Mensile Valori n.73 2009

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valori Anno 9 numero 73. Ottobre 2009. € 4,00 Finanza > Da intoccabile a imputato, il microcredito finisce sotto accusa Economia solidale > La Commissione europea boccia il Pil. Appuntamento al 2012 Internazionale > Aspettando le elezioni, la Costa d’Avorio è un Paese in bilico Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Fotoreportage > Cambiamenti climatici Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. CHRIS STEELE-PERKINS / MAGNUM PHOTOS Dossier > Le difficili trattative a Copenhagen e le enormi potenzialità delle rinnovabili L’era del dopo Kyoto Inserto speciale > Efficienza energetica

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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valoriAnno 9 numero 73. Ottobre 2009. € 4,00

Finanza > Da intoccabile a imputato, il microcredito finisce sotto accusaEconomia solidale > La Commissione europea boccia il Pil. Appuntamento al 2012 Internazionale > Aspettando le elezioni, la Costa d’Avorio è un Paese in bilico

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Cambiamenti climatici

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

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Dossier>Le difficili trattative a Copenhagen e le enormi potenzialità delle rinnovabili

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Inserto speciale > Efficienza energetica

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| editoriale |

Risorse “divorate”Economia miopedi Lester Brown (estratto da “Plan B 4.0”)

L’ECONOMIA MONDIALE HA MOLTE CARATTERISTICHE DELLO “SCHEMA PONZI”: si alimentano i rendimenti con nuovi versamenti. Tutto si regge sull’illusione che sia possibile garantire un ritorno in futuro.Ci si affida al fatto che sia possibile ricostruire il capitale di base, sfruttandolo nell’immediato in modo vorace, perché gli utili prodotti saranno tali da permettere di trovare nuovi capitali in grado di pagare i primi. Lo schema Ponzi, prima o poi, però collassa e ci si ritrova con un pugnodi mosche, come è accaduto con la truffa da 65 miliardi di dollari dei fondi di Bernard Madoff’s.

Anche se il funzionamento dell’economia globale all’apparenza non ha nulla a che fare conuno schema Ponzi, le analogie inquietanti in questi ultimi anni si sono moltiplicate. Sino al 1950l’economia mondiale consumava i sistemi naturali che la tengono in piedi, in misura contenuta.Poi ha cominciato a correre, arrivando a moltiplicarsi otto volte. In uno studio, pubblicatodall’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti nel 2002, un team di scienziati guidati da MathisWackernagel ha concluso che l’umanità ha superato la capacità rigenerativa della Terra intorno al 1980. A metà 2009 quasi tutti i bacini idrografici mondiali erano sovrautilizzati. Consumiamopiù acqua per irrigare di quanta ce ne sia nei bacini naturali, secondo un perfetto schema Ponzi.Oltre 400 milioni di persone si alimentano grazie al sovrautilizzo delle acque: siamo in presenza di una vera e propria bolla che prima o poi esploderà. La stessa situazione dei ghiacciai: con l’iniziodello scioglimento delle nevi perenni abbiamo maggiori risorse idriche nei fiumi e nei laghi. Ma sitratta di un illusione di breve periodo. Ecco un secondo schema Ponzi. E se guardiamo agli allevamentio alla pesca troviamo altri schemi Ponzi. Dobbiamo sgonfiare noi la bolla prima che esploda.

Dobbiamo usare tutti gli strumenti a disposizione, a cominciare dalle tasse. Un mercato al quale è permesso di ignorare i costi indiretti è irrazionale, dissipatore di risorse e autodistruttivo.A questo che si riferiva Nicholas Stern, quando ha descritto la mancata introduzione del costo dei cambiamenti climatici nei prezzi dei carburanti di origine fossile come “il più grande fallimentodel mercato della storia del mondo”. Il primo passo per creare un mercato “onesto” consiste nel calcolare i costi indiretti. Il miglior esempio per un modello del genere è lo studio del governodegli Stati Uniti sul costo sociale del fumo di sigaretta, realizzato dal Center for Disease Control and Prevention (CDC). Nel 2006 il CDC ha calcolato che il costo sociale del fumo - considerando il costo degli interventi sanitari necessari per il trattamento delle patologie correlate e la perdita di produttività dei lavoratori che si ammalano - è pari a 10,47 dollari per pacchetto di sigarette.Questo calcolo fornisce una base razionale per alzare le tasse sulle sigarette. A Chicago, oggi, i fumatori pagano 3,66 dollari di tasse locali e federali per ogni pacchetto acquistato, e New Yorknon è lontana da questa cifra. A livello dei singoli Stati, il New Jersey ha alzato l’imposta sul fumoa 2,58 dollari e prevede una prossima tassazione più alta. Poiché ogni 10% di aumento dei prezzi,in genere, riduce il consumo di sigarette del 4%, i benefici indotti dall’incremento della tassazionesono sostanziali. Nel novembre del 1998, l’industria del tabacco americana accettò di rimborsare ai governi degli Stati Uniti 251 miliardi di dollari per i costi sanitari sostenuti per il trattamento di patologie collegate al fumo, quasi 1.000 dollari per ogni cittadino statunitense. Questo storicoaccordo ha in effetti rappresentato un’imposta retroattiva sulle sigarette fumate nel passato, allo scopo di coprirne i costi indiretti. Per pagare questa somma enorme, le compagnie alzarono il prezzo delle sigarette, portandolo più vicino al costo reale e scoraggiando ulteriormente il fumo. .

IL LIBROPIANO 4.0. MOBILITARSI PER SALVARE LA CIVILTÀNegli Stati Uniti l’ultimolibro di Lester Brown è uscito a settembre, in Italia sarà pubblicatonella primavera del 2010da Edizioni Ambiente. Noto ambientalista ed economista statinutense, fondatore del WorldwatchInstitute e presidente del Earth Policy Institute,Lester Brown ha fattoscalpore con il suo libro“Piano B 3.0”. “Piano B4.0” (di cui pubblichiamoun’estratto) vuole esserneun’evoluzione.www.edizioniambiente.it

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| sommario |

valoriL’attenzione ai cambiamenticlimatici è finalmente realtà. Ma i danni attuali e i gravi rischiper il futuro della Terra hannoradici profonde. Venticinque annifa, ad esempio, le suggestive costedella Namibia erano già devastateda rifiuti industriali riversati in mare senza alcun controllo.Namibia, 1984C

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CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀSisifo italia srlVia Don Soldà 8, 36061 Bassano del Grappa

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LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTICOMUNICAZIONE E AMMINISTRAZIONE Società Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico 1, 20125 Milano

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globalvision 7

fotoreportage. Cambiamenti climatici 8

dossier. L’era del dopo Kyoto 16Il “rovente” clima di Copenhagen 18Global warming, chi paga il conto? 20Bruciare carbone non riduce la CO2 20Green building o green washing? 22La risposta soffia nel vento 24Il riso dorato che non luccica 26

finanzaetica 28Da intoccabile a imputato. Microcredito sotto accusa 30Grameen allo specchio 32Come è sexy il social business 34Investimenti responsabili: luci e ombre della ribalta 36

speciale efficienza energetica

finanzaislamica 39

economiasolidale 40La svolta arriva dall’Europa. La Commissione europea boccia il Pil 42Anche l’Istat potrebbe misurare il benessere 43Ripartire dal basso per una nuova politica 46Socialdemocrazia e crisi economica: destini incrociati? 48La lunga strada verso l’impresa sociale 50Acquisti verdi: un aiuto per ambiente e casse pubbliche 53

lavanderia 55

internazionale 56Costa d’Avorio: un Paese in bilico 58Speranze e paure della fabbrica di cioccolato 60Tbc e Hiv insieme: una silenziosa condanna 62

altrevoci 66

indiceverde 73

utopieconcrete 74

ottobre 2009mensilewww.valori.itanno 9 numero 73Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione AutonomaBancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazioneUgo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeUgo Biggeri ([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini,Francesco Carcano, Matteo Cavallito, CorradoFontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino,Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna ([email protected])Simona Corvaia ([email protected])fotografieChris Steele-Perkins (Magnum Photos), HenrikGlette, Espen Rasmussen (Msf), Nasir Ali Mamun,Tandavakrishna Tunga, archivio Fondazione Cariplo stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento)abbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsiI carta di credito

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Autosufficienzacercasi

Piena crisi| globalvision |

di Alberto Berrini

CENTINAIA DI MILIARDI DI DOLLARI IMMESSI NEL SISTEMA FINANZIARIO, tassi di interesse praticamente azzerati dalle banche centrali oltre a politiche economiche espansive di incredibili dimensioni hanno evitato (o almeno così sembra!) il rischio di una grave e prolungata depressione per l’economia mondiale. Già qualcuno propone di rinominare la crisi ancora in corso come il “grande salvataggio”. Ma ad oggi purtroppo la crisi “morde” ancora.

Anche ammesso di essere completamente fuori da ogni turbolenza finanziaria siamo solo all’inizio di una possibile, e non certa, fuoriuscita dalla crisi economica. E, soprattutto, siamo nel pienodell’emergenza sociale, come dimostrano i preoccupanti dati provenienti dal fronte occupazionale. Sono oltre 15 milioni nei Paesi dell’euro coloro che non hanno un posto di lavoro. La disoccupazionearriva così al 9,5% (dati luglio 2009); era del 7,5% solo dodici mesi fa. Per il 2010 la doppia cifra sarà ampiamente superata correndo verso livelli ineguagliati dal 1945.

Ma questi dati non contraddicono di per sé i primi segnali di ripresa. Innanzitutto, come ci ricordanogli economisti, l’occupazione è un lagging indicator (un indicatore ritardato). Ciò significa che il trendoccupazionale segue l’andamento del Pil con un certo ritardo temporale, generalmente stimato attorno ai sei mesi. Ne deriva che solo ora l’occupazione segue le dinamiche del reddito di sei mesi fa,

a ricordarcelo. Abbiamo dunque di fronte a noi un periodo di grande “sofferenza sociale”, con un ulteriore aumento di disoccupazione e precarietà (almeno fino alla seconda metà del 2010). Ed è questo stesso disagio sociale che, in termini cinicamente economici, possiamo definire “mancanza di domanda”, che può minare le fondamenta di una ripresa attualmente in gran parte frutto degli enormi stimoli fiscali e monetari di cui si diceva all’inizio.

La crisi sarà veramente finita solo quando la ripresa diverrà “autosufficiente” vale a dire sarà trainatadalle decisioni di spesa delle famiglie (consumi) e delle imprese (investimenti). Nel frattempo bisognarafforzare ulteriormente gli ammortizzatori sociali e iniziare a fare veramente sul serio per quantoriguarda gli investimenti pubblici a favore della tutela ambientale.

Solo allora si potrà cominciare a parlare di exit strategy cioè ad affrontare i contraccolpi monetari(inflazione) e fiscali (deficit pubblici) che le politiche economiche “di salvataggio” ci lasceranno in eredità. Ma sapendo che l’unica vera exit strategy di lungo periodo che ci serve è l’abbandono del modello economico neoliberista che, per sua natura, non può che procedere lungo una via di crescitadisegualitaria, instabile e ambientalmente insostenibile.

Da questo punto di vista il primo passo fondamentale riguarda una seria e profonda riforma dei mercati finanziari. Speriamo che almeno in questo ambito l’attuale crisi non sia avvenuta invano. .

quando si era nel pieno della recessione.Ma, soprattutto, non bisogna dimenticare che ad oggi

il Pil europeo “è sotto” di 6 punti percentuali rispetto al dato di inizio 2008. Spesso non si distingue tra livelli (della produzione) e tassi di crescita. Non si recuperano in poco tempo 6 punti di Pil con tassi di crescita prossimi allo zero. Purtroppo il dato occupazionale è lì ogni volta

La recessione sarà veramentefinita solo quando l’economiasarà trainata dai consumi dellefamiglie e dagli investimentidelle imprese. Ma occorreabbandonare il vecchio modello

«Varianti», pp. 176, € 15,00

José Saramago incontra i suoi lettori in occasione dell’uscita del libro

Venerdì 9 ottobre, ore 21.00Circolo dei Lettori

via Bogino 9, TorinoIntervengono

Luca Rastello e Gabriele Vacis

Sabato 10 ottobre, ore 12.00Università degli Studi di Torino

Facoltà di Scienze Politichesala lauree

via Verdi 25, Torino«I libri contro il potere»

conversando con José Saramago

Sabato 10 ottobre, ore 18.30Sala Storica del Teatro Sociale G. Busca

piazza Vittorio Veneto, Alba (Cn)Presentazione nell’ambito

del festival CollisioniInterviene

Antonio ScuratiLetture di

Fabrizio Pagella

Lunedì 12 ottobre, ore 21.00Teatro Franco Parenti

via Pier Lombardo 14, MilanoIntervengono

Marco Belpoliti e Marco Travaglio

Mercoledì 14 ottobre, ore 21.00Teatro Quirino Vittorio Gassman

via delle Vergini 7, RomaInterviene

Giacomo MarramaoAltre personalità interverranno

nel corso della serata

corso Vittorio Emanuele II, 86 - 10121 Torinotelefono 011 5591711 fax 011 543024

www.bollatiboringhieri.ite-mail: [email protected]

BollatiBoringhieri

editore

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li scienziati sono preoccupati per le conseguenze dei cambiamenti climatici sullasalute umana. L’Associazione Medici per l’Ambiente, che fa parte dell’InternationalSociety Doctors for Environment (Isde) ha preparato un appello invitando i medici, i ricercatori e gli scienziati italiani a sottoscriverlo per inoltrarlo poi ai governimondiali ([email protected]). L’appello non chiede solo di “limitare i cambiamenti climatici dovuti alle emissioni carboniche di origine antropica”, ma afferma che “per promuovere la salute, la giustizia sociale e la sopravvivenzadelle generazioni attuali e future, dei poveri e dei ricchi, a livello locale e mondiale”bisogna “avviare una profonda revisione dei modelli economici dominanti”.

Non sappiamo se l’invito dei medici sarà accolto in sede negoziale a Copenhagen,perché revisionare a fondo i modelli economici dominanti vuol dire chiedere a chi ha finora danneggiato il Pianeta di farsi da parte. E questo non sembra in discussione,anche perché alcune recenti esperienze dimostrano che la grande occasione di riconvertire l’industria per arrivare a produzioni più rispettose delle risorse naturali,non fa altro che riconsegnare il Pianeta a quelli che l’hanno già precedentementedanneggiato. Come nel caso della sostituzione dei gas refrigeranti responsabili del buco nell’ozono con altri prodotti meno nocivi, che non ha messo nell’angolo i produttori precedenti, ma ha riconfermato il vantaggio del leader mondiale: era DuPont quando si trattava di Cfc, è DuPont anche per i refrigeranti sostitutivi.Qualche sospetto che si voglia gattopardescamente “cambiare tutto per noncambiare niente” gli europei lo covano: nell’ultima indagine dell’Eurobarometro sulla “percezione del cambiamento climatico”, pubblicata lo scorso luglio. In cimaalle preoccupazione degli abitanti del Vecchio Continente c’è la disoccupazione, la crescita economica che rallenta, l’inflazione e la diminuzione del potere d’acquisto.Interrogato all’inizio del 2009 a tale riguardo, il 50% degli europei continua a pensare che il cambiamento climatico rappresenti un’importante sfida del nostrotempo. Ma un anno fa era il 62%. Questa riduzione va di pari passo con il sensibilissimo aumento registrato nell’attenzione alla recessione dell’economiamondiale, che si riscontra nel 52% degli intervistati rispetto al precedente 24%. Un anno fa, il cambiamento climatico era un problema considerato “gravissimo” da 3 europei su 4 (75%). A considerarlo tale oggi non è più del 67%.

Per contro, la consapevolezza del profitto economico che si può trarre dalla lotta contro il cambiamento climatico è in aumento: è registrata dal 62% degli intervistati di oggi contro il 56% di un anno fa. Insomma non sono i tempi che stanno cambiando, come cantava Bob Dylan, ma il tempo.

foto di Chris Steele-Perkins / Magnum Photos

L’associazione dei medici per l’ambiente ha denunciato l’impatto dei cambiamenti climatici sullasalute umana e, in vista di Copenhagen, ha chiesto ai leader mondiali di avviare una revisione dei modelli economici. I climatologi sono sempre più in ansia. Ma, intanto, la crisi economica fa fare un passo indietro all’effetto serra nella classifica delle preoccupazioni dei cittadini europei.

> Cambiamenticlimatici

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Struzzi del Garda,un ironico tributoa quei senatoriitaliani che, in una mozioneapprovata ad aprile, hanno negatol’esistenza dei cambiamenticlimatici.Brescia, 2003

L’AUTORE

Chris Steele-Perkins. Nato in Birmania nel 1947, vive e lavora a Londra. Figlio di un militarebritannico e di una donna birmana,arriva in Inghilterra con il padreall’età di due anni. Si diploma in psicologia con il massimo dei votiall’università di Newcastle uponTyne, dove studia tra il 1967 e il 1970. Nel 1971 è di ritorno a Londra e comincia a lavorarecome fotografo indipendentespecializzato nel teatro. Il suo primoprogetto risale al 1973: diverseorganizzazioni umanitarie lo incaricano di realizzare un reportage sulla situazione in Bangladesh. I suoi scatti sonospesso dedicati alla povertà urbana e alle minoranze. Nel 1975si unisce al collettivo Exit, un gruppodi documentaristi che si dedicanoallo studio dei problemi sociali nelle città britanniche. Una parte di quel lavoro è pubblicato setteanni più tardi con il titolo “SurvivalPrograms”. Nel 1976 collabora con l’agenzia fotografica pariginaViva. Nel 1979 entra nellaprestigiosa agenzia Magnum di cui diventa presidente tra il 1997e il 1999. Da quel momento lavoraessenzialmente nei Paesi in via di sviluppo, seguendo molti conflittiin Medio Oriente, Africa e Americacentrale. I suoi reportage riscontranoun grande successo di pubblico e ottengono diversi premi, tra cui il prestigioso Premio Oskar Barnacknel 1988 e, l’anno seguente, la Medaglia d’Oro Robert Capa.

> Cambiamenti climatici

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Nella foto grande: una pittoresca radura con vista sul sacro monte Fuji nella regione giapponese di Yamanashi. Sopra, dall’alto: un campo di cavoli e un appezzamento coltivato a tè, sempre in Giappone.Nei giorni scorsi, il nuovo premier nipponico YukioHatoyama ha annunciato un piano di riduzione delle emissioni nocive, ancora più ambizioso di quello del presidente Usa Barack Obama.Giappone, 2000 / 2001

> Cambiamenti climatici

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Nella foto grande: una pala eolica nella conteainglese di Craighead. Il governo di Sua Maestà ha da un paio d’anni avviato un piano per costruireparchi eolici off shore da 25 Gigawatt entro il 2020. L’energia prodotta sarà in grado di fornireelettricità a tutte le case del Regno Unito.Sotto, dall’alto: una pompa di petrolio in Bahrain e un’azienda produttrice di pannelli solari a Guangzhou, in Giappone.Gran Bretagna, 2004 / Bahrain, 2004 / Giappone, 2006

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Nella foto grande: un’altra immagine con il monteFuji sullo sfondo. Il panorama in questo caso è violentato dalla presenza in primo piano di una delle numerose fabbriche cartarie della zona, che sfruttano l’acqua, particolarmentepura, proveniente dalle falde montane. Sopra, dall’alto: un saldatore all’opera in unafabbrica di Guangzhou e un’immagine dell’AlfaAcciai di Brescia: l’Arpa locale ha rilevato emissionidi diossine otto volte superiori a quelle consentite.Giappone, 1998 / Giappone, 2006 / Brescia, 2003

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Progettiamoil nostro futuro

dossier

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A Copenhagen non si tratterà solo di decidere quanti gas serra può emettere ogni Paese. Ma anche quali sono i rapporti di forza tra Sud e Nord e quale tipo di economia promuovere

a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Andrea Danese, Roberto Ferrigno, Emanuele Isonio, Jason Nardi

La deforestazione sarà uno degliargomenti più controversi in discussionea dicembre nella Cop 15, la Conferenzasul clima delle Nazioni Unite.Giappone, 1998

Il “rovente” clima di Copenhagen >18Chi paga il conto?” >20Bruciare carbone non riduce la C02 >20Green building o green washing? >22Il supermarket dell’aria calda >23La risposta soffia nel vento >24Il riso dorato che non luccica >26I rifugiati ambientali >27

Dopo Kyoto

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Il 2009 è una scadenza fissata da tempo. «Se il summit fallisse,molto probabilmente non si farebbe in tempo a trovare un accor-do che preveda impegni internazionali a partire dal 2012 - spiegaGianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club - e tutto sa-rebbe rimandato a data da destinarsi».

A poche settimane dal vertice si scoprono poco alla volta le car-te: le posizioni dei Paesi coinvolti sono rimaste lontane anni luce

La Cina in transizioneTuttavia questa opposizione potrebbe rappre-sentare solo una fase transitoria, ci spiegaMarco Frey, direttore dell’Istituto di Econo-mia e politica dell’energia e dell’ambiente (Ie-fe) della Bocconi: «Se guardiamo il film e noni fotogrammi, possiamo prevedere che gli in-vestimenti programmati dai cinesi nell’effi-cienza e nelle fonti energetiche pulite, rispet-to al consumo delle risorse e dell’ambiente,saranno il doppio di quelli Usa nei prossimi10 anni. Quindi – continua Frey – mi aspettoche i cinesi negozieranno la possibilità di cre-scere in termine di emissioni, ma ridurrannoil trend in maniera rilevante».

La Cina ha più volte dichiarato – a diffe-renza di quanto hanno fatto i leader di India e Brasile – di voler lavora-re per un successo a Copenaghen. Intendendo, forse, un successo del-la propria linea e, mettendo sul piatto il proprio peso economico increscita in una crisi generale, Pechino chiama in causa il principio del-la responsabilità storica. «I Paesi sviluppati hanno una responsabilitàmaggiore per gli attuali problemi del clima – ha dichiarato recente-mente Xie Zhenhua, responsabile della Cina per i negoziati mondialisui cambiamenti climatici – perché il loro tasso di emissioni per abi-tante è sempre tra i più elevati. Per questo devono essere i primi a quan-tificare le loro riduzioni di emissioni, mantenendo gli impegni per so-stenere i Paesi in via di sviluppo con fondi e tecnologie». E da questopunto di vista Cina e India si presenteranno a Copenhagen alleate.

Usa prudenti, Europa lanciataSul fronte dei Paesi occidentali, durante il processo negoziale gli StatiUniti hanno mostrato uno scarso impegno nel giungere a un trattato.«Gli Usa per ora hanno presentato una bozza di accordo, ma il testonon prevede alcun obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni.Ci sono solo principi generali, niente di concreto», continua Massai.Un’apertura importante è, tuttavia, stata fatta dall’amministrazioneObama che ha definito al ribasso gli standard dei consumi e delleemissioni per le automobili. E sono importanti i risultati economiciraggiunti dall’eolico nel mercato Usa: l'Associazione americana dell'e-nergia eolica, ha certificato che le vendite l'anno scorso sono cresciu-

te del 78%, raggiungendo una capacità installata di 17,3MW, per 77 milioni di dollari. L’Europa sembra volergiungere a Copenaghen con le migliori intenzioni. For-te del pacchetto clima varato all’inizio dell’anno, cheprevede il 20% in meno di emissioni entro il 2020, inprospettiva di un accordo l’Ue è pronta ad arrivare al30%. Riuscirà a convincere gli altri Paesi? .

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Il “rovente”clima di Copenhagen

| dossier | dopo Kyoto |

di Paola Baiocchi e Andrea Danese

i fanno sempre più serrati i negoziati preparatori della conferenza delle Na-

zioni Unite sul clima (Cop 15), che si terrà a Copenhagen a dicembre. Il

summit dovrebbe sancire la nascita di un nuovo trattato internazionale per far fron-

te ai cambiamenti climatici, e la posta in gioco è altissima: si tratta di trovare un ac-

cordo per la seconda fase del protocollo di Kyoto, a partire dal 2012, fissando preci-

si limiti alle emissioni di gas serra per contenere l’aumento della temperatura del

Pianeta al di sotto dei 2 gradi centigradi. Gli allarmi lanciati dai climatologi parlano

chiaro: se non riusciremo entro il 2020 a ridurre le emissioni del 30% rispetto al 1990

e dell’80% entro il 2050, la catastrofe climatica sarà inevitabile.

S

INVESTIMENTI IN ENERGIE

RINNOVABILI INMILIARDI DI €

PER ANNO

L’istituto di ricerchetedesco Iwr ha stabilitoquanto dovrebbeinvestire in energierinnovabili ogni Paese in proporzione allaquantità di CO2 emessa. Traccia due ipotesi di costo: 10 euro e 20 euro a tonnellata

0,5 1,1

0,6 1,1

3,8 7,6

4,3 8,6

4,4 8,8

4,8 9,6

4,8 9,7

5,8 11,6

8,6 17,2

14,1 28,2

16,9 33,8

63,7 127,4

68,1 136,2

10€/t 20€/t

CO2

CO2

CO2

CO2

CO2

CO2

CO2

53,6 [ –4% ]

55,1 [ –10% ]

380 [ +60% ]

428 [ +3% ]

439,5 [ +79% ]

481,8 [ +46% ]

482,8 [ +10% ]

581,8 [ –6% ]

857,3 [ –17% ]

CO2

CO2

QUANTO INQUINANOI GRANDIEMISSIONI DI CO2 IN MILIONI DI TONNELLATETRA PARENTESI LA VARIAZIONE PERCENTUALE 1990-2008

RUSSIA

USA

CINA

INDIA

GERMANIA

GRAN BRETAGNA

ITALIA

SUD AFRICA

BRASILE

FRANCIA

SVEZIA

SPAGNA

DANIMARCA

su molte questioni. Nell’incontro di Bonn dello scorso agosto, an-cora non si era parlato di numeri: nessuna ipotesi concreta sullepercentuali di riduzione delle emissioni a livello globale, tantome-no a livello locale. La complessità dei temi in discussione, la di-stanza tra le parti e la mancanza di chiarezza sui punti più contro-versi rappresentano un rischio molto serio di un rinvio, se non diun fallimento. «È difficile, se non impossibile, che a dicembre i ca-pi di governo possano trovare un accordo quando ci sono aspettitecnici che ancora non sono stati risolti», spiega Leo-nardo Massai, ricercatore all’Università di Amsterdam emembro della delegazione negoziale dell’Olanda. «Loscoglio più grande è rappresentato dall’opposizione deiPaesi emergenti, Cina, India e Brasile in testa, che nonhanno alcuna intenzione di siglare un accordo che fis-si dei limiti vincolanti alle loro emissioni».

ANCHE IL MOVIMENTO ALTERMONDIALISTAsi sta preparando alla conferenza di Copenhagencon una serie di mobilitazioni e giornate di azione globale. Qualcuno parla di unariedizione della “Battaglia di Seattle” 10 annidopo. Durante il World social forum di Belem del gennaio scorso molte delle organizzazioni e reti, che da anni lavoranosul tema, si sono riunite per coordinarsi e hanno sottoscritto una“Dichiarazione del Movimento per la Giustizia Climatica”, che punta il dito contro le false soluzioni ai cambiamenti climatici e mette l’accentosulla indivisibilità di clima e giustizia ecologica e sociale.

I movimenti coinvolti vanno dai più radicali, come Klimax2009(www.klimax2009.org), alle piattaforme come 350.org (200 organizzazioni,su www.350.org/map la mappa delle azioni), Climate Justice Now(www.climatejustice.blogspot.com), Klimaforum (www.klimaforum09.org),Actforclimatejustice (www.actforclimatejustice.org), che coinvolgonoorganizzazioni e reti come WWF (www.wwf.org), Greenpeace(www.greenpeace.org), Friends of the Earth (www.foe.co.uk), Jubilee South(www.jubileesouth.org), Via Campesina (www.viacampesina.org), Our Worldis not for sale (www.ourworldisnotforsale.org).Jason Nardi

PRINCIPALI GIORNATE D’AZIONE24 ottobre (www.350.org)30 novembre (www.actforclimatejustice.org)12 Dicembre (www.climatejustice.blogspot.com)

SITI INTERNET

www.cop15.dkwww.ipcc.ch www.unep.orgwww.greenreport.itwww.ilo.org

GIORNATE DI AZIONEPER LA GIUSTIZIA CLIMATICA

LIBRI

Alessandro FarruggiaVincenzo FerraraClima istruzioni per l’usoI fenomeni, gli effetti, le strategieEd. Ambiente, 2007

Stefano CaseriniDieci miti sul climaCome la scienza diventaopinione (sbagliata)Ed. Ambiente, (dic.’09)

FON

TE: IW

R A

GO

STO

2009

Page 11: Mensile Valori n.73 2009

| dossier | dopo Kyoto |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 21 |

| dossier | dopo Kyoto |

| 20 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

L’AGENZIA EUROPEA PER L’AMBIENTE (AEA) ha confermato a fine luglio che le emissioni di gasserra dei Paesi della Ue nel 2008 sono diminuite per il quarto anno consecutivo. Stando alle stimele emissioni nel 2008 sono al di sotto del 6,2% circa alla base annua prevista da Kyoto per la Ue 15e sarebbero diminuite del 10,7% rispetto alle emissioni del 1990 della Ue-27. La maggiore riduzione si è registrata nelle emissioni di CO2 dovute ai combustibili fossili utilizzati nell’industria, nei trasporti e nella generazione di energia. Il risultato è dovuto soprattutto alla contrazione della produzione industriale, a causa della crisi. L’Italia ha comunque sforato dalle quote assegnatein due settori: termoelettrico (143 Mt CO2 contro le 132 previste) e raffinerie. «Il carbone continuaad essere una delle principali voci del ritardo rispetto a Kyoto – spiega Legambiente – Nel 2008 le 12 centrali a carbone italiane hanno sforato di 7,5 milioni di tonnellate di CO2 le quote previste».

CO2

CO2

RUSSIA

USA

CINA

INDIA 1.408,5 [ +125% ]

1.687,6 [ –29% ]

L CONTO DA PAGARE PER FAR FRONTE ai cambiamenti clima-tici è salato. Si tratta di centinaia di miliardi di eurol’anno, da spendere da una parte per la mitigazione,

mettendo in campo tutte lemisure necessarie all’abbat-timento delle emissioni dei

gas serra, e dall’altra per l’adattamento, ossia per farfronte alle calamità naturali come alluvioni e siccità,in aumento a causa del global warming. Solo i Paesiafricani, per esempio, chiedono un risarcimento di 67miliardi di dollari all’anno per i danni causati al climadai Paesi ricchi.

Le cifre sono enormi, ma i costi dell’inazione sareb-bero ancora maggiori. Secondo le ultime stime di Ni-cholas Stern, ex chief economist della Banca Mondiale,

nei prossimi decenni sarebbe necessaria una spesa parial 2% del Pil mondiale su base annua, per centrare l’o-biettivo di stabilizzare le concentrazioni di CO2 in at-mosfera, a fronte di un valore che va dal 5 al 20% del Pilin assenza di interventi.

Non c’è accordo sulle cifreLe cifre ipotizzate sono diverse, a seconda delle variabi-li e dei modelli utilizzati per stimarle. Sul fronte della so-la mitigazione, un rapporto di McKinsey individua unintervallo che va da 200 a 350 miliardi di dollari che an-drebbero spesi, da qui al 2030, per avere qualche possi-bilità di limitare l’innalzamento della temperatura delpianeta a 2° C. La curva dei costi di abbattimento rias-sume le opportunità tecnologiche individuate daMcKinsey per ridurre le emissioni senza superare i 60dollari per tonnellata di CO2 equivalente (oltre questolimite il costo è considerato insostenibile).

Il documento mette in risalto le potenzialità econo-miche degli interventi, molti dei quali - per esempio gliinvestimenti nell’efficienza energetica - comportano be-nefici economici netti, e quindi permetterebbero di fi-nanziare gli interventi più dispendiosi.

Stabilire le responsabilitàMa chi deve pagare? E quanto? Il nodo rappresenta unodei maggiori ostacoli al raggiungimento di un accordoglobale a Copenhagen. Al termine dei deludenti colloquidi Bonn dello scorso agosto (una delle tappe intermediedel percorso negoziale), Yvo de Boer il segretario esecuti-vo dell’Unfccc, la Convenzione delle Nazioni unite sulcambiamento climatico, ha lanciato un appello alle dele-gazioni affinché «istituiscano un meccanismo equo per laraccolta a lungo termine di fondi, piuttosto che costrin-gere i Paesi a contribuire con un importo specifico», e hainvitato i partecipanti a mettere subito i soldi sul piatto,cominciando con 10 miliardi.

A settembre la Commissione europea ha presentato lesue prime proposte finanziarie, chiarendo che i Paesi in-dustrializzati chiedono un contributo alla riduzione delleemissioni anche da parte delle economie emergenti comeIndia e Cina. La Commissione stima che i Paesi in via disviluppo avranno bisogno di 100 miliardi di euro l’annoper raggiungere l’obiettivo dei 2° C. Per far questo «oc-correranno finanziamenti pubblici internazionali com-presi tra 22 e 50 miliardi di euro. Questo importo dovràessere versato dai singoli Paesi proporzionalmente alle ri-spettive quote di emissioni e capacità finanziarie. Nel ca-so dell’Ue il contributo potrebbe raggiungere una quotacompresa tra 2 e 15 miliardi di euro nel 2020. Il resto sa-rebbe a carico degli altri Paesi industrializzati e di quelliemergenti come la Cina e l’India». La proposta prevedeinoltre un contributo Ue pari a 0,5-2,1 miliardi di euro per

Come distribuire le spese per mitigamento e adattamento è il punto più controverso del negoziato sul clima.

di Paola Baiocchi e Andrea Danese

I

Global warming Chi paga il conto?

ECONDO LA COMMISSIONE EUROPEA la riduzione delleemissioni globali di CO2 dei Paesi industrializzati èrealizzabile sotto il profilo tecnico e i benefici che

comporterà supereranno notevol-mente i costi. Per riuscire nell’im-presa, secondo la Commissione,

devono essere perseguite tutte le opzioni di mitigazione, incluse letecnologie per la cattura e lo stoccaggio geologico del biossido dicarbonio (Ccs, Carbon capture and storage. Vedi ). Queste po-trebbero essere applicate alle centrali a carbone, mediante la segre-gazione di CO2 nella fase di post-combustione.

SCHEDA

La scelta della Commissione ha rimesso così in gioco il carbone,il combustibile fossile più inquinante, più abbondante e soprattut-to meno caro. Una massiccia campagna di lobby esercitata dalle com-pagnie petrolifere, dalle utilities elettriche e da diversi governi, ha fa-vorito l’adozione nel dicembre 2008 di una direttiva che fornisce ilquadro legale per l’applicazione del Ccs in Europa. Pilastro fonda-mentale del Ccs sono le agevolazioni finanziarie di 5-7 miliardi dieuro che i governi dovrebbero garantire per la costruzione di 10-12impianti dimostrativi di Ccs. La Commissione aveva già modificatole regole che permettono la concessione di aiuti di Stato a progettidi rilevanza ambientale, includendo tra questi gli impianti Ccs.

di Roberto Ferrigno

S

Bruciare carbone non riduce la CO2Tra le tecnologie per la riduzione della CO2 la Commissione europea include lo stoccaggio geologico.

IL PRESIDENTE FRANCESE NICOLAS SARKOZY ha annunciato l’intenzione di introdurre una nuovacarbon tax su petrolio, benzina e carbone a partire dal 2010: la tassa è stata quantificata in 17 europer ogni tonnellata di CO2 emessa. Sarkozy ha assicurato che la tassa verrà compensata da unadiminuzione della pressione fiscale (attraverso l’eliminazione di altri tributi) e da green cheques.La Finlandia è stato il primo paese europeo ad introdurre una carbon tax nel 1990: inizialmente di 27 euro oggi raggiunge i 108 euro per tonnellata per un introito complessivo di oltre 1,4 miliardi.

INDUSTRIA O CENTRALE ENERGETICA

SEPARAZIONE DELLA CO2

CO2 DISCIOLTA PERFORMARE ACQUAPOZZO

RISERVA DI GASO PETROLIO

ACQUIFERO SALINO

MINIERE DI CARBONE

UN’INIEZIONE DI EMISSIONI

LA CATTURA E LO STOCCAGGIO del biossido di carbonio è un processo che consiste nella separazione della CO2 da sorgenti industriali e di generazione di energia, nel trasporto presso una località di stoccaggio e isolamento a lungo terminedall’atmosfera alla profondità di almeno 800 metri. La CO2 può essere iniettata:1. nei campi petroliferi in via di esaurimento per stimolarne la produzione.

È il caso di Weyburn in Canada;2. nei campi di gas naturale per permettere una iper produzione di gas naturale.

È il caso del campo BP in Algeria ad InSalah;3. nelle miniere di carbone esaurite per provocare il rilascio di metano;

In Italia è in corso uno studio di fattibilità nel Bacino del Sulcis;4. negli acquiferi salini profondi, come a Sleipner, nel Mare del Nord.

Tempi lunghi e impianti costosi Ma i problemi sono ancora enormi. In Europa, tranne un paio di im-pianti-pilota in Norvegia e Svezia, non esistono centrali che utiliz-zano tecnologie Ccs. Si prevede che i progetti dimostrativi previstidalla direttiva non verranno realizzati prima del 2012-2015 edavranno costi notevoli che andranno ben oltre i 5-7 miliardi poten-zialmente disponibili.

Il Parlamento europeo calcola che la differenza potrebbe esseredi circa 10 miliardi. Dove si troveranno? Bisognerà aspettare fino al2030 per avere la prima centrale a carbone funzionante con tecno-logie Ccs. Come si ridurranno drasticamente le emissioni di CO2nel frattempo? Secondo Greenpeace, l’adozione di tecnologie Ccscomporterebbe il raddoppio delle spese di costruzione delle centra-li e potrebbe consumare fino al 40% dell’energia prodotta, col pa-radosso di aumentare il tasso di consumo delle risorse naturali, ri-portando il livello di efficienza energetica del carbone a 50 anni fa.Senza contare l’aumento della bolletta elettrica a carico dei cittadi-ni. Per concludere, dove andranno stoccate le oltre 100.000 ton-nellate di CO2 liquefatta sottratte alla combustione del carbone?Seppellite sotto i fondali marini oppure in siti geologici “sicuri”,

LA CARBON TAX IN FRANCIA

DIMINUISCONO LE EMISSIONI NELLA UE, MA L’ITALIA SFORA

LIBRI

Nicholas SternUn piano per salvare il pianetaFeltrinelli, 2009

Lester R. BrownPiano B3.0 - Mobilitarsiper salvare la civiltàEd. Ambiente, 2008

il periodo 2010-12, lasciando però aperto uno spazio ditrattativa per un importo superiore.

Molte le ipotesi al vaglio: oltre a istituire fondi verdiper aiutare i Paesi poveri e quelli in via di sviluppo (Pvs) avotarsi a un’economia a basso contenuto di carbonio, c’èl’adozione di un sistema cap and trade (chi investe per ri-pulire, anche nei Pvs, guadagna vendendo sul mercato idiritti a emettere). Si tratterebbe di creare un mercato glo-bale delle emissioni, che nelle intenzioni dovrebbe favo-rire l’adesione dei Pvs a un eventuale trattato, poiché at-tirerebbe fondi dai Paesi ricchi verso di essi. Questosistema dovrebbe aggiungersi al meccanismo dei “Cleandevelopment” (CDM) previsto già oggi dal protocollo diKyoto e a un’eventuale tassazione sul carbonio, alla qua-le la Francia si è già detta disponibile (vedi ).

Non tutte le misure di mitigazione, però, potrebberobeneficiare di questi meccanismi, ma dovrebbero esserecreati fondi ad hoc (come nel caso della riforestazione). .

BOX

Page 12: Mensile Valori n.73 2009

PRODUZIONE DISTRIBUITA

IMPIANTO Capacità installata Produzione annua Vita utile Investimento Tasso interno Periodo Tasso interno Periodo+ totale costo annuo di rendimento per di rientro di rendimento per di rientro

100% autoconsumo investimento 50% autoconsumo investimento

Eolico 2.500 kw 2.000.000 kwh 20 anni 4.300.000 + 190.000 19,4% 8 anni 16,5% 9 anni

Idroelettrico 315 kw 2.000.250 kwh 30 anni 1.800.000 + 85.000 18,3% 8 anni 16,1% 9 anni

Fotovoltaico 1.000 kw 1.300.000 kwh 20 anni 5.000.000 + 55.000 8,8% 17 anni 8,3% 19 anni

Biomasse (Cippato) 2.000 kw 16.000.000 kwh 15 anni 6.180.000 + 1.700.000 28,2% 6 anni 21,8% 7 anni

Biomasse (Oli vegetali) 5.000 kw 39.000.000 kwh 15 anni 6.164.000 + 6.225.400 37,4% 4 anni 20,3% 6 anni

Biomasse (Biogas) 1.000 kw 7.000.000 kwh 15 anni 3.600.000 + 528.000 26,8% 6 anni 22,2% 7 anni

QUANTO RENDONO LE RINNOVABILI

FON

TE: B

OC

CO

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2009

| dossier | dopo Kyoto |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 23 |

| dossier | dopo Kyoto |

| 22 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

EL 2008, L’AGENZIA PER L’AMBIENTE delle Nazioni Unite(Unep) ha pubblicato il rapporto Green Jobs: Towards De-cent Work in a Sustainable, Low-Carbon World dove si esor-

tano i governi ad investire riorientando in-centivi e sussidi oggi diretti a sostenere com-bustibili fossili e nucleare.

Secondo l’Unep, entro il 2030, 20 milioni di posti dilavoro potrebbero essere generati da produzioni verdi.Eppure, ha precisato l’agenzia - a parte il caso ineccepi-bile di eolico e solare che, insieme, potrebbero fornire ol-tre 8 milioni di posti di lavoro - il resto deriverebbe dal-la produzione di agricarburanti. Una contraddizioneesplosiva con quanto affermato dalla Fao, un’altra Agen-zia delle Nazioni unite, secondo la quale la domanda diagricarburanti è la causa principale dell’aumento deiprezzi agricoli che espongono gli abitanti dei Paesi po-veri al rischio di carestia. Inoltre, studi condotti in Olan-da quantificano in 33 tonnellate le emissioni di CO2causate dalla produzione di una tonnellata di olio di pal-

ma, principale materia prima per i agricarburanti desti-nati all’Europa. Il problema è che oggi non esiste una de-finizione per green business e green jobs, a parte i casi del-le energie rinnovabili, dell’edilizia sostenibile e deltrattamento e riciclaggio di acque e rifiuti.

Eco-immaginazione pubblicitariaNel frattempo, la formidabile macchina della comunica-zione aziendale (corporate communication) funziona a pie-no ritmo. Le industrie minerarie, petrolifere, chimiche,metallurgiche, le gigantesche utilities di generazione e di-stribuzione elettrica investono miliardi di dollari essen-zialmente in due filoni strategici. Primo: mostrare che an-che loro sono campioni “verdi”. Secondo: bloccare gliincentivi alle energie rinnovabili, soprattutto alla luce del-la crisi economica e della temporanea caduta del prezzodel petrolio. Ma queste sono semplici campagne di pub-bliche relazioni. Nel campo manifatturiero ed energetico.General Eelectric (GE) già nel 2005, ha lanciato una cam-

pagna pubblicitaria da 95 milioni di dollari denominata“Ecoimagination” per dimostrare di condividere gli obiet-tivi di riduzione degli impatti ambientali dell’industriaanche attraverso profonde modifiche produttive.

“Ripulire” il nerissimo carboneEppure due anni dopo il Wall Street Journal notava comeGE continuasse a generare profitti soprattutto vendendoturbine per centrali elettriche a carbone e nel settore pe-trolifero. Il ramo finanziario di GE inoltre investiva mol-to nell’acquisto di centrali a carbone. Lo stesso articolometteva anche in dubbio le dichiarazioni di GE rispettoalla riduzione del 4% delle emissioni delle proprie atti-vità, notando come le centrali a carbone del portafoglioinvestimenti non fossero comprese nel conteggio. Pro-prio intorno alla possibilità di “ripulire” il carbone, ilcombustibile fossile più inquinante ma meno caro e dal-le riserve ancora abbondanti, che oggi si svolge un’im-portante battaglia politica, economica ed ecologica. Ri-dipingere di verde il nerissimo carbone significherebbeinfatti garantire almeno altri 100 anni di vita all’attualemodello economico ed industriale globale, ignorando isegnali climatici sempre più preoccupanti. .

Green buildingo green washing?Come gli inquinatori spendono miliardi di dollari per bloccare gli incentivi alle rinnovabili.

di Roberto Ferrigno

possibilmente entro un raggio di un centinaio di chilometri dallecentrali, altrimenti i costi sarebbero proibitivi.

L’opinione pubblica è contrariaQuesto pone un altro formidabile ostacolo: l’ostilità dell’opinionepubblica. La centrale di Schwarze Pumpe situata a Spremberg, Ger-mania settentrionale, alla fine di luglio doveva cominciare a pom-pare CO2 a 1.500 m. di profondità usando un pozzo ormai esauritodi gas naturale a circa 200 Km dall’abitato. Ma oggi la CO2 finiscedirettamente in atmosfera, vista l’accanita opposizione dei cittadinial progetto di stoccaggio sotterraneo elaborato da Vattenfall, gigan-te elettrico svedese. Il fallimento in Germania si aggiunge all’umi-liazione sofferta da Shell in casa propria, in Olanda, dove la compa-

gnia, dopo aver intascato l’entusiastico appoggio del governo del-l’Aia, ha visto bocciare dai cittadini di Barendrecht (Rotterdam) ilsuo progetto di ricavare un sito di stoccaggio sotterraneo della CO2in un giacimento di gas naturale esaurito, nei pressi della cittadina.

Al governo ora spetta la scelta tra la Shell o l’opinione dei locali.

Un regalo per le major petrolifereSono proprio le major petrolifere, Shell, Exxon, Total, Statoil a pre-mere per l’adozione del Ccs. Queste infatti ritengono di possede-re il know-how necessario per le operazioni di trasporto e stoccag-gio della CO2. I fondali del Mare del Nord, con i loro giacimentipetroliferi ormai quasi esauriti e le decine di piattaforme che do-vranno essere smantellate a costi proibitivi, rappresentano una ri-

serva di stoccaggio enorme. Molti ritengono anche che la lobbysfrenata delle multinazionali petrolifere abbia comunque perobiettivo quello di utilizzare la CO2 liquefatta per spingere in su-perficie gli strati più profondi di petrolio ancora presenti nei gia-cimenti e che oggi non possono essere sfruttati, essenzialmente

per ragioni economiche. Calcolando che il prezzo del greggio haripreso di nuovo a salire, pompare gas serra nei fondali marini acosto zero per favorire lo sfruttamento residuo dei giacimenti pe-troliferi, generando ulteriori profitti, potrebbe rivelarsi l’ennesi-mo ottimo affare per i padroni del petrolio. .

N

VOLA IL MERCATO DEL CARBONIO [ MILIARDI DI DOLLARI ]

2007200620052004 2008

11867

22,49,40,72

USA

CINA

100

50

0

FON

TE: N

OS

TRA

ELAB

OR

AZIO

NE

SU

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BO

N P

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T, S

BI

IL SUPERMARKETDELL’ARIA CALDA

FONTI NON RINNOVABILI32,4%

BIOMASSE E RIFIUTI14,8% TOTALE 13,49 TWh

GEOTERMICA0,0%

EOLICA3,4%

SOLARE0,0%

IDRICA49,4%

LIBRI

Stefano CaseriniA qualcuno piace caldoErrori e leggende sul clima che cambiaEd. Ambiente, 2008

ATTUALMENTE SI COMPRA E SI VENDE ARIA come qualsiasi commodity, come l’oro, la carne di porco o il petrolio. «La contrattazione delle emissioni di carbonio è uno dei meccanismi di mercato - ci spiega Elena Gerebizza della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale(Crbm) - che gli Stati Uniti avevano chiesto come condizione per sottoscrivere il Protocollo di Kyoto. Poi, dopo averla ottenuta, non hanno mai ratificato il trattato. Così - continua ElenaGerebizza - si consente alle imprese private di comprare o vendere crediti di carbonio (un carboncredit è pari a una tonnellata di CO2) per non sforare i limiti di emissioni (all’interno della Ue) e di realizzare progetti nei Paesi extra-europei, che permettono di generare dei crediti attraversoil “meccanismo dello sviluppo pulito” (Clean Development Mechanism)». Il 2% di questo mercato,poi, confluisce nel Fondo per l’adattamento, destinato a finanziare progetti nei Paesi in via di sviluppo (Pvs). Niente rispetto al 13% sulle negoziazioni che intasca Banca Mondiale, il maggior broker di fondi sulle emissioni e finora il maggior beneficiario del mercato del clima.

LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ARIA«Il carbon market ha le stesse caratteristiche di quello dei derivati, di cui già conosciamo gli effettidi crisi - riprende Elena Gerebizza -. Inoltre, secondo i dati forniti dalla stessa Banca Mondiale, tra il 75 e l’85% di quanto raccolto con il Cdm ha finanziato industrie del settore chimico, del ferro e del carbone. Solo il 10% è stato investito in progetti per le energie rinnovabili». E la Banca Mondiale, che aveva accusato durante gli anni Novanta le forti critiche della societàcivile, arretrando proprio da quei settori, trova ora nuova legittimazione e nuovi fondi pubbliciinternazionali da investire in progetti inquinanti. Come la mega centrale a carbone nello Stato del Gujarat, in India (finanziamento concesso alla Tata), o la faraonica diga sul fiume Congo che dovrebbe produrre energia elettrica “pulita” per l’Europa. Uno snaturamento dell’intento del mercato delle emissioni, dicono i negoziatori che stanno preparando Cop 15, accentuato dal fatto che Europa e Usa si sono già mossi per far gestire i fondi per il clima alle banchemultilaterali come la Banca Mondiale o la Banca Europea per gli Investimenti (Bei), su cuiriescono a esercitare maggiore controllo che non in ambito Nazioni Unite. Non quindi concessionia fondo perduto, ma prestiti ai Paesi del Sud, che riprodurranno il meccanismo dell’indebitamento.

CARBON COW-BOYS A CACCIA DI ALBERIIl carbon market è destinato a crescere, soprattutto se negli accordi che verranno firmati a Copenhagen rientreranno anche gli incentivi contro la deforestazione. Ma i Paesi in via di sviluppo hanno denunciato che non sono pronti i meccanismi di controllo e di registrazionedelle foreste. Kevin Conrad, capo negoziatore per la Papua Nuova Guinea e l’Oceano Pacifico ha dichiarato che si potrebbero scatenare vere cacce fatte da carbon cow-boys, sguinzagliati tra i popoli indigeni meno informati sui commerci moderni e sul carbonio “memorizzato” nei loroalberi. Secondo le previsioni di Point Carbon, operatore europeo del settore, nel 2020 il mercatomondiale del carbonio sarà di 3,1 trilioni di dollari (3.100 miliardi). L’enorme torta ha giàscatenato anche l’economia criminale. Ad agosto a Londra sono state arrestate nove persone,accusate di aver messo in piedi la classica “truffa carosello” con cui hanno fatto sparirequalcosa come 63 milioni di dollari di tasse non pagate. La novità di questo “carosello”? Invece di auto di lusso, i truffatori hanno trattato carbon credit. P. Bai.

Page 13: Mensile Valori n.73 2009

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 25 |

| dossier | dopo Kyoto |

| 24 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

| dossier | dopo Kyoto |

CINA

OLTI INVESTIMENTI SIA IN EUROPA CHE NEGLI USA sistanno concentrando sull’eolico, che rappresen-ta al momento la tecnologia più matura per ge-

nerare energie da fonti rinnovabili.Dall’esame delle risorse globali di ven-to nel Pianeta, uno studio appena

pubblicato del Department of Earth and Planetary Sciences dell’Uni-versità di Harvard, condotto da Michael McElroy, ipotizza che unnetwork di turbine da 2,5 megawatt di potenza (installate nei luo-ghi più adatti) potrebbe generare 42 volte l’energia elettrica utiliz-zata oggi nel mondo. E 5 volte l’energia complessiva (in tutte le sueforme) consumata dai suoi abitanti.

Una boccata d’ossigeno per la CinaMcElroy e il suo team, tuttavia, non si sono fermati ad un’ipotesiglobale, ma si sono spinti ad applicare lo stesso principio alla so-

la Cina, dove potrebbe essere costruita una serie di campi eoliciche occuperebbe lo 0,5% del territorio (una superficie pari a quel-la della Francia), con un investimento di 900 miliardi di dollari.Questo consentirebbe, entro il 2030, di garantire l’intero fabbiso-gno del Paese attraverso una fonte “verde”. Si tratterebbe, infatti,di una produzione pari a 24,7 PetaWatts (milioni di miliardi diWatt) all’ora. Che secondo gli esperti corrisponde al bisogno ener-getico cinese per il 2030 (cioè 7 volte l’attuale consumo). Tenen-do conto del fatto che, ad oggi, in Cina l’80% della domandaenergetica è coperta dal carbone (quasi 6 miliardi di tonnellate diCO2 emesse ogni anno), la scelta dell’eolico equivarrebbe ad unaboccata d’ossigeno senza precedenti.

Sezioni eoliche di globoLe analisi dei ricercatori di Harvard si basano su una vasta serie disimulazioni dei campi di vento, effettuate sui dati forniti dal God-dard Earth Observing Data Assimilation System. McElroy e il suoteam hanno infatti “sezionato” il globo in aree estese circa 3.300chilometri quadrati, analizzando la velocità del vento ogni seiore, ed escludendo le aree forestali, quelle coperte di ghiaccio equelle ad uso urbano.

Lo studio non prende in considerazione neanche le aree co-perte da acque profonde, che per quanto ottime dal punto di vi-sta dell’intensità del vento, presentano notevoli problemi legatiai costi per la costruzione degli impianti. Ma, nonostante questelimitazioni, il risultato è una forza potenziale impressionante: ba-sti pensare che i risultati ipotizzano un utilizzo delle turbine eoli-che pari a solo il 20% della loro capacità massima.

Per quanto riguarda gli impianti on shore (installati su terra-ferma) il Paese potenzialmente più in grado di sfruttare l’energiadel vento è la Russia (vedi ), con 120 mila terawatt, seguitaTABELLA

da Canada (78 mila) e Stati Uniti (74 mila). Non a caso, il 42% deinuovi impianti installati nel 2007 negli Usa è costituito proprioda sistemi eolici, mentre le vendite globali (pari a 19 mila unità)hanno fruttato alle industrie produttrici 156 milioni di dollari.

La possibilità di installare in modo diffuso sul territorio im-pianti di generazione, apre nuove possibilità anche per la rete

elettrica, che può diventare interattiva o “intelligente”. Lo stessoMcElroy, tuttavia, sottolinea come soprattutto in Russia e Cana-da i luoghi con il più alto potenziale eolico siano ben distanti daicentri abitati, il che rischia di far lievitare i costi degli impianti.Ciò nonostante, le possibilità di sfruttamento del vento nel mon-do sono davvero inimmaginabili. .

Basta l’eolico per produrre 42 volte l’energia elettrica attualmente utilizzata nel mondo.

M

PAESE EMISSIONI DI CO2 CONSUMO ENERGIA EOLICA POTENZIALEIN MLN DI TONNELLATE* DI ELETTRICITA (TWH)* ONSHORE OFFSHORE

USA** 5,956.98 3,815.9 74000 14000CINA** 5,607.09 2,398.5 39000 4600RUSSIA 1,696.00 779.6 120000 23000GIAPPONE 1,230.36 974.1 570 2700INDIA 1,165.72 488.8 2900 1100GERMANIA 844.17 545.7 3200 940CANADA 631.26 540.5 78000 21000GRAN BRETAGNA 577.17 348.6 4400 6200COREA DEL SUD 499.63 352.2 130 990ITALIA 466.64 307.5 250 160*Dati relativi al 2005 dell’Energy Information Administration degli USA** Nei primi mesi del 2006 la Cina ha sorpassato gli Usa, diventando il Paese che emette più biossido di carbonio al mondo

L’EOLICO NEL MONDO

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009

POTENZIALE EOLICO ANNUALE PAESE PER PAESE

ENERGIA EOLICA [PWh]

A: ON SHORE B: OFF SHORE

ENERGIA EOLICA [PWh]

UNA RETE DI IMPIANTI DI DIMENSIONI RIDOTTE, vicini agli utilizzatori. È la “Generazione distribuita”: non più un flusso che viaggia a senso unicodalle centrali alla rete, ma un sistema di produzione diffusa sul territorio.Una sorta di web dell’energia, sul modello informatico di internet.

L’idea ha già attirato l’attenzione degli studiosi. L’Enea, ad esempio,ha avviato il progetto Energia distribuita. Il responsabile, Giorgio Graditi,spiega come, attraverso una serie di sistemi dimostrativi, si voglia«promuovere il superamento dell’attuale separazione tra gli impianti di produzione dell’energia e la rete di distribuzione, integrando i duepassaggi in un’unica “smart grid” (letteralmente: griglia intelligente). E puntando sulle fonti rinnovabili». Secondo l’ultimo Rapportosull’evoluzione della Generazione distribuita, pubblicato recentementedall’Autorità per l’Energia italiana, la produzione lorda di energia elettricada impianti di Generazione distribuita nel 2006, in Italia, è stata pari a 13,5 TWh (circa il 4,3% dell’intera produzione nazionale di energia

elettrica), con un incremento, rispetto al 2005, di 0,4 TWh. È facileprevedere un ulteriore incremento dei dati nel corso del 2009, visto il boom del settore fotovoltaico passato da 7.625 impianti nel 2007 a 31.875 alla fine del 2008 (417,6 megawatt)

Con la Generazione distribuita si minimizzano i costi economici e ambientali di trasmissione dell’energia, grazie alla prossimità data dalla rete capillare e si migliora l’efficienza produttiva. Un impianto di medie dimensioni, infatti, può raggiungere l’80% del proprio potenziale,mentre le grandi centrali si attestano intorno al 35%.«Questo genere di rete, inoltre, può consentire a realtà come l’isola di Pantelleria, nella quale stiamo avviando un progetto, di superare i vecchi metodi di produzione energetica, basati anche sul diesel, e passare alle fontiecocompatibili», prosegue Graditi. Si tratta in questo caso di impianti“stand alone”, ovvero scollegati dalla rete. Ma che in prospettiva sarannoagganciati al futuro “web dell’energia”. A. Barolini

IL WORLD WIDE WEB DELL’ENERGIA

La risposta soffia nel vento

di Andrea Barolini

MINIEOLICOPer l’energia prodotta dal vento non sonoobbligatori i grandi impianti: è possibilepuntare - per lo meno inizialmente - su unarete di piccoli impianti eolici, con potenzainstallata inferiore a 100 kW. Esistono in commercio numerose tipologie di pale(a partire da 1 kW!), che in condizionigeografiche favorevoli sono in grado di soddisfare il fabbisogno quotidiano di numerose abitazioni. Le venditemondiali di piccole turbine hannoraggiunto i 156 milioni di dollari nel 2008,per 19mila unità e 38,7 MW installati.Naturalmente non tutti i siti sono adatti ad ospitare gli impianti. Ma l’eolicorappresenta un sistema che, oltre a costituire un tassello importante della generazione distribuita, può garantire una soluzione per le aree energeticamenteisolate, attraverso gli impianti autonomi.

ENERGIA DALLE MAREENel 2006 il Renewable Energy and AlternateUse Program degli Stati Uniti ha pubblicatoun rapporto sul potenziale energetico del moto ondoso, la cosiddetta tidal energy: in tutto il mondo, sfruttare questa fontepotrebbe significare il raggiungimento di unacapacità produttiva compresa tra 140 e 750 mila kWh. Per ora l’unico impiantodi questo genere è attivo in Francia, mentresono in corso numerose sperimentazioni in altri Paesi, soprattutto quelli che possonocontare su maree con ampi dislivelli per ciclo lunare. Già in fase avanzata di sviluppo è il progetto delle società LunarEnergy e Korean Midland Power, che in Corea del Sud stanno costruendo 300turbine sottomarine nel canale di WandoHoenggan. L’apertura è prevista nel 2015 e l’energia prodotta potrebbe garantire il fabbisogno di 200 mila abitazioni.

MICROIDROELETTRICOCome nel caso del minieolico, anche per gli impianti che sfruttano l’energiaidroelettrica, i microsistemi sonoconsiderati quelli con capacità inferiore a 100 KW. Esistono numerosi tipi di turbine, e la scelta deve ricadere su quelle che meglio si adattano al luogoin cui deve essere installato l’impianto. Gli impianti micro-hydro - sottolinea un rapporto dell’Associazione dei produttori di energia rinnovabile -possono trovare applicazione in tuttequelle situazioni in cui esiste un fabbisogno energetico da soddisfare e la disponibilità di una portata d’acqua,anche limitata, su di un salto anche di pochi metri. La densità dell’acqua (circa 800 volte superiore a quelladell’aria) consente infatti di poter sfruttare anche piccoli corsi.

LOCAL POWERQuesto nome dal sapore “sessantottino”rinvia a un portale inglese, che favorisce i collegamenti tra gruppi o comunità che forniscono “risposte concrete al cambiamento climatico, al picco del petrolio e alla crisi ambientale”.Mettendo il codice postale sulla mappadell’Inghilterra si può localizzare sul territorio il gruppo più vicino di produttori fotovoltaici, la comunità che opera la riduzione dei rifiuti oppure le città dove sono state avviatestrategie di abbandono del petrolio (transition towns). www.localpower.org.uk

BUONE TECNOLOGIE VERDI

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100%

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LIVELLO CLINICOSUBCLINICO GRAVE SUBCLINICO MODERATO SUBCLINICO LIEVE SOTTO CONTROLLODATI NON DISPONIBILI

L’INCIDENZA DELLE MALATTIE ATTRIBUITE A MANCANZA DI VITAMINA A

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USA

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CO2

CO26.809,7 [ +178% ]

AGRICOLTURA INDUSTRIALE MONDIALE immette tra 8,5 e16,5 miliardi di tonnellate di CO2, l’anno, collocan-dosi così ai primi posti tra i principali produttori di

gas serra (tra il 17 e il 32% delle emissionitotali). Ma allo stesso tempo l’agricolturasubisce prepotentemente le conseguenze

dei cambiamenti climatici, esasperando i problemi delle zone piùpovere del pianeta. Gli Ogm vengono, quindi, spesso proposti comerisorsa per sconfiggere il problema della fame, ma la sperimentazio-ne sugli Organismi geneticamente modificati non ha dato i risulta-ti sperati sul “campo”e non ha ancora fugato i dubbi legati alla si-curezza alimentare e ambientale.

Il riso dei “cercatori d’oro” Ne è un esempio lampante la parabola del gol-den rice (riso dorato). Era il 2000, quando laSyngenta - colosso agroalimentare svizzeronato dalla fusione dell’elvetica Novartis conil ramo agricolo dell’anglo-svedese Astra-Ze-neca e capace di generare un fatturato (nel2008) pari a 11,6 miliardi di dollari - annun-ciava il lancio di questa particolare varietà diriso Gm. A fargli vedere la luce, proprio pres-so i laboratori della Syngenta, è stato Ingo

Potrykus, docente di Botanica all’Istituto di Tecnologia di Zurigo. Ilnome del “riso d’oro” gli deriva da una pigmentazione giallastra, pro-vocata dall’aggiunta nei chicchi di beta-carotene, un precursore del-la vitamina A. Obiettivo dei ricercatori era infatti quello di “inventa-re” un alimento in grado di sopperire alla mancanza di questavitamina, che affligge 800 milioni di persone nel mondo, provocan-do soprattutto gravi problemi alla vista e alla pelle.

«Una bufala», l’ha definita senza mezzi termini Vandana Shiva,fisica e ambientalista indiana. Secondo un articolo pubblicato dallaShiva, il golden rice per ogni 100 grammi riesce a fornire solo il 4,4%dell’apporto giornaliero necessario a ciascun individuo. Il che signi-

fica che un adulto dovrebbe consumare 2chili e 272 grammi di golden rice al giorno.«Si tratta di dati che hanno costretto la stes-sa azienda produttrice a ritirare il prodotto ea lanciare la sperimentazione di una nuovavarietà più ricca di vitamina A - sottolinea ilgenetista Marcello Buiatti, che in linea diprincipio si dichiara non contrario agli Ogm-. Ma la scienza degli Ogm sta segnando ilpasso: da quando esiste ha consegnato almondo solo quattro brevetti. Nessun’altrabranca scientifica ha prodotto così poco afronte di investimenti altrettanto ingenti».

Intanto, però, c’è qualcuno che ci ha guadagnato: il (falso) scoop del“riso che salverà l’umanità” ha attraversato il mondo, facendo lievi-tare i titoli delle multinazionali produttrici. «È così che si fanno i sol-di, oggi, non con le vendite», conclude Buiatti.

Recentemente, Potrykus, membro della Pontificia accademiadelle scienze ha acquisito i diritti del golden rice, mettendoli a dispo-sizione delle popolazioni dei Paesi poveri. Gratuitamente. Mentre ilVaticano sull’argomento ha dimostrato una recente, prudente aper-tura, affidando a Potrykus una settimana di studi intitolata “Tran-sgenic plants for food security in the context of development”.

Ma le risaie senza acqua funzionanoMa anche se il golden rice riuscisse a compensare da solo le carenze vi-taminiche delle popolazioni subsahariane,se venisse introdotto in Africa, non risolve-rebbe il problema della sua richiesta di ac-qua. Mentre il progetto di Elisabetta Lupot-to, che da anni dirige l’Istituto sperimentaleper la cerealicoltura di Vercelli, va in tutt’al-tra direzione: dai suoi laboratori è uscito unriso coltivabile con appena il 20% del nor-male apporto idrico e con una resa dell’80%.

«Non si tratta di riso Gm - specifica la ge-netista -: dal punto di vista molecolare è unaricombinazione che consente alle varietà diresistere a stress di tipo abiotico, come adesempio periodi di prolungata siccità». Unasperimentazione che, se confermerà i primi ri-sultati, potrebbe costituire una vera e propriarivoluzione per il continente africano, da sempre carente d’acqua. Nona caso, prosegue la Lupotto, «siamo già in contatto con il Senegal».

In Africa, intanto, si sperimenta il Nerica (New Rice for Africa),nato nel 1996 dall’idea di uno scienziato della Sierra Leone, MontyJones, della combinazione del riso africano e di quello asiatico. È unibrido sterile, ma non è un Ogm. Il Nerica potrebbe apportare svi-luppo e benessere se fosse gestito al di sopra del solo interesse eco-nomico. Ma alcuni governi africani non possono scegliere di utiliz-zarlo, dovendo comprare unicamente presso i Paesi che garantisconoloro gli aiuti internazionali. La “logica” del profitto. .

Il risodoratochenonluccicaPer contrastare i cambiamenti climatici vengono proposti gli Ogm. Ma sono un fallimento, come dimostra il golden rice.

di Andrea Barolini

L’

LIBRI E MOSTRE

Norman MyersEsodo ambientalePopoli in fuga da terre difficiliEd. Ambiente, 2002

«CON UN RISCALDAMENTO GLOBALE DI 0,2 GRADI A DECENNIO da qui al 2030,sparirà dalla faccia della Terra il 30% delle piante e degli animali e l’ACNUR (Alto Commissariato Onu per i rifugiati) stima che 250 milioni di esseri umani saranno costretti a fuggire per sempre dai loro Paesi, divenuti invivibili per siccità,desertificazione, inondazioni ed erosione del suolo». L’analisi è di Sergio Castellari,rappresentante dell’Ipcc, il comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici,premio Nobel per la Pace nel 2007. È come se l’intera popolazione degli Usa fossecostretta a spostarsi. O come se si spostassero i cittadini di Italia, Spagna, Francia e Germania. «Abbiamo stimato che nell’area euromediterranea il numero di migrantiper motivi ambientali potrebbe attestarsi tra i 22 e i 39 milioni di unità entro il 2050»rivela Alessandro Polli, docente di Statistica economica alla Sapienza di Roma.

CLIMA, PRIMA CAUSA DI MIGRAZIONEAll’argomento l’Onu ha dedicato uno studio, pubblicato a maggio. Sarebbero tre le principali cause di migrazione ambientale: la riduzione delle piogge in CentroAmerica e nell’Africa occidentale (la disponibilità d’acqua potrebbe ridursi del 25% entro metà secolo); la contrazione dei ghiacciai in Asia, che provocheràinondazioni nel breve periodo e siccità estive a medio-lungo termine (lungo i fiumi che si snodano dall’Himalaya all’Oceano Indiano vive un miliardo e mezzo di persone); l’innalzamento dei mari, la riduzione di terre emerse e la salinizzazione.Un metro in più costringerebbe all’esodo oltre 23 milioni di persone nei Delta del Nilo (vedi ), del Gange e del Mekong a causa della perdita di 1,5 milionidi ettari di terreni agricoli. Ma il problema dei rifugiati ambientali è già una realtà.«Anzi – spiega Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente – se finora sono state le guerre la principale causa di migrazioni di massa, sono due anni che il numero di esuli climatici ha superato quello dei profughi di guerra. Eppure non si riesce a tutelarli in modo adeguato».

QUESTIONE DI STATUSIl problema è giuridico: né la Convenzione di Ginevra del 1951, né il suo protocollosupplementare del 1967 riconoscono lo status di “rifugiato” a chi fugge per colpadel clima. E lo stesso problema si riverbera anche nelle leggi nazionali. «Al momento – osserva Valeria Silvestri, dottore di ricerca in Ordine internazionalee diritti umani alla Sapienza di Roma – né il diritto italiano né quello della Uecontengono specifiche tutele per questa nuova categoria di profughi. Ma la lacunaandrà colmata perché altrimenti sarà impossibile accoglierli». La soluzione è urgentema non è dietro l’angolo. A livello internazionale non esiste una definizioneunanimemente accettata di “rifugiato ambientale”. La tutela che più gli si avvicinaè attiva dal 1990 negli Usa, dove una legge assicura protezione agli sfollati per gravi eventi climatici. «Tutti gli Stati dell’Unione europea dovrebbero seguirequell’esempio», commenta Valeria Silvestri. «Sarebbe un riconoscimento della causa ambientale come motivo di protezione. Ma sarebbe comunque solo il primo passo. Serve infatti una legislazione ancor più coraggiosa che permetta di concedere asilo e tutele a lungo termine a chi fugge per eventi di tipoambientale irreversibili e non solo per calamità temporanee». A quanto pare ancheil tema dell’immigrazione è strettamente connesso con i problemi dei mutamenticlimatici. Forse è il caso di iniziare a rifletterci con attenzione, invece di continuarecon la (inutile) politica dei “respingimenti. Emanuele Isonio

GRAFICO

RIFUGIATI AMBIENTALI: 250 MILIONIENTRO IL 2050, MA SENZA TUTELA

LIBRI

Francesco La CameraMisurare il valoridell’ambienteCon le procedure per la valutazioneambientale in ItaliaEd. Ambiente, 2009

LIBRI

Rob Hopkins Manuale Pratico della Transizione Dalla dipendenza dal petrolio alla forzadelle comunità localiArianna editrice, 2009

IN RETE LE FUTURE AREE SOMMERSE

Per scaricare le pubblicazioniForced MigrationRewiew www.fmreview.org/climatechange.htm

Io, Maasai, perdo la terraMostra sulladesertificazione e i profughi ambientaliMuseo di Storia NaturaleC.so Venezia 55, MilanoFino al 18 ottobre

Il professor IngoPotrykus, inventore del Golden rice, in unacopertina di Time.

Marcello Buiatti e Elisabetta Lupotto.

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| inbreve || inbreve |

finanzaeticaDa intoccabile a imputato. Microcredito sotto accusa >30 Com’è sexy il social business >34Investimenti responsabili: luci e ombre della ribalta >36

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 29 || 28 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

BANCA ETICA SOSPENDE LE RATE DEI MUTUIALLE PICCOLE E MEDIEIMPRESE

«Una boccata d’ossigeno che consentirà il miglioramento della patrimonializzazione alle realtàfinanziate da Banca Etica che dovessero avernebisogno». È questo, nelle parole del direttore generaleMario Crosta, il significato del provvedimentoannunciato a settembre da Banca Etica, che prevede la sospensione dei pagamenti rateali dei mutui per le piccole e medie imprese (Pmi) colpite dalla crisi.Una decisione, nata dall’adesione all’accordo promossodall’Abi (Associazione Bancaria Italiana) ad agosto,che mira a coinvolgere una pluralità di soggetti del circuito finanziario della Banca. «Abbiamo sceltoun’interpretazione allargata del concetto di Pmiestendendo questa possibilità a tutta la nostraclientela di persone giuridiche di riferimento,rappresentata principalmente da cooperative sociali,associazioni, realtà del non profit o piccole aziendeimpegnate nella promozione del benessere collettivo e individuale, nella tutela dei soggetti più deboli e nella salvaguardia dell’ambiente» ha precisatoCrosta. In anticipo rispetto all’ulteriore propostatuttora in discussione presso l’Abi, Banca Etica ha esteso la possibilità di scegliere la sospensionedelle rate anche alla clientela privata che avevaottenuto il finanziamento per l’acquisto della primacasa. A beneficiare di questo provvedimento saranno i clienti colpiti da licenziamento, messi in cassaintegrazione o costretti ad affrontare malattie, infortuni e lutti. Il congelamento delle rate, che comprende anche la sospensione degli interessi,potrà estendersi fino a un massimo di 18 mesi da dividersi in due tranche.

PARADISIFISCALI,ACCORDO MONACO-USA

L’incaricato del Tesoro statunitenseNeal Wolin (nella foto) e il ministrodelle Finanze e degli Affari esteri del Principato di Monaco, FranckBiancheri, hanno firmato un accordoper lo scambio di informazioni sui contibancari registrati nella piccola nazionefrancofona. L’intesa, ha sottolineatol’agenzia Afp, rappresenta una tappaimportante per il Principato, che contadi sommare entro la fine dell’annonon meno di dodici accordi bilaterali,il minimo richiesto per ottenere

la cancellazione del Paese dalla listanera dei paradisi fiscaliredatta in occasionedel G20 londinesedello scorso aprile.Secondo i terminidell’intesa, Monaco,che aveva già siglatoaccordi analoghi

con Belgio, San Marino e Lussemburgo,fornirà informazioni ai funzionariamericani valutando caso per caso e accogliendo solo le richieste giudicatedavvero “concrete e sostanziali”. Un privilegio non da poco che lasciadubbi sull’effettiva efficacia del trattato.La legge attuale impone alle autoritàmonegasche di fornire pienacollaborazione agli inquirenti stranierisolo in caso di indagini criminaliescludendo dalla cooperazione gli ispettori dell’erario e gli investigatoriimpegnati nell’accertamento dei reatifiscali. A metà settembre Monacoaveva annunciato l’imminente firma di ulteriori accordi con i governi di Qatar, Austria e Andorra.

PECHINO LANCIA LA GUERRA ALLA FINANZACREATIVA

Il governo cinese offrirà il propriosostegno alle compagnie pubblichedi casa che decideranno di intraprendere azioni contro le banche e le società finanziarie da cui hanno acquistato titoliderivati. Lo ha segnalato il WallStreet Journal citando una notadella China Assets Supervision and Administration Commission. Le compagnie aeree e le impresedel trasporto marittimo cineseavevano originariamente acquistatoi titoli per coprirsi dai rischi dellavolatilità dei prezzi dei carburanti. In seguito le stesse imprese hannoaccumulato ingenti perdite a causadelle speculazioni al ribasso cheavevano caratterizzato proprio derivatidel comparto energetico. Ad agosto,ha ricordato il WSJ, alcune majorpubbliche come China EasternAirlines, Air China e China OceanShipping avevano inviato sei lettere“di diffida” ad altrettante banched’investimento straniere tra cuiDeutsche Bank, Goldman Sachs, J.P. Morgan, Citigroup e MorganStanley. Le missive contestavano la liceità di alcune transazioni(presumibilmente a caratterespeculativo). La mossa del governocinese preoccupa le banche che, di fronte al rischio di azioni legali,cercheranno ora di cautelarsievitando al tempo stesso di perderei preziosi clienti d’Oriente. Le societàstraniere potrebbero presto vedersicostrette a commercializzare i derivatidestinati alla Cina attraverso la mediazioni di alcune società locali.

BONUSBANCARI:L’OLANDA FISSAUN LIMITE

Arriva dal’Olanda la svolta tantoattesa dai critici del sistemaretributivo dei dirigenti. A partire dal 1 gennaio 2010 i top managerlocali dovranno accettare unalimitazione a seguito di un accordoche ha già trovato il consenso di tutte le banche del Paese.L’Olanda è il primo Paese in assoluto a poter vantare unaregolamentazione valida di fatto a livello nazionale. «A mia memoriasi tratta dell’accordo più avanzatomai sottoscritto nel mondo occidentale- ha commentato il ministro delleFinanze Woulter Bos al FinancialTimes -, e contiene elementi chefino ad un anno fa non avrebberopotuto essere neppure oggetto di discussione. In questo senso si tratta di un enorme progresso». Il codice, che impone alla quotavariabile della retribuzione di nonessere superiore allo stipendio fissoannuale, si applicherà comunquesolo ai membri dei cda. Tutti gli altridipendenti potranno continuare,almeno in teoria, ad accedere ai medesimi benefici del passato. L’intesa tra il governo e gli istituticostituisce necessariamente un modello di riferimento ma i pericoli, sottolineano gli osservatori,sono comunque sempre presenti. A spaventare, in modo particolare, è il rischio che alcuni Paesi seguanol’esempio e altri no, generando così una disparità concorrenziale sul mercato del lavoro. Da nonescludere, al tempo stesso, tentatividi aggirare la norma.

NORD AMERICA:RISCALDAMENTO GLOBALEPROTAGONISTADELL’AZIONARIATO CRITICO

Nel corso del 2009 le organizzazioni di azionariatoattivo operanti in Canada e negli Usa hanno presentatoben 68 risoluzioni contro le scelte delle aziendegiudicate pericolose di fronte alla minaccia del riscaldamento globale. 31 di esse sono statesuccessivamente ritirate dopo la promessa di un cambio di strategia da parte delle imprese stesse segnando così il successo della campagna degli azionisti. Lo riferisce il portale SocialFunds.comche, ricordando le 61 risoluzioni presentate nell’intero2008 (25 delle quali ritirate), evidenzia i progressicompiuti dagli azionisti attivi nel campo della tutelaambientale. «Nella gestione del proprio portafoglio,

gli investitori stannodiventando sempre più sensibilialla realtà dei rischi climatici»,ha sottolineato Rob Berridge,manager dei programmi di investimento di Ceres, la società che ha raccolto i dati. Un fenomeno,

ha evidenziato ancora Berridge, che si pone in contrasto con una normativa generale ancora troppo carente nella regolamentazione delle attivitàd’impresa. Tra i successi più significativi si segnalaquello ottenuto dagli azionisti nella contesa con la compagnia energetica statunitense IdaCorp, di base in Idaho. Nell’occasione, e per la prima voltanella storia americana, una risoluzione per la riduzionedelle emissioni ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti degli azionisti conquistando il 52% dei consensi.

IIFM: ARRIVANO I DERIVATI“SHARIAFRIENDLY”

I primi prodotti finanziari derivaticompatibili con la Sharia (le leggeislamica) potrebbero debuttare a breve sul mercato mondiale. Lo ha reso noto a settembrel’agenzia Reuters citando le paroledell’amministratore delegatodell’International Islamic FinancialMarket (IIFM, un’istituzionefinanziaria sovranazionale di base in Bahrein) Ijlal Alvi. Secondoquest’ultimo, il progetto dovrebbeessere portato a termine entro la fine del 2009, grazie al lavorocondotto dagli esperti dello stessoIIFM in collaborazione con alcunebanche. L’operazionerappresenterebbe un evento del tutto nuovo per il mercatoislamico. I derivati, infatti, sonotradizionalmente proibiti in quantoprodotti finanziari non tangibili (a differenza, ad esempio, delleazioni). Alcuni esperti di diritto,tuttavia, li giudicano legittimi se usati “responsabilmente” ovvero con fini assicurativi e non speculativi. Secondo quantospecificato dalla Reuters, i derivatiislamici dovrebbero essere messi sul mercato grazie all’introduzionedi un contratto noto comeTa'Hawwut che dovrebbedisciplinare il mercato extra-borsistico (over the counter – Otc).Alla fine del 2008, la Banca deiRegolamenti Internazionali stimavail valore del mercato dei derivatiOTC in quasi 600 mila miliardi di dollari. Una cifra pari a oltre 10 volte il Pil del Pianeta.

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Da intoccabilea imputato Microcredito sotto accusa

AMANAGARAM È UNA CITTADINA DELL’INDIA MERIDIONALE. Nel-la nazione asiatica è conosciuta come capoluogo nelloStato federato del Karnataka ma per il resto del mondo

questo centro da 80 mila abitanti, il 28% deiquali analfabeta, era fino a poco tempo fa un il-lustre sconosciuto. La popolarità, se così la si

può definire, ha bussato prepotentemente alla porta il13 agosto scorso quando un inviato del Wall Street Jour-nal ha pubblicato il frutto del suo lavoro sul campo. In-tervistando alcuni abitanti e combinando i dati ufficialicon le opinioni degli analisti, il reporter Ketaki Gokhaleha emesso un verdetto terribile: anche la microfinanza,simbolo dell’economia buona per eccellenza, rischia didiventare vittima di una bolla speculativa.

Arriva la bolla, sarà vero?Prestiti facili, assenza di controllo, tassi elevati, boom de-gli investimenti della finanza tradizionale. Per JacquesGrivel dell’organizzazione di microfinanza lussembur-ghese Finethic, le società di microcredito avrebbero giàmesso in circolo troppo denaro. In India, dove secondogli ultimi dati disponibili (31 marzo 2008) il giro d’affa-ri della microfinanza avrebbe toccato quota 1,24 miliar-di di dollari, i piccoli prestiti sarebbero ormai diventatil’equivalente dei mutui subprime. La tesi del Wall StreetJournal, è sostanzialmente questa: troppo denaro a costoelevato (con tassi fino al 39%), messo in circolo per fi-nanziare non solo attività imprenditoriali, ma anchel’acquisto di beni più o meno futili, significa maggiorerischio di insolvenza. E per la popolazione di Ramana-garam, dell’India e delle aree più povere del mondo, il“bombardamento” di prestiti senza le dovute garanzie(esattamente come accaduto con i mutui Usa) rischia ditrasformare il sogno di una vita senza povertà in un in-

cubo. E di trascinare nel baratro l’intero settore. «È una generalizzazione assurda», ha replicato Vik-

ram Akula, fondatore e amministratore delegato di SKSMicrofinance, una delle grandi organizzazioni indianedi microcredito. Secondo la Microfinance InformationExchange (Mix), un’organizzazione non profit di base aWashington, il tasso di insolvenza medio dei micropre-stiti indiani non supererebbe il 2%, quello di SKS si fer-merebbe all’1%. «Niente insolvenza, niente bolla», halasciato intendere Akula e la sua opinione ha trovatogrande seguito tra gli operatori del settore. Eppure restaforte la sensazione che nel mondo microfinanziario loscontro tra scettici ed entusiasti non sia ancora giuntoalla conclusione. Troppi sono infatti gli elementi criticifiniti sotto osservazione negli ultimi tempi. A comincia-re dagli elevati tassi di interesse.

Se sei povero paghi di più«È vero che a volte i tassi di interesse sono eccessiva-mente alti, ma non bisogna dimenticare quanto sia co-stoso e impegnativo svolgere attività di microcredito nel-le aree rurali», sottolinea Riccardo Aguglia, microcreditmanager della londinese Fair Finance. La spiegazione èpiù o meno questa: ammortizzare gli enormi rischi dieconomie fragili attraverso l’analisi del territorio, la for-mazione dei clienti e il monitoraggio degli investimentiè tanto più costoso quanto più è povera l’area interessa-ta. Le cifre confermano la regola: in Bangladesh la Gra-meen Bank, la più nota delle istituzioni di microcredito(grazie al premio Nobel ricevuto nel 2006 dal suo fonda-tore Muhammad Yunus), pratica tassi di interesse fino al20%, nell’Europa dell’Est il tasso medio si aggira sul 15%,nell’Europa occidentale si scende al 12%. Più si è poveri,insomma, maggiori sono i costi sostenuti. Un ragiona-

direttrice del Consorzio Etimos -. E così il default indivi-duale rischia di interessare più organizzazioni. È una si-tuazione che ho già visto in America Latina, in partico-lare in alcune aree rurali del Perù e dell’Ecuador».

La finanza all’attaccoNegli ultimi anni, intanto, la popolarità del microcredi-to ha varcato confini inimmaginabili. Nel 2007 BancoCompartamos, colosso del microcredito messicano giàtrasformatosi in banca d’affari, ha rotto l’ultimo tabùquotandosi in Borsa. Successivamente i programmi d’in-vestimento della finanza tradizionale sono diventatisempre più ambiziosi. «Con un ritorno medio sugli in-vestimenti del 5-7% e, in alcuni casi, anche del 10-12%,non c’è da stupirsi che le banche e le società di PrivateEquity abbiano fiutato l’affare» sottolinea Francesco Ter-reri, presidente dell’Associazione Microfinanza e Svilup-po. Dall’inizio del 2008 al luglio 2009, ha ricordato ilWall Street Journal, le società di private equity hanno in-vestito 245 milioni di dollari nella microfinanza india-na, mentre alla fine del 2008 i fondi di investimento at-tivi nel settore gestivano assets per 6,5 miliardi di dollari.La paura che le banche dei poveri finiscano fuori con-trollo non può essere scacciata facilmente.

«I grandi investitori vorranno vedere un ritorno suiloro investimenti il che significa che le istituzioni di mi-crofinanza dovranno caricare gli interessi sul capitale»,sottolineano Veronika Thiel e Sargon Nissan della NewEconomic Foundation, un ente di ricerca con sede a Lon-dra. «Mettendosi alla ricerca del profitto e dei vantaggi fi-scali, gli investitori privati rischiano in effetti di snatura-re il significato stesso della micro finanza», spiega MarioCrosta, direttore generale di Banca Popolare Etica. «Que-sto non significa che le banche d’affari non debbano po-ter investire nel microcredito, ma certamente occorreche agiscano secondo regole precise che, tuttavia, sonooggi assenti o comunque poco adeguate». .

mento logico, ma pur sempre paradossale. Ad abbassarei tassi, verrebbe da dire, potrebbe pensarci la concorren-za. Peccato che quest’ultima, in assenza di controllo, ri-schi di produrre gravi distorsioni di mercato inducendoi “clienti” ad un indebitamento insostenibile. «Il debito-re può diventare cliente di diverse istituzioni date le dif-ficoltà di un controllo incrociato - spiega Laura Foschi,

di Matteo Cavallito

| finanzaetica | microfinanza |

Secondo il Wall Street Journal il settore del microcredito rischia la bolla speculativa.Prestiti facili, assenza di controllo, tassi elevati: gli operatori respingono le accuse, ma gli elementi critici restano.

O, NON SI TRATTA DI UN FALSO ALLARME». Per Francesco Ter-reri, presidente dell’associazione Microfinanza e svilup-po (www.microfinanza.it), il mondo del microcredito

non è immune dal rischio bolla. Il siste-ma, ha spiegato a colloquio con Valori,potrebbe andare incontro a un eccesso di

credito (e di debito). E la crisi, prima o poi, potrebbe bussare alla porta.

I microprestiti come i mutui subprime dunque?In effetti le banche americane che hanno concesso mutui subprime

tra il 2003 e il 2006 in apparenza si sono comportate come istituzio-ni di microcredito, ovvero hanno cercato di raggiungere i clienti “nonbancabili”. Con una differenza cruciale sulla gestione del rischio. Lebanche scaricavano i costi cartolarizzando, cioè rivendendo i mutuisul mercato finanziario. Le istituzioni di microcredito cercano di ri-durre i rischi attraverso la conoscenza del territorio, la promozione delruolo del gruppo, gli incentivi al risparmio e i disincentivi allo spreco.

Eppure lei sostiene che il rischio bolla esiste.Confermo che esiste questo rischio e i problemi, in questo senso, sono

La bolla speculativa? «Non è un falso allarme»

di Matteo Cavallito

Nuovi investitori, profitti a tutti i costi, miopia. La crisi contagia il microcredito? L’opinione di Francesco Terreri.

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I NUMERI DELLA GRAMEEN

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Un tempio aRamanagaram. Daquesta cittadina è

partita la ricercache ha fatto

annunciare al WallStreet Journal il

rischio bollaspeculativa per la

microfinanza

2.558le filiali

23.338i dipendenti

84.570i villaggi raggiunti

8,26miliardi di dollarii prestiti concessi dal ‘76 ad oggi

2,11%il tasso di insolvenza

1,027miliardi di dollari di depositi totali

Page 17: Mensile Valori n.73 2009

| finanzaetica |

| 32 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

| finanzaetica | | finanzaetica |

La banca bengalese ha lanciato il microcredito nel mondo, conquistando il Nobel. Ma non è immune da critiche.

D Tra i “capi d’accusa” gli alti tassi d’interesse, la garan-zia di gruppo e il deposito, ovvero la quota che la bancariscuote accanto alle rate di restituzione del prestito.

Il deposito, in linea teorica, serve a incoraggiare epromuovere la cultura del risparmio presso i clienti maanche, al tempo stesso, a sancirne l’ingresso ufficialenella Grameen. Chi vuole ottenere un prestito deve di-ventare “membro” della banca e, per farlo, deve versa-re periodicamente una quota. Se il prestito supera gli 8 mila taka (circa 80 euro) il richiedente deve versareun nuovo deposito per aderire a un programma pen-sionistico. Il primo deposito può essere ritirato al biso-gno, il secondo no (occorre attendere 5 o 10 anni a se-conda del contratto).

«Solitamente il deposito viene richiesto come provadi serietà, con l’obiettivo di ottenere una manifestazio-ne di impegno», spiega Laura Foschi, direttrice del con-sorzio specializzato in microcredito Etimos. «Ovvia-mente esistono pro e contro. Da un lato c’è l’aspettopositivo della motivazione, dall’altro, tuttavia, c’è l’i-nevitabile riduzione della capacità di spesa di chi già hapoco. Va detto, comunque, che non esistono modalitàalternative per testare la propensione all’impegno».Utile o dannosa che sia, la quota di risparmio è diven-tata per Grameen sempre più importante: nel 1997 i de-positi equivalevano al 36% del valore dei prestiti. Nel2008 il rapporto era salito al 146%.

risponde Laura Foschi di Etimos. «Ci sono studi che evi-denziano come la microfinanza e il prestito di gruppopossano essere elementi distorsivi in assenza di forti lega-mi sociali. In caso contrario può esserci una spinta positi-va all’aggregazione e alla partecipazione»

Prestiti su prestiti?L’allarme bolla lanciato dal Wall Street Journal si basa anchesul fatto che un micro-prestito possa essere concesso a chideve ancora estinguere il precedente, proprio per pagare lerate pregresse. Abbiamo chiesto spiegazioni alla Grameen,che ha risposto di non concedere prestiti a chi è già inde-bitato, salvo il verificarsi di calamità. Peccato che l’elencodelle “calamità” previste, che permettono di derogare aldivieto e di ottenere un prestito pur non avendo estinto ilprecedente, sia molto lungo: dal disastro naturale alla mor-te di una mucca. Rischio di spirale debitoria? Può darsi, ep-pure la Grameen continua a vantare tassi di insolvenza de-cisamente bassi (il 2% dall’origine ad oggi) e il suo sistemacontinua ad essere apprezzato dagli operatori come l’au-tentico modello originale. Un modello che dovrebbe esse-re esportato anche in Italia (ne abbiamo già dato conto suValori di maggio 2009) grazie alla partnership tra GrameenBank e un istituto che con la finanza etica non ha molto ache fare: Unicredit. Una strategia che conferma la tradi-zionale propensione della banca bengalese a collaborarecon grandi gruppi (vedi )..BOX

almeno due. In primo luogo dobbiamo riconoscere che ilmicrocredito funziona molto bene nella fase inizialequando mette in circolo il capitale permettendo al picco-lo operatore di avviare un’attività commerciale. I rendi-menti di quest’ultimo sono rapidi ed elevati, cosa che glipermette di sostenere gli elevati tassi di interesse. Maquando si tratta di accompagnare la crescita della mi-croimpresa, con investimenti che ammortizzino i rendi-menti più bassi tipici del medio periodo, il meccanismo ri-schia di incepparsi. Lo schema del credito con i suoi tassielevati e il programma di restituzione a breve termine va in crisi. Ilcliente tende così a rivolgersi a più istituzioni contraendo nuovi debi-ti e il sistema cessa di essere sostenibile. A questo primo grande pro-blema si aggiunge poi quello della crescita degli investimenti privati.

Banche d’affari e private equity. Una minaccia?L’ingresso degli investitori tradizionali rappresenta un fat-to positivo per la crescita del settore, ma è anche vero,purtroppo, che ci sono attori molto diversi tra loro: inve-stitori etici, ma anche “strettamente commerciali”. Ilpunto è: come reagirebbero questi ultimi se a medio ter-mine i rendimenti si riducessero? Cosa succede se i priva-te equity decidono di abbandonare dopo pochi anni (co-me da loro abitudine)? La fuga dei capitali metterebbe incrisi il settore e, così come accade a valle, il meccanismo

potrebbe incepparsi anche a monte. Ancora una volta mancherebbela capacità di ragionare in un orizzonte di medio periodo.

C’è poi il caso estremo dell’istituzione di microcredito che

si trasforma in banca d’affari. La messicana Compartamoslo ha fatto e i suoi tassi hanno superato il 100%...

Compartamos è stata la prima e finora unica istituzione a quotarsi inBorsa. Fin qui nulla di male se non fosse che la Borsa di oggi è, primadi tutto, un ambiente attraversato da forti spinte speculative. Di nuovoil problema della logica di breve periodo: il mercato finanziario impo-ne risultati immediati e soddisfacenti, gli azionisti chiedono maggiorirendimenti e Compartamos si adegua. I tassi vengono alzati continua-mente non per coprire il rischio, ma per garantire rendite superiori. Sirischia così di creare una situazione artificiosa e insostenibile.

In altre parole… Si rischia di alimentare una bolla. Ma nella rete internazionale delmicrocredito su questo si è aperta una importante riflessione. .

Le perplessità sul metododell’istituto riguardano i tassi e i depositi, ma anche le regolesulla garanzia del gruppo

AI VILLAGGI DEL BANGLADESH ALLA CASA BIANCA passando perStoccolma. Per Muhammad Yunus la vita è stata una ca-tena ininterrotta di successi. La sua Grameen Bank, che

dal 1976 eroga microcredito a milioni di bengale-si, gli ha permesso di vincere il Nobel per la Pacetre anni or sono nonché di mettere in piedi un im-

pero economico (o come la definisce lui una “famiglia diimprese”) che spazia dai telefoni al comparto alimentaree vanta joint ventures con multinazionali del calibro diDanone e Veolia. Collezionista di riconoscimenti inter-nazionali, ultimo dei quali la prestigiosa Medal of Free-dom, consegnatali direttamente da Barack Obama, Yu-nus è oggi una delle personalità più rispettate del mondo.Eppure nemmeno lui e la Grameen sono stati immuni al-le critiche di osservatori ed analisti. Anzi.

Depositi: pro e controL’estate scorsa (4 luglio 2009) il Corriere della Sera hapubblicato a tutta pagina un reportage da Kalapara, nelcuore del Bangladesh rurale, su (o meglio dire contro)la Grameen Bank, evidenziando una serie di perplessitàsulla bontà del metodo di Yunus.

di Matteo Cavallito

| A N N O 9 N . 7 2 | S E T T E M B R E 2 0 0 9 | valori | 33 |

Grameen allo specchio

Grameen Phone Ltd. telefoniaGrameen Telecom telefoniaGrameen Communications telefoniaGrameen Cybernet Ltd. informaticaGrameen Solutions Ltd. informaticaGrameen Information Highways Ltd. informatica

GRAMEEN HEALTH CARE TRUST PARTECIPA ALLE JOINT VENTURES

ALTRE COMPAGNIE

Grameen Danone Food Ltd alimentare50% Danone, 50% Grameen Health CareDistribuisce cibo nelle comunità rurali bengalesi

Grameen Veolia Water Ltd acqua50% Veolia, 50% Grameen Health Care Distribuisce cibo nelle comunità rurali bengalesi

Basf Grameen Ltd chimica50% Basf, 50% Grameen Health CareDistribuirà complementi nutrizionali e reti anti-insetti(annunciata nel marzo 2009)

Grameen Fund6,38 mln dollari di capitale

Grameen KrishiFoundation330.000 dollari di capitale

Grameen MotshoFisheries Foundation:260.000 dollaridi capitale

Grameen Kalyan

Grameen Bitek Ltd. elettronicaGrameen Uddog tessileGrameen Shamogree rural ind. productsGrameen Knitwear Ltd. abbigliamentoGrameen Shikkha educazioneGrameen Capital Management Ltd. mercato dei capitali

Grameen Byabosa Bikash business promotionGrameen Trust microcreditoGrameen Health Care Service Ltd. sanità e welfareGrameen Health Care Trust sanità e welfare

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Francesco Terreri.

Il gruppo: salvagente o problemaLe polemiche sul “metodo Grameen” non si limitano aidati quantitativi. Ulteriori perplessità riguardano la tantocelebrata - in quanto innovativa e sicura - garanzia delgruppo, il sistema con cui la banca riduce il rischio d’in-solvenza sfruttando le risorse sociali del territorio. «Chichiede un prestito - spiegano dalla sede centrale della Gra-meen - deve appartenere a un gruppo di cinque membrichiamati a vigilare affinché ciascuno si comporti in mo-do responsabile». Secondo la banca di Yunus il gruppo ga-rantisce sostegno e solidarietà. Ma, secondo alcuni critici,può essere fonte di tensioni sociali fortissime. Dalle pagi-ne del Corriere della Sera i beneficiari dei microcrediti del-la Grameen lamentano il fatto che il mancato pagamen-to di un solo membro del gruppo metta in difficoltà tutti,“provocando liti e denunce nei villaggi. Nei gruppi diclienti si litiga, ci si denuncia e si entra in cause”. A unarichiesta di spiegazioni da Valori, da Grameen CreativeLab (vedi pag. 34) ci è arrivata questa precisazio-ne: «In caso di default individuale il gruppo non è tenutoa pagare il debito ma, al tempo stesso, perde la possibilitàdi accedere a un livello di prestito superiore». Il problemaperò sembra consistere nel fatto che il microcredito si ba-si e, talvolta, metta a repentaglio una risorsa preziosa neivillaggi del Bangladesh: i legami sociali. Come valutare indefinitiva la pressione del gruppo? È un aspetto positivoper l’individuo oppure una fonte di disagio? «Dipende»,

ARTICOLO

Yunus alla CasaBianca, nello scorsomese di agosto, ha ricevuto la “medaglia dellalibertà”: la più altaonorificenza civiledegli Stati Uniti.

APPUNTAMENTI

8-10 ottobrePALERMOWEEK END IN SICILIA PER YUNUSCi sarà ancheMuhammad Yunus a Palermo, il secondofine settimana diottobre, all’Happeningdella solidarietà. Sarà l’ospite d’onoredi un convegno sul microcredito,moderato daElisabetta Tramonto di Valori. È la decimaedizione di unappuntamento cheogni anno chiama a raccolta il mondodel terzo settoresiciliano a discutere di economia soidale,welfare, non profit.www.solcoct.coop

LA GALASSIA GRAMEEN

Page 18: Mensile Valori n.73 2009

| finanzaetica | marketing etico |

| 34 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

| finanzaetica |

Come è sexyil social business

I Grameen Creative Lab, nati da un’idea di Muhammad Yunus, con l’imprenditore tedesco Hans Reitz, parlano disconfiggere la povertà nel mondo. Ma, a guardarli bene, assomigliano più a una nuova forma di marketing.

STATO QUASI UN COLPO DI FULMINE TRA MUHAMMAD YUNUS, l’inventore della Grameen Bank, e Hans Reitz, im-prenditore tedesco dagli “importanti” contatti commerciali (vedi ). Si sono incontrati nel 2007 alVision Summit di Berlino e da quell’incontro è partita la collaborazione: prima con il viaggio di Reitz inBangladesh, per conoscere sul campo la realtà di Grameen e del social business, poi con la joint venturetra lo Yunus Centre (www.muhammadyunus.org ) e il colosso della chimica Basf, uno dei clienti dell’a-zienda di consulenza di Reitz, la Circ Responsibility. Un accordo per la produzione di zanzariere impre-gnate di insetticida contro la malaria e bustine di vitamine da aggiungere alle pietanze, in vendita a bas-so costo in Bangladesh. L’ultimo frutto dell’intesa tra i due sono i Grameen Creative Lab (GCLab): deilaboratori nati per favorire la nascita di social business. Il primo di questi laboratori è stato realizzato lo scor-so gennaio a Wiesbaden (in Germania), dove ad aprile si è svolto un seminario sul social business. Sono an-dato, per Valori, a vedere di cosa si trattava. Sbagliando luogo dell’incontro sono andato alla sede legale delGCLab: una bella villa inizio 1900 nella zona residenziale di Wiesbaden. È anche la sede della Circ e la casadella famiglia Reitz. L’incontro invece si è svolto in una scuola media di Wiesbaden, per dare l’idea di un ri-

BOX

torno a scuola, a studiare. C’era un centinaio di partecipanti, per lo piùgiovani. Nonostante il clima positivo l’impressione era comunquepiù simile a certe convention, dove finisci per acquistare contenitoridi plastica per la cucina, che a luoghi di riflessione sul social business.

L’allegra potenza del social businessUna delle sessioni del seminario, Joyful Power of Social Business, eratenuta da Reitz, che ha esordito dicendo di aver visto morire di fametroppi bambini per poterlo accettare e che avevamo il dovere di farequalcosa. Ma, ha precisato, «in modo gioioso» e: «il social businessdeve diventare sexy!», un punto di vista un po’ osé, ma in linea conl’idea di rendere desiderabile un modo diverso di fare business. Iprogetti che Grameen ha in corso, però, hanno l’aspetto più familiaredel business: come buona pratica, oltre all’esperienza con la Basf, sonostate presentate una collaborazione con Adidas, per produrre scarpelow cost (per target “poveri“) e con Danone per la vendita a bassissimocosto (tramite la rete informale di vendita delle donne “Grameen”)di uno yogurt ad alto potere nutrizionale, per ovviare alle carenzenutritive in Bangladesh. Il parallelismo, posto più volte dagliinsegnanti/facilitatori e dai rappresentanti delle multinazionaliintervenuti al seminario, tra social business e vendita di beni di

consumo a basso prezzo, ha fatto pensare più ad un discountintelligente che ad un nuovo modo di fare business sociale con gioia.

Una “pennellata di bontà”Da questi incontri emergono alcuni punti critici e altri positivi deiGrameen Creative Lab. Iniziamo dai positivi. Yunus, per la notorietàacquisita e per il potere commerciale di Grameen in Bangladesh, ècapace di pensare in grande, mobilitare persone e risorse e, grazie adHans Reitz e alle sue capacità comunicative e di networking, riesce acoinvolgere grandi imprese. Inoltre ha alcune intuizioni su cui è beneriflettere: dare alle persone deboli dignità e non carità, anche usandoi punti critici delle economie informali (stipendi bassi, assenza ditutele legislative, informalità); rendere appropriati al contesto dipovertà in cui si devono muovere le tecnologie disponibili.

Per contro il Grameen social business ignora deliberatamente leesperienze di economia sociale esistenti (in Europa, ma anche inBangladesh) e si presenta come “il” social business. Ha poi una pro-pensione, direi ideologica, a lavorare solo sull’individuo singolo,ignorando, come ipotesi di lavoro, forme collaborative tra persone.Sminuisce l’attività politica o di cambiamento di sistema dicendo(parole di Reitz): «Di fronte alla fame io voglio FARE, senza aspetta-re o chiacchierare di cambiamento di regole. Chi vuole cambiare leregole ci lavori, ma io voglio fare per i poverissimi». Da questo di-scende la ricerca, senza spirito critico, di grandi gruppi multinazio-nali per ottenere investimenti, senza porre condizioni di alcun tipo.

Il Grameen social business rischia, nonostante i risultati concretiper i poveri, di diventare un’operazione di marketing, una “pennel-lata di bontà” molto redditizia per le multinazionali, che svilisceesperienze già in corso da tempo di imprese di minori dimensioni,ma con scopi di cambiamento sociale più duraturo e sostenibile. .

di Ugo Biggeri

Presidente della Fondazione CulturaleResponsabilità Etica

È

HANS REITZ ha trascorso 7 anni nel Sud dell’India: nel 1992, con altrisoci, ha fondato Natural Shakti, una società agricola per la coltivazionedel caffè e le spezie nello stato indiano del Kerala. Nel 1994 ha costituito Circ, agenzia di comunicazione creativa e gestione eventi,che vanta una lunga lista di clienti: oltre ai già citati Basf e Adidas, ci sono Bacardi, Bertelsmann, Caterpillar, Continental Airlines, Telekom, E.On, Ibm, Volkswagen, Toshiba. Dal 2004 Reitz è anche co-fondatore della catena di caffè Perfect Day. È stato l’iniziatore del Talent-Project, un programma scolastico, nel 2008; nello stesso anno, in collaborazione con Yunus ha fondato la Grameen Creative Lab a Wiesbaden. www.circ.de

HANS REITZ, CONOSCENZE IMPORTANTI

Settore Ambiente

8-10 ottobre 2009 fiera di cremonaterza edizione - ingresso libero

mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizidi Green Procurement pubblico e privato

Adescoop-Agenzia dell’ Economia Sociale s.c. - via Boscovich, 12 - 35136 Padovatel. +39 049 8726599 fax +39 049 8726568 - email [email protected]

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ORGANIZZAZIONE EVENTORELAZIONI ISTITUZIONALI E PROGRAMMA CULTURALE

www.forumcompraverde.it

1. L’obiettivo del business deve essere quello di sconfiggere la povertà o problemi (comel’educazione, la salute, l’accesso alla tecnologia e l’ambiente) che minacciano le persone e la società; non la massimizzazione del profitto

2. Bisogna garantire sostenibilità economica e finanziaria

3. Gli investitori devono recuperare solo l’ammontare del loro investimento. Nessun dividendo è distribuito oltre al capitale investito.

4. Quando il capitale investito è stato ripagato i profitti rimangono nell’azienda per l’espansione e il miglioramento

5. Attenzione all’ambiente

6. I lavoratori devono ricevere un salario di mercato con migliori condizioni lavorative

7. Fare tutto con gioia

dal sito www.muhammadyunus.org

ALTRI GRAMEEN CREATIVE LAB NEL MONDO

■ GRAMEEN CALEDONIAN CREATIVE LAB, istituito nel febbraio 2009 dopo la firmadi un accordo tra l’università di Glasgow e il Grameen Trust. Con sede nell’Istitutouniversitario di salute e benessere, il laboratorio si concentrerà sul settore della sanità.

■ RIKKYO-GRAMEEN CREATIVE LAB, nata nel marzo del 2009 presso l’universitàgiapponese di Rikkyo, si definisce un “incubatoio di imprese sociali”.

SITI WEB

www.grameencreativelab.com www.muhammadyunus.org

I SETTE PRINCIPI DEL SOCIAL BUSINESS SECONDO YUNUS

Hans Reitzha fondatocon Yunusil Grameen

Creative Labnella città diWiesbaden.

Page 19: Mensile Valori n.73 2009

| finanzaetica |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 37 |

| finanzaetica | risparmio etico |

| 36 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

Investimentiresponsabili: luci e ombredella ribalta

Secondo una ricerca Robeco nel 2015 fino a un quinto degli investimenti condotti in tutto il mondo potrà definirsi“responsabile”. Per il settore si tratta di un’occasione da non perdere. Ma i dubbi non mancano.

A 5 MILA MILIARDI DI DOLLARI (o 5 trilioni, se preferite) mi-surati alla fine del 2007 a oltre 26 mila previsti per il 2015.Se le recenti proiezioni della società di gestione olandese

Robeco e della statunitense Booz & Company sa-ranno confermate, i capitali gestiti nel mercatodegli investimenti responsabili (Sri - socially re-

sponsible investing) promettono di espandersi in modoimpressionante nei prossimi sei anni. Ne è convinta Da-niela Carosio, responsabile dell’area Ricerca di Etica Sgr(la società di gestione del risparmio di Banca Etica):«Quello degli investimenti responsabili è destinato a tra-sformarsi da segmento di nicchia a settore di ampio re-spiro, confermandosi ad oggi come il comparto più pro-mettente nel risparmio gestito». Lo dimostrano anche irisultati di Etica Sgr che nel primo semestre di quest’an-no ha registrato un risultato lordo di 51.700 euro, il 33%in più rispetto all’anno scorso.

Il cambio di paradigma sembra inevitabile. Dati allamano, i 26.500 miliardi di dollari attesi costituiranno nel2015 un quinto dell’intero mercato degli investimentigestiti su scala globale. Una situazione senza precedenti.

Crescita e cambiamentoL’approvazione in sede Onu dei principi dell’Investi-mento responsabile (2006), la nuova voglia di regola-mentazione, il fascino di un settore che ha dimostratodi saper resistere meglio di altri alla tempesta della crisi,la febbre della green economy. Sono molti i fattori trai-nanti di una crescita che potrebbe attestarsi su una me-dia del 25% annuo, modificando contemporaneamen-te l’aspetto stesso del mercato. «La concentrazione delsettore - spiegano da Robeco - è destinata ad aumentaree i piccoli operatori dovranno crescere per sopravvivereo, in alternativa, accettare di essere tagliati fuori dalle so-cietà più grandi che, negli ultimi tempi, hanno già avan-zato programmi ambiziosi».

La tedesca Deutsche Bank gestisce già tre fondi re-sponsabili da 2,8 miliardi di dollari mentre il segmentoinvestimenti responsabili delle britannica BlackRock do-vrebbe passare dal 9 al 15% del totale degli assets gestitidalla compagnia.

Per gli operatori concentrati sulle questioni etiche,ambientali e sociali (alla base della definizione stessa di“investimento responsabile”) il trend è motivo di entu-siasmo, ma anche occasione di dibattito. Impensabile,infatti, che questa nuova fase del comparto non modi-fichi il modo stesso di selezionare e gestire gli investi-menti. E la speranza di un’evoluzione decisiva si affian-ca ai timori di un cambiamento troppo radicale capacedi minare i principi stessi del modo di fare “finanza eti-ca”. «Cresce la sensibilità dei gestori e degli asset ownere questo è indubbiamente un aspetto positivo - ammet-te Daniela Carosio - ma c’è da chiedersi, al tempo stes-so, se l’aumento della concentrazione non farà dimi-nuire la specializzazione riducendo così l’accuratezzanel processo di selezione dei titoli».

Nuovo attivismo?Perplessità sul futuro della selezione, ma non solo. Il co-siddetto engagement, ovvero l’insieme delle attività dimobilitazione per influenzare in senso etico la politicadelle compagnie in cui si investe, pare destinato a cre-scere d’importanza. Ma siamo certi che saprà restare fe-dele ai suoi principi? L’azionariato critico, che dell’en-gagement è l’attività principale, saprà confermarsipuntuale ed efficace?

«Oggi l’engagement si basa su attività di networkinginternazionale dei gestori che consente di aumentare lamassa critica delle azioni intraprese e la loro capacità dinegoziazione con le imprese», spiega Daniela Carosio.«Per concordare un’azione di engagement si lancia unprocesso che soppesa i punti di vista e gli interessi degliattori in gioco e che cerca di coinvolgere anche glistakeholder. C’è il rischio che, con la concentrazione delsettore, tutte queste specificità si possano, in parte, per-dere. Per questo è importante che lo spirito e l’orienta-mento originale siano conservati». La vera sfida, a benvedere, sembra essere questa. Se la fedeltà ai principi do-

vesse essere mantenuta, infatti, la concentrazione dimercato potrebbe produrre ulteriori vantaggi di scala acominciare dalla riduzione dei costi relativi dell’engage-ment stesso. In caso contrario, evidenzia ancora la Ca-rosio: «Grandi gestori perderanno di credibilità e si ri-creerà lo spazio per nicchie di mercato».

Italia in ritardoE l’Italia? Che ruolo avrà nella rivoluzione di mercato?Secondo i ricercatori l’Europa sarà la locomotiva del set-tore degli investimenti responsabili, togliendo agli Usala leadership del mercato, ma per l’Italia la strada sem-bra ancora lunga. «Negli ultimi cinque anni Etica Sgr ècresciuta del 59%, ma a livello nazionale il settore si ècontratto del 55%», ricorda la Carosio. «Se è vero chenel resto del mondo si è notata una maggiore sensibi-lità nei confronti degli investimenti responsabili daparte degli investitori istituzionali, in Italia sono statipiù attivi i piccoli risparmiatori. Sul fronte degli istitu-zionali c’è ancora molto da fare e deve crescere la sen-sibilità». Urge un’inversione di tendenza. .

di Matteo Cavallito

D

SELEZIONEDEI TITOLI DI STATI

QUANDO UN TITOLO DI STATO può definirsi “etico”?Semplice, quando il Paese supera un accurato esameche tenga conto della situazione di governo, dellapromozione sociale e della tutela ambientale. È questo il collaudato sistema utilizzato da Etica Sgr nellaselezione delle obbligazioni sovrane da inserire nei propriportafogli. Ad oggi, sottolineano dalla società di gestionedel risparmio, in tutto il mondo sono appena 15 i Paesiche superano la selezione: Australia, Nuova Zelanda e 13nazioni europee. L’Italia non fa parte del gruppo sebbeneil punteggio raggiunto (7,46) sia molto vicino alla sogliaminima richiesta (7,5). «Negli ultimi anni - spiegano da Etica Sgr - l’Italia è migliorata negli indicatori socialie ambientali, ma è peggiorata per quanto riguarda libertàcivili, libertà di stampa, percezione della corruzione.

L’ITALIA? NON MERITA ANCORA FIDUCIA

COME SI FA A SAPERE se un’impresa sta veramente rispettando l’ambiente o i dirittidei lavoratori? I fondi di investimento SRI (socialmente responsabili), per essere sicuri,si affidano agli advisor etici, che leggono i bilanci, consultano organizzazioni non governative e movimenti, sindacati e giornalisti. E poi danno i voti e decidono seuna società è degna di entrare in un paniere etico o meno. A volte però non basta. Se n’è accorto il fondo sovrano del governo norvegese, uno dei maggiori investitoripubblici del mondo. Ha un patrimonio di 264,2 miliardi di euro e, dal 2005, ha iniziatoad escludere dagli investimenti le imprese che non rispettano il suo codice etico.Società che producono mine antiuomo, bombe cluster, armi nucleari o coinvolte in violazioni dei diritti umani. Finora ne hanno fatto le spese 25 società, tra cui l’italianaFinmeccanica. Ma presto ne potrebbero cadere altre. Da giugno il fondo norvegese si è affidato a una società inglese di “business intelligence” per seguire la condotta di alcune multinazionali in Cina e America Latina. Gli inglesi aiuteranno a recuperaresentenze dei tribunali, testimonianze, interviste con osservatori indipendenti, e a ricostruire le catene di controllo delle imprese nei più remoti paradisi fiscali.

SERVIZI DI INTELLIGENCE PER I FONDI ETICI

Ad ogni indicatore viene attribuito un punteggio da 0 a 10

Sono promossi gli Stati che ottengonoun punteggio finale superiore a 7,5

L’universo investibile degli Statiè composto da 15 Paesi

GOVERNANCE

Libertà di stampa

Libertà civili

Percezione della corruzione

SOCIALE

Donne in % della forzalavoro

Spesa pubblica per l’istruzione

Spesa pubblica per la sanità

Accesso alle curemediche

Indice di Sviluppo Umano(Hdi)

AMBIENTE

Emissioni di CO2

Qualità delle acque

Produzione energia da fonti rinnovabili

Aree protette

Uso di fertilizzantiper ettaro

Foreste

Rifiuti pro capite

IL SOTTOSCRITTORE RESPONSABILE IN ITALIA

È SPINTO DA MOTIVAZIONI DI TIPO VALORIALE ma anchedi ordine economico (vedi ), conosce il mondodella finanza etica seppure in modo un po’ approssimativo,considera la banca un punto di riferimento nella raccoltadi informazione, ma alla fine sceglie in modo sostanzialmenteautonomo. Sono alcuni dei caratteri che distinguerebberoil sottoscrittore dei fondi etici in Italia secondo l’ultimaricerca presentata a Milano il 18 giugno scorso da Etica Sgr. A determinare la scelta dell’investimento ci sono soprattutto le considerazioni di tipo valoriale(dall’attenzione per i diritti umani alla sensibilitàambientale) ma non mancano le considerazioni di tipo

strettamente finanziario: per un sottoscrittore tre aspetticome la diversificazione, la gestione del rischio e il buonrendimento possono motivare sufficientemente la scelta.Le banche restano il luogo privilegiato per la raccoltadelle informazioni. Secondo la ricerca il 51% dei clienti ha sentito parlare per la prima volta di fondi etici nel proprio istituto di credito di riferimento. Significativi,anche se con percentuali più basse, anche il terzo settore,le relazioni sociali e i media. Oltre a un generico “sui quotidiani”, le fonti principali di informazione degli investitori responsabili intervistati sono: RadioPopolare e Valori (non possiamo che esserne lieti).

GRAFICO

DRIVER DI SCELTA DI UN FONDO ETICO

Principali indicatori ecriteri di valutazione

Aspetti di tipo etico, culturale e valoriale 67%

15%

Sono investimenti più sicuri/prudenti10%

È un investimento come un altro6%

L’ha consigliato la banca / me l’hanno suggerito6%

MOTIVAZIONI DI ORDINE ECONOMICO = 31%

Per il progetto microcredito1%

Altro2%

Non indica2%

Sono investimenti con un buon rendimento

FASCIA SoW > 50 = 76%FASCIA SoW < 50 = 58%

Daniela Carosio,responsabiledell’Area ricerca di Etica Sgr.

Page 20: Mensile Valori n.73 2009

| 38 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A [email protected]

| finanzaetica |

APPUNTAMENTI OTTOBRE>NOVEMBRE

8 - 14 novembreREGNO UNITONATIONAL ETHICAL INVESTMENT WEEK2009Campagna per la promozionedell’investimento etico organizzata da Aviva Investors. Partecipano, tra gli altri,consulenti, organizzazioni finanziarie,ong, enti di beneficienza. Coordina UKSIF- UK Social Investment Forum. www.neiw.org

12 - 13 novembreAMSTERDAM (OLANDA)TBLI CONFERENCE EUROPE 209Grande evento che mette a confrontooperatori asiatici ed europei sul temadella governance e degli investimenti in campo sociale e ambientale.www.tbliconference.com

12 - 14 novembreDAVAO CITY (FILIPPINE)FINANCIAL MANAGEMENT FOR MICROFINANCE INSTITUTIONSCorso di formazione per operatori dellamicrofinanza sponsorizzato dall’ateneodell’Università di Manila e dalla SocialEnterprise Development Partnerships.www.sedpi.com

19 - 21 novembreLILLE (FRANCIA)FORUM MONDIALE DE L’ECONOMIERESPONSABLE3° edizione del Forum Mondialededicata al tema della finanzaresponsabile. Al centro del dibattito le cause della crisi globale e l’analisidelle migliori pratiche per uscirne e non ricascarci più.www.worldforum-lille.org

24 - 26 novembreLUSSEMBURGOEUROPEAN MICROFINANCE WEEK 2009Evento annuale dedicato agli operatoridei Paesi in via di sviluppo sponsorizzatodalla European Microfinance Platform.www.e-mfp.eu/microfinance-week

26 - 27 ottobreAMMAN (GIORDANIA)MENA MICROFINANCE 2009 “Moving Towards a Comprehensive & Happier Society Under a CommonUmbrella”. È il titolo dell’incontro sul microcredito organizzato a fine ottobre nella capitale giordana.uniglobalresearch.eu/en/event/2009-77

27 - 30 ottobreTORINO (ITALIA)CORSO DI FORMAZIONE PEROPERATORI DI MICROFINANZA Si svolge a Torino, presso l’Arsenale della Pace, la seconda edizione del corso di formazione organizzato dalla Rete Italiana di Microfinanza RITMI in collaborazione con la ReteEuropea di Microfinanza EMN.www.microfinanza-italia.org

29 ottobreROMA 85° GIORNATA MONDIALE DEL RISPARMIO“Risparmio ed economia reale. La fiducia riparte dai territori”. È il titolodell’edizione di quest’anno dellagiornata mondiale del risparmio. Tra le 10 e le 12,30 presso il Palazzo della Cancelleria, in piazzadella Cancelleria 1. Intervengono: Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze; Mario Draghi, governatoredella Banca d’Italia; Giuseppe Guzzetti,presidente dell’Acri (l’associazione di fondazioni e casse di risparmio);Corrado Faissola, presidente dell’Abi.www.acri.it

3 - 5 novembreDAKAR (SENEGAL)5TH INTERNATIONAL MICROINSURANCECONFERENCEEvento organizzato dal MicroinsuranceNetwork e dalla Munich Re Foundationcon il sostegno di ILO – InternationalLabour Organization, ConferenceInterafricaine des Marchés d’Assurances(CIMA), African Insurance Organisation(AIO) e il Journal of Risk and Insurance.www.munichre-foundation.org

3 ottobreROMA (ITALIA)BANCA POPOLARE ETICAFESTA DEL SOCIO E INAUGURAZIONEFILIALE DI ROMAL’evento è in programma presso la Cittàdell’Altra Economia - Largo Dino Frisullo -Campo Boario (Ex Mattatoio Testaccio).www.bancaetica.com

6-7 ottobreLONDRA (UK)C5’S SECOND ANNUAL MICROFINANCEINVESTMENT SUMMIT Seconda edizione dell’incontroorganizzato dal C5. La scorsa edizioneha visto la partecipazione di 200stakeholders del settore microfinanziarioprovenienti da 30 Paesi.www.microfinancesummit.com

7 ottobreROMA (ITALIA)ETICA SGR: “EFFICACIA ED EFFICIENZADELL’AZIONE DELL’INVESTITORE ETICO”Il Seminario è indirizzato agli investitoriistituzionali, ai responsabili delle banche che collocano i fondi“Valori Responsabili” di Etica Sgr e agli operatori di settore. L’incontro si svolgerà dalle 9:45 alle 13:30 presso l’Assopopolari a Palazzo Altieri,Piazza del Gesù 49.www.eticasgr.it

20 - 21 ottobreBRUXELLES (BELGIO)THE 3RD ANNUAL EUROPEAN ANTI-CORRUPTION SUMMITLa corruzione e i reati finanziarirappresentano per le imprese una fontedi danni economici e morali di enormeportata. Obiettivo della conferenzal’analisi delle pratiche di prevenzione,delle strategie e degli studi di caso.www.ethicalcorp.com/ethicseurope

20 - 21 ottobreBUCAREST (ROMANIA)INTERNATIONAL CSR CONFERENCECSR’09

Si intitola “Turning innovation into responsibility” la quarta edizione della conferenza organizzata da SagaBusiness & Community a Bucarest.www.csr09.ro

21 - 22 ottobreNAIROBI (KENIA)THE AFRICAN MICROFINANCETRANSPARENCY FORUM Seconda edizione della fiera organizzatadall’AMT (African MicrofinanceTransparency Forum) nella capitalekeniana. Sede dell’incontrol’Intercontinental Hotel.www.amt-forum.org

22 - 23 ottobreGINEVRA (SVIZZERA)8TH INTERNATIONAL MEETING OF THE OBSERVATORY OF FINANCE Etica, finanza e responsabilità al centro dell’incontro organizzatodall’Observatoire de la finance. L’evento è giunto all’ottava edizione.www.obsfin.ch

22 - 23 ottobreCAPE TOWN (SUDAFRICA)UNEP FI 2009 GLOBAL ROUNDTABLEEvento biennale dedicato al tema dellafinanza sostenibile. Organizza lo UnitedNations Environment Programme.www.unepfi.org

23 ottobreISTANBUL (TURCHIA)FIRST TURKISH MARKETPLACE ON CSRPrimo incontro ad hoc per le impreseche operano secondo la corporate social responsibility in Turchia. L’evento è organizzato da CSR Turkey e CSR Europe nell’ambito del progettoUE “Accelerating CSR in Turkey”. Sede dell’incontro l’Università Kadir Has di Istanbul. marketplace.csrturkey.org

25 - 28 ottobreTUCSON (USA)SRI IN THE ROCKIESProdotto dal First Affirmative FinancialNetwork in collaborazione con il SocialInvestment Forum, l’evento metterà a confronto le diverse esperienze deglioperatori del settore evidenziando nuoveopportunità d’investimento sostenibile. www.sriintherockies.com

| speciale efficienza energetica |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | I |

Prima di pensare a produrre energia pulita, bisogna ridurre il fabbisogno e i consumi degli edifici. Le nuove tecnologiepermettono tagli fino al 20-30%. La Fondazione Cariplo sostiene i piccoli comuni

+ energıa– consumi

AR

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IVIO

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AZI

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AR

IPLO

Page 21: Mensile Valori n.73 2009

| speciale efficienza energetica |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | III || II | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

| speciale efficienza energetica |

COMUNI SONO SEDUTI SU UN POTENZIALE TESORO e non losanno. È questa la premessa da cui ha preso avviol’attività della Fondazione Cariplo a sostegno del ri-

sparmio energetico negliedifici di proprietà dei Co-muni. La prima cosa da fa-re è stata dunque colmarequesto deficit di conoscen-

za sullo stato delle costruzioni, raccogliendo e analizzandoi dati sui consumi energetici, identificando gli interventidi risparmio energetico idonei per i singoli edifici e i rela-tivi costi e benefici in termini sia ambientali che econo-mici. Per questo la Fondazione Cariplo, nel periodo 2006-2008, ha promosso un bando nelle province lombarde edi Novara e Verbania, per sostenere gli audit energetici de-gli edifici dei Comuni sotto i 30 mila abitanti. Mettendo adisposizione risorse per 8 milioni di euro, ha coinvolto 650Comuni (vedi ), più di un terzo di quelli piccoli emedi del territorio, finanziando, oltre alla realizzazione delcensimento energetico degli edifici da parte di tecnici spe-cializzati, anche iniziative di formazione dei dipendenticomunali e di sensibilizzazione dei cittadini.

Tutto on linePer valorizzare il patrimonio di informazioni raccolteattraverso gli audit, è stata sviluppata una piattaformaweb chiamata “Audit Gis”, consultabile sul sitowww.webgis.fondazionecariplo.it. La banca dati, già online, attualmente dispone di informazioni sui consumirelativi a circa 2.400 edifici e di un approfondimentosugli interventi (oltre 2.300) di efficienza energeticasuggeriti per 700 edifici. La banca dati utilizza un ap-

FIGURA

plicativo che consente, inoltre, di localizzare e visualiz-zare gli edifici sul territorio.

La diagnosi Quali sono le prestazioni energetiche degli edifici di pro-prietà dei Comuni in Lombardia e nelle province di No-vara e Verbania? Il quadro emerso è piuttosto critico. Gliimmobili nella maggior parte dei casi non sono edificimoderni, né progettati per minimizzare gli sprechi ener-getici o ridurre le emissioni di CO2 e i consumi specificimedi sono decisamente elevati: circa 230 KWh al metroquadrato. Gli impianti maggiormente impiegati per il ri-scaldamento sono le caldaie standard (71%), mentre an-cora molto poco diffuse sono le caldaie a condensazio-ne (7%). Il combustibile di gran lunga più utilizzato è ilmetano, in oltre il 94% dei casi.

Per quanto riguarda la destinazione d’uso degli edi-fici monitorati, per i quali sono stati identificati inter-

EfficienzaenergeticaUn tesoro in Comune

di Elena Jachia

Responsabile del settore Ambiente della Fondazione Cariplo

I

Questione di risorseMa la conoscenza da sola non basta a realizzare gli in-terventi identificati: è necessario trovare le risorse e, intempi di ristrettezze economiche e di vincoli imposti dalPatto di stabilità, non è semplice. Se in alcuni casi i tem-pi di ritorno degli investimenti sono molto veloci e i Co-muni sono in grado di realizzarli direttamente (sostitu-zione di lampadine), nei casi più complessi (interventisull’involucro o installazione di pannelli fotovoltaici) ilpassaggio alla fase esecutiva diventa più difficile.

È proprio l’Anci (l’Associazione dei Comuni Italiani)a sottolineare quanto sarebbe invece importante - inquesto momento di crisi economica - permettere ai Co-muni di liberare risorse nella direzione del risparmioenergetico. Per questo i Comuni propongono l’esclusio-ne dal Patto di stabilità degli investimenti fino a tre an-ni finalizzati al contenimento dei consumi energetici eallo sviluppo delle energie rinnovabili.

Ma quante sono complessivamente le risorse neces-sarie? La banca dati si è rivelata essenziale per risponde-re a questa domanda. Intervenire sugli involucri degliedifici, sistemando tetti, cappotti e serramenti, sostitui-re vecchie caldaie con impianti a condensazione e in-stallare pannelli fotovoltaici nei 700 edifici analizzati co-sterebbe circa 110 milioni di euro, con un costo medioper intervento di circa 100 euro per metro quadrato.

I risultati Gli investimenti messi in gioco consentirebbero però dirisparmiare fino al 35-40% dei consumi energetici, paria oltre 8 milioni di euro all’anno, e di evitare l’emissio-ne di circa 25 mila tonnellate di CO2.

I risultati del progetto Audit Gis sono stati presenta-ti a Milano lo scorso 21 maggio 2009 nel corso del con-vegno “Edifici pubblici ed energia: Comuni spreconi oparsimoniosi?”. Numerose le esperienze e le propostedai diversi relatori. Come quella dell’Associazione Co-muni per l’Adda (vedi nella pagina seguente), nelcui territorio gli interventi identificati sono già stati inparte realizzati attraverso investimenti per circa700.000€ e un risparmio medio del 20% sui consumi.

Ancor più rilevante la ricaduta dell’attività della Bei(Banca europea per gli investimenti) che ha approvatouna richiesta avanzata dalla Provincia di Milano per larealizzazione di interventi di risparmio energetico per 65milioni di euro in una quarantina di Comuni dell’hin-terland, la maggior parte dei quali ha realizzato gli auditgrazie al finanziamento della Fondazione (vedi a Peter Bandilla a pag VII).

E questo potrebbe essere solo l’inizio. L’iniziativa del-la Fondazione Cariplo potrebbe essere, infatti, replicatae diffusa in altre aree in Italia, con la collaborazione del-l’Anci e di altre fondazioni bancarie. .

INTERVISTA

BOX

“SVILUPPARE E DIFFONDERECONOSCENZAper orientare in modosostenibile le decisionidella Pubblicaamministrazione, gli stili di vita deicittadini/consumatori,la produzione e l’innovazione da partedegli attori economici”.Questi gli obiettivi della divisioneAmbiente dellaFondazione Cariplo, il cui impegno negli ultimi anni si è concentrato sulla conservazione e valorizzazione del territorio, sull’usorazionale dell’energiae la promozione delleenergie rinnovabili,sulla mobilitàsostenibile nei centriurbani. Un impegnoche negli anni ha saputo espandersi,come dimostrano le cifre: dai 108progetti finanziati nel 2006 si è passatiai 175 del 2008 e gli stanziamenti sono raddoppiati,da 6,8 milioni di euronel 2006 a 13,7milioni nel 2008.

DIVISIONE AMBIENTE

Grazie a un bando della Fondazione Cariplo, 650 Comuni hanno misurato i propri consumi energetici

Il primo passo verso la progettazione di interventi per aumentare l’efficienza energetica. Costa 100 euro al metro quadrato.

LE TIPOLOGIE DI INTERVENTOINTERVENTI SUL SISTEMA DI PRODUZIONE DI ACQUA CALDA SANITARIA

3%

INTERVENTI SULL’INVOLUCRO

47%

INTERVENTI SULLEUTENZE ELETTRICHE

26%

INTERVENTISULL’IMPIANTO

DI RISCALDAMENTO

24%

Giuseppe Guzzetti,presidente dellaFondazione Cariplo.

venti di efficienza energetica, nel 62% dei casi si trattadi scuole e asili (circa 1.500 dei 2.300 interventi); il21% degli interventi sarebbe invece destinato a muni-cipi e uffici, l’8% a palestre e impianti sportivi, il 2% acentri ricreativi e residenze sanitarie e assistenziali, ilrestante 5% a diversi edifici.

La cura Dall’analisi degli interventi suggeriti per risparmiareenergia emerge che, per migliorare la situazione inmodo sostanziale, occorrerebbero nel 47% dei casi in-terventi sull’involucro dell’edificio (rifacimento tettio cappotto, coibentazioni, finestre, serramenti ecc.).Seguono gli interventi sugli impianti di riscaldamen-to (sostituzioni caldaie) e quelli sulle utenze elettriche- pari rispettivamente al 26% e al 24% - mentre quasitrascurabili appaiono gli interventi sugli impianti diproduzione di acqua calda (3%) (vedi ).GRAFICO

I COMUNI COINVOLTI NELLA CAMPAGNA DI AUDIT ENERGETICI

LEGENDA200620072008

CONTRIBUTI EROGATI DALLA FONDAZIONE CARIPLO (2008)AREA N° CONTRIBUTI EROGATI MILIONI DI EURO PERCENTUALE

AMBIENTE 175 13,6 6,5ARTE E CULTURA 512 55,5 26,2RICERCA SCIENTIFICA 149 41,7 19,7SERVIZI ALLA PERSONA 330 66,7 31,4ALTRI SETTORI 15 5,5 2,6FILANTROPIA E VOLONTARIATO 79 28,7 13,6TOTALE 1.260 211,6 100

È DIVENTATA MAGGIORENNE la Fondazione Cariplo: 18 anni di sostegno a progetti nel campo dell’ambiente,della cultura, della scienza e dei servizi alla persona. 1,7 miliardi di euro erogati dalla sua nascita, più di 20 mila i progetti finanziati. In linea con gli obiettivi specifici fissati dai “Piani d’Azione”, i contributi della Fondazione sono aumentati quasi del 50% nel corso dell’ultimo quinquennio evidenziando un trenddi crescita anche in quei settori storicamente meno sostenuti come la ricerca scientifica e l’ambiente.

FONDAZIONE CARIPLO: 18 ANNI E 1,7 MILIARDI EROGATI

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| speciale efficienza energetica |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | V |

| speciale efficienza energetica |

| IV | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

RIMA DI PENSARE ALLE ENERGIE RINNOVABILI conviene punta-re sull’efficienza energetica. Ne abbiamo parlato conSergio Zabot, direttore del Settore Energia della Pro-

vincia di Milano, che ha coordinatoil Piano di Azione provinciale perl’efficienza energetica e ha collabo-

rato alla definizione delle diagnosi energetiche negli edifici pubblicipromosse e finanziate dalla Fondazione Cariplo.

Perché è tanto importante il risparmio energetico?Più che di risparmio energetico è meglio parlare di efficienza energeti-

ca. Nel primo caso si intendono le azioni che permettono di consumaremeno energia con le tecnologie esistenti: spegnere la luce quando siesce, usare la lavatrice a mezzo carico, spegnere i led degli elettrodo-mestici, abbassare la temperatura dell’appartamento. Sono importantie comportano un’educazione all’uso corretto dell’energia. Ma l’effi-cienza energetica è un discorso molto più ampio. Sono quegli inter-venti urbanistici, architettonici e impiantistici che comportano un’ac-curata progettazione e l’uso delle nuove tecnologie che consentono diottenere un minore fabbisogno di energia e migliorano il comfort abi-tativo. Un’illuminazione pubblica che utilizza le tecnologie giuste puòfar risparmiare a un Comune il 30% della spesa per l’elettricità.

Quali sono gli interventi migliori?Da un punto di vista prettamente economico bisogna confrontare ilcosto dell’energia conservata (quanto devo spendere ora per rispar-miare una certa percentuale di energia per “enne” anni ) dei diversi in-terventi di efficienza energetica con il prezzo del petrolio o del gas. Seil primo è inferiore conviene. Gli interventi più convenienti sono quel-li sugli impianti di riscaldamento e sui pannelli solari per acqua calda.I cappotti agli edifici e la sostituzione dei serramenti sono i più proble-matici perché, oltre ai costi vivi, bisogna considerare quelli dei pon-teggi, delle tinteggiature, della rimozione dei pluviali.

Ma la valutazione da effettuare è più ampia. Qualsiasi interventoper migliorare l’efficienza energetica deve partire dall’involucro degliedifici. È lì che, in prima istanza, si riduce il fabbisogno e si conservaenergia. Mettere i doppi vetri, migliorare l’isolamento del tetto e dellepareti esterne, oltre a ridurre il fabbisogno di energia, produce un mi-glioramento del comfort abitativo e porta a ridurre la dimensione e lapotenza dell’impianto di riscaldamento. Prima si agisce sull’involucro(isolando le pareti, sostituendo gli infissi e istallando elementi scher-manti contro il surriscaldamento estivo), poi, se possibile, si inserisco-no elementi che utilizzano fonti energetiche rinnovabili: pannelli so-

lari termici e fotovoltaici per produrre elettricità. Quindi sidimensiona l’impianto di produzione di calore o di cli-matizzazione estiva, utilizzando tecnologie di ultima ge-nerazione. Infine si devono introdurre dispositivi per unaregolazione efficiente dei servizi di climatizzazione e illu-minazione modulabili in funzione della domanda.

Ma sono interventi costosi…Intervenire sugli edifici esistenti è problematico. Con-viene agire in concomitanza di una ristrutturazione, che, se effet-tuata secondo i principi dell’efficienza energetica, costa di più, manon oltre un 4-5% in più di una ristrutturazione “tradizionale”, macon un notevole risparmio energetico ed economico per il futuro.

Quale tipo di interventi sta effettuando la Provincia di Milano perl’efficienza energetica?

Abbiamo presentato alla Bei - la Banca europea degli investimenti -un progetto pilota di riqualificazione ed efficienza energetica su 530edifici pubblici, in larga parte scuole, localizzati in 70 comuni del-l’hinterland milanese e sui quali erano già state effettuate diagnosienergetiche co-finanziate dalla Fondazione Cariplo. La Bei ha ap-provato l’erogazione di un prestito di 65 milioni di euro per coprireil 75% dei costi di intervento. Non verranno però con-cessi direttamente ai Comuni, ma attraverso Esco, so-cietà di servizi energetici. Il 25% dovrà essere allocatodalle Esco o chiesto alla Cassa Depositi e Prestiti. Si trat-ta comunque di un prestito, che i Comuni potranno ri-pagare con l’80-90% dei risparmi ottenuti con gli inter-venti di riqualificazione energetica. Il rimanente 10-20%rimarrà ai Comuni.

Avete anche portato avanti dei progetti rivolti alle fa-miglie?

Grazie alla partnership con dodici banche (undici dicredito cooperativo e la Bpm) abbiamo attivato un pre-

Nuove tecnologieper edificia bassoconsumo

Dagli impianti di riscaldamento ai pannelli solari ai cappotti isolanti. Le nuove tecnogolie applicate alla progettazione degliedifici riducono il fabbisogno di energia, migliorano il comfort e tagliano la bolletta.

JERAGO CON ORAGO è un piccolo paese (poco più di 5 mila abitanti) in provincia di Varese, ma ha un obiettivo ambizioso: ottenere, entro fine mandatodell’attuale giunta, un risparmio del 30% sulle spesedi riscaldamento ed elettricità. Per farlo spenderà duefinanziamenti ricevuti allo scopo (60 mila euro dallaFondazione Cariplo e 350 mila da un bando Inail) e una cifra imprecisata di risorse proprie. In verità è ancora quasi tutto da compiere, ma il primo passo è stato fatto, grazie alla diagnosi energetica degli edifici comunali realizzata tramite il bando della Fondazione Cariplo Audit energetico degli edifici dei Comuni piccoli e medi. In previsione restano i lavori, soprattutto sulla scuola media e sulle elementari,per migliorare la coibentazione (cambio degli infissi, eventuale cappotto esterno isolante, isolamentodel tetto) e con l’installazione delle caldaie a condensazione e di pannelli solari fotovoltaici, dove possibile.

CINQUEMILA FANNO LA DIFFERENZA

LE RIVOLUZIONI SPESSO PARTONO DAL BASSO e dal piccolo. A Trezzo sull’Adda lo devono aver pensato e hanno puntato dritto sull’efficienza energetica con le proprie forze, nonché grazie ad una rete di coordinamento con altre sette amministrazioni del bacino fluviale (Basiano, Grezzago, Inzago, Masate,Pozzo d’Adda, Trezzano Rosa, Vaprio d’Adda) riunitenell’Associazione Comuni per l’Adda. Il bilancio degliinterventi compiuti, come racconta l’ex vice-sindacoLuca Rodda, è infatti di tutto rispetto. Sugli edificicomunali (scuole, municipio, biblioteca) sono statiattuati, del tutto o in parte, la riqualificazione e messa a norma della centrale termica con installazione di caldaie a condensazione, il rifacimento e messa a norma dell’impianto elettrico, l’installazione di un sistema di telecontrollo e teleriscaldamento,l’installazione di valvole termostatiche ai caloriferi ed è stata stilata una certificazione energetica degli edifici. Tutto ciò si è tradotto in una riduzione di consumi e di emissioni inquinanti notevole tra il prima e il dopo la cura, tra la stagione termica 2006/2007 e quella 2007/2008: 292.796 Kg di CO2 non emessi, 247 Kg di ossidi di azoto non emessi, 151.429 metricubi di metano non consumati. A spiccare l’aumento del 113% del rendimento degli impianti di riscaldamentonella Direzione didattica (-32% di metano) o il +108%della scuola elementare Concesa (-29% di metano). Un bel risparmio per l’ambiente e, in prospettiva, per il Comune di Trezzo sull’Adda (circa 12 mila abitanti)che ha investito “solo” 530 mila euro per i lavori di ammodernamento. www.comuniperladda.it

LA RIVOLUZIONE DELL’ADDA

UN PATTO TRA SINDACI VIRTUOSI

NEL 2008 LA COMMISSIONE EUROPEA ha lanciato il “Patto dei sindaci”(Covenant of Mayors), un’iniziativa per coinvolgere le città e i cittadinirispetto agli obiettivi di politica energetica sostenibile per attuare il cosiddetto “Pacchetto 20-20-20” entro il 2020 (che per l’Italiasignifica 20% di riduzione di combustibili fossili, 17% di energia da fontirinnovabili e 13% di riduzione delle emissioni di CO2 rispetto al 2005).Sono circa 720 le città in Europa che hanno aderito. Con 124 Comuni,l’Italia è al secondo posto, dopo la Spagna (323) e prima della Francia(67). L’iniziativa prevede l’esistenza di “strutture di supporto”,riconosciute dalla Commissione europea, per aiutare le città e i Comunidi piccola taglia, che non hanno le risorse per ottemperare agli obblighidel Patto, a raggiungere e superare gli obiettivi del “Pacchetto 20-20-20”. Le Province si possono proporre per ricoprire questo ruolo. La Provincia di Milano dal 10 febbraio scorso sta facendo da “strutturadi supporto” per 69 Comuni che hanno aderito. www.eumayors.eu

Pdi Elisabetta Tramonto

Sergio Zabot,direttore delsettore Energiadella provincia di Milano. Sopra, la centraleidroelettrica di Trezzosull’Adda.

stito a tasso zero, ossia senza interessi sulle somme prestate, cofi-nanziato dalla Provincia e dalle banche, fino a 50 mila euro per set-te anni, per realizzare lavori di isolamento termico, di riqualifica-zione impiantistica e installazione di impianti alimentati da fontirinnovabili. Il periodo di rimborso dei prestiti e le rate sono con-cordate in modo tale che, già dal primo anno, il risparmio che si ot-tiene sulla bolletta compensi la rata di rimborso del prestito. Oltremille famiglie ne hanno usufruito. In meno di tre anni, dal 2006 al2009, sono stati investiti più di 16 milioni di euro, in parte dallaProvincia e in parte dalle banche. Il risparmio di energia ottenutoè stato di circa 7 mila MWh all’anno. Durante tutto il ciclo di vitadegli interventi di riqualificazione energetica si eviterà l’immissio-ne in atmosfera di 1.500 tonnellate di CO2 all’anno. .

Page 23: Mensile Valori n.73 2009

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | VII |

| speciale efficienza energetica |

| VI | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

NCHE LA BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI (Bei) ha aderi-to al “Patto dei sindaci” (vedi pag. 42). L’istituto dicredito a lungo termine dell’Unione europea ha, come

scopo, concedere prestiti al settore pubblico eprivato per finanziare progetti d’interesse eu-ropeo nei campi della coesione e convergenza

delle regioni dell’Ue; del sostegno alle piccole e medieimprese; dell’ambiente; della ricerca, sviluppo e inno-vazione; dei trasporti e dell’energia. In particolare, co-me prima azione per sancire la sua adesione al Patto deisindaci, ha deciso di avviare alcune esperienze pilotaper attivare investimenti in efficienza energetica e fon-ti rinnovabili negli edifici pubblici comunali e in altreinfrastrutture pubbliche. Tra le molte proposte ricevu-te, il 17 luglio scorso ha approvato un finanziamentoda 65 milioni di euro ai 58 Comuni della provincia diMilano che si erano candidati. Un finanziamento checoprirà il 75% dei costi di intervento e che sarà con-cesso non direttamente ai Comuni, ma a Società di Ser-vizi Energetici (Esco). Abbiamo parlato del progettocon Peter Bandilla, dirigente della Bei.

Perché avete concesso un finanziamento ai Comunidella provincia di Milano?

Un fattore determinante è stato che i Comuni avesserogià una diagnosi dei consumi energetici, eseguita grazieall’audit promosso dal bando della Fondazione Cariplo.Così si è potuto partire da dati certi, su cui progettare gliinterventi di efficienza energetica. La preidentificazionedei bisogni in termini di consumi e del potenziale ri-sparmio è indispensabile per poi strutturare le gare d’ap-palto con i Comuni attraverso le Esco.

BOX

Perché non concedere il finanziamento direttamen-te ai Comuni?

Quella di finanziare le Esco per realizzare dei progetti diefficienza energetica è una modalità molto diffusa, e conottimi risultati, in altri Paesi, non ancora in Italia. La Beiha lanciato operazioni analoghe a Barcellona, Valencia,Parigi. Le Esco stesse in Italia non sono molto diffuse. In-vece è un settore economico in piena espansione. Si trat-ta di uno strumento utilissimo, che permette di creareposti di lavoro più di una centrale eolica o fotovoltaica,perché ha un elevata componente di manodopera. E ali-menta l’economia locale, fornendo lavoro alle ditte del-la zona, por esempio per la produzione di infissi.

Si tratta comunque di un prestito che il singolo Co-mune deve poi restituire…

Certo, ma si tratta di prestiti concessi a condizioni favo-revoli. La Bei porta avanti attività senza scopo di lucro,gli interessi servono a coprire il finanziamento. I fondiper pagare gli interessi, poi, derivano dal risparmio otte-nuto grazie all’intervento di efficienza energetica. Lebollette elettriche e per il riscaldamento di solito occu-pano il primo posto nelle uscite comunali. Il potenzialedi risparmio con interventi di efficienza energetica èmolto alto: fino al 20% in un anno. Un risparmio chepermette di ripagare il prestito e gli interessi, di coprireil margine di guadagno delle Esco e, per la piccola parterimanente, finisce nelle casse del Comune.

Lo scopo della Bei qual è?La Bei è stata istituita per raggiungere delle finalità di inte-resse europeo. In questo caso l’obiettivo numero uno è la

riduzione delle emissioni di CO2. Ma anche l’equilibrio deiconti dei Comuni e la buona salute dell’economia locale.

Oltre alla concessione del finanziamento la Bei avràun ruolo attivo nei progetti?

L’aspetto più complesso del progetto riguarda i contrat-ti. Perché i Comuni dovranno indire della gare di ap-palto per assegnare i lavori alle Esco. E poi controllareche i lavori siano effettuati secondo i criteri stabiliti. Perquesto la Bei attiverà un’unità di assistenza tecnica e le-gale che avrà il compito di predisporre la documenta-zione necessaria all’implementazione del progetto (ladefinizione dei criteri di selezione delle Esco, la stesuradi capitolati e dei bandi di gara, ecc) e di fornire assi-stenza per la redazione dei contratti. .

La Bei finanzia l’efficienzaenergeticadei Comuni

di Elisabetta Tramonto

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La Banca europea degli investimenti ha stanziato un finanziamento da 65 milioni di euro per 58 Comuni

della provincia di Milano. Un prestito, concesso attraverso le Esco, per interventi di efficienza energetica.

ANCORA SCONOSCIUTEa molti, maestremamente utili per la diffusione delleenergie alternative, le Energy servicecompanies (da cuil’acronimo Esco) sonosocietà, private, cheeffettuano interventi di miglioramentoenergetico e si fannocarico dell’investimentoeconomico al posto del cliente. Quest’ultimopagherà alla Esco un canone annuo, per un numero di anniconcordato. Di solito il canone è commisuratoin modo da nonsuperare il risparmioeffettivamente ottenutodal cliente attraversogli interventi effettuati.Tra le principali Esco in Italia: Innesco, nata dall’iniziativa di Banca Etica e AzzeroCO2, promossada Legambiente e KyotoClub.

COS’È UNA ESCO

ENEA: PUNTARESULL’EFFICIENZA ENERGETICA

È LA PRIMA FONTE DI ENERGIA RINNOVABILE. Nel sensoche, prima di pensare a produrre energia pulita bisognaridurre i consumi. Non solo educando i consumatori a consumare meno, ma anche introducendo le tecnologie che permettono di ridurre gli sprechi. A sostenerlo sonomoltissimi studi. L’ultimo, tutto italiano, è il Rapporto energia e ambiente 2008, realizzato dall’Enea e presentato lo scorsoluglio (scaricabile interamente dal sito www.enea.it). “In tutte le analisi e gli orizzonti temporali da qui al 2050l’efficienza energetica risulta essere la risorsa più importante - si legge nel rapporto dell’Enea - non solo ai fini dellariduzione delle emissioni, ma anche per il contenimentodella domanda di fossili e il miglioramento della sicurezzaenergetica. La sua primaria rilevanza commerciale e industriale deriva dal fatto che essa investe non solo il settore dell’offerta, ma anche e prevalentemente il settore della domanda di tecnologie energetiche […] Tra le tecnologie più interessanti per potenziale e costo(negativo) di abbattimento, bassa intensità di capitale e quindiritorno tempestivo degli investimenti, si collocano molte delle tecnologie di uso finale che consentono risparmi nei consumi elettrici nei settori residenziale, commerciale e dei servizi come ad esempio le nuove tecnologie per l’illuminazione, l’elettronica e i dispositivi domestici a basso consumo, il condizionamento efficiente”. L’Enea ha valutato anche il potenziale in termini industriali e produttividell’implementazione di interventi di efficienza energetica e ha concluso che per l’Italia sarebbe un’ottima opportunità,con un potenziale economico superiore agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. “Gli incrementi di efficienza nell’uso dell’energia […] rappresentano un fortestimolo di progresso tecnologico per il Paese, mediante un impulso allo sviluppo di nuove tecnologie”.

| speciale efficienza energetica |

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DI CHE CLASSE È LA TUA CASA?

È SCATTATO L’OBBLIGO DELLA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI. Dal primo luglio tutte le case in affitto o in vendita dovranno essere dotate di una pagella energetica, un documentoche certifichi la quantità di energia consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare i diversi bisogni energetici dell’immobile. Il rapporto prestazione/consumi degli impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda, la climatizzazione estiva, l’uso di fonti rinnovabili e il livello di emissioni determinano una valutazione della qualità dell’immobile. Dalla classe A (meno di 30 Kwh/mq o meno di 3 litri gasolio/mq annuo) fino alla G (oltre 160 Kwh/mq equivalenti a 16 litri gasolio/mq annuo) l’edificio viene così giudicato in base al suo fabbisogno e alla sua capacità di risparmio energetico. Dotato di una validità massima di 10 anni e rilasciato da un tecnico abilitato, l’attestato è aggiornato a ogni intervento che modifichi le prestazioni dell’abitazione.

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| finanzaislamica |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 39 |

I fondi comuniislamici

Shari’ah compliant

di Federica Miglietta*

PARTIRE DAGLI ANNI 80, le più importanti istituzioni islamiche hanno iniziato ad allargare la propria offerta,proponendo ai loro clienti prodotti di gestione del risparmio, come i fondi comuni. Anche in questo caso di tipo Shari’ah compliant e caratterizzati da alcune peculiarità sia nel rapporto tra gestore del fondo e investitori, che nel processo di investimento.

La nascita di strutture commerciali associabili ai mutual funds ha rappresentato un processo demand driven,nel senso che ha inteso rispondere alla domanda pressante dei grandi investitori del Medio Oriente, alla ricercadi strumenti di investimento Shari’ah compliant. La strutturazione dei fondi comuni è stata implementatatramite la formula del mudarabah (che abbiamo analizzato nelle rubriche precedenti), assimilabile ad uncontratto di accomandita. In questo tipo di contratto, misto di capitale e lavoro, i sottoscrittori forniscono il capitale da investire, agendo in veste di mandanti (rabb-ul-mal), mentre il gestore opera come mandatario(mudarib), in base alle linee di gestione esplicitate nei prospetti di investimento del fondo stesso.

I pionieri nel campo degli investimenti collettivi islamici sono stati la Saudi Commercial Bank, nel 1986,seguita dalla National Commercial Bank nel 1987 e dalla Riyad Bank nel 1990. Queste banche hanno stabilitodelle joint ventures con importanti case di investimento occidentali, alle quali hanno demandato la strutturazione e la gestione di “fondi comuni islamici”. Uno dei primi fondi è stato Al Ahli Global Equity Fund,

nato nel 1995, promosso dalla Islamic Banking Division of NationalCommercial Bank. Questo fondo ha rappresentato, al lancio, un successo nel campo dell’asset management islamico poiché ha permesso l’accesso all’investimento anche ai piccoli investitori ed è stato sottoscritto per circa 1 miliardo di dollari statunitensi. Ad oggi, invece, gli asset gestiti si sono ridotti a 221 milioni di dollari.

La possibilità di accesso dei piccoli investitori al mercato deglistrumenti di investimento islamici non rappresenta un dato scontato. Gran parte dei fondi islamici, infatti, ha soglie di accesso molto elevate e dunque sono, di fatto, dedicate agli investitori istituzionali oppure ai clienti privati con ingenti patrimoni. Questa caratteristica, insieme all’allocazione per Paesi (countryallocation), è stata criticata da alcuni studiosi, che rilevano, in primis, come i fondi islamici siano nella maggior parte dei casi, dedicati ai grandi investitori privati o agli investitori istituzionali. Non rappresentano,quindi, un servizio per i piccoli investitori. Inoltre, il denaro investito non è utilizzato per finanziareinvestimenti produttivi nei Paesi musulmani o in via di sviluppo.

La seconda critica, relativa all’investimento in società non musulmane, contiene anche una componentereligiosa. L’utilizzo del denaro, in ottica islamica, deve essere al servizio della Ummah, la grande nazionemusulmana. E questo non avviene laddove gli investimenti siano diretti verso le corporation occidentali. Il problema è reale, ma la questione può essere posta in modo leggermente differente: se è vero, infatti, che i fondi sono spesso investiti all’estero, è vero anche che i mercati azionari regolamentati, nei Paesi islamici,non hanno ancora un’ampiezza tale da permettere una diversificazione perfettamente efficiente. L’utilizzo dei fondi per il miglioramento dell’economia dei Paesi musulmani non rappresenta l’unico aspetto religioso: i fondi comuni devono essere gestiti escludendo alcuni settori e titoli specifici e sono affidati alle decisioni ed al monitoraggio di un consiglio, lo Shari’ah board. . [Fine prima parte. La seconda sul prossimo numero di Valori]

Il primo fondo, nato nel ‘95, fu aperto per la prima volta ai piccoli risprmiatori. Ora a giovarne sono soprattuttogli investitori istituzionali. Il che è oggetto di forti critiche

* Docente di finanza allo IEMIF, Istituto di Economia dei Mercatie degli IntermediariFinanziari, dell’UniversitàBocconi di Milano.

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| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 41 || 40 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

| inbreve || inbreve |

economiasolidaleLa svolta arriva dall’Europa, la Commissione boccia il Pil >42Ripartire dal basso, per una nuova politica >46La lunga strada verso l’impresa sociale>50

2065:L’ANNO DEL COLLASSO(ENERGETICO)

Tecnicamente viene definito come “il momento in cui le risorse primariedisponibili non saranno più in grado di fare fronte alla domanda di energia”. Il collasso energetico ha ora una dataprecisa: 2065. Non esattamentedietro l’angolo ma nemmeno troppolontano perché gli eventuali correttiviper evitarlo vanno adottati conrapidità. La previsione è autorevoleperché contenuta in un modelloelaborato dal Consiglio Nazionaledelle Ricerche e pubblicato nelvolume “Energia e trasporti. Statoattuale e prospettive future dellaricerca scientifica”.

Inevitabile individuare le vied’uscita. Due quelle sottolineate nel rapporto del CNR: strategie di risparmio energetico e nuove fontidi approvvigionamento. Ma qualefonte privilegiare? Il direttore del dipartimento Energia del Cnr,Claudio Bertoli, sottolineal’importanza delle rinnovabili: «Più che su grosse centrali, meglioinvestire sulla produzione domestica,applicando i pannelli fotovoltaici sui tetti di case e capannoni. Moltopromettente è anche il mini-eolico.Così come le biomasse provenienti da alghe accresciute con l’anidridecarbonica di scarto delle centrali». Nel rapporto non si chiude la porta al nucleare ma ci sonoalcuni elementi problematici: «Il nucleare ci renderà più autonomi ma non risolverà il problemaenergetico. Continueremo a importare dall’estero».

PANNELLI SOLARISULLE STRADE:ECCO“L’ASFALTO”DEL FUTURO

Cosa accadrebbe se invecedell’asfalto, le strade fosserorealizzate con pannelli solari?Accadrebbe che ogni miglio di manto stradale potrebbegarantire l’elettricità per 500 famiglie. Un’ideaavveniristica ma evidentementerealizzabile perché la societàamericana Solar Roadways che l’ha proposta ha vinto per attuarla un premio di 100 miladollari da parte del dipartimentoper i Trasporti degli Stati Uniti.L’azienda sta già lavorando su un prototipo di 70 chilometrinell’Idaho tra Coeur D’Alene e Sandpoint. Secondo il progetto, le normali strade d’asfalto o qualsiasi altro spazio asfaltatosaranno sostituite da unapannellizzazione fotovoltaica in grado di produrre energiaelettrica. I vantaggi del cambio di paradigma non sono finiti: i pannelli solari contengono anchedei led in grado di fornire unacomunicazione costante ai guidatorisulla sicurezza stradale. In caso di ghiaccio e neve i led inoltre si riscaldano mantenendo il manto stradale libero da insidie.A regime, il progetto funzioneràanche come caricabatteriapermanente per il “pieno” delle auto elettriche. Inutile dire che ciò agevolerebbe (e non poco) l’abbandono dei vecchi motori a benzina.

DA ANATROCCOLO A CIGNO:L’ALTRA ECONOMIA PRODUCE IL 4% DEL PIL ITALIANO

Snobbata, bistrattata, spesso guardata con supponenzae non poca “puzza sotto al naso”, ma ci sono 60 miliardi di buoni motivi per smettere di vedere l’altra economia come un territorio inesorabilmente di nicchia. 60 miliardi come il valore aggiunto - in euro -delle sue produzioni annue. Il 3,82% del prodottointerno lordo italiano. Il 6% del totale degli occupati.I dati sono contenuti nel Primo rapporto nazionalesull’altra economia presentato durante l’omonima festaall’ex mattatoio di Testaccio a Roma (nella foto) che dal 2007 ospita la Città dell’Altra Economia: sono235 mila le istituzioni che compongono il terzo settoreitaliano. Soprattutto associazioni non riconosciute (il 66%). Ma anche organizzazioni riconosciute (il 28%),

cooperative sociali (il 2%), comitati (2%) e fondazioni(1%). Tutti soggetti molto giovani: quasi l’80% è natodopo il 1980 e oltre la metà dopo il 1990. Il rapporto si concentra poi su sei settori particolarmente rilevantiper l’altra economia (agricoltura biologica, commercioequo, finanza etica, energie rinnovabili, software liberoe turismo responsabile) e svela alcune informazionispesso poco note al grande pubblico. Ad esempio, dei 60 miliardi di valore aggiunto, solo la metàprovengono dalle 121 mila imprese profit (nelle quali,per inciso, sono impiegate 807 mila persone e solo1164 sono volontari). Ben 33 miliardi sono inveceprodotti da 45 mila organizzazioni non profit. Tra le altre, associazioni di assistenza sanitaria e sociale(oltre 10 miliardi di euro), associazioni culturali e d’istruzione (quasi 8 miliardi) e sindacali (3 miliardi).La versione integrale del rapporto è a disposizione per il download sul sito www.altraeconomia.org.

ACQUISTI PUBBLICI VERDIPER LA DECIMABIODOMENICA

Buon compleanno, Biodomenica!Compie dieci anni l’iniziativa volutada Aiab, Coldiretti, Legambiente e Altromercato per informare i cittadini dei vantaggi dell’agricolturabiologica e dei rischi delle coltivazioni intensive tradizionali. Una manifestazione che in tutta Italiaha visto la partecipazione di oltre un milione di persone. Ancora unavolta, la prima domenica di ottobre,cento piazze e luoghi simbolo di moltecittà italiane vengono trasformate in luoghi di festa e di incontro:spettacoli, convegni, concerti masoprattutto degustazioni e laboratoriper scoprire i segreti del biologico e per venire a contatto con milleproduttori bio e con i loro prodotti.

Quest’anno però il tema centraledella Biodomenica saranno gli acquisti verdi nella pubblicaamministrazione (ai quali dedichiamoun articolo a pagina 61): diffondere il biologico nella ristorazionecollettiva e nelle mense di scuole e ospedali rappresenta infatti una nuova sfida e una buona praticache fa bene all’economia locale e alla salute dei cittadini. «I margini di crescita in questo settore sonoenormi – commenta Enrico Erba,responsabile campagne di Aiab –. Sia nel settore pubblico sia in quelloprivato si va diffondendo infatti una maggiore sensibilità nei confrontidell’alimentazione di qualità».Ulteriori informazioni sono disponibilisul sito www.biodomenica.it

NASCE EFFECORTA:IL PRIMO SUPERMERCATODOVE TUTTI I PRODOTTI SONO LOCALI E “ALLA SPINA”

Ecco una bella idea che potrebbe presto “figliare” in altre parti d’Italia: a pochi chilometri da Lucca, a Capannori, comune già noto per le sue avanzatissimepolitiche “rifiuti zero”, è stato da poco inaugurato il supermercato Effecorta. L’idea è venuta a sei ragazzi,convinti che il consumo sostenibile possa creare ancheun’occasione di guadagno economico.

Sui suoi scaffali, al posto delle solite marche, sonoesposti olio, pasta, detersivi, vino, legumi, frutta, verduradi stagione. Tutti prodotti nel raggio di cento chilometrie venduti rigorosamente “alla spina”. Molte le motivazionivirtuose alla base di questo negozio: i consumatoripotranno acquistare le quantità di cui hannoeffettivamente necessità; gli imballaggi ingombranti

e inquinanti saranno drasticamenteridotti, così come le emissioni di CO2generata dal trasporto della merce. La filiera corta aiuterà inoltre le attivitàagricole e industriali del territorio,favorendo, al tempo stesso, la riscopertadi prodotti e sapori della tradizionetoscana. Dulcis in fundo: nel nuovonegozio, si potranno usare solocontenitori riutilizzabili e al posto

delle buste di plastica sono state reintrodotte le storiche sporte lucchesi in paglia. Il punto vendita è strutturato in tre settori: nel primo, i prodotti a caduta(cereali e legumi) e i prodotti sfusi (frutta e verdurabiologica e formaggi locali); nel secondo i prodotti a spillatura (16 detersivi e saponi, 8 tipi di vino, 3 di olio e di miele e 2 di birra); nel terzo sono inveceospitate aziende partner per promuovere progetti di bioedilizia, energie alternative e tutela ambientale.«All’inizio non è stato semplice trovare i fornitori pronti a darci i prodotti da vendere sfusi - ha spiegato uno dei soci della cooperativa che gestisce il punto vendita -Invece, ora, una volta avviata l’attività, riscontriamo una grande curiosità e i fornitori iniziano a proporsispontaneamente. Segno che la nostra idea non è campata in aria».

UN FESTIVALPER RISCOPRIRELE VIRTÙ DELLA LENTEZZA

Cos’hanno in comune un parrocoche ogni anno attraversa l’Europarigorosamente in bicicletta, un alpinista tra i pochi ad averscalato il K2 senza bombole e un uomo che ha attraversato il Pacifico tra il Perù e l’Australiacon una barca a remi? Tutti e tre hanno avuto la lucidità e la pazienza per scoprire le virtùdella lentezza, ormai nascoste dalla frenesia contemporanea.Eppure rallentare non è solo unaquestione fisica. È una necessitàsociale, un modo per accorgersidegli altri e delle bellezze naturaliche diamo troppo spesso per scontate. Per sottolinearnel’importanza, dal 17 al 26 ottobre a Selvazzano Dentro (Padova) si svolgerà il primo festival dellaLentezza, organizzato da tre amici(Luca, Alessio, Nicola), appassionatidi montagna, viaggi, avventura e accomunati da una idea: «la lentezza come necessariopresupposto per assaporare ciò che c’è di fronte a noi».Ognuna delle sei serate del festivalvedrà salire sul palco uno o più ospiti per declinare le diverseaccezioni della “filosofia dellalentezza”. Tra gli altri, Alex Bellini,recordman di navigazione a remi in solitaria e l’economistafrancese Serge Latouche. Il programma completodell’iniziativa è consultabile sul sito www.festivaldellalentezza.it. Bradipi di tutto il mondo, unitevi.

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| economiasolidale || economiasolidale | indicatori del benessere |

La svoltaarrivadall’EuropaLa Commissione boccia il Pil

L BANCO DEGLI IMPUTATI IL PRODOTTO INTERNO LORDO. All’accu-sa la Commissione europea. “Il prodotto interno lordo […]rimane la migliore unità di misura dello stato di salute del

mercato economico. Tuttavia non è stato concepitoper misurare con accuratezza il progresso economico esociale a più lungo termine e, in particolare, la capacità

di una società di affrontare questioni quali i cambiamenticlimatici, l’uso efficiente delle risorse o l’inclusione socia-le. Esistono validi motivi per completare il Pil con statisti-che che riprendano gli altri aspetti economici, sociali edambientali dai quali dipende fortemente il benessere deicittadini”. È una vera e propria condanna del Pil come uni-co riferimento per misurare il progresso di un Paese. È scrit-ta nero su bianco su un atto ufficiale della Commissioneeuropea: una “Comunicazione” dal titolo: Non solo Pil - Mi-surare il progresso in un mondo in cambiamento, inviata, loscorso 20 agosto, al Parlamento e al Consiglio (si può sca-ricare la versione in italiano dal sito www.ec.europa.eu).

I primi segnali di una “bocciatura” del Pil da partedella Commissione erano arrivati due anni fa, quando,il 17 novembre del 2007, insieme a Parlamento, Ocse eWwf, aveva organizzato la conferenza Beyond Gdp (Oltreil Pil), individuando i limiti di questo indicatore nel mi-surare l’efficacia delle politiche dei governi di tutto ilmondo. Ma l’ultimo passo ha una portata ben diversa.Dopo un atto non vincolante come una “Comunicazio-ne” potrebbe, infatti, seguire un atto formale e vinco-lante come un regolamento o una direttiva. È successodiverse volte in passato.

Un’agenda per i governiNella Comunicazione la Commissione europea elenca imotivi per cui il Pil non è sufficiente e definisce un per-corso, con tanto di scadenze, per arrivare a nuovi indi-catori. Appuntamento nel 2012. Per quella data la Com-missione e i diversi Paesi dovranno aver elaborato degliindicatori che integrino il Pil. Saranno i nuovi riferi-menti. “Le politiche nazionali e comunitarie sarannovalutate sulla loro capacità, o meno, di raggiungere isuddetti obiettivi (sociali, economici ed ambientalin.d.r.) e di migliorare il benessere dei cittadini europei”.

Un piano in cinque mosseLa Commissione europea entra nel merito del “cosa” fa-re e del “come” farlo, proponendo cinque “azioni”.1. COMPLETARE IL PIL CON INDICATORI

AMBIENTALI E SOCIALII nuovi indicatori dovranno includere dimensionicome “la coesione sociale, l’accesso a beni e serviziprimari a prezzi abbordabili, l’istruzione, la salutepubblica e la qualità dell’aria”. E per il 2010 la Com-missione promette una versione pilota di un indicedi pressione ambientale, che consideri cambiamenticlimatici, consumo di energia e di acqua, biodiver-sità, inquinamento, produzione di rifiuti.

2. FORNIRE INFORMAZIONI QUASI IN TEMPO REALE A SOSTEGNO DEL PROCESSO DECISIONALEParola d’ordine tempestività, affinché le decisionidei governi possano basarsi su informazioni aggior-

nate. Un esempio: l’“Ozone web”, con cui l’Agenziaeuropea dell’ambiente (Eea) fornisce dati sulle con-centrazioni nocive di ozono.

3. OTTENERE INFORMAZIONI PIU PRECISE SU DISTRIBUZIONE E DISEGUAGLIANZEPil e Pil pro capite non forniscono indicazioni sulladistribuzione della ricchezza in un Paese. Ma gli stru-menti per valutarla ci sono, nei conti nazionali: ilreddito, l’istruzione, la sanità, la speranza di vita.

4. ELABORARE UNA TABELLA EUROPEA DI VALUTAZIONE DELLO SVILUPPO SOSTENIBILEEntro la fine del 2009 la Commissione europea in-tende presentare una versione pilota di una tabelladi valutazione dello sviluppo sostenibile.

5. ESTENDERE I CONTI NAZIONALI ALLE QUESTIONI AMBIENTALI E SOCIALIAppuntamento al 2013 perché tutti i Paesi europeiabbiano, accanto ai conti nazionali, una contabilitàeconomico-ambientale integrata: “Conti fisici am-bientali per il consumo di energia, la produzione e iltrattamento dei rifiuti e conti monetari per le sov-venzioni ambientali”. .

di Eleonora Gigli

AAPPUNTAMENTI

27 - 30 ottobreBUSAN (COREA)3° OECD WORLD FORUMTerzo appuntamentointernazionaleorganizzato dal GlobalProject per discutere inuovi indicatori per lamisura del progresso. www.oecdworldforum2009.org

3 - 5 dicembre ANCONA FROM GDP TO WELL-BEINGAnche all’Universitàdelle Marche siaffronta la misurazione del benessere.fromgdptowellbeing.univpm.it

La Commissione europea incalza i governi: servono nuovi indicatori del benessere. Appuntamento al 2012. E una serie di scadenze intermedie per dotarsi di una contabilità ambientale.

Anche l’Istat potrebbe misurare il benessere.Enrico Giovannini, neo-presidentedell’Istat. È stato nominato lo scorso luglio, allo scadere del mandato di Luigi Biggeri.

Rivoluzionestatistica

O AVEVAMO LASCIATO (nell’intervista sul numero di Valori di luglio) re-sponsabile statistico dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazionee lo sviluppo economico, in inglese Oecd), lo ritroviamo presidente

dell’Istat. Un ritorno a casa per Enrico Gio-vannini che, dopo anni all’istituto italiano distatistica, nel 2001 si era spostato a Parigi, al-

l’Oecd, dove, con il Global project on measuring the progress of societies,aveva portato avanti lo studio di nuovi indicatori del progresso. Eoggi torna in Italia, come presidente dell’Istat. Ci auguriamo che rie-sca a portare avanti anche qui il cammino verso la definizione di unnuovo Pil, o meglio, di un set di indicatori che riescano a riflettere,meglio dell’unico e non esaustivo Prodotto interno lordo, la com-plessità dell’attuale società.

Il 14 settembre è stato presentato il rapporto della Commissio-ne, guidata da Joseph Stiglitz e voluta dal presidente francese Nico-las Sarkozy, per individuare indicatori alternativi al Pil. Giovanniniè uno dei 25 economisti che componevano la Commissione.

Qual è il messaggio principale del rapporto della Commis-sione Stiglitz?

Innanzitutto che la complessità della nostra società non può ridur-si a un solo numero. Non abbiamo trovato il santo Graal, un indi-catore unico del progresso e del benessere. Non perché non ne sia-mo stati capaci, ma perché non è possibile riassumere in un unicoindicatore una realtà complessa, articolata e multidimensionale co-me il progresso della società. Non esiste e non può esistere una me-trica comune. Sarebbe come sommare pere e mele e volerle poi tra-sformare in un indicatore monetario. Ci sono fattori del progressonon esprimibili in termini economici, a cui non è possibile attribui-re un prezzo. La soluzione è un set di indicatori a più dimensioni,otto in particolare: condizioni materiali, salute, educazione, lavoroe tempo libero, partecipazione politica, relazioni interpersonali, am-biente e insicurezza. A una conclusione simile sono arrivati, senzaalcuna influenza reciproca (a parte la mia presenza in entrambi), siala Commissione Stiglitz che il Global Project. La scelta degli indica-tori però è di natura politica. Noi raccomandiamo a ogni Paese diistituire delle tavole rotonde dove governo, opposizione, parti so-ciali e società civile possano individuare la serie di indicatori.

E qual è la portata politica del rapporto dalla CommissioneStiglitz e della Comunicazione della Commissione europea?

La Commissione europea si è rivolta direttamente ai governi nazio-nali e ha dato un obiettivo – delineare nuovi indicatori del progres-so - e un termine – due anni - entro cui raggiungerlo.

La portata del rapporto della Commissione Stiglitz lo si può mi-surare nel discorso tenuto dal presidente francese Sarkozy lo scorso14 settembre, alla presentazione ufficiale del rapporto. Il capo dell’E-liseo ha pronunciato un discorso forte. Ha detto che è il momento dicambiare, se vogliamo andare oltre la crisi e non cadere negli errori

di Elisabetta Tramonto

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I suggerimenti del team di Stiglitz

il rapporto valuta l’efficacia degli indicatori economici esistenti epropone un cambiamento di filosofia: dalla quantità nella produ-zione alla qualità. Secondo la Commissione Stiglitz per adattarsiall’evoluzione delle economie moderne è necessario modificare iparametri di valutazione. Considerare solo parametri quantitativi(come la quantità di merce prodotta e venduta) può essere fuor-viante: “Sottostimare i miglioramenti qualitativi è equivalente asovrastimare il tasso di inflazione e quindi sottostimare il redditoreale”, si legge nel Rapporto.

Passando al tema del benessere, il rapporto ne propone una de-finizione multidimensionale, misurabile con un set di indicatori enon riassumibile in uno solo (come il Pil). Le dimensioni indivi-duate dalla Commissione Stiglitz (che Valori aveva anticipato sul nu-mero di luglio-agosto) sono: le condizioni materiali (reddito, con-sumi e ricchezza), la salute, l’educazione, il lavoro e il tempo libero,la partecipazione politica, le relazioni interpersonali, l’ambiente el’insicurezza (economica, ma anche in senso più ampio). Con unadimensione extra, trasversale: la sostenibilità.

Per misurarlo la Commissione Stiglitz propone dodici racco-mandazioni per modificare le indagini statistiche:

1. Per valutare il benessere materiale bisogna analizzare i redditi eil consumo, piuttosto che la produzione.

2. Impostare l’analisi dal punto di vista delle famiglie; prendendocioè in considerazione tasse, prestazioni sociali e servizi fornitidallo Stato, come la sanità e l’istruzione.

3. Tenere in conto il patrimonio delle famiglie, distinguendo, cioètra chi spende tutto per consumi, accrescendo il benessere im-mediato, e chi invece risparmia per il benessere futuro.

4. Dare più importanza alla distribuzione dei redditi, dei consumie della ricchezza, non ricorrendo quindi a medie matematiche,che non tengono conto della differenza di reddito tra i più ric-chi e i più poveri.

5. Estendere gli indicatori alle attività non legate direttamente almercato. Attività come fare le pulizie in casa o accudire neonati,fanno parte della “produzione” economica di una famiglia, mache vengono prese in considerazione dalle statistiche se nonsvolte da personale salariato.

6. Migliorare la valutazione di sanità, educazione e condizioni am-bientali, mediante calcoli oggettivi e strumenti a carattere sog-gettivo (sondaggi).

7. Valutare in maniera esaustiva le ineguaglianze rispetto alla qua-lità della vita, calcolando le differenze fra persone, sessi, genera-zioni, con una particolare attenzione alle condizioni di vita de-gli immigrati.

8. Realizzare indagini per capire come le evoluzioni in un settoredella qualità della vita abbiano ripercussioni su altri.

9. Gli istituti di statistica dovrebbero fornire le informazioni per ag-gregare le diverse dimensioni della qualità della vita per creareuna misura sintetica.

10. Gli istituti di statistica dovrebbero anche cercare di integrare nel-le inchieste sulla qualità della vita dati sull’evoluzione effettuatada ogni cittadino nel corso della propria esistenza.

11. Valutare la “sostenibilità” del benessere.12. Stabilire indicatori precisi che «quantifichino le pressioni am-

bientali». Un rapporto che non vuole essere un punto di arrivo, bensì di par-tenza, per aprire un dibattito sul tema degli indicatori del progresso.Anzi, la Commissione Stiglitz, chiede ai governi nazionali di istitui-re della tavole rotonde per individuare in modo condiviso gli indi-catori del progresso economico e sociale. .

EMBRA PROPRIO CHE IL MOMENTO DELLA REVISIONE DEL PIL

sia arrivato. Quasi in contemporanea rispetto allaComunicazione della Commissione europea a Par-

lamento e Consiglio (vedipag. 50) è stato pub-

blicato anche il rapportoconclusivo della Commissione sulla misurazione della performanceeconomica e del progresso sociale, guidata dal premio Nobel per l’E-conomia Joseph Stiglitz.

Tutto era iniziato nel febbraio del 2008, quando il presidentefrancese, Nicholas Sarkozy, scrutando i dati dei sondaggi, avevascoperto che il livello di fiducia dei francesi nei confronti delle sta-tistiche ufficiali era bassissimo. Di qui l’idea di mettere in piedi unacommissione formata da 25 economisti, tra cui tre premi Nobel –oltre a Stiglitz, anche Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi – e il nostronuovo presidente dell’Istat Enrico Giovannini (vedi pag47), per studiare nuovi indicatori del progresso che fossero perce-piti dalla gente come più vicini alla realtà. Risultato: un anno emezzo di lavoro e un rapporto da 290 pagine (scaricabile dal sitowww.stiglitz-sen-fitoussi.fr). Prima ancora di definire il benessere,

INTERVISTA

ARTICOLO

ESISTONO CENTINAIA DI INDICATORI al mondo per misurare il benessere. Lo scorso luglio a Firenze si sono radunati i ricercatoridell’Isqols (www.isqols.org), l’associazione internazionale per gli studisulla qualità della vita. Decine di ricercatori da tutto il mondo hannopresentato i propri indicatori. Alcuni sono ad un livello accademico,altri vengono già applicati, come l’Happy planet index, l’Indice dellafelicità mondiale, creato dall’Ong britannica Nef (New economicsfoundation, www.neweconomics.org). Esiste addirittura un databasemondiale della felicità (www.worlddatabaseofhappiness.eur.nl), creatodal professor Ruut Veenhoven dell’Erasmus University di Rotterdam,che raccoglie oltre mille tra indicatori e studi sulla misurazione del benessere. «Costruire un indicatore è relativamente facile», avevadichiarato Enrico Giovannini sul numero di luglio di Valori. La parte più difficile è definire i parametri che lo compongono, attribuire dei pesi alle diverse dimensioni. È più importante la libertà di stampao la tutela della privacy? «Gli indicatori devono essere definiti con un processo dal basso, coinvolgendo la gente, le comunità locali»,dichiara Gilda Farrel, del Consiglio di Europa. L’istituto europeo lo stafacendo: in diverse zone in Europa sta sperimentando gruppi di lavorolocali per definire indicatori del benessere. www.coe.int

INDICATORI DEL BENESSERE:COSTRUIRLI DAL BASSO

Sdi Elisabetta Tramonto

COME SI VIVE IN ITALIA? Anzi, come si vive in Lombardia, Veneto, Umbria o Basilicata? I ricercatori di Sbilanciamoci! da ormai sette anni cercano dirispondere a questa domanda, con un’unità di misura studiata ad hoc, il Quars:l’indice di Qualità regionale dello sviluppo. Un indicatore che supera la dimensioneeconomica per considerare fattori ambientali e sociali. Risultato: le mappe che vedete qui sotto. Un’Italia deformata, magrissima o panciuta, a seconda che una regione abbia un punteggio alto o basso in un parametro. Il rapporto 2009è presentato il 3 ottobre (a Roma al Salone dell’Editoria Sociale www.editoriasociale.info).Al primo posto quest’anno il Trentino Alto Adige, seguito da Emilia Romagna e ValD’Aosta. In fondo alla classifica Calabria, Sicilia e Campania. Sono 41 gli indicatoriche compongono il Quars, divisi in sette categorie: ambiente, economia e lavoro,diritti e cittadinanza, salute, istruzione e cultura, pari opportunità e partecipazione. I punti di forza? Primo: essere stato costruito in modo partecipato, dallaconsultazione di 46 organizzazioni da diversi settori della società civile (aderenti alla campagna Sbilanciamoci!). Secondo: essere costruttivo. “L’oggetto della misurazione sono aspetti che vanno a comporre lo sviluppo di un territorio su cui le amministrazioni possano intervenire direttamente”. www.sbilanciamoci.org.

QUARS: MISURARE LA QUALITA DELLO SVILUPPO

IN BASEALL’INDICATORESINTETICO DELLA QUALITÀREGIONALE DELLO SVILUPPO

ECONOMIA E UGUAGLIANZA

PARIOPPORTUNITÀ

AMBIENTE: EMISSIONI DI CO2 PER KM QUADRATO

L’ITALIASECONDO I QUARS

precedenti. Ha promesso che la Francia adatterà i propri sistemi sta-tistici alle indicazioni della Commissione Stiglitz e ha annunciatoche proporrà a tutti i partner europei di fare lo stesso perché l’Euro-pa dia il buon esempio al mondo intero.

Nella riunione dell’8 settembre per discutere la Comunicazionedella Commissione europea sui nuovi indicatori del progresso ilpresidente di turno svedese del Consiglio dell’Unione europea, losvedese Gunnar Seijbold, ha dichiarato che si impegnerà per dar se-guito al documento. La portata politica di questi documenti, comesi vede, è notevole.

Ma gli istituti di statistica nazionali sono pronti a un evolu-zione in tal senso?

Direi di sì, è tempo finalmente che la statistica ufficiale entri nelcampo del benessere soggettivo. L’Ocse sta preparando un manualesulla misura del benessere soggettivo, rivolto agli istituti di statisti-ca. Sarà pronto tra poco più di un anno. Molti istituti - e l’Istat è più

avanti di molti altri - elaborano già degli indicatori che misurano va-rie dimensioni del benessere. In Italia a partire dagli anni Novantaaccanto agli indicatori economici abbiamo inserito quelli di carat-tere sociale, sulla qualità della vita e sulla soddisfazione. Come l’in-dagine sulla povertà, sul tempo libero.

L’Istat quindi introdurrà un indicatore del progresso?La prima cosa che mi hanno detto i miei colleghi dell’Istat, appenasono stato nominato presidente, è stata: «vediamo se adesso riusci-rai a mettere in pratica quello che prima ci dicevi dall’Oecd. Se riu-scirai a inserire nella statistica ufficiale un indicatore del benesseree del progresso». Posso dire che certamente faremo una riflessioneinterna alla luce di queste importanti sollecitazioni e che presto de-cideremo un piano d’azione.

Ma è un tema a cui tiene molto?Certamente. .

APPROFONDIMENTI ON LINE

www.beyond-gdp.euIl sito delle attività che hanno seguito la conferenza “Oltre il Pil” del 2007.

ec.europa.eu/sustainable/docs/estat_2007_sds_en.pdf Il rapporto completo dell’Eurostat sulla misurazione del progresso in Europa.

www.oecd.org/progress Il sito del Global Project avviato nel 2004 dall’Oecd, che si propone di individuare e comunicare nuovi indicatori per misurare il progresso della società.

La Commissione incaricata da Sarkozy di pensare a un sostituto del Pil conclude il suo lavoro: 12 raccomandazioni per costruire un set di indicatori.

Page 28: Mensile Valori n.73 2009

Che tipo di organizzazione pensate di poter formare? Quale collocazione potrebbe avere all’interno della società?

Che seguito può avere la vostra proposta di aggregazione? A quale portata di cambiamento potrebbe ambire?

| economiasolidale |

È necessaria però una riflessione preliminaredi carattere culturale, per far capire che, sequeste reti sociali vogliono, in tempo ragio-nevole, creare nuovo modello economico e fi-nanziario, è necessario aggregare capacità difare. Per questo abbiamo creato il Movimen-to etico solidale, un contenitore per coordi-nare e aggregare movimenti e persone di buo-na volontà intorno a campagne, che potreb-bero poi portare anche alla costituzione di li-ste politiche che si propongano di tradurrequesta capacità progettuale in realtà di cam-biamento del territorio e della legge. Non tutte queste realtà però sonopronte al salto. Dobbiamo far loro capire che non siamo ruota di scor-ta di un sistema che non funziona. Dobbiamo essere protagonisti.

Serve fantasia. Per trovare la formula che permetta alla singola or-ganizzazione di esprimersi al meglio. Immagino qualcosa che possaavvicinarsi a un patto. La rete ha potenzialità enormi, ma deve es-sere compattata. Il Mes ha questo scopo, è un contenitore di realtàdiverse con un obiettivo comune.

In Italia esiste un movimento vasto e diversificato, che, mante-nendo la propria autonomia, ha bisogno di strumenti di aggrega-zione. Lo scopo del Mes è dare voce a persone in grado di traghetta-re il cambiamento verso una politica al servizio del cittadino e ri-volta al bene comune. L’anno prossimo ci saranno le elezioni regio-nali. Pensiamo di prendere qualche regione come laboratorio dicambiamento. Ma il movimento si pone in modo trasversale, nonha colore politico. I bisogni sono bisogni, i poveri sono poveri.

Bisogna essere ambiziosi. Esistono milioni di cittadini socialmenteresponsabili. Vogliamo iniziare un processo che potrebbe condurcia creare delle liste di ecologia, etica e solidarietà, in un unico pro-getto, come proponeva Alex Langer. Non dobbiamo avere paura, èil momento di testare questa scommessa. Non ci accontenteremo diun 2%, puntiamo al 10-15%. Un risultato che, anche se raggiuntosu scala regionale, avrebbe un impatto a livello nazionale. Bisogna

non li reputo laboratori di pensiero politico. Il che non toglie chepossano diventarlo, anzi in virtù delle loro esperienze sarebbero lerealtà più indicate per assolvere questa funzione.

Proporrei prima di elaborare una proposta politica di società, poi dipensare a nuovi strumenti organizzativi. Molte sperimentazionihanno già la loro struttura organizzativa, addirittura a livello na-zionale: i Bilanci di giustizia, la rete dei Gruppi di acquisto solidale,il commercio equo e solidale. In altri ambiti siamo ancora indietro,ma si sta tentando di recuperare terreno. Per esempio creando uncollegamento fra le liste civiche sorte in molti comuni. Ovviamen-te sarebbe importante che nascessero dei rapporti di collaborazioneanche di tipo trasversale fra le varie esperienze. Ma i tempi stringo-no, bisogna lavorare per fare nascere una rete di elaborazione poli-tica formata non da realtà organizzative, ma da persone che, cittàper città, creino dei gruppi di discussione per tirare fuori un’ideanuova di società e tracciare un percorso per farla avanzare.

Potenzialmente molto, non solo nell’altra-economia, ma anche inambito sindacale, religioso, dei partiti progressisti. Tante persone ri-tengono che di fronte alla triplice crisi, economica, sociale, am-bientale occorra ridurre produzione e consumi, ma sanno ancheche, nell’economia di mercato, l’arresto della crescita può compor-tare seri contraccolpi. Consumando di meno cosa succede ai postidi lavoro? Se produciamo di meno chi fornirà allo Stato i soldi per

L’APPELLO: ANCHE TU PUOI PROGETTARE

Le sperimentazioniora hanno bisognodi uno sguardod’insieme

“”Francuccio Gesualdi.

Metà ottobre GUBBIO (LOCALITA SANTA CRISTINA)LIBERA UNIVERSITA DI ALCATRAZJacopo Fo ha aderito al Movimentoetico solidale e ospiterà il lancio della prima campagna del Mes:“Stacca la spina”. Non solo la spinadell’energia prodotta dal petrolio, ma anche quella dell’economiaconsumistica e distruttiva.www.alcatraz.it

STACCA LA SPINA!

10 - 11 ottobreCOMUNITA DELLA PIAGGE, FIRENZE INCONTRO PER L’AUTOGOVERNO Il settimanale Carta, anche in risposta all’appello lanciato da FrancuccioGesualdi, chiama a raccolta le “comunità insorgenti”: presidi, movimenti,liste di cittadinanza, associazioni, comitati e reti, fuori e oltre la politica dei partiti e la crisi della rappresentanza. “Un invito rivolto a chiunquesenta l’urgenza di cercare, insieme ad altri cittadini “insorgenti”, un’altrapossibilità: la nascita di una cittadinanza attiva e responsabile capace di confrontarsi con le istituzioni a partire dai beni comuni e non per interessiprivati e che si opponga al sistema politico clientelare”. www.carta.org

DEMOCRAZIA CHILOMETRO ZERO

| economiasolidale | movimenti |

Ripartire dal bassoper una nuova politica

Nel mondo dell’altra economia tira aria di cambiamento e di voglia di fare un passo in più. Un’intervista allo specchio tra dueprotagonisti di questo mondo: Francuccio Gesualdi e Fabio Salviato.

È UN FENOMENO CHE HA PERCORSO IN MODO QUASI CARSICO GLI ULTIMI TRENT’ANNI, è la crescita dell’altra-economia, in tutte le suemille sfaccettature e rivoli. Mentre i partiti storici perdevano per strada iscritti, simboli, capacità di analisi e radicamentosociale, il mondo dell’altra-economia si aggregava nei Gas (Gruppi di acquisto solidale), nelle Mag (mutue per l’autoge-

stione), nelle organizzazioni per il commercio equo e solidale, attorno ai temi del con-sumo critico e del risparmio responsabile. Ora il grande fiume sta uscendo in superfi-cie con l’intenzione di partecipare alle decisioni politiche. A Caltanissetta, nelle scor-

se elezioni amministrative, la lista Intesa civica solidale (Ics) formata da un Gas, da “grillini” e da altre realtà, ha conqui-stato 6.000 voti e due consiglieri, proprio nel momento del passaggio della città al centrodestra, dopo anni di centrosini-stra. Da Padova è stato lanciato il Mes, Movimento etico solidale (presentato a Terra Futura, a Firenze, nel maggio scorso),che si raccoglie attorno all’iniziativa di Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, Alfredo Giacon scrittore e giornalista e Fi-lippo Scianna, avvocato e direttore del centro buddista patavino Tara Cittamani. Da Vecchiano (Pisa) e dal Centro nuovomodello di sviluppo, Francuccio Gesualdi lancia un percorso di discussione, che si augura ampio e partecipato. A Salviatoe Gesualdi abbiamo posto le stesse domande per confrontare i loro punti di vista e capire meglio questa svolta.

di Paola Baiocchi e Elisabetta Tramonto

C’

SALVIATO Negli ultimi 20-30 anni è nata una miriade di laboratori dipensiero, grandi e piccoli, da reti sociali, associazioni, movimenti. Ini-ziative partite dal basso per rispondere a dei bisogni. Oggi hanno rag-giunto dimensioni e visibilità importanti. È quindi arrivato il mo-mento che si mettano insieme attorno a progetti e contributi comuni.

GESUALDI Non sono d’accordo con l’idea di definire le sperimenta-zioni in atto nei circuiti dell’altra-economia come “laboratori dipensiero politico”. Ma, piuttosto, dei laboratori di buone pratiche,fucine di comportamenti coerenti con alcuni criteri di sostenibilitàambientale e di equità sociale. Pratiche lodevoli, assolutamente ne-cessarie, ma neanche la loro sommatoria, rappresenta una propostapolitica. Le buone pratiche hanno il limite di essere parziali, di con-centrarsi su aspetti specifici che, per quanto importanti, sono pursempre di dettaglio, non esprimono un modello complessivo di so-cietà. Salvo eccezioni, non scorgo nei gruppi dell’altra-economia losforzo di fare una lettura della società a tutto tondo, né di occupar-si dei cambiamenti che andrebbero introdotti per far funzionarel’intera società secondo criteri di equità e sostenibilità. Per questo

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IL MOVIMENTO ETICO SOLIDALE è aperto a dialogare con partiti e movimenti. Nel caso del raggiungimento di una “certificazione etica”del programma politico, apporrà il suo logo, solamente se gli elementiessenziali del Manifesto saranno presenti nel documento programmatico.Il profilo etico dei candidati dovrà essere valutato positivamente dal Mes.

IL LOGO

All’interno dell’altra economia si stanno formando “laboratori di pensiero politico”. Ritenete che abbiano raggiunto un livello di analisisufficiente per creare forme più organizzate?

È giunto il momentodi aggregare questerealtà intorno a progetti comuni

Fabio Salviato.

“SE ANCHE TU SEI CONVINTO CHE LA TRIPLICE CRISI - economica, sociale, ambientale -imponga profonde trasformazioni di sistema, allora questo messaggio è per te. È l’invito ad aderire ad uno dei gruppi di discussione, che stiamo cercando di far nascere in ogni parte d’Italia. Il tema è come costruire una società capace di garantire il benvivere a tutti, nel rispetto dei limiti del pianeta. Un obiettivo ambizioso, ma non impossibile”.

Si apre così l’appello lanciato da Francuccio Gesualdi dalle pagine di Valori, Cartae Altreconomia (sul nostro sito www.valori.it trovate il testo integrale). Un appello per creare un dibattito su come ripartire dal basso per riscrivere la politica italiana.

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ridurre i divari produttivi, tecnologici e occupazionalinon è mai stato un obiettivo dell’unificazione econo-mica. In questo modo quelle scelte hanno da un lato re-so la Ue incapace di una politica economica comune difronte all’attuale crisi. Dall’altra ha favorito i rigurgitinazionalisti, localisti e perfino xenofobi e ha penalizza-to i partiti socialdemocratici che hanno sostenuto queltipo di Europa».

«I partiti che fanno capo al Pse sembrano non riu-scire ad offrire un’alternativa credibile alle ricette con-servatrici», aggiunge inoltre Antonio Padoa Schioppa,docente di Diritto europeo alla Statale di Milano. «È purvero che le elezioni europee sono state deformate dalle“lenti nazionali” che hanno traslato a livello europeo latendenza conservatrice presente in molti Stati. È poi ve-rosimile che a giugno gli elettori non avessero ancoratoccato sulla pelle, direttamente, gli effetti della crisieconomica. Ma rimane il fatto che i partiti socialisti nonhanno ancora trovato un modo nuovo di proporsi. Nonsono ancora usciti dagli schemi del XX secolo».

Cambiare o perireQualche spiraglio per il futuro però c’è. A patto di im-parare dal presente. «Le elezioni europee - osserva PadoaSchioppa - hanno premiato chi ha saputo parlare di Eu-ropa. Come il partito Europe Ecologie di Cohn Bendit,diventato, d’un colpo, il terzo partito di Francia propo-

nendo ricette europee per i problemi attuali. Non soloper le misure anticrisi ma anche nei temi dell’ambiente,dell’energia, della difesa, della sicurezza e della vigilan-za bancaria. E infatti ora Cohn Bendit sta cercando diconvincere il Parlamento europeo a rivendicare il pro-prio ruolo di unica istituzione eletta direttamente dalpopolo, a partire dalla scelta del presidente della Com-missione Ue».

«La crisi socialdemocratica può essere irreversibile osolo temporanea. Dipende dalle scelte future”, prono-stica invece Andrea Fumagalli. «Irreversibile se si insi-sterà sulla strada della concertazione neoliberista e del-le politiche pseudo riformistiche, appiattite sulle esi-genze dei poteri forti. Temporanea se i socialdemocrati-ci abbracceranno un riformismo di rottura. Deve sposa-re una nuova idea di welfare, sempre universalistico macapace di far fronte alle nuove figure lavorative. Unriformismo di rottura, basato su due pilastri: la convin-zione che la ricchezza è prodotta dalla socialità diffusa equindi è giusto distribuirla socialmente. E l’esigenza digarantire il libero accesso gratuito (o quasi) ai beni co-muni essenziali. Non solo acqua, aria, ambiente. Ma an-che alla conoscenza e allo scambio di informazioni. Intal senso, la compatibilità ecologica e la libera circola-zione di idee e brevetti sono parte integrante di questonuovo riformismo». Basteranno queste ricette a placareil vento che viene da destra? .

Antonio PadoaSchioppa, docente di Diritto europeoall’università Statale di Milano.

N

| economiasolidale |

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Socialdemocrazia e crisi economica: destini incrociati?Le elezioni europee hanno rappresentato una débacle per la famiglia del Pse. Eppure la recessione avrebbe dovuto aiutarli. Siamo alla fine della loro esperienza politica? Forse no, dicono gli analisti. A patto che…

ottenere dei risultati, non basta lanciare campagne. Siamo riusciti acoinvolgere tre milioni di persone che hanno appeso la bandieradella pace. Ma non basta, servono anche i pannelli fotovoltaici. Enon basta neanche quello, serve un’azione di carattere politico.Dobbiamo essere attori del cambiamento economico e politico.

Oggi abbiamo costituito l’associazione (il Mes) e il comitato scien-tifico che studia ed elabora contenuti. E sul nostro sitowww.movetico.org persone fisiche e giuridiche possono aderireall’associazione e interagire all’interno del blog. L’attività del Mesriguarderà anche la certificazione e il sostegno di buone politiche.Avremo un referente in ogni città e in futuro organizzeremo unascuola di formazione politica ad hoc.

Dobbiamo verificare in quali regioni ci sono le condizioni perimmaginare un laboratorio di sperimentazione politica. E a metàottobre lanceremo la campagna “Stacca la spina”, in collabora-zione con Jacopo Fo nella sede del suo movimento, Alcatraz, traGubbio e Assisi. .

ON MOLTI OSSERVATORI LO HANNO SOTTOLINEATO, ma ciò che èavvenuto alle elezioni europee del 6 giugno ha un che diparticolare: in 16 dei 27 Stati dell’Unione, i risultati elet-

torali hanno infatti rappresentato una mezza cata-strofe per i partiti d’ispirazione socialdemocratica.Ne sanno qualcosa Francia, Germania, Inghilterra,

Italia e Spagna. Beninteso, la particolarità non è nella de-bacle in sé, che può anzi essere fisiologica. L’elementonuovo sta nel fatto che le consultazioni si sono svolte intempo di crisi economica dilagante. E, storicamente, èproprio in quei momenti che gli elettori danno sostegnoai partiti più sensibili ad ammortizzatori sociali, politicheredistributive e interventi pubblici nell’economia. Comesi può spiegare una simile “anomalia”? E ancora: il futu-ro dei partiti socialdemocratici europei è segnato? Valorilo ha chiesto a politologi ed economisti.

Le falle dei riformistiAd avviare l’ideale dibattito è stata l’editorialista de LaStampa Barbara Spinelli: «In Europa soffia il vento di unadestra pragmatica, spregiudicata, che pur di mantenereil potere agguanta ogni utensile», commentava dalle pa-

gine del quotidiano all’indomani del voto. Per la Spi-nelli in pochi mesi i conservatori hanno chiuso l’eraThatcher, «sorpassando una sinistra paralizzata dai sen-si di colpa», ha smesso l’antistatalismo, la lotta alla spe-sa pubblica, il dogma delle privatizzazioni. «Con sotter-fugi linguistici esalta perfino il welfare: dice “stabilizza-tori automatici” per non dire Stato-provvidenza. Uomi-ni come Tremonti scoprono l’anticapitalismo, chia-mandolo anti-mercatismo. Essenziale è traversare il tor-rente con ogni mezzo e sperare che si torni allo status quoante, senza mutare il modo di sviluppo produttivistico.Marx e Keynes sono usati non per cambiare modello,ma per perpetuarlo con l’ambulanza del welfare. È unmodello che socialisti e sindacati condividono, quandoaccusano la destra di ultraliberismo o si limitano a chie-dere aumenti salariali e tutela dei posti fissi. Per questosono oggi ombre di se stessi».

L’analisi convince Andrea Fumagalli, docente di Eco-nomia politica all’università di Pavia, per il quale tutta-via la crisi socialdemocratica va ricercata tornando conla memoria agli anni ‘90. Per la precisione, al 1991 e al1996, quando si avviò il percorso dell’unione monetariae si fissarono i criteri del Patto di stabilità: «Quel proces-so fu portato avanti con il forte sostegno dei movimen-ti socialdemocratici (Prodi in Italia, Jospin in Francia, laSpd in Germania), ma aveva solo una funzione anti-in-flazionistica. Gli aspetti di coesione sociale, l’esigenza di

i servizi pubblici? Due domande a cui possiamo dare risposta solooperando un ripensamento dell’intera architettura economica e so-ciale, un capovolgimento culturale nel nostro modo di concepire ilrapporto con la natura, i diritti, il lavoro, la tecnologia, la comu-nità, il benessere, l’economia privata e quella pubblica.

Siamo solo all’inizio. Preferiamo procedere con lentezza, ma pre-parare bene il percorso. Stiamo tentando di costruire un processopartecipativo dal basso, convinti che i grandi cambiamenti sianopossibili solo con un forte consenso popolare. Il primo passo è illancio dell’appello, dopo la costituzione dei gruppi, ad ognunodei quali vorremmo chiedere di nominare un coordinatore. Icoordinatori formeranno l’organo di autogestione della discus-sione. Attraverso riunioni periodiche possono mettersi d’accordoper procedere di pari passo a livello nazionale. Nulla vieta chepossa formarsi un comitato di consulenti su aspetti specifici. Que-sto è il percorso che al momento prevediamo, ma sarà il cammi-no stesso ad indicare come procedere. .

A che punto potete dire di essere arrivati? Quali sono le prossime tappe e i prossimi appuntamenti in programma?

di Emanuele Isonio

Barbara Spinelli,giornalista ed editorialista de La Stampa.

L’economista Andrea Fumagalli:«La crisi dei socialisti saràreversibile solo se sposeranno un nuovo riformismo di rottura»

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| economiasolidale |

In Italia: la legge c’è, ma chi la conosce?Nel campo dell’economia sociale la legislazione europea non è an-cora omogenea, nonostante il substrato comune posto dall’iniziati-va sostenuta con forza da Patrizia Toia. La legislazione italiana, però,è sicuramente all’avanguardia, soprattutto in materia di impresa so-ciale. Dopo la legge sulla cooperazione sociale del ‘91(381/91) cheha fatto scuola (tanto da essere ripresa da Francia, Polonia e Porto-gallo), quella del 2005, i cui ultimi decreti attuativi sono stati ema-nati nel 2008, ha riconosciuto e ampliato gli ambiti di competenzadelle imprese sociali. Quest’ultima però, come ha sottolineato il pro-fessor Zandonai, «pur essendo molto interessante è stentata nell’ap-plicazione, perché mancano sostegni e incentivi». In più la norma-tiva è poco conosciuta. Lo dimostrano i risultati di un inchiesta rea-

lizzata da Isnet (www.impresasociale.net), con il supporto scientifi-co di Aiccon, compiuta tra 400 cooperative sociali in Italia, da cuiemerge una scarsa conoscenza della disciplina della norma, tantoche il 69% (e sono operatori di settore) dichiara di non conoscerla asufficienza (vedi ). Quindi probabilmente non sa sfruttarla.

E non è infatti un caso se le imprese sociali registrate ad agostodel 2009 secondo i dati forniti daUnioncamere erano solo 501. Ancheperché, se si esclude qualche eccel-lenza, come Roma, che ha addirittu-ra realizzato una guida su come iscri-vere le imprese sociali, ogni Cameradi commercio va per conto suo, in

GRAFICO

COSA PENSA DELLA DISCIPLINA SULL’IMPRESA SOCIALE?

70

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20

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% È positiva e rappresenta un’opportunità

15,5 14,5

63,5

2007

2008

20096,5

18,5

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62,0

4,3 3,0 5,3

21,0

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Non la condivido Non la conosco a sufficienza

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15 MILA IMPRESE, 350 MILA ADDETTI, 10 MILIARDI DI EURO di giro d’affari e circa 10 milioni di utenti.È il quadro che emerge dal primo Rapporto sull’impresa sociale in Italia, realizzato da Iris Network (la rete nazionale degli istituti di ricerca sull’impresa sociale). “Una delle difficoltà maggiori che abbiamoriscontrato è stata reperire i dati”, spiega il professor Carlo Borzaga, tra i curatori del rapporto. Non esiste infatti una banca dati che contenga informazioni uniformi di una realtà così articolata comel’impresa sociale. I dati più precisi sono quelli sulle cooperative sociali raccolti dall’Istat, ma l’impresasociale non si limita a questa categoria. Comprende anche “soggetti non profit che operano in settoridiversi dai servizi sociali o per l’inserimento al lavoro di fasce deboli” e soggetti for profit con vocazionesociale. Iris Network ha anche analizzato il potenziale di sviluppo dell’impresa sociale e ha individuato un “bacino di imprenditorialità sociale in ambito for profit di dimensioni considerevoli: quasi mezzomilione di imprese, con poco meno di un milione e mezzo di addetti, che operano in settori come la sanità, la cultura, lo sport e la ricreazione”. Specularmente in ambito non profit ci sarebbe un potenziale di imprenditorialità sociale che comprende circa 40 mila organizzazioni. “L’impresa socialeè una realtà dinamica - si legge nel rapporto - che necessità di essere monitorata”. Per questo il professorBorzaga ha già promesso dieci anni di rapporto.

IRIS NETWORKIL PRIMO RAPPORTO SULL’IMPRESA SOCIALE

In Europa le normativesull’economia sociale non sonoarmonizzate: in Germania manca un vero dibattito, in GranBretagna se ne è abusato

www.legiornatedibertinoro.it www.irisnetwork.it www.aiccon.it www.impresasociale.netwww.impresasociale.info

SITI INTERNET

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La lunga strada verso l’impresa sociale

UARDA COSA STA FACENDO OBAMA NEGLI STATI UNITI, è davvero interes-sante e significativo». Ci introduce così il tema dell’impresa socialeFlaviano Zandonai, segretario di Iris Network (rete nazionale di Isti-tuti di ricerca sull’impresa sociale). Negli Stati Uniti, infatti, per su-perare gli ostacoli della riforma del sistema sanitario, Obama ha pro-posto il modello ipotizzato dal senatore democratico del nord Dako-ta, Kent Conrad, che punta a creare concorrenza alla sanità privataattraverso polizze garantite da cooperative non profit. Queste rice-verebbero fondi dallo Stato solo inizialmente, mentre, in un secon-do momento, continuerebbero ad operare in assoluta autonomia ri-manendo gestite dai soci. Un ulteriore passo nell’affermazione del-l’economia sociale, che, dopo essere stata recentemente riconosciu-ta dall’Unione europea, trova insperati spazi al di là dell’oceano.

di Daniele Bettini

Negli Usa Obama punta sulle cooperative non profit per fare concorrenza ai colossi delle assicurazioni. In Italia abbiamo una legge all’avanguardia, ma poco conosciuta. E per questo spesso non viene applicata.

«G

Sopra, la fortezza diBertinoro, dove sisvolgono le Giornatesull’Economia civile.A sinistra, uno dei deiconvegni durantel’edizione 2008.

LE ORGANIZZAZIONI PRIVATEsenza scopo di lucro cheesercitano in via stabilee principale un’attività economicaorganizzata al fine dellaproduzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale

I SETTORI AMMESSI. assistenza . educazione . formazione universitaria e post. tutela ambiente . valorizzazione patrimonioculturale. turismo sociale . servizi culturali. servizi strumentali alle imprese sociali

Indipendentemente dai settori,inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (in base ala legge 118/05).

IMPRESE SOCIALI

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| spese virtuose | economiasolidale |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 53 |

Acquisti verdi:un aiuto per l’ambientee le casse pubbliche

ISME DI CARTA RICICLATA, lampadine e pc a basso impatto am-bientale, toner rigenerati, mezzi di trasporto ecologici,pannelli solari sugli edifici pubblici, mense biologiche per

scuole, ospedali, uffici. L’elenco potrebbe essere benpiù lungo ma per riassumerlo bastano due parole:acquisti verdi. O, se preferite gli acronimi, Gpp.

«Il Green Public Procurement è l’approcciocon cui le amministrazioni pubbliche inseri-scono i criteri ambientali in tutte le fasi delprocesso d’acquisto di beni e servizi, incorag-giando la diffusione di tecnologie e prodottivalidi sotto il profilo ambientale e scegliendole soluzioni con il minore impatto sull’ecosi-stema lungo l’intero ciclo di vita». La defini-zione è quella ufficiale della Commissione eu-ropea, che da quasi un decennio caldeggia l’a-dozione di tale pratica da parte di Stati, regio-ni ed enti locali. «Gli acquisti verdi sono unpassaggio essenziale per lo sviluppo sostenibi-le. E per più di un motivo», spiega Barbara Ar-manini, responsabile del progetto Acquistiverdi della provincia di Cremona. «Non mol-ti sanno, ad esempio, che il 17% del Pil italia-no proviene dalla spesa della Pubblica ammi-nistrazione per beni e servizi. Una cifra enor-me. Se anche solo la metà fosse orientata insenso “verde”, darebbe un segnale formidabi-le al mercato, che, per la legge della domandae dell’offerta, si orienterebbe verso quei pro-dotti. E spingerebbe anche le aziende private

a fare altrettanto». Un concetto fatto proprio da decine dienti locali. Tra i pionieri, i comuni di Ferrara, Reggio Emi-lia, Cremona. Ma anche la Regione Puglia, il Lazio e l’E-milia Romagna. Sono oltre 200 gli enti che hanno aderitoal gruppo di lavoro sul Gpp.

Scegliendo gli acquisti verdi, il beneficio in termini diemissioni di CO2 e di impatto ambientale ègarantito. La prova in questo senso è offertadagli Stati europei che più di altri hanno cre-duto in questa strada. Una sorta di “sette so-relle verdi”: Regno Unito (dove gli acquistiverdi toccano il 75%), Austria, Svezia, Finlan-dia, Danimarca, Germania e Olanda. In queiPaesi, la riduzione di anidride carbonica si at-testa, in media, al 25% (vedi ).

Un dato positivo ma non imprevedibile.Un altro fatto è più inatteso: seguendo le lineeguida del Gpp, si risparmia denaro. L’espe-rienza degli altri Paesi è interessante: a parte laDanimarca, in tutti gli altri casi, si sono tagliatii costi fino al 5,7%. «Il risparmio varia ovvia-mente a seconda della categoria di prodotto»,spiega Livia Mazzà, consulente della societàEcosistemi. «Per l’energia, il riscaldamento e itrasporti il risparmio è ragguardevole. Chiara-mente, scegliere cibo biologico per le mensecosta di più. Ma alla fine, se si ragiona sul com-plesso dei settori, rincari e risparmi si com-pensano. Soprattutto se si introducono la fi-liera corta e le centrali d’acquisto». .

GRAFICO

di Emanuele Isonio

R

Si chiama Green Public Procurement: inserire criteri ambientali neibandi degli enti pubblici. Un ottimo modo per tagliare emissioni e risparmiare denaro.

OLA

SVE

ING

FIN

DAN

AUS

GER

MEDIA DEI 7 VERDI

LA CO2 EVITATA CON GLI ACQUISTI VERDI

-50%

-40%

-30%

-38-39

-47

-11

-9

-25

-18

-15

8 - 11 ottobreCREMONAFORUM DEGLIACQUISTI VERDIforumcompraverde.it Di acquisti verdi,progetti, beni e servizidi GPP si parla dall’8 al 10 ottobre a Cremona, nel Terzoforum CompraVerde-BuyGreen. Un occasione per presentare decinedi esempi ideati daglienti locali, dal mondoeconomico e dalleimprese non profit.Nel corso del week-end saranno ancheconferiti due premi:per il miglior “bandoverde” e per la migliore iniziativa di ristorazionecollettiva biologica.

APPUNTAMENTO

I sistemi di GPPpossono essere

introdotti inmolti settori.

Come nellestrutture per unparco naturale.

| economiasolidale |

| 52 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

«IL MONDO DELL’ECONOMIA SOCIALE habisogno di sostegno e non più solo di parole,il mio documento è il primo atto concretorealizzato dal Parlamento europeo, pensi chel’ultima volta che si era parlato di economiasociale era in una comunicazione allacommissione del 2003. È una piccola grande svolta e ne sonoorgogliosa». Si presenta così, piuttosto battagliera, Patrizia Toia,eurodeputata Pd, incalzata sul rapporto di iniziativa parlamentaresull’economia sociale, presentato a gennaio del 2009.

Quali sono gli scopi di questa iniziativa?«Il mondo dell’impresa sociale merita visibilità. Il mio scopo è duplice:mettere in risalto la crescente importanza del settore e far sì che il suopeso economico sia valorizzato. In particolare, mi sono concentrata nongenericamente sul Terzo settore, ma sull’impresa sociale perché credo che sia necessario favorire lo sviluppo di quelle imprese che agiscono nel mercato, ma che non hanno come unico scopo il profitto. Le impresedell’economia sociale non possono essere considerate alla stregua delle imprese di capitale, come spesso succede. Ciò le condanna ad una concorrenza iniqua. Sono per questo necessari strumenti giuridiciadeguati, capaci di permettere a questo tipo di imprese di svolgereun’azione a livello paneuropeo.

E i prossimi passi?Voglio affrontare il tema con i nuovi commissari agli Affari sociali e dell’Industria. Bisogna trovare delle forme di attuazione: dall’iniziativabisogna passare ai fatti concreti, trovare forme di sostegno. Sarebbemolto interessante riuscire a creare una rete che metta in collegamentotutti i centri studi e le università che si occupano di queste tematiche, in modo da favorire studi e ricerche, integrazione e uniformità legislativa.

Da questo punto di vista ci sono molte differenze…Certo, ci sono differenze tra i Paesi fondatori dell’Unione europea e, spesso, anche all’interno di uno stesso Stato le legislazioni sonocomplicate e poco conosciute. Ma pensi ai Paesi dell’Est: la creazionedi una normativa europea o, semplicemente, l’emanazione di alcuniindirizzi potrebbero costituire delle linee guida importanti. Poi bisognapensare alla normativa europea, così come si possono aprire delle società di diritto europeo. Bisogna dare la possibilità di crearefondazioni, cooperative. Ma servono tanto tempo e tanto lavoro.

Si può pensare all’introduzione dei dati dell’economiasociale in Eurostat?

È doveroso intensificare gli sforzi statistici relativi all’economia sociale e all’occupazione che essa genera, in modo da promuovere una migliore comprensione della diversità delle esperienze nazionali in materia di economia sociale. Per questo si potrebbe creare un registro statistico in ogni Stato membro e inserire successivamente i dati all’interno del sistema statistico europeo.

DALL’EUROPARLAMENTO RIFLETTORI PUNTATI

16 - 17 ottobre BERTINORO (FORLÌ)NONA EDIZIONE DELLE GIORNATE DI BERTINORO Nella suggestiva cornice della fortezza di Bertinoro anche quest’anno si tiene il laboratorio di studio che riunisce i maggiori rappresentanti del terzo settore,dell’università, delle istituzioni e delle imprese per creare uno spazio di confronto sulle questioni attuali, un momento di apprendimento attraverso casi pratici e lezioniteoriche. Il programma prevede tre sessioni: la prima, intitolata “Economia civile e società del rischio” vedrà tra gli ospiti Stefano Zamagni, dell’università di Bologna e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale. La secondasessione sarà dedicata al tema “Società del rischio e nuovo Welfare: la prospettiva del Federalismo Fiscale”. Il terzo focus riguarderà “Economia Civile nella prospettivaeuropea”, con Carlo Borzaga, presidente dell’Euricse-università di Trento, GiulianoPoletti, presidente di Legacoop e Patrizia Toia.

LABORATORIO SULL’ECONOMIA CIVILE

quanto la documentazione predisposta per l’iscrizione è in attesa diapprovazione al ministero delle Attività produttive.

In Europa: così simili, ma così diverse«La cosa più importante in questo processo che accomuna tutte leesperienze di imprese sociali, a quasi tutte le latitudini, è il concettodi governance che si portano dietro», continua Zandonai. «In tuttequeste organizzazioni vige il principio fondamentale di “una testa unvoto”. In questo modo chi partecipa, chi fa parte della cooperativa odell’impresa sociale, si assume delle responsabilità, è coinvolto, nonè più visto come cittadino consumatore, ma come cittadino copro-duttore o comproprietario. Se sottoscrivo una mutua presso un’assi-curazione di cui sono socio, non solo mi interesserò dei rendimentie dei servizi, ma potrò anche intervenire, se non nella gestione quo-tidiana, nell’orientarne gli indirizzi generali», conclude Zandonai.

Ma in Europa il percorso verso l’armonizzazione delle legisla-zioni e, soprattutto, delle definizioni di economia sociale, e del suosotto-insieme che è l’impresa sociale, è ancora molto lungo. In Fin-

landia per esempio per legge il termine im-presa sociale è riservato solo a quelle orga-nizzazioni che si occupano di promuoverel’occupazione delle fasce svantaggiate.

Un altro esempio significativo è quellodella Germania, dove lo sviluppo di un’e-conomia sociale di mercato, che prevedevafin dalla fine dell’800 forme di cogestione edi “economia sociale”, ha soffocato il di-battito. La situazione è paradossale dal mo-mento che, pur avendo tradizione ed espe-rienza, ad oggi manca un vero e proprio di-

battito e una specifica legislazione. In una posizione opposta si trova la Gran Bretagna che ha visto

il concetto di impresa sociale trasformarsi in un eccellente brand cheha accompagnato il sogno della “terza via” promettendo di combi-nare giustizia sociale e dinamismo economico. Una sovraesposizio-ne dell’impresa sociale, proposta come soluzione “accettabile” persindacati e cittadini, scorciatoia, per chi governava, per garantirsi lalibertà di rivisitare il welfare britannico.

Insomma: la costruzione di un Europa sociale, come emergedall’intervista dell’onorevole Patrizia Toia, si prospetta ancora lun-ga e faticosa. .

La torre del comunedi Bertinoro.

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| 54 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

Una settimana di sport, cultura e musicaall’insegna del confronto e del dialogo sul tema della “lentezza”.www.festivaldellalentezza.it

23 - 25 ottobre TRENTOFA’ LA COSA GIUSTATre giorni per immergersi nella mostramercato che ogni anno si svolge a Trento, fra agricoltori biologici,botteghe del commercio equo,associazioni, cooperative sociali e aziende che propongono prodotti e servizi sostenibili.www.falacosagiusta.org

28 - 31 ottobre RIMINIECOMONDOTredicesima edizione della fierainternazionale del recupero di materiaed energia e dello sviluppo sostenibile.www.ecomondo.com

28 - 31 ottobre RIMINIKEYENERGYTerza fiera internazionale per l’energia e la mobilità sostenibile, il clima e le risorse per un nuovo sviluppo.www.keyenergy.it

28 - 31 ottobre FIRENZEDIRE E FAREInnovazioni, idee, esperienze per l’amministrazione pubblica che ci “serve”. Giunta alla dodicesima edizione.www.dire-fare.eu

4 - 5 novembre ROMAH2ROMAEvento di comunicazione scientifica che spiega e permette di toccare con mano le tecnologie più avanzate a favore della mobilità sostenibile.www.h2roma.org

20 - 22 novembre BOLZANOBIOLIFE 09Sesta fiera del prodotto biologico.www.fierabolzano.it/biolife2009

20 - 22 novembre GAGLIANICO (BI)ECOLIFEFiera del futuro sostenibile: ideeinnovative per un mondo ecosostenibile.www.laltromondo.it

21 - 29 novembre EUROPAEUROPEAN WEEK FOR WASTEREDUCTION Evento organizzato con il supporto del programma della CommissioneEuropea “Life+” per promuovere azionisostenibili volte alla riduzione dei rifiuti.www.europa.eu

21 - 29 novembre ITALIADISIMBALLIAMOCIEvento organizzato da Legambiente per sensibilizzare i cittadini e le catenedi distribuzione sull’uso eccessivo degli imballaggi che avvolgono i prodotti in vendita.www.legambiente.eu

25 - 28 novembre MILANOENERSOLAR+Mostra-evento presso la fiera di Milanodedicata al mondo dell’energia solare.www.enersolarplus.com

26 - 29 novembre SABAUDIA (LT)XXVIII CONVEGNO INTERNAZIONALE DI AGRICOLTURA BIODINAMICAL’economia della natura, dalla coltivazioneai consumatori: la filiera della qualitàbiodinamica e di un prodottoeconomicamente sostenibile.Telefono 02 29002544

3 - 5 dicembre ANCONAFROM GDP TO WELL-BEING:ECONOMICS ON THE ROAD TO SUSTAINABILITYConferenza internazionale sui nuoviindicatori del benessere organizzatadall’università Politecnica delle Marche.fromgdptowellbeing.univpm.it

Centro di Cultura Ecologica www.croceviaterra.it

15 - 18 ottobre FIRENZEFESTIVAL DELLA CREATIVITÀQuarta edizione dell’evento, fattodi convegni, spettacoli, laboratori,con i quali si vogliono coinvolgere singolie comunità, grandi nomi dell’arte,dell’innovazione, economia e cultura.www.festivaldellacreativita.it

16 - 17 ottobre RIMINILE GIORNATE DI BERTINORO PER L’ECONOMIA CIVILENona edizione dell’evento, quest’annodedicato a “L’economia civile nellasocietà del rischio”, che riunisceannualmente i maggiori rappresentantidel mondo del Terzo settore. www.legiornatedibertinoro.it

16 - 18 ottobre GUBBIOALTROCIOCCOLATOManifestazione interamente dedicata al cioccolato che promuove un diversomodello di produzione e di consumo,basato su relazioni eque e solidali, sul rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali.www.altrocioccolato.org

17 - 25 ottobre ITALIAIO FACCIO LA SPESA GIUSTASettimana nazionale per il commercioequo e solidale, giunta alla sua sestaedizione, è diventata un appuntamentofisso per conoscere da vicino e provare i prodotti, ma anche per partecipare a numerosi eventi ed incontri.www.fairtradeitalia.it

17 - 26 ottobre SALVEZZANO (PADOVA)FESTIVAL DELLA LENTEZZA

2 - 4 ottobreTREVISOSOBRIETÀ COME STILE DI VITAMostre, installazioni, materialeinformativo, banchetti, buffet, laboratorie concerti sui nuovi stili di vita.www.sobrietas.orgwww.icaretreviso.org

2 - 4 ottobreROMASALONE DELL’EDITORIA SOCIALELibri e incontri sull’attualità sociale:dall’immigrazione al diritto al lavoro,dalla maternità alla finanza etica.www.editoriasociale.info

4 ottobre ROMABIODOMENICAGiornata nazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione biologicaorganizzata da Legambiente, Aiab(Associazione italiana agricolturabiologica) e Coldiretti.www.biodomenica.it

8 - 10 ottobre BASTIA UMBRA (PG)KLIMAHOUSE UMBRIA 2009 Fiera specializzata per l’efficienzaenergetica e l’edilizia sostenibile.www.klimahouse-umbria.it

8 - 10 ottobre PALERMO10° HAPPENING DELLA SOLIDARIETÀ Tre giorni di convegni e seminari con al centro l’economia solidalesiciliana.Il premio Nobel per la paceMuhammad Yunus sarà ospite duranteun convegno sul microcredito nel pomeriggio di giovedì 8 ottobre.www.solcoct.coop

8 - 10 ottobre CREMONAFORUM INTERNAZIONALE DEGLI ACQUISTI VERDITerza edizione della mostra-convegnodedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurementpubblico e privato.www.forumcompraverde.it

15 - 18 ottobre ROMAVI FESTIVAL INTERNAZIONALEAUDIOVISIVO DELLA BIODIVERSITÀProiezioni, incontri, concerti con un filoconduttore: la tutela della biodiversità.

Ombre della Raf sul tracollo tedesco

L’indagine

di Paolo Fusi

A RIAPERTURA DELLE INDAGINI SULLA MORTE del procuratore generale federale della Germania Siegfried Buback (nella foto), avvenuta nell’estate del 1977 ad opera del gruppo terroristico Raf (Rote Armee Fraktion - Frazionedell’armata Rossa), è un ulteriore segnale pericoloso del degrado della situazione economica e politica del Vecchio continente. Buback, responsabile di un’interpretazione delle leggi estremamente radicale, venneucciso come simbolo di una Germania che non era riuscita ad uscire dal fango del nazismo perché continuavaa lavorare con gli stessi burocrati e magistrati che erano stati alla guida del Paese tra il 1933 ed il 1945. Bubackfece incarcerare gli avvocati delle Raf asserendo che chi difende i terroristi ne è automaticamente complice.Buback fece anche torturare i manifestanti delle organizzazioni studentesche, arrestati duranti interventiestremamente violenti della Polizia. Non avendo un Partito Comunista al 30%, in Germania lo Stato potevapermettersi di sopraffare i propri dissidenti come in Italia solo il ministro Tambroni tentò di fare (e fu costretto a dimettersi dopo i fatti di sangue di Genova). Ma un omicidio resta un omicidio, non lo si può giustificare. Per quella morte sono in prigione da 30 anni tre persone innocenti. Uno di questi, Knut Folkerts, al momentodell’attentato si trovava in Olanda (lo stabilì il processo che lo condannò), ma si beccò l’ergastolo perchésolidarizzava con gli altri due. Da allora su tutta la faccenda è sceso un silenzio di tomba.

Un silenzio rotto dal figlio di Buback, Michael, che in tutti questi anni ha cercato di capire chi avesseveramente ammazzato il padre. Un po’ come il figlio di Roberto Calvi. La sua ricerca ha avuto successo. Già nel 1980 una condannata all’ergastolo (graziata poco dopo), Verena Becker, aveva accusato un altro membrodelle Raf non collegato ai tre condannati. Doveva saperla bene la verità. Nonostante non appartenesse alle Raf,

ma ad un’altra organizzazione simile a Lotta Continua, il Movimento 2 Giugno, venne arrestata pochi giorni dopo l’attentato al confine con la Svizzera. La Polizia la aspettava, sapeva che lei aveva in auto la mitraglietta dell’attentato. Sta di fatto che Verena Becker non è mai stata coinvolta nell’attentato e ha ricevuto la libertà e una nuova identità. Va anche detto che al momento della sua entrata nel cosiddetto terrorismo la signora Becker aveva 15 anni, solo 15 anni.

Di storie del genere è piena la storia dei movimenti studenteschi di sinistra in Italia. Perché il CancelliereMerkel, che a fine agosto ha preso una sberla memorabile alle elezioni amministrative, ora rispolvera le Raf e mette in galera una donna che probabilmente era più un agente provocatore della Polizia che un membro di un’organizzazione terroristica? Perché tutta la stampa salta su questo treno e pubblica centinaia di pagine su questa roba? Perché la Germania è sull’orlo della bancarotta e il potere politico si è arreso di fronte alle banche e alle grandi industrie, che hanno ordinato alla signora Merkel di pagare i miliardi di buco creato dalle speculazioni sui derivati e dalle pazzie sui crediti immobiliari con cui sono stati truccati i bilanci degli ultimi 20 anni di tutte le aziende di rilevanza nazionale. La prova è il fallimento della Ikb, che è l’equivalente della Cassa del Mezzogiorno, e della sua proprietaria, la Kfw.

Un fallimento che ha per responsabili i politici (che seggono nei Cda) delle ultime legislature: governi fatti da democristiani, socialdemocratici, verdi e liberali – quindi tutti, tranne il Pds e i neonazisti. Un fallimentopagato con i soldi dei contribuenti. In Germania, come detto, l’opinione pubblica è sempre stata soffocatamolto più professionalmente che in Italia. Berlusconi sta imparando in fretta. .

L

In Germania si riaprel’inchiesta sulla morte di Siegfried Buback, per la quale ci sono già trecondannati. E un’altradonna finisce in carcere

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 55 |

| lavanderia |

APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]

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| internazionale |

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 57 |

iinternazionale| inbreve |

Costa d’Avorio: un Paese in bilico aspettando le elezioni >58 Speranze e paure della fabbrica di cioccolato >60Tbc e Hiv insieme: una silenziosa condanna >62

| inbreve |

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AL BANDOI TESTIMONIDI GEOVAIN RUSSIA

Il Tribunale di Rostov ha stabilito lo scioglimento dell’organizzazione,la confisca dei beni e il divieto di ogni attività dei Testimoni di Geova nelle città russe di Taganrog, Neklinov e Matveevo-Kurgan, con una sentenza operativadal 21 settembre. Per contro il movimento religioso accusa i giudici di violazione della libertàreligiosa e si appella alla Corteeuropea per i diritti umani. Nella motivazione resa nota da AsiaNews, la Corte di Rostovpunta il dito su 34 pubblicazioni del testimoni di Geova, considerate“materiale estremistico” e che promuove uno stile di vitasettario ed ostile al Paese. All’inizio dell’anno la Procuragenerale della Federazione aveva già bollato i principi contenuti nelle pubblicazioni dei Testimoni di Geova come“incitamento all’isolamento sociale” e a comportamenti che “suscitanoun atteggiamento negativo in parte della popolazione e verso le confessioni tradizionalidella Russia”. Il movimentoreligioso, che è presente in Russiadall’inizio del Novecento e afferma di raccogliere oltre 200 mila fedeli,ha denunciato di aver subito nel giro di sole 3 settimane all’iniziodell’anno, più di 500 controlli di polizia nelle loro comunità locali.

LE IMPRESEITALIANEINVITATE ALASCIARE L’IRAN

Mentre continuano le manifestazionidell’opposizione contro il governoiraniano, sono circolate voci chel’Italia su pressione di Washington,voglia rescindere i legamicommerciali con l’Iran. Secondo il Riformista sarebbe stato il nuovoambasciatore Usa a Roma, David H. Thorne, a consigliare informalmentedi porre molta cautela in futureattività economiche in Iran. Sarebbequindi partito un telegrammaindirizzato a tutte le impreseitaliane con l’avvertimento di tralasciare eventuali nuoviinvestimenti e nuovi rapporticommerciali e di ritirare tutto il personale non necessario. L’Italiaè il primo partner commercialedell’Iran in Europa e si è sempredimostrata disponibile al dialogo. I suoi importanti rapporti economicipotrebbero diventare un elemento di pressione. Le relazioni si starebberoraffreddando dopo l’annullamentodella visita, volta al coinvolgimentodell’Iran nella “stabilizzazione” di Pakistan e Afghanistan, che il ministro degli Esteri, FrancoFrattini, aveva in programma a maggio. La richiesta di cambiarela sede dell’incontro non sarebbestata accolta da Frattini. L’Italia nonfa parte del gruppo 5 + 1, i 5 Paesimembri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu – Russia. Usa,Cina, Francia e Gran Bretagna – più la Germania che il 1° di ottobrehanno presentato all’Iran un pacchetto di proposte per avviarele trattative sul nucleare iraniano.

L’EUROPA NON È DEMOCRATICA LO DICE LA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA

Una questione molto spinosa per l’Europa e per la Germania è stata sollevata dalla Cortecostituzionale tedesca. Dopo l’approvazione a grandemaggioranza da parte del Parlamento tedesco del trattato chiamato “Costituzione europea” prima e di quello di riforma poi (noto come Trattato di Lisbona), mancava solo la firma di ratifica da partedel presidente della Repubblica. Firma sospesa in attesa di una sentenza della Corte costituzionale di Karlsruhe, davanti alla quale pendeva un giudizio di incostituzionalità presentato dalla formazionepolitica di sinistra Die Linke. La sentenza è arrivata

alla fine di giugno e denuncia gravicarenze di democrazia nell’integrazionepolitica europea basandosi sullaconstatazione che «...l’Unione europeanon raggiunge alcuna forma cheesprima il livello di legittimazione di unademocrazia statuale costituzionale».

Il giudizio è molto duro e coinvolgetutte le procedure decisionali: dal Consiglio dei ministri, in quanto

organo che riunisce i “signori dei trattati” al di fuori del modello di “seconda camera” parlamentare, alla Commissione, perché non può configurarsi comegoverno non essendo pienamente responsabile né nei confronti del Parlamento né del corpo elettorale.Per queste e altre ragioni la sentenza chiede una seriedi condizioni per la ratifica del Trattato di Lisbona: il rafforzamento del potere del Parlamento nazionale,facendo sì che sia il Parlamento stesso il decisore in ultima istanza. Insomma una revisione completadella struttura istituzionale europea a cui le altrenazioni dovranno rispondere.

CINQUE NUOVEBASI MILITARIAMERICANEIN COLOMBIA

Il governo colombiano ha annunciato un accordo militarecon gli Usa che prevede l’apertura di 5 nuove basi militari, per contrastare il narcotraffico.L’annuncio dell’accordo tra l’Amministrazione Obama e il presidente Alvaro Uribe, però, ha subito sollevato le reazionicontrariate del presidente brasilianoLula, che ha richiesto un incontrocon gli Usa, ravvisando nelladecisione un’ingerenza statunitensenell’area. Alla richiesta si sonoaggiunti Evo Morales presidentedella Bolivia, Cristina Fernadezdell’Argentina, Fernando Lugo del Paraguay, Hugo Chavez del Venezuela e Rafael Correadell’Ecuador, che hanno tutticoncordato sulla sensazione di minaccia che le basi incutono. Il venezuelano Hugo Chavez ha sottolineato che «questa presenzapotrebbe scatenare una guerra in Sud America». Solo il Perù si è detto favorevole, al momento,all’accordo che prevede la presenzadei militari americani per 10 anninelle tre principali basi aeree della Forza Area Colombiana: quelladi Palanquero (a soli 10 chilometrida Bogotà), la Alberto Pouwel e la Apiay.Le altre due basi che verrannosuccessivamente istallate sarannoubicate a Cartagena sulla costacaraibica e a Malaga sulla costapacifica. Il Congresso statunitenseha già stanziato 46 milioni di dollariper l’ampliamento di Palanquero. La politica estera degli Stati Unitiriparte dal “cortile di casa”?

PRIME AMMISSIONI DI COLPADELLA TRAFIGURA NEL TRAFFICO DI RIFIUTITOSSICI PETROLIFERI

Con la proposta di risarcimento avanzata dai legalidella Trafigura, multinazionale anglo-olandese del petrolio, si avvia a conclusione uno dei piùscandalosi traffici di rifiuti tossici mai scoperti.Il caso è quello della nave cargo Probo Koala chenella notte tra il 19 e il 20 agosto del 2006 scaricò528 tonnellate di scorie prodotte da una raffineriamessicana, prese in consegna per lo smaltimentodalla Trafigura, nel porto di Abidjan (Costa d’Avorio)e successivamente le smistò in 16 diverse zone della città. Nel periodo immediatamente successivomorirono 17 persone e ci furono migliaia di intossicati.

Contrariamente a quantodichiarato dai responsabilidella multinazionale, i dirigenti erano perfettamente al corrente della composizionedel carico della nave e del suosmaltimento illegale. Grazie ad una serie di mail

pubblicate dal Guardian e dalla BBC, sono emerse le responsabilità addirittura del presidente della Trafigura, Claude Dauphin, che avrebbe invitatoi collaboratori ad “essere creativi” per trovare unasoluzione alla questione Probo Koala. Il 13 febbraio2007 la Trafigura aveva sottoscritto un accordo con lo Stato ivoriano, offrendo 152 milioni di euro in cambio della rinuncia ad ogni causa legalepresente e futura. Solo un quarto della somma però sarebbe andata alle vittime, mentre il restosarebbe andato allo Stato e alle Amministrazionilocali. Per questo motivo circa 31 mila persone si sono rivolte alla magistratura inglese ed è stato presentato un esposto collettivo.La pubblicazione delle mail avrebbe deciso la multinazionale a “prendere in considerazione la possibilità di un compromesso rispetto alla richiesta di indennizzo”.

INDONESIA:NIENTE PENADI MORTE PERGLI ADULTERI

Il governo della provincia indonesianadi Aceh, non ha firmato la legge,voluta dal Parlamento che rendel’infedeltà coniugale un reato punibilecon la pena di morte, secondo i dettami della Sharia, la leggeislamica. Hamid Zein, capodell’ufficio legale del governo, ha dichiarato che «l’Amministrazionerespinge fortemente la legislazioneapprovata dal Parlamento». Il Parlamento di Aceh, che gode di unaparziale autonomia dal legislatorecentrale, ha votato per introdurreuna legge che consente la pena di morte per lapidazione nei casi di adulterio se i colpevoli sonosposati, e dure punizioni corporali(comprese le frustate) per i comportamenti contrari alla leggeislamica e alla morale, tra le qualil’omosessualità, punibile con la reclusione, la violenza sessuale,l’alcool e il gioco d’azzardo. Il ministro degli Interni si è dichiaratocontrario, sostenendol’incostituzionalità della legge e che questa potrebbe nuocere alla provincia di Aceh. Ha annunciato, inoltre, il ricorso alla Corte suprema indonesiana. La Commissione nazionale contro la violenza sulle donne è stata ancorapiù dura: ha chiesto la revisionedella legge nazionale che permetteal governo di Aceh di introdurre unalegislazione basata sulla Sharia. La maggioranza della popolazioneindonesiana è musulmana moderatae il provvedimento, viste le reazionicontrarie, verrà bloccato.

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DOPO QUASI QUATTRO DECENNI DI INDIPENDENZA e prosperità economicail Paese è sprofondato nella violenza a partire dal 1999, anno del colpo di Stato militare guidato da Robert Guei. La successiva presa di potere di Laurent Gbagbo nel 2000 non ha placato la tensione. Nel 2002 le forzedissidenti di Guillaume Soro hanno occupato il nord del Paese lasciando il sud in mano alle truppe fedeli al presidente. Dopo l’intervento dell’Onu, che ha inviato una forza d’interposizione ad ampia partecipazione francese,Gbagbo e Soro hanno accettato di firmare un accordo di pace nel marzo2007, dando vita a un governo di unità nazionale: il primo è stato confermato presidente, al secondo è andata la carica di primo ministro. Lo svolgimento delle elezioni a novembre resta ancora incerto. Ad agosto gli analisti della società d’investimentoUba Capital, citati dalla Reuters, attribuivano al rinvio elettorale una probabilità del 30-40%.

UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALEDOPO IL COLPO DI STATO MILITARE

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N PAESE IN SURPLACE”. La definizione è di un giornale satiri-co ivoriano ed è la didascalia di un disegno esplicito: treciclisti in pista, in equilibrio sulle loro biciclette che si

guardano in apprensione, con tutti i sensi tesi, inca-paci di fare la prima mossa ma pronti a rispondere aquella che farà uno degli avversari. I ciclisti sono le ca-

ricature di Laurent Gbabo, attuale presidente, con man-dato scaduto nel 2006, e del Fronte Popolare Ivoriano,Alassane Dramane Ouattara, leader del RaggruppamentoDemocratico Repubblicano, e Henri Konan Bediè, del Par-tito Democratico fondato dal padre della Patria FelixHouphouet Boigny dalla cui morte, avvenuta nel 1993,sono cominciati tutti i guai della Costa D’Avorio.

Aspettando le elezioniEppure i tre ciclisti non potranno stare in surplace permolto tempo. Le elezioni incombono, sono annunciate

per il mese di novembre dopo che dal 2006 sono statefissate ogni anno e regolarmente rinviate all’anno suc-cessivo. Un gioco che ha consentito finora di rinviare laresa dei conti, ma che non può durare in eterno.

I continui rinvii delle elezioni sono stati fatti per sta-bilire chi sono i cittadini che hanno diritto al voto in unPaese nel quale un abitante su quattro proviene dall’e-stero. Al momento dell’indipendenza, ottenuta nel1960, la Costa D’Avorio aveva poco più di quattro mi-lioni di abitanti, oggi sono quasi venti. Per comprende-re bisogna prendere in esame la storia recente di questopaese che, fino all’inizio degli anni Novanta, è stato unautentico miracolo africano, sia dal punto di vista dellastabilità politica che da quello della dinamicità econo-mica e dello sviluppo. Un merito che va assegnato tuttoal padre della patria, il vecchio dittatore FelixHouphouet Boigny che riuscì, con intelligenti e abili

riforme economiche a sfruttare un paese ricchissimo, so-prattutto dal punto di vista dell’agricoltura.

Proprio questa estrema dinamicità economica ri-chiamò lavoratori da tutta l’Africa Occidentale, in parti-colare dal confinante Burkina Faso.

Oggi i tre “ciclisti in surplace” sanno bene che la lo-ro vittoria alle elezioni dipende proprio da chi vota,cioè da chi viene considerato ivoriano. Ed è proprio suquesto anacronistico concetto di ivorianità che si gio-ca lo scontro e le biografie dei tre contendenti al pote-re diventano importanti: Henri Konan Bediè, presi-dente del parlamento al momento della morte di Boi-gny, di etnia baoulè e cattolico come il “padre della Pa-tria”; Alassane Dramane Ouattara, di etnia malinke,musulmano del Nord e di origine bukinabè e LaurentGbabo, attuale presidente, ex professore universitarioed ex grande oppositore di Boigny.

L’eredità della guerraI tre si sono già fatti la guerra quando, nel 1999, un col-po di Stato destituiva Bediè e finiva in una guerra civileche ha diviso il Paese in due, al Nord le “Force Nouvel-le” e al Sud il governo di Gbabo. Uno scontro nel qualesi inserirono anche interessi esterni e portarono la Fran-cia, ex madrepatria con grandi interessi nel Paese, abombardare e distruggere tutta la esigua forza aerea del-la Costa D’Avorio.

Da allora la storia della Costa D’Avorio è incompiu-ta. Un accordo raggiunto con la mediazione interna-zionale ha congelato tutto e, sulla carta, ha assegnatoalle elezioni di dirimere lo scontro interno. Ecco perchèle elezioni sono state continuamente rinviate, ed eccoperchè quelli che vengono definiti problemi tecnici –cioè la ricostituzione del registro degli aventi diritto alvoto e il rilascio dei documenti di identità con i quali

Un Paese in bilico

“Udi Raffaele Masto

| internazionale | costa d’avorio |

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

DALLA MORTE DI FELIX HOUPHOUET BOIGNY la Costa D’Avorio ha vistoprecipitare tutti gli indicatori sanitari e sociali tanti che oggi il Paese ha bisogno di un forte sostegno internazionale alla popolazione piùesposta come donne e bambini. Tra le principali organizzazioni per la cooperazione c’è Terre des Hommes che si occupa di aiuto direttoall’infanzia in difficoltà nei Paesi in via di sviluppo. Nata nel 1989 TDHItalia oggi è presente in 23 Paesi di tre continenti con oltre 90 progetti a più di 400.000 beneficiari con interventi a favore della salute di base e protezione materno-infantile, educazione di base, formazioneprofessionale, protezione dei bambini di strada e in conflitto con la legge,promozione dei diritti umani. Terre des Hommes Italia fa parte della Terredes Hommes International Federation che da 50 anni promuove edifende i diritti dell’infanzia in tutto il mondo. In Costa d’Avorio, con ilsolo progetto Maternità Sicura, dal 2004 Terre des Hommes ha sostenuto più di 40 mila donne e 30 mila bambini. Per sostenere TDH visita il sitowww.terredeshommes.it oppure chiama lo 02 28970418.

La Costa d’Avorio fino agli anni Novanta è stato un “miracolo africano” per stabilità politica e sviluppo. Le elezioni di novembre, rimandate più volte dal 2006, potrebbero far riesplodere le contraddizioni che hanno già portato alla guerra civile.

Durante il progettoMaternità Sicura,dal 2004, Terre des Hommesha sostenuto più di 40 mila donne e 30 mila bambini.

COSTA D’AVORIO

OCEANO ATLANTICO

A F R I C A

Nome: Republique de Côte d’IvoirePopolazione: 20,6 milioniCapitale: YamoussoukroCittà principale: AbidjanForma di Stato: repubblica Indipendenza: 1960 (dalla Francia)Pil 2008: 23,51 miliardi di dollari Pil pro capite 2008*: 1.700 dollariTasso di crescita reale 2008: 2,3%Rapporto debito Pil: 60,3% Tasso d’inflazione: 6,3%Cacao destinato all’export: 90% Alfabetizzazione**: 48,7%Mortalità infantile: 6,8%Tasso di crescita della pop: 2,1%Speranza di vita: 55,5 anni* A PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO** PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE

CON PIÙ DI 15 ANNI DI ETÀ IN GRADO DI LEGGERE E SCRIVERE

IL PAESE IN CIFRE

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Speranze e paure della fabbrica di cioccolatoIl cacao: primo prodotto nazionale, motore di sviluppo economico e di guerre. Tutto ruota attorno ad esso.

presa di potere di Laurent Gbagbo nel 2000 la musica è cambiata. Dasempre paladino dei diritti di proprietà degli “indigeni”, il presi-dente ha contribuito a esacerbare lo scontro etnico. «Queste tensio-ni sono state aggravate dalla guerra a causa della quale molti pro-prietari sono stati cacciati dalle loro terre – spiega Fulbert Dago, di-rettore generale di Kavokiva, la principale cooperativa di cacao ecaffè del Paese (e prima realtà africana del cacao ad essere certificatafair trade nel 2004) - dopo le elezioni la situazione dovrebbe miglio-rare, a condizione che il presidente eletto lavori per la risoluzionedefinitiva di questi problemi».

Un mercato in crisi...Per il cacao nazionale, intanto, ci sono pessime previsioni. L’impo-verimento delle piantagioni costerà un -20% nei raccolti stagionalidestinati all’export ha spiegato il presidente del Comité de Gestion dela Filière Café-Cacao Gilbert N’guessan all’agenzia Afp riducendol’ammontare dei ricavi. Un guaio per un Paese che vorrebbe sfrutta-re la ripresa dopo l’altalena dei prezzi che ha coinvolto le commodi-ties l’anno passato. Dal dicembre 2007 al giugno 2008 il prezzo delcacao è passato da 2.100 a 3.000 dollari per tonnellata ma in quellafase, sottolinea Alex Assanvo, coordinatore regionale per l’Africa Oc-cidentale della Fairtrade Labelling Organization (l’organismo di cer-tificazione del commercio), «hanno tratto profitti soprattutto gli spe-culatori». Contemporaneamente le aziende agricole hanno benefi-ciato di «un prezzo leggermente superiore, ma non sufficiente a co-

prire i costi di produzione o a migliorare, a lungo termine, la qualitàdella vita soprattutto dei piccoli produttori». Quando a novembre2008 il prezzo è sceso a quota duemila dollari la situazione delleaziende agricole è peggiorata ulteriormente.

...da riformare al più prestoOggi il valore di mercato del cacao è tornato aimassimi storici ma le riforme attese a tutela deiproduttori tardano ad arrivare. Con il sostegnodella Banca Mondiale il governo sta pianificandouna nuova normativa di cui si sa ancora poco mache, hanno osservato alcuni analisti, potrebbeportare alla rifondazione del “fondo di stabilizza-zione” abolito alla fine del XX secolo e simile aquel Cocoa Board che, nel vicino Ghana, fissaquote e prezzi di esportazione facendo da inter-mediario tra produttori e mercati. Con il sistemaattuale, sottolinea Alex Assanvo, lo Stato «noncompra cacao dai produttori, ma si limita a stabi-lire un prezzo minimo che peraltro non è obbli-gatorio e quasi mai rispettato dalle multinaziona-li nelle loro trattative con i produttori». A guada-gnare maggiormente dalla scarsa regolamentazio-ne sono ovviamente i soliti noti. «Nestlè, Cargill,Barry Callebaut e ADM – ricorda ancora Assanvo -

hanno delle filiali regolarmente registrate in Costa D’Avorio, oltre amagazzini di stoccaggio e impianti di prima trasformazione del ca-cao. Questo le mette in grado di controllare direttamente il mercato

locale». Anche se lo sviluppo del fair trade sta con-sentendo a un numero crescente di produttori diuscire dal sistema di mercato dei grandi distribu-tori, le corporation, che esportano soprattutto inEuropa e negli Usa (le due aree dove si concentraoltre il 70% del consumo mondiale), continuanoa fare affari d’oro. Sono presenti nel Paesi da annie gli scandali non le hanno fermate. Nel 2007l’Ong britannica Global Witness ha accusato igrandi esportatori tra cui Cargill (Usa), Archer Da-niels Midlands (Usa), ED & F Man Holdings (GranBretagna) e Barry Callebaut (Svizzera) – di aver pa-gato imposte destinate a sostenere le parti in lottadurante la guerra civile. Due anni prima, l’associa-zione International Rights Advocates aveva decisodi patrocinare una causa intentata contro Nestle,Archer Daniels e Cargill da tre ex schiavi-bambinidel Mali che per sei anni avevano lavorato nellastessa filiera che riforniva le tre imprese. Il Dipar-timento di Stato Usa stimò allora che nelle pian-tagioni ivoriane fossero costretti a lavorare alme-no 15 mila bambini. .

E VOLESSERO TROVARE UNO SLOGAN ELETTORALE VINCENTE, i can-didati alla presidenza della Costa d’Avorio dovrebberoforse ricorrere ai versi di Fernando Pessoa: «Tutte le reli-

gioni non insegnano più della confette-ria», scriveva il poeta portoghese. E perla nazione africana, oggi come ieri, non

sembra esserci niente di più vero. Il cacao, di cui la Costa d’Avorio re-sta il primo produttore mondiale, continua a indirizzare i destini delPaese. E non ci sono ideologie, nemmeno i nazionalismi o i “territo-rialismi” locali, che possano spiegare gioie e dolori del suo popolo me-glio di quella materia prima che l’Occidente divora con beatitudine.

Cacao: il motore della storiaTutto o quasi, ruota da sempre attorno al cacao. È stato così per ilgrande sviluppo economico iniziato negli anni ‘60, non è stato di-verso per la guerra civile che, all’inizio del XXI secolo, fu finanziatadal prodotto nazionale e spaccò in due la nazione. E la situazioneodierna, ovviamente, non sfugge alla regola. La vigilia elettorale, harilevato di recente un reportage dell’agenzia Reuters, è scossa dallospettro delle dispute territoriali, una pluralità di conflitti che po-trebbero lacerare gli equilibri di un settore produttivo largamentedominato dalle piccole e medie aziende. Dopo l’indipendenza il pre-sidente Felix Houphouët-Boigny dichiarò che la terra apparteneva achi la coltivava, ispirando così l’emigrazione dei contadini del Norde degli agricoltori del vicino Burkina Faso. Con il golpe del 1999 e la

di Matteo Cavallito

LA SPESA? FACCIAMOLA GIUSTA

GARANTIRE AI PRODUTTORI UN PREZZO MINIMO ED EQUO che li protegga dai cicli negativi di mercato e li ricompensi adeguatamente quandol’aumento dei prezzi offre nuovi margini di profitto. Sono le semplici regole del commercio equo e solidale, il sistema di scambio pensato per tutelarei produttori del Sud del mondo. Se volete evitare che un agricoltore ivoriano (o magari nicaraguense, cingalese, boliviano) rinunci a mandare a scuola i propri figli perché gli speculatori hanno deciso di giocare al ribasso sui futures non vi resta che comprare equo. A proporlo con una lunga serie di iniziative sarà Fairtrade Italia che, dal 17 e al 25 ottobre, organizzerà la sesta edizione di “Io faccio la spesa giusta”, la settimana nazionale per il commercio equo e solidale. Tra la presentazione del ricettario rigorosamente equo realizzato dalla chef inglese Sophie Grigson (Librerie Feltrinelli) e le promozioni in molti supermercati (Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Crai, Lidl, Naturasì, Pam, Standa, Billa), l’evento, organizzato in collaborazionecon Legambiente, Banca Etica, Movimento Consumatori, Arci e Feltrinelli, è una vetrina per un settore in forte crescita. Nel 2008 le vendite dei prodotti certificati Fairtrade sono aumentate del 22% portando i ricavi a quota 2,9 miliardi di euro. I consumatori italiani hanno dato il propriocontributo: l’anno scorso le vendite effettuate nella Penisola hanno fruttato ricavi per 43,5 milioni di euro contro i 39 milioni del 2007.

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SColtivatori nel mondo: da 5 a 6 mlnProduzione mondiale: 3 mln ditonnellate annueValore di mercato del settore: 5,1miliardi di dollariAree d’origine: Africa, Asia, Americacentrale e meridionaleCacao prodotto in Africaoccidentale: 70% del tot mondialePrincipali produttori (tonnellate per anno)1 Costa d’Avorio 1,38 milioni 2 Indonesia 740 mila 3 Ghana 615 mila 4 Nigeria 500 mila 5 Brasile 201 mila 6 Camerun 179 milaPrincipali consumatori (quote di mercato)1 Unione Europea 41,7%2 Usa 32,7%3 Russia 7,7%4 Giappone 6,4%5 Brasile 3,7%6 Canada e Polonia 2,6%

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I NUMERI DEL CACAO

iscriversi alla consultazione – sono in realtà problemipolitici cruciali.

Oggi la Costa D’Avorio è un Paese a rischio sebbenegli anni della stabilità e dello sviluppo hanno lasciato se-gni che ancora fanno di questo Paese uno dei più evolu-ti di tutta l’Africa. Le principali città sono tutte collegateda strade asfaltate anche se il manto comincia a subirel’usura del tempo; Abidjan, la capitale economica, è unamegalopoli moderna con grandi centri commerciali incui si trova tutto e librerie sparse in tutti i quartieri. Il Pae-se poi può contare su una popolazione alfabetizzata e col-

ta, grazie ancora agli anni di Boigny durante i quali lascuola era obbligatoria e la sanità ad un buon livello.

La Costa D’Avorio poi continua, nonostante tutto,ad essere il maggiore esportatore di cacao del mondo eultimamente le prospezioni alla ricerca di petrolio han-no scoperto giacimenti off shore molto ricchi. Insommail paese è allettante ma non richiama investimenti stra-nieri proprio perchè i possessori di capitali attendono glieventi che, non è affatto escluso, potrebbero precipitarela Costa D’Avorio in un buco nero dal quale sarà diffici-le tornare ai livelli del passato. .

Un momento della campagna internazionale di vaccinazione antipolio “Kick Polio out Africa”.

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deva in fase di regressione irreversibile, è invece più viva e letale chemai. Sono passati sedici anni da quando l’Organizzazione mondialedella Sanità la dichiarò “emergenza globale”, ma la situazione non èmigliorata. Scegliete voi il dato più allarmante: forse i due miliardi dipersone (un essere umano su tre) contagiati? Oppure i nove milioni cheogni anno sviluppano la malattia attiva? O il milione e settecentomi-la morti (pari, appunto, alla popolazione della Sardegna)? O magari i50 mila “incurabili”, uccisi dalla XDR-TB, la forma di tubercolosi resi-stente a qualsiasi farmaco oggi conosciuto e in costante aumento?

Il quadro, per quanto fosco, non è però completo: perché, acomplicare il tutto, c’è il fatto che la Tbc sta dilagando nei Paesicon alti tassi di Hiv: non a caso, è tra le principali causa di morteper chi è affetto da Aids e le persone con Hiv hanno il 50% di pro-babilità in più di sviluppare la Tbc (ma solo l’1% è sottoposto acontrolli adeguati). Qui s’innesca il circolo vizioso dell’alleanza tra

le due malattie: perché diagnosticare la tubercolosi nei soggetticon Hiv è più difficile (il corpo non ha la forza per reagire e i sin-tomi sono più blandi). La diagnosi è quindi tardiva. I malati nonvengono isolati, finiscono per contagiare altre persone e il nume-ro di morti cresce. Se invece i malati prendono solo una parte del-le medicine per le due malattie (è facile, visto che stiamo parlandodi una decina di pillole al giorno), si rischia di creare ceppi resi-stenti di Tbc. «Ricordo un ragazzo che era molto malato», raccon-ta Charles Ssonko, medico di Medici Senza Frontiere in Zambia.«Era HIV-positivo ma non sono riuscito a diagnosticare la Tbc.Non tossiva ma stava dimagrendo rapidamente. I test dell’espet-torato e la radiografia erano negativi. Non potevo quindi fargli ini-ziare la terapia. Alla fine è andato in una grande città e gli è statafatta la diagnosi corretta. La mancanza di strumenti diagnosticiadeguati ha causato un ritardo di due mesi nelle cure».

Cure inadatte e fondi scarsiProprio l’assenza di mezzi di diagnosi idonei e di farmaci specificiper la coinfezione tra Hiv e Tbc è il punto su cui più insistono le ri-chieste di Medici Senza Frontiere.

«La cura della Tbc è superata, complicata e inadeguata ai pro-blemi dei pazienti con la coinfezione. Da decenni non vengonosviluppati nuovi medicinali per la Tbc e l’aumento dei casi di bat-terio resistente rende ancor più complesso il problema», denunciaKostas Moschochoritis, direttore generale di Msf Italia. «I governie i donatori internazionali devono investire in ricerca e nello svi-luppo di nuovi farmaci, nuovi metodi di diagnosi e vaccini. Ser-vono almeno 2 miliardi di dollari ma, secondo il Treatment ActionGroup, ne sono stati investiti solo 429 milioni». Ci sono tutte lecondizioni perché la situazione diventi esplosiva: magari un paiodi servizi nei nostri tg li meriterebbe? .

| internazionale | crisi dimenticate/1 |

«POCHE RISORSE E MEDICI IMPREPARATI. LA SUPER-TBC È UN PERICOLO REALE»

«SECONDO I DATI RACCOLTI da Medici senza Frontiere,nel 2007 sono stati destinati per la lotta alla tubercolosi,ma non sempre realmente spesi, 31 milioni di euro, pari al 7% dei fondi destinati alla ricerca». La denuncia è di Gianfranco De Maio, responsabile medico di MSF.

La cifra è inadeguata?È irrisoria e al tempo stesso sconcertante. Soprattuttoperché la Tbc si presenta oggi con nuovi volti ancora più difficili da contrastare, con ceppi resistenti ai farmacie in coinfezione con l’Hiv.

Come si sviluppano i ceppi resistenti?Esistono nel mondo sei farmaci per curare la Tbc. Se la malattia viene trattata con uno di quei medicinalima la somministrazione avviene in modo discontinuo o poco attento, il batterio muta e si adatta. Quando è immune ad almeno due farmaci, lo definiamo“multidrug resistente”. Mezzo milione di persone è oggi infettato da ceppi resistenti.

Si arriva poi al caso più grave: quello degli

“incurabili”…Esatto. Il modo demenziale in cui è stata curata la Tbc in alcuni paesi, soprattutto in Asia Centrale, ha favorito lo sviluppo dell’XDR-TB, un ceppo resistente a tutti i farmaci esistenti. Una sorta di “super-Tbc” che uccidealmeno 50 mila persone ogni anno.

Il fenomeno è quindi limitato?Ma sono già 55 gli Stati che hanno fatto registrarealmeno un caso. La situazione ci tocca da vicino e rischia di coglierci impreparati.

Perché?Perché alle nuove generazioni di medici non è statoinsegnato a diagnosticare la malattia, che si credevaormai sconfitta. Io stesso ho imparato a riconoscerlasolo con il mio lavoro sul campo per Msf.

In più, mancano strumenti diagnostici e farmaci adeguati…

Come nel caso della coinfezione Hiv-Tbc, non esiste un protocollo standardizzato di cure, che possa essere

applicato con facilità. Vanno poi individuati farmaciadatti alla nuova situazione. Ma gli Stati, tranne forse gli Usa, non hanno abbastanza risorse per intervenire. E le società farmaceutiche investiranno in ricerca soloquando l’allarme sociale supererà una certa soglia e saranno certe di avere un sicuro tornaconto economico.Em. Is.

MMAGINATE SOLO PER UN ATTIMO il clamore che susciterebbe unamalattia che, in un anno, uccidesse tutti gli abitanti della Sar-degna. O un morbo che sterminasse tutti gli abitanti di Treviso

o Savona e fosse refrattario ad ogni cu-ra. Non è fantascienza ma cronaca: èesattamente ciò che sta avvenendo.

Eppure i riflettori dei media continuano a concentrare l’attenzione suuna influenza – quella suina – non più pericolosa di un virus inverna-le. Nel frattempo, uno spettro molto meno conosciuto ma assai piùconcreto sta flagellando milioni di persone: alla base di questa epide-mia, un’alleanza letale tra il batterio della tubercolosi e il virus Hiv.

L’Oms: tisi, emergenza globaleProcediamo con ordine: la tubercolosi, il “mal sottile” ottocentesco, ce-lebre per le vicende della Violetta pucciniana, che negli Anni 70 si cre-

Tbc e Hivinsieme: unasilenziosacondanna

La tubercolosi uccide ogni anno 1,7 milioni di persone e l’unionecon il virus dell’Aids la rende ancorapiù pericolosa. È la prima causa di morte tra i sieropositivi.Ma solo l’1% è sottoposto a screeningadeguati. Storia di una coinfezionedimenticata da media, governi e case farmaceutiche.

di Emanuele Isonio

DUE MILIARDI DI CONTAGIATI, quasi due milioni di morti all’anno, casi triplicati di tisi nei paesi adalta incidenza di Hiv e una versione della malattia che è praticamente incurabile e di difficile diagnosinon sono stati sufficienti ai telegiornali di Rai e Mediaset che non hanno dedicato all’argomentonemmeno un servizio durante tutto il 2008. I dati provengono dall’Osservatorio di Pavia, che hamonitorato i Tg per conto di Medici senza Frontiere. La tubercolosi in Italia ha invece trovato spazio incinque servizi che si limitano però a descrivere la situazione italiana. Il criterio della prossimitàgeografica di chi si ammala e il possibile impatto sul territorio nazionale evidentemente influenzano(e molto) l’informazione sulla malattia.

EMERGENZA GLOBALE. ZERO SERVIZI

A LEGGERE I DATI DEL MINISTERO DELLA SALUTE, la Tbc in Italia sembrerebbe una malattia sulviale del tramonto: dai 10 casi ogni 100 mila abitanti del ‘95 si è scesi ai 7,47 del 2006. Un totale di4.387 pazienti. La situazione è però meno rosea di quanto sembri: in alcune Regioni i casi denunciatisono assai meno di quelli reali (in Lombardia ad esempio si è evidenziata una sottostima del 32%).Non sono infatti rare le diagnosi sbagliate o tardive così come gli episodi di mancata denuncia. Sonostate inoltre registrate differenze significative tra le diverse fasce economiche (la Tbc è una malattiafiglia della povertà) e, la metà dei casi riguarda ormai gli stranieri residenti in Italia (il dato, tra l’altro,è in aumento). Un’ulteriore prova di quanto sia pericoloso per la salute pubblica il recente obbligoper i medici di denunciare i pazienti sprovvisti di permesso di soggiorno: non diagnosticarerapidamente la Tbc rappresenta di fatto un lasciapassare per il morbo.

IN ITALIA, UN MALATO SU DUE È STRANIERO

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www.tubercolosi.medicisenzafrontiere.itwww.crisidimenticate.itwww.treatmentactiongroup.org

SITICambogia, una donnasieropositiva e contubercolosi curata dalla Ong Esther,partner di Medici senza Frontiere. Sopra:cure in Sudafrica.

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APPUNTAMENTI OTTOBRE>DICEMBRE PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]

Repubblica Ceca, l’Ungheria, laSlovacchia, lo Slovenia, l’Albania, laCroazia. Sempre più spesso la NATO tendea sostituirsi al comando ONU nellemissioni internazionali, comel’Afghanistan.

25 novembreGIORNATA MONDIALE INTERNAZIONALEPER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZACONTRO LE DONNEL’Italia è stata richiamata dall’Onu adintensificare l’impegno per ilraggiungimento degli obiettivi dellaCampagna del Millennio, fissati nelsettembre 2000, che comprendono ildimezzamento della povertà, l’istruzione primaria per tutti i bambini, laparità tra i sessi e la riduzione dellamortalità infantile.

28 novembreNIGER ELEZIONI PARLAMENTARI

28 novembreROMANIAELEZIONI PRESIDENZIALIPrima tornata elettorale per il rinnovodella presidenza della Repubblica. Laseconda tornata sarà il 12 dicembre.

30 novembre - 4 dicembreL’AIA (OLANDA)ORGANIZATION FOR THE PROHIBITIONOF CHEMICAL WEAPONS (OPCW)14ma sessione della Conferenza degliStati parte della Convenzione contro learmi chimiche. (Nella foto bombe alfosforo su Gaza durante l’operazionePiombo Fuso dello scorso dicembre).

7 - 18 dicembreCOPENHAGEN (DANIMARCA)COP-15Prendono il via i lavori della 15maConferenza NU sul Clima (COP-15).Esponenti dei governi di tutto il mondo siriuniranno per il vertice sul cambiamentoclimatico da cui dovrebbe uscire un nuovoprotocollo. www.en.cop15.dk

24 ottobreGIORNATA INTERNAZIONALE DI AZIONEPER IL CLIMA La prima di una serie di mobilitazioni egiornate di azione globale contro quelleche i movimenti di attivisti coinvolticonsiderano inconcludenti trattative tra i“grandi della Terra” per trovare unasoluzione comune per la lotta aicambiamenti climatici. www.350.org altre date: 30 novembrewww.actforclimatejustice.orge 12 Dicembrewww.climatejustice.blogspot.com

27 - 30 ottobreBUSAN (COREA)3° OECD WORLD FORUMTerzo appuntamento internazionale, dopoil Forum di Palermo nel 1974 e di Istanbulnel 1977, per affrontare il tema dei nuoviindicatori per la misura del progresso.Radunerà 1.500 partecipanti, tra politici,istituti di statistica, associazioni, universitàe giornalisti di 130 Paesi.www.oecd.org

28 ottobreMOZAMBICOELEZIONI PRESIDENZIALI

2 - 6 novembreBARCELLONA (SPAGNA)UNFCCCUltima sessione dei negoziati preparatoridella conferenza sui cambiamenticlimatici di Copenhagen. Molti gliargomenti ancora da chiudere, soprattuttoquelli che riguardano la divisione dei costitra Paesi industrializzati, Paesi emergenti ein via di sviluppo.unfccc.int

13 - 17 novembreLONDRA (GRAN BRETAGNA)MEETING ANNUALE DELLA NATOA 60 anni dalla sua costituzione il TrattatoAtlantico non agisce più solo nell’area deiPaesi che lo hanno sottoscritto, ma haormai ampliato la sua area di influenza atutto il mondo. Molti Paesi dell’ex Patto diVarsavia o della ex Jugoslavia fanno ormaiparte della NATO, come la Polonia, la

12 ottobreMONDOFORUM SOCIALE MONDIALENel corso del nono Forum sociale mondialeche si è svolto nel febbraio scorso a Belemin Brasile, su proposta dei popoli indigeni,è stata decisa la giornata mondiale dimobilitazione in difesa della Madre Terra,contro la mercificazione della vita.www.350.org

13 ottobreAFGHANISTANSCADENZA MISSIONE INTERNAZIONALEScade, se non verrà rinnovato, il mandatodella Missione internazionale inAfghanistan.

14 - 18 ottobreFRANCOFORTE (GERMANIA)BUCHMESSE La Cina sarà il Paese ospite d’onore della61ma edizione della più importante fierainternazionale del libro.www.frankfurt-book-fair.com

16 - 18 ottobreOSLO (NORVEGIA)RIUNIONE EUROPEA 2009 DELLATRILATERAL COMMISSION (TC)Riunione regionale dedicata ai temi diarea, alla quale partecipano i soci deiPaesi interessati più una serie di espertisu invito della Commission. Il sito della TCspecifica che: «Queste riunioni hanno ildoppio obiettivo di approfondire alcunigrandi temi specifici dell’area interessatae di discutere in chiave regionale lapreparazione del Rapporto da pubblicarel’anno successivo dopo la relativaRiunione Plenaria. Per l’Europa, questotipo di riunioni (European Meeting) rivesteuna particolare importanza, datol’elevato numero di paesi interessati».www.trilaterale.it

23 - 25 ottobrePATTAYA CITY (THAILANDIA)15TH SUMMIT MEETING ASEANAnnuale meeting dell’Associazione delleNazioni dell’Asia Sud-Orientale a cuiaderiscono 23 Paesi www.asean.org

25 ottobreURUGUAYELEZIONI PRESIDENZIALI

1 dicembreGIORNATA MONDIALE CONTRO L’AIDSIndetta ogni anno per ricordare il primodecesso dovuto alla Sindrome diImmunodeficienza Acquisita diagnostica il1° dicembre 1981. L’ottimismo delloslogan: “Fermare l’AIDS: manteniamo lapromessa”, non si riflette nei dati sulladiffusione della sindrome: in Italia peresempio l’epidemia non diminuisce, maaumentano i casi scoperti solo in faseconclamata, segno di scarsa prevenzione esottovalutazione del rischio.

1 dicembreL’AIA (OLANDA)CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIACominciano le udienze sulla legittimitàdell’indipendenza del Kosovo presso laCorte Internazionale di Giustizia (CIG)delle Nazioni Unite. L’Assemblea Generaleaveva approvato nel 2008 una risoluzioneserba che chiedeva un parere consultivodella conformità con il dirittointernazionale della decisione unilateraledel Kosovo. Nella foro il palazzo della Pacea L’Aia, sede della Corte Mondiale.www.un.org

6 dicembreBOLIVIAELEZIONI PRESIDENZIALI E LEGISLATIVEè in gioco il mandato presidenziale di EvoMorales fino al 2015. Per ottenere la leggeelettorale transitoria con le quale si voteràin questa tornata, Morales ha usato anchel’arma del digiuno: la trattativa si èconclusa dopo una settimanadi sciopero della fame ad aprile e prevedela rappresentanza indigena,congiuntamente alla riforma del registroelettorale attuale, particolarmenterichiesta dall’opposizione, con un registrobiometrico.

11 dicembreCILEELEZIONI PRESIDENZIALI EPARLAMENTARIPrimo turno delle elezioni in cui verràdesignato il successore della presidenteMichelle Bachelet, fino al 2013/2014.Cinque i candidati: favorito il riccoimprenditore di destra Sebastián, Piñeradella Coalición por el Cambio.

PUBBCISL

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altrevociNEL (NOSTRO)BUIONESSUNO È AL SICURO

Reduce dal successo del suoultimo romanzo “Io sono Dio”,Faletti si dedica ai racconti.Sette in tutto. Un numeromagico e misterioso, come le storie che racconta. Lo scrittore in generevampirizza la propriaesistenza per trasfonderlanelle pagine che scrive. E Faletti non fa eccezione:«Qui ci sono sette racconti,ognuno dei quali rappresentaanche una parte importantedella mia vita. E dunque li presento al giudizio dei lettori con apprensioneraddoppiata, sperando che chiunque arrivi a leggerliprovi la stessa emozione che ho provato io a viverli».Non si tratta di un’antologia di racconti thriller, piuttosto di storie fantastiche chescandagliano la zona buia che c’è in ognuno di noi,quella parte che la nostraragione ha paura di illuminareper paura di essere sconfitta.Siamo lontani dal Faletti di “Io uccido”, ma prima o poi doveva accadere.

GIORGIO FALETTIPOCHI INUTILI NASCONDIGLIBaldini Castaldi Dalai, 2009

L’ABCDELLA RECESSIONESENZA GIRIDI PAROLE

A volte, per parlare di economiae di finanza in modo agevole e comprensibile al largopubblico, è necessario un “non esperto”. A volte, per dire realmente le cosecome stanno e per fare

proposte oneste e coraggiose, sono necessaripiccoli editori, liberi e indipendenti. È quello che capita per questo semplice e interessantevolumetto scritto da Elvio Fassone, magistratoe già membro del Consiglio superiore dellamagistratura, edito da Effatà, dinamica editricedella provincia piemontese. Fassone descrive i meccanismi dell’attuale crisi mondiale, che trova le sue prime radici in quella del 1929, per giungere a dire a chiare lettereciò che spesso si tende a nascondere: i problemi non possono essere risolti dalla stessa mentalità che li ha creati. Eccoallora tre indicazioni per uscirne: 1) un po’ di regulation, 2) nuovi (o forse antichi) stili di vita, 3) una giusta ridistribuzione perché vale sempre il motto “chi rompe paga”! Comeaffermava il filoso Kant, citato dall’autore, forsela colomba leggera, che vola fendendo l’ariadella quale avverte la resistenza, potrebbeessere tentata di riuscire a volare assai meglionello spazio vuoto. Ecco il grave errore che porterà a cadere miseramente al suoloeconomisti senza scrupoli e politici pocoavveduti che hanno concorso alla creazionedella grande crisi.

ELVIO FASSONEPICCOLA GRAMMATICA DELLA GRANDE CRISIPERCHE È NATA? COME USCIRNE?Effatà Editrice, 2009

LA CRISI VIENE DA MOLTOLONTANO

Alla luce di quanto è successo con la crisi subprimeè pensabileun’altra finanza?

Ciò che è andata in crisi è l’intera concezione del sistemafinanziario o solo una parte? Le innovazioni che promettevanobenefici indiscriminati, sonodiventate causa di sofferenze e di perdite altrettantoindiscriminate. Ma la crisi vieneda lontano e da lunga serie di decisioni, più o menoconsapevoli. Il sistema ha fattodel credito e della moneta unamerce, per poter finanziareindiscriminatamente la pace e la guerra. Per uscire dalla crisie non ricaderci occorrono nuoveregole in grado di riformare il sistema monetario e creditizio.Insomma, un pensiero nuovo.Ripensare la finanza significadunque imparare a distinguereciò viene spesso confuso:moneta e credito, moneta e merce, economia di mercatoe capitalismo. E riaprire il dibattito sui principi e sui fini implicati da un rapportosano fra economia e finanza, di cui si sente sempre piùdrammaticamente l’esigenza.

MASSIMO AMATO, LUCA FANTACCIFINE DELLA FINANZADonzelli, 2009

L’ANIMA HA UNNUMERO, ANZI DUE

Due geni del Novecento,Wolfgang Pauli e Carl Jung.Uno scienziato teorico dellanascente fisica quantistica e uno psicanalista, allievo di Freud, destinato a stravolgere il mondo della psicologia. In mezzo c’è un numero magico, il 137, una costante fisicauniversale ma anche un numero che per i cabalistiè la somma di tutti i valori dei caratteri ebraici in “cabalà”.I due si incontrano, collaboranoe diventano amici. L’obiettivo è la costruzione di un pontetra materia e spirito, ragione e misticismo. Le loro esistenze,alla ricerca di una veritàcomune, vengono intrecciatecon maestria da Arthur Miller.Sullo sfondo la Mitteleuropaalle soglie del periodo piùbuio del secolo scorso segnatoprofondamente dal nazismo.

ARTHUR MILLERL’EQUAZIONE DELL’ANIMARizzoli, 2009

L’AMORE DI SORIGA CI VIENE A CERCAREXXXLe due citazioni in aperturadicono tutto. La prima è trattada una canzone di Luigi Tencoe dice: «Mi sono innamoratodi te perché non avevo nienteda fare». La seconda è di FrancoBattiato: «Questo sentimentopopolare nasce da meccanichedivine». Parole tratte da duecanzoni, come se Flavio Sorigapreparasse il lettore alla musicadelle sue parole. Sì, perchéquesto libro di racconti,dedicati all’amore, suonaproprio bene. Sono storiestruggenti (in particolare“Aprile”) che parlano dei primiincontri con l’altro sesso,rubato da sguardi piccoli,dell’amicizia che è per tutto e per sempre, delle fugheadulte e degli errori cherendono le esistenze speciali,dannate e immortali. E dellavita che prende una piegalontana dai sogni e dallesperanze. E dei genitori chenon possiamo riparare, perchéè quasi sempre troppo tardi.L’amore è nei luoghi dove lo incontri, anche se stranieri,e può essere persino nellamaternità degli altri e nellestorie finite. Soriga sa leggerele meccaniche divine e con le sue parole ci viene a cercare.

FLAVIO SORIGAL’AMORE A LONDRA E IN ALTRI LUOGHIBompiani, 2009

IL MONDO VISTO DA UN PICCIONEUN PO’ UMANO(E QUINDI INFELICE)

Il mondo visto da un piccione che ha scelto la spalla sinistra della statua di bronzo di Giuseppe Parini, in piazza Cordusio a Milano,come dimora. Il piccione è un animale-icona e al tempo stesso è ospite odiato, impallinatodalle ordinanze creative di sindaci frustrati. Da questo libro, però, ne esce rivalutato.Idelfonso Isidoro terzo, questo il suo nome, ha una sua visione del mondo, fino ad oggisconosciuta, il cui perno è la relazione con l’uomo. Per lui, quella umana è una presenzanecessaria, anche se piena di inutilità. Ne segue dall’alto tutte le traiettorie, i ritmi, le abitudini alimentari e purtroppo le nevrosi.Vivere «appollaiato su una retorica», rinforza il suo prestigio. Non c’è confronto con chi ha scelto una grondaia o un tetto anonimo.Tutto ciò però non basta a renderlo felice,perché è vittima di un’accanita tendenzaall’introspezione, patologia dovuta, a quantopare, all’innaturale frequentazione con la specieumana. Il libro è distribuito in poche librerie.Per sapere come procurarlo telefonare a:Publistampa, tel. 0461.511000.

GIORGIO ANTONIACOMIVITA INTERIORE DI UN PICCIONEPublistampa editore, 2009

CAPIREL’ECONOMIAGRAZIE AL NOBEL

Capire qualcosadel mondo oscurodell’economia è possibile, ancheper i comunimortali. Il Premio

Nobel Paul Krugman fornisce ai lettori un saggio che va in quella direzione. E lo fa senzasnobismo, ma con la giusta dosedi ironia e con un linguaggiodemocratico. Krugman affronta i temi più importantidalla globalizzazione alladisoccupazione, dalla crisiasiatica all’unificazionemonetaria europea. E ancora: il rapporto tra economia e ambiente, l’impatto dei sistemifiscali sulla democrazia,l’economia della celebrità. Ha un approccio creativo e la lucidità intellettuale concui espone i vari temi è sempreaccompagnata da un sanoumorismo. Krugman insegnaattualmente al Mit. Nel 1991ha vinto la John Bates ClarkMedal assegnata dall’AmericanEconomic Association. Dal 1999è columnist del New York Times.

PAUL R. KRUGMANECONOMISTI PER CASO. E ALTRI DISPACCI DALLA SCIENZA TRISTEGarzanti, 2009

| economiaefinanza | | narrativa |

a cura di Michele Mancino SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A [email protected]

SPECIALE CRISI

INVESTIRECONSAGGEZZA È POSSIBILE

Che ci sia un certo grado di rischio in chi decide di investire in Borsa, è risaputo. Che

i mercati abbiano un certo grado di imprevedibilità, è un datoassodato. Allora perché moltirisparmiatori sono rimasticoinvolti nei recenti cracke nella crisi finanziaria globale?I mutui subprime e l’effettodomino che hanno innescatopongono al centro del dibattitoil tema della affidabilità (o inaffidabilità) delle banche e dei fondi d’investimento. Ma cosa può fare un investitoreattento e disciplinato? Deveaffidarsi agli esperti o al buonsenso? Questo libro spiega i recenti sviluppi dell’economiacomportamentale e dellescienze cognitive per capirerazionalità e irrazionalità delle scelte economiche. Dal comportamento animalealla psicologia e alla filosofiadella scienza: come utilizzareconoscenze di altri campi perinvestire. Ogni capitolo descriveuna scoperta scientifica, perpoi applicarla agli investimenti.

MICHAEL J. MAUBOUSSINL’INVESTITORE SAGGIO. VIAGGIO NELL’IMPREVEDIBILITÀDEI MERCATIEgea, 2008

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I NUOVI “CONFINI” DELLE IMMAGINI,DALL’INFORMATICA AL MONDO INTERO

Il progetto fotografico “Confini” ha un doppioscopo: da una parte organizzare una rassegnafotografica come momento di verifica,dall’altra dare una chance a quegli autori che fanno ricerca con l’immagine e quindimostrano una certa progettualità. La grandedisponibilità di nuovi strumenti e il nuovorapporto con i media hanno cambiatol’orizzonte della fotografia, oggi sempre più vicina alle altre arti. Le contaminazionitecniche e linguistiche generano realizzazionidi grande contenuto ed impatto visivo difficilida inquadrare negli schemi classici dellafotografia e per far conoscere e promuovere i nuovi pensieri la soluzione migliore è esserepresenti sia nel mondo reale che in quellovirtuale ed è per questo che le inaugurazioniavvengono contemporaneamente in galleria e su web, nel sito di PhotoGallery. Gli autorisono: Angelina Chavez “Obstacles”, SusanKammerer “Mis-takes” , Marco Ioannucci“Phalsographie”, Stefano Parrini “Le Tracce”.Alle location storiche di Roma e Firenze si affiancano partner di rilievo comel’Ossevatorio Gualino di Torino e la Lanternamagica di Palermo. Una scelta che crea un forte legame territoriale, in grado di coprire l’Italia intera.

www.photogallery.it

LA STORIA (LOW COST)DI UN CREATORE DI MONDI

Creare mondi autoprodotti con effetti specialie un piccolo budget. Bruce Branit, co-autore di 405 e di World Builder, ha ormai segnatoun nuovo capitolo della diffusione di progetti di creatività in Rete. Sedici ore di riprese per contenere i costi di troupe e di studio,quattro settimane di preparazione dellasceneggiatura e del piano di lavorazione, due anni di postproduzione. Con un budgetdi poco più di 2 mila euro, investiti dai propririsparmi, una troupe formata da amici e familiari e soprattutto una storia visiva in testa da raccontare, Bruce Branit è diventatoun autore di culto per il popolo della Rete in poche settimane grazie al precedente di 405, il primo cortometraggio distribuito solo attraverso il web e realizzato in casa con stupefacenti effetti speciali. Una provatecnica, essenzialmente, prima di WorldBuilder che, malgrado il finale lievementestrappalacrime, ha dato forma ad una visionebasata su poesia e tecnologia e ha ora lanciatol’autore nell’Olimpo delle grandi produzioni.

www.branitvfx.com

| fotografia | | multimedia |

SCATTIFUTURISTI, RIVOLUZIONEIN 126 OPERE

Nel centenario del manifestofuturista questa mostraaffronta il tema dei rapportiintercorsi tra l’ambienteartistico della fotografia e il futurismo inteso comeapproccio globale dell’arte.Attraverso 126 opere, trattedalle raccolte museali FratelliAlinari e da molte importanticollezioni italiane siapubbliche che private, la mostra indaga le primeintuizioni formaliste e antinaturaliste di fineOttocento, per analizzare poi la rivoluzione del fotodinamismo e i successivi esiti creativi che le teorie futuriste hannoprodotto nella fotografiaitaliana. I generi esploratisono: la fotografia multipla, la ritrattistica, l’immagine di stato d’animo, il fotomontaggio, il fotocollage,la manipolazione iconografica,la composizione e il camuffamento d’oggetti, la ricerca iconica,la foto-performance.

FINO AL 15 NOVEMBREMNAF - MUSEO NAZIONALEALINARI DELLA FOTOGRAFIA Firenze

SISMA IN SICILIA UN SECOLODOPO

Due volumi che documentanodue eventi disastrosi accadutiin Sicilia nel XX secolo a sessant’anni di distanza tra di loro: il terremoto di Messina del 1908 e quellodel Belice del 1968. Il primovolume è incentrato suglieffetti sconvolgenti che il terremoto, in particolarequello di Messina, ebbe sulterritorio e sui modi e i tempidei processi di ricostruzioneche seguirono. Il secondovolume pubblica due nuclei di fotografie: il primo,costituito dalle immaginirealizzate dall’archeologoAntonio Salinas che, durante il terremoto di Messina, si prodigò tra le macerie del sisma per recuperare le opere disperse. Il secondonucleo, costituito dallacampagna di documentazionecondotta dai fotografi dell’ex Gabinetto fotograficonazionale sul Belice distrutto, pochi giorni dopo il terremoto, è un vero e proprio reportage, inedito.

A CURA DI GIOVANNI CAMPIONE,GIOVANNI PUGLISI, PAOLA CALLEGARILA FURIA DI POSEIDONSilvana Editoriale, 2009

UNO SGUARDOSULL’AIDS E SULLASPERANZA

«Spero che queste fotografiepossano aiutare la gente a essere meglio informata e a trovare un modo per dareil proprio contributo». Steve McCurry sa bene che la sconfitta dell’aids passa sia dall’informazione che dal superamento del terrore,perché la morte per chi siammala non è più un datoscontato. Ecco perché il Fondomondiale per la lotta all’Aids,insieme a Magnum Photos, ha lanciato un progetto per documentare una della più grandi sfide umanitarie dei nostri tempi: la possibilitàdi mantenere in vita il più a lungo possibile i malati di Aids. Nei centri di assistenzasanitaria e negli ospedali, a oltre un milione di malativengono date medicine che nel giro di qualche mesepermettono di riprenderepeso, tornare a casa e al lavoro,invece di andare incontro a morte sicura. Otto fotografihanno seguito ogni giorno la vita di una trentina di persone (in Haiti, India,Mali, Perù, Russia, Ruanda,Sudafrica, Swaziland, Vietnam)e documentato gli effetti dellatrasformazione dovuta alla cura.

AA.VV.RICOMINCIARE A VIVEREContrasto, 2009

VENTIQUATTROORE NELLA VITA DI BERLINO

24H Berlin è la storia della piùlunga maratona televisivadedicata a una città. Trasmessodalla televisione franco-tedescaArte, coproduttrice del progettoa inizio settembre, è oradisponibile in piccoli pacchettida 30 minuti per eventi e festival. 24H Berlin, costatooltre due milioni di euro per1.440 minuti di montato finale,ha impiegato 80 telecamere hdprofessionali e un team di 400persone che hanno raccoltooltre 750 ore di materiale per la città registrandotestimonianze, racconti, scorcidelle ultime “zone libere” della città e di professionisti,emarginati, giovani emergenti,studenti, pensionati. Unospaccato di una tra le piùfrizzanti capitali europee,ancora accessibile per i costimoderati. Berlino raccontata dai suoi abitanti per la piùlunga maratona televisiva: il claim ha raccolto l’adesionedi broadcast televisivi di estrema raffinatezza comeArte e l’entusiamo di un vastopopolo di creativi della città che ha vissuto, stando ai blog,una interessante esperienzacomunitaria nella costruzione di questa lunga narrazione visiva.

www.24hberlin.tv

USTREAM:COSTRUISCIIL TUOCANALE TV

Nasce da una necessità dei militari statunitensiimpegnati all’estero un fenomeno di tendenza che oggi raccoglie centinaia di migliaia di adesioni.Ustream è un sito internet che consente a chiunque,dotato di un telefonino con funzioni video o unawebcam, di creare una webtvda mandare in rete. Nato nel 2007, il sito ha beneficiatodella visibilità offerta da utenticome il presidente degli StatiUniti Obama, il rapper 50 cento il gruppo-tormento perragazzini dei fratellini Jonas,creature disneyana di perversaefficacia. In collegamento con le liste di contatti di Facebook, Twitter e analoghisocial network, Ustreampermette di mandare senzacosti dei video live. Comesempre, un’opportunità ancheper il mondo delle Onlus che potrebbero così mostrarele loro attività e iniziativesenza passare dal giogo dei grandi broadcast nazionalio locali. Sono presenti in retenumerosi tutorial, a voltesviluppati partendo proprio da una trasmissione realizzatacon Ustream, con esperienzedi utenti che guidano i neofitiad un primo utilizzo.

www.ustream.com

LA CENSURAONLINE DELLARICHIESTADANNI

Il social network piace cometitolo per i magazine e comeofferta per i gestori di telefonia,ma quando in rete si trovanocommenti non proprio graditiscattano le vecchie azionilegali. Vai a spiegare chesarebbe sufficiente, a volte,contattare gli amministratoridel sito o, al limite, “postare”contenuti credibili e correzionisensate a progetti comeWikipedia. Più sempliceadottare il vecchio metodo del ricorso all’avvocatoappena si trova un commentoche non piace. La diffamazioneresta un reato ed è diritto di ogni cittadino esseretutelati, ma se chi protesta è un onorevole l’arma è a doppio taglio e la missivapuò tradire la scarsaconoscenza dei nuovi mezzi di comunicazione che un parlamentare dovrebbeconoscere. Capitano cosìepisodi come quello di Wikimedia, editor di contenutibasati sul concetto dell’opensource, che si è vistarecapitare da un onorevole del Pdl una richiesta danni da 20 milioni di euro. Scarsaconoscenza del modus operandidella rete? Per ora è stata la stessa Wikimedia a porreuna pezza, sospendendo la pagina incriminata.

www.wikimedia.it

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UNA GREEN TAX ALLE MALDIVEPER PREPARARSIAL PEGGIO

Una tassa sul turismo per salvare le Maldive e rendere consapevoli i turisti sui rischi del riscaldamento globale. Il presidenteMohammed Nasheed lancia la sua nuovaproposta contro i rischi legati al riscaldamentoglobale. Secondo il grido d’allarme lanciato dal nuovo presidente le Maldive, meta turisticad’eccellenza dei tradizionali pacchetti vacanze,rischiano di scomparire entro il 2100 a causadell’innalzamento del livello delle acquederivante dallo scioglimento dei ghiacciai. La prima proposta del presidente, che ha promesso entro pochi anni di trasformare le Maldive a emissioni zero, era stata il varo di un fondo finanziario straordinario per acquistare nuove terre dove trasferire la popolazione in caso di perdita della terra cui è seguita la proposta di una tassaspeciale. Per i circa 350 mila abitanti delleisole dell’Oceano Indiano la carta del turismopotrebbe rivelarsi vincente. La tassa, al vagliodel parlamento, è di tre dollari al giorno e dovrebbe permettere un incasso di almeno 6 milioni di dollari l’anno. Nel progetto greendi Nasheed sono stati coinvolti numerosiricercatori internazionali e università, anche italiane.

| A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 | valori | 71 || 70 | valori | A N N O 9 N . 7 3 | O T T O B R E 2 0 0 9 |

LE EDICOLE NON SONO TUTTE UGUALI, CARTA CANTA HA UN CUORE SOLIDALE

A dimostrarlo è Carta canta, edicola solidale,come si definisce, con un nome proprio – e questa sarebbe già una novità – e con un cuore ecologista, etico, altermondialista...capace di mostrarsi come un luogoaccogliente per molte realtà diverse. Ci troviamo infatti i periodici che si occupanodi sviluppo sostenibile, economia sociale e ambiente (ne avremmo in mente almenouno), o i libri della collana Terra Terra di Jaca-book o i prodotti del mercato equo e solidale e i gioielli di Uro Buro, creati dagli utenti dei centri psico-sociali di Milano, o infine i volantini delle iniziative e le locandinedelle fiere che su Valori passano spesso e volentieri. Un’edicola che non è soloun’edicola, quindi, un’edicola con l’anima,forse. Troppo? Intendiamoci, non è che quandoli chiedete non vi vendano pure i solitiquotidiani e le riviste di gossip, ma l’idea è quella di offrire visibilità e promuovere con particolare attenzione le iniziative e le esperienze equosostenibili. Anche attraverso il suo nuovo sito webwww.edicolacartacanta.com. Ma se non bastasse, quelli di Carta canta stannoprogettando di fare del negozio, immerso nel quartiere Turro, nel Nord Milano, un puntodi riferimento per il territorio, capace di rinsaldare una rete tra i residenti attraversoLa Mappa di Carta Canta, nascenteassociazione di promozione sociale nella città della Borsa e dell’Expo.

www.edicolacartacanta.com

| future |

PIÙ VERDE,MENOIMPATTOAMBIENTALE

Poco verde nelle nostre città,senza contare quello cheprogressivamente le cittàstesse si stanno divorandotutt’intorno: un panorama di troppo cemento e sempremeno piante. In questo settorelavora il Consorzio Sestante di Milano, puntando, quandopossibile, alla riduzionedell’impatto ambientale e all’uso di tecniche eco-compatibili. Ecco alloral’impiego dell’ingegnerianaturalistica per contenerefrane ed erosioni del terrenoattraverso la normale vitalitàdelle piante; oppure la specializzazione – oggidecisamente di grido – nelverde pensile, grazie al qualesi riduce il consumo di energiaper il raffrescamento estivodegli ambienti, oltre a favorirela biodiversità urbana offrendonuove aree utili alla vita di uccelli e insetti. Sestante,azienda “verde” legata al Green management institute,attraverso le sue 9 consorziatefa però anche altro: impianti di fitodepurazione, bio-piscine(i cosiddetti bio-laghi) e posa di piste ciclabili in materiali ecologici.

www.consorziosestante.euwww.greenmanagement.org

L’ISOLA DEI TARALLISOLIDALI E GENUINI

“L’idea di base è che si possaconsumare premiandol’economia sociale, il cui valore aggiunto è rappresentato proprio dalla solidarietà e dallo sforzodi integrare abilità diverse”:questo lo spirito che animal’ampio ventaglio di attivitàdella Cooperativa sociale“Isola” di Trani (Ba). Tutto cominciò da un forno di cottura da cui esconoprodotti biologici e, soprattutto,i taralli (al camut, al farro, al peperoncino…), lavorati e confezionati senza additivi.All’alimentare, però, si associaun’attività di ristrutturazioneedilizia attenta allasostenibilità ambientale.L’impegno sociale di “Isola”sta però nel fatto chereinveste i guadagni eccedentila sua sopravvivenza in progetti di reinserimento e inclusione sociale: così è nato il centro socio-educativodiurno “La casa di Giuseppe”per minori e disabili, stanascendo un lido socialeattrezzato e nascerà la bio-fattoria sociale Terraregina. E chissà mai che dal morso ad un tarallo non parta la rivoluzionedell’economia sociale.

www.isolasociale.it

BIODIVERISTÀUMBRA NELPARCO DELTRASIMENO

Metteteci un’oasi naturalemeravigliosa da 70 ettari nel mezzo di un lagoincantevole e avrete l’identikitdell’Isola Polvese, nel Parcodel lago Trasimeno. Luogoideale per uno dei Centri di educazione ambientaledella Regione Umbria e alcunestrutture ricettive gestite in parte da cooperative.Cooperativa di servizi è infattiPlestina, che nasce dall’unionedi un gruppo di biologi,botanici ed esperti di biodiversità che conduconoviaggiatori occasionali e bambini delle scuole lungopercorsi di ecoturismo per unoo più giorni: gli ospiti possonoaddentrarsi nell’ambientenaturale o studiare le coltivazioni biologiche,magari partecipando (in autunno) alla raccolta e spremitura delle olive;oppure sono condotti allascoperta della straordinariabiodiversità vegetale (alberi,sottobosco e un ampiocanneto) e animale che li circonda (volpi, faine, lepri, nutrie e una grandevarietà di uccelli). L’IsolaPolvese è insommaun’occasione d’incontro con i temi della sostenibilità.

www.polvese.provincia.perugia.itwww.polvese.altervista.org

| terrafutura |

A MILANOLA CULTURA PERMANENTEDELLA TERRA

La permacultura (o “agricolturapermamente”) si può insegnarecon esercitazioni sul campo,anche in città. A Milano sarà la scuola di Pratiche sostenibilia organizzare corsi al prossimogennaio nel Parco agricoloSud. Un weekend al mese per un corso distribuito su un anno di lezioni teorico/pratiche per comprendere una parola chiave del futuro.La permacultura, concetto di agricoltura sostenibilesviluppato sulla fine degli anniSettanta, ha come scopo la progettazione di insediamentiumani che siano il più possibilestrutturati sulla base dei principi che regolano gli ecosistemi naturali: stabilità,equilibrio, sostenibilità. I sistemiproduttivi che vengono creati con i principi della permacultura devonoautomantenersi e rinnovarsicon un basso utilizzo di energia. Tale principio,esteso alle pratiche di produzione e di vitaquotidiana, dovrebbe limitarel’economia del profitto. Alla permacultura si ispiranoanche le Città di Transizione,movimento in rapidaespansione che teorizzal’autosufficienza, la filieracorta e il superamento del modello economicodell’età del petrolio.

TAXIECOLOGICIPER UTENTINORMALI

Green Tomato Cars è la primacompagnia di taxi ecologicicreata in Inghilterra. Nata da un’idea di Tom Packenhame Johnny Goldstone, studenti di legge alla ricerca di una ideaimprenditoriale, la compagniautilizza solo autovetture ibrideper il trasporto in città. Gli autisti di Green Tomatovengono selezionati sulla basedi esperienza e motivazionispecifiche, seguono un percorso di formazione allo sviluppo sostenibile e tra i loro compiti vi è la disponibilità a fornireinformazioni su tematicheambientali. L’approccio versogli utenti è tradizionale e i costi sono analoghi al servizio standard. «Vogliamooffrire il comfort di un normaletaxi con i plus del rispettoambientale e delle informazionisullo sviluppo sostenibile»,spiegano i guru dellacompagnia che ha presentatoun piano di espansione in Indianelle città di Mumbai e Delhi.L’idea potrebbe avere buonechances per uno sviluppoanche nei grandi centri urbaniitaliani, in particolare Roma,Torino o Milano, in cui gli eventidi moda e design sonoelementi trainanti del businessturistico internazionale.

GOOGLE SI FA “VERDE” E PUNTA SUL SOLARE

Solare è trendy e Google nonsi fa scappare l’occasione diesserci. Dopo una estesaricerca di valide tecnologie già esistenti sul mercatoGoogle ha deciso di investireper sviluppare nuovi progettinel settore degli eliostati,dispositivi che vengonoinstallati per seguire il percorso del sole durantel’arco della giornata in mododa orientarne la luce versopunti di raccolta attraverso un sistema di specchi.Secondo i calcoli di Bill Weihl,responsabile del futuro verdedi Google, l’investimento nel settore degli eliostatiporterà ad una riduzione dei costi degli impianti di almeno il 25%. L’ulterioreinvestimento annunciatoriguarda la produzione di turbine a gas che sfruttinol’energia solare. La casamadre del principale motoredi ricerca internazionale ha da tempo lanciato un programma di acquisizioninel settore del solare investendoad oggi oltre 20 milioni di dollari nelle aziende e Solare BrightSource Energy. SecondoFrost & Sullivan nella solaEuropa il mercato del solaresupererà i 2 miliardi di dollarientro il 2014 con un decisoabbassamento dei costi delservizio e delle infrastruttureanche per gli utenti privati.

Page 41: Mensile Valori n.73 2009

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VALORI SOLAR ENERGY INDEX

ETTE PUNTI IN UN MESE. I titoli del solare recuperano ter-reno, anche se il Valori Solar Energy Index rimane innegativo, distaccato di oltre venti punti percentuali

dall'Eurostoxx, l’indice che misura l'andamento medio delle borseeuropee, che ha chiuso con un +8,67% da inizio gioco. Intanto,tra i produttori di pannelli, entra nel vivo laguerra dei prezzi. Le società tedesche Conergye Solarworld hanno manifestato preoccupa-zioni per il sospetto dumping dei cinesi, che rie-scono a piazzare pannelli e tecnologie sul mer-cato europeo con prezzi più bassi del 20%. InGermania BSW, l’associazione industriale delsolare, ha cominciato a chiedere a gran vocebarriere all'entrata per i prodotti cinesi. Ma permolti l’abbassamento dei prezzi potrebbe es-sere un’opportunità per rilanciare la doman-da, fortemente depressa dalla crisi finanziaria.

«Con il protezionismo il solare avrebbe so-lo da perderci», ha dichiarato a Reuters FelixLam, analista di CCB International Securities.«Le accuse di dumping sono solo una copertu-

ra per le inefficienze di produzione europee», ha aggiunto Char-les Bai, direttore dell’impresa cinese ReneSola Ltd. «In Cina siamopiù efficienti. Eventuali barriere potranno ritardare il nostro svi-luppo, ma non cambieranno i termini della competizione». Laguerra è appena iniziata. .

NOME TITOLO ATTIVITÀ PAESE CORSO DELL’AZIONE RENDIMENTO11.09.2009 DAL 15.10.08 AL 11.09.2009

Conergy Sistemi fotovoltaici GermaniaCentrotherm Photovoltaics Linee produttive per pannelli solari Germania Evergreen Solar Celle e moduli fotovoltaici USAFirst Solar Moduli fotovoltaici (film sottile) USAGT Solar Linee produttive per pannelli solari USAManz Automation Linee produttive per pannelli solari Germania Meyer Burger Seghe speciali per lavorazione pannelli Svizzera Phoenix Solar Costruzione di centrali solari GermaniaPV Crystalox Solar Silicio policristrallino Gran Bretagna Q-Cells Celle fotovoltaiche GermaniaRenewable Energy Corporation Silicio, celle, moduli fotovoltaici Norvegia Roth & Rau Linee produttive per pannelli solari Germania SMA Solar Technologies Inverter solari GermaniaSolar Millennium Solare termico Germania Solaria Moduli fotovoltaici Spagna Solarworld Celle e moduli fotovoltaici Germania Solon Moduli e sistemi fotovoltaici Germania Sunpower Celle e moduli fotovoltaici USASuntech Power Celle e moduli fotovoltaici Cina Sunways Celle e inverter solari Germania

-14,07%

-77,83%4,67%

-48,26%3,60%-2,00%

-35,82%40,85%23,91%-39,45%-66,77%-47,25%32,90%38,58%22,64%5,26%

-22,24%-58,78%-30,69%-28,30%

3,57%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E

€ = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Sdi Mauro Meggiolaro e Paolo Bonaiuti

Ricavi [Milioni di euro]

774,79

Utile [Milioni di euro] 2007

2008

Sunpower us.sunpowercorp.com Sede San Josè, California, USA

Borsa Nasdaq – New York

Attività Fondata nel 1985, la SunPowerCorp produce, sviluppa e realizza impianti fotovoltaici. Si occupa sia di piccoli impianti domestici che di centrali ad energia solare, situate sia in Europache in Asia e Stati Uniti.

Rendimento 15.10.08 - 11.09.09 -30,69 %

1.434,9

9,2

92,293

3.530

5.400

Numero dipendenti

0,94 €30,91 €1,94 $

136,75 $5,35 $

48,35 €227,00 CHF

37,78 €84,25 £11,99 €

44,05 NOK25,49 €62,00 €20,10 €3,20 €

15,49 €10,10 €25,73 $15,97 $2,90 €

Rendimento dal 15.10.08 al 11.09.2009Eurostoxx 50

Valori Solar Energy Index-14,07%

+8,67%

Il sole riparte dalla Cina

Page 42: Mensile Valori n.73 2009

In Italia (e non solo) urge una normativa

Medicine non convenzionali

di Massimiliano Pontillo

N EUROPA AVANZA DI MOLTI PASSI IL CAMMINO verso il riconoscimento delle medicine non convenzionali. Lo scorso 17 maggio, in Svizzera, è stato approvato con voto favorevole del 67% degli elettori un referendum popolare per l’introduzione nella Costituzione di un nuovo articolo che apredefinitivamente la strada all’integrazione tra medicina accademica e omeopatia. L’articolo 118 recita:«Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni provvedono alla considerazionedella medicina complementare». È necessario, ora, un passaggio legislativo.

I promotori rivendicano l’integrazione di medicina antroposofica, omeopatia, fitoterapia e medicinatradizionale cinese nell’assicurazione di base, purché praticate da medici accademici con formazionicomplementari della Federatio Medicorum Helveticorum. Nonché la creazione di diplomi nazionali per terapeuti non medici, per garantire un’elevata qualità delle cure e quindi la sicurezza per i pazienti;oltre alla conservazione del patrimonio degli agenti terapeutici. E, infine, la garanzia di ricerca per la medicina complementare, con l’introduzione dello studio delle basi dei metodi terapeuticicomplementari nella preparazione di tutti i medici.

L’obiettivo, e auspicio al contempo, è di offrire ai pazienti sia la possibilità di cure più ampie, sia migliori garanzie; obbligando gli organi di governo nazionali, e cantonali, a regolamentare la somministrazione delle cure, limitandola a personale medico e paramedico opportunamente formato.

Molto importante è la richiesta di investimenti nella ricerca:esiste un enorme bagaglio di esperienze e conoscenzemediche che merita di essere rivalutato, vagliato con i metodi della scienza moderna e integrato con le conoscenzedella medicina accademica. Serve però denaro pubblico: le sostanze attive contenute nelle erbe, ad esempio, o i metodidi cura complementari non possono essere brevettati.

Ciò comporta difficoltà considerevoli nel reperire finanziamenti per chi voglia farne oggetto di studiscientifici seri. Tuttavia, oggi, l’innumerevole quantità di dati presente nella letteratura scientifica indicachiaramente la via dell’integrazione tra le due medicine. Con la possibilità di offrire a tutti maggioripossibilità di prevenzione e di cura; consentendo anche un risparmio ai sistemi sanitari nazionali.

Il parlamento europeo, nella risoluzione 400 del 1997, ha evidenziato «la necessità di garantire ai cittadini la più ampia libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro anche il più elevatolivello di sicurezza e l’informazione più corretta sull’innocuità, la qualità, l’efficacia di tali medicinali» e ha invitato gli Stati membri a «dare informazioni su queste medicine suggerendo che la preparazionedei laureati in medicina e chirurgia comprenda anche una iniziazione a talune discipline non convenzionali». In tal senso si è espresso anche il Consiglio d’Europa. La Germania (dal ’76), la Francia e il Belgio hanno emanato leggi ad hoc. In Italia, pur in assenza di una normativa nazionale,la pratica delle medicine complementari è stata riconosciuta dalla Federazione Nazionale degli Ordinidei Medici nel 2002 ed è inserita nei Piani Sanitari Regionali di alcune regioni.

Un numero crescente di persone si rivolge a queste cure, rendendo quindi pressante l’esigenza di una legge che tuteli la sicurezza dei pazienti e la professionalità degli operatori. .

I

Per completare i passi in avantifatti in molti Paesi europei,servono passaggi legislativi che disciplinino i titoli di studio e garantiscano risorse per la ricerca sui farmaci

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