Mensile Valori n.55 2007

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valori Anno 7 numero 55. Dicembre 2007 Gennaio 2008. € 3,50 Internazionale > La difficile caccia al tesoro rubato dai dittatori Finanza > L’azionariato attivo alza la voce. E cerca alleati anche in Italia Economia solidale > La giornata di azione globale del Forum Sociale Dossier > La catena di montaggio del consumo non garantisce le promesse Il crack dell’iper Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P . Inserto speciale > Sud&credito MARTIN PARR / MAGNUM PHOTOS Fotoreportage > Centri commerciali

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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valoriAnno 7 numero 55. Dicembre 2007Gennaio 2008. € 3,50

Internazionale > La difficile caccia al tesoro rubato dai dittatoriFinanza > L’azionariato attivo alza la voce. E cerca alleati anche in Italia

Economia solidale > La giornata di azione globale del Forum Sociale

Dossier > La catena di montaggio del consumo non garantisce le promesse

Il crack dell’iper

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.

Inserto speciale > Sud&credito

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L MODELLO IPER È UN’ICONA PER I CONSUMI, l’economia, l’impatto sull’ambiente, la sostenibilità a livello sociale, culturale e territoriale. La proliferazione delle grandi città del consumo, così come i fast food e i viaggi all inclusive, sono la summa dell’economia della dissipazione,l’interpretazione di uno stile di vita che è destinato a bruciare tutto molto rapidamente: i rapportiumani, la dimensione relazionale in senso più vasto, i prodotti all’insegna del basso costo,l’ambiente e il territorio sistematicamente depredati e immolati ad una delle nuove icone del Terzo Millennio, il consumatore. Un soggetto che non esiste e non si realizza in quantopersona, cittadino con diritti e doveri definiti secondo regole democratiche, ma solo perchéacquirente di un bene o servizio. Una degenerazione del sistema democratico molto preoccupanteperché presuppone che il cittadino, se non è titolare di un potere d’acquisto, non ha molti dirittida vantare. Un postulato che mina alla radice anche l’esistenza di beni comuni che non sianomisurabili se non attraverso una transazione economica. Da questo punto di vista,emblematicamente, i centri commerciali, le nuove “fabbriche” del Terzo Millennio, spessosorgono proprio laddove per decenni si svolgevano attività tipiche dell’economia industriale, dove migliaia di essere umani vivevano gran parte delle loro giornate mettendo a disposizione del capitale la propria forza lavoro. Oggi in quegli stessi luoghi, o nelle immediate vicinanze,arrivano centinaia di persone che consumano gran parte del loro reddito acquistando prodotti che nella maggior parte dei casi sono frutto della forza lavoro di migranti o di lavoratori che garantiscono bassi salari e alti profitti. Quasi nessuno contabilizza i costi esterni, soprattuttoquelli di natura ambientale, dato che per antonomasia si tratta di beni comuni che non si compranoma che si possono consumare.

Quel modello, oggi, risulta sempre meno sostenibile anche dal punto di vista economico. Lo dimostra la vicenda dei centri commerciali che la catena francese Carrefour intende chiuderenel Sud Italia. Nonostante lo sforzo fatto dalla nostra redazione non siamo riusciti a ottenere il bilancio di un iper: non sappiamo se le vendite, al netto dei costi di infrastruttura e di manod’opera, garantiscono un utile netto. Ma districandoci tra le indagini molto fuorvianti e grazie al prezioso contributo dell’ufficio studi dell’Ancc-Coop (l’associazione che raggruppa le cooperativedi consumo aderenti alla Lega delle Coooperative) abbiamo però appurato un dato noto a tutti gli addetti ai lavori: gli iper perdono più degli altri, le vendite sono in flessione se si ha la cura di esaminare i dati sulla base della rete omogenea, cioè se si considerano gli stessi punti vendita.Visto che la folle corsa alla crescita continua il risultato, ovviamente, cambia se non si tiene contodi questo elemento fondamentale per chiunque voglia fare correttamente il proprio lavoro di ricercatore, analista, commentatore o giornalista.

Il tutto, ovviamente, senza considerare i costi esterni: il consumo di territorio, ambiente, saluteprodotto non solo dall’insediamento di queste cattedrali dell’economia dissipativi, dal trafficodiretto e indiretto, dal depauperamento delle diverse filiere che sono coinvolte nel sistema.L’auspicio, e il nostro augurio visto che ci si avvicina al Natale, è che rapidamente si imponga la domanda di un “giusto” prezzo, all’insegna del meno è meglio. .

| editoriale |

Insostenibile Anche per loro

di Andrea Di Stefano

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| sommario |

valoridicembre 2007 / gennaio 2008mensilewww.valori.itanno 7 numero 55Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milanopromossa da Banca Etica

sociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa,Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop.consiglio di amministrazioneUgo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeUgo Biggeri ([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Barolini, Ilaria Bartolozzi,Francesco Carcano, Paola Fiorio, Emanuele Isonio,Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi, Irene Panozzo, Francesca Paola Rampinelli, Elisabetta Tramontoprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])Vincenzo Progida (impaginazione)fotografieSimone Bruno, Alex Majoli, Jason Nardi, Martin Parr, John Vink (Magnum Photos)stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)abbonamenti, sviluppo e comunicazioneAdescoop ˜ Agenzia dell’Economia Sociale s.c.Via Boscovich, 12 - 35136 Padovaabbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 30,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 40,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 55,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 75,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsiI bollettino postale

c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

I bonifico bancarioc/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Zdella Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori +Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato

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È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamentedisponibile ad adempiere ai propri doveri.Carta ecologica Sappi Presto da gr. 90 e Sappi Magnoda gr. 150, sbiancata senza uso di cloro o biossidodi cloro, ottenuta da cellulosa proveniente da foreste ambientalmente certificate.

Un negozio della catena di supermercati Walmartnel New Jersey. Usa, 1998M

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INFO VALORI ABBONAMENTI, PUBBLICITÀ, SVILUPPO E COMUNICAZIONEAdescoop˜ Agenzia dell’Economia Sociale s.c.Via Boscovich 12, 35136 Padova

tel. 049.8726599 fax 049.8726568e-mail [email protected] ˜ [email protected] ˜ [email protected] Lun-Ven dalle 9.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.00

LETTERE E CONTRIBUTI RELAZIONI ISTITUZIONALI E AMMINISTRAZIONE Società Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico 1, 20125 Milano

tel. 02.67199099fax 02.67491691e-mail [email protected] ˜ [email protected]

bandabassotti 7

fotoreportage. Centri commerciali 8

dossier. Il crack dell’iper 16Grande Distribuzione Azzoppata 18Il sistema Coop: «Non perdermo la specificità» 20Gli iper? Una formula che va ripensata 22Un consumatore consapevole non fa comodo a questo modello di business 24Gli invisibili della spesa 26

lavanderia 28

finanzaetica 30Le domande impertinenti degli azionisti attivi 32Uno sguardo critico sul mondo delle banche e della finanza 36E sul futuro di Banca Etica il dibattito continua 38

bruttiecattivi 40

economiasolidale 42La Banca dei bambini: Kanaja, manager a dieci anni 44Pisa, dalla città della scienza alla città della scemenza 46Forum Sociale Mondiale: la rivoluzione andrà in onda il 26 gennaio 2008 48Mamme Vodafone in vendita. Solo una coincidenza? 51Toscana ecoefficiente: il Premio 2008 orienta nuovi comportamenti e nuove economie 53

macroscopio 55

internazionale 56Missione possibile: recuperare i tesori rubati dai dittatori 58Mal d’Africa. Per la Cina è colpo di fulmine 62

utopieconcrete 65

gens 66

altrevoci 68

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numeridivalori 75

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Il pessimo esempiofirmato Valentino

Fisco| bandabassotti |

di Andrea Di Stefano

L A STORIA È ITALIANA CHE PIÙ NON SI POTREBBE. Il fisco scopre che un grande campione, simpatico e spiritoso, ha messo la residenza a Londra per eludere il fisco. Nell’avviso di accertamentonotificatogli il 3 agosto scorso, l’agenzia delle Entrate di Pesaro sostiene che Valentino Rossiavrebbe presentato nel 2000 una dichiarazione infedele relativamente a tutte le imposte, e che negli anni dal 2001 al 2004 ne avrebbe presentata una infedele per l’Irpef, omettendolainvece del tutto per Iva e Irap. A Rossi vengono contestati compensi non dichiarati per 60milioni, che avrebbero determinato un’evasione complessiva di 43,7 milioni. Aggiungendo a questa cifra sanzioni e interessi si arriverebbe alla quota di 112 milioni da versare al Fisco.

Nel 2000 i maggiori compensi non dichiarati ammonterebbero a 6 milioni (maggiore Irpef e relative addizionali per 2,80 milioni, maggiore Iva accertata per 1,2 milioni, maggiore Irapaccertata per 256mila euro), con una sanzione pari a 9,84 milioni. L’anno successivo i compensinon dichiarati sarebbero ammontati a 7,26 milioni (maggiore Irpef e addizionali per 3,36 milioni,maggiore Iva per 1,45 milioni, maggiore Irap per 374mila euro), con una sanzione irrogata pari a 14,11 milioni. Nel 2002 i compensi non dichiarati sarebbero pari a 12,62 milioni (maggioreIrpef e addizionali per 6,25 milioni, maggiore Iva per 2,53 milioni, maggiore Irap per 652mila

euro), con una sanzione pari a 26,24 milioni.Nel 2003 i compensi non dichiarati sarebberodi 12,16 milioni (maggiore Irpef e relativeaddizionali per 6 milioni, maggiore Iva per2,43 milioni, Irap accertata per 626mila euro),con una sanzione pari a 11,24 milioni. Infine,nel 2004 i compensi non dichiarati sarebbero

pari a 20,81 milioni (maggiore Irpef e addizionali per 10,29 milioni, maggiore Iva per 4,16milioni, maggiore Irap per 1,07 milioni), con una sanzione di 50,85 milioni. Inoltre, per gli annifino al 2002 Valentino Rossi avrebbe presentato il condono fiscale pagando circa 100 euro. Ma le somme accertate non vi rientrano in alcun modo, in quanto i redditi prodotti all’esterodovevano essere condonati con lo scudo fiscale. Trattandosi di un problema di residenza fiscalecontesa tra Italia e Gran Bretagna, l’atto di accusa dell’agenzia delle Entrate punta su alcuni indizi,come auto e yacht riconducibili al pilota, per dimostrare che sono ancora vivi i legami tra Rossi e la terra dove ha vissuto prima di trasferire la residenza a Londra, e per sostenere quindi che avrebbe dovuto pagare le tasse in Italia. Tra questi indizi, il fatto che il “Dottore”, testimonialdi Telecom Italia, avrebbe chiesto alla compagnia telefonica la copertura con una rete Internet a banda larga di Tavullia, il paese in Provincia di Pesaro e Urbino (città natale) in cui è cresciuto.La prima risposta di Rossi è stata strafottente e con un incredibile risonanza mediatica offertadagli schermi della tv pubblica. Ora Valentino Rossi avrebbe deciso di fare la pace con il fisco. Se il tentativo di conciliazione andrà in porto potrà ottenere uno sconto, più o meno sostanzioso.Speriamo che con l’accordo possano arrivare anche le scuse per i tanti che hanno visto e sentito il campione ironizzare sulla sua evasione. .

Prima la risposta arroganteall’accertamento dell’Agenzia delleEntrate. Poi il cambio di strategia con il tentativo di conciliazione. Mal’impronta negativa resta e ci aspettaun risarcimento comunicazionale

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e c’è un luogo che incarna in modo evidente la deriva consumistica della nostrasocietà, questo luogo è il centro commerciale, metastasi incontrollata del vecchiosupermercato, a sua volta evoluzione fratricida dell’antica bottega. Oggi, però, il super non basta più. Si è passati all’iper e la deriva dimensionale sembra destinata a non finire. Alle periferie delle città nascono interi complessi del commercio.Aggregati extraurbani che inglobano i sogni della gente, reclamando una autonomiafisica rispetto a tutto il preesistente, città comprese. Parcheggi giganteschi e viabilitàingolfata, in qualsiasi giorno della settimana, sono i segni distintivi di questa presenzaperché gli italiani amano a tal punto consumare da aver cambiato anche il calendariodelle festività. Da una ricerca, condotta da Cermes-Bocconi e commissionata da Federdistribuzione, risulta che il 64,5% degli italiani, nell’ultimo anno, ha fattoshopping la domenica nei supermercati, il 56,8% nei centri commerciali.

Come al solito l’archetipo, il modello originario, è nordamericano e risale agli anniCinquanta. I primi centri commerciali, tenendo fede al melting pot, inglobano delle caratteristiche europee ed extraeuropee, mantenendo però dimensioni contenute e di prossimità. A partire dagli anni Ottanta la spinta dell’economia americana al consumo interno segna il cambio di rotta e i centri commerciali diventano istituzionieconomiche primarie, sempre più decontestualizzati e determinanti nella modificazioneed espansione del tessuto urbano, orientandolo naturalmente al consumo.

Sono tutt’altro che strutture architettoniche semplici, perché il centrocommerciale deve comunicare e mettere in scena la spettacolarità delle merci. Allora non basta più un cubo di cemento o il semplice contenitore. Per vendere la carne in scatola e la carta igienica si costruiscono frontali neoclassici, fontanesimil Versailles, si inglobano alberi centenari nei saloni. Sono centralità periferiche,luoghi alternativi alla città, monumenti della contemporaneità, dove si consumanoprodotti, servizi e divertimento. Qui si giocano le relazioni primarie che un tempocontraddistinguevano la vita nei paesi. Nei centri commerciali la gente si dàappuntamento e qui consuma le sue giornate. Ci si può andare con tutta la famiglia e fermarsi a mangiare, in un ambiente gradevole, insieme ad altre mille persone,fianco a fianco, spesso con gli stessi dipendenti che poi si ritroveranno alla cassa o tra gli scaffali. Una grande famiglia allargata. Una sorta di paese dei balocchi, con scenografie seducenti che costringono a consumare, pena lo stress e la frustrazione. Insomma, i centri commerciali sono un grande spazio della collettività destinato al guadagno privato, ma soprattutto hanno surrogato le città, influenzandone irrimediabilmente le linee di sviluppo.

foto di Martin Parr / Magnum Photos

Sono uno dei simboli della modernità. Hanno inglobato le città, dove un tempo si svolgeva la socialità, e stravolto i territori, influenzandone lo sviluppo. I centricommerciali mettono in scena il grande circo del consumo, ma il prezzo del biglietto di questo ingannevole spettacolo pesa sempre di più sui bilanci dei consumatori.

> Centricommerciali

> Centricommerciali

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L’AUTORE

Martin ParrNato nel 1952 a Epsom, Surrey, Martin Parr ha studiatofotografia al Manchester Polytechnic dal 1970 al 1973,ricevendo tre premi consecutivi dal Consiglio di Arti inglese.Fotogiornalista e freelance per molti anni, assertore della valorizzazione della cromìa,Parr entra nella prestigiosa agenzia Magnum nel 1994.

I suoi lavori vengono esposti e pubblicati in Europa e negli StatiUniti, oltre a diventare parte di numerose collezioni. Moltoinfluenzato dai lavori di C. Killip, Parr diviene un testimone ironico,straniato e attento della societàbritannica. Con le sue fotocaratterizzate dall’uso moltocontrastato e luminoso del colore,racconta la storia del gusto e dei comportamenti della classemedia negli anni ’80.

Numerose le sue esposizioni

e pubblicazioni, fra cui CommonSense, 1999; Boring Postcards,1999; Martin Parr. Autoportrait,2000; Think of England, 2000; Martin Parr, 2002.

All’autore, Valori aveva riservato il suo portfolio fotografico sul numero che proponeva il dossier sul turismo sostenibile(n.32, luglio/agosto 2005) e su quello che approfondiva la tematica dell’alimentazionebiologica (n.35, dicembre 2005/gennaio 2006).

Con i sacchetti dellaspesa fuori dal softdiscount Kwik Save.Questi discount hanno superficicomprese tra i 700 e gli 800 m2 e almeno1.500 referenze.Londra, 1996

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> Centricommerciali

Nella foto grande, l’ipermercato Auchan di Calais. Sopra, il supermercato Save-a-lot di Memphis e, sotto, cassa self service al “Centro” di Oberhausen, uno dei più grandi centri commerciali d’Europa. Francia, 1988 / Usa 2006 / Germania, 1996

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I clienti del Cribbs Causeway di Bristol posano davanti alla camera del fotografo:nelle loro mani la spesa appena fatta.Inghilterra, 2002

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> Centricommerciali

Nella foto grande, Greater Manchester, Salford: l’attesa al banco dei formaggi di Tesco. Sopra, la Migros di Olten e, sotto, un bambino trasportato nel carrello della spesa ad Almeria. Inghilterra, 1986 / Svizzera, 2003 / Spagna, 1990

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a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Emanuele Isonio, Jason Nardi e Elisabetta Tramonto

dossierL’ingresso di un WalMart nel New Jersey.Usa, 1999

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Le nuove cattedrali nel deserto urbano e sub urbano non funzionano più il modello basato sul gigantismo è difficile da sostenere

Grande Distribuzione Azzoppata >18«Difendiamo la nostra specificità», dice la Coop >20Gli Iper? Una formula che va ripensata >22Un consumatore realmente consapevole non fa comodo >24Gli invisibili della catena di motaggio moderna >26

La corsa dei grandi

centri è finita

Ipercrack

| dossier | Grande Distribuzione Organizzata |

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Nel frattempo, al gigante Wal-Mart viene negata l’autorizzazione adaprire un nuovo punto vendita a New York. Mentre ha praticamen-te perso il tentativo di entrare in Germania, dove il mercato dellaGrande Distribuzione Organizzata è già saturo di hard discount. Eallora la domanda è: la scelta di Carrefour è dettata da motivazioniinterne all’azienda, oppure a scricchiolare è la stessa GDO e, in par-ticolare, il formato di vendita degli ipermercati?

Le vendite aumentano. Anzi noFotografare la distribuzione organizzata in Italia, e soprattutto capi-re se e dove i colossi del settore facciano acqua non è impresa facile.A guardare i dati relativi al fatturato (forniti dall’Osservatorio GDOdi Unioncamere) la situazione sembrerebbe perfino rosea. Le vendi-te, infatti, sono cresciute del 3,2% nel 2006 e del 2,6% nel primo se-mestre di quest’anno. In realtà, però, a spingere i dati verso il segnopositivo è stato unicamente l’incremento della rete distributiva. Ilragionamento è semplice: più negozi significano più merce vendu-ta al dettaglio. Detto, fatto: nell’ultimo quinquennio le superfici divendita degli ipermercati sono cresciute del 53% (42 nuovi puntivendita solo nel 2006), raggiungendo complessivamente il 23% del

artiamo dalla cronaca. Carrefour, il colosso francese della grande distribuzio-

ne organizzata, secondo nel mondo solo all’ipertrofico Wal-Mart, ha deciso

di abbandonare il Sud Italia. Motivazione ufficiale: una perdita di cinque milioni di eu-

ro registrata in un solo anno. Difficilmente verificabile, però, dal momento che la stes-

sa Carrefour non fornisce un “consolidato-Italia”. Tradotto: non rende noto quale sia

il reale risultato delle sue attività nel nostro Paese. Cinque milioni di euro di perdita in

un anno, però, sono davvero tanti. Anche per giganti dai fatturati miliardari. A ciò,

poi, va aggiunto il fatto che la stessa Carrefour ha già previsto da tempo l’introduzione

di ammortizzatori sociali per limitare i danni anche al Nord, e che la chiusura di 11

ipermercati nelle regioni meridionali mette a rischio migliaia di posti di lavoro.

Pdi Andrea Barolini

totale della rete. Nonostante siano proprio gli “iper” a denunciare lemaggiori contrazioni delle vendite.

Analizzando quindi la variazione in percentuale delle quantitàintermediate si scopre che la “rete omogenea” (ovvero quella chenon comprende i nuovi punti vendita) ha registrato un -1,5% nel2005, -3,9% nel 2006 e – 4,3% nel primo semestre del 2007. E, ap-punto, solo grazie al contributo derivante dall’espansione della rete(sempre superiore ai 4 punti percentuali, quest’anno addirittura al+5,5%) il risultato complessivo è in attivo.

Ma i grandi operatori del settore non potranno costruire al-l’infinito. Per ragioni di spazio (soprattutto nei casi degli “iper” edei grandi supermercati, solitamente posizionati alle periferie del-le grandi città) e per motivazioni legate agli investimenti. Proba-bilmente parte del ragionamento dei dirigenti di Carrefour è sta-to proprio questo: per una multinazionale presente in quasi tuttoil mondo, meglio andare via da un territorio che si “regge” solosull’espansione della rete e investire in mercati più promettenti(ad esempio in America Latina). Senza contare che, nel Sud Italia,chi vuole aprire un supermercato deve fare anche i conti con lagrande quota di mercato in mano all’economia sommersa. Non acaso, un’azienda come Esselunga non ha mai aperto un puntovendita a sud della Toscana.

Mercati in via di saturazioneLa Gdo è entrata prepotentemente nel mercato una ventina di annifa. Con ritmi di espansione a due cifre, ha conquistato progressiva-mente grandi quote di mercato (soprattutto a danno della piccolavendita al dettaglio). «Oggi questo processo si va esaurendo – spie-ga Albino Russo, responsabile dell’ufficio studi di Ancc-Coop - nonsolo perché in alcune aree del Paese ha raggiunto i suoi livelli mas-simi, ma anche perché se le superfici di vendita aumentano e la tor-ta rimane la stessa, le fette da dividersi diventano sempre più picco-le». E la torta, in effetti, non accenna ad ingrandirsi: negli ultimi 10anni il tasso di crescita del settore alimentare è pressoché nullo. E levendite della grande distribuzione aumentavano proprio grazie al-

Carrefour annuncia la chiusura di 11ipermercati nel Sud Italia.WalMart non riesce ad aprire un nuovonegozio a New York e si ritira dal mercatotedesco. E’ la crisi di un modello o solo la rincorsa allamassimizzazione dei guadagni?

È GIUSTO CHE I PRODOTTI DEL COMMERCIO EQUO siano venduti dalla grandedistribuzione? È una scelta coerente con l’idea alla base di questo modelloeconomico e sociale alternativo? Il mondo del commercio equo è diviso tra il fronte del “sì”, quello del “no” e una serie di “dipende”. Ma, che si sia d’accordoo meno, la presenza dell’equo e solidale nella Gdo (grande distribuzioneorganizzata) è una realtà da anni. Grande distribuzione e botteghe del mondo(500 in Italia) si spartiscono a metà il mercato, 110 milioni di euro di fatturatol’anno scorso. Le previsioni per quest’anno parlano di una crescita del 30% per le vendite nella Gdo, praticamente ferme quelle delle botteghe. Ormai caffè,cioccolato, banane equosolidali, oltre che da Coop ed Esselunga, si trovanoanche da Conad, Iperal, Carrefour, GS, SMA, Crai, Pam, Lidl e Auchan. «Soloampliando il mercato possiamo effettivamente incidere sulla vita dei produttoridel Sud del mondo - spiega Carlo Testini, presidente di Fairtrade Italia, marchiodi certificazione equosolidale, nato proprio per rendere riconoscibili i prodotti del commercio equo all'interno dei supermercati. Oggi è talmente piccola la fettadell’equo e solidale che i produttori sono costretti a vendere la maggior parte dei prodotti a condizioni non eque. Solo la grande distribuzione può garantire i volumi necessari». «Ma è la grande distribuzione in sé a contrapporsi ai principidel commercio equo, perché appartiene all’ampio settore dei servizi che sta orientando la globalizzazione. È quindi parte di quel mondo che vogliamocambiare», replica Alberto Zoratti, di Fair, neonata (da meno di due anni)organizzazione di commercio equo. «Anche volendo mettere da parte la questione ideale, resta il fatto che la struttura stessa della Gdo impattafortemente sui produttori. Impone una selezione a monte dei prodotti, tramitestandard qualitativi e quantitativi, che spesso i piccoli produttori non riescono a rispettare – continua Zoratti – Il commercio equo si propone come alternativaal modello economico tradizionale, anche nella fase della distribuzione. Due, quindi, le strade possibili: sviluppare forme proprie di distribuzionealternativa, come le botteghe, o scegliere la grande distribuzione, ma riuscendoa incidere sulle sue linee commerciali. Praticamente impossibile. Sarebbe la prima volta che un produttore influenza la distribuzione. Neanche le grandimultinazionali ci riescono». E.T.

IL CAFFÈ EQUO SOLIDALETRA GLI SCAFFALI DELL’IPER

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Intrattenimento dei piccoli clienti al “Centro” di Oberhausen.Germania, 1996

GrandeDistribuzioneAzzoppata

GDO: DISTRIBUZIONE DELLE SUPERFICI DI VENDITA

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15% IPER >6.500 MQ

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24%SUPER 800-1.499 MQ

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l’erosione degli spazi di mercato del piccolo dettaglio. I consumi del-le famiglie, inoltre, nel corso del biennio 2005-2006 si sono rivelatitra i più contenuti dell’intera area-Euro, con un tasso di crescita in-feriore al 2%. I guadagni marginali per ogni metro quadro di super-ficie di vendita, perciò, non possono che diminuire.

Anche i dati relativi all’utile netto del settore, per quanto inaumento del 47% dal 2005 al 2006, si fermano ad un +2,2%: unrisultato magro, vista la mole di capitali investiti da gruppi comeCoop, Sma-Auchan o Interdis. Rispetto all’esplosione dei profittinetti, è più veritiero il dato relativo all’Ebitda (Earnings before in-

terest, taxes, depreciation and amortization, l’utile netto registra-to al lordo delle tasse e dell’ammortamento dei beni immateria-li), che cresce del 10,6%.

Stando ai dati relativi alle vendite alimentari nell’ambito dellaGDO, comunque, la performance degli ipermercati è stata, nei pri-

mi sei mesi del 2007, la peggiore del settore: -1,2% contro un so-stanziale pareggio di supermercati e piccole superfici e un +3% deglihard discount. Gli operatori del settore, per ora, non si dichiaranoallarmati. Vedremo cosa diranno quando non potranno più co-struire decine di nuove strutture ogni anno. .

FRANCIAQUOTA DI MERCATO 2%

FATTURATO 87,3 miliardi di €

UTILE NETTO 2,1 miliardi di €

MERCATO INTERNO/ESTERNO47%/53%

Con operazioni finanziarie in più di 30 paesi (compresi i franchises), Carrefour è il retailerpiù internazionale nel mondo.L’incremento delle vendite dovutealle operazioni finanziarie, basati su tassi di cambio costanti,è arrivato fino al 6.4%. In Italia il gruppo conta 57 iper, 468supermercati a insegna GS, 995 supermercati di prossimità DìperDì e 20 cash & carryDocksMarket e GrossIper.

I 5 LEADER MONDIALI DELLA GDO

GERMANIAQUOTA DI MERCATO 1,5%

FATTURATO 62,4 miliardi di €

UTILE NETTO 1,2 miliardi di €

MERCATO INTERNO/ESTERNO45%/55%

Lo scorso anno, Metro Group ha conosciuto il più forte sviluppodal 1998. Circa la metà delle sue vendite proviene da articolinon-food. Ed è prevedibile un ulteriore incremento dei profitti,garantiti negli anni a venire dallerete di commercianti indipendentinei mercati emergenti di tutto il mondo. Nel 2006, gli ipermercatidel gruppo Real hanno rinforzato la loro posizione con acquisizioniin Germania ed Est Europa.

REGNO UNITOQUOTA DI MERCATO 1,5 %

FATTURATO 62 miliardi di €

UTILE NETTO 2,3 miliardi di €

MERCATO INTERNO/ESTERNO75%/25%

Nonostante l’aumento della concorrenza in Gran Bretagnae le difficili condizioni di varimercati stranieri, Tesco ha sviluppato vendite complessivecon un impressionante 11,2% nel 2006. Il gruppo britannico ha ampliato la sua posizionenell’Europa centrale ed in Malesiamediante numerose acquisizioni.Uno scambio di asset con Carrefourha comportato il ritiro di Tesco da Taiwan in cambio di puntivendita nella Repubblica Ceca.

GIAPPONEQUOTA DI MERCATO 1,3 %

FATTURATO 56,5 miliardi di €

UTILE NETTO 0,8 miliardi di €

MERCATO INTERNO/ESTERNO66%/34%

Seven & I ha spodestato l’olandeseAhold dal quinto posto nella GDO mondiale. Due i fattori del successo: le acquisizioni in Giappone e la rapidaespansione dei suoi punti vendita7-Eleven in tutto il mondo. Le vendite nel 2006 sonoaumentate grazie all’attività del grande magazzino Millennium Retailing in Giappone, che ha generato nel 2006 un fatturato di 6 miliardi di euro.

USAQUOTA DI MERCATO 6,3%

FATTURATO 268,9 miliardi di €

UTILE NETTO 8,1 miliardi di €

MERCATO INTERNO/ESTERNO78%/22%

Il più contestato, il più boicottato,il più invidiato. Wal-Mart dimostrache anche il leader incontrastatonella GDO mondiale ha margini di crescita. Il colosso statunitenseha, da solo, una quota di mercatouguale agli altri quattro gruppimessi insieme. A livello mondiale,ha 2757 Supercenter, il doppio di quattro anni fa.

WWW.CONAD.IT QUOTA DI MERCATO 12,2%

FATTURATO 9 miliardi di €

PUNTI VENDITA 2.826 (43 iper)

Nel 2002, la partnership con Leclerc, leader della GDO in Francia. Due anni dopo,l’associazione con la tedescaRewe. Ora, l’accordo con Interdis. Risultato: unaquota di mercato in continuacrescita, che porterà la “Centrale Conad” (tremilasoci aderenti alla Lega dellecooperative) a insidiare il primato di Coop. E all’estero,con Colruyt e Coop Suisse ha attività in 18 Stati per un giro d’affari di 100 miliardi di euro.

I 3 LEADER DELLA GDO ITALIANA

WWW.INTERDIS.IT QUOTA DI MERCATO 6,8%

FATTURATO 7,1 miliardi di €

PUNTI VENDITA3.094 (12 iper)

L’accordo quinquennale con Conad (quota di mercatoaggregata al 18,9% e fatturatodi 16,2 miliardi) rappresenta un punto di svolta per il gruppo,conosciuto soprattutto per i due marchi-insegnaprincipali, Sidis e DiMeglio. Il gruppo è oggi composto da 33 imprese locali, distribuitesu tutto il territorio locale,tranne che in Valle d’Aosta.

WWW.E-COOP.IT QUOTA DI MERCATO 19,6%

FATTURATO 11,8 miliardi di €

PUNTI VENDITA 1.331 (78 iper)

La crisi dei consumi non ha fermato il gruppo Coop:il fatturato è cresciuto del 2,8%,i soci del 4%. 6 milioni e mezzodi persone in Italia sono socieCoop, in pratica una famiglia su 5. E, nel 2007, due nuoviservizi: CoopVoce con l’obiettivodi un milione di abbonati in tre anni e CoopSalute, 80 corner aperti in altrettantisupermercati per la vendita di farmaci da banco, a prezzi scontati.

GDO: VARIAZIONE % MEDIA DELLE QUANTITÀ INTERMEDIATE

2003 2004 2005 2006 1°SEM. 2007

Volumi a rete corrente 5,0 3,2 3,3 1,1 1,2Contributo da rete omogenea 0,3 -1,0 -1,5 -3,9 -4,3Contributo da espansione della rete 4,7 4,2 4,8 5,0 5,5

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VARIAZIONI IN % DELLA VENDITA AL DETTAGLIO IN ITALIA

2005 2006 1°SEM. 2007VARIAZIONE IN % VARIAZIONE IN % VARIAZIONE IN %

ALIMENTARIIpermercati -0,2 2,5 -1,2Supermercati 1,4 1,4 0,5Hard Discount 1,4 3,7 3,0Totale GDO 1,2 1,8 0,6Piccole superfici -0,7 0,4 0,8Totale settore 0,9 1,5 0,7

NON ALIMENTARIIpermercati 0,3 2,3 0,9Grandi magazzini 2,6 2,1 0,5Grandi superfici specializz. 4,2 2,4 1,8Totale GDO 1,6 2,3 1,0Piccole superfici -0,3 0,8 0,4Totale settore 0,0 1,0 0,5

TOTALE VENDITETotale GDO 1,3 2,0 0,7Totale Piccole Superf. -0,3 0,7 0,4Totale globale 0,4 1,2 0,6

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Il sistema Coop: «non perderemo la specificità» Intervista a tutto campo con il presidente dell’Ancc-Coop, Aldo Soldi, che difende la filosofia di pragmatismo caratteristico dell’azione del sistema cooperativo. Anche con molti interrogativi che rimangono aperti.

ONO LEADER ASSOLUTI E PER ORA INCONTRASTATI. Un esempioanche a livello internazionale. E come tutti i grandi so-no soggetto e oggetto di una competizione feroce. Con

un elemento in più: il fat-tore k. Perché le Coop, lecooperative di consumo

aderenti alla Lega, sono figlie di una storia politica e so-ciale che affonda le sue radici nel Partito ComunistaItaliana, nel suo modello di egemonia oltreché politi-ca, economica e culturale. Uno stile all’insegna di un“realismo e pragmatismo” che Aldo Soldi, il presiden-te dell’Ancc (Associazione nazionale cooperative diconsumo che rappresenta 168 cooperative di consumoe tra queste le 9 che fanno il colosso a marchio Coop)difende con determinazione.

Come saranno le Coop tra una ventina d’anni?

«Facciamo dieci anni che mi sembra più plausibile. Iovedo una proliferazione di tipologie, di veri e propriformat dei punti di vendita. Abbiamo vissuto un lun-go periodo in cui la piccola superficie sembrava de-sueta, ora assistiamo ad un recupero di questo model-lo perché c’è una domanda sempre crescente di negozidi vicinato: dal punto di vista delle strutture vedoquindi una rete fatta di una vasta tipologia di offerta,mentre sul fronte societario non ritengo che ci possa-no essere cambiamenti al nostro modello di riferi-mento. Potrebbero esserci delle fusioni delle grandicooperative o l’individuazione di sistemi che permet-tono di mettere a fattor comune degli aspetti, per ren-

di Andrea Di Stefano e Jason Nardi

dere più efficiente il sistema, ma quello che è certo èche le dimensioni non devono andare a discapito del-la relazione con i soci»

Il modello cooperativo è in salute o sta mo-strando la corda?

«C’è un meccanismo molto aperto che consente di par-tire dai soci e arrivare, in modo assolutamente traspa-rente, al consiglio d’amministrazione e al manage-ment. Tanto per essere molto chiari questo è unmeccanismo che, finita l’epoca in cui i partiti poteva-no esercitare un qualche peso, è gestito secondo rego-le interne di democrazia e trasparenza. Due settimanefa Coop Tirreno ha eletto i rappresentanti di base: han-no partecipato 40000 soci che hanno votato e nomi-

nato circa 350 persone, la maggioranza donne, cheparteciperanno alla vita della cooperativa».

Unicoop Firenze sta discutendo di un sistemadi governance duale. Qual è il percorso che il si-stema Coop intende adottare?

«Firenze si è orientata verso il modello duale, con unamaggiore distinzione tra i rappresentanti della pro-prietà, che sono figli di quel meccanismo cui facevo ri-ferimento, e il management. Non tutti sono intenzio-nati a scegliere la governance duale ma l’orientamentoè sicuramente comune».

Il prestito da soci non potrebbe assumere unruolo più attento al territorio?

Aldo Soldipresidente dell’Ancc-Coop.

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«È normale che il socio presti soldi alla sua cooperati-va. Non mi stancherò mai di ripeterlo così come noncredo che si possa sottacere il fatto che questa attivitàè soggetta a delle regole blindate. La media di prestitodei soci è di diecimila euro, a fronte di un massimo fis-sato a trentamila euro, e questo dimostra che nel so-cio non c’è alcun obiettivo speculativo. Il prestito nonè strumento per iniziative di carattere finanziario: cer-to consente alle cooperative di avere risorse e di pro-durre utili ma la filosofia che anima il socio è la stessache muove l’azione delle cooperative. Detto questo lecooperative si sono patrimonializzate e quindi cerca-no di offrire il loro modello anche nel campo assicu-rativo, e perché no, anche in quello creditizio. Non citrovo alcun elemento di scandalo: d’altra parte il piùgrande gruppo assicurativo francese è cooperativo».

Certo, ma la vicenda Unipol ha dato l’im pres -sione di una totale omologazione del sistemaCoop?

«Qui c’è stata sicuramente una carenza nello spiegaregli obbiettivi: portare alcuni principi cooperativi anchenel mondo del credito, maggiore trasparenza, atten-zione alle piccole e medie imprese, un processo più ef-ficiente e conveniente per il consumatore. Non vole-vamo entrare nella stanza dei bottoni, tanto percapirci, ma alla fine ha prevalso l’elemento della scala-ta, con tutto il battage che si è creato intorno»

Coop, per esempio, potrebbe marcare la diffe-renza dal resto della grande distribuzione con

una campagna che disincentivi l’uso dell’acquaminerale in bottiglie di plastica...

«L’acqua minerale è sostenuta da fortissime campagnepubblicitarie. Avremmo delle reali difficoltà nel limita-re l’assortimento per spingere a un cambiamento deiconsumi. È vero che, dal nostro punto di vista, queglispazi preziosi di magazzino e di scaffali potrebbero es-sere utilizzati per prodotti di qualità e servizio indub-biamente superiori per i nostri clienti e soci. Senza con-tare che il nostro margine sull’acqua è bassisimo».

Possiamo ipotizzare tre impegni del sistemaCoop: destinare parte del budget pubblicitarioa campagne valoriali, fissare target ambientali,incrementare la democrazia partecipativa at-traverso Internet e proporre ai consumatori “ungiusto prezzo”?

«Quest’ultimo tema è per noi cruciale: ci sono pro-dotti dove la competizione è indispensabile ma se èbasata solo sul prezzo ci porta ad un complessivo im-poverimento del sistema economico e della qualitàcon inevitabili rischi in primis per i clienti. Sullapubblicità credo che potremmo ipotizzare azioni co-me quella per la campagna “Liberi da Ogm”. Sul se-condo aspetto sicuramente possiamo fare di più ecredo che potremmo mettere a punto target chiari,anche con controlli di enti terzi. Su Internet stiamoragionando proprio a partire dalle adesioni raccolteattraverso la Rete alla campagna Ogm: un risultatoche ci spinge a ripensare alla nostra relazione conquesto strumento». .

Guido Cristini (Università di Parma): il settore è ormai saturo. E per l’Italia sono più adatti i supermercati. La scelta di Carrefour? Semplice strategia aziendale. Ma con solide motivazioni economiche.

ON SO SE USEREI LA PAROLA “CRISI” ma è indubbioche, per la prima volta da molti anni, gli iper-mercati sono in difficoltà». L’analisi è di Gui-

do Cristini, ordinario di Eco-nomia e gestione delle impreseall’università di Parma. «Nel-

l’ultimo biennio sono aumentati di numero ma la produttività ametro quadro è diminuita»

Professor Cristini, è la formula dell’ipermercato ad esse-re in “sofferenza”?

«Nella versione pensata 10-15 anni fa, sì. L’iper ha perso appeti-bilità soprattutto nel settore non-food, sostituito nelle preferenzedei consumatori dalla grande distribuzione specializzata, come

Ikea per l’arredamento o Zara per l’abbigliamento. Però va consi-derato anche un altro aspetto».

Ovvero?«Che si è quasi ad un livello di saturazione. L’offerta italiana haormai raggiunto quella del resto d’Europa. Fino a qualche annofa, la redditività degli ipermercati era superiore alla media Ue per-ché i punti vendita erano pochi. Ma poi, aumentata la concor-renza, inevitabilmente i guadagni marginali si sono ridotti».

Eppure il loro peso in Italia è al 18% contro il 29 dellaGermania, il 46 della Gran Bretagna e il 51 della Francia.

«Ma su questo dato incidono due fattori essenziali. La strutturaterritoriale italiana – poche pianure e molti rilievi - e la situazio-

di Emanuele Isonio

«N ne demografica: la popolazione non è concentrata in pochi gran-di agglomerati urbani ma distribuita in tanti piccoli centri. L’Italiaè più adatta ai supermercati che infatti hanno aumentato le loroquote di mercato».

Quindi non ci sono margini per l’ulteriore diffusione degliipermercati?

«Non è detto. Se si ripensa la formula e si riqualificano i punti ven-dita, in particolare per il settore non alimentare, c’è ancora spazio pergenerare profitti. Soprattutto al Sud dove la diffusione è indietro».

Intanto proprio nel Meridione, Carrefour ha deciso dichiudere 12 punti vendita.

«Sembra un paradosso. Però va considerato che Carrefour chiuderà

solo gli iper di 2500-3000 metri quadri, che rendono meno. E poi lescelte del gruppo non sono legate a un singolo Stato ma a una stra-tegia internazionale: se in un Paese i risultati sono inferiori alle at-tese, si chiude e si apre da altre parti».

Solo una questione di strategia aziendale…«Sì e no. Credo infatti che sia utile chiedersi perché al Sud i marginidi guadagno sono inferiori».

Lei cosa si risponderebbe?«Che sui profitti l’inefficienza della Pubblica amministrazione, la bu-rocrazia e le infrastrutture carenti hanno un forte impatto negativo.E in alcune zone pesa pure una buona dose di concorrenza sleale, cau-sata dall’economia sommersa e dalle infiltrazioni della criminalità».

Centro Commerciale di Bloomington, Mineapolis.Usa, 1994

Il modello degli iper? Una formula che va ripensata

LIBRI

E. G. Trjo

Soffro d’Ikea

Leconte, 2006

A. Cazzullo

Outlet Italia

Mondadori, 2007

M. Di Bari, S. Pipitone

Schiavi del supermercato

Arianna Editrice, 2007

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Un consumatore consapevole non fa comodo a questo modello di businessGiovani che praticamente vivono nei centri commerciali. Mondi paralleli, dove sono applicati metodi per influenzare le scelte di acquisto. Bisognerebbe insegnare a individuare questi trucchi. Ma alle aziende non conviene.

I VEDIAMO AL CENTRO COMMERCIALE. Quan-ti ragazzi oggi considerano questo luo-go un punto di incontro, dove passare

interi pomeriggi. Daun’indagine condot-ta lo scorso ottobre a

Milano dall’Osservatorio sui Diritti dei Minori, èemerso che il 73% degli adolescenti tra i quattordicie i diciotto anni trascorre in media tre ore al giorno

in un centro commerciale, il 19% di questi addirittu-ra il doppio. Sei ore al giorno! Ma perché? Ci aiuta arispondere Vanni Codeluppi, docente di sociologia

dei consumi all’università Iulm di Milano.

Perché i centri commerciali esercitano que-sta attrazione?

«Oltre alle motivazioni razionali (il risparmio, i servi-zi offerti, la comodità di trovare un parcheggio e diavere in un unico luogo tutti i prodotti e i servizi chesi cercano), esiste una forte componente irrazionale. Sientra in un centro commerciale per cercare la dimen-sione ludica e per fuggire dalla realtà. Sono mondi co-lorati, luminosi, che stimolano tutti i sensi. Creanouna separazione fisica rispetto allo spazio della quoti-

dianità e sono una risposta alla sensazione di insicu-rezza che si sta radicando nella società moderna. È ras-sicurante trovarsi in un ambiente chiuso, protetto. Èlo stesso principio per cui i giovani si rifugiano inrealtà virtuali come “Second Life”. L’altro elementofondamentale è la dimensione sociale. I giovani, maanche gli anziani, considerano i centri commercialiluoghi di incontro più che di acquisto».

Ma perché non incontrarsi altrove? In luoghistimolanti da un punto di vista culturale…

«Perché nella maggior parte dei casi non esistono. So-

prattutto nelle periferie e in molti piccoli centri, nonci sono altri posti dove incontrarsi, dove trascorrere iltempo libero. Così i luoghi del consumo - ipermerca-ti, centri commerciali, outlet - diventano dei surroga-ti di altri centri di aggregazione. Certo, passare tantotempo in queste strutture commerciali, anziché in unapiazza nelle migliaia di centri storici italiani, corri-sponde a un impoverimento culturale. Ma è un fattoche questi luoghi svolgano una funzione sociale a cuinessun’altro, la pubblica amministrazione innanzitut-to, pensa. È inutile limitarsi a demonizzare i centricommerciali, bisogna proporre un’alternativa».

di Elisabetta Tramonto

Vanni Codeluppi,docente di sociologiadei consumi allo Iulm di Milano.

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Carrefour chiude al Sud Italia. Wal-Mart non è riuscita asfondare in Germania e, nel frattempo, subisce conte-stazioni a New York. Non vede alcuna correlazione?

«No. Wal-Mart in Germania ha fallito perché la GDO era già sa-tura. E infatti, quando la multinazionale ha acquisito in GranBretagna il gruppo Asda, in pochi anni lo ha portato al terzo po-sto tra i punti vendita inglesi».

Anche le politiche pubbliche hanno importanza nel suc-cesso degli iper?

«Moltissimo. Pensiamo alla liberalizzazione di alcuni settori mer-ceologici. Cito un solo dato: in Francia, il 20% del fatturato di Car-refour è assicurato dalla vendita dei carburanti. Se fosse avviataanche in Italia, oggi staremmo parlando di “marcia trionfale de-gli iper”. Altro che crisi….». .

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Guido Cristini, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’università di Parma. Sotto, acquisti all’Ipermercato Auchan a Calais.Nella pagina a fianco, alcuni clienti cercano la stradacon la mappa del “Centro” di Oberausen, uno dei più grandi d’Europa.Francia, 1998 / Germania, 1996

Mercato saturoanche per le condizioni del territorio italiano che non ha grandi agglomeratiurbani

LIBRI

Vanni CodeluppiLa vetrinizzazionesociale

Temi, 2007

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I protagonisti invisibili della spesa quotidianaMentre riempiamo il carrello di prodotti centinaia di figure si muovono attorno a noi, nella catena di montaggio attivata dai dipendenti della GDO. Sono poco visibili, ma hanno in corso una vertenza durissima per il rinnovo del contratto.

ONO LE 8,30 E LE PORTE AUTOMATICHE DEL LIDL non si apro-no: la commessa gira la chiavetta, armeggia qualcheminuto; finalmente la ragazza riesce a far entrare le 4

o 5 persone che aspettano e si al-lontana. Torna alle casse solo quan-do si è formata una piccola coda,

soprattutto di anziane. Ma quando deve dare il resto e fatica a pren-dere un centesimo, sbotta: «Ho le mani gelate perché sto anche ca-ricando i surgelati». Non manca personale per malattia, è l’ordinariosfruttamento praticato nei discount, in forma solo un po’ più hardche nel resto della Grande distribuzione organizzata (Gdo).

Per mantenere alti i profitti anche in questa fase di ristruttura-zione, la Gdo privata comprime il più possibile il costo del lavorocon organici al minimo e riducendo gli stipendi dei lavoratori conogni espediente possibile: «L’Esselunga – dice Roberto D’Arcangelodella Filcams Cgil Lombardia – paga quanto stabilito dal contrattonazionale o aziendale, ma i nuovi assunti sono inquadrati due livelliin meno rispetto alle mansioni e sono soprattutto giovani con con-tratti di inserimento part time, che durante i 18 mesi del contrattosono completamente in balìa dell’azienda».

E allora le 24 ore su tre giorni, compresa la domenica, diventano40 ore settimanali, con una flessibilità che non lascia tempo pernient’altro, perché i turni vengono cambiati settimanalmente e poivieni chiamato per lo straordinario il giorno prima, con un turnomagari di tre ore all’apertura e tre ore a fine giornata. La richiesta ditotale disponibilità verso l’azienda non smette quando il contrattodiventa a tempo indeterminato: «In Lombardia – continuaD’Arcangelo – l’Esselunga è aperta 52 domeniche l’anno, oltre al 25aprile e il 1° maggio: turni, permessi e straordinari sono concessi onon concessi in modo assolutamente discrezionale, con intimida-zioni sui lavoratori e nessun rispetto per le loro esigenze».

Non andate al supermercato la domenicaL’Esselunga ha sempre visto i diritti dei lavoratori come il fumo ne-gli occhi e le attività sindacali sono state represse in tutti i modi, co-sì che non si riesce a tradurre in azioni collettive le esigenze indivi-duali: il sindacato non è presente in tutte le filiali e la segreteriaFilcams Lombardia ha avviato una procedura a livello territoriale percomportamento antisindacale dell’Esselunga, proprio sul riconosci-mento delle rappresentanze dei lavoratori.

Le carriere, in un clima del genere, devono corrispondere alle vo-lontà dell’azienda: «Vai avanti se ti metti a novanta gradi» spiega co-loritamente un ragazzo che in Esselunga ha resistito solo due setti-mane. «Andavo al lavoro con l’angoscia, poi me se sono andatosenza neanche avere un altro posto».

Adesso che ha 35 anni e da quattro è alla Pam, nonostante siaparecchio sveglio e abbia una professionalità acquisita nella ristora-zione, non ha prospettive di carriera, non verrà mai passato al fulltime e quindi sta cercando di mettersi in proprio: «Da un anno cir-ca si fanno pochissimi straordinari, ma sui turni siamo un terzo ri-spetto a prima. Gli straordinari sono una concessione: se sei “bravo”per “premio” ti fanno fare gli straordinari!».

P. lavora alla cassa in un megastore Esselunga e si chiede: «La gen-te non ha niente di meglio da fare la domenica, che fare la spesa? Iosono costretta a lavorare, ma starei volentieri a casa con mio figlio.I supermercati dovrebbero restare vuoti la domenica e in giorni co-me il 1° maggio».

Tanto lavoro e poca valorizzazione delle persone, ilpart time che attira ma poi diventa un labirinto,l’impegno del sabato e nei festivi, lo stipendio risicato,sono tutti motivi per cui il turn over nella Gdo è altissi-mo, così come l’assenteismo e chi resiste sono soprat-tutto donne: 156mila, soprattutto nei livelli più bassi,su 253mila addetti tra iper, super e discount.

La posizione degli imprenditori nella vertenza per ilrinnovo del contratto è durissima: rifiutano la piat-taforma sindacale, perché con le assunzioni a tempo in-determinato dopo 36 mesi introdotte dal protocollo sulwelfare, registrerebbero un aumento del costo del lavo-ro del 10%. Alla rottura si somma il piano di ristruttu-razione di Carrefour che, oltre alle chiusure al Sud, ha

annunciato 360 lavoratori in esubero su tutto il territorio.Carrefour ha anche inasprito lo scontro iniziando l’esterna liz za -

zione delle attività tipiche, seguendo l’esempio già dato da Esselunga:«Le attività tipiche – spiega Fabrizio Russo, Filcams – sono quelle co-me la gastronomia, la macelleria e il caricamento dello scatolame, cheè già stato conferito ad aziende esterne. Ma adesso nel Sud sono par-titi con l’esternalizzazione di attività come la macelleria».

Il superamento del concetto dell’orario dal lunedì al sabato èun’altra delle richieste padronali e mentre sul contratto nazionaleConfcommercio ha rotto le trattative, Coop prosegue il confrontocon i sindacati, mandando un segnale molto differente.

Produttività a quale costo?Caprotti nel suo libro afferma che l’Esselunga ha una pro-duttività maggiore e che questa è una garanzia di efficien-za per i consumatori, ma a quale costo? «La produttivitàin Esselunga – risponde Vito Schiavone della Filcams –passa attraverso una logistica avanzata, la scelta delle cen-trali di acquisto e ottimizzare la forza lavoro per farla ren-dere al meglio: quindi se “sfrutto” di più i lavoratori ot-tengo una produttività maggiore al metro quadro».

Ma se questo vuol dire cassiere che devono timbrarequando vanno a fare la pipì, non basta avere un repartodi prodotti equosolidali, bisogna applicarle al proprio in-terno le condizioni di lavoro equosolidali. .

di Paola Baiocchi

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LIBRI

Dorothée Ramaut

Journal d’un médecin du travail. La souffrance au travail

Le Cherche midiTémoignage, 2006

Ma che fine ha fatto la vita culturale nellecittà, nei centri storici?

«Da anni in Italia si è seguita la strada di spostare fuo-ri dai centri storici il cuore dell’attività commerciale.Ma, insieme alla vita commerciale, si è spostata anchela vita sociale. I centri si stanno spopolando e la vitaculturale si sta impoverendo. È stata una scelta».

Una scelta di chi?«Di chi ha amministrato le nostre città. Non hannosaputo, o voluto, stimolare la ricerca di un equilibriotra la città come centro socio-culturale, da un lato, ecome cuore di una moderna attività commerciale,dall’altro».

Perché?«Perché le scelte delle amministrazioni pubbliche so-no state guidate da interessi economici. Le aziendeprivate hanno investito per creare questi poli com-merciali e molti Comuni hanno goduto di notevolibenefici economici».

Un’accusa che viene mossa da tempo, in par-ticolare ai centri commerciali, ma in realtà atutta la grande distribuzione, è di influenzarele scelte di acquisto dei consumatori…

«Certo, esistono tecniche che agiscono sulla sfera irra-zionale. Vengono usate strategie sensoriali, con colo-ri, musiche, profumi. Ma anche la disposizione dei re-parti e dei prodotti sugli scaffali segue una logicaprecisa. Frutta e verdura, ad esempio, sono sempre al-l’inizio, perché mettere il guanto di plastica, impac-chettare e pesare è noioso. Meglio proporre queste at-tività quando il cliente è appena entrato e non èancora stanco. Di fianco alle casse sono posizionati icosiddetti prodotti di acquisto impulsivo, come cara-melle, patatine, snack. Mentre si fa la fila è facile es-serne attirati e infilarne qualcuno nel carrello. Sugliscaffali le marche più costose sono collocate ad altez-za occhi o nei luoghi più facilmente raggiungibili al-lungando la mano, quindi non in alto né in basso».

Ma non è una novità, sono tecniche applica-

te da più di dieci anni. Conoscendole non do-vremmo ormai esserne immuni?

«Assolutamente no. Da un lato perché agiscono sui no-stri meccanismi istintivi, per evitarle bisogna pensarci.Anche conoscendo le tecniche, basta essere un po’ di-stratti per cascarci. Ma, soprattutto, non è vero che so-no metodi noti. I più non li conoscono. I consumato-ri dovrebbero essere educati a decodificare le tecnicheusate per influenzarli. Non solo dalla grande distribu-zione, anche dalla pubblicità e dai mass media».

E perché non succede? Perché nessuno pen-sa a educare a un consumo consapevole?

«Perché un consumatore consapevole non fa comodo anessuno. Di certo non alle imprese. Chi riesce a deco-dificare i trucchi applicati nei punti vendita, acquistameno e in modo più razionale, quindi spende meno.Sarebbe compito dello Stato pensare a un’educazioneai consumi. Dopotutto è una parte fondamentale del-la vita di tutti. Ma, alla fine, il nostro sistema indu-striale si basa anche su questa nostra inconsapevolez-

za. Se iniziassimo a comprare meno, il nostro sistemaeconomico vacillerebbe».

Si stanno evolvendo queste tecniche di con-dizionamento?

«Certo. Per esempio oggi il consumatore, senza ac-corgersene, è indotto a compiere un lavoro non retri-buito, in particolare nel momento dell’acquisto. Sipensi a tutte quelle attività che da qualche tempo si ècostretti a compiere in un punto vendita: impacchet-tare frutta e verdura, pesare, leggere i codici a barre.Vengono spacciate come metodi per risparmiare tem-po, in realtà sono un risparmio di costi e di persona-le per l’azienda e un lavoro non retribuito per il clien-te. È il modello Ikea: il cliente fa tutto da solo, guardail catalogo, prende le misure, progetta, sceglie il pro-dotto, lo prende in magazzino, lo porta a casa e lomonta da solo. Certo, i prezzi sono più bassi della me-dia, ma il guadagno per l’azienda è di molto superio-re. È questa l’ultima moda nella grande distribuzione:far lavorare gratis i clienti». .

LIBRI

Tapscott Don Williams Anthony D.

Wikinomics. La collaborazione di massa che stacambiando il mondo

Etas, 2007

LIBRI

GiandomenicoAmendola

La città vetrinaI luoghi del commercioe le nuove forme del consumo

Liguori Editore, 2006

Turn over e assenteismosono i tratti salientidelle nuove catene di montaggio del commercio

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Il grande magazzinoInterspar, al Parc City di Ljubljana. Slovenia, 2004

I bei business della ex Jugoslavia

Ex Balcani

A LA JUGOSLAVIA È ONSHORE? Ve ne ricordate? Qualche anno fa si parlò, specie in relazione alla GuerraCivile al di là del confine, di trasformare Trieste in una città offshore – una sorta di Montecarloitaliana. Dire che non se ne è fatto più nulla sarebbe un’esagerazione, viste le regole commerciali e doganali che valgono nella capitale friulana, ma almeno dal punto di vista legislativo la propostaè stata abbandonata.

Del resto, con la Slovenia in Europa e la Croazia pronta ad entrarci, una parte dell’attrattivitàuna “Trieste offshore” l’avrebbe persa comunque, si potrebbe pensare. Oggi i Balcani possonoriciclare ovunque, non hanno bisogno dei ladini, che sarebbero venuti comunque troppo tardi.

A guardare chi siano le figure emergenti dell’economia nella ex Jugoslavia, infatti, ci si accorgedi due cose sconcertanti: la prima è che la Jugoslavia è molto meno ex di ciò che si pensi. La seconda è che i gruppi che oggi guidano le classifiche sono gruppi di commercio all’ingrosso e al dettaglio (Mercator in Slovenia, Agrokor in Croazia, Delta in Serbia e FIS Vitez in Bosnia), tutti provenienti direttamente dalla stessa società, Konzum, che era il colosso della Jugoslavia di Tito che si occupava di tutto: agricoltura, pastorizia, pesca, lavorazione, distribuzione e vendita

del cibo, più tutta una serie di prodotti di uso primariodella popolazione.

Ci si rende anche conto del fatto che i grandiindustriali – un nome su tutti, il serbo MiroslavMiskovic, azionista di maggioranza della Delta Holding –sono o presunti criminali di guerra o comunque partnerstrettissimi dei leader della pulizia etnica o di altre

scelleratezze avvenute durante il coma della società balcanica degli anni ’90. Gente cresciuta nelloStato jugoslavo come manager d’apparato, spesso legata ai servizi segreti, carriera militare, scuolaeconomica fatta a far sparire i profitti occulti della Guerra Civile nei posti preferiti dai Milosevic & Co.: Cipro, Liechtenstein, Lussemburgo prima; Cipro, Israele, repubbliche baltiche oggi.

Miskovic, cui nel 1998 l’Unione Europea, per la sua complicità con Milosevic aveva negato il visto d’ingresso, ha fatto i soldi così: nel 1989 divenne vice primo ministro con delega al commercio. Concentrò tutto nelle sue mani ed instaurò una tassa privata per tutti i produttoriche finiva sui conti di una banca cipriota. Dalla Banca Nazionale riceveva crediti senza garanzieche poi ripagava in valuta pregiata (in quei anni l’inflazione ogni sei mesi dimezzava il valore del dinaro). Nel frattempo organizzava il contrabbando in barba all’embargo. Con le centinaia di milioni di dollari guadagnati ha quindi aperto una banca, la Delta Bank, facendovi affluire i guadagni di tutta una carriera sua, di Milosevic e dei loro complici – una cosa di cui al Tribunaledell’Aja Carla Del Ponte, sempre attentissima a perdere tutti i processi da lei intentati, non si è ovviamente mai curata...

La Delta Bank, lo dice anche il nome, è la banca madre del gruppo Delta, che oggi controlla un terzo dell’economia serba. Ma non senza problemi. La tattica è rimasta la stessa: Delta si accorgeche c’è un prodotto di nicchia che ancora non produce. Allora lo fa e compra i concorrenti,

perché Delta, nei propri supermercati, da quel momento in poi vende solo la propria roba e la concorrenza, che è sempre fatta da una fabbrichetta locale, non ha scelta: cedere la maggioranza delle proprie azioni a Delta, che ingloba, incassa gli utili e decide chi continua a lavorare (con stipendi da fame) e chi invece debba emigrare. Solo che il giochetto non funzionapiù, perché i debiti contratti con le banche, dati senza garanzia, non si riesce più a pagarli: la valuta è divenuta stabile, l’economia non cresce, la gente non ha soldi per consumare...

Non resta che il malaffare, che è un ottimo prodotto da esportazione. E poi bisogna cominciarea vendere i poco costosi prodotti dei Balcani ai consumatori danarosi dell’Unione Europea. Ecco così che Delta si allea con gli altri pezzi del vecchio Konzum, per partire tutti insieme, vecchicompagni jugoslavi, alla conquista del mondo. Però la banca, che è una schifezza impresentabile,bisogna venderla. Ma chi se la comprerà mai, una cosa simile? Ma Intesa San Paolo, perdinci!

Sicché, acquirenti del Bel Paese, attenti: se al supermercato, per evitare di finanziaredirettamente o indirettamente la mafia, rinunciavate a comprare certi prodotti di certi gruppialimentari italiani, ora attenti a carne e cereali che vengono dai Balcani: ad ogni morso sappiate che state partecipando al reinserimento nella società dei macellai della Guerra Civile e contribuendo alle paghette dei latitanti, come Karadzic o gli ufficiali della Srpska Garda, che da quelle parti l’inverno è freddissimo. .

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Cresciuti sulla guerra e i criminicontro l’umanità i signori del business hanno creato degli imperi e persino una banca,la Delta, che oggi controlla un terzo dell’economia serba

di Paolo Fusi

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finanzaeticaLe domande impertinenti degli azionisti attivi >32 Uno sguardo critico sul mondo delle banche e della finanza >36E sul futuro di Banca Etica il dibattito continua >37

LA SAMSUNG CORROMPEPOLITICIIN SUD COREA

Guai in vista per la Samsung. Due associazioni di cittadini hannoinfatti denunciato per corruzione i vertici della società coreana,leader nella produzione di cellulari,dopo le accuse mosse all’aziendada Kim Yong-Cheol, ex capo di una divisione legale di Samsung.

Gli avvocati aderenti alla “Lega per la Società democratica e la solidarietà popolare” hannoformalmente accusato il presidentedella compagnia, Lee Kun-Hee e due altri alti dirigenti di averdepositato fondi neri in alcuni conti correnti bancari percorrompere magistrati, giudici,esponenti governativi e pubbliciufficiali. Il tutto, si legge nelladenuncia, per “mantenere buonerelazioni ed evitare possibilisvantaggi economici in futuro”.

I dirigenti accusati respingono,in un dossier di 25 pagine, ogni accusa. Ma l’ex dipendenteconferma: «Io stesso – dichiara Kim Yong-Cheol – ho partecipatoalle operazioni illecite. Le attività di corruzione venivano decise dai vertici, io mi interessavo delle questioni legali». Spetta ora alla procura di Seul decidere se rinviare a giudizio gli indagati.

CINALA DELL FA FORMAZIONESOCIALE

Ogni tanto, qualche buona notizia.Questa volta riguarda la Dell, il colosso texano dell’informatica,che ha deciso di avviare una serie di corsi di formazione sociale per i dipendenti di venti compagniecinesi e taiwanesi ad essa collegate.Obiettivo: convincere i fornitori ad adeguarsi al Codice di condottadell’industria elettronica ed evidenziare i rischi reputazionaliconnessi alla violazione dei dirittidei lavoratori. Il merito di questascelta è dell’azionariato attivo. In particolare di un’associazionestatunitense, la ICCR, che lavora per convincere le grandi aziende ad impegnarsi per migliorare le condizioni ambientali, sociali e lavorative negli stabilimentidislocati nei paesi in via di sviluppo.Ai tre cicli di corsi, realizzati con la collaborazione di ong locali,hanno preso parte una cinquantinadi impiegati. Tre i temi affrontati: il lavoro minorile, la discriminazionefemminile e i sistemi di ascolto delle opinioni dei dipendenti. I risultati, secondo la stessa ICCR, sono positivi. Bisognerà ora vedere se si tradurranno in miglioramenti effettivi.

SOLILES, NUOVE SOLUZIONI CERCASI NELLA FINANZA ETICA

Per chi voglia mettere in pratica un’ideaimprenditoriale, per quanto sulla carta possa essereinteressante, il problema è sempre lo stesso: il capitale iniziale. E, una volta che ci si rechi in banca per chiedere un prestito, anche la richiestache ci si trova di fronte è sempre la stessa: una garanzia. Spesso anche bussando alla porta della finanza etica non si ottiene risposta.

Dopo venticinque anni di lavoro proprio nel mondo della finanza etica, Giovanni Acquati, che ha partecipato alla creazione delle prime Mag(società mutua per l’autogestione), propone una soluzione a questo problema. Si chiama Soliles,un’associazione di volontariato, che per il momento sta ancora muovendo i primi passi. L’idea alla base:raccogliere donazioni da imprese, liberi professionisti,privati, da presentare agli istituti di credito comegaranzia per chiedere il finanziamento di imprese etiche sociali e sostenibili, che altrimenti non riceverebbero un euro. Il vantaggio: grazie alla legge 266/92 sulle associazioni di volontariato,chiunque effettuerà una donazione potrà scaricarladalla dichiarazione dei redditi. Per informazioni e per effettuare una donazione (a Natale, perché no?)si può visitare il sito internet www.soliles.it.

FONDICALIFORNIANI,NIENTE AFFARICON L’IRAN

A due tra i più importanti fondipensione degli Stati Uniti saràconsentito, per legge, vendereun’importante quota dei propriportafogli titoli. Si tratta del CaliforniaPublic Employees’ Retirement System(Calpers) e del California StateTeachers’ Retirement System (CalSTRS),che nei prossimi mesi dovrannocedere ben 3,4 miliardi di dollari di azioni. È l’effetto di una nuovalegge californiana che consente ai fondi che operano nello statoamericano di non acquistare titoli di aziende attualmente in affari con l’Iran.Il California public divestfrom Iran Act è infatti l’ultima trovata del governatore Arnold Schwarznegger.Ma non è il primo caso: in altri Statiamericani sono già in vigore leggi che disincentivano o vietano gli investimenti legati anche solo indirettamente al Paese di Ahmadinejad. Secondo fontiufficiose, da Calpers (che, con un portafoglio titoli di 259 miliardi di dollari è il più grande fondopensioni americano) potranno essereeliminate, tra le altre, le azioni dicolossi mondiali dell’energia comel’austriaca OMV, la francese Total,l’italiana Eni, la russa Gazprom e la norvegese StatoliHydro, tutti in affari con Teheran. Per ora, il portavoce del fondo Brad Pacheconon ha voluto confermare i nomi delle società coinvolte,limitandosi a spiegare che «i criteri per l’individuazione delle aziendesaranno resi noti non prima di giugno del 2008».

CISCO SYSTEMS, I DIRITTI UMANI FANNO BRECCIA TRA GLI AZIONISTI

L’assemblea degli azionisti di Cisco Systems, che si è tenuta il 14 novembre a San José, California,ha respinto anche quest’anno la mozione che chiedevaal colosso informatico di presentare un rapporto sui “passi che la compagnia potrebbe compiere per ridurre il rischio di favorire la violazione dei dirittiumani”. La percentuale di favorevoli e astenuti è salita però al 49,5%, contro il 30% del 2006. Due anni fa, una mozione che chiedeva di fornire agli azionisti informazioni trasparenti sulle tecnologie e i programmi venduti alla Cina negli ultimi dieci anni,raccolse solo l’11% dei consensi. Anche quest’anno, la mozione è stata presentata da due gestori di fondi d’investimento socialmente responsabili, gli statunitensi Boston Common Asset Management e Domini Social Investment, insieme ai fondi pensionepubblici della città di New York.

Cisco continua a ribadire che la compagnia “non favorisce in alcun modo le attività censorie dei governi”. “Appena tre anni fa ben pochi investitorinelle nuove tecnologie avrebbero messo in dubbio il rispetto dei diritti umani da parte delle società dell’hi-tech”, ha dichiarato l’ONG Reporter SenzaFrontiere. “Oggi vediamo che un numero sempremaggiore di azionisti sono pronti a fare pressioneperché imprese come Cisco rispettino la libertà di espressione in tutti i Paesi in cui operano”.

FINANZACONTROMANO, DA SUD A NORD

Ogni anno centinaia di miliardi di dollari “scivolano” dai paesi più poveri verso quelli più ricchi.Operazioni finanziarie che spesso si muovono in quella “zona grigia” al limite della legalità, dove le giurisdizioni dei singoli Paesi non riescono ad arrivare. Scrigno per questi tesori, i paradisi fiscali,che, “garantendo segretezza,anonimato, scarse regolamentazionie imposizioni fiscali basse o nulle,giocano un ruolo fondamentale nel permettere e facilitaretransazioni legate all’evasione e all’elusione fiscale, alla fuga di capitali, al riciclaggio, al finanziamento delle attivitàcriminali”. Questi meccanismi e il loro impatto sulle economie dei paesi del Sud del mondo, sonoanalizzati nella relazione «La finanzacontromano», scritta da AndreaBaranes, di Crbm (campagna per la riforma della Banca Mondiale,www.crbm.org). Impatti enormi, non solo a livello economico, ma anche e soprattutto per le ricadute in termini di giustiziasociale e fiscale, di democrazia e rispetto dei diritti umani.Appuntamento importante per affrontare questi problemi, il vertice delle Nazioni Unite sullaFinanza per lo Sviluppo che si terràa Doha nel dicembre del 2008.

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Fondi pensione, ordini religiosi, fondazioni. In tutto il mondo fanno sentire la loro voce critica nelleassemblee delle imprese. Che sempre più spesso sono costrette a cedere.

RRISPETTOSI E AGGRESSIVI, NON SI FERMANO DAVANTI A NULLA E A NESSUNO. Da almeno due anni i famige-rati fondi activist popolano le prime pagine dei giornali finanziari. L’ultimo in ordine di tempo èAlgebris, un fondo hedge (speculativo) creato appena un anno fa. Alla fine di ottobre ha osato pro-

fanare il tempio delle Generali, chiedendo, con una lettera al consiglio di am-ministrazione, una governance più “europea”: fine dei patti di sindacato tra so-ci che sbarrano la strada ad eventuali scalate, meno conflitti di interesse e uno

stipendio più basso per il presidente. A luglio ci aveva pensato l’attivista inglese John Mayo, con tra-scorsi da manager spregiudicato, a gettare nel panico Vodafone, colosso delle telecomunicazioni. Conuna manciata di azioni e l’appoggio di un centinaio di azionisti era riuscito a presentare quattro mo-zioni all’assemblea dei soci dell’impresa, per chiedere, in sostanza, più profitti in tempi più brevi.

Gli activist si muovono con un copione ormai riconoscibile: in-dividuano società che, secondo loro, rendono meno di quanto po-trebbero, in silenzio ne diventano azionisti, si alleano con altriazionisti insoddisfatti e sferrano attacchi a sorpresa a colpi di let-tere, mozioni, comunicati. Se non raggiungono gli obiettivi che sierano prefissati, riescono comunque a farsi pubblicità o a far sali-re il valore dei titoli che attaccano. Portando a casa facili guadagni.

Attivisti per missione «Gli activist svolgono una funzione importante», spiega Alessan-dra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr, società di gestione delgruppo Banca Etica. «Ci ricordano che gli azionisti, se si organiz-zano, hanno un grande potere: possono risvegliare dal letargo leimprese, stimolandole a cambiare rotta. In realtà, gli attivisti dicui si parla in questi mesi, hanno principalmente obiettivi specu-lativi, di breve periodo. Da più di trenta anni esistono invecegruppi organizzati di azionisti che dialogano con le società quo-tate su temi sociali, ambientali e di governance. Con meno cla-more, ma forse più risultati nel lungo termine».

I primi e più conosciuti sono gli ordini religiosi, i fondi e le as-sociazioni riuniti sotto ICCR, Interfaith Center on Corporate Re-sponsibility (Centro Interreligioso sulla Responsabilità Sociale),una coalizione, con sede a New York, che, dal 1971, presenta e favotare ogni anno mozioni nelle assemblee di oltre 100 impreseamericane. «Chiediamo alle imprese più trasparenza sulle paghe

degli amministratori, più attenzione alla riduzione delle emissio-ni di inquinanti, maggiore chiarezza sul rispetto dei diritti umaninei Paesi del Sud del mondo», dichiara Laura Berry, executive di-rector di ICCR. «Raramente riusciamo a ottenere la maggioranzadei voti sulle nostre proposte, ma spesso la presenza in assembleaè l’inizio di un lungo confronto con l’impresa, che porta a risul-tati molto significativi», continua Laura. «Siamo riusciti a con-vincere GAP (catena di abbigliamento, ndr) a pubblicare sul suosito la lista dei laboratori a cui dà in appalto la produzione nei Pae-si in via di sviluppo e ad indicare, con un semaforo rosso, gli sta-bilimenti che presentano più problemi dal punto di vista dei di-ritti dei lavoratori».

La forza dei fondi pensioneRendere il mercato un luogo più democratico, stimolare le im-prese ad essere più trasparenti. Con questi obiettivi CalPERS, ilfondo pensione dei dipendenti pubblici californiani (250 miliar-di di dollari di patrimonio), partecipa alle assemblee degli azioni-sti. Lo fa dall’inizio degli anni Ottanta, quando è partito il “cor-porate governance program”, con cui il fondo ha cominciato afare pressione sulle imprese chiedendo più amministratori indi-pendenti, più donne nel board, paghe più eque a tutti i livelli.L’anno scorso ha sottoposto oltre 30 mozioni all’attenzione delle

grandi corporation americane, il doppio rispetto all’anno prima,raccogliendo l’interesse di molti altri azionisti: in media più del60% hanno votato con CalPERS.

In Europa la forza dei fondi pensione ha il volto rassicurantedi Dominique Biedermann. Nel 1997 ha creato Ethos, fondazio-ne Svizzera “per lo sviluppo sostenibile”, con sede a Ginevra. Og-gi gestisce oltre 1,5 miliardi di euro per conto di un’ottantina difondi pensione elvetici, che Ethos rappresenta nelle assemblee de-gli azionisti. Nel 2005, all’assemblea di Nestlé, Ethos aveva chie-sto, con una mozione, che Peter Brabeck, presidente e ammini-stratore delegato della multinazionale, rinunciasse ad una delledue cariche per assicurare un maggiore equilibrio nella gestionedell’impresa. La mozione raccolse poco meno del 40% dei voti enon passò, ma da allora Brabeck è finito sotto il tiro incrociatodella stampa internazionale e degli investitori istituzionali. Il “ca-so Nestlé” si è chiuso in settembre, con la nomina di un nuovoamministratore delegato. E la vittoria degli azionisti attivi.

Largo agli attivisti italianiE l’Italia? Se si eccettuano le invettive di Beppe Grillo e la breve espe-rienza degli “azionisti ecologisti” di Legambiente, le uniche iniziati-ve di azionariato attivo nel nostro paese sono promosse da Etica Sgr,attraverso i fondi di investimento etici Valori Responsabili. «Da treanni partecipiamo alle assemblee delle imprese in cui investiamo,

Le domande impertinenti degli azionisti attivi

di Marco Atella

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Un negozio GAP protetto dalla polizia durante la manifestazione contro il World Economic Forum a New York. La catena è stata convinta dagli activist di ICCR a pubblicare la lista dei laboratori a cui dà in appalto la produzione nei Paesi in via di sviluppo e ad indicare,con un semaforo rosso, gli stabilimenti più critici.Usa, 2002

L’ABC DELL’AZIONARIATO ATTIVO

CHE COSA SIGNIFICA AZIONARIATO ATTIVO?Acquistare le azioni di un’impresa per avere il diritto di partecipare alle assemblee dei soci, votare i punti all’ordine del giorno, fare domande e intervenire nel dibattito. È un metodo per stimolare l’impegno delle Societàquotate nella tutela dell’ambiente, dei diritti umani e dei lavoratori e nell’adozione di buone pratiche di governo.

IL DIALOGO CON LE IMPRESEPuò essere esercitato a vari livelli. Il primo passo da compiere è cercare un dialogo con l’impresa. Come azionisti è possibile contattare il managementchiedendo informazioni o un confronto. Spesso si aprono tavoli di discussionetra l’impresa, gli azionisti e i principali portatori di interesse (sindacati,associazioni, ecc.).

LA PARTECIPAZIONE ALLE ASSEMBLEE DEGLI AZIONISTISi può poi partecipare alle assemblee degli azionisti, votando i punti all’ordinedel giorno e intervenendo per fare domande o proposte. È un’occasione per parlare direttamente con i vertici dell’azienda e far conoscere le proprieproposte ai manager, alla stampa e agli altri azionisti. Spesso è l’inizio di un dialogo duraturo con l’impresa.

LA PRESENTAZIONE DI MOZIONIIn alcuni casi si può proporre la votazione di nuovi punti all’ordine del giorno(su temi sociali, ambientali o di governance), ma sono richiesti requisiti che variano a seconda del Paese e del regolamento assembleare o dello statuto dell’impresa. Le mozioni sono l’extrema ratio per l’azionista attivo. Vanno presentate in assemblea se l’impresa si rifiuta di dialogare o se non si riscontrano progressi nella discussione.

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di Marco Atella

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scriviamo lettere, dialoghiamo con i consiglieri e i manager», spiegail direttore generale di Etica Sgr Alessandra Viscovi. «Abbiamo con-vinto Indesit a pubblicare il piano di certificazione ambientale deisuoi stabilimenti, abbiamo scritto a Heineken per avere maggioriinformazioni sulla cessione dello stabilimento di Pedavena, abbia-mo ottenuto da Johnson & Johnson e Colgate maggiore trasparen-za sui test dei prodotti cosmetici effettuati sugli animali», continuala Viscovi. «Siamo alla ricerca di alleati tra gli investitori istituziona-li per rendere più efficaci le nostre azioni. Abbiamo appena pubbli-cato le Linee guida sull’azionariato attivo, il primo documento del ge-nere in Italia, con le quali spieghiamo le nostre strategie diintervento in assemblea in oltre trenta casi divisi in tre ambiti: so-ciale, ambiente e governance». Intanto la Fondazione Culturale diBanca Etica si prepara a lanciare un programma di azionariato atti-vo per dare voce alle associazioni, ai movimenti e alle campagne perla giustizia sociale e la tutela dell’ambiente (vedi ). Un percorsonuovo. Tutto da esplorare. . BOX

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COMPRARE LE AZIONI DI UN’IMPRESA per poter esercitare una pressionesui suoi comportamenti in campo sociale, ambientale, di trasparenza e di governance. Negli Usa e in molti Paesi europei l’azionariato attivo è una prassi comune, che dà ottimi risultati. In Italia è una pratica quasisconosciuta. La Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha deciso di lanciare dal 2008 un’iniziativa di azionariato critico. Insieme ai principaligruppi della società civile, sta selezionando alcune imprese quotate in Borsa – particolarmente criticate dal punto di vista della tutela dei diritti umani e sindacali, del rispetto dell’ambiente e della trasparenza – di cui acquistaredelle azioni – grazie a un fondo di 25 mila euro messo a disposizione dallafondazione – per poi poter intervenire nelle assemblee ed esercitare unapressione perché vengano adottati comportamenti socialmente responsabili.

«È importante portare in Italia l’azionariato critico– spiega Ugo Buggeri,presidente della fondazione - Perchè una tale azione abbia uno sviluppofuturo occorre una sinergia tra chi si occupa di finanza e le realtà che fannocampagne di pressione sulle aziende quotate». Il 21 gennaio a Milano verrà presentata l’iniziativa, in un convegno organizzato da Valori.Un’occasione per confrontarsi sul tema dell’azionariato attivo e sulla necessità di interessarsi e monitorare i comportamenti, soprattuttoper gli aspetti finanziari, delle grandi imprese (vedi Valori di ottobre sui nuovi cattivi). Sui siti internet www.valori.it e www.orresvatoriofinanza.it(promosso da Valori insieme a Crbm, Campagna per la riforma della BancaMondiale, e Mani Tese) si potrà seguire passo passo l’iniziativa e avereinformazioni sul convegno.

E ADESSO TOCCA A NOI

CRESCE L’INTERESSE DEI RISPARMIATORI per i fondi di investimento etici. In menodi quattro anni il patrimonio dei fondi SRI (Socially Responsible Investments), è cresciuto del 50% negli USA e del 300% in Europa, dove hanno raggiunto un patrimonio di 49 miliardi di euro. Il boom riguarda anche gli investitori istituzionali,che stanno diventando sempre più azionisti attivi su temi come la governance o il disinvestimento da imprese che fanno affari con Sudan, Iran e Birmania. «I grandiscandali aziendali, come Enron e WorldCom hanno scatenato l’attivismo degli azionisti,che, da spettatori passivi delle condotta delle imprese, sono diventati sempre piùimpegnati», dichiara Timothy Smith, direttore di Walden Asset Management, una societàdi gestione di Boston specializzata in SRI. «Il comportamento dei fondi etici ha cominciato a cambiare alla metà degli anni novanta», spiega Bennett Freeman, vice-presidente della società di gestione Calvert, al primo posto nel mercato dei fondietici USA con 8 miliardi di dollari di patrimonio investito. «Le imprese americane eranofinite sotto i riflettori per le condizioni di lavoro disumane negli stabilimenti a cui appaltavano la produzione nei Paesi in via di sviluppo». Attenzione ai dirittiumani e alla tutela dell’ambiente e attivismo nei confronti delle imprese. Sono questigli ingredienti alla base del boom dei fondi etici. Ma anche buoni rendimenti: da inizioanno, sulla base dei dati dell’agenzia Lipper, i fondi SRI americani hanno resomediamente l’11,66%, contro l’11,27% della media dei fondi tradizionali. M.A.

IL BOOM DELL’AZIONARIATO ATTIVO RILANCIA I FONDI ETICI

15 DICEMBRE 2005, VOTO ALL’ASSEMBLEA DI CISCO SYSTEMS Voto contrario alla rielezione del Consiglio di Amministrazione e al piano di stock options. Voto a favore di due mozioni propostedagli azionisti di minoranza (ICCR). RISULTATO: dialogo in corso tra ICCR e l’impresa.

DICEMBRE 2005: co-presentazione di una mozione per l’assemblea2006 della farmaceutica americana Bristol-Myers Squibb per avere maggiori informazioni sui contributi versati ai gruppi politici. RISULTATO: Bristol-Myers ha fornito tutti i dati richiesti primadell’assemblea e la mozione non è stata presentata.

13 APRILE 2006: ASSEMBLEA DI TELECOM ITALIAIntervento per chiedere maggiori informazioni sulle remunerazionivariabili (bonus) degli amministratori.

RISULTATO: incontri regolari con il management, dialogo con la società che si è interrotto quando Telecom è uscita dai fondi Valori Responsabili nel luglio del 2006, su suggerimento del Comitato Etico.

4 MAGGIO 2006: ASSEMBLEA DI INDESIT COMPANYIntervento sul primo punto all’ordine del giorno. Richiesta di maggiore trasparenza sulla certificazione ambientaledegli stabilimenti.

RISULTATO: nell’ultimo bilancio di responsabilità Indesit ha pubblicato tutte le informazioni richieste.

24 LUGLIO 2007: ASSEMBLEA VODAFONEIntervento per chiedere maggiore attenzione alla rappresentanzafemminile in Consiglio di Amministrazione. RISULTATO: dialogo in corso.

Ecco le principali attività di azionariato attivo che Etica Sgr, società di gestione del risparmio di Banca Etica, ha promosso negli ultimi tre anni per conto dei fondi di investimento etici Valori Responsabili.

ETICA SGR: TRE ANNI DI AZIONARIATO ATTIVO

A sinistra,Alessandra Viscovi,direttore generale di Etica Sgr.Sopra, Laura Berry,executive director di ICCR.

Suor Judy Byron, è una delleprotagoniste nelle battaglie nelle assembleedegli azionisti.

osa vi spinge a presentare mozioni alle assemblee de-gli azionisti delle multinazionali americane? «Le porto un esempio. Due anni fa siamo intervenute,per conto di ICCR, all’assemblea di Cisco Systems, lea-der mondiale nel networking per internet. Abbiamochiesto maggiore chiarezza sulla disparità crescentetra le paghe dei manager e gli stipendi dei dipendentimeno pagati. È allo stesso tempo sintomo e causa di

distorsioni che possono avere terribili conseguenze».

Per esempio?«È il segno del valore prevalente dell’economia su tut-ti gli altri valori, in particolare sul bene comune.Quando tutti i dipendenti di una corporation si con-vincono che ad essere importanti sono solo i risultatifinanziari, è facile seguire l’adagio “More, better, fa-ster, cheaper” (di più, meglio, più velocemente, a co-sti più bassi, ndr): ottieni il massimo che puoi dallaproduzione e poi trasloca da un’altra parte».

Che ruolo hanno le paghe eccessive dei ma-nager?

«Gli attuali sistemi di remunerazione hanno portatoalla concentrazione di ricchezze incredibili nelle ma-ni di pochissime persone. I membri di questi piccoligruppi elitari di manager uniscono le loro forze attra-verso la partecipazione incrociata ai consigli di ammi-nistrazione di decine di imprese. Grazie alla loro abi-lità nell’usare le risorse aziendali per scopi personalisono in grado di esercitare un’enorme influenza suiprocessi politici».

Come interpretate il vostro ruolo in assemblea?«Io e le sorelle del mio ordine siamo prima di tutto unacomunità di insegnanti. Se la ricorda la maestra delleelementari, quella che segnava con la penna rossa glierrori di ortografia? Ecco, davanti ai consigli di ammi-nistrazione delle imprese svolgiamo lo stesso ruolo: ri-cordiamo ai manager quanto meglio potrebbero fare sefossero abbastanza disciplinati da indirizzare le proprieenergie al servizio di un bene più grande».

Ma le imprese vi prendono sul serio? «Molti anni fa l’amministratore delegato di una grandesocietà americana è venuto a trovarci per discutere di al-cune proposte che avevamo fatto in assemblea. Gli sem-brava molto curioso il fatto di doversi confrontare conun gruppo di religiose specializzate nella presentazionedi mozioni, ma un membro del loro consiglio di ammi-nistrazione gli aveva detto: “È meglio che ascoltiate le

suore quando vi fanno presente un problema perché,nell’arco di dieci o quindici anni quel problema, po-trebbe diventare un motivo di crisi per tutta l’impresa!”.

Noi lottiamo anche per aiutare le imprese a fare me-glio il loro mestiere, cioè generare profitti. L’impegnoper un mondo migliore non è in contrasto con il be-ne comune, anzi, quasi sempre è la base per il succes-so di un’impresa». .

«Ascoltate le suore. Eviterete una crisi»

CChe cosa spinge gruppi di suore e reverendi a partecipare in modo critico alle assemblee degli azionisti? Lo abbiamo chiesto a suor Judy Bryron delle Sisters of the Holy Names of Jesus and Mary di Spokane, negli Stati Uniti.

| questioni aperte | finanzaetica |

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| finanzaetica | informazione |

In un mondo in cui la finanza ha ormai cannibalizzato l’economia, guidata ormai da banche, finanziarie assicurazioni e fondi di investimento, c’è bisogno di informazione. E di occhi aperti. È lo spirito con cui è nato l’Osservatorio sulla Finanza.

ALORI, LA CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale) e Mani Tese, con il sostegno del-la Fondazione Culturale Responsabilità Etica e la collaborazione della rete internazionale della so-cietà civile BankTrack, hanno promosso l’Osservatorio sulla Finanza, uno strumento di informa-

zione critica sulla finanza e il mondo bancario in Italia e a livello internazionale.Le imprese finanziarie sono le vere vincitrici dei processi di globalizzazio-

ne: agiscono a livello internazionale e sono presenti, in maniera estrema-mente capillare, nei diversi Paesi e territori. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva e sem-pre più spinta finanziarizzazione dell'economia. I volumi di denaro che circolano sui mercati finanziari evalutari superano di diversi ordini di grandezza quelli legati all'economia “reale”. In misura crescente lebanche, ma anche attori quali i fondi di investi-

Tutte le notizie pubblicate sul sito dell’Osservatorio sono veri-ficabili e di pubblico dominio. Lo sforzo è quello di raccogliere, inun unico e semplice strumento, i materiali e le informazioni pre-senti sui principali organi di stampa, siti internet e altri media.

L’Osservatorio vuole essere un punto di incontro di movi-menti, associazioni, Ong, media, singole persone interessate allafinanza e ai suoi impatti sui temi della giustizia sociale e ambien-tale, uno strumento che non faccia campagne, ma sia a disposi-zione delle persone e delle organizzazioni interessate ad infor-marsi o ad agire tramite qualsiasi iniziativa. Crediamo che, per le

organizzazioni e le persone impegnate in campa-gne di pressione e in iniziative di consumo critico,anche su temi e soggetti non finanziari, sia oggifondamentale capire e trovare i legami che questihanno con le istituzioni finanziarie. .

mento o i gruppi assicurativi, controllano il mon-do imprenditoriale e l'economia produttiva, e in-dirizzano le scelte in campo economico, commer-ciale, politico. Sempre più spesso sentiamo parlaredi termini quali hedge funds, private equity e al-tri. Le loro azioni hanno delle conseguenze fon-damentali in campo sociale, ambientale, e sui di-ritti di tutti gli abitanti del Pianeta, nel Nord comenel Sud del mondo.

Rispetto al ruolo e all'importanza di questi attori, mancano de-gli strumenti di informazione adeguati. Spesso la finanza è conside-rata una “materia per esperti” e le notizie, pur se disponibili al pub-blico, sono confinate negli ambiti specializzati. Oggi è sempre piùevidente che anche la finanza privata con i suoi impatti sulla vita ditutti i giorni è un interesse pubblico, e quindi lavorare per trasfor-mare la finanza e riportarla alla sua funzione sociale originaria haquanto mai un significato politico ed è una delle principali leve dautilizzare per produrre un cambiamento di lungo termine nell'eco-nomia. I recenti e rapidi sviluppi nel panorama del-la finanza italiana dimostrano come oramai anche lebanche italiane giochino un ruolo di primo piano alivello internazionale e portino numerose responsa-bilità con il loro operato poco trasparente.

Uno sguardo critico sul mondodelle banche e della finanza

di Andrea Baranes

V

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È un momento di riflessione per il mondo che ruota attorno a Banca Etica. Ci si interroga sulla strada da prendere di fronte a tanti cambiamenti. Sul numero di ottobre Valori ha lanciato un dibattito, dieci domande a cui, ogni mese,economisti, esperti, ma non solo, offrono il loro punto di vista. È la volta di Tonino Perna.

Nuove risposte ai quesiti lanciati dalla redazione di Valori sul futuro di BancaEtica, per dare seguito al desiderio di coinvolgimento emerso all’assemblea del26 maggio scorso. Dopo Leonardo Becchetti, professore di economia politicaall’Università di Torvergata a Roma (Valori di novembre), tocca a Tonino Per-na, docente di sociologia economica all’Università degli Studi di Messina.

CRESCITA VS COERENZA ETICA/MISSION: è possibi-le mantenere i valori fondanti (il “sogno”) di Banca Eti-ca, mirando ad un’espansione? È possibile uscire dal-l’ambiguità di banca alternativa?

«È una domanda fondamentale per tutte le organizza-zioni eticamente orientate. La crescita per la crescita,la religione dell’incremento di fatturato è un dato checaratterizza le imprese for profit. Anche le impresenon profit puntano a crescere, ad espandersi. Ed è unfatto, come dire, naturale. Ma, è questo il punto,l’impresa non profit, per essere coerente con i suoi va-lori, deve darsi dei limiti, deve autoregolarsi ponendodei paletti etici invalicabili.

Un esempio: durante la guerra della Nato contro laSerbia il governo italiano lanciò la missione Arcobale-no con un finanziamento di 70 miliardi di lire del1999. Il CRIC (una Ong di Reggio Calabria ) scelse dinon aderire a questa missione e di non prendere par-te alla spartizione della torta come invece fecero lagran parte delle Ong. Il motivo era semplice: l’Italia dauna parte partecipava ad una guerra e, d’altra, lancia-va, con un grande battage mediatico, una campagnadi aiuti umanitari per i kossovari fuggiti in Albania. IlCric decise, insieme all’ICS ed al COSPE, di lanciareuna propria campagna autonoma di raccolta fondi, ri-nunciando a partecipare a qualunque progetto gover-

nativo. Perse una grande occasione in termini di bud-get, ma mantenne una coerenza, non formale, con ipropri principi».

DISTINGUERSI NELLA GIUNGLA DEI PRO-DOTTI e delle banche “responsabili” e rivol-te al Terzo Settore e in particolare confron-tarsi anche con la sfida di Banca Prossima(patrimonio iniziale di 100 milioni di euro, uncentinaio di dipendenti), nuovo soggetto chenasce da Banca Intesa SanPaolo.

«La sfida di Banca Prossima mi sembra di alto profilo.Potrebbe essere vista come un successo di Banca Etica,dato che la nascita di questa banca avviene per effet-to di emulazione. Ma esiste anche un’altra lettura, piùpreoccupante. Come nell’ambito del fair trade è suc-cesso che grandi imprese transnazionali abbiano adot-tato una linea di prodotti con il marchio “equo e soli-dale” per catturare la fascia di consumatori sensibiliall’etica, così nel mondo del credito la nascita di Ban-ca Prossima può essere letta come una strategia di di-versificazione dell’offerta, che, oltre a far crescere ilnumero dei clienti, ripulisce l’immagine della banca-madre. Così Intesa SanPaolo può continuare con unamano a finanziare il commercio delle armi e conl’altra a fare microcredito anche a tassi inferiori a quel-li di BE. Credo che questo sia il nodo centrale dellaquestione. Al posto dei dirigenti di Banca Etica prove-rei a “denudare” le strategie di Intesa SanPaolo».

CAPILLARITÀ: ci sono i banchieri ambulanti,i GIT e gli sportelli. Come potenziarli e quali

E sul futuro di Banca Eticail dibattito continua

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

www.osservatoriofinanza.it [email protected]

I volumi di denaro che circolano sui mercati finanziari e valutarisuperano di gran lunga quellidell'economia “reale”. La finanza influenza la vita sociale,ambientale e i diritti di tutti, nel Nord come nel Sud del mondo

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altre idee per arrivare nelle case di tutti?

«È una strategia fondamentale per radicare ancora dipiù Banca Etica nel territorio. Credo che ci sia un granlavoro da fare in questa direzione. Penso, ad esempio,alla lotta all’usura in cui Banca Etica è presente, ma inmodo ancora insufficiente. Occorrerebbero investi-menti significativi in questa direzione».

IL SUD DELL’ITALIA: presenza, capacità difare rete, di innescare circuiti virtuosi, di at-tirare investimenti sul posto. Stare al fiancodei “non bancabili”, soprattutto nella lottaalla criminalità organizzata (ma anche dellaburocrazia disorganizzata).

«È quanto mi aspettavo quando nacque Banca Etica. Èstato fatto un buon lavoro in questa direzione, ma an-cora decisamente insufficiente rispetto ai bisogni delterritorio meridionale. La scommessa sul nostro Sud

potrebbe qualificare Banca Etica più che la sua pre-senza nei “fondi etici”, che diventano sempre più in-controllabili e dove la differenza con le altre banchenon è visibile».

INVESTIRE NELLA COMUNICAZIONE: mag-giore trasparenza delle informazioni, visibi-lità sui media di massa, capacità di forniremessaggi che vadano oltre il target dei “giàsensibili”. Investire nelle attività culturali edi ricerca, anche attraverso la creazione diun centro studi al servizio dell’economiasostenibile.

MIGLIORARE IL RAPPORTO RISPAR-MIO RACCOLTO e capacità di erogare

credito, attraverso specifiche iniziative chefacilitino l’accesso al credito, mantenendo ilrigore nella valutazione “etica”. Banca Eticapotrebbe affermarsi come strumento per lapromozione di economia sostenibile, ancheattraverso un private equity etico.

«In questi due punti vedo il futuro di Banca Etica. Ilvalore di un rapporto stretto tra risparmio e credito e,quindi, un uso sociale e responsabile del denaro, costi-tuiscono, a mio avviso, la carta di presentazione diBanca Etica . La comunicazione, la trasparenza, la vici-nanza ai bisogni dei più deboli sono più facili per unpiccolo gruppo che per una grande organizzazione co-me è diventata Banca Etica. Bisognerebbe avere il co-raggio e la fantasia per indirizzare questa organizzazio-ne verso forme a rete che superino la vecchia divisionedel lavoro tipica delle strutture più grandi. Mi rendoconto che è difficile, ma è una questione decisiva perla non omologazione di Banca Etica ad altre esperien-ze di credito cooperativo che hanno avuto, nel passa-to, l’involuzione che conosciamo».

FONDI AZIONARI E FONDI PENSIO-NE: riaprire il dibattito, esplorando a

fondo le implicazioni della gestione di fondisul mercato finanziario e quale ruolo distin-tivo e innovativo debba avere BE.

«Quando sono stato, dal 1998 al 2002, presidente delcomitato etico di Banca Etica mi sono battuto perchénon entrasse nel mondo della finanza, sia pure attra-verso i “fondi etici”. I motivi sono tanti. Come ho ap-pena detto, la mission di Banca Etica è un uso socialee responsabile del denaro e un rapporto stretto e con-seguente tra risparmiatori e utilizzatori di questo stru-mento che è diventato, in questa fase della storia uma-na, un dio capace di canalizzare energie costruttive edistruttive di miliardi di persone». .

Tonino Perna,docente di sociologiaeconomicaall’Università degliStudi di Messina.Sotto, la pagina di Valori in cui eranostate lanciate le domande della redazione. 10.

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in collaborazione con la

presenta il convegno:

Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus

Il 21 gennaioa Milano

Hanno già assicurato la loro presenza: Jean Laville (Ethos, fondazione svizzera di azionariato attivo)

Walter Ganapini (Greenpeace)Antonio Tricarico (Crbm)

Condotto da: Andrea Di Stefano (direttore di Valori)

per ulteriori informazioni www.valori.it www.osservatoriofinanza.it

Valori

Azionariato criticoUn’opportunità per la democrazia e la trasparenza

Il conto salato della guerra

Iraq e Afghanistan| bruttiecattivi |

di Elisabetta Tramonto

HE COSA POTREBBE FARE UNA FAMIGLIA AMERICANA CON 20 MILA DOLLARI? Per esempio pagare qualche rata del mutuo sulla propria casa, evitando che venga pignorata dalla banca. Situazione sempre più frequente negli Usa dopo lo scoppio della crisi subprime. E che cosa potrebbe fare un governo con 1.500 miliardi dollari? Agli Stati Uniti non è venuto in mente niente di meglio che usarli per finanziare un paio di guerre. Quelle in Iraq e in Afghanistan sono costate finora all’amministrazioneBush proprio 1.500 miliardi di dollari, circa 1.000 miliardi di euro. È come se ogni famiglia americanaavesse speso circa 20.000 dollari, 13.600 euro. Lo ha rivelato a novembre un rapporto dei gruppiparlamentari democratici del Congress’s Joint Economic Committee (la Commissione economicabicamerale del Congresso). Il rapporto, intitolato “I costi nascosti della guerra in Iraq”, punta il ditocontro Bush, alludendo a quali impieghi migliori avrebbero potuto essere pensati per tutti questimiliardi, investimenti produttivi per esempio. E parla di una perdita totale di uno-due miliardi di dollari per i lavoratori americani, indicando quanti uomini, riservisti della Guardia nazionale,anziché lavorare in patria, sono stati invece richiamati al fronte. Oltretutto questi 1.500 miliardi di dollari sono un conto molto più salato di quanto Bush avesse previsto e annunciato. Il bilancioapprovato dal Parlamento parlava “solo” di 804 miliardi di dollari (550 miliardi di euro), impiegati

dal 2002 ad oggi, quasi la metà della cifra indicata dai Democratici.Pare che l’amministrazione Bush avesse dimenticato di considerare alcune spese come i maggiori costi del carburante(il prezzo del petrolio è triplicato dall'inizio della guerra in Iraq), le spese mediche per i veterani rimasti feriti o che comunque, una volta tornati a casa, non saranno più in condizione di lavorare(questa voce costerà, da sola, 30 miliardi di dollari) e gli interessisui prestiti chiesti per le guerre. E per il futuro, il Washington Post,

che per primo ha visionato e pubblicato i risultati del rapporto, non prevede niente di buono. Il quotidiano statunitense ammonisce che, continuando di questo passo, nei prossimi dieci anni la spesamilitare statunitense potrebbe più che raddoppiare, raggiungendo quota 3.500 miliardi di dollari,46.300 a famiglia. «Il rapporto rende chiaro come il sole che il costo di questa guerra in termini di uomini e denaro è per il nostro Paese tragicamente inaccettabile», ha dichiarato il senatore CharlesSchumer, il presidente della Commissione. E, mentre i Repubblicani si lamentavano per essere statiesclusi dalla ricerca, i militari americani che quest’anno hanno perso la vita in Iraq hanno toccatoquota 856, 3.861 dall’inizio della guerra. Difficile contare le vittime tra i civili iracheni. Bush ha parlatodi 30-40 mila morti, ma c’è chi cita cifre ben più alte, fino a un milione di morti. Che sia più per motividi costi e di immagine che per un’improvvisa svolta pacifista, di fatto anche per l’esercito statunitensesta arrivando l’ora del ritiro dall’Iraq. A novembre è iniziato il graduale rientro delle 30 mila truppe in più inviate dal presidente Bush per “stroncare le violenze settarie nel Paese”. La Terza Brigata lascial’Iraq e torna a Fort Hood, in Texas. Ne restano diciannove, 167 mila soldati. Entro la metà del 2008 le brigate made in Usa presenti in Iraq dovrebbero scendere a quindici e i militari a 140 mila. Giusto in tempo - solo pochi mesi prima - per assistere al cambio della guardia alla Casa Bianca..

C

1.500 miliardi di dollari per finanziare un conflittodevastante e inutile per la così detta “guerra al terrorismo” costato la vitasinora a 3861 militari Usa e decine di migliaia di civili

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| inbreve || inbreve |

economiasolidaleKanaja, manager a dieci anni >44Dalla città della scienza alla città della scemenza >4626 gennaio 2008, va in onda la rivoluzione >48

ECOREGALI E SOLIDARIETÀCON I PUNTINATURASÌ

Una caffettiera in alluminio riciclatoal 98%, una radio e una torciaelettrica a manovella ed energiasolare. Ma il piatto forte della nuovaraccolta punti 2007-2008 di NaturaSì, tutta dedicata a prodottiecologici, è la “Ricicletta”, una citybike ideata dal CiAl (Consorzioimballaggi alluminio), realizzata con alluminio riciclato, recuperatoda lattine, fogli sottili per il cioccolato,tubetti per creme e conserve,bombolette spray, tutti provenientidalla raccolta differenziata. Con 800 lattine si può costruire una bicicletta, consumando solo il 5% di energia che si userebbepartendo dalla materia prima. Ma i punti raccolti nei 57 negoziNaturaSì, potranno essere usati anche per acquistare un “buono di solidarietà”,contribuendo cioè a finanziare il progetto “i granai del Niger”.Un’operazione, iniziata l’anno scorsoinsieme all’Ong Cospe, per costruirein tre anni 20 banche di cereali nei distretti dello stato africano più colpiti dalla siccità (Keita,Bouza, Abalak, regione di Tahoua).L’anno scorso sono stati raccolti5.500 euro, che hanno permesso di realizzare due banche di cereali.

QUATTRO IDEE PERL’ASSISTENZA AGLI ANZIANI

Cinquecento euro al mese. Un anziano su tre in Lombardia deve vivere con questa cifra (il 30% degli over 65). Lo rivelaun’indagine dell’Irs, l’Istituto per la ricerca sociale. Troppo poco per poter assumereun’assistente familiare, che costerebbe, in base al nuovocontratto di lavoro per le colf, 1.268 euro al mese. Non c’è da stupirsi quindi se si ricorra al lavoro nero, che sta proliferando.L’Irs stima che in Italia tra le assistenti familiari straniere, solo il 37% ha un contratto regolare(il 42% è clandestina, il 21% ha il permesso di soggiorno ma lavora senza contratto). Servono degli interventi per aiutaregli anziani e le loro famiglie. La proposta arriva dal progettoEqual “Qualificare”, con Irs, Caritas Ambrosiana, Cgil Lombardiae i Comuni di Brescia e Sesto San Giovanni. Quattro le proposteavanzate: un regime fiscale più favorevole per le famiglie che assumono un’assistentedomiciliare in regola; l’istituzione di un Fondo regionale che diaincentivi economici per l’emersionee la qualificazione; la definizione del profilo formativo di “operatore di cure domiciliari” nell’ambito delle professioni sociali esistenti; la sinergia tra servizi sociali e centri per l’impiego.

COMMERCIOEQUO-SOLIDALE,LA LIGURIA VARA LA LEGGE

Dopo la Toscana, prima regione in Italia nel 2005, e l’Umbria, nel febbraio 2007, anche la Liguriavara una legge sul commercio equo e solidale, presentata lo scorso ottobre.

Stanziati 300 mila euro, che verranno utilizzati per promuovere azioni educativenelle scuole e iniziative di formazione per gli operatori e i volontari delle organizzazioni del commercio equo e solidale. In programma anche la creazione su Internet di un portale regionalededicato a questo comparto,incentivi a favore degli enti localiper l'abbattimento dei maggioricosti derivanti dall'acquisto dei prodotti equosolidali e un elenco regionale delle organizzazioni attive nella regione (16, di cui 2 centrali di importazione, per 4.000 soci, 400 volontari e 70 occupati, con un fatturato di oltre 4 milioni di euro). Si attende intanto una norma nazionale. Il disegno di legge, sottoscritto da 118parlamentari (79 deputati e 39 senatori) sia di centrodestra che di centrosinistra e depositatoalla Camera nell’ottobre 2006, lo scorso luglio è stato assegnatoalla Commissione Attività Produttivee depositato al Senato.

PANNELLI SOLARIA COSTO ZEROGRAZIE A UNA BANCADI CREDITO COOPERATIVO

Molti vorrebbero vivere in un Comune così: basteràsolo dire sì e senza sborsare un euro di tasca propria,duecento famiglie di Provaglio d’Iseo (BS) si ritroveranno il tetto di casa ricoperto di pannellifotovoltaici e la bolletta dimezzata.

Merito del Comune del paesino bresciano, che, tramite la municipalizzata Ags (Azienda GlobalService), installerà gli impianti fotovoltaici e penseràall’aspetto burocratico. E merito della Banca di CreditoCooperativo di Pompiano e Franciacorta, che presteràal Comune due milioni di euro, ma ha promesso

di arrivare fino a quattro milioni, per realizzare duecento impianti fotovoltaici.

Il costo dell’impianto(20mila euro circa,ammortizzabili in dieci anni) è, infatti, oggi il principaleostacolo per chi voglia produrre

energia dal sole. Gli abitanti di Proveglio, invece, si ritroveranno pannelli fotovoltaici gratis per produrreenergia elettrica da vendere al Gse (Gestore ServiziElettrici) a una tariffa incentivata. Il risparmio? Subito il 50% rispetto alla bolletta dell’anno prima (l’altro 50%va all’Ags come restituzione del prestito). Così pervent’anni, quando l’impianto diventerà di proprietà dellafamiglia, che non pagherà più i consumi. Dopo 30 anni (il normale ciclo di vita di un impianto), ogni famigliaavrà risparmiato circa 14mila euro.

PROGETTO ANTARTIDE:UNA CORSA AL POLO SUD CONTRO I CAMBIAMENTICLIMATICI

Si chiama “progetto Antartide”: una corsa sul desertoghiacciato del Polo Sud, per ricordare un’altra corsa,quella contro il tempo per salvare il nostro Pianetadall’allarme climatico. Hanno partecipato quindici atletida sei Paesi, dal ventuno novembre al primo dicembre.Dieci giorni e 250 chilometri di corsa tra roccia e ghiaccio, con temperature medie tra i -10 e i -30 gradie un vento a 40 chilometri orari. Per l’Italia ha corsoFrancesco Galanzino, testimonial di Greenpeace

per la campagna “Energia e Clima”. In meno di un anno ha attraversato le steppe del Gobi in Cina, i laghi salatidi Atacama in Cile, le dune e le piramidiegiziane e i ghiacci del Polo Nord. Le sue sfide, insieme a Greenpeace,sono state l'occasione per affrontare il problema dei cambiamenti climatici.Arrivato alla meta, anche questa volta,ha fatto sventolare lo slogan: “Save

the Climate, Energy Revolution”. La corsa di Galanzinoè stata tutta CarbonZero, cioè ha ridotto al minimo le emissioni di anidride carbonica, ad esempio usandosolo plastiche biodegradabili in Materbi, e le emissioni non eliminabili, come il carburante consumatodall’aereo, sono state compensate investendo in progetti di efficienza energetica.

OGM?TRE MILIONI DI PERSONEDICONO NO

Volete un sistema agro-alimentareprivo di organismi geneticamentemodificati? È questa in breve la domanda a cui 3.086.524persone hanno risposto, aderendo alla campagna lanciata a settembre dalla “Coalizione Italia-Europa liberi da ogm”. Il 99%, ha risposto “sì”, al quesito, quindi “no” agli ogm. Soddisfatti gli organizzatori, (32 sigleprovenienti dal mondodell’associazionismo, come SlowFood, Acli, Avis e Legambiente, le principali associazioni di difesadei consumatori come Adiconsum,Adoc, Adusbef, Federconsumatori, e di categoria, come la Coldiretti,marchi leader della grandedistribuzione come la Coop e partitipolitici come i Verdi) per il risultatoe per l’elevata partecipazione,ottenuta con una modalitàdemocratica. Immediata la reazionedella comunità scientifica italiana(tra cui la Società Italiana di Genetica Agraria, Siga, e la Società Italiana di Tossicologia,Sitox), che ha denunciato la mancanza di un'informazionecorretta e documentata sul temadegli ogm, nella campagna e tra gli italiani in generale.

ANAJA AVEVA SETTE ANNI quando è scappato dall’estrema pe-riferia di New Delhi ed è arrivato in città. Lì ha iniziato afare accattonaggio e poi riciclaggio di immondizia. La

sua emancipazione è iniziata quando haconosciuto alcuni ragazzini della OngButterflies: Kanaja ha partecipato ad una

riunione con tanti suoi coetanei e ha capito che i suoi problemi eranogli stessi di tanti altri bambini. La sua vita è cambiata: è stato assuntoda un venditore di tè per qualche ora al giorno e il resto del tempo loha dedicato allo studio, diventando il più bravo della classe. A dieci an-ni era già manager della Banca dei bambini: ricopriva un incarico di re-sponsabilità che consisteva nell’aprire lo sportello della banca ogni se-ra e raccogliere i soldi che venivano depositati dai piccoli soci.

La storia di Kanaja è esemplare nell’ambito dell’esperienza dellaBanca dei bambini, nata nel 2001 grazie a Butterflies, l’associazioneindiana che si batte per insegnare ai ragazzi di strada a seguire regoleetiche di comportamento che li allontanino dall’uso di droghe, al-cool e da attività illecite di vario genere. Il movimento cresciuto in-torno a Butterflies ha l’obiettivo di tirare fuori da ogni ragazzino lesue doti migliori, insegnandogli a risparmiare i soldi guadagnati con

Kdi Ilaria Bartolozzi

| economiasolidale |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 45 || 44 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

| economiasolidale | nuove generazioni |

La Banca dei bambini nasce nel 2001 in India. Con un sogno: riunire piccoli soci ed elargire prestiti per le loro attività.Un modello innovativo, basato su un principio: «Noi non siamo il problema, ma parte della soluzione».

il proprio lavoro e guidandolo in un percorso di istruzione scolastica.Inoltre, ai ragazzi sopra i 15 anni, la banca elargisce prestiti per av-viare attività che producano reddito.

Il modello educativo della Children’s Development Bank prevedeche piano piano i ragazzini assumano alcuni incarichi di responsabi-lità, come nel caso di Kanaja. I piccoli manager, affiancati da altret-tanto piccoli vicemanager, restano in carica per sei-nove mesi duran-te i quali ogni giorno aprono e gestiscono lo sportello della banca. Unavolta raccolti, i soldi vengono consegnati a un adulto che li depositain un conto corrente bancario. Nell’ambito della Banca dei bambinigli adulti ricoprono solo il ruolo di garanti e facilitatori. Ai giovani ma-nager viene riconosciuto il proprio lavoro con l’assegnazione di be-nefit utili per la loro vita (una borsa per fare sport, materiale per lascuola, ecc...). Il modello della banca dei bambini è stato esportato consuccesso in altri paesi dell’Asia, come Afghanistan, Sri Lanka, Nepal,Bangladesh. Attualmente anche i movimenti dei bambini e degli ado-lescenti lavoratori latinoamericani e africani stanno portando avantiun percorso di formazione con Butterflies per creare esperienze similinei loro Paesi, seguendo il motto ormai conosciuto da tutti: «Noi nonsiamo il problema, ma parte della soluzione». .

Kanaja,managera dieci anni

I NUMERI DELL’INIIZIATIVA

7.000 piccoli soci di cui il 38% ragazze

30.000 dollari10.000 dollari

di anticipi25 sedi58 subfiliali48 manager

di Bancario46 assistenti manager96.000 potenziali

beneficiari

I BAMBINI INDIANI NON SERVE LA MERA ASSISTENZA. È necessariostudiare un percorso di crescita , che rompa il cerchio dipovertà, analfabetismo e degrado».

Signora Panicker, cosa l’ha spinta a decidere dilavorare con i bambini di Delhi? E quando?

«Alla fine del 1988 feci una ricerca sulla situazione deibambini lavoratori e di strada a Delhi: uno studio perl’Unicef, durante il quale mi accorsi che né il governo néle Ong avevano ideato programmi per i bambini di stra-da a Delhi. Mi accorsi che c’era l’urgenza di provvedere al-la creazione di servizi di protezione e sviluppo per questi

ragazzi. Da qui è partito il programma per i bambini distrada. Per un anno ho cercato di capire il problema e nel1989 ho data vita a Butterflies».

Qual è stata finora la sua più grande soddisfa-zione?

«La mia più grande soddisfazione è che Butterflies ha ri-sposto e continua ancora a rispondere ai bisogni deibambini lavoratori e di strada. Abbiamo un team di edu-catori impegnati e professionalmente qualificati chehanno scelto di lavorare per la causa. Ci sono moltiesempi da mostrare: per esempio Mary e Ashray erano

due bambini di strada che oggi hanno raggiunto la lau-rea, sono educatori, si sono formati una famiglia. La lo-ro vita sta andando molto bene».

Come viene vista la banca dei bambini dalla so-cietà indiana?

«Per l’opinione pubblica di Delhi, inclusi i bambini, laCDB è un modello eccitante. Ci sono molti più sosteni-tori che oppositori».

Nel suo lavoro da chi si sente aiutata e da chisi sente osteggiata?

«I nostri grandi sostenitori sono stati i bambini, le Ongsul territorio, le fondazioni – Misereor dalla Germania,Comic Relief – Childhope dal Regno unito, e oral’opinione pubblica italiana – Asoc e Italianats. Gli op-positori sono stati quelli che non hanno capito i conte-nuti della CDB. Che vedono l’iniziativa come un inco-raggiamento al lavoro minorile. In realtà la Banca deibambini educa alla vita ed offre un modello a centinaiadi bambini poveri che attraverso quest’esperienza pos-sono accedere all’educazione, alle cure mediche, al la-voro per avere così crediti sufficienti per iniziare unapropria attività. Da soli o in gruppo». .

La mia banca,una garanzia per il futuro dell’India

Rita Panicker

«AIntervista a Rita Panicker, presidente della Ong indiana Butterflies, che coordina il progetto della Children’s Development Bank. «La mia più grande soddisfazione? Poter assicurare istruzione e cure mediche ai bambini di strada».

COME AIUTARE LA BANCA DEI BAMBINI

LA CHILDREN’S DEVELOPMENT BANK in Italia è sostenutadall’associazione Italianats, A.So.C. e da Banca Etica.Per aiutare i progetti dell’organizzazione si può versare un contributo al conto corrente postale di Banca Etica n. 110570, ABI 05018, CAB 12100, CIN K, causale “banca dei bambini”.

A sinistra, un ragazzo mostra un opuscolo della Banca dei bambini. Sotto, i rappresentanti della CDB in visita in Italia, ospiti di Italianats, A.So.C. e Banca Etica.

| economiasolidale |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 47 |

| economiasolidale | resistenze urbane |

| 46 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

LMENO UN MILIONE DI METRI CUBI DI CEMENTO e un mi-liardo di euro cominciano a rovesciarsi su Pisa: i co-struttori ringraziano il sindaco Fontanelli e il Co-

mune, ma, visto che si avvicinano le am-ministrative del 2008, per essere certiche i progetti da avviare non trovino

ostacoli hanno formato un comitatoche appoggerà un nuovo sindaco “sicu-ro”. Magari l’attuale assessore all’urba-nistica Giuseppe Sardu.

L’elenco delle grandi opere pisane èun delirio (vedi ) ma non tutti pen-sano che uno sviluppo così fortementepuntato sull’edilizia sia il migliore: se n’èdiscusso per due giorni all’inizio di no-vembre a Rebeldia, lo spazio autogestitoda 23 associazioni nei capannoni dell’exEnel, vicino alla stazione.

Rebeldia è un progetto nato nel 2003che ha già dovuto smontare tre volte lesue installazioni, trasportando da un’exfabbrica all’altra la parete da arrampicatadegli Equilibri precari, gli impianti stereoper la musica e le attrezzature informati-che del laboratorio Acklab. Ora Rebeldianon vuole andarsene: il lavoro imposta-to con le comunità di stranieri residentinel quartiere è ben avviato e bisogna as-sicurargli continuità, per la ricaduta posi-tiva sull’integrazione.

Questa volta non è stata un’occupa-zione, le associazioni hanno ottenuto incomodato gratuito dal Comune i locali,che dovranno lasciare a breve perchéverranno abbattuti per far posto a un ter-minal di corriere. Però anche nel proget-

BOX

to che ridisegna la striscia di città lungo la ferrovia, volendo, è pos-sibile ritagliare uno spazio per Rebeldia. Ma dato che si tratta di “vo-lere” questo sarà un banco di prova per l’amministrazione, con laquale è in corso una trattativa in cui si chiede alla giunta di centro-sinistra, con Rifondazione all’opposizione, di ripensare la città ascol-tando i suoi bisogni sociali.

Sfratti per morosità e residenze di lusso«I dati su Pisa parlano dell’accentuarsi di una polarizzazione tra ricchie poveri – spiega Ciccio Auletta di Rebeldia – e di una città che dal 1991è diminuita di 17.343 unità, soprattutto famiglie di giovani che si tra-sferiscono nei comuni vicini di Cascina, Calci e San Giuliano dove ilcosto delle abitazioni è più contenuto. Allo stesso tempo due bambinisu tre nati a Pisa sono figli di stranieri». Pisa ha 87 mila abitanti mal’emergenza abitativa di un grande centro urbano, per via delle tre uni-versità, del Cnr e di Camp Darby, tutte strutture che attirano presenzee generano un’industria degli affitti da 58 milioni di euro l’anno, al60% in nero. Ma fanno lievitare gli affitti, che diventano insostenibiliper le famiglie monoreddito, per i precari e per i pensionati: il 72% de-gli sfratti nel comune di Pisa è per morosità e nel 2004 è stato eseguitocirca uno sfratto al giorno (314). «Nonostante questi dati – continuaAuletta – si destinano spazi importanti ad alberghi a cinque stelle e an-che le residenze saranno di lusso, con poca edilizia convenzionata, difronte alle ciminiere della Saint Gobain».

La Pisa disegnata dagli immobiliaristi non fa onore alla città diGalilei (che fra l’altro qui dove è nato non ha neppure un monu-mento); Pisa si trova nell’assurdo di essere la città italiana con il più

alto numero di ricercatori per metro qua-dro e quella che, nel suo sviluppo, nonprevede nessun percorso di valorizzazio-ne della ricerca. Nel 2006 è stato fatto unsondaggio per contare quanti sono i pre-cari all’interno dell’università e hanno ri-sposto in 1082.

«Anche l’idea del Porto di Marina –dice Tiziano Raffaelli, docente di storia

del pensiero economico – è vecchia di 40 anni, quando si pensavache le seconde case portassero benessere».

Il primo passo che verrà fatto per contrastare l’avanzante colatadi cemento sarà una cartografia sociale di Pisa, una rappresentazio-ne di come sono distribuiti gli interventi sulla città, chi sono i pote-ri forti, da dove arrivano i capitali, quante logge massoniche ci sonoe dove sono localizzate, quali sono i punti di contrasto sociale e quel-li dove si cerca di far nascere una nuova economia. .

Dalla città della scienzaalla città della scemenza

di Paola Baiocchi

A

Grandi opere a Pisa: più di un milione di metri cubi di cemento, alberghi a cinque stelle e una nuova torre pendente. Gli appetiti si scatenano e per garantirsi la continuità con l’amministrazione uscente, un comitato d’affaricomposto da costruttori prepara una lista civica. Ma non tutti sono d’accordo.

PER SAPERNE DI PIÙ

Rebeldía - Spazio Pubblico Autogestito, via Battisti 51/63www.rebeldia.net

Il video della demolizione della Motofides a Boccadarnovideohome.us/video/ipFPGAOA810/addio-motofides.html

Di Simonetta Della Croce e Chiara Baldassari, la video inchiestasulle lotte operaie degli anni ‘50 alla Motofides “Attenti operai comunisti” (Italia, 1998)

I GIORNALI E I SITI DI URBANISTICA l’hanno definito “il clone di Campo dei Miracoli”, con una serie di commenti non lusinghieri. È la Piazza del Terzo millennio, uno dei cantieri già aperti nella zona commerciale di Ospedaletto, cinque chilometri a est dal centro, dove il costruttore siciliano Bulgarella sta costruendo una nuova Torre pendente, alta come quella del Bonanno, e altre due torri più basse.

Ospedaletto cinque anni fa era campagna, ora dovrebbediventare una Pisa 2 (P2?) strategicamente a metà strada tra l’aeroporto Galilei e il nuovo ospedale di Cisanello, destinato a diventare il più grande della costa dopo quello di Roma, in gradodi attirare pazienti dalla Toscana e da fuori.

A Ospedaletto verrà costruita la nuova caserma, dopo che il Comune avrà fatto cassa con le tre caserme nel centro storico che ha appena ricevuto dal Demanio e che diventeranno residenzedi prestigio, alberghi a cinque stelle e centri commerciali. Per completare, qui si prevede anche il nuovo stadio da 25 milapersone, immancabile con il Pisa in B e che sarà raggiungibile con un nuovo ponte sull’Arno.

In città resterà poco perché anche la Provincia cambierà sede per trasferirsi nel quartiere di Cisanello, accanto ad altre due torri, edificate pure queste da Bulgarella.

Sotto la Torre poi si apre il boccone più ghiotto dellatrasformazione pisana: i dieci ettari del vecchio ospedale SantaChiara verranno venduti per completare la costruzione di quello di Cisanello. Ma qui l’affare si ingarbuglia perché i costi lievitano e la magistratura sta indagando (per peculato, abuso d’ufficio e violazione del diritto d’autore) Enrico Desideri, il direttore dell’azienda ospedaliera, che si è dimesso dopo esser stato arrestato. L’area dovrebbe diventare una Disneylandalberghiera che ai cittadini non porterà nuovi servizi, visto che non è prevista neppure una delle scuole che mancano da anni nel quartiere.

In un blog di architetti si commentava che Pisa essendo in una piana non ha i limiti di sviluppo delle città collinari. Quindi come limite resta solo il mare e i 20mila ettari del Parco di Migliarino-San Rossore, foresta unica nel Mediterraneo per estensione, ma che dà un po’ fastidio al progetto del Porto di Marina, che è in realtà un villaggio di seconde case e alberghi da 380mila metri cubi alla foce dell’Arno; un insediamento sull’areadell’ex fabbrica Motofides che - per far capire come non si scherzasui soldi - è stata fatta saltare con la dinamite il 9 ottobre scorso,mentre sono ancora aperti i ricorsi al Tar presentati dalle associazioni ambientaliste.

Pisa 3 invece potrebbe nascere una volta finito il recupero delle colonie sul mare a Calambrone, che dovrebbero attirare 2500 residenti, che si sposteranno verso la città con l’unico mezzoprevisto: l’auto privata. Pa. Bai.

TUTTI FUORI DAL CENTRO STORICO

A sinistra,l’ingresso di Rebeldia;qui sotto, la ciclofficina.Nella pagina a fianco, il menùrealizzato perl’Hackmeeting.

Qui sotto, un momento della conferenzastampa di presentazione del World SocialForum a Belem, in Brasile.A destra,l’imbarcazione dove si è svolto l’evento.

| economiasolidale |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 49 |

| economiasolidale | Forum Sociale Mondiale |

| 48 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

O

Il prossimo anno non più un unico mega-evento ma una Giornata di azione globale: manifestazioni, eventi e migliaia di iniziative, piccole e grandi, in giro per il mondo. E nel 2009, tutti in Amazzonia contro la deforestazione. Novità anche sul fronte “finanziario”: la tesoreria sarà gestita da Banca Etica e i bilanci saranno pubblicati online.

LTRE CENTO ORGANIZZAZIONI e reti internazionali si sonoriunite a Belem, nello stato del Parà (Amazzonia brasi-liana) per l’incontro del Consiglio Internazionale del

World Social Forum, alla fine di ot-tobre. Giunto al settimo anno (il pri-mo si svolse a Porto Alegre, nel sud

del Brasile, nel 2001), il luogo di incontro dei movi-menti antiliberisti e della società civile mondiale è for-se a una svolta. E sta ripensando ilproprio sistema di gestione, di go-vernance e di raccolta delle risorsefinanziarie necessarie per ripianaredebiti dell’ultimo Forum socialemondiale di Nairobi e affrontare lesfide future. A partire dalla sua “te-soreria”, affidata quest’anno inbuona parte a Banca Etica, e dalla

trasparenza dei bilanci degli eventi passati, che do-vranno essere messi online, sul sito ufficiale.

Ma prima ancora c’è una scadenza dietro l’angoloper il movimento dei movimenti: la giornata di azioneglobale, prevista per il 26 gennaio 2008. Al contrariodegli anni passati, infatti, non ci sarà un Forum socia-le mondiale in un luogo principale con un mega even-to, ma migliaia di piccole e grandi iniziative, manife-

stazioni, eventi, azioni in giro peril mondo. E per la seconda volta,dopo il 15 febbraio 2003 (la mani-festazione contro la guerra delGolfo salutata dal New York Timescome l’espressione del sesto pote-re, quello dei cittadini) il movi-mento dei movimenti fa appelloalla società civile mondiale di mo-

bilizzarsi e manifestarsi per dire che “un altro mondoè possibile e necessario”.

Un Forum sulla “comunicazione”per pubblicizzare le iniziativeIl World Social Forum fu promosso inizialmente comecontrappunto al World Economic Forum, che si tienea gennaio nella cittadina svizzera di Davos. Là si in-contra il gotha del mondo economico e politico mon-diale e rappresenta il “club” della globalizzazione. AlForum Sociale vanno soprattutto membri della societàcivile che contrastano la globalizzazione nella sua for-ma attuale. Partito nel 2001 a Porto Alegre, il Forum siè spostato a Mumbai, India nel 2004, per tornare inBrasile nel 2005 e andare a Bamako (Mali), Caracas (Ve-nezuela) e Karachi (Pakistan) nel 2006; infine a Nairo-bi, Kenya nel 2007.

Per la giornata di azione globale del 26 gennaio2008, il principale ambito d’azione del Forum sarà la

“comunicazione”, che gioca un ruolo chiave nella di-spersione attuale delle attività legate al processo del So-cial Forum in tutto il mondo, per dare visibilità al fe-nomeno e collegare le azioni che avranno luogo nellelocalità più disparate.

Per questo, il Consiglio internazionale ha approvatola creazione di un sito interattivo (www.fsm2008.net).

Un’altra iniziativa lanciata a Belem invita sia pro-fessionisti sia videoattivisti a condividere video di unminuto su “un altro mondo possibile” e costruire in-sieme una “storia audiovisiva collettiva” della Giorna-ta di azione globale.

Già scelta la sede del 2009:Belem in AmazzoniaNel 2009, il Forum tornerà in un luogo fisico, simboli-co e vivo al tempo stesso: l’Amazzonia, il polmone (at-taccato da più parti) della Terra. Le comunità locali e ipopoli indigeni si stanno già preparando ad accogliere

quasi 100 mila persone. «La città di Belem - affermaCandido Grzybowski, direttore dell’istituto brasilianodi Analisi Sociali ed Economiche (IBASE), tra i princi-pali organizzatori brasiliani del Forum - è stata sceltaper la forza e la ricchezza dei movimenti sociali amaz-zonici, che stanno già lavorando sia in termini di or-ganizzazione sia di idee, per coinvolgere il maggior nu-mero di popoli indigeni ed emarginati e riportarel’attenzione su una parte del pianeta – la foresta amaz-zonica – che è una risorsa e un bene comune mondia-le oggi particolarmente minacciati».

La deforestazione e lo sfruttamento intensivo delterritorio – inclusa la prospettiva di ulteriori coltiva-zioni estensive per la produzione di biocarburanti – edelle popolazioni, in particolare i “palenques” o “gui-lombos”, discendenti dagli schiavi africani e ancoraoggi spesso sfruttati nei lavori agricoli come “schiavimoderni”. Per non citare la biopirateria e le forme dicolonialismo tuttora esistenti, come la Guiana france-

26 gennaio 2008Va in ondala rivoluzione

Un momento della manifestazionedi apertura del forum di PortoAlegre del 2005.

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di Jason Nardi

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DI

se – territorio a tutti gli effetti coloniale – dimostra (edove i diritti delle comunità autoctone sono forte-mente limitati).

«Il Consiglio internazionale», racconta Grzybowski,«ha introdotto delle novità importanti durante questoincontro. Ha deciso, per esempio, di creare un gruppo difacilitatori composto da undici persone da tutti i conti-nenti per sostituire il nucleo di organizzatori brasilianiche sono stati fino ad oggi responsabili delle questioniamministrative del Forum Sociale Mondiale».

La struttura – una rete di fatto informale – di quelloche ad oggi è il principale spazio di confronto e scambiotra le miriadi di iniziative che lottano per “un altro mon-do possibile” (un mondo di giustizia economia e socia-le) ha infatti cominciato a dimostrare i suoi limiti e de-bolezze, essendo basato soprattutto sull’organizzazione

| vite esternalizzate | economiasolidale |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 51 |

di una serie di eventi, troppo spesso finanziati dagli stes-si soggetti – grandi fondazioni o agenzie di sviluppoamericane o europee, o dai governi di alcuni Paesi.

Ma – come hanno confermato in molti – “la rivolu-zione non sarà finanziata” e la necessità di un sostegnopiù diffuso con il contributo dei partecipanti, non soloper le attività, ma anche per la sostenibilità del processoin sé, si fa sempre più viva. Per questo il contributo diservizio della Fondazione Culturale di Banca Etica per lagestione trasparente della “cassa” del Forum SocialeMondiale è stato molto apprezzato e può rappresentareuna svolta ulteriore perché questo “fenomeno” del Fo-rum – tanto ricco quanto incerto – possa rafforzarsi infuturo ed essere sempre più un campo dove le alternati-ve concrete di economia giusta, solidale e sostenibilecrescono e si contaminano a vicenda. .

| economiasolidale |

Ceduta a Comdata una fetta della compagnia telefonica e il 10% del personale. I lavoratori temono di restare a casa. I sindacati ottengono qualche garanzia. Le dipendenti donne accusano: «Hanno voluto farci fuori». L’aziendasmentisce sdegnata. Ma, intanto, il 50% delle lavoratrici colpite a Milano sono mamme da meno di tre anni.

Mamme Vodafone in vendita Solo una coincidenza?

RA UN VENERDÌ COME UN ALTRO, il 14 settembre a Milano.Un salto in edicola prima di entrare in ufficio. So-le24Ore, pagina 25. “A Comdata i servizi Vodafone”,

“Vodafone pronta a cedereparte dei servizi di gestione asupporto del cliente... cin-

que centri in Italia... diverse centinaia di lavoratori”. Come? Chi?Significa che ci licenzieranno? Un vero e proprio fulmine a ciel se-reno per Milena, 37 anni, dipendente della filiale milanese dellacompagnia telefonica. Insieme agli altri 9.149 dipendenti Vo-dafone, ha saputo in questo modo, dalle pagine di un quotidia-no, di rischiare di essere “esternalizzata”. L’azienda stava cioè ce-dendo alla torinese Comdata (vedi ) le proprie attività di backoffice (i servizi di assistenza al cliente come l’attivazione e la ces-sazione dei contratti) e di gestione del rischio crediti. Ma stava peressere “ceduta” anche una parte consistente dei dipendenti del-l’azienda, 914 in tutto, il 10 per cento del totale, in cinque sedi:Milano, Ivrea, Roma, Padova e Napoli. Questi lavoratori in prati-ca avrebbero continuato a fare quello che facevano prima, manon più alle dipendenze di Vodafone, bensì di Comdata, che sa-rebbe diventata (in realtà lo era già da an-ni) fornitore di un servizio per la compa-gnia telefonica.

Detto, fattoDopo un mese e mezzo da quel venerdì, lacessione è diventata realtà. «All’inizio dinovembre abbiamo ricevuto una racco-mandata, in cui ci annunciavano dove equando avremmo dovuto presentarci periniziare il nuovo lavoro. O meglio il vec-chio lavoro con il nuovo capo», raccontaMilena. Gli scioperi, i presidi sotto i callcenter, gli incontri tra i sindacati el’azienda sono serviti a ottenere qualchegaranzia per i lavoratori, ma non abba-

BOX

stanza, dicono le organizzazioni di categoria. Ad esempio non èaffatto chiaro che cosa succederebbe ai lavoratori nel caso in cuiComdata decidesse di recedere dal contratto con Vodafone. Chefine farebbero i lavoratori? Resterebbero alle dipendenze dell’a-zienda torinese? Verrebbero reintegrati nella compagnia telefoni-ca? O si ritroverebbero senza un lavoro?

Qualcosa di stranoChe cosa c’è di strano nel fatto che un’azienda decida di vende-re una parte della propria attività? Ha tutto il diritto di farlo, so-stengono i vertici Vodafone. «Questo è vero, se vengono garan-titi i diritti dei lavoratori – replica un rappresentante della Rsu(la rappresentanza sindacale unitaria) della sede di Milano – Pec-cato che in questo caso qualcosa di strano ci sia. Primo, nell’u-so distorto dello strumento della cessione del ramo d’azienda, lacosiddetta “esternalizzazione”. Era nata con la legge Biagi comestrumento a tutela dei lavoratori di aziende in crisi, invece, è di-ventata un’arma ad uso esclusivo delle aziende per tagliare i co-sti del personale. Spesso l’esternalizzazione diventa l’anticamenradel licenziamento». «Non c’è nessuna motivazione industriale

per la decisione di Vodafone – continua ilrappresentante della Rsu – Perché un’a-zienda con 8,1 miliardi di euro di fattura-to in Italia decide all’improvviso di cede-re il 10 per cento del proprio personale,tra l’altro di un settore che fino al giornoprima aveva indicato come uno dei piùefficienti e redditizi? Solo motivazioni dinatura finanziaria, per tagliare i costi delpersonale».

«Ma l’elemento più grave è il modo incui hanno scelto chi esternalizzare – ag-giunge Milena –. Guarda caso è stato presodi mira proprio un reparto con un elevatonumero di donne e di mamme. Come nonpensare a una volontà precisa di liberarsi

di Elisabetta Tramonto

E

PICCOLE AZIENDE CRESCONO

NATA NEL 1987 A TORINO, COMDATA, aziendaspecializzata nell’Information Technology e, in particolare, nella gestione del back office, è andata ingrandendosi sempre più. Oggi ha quattromila addetti e diciotto sedi sparse per l’Italia. Da un capitale iniziale di venti milioni delle vecchielire è passata in dieci anni, nel 1996, a quasi duemiliardi di lire di fatturato, circa un milione di euro.In altri dieci anni, nel 2006, i ricavi sono balzati a 135 milioni e quest’anno dovrebbero toccare i 200 milioni. Un’azienda cresciuta anche a suon di shopping: nell’ultimo anno sono state acquistatedue società attive sempre nel comparto dell’It, in amministrazione straordinaria: la Met Sogeda di Padova e la Selfin di Caserta (ex Ibm), con il “salvataggio” di tutti i lavoratori, 700 in tutto.

Alcuni momenti della conferenzastampa a Belem.A sinistra, Chico Whitaker,premio Nobelalternativo 2006,mentre parla con i giornalisti.

JAS

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di Federica Fusco

| economiasolidale |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 53 |

Una raccomandata ci ha comunicato dove e quando iniziare il nuovo lavoro. O meglio, il vecchio lavorocon un nuovo capo

RANCESCO FORASTIERE LAVORAVA AL CALL CENTER VODAFONE

di Roma. Oggi continua a gestire i contratti dei clien-ti della compagnia telefonica, ma come dipendentedella Comdata. È uno dei 914 esternalizzati. Con undettaglio in più.

Perché la sua storia è diversa dalle altre?Perché sono stato tradito due volte. Come tutti gliesternalizzati, sono stato “ceduto” a un’altra aziendapiù piccola, con meno garanzie e meno certezze. Inpiù non è stato minimamente considerato quello cheho dato a Vodafone.

A che cosa si riferisce?Nel 2000 ho avuto un’idea per un servizio da lanciare:un sms per fare beneficenza. Ne ho parlato con i teamleader, ho inviato una email all’amministrazione e housato il canale di comunicazione “Fai sentire la tua

idea” che dava ai dipendenti la possibilità di esprime-re suggerimenti e pareri. Nel 2002 ho visto la mia in-tuizione diventare realtà. In occasione del tragico crol-lo della scuola elementare di San Giuliano, il Tg5 lan-ciò insieme a Vodafone la possibilità di donare un eu-ro inviando un sms. In pochissimi giorni furono rac-colti tre milioni.

E l’azienda ha riconosciuto il suo contributo?Non in modo ufficiale, né in termini economici. Ma il16 Giugno 2005, durante il “Focus on us”, momentodi confronto tra dipendenti e dirigenti Vodafone,l’amministratore delegato Pietro Guindani ha ricono-sciuto la mia paternità sull’sms solidale, divisa con al-tre due persone. Quella che era nata come Omnitel èdiventata un’azienda leader a livello internazionaleanche grazie al lavoro dei suoi dipendenti. Ora peròpare essersene dimenticata. .

Tradito due volte

FIl taglio dei rami secchi non risparmia nemmeno l’inventore degli sms solidali: è uno dei 914 esternalizzati.

| toscana ecoefficiente | economiasolidale |

La Regione Toscana lancia la seconda edizione del concorso per selezionare “i migliori contributi alla gestioneintelligente delle risorse naturali e territoriali”. L’obiettivo di quest’anno: dimostrare che sviluppo economico e tuteladell’ambiente non sono incompatibili. Le domande dovranno essere presentate entro il 12 dicembre.

Un premio alla qualitàe all’innovazioneper un nuovo modellodi economia

MPIEGARE MENO RISORSE E PRODURRE MENO RIFIUTI per ridurre l’impatto dei processi produttivi e di consu-mo. Integrare le tematiche ambientali nelle politiche economiche e sociali. Sono gli obiettivi di unacomunità che si vuol considerare capace di fare la propria parte per diminuire, con comportamenti

preventivi, l’impatto delle sue attività sull’ecosistema. E, perché no, contribuire pure a creare occasioni disviluppo e di crescita economica per il tessuto sociale.

La Toscana evoca già l’immagine di un ambiente di qualità al quale i suoi amministratori vogliono af-fiancare un modello di sviluppo economico regionale avanzato, equilibrato e rispettoso della sostenibilità.Tale obiettivo di livello “macro” passa attraverso l’intento di modificare in modo costruttivo e duraturo icomportamenti individuali verso l’ambiente cercando di orientare l’opinione pubblica ai processi concretidella sostenibilità per migliorare la qualità della vita.

Lo strumento d’eccellenza in tal senso è il Premio Toscana Ecoefficiente, lanciato nel 2005 come primoriconoscimento ufficiale della Re-gione Toscana ai più significativicontributi per la gestione intelligen-te delle risorse ambientali e territo-riali e per la conservazione del patri-monio naturale in ambito regiona-le. La prima edizione ha visto undi-ci premi di eccellenza, quattro men-zioni speciali e 130 esperienze se-gnalate che hanno ricevuto l’uso dellogo “Toscana Ecoefficiente”.

La nuova edizione 2007-2008, ilcui bando è aperto fino al 12 di-cembre, conferma le vecchie pre-messe e si fa più ambiziosa. Il nuo-vo Premio unisce esplicitamente lepolitiche ambientali all’innovazio-ne e alle risorse del territorio e deltessuto economico: agricoltura, at-

tività produttive, commercio e turismo, pubbliche amministrazioni,trasporti, tutela della salute, associazionismo. In questo senso, puòconsiderarsi come uno strumento di attuazione e di valorizzazionedel Piano Regionale di Azione Ambientale 2007-2010, che contienetra i suoi principi ispiratori quello dell’integrazione delle politicheambientali con le altre politiche di settore regionali.

NOTIZIE UTILI SUL CONCORSO

VERRANNO PREMIATE CON CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE E ALTRI PREMI:le azioni in agricoltura, commercio e turismo, attività produttive e servizi, le buonepratiche delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini (singoli, associazioni,famiglie, studenti e gruppi scolastici, tutti gli altri). I temi in evidenza nell’edizione2007-2008 sono: uso dei materiali, riduzione, riuso e valorizzazione dei rifiuti,acqua, edilizia e abitare sostenibile, consumo, energia e fonti rinnovabili,pianificazione urbanistica.Tutte le informazioni, il bando e la domanda di partecipazione si trovano sul sitowww.primapagina.regione.toscana.it/premioecoefficienza o chiamando i numeri: 055 4383076 - 4383980 - 4383833

La scorsa edizione si è conclusacon 11 premi di eccellenza, 4 menzioni speciali e 130esperienze segnalate. Tutti i vincitori hanno potuto utilizzareil logo “Toscana Ecoefficiente”

Qui sotto, il logo di Toscana Ecoefficiente.

Idi Barbara Codacci

di questa scomoda categoria di lavoratori?». È questa l’accusa,non da poco, lanciata alla Vodafone, che naturalmente smenti-sce. Ma Milena porta numeri e statistiche per provare le sue paro-le. Il 70% dei lavoratori colpiti a Milano sono donne, di cui un50% mamme con bambini fino a 3 anni. E la percentuale si ripe-te simile nelle altre città. Qualche dubbio è legittimo. .

Il cancro che dissipala “pelle” del Paese

Suolo| macroscopio |

di Walter Ganapini

A CONFERENZA D’ASSISI DEL FONDO PER L’AMBIENTE ITALIANO HA FOCALIZZATO con grande chiarezza uno dei nodistrutturali della crisi italiana, che è sì ambientale, ma anche di identità e, in quanto tale, politica: lo sconvolgente consumo di suolo che negli ultimi vent’anni sta erodendo un patrimonio limitato e preziosissimo. Vent’anni fa l’ennesima delega alle Regioni sottrasse spazio al ruolo delle sovrintendenze ai Beni Culturali, oltre che architettonici, monumentali e paesistici, traducendosi spesso in un’ulterioresubdelega diretta ai Comuni delle principali scelte urbanistiche e di uso del territorio. Si dava così in caricoalla politica locale, per definizione la più sensibile alle spinte ed agli ingordi appetiti degli “spiriti animali”dell’accumulazione, del profitto della speculazione legata al suolo, il destino di un meraviglioso territorio,sede del 60% del Patrimonio Culturale dell’Umanità, secondo l’UNESCO. Da allora, in assenza di un diffusosenso dello Stato come tutore del bene comune, così come di una cultura di governo e di impresa capace di coniugare la conservazione della tradizione e la propensione ad una innovazione creatrice di valore, in quanto promotrice di dematerializzazione, il Povero Paese ha subito ogni sorta di scempio a carico della sua “pelle”, per l’appunto il suolo. Ciò grazie al diffondersi in ogni ganglio vitale della società italianadella patologia dell’“Urban Sprawl”, che mi pare sia l’ora di chiamare il “Cancro urbano”, dalla sceltafamiliare di non rischiare di dissipare i risparmi, perciò affidandoli al mattone, ad una imprenditoria

pusillanime e alla ricerca di “liberalizzazioni” intese comecreazione di nuove nicchie monopolistiche (con ampi risvoltiedificatori) fino ad una cultura bancaria e finanziaria difensivaed arretrata e “amica degli amici” come messo in luce dai“furbetti del quartierino”, figli ultimi di quel cancro. Grazie ai compassionevoli condoni ed alla diserzione progressiva

della cultura urbanistica, che per anni era riuscita a porre argini di regolazione di sapore europeo ai citati e radicati vizi italioti, si vede come in entrambe le facce del Paese duale, al Sud con l’abusivismo, al Centro-Nord con lo svuotamento degli strumenti normativi (troppo “vincolistici”), in vent’anni si siaimpermeabilizzato/cementificato oltre il 20% del suolo italico, devastando paesaggi unici, destabilizzandogli assetti idrogeologici, circondando monumenti che il mondo ci invidia con l’“edilizia dei geometri”. A ciò non corrisponde alcun beneficio, per quanto transitorio: è sufficiente leggere i numeri su morbilità e mortalità in ambiti urbanizzati per rendersene conto. Grazie anche alle “grandi opere” ed alla elusionedelle norme europee legata alla “legge Obiettivo”, i cementifici viaggiano a tassi d’utilizzo d’impiantosuperiori al 95%, così come i tondinari, e mentre i costi di produzione, grazie anche al ritorno delle “Morti Bianche” e del “Caporalato” sono sostanzialmente gli stessi di vent’anni fa, i prezzi di venditadegli immobili sono più che triplicati, anche di quelli destinati a divenire “seconda” o “terza casa”.Sta configurandosi una “bolla” inquietante, pure in assenza di massiccio ricorso ai “mutui subprime”all’americana. Quasi vent’anni fa, come Legambiente, organizzai a Milano un seminario nazionale dal titolo“Ambiente chiama Urbanistica”: fu un momento importante di cross-contaminazione e di dialogo trans-disciplinare, che attrasse l’attenzione dei pianificatori sulle ricadute, e ancor prima sulle premesse, del loro operare. Credo sia giunta l’ora di convocare di nuovo a raccolta urbanisti ed ambientalisti, per trovare il coraggio comune di combattere il cancro che sta distruggendo il nostro Paese. .

L

In ogni ganglio vitale dellasocietà italiana si è introdottol’Urban Sprawl, che ha prodottol’edificazione selvaggia e il sacco del territorio

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| economiasolidale |

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a Regione Toscana ripropone il Premio Toscana Ecoef-ficiente, qual è l’obiettivo?Il nostro obiettivo, attraverso il Premio, è di cercare di

promuovere le buonepratiche che possonodiventare modelli vir-

tuosi da emulare nel territorio regionale. L’ambientepuò essere una grande risorsa perché ha fatto e fa di que-sto territorio un fattore di competitività. Come Regionee come collettività toscana cerchiamo di contemperarelo sviluppo, la qualità e la crescita del nostro contesto so-cioeconomico col rispetto dell’ambiente perché le risor-se che abbiamo a disposizione non sono infinite.

Si può dire quindi che il Premio è uno strumen-to per portare sensibilità diffusa sul territorio,ai cittadini, alle imprese e alle pubbliche ammi-nistrazioni sui temi ambientali?

Sensibilizzare, coinvolgere e responsabilizzare cittadini, fa-miglie, aziende, è la prima e forse la più importante delleazioni da portare avanti, con campagne di comunicazio-ne specifiche ma anche con iniziative come il Premio To-scana Ecoefficiente. Occorre far capire che rispetto perl’ambiente e sviluppo sono conciliabili, per questo la Re-gione, in tutti i suoi strumenti di programmazione, parlaoggi di ‘sviluppo sostenibile’. Sostenibile dal punto di vi-sta ambientale, economico e sociale. Il Premio ToscanaEcoefficiente è un modo per valorizzare comportamentivirtuosi ma anche per far capire che vivere o produrre inuna maniera più rispettosa dell’ecosistema è possibile e ap-plicabile alla vita quotidiana. Le aziende che hanno vintola scorsa edizione del Premio ci hanno dimostrato cheadottare comportamenti più compatibili con la tutela am-bientale può portare anche a ridurre i costi di produzione,le spese per l’energia e per l’approvvigionamento di mate-rie prime o quelle per lo smaltimento di rifiuti. .

I modelli virtuosi partonodalla vita quotidianaAnna Rita Bramerini, assessore della regione Toscana per la tutela ambientale e l’energia.

l Premio Toscana Ecoefficiente 2007-2008 tocca tra glialtri temi quello molto delicato e sensibile dell’acqua.Quali sono, in poche battute le politiche regionali su

questo tema?Le nostre politichenon possono non te-

nere conto della crisi idrica in atto dovuta alla perdu-rante siccità. Crisi che purtroppo, a causa dei cambia-menti climatici in corso, sta assumendo i caratteri del-l’ordinarietà.

Per tale motivo deve essere fatto ogni sforzo affin-ché siano intraprese azioni che portino a politiche di“adattamento” atte a prevenire le conseguenze nefa-ste che questi cambiamenti comportano sulla sicurez-za e sulle attività produttive, aumentando la capacità,appunto, di adattamento intesa come programmazio-

ne del territorio e di adeguata pianificazione delle at-tività umane.

Si può parlare di una cultura “ecoefficiente” inToscana?

Riteniamo che ancora non siamo arrivati all’auspicabilerealizzazione dell’ecoefficienza. Resta ancora moltissimoda fare, ma si cominciano a vedere dei segnali molto for-ti. Sia da parte dell’amministrazione che del semplice cit-tadino, si fa strada l’idea di contribuire e partecipare aduna nuova cultura sempre meno votata all’esaurimentodelle risorse del territorio e sempre più orientata a com-portamenti virtuosi come il risparmio energetico, l’usodelle energie rinnovabile che sono promosse e incenti-vate. Dobbiamo, infatti, entrare nell’ottica dell’otteneredi più consumando sempre di meno. .

La sfida? Ottenere di piùconsumando di menoMarco Betti, assessore della regione Toscana per il servizio idrico e la difesa del suolo.

Il Premio è aperto veramente a tutti e promette di dare visibilitàa quanti stanno ripensando i propri comportamenti individuali ed’impresa, le proprie priorità, i valori e le preferenze, passando daproduzione e consumi basati sulla quantità a una selettività in vistadi qualità, minor impatto sull’ambiente, sostenibilità ed etica della

produzione e dell’uso. La visibilità promessa dalla Regione Toscanaquale premio principale, oltre ai premi minori offerti dai Parchi del-la Toscana e da altri sponsor, è concreta e di rilevanza nazionale:l’ecoefficienza in Toscana si sta affermando come un modello con-creto di economia. .

di Barbara Codacci e Pamela Pucci

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di Sara Di Maio

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Anna Rita Bramerini.

Marco Betti.

iinternazionale| inbreve |

I tesori rubati dai dittatori nel Sud del mondo >58Petrolio, diamanti e gas. La Cina scopre l’Africa >62

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STATI UNITI, LA LEGGE “ANTI-FRODI”FA RECUPERARE2 MILIARDI DI DOLLARI

Quando una legge funziona, i risultati non si fannoattendere. Il False Claims Act statunitense lo dimostra.Una norma - mutuata da un’esperienza inglese del XIIIsecolo - che permette a qualunque cittadino di diventare “informatore” della pubblica amministrazione:chi è in possesso di prove di false dichiarazioni o frodiai danni di istituzioni pubbliche, può intentar causa in nome del governo Usa per chiedere un risarcimento.Il vantaggio è duplice: la legge permette al governo di ottenere somme ingenti e i cittadini sono incentivatiperché è prevista per loro una “ricompensa” per la collaborazione, che si aggira tra il 15 e il 30% del denaro recuperato. Che non sono di certo briciole:nel 2007 il dipartimento di Giustizia ha annunciato di aver rastrellato oltre 2 miliardi di dollari (il 75%grazie ad azioni intraprese dagli “informatori”). E, dal 1986, anno dell’introduzione della legge, le cassepubbliche hanno beneficiato di oltre 20 miliardi. Tra l’altro il calcolo è effettuato per difetto, perché non tiene conto di eventuali rimborsi ottenuti dai singoli Stati e dalle parti civili.

Quest’anno le società coinvolte nei risarcimentisono state 94. Qualche esempio: la casa farmaceuticaBristol Myers Squibb ha pagato 328 milioni al governofederale per frodi connesse al prezzo di venditaall’ingrosso di 50 suoi farmaci. La Sanofi Aventis, 190 milioni per irregolarità nella vendita del suoantiemetico Anzemet. La californiana Oracle ha invecesborsato quasi 100 milioni per le false dichiarazionirilasciate per ottenere appalti federali. Un’ottimoesempio di collaborazione “pubblico-privato”.«L’importanza del False Claims Act – spiegava il senatore Charles Grassley, all’epoca promotore della legge – va oltre il denaro recuperato. È un deterrente contro le frodi e uno strumento per cambiare la cultura del “azienda America”» .

| inbreve |

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INDIA, BAMBINIIN FABBRICA.DUE COLOSSINEL MIRINO

Una relazione pubblicata da alcuneOng che operano in tutto il mondodenuncia che oltre 400 milabambini sono impegati come forzalavoro nelle fabbriche indiane. In particolare nelle aree di AndhraPradesh, Gujarat, Karnataka e Tamil Nadu. Hanno tutti meno di 18 anni (225 mila meno di 14) e si occupano del trattamento dei semi di cotone. Lavorano fino a 12 ore ogni giorno, con un compenso che non supera i 54 centesimi di euro. Secondo il rapporto (il cui testo integrale è pubblicato sul sito www.business-humanrights.org) tra i principaliresponsabili della situazione ci sono le multinazionali Monsanto(Usa) e Bayer (Germania), colpevoli di aver siglato accordi - in particolare contratti di subappalto - con numeroseaziende indiane che sfruttanomanodopera minorile. Ciò, prosegue il rapporto, nonostantefossero pienamente a conoscenza di quanto accade nelle fabbriche.

Le stesse organizzazioniumanitarie che hanno redatto il rapporto - firmato, tra gli altri, dal Forum internazionale per i dirittidel lavoro (ILRF), dall’Organizzazioneper lo sviluppo e la cooperazioneeconomica (OECD) e dalla reteOneWorld presente in Germania -hanno lanciato una campagna voltaa monitorare il lavoro nellefabbriche presenti sul territorioindiano e a garantire un aumentoconsiderevole dei salari.

VIOXX: MERCK RISARCISCE50 MILA PAZIENTI CON UN INDENNIZZODI 4,85 MILIARDI DI DOLLARI

Il colosso farmaceutico Merck & Co. ha annunciato di aver raggiunto un accordo extragiudiziale perchiudere le 26 mila azioni legali intentate da altrettantipazienti che hanno assunto il farmaco Vioxx, ritiratodal mercato dopo la scoperta di alcuni suoi gravi effetticollaterali. La compagnia pagherà infatti 4,85 miliardidi dollari alle quasi 50 mila vittime del medicinale.

Con una clausola, però: i pagamenti sarannocorrisposti solo se almeno l’85% delle persone che hanno fatto causa contro Merck decideranno di ritirare la denuncia. L’accordo è stato siglato dopooltre 50 incontri (in otto Stati americani) e al terminedi un lungo faccia a faccia tra i rappresentanti

delle vittime e i dirigenti dell’industriafarmaceutica, in presenza di tre dei quattrogiudici che seguono la vicenda.

Nonostante si tratti di uno dei più grandi risarcimenti mai corrisposti da un’azienda per gli effetti collaterali di un farmaco (nel caso del Vioxx si è trattato di artriti e, nei pazienti più gravi, di infarti ed ictus), i quasi 5 miliardi che Merck pagherà ai malati sono ben

poca cosa ripetto alle cifre richieste inizialmente dai querelanti: almeno 50 miliardi di dollari. Non a caso a Wall Street il titolo del colosso americano ha accolto la notizia facendo segnare un +5%, dopo due ore di contrattazioni.

Il Vioxx è nel mirino dei pazienti ormai da anni. Uno studio del ‘99 mostrava un aumento dell’incidenzadi gravi eventi cardiovascolari nel 2,5% dei pazientitrattati con rofecoxib (il principio attivo del farmaco) e venti casi di infarti miocardici. Tanto da indurrel’autorità Usa FDA ad inviare all’allora presidentedell’industria Raymond Gilmartin una “warning letter”.Nonostante ciò Merck ha prodotto il Vioxx per cinqueanni, incassando 10 miliardi di dollari dalle vendite. Nel 2004 il farmaco era assunto regolarmente da 2milioni di americani e da 300mila italiani. Si stima che abbia causato fra 88mila e 144mila attacchi cardiacisolo negli Usa: 30-50 mila, probabilmente, letali.

JOHNSON&JOHNSONDENUNCIA LA CROCE ROSSA

Il gigante dei settori della cosmesi e del farmaco Johnson&Johnson ha denunciato la Croce Rossa.Secondo l’industria americana, infatti,la “Red-Cross” sarebbe colpevole di aver utilizzato indebitamentel’universalmente conosciuto logocon una croce colorata di rosso su sfondo bianco. Da parte sua,l’organizzazione umanitariainternazionale ha rispostodichiarandosi stupita, dopo oltre un secolo di utilizzo del simbolo in tutto il mondo, dell’iniziativa di Johnson&Johnson. Aggiungendoche tale logo è stato usato da entrambi “fino ad oggi in modoconsensuale”. La multinazionaleamericana ribatte a sua volta che la ragione per cui ha deciso di cambiare atteggiamento dipendedal fatto che, fino ad ora, la Croce Rossa non aveva maicommercializzato alcun prodotto in competizione con quelli vendutidalla Johnson&Johnson.Recentemente, invece, la CroceRossa ha infatti lanciato alcuni kit di primo soccorso, spazzolini da denti e pettini.

«Per una multinazionale che fattura miliardi di dollari ognianno, chiedere i danni alla CroceRossa è semplicemente osceno», ha dichiarato Mark Everson, capo esecutivo dell’organizzazioneumanitaria. Nella sua denuncia la Johnson&Johnson ha ribadito di avere “grande rispetto per la Croce Rossa”. Basterà a non farprecipitare la propria immagine?

MATTEL,LO SCANDALONON INTACCAGLI UTILI

«Non posso cambiare il passato –ha dichiarato recentemente RobertEckert, amministratore delegatodella Mattel di fronte al Senato Usa– ma sto lavorando per cambiare il modo di fare le cose».

In attesa di verificare le promesse fatte, possiamo fare un primo bilancio. Da quando è esploso, nell’estate scorsa, lo scandalo dei “giocattoli tossici”,la Mattel è stata costretta a ritirareoltre venti milioni di pezzi in tutto il mondo per i rischi legati alla concentrazione di piombo nelle vernici. La prima tranche,all’inizio di agosto, ha riguardato un milione e mezzo di pezzi. Pocopiù di due settimane dopo, il ritiropiù consistente (19 milioni) e a fine settembre un’altra“vagonata” di 844 mila giocattoli(28mila dei quali, in Italia).

La vicenda, che ha spinto anche al suicidio il capodi una delle aziende cinesi accusate di aver usato materiali scadenti, ha avuto, com’è ovvio, ricadutenegative sulle finanze della Mattel.Ma meno di quanto ci si potesseattendere: nel terzo trimestrel’azienda statunitense ha segnato un utile netto di 236,8 milioni di dollari, in (lieve) calo rispetto ai 239 milioni dello scorso anno. E il fatturato è cresciuto del 2,7%.

BIRMANIA,I PROFITTI DI ROYAL BANK OF SCOTLAND

La denuncia arriva da BankTrack,Burma Campaign UK e Platform: i soldi dei correntisti della Royal Bankof Scotland finiscono per sostenereeconomicamente i crimini della giuntamilitare birmana. In che modo?Attraverso la Bank of China. L’istitutoscozzese è il più importante azionistaprivato della banca cinese e controllainfatti l’8,25% delle sue azioni. Non a caso l’amministratore delegatodi RBS, Fred Goodwin è anche membrodel cda di Bank of China. L’istituto

bancario di Pechino è a sua volta il principale finanziatoredi Petrochina e Sinopec,due colossi petrolifericinesi, più volte finiti nel mirino delle Onginternazionali per i lorostretti legami con i militari di Yangoon:

i prestiti erogati per la costruzione di un oleodotto tra Myanmar e Cinasuperano finora il miliardo di dollari e presto potrebbe essere concesso un ulteriore finanziamento di 2,7 miliardi.Superfluo aggiungere che dei profittiderivanti da tali prestiti beneficieràanche la RBS. Che però, se lo volesse,potrebbe opporsi a tali finanziamenti.«Il sostegno alle attività estrattive in Myanmar è un sostegno al regime – spiega Mark Farmaner di BurmaCampaign UK – La RBS può e deve fare pressioni per far cessareprestiti che agevolano le violazioni dei diritti umani».

Colpe e responsabilità, da Nord a Sud Per recuperare questi tesori e per evitare che continuino le rapine,dicono le Nazioni Unite e la Banca Mondiale, è fondamentale lacollaborazione tra Nord e Sud del mondo. Per trovare le colpe diuna situazione così incredibile – miliardi rubati ai più poveri da ca-pi di Stato corrotti – bisogna puntare il dito tanto sui ladri-dittato-ri del Sud del mondo, quanto sul ricco Nord. Perché una buona par-te delle “bustarelle” finite nelle tasche dei Marcos e dei Suharto ar-rivavano, si legge nel rapporto, dalle multinazionali straniere chemettevano piede in Indonesia, Filippine, Congo. E perché questiavidi dittatori non avrebbero saputo dove mettere il loro bottino senon fossero esistiti paradisi fiscali, in Svizzera, Lussemburgo, IsoleCayman, dove tenere al sicuro i miliardi rubati. Casseforti a cui an-cora oggi spesso non si riesce ad accedere. Segreto bancario, è la pa-rola magica. Difficile individuare i conti correnti dietro i quali si na-scondono i grandi dittatori e ancora più difficile far tornare i soldi

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un anno (è il caso delle Filippine e di Haiti, vedi ). Denaro che,invece di finanziare programmi sanitari o scolastici, permettere dicostruire strade, fornire acqua potabile a tutte le case, aiutare la cre-scita di questi stati, è finito in qualche paradiso fiscale.

Oltre mille miliardi di dollarinascosti in banche conniventiDa 1 a 1,6 mila miliardi di dollari all’anno, difficile anche solo im-maginare questa cifra. È il flusso di denaro che si stima sia uscito dal-le casse pubbliche di alcuni dei Paesi più poveri al mondo, per col-pa di corruzione, attività criminali, evasione fiscale, “saccheggio” daparte degli uomini al potere. Tra i 20 e i 40 miliardi sarebbero statitrafugati dai dittatori di questi Paesi durante gli ultimi anni. Diffici-le stimare con precisione a quanto ammontino questi tesori, perchénella maggior parte dei casi non si riesce a superare il muro del se-greto bancario. Ancora più difficile recuperarli e restituirli ai legitti-

TABELLA mi proprietari, i governi attuali dei Paesi derubati. Molti di questiStati infatti non hanno neanche un sistema giudiziario in grado diportare avanti la procedura di recupero.

E, quando ce l’hanno, incontrano la resistenza di Paesi come laSvizzera o il Lussemburgo, che aprono a fatica le casseforti delle lo-ro banche. L’Onu, con l’Ufficio per la lotta alla droga e al crimine(UNODC), e la Banca Mondiale stanno provando a superare que-sti ostacoli, con una campagna “Stolen Asset Recovery” (StAR), re-cupero dei fondi rubati. E con una Convenzione internazionalecontro la corruzione (vedi ), firmata nel 2003 da 140 paesi, cheprevede tra gli obiettivi principali proprio la rimozione del segre-to bancario nei casi di recupero di proventi illegali. Fondamentalequindi per recuperare i tesori rubati dai dittatori africani, ma an-che dai boss della mafia nostrani. Peccato che finora sia stata rati-ficata da 103 paesi, di cui solo metà dei membri del G8. L’Italia, peresempio non è tra questi.

BOX

Missione possibile:recuperare i tesori rubati dai dittatori

OBIN HOOD RUBAVA AI RICCHI PER DARE AI POVERI. Era unafavola. Nella realtà accade esattamente il contrario.Da 2 a 5 miliardi di dollari in 5 anni per il leader ni-

geriano Sani Abacha. Tra 5 e 10 mi-liardi per Ferdinand Marcos, nei 14anni in cui ha governato le Filippi-

ne. Addirittura tra 15 e 35 miliardi per Mohammed Suharto, duran-te i 21 anni di presidenza dell’Indonesia. Sono i tesori, privati, che se-condo un rapporto stilato dall’Onu e dalla Banca Mondiale, grazie al-le indagini dell’organizzazione internazionale contro la corruzioneTansparency International, sarebbero stati accumulati da questi sto-rici dittatori, e da molti altri, sottratti dalle casse pubbliche degli sta-ti che hanno governato. Ai più sfacciati è bastato trasferire fondi daiconti del governo ai propri, all’estero. Altri hanno invece costruito si-stemi di tangenti, riciclaggio di denaro, acquisto di immobili negliStati Uniti o in Europa. Sottraendo fino al 4,5% del Pil nazionale in

di Elisabetta Tramonto

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Onu e Banca Mondiale al lavoro per tentare di rintracciare e restituire ai Paesi poveri le enormi cifre trafugatenegli anni da chi li ha governati. Impresa ardua per colpa, soprattutto, della scarsa collaborazione di molti Stati “ricchi”.

JEAN CLAUDE DUVALIER [1951 – ]HAITI

Nel ‘71, a venti anni,alla morte del padre,Francois Duvalier lo succede alla guidadel Paese, chegoverna fino al 1986.Noto come playboy

e amante delle auto, ma anche comeviolento dittatore. Omicidi ed espulsionisono i metodi usati per sopprimere gli avversari politici: si parla di oltre 30 milapersone uccise. Accumula la sua ricchezza(secondo il rapporto StAR ha sottrattooltre 300 milioni di dollari) soprattutto dal monopolio del tabacco. Negli anni 80si moltiplicano le rivolte popolari. Nell’86è costretto a dimettersi e fugge in Francia.

«IN NESSUN POSTO DEL MONDO VI SARANNO ESENZIONI dall’obbligo di restituire i benitrafugati e vecchi pretesti quali il segreto bancario non costituiranno più un ostacolo», sono queste le novità introdotte dalla convenzione dell’Onu contro la corruzione. Lo sottolineaAntonio Maria Crosta, il direttore, italiano, dell’Ufficio dell’Onu per la lotta alla droga e al crimine (UNODC). Peccato però che dei 140 paesi che nel 2003 hanno firmato la convenzione, solo 103 l’abbiano ratificata, cioè abbiano introdotto nel proprio sistemalegislativo questi strumenti di lotta alla corruzione. Lo hanno fatto Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna. L’Italia non ancora, come alcuni dei paesi dove i tesori dei dittatori potrebbero nascondersi: Svizzera, Lussemburgo, Irlanda (al link,www.unodc.org/unodc/crime_signatures_corruption.html, la lista dei paesi). Che cosa significa?Che le banche, italiane per esempio, possono ancora opporre il segreto bancario a chi, anche le autorità, richieda di conoscere il titolare di un conto corrente. Peccato, perché ratificare la convenzione, come sottolinea Crosta, «significa anche introdurre importanti strumenti contro la corruzione nei nostri paesi e di lotta alla criminalità organizzata e alla mafia».

LOTTA ALLA CORRUZIONE,META’ G8 NON RATIFICA LA CONVENZIONE

MOHAMED SUHARTO [1921 – ]INDONESIA

Guida la dittaturamilitare in Indonesia dal 1967 al 1998.Ventun’annidi governoautoritario e corrotto,

caratterizzato da una violenta lotta al comunismo. È accusato della morte di milioni di comunisti indonesiani. Guida il suo Paese sulla strada di una rapita crescita economica e industrializzazione, ma il suo poteretraballa con la crisi economica asiaticadel 1997 e nel 1998, dopo violentedimostrazioni di piazza, è costretto a dimettersi.

PAVLO LAZARENKO [1953 – ]UCRAINA

Primo ministroucraino dal 1996 al 1997. Condannatol’anno scorso da un tribunalestatunitense a nove anni

di carcere per estorsione, frode e riciclaggio di denaro tramite bancheamericane (per 114 milioni di dollari). È implicato anche in un giro di corruzionedi enormi dimensioni nel periodosuccessivo al collasso dell’UnioneSovietica del 1991 e in un traffico di proventi del mercato del gas. Per l’Onue la Banca Mondiale avrebbe intascatocirca 200 milioni di dollari.

JOSEPH ESTRADA [1937 – ] FILIPPINE

Da popolare attorefilippino diventapresidentedel Paese, che governa dal 1998 al 2001.Si costruisce

l’immagine di politico diverso, dalla parte dei poveri. Peccato che il suo governo finisce proprio a causa di un processo per corruzione, scaturito dalla confessione di un governatoreprovinciale che dichiara di avergliconsegnato una tangente da 9 milionidi dollari. Per il rapporto StAR ne avrebbe trafugati 70-80.

MOBUTU SESE SEKO [1930 – 1997]ZAIRE [CONGO]

Nel ‘65 guida il golpecontro Kasavubu,primo presidentedella RepubblicaDemocratica delCongo: regnerà fino al ‘97, accumulando

circa 5 miliardi di dollari. Dittatoresanguinario, fa uccidere in pubblico diversiministri del suo governo e reprimeduramente le rivolte studentesche. Il suoregime è conosciuto come “cleptocratico”:corruzione e rapine sono all’ordine delgiorno. Nel ‘96 ribelli ruandesi e ugandesilo attaccano: Laurent-Desiré Kabila siautoproclama presidente nel ‘97. Mobutumuore in Marocco nello stesso anno.

IL BOTTINO DI ALCUNI DITTATORI DEL "SUD DEL MONDO"

da aMohamed Suharto (1967–98) Indonesia da 15 a 35 86,6 0,6 1,3Ferdinand Marcos (1972–86) Philippines da 5 a 10 23,9 1,5 4,5Mobutu Sese Seko (1965–97) Zaire 5 8,8 1,8 1,8Sani Abacha (1993–98) Nigeria da 2 a 5 27,1 1,5 3,7Slobodan Milosevic (1989–2000) Serbia/Yugoslavia 1 12,7 0,7 0,7Jean-Claude Duvalier (1971–86) Haiti da 0,3 a 0,8 1,2 1,7 4,5Alberto Fujimori (1990–2000) Peru 0,6 44,5 0,1 0,1Pavlo Lazarenko (1996–97) Ukraine da 0,114 a 0,2 46,7 0,2 0,4Arnoldo Alemán (1997–2002) Nicaragua 0,1 3,4 0,6 0,6Joseph Estrada (1998–2001) Philippines da 0,07 a 0,08 77,6 0,04 0,04

Media % of GDP 0,9 1,8

i leader politici paesi fondi sottratti (in miliardi di dollari)

Pil medio annuo (in miliardi di dollari)

risorse trafugate ogni anno come% del Pil annuo

FON

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Da Suharto in Indonesiaall’ucrainoLazarenko, fino a Duvalier ad Haiti.Ecco i tiranni che più si sonoarricchiti. Ai dannidel terzo mondo

di Paolo Fusi

| internazionale |

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nei Paesi di origine. In pochi ci sono riusciti, con una trafila lungae piena di ostacoli, con la resistenza delle autorità svizzere, lussem-burghesi o britanniche (nelle isole Vergini). Ci sono voluti 5 annidi trattative con le autorità svizzere perché la Nigeria potesse rive-dere i 505 milioni di dollari, sul totale di 2-5 miliardi, intascati da-gli Abacha e depositati nelle banche elvetiche. Addirittura 18 annial governo filippino per riuscire ad ottenere 624 milioni di dollari,solo una parte dei miliardi rubati.

Ma, naturalmente, è necessario mettere mano anche ai sistemipolitici, legali, sociali dei Paesi del Sud del mondo. Il rapporto StArsottolinea come questi saccheggi in grande stile siano stati possibi-li grazie a un mix di mancanza di trasparenza, da parte dei governi,di controllo da parte delle istituzioni, di libertà della società civile,insieme a una cultura diffusa della corruzione. Tanto più i dittato-ri erano liberi di agire indisturbati, come Marcos nelle Filippine oAbacha in Nigeria, quanto più è stato facile sottrarre fondi. Servequindi un serio programma di riforme nei Paesi più poveri, e piùdeboli, che permetta di rafforzare le istituzioni pubbliche e creareun sistema di controlli e di totale trasparenza. Altrimenti si corre il

rischio che, anche se i tesori dovessero essere recuperati, non ven-gano usati nel modo giusto.

Un tesoro da non sprecareUna volta restituiti i tesori trafugati, ogni singolo Paese può decide-re come usarli, per soddisfare i problemi più urgenti.

Il rapporto StAR per dimostrare il possibile impatto positivo del-la restituzione dei fondi, porta l’esempio della sanità e della lotta al-l’Hiv/Aids. Per ogni 100 milioni di dollari recuperati si potrebberopagare medicine per un anno per 600 mila malati di HIV/Aids, da50 a 100 milioni di trattamenti anti-malaria, vaccini per quattro mi-lioni di bambini, acqua potabile per 250 mila case, 240 chilometridi strada asfaltata. Ma non è affatto scontato che i tesori recuperatifacciano questa fine. Purtroppo, infatti, Onu e Banca Mondiale han-no verificato che in diversi casi i soldi recuperati non sono stati sem-pre usati per la crescita del Paese. È il caso del Perù, dove i 180 mi-lioni di dollari recuperati hanno preso strade discutibili. Nove mi-lioni, ad esempio, nel 2004 sono finiti nelle tasche del ministro del-l’Interno e sono serviti a pagare le vacanze di ufficiali di polizia. .

SANI ABACHA [1943-1998] NIGERIA

Il generale a capodella dittaturamilitare nigerianadal 1993 al 1998.Salito al potere conun colpo di Stato,sopprime tutte

le istituzioni democratiche e sostituisce i funzionari pubblici con militari. Aboliscele riforme economiche e vieta ogniattività politica libera. Il suo governo è accusato di violazione dei diritti umani,in particolare dopo l’assassiniodell’attivista Ken Saro-Wiwa. Avrebbesottratto al suo paese tra i due e i cinquemiliardi di dollari. Muore nel 1998colpito da un attacco di cuore.

ARNOLDO ALEMÀN [1946 – ]NICARAGUA

Presidente del Nicaragua dal 1997 al 2002.Ricordatosoprattutto per gli scaldali legatialla corruzione.

Per l’Onu e la Banca Mondiale ha accumulato circa 100 milioni di dollari, rubati dalle casse del Paese. Nel 2003 è stato condannatodefinitivamente a 20 anni di reclusioneper riciclaggio di denaro sporco,corruzione e peculato, ma per ragionidi salute ha ottenuto gli arrestidomiciliari. Nel corso del processo fuprovato l’uso privato di fondi pubblici.

ALBERTO FUJIMORI [1938 – ]PERÙ

Presidente del Perùdal 1990 al 2000. Il 22 settembre scorsoè stato estradato dal Cile a Lima, in Perù.Su di lui pesano 20capi di imputazione,

per 232 anni di prigione. Nei dieci anni di governo dittatoriale avrebbe corrottogiudici, politici e giornalisti (nel 2000 è stato mandato in onda su un canaletelevisivo nazionale un video del suobraccio destro, il capo dei servizi segreti,Vladimiro Montesinos, mentre pagava 15 mila dollari a un membro del Congresso),finanziato la guerriglia colombiana e trucidato circa 70 mila oppositori.

SLOBODAN MILOSEVIC [1941 – 2006]SERBIA [JUGOSLAVIA]

Presidente dellaSerbia dal 1989 e della RepubblicaFederale di Jugoslaviadal 1996 al 2000,come leader del Partito socialista

serbo (SPS). Dopo i bombardamenti Natodel ‘99 e il ritiro dell’esercito jugoslavo dal Kosovo, alle elezioni del 2000 Milosevic viene sconfitto da VojslavKostunica, nazionalista moderato, leaderdell’opposizione. Il primo ministro ZoranDindic lo consegna al Tribunale PenaleInternazionale dell’Aja, dove saràprocessato per crimini contro l’umanità.Muore in carecere il 3 maggio del 2006.

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IL 16 APRILE 1986 PARTE LA PIÙ GRANDE CACCIA al tesoro uf-ficiale della storia dell’umanità. Ferdinand EdralinMarcos scappa precipitosamente dal Palazzo di Mala-cañang, simbolo del suo potere, con un cargo degliamericani – i suoi alleati di sempre – che porterannoal sicuro lui, la sua famiglia, i gioielli e le scarpe di suamoglie Imelda Romualdez. A dare il via alla caccia è lacugina di sua moglie, Corazon Aquino, vedova di unex ministro della dittatura, Baltazar, mitragliato dai fe-deli di Marcos.

Soldi, soldi, soldiNegli anni della dittatura aveva soprattutto badato a farsoldi, inserendo un pizzo su tutte le produzioni destinateall’esportazione: la pesca, lo zucchero, il legname, la birra,il tabacco. Chi voleva vendere all’estero – e guadagnare be-ne – doveva costituire una società offshore che apparte-nesse per un terzo a chi realmente operava e per due terzia Marcos. A sua volta Marcos spostava le azioni di questesocietà in holding, la maggior parte in Liechtenstein edamministrate dal Credit Suisse, che ridividevano i pro-

stralia. La seconda, con la pin up tedesca Barbara Hagye-si. A Barbara ed alla comune figlia lui regalò diverse ca-se, un ranch immenso, decine di migliaia di capi di be-stiame e circa 20'000 cavalli.

Un patrimonio ben nascostoSedici anni di ricerche faticose e di battaglie giudiziariehanno portato allo Stato delle Filippine poco meno di unmiliardo di dollari. Un’inezia, se si pensa che secondo Par-lade all’atto della fuga Marcos aveva nascosto oltre 12 mi-liardi, che oggi saranno oltre 100 miliardi. Gli svizzeri han-no affidato l’inchiesta ad un procuratore notoriamente di-scusso, lo zurighese Peter Cosandey, che, in combutta conuno degli avvocati delle Filippine, Martin Kurer, ha rag-giunto una sorta di compromesso tra il Credit Suisse – peril cui gruppo poi Cosandey ha lavorato, dopo aver lascia-to la procura – ed il governo di Manila. Gli americani han-no processato Imelda che non sapeva veramente nulla edè stata assolta. I Liechtensteinesi hanno applicato una leg-ge del loro sistema costituzionale monarchico che recita:“Princeps legibus solutus ist”, il Principe non ha l’obbligodi osservare le leggi. Dato che Marcos era equiparabile alPrincipe delle Filippine, il suo operato a Vaduz è comun-que indiscutibile e non può essere oggetto di un’inchiesta.

All’inizio dell’attuale decennio, quando il Liechten-stein cambia la legislazione gli equilibri nelle Filippine so-no cambiati. Parlade è scomparso, Salonga ha oltre 90 an-ni. La Presidentessa attuale, la signora Arroyo, corrotta al-meno quanto i Marcos, lavora ad un compromesso conBongbong, il figlio legittimo di Ferdinand ed Imelda.

Tra il 2002 ed il 2004, in appoggio allo Studio Legale ti-cinese Salvioni & Salvioni – che è tuttora uno dei pochis-simi di cui ci si possa fidare in Svizzera – ho lavorato conla PCGG per trovare dove sono finiti gli altri soldi. Abbia-mo trovato poco meno di dieci miliardi di dollari deposi-tati in conti bancari, nelle casseforti di oltre 120 società off-shore, nei capitali di banche, società di legname, di tradinged immobiliari di mezzo mondo.

Dieci miliardi di dollari avrebbero dovuto far gola algoverno di Manila che, invece, si è completamente di-sinteressato alla faccenda. I cronies più furbi di Marcos,come il cugino Herminio Tolentino Disini o il compa-gno di sempre, Lucio Tan, si godono ora una vecchiaiamiliardaria – per non parlare delle provvigioni che ban-chieri svizzeri ed americani hanno pagato a se stessi peressere quasi riusciti a raggiungere indenni la soglia dei25 anni, necessaria per intascare il tutto… Un solo det-taglio, tanto per capire: la Limag AG Vaduz (Liechten-steinische Marcos-Gesellschaft) è tuttora una delle piùgrandi e ricche società del Principato, e nel suo consiglio

d’amministrazione seggono i rappre-sentanti delle famiglie più potenti delLiechtenstein. Loro, Ferdinand Mar-cos, lo ritengono un eroe nazionale.Del proprio Paese, s’intende. .

Dieci miliardisenza padroneIl dittatore filippino Ferdinand Marcos è morto da 18 anni, ma il suo tesoro è ancora nascosto nelle banche di tutto il mondo.

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venti delle società commerciali: due terzi a Marcosed un terzo ad uno dei suoi “cronies”, il nome af-fibbiato dal popolo filippino ai complici e familia-ri. Quando gli sembrò che si guadagnasse troppopoco, offrì alla Westinghouse di costruire una cen-trale nucleare sulle pendici di un vulcano attivo, apochi chilometri da Manila. La centrale venne rea-lizzata, ovviamente non andò mai in produzione,ma costò allo Stato filippino quasi 5 miliardi didollari, 1,8 dei quali pagati come tangenti al ditta-tore ed ai suoi cronies.

Inizia la caccia a MarcosIn quell’aprile la Presidente Corazon Aquino,che non aveva idea di come fare a recuperare iltesoro scomparso, promulgò un editto che davavita alla PCGG Presidential Commission onGood Government, che avrebbe avuto l’incarico

di raccogliere le prove sui crimini della dittatura e pu-nirli. Alla sua testa mise Jovito Salonga, uno dei pochis-simi intellettuali di livello internazionale del Paese, peranni imprigionato e torturato dal regime, e Boboy Par-lade, un ragazzo che aveva studiato da bancario negliStati Uniti. Alla PCGG vennero attribuiti poteri incredi-bili: da inquirente, può rappresentare l’accusa in Tribu-nale, emettere e ricevere rogatorie internazionali, svol-gere tutti gli atti di rappresentanza dello Stato filippinoall’estero, emettere mandati di cattura ed anche ordinidi congelamento e sequestro di fondi.

Parlade e Salonga simuovono alla svelta. Mar-cos ha lasciato scatoloni pie-ni di estratti conto svizzeri,americani e del liechten-stein. La PCGG li mette in-sieme, prende tre avvocatiin Svizzera, due negli StatiUniti e parte all’attacco. Par-

lade prepara alcuni dossier esemplificativi, che sono an-cora oggi un capolavoro investigativo, se si pensa ai po-chissimi strumenti a disposizione.

Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania, Panama,Antille Olandesi, Hong Kong e Stati Uniti avevano edhanno tuttora un interesse fortissimo a non far saltarefuori i soldi. Per prima cosa perché i fiduciari di quei pae-si difendono gli interessi dei propri clienti, in secondoluogo perché secondo le legislazioni di questi paesi, do-po 25 anni senza che il proprietario li reclami, i soldivengono incamerati dalla banca o dal fiduciario che liha in gestione. Marcos, che non si fidava di nessuno, idati sul suo tesoro non li ha detti a nes-suno, tantomeno a sua moglie, cheodiava, peraltro ricambiato. Parallela-mente Marcos aveva almeno altre duefamiglie, una in Austria ed una in Au-

Il tiranno impose dazisu ogni prodottoesportato. Autorizzòuna centrale nuclearesu un vulcano che gli fruttò miliardidi dollari in tangenti

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PER SAPERNE DI PIÙ

www.transparency.org www.unodc.org

FERDINAND MARCOS [1917 – 1989]FILIPPINE (vedi articolo)

Presidente delleFilippine dal ‘66 al 1986: vent’annidi dittatura e guerrefratricide contro i componenti del Pkp(Partito comunista

filippino) e gli esponenti islamici.Favorisce lo sfruttamento economicodelle risorse locali da parte di multinazionali. Dagli Usa riceve i dollariper foraggiare l’esercito. Nell’86, con la vittoria di Corazon Aquino, vedova delleader dell’opposizione Benigno, uccisodai militari nell’83, l’opposizione sale al potere. Marcos è costretto alla fuga.Muore in esilio alle isole Hawaii nell’89.

Il busto di Marcoseretto nella collina di Benguet. Sarà distrutto dopo la morte del dittatore da ignoti attivisti e membri delle tribù locali.

Imelda Marcos baciala salma del marito il giorno dopo la suamorte, a Honolulu, il 28 settembre 1989.

TTOBRE SI È CHIUSO CON UNA NOVITÀ. La più grandebanca sudafricana, la Standard Bank, ha annun-ciato di aver concluso un accordo senza prece-

denti: il 20% delle sue azioni, pari a 5,6milioni di dollari, sarà acquistato dallapiù grande banca cinese, l’Industrial

and Commercial Bank. Secondo il comunicato della StandardBank, l’accordo metterà i due istituti “all’incrocio delle interazio-ni economiche tra la Cina e il continente africano”. Una facile pre-visione, tanto più che la Standard Bank ha una presenza conti-nentale, con partecipazioni in diciotto paesi diversi. Ma ben di più

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| internazionale | Paesi in via di sviluppo/2 |

Saranno stati i paesaggi mozzafiato, i colori o i safari a far scattare la scintilla di Pechino per l’Africa? O forse le risorsenaturali, i diamanti, il petrolio e un enorme mercato per i prodotti cinesi…

sono gli Stati africani con cui Pechino nel corso dell’ultimo de-cennio ha stretto ottimi rapporti d’affari. Se la notizia dell’acqui-sizione da parte di un colosso del credito cinese di un quinto diuna delle principali banche africane ha un po’ stupito, perché apreun nuovo terreno di investimento, ciò che non stupisce è quelloche sta dietro: ovvero la costatazione che sempre di più l’Africa èstrategica per la Cina. Non è difficile intuire le ragioni: l’Africa èricchissima di materie prime, necessarie alla Cina per nutrire la suacostante crescita economia. Petrolio da Sudan, Angola e Nigeria,cotone da Benin, Togo, Mali, Camerun e Burkina Faso, legnamedalla Guinea Equatoriale, cobalto dalla Repubblica democratica

del Congo, platino oro e diamanti da Zim-babwe e Sudafrica. E la lista potrebbe con-tinuare. Ma non c’è solo la fame di materieprime: l’Africa costituisce anche un im-menso bacino commerciale in cui riversarei manufatti cinesi, abbordabili anche per lepovere tasche della maggioranza della po-polazione africana.

A Pechino ci si scambiano regaliL’anno dell’exploit cinese in Africa è stato il2006. Perché è stato in quei dodici mesi chela presenza di Pechino nel continente è di-ventata evidente a tutti, anche a quegli os-servatori e attori internazionali che non leavevano ancora dato un adeguato peso. Tradocumenti ufficiali, frequenti viaggi in Afri-ca delle tre più alte cariche istituzionali ci-nesi e fiumi di inchiostro utilizzati per fir-mare accordi di ogni tipo, il punto più alto èstato toccato all’inizio di novembre dell’an-no scorso, quando a Pechino 48 tra capi distato e di governo di altrettanti paesi africa-

Mal d’AfricaPer la Cina è colpo di fulmine

di Irene Panozzo

MAPPA DELLA CINA IN AFRICA

1 ANGOLA, PETROLIO MA NON SOLOÈ uno dei partner principali della Cina in Africa. Se il 30% del fabbisogno cinese di petrolio è coperto dal greggio africano, il 14%arriva dall’Angola. Nel gennaio 2005 la Exim Bank cinese ha concesso al governo angolano un prestito da 1 miliardo di dollari (oggi tra i 6 e i 9 miliardi) da usare per rimetterea nuovo il Paese dopo decenni di guerra, costruendo strade, ponti,ferrovie, case, scuole e ospedali.Corollario dell’accordo: il 70% di tutti i contratti delle aziende pubblichefinanziati con i soldi cinesi saràassegnato a compagnie cinesi. La compagnia di telecomunicazionicinese ZTE investirà in Angola 400 milioni di dollari.

7 LIBERIA, PETROLIO, GAS E LEGNAMEAl summit di Pechino Cina e Liberiahanno firmato un accordo chegarantisce alla Sinopec il diritto di cercare petrolio e gas. La Cina è già presente nel Paese nel settore del legname.

8 NIGERIA, PETROLIO E GASAttraverso la Cnooc, la Cina ha messomano su importanti giacimenti nigerianioffshore di petrolio e gas. Nel 2006 il presidente Hu Jintao ha firmato con la Nigeria sette accordi dicooperazione, assicurandosi licenze per esplorazioni petrolifere. In cambioPechino si è impegnata a costruireimpianti idroelettrici e una reteferroviaria. Nel maggio 2007 Pechino ha mandato in orbita il satelliteNigerian Communication Satellite.

9 SUDAN, PETROLIOCon le sue esportazioni di greggio, il Sudan copre il 7% circa delfabbisogno cinese. La cinese Cnpc ha la quota di maggioranza (40%)del Greater Nile petroleumoperating company (Gnpoc), il consorzio che possiedel’oleodotto di 1540 km che porta il greggio dai campi del Sud a PortSudan, sul Mar Rosso. Secondo le stime, Pechino avrebbe investitocirca 20 miliardi di dollari In Sudan.

EXPORT DI MINERALI,DIAMANTI, ORO, RAME

EXPORT DI PRODOTTI NATURALI,CAFFÉ, CACAO, COTONE

EXPORT DI PETROLIO

2 CAMERUN, LEGNAMEIl Camerun esporta circa l’11% del suo legname in Cina.

4 ETIOPIA, TELECOMUNICAZIONI E CEMENTONel dicembre 2006 Cina e Etiopiahanno firmato un accordo per la“realizzazione di progetti di sviluppo”per 26 milioni di dollari. Il premierMeles Zenawi ha anche assicuratoche nel corso del 2007 la Cinaavrebbe investito 1,5 miliardi di dollari nel settore delletelecomunicazioni, 500 milioninell’industria cementifera e altre cifre per l’attività mineraria e per la costruzione di infrastrutture.

5 GABON, PETROLIO E LEGNAME Il Gabon vende un quinto della sua annuale produzione petroliferaalla Cina. Nel Paese sono presenti le cinesi Sinopec e Unipec. Nel 2003, il 40% delle importazioni cinesi di legname arrivavano dal paesecentrafricano, il 46% del totale delle esportazioni gabonesi.

6 GUINEA EQUATORIALE, PETROLIO E LEGNAMELa Cina compra circa il 60% del legname che la Guinea Equatorialeesporta. E da qualche anno è presenteanche nel settore petrolifero.

3 CONGO (EX ZAIRE), COBALTONel 2005 la Cina è diventata il principale produttore di cobalto al mondo. Tre quarti arrivanodall’estero, il 90% dal Congo. Lo scorso settembre la Cina ha concesso al governo di Kinshasa un prestito di 5 miliardi di dollari da utilizzare per infrastrutture,miniere, agricoltura e bioenergia.

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LE GRANDI INDUSTRIE DEL PRESIDENTE JINTAO ALLA CONQUISTA DEL CONTINENTE AFRICANO

CHINA NATIONAL PETROLEUM CORPORATION (CNPC)La China National Petroleum Corporation (Cnpc), di proprietàstatale, è la più grande società petrolifera cinese e conta più di un milione di dipendenti. Controlla riserve petrolifereda 3,7 miliardi di barili. In Cina, gran parte del suoi assetssono stati trasferiti a una società separata, la PetroChina. In Africa è presente in Algeria, Ciad, Guinea Equatoriale, Libia,Mauritania, Niger, Nigeria, Sudan e Tunisia.

SINOPECLa Sinopec, o China Petroleum and Chemical Corporation, è la principale fornitrice di prodotti petroliferi e petrolchimicidella Cina e la seconda compagnia produttrice di greggio. In Africa è presente, tra gli altri paesi, in Liberia, Sudan,Nigeria e Gabon.

CHINA NATIONAL OFFSHORE OIL CORPORATION (CNOOC)La Cnooc è uno dei giganti petroliferi cinesi, di proprietàstatale. In Africa è presente in diversi paesi. Ha acquisito il 45% della concessione OML 130, in Nigeria, per un totaledi più di due miliardi di dollari.

ZTELa ZTE è l’azienda di telecomunicazioni leader in Cina.

In Africa ha uffici in Algeria, Angola, Benin, Burkina Faso,Camerun, Ciad, Repubblica democratica del Congo, Costad’Avorio, Gibuti, Guinea Equatoriale, Eritrea, Etiopia,Ghana, Gabon, Kenya, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi,Mali, Mauritania, Marocco, Mozambico, Niger, Nigeria,Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudafrica, Sudan,Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia e Zimbabwe.

SINOHYDROAltra impresa di stato, la Sino-Hydro Corporation è la più grande compagnia di costruzioni idrauliche e idroelettriche della Cina. In Cina ha lavorato anche al progetto della diga delle Tre Gole. In Africa è presente in Angola, Repubblica democratica del Congo, Etiopia,Ghana, Kenya, Madagascar, Mozambico, Sudan, Zambia e Zimbabwe.

HANRUI COBALT CORPORATIONLa Hanrui Cobalt è un gruppo specializzato nello sfruttamento,nella raffinazione e nella produzione di cobalto. Dopo un decennio di crescita, è diventata il principaleproduttore in Asia e tra i primi tre nel mondo. Del gruppofanno parte la Nanjing Hanrui Cobalt, la SARBO SouthAfrica, la SARBO Congo, la SARBO Zambia.

| internazionale |

Opzione che puòtrasformarsi in rischio

Biocarburanti| utopieconcrete |

di Massimiliano Pontillo

UELLA DEI BIOCARBURANTI È UNA VECCHIA IDEA! SICURAMENTE SOSTENIBILE. Già Henry Ford sosteneva la necessitàche ogni agricoltore avesse un piccolo distributore di biodiesel autoprodotto per poi venderlodirettamente al consumatore, così come si fa per qualsiasi prodotto agricolo. Rockfeller invece volevache la distribuzione dei carburanti fosse gestita da catene di distributori legati alle grandi compagniepetrolifere. Riuscì a far passare l’idea del proibizionismo non solo per l’alcol, ma anche per i biocarburanti. Quando l’opinione pubblica si rese conto della scarsa efficacia delle leggi contro la produzione e il consumo dell’alcol, gli agricoltori erano ormai diventati “dipendenti” dai prodottipetroliferi. Gli ingenti investimenti che lui stesso aveva sostenuto per i gruppi cattolici fondamentalisti e l’aver fatto approvare le leggi proibizioniste si rivelarono subito un ottimo affare: in pochi anni tuttifurono costretti a rifornirsi presso i distributori autorizzati, molti dei quali, guarda caso, acquistavanogasolio e benzina dalle raffinerie di quello che sarebbe diventato, grazie a questo marchingegno, uno dei più grandi miliardari americani della storia. Oggi la sfida, soprattutto nei Paesi europei dove esistono più restrizioni rispetto agli Usa, è quella di far pressione per ottenere maggiori libertà per raggiungerel’indipendenza dalle fonti fossili (il petrolio in questi giorni ha raggiunto quota 100 dollari al barile!), un ambiente più pulito e minori emissioni di carbonio, in modo da promuovere filiere locali di produzione di olio vegetale combustibile. Preme sottolineare però alcune questioni importanti.

I biocarburanti e il biodiesel in particolare possonopresentare un impatto ambientale molto pesante, o al contrario essere “ecologically correct”: tuttodipende da come vengono prodotti. Se si producebiodiesel dal metanolo, sostanza fortemente tossicaper l’uomo e l’ambiente, quello che si ottiene è sicuramente un prodotto nocivo. È dunquefondamentale distinguere il biodiesel convenzionale

prodotto con procedimenti industriali, partendo da materie prime fossili come il carbone, da quello che si ottiene da materie prime rinnovabili come quelle d’origine vegetale, senza fare uso di prodottichimici pericolosi e tossici. In questo caso si tratta di un carburante che presenta un bilancio energeticopositivo. Altro aspetto da non sottovalutare, non solo per la sua valenza ambientale, ma etica: la competizione per l’uso del suolo tra colture alimentari e colture per la produzione di energia. Le piante svolgono un ruolo fondamentale nel processo di fissazione del carbonio, liberando ossigeno.Tutti sappiamo che uno dei modi per ridurre l’elevato contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera,causa del riscaldamento globale, è la piantagione di alberi, la riforestazione; da questo punto di vistadunque la competizione tra i diversi utilizzi del suolo è triplice: cibo, biocarburante e fissazione del carbonio. Per essere sostenibile, un biocarburante deve essere ottenuto da materiali di scartodell’industria alimentare, con la garanzia che provenga da colture che fissino il carbonio presente in atmosfera o quanto meno assicurino un bilancio positivo o nullo fra il carbonio fissato e quello liberato. In caso contrario il rischio di trasformare la produzione di biocarburanti in una nuovaminaccia per il pianeta è seria. Una rivoluzione che non sarebbe mica poi così tanto “verde”..

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Se ottenuti da scarti agricoli sonosicuramente molto interessantianche in termini di valutazione del ciclo di vita. Altrimenti il potenziale danno può esseresuperiore a quello prodotto dai prodotti derivanti da fonti fossili

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 65 |

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Secondo le stime attuali sono 750 le aziende cinesi presenti in AfricaSono passati dodici mesi dal summit di Pechino e gli affari hannocontinuato a fiorire. Tenere il registro di tutti i contratti e gli inve-stimenti che le aziende cinesi hanno effettuato in Africa è però qua-si impossibile, visto lo scarso amore per la trasparenza sia a Pechi-no che nei vari palazzi del potere africani. Stando alle stime attua-li, circa 750 diverse compagnie cinesi operano in una cinquantinadi paesi africani. Gran parte della crescita economica del continen-te, che nel 2006 è stata del 5,5%, sarebbe da attribuire proprio alleattività di queste imprese, che coprono quasi tutto il paese.

Nessuna condizione viene posta dalla Cina: non contano leviolazioni dei diritti umani, delle leggi che regolano il lavoro o latutela ambientale e nemmeno la trasparenza o una buona gover-nance. L’unica condizione che Pechino pone è accettare il princi-pio di “una sola Cina”, quella popolare, e quindi non intrattenererelazioni con Taiwan. Poca cosa, visto che per il resto tutto è per-messo, in onore del principio, che Pechino vuole adottato innan-zitutto a casa sua, di “non interferenza negli affari interni”. .

ni si sono presentati all’appello del suntuoso summit sino-africanoconvocato dal presidente Hu Jintao.

Da parte sua il leader cinese ha promesso molti doni: il rad-doppio degli aiuti dati all’Africa nel 2006; 3 miliardi di dollari inprestiti preferenziali e altri 2 miliardi in crediti all’esportazione; unfondo di sviluppo Cina-Africa di 5 miliardi di dollari per incorag-giare le compagnie cinesi a investire in Africa; la cancellazione deldebito dei paesi altamente indebitati e/o meno sviluppati; la can-cellazione dei dazi per 440 merci africane, dalle attuali 190; la crea-zione di cinque “zone di cooperazione commerciale ed economi-ca” in Africa; e la formazione di 15mila professionisti africani neisettori agricolo, culturale e medico, con una particolare attenzio-ne alla lotta alla malaria. Il tutto entro il 2009. Mentre Hu facevale sue promesse, il premier Wen Jiabao assicurava gli imprenditorisino-africani che entro il 2010 il volume commerciale tra Cina eAfrica toccherà i cento miliardi di dollari (è stato di 55,5 miliardidi dollari nel 2006) e i rappresentanti di una serie di governi afri-cani firmavano accordi con diverse imprese cinesi per un valore to-tale di 1,49 miliardi di dollari.

EROWE, SUDAN. A 350 CHILOMETRI A NORD DI KHARTOUM, al-l’altezza della quarta cateratta del Nilo, circa 70milapersone sono state o saranno costrette a lasciare i loro

villaggi. Il motivo: la costruzione di una diga,alta 67 metri e lunga 9 chilometri, necessariaa raddoppiare la capacità idroelettrica del pae-

se con la produzione di 1250 Megawatt di energia. Unprogetto faraonico, che creerà un bacino artificiale lun-go 174 chilometri, con una superficie di 476 chilome-tri quadrati. Costerà in tutto poco meno di 2 miliardi didollari, forniti in larga parte da investitori stranieri. Pri-ma di tutto dalla Cina: la Exim Bank di Cina ha fornito520 milioni di dollari, in tre diversi prestiti da restitui-re entro vent’anni. Altri 575 milioni sono stati sborsatida Khartoum, mentre i restanti 871 milioni di dollarisono stati forniti da sei diversi fondi di sviluppo o go-verni arabi, per lo più del Golfo.

Per la costruzione dell’opera, l’appalto da 660 milio-ni di dollari è stato vinto dal Consorzio cinese per la digadi Merowe (Ccmd), formato da due colossi dell’industriaidroelettrica, la China International water and electriccorporation (Cwe) e la China hydraulic and hydroelectricconstruction group corporation (Cwhec, chiamata ancheSinoHydro Corporation), entrambi attivi anche in moltialtri paesi africani. Nel progetto però opera anche una so-cietà europea: la Alstom, francese, che per 250 milioni didollari fornirà gli strumenti elettro-meccanici, tra cui le10 turbine da 125 megawatt ciascuna. La diga di Merowe,

che dovrebbe essere pronta per la metà del 2008, haperò un’altra particolarità: diversamente da quantoemerge dal sito ufficiale www.merowedam.gov.sd, lapopolazione locale ha accolto male le decisioni presesopra la sua testa. Soprattutto perché l’area in cui inmolti sono già stati costretti a trasferirsi ha terreni estre-mamente aridi, neanche paragonabili alle fertili terreche costeggiano il Nilo. E i tassi di povertà tra la popo-lazione dislocata, tradizionalmente dedita all’agricoltu-ra, sembrano essere cresciuti rapidamente, contraria-mente a quanto promesso dal governo.

Quel che è peggio, però, è che Khartoum ha repres-so duramente le manifestazioni di protesta della popo-lazione che ancora non è stata spostata e che ha chie-sto di evitare il deserto. Nell’incidente più cruento, lamilizia al soldo della autorità della diga ha ucciso trepersone e ne ha ferite altre 47. Lo scorso agosto ancheil rappresentante speciale dell’Onu per il diritto all’abi-tazione ha condannato “i colpi d’arma da fuoco controi dimostranti disarmati, l’arresto arbitrario di attivisti ele misure repressive contro la stampa”, allo stesso tem-po incoraggiando “gli Stati, in particolare la Cina e laFrancia, ad assicurarsi che il lavoro delle loro aziendenazionali non abbia, direttamente o indirettamente, unimpatto negativo sui diritti umani delle popolazionicoinvolte”. Non sembra che i due governi abbiano fat-to alcun passo per evitare che quanto già accaduto pos-sa ripetersi. E i lavori procedono. .

Pechino “aiuta” il Sudancon una diga gigantescaDopo il disastro ambientale della diga delle Tre Gole, la Cina ci riprova. Un’operazione da 520 milioni di dollari.

di Irene Panozzo

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LIBRI

C. Brighi, I. Panozzo,I.M. Sala

Safari cinesePetrolio, risorse,mercati. La cinaconquista l’Africa

Ed. ObarraO, 2007

Il banchiere di Dio

| gens |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 67 || 66 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

NOGARA, ERANO CONOSCIUTI A BELLANO, UNA CITTADINA SUL LAGO DI COMO, come una famiglia devotaalla Chiesa a cui avevano reso notevoli servigi, tanto che tre figli divennero sacerdoti e uno diret-tore del Museo Vaticano. Chi diede lustro alla famiglia fu, però, l’ingegner Bernardino. Laureato-

si al Politecnico di Milano, fu ingegnere minerario in Turchia, dove sviluppò relazioni di tipo politico,sino a giungere nel 1912 ad occuparsi del trattato di pace di Ouchy (Losanna), che pose fine alla guerralibica tra Italia e Turchia.

Nel 1919 fece parte della delegazione che negoziò la pace tra Italia, Gran Bretagna, Francia e Ger-mania. Le sue capacità relazionali gli aprirono le porte del mondo delle banche, tanto da essere nomi-nato delegato italiano della Banca Commerciale di Istanbul e diventare membro del Consiglio di Am-ministrazione del Debito Pubblico Ottomano. Dal 1924 al 1929 si trasferì a Berlino dove si occupò dellagestione delle industrie, nella Commissione Interalleata per l'applicazione del Piano Dawes per le ripa-razioni germaniche di guerra. Nogara dal 1925 al 1945 fu consigliere della Banca Commerciale Italiana

Il divieto del prestito ad usura era stato sancito in più di unConcilio: da quello di Arles, a quello di Nicea, ribadito in quello diCartagine e di Aix, sino a quello Laterano in cui gli usurai furonoscomunicati.

Quando Mussolini invase l’Etiopia, le bombe sganciate e le armiusate erano prodotte da una fabbrica che Nogara aveva appena ac-quistato. Siccome Bernardino era mosso da spirito ecumenico, pocodopo diede le stesse armi ai comunisti di Mao Tsedong.

Probabilmente questa politica di far soldi con le guerre deve aver-la imparata dai Rothschild, una delle poche dinastie di banchieri chefacevano affari col Vaticano sin dai primi anni del XIX secolo e cheavevano accumulato con le guerre napoleoniche un’enorme fortuna.

Bernardino si mosse con disinvoltura vendendo o acquistandotutto quello che poteva dall’oro agli immobili, dalle azioni alle so-cietà. Fort Knox conserva ancora una bella fetta dell’oro del Vatica-no, come del resto Fidel Castro, che lo ha trovato dopo la fuga deldittatore Batista. Sarà per questa solida ragione che Fidel non è maistato scomunicato in quanto comunista.

e grazie alle sue relazioni non fece fatica adessere nominato vicepresidente della Co-mit, il 28 giugno 1945. In Vaticano Bernar-dino Nogara aveva uno sponsor, il fratellomonsignore che, nel ‘29 dopo la firma deiPatti Lateranensi, convinse il Pontefice a cuiera legato da solida amicizia, che era l’uomogiusto per gestire le finanze. Fu chiamato daPio XI a dirigere l'Amministrazione Speciale della Santa Sede, che ri-ceveva da Mussolini in cambio della sovranità limitata un sussidiodi 3.250.000 lire annue, l’esenzione dalle tasse e dai dazi sulle mer-ci importate. I Patti inoltre predisposero un risanamento per dannifinanziari subiti dallo Stato Pontificio a causa della fine del poteretemporale, quantificato dall’articolo 1 in 750 milioni di lire, e ulte-riori azioni dello Stato consolidate al 5% al portatore, per un valorenominale di 1 miliardo di lire dell’epoca. In segno di riconciliazio-ne il Papa uscì in processione in piazza San Pietro: un avvenimentodel genere non accadeva dai tempi di Porta Pia.

Benedetto dal Papa, Bernardino, accettò la gestione del denarodel Vaticano ma pose precise condizioni: «1) Qualsiasi investimentoche scelgo di fare deve essere completamente libero da qualsiasi conside-razione religiosa o dottrinale; 2) devo essere libero di investire i fondi delVaticano in ogni parte del mondo».

Pio XI aprì così le porte all’usura, alla speculazione, all’acquistodi azioni in società che fabbricavano prodotti incompatibili conl’etica cattolica, come carri armati, cannoni, bombardieri.

di Andrea Montella

Nogara acquistò il più importante fornitore nazionale di gas,l’Italgas. Nel CdA vi mise un uomo di sua assoluta fiducia, Fran-cesco Pacelli, fratello del nuovo papa Pio XII. Quello di mettere iPacelli nei consigli di amministrazione per Nogara era come ap-porre il proprio sigillo, che attestava la buona riuscita dell’affareappena concluso. Infatti i principi Carlo, Marcantonio e GiulioPacelli, nipoti di Pio XII, entrarono a far parte di numerosi consi-gli di amministrazione.

Attraverso Nogara il Vaticano estendeva la sua influenza nell’e-conomia capitalistica, acquisendo il controllo diretto o indiretto dimolte banche, come il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito ela Cassa di Risparmio di Roma.

Quando le banche vaticane erano in difficoltà, come accaddecol Banco di Roma, il “buon” Bernardino andava da Mussolini achiedergli di rilevare i titoli senza valore e trasferirli all’IRI, otte-nendo per di più un rimborso non al valore corrente delle azioni,che era pari a zero, ma al prezzo di acquisto. Con questa bella pen-sata l’IRI sborsò più di 630 milioni di dollari e quindi le perdite fu-rono indirettamente scaricate sullo Stato italiano deprivando granparte della popolazione.

Anche nella Germania di Hitler il Vaticano godeva di una rendi-ta, derivante dal trattato firmato con il dittatore, in cui si conferma-va la Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica, che è in vigore ancora og-gi anche se non è più obbligatoria, ed è pari al 9 per centodell’imposta sul reddito. Il denaro raccolto veniva poi consegnato

alla Chiesa cattolica e protestante. Grazie a questa imposta nel 1943,in piena guerra, affluirono in Vaticano ben 100 milioni di dollari.

Il 27 giugno 1942, Pio XII, spinto da frenesia modernista, misenelle mani di Bernardino una nuova struttura finanziaria, nata dal-la ristrutturazione dell’Amministrazione delle Opere Religiose inIstituto per le Opere Religiose: la Banca Vaticana, lo IOR.

L’azione di Nogara creò solidi legami con banche note per avereai vertici il fior fiore della massoneria: Hambros, Credit Suisse, Mor-gan Guarantee, The Bankers Trust Company di New York, ChaseManhattan, Continental Bank dell’Illinois. Nel settore industrialeacquistò azioni della General Motors, Shell, Gulf Oil, General Elec-tric, IBM, Bethlehem Steel e TWA. Investì molto denaro nelle assi-curazioni, nelle industrie alimentari e del cemento, necessario alleattività edilizie dato che erano dello IOR l’Immobiliare, la SOGENEe lo IOR controllava anche il 15 per cento della Società Italiana Im-mobiliare. Ma il patrimonio immobiliare del Vaticano si estese inmolti paesi: dalla Francia, al Canada, agli Stati Uniti, al Messico.

Nel 1954 Nogara decise di ritirarsi, ma non smise di dare i suoiconsigli, sino a quando la morte non se lo portò via nel 1958.

Dopo Nogara, il Vaticano sotto la supervisione di monsignorMarcinkus, ricorse a Sindona e poi a Roberto Calvi. Solo dopo il fal-limento dell’Ambrosiano e l’uccisione di Calvi, si scopriràl'implicazione del Vaticano negli illeciti operati da Sindona e Calvi.Sindona morirà nel carcere di Voghera il 22 marzo 1986, dopo averbevuto un caffé al cianuro. .

Bernardino Nogara

Dopo Gesù Cristo la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara“

Francis Spellmann cardinale di New York

Accettò di gestire le finanze della SantaSede a condizione di essere “libero da qualsiasi considerazione religiosa”. Si aprirono così le porte all’usura, alla speculazione e all’acquisto di azionianche di società che fabbricavano armi

I”

Sopra, Pio XI con Marconi e il cardinale Eugenio Pacelli futuroPio XII all’inaugurazione della Radio Vaticana.A sinistra in alto, Calvi. A sinistra in basso, Marcinkus.A destra in alto, Sindona. A destra in basso, Pio XII in preghiera.Nella pagina a fianco Bernardino Nogara.

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altrevoci| narrativa |

IN VIAGGIONELLO SPAZIOCON IL NUOVOASTROCARGO

Ispirato alla tradizionefantascientifica, dai classicicome Ray Bradbury agli umoristi come DouglasAdams autore della Guidagalattica per autostoppisti,Mikael Niemi lascia questavolta l’ormai famoso Tornedal, la regione più a nord dellaSvezia in cui era ambientato il suo primo romanzo “Musicarock da Vittula” (tradotto in più di dieci lingue e adatatto per il grandeschermo), per avventurarsinelle galassie vicine e lontane.

A bordo di un astrocargo,viaggia attraverso lo spazio,dalla buona vecchia Terra alle più sperdute stazioni di servizio per cosmonisti, e nel tempo, dal momentoprima del Big Bang alla fine dell’universo, per accompagnarci alla scoperta di un mondoancora sconosciuto a noi,novellini dei viaggi spaziali,alla nostra prima esperienzadi traversata interplanetaria.

MIKAEL NIEMI IL MANIFESTO DEI COSMONISTIIperborea, 2007

LA NUOVARAZZAPREDONAITALIANA

Le parole sono pietre. Nel caso del libro “Capitalismodi rapina” sono macigni che schiacciano i protagonistidi una stagione politica e di un sistema finanziario che in pochi anni hannodepredato l’economia italiana.Paolo Biondani, Mario Gerevinie Vittorio Malagutti, i tregiornalisti autori del libro,ricostruiscono la ragnatela di holding e fiduciarie,denunciano le relazionipericolose tra controllati e controllori, svelano i meccanismi truffaldini,mostrano i documenti dei conti offshore (il lettorepotrà vedere la riproduzionedel documento di apertura del conto “Sciolina” fatta da Fiorani alla Banca del Gottardo) e soprattuttofanno nomi e cognomi. Soliti noti come Gnutti,Consorte, Fazio, Fiorani e Ricucci; e qualchesopravvissuto eccellenteche ai tempi dei fatti faceva il ministro (qualcuno lo faancora) o il parlamentare.Scalate vertiginose, buchipatrimoniali, distrazioni più o meno colpevoli delle societàdi revisione , il tutto con la benedizione della Chiesa. . BIONDANI, GEREVINI, MALAGUTTICAPITALISMO DI RAPINAChiarelettere, 2007

QUEL MISTERIOSOASSALTOAL PARLAMENTOINDIANO

Dopo il “Dio delle piccole cose”, romanzod’esordio e best seller mondiale, l’indianaArundhati Roy torna con un nuovo libro che farà discutere molto per le sue implicazionipolitiche. La scrittrice prende spunto da un fatto avvenuto il 13 dicembre del 2001quando un gruppo di uomini armati assaltò il parlamento indiano. Un blitz fulmineo di cui ancora oggi si conosce poco per quantoriguarda i mandanti e gli esecutori. Di certo le forze di polizia furono inadempienti. Furono“trovate” prove impossibili che alimentaronotensioni e conflitti già pericolosi.

Arundhati Roy prende spunto da questofatto per scrivere una delle sue energicheriflessioni che animano questa raccolta di interventi.

I temi più scottanti che agitano l’Indiacontemporanea e il mondo intero vengonoaffrontati con grande lucidità: il tragico costodell’economia globalizzata, gli interessi dei poteri forti che non esitano a ricorrere alla guerra e a una spietata repressione del dissenso, la sparizione di intere città e villaggi, con migliaia di uomini e donne che passano da una vita di stenti alla miseriapiù nera, la macchina dei mass-media,bisognosa di sciagure da cui trarre nutrimento.Lo sguardo di una scrittrice sempre in primalinea alza il velo sui grandi interessi che dominano il pianeta, mirando a una ridefinizione del significato di disobbedienza civile e di azione politica.

ARUNDATHI ROYLA STRANA STORIA DELL’ASSALTO AL PARLAMENTO INDIANOGuanda, 2007

PARANOIA E POLITICA AL COMANDODEL MONDO

Il paranoico persegueossessivamente l’obiettivo di una concezione del mondo esaustiva, priva di contraddizioni e sfumature,fondata su certezze assolute.Assimilare il paranoico al dittatore, come hannomostrato magistralmenteKoestler, Orwell o Canetti, è ormai un dato acquisito. Ma l’eccezionalità e l’enormitàdi certe manifestazionifanatiche e totalitarie e la conseguente evoluzionetragica di alcune figure e di certi avvenimenti storicinon devono tuttavia fardimenticare che tutta l’attivitàpolitica può essere letta come espressione di un atteggiamento paranoico. Un pericolo che sta dietro la porta di qualsiasi forma di agire pubblico. La paranoia come elemento di sistematizzazione del mondo e al tempo stessocome costruzione di un ordineparallelo dove il conflitto viene annullato.

A CURA DI SIMONA FORTI E MARCO REVELLIPARANOIA E POLITICABollati Boringhieri, 2007

BASTA POCOPER FAREBRECCIANEL GHIACCIO

Mari si è appena laureata ed è tornata a vivere nel suoPaese natale, dove ha decisodi aprire un piccolo negozio di granite. Quell’estate suamadre ospita la figlia di unasua cara amica, una ragazzinadi nome Hajime, che staattraversando un periodomolto difficile a causadell’improvvisa morte della nonna. Mari non è affatto entusiasta dell’ideadella madre: è indaffarata col negozio appena avviato e pensa di non avere tempoper fare compagnia a una ragazzina così piena di problemi. Infatti, oltre ad avere un piccolo handicapfisico, dopo la morte della nonna, Hajime si rifiutadi mangiare e di uscire di casa. Le due ragazze a pocoa poco diventano amiche e Hajime inizia ad aiutare Mari al negozio. Il resto del tempo lo trascorrono tra nuotate nel mare,passeggiate sulla spiaggia e lunghe chiacchierate,sempre sullo sfondo di un incantevole paesaggiomarino e di un’amicizia che aiuta a credere nel futuro. .BANANA YOSHIMOTOIL COPERCHIO DEL MAREFeltrinelli, 2007

ROMANZOD’ESORDIOE CASOEDITORIALE

Un incidente. E poi una vita inposizione orizzontale in unmondo fatto per individui chepossono camminare. Un uomoprigioniero della suapachidermica consorte prontaa trasformarsi in un mostroproprio nel momento delbisogno. Una vita trascorsa aescogitare piccoli espedientiper non morire di fame e aricordare com’era una voltastare con lei. L’amore assolutoe irrazionale dei primi tempi sitrasforma in un vorticeparadossale di dominazione edipendenza, fino a raggiungereil delirio. Mentre quel corpoadorato, il corpo di Christine,cresce di giorno in giornofacendosi sempre piùminaccioso. Poi unarivelazione, che cambia tutto.E un epilogo, irreversibile.

Il romanzo d’esordio di Monnehay è stato un casoeditoriale in Francia e ha vintoil Premio Opera Prima.

MAX MONNEHAYCORPUS CRISTINECastelvecchi, 2007

LA VIGATA DI FINE OTTOCENTO NEL NUOVO “CUNTO” DI CAMILLERI

Come al solito Andrea Camilleri riesce a sorprendere il lettore con un libro sospesotra il fantastico e il sogno. Forse questo è il suo libro più poetico. La vicenda si svolge a Vigata alla fine dell’ Ottocento, nella contradaNinfa, dove abitano i sogni dei pescatori. Ma il protagonista non è un pescatore, è Gnazio Manizio ritornato al paesello dopoessere stato in America per 25 anni. Il suomestiere era “arrimunnari” gli alberi in modocosì perfetto da essere assunto a New Yorkcome giardiniere. Poi, una brutta caduta da un pino, i soldi dell’assicurazione e il ritornoa Vigata con un piccolo gruzzolo, sufficiente a comprare un pezzo di terra. Gnazio lo avevacapito subito che era un affare per lui, perchéin quella terra c’era un ulivo secolare. Anzi, in paese si raccontava che avesse più di mille anni. Quella terra, grazie alle curedi Gnazio, era rinata. Ora a quest’uomo di mezza età e solo da oltre vent’anni mancauna famiglia. È l’esperta di erbe e guarigioni, la vecchia Fina, a trovargli una moglie:Maruzza Musumeci, bella come il sole, ma strana. Tanto strana. Arrivano i figli,anch’essi sospesi tra cielo e terra.

Un romanzo diverso dagli altri. O meglio, come ha scritto Silvano Nigro. «Il cunto di Camilleri è, infine, e sorprendentemente, un cunto de li cunti».

ANDREA CAMILLERIMARUZZA MUSUMECISellerio, 2007

CONOSCERELA CINAPER VINCERELA SFIDA

Per non rimanere colti tra l’eccessiva speranza e il conseguente disincanto,tra il miraggio di un mercatosterminato e la delusione delle cifre, è necessarioconoscere la Cina nelle sue numerose articolazioni. Oggi il gigante asiaticopresenta meno misteri, ha perso molta della suapatina di esotismo e di estraneità. L’ingresso nel Wto e la presenza del Paese nello scenariointernazionale tendono a omologare la Cina alle regole condivise. Eppure essa viene ancorapercepita come lontana e differente; la difficoltà a comprendere si ripercuotesulle relazioni economiche.L’Italia infatti arretra rispettoagli altri paesi e comunquenon riesce a trarre i vantaggiche potrebbe dalla suaemersione. La Cina, con la suaprepotente ribalta, ha cosìcostretto tutti a leggere la globalizzazione con parametri diversi,superando gli sterili dibattititra minacce e opportunità, tra antagonismo e apertura.

AUTORI VARICINA: LA CONOSCENZA È UN FATTORE DI SUCCESSOIl Mulino, 2007

| economiaefinanza |

| 70 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 71 |

ANNI 40QUANDONACQUE L’ITALIA

“La scoperta dell’Italia (1940-1950). Ritratto della Repubblica italiana.Formazione e sviluppo”, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica,è una mostra curata da Carlo Azeglio Ciampi,Rosario Villari e GiuseppeTalamo con il coordinamentoscientifico di Louis Godart.

Si tratta di una serie di fotografie che puntanol’attenzione sulla nuova realtàche inizia a pervadere tutta l’Italia del SecondoDopoguerra.

A partire dagli anni ‘40,infatti, in Italia si avverte un diverso modo di sentire che attraversa il cinema, la fotografia, la scritturaletteraria e quella giornalistica.Un clima che contribuisce a creare un nuovo senso di identità nazionale e un diverso impegnoindividuale e collettivo. Aspettiquesti che si consoliderannosubito dopo la guerra.

Fino al 6 gennaio 2008 COMPLESSO DEL VITTORIANO ROMA

ACQUA ESSENZIALEPER VIVEREE MORIRE

Le immagini del fotografoMike Goldwater ci propongonola potenza dell’acqua e i suoirisvolti politici. Si tratta di unaricerca di ampie dimensioni.Elemento essenziale per la nostra vita, l’acqua è fonte di vita e felicità ma anche portatrice di mortee distruzione: immagini di forteimpatto, alcune drammatiche(alluvioni, la gente in fugadalle inondazioni) affiancate a immagini dolci e serene (il parto in acqua, la pesca in riva ai fiumi, i nomadi che cercano acqua per abbeverare i cammelli e,per i più fortunati del pianeta,l’acqua delle piscine,dispensatrice di svago e serenità).

Acqua che si cerca e acqua che si fugge, dunque.Un tema attuale: acqua benecomune internazionale, dalla cui tutela dipende la nostra vita. Nel 1993l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituitola Giornata mondialedell’acqua, che cade ogni anno il 22 marzo.

MIKE GOLDWATERACQUAMotta Editore, 2002

LA GRANDE STORIA DEL MOVIMENTOOPERAIO TRASPORTATA AI GIORNI NOSTRI

“Rossa Immagine e comunicazione del lavoro:1848/2006”, a cura di Luigi Martini, è unamostra dedicata all’evoluzione iconografica del movimento operaio organizzato italiano.

Un tuffo nella storia, un flusso continuo di ricordi, favorito dalla tecnologia, dalla multimedialità e dall’interattività:fotografia, suoni e filmati. La mostra segue uno sviluppo cronologico dal 1848 al 2006.Ogni documento viene inserito nel suocontesto, permettendo al visitatore di proiettarlo nella contemporaneità.

L’allestimento multimediale sfrutta le potenzialità visive ed emozionali fornite oggi dalle nuove tecnologie. La narrazioneinvita lo spettatore ad alternare momentispettacolari a momenti di approfondimento.

Questa mostra è un’esperienza di viaggionella storia recente, capace di dare al visitatore una grande quantità di spunti di riflessione sulla condizione operaia attuale,che riesce ad affermare il valore del lavoro e delle lotte sindacali con la forza delle immaginidi massa. Dopo Napoli, “Rossa” farà tappa a Torino dove vi rimarrà fino al maggio 2008.

Fino al 6 gennaio CITTÀ DELLA SCIENZANAPOLI

ARAKITRA INCANTOE ANALISISOCIALE

Roma ospita la mostra dedicataall’artista-fotografo giapponeseNobuyoshi Araki. Intitolata‘’Araki Gold’, la mostra è stata organizzata dall’Istitutonazionale per la grafica. Tra i lavori esposti troviamol’album Tokyo Diary 2003-2007,racconto quotidiano degli ultimicinque anni del maestrogiapponese; le cinque serie,composte da 20/25 fotografie e realizzate negli anni Ottanta e Novanta, appartenenti al gruppo “Some Stories”. Foto che narrano di vicendeamorose nei villaggi del Giapponetradizionale, fra templi e forestedi bambù come fondali dipinti, e quelle altrettanto intense che invece si perdono fra le stradee le piccole abitazioni di Tokyo.Una selezione di circa 300fotografie scattate da Araki nel cuore economico della capitale nipponica negli anni Sessanta. Troviamoanche i nudi (molto criticati), i ritratti della società giapponese, 50 fotografie a colori dalla serieColor Rays, gli immancabiliFlowers e ben 5000 Polaroid.

Fino al 17 febbraio 2008 PALAZZO FONTANA DI TREVI ROMA

FELTRINELLIPRESENTAI SUOI LIBRISU YOU TUBE

Walter Veltroni, non ancoraleader del neonato Partitodemocratico, che presenta“L’illusione del bene” il libro di Cristina Comencini. StefanoBenni, scrittore geniale quantoschivo, che parla di terra e fantascienza, di “Bar Sport” ,di satira e di umorismo. Il tutto trasmesso su “YouTube” con il marchio Feltrinelli.

La nota casa editricemilanese ha infatti deciso di mettere a disposizione del suoi lettori i video delle recensioni e deipersonaggi che vengonoeditati. Un servizio moltogradito, come sottolineano i commenti dei lettori.

In tutto sono disponibili35 video. Il più gettonato è quello della professoressaEva Cantarella, ma anchequelli di Amos Oz, EdoardoSanguineti, Allan Bay. Il piùcommentato è invece il videodello psicanalista e scrittoreUmberto Galimberti che parladell’“Ospite inquietante”, un libro sui giovani e il loro disagio.

http://it.youtube.com/feltrinellieditore

CROLLA IL MERCATODEI CD E CRESCE IL DOWNLOAD SULLA RETE

La rete sta cambiando il volto al business della musica. A dimostrarlo sono i dati di vendita:cresce esponenzialmente il mercato dellamusica digitale, diminuisce drasticamentequello dei classici cd (le previsioni indicanoche quest’anno la contrazione del mercatosarà del 25%). Chiudono nel mondo grossecatene di negozi, come la Tower records, e negozi indipendenti. Negli ultimi sette annisono falliti solo negli Stati Uniti 1700 negozi di dischi. La metà in Inghilterra.

Gruppi rock famosi mettono in vendita il proprio disco su internet a un prezzo libero(vedi articolo sul caso Radiohead sul numero54 di “Valori”), vecchie glorie come i LedZeppelin riservano una parte dei biglietti per il loro concerto londinese ai fortunatisorteggiati di una lotteria on line. I socialmedia network, come Myspace e Bebo,contribuiscono ad affinare i gusti degli utenti.Più di quanto possano fare i commessi.

Nel mondo la vendita della musica digitalenel 2007 sarà pari al 62 per cento dell’interofatturato, per un importo di due miliardi di dollari. In Italia la vendita di musica digitalenel 2006 ha sfiorato i 17 milioni di euro. I negozi si stanno attrezzando per fare i download legali. In Europa a farlo sono già in 500.

www.bebo.com

FAST FOODLA VERITÀÈ DURA DA DIGERIRE

Una volta c’era un libro, scrittoda Eric Schlosser. Un’inchiestache denunciava i misfatti sulla macellazione della carnedestinata a grandi catene del fast food e lo sfruttamentodei lavoratori messicani. Il libro divenne un film e infine un dvd destinato ai televisori delle famiglie.

Nel film “Fast food nation”Il regista Richard Linklaterdescrive una realtà a dir pocoinquietante e per farlo chiamaa raccolta una serie di grandiattori, come Bruce Willis,Ethan Hawke, Greg Kinnear,Kris Kristofferson e la star del pop Avril Lavigne, al suodebutto cinematografico.

Il dvd sarà in vendita dal 5 dicembre in versione doppiodisco: uno con il film e i trailer,l’altro con interviste agli attorie al regista e alcuni contributiextra targati Slow Food Italia.

Negli extra ci sarannoanche tre corti d’animazionegià visti da oltre 10 milioni di persone in tutto il mondo,ma inediti in Italia, doppiatiper l’occasione in italiano.

RICHARD LINKLATERFAST FOOD NATIONDnc, 2007

THE WHOIL MITO DEL ROCKCONTINUA

Tengono ancora il palco con il piglio di un tempo,come hanno dimostrato nel recente tour mondiale.Dopo la morte del bassistaJohn Entwistle, c’era chi davala rock band “The Who” per finita. Invece, i mitici fannotournée e incidono dischi: nel 2003 “Live at the RoyalAlbert Hall”, nel 2004 “Thenand now” con due braniinediti, nel 2006 “Endlessglass”. Infine, nel 2007, hannogirato il pianeta in lungo e in largo, con un tour mondiale.

Adesso arriva anche un nuovo doppio dvd (euro14,99) dal titolo “AmazingJourney: The Story of The Who”la cui uscita è prevista per il 21 novembre. Un viaggio nei 40 anni di carriera della rock band,con un documentario di 40minuti, interviste, estratti live,6 corti, ritratti personalizzati di ogni membro del gruppomusicale, backstage e la performance del RailwayHotel del 1964.

PAUL CROWDERAMAZING JOURNEY: THE STORY OF THE WHOUniversal Music, 2007

| multimedia || fotografia |

| future |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 73 || 72 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

SOFTWARELIBEROAL SERVIZIODELLA GENTE

Il tema del software libero è uno dei più dibattuti tra il popolo dei cybernauti e per innescarlo basta una parola sola: Linux.

Lo sa bene SimonePiccardi, IT manager di Truelite,società di Firenze nata nel marzo del 2003 che fornisce servizi, consulenza,assistenza e formazione sul sitema operativo Gnu/Linuxe sul software libero.

Truelite infatti considera il software come un servizio e non come un prodotto, per questo offre servizi ai suoiclienti (Enti pubblici, piccole e medie imprese, realtà non profit e associazioni),usando esclusivamentesoftware e licenze liberi. Per la distribuzione utilizzaDebian, piattaforma base per l’implementazione delle soluzioni offerte. Queste sono realizzateattraverso software prodottoquasi esclusivamente nell’ambitodel Progetto Gnu. Nato più di vent’anni fa, ha riunito una comunità internazionale di sviluppatori che lavoranoinsieme per creare un sistemaoperativo completamente libero.

www.truelite.it

L’ISF PREMIATESI SULLOSVILUPPOSOSTENIBILE

Il mito degli ingegneri rigidi e inquadrati è ormai statosfatato da tempo grazie all’ISF(Ingegneria Senza Frontiere),onlus nata in ambitouniversitario. In particolare, il gruppo di Firenze, da dueanni a questa parte, proponeil “Premio Tatarillo”, intitolatoa Tommaso Fiorentino,studente di ingegneriascomparso il 20 novembre del 2003. Il premio è rivolto a quegli studenti che realizzanotesi su tecnologie appropriateper lo sviluppo sostenibile in Paesi del Sud del Mondo. Il termine per la consegna dei lavori scade a gennaio2008 (sul sito www.isf.lilik.it il regolamento del premio). «Il nostro obiettivo - spiegaMarco Gardenti - non è soloquello di dare un assegno di 1000 euro al vincitore, ma di creare una sensibilità e soprattutto avere un ruoloformativo sui ragazzi che si avvicinano allo svilupposostenibile». Lo scorso annosono arrivate 21 tesi da tutt’Italia. Per valorizzarequesto sforzo, l’Isf di Firenzepubblica un libro cheraccoglie tutti i lavori. «Da quest’anno il budget -conclude Gardenti - ci consente di istituire trepremi, grazie al contributodelle istituzioni e ai proventidelle nostre attività».

ALTA ROSAVESTIRE BENEÈ UNA SCELTACONSAPEVOLE

Valeria Doga, Gabriella Ganugi e GloriaModesti. Due architetti e una stilista. Una squadra di creativi, “sensibili” alle tematiche dell’ambiente, che ha dato vitaa un marchio e a un prodotto di qualità: “Alta Rosa”, ovvero capi di abbigliamentofemminile realizzati con materiali e tessutinaturali. Cinque collezioni e una produzionecommercializzata in diciotto negozi, sparsi dal Nord al Sud Italia, con una presenza anche in Svizzera. «La gente non sa - che gli indumenti inquinano tantissimo - spiegaValeria Doga, amministratore delegato di “Alta Rosa srl”-. Noi proponiamo la consapevolezza del fare abiti con criteri eticisenza sacrificare l’estetica. Il 50 per cento dei nostri clienti compra perché sa cosa ci sta dietro, il restante 50 per cento perchégli piacciono». “Alta Rosa” è, dunque, una filosofia di vita che nasce dallaconsapevolezza delle scelte: produzione localee artigianale, rispetto dell’ambiente, dallacoltivazione della pianta e raccolta alla fasedella filiera tessile, fino al confezionamento e alla colorazione, con tanto di certificazionedei fornitori. Queste tre imprenditrici sono coraggiose perché hanno dato alla parolalusso un valore positivo. «Vestire capi in tessuto naturale creati con gusto - concludeValeria Doga - ci fa stare meglio». L’apparenzasi puo’ accompagnare alla consapevolezza.

www.altarosa.it

LA MIGLIORDIFESAÈ LA PACETRA I POPOLI

«Il mezzo può essere paragonatoa un seme, il fine a un albero;e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stessoinviolabile nesso che c’è tra seme e albero». Con questafrase di Ghandi si presenta il Centro studi difesa civile.

Nato nel 1988 da un piccolo gruppo di persone raccolte attornoall’ideale della nonviolenza e obiezione di coscienza, nel 2002 il Centro studi difesacivile diventa associazione di promozione sociale. Dal 2004 è tra i promotoridella campagna “NonviolentPeaceforce” per sostenere la creazione e l’impiego delle prime forze, civili,disarmate e nonviolente, di mantenimento della pace(peacekeeping).

“Nonviolent Peaceforce” è una forza nonviolentaglobale, costruita dalla societàcivile, per promuovere,sostenere e rafforzare le azionidi risoluzione nonviolenta dei conflitti delle società civililocali. È un progetto di dimensioni mondialipromosso da 96 organizzazionidi tutti i continenti ed è composta da squadre di personale civile espertosostenute da donazioni di cittadini da tutto il mondo.

www.pacedifesa.org/home.asp

UTENTICREATIVI PER NUOVISOFTWARE

Il termine di riferimento è “prosumer”, è stato coniatoda Alvin Toffler nel suo libro The Third Wave, ed indica una figura ibrida a metà stradatra il consumatore e il creatore del prodotto che consuma. Web 2.0 incoraggia gli utenti a creare dei contenuti virtuali. Il prosumer, figlio di questatecnologia e della mentalità che ne deriva, contribuisce alla realizzazione di prodottiindustriali e artigianaliapplicandovi un medesimoapproccio. Emblematico il casodi Lego che ha deciso di metterenelle mani degli utenti la possibilità di modificare il software di una sua notaproduzione. Dal sito del produttore è ora possibilescaricare gratuitamente un kitdi sviluppo software che puòessere modificato e ripubblicatonell’area utenti con l’indicazionedelle nuove specifiche. La tendenza crea delle difficoltàdi immagine ai colossidell’informatica e dei nuovidevice digitali, in particolareApple Computer che, purgodendo da sempre di una famadi “alterità” rispetto al colossoMicrosoft, deve ora confrontarsicon crescenti critiche degli sviluppatori rispetto allachiusura del suo prodotto di famamondiale iPod che richiede una architettura proprietaria(iTunes) per il suo utilizzo.

LA TRAGEDIADEL CONIGLIOE DELLERISORSE

Negli Stati Uniti accademicisuper star insegnano la fisicaattingendo all’immaginario dei super eroi dei cartonianimati In Francia psicoterapeuticurano preadolescenti congiochi interattivi che stimolano il riflesso dell’attenzione e le reazioni alla violenza.Perchè non utilizzare un giocointerattivo per illustrare i concetti fondamentali delle scienze sociali? Il sito“Libertyarcade.org” (citato dal blog molleindustria.org)presenta una collezione di giochionline che vuole rispondere a questo obiettivo. «La tragediadei coniglietti» è il primo dellaserie e vuole spiegare, adattandoil saggio di Garret Hardin“Tragedy of common”, come il comportamento dei singoliabbia un riflesso sulla società e sulle sue risorse. Il concetto di partenza è semplice. Se un singolo individuo attuapratiche che portano al consumoindiscriminato di una risorsa, si avrà un effetto a catenasull’intera società. Se il comportamento irresponsabile è adottato da molti si arriveràalla compromissione del benecomune. Obiettivo dei creatoridel gioco è la promozione del pensiero libertario, un obiettivo in parte vanificatodagli automatismi del gioco che definiscono a priori le soluzioni raggiungibili.

«CARICA, VEDI, CONDIVIDI,AGISCI» CON THE HUB LE VIOLAZIONI ARRIVANO SUL WEB

“Upload It, See It, Share It, Take Action”(carica, vedi, condividi, agisci). Lo slogan del sito web The Hub (hub.witness.org) è semplice e rivoluzionario. L’idea è patrocinatada Peter Gabriel, musicista attivo nella denunciadelle violazioni dei diritti umani. Il sito, una sortadi “You Tube” dei diritti civili, raccoglie le videotestimonianze delle violazioni dei dirittiumani in tutto il mondo, raccolte dagli utenti e caricate tramite upload sul server del sito che le rilancia immediatamente in tutto il mondo.Le immagini possono essere realizzate con ognimezzo, dal videofonino ai mezzi professionali, e vengono presentate senza censure. A curadella redazione del sito vi sono le presentazionidi filmati di cui The Hub si fa garante della veridicità e della contestualizzazione, ma accanto a questi sono comunque presenticon pari spazio e senza alcuna forma di censurai video inviati dagli utenti che possono lanciaregruppi di discussione, raccogliere petizioni,usare mappe interattive e creare (in stile iPod)delle playlist di video e di risorse di particolare e specifico interesse. Il sito nella versione Beta è in inglese, spagnolo e francese cui si aggiungeranno nei prossimi mesi arabo, russoe cinese. Il progetto è sostenuto da AmnestyInternational, Human Rights Watch e B’Tseleme realizzato dallo staff di “Witness” (testimoni).Qualche perplessità ha destato la possibilità di pubblicare contenuti in forma totalmenteanonima, senza che gli stessi siano sottoposti a verifica da parte dello staff redazionale. Una scelta in puro stile Web 2.0 che affida agli utenti l’autocontrollo del sito.

ANDROID, UNAPIATTAFORMADA PAURA?

Android è il progetto di Googleper entrare nel mondo della telefonia mobile. Non un telefonino ma unapiattaforma software in gradodi interfacciarsi con tutti i device che ora si appoggianosui differenti sistemi open o proprietari. Google non badaa spese e lancia anche un concorso internazionale per promuovere la suapiattaforma con un budget di circa sette milioni di euro.Sergey Brin di Google,presentando l’iniziativa, ha dichiarato che «le miglioriapplicazioni per Androidsaranno realizzate daglisviluppatori indipendenti»tramite questo concorsopubblico, da cui è esclusal’Italia (insieme a Cuba, Siria,Iran e pochi altri) a causa dellesue regolamentazioni normativein materia. Accanto a questistimoli al settore deglisviluppatori indipendenti non mancano i timori di chivede il colosso del Web semprepiù attivo su diversi fronti e che sta assumendo sempre più un carattere dirimente nellaselezione dei dati sul mondoverso le nuove generazioni.

| terrafutura |

Una “Tobin Tax” contro la speculazione

Materie prime| globalvision |

di Andrea Di Stefano

AVEVATE DEI DUBBI SUL RUOLO DELLA FINANZA NELLA BOLLA SPECULATIVA SULLE MATERIE PRIME? La cronaca degli ultimi due mesi ha portato in evidenza la gravità dell’effetto “fuga” dai mutui subprime e dai prodotti finanziari collegati. Una rilevante massa di liquidità, quasi integralmente di originespeculativa, si è abbattuta sul mercato delle commodities e a farne le spese non è solo il petrolio ma quasi tutte le materie prime agricole.

Non passa giorno senza che sui mercati si registrino nuovi record per i prezzi dei contratti future di soia, granoturco, grano, olio di palma e persino succo d’arancia.

La domanda dei paesi emergenti c’entra sino ad un certo punto: è la giustificazione razionale, in alcuni casi la scusa utilizzata da analisti e operatori dei mercati per giustificare continui consigli di acquisto sui prodotti correlati.

Lo ha messo in evidenza in modo chiaro il professor Marcello De Cecco sulle colonne de La Repubblica (Il capitalismo delle bische, 12.11.2007): «Non ci sono e non ci sono stati improvvisisalti di domanda per nessuno dei derivati del petrolio tanto corposi e immediati da giustificare la velocità del rincaro. Ci sono molti fattori che giustificano una ascesa, ma di assai più moderateproporzioni… Dopo la debacle di agosto-settembre, gli hedge fund e gli altri scommettitori del “capitalismo delle bische” si sono alacremente messi all´opera per rifarsi delle perdite subite a causadei “sub prime loan” americani. Hanno riversato enormi fondi sui mercati azionari dei paesi emergenti,

che hanno conosciuto negli ultimi tre mesi rialzi clamorosi(citiamo solo l´indice brasiliano, il Bovespa, o quellomessicano, ma il fenomeno è assai ampio). Hannoaggredito il mercato dell´oro e delle materie prime. Hanno dedicato fondi immensi a scommettere sul ribassodel dollaro e sul rialzo dell’euro».

Basta osservare i dati di altre commodities per capire che la dinamica è la stessa: l’olio di palma, per esempio,

ha raggiunto a metà novembre il suo ennesimo massimo storico di 3.013 ringgit (la valuta malese) pari a circa 600 euro per tonnellata: a metà agosto sul mercato a termine di Kuala Lampur erano necessari 2500 ringitt.

In soli 90 giorni il rialzo è stato quindi del 20%. Ma la domanda dell’olio di palma (che staprovocando colossali danni ambientali alle foreste vergini dell’area), anche se forte, non giustificaincrementi del 100% ogni nove-dodici mesi.

Nei primi dieci mesi dell’anno, per esempio, la Cina ha importato 3,67 milioni di tonnellate di olio di palma, il 6,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2006. Ma a spingere i prezzi è soprattuttola speculazione connessa alla politica di incentivi ai biocarburanti varata dall’amministrazione Bush e definita dai massimi studiosi “criminale e irresponsabile”.

Una ricetta contro queste vere e proprie distorsioni dei mercati c’è: la leva fiscale evocata dalla Tobin Tax e rilanciata già più di tre anni fa dal ministero delle finanze tedesco.

Imporre una tassa sui contratti future che non vengano chiusi con la consegna del sottostante, cioè delle materie prime che gli operatori finanziari dovrebbero, veramente solo sulla carta, impegnarsi a comprare.

Si arginerebbe un fenomeno che rischia di creare pesanti danni ai cittadini e alle imprese di tutto il mondo, anche di quello “ricco”. .

Dopo la crisi dei mutui una liquidità sempre più grandesi è spostata sui prodotti derivati legati alle commodities.Ma si può correre ai ripari con la leva fiscale contro le distorsioni del mercato

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 75 || 74 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

123L DIBATTITTO SULLE REALI RISERVE DI PETROLIO è sempre più ac-ceso mentre la speculazione finanziaria fa correre il bari-le oltre i 100 dollari. Secondo il World Energy Council,

tra 10-20 anni, la metà dei giaci-menti conosciuti verrà esaurita, segli attuali tassi di crescita della do-manda rimaranno stabili e nonverranno scoperti nuovi pozzi.

Da allora in poi, comincerà ildeclino per l’età dell’oil. Prospetti-ve ben più rosee, invece, quelledel gas naturale.

L’esplorazione di questa mate-ria prima è a un livello molto me-no avanzato rispetto al petrolio. Afine 2006 le riserve superavano le181 migliaia di miliardi di metricubi, contro le 107 migliaia di mi-liardi del 1986. Inoltre, in base aiconsumi attuali, secondo il centrointernazionale di ricerca, Cedigaz,la vita del gas durerà per almenoaltri 130 anni.

Il carbone, nonostante il rile-vante impatto in termini di pro-

duzione di CO2, rimarrà una delle commodity del futuro, an-che grazie al fattore prezzo, molto più conveniente rispetto aquello di gas e greggio. Il Wec, svoltosi alla Fiera di Roma lo

scorso novembre, è stata un’occa-sione per rilanciare in grande stileil nucleare. Le fonti rinnovabili, ein primis il risparmio energetico,sono state relegate a svolgere ilruolo di cenerentole di una mani-festazione quasi integralmentemonopolizzata dai colossi inter-nazionali del petrolio e dell’ener-gia, Eni in testa.

Una vetrina disturbata solodalle inziative di Greenpeace cheha denunciato l’intenzione diEnel di investire oltre 4 miliardi dieuro in fatiscenti reattori nuclearisovietici anni 70 e completare duereattori nucleari a Mochovce, inSlovacchia, e un altro a Belene, inBulgaria. Due progetti vecchi - se-condo l’associazione - e pericolosianche perchè collocati in aree adalto rischio di terremoti. .

Petrolio, gas e carboneniente risparmio e solare

I

numeri

DATI AL 31/12/2006 IN MILIONI DI TONNELLATE EQUIVALENTI DI PETROLIO

PETROLIO GAS CARBONE NUCLEARE IDROELETT. TOTALE

USA 938,8 566,9 567,3 187,5 65,9 2.326,4

CINA 349,8 50,0 1.191,3 12,3 94,3 1.697,8

RUSSIA 128,5 388,9 112,5 35,4 39,6 704,9

GIAPPONE 235,0 76,1 119,1 68,6 21,5 520,3

INDIA 120,3 35,8 237,7 4,0 25,4 423,2

GERMANIA 123,5 78,5 82,4 37,9 6,3 328,5

CANADA 98,8 87,0 35,0 22,3 79,3 322,3

FRANCIA 92,8 40,6 13,1 102,1 13,9 262,6

GRAN BRETAGNA 82,2 81,7 43,8 17,0 1,9 226,6

COREA DEL SUD 105,3 30,8 54,8 33,7 1,2 225,8

BRASILE 92,1 19,0 13,1 3,1 79,2 206,5

ITALIA 85,7 69,4 17,4 – 9,7 182,2

IRAN 79,3 94,6 1,1 – 3,8 178,8

ARABIA SAUDITA 92,6 66,3 – – – 158,9

MESSICO 86,9 48,7 9,3 2,5 6,8 154,2

SPAGNA 78,1 30,0 18,3 13,6 5,7 145,8

UCRAINA 15,0 59,8 39,6 20,4 2,9 137,8

AUSTRALIA 40,3 25,8 51,1 – 3,6 120,8

SUD AFRICA 23,2 – 93,8 2,4 0,8 120,2

INDONESIA 48,7 35,6 27,7 – 2,3 114,3

I GRANDI CONSUMATORI DI ENERGIA

FON

TE: W

OR

LD E

NER

GY

CO

UN

CIL

FON

TE: W

OR

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CO

UN

CIL

LE RISERVE MONDIALI DI PETROLIO DATI IN MILIARDI DI BARILI - CONSISTENZA ESPRESSA IN ANNI

Con R/P si intende in quanti anni le riserve energetiche verrebbero estinte se si mantenesse inalterata la produzione delle risorse.

7,8 6,7

119,3

79,8

877,4

1.208,2 40,5

MONDO UE a 25 OCSE

11,3

8,0

UE a

25

OCSE

MON

DO

R/P

1986 2006

LE RISERVE MONDIALI DI GAS NATURALE DATI IN MILIARDI DI METRI CUBI - CONSISTENZA ESPRESSA IN ANNI

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI

Australia +3,4 IIITR +3,8 4,2 3,7 1,9 2,4 7,14 6,12Austria +3,4 IIITR +3,2 3,2 2,6 2,8 1,9 4,58 4,14Belgio +2,5 IIITR +1,6 2,6 2,0 2,2 1,7 4,64 4,30Gran Bretagna +3,3 IIITR +3,2 3,0 2,1 2,1 2,2 6,21 4,75Canada +2,5 IITR +3,6 2,6 2,3 2,5 2,2 4,00 4,27Danimarca +0,6 IITR -1,6 1,6 1,7 1,7 1,6 4,80 4,23Francia +2,1 IIITR +2,9 1,8 1,9 1,5 1,4 4,58 4,25Germania +2,5 IIITR +2,8 2,6 2,1 2,4 2,1 4,58 4,25 Italia +1,9 IIITR +1,5 1,7 1,4 2,1 1,9 4,58 4,46Giappone +2,1 IIITR +2,6 2,0 1,8 -0,2 0,6 0,73 1,52Olanda +4,1 IIITR +7,2 2,5 2,2 1,6 1,7 4,58 4,44Spagna +3,8 IIITR +2,8 2,7 3,0 3,6 2,6 4,58 4,24Svezia +3,5 IITR +3,7 3,4 3,0 2,7 1,8 3,92 4,24Svizzera +2,8 IITR +3,0 2,6 2,0 1,2 0,6 2,75 2,87Stati Uniti +2,6 IIITR +3,9 2,0 2,1 2,8 2,8 4,45 4,27Area Euro +2,6 IIITR +2,8 2,6 2,0 2,6 2,0 4,58 4,24

PAESE PIL INFLAZIONE TASSI DI INTERESSEULTIMO DATO VARIAZIONE IN %* 2007 2008 ULTIMO DATO 2007 ULTIMI TRE MESI BOND A 10 ANNI

LE NAZIONI EMERGENTI

PAESE PIL PRODUZIONE INDUSTRIALE PREZZI AL CONSUMO BILANCIA COMMERCIALE TASSI INTERESSE

Cina +11,5 III Trimestre +17,9 Ottobre +2,8 Settembre +256,5 Ottobre 4,28India +8,9 II Trimestre +11,4 Settembre +2,1 Settembre -65,4 Settembre 7,29Indonesia +5,2 II Trimestre +6,2 Agosto +6,3 Settembre +41,3 Settembre 8,14Malesia +5,9 II Trimestre +3,6 Settembre +3,3 Settembre +29,2 Settembre 3,62Pakistan +7,0 prev. 2007 +9,3 Agosto +8,4 Settembre -15,0 Ottobre 9,81Singapore +9,4 III Trimestre -2,8 Settembre +2,7 Settembre +38,5 Settembre 2,50Corea del Sud +5,2 III Trimestre +0,3 Settembre +2,7 Settembre +19,7 Ottobre 5,35Taiwan +5,1 II Trimestre +8,1 Settembre +5,3 Settembre +15,7 Settembre 2,60Tailandia +4,4 II Trimestre +9,2 Settembre +2,5 Ottobre +10,5 Settembre 3,55Argentina +8,7 II Trimestre +1,5 Settembre +8,4 Ottobre +10,0 Novembre 14,44Brasile +5,4 II Trimestre +5,6 Settembre +4,1 Ottobre +42,6 Settembre 11,18Cile +6,1 II Trimestre +1,3 Settembre +6,5 Ottobre +24,7 Ottobre 5,88Colombia +6,9 II Trimestre +7,7 Agosto +5,2 Ottobre -1,9 Ottobre 8,65Messico +2,8 II Trimestre +0,4 Settembre +3,7 Ottobre -1,2 Settembre 7,41Hong Kong +6,6 II Trimestre -2,3 II Trimestre +1,6 Settembre -21,0 Settembre 3,41Venezuela +8,9 II Trimestre +14,1 Luglio +17,2 Ottobre +36,8 IIITrimestre 11,19Egitto +7,2 II Trimestre +7,5 2007 +7,5 Ottobre -15,8 IITrimestre 6,71Israele +4,4 II Trimestre +2,3 Agosto +1,4 Settembre -11,0 Settembre 4,24Sud Africa +5,0 II Trimestre -1,4 Settembre +7,2 Settembre -9,6 Novembre 10,20Turchia +3,9 II Trimestre +2,2 Settembre +7,0 Ottobre -56,9 Settembre 17,33Repubblica Ceca +6,0 II Trimestre +1,2 Settembre +4,0 Ottobre +3,5 Settembre 3,73Ungheria +1,0 II Trimestre +8,7 Settembre +6,7 Ottobre - 1,4 Settembre 7,41Polonia +6,4 II Trimestre +5,2 Settembre +3,0 Ottobre -10,5 Agosto 5,30Russia +7,8 II Trimestre +3,0 Settembre +9,5 Ottobre +121,5 Settembre 10,00

| numeridell’economia |

| A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 | valori | 77 |

| numeridell’economia || numeridell’economia |

| 76 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

| numeridell’economia |

E RISERVE ACCUMULATE DALLA CINA

fanno sempre più paura. Se-condo Morgan Stanley oggi i

fondi sovrani, cioè costituiti e gestiti da-gli stati, amministrano complessivamen-te duemila e 500 miliardi di dollari (glihedge funds mille e 600 miliardi), che so-

no già una cifra enorme ma che divente-ranno 12 mila miliardi entro il 2015 econtinueranno poi a crescere esponen-zialmente. Si calcola che nel 2020 con-trolleranno il 10% circa della ricchezza fi-nanziaria dell’intero pianeta, e si ritieneche allora, ma probabilmente anche pri-

ma, il numero uno del club sarà la Cina.Il primo fondo sovrano ha superato dapoco i cinquant’anni: fu creato nel 1956nelle Gilbert Islands, in Micronesia, conparte della valuta che arrivava grazieall’e spor tazione dei fosfati. Oggi vale 520milioni di dollari..

I fondi sovrani degli statifanno paura agli occidentali

LFO

NTE

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CIL

LE RISERVE MONDIALI DI CARBONE DATI IN MILIONI DI TONNELLATE - CONSISTENZA ESPRESSA IN ANNI

FON

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CIL

FON

TE: EL

ABO

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Con R/P si intende in quanti anni le riserve energetiche verrebbero estinte se si mantenesse inalterata la produzione delle risorse.

3,57 2,43UE a

25

UE a

25

MON

DO

OCSE

17,1815,90

373,220

35,362

OCSE

107,67

63,3

12,814,7

181, 46 500,482

MON

DO

R/P

Con R/P si intende in quanti anni le riserve energetiche verrebbero estinte se si mantenesse inalterata la produzione delle risorse.

147

65

177,7

R/P

1986 2006 2006

MONDO UE a 25 OCSE MONDO UE a 25 OCSE FRANCIA SVIZZERA GERMANIA SPAGNA GB RUSSIA

IL PESO DEL NUCLEARE SULL’ENERGIA DATI % SULLA PRODUZIONE DEI SINGOLI PAESI

78

3732

2018

16

I REATTORI NEL MONDO DATI A OTTOBRE 2007

incostruzione

nucleare 18%

PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICAtotale mondo2.658 miliardi di Kwh

altro 86%

previste

0

7 7

USA

6

10

INDIA

78

RUSSIA2

11

GIAPPONE

5

30

CINA

FON

TE: W

OR

LD E

NER

GY

CO

UN

CIL

*sul trimestre precedente

| 78 | valori | A N N O 7 N . 5 5 | D I C E M B R E 2 0 0 7 / G E N N A I O 2 0 0 8 |

| indiceetico | numeridivalori |

VALORI NEW ENERGY INDEX

NCORA UN MESE DI RECORD PER LE IMPRESE DEL SOLARE E DELL’EOLICO. Mentre imercati crollano sotto la scure della crisi finanziaria scatenata dai sub-prime, i titoli del Valori New Energy Index macinano un record dopo

l’altro. L’indice virtuale di Valori chiude ottobre al 45,46% da inizio gioco guadagnan-do oltre dieci punti sul mese precedente. Solo per fare un confronto, nello stesso perio-do (29.09.06-31.10.07), l’indice della borsa ita-liana Mib ha reso appena il 5%, mentre il DowJones Industrial ha chiuso al 19% (in dollari). Tratante notizie positive per le energie rinnovabiliin borsa, colpisce il crollo della tedesca Co-nergy, tra i leader mondiali del fotovoltaico, maattiva anche nell’eolico, nel solare termico, neibio-carburanti e nella geotermia. In ottobre isuoi titoli sono scesi del 90%. Alla fine del me-se se n’è andato il direttore finanziario e a ini-zio novembre ha lasciato anche il fondatore epresidente Hans-Martin Rüter. “Eccessiva diver-sificazione”, lamentano gli analisti. Intanto ifunzionari della DPR, polizia finanziaria tede-sca, stanno analizzando i conti dell’impresa. Sisospettano irregolarità. .

Lo scattodel vento e del sole

NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTO31.10.2007 DAL 30.09.06 AL 31.10.2007

Abengoa Biocarburanti/solare Siviglia, SpagnaBallard Power Tecnologie dell’idrogeno Vancouver, CanadaBiopetrol Biocarburanti Zug, SvizzeraCanadian Hydro Energia idroelettrica/eolica Calgary, CanadaConergy Pannelli solari Amburgo, GermaniaEOP Biodiesel Biocarburanti Pritzwalk, GermaniaFuel Cell Energy Tecnologie dell’idrogeno Danbury, CT-USAGamesa Pale eoliche Madrid, SpagnaNovozymes Enzimi/biocarburanti Bagsværd, DanimarcaOcean Power Tech Energia del moto ondoso Warwick, Gran BretagnaPacific Ethanol Biocarburanti Fresno, CA-USAPhoenix Solar Pannelli solari Sulzemoos, GermaniaQ-Cells Pannelli solari Thalheim, GermaniaRePower Pale eoliche Amburgo, GermaniaSolarworld Pannelli solari Bonn, GermaniaSolon Pannelli solari Berlino, GermaniaSüdzucker Zucchero/biocarburanti Mannheim, GermaniaSunways Pannelli solari Konstanz, GermaniaSuntech Power Pannelli solari Wuxi, CinaVestas Wind Systems Pale eoliche Randers, Danimarca

+45,46%

24,50%-22,02%-40,12%25,76%-15,20%-51,33%15,91%

102,55%24,89%6,61%

-49,85%81,97%

172,14%142,81%

8,05%193,30%-19,46%16,22%99,90%

192,53%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

€ = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi

28,25 €4,86 CAD

4,97 €6,54 CAD

32,30 €5,14 €

10,06 $35,00 €

560,00 DKK17,63 $8,03 $

26,75 €87,90 €

135,00 €46,82 €86,73 €15,69 €8,74 €

58,89 $459,00 DKK

Adi Mauro Meggiolaro

Ricavi [Milioni di €]

91

152

Utile [Milioni di €] Numero dipendenti 2005

2006

0,351

2131,747

240

in collaborazione con www.eticasgr.it

Amex Oil Index [in Euro]

Valori New Energy Index [in Euro]

21%

45,46%

Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.10.2007

Sunways www.sunways.deSede Costanza (Germania)

Borsa FSE – Francoforte sul Meno

Rendimento 30.09.06 – 31.10.07 16,22%

Attività Sunways, fondata nel 1993, è quotata in borsa dal 2001.È un’impresa tedesca che sviluppa e produce componenti per impianti fotovoltaici: celle e moduli solari, inverter, ecc.. Tutti gli stabilimenti sono situati in Germania.

CONTRASTO

ADICEMBRE E GENNAIO si svolgono le ultime iniziative ita-liane relative alla Giornata mondiale dell’alimenta-zione (vedi ), un evento che pone l’accento sul fat-

to che il rapporto con il cibo dell’uomodel terzo millennio rappresenta ancoraun problema a livello planetario, ca-

ratterizzato da profonde contraddizioni. Oltre 800 milioni di persone sono sottonutrite e

più di un miliardo sono ipernutrite, un divario che au-menta velocemente.

La fame e l’eccesso ponderale coesistono sia neiPaesi industrializzati che nei Paesi in via di sviluppo,nei quali il passaggio dall’ipo- all’iper-nutrizione (lacosiddetta “transizione alimentare”) avvenuto in unagenerazione ha provocato un’esplosione di obesità pa-ragonabile a quella degli Stati Uniti. Per contrastarel’epidemia di obesità si sta elaborando a livello inter-nazionale (vedi ) un approccio multisettorialeper affrontare un problema che riconosce aspetti sa-nitari, sociali, economici e politici.

L’aumento della quantità di cibo disponibile e la sem-pre maggiore diffusione di prodotti “tecnologici”, per iquali una lunga filiera pro-duttiva separa il produttoredal consumatore e il valoreaggiunto spesso supera quel-lo nutrizionale, ripropongo-no con forza il problema del-la sicurezza alimentare edella scelta di un modello diconsumo salutare.

BOX

TABELLA

La dieta mediterranea patrimonio dell’umanitàLa dieta mediterranea, da tempo considerata un riferi-mento in questo senso, è stata ulteriormente valorizza-ta dalla proposta avanzata alla Commissione europeadal governo spagnolo lo scorso luglio di inserirla tra i be-ni protetti dall’UNESCO.

I prodotti caratteristici della dieta mediterranea coin-cidono con i prodotti Made in Italy più emblematici edil loro peso economico all’interno della produzioneagroalimentare nazionale è estremamente elevato, con iprimati raggiunti per frutta, verdura e pasta ed il postod’onore nella UE per vino e olio di oliva, dietro rispetti-vamente alla Francia e alla Spagna. Far entrare la dietamediterranea nella lista del patrimonio dell’umanità, peril valore storico e per i benefici per la salute dimostratiscientificamente, rappresenta anche un’opportunità peruna sua divulgazione più vasta a vantaggio di tutti i cit-tadini. Un modello da esportare in tutto il mondo, maanche da ricordare a chi, pur detenendone il primato del-la tradizione, se ne sta discostando, associando il prima-to degli adulti europei meno grassi alla più elevata per-

centuale europea di ragazzisovrappeso. Il Paniere pro-porrà dal prossimo numerodi febbraio un percorso nelMade in Italy, che oltre agliaspetti nutrizionali ed eco-nomici comprenderà ancheaggiornamenti su normativeeuropee ed italiane. .

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IL DIRITTO ALL’ALIMENTAZIONE: UNA VERA E PROPRIA SFIDA

“IL DIRITTO ALL’ALIMENTAZIONE”, cioè il diritto di ogni individuo di avereaccesso regolare ad un’alimentazionesufficiente, adeguata dal punto di vistanutrizionale e culturalmente accettabileper poter condurre una vita sana ed attiva, è il tema della Giornatamondiale dell’alimentazione (GMA) 2007.Istituita dai Paesi membri della FAO nel novembre 1979, in occasione della XX Sessione della Conferenzadell’Organizzazione delle Nazioni Uniteper l’alimentazione e l’agricoltura, la GMAviene celebrata ogni anno il 16 ottobre(anniversario della fondazione, avvenutanel 1945 a Quebec City) in oltre 150Paesi, con manifestazioni che precedono

e seguono tale data. Riconosciuto per la prima volta come un diritto umanodalla Dichiarazione universale dei dirittidell’uomo del 1948, poi incorporato nel Patto internazionale sui dirittieconomici, sociali e culturali (articolo 11)adottato nel 1966 e ratificato da 156stati, oggi vincolati dalle sue disposizioni,il diritto all’alimentazione trova una definizione più precisa ed unainterpretazione tecnica nel Commentogenerale 12 del Comitato sui dirittieconomici, sociali e culturali (1999). Le “Linee guida volontarie a sostegnodella realizzazione progressiva del diritto ad un’alimentazione adeguatanel contesto della sicurezza alimentare

nazionale”, conosciute come “Lineeguida sul diritto all’alimentazione”, sonostate adottate dal Consiglio della FAO nel 2004 e forniscono raccomandazionipratiche su quanto deve essere realizzatoconcretamente per garantire che il dirittoall’alimentazione diventi realtà. Il rapporto annuale FAO 2006, a 10 anni dal primo Vertice mondialedell’alimentazione tenutosi a Roma nel 1996, che si è prefisso l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime della fame entro il 2015, evidenzia come questo numero sia invece tornato a crescere al ritmo di 4 milioni l’anno e che ora ci siano più persone denutriterispetto al 1996.

ANCHE IN ITALIA IL PROBLEMA DELLA «SUSSISTENZA ALIMENTARE».

NEL NOSTRO PAESE, secondo dati Istat,l’11% delle famiglie italiane, pari a circa7,5 milioni di cittadini, vive sotto la soglia di povertà relativa e ha grossiproblemi per l’acquisto di generialimentari. Queste persone sono costrettea destinare fino al 42% del proprioreddito per soddisfare il bisogno primariodel cibo a fronte di una media nazionaleche, per la stessa finalità, spende un quarto (24%) delle proprie entrate.Il 5,8% delle famiglie italiane, pari a1,359 milioni, dichiara di avere momentiin cui mancano i soldi per l’acquisto

di cibo. Tra le fasce di popolazione a rischio povertà ci sono gli anziani: sono il 19,5% gli ultrasessantacinquenniesposti anche al rischio malnutrizione a causa della solitudine, oltre che della normale perdita di funzioni.

Povertà e malnutrizione sonofenomeni fondamentalmente interconnessi,per i quali mancano indicatori che consentano di verificare l’impatto in termini quantitativi e qualitativi.

È possibile realizzare,un’alimentazione nutrizionalmenteadeguata ai bisogni, e quindi

soddisfacente, ad un costo accessibileanche alle fasce più deboli della popolazione? Cosa possono fare le Istituzioni pubbliche e private? Sono questi i temi del dossier presentato a Roma il 9 ottobre, “Il Contributo Italianoal Diritto all’Alimentazione a Tutela delle Fasce più Deboli della Popolazione”,redatto dall’INRAN con il contributo di Caritas Italiana, COOP e FondazioneBanco Alimentare Onlus, nell’ambito delle celebrazioni ufficiali della Giornatamondiale dell’alimentazione. www.inran.it

I BAMBINI: LE PRINCIPALI VITTIME

146 MILIONI DI BAMBINI al di sotto dei cinque anni sono sottopeso.

OGNI ANNO 12 MILIONI DI BAMBINI sotto i cinque anni di età muoiono per cause legate alla denutrizione.

22 MILIONI DI BAMBINI SOVRAPPESO od obesi in Europa, un numero che cresce ad un ritmo di 400 000 all’annorendendo il problema estremamente preoccupante.

Nel mondo si produce cibo a sufficienza per tutta la popolazione, ma il diritto all’alimentazione

non è ancora riconosciuto come inalienabile. Vittime dell’insicurezza alimentare o del cibo spazzatura, più di due miliardi di persone subiscono le conseguenze negative della malnutrizione, intesa in senso quantitativo e qualitativo.

Obesità e fame: due faccedella globalizzazione

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2003Istituita la Rete europea sull’alimentazione e l’attività fisica, composta da esperti nominati dagli Stati membri, dall’OMS e dalle ONG di tutela dei consumatori e della salute, che forniscono consulenzaalla Commissione per le attività comunitarievolte a migliorare le abitudini alimentari, a ridurre e prevenire le patologie ad esselegate, a promuovere l’attività fisica e a lottare contro il sovrappeso e l’obesità.

Marzo 2005Avviata la Piattaforma d’azione europea per l’alimentazione, l’attività fisica e la salute, che riunisce tutte le iniziativevolontarie intraprese nell’UE dalle aziende,dalla società civile e dal settore pubblicovolte a contrastare e rovesciare le tendenzeattuali al sovrappeso e all’obesità.

2005La Commissione delle comunità europeeelabora il Libro verde “Promuovere le dietesane e l’attività fisica: una dimensioneeuropea nella prevenzione di sovrappeso,obesità e malattie croniche”.

Novembre 2006Alla Conferenza Ministeriale della RegioneEuropea dell’OMS sull’azione di Contrastoall’Obesità tenutasi ad Istanbul, Turchia,viene adottata la Carta Europea sull’Azione di Contrasto all’Obesità.

30 maggio 2007La Commissione delle comunità europeeadotta il Libro bianco “Una strategia europeasugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione,al sovrappeso e all’obesità”.

25 Settembre 2007La Commissione delle comunità europeeadotta il Libro verde “Verso una nuovacultura della mobilità urbana”, con il dupliceobiettivo di rispettare l’ambiente e favorirel’attività fisica dei cittadini.

2007Strategia per la politica dei consumatori dell’UE2007-2013, maggiori poteri per i consumatori,più benessere e tutela più efficace.

8 novembre 2007Lotta all’obesità infantile: Giornata europea del mangiare e cucinare sanoorganizzata dalla Commissione europea e dall’Associazione europea dei cuochi(Euro-toques); celebri chef e alunni delle scuole a dimostrazioni su comecucinare in modo sano e gustoso; sul sito http://eu.mini-chefs.eu/ un forumeuropeo per il cibo e la cucina sani.

Un bambino rifugiato dalla Birmania riceve cibo nel centro di assistenza per la nutrizione di Medici Senza Frontiere.Bangladesh, 1992

CRONOLOGIA ESSENZIALEINIZIATIVE E STRUMENTI A LIVELLO COMUNITARIO

di Anna Capaccioli

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GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE, ULTIMI APPUNTAMENTI

QUANDO DOVE COSA

fino al 15-1-2008 Italia “Frutta snack che gusto”, distribuzione di merende sane a base di frutta nelle scuole secondarie di secondo grado

fino al 15-1-2008 Italia Visite guidate dirette alle scuole dell’obbligo all’interno di aziende agricole, laboratori e musei che si occupano di ricerca in agricoltura e corretta alimentazione

fino al 15-1-2008 Roma, Sede Fao Atrio AtrioVillaggio del Diritto all’alimentazione: 7 tende, provenienti da vari paesi, che rappresentano i servizi che un villaggio fornisce

1-12-2007/15-1-2008 Italia Percorso di sensibilizzazione nelle scuole superiori

14-12-07 Firenze, Istituto Agronomico Seminario “Il diritto all’alimentazione – diritto al cibo e sicurezza alimentare per il Nord e il Sud del mondo: saperi e sapori”per l’Oltremare

15-12-07 Roma, Auditorium Conciliazione Concerto conclusivo delle Celebrazioni Ufficiali Italiane: Orchestra “Roma Sinfonietta”.

15-12-2007/15-1-2008 Italia Concorso per avvicinare i giovani alle tematiche legate all’alimentazione, la solidarietà e lo sviluppo sostenibile

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| padridell’economia |

Il fondatoredell’econometria

Ragnar Frisch

di Francesca Paola Rampinelli

INTUIZIONE E LO SVILUPPO DELL’“ECONOMETRIA” permise allo studioso norvegese Ragnar Frisch di ricevere il primo premio Nobel per l’economia, nel 1969, insieme all’olandese Jan Tinbergen, “per aversviluppato ed applicato modelli dinamici nell’analisi dei processi economici (con riferimento alle specificazioni matematiche di Frisch e alle quantificazioni empiriche di Tinbergen)”.

Frisch, a cui è attribuita anche la creazione del nome della nuova disciplina, gioca un ruolofondamentale nella nascita della scienza econometrica e nella sua istituzionalizzazione; nel 1930, infatti,insieme con Irving Fisher, fonda la Econometric Society, con l'obiettivo di tendere all’“avanzamentodella teoria economica nelle sue relazioni con la statistica e con la matematica”.

Ragnar Frisch nasce a Oslo nel 1895 e nella capitale norvegese trascorrerà tutta la vita e qui si svolgeràla sua carriera accademica a parte una parentesi di studi all’estero e soprattutto in Francia, fino alla morte,nel 1973. Nel 1933 il premio nobel scandinavo fonda, e dirigerà per moltissimi anni, la rivistaEconometrica, pubblicazione fondamentale che ha ispirato e diretto un gran numero di ricerche teorichesui procedimenti dinamici della produzione, sui calcoli del reddito nazionale e sulla pianificazione.

Nel primo numero della rivista l'editoriale di Frisch stabisce che “obiettivo della Econometric Societyè la promozione di studi che unifichino gli aspetti teorico-quantitativo ed empirico-quantitativo e che siano caratterizzati dal modo di pensare rigoroso proprio delle scienze naturali.”

Nello stesso anno viene pubblicata l’opera piùsignificativa di Frisch, “Problemi di propagazione e di impulso nella dinamica economica”.

Lo studioso sostiene un “approccio programmatico”(programming approach) e l’uso come strumento di valutazione e decisione politica, attraverso un’intensa

collaborazione tra analisti pianificatori e responsabili politici, di un “Quadro contabile di pianificazione”(Accounting Plan Frame). Il “Quadro” si sostanzia in un sistema di modelli decisionali, alla scalanazionale, che egli chiamava il “channel model di Oslo”, che si basa su una netta distinzione fra il momento della scelta (selection problem) e quello della attuazione (implementation problem).

Con il cosiddetto modello del “cavalluccio a dondolo” Frisch introduce poi un semplice modellomatematico del ciclo economico, che segnerà tutti gli studi successivi, in cui le variabili economicherilevanti sono determinate in modo dinamico, vale a dire anche dai valori passati di altre variabili, e da uno “shock” esterno. Questi shock esterni, o impulsi sono casuali, e costituiscono la vera novitàintrodotta dal professore norvegese: la loro azione casuale, applicata a un modello dinamico, risultava in un andamento ciclico dell'attività economica. Come nel caso di un cavalluccio a dondolo che, se colpitoda un bastone, inizia a oscillare in modo molto diverso rispetto al movimento iniziale del bastone stesso.

La disciplina econometrica è parte di un paradigma scientifico, quello della moderna scienzaeconomica, che nel secolo passato è riuscito ad affermarsi come il più scientifico tra gli studi sociali e una parte considerevole di un tale successo è dovuto al perfezionamento e all’oggettiva solidità internadel suo processo assiomatico-deduttivo che ha permesso di presentare le teorie economiche comeassoggettabili a verifica empirica. .

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L’applicazione dei metodimatematici e statistici alle scienzesociali sono valsi nel 1969 al professore norvegese il primopremio Nobel per l’economia

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