la rabbia e il dramma di un’Italia in trasformazione in cui tanti spettatori si sono identificati. Il documentario di Ferruccio Marotti edito dalla Bur- senzafiltro presenta spezzoni tratti dal cinema di Volonté, le testimonianze di registi, sceneggiatori, produttori e amici. Il volume ne ricostruisce la parabola artistica.

AA. VVUN ATTORE CONTROBur Rizzoli, 2005

IL CINEMA DIPROPAGANDAIN TRE FILMANNI TRENTA

In vendita sul sito dell’IstitutoLuce, “Cinema di propaganda”raccoglie in dvd tre esempiemblematici del cinemapolitico degli anni Trenta, tre pellicole prodotte per sensibilizzare i popoliamericano, russo ed italianosui temi cruciali per i destinidei loro paesi e perindirizzarne il consenso verso i regimi e governi nazionali.“Why we fight”, statunitense,viene commissionato insiemead altri sei filmati di propaganda dopo l’attacco a Pearl Harbour. Diretti da Capra,costituiscono un prezioso documento per la comprensione dei valorie dei principi ai quali si richiamano tutt’ora gli StatiUniti d’America. Sul frontesovietico, invece vienepresentato “Tre canti suLenin”. Girato nelle citta’,nelle campagne,senza attori e scenografia ed utilizzandouno stile di montaggio cheancora oggi fa scuola nel mondo,Dziga Vertov dipinge unritratto dello statista sovieticooriginale ed inedito. “Camicianera” è invece l’esempioitaliano più significativo della propaganda fascista.

AA.VVIL CINEMA DI PROPAGANDAIstituto Luce, 2005

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radio popolare

NETWORKETICO ININTERNET PERINFORMARE

Nato dall’esperienza della LiberaUniversità di Alcatraz creata da Jacopo Fo e dal progettoeditoriale di Cacao, il sito“Network etico” raccoglie in ununico portale l’accesso a progettie operatori del mondo etico esolidale oltre a fornire aggiornatielementi di informazioneautoprodotta. In internet è presente dal 2000, dopo pocoè arrivata la versione satellitarecon Atlantide.tv, nata inoccasione della mancataprogrammazione di unospettacolo di Dario Fo già messoin scaletta dall’azienda pubblica e bloccato per veti politici. Un moderno progettomultimediale complessivo che si aggiorna con lo sviluppo della tecnologia (è stato tra i primi a realizzare contenuti in “podcasting”). Il progetto“linkamici” prevede la realizzazione di un grandedatabase per la raccolta del maggior numero possibile di informazioni relative ad organizzazioni, centri, società,associazioni, operatori e professionisti che operano nel “mondo alternativo” intesonella sua accezione più vasta. Il progetto si rivolge alle realtàche vogliono “un modo pulito e dolce di informare, produrre,lavorare e vivere”.

WWW.NETWORKETICO.IT

SVILUPPOSOSTENIBILEE DIRITTI INUNIMONDO

Unimondo è un progettoculturale per unacomunicazione globale e duratura sui temi dellosviluppo umano sostenibile,dei diritti umani e dell'ambiente. La suamissione è quella di diffondereun’informazione qualificata e pluralista su diritti umani,democrazia, pace, svilupposostenibile e difesa delterritorio. Unimondo è nata il 10 dicembre 1998 e nel 2001è diventata un’associazionenon profit indipendentericonosciuta Unimondo offrealle organizzazioni nongovernative e alle associazionidel terzo settore e delvolontariato che operano in Italia, una nuova modalitàper comunicare con fascenuove di pubblico: ad oggi,Unimondo conta più di 300partner in Italia. Unimondo è il nodo italiano del networkinternazionale OneWorld, natoa Londra nel 1995, che contaoggi 11 centri nel mondo. Il sito offre approfondimenti e articoli, con una sezione di archivio, oltre allesegnalazioni di appuntamentie dibattiti sul tema dei dirittiumani e dello svilupposostenibile.

WWW.UNIMONDO.ORG

IL SECOLODELLA RETEIN UN SITO EUNA RIVISTA

La replica dei monopolisti è ormai prevedibile. Il softwarefree, sostengono, non offregaranzie in merito ai costi di effettivo utilizzo e formazionee all'assistenza tecnica. I prodotti “griffati” secondo le grandi corporation hannoun costo proprio perchè pensatiin funzione di un utilizzo senzagrosse difficoltà da partedell’utente finale, sopratuttoquello business. Una resistenzache appare destinata a perderesostanza. Lo sviluppo delsoftware libero è ormai partedella storia dell’informatica e anche i supporti, elettronicie cartacei, destinati a spiegarnel’utilizzo sono ampiamentediffusi. “Il secolo della Rete” è un sito, nato anche per sostenere un progettoeditoriale autoprodotto di prossima realizzazione,pensato per analizzare e sostenere “pratiche diffusedi libera produzione,distribuzione e fruizione di conoscenza, diffondendo e consolidando l’esperienzapratica del free knowledge”.Tra le tematiche maggiormentedibattute quella sulla proprietà intellettuale e lo sfruttamento informatico.

WWW.ILSECOLODELLARETE.IT

NESSUNO.TV,L’INFORMAZIONECONTRO LA CENSURASCARICABILE ONLINE

Esiste la censura in Italia? La domanda si ripropone insistentemente da alcuni anni,non appena il livello di guardia si alza per la bocciatura di una trasmissione televisiva o l’ostracismo e l’allontanamento di unconduttore o di un giornalista. In questi,clamorosi casi, scattano divieti politici (la richiesta dell’attuale Presidente del Consiglio di non permettere l’apparizionein video di Enzo Biagi, Michele Santoro o Daniele Luzzati, colpevole quest’ultimo di essersi chiesto - verbali e documenti allamano - quali fossero i legami tra l’entouragedel Presidente del Consiglio e la criminalitàorganizzata) oppure una ancor più insidiosaforma di autocensura da parte dei timorosidirigenti pubblici e privati. In Rete sonoiniziate così a circolare più proposte relativealla possibilità di creazione e circolazione di forme alternative di documentazione e inchiesta. Nessuno.tv si presenta «natadall’incontro e dall’impegno di un gruppo di piccoli imprenditori che, stanchi della banalità proposta dalla maggioranza dei mezzi di comunicazione, ha voluto credereche un’altra comunicazione fosse possibile». Il target è quello dei 25-40enni «che crediamo voglia anche interpretare un ruolo attivo nella società proponendosicome motore del cambiamento». Presente in internet e diffusa gratuitamente sulsatellite (anche nel bouquet Sky), Nessunosi avvale della collaborazione di giovanireporter e di affermati giornalisti d’inchiesta.

WWW.NESSUNO.TV

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stilidivitaCINQUANTADOLLARI PERRACCONTARE UN MARCHIO

L’idea dell’agenzia pubblicitariaCobrandit potrebbe svilupparenuovi mercati nel settore della fidelizzazione dei clienti.L’idea è molto semplice ed ha subito raccolto l’interesse di“guerrigliamarketing”, l’agenziaitaliana più sensibile alle nuoveforme di promozione. Cobranditpromette cinquanta dollari a chiunque invii un brevefilmato domestico incentrato su prodotti dei “brands” (marchi)rappresentati dall’agenzia. In un mercato saturo ormai di messaggi pubblicitari di ognisorta, più o meno intelligenti,più o meno ironici, più o menoprovocatori, è essenziale peruna agenzia entrare in relazionecon i clienti che davveroconoscono, oltre il messaggiopubblicitario, un prodotto e che ne definiscono, comeutenti, il significato. Secondo i suoi ideatori il progettorappresenta un passo avantinella sollecitazione di contenutigenerati dai consumatori e creale premesse per quella chepotrebbe essere chiamatapubblicità documentaristicaopen-source. Secondo“guerrigliamarketing”l’operazione promossa da Cobrandit «è un importanteribaltamento filosofico del rapporto tra marchio e consumo destinato ad aprire nuovi scenari».

LA RICERCA DEL PROFESSORVERONESI E GLI AFFARI

La Genextra è una holding che investe in start up in ambito farmacogenomico e biotecnologico. Genextra ha come oggetto sociale“l’assunzione la cessione di partecipazioni in società e la consulenza nell’ambito dellebiotecnologie per la produzione e commercializzazione di prodotti e servizi nel settoremedesimo”; la società “potràassumere partecipazioni in Italiao all’estero”. A raccontare il legame tra Genextra e l’ex ministro della Sanità e luminare della lotta contro i tumori Umberto Veronesi è l’accurato sito “greenplanet.net”che sottolinea la delicataposizione del professor Umberto,socio di una azienda che dovrebbe essere quotata in Borsa nel 2006 e ricercatore.Una delle prime scommessa di Genextra è la proteina P66, i cui legami con la durata della vita dei mammiferi sono da tempo oggetto di studidall’Istituto oncologico europeoguidato da Veronesi: si vorrebbearrivare entro qualche anno a commercializzare un farmacoanti-aging in grado di rallentare i danni dell’età. L’operazione è stata sostenuta dal finanziereFrancesco Micheli, che detienecirca un terzo del capitale e raggruppa il gothadell’imprenditoria italiana.

DALLA PERUGIA-ASSISIPER INFORMARESUL MONDO

Alla vigilia della marcia Perugia-Assisi, un evento in grado di richiamare oltre duecentomilapersone, un dibattito sullepossibilità di informare in Italiasenza fare propaganda. Il sistema dell’informazionetelevisiva pubblica italiana,secondo il segretario nazionaledell’Usigrai Roberto Natale «non deve portare alla militanza, ma semplicemente esserci.Possibile che non esistano eventicapaci di sconvolgere i palinsesti? Essere tra la gente,esserci con le strutture. Ecco perché ancora oso sognareuna sede di corrispondenza Rai dall’Africa subsahariana». La denuncia, in molti lo hannodetto, non basta più. Le proposte che sono seguite hanno avutouno spirito operativo. RobertoMorrione, direttore di Rai News24, coglie l’occasione perdenunciare l’obsoleta settorialitàdel lavoro giornalistico in Rai e della scarsa valorizzazione del primo canale “all news”italiano, nella descrizione della realtà globale. Problemi strutturali, ma anche di contenuto. Secondo LauraBoldrini, portavoce dell’AgenziaOnu per i rifugiati, occorre infatti«una comunicazione che parli di pace partendo da tutto ciòche si può raccontare dal Suddel mondo. Non solo guerra.Vite, storie, impegni, sogni di cui quasi nessuno si occupa».

BIG DELL’INFORMATICACONCEDONO LOSFRUTTAMENTO DI BREVETTIALL’OPEN SOURCE

Computer Associates ha offerto agli sviluppatori open source l’accesso a quattordici suoi brevetti registrati negli Stati Uniti. In precedenza anche IBM avevaaperto alcuni brevetti allo sfruttamento libero.L’azienda ha anche annunciato un accordo di cross-licensing con Big Blue che porterà le due aziende a scambiarsi diritti di licenza e tecnologie. I quattordici brevetti aperti da Computer Associates riguardano tecnologiee applicazioni nel campo dello sviluppo software,dell’analisi dei dati, della gestione dei sistemi,della sicurezza di rete, della businessintelligence, del modeling e dello storage. Ibm aveva concesso la libera sfruttabilità di oltre cinquecento brevetti, un terzo rispettoal numero di brevetti aperto da Sun. Computer Associates non ha escluso, in futuro, la possibilità di mettere a disposizionedella comunità open source altri patent.«Siamo fortemente impegnati nel promuoverel’innovazione attraverso l’open source e gli standard aperti, e continueremo a rafforzare la nostra posizione in questosegmento come fornitori leader di soluzioni per il management e la sicurezza», ha affermatoMark Barrenechea, executive vice president of technology strategy and chief technologyarchitect di Computer Associates citata dal bene informato sito italiano “PuntoInformatico”. Computer Associatesha anchecolto l’occasione per dirsi “pienamentefavorevole” all'iniziativa lanciata di recentedall'OSDL con il nome di Open SourceDevelopment Labs Patent Commons, che ha lo scopo di creare un unico depositoper tutte quelle licenze e brevetti di cui è statogarantito il libero accesso alla comunità open source. Anche Novell, Nokia e Red Hat hanno seguito l’esempio di Ibm, Sun e Computer Associates.

LA SEC ORDINA A IMMUCOR DI FORNIRE I DOCUMENTI

La società fornitrice di apparecchiature per ospedaliImmucor con sede ad Atlanta, in Georgia, ha annunciato il 26 agosto che la Securities and Exchange Commission (SEC),la Commissione di controllo sullaBorsa statunitense, ha ordinatoformalmente alla compagnia la consegna di documenti e testimonianze relative ad alcuni pagamenti effettuatidalla sua filiale italiana, in meritoai quali esiste il sospetto che siano legati ad episodi di corruzione. La pratica di versarecompensi professionali non megliodefiniti ad intermediari e dirigenti delle strutture ospedaliere è molto diffusa nel settore delle apparecchiature medicali esi unisce ad una serie di “sponsorizzazioni” e benefitconcessi da aziende del settorefarmaceutico per sostenerel’utilizzo di farmaci o apparecchiature medicali. Sulla vicenda in Italia è aperta da mesi un’inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Milano, che vede tra gli indagatil’ex ministro della Salute ed ex primario del Policlinico di Milano, Girolamo Sirchia, in merito a pagamenti effettuatisu conti in Svizzera e dei quali era stata rinvenuta provadocumentale. Immucor, che ha condotto un’indagineinterna sulla vicenda, ha garantitoche collaborerà con la SEC.

PRODUTTORI DI LATTE INPOLVERE SOTTOINCHIESTA

La Procura della Repubblica diTorino ha indagato i responsabilidi otto produttori di latteartificiale per neonati per i prezzitroppo alti dei prodotti: anchel’80% in più rispetto al restodell’Europa. Una situazione che è andata avanti fino al febbraioscorso secondo l’indagineavviata un anno fa dalprocuratore Raffaele Guariniello,nonostante le aziende avesseropromesso un taglio dei prezzi.Già nel 2000 l’Antitrust avevasanzionato sei produttori di sostituti del latte materno(Nestlé, Plada, Humana,Nutricia, Milupa, Abbott) per averformato un cartello restrittivodella concorrenza, mantenendotroppo alti i prezzi, limitando la vendita dei prodotti allefarmacie e “spartendosi” conuna rotazione su base mensile ipediatri e gli ospedali fornendocampioni gratuiti di latte inpolvere. Nel 2004 semprel’Antitrust ha avviato unaseconda istruttoria sullaquestione dei prezzi, questa voltaa carico di 12 aziende delsettore. In base al documento il latte in polvere in Italia venivavenduto anche a 40 euro al chilocontro i livelli molto più bassidegli altri Paesi europei. La storia della “banda del latte”è raccontata nel volume “Io boicotto Nestlé” in libreria e nelle “Botteghe del mondo”.

WI-FI LIBERO A RISCHIO CONLE NUOVE NORME ITALIANESULL’IDENTIFICAZIONE DEI COLLEGAMENTI

Le nuove norme che entreranno in vigore in Italia potrebbero portare a una drasticariduzione dei punti hot spot per il collegamentointernet senza cavi in modalità wi-fi. Il decreto del governo è stato presentato dopo gli attentati di Londra sulla base del suppostopericolo rappresentato dalla libertà delletelecomunicazioni e dei collegamenti internetattraverso le “telefonie” utilizzate perlopiùdagli stranieri per comunicare con le famiglied’origine. I collegamenti hot-spot presenti a pagamento negli aeroporti e gratuitamentein alcuni Hotel e lounge bar potrebbero esseresospesi perchè il decreto prevedel’identificabilità di ogni collegamento. Si dovrebbe in pratica poter collegare ognirichiesta di collegamento alla persona fisicache lo ha richiesto per successive necessitàdi indagine. Evidenti i pericoli che questocomporta per la privacy e la libertà personalepresente e futura. I problemi che si presentanosono legati sia al costo dell’operazione di identificazione del collegamento sia agli effetti che questo avrebbe nello sviluppodei collegamenti wireless al di fuori dell’utilizzodomestico. Una delle chiavi di superamentodel “digital divide” è basata proprio, per i piccoli Comuni non raggiungibili dall’Adsl,sul sistema di hot-spot interlacciati che rimandando il segnale a catena possonoraggiungere aree non coperte dall’Adsl. La necessità di una certificazione di ogniutente del traffico implicherebbe dei costi di gestione che renderebbero impraticabile in partenza l’operazione.

PASTAFARIANIPER IL DIRITTOAD OGNI CREDOCREAZIONISTA

739 mila voci che si moltiplicanoa vista d’occhio e oltre 130 le pagine in italiano. Il tutto per una teoria secondo cuil’evoluzione umana deriverebbedagli spaghetti. Il “FlyingSpaghetti Monster” è il primoanello che ha originato la vita,sostengono i “Pastafariani”.Ideata come provocazionecontro la decisione in Kansas di insegnare il creazionismo a scapito dell’evoluzionismo, è diventata un caso raccogliendopresto intorno a sé e nella Rete il vasto movimento d’opinioneche critica l’entrata nelle scuolestatunitensi delle teoriecreazioniste, che a fianco dellaspiegazione scientifica avvallanole possibili teorie che rimandanoad un intervento divino. La risposta ironica è in realtàlegata alla disputa sulla naturalaica dell’insegnamento. Se una particolare teoriacreazionista o religiosa puòessere inserita nei piani di studio, allora anche il “Flying Spaghetti Monster”deve avere pari dignità ed esserecontemplato tra i possibilicreatori. Il suo “scopritore” si chiama Henderson, è laureatoin fisica ed ha lanciato la sua provocazione dopo che il Kansas aveva stabilito che si dovesse concedere neicorsi di biologia lo stesso tempoalle teorie darwiniane e a quelle creazioniste.

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123INDICE DI SVILUPPO UMANO illustra esattamente il diva-rio dell'Africa rispetto al resto del mondo: tra i pri-mi 100 Paesi della graduatoria solo quattro sono

africani - Seychelles, Libia, Mauritius e Tunisia (51, 58, 65 e 89 lerispettive posizioni) - per un totale di meno di 17 milioni di abi-tanti su una popolazione continentale di circa 850 milioni. Dei ri-manenti 50 stati, 24 occupano le ultime posizioni, da 154 a 177.Permanendo le attuali condizioni, l’Africa sarà l’unico continentea non realizzare neanche uno degli obiettivi posti dalle NazioniUnite: inaspettatamente hanno perso terreno persino paesi comeil Sud Africa e il Botswana, benchè dotati di discrete istituzioni po-litiche e avvantaggiati dall’assenzadi gravi conflitti interni. In Botswa-na, grazie ai costanti investimentinel settore sanitario, si prevedevache tra il 2000 e il 2005 la speranzadi vita alla nascita avrebbe raggiuntoe oltrepassato i 69 anni (era di 52,3anni nel 1994), ma l’Aids l’ha fattaprecipitare a 41 anni; e in Zambia èscesa a 30 anni, meno di quanto po-tessero sperare di vivere i cittadinibritannici nel 1840.

Con le sovvenzioni che i paesi ricchi versano ai loro agricol-tori, questi godono di un quasi monopolio sul mercato mondialedelle esportazioni agricole, mentre i paesi in via di sviluppo per-dono circa 24 miliardi di dollari ogni anno a causa di questo pro-tezionismo agricolo e sovvenzioni. Per esempio, il meccanismodelle sovvenzioni si traduce in mancati guadagni per altri paesicome il Brasile, che perde ogni anno 494 milioni di dollari, o perl’Africa del Sud che ne perde 151. Le esportazioni agricole dei pae-si africani continuano a declinare.

Anche a livello generale il rapporto dell’UNDP mette in evi-denza che le diversità sono sempre più abissali. Se infatti è vero

che dal 1990 oltre 130 milioni dipersone sono uscite dalla povertàestrema, in 18 Paesi la situazione èpeggiorata e 10 milioni di bambinimuoiono ogni anno per cause evita-bili. Con l’andamento attuale, nel2015 ci saranno ancora 827 milionidi persone in stato di povertà estre-ma mentre le 500 persone più ric-che al mondo hanno un reddito to-tale superiore a quello dei 416milioni più poveri. .

numeriPer 416 milioni di poveriil reddito dei 500 più ricchi

I PERDENTI DELLA GLOBALIZZAZIONE VALORE DELLA PRODUZIONE AGRICOLA AFRICANA

Font

e: W

TO

60 70 80 90 98 00

200

150

100

50

0

Indice (1990=100)

48 53 63 73 93 03

4

3

2

1

0

MondoAfrica

Esportazione in mld di dollari Per un medesimo quantitativo di prodotto, perdonopotere d’acquisto le produzioni agricole africane

MENO DI UN DOLLARO AL GIORNO

Cina 377 173 2 46Asia dell’Est 378 174 2 46India 351 327 85 197Asia merid. 448 404 102 274Asia Sud-Est 94 40 4 23Asia Centrale 1 4 0 3Totale 922 621 108 347

PAESE O AREA 1990 2003 SCENARIO 2015 POSITIVO NEGATIVO

Font

e: A

sia D

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L’

POPOLAZIONE CHE DISPONE DI MENO DI 1 DOLLARO PER VIVERE

Font

e: B

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Mon

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e

In %, periodo 1984-2002

più del 50%dal 20% al 49,9%dal 10% al 19,9%

dal 5% al 9,9%meno del 5%dati non disponibili

| stilidivita | informazionedisinformazione |

| 76 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

MOTORI DIRICERCA INCINA CONTROCYBERNAUTI

La notizia ha fatto rapidamenteil giro del mondo. Trattandosidella Cina, partner commercialeormai imprescindibile, non si può scommettere sul fattoche la circolazione della notiziaporti a qualche conseguenzaper le vittime. “Reporter sansfrontières” (Rsf) ha accusato il motore di ricerca Yahoo di fornire informazioni chehanno permesso alle autoritàcinesi di imprigionare Shi Tao,un giornalista che lavorava per un quotidiano di notizieeconomiche, fornendo il suoindirizzo e-mail e permettendocosì alle autorità di risalire al suo computer. Il cane da guardia dei media haaccusato il gigante americanodell’informatica di esserediventato un vero e proprioinformatore della polizia per favorire le sue ambizionicommerciali nel paese. Shi Taoè stato condannato a dieci annidi prigione per aver permessoal sito web di ‘Rsf’ di pubblicareuna traduzione di un messaggio“interno” del Partito Comunistacinese, la comunicazioneavvertiva dei rischi che a livellosociale avrebbero comportatodegli arresti durantel’anniversario della strage diPiazza Tienanmen. L’accordotra il governo cinese e i motoridi ricerca occidentali implicache vi siano censure e controllisulle comunicazioni online.

UNA RETEMORALISTACHE CENSURAA SUA SCELTA

Anche la Apple Computer puntasulla famiglia media americanadove il peccato, “Twin Peaks”insegna, se non combattuto vasicuramente celato. Così, in unostrano connubio tra tecnologiae moralismo, il monopolistadella musica digitale rafforzanella nuova versione del playeriTunes e del Music Store le censure sulla musica ritenutanon adatta ai minori. Apple, pur rimarcando il suo “thinkdifferent” strizza ovviamentel’occhio al grande mercatoconsumer e dell’entertainmentfamiliare dove Internet, ancoraoggi, può essere recepito comeun pericolo per gli adolescenti.Il trend censorio sembradestinato a crescere e ne è stato vittima recentementeanche il premio Nobel GabrielGarcia Marquez (nella foto) cheha subito la censura della Reteper l’edizione economica delsuo ultimo “Memoria delle mietristi puttane” con email diavviso inviate e mai recapitate. Era accaduto all’estero anchein occasione dell’uscita delvolume, come spiega l’editoredi Marquez: «quando avevamoinserito il titolo l’email erascomparsa misteriosamente in una sorta di vuotocibernetico. Abbiamo scopertoche la parola “puttana” viene censurata automaticamenteda molti server».

UNA NOTIZIAINCOMPLETACHE FALSA IL SENSO

La Procura di Genova nell’ambitodell'indagine 126 indagati in servizio nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del luglio 2001 ha chiesto al gipl’archiviazione. Un elementodi primo piano per la richiesta è stata la difficoltà di identificarein modo certo i responsabili delle violenze, uomini della polizia penitenziaria e della Polizia di Stato in regolaree certificato servizio. Ad autunnoinizia il processo a 45 trapoliziotti, agenti penitenziari,infermieri e medici accusati, a vario titolo, di abuso d’ufficio,abuso d’autorità su arrestati,violenza privata, lesioni personali,percosse, ingiurie, minacce e falso ideologico. Le richieste di archiviazione del secondotroncone di indagine sarebberostate dettate dalla difficoltà, da parte dei manifestanti, diriconoscere gli autori degli abusiattraverso le fotografie fornitedalle forze dell’ordine e, in alcunicasi, dall’assenza di querela diparte. La Polizia avrebbe fornito,dopo numerose richieste formali dei magistrati, solo le copie dei tesserini di servizio, sbiaditi e datati e difficilmente utilizzabiliper il riconoscimento.Quest’ultima parte della notizianon è però stata ripresa dalla gran parte dei quotidiani,dando l’impressione di una richiesta di archiviazionetout-court.

L’OPERAZIONE MILITARE“QUICK STRIKE” IN IRAQ COME I MEDIANON HANNO MOSTRATO

«In un episodio sanguinoso ho visto i marinesuccidere due abitanti disarmati. Uno di loroera nel suo letto nel distretto Sheik Hadid, di cui Sumaidi è originario. Il secondo è statoucciso mentre passeggiava nel suo giardino.Diversi abitanti sono morti. Soltanto nellanostra zona i marines hanno ucciso cinquepersone, tutte disarmate e che non avevanonulla a che fare con gli insorti. Per noi, quelliuccisi dagli Usa sono martiri. Il carico dimartiri iracheni sta ingrandendosi e il sangueinnocente continua a scorrere dall’arteriairachena che gli Stati Uniti hanno strappato.Il mondo sa delle vittime. Ma nessunopronuncia una parola di protesta». Il raccontoè riferito dal sito italiano “osservatorio Iraq”.Sono le notizie del fronte di guerra che nei telegiornali non compaiono. Il conflittoiracheno, che sarebbe costato all’inizio di settembre una cifra complessiva prossimaai 195 miliardi di dollari (stima del NationalPriorities Project) è paradossalmente una guerra di cui esistono poche immaginiche riflettono la realtà degli scontri in atto.La politica di censura delle truppe occupantisi è sviluppata su più direttive “moderne” di censura. I giornalisti “embedded”, al seguito delle truppe Usa per “motivi di sicurezza” arrivavano sul posto solo molto dopo il passaggio dell’esercito dellaCoalizione. E i testimoni, di fronte ai militari,sono sempre pochi, le ritorsioni una minacciaconcreta. I rapimenti selettivi operati dallaguerriglia verso giornalisti hanno reso quasiimpossibile una testimonianza indipendentedel conflitto e delle sue numerose vittime.

Page 40: Mensile Valori n.33 2005

| numeridell’economia |

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 79 |

| numeridell’economia |

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

Australia 1,9/3,4 2,7/3,7 2,4 3,2 2,7 2,7 -5,6 -5,0Austria 1,6/2,3 1,4/2,3 1,9 2,0 2,1 1,8 -0,6 -0,8Belgio 1,1/2,5 1,7/2,7 1,2 2,2 2,4 2,0 +3,4 3,3Gran Bretagna 2,2/3,0 1,7/3,0 2,0 2,2 2,0 1,9 -2,6 -2,6Canada 2,3/3,2 2,4/3,8 2,8 3,0 2,1 2,2 1,8 1,5Danimarca 1,5/2,6 1,6/2,5 2,0 2,2 1,6 1,8 2,2 2,1Francia 1,5/2,6 1,7/2,4 1,4 1,8 1,8 1,6 -0,3 -0,1Germania 0,4/1,2 1,0/1,8 0,9 1,3 1,7 1,6 2,9 2,9 Italia 0,0/1,0 0,6/1,2 -0,2 1,0 2,1 1,9 -3,0 -1,1Giappone 0,6/1,6 1,1/3,3 1,9 1,9 -0,1 0,3 3,6 3,6Olanda 0,7/1,5 1,0/2,2 0,5 1,6 1,4 1,0 3,5 3,5Spagna 2,3/3,3 2,3/3,9 3,2 2,8 3,2 2,9 -4,9 -5,0Svezia 2,4/3,3 2,5/3,2 2,1 2,7 0,5 1,3 7,0 6,4Svizzera 0,9/1,6 1,0/2,0 0,8 1,5 1,1 1,1 11,9 11,4Stati Uniti 3,3/4,0 2,5/4,0 3,7 3,3 3,0 2,7 -6,2 -6,0Area Euro 1,1/1,7 1,4/2,2 1,3 1,7 2,1 1,8 0,5 0,5

PAESE PIL INFLAZIONE BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL)MIN/MAX 2005 MIN/MAX 2006 MEDIA 2005 MEDIA 2006 2005 2006 2005 2006

Imprese del settore oil e gas

22,3 21,6

15,814,9

13,011,5 11,4

10,38,4 7,9

Roya

l Dut

ch P

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Bp Tota

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Hsbc

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Roya

l Ban

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Glax

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Ubs

I PROFITTI DA ORO NERO

Utili 2005 delle principali imprese europee,previsioni, mld di dollari

Fonte: Jcf Fac Set COSTO DELL’ACQUA

PAESE CLASSIFICA CLASSIFICA COSTO IN EURO EVOLUZIONE IN RAPPORTO2004 2005 PER METRO CUBO ALLA MONETA LOCALE

Fonte: NUS Consulting

LA CLASSIFICA DEI PAESI PIÙ ECO-ENERGETICI

1 [1] Spagna 68 68 67 64 73

2 [3] Usa 67 67 72 66 63

3 [2] RegnoUnito 66 68 47 60 71

4 [4] Germania 65 65 70 57 54

5 [5] Portogallo 58 58 55 53 64

6 [7] Francia 57 58 57 56 52

7 [5] Italia 56 56 57 51 59

7 [10] Irlanda 56 58 37 47 63

9 [13] India 55 57 51 41 51

10 [8] Olanda 53 54 48 44 57

11 [15] Canada 52 55 40 37 56

11 [17] Cina 52 56 40 29 43

13 [11] Grecia 51 52 51 42 56

13 [8] Svezia 51 51 43 58 54

15 [11] Danimarca 50 50 43 48 63

16 [13] Australia 49 48 55 46 50

17 [15] Norvegia 48 49 33 47 56

18 [19] BeIgio 44 45 36 38 51

19 [19] FinIandia 35 35 27 46 56

20 [20] Austria 31 28 54 45 46

PAESE INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE INFRAS.RINNOVABILE EOLICA SOLARE BIOMASSE RINNOVABILI

PAESE INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE EN INDICE INFRAS.RINNOVABILE EOLICA SOLARE BIOMASSE RINNOVABILI

Fonte: Ernest & Yung

Danimarca 1 2 1,82 2,30%Germania 2 1 1,73 1,20%Inghilterra 3 3 1,4 15,10%Belgio 4 6 1,32 1,50%Francia 5 5 1,19 3,60%Paesi Bassi 6 4 1,15 -1,90%Italia 7 7 0,82 55%Finlandia 8 10 0,74 13,10%Africa del Sud 9 9 0,72 13,80%Australia 10 11 0,71 5,70%Spagna 11 8 0,71 1,40%

| numeridell’economia |

| 78 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

| numeridell’economia |

L BOOM DEI PAESI PRODUTTORI DI GREGGIO

continua ma la dinamica dei prez-zi dell’energia è anche una delle

cause dell’impennata del costo del dana-ro nei paesi asiatici. Dalla Cina alla Tai-landia dopo mesi di sostanziale immobi-lità si assiste ad un impennata degliinteressi, spesso non giusiticata dall’an-damento dell’inflazione. Il surriscalda-

mento di alcune economie, come quellacinese che continua a marciare ad un rit-mo molto sostenuto (Pil a +9,5%, produ-zione industriale a +16% e bilancia com-merciale a +93,1 miliardi di dollari), è inparte la causa di questa impennata del co-sto del danaro. Ma secondo alcuni anali-sti si potrebbe, invece, trattare di una ve-ra e propria inversione di tendenza.

Soprattutto se la Fed continuerà ad in-nalzare il costo del danaro negli StatiUniti, nonostante i costi economici enor-mi del disastro Katrina.

Grande attenzione, e preoccupazione,per la situazione dell’Indonesia dove siteme una nuova crisi finanziaria dopo ilcrollo della rupia che ha toccato nuoviminimi. .

Il petrolio detta legge. E fa paura

I

LE NAZIONI EMERGENTI

PAESE PIL PRODUZIONE INDUSTRIALE PREZZI AL CONSUMO BILANCIA COMMERCIALE TASSI INTERESSE

Cina +9,5 II Trimestre +16,0 Ago. +1,3 Ago. +93,1 Agosto 4,38India +7,0 I Trimestre +6,7 Lug. +4,1 Lug. -34,7 Agosto 5,19Indonesia +5,5 II Trimestre +7,3 Lug. +8,3 Ago. +27,8 Luglio 13,33Malesia +4,1 II Trimestre +0,9 Lug. +3,7 Ago. +23,6 Luglio 2,90Filippine +4,8 I Trimestre -0,1 Giu. +7,2 Ago. -0,8 Giugno 7,31Singapore +5,2 II Trimestre +5,9 Lug. +0,1 Lug. +16,9 Luglio 2,00Corea del Sud +3,3 II Trimestre +7,0 Lug. +2,0 Ago. +26,0 Agosto 3,64Taiwan +3,0 II Trimestre -1,1 Lug. +3,6 Ago. +1,7 Agosto 1,45Tailandia +4,4 II Trimestre +4,7 Lug. +5,6 Ago. -7,3 Luglio 4,00Argentina +8,0 I Trimestre +6,0 Lug. +9,7 Ago. +11,2 Luglio 6,69Brasile +3,9 II Trimestre +0,5 Lug. +6,0 Ago. +40,1 Agosto 19,74Cile +6,5 II Trimestre +4,4 Lug. +3,0 Ago. +8,7 Agosto 3,84Colombia +3,6 I Trimestre +3,0 Giu. +4,9 Ago. +1,6 Maggio 6,86Messico +3,1 II Trimestre -1,1 Lug. +4,0 Ago. -9,6 Luglio 9,21Perù +4,9 Luglio +5,9 Giu. +1,2 Ago. +3,8 Giugno 2,97Venezuela +11,1 II Trimestre +6,2 Giu. +14,8 Ago. +24,7 II Trimestre 11,11Egitto +4,7 IV Trimestre +3,3 2004 +4,7 Giu. -9,5 I Trimestre 9,20Israele +4,8 II Trimestre +0,5 Giu. +1,6 Lug. -8,0 Luglio 3,72Sud Africa +4,5 II Trimestre +2,4 Lug. +3,4 Lug. -2,3 Luglio 7,05Turchia +4,8 I Trimestre -0,3 Lug. +7,9 Ago. -38,9 Luglio 15,80Repubblica Ceca +5,1 II Trimestre +11,2 Lug. +1,7 Ago. -3,4 Luglio 1,79Ungheria +4,1 II Trimestre +8,4 Lug. +3,6 Ago. - 3,3 Luglio 5,81Polonia +2,8 II Trimestre +2,6 Lug. +1,6 Ago. -3,3 Luglio 4,54Russia +6,1 II Trimestre +4,9 Lug. +12,4 Ago. +110,6 Luglio 13,00

PETROLIO: UN ANNO DI RINCARI

1/9/04 2/11/04 4/1/05 7/3/05 6/5/05 7/7/05 7/9/05

65 $

60 $

55 $

50 $

45 $

40 $

35 $

66 $

TUTTI I NUMERI DELL’ORO NERO [MLN DI BARILI AL GIORNO]

Stati Uniti 20,5 21,3 +4% 8,7 9,2 +6%Canada 2,3 2,3 N.D. 3,1 3,2 +3%Messico N.D. N.D. - 3,8 3,8 N.D.Europa 15,7 16,0 +2% 5,6 5,1 -9%Russia 4,2 4,3 +2% 11,3 12,4 +10%Cina 6,6 7,9 +20% 3,6 3,6 N.D.Giappone 5,5 5,4 -2% 0 0 N.D.Asia 13,2 14,1 +7% N.D. N.D. N.D.OPEC N.D. N.D. - 32,9 34,9 +6%Altri 14,6 29,5 +102% 14,0 14,5 +4%TOTALE 82,6 86,7 +5% 83,0 86,7 +4,5%

LA DOMANDA LA PRODUZIONE PAESE 2004 2006 VARIAZIONE % 2004 2006 VARIAZIONE %

Fonte: KRT-P&G Infograph Fonte: P&G /L

Page 41: Mensile Valori n.33 2005

| A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 | valori | 81 |

| numeridivalori | portafoglioetico |

pagine a cura di Mauro Meggiolaro

IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 02.09.2005 DAL 31.12.2004 AL 02.09.2005

Sabaf pezzi per forni a gas Milano, Italia Heidelberger Druck. macchine per la stampa Francoforte, Germania CSX trasporti New York, USABody Shop International cosmetici Londra, Gran BretagnaHenkel detergenti, cosmetici Francoforte, GermaniaAviva assicurazioni Londra, Gran BretagnaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, Svezia Novo Nordisk farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMerck Kgaa farmaceutici/chimica Darmstadt, Germania3M Company grafica, edilizia New York, USAFLS Industries edilizia Copenaghen, DanimarcaMayr – Melnhof Karton cartone Vienna, AustriaVerizon telecomunicazioni New York, USACisco Systems tecnologia Informatica New York, USACanon tecnologia digitale Tokyo, GiapponeStmicroelectronics semiconduttori Milano, Italia BG Group gas Londra, Gran BretagnaSevern Trent ciclo acqua Londra, Gran BretagnaVestas Wind Systems pale eoliche Copenaghen, DanimarcaBoiron medicina omeopatica Parigi, FranciaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 02.09.2005 +14,65%

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

17,20 €28,24 €

44,02 USD219,58 £76,66 €

609,25 £166,50 SEK315,50 DKK

69,88 €71,50 USD

160,50 DKK114,75 €

32,47 USD17,72 USD

5.580,00 JPY13,03 €

510,50 £989,96 £

130,25 DKK22,50 €

-9,61%12,96%19,32%41,74%19,78%0,53%-6,67%5,24%

38,93%-5,35%

55,42%-8,42%

-12,92%-0,36%2,91%-8,32%

46,77%6,06%

91,05%-8,16%

Portafoglio di Valori [in Euro]

MSCI DM World price Index [in Euro]

14,65%

11,67%

in collaborazione con www.eticasgr.it

ERMO UN TURNO. Ad agosto il portafoglio etico di Valoriin pratica non si è mosso. Ha chiuso a +14,65%, appe-na mezzo punto in più rispetto al mese precedente. È

arretrato, invece, di due punti il suo benchmark di riferimento,l’indice azionario internazionale della Morgan Stanley, che finiscel’estate a +11,67%. A non stare mai ferma è la danese Vestas (pale

eoliche) che si conferma regina del nostro listi-no. Dopo l’ottavo mese di gioco mette a segnoun +91,05% guadagnando quasi trenta puntida fine luglio.

Le borse si sono prese una pausa di rifles-sione. L’uragano Katrina, il prezzo del petrolioe le notizie contraddittorie sullo stato dell’eco-nomia americana spingono gli investitori allacautela. Affacciati alla finestra ingannano iltempo e aspettano la correzione di fine anno,dopo aver inutilmente atteso quella di metàanno. In realtà i mercati azionari sono gonfi diliquidità in eccesso, soprattutto in Europa. Fin-ché non troverà alternative valide questo flus-so di denaro liquido potrebbe sostenere le bor-se ancora a lungo. Anche se i grafici e le tabellea volte suggeriscono il contrario. .

Pausa di riflessione

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

FRendimenti dal 31.12.2004 al 02.09.2005

CSX Corporation Sede Richmond, Stati Uniti Borsa NYSE, New York

Rendimento 31.12.2004 - 02.09.2005 +19,32%

Attività CSX gestisce la rete di linee ferroviarie più grande degli Stati Uniti. Nel 2004 ha realizzato un fatturatodi 8 miliardi di dollari e un profitto di circa 1 miliardo di dollari impiegando quasi 36.000 persone.

Responsabilità sociale

Giudizio complessivo Impiego stabile. Tasso di infortuni inferiori alla media di settore. Forte coinvolgimento deidipendenti nella politica ambientale.

Politica sociale interna CSX offre impiego stabile e numerose possibilità di formazione. Come in molte compagnieferroviarie le relazioni con i sindacati sono spesso problematiche. Ma CSX è stata una delle primesocietà del settore ad adottare un approccio più maturo, basato sul dialogo.

Politica ambientale Il coinvolgimento dei dipendenti è uno dei punti chiave del sistema di gestione ambientale. Siimpegna a ridurre le emissioni nell’aria con l’impiego di nuove tecnologie.

Politica sociale esterna Gli investimenti sociali sono limitati alla beneficenza. Non c’è una politica ben precisa sui dirittiumani, anche se CSX non è mai stata accusata di violazioni. La qualità del servizio è molto alta.

| 80 | valori | A N N O 5 N . 3 3 | O T T O B R E 2 0 0 5 |

| indiceetico | numeridivalori |

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX

CARSA TRASPARENZA. È questo il motivo che ha porta-to l’utility norvegese Hafslund fuori dal Nordiskt, ilnostro indice etico nordico. La società non ha for-

nito informazioni sufficienti sul suo impatto ambientale, né sul-le sue politiche sociali. Al suo posto entra Volvo, casa automobi-listica svedese che pubblica invece un rapporto ambientale moltodettagliato, investe nella formazione e nellosviluppo dei dipendenti e ha buoni rapporticon i sindacati. Vendendo i titoli di Hafslundincassiamo 1476,5 euro, +47,65% rispetto al-l’investimento iniziale. Con questi soldi com-priamo una quarantina di azioni Volvo, dellequali potremo seguire l’andamento a partiredal prossimo numero.

Intanto il Nordiskt continua a battere tut-ti i record. Per l’ottavo mese consecutivo fameglio del DJ Eurostoxx 50, il suo parametrodi riferimento. Il divario tra il nostro indiceetico e l’indice europeo di Dow Jones non èmai stato così ampio da inizio gioco. 11 pun-ti di differenza. E un impegno costante perrendere il nostro pianeta più vivibile. Con labenedizione dei mercati. .

Nordiskt Index [in Euro]

Eurostoxx 50 price Index [in Euro]

Fuori Hafslund. Entra Volvo

S

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTOAL 02.09.2005 DAL 31.12.2004 AL 02.09.2005

Electrolux elettrodomestici Stoccolma, SveziaH&M abbigliamento Stoccolma, SveziaTrelleborg componenti meccaniche Stoccolma, SveziaOrkla alimentari/media Oslo, NorvegiaKesko distribuzione Helsinki, FinlandiaStatoil petrolio Oslo, NorvegiaSvenska Handelsbanken servizi bancari Stoccolma, SveziaStorebrand assicurazioni Oslo, NorvegiaGambro tecnologia medica Stoccolma, SveziaColoplast tecnologia medica Copenaghen, DanimarcaNovozymes farmaceutici Copenaghen, DanimarcaMetso macchine industriali Helsinki, Finlandia Skanska edilizia Stoccolma, SveziaTomra macchine industriali Oslo, NorvegiaTietoenator software Helsinki, FinlandiaNokia telefoni Helsinki, FinlandiaHolmen carta Stoccolma, SveziaUPM-Kymmene carta Helsinki, FinlandiaTelenor telecomunicazioni Oslo, NorvegiaHafslund utilities Oslo, NorvegiaRendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 02.09.2005 +22,05%

6,86%10,37%9,84%

50,61%31,59%75,26%-6,67%

15,65%11,04%21,16%14,62%71,96%21,59%26,98%16,54%9,29%-3,87%-1,34%

11,96%47,65%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

VolvoSede Göteborg, Svezia Borsa SSE, Stoccolma

Rendimento Il titolo è entrato nel portafoglio il 2 settembre 2005 31.12.2004 - 02.09.2005 al prezzo di 326,50 corone svedesi per azione.

Attività Il Gruppo Volvo è uno dei maggiori produttori mondiali di camion, autobus, attrezzature percostruzione, componenti e servizi per l’industria aerospaziale. Nel 2003 ha realizzato un fatturatodi 19 miliardi di corone svedesi (2,5 miliardi di euro) dando lavoro a più di 17.000 persone.

Responsabilità sociale

Giudizio complessivo Politiche sociali eccellenti. Buone le politiche di pari opportunità. Il rapporto ambientale è dibuona qualità. Buona la comunicazione con i portatori di interesse.

Politica sociale interna Investimenti sostanziali nella formazione e nello sviluppo dei dipendenti. Buone le relazionicon i sindacati.

Politica ambientale Eccellenti i programmi per la riduzione degli impatti ambientali. La maggior parte degliimpianti sono certificati ISO14001.

€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

22,05%

10,95%

Rendimenti dal 31.12.2004 al 02.09.2005

167,50 SEK263,50 SEK128,00 SEK259,50 NOK

23,620 €157,50 NOK166,50 SEK64,00 NOK

108,50 SEK365,00 DKK318,50 DKK

20,05 €100,00 SEK40,00 NOK

27,27 €12,70 €

228,00 SEK16,14 €

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Page 42: Mensile Valori n.33 2005

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valoriL’analogia della forbice

Alfred Marshall

di Francesca Paola Rampinelli

E DOTTRINE ECONOMICHE SVILUPPATESI ALLA FINE DEL DICIANNOVESIMO SECOLO tendono perlopiù a inserirsinella scia dei sistemi elaborati dagli autori classici mentre il marxismo sviluppa una scuola a sé stante.Anche Alfred Marshall, il più famoso studioso del periodo e fondatore della scuola di Cambridge che poi annovererà tra i suoi seguaci, tra gli altri, C. Pigou, J. M. Keynes, D. H. Robertson, nonostantele simpatie per gli ideali socialisti, ritiene che esista il pericolo che «la proprietà collettiva dei mezzi di produzione affievolisca le energie dell’umanità, e arresti il progresso economico» e perciò si preoccupa di preservare e proteggere «il sorgere della libera iniziativa». Secondo Marshall la nuovaanalisi dell’utilità amplia semplicemente i precedenti lavori sull’analisi del costo: il “principio del costo di produzione” e il principio “finale (marginale) dell’utilità” sono indubbiamente particomponenti di una legge dell’applicazione generale della domanda e dell’offerta; ciascuna può essereparagonata ad una delle lame di un paio di forbici. Quando una lama è ferma, e il taglio è effettuatomuovendo l’altra, possiamo dire, con approssimativa brevità, che il taglio è fatto dalla seconda parte;ma questa non è certo un’affermazione formalmente esatta». Alfred Marshall nasce a Londra nel 1842 da una famiglia della piccola borghesia e sperimenta, durante l’infanzia, le durezze dellapessima condizione economica che la classe media inglese sta da tempo scontando e che lo indurrà

poi ad una visione tendenzialmente socialista. Il padre, severo ed oppressivo, lo vorrebbe indirizzare verso la carriera ecclesiasticama Marshall riesce ad intraprendere gli studi di matematica a Cambridge dove rivela subito le sue grandi doti e, subito dopo la laurea conseguita nel 1865, viene nominato fellow di matematica.Lascia la prestigiosa carica dopo pochissimo per sposare MaryDaley, sua ex allieva e futura collaboratrice, e, compie alcuni annidi studi filosofici, per poi passare ad insegnare Economia Politica

all’Università di Bristol, di Oxford e dal 1885, di Cambridge. Pur essendo un brillantissimomatematico, Marshall non usa tuttavia questo potente strumento per avvalorare le sue teorie, marelega i numeri nelle note sperando che le sue opere ottengano così maggiore diffusione. Nel 1879pubblica The Economics of Industry in cui presenta una visione modernizzata della teoria di J. S. Mille nel 1890 viene alla luce Principles of Economics, opera fondamentale nella storia dell'economiapolitica. Intanto a Cambridge viene creato un corso di laurea specifico in Economia (1903) e intornoa Marshall si forma un gruppo di famosi studiosi (la scuola economica di Cambridge). Fermosostenitore della proprietà privata e del libero mercato, il professore inglese analizza l’elasticità del prezzo rispetto alla domanda, ricerca le condizioni che determinano un equilibrio economicostabile e puntualizza la distinzione fra costi industriali crescenti e decrescenti e quella fra economiedi scala interne ed esterne. Secondo Marshall, inoltre, l’offerta di risorse in ambito economico é fissa: il problema è come allocare le risorse fra usi alternativi. Nel campo della teoria delleprobabilità, la teoria marshalliana sostiene che l’aleatorietà delle valutazioni non é determinante:i prezzi vengono stabiliti dall’interazione fra le decisioni di buyers e sellers che focalizzerebbero la loro attenzione sull’opportunità migliore, senza preoccuparsi del rischio di perdita. .

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| padridell’economia |

Secondo il fondatore dellascuola di Cambridge esisteil pericolo che «la proprietàcollettiva dei mezzi di produzione [...] arresti il progresso economico»

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