Mensile Valori n. 100 2012

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| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 | | ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 | Cooperativa Editoriale Etica Anno 12 numero 100. Giugno 2012. € 4,00 GIUSEPPE GERBASI / CONTRASTO Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento Contiene I.R. Finanza mafiosa Strumenti creativi per ripulire i tesori della criminalità organizzata Finanza > Nuove bolle immobiliari pronte a scoppiare: la crisi del mattone non è finita Economia solidale > La guerra non è un buon investimento, l’istruzione conviene di più Internazionale > Grecia fuori dall’euro. Una bomba che l’Europa avrebbe potuto evitare 100 N U M E R O Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

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| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 100. Giugno 2012.€ 4,00

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Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Finanza mafiosaStrumenti creativi per ripulire i tesori della criminalità organizzata

Finanza > Nuove bolle immobiliari pronte a scoppiare: la crisi del mattone non è finita Economia solidale > La guerra non è un buon investimento, l’istruzione conviene di piùInternazionale > Grecia fuori dall’euro. Una bomba che l’Europa avrebbe potuto evitare

100N U M E R O

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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mmaginiamo che ciascuno di noi voglia raggiungere una meta che da tempo desidera e che siaterminato il tempo dell’attesa. Si rompono gli indugi e si diventa meno calcolatori. Si cercano gli strumenti e i modi per centrare l’obiettivo. Così è nato Valori, il giornale che avete tra le mani. Il bisogno di scrivere un racconto diverso dai soliti sull’economia e sulla finanza, ormai avvoltidalla stanchezza di avere informazioni a senso unico. Il bisogno di aiutare la diffusione di ideee riflessioni maturate nella esperienza concreta del fare. Il bisogno di non arrendersi di fronteagli eventi e comunicare che è possibile agire per la giustizia e la pace.I primi 30 passi sono stati come quelli di un bambino che sta imparando a camminare. Tentativi,barcollamenti, cadute. Ma anche coraggio, tenacia e, a volte, testardaggine, nella ricerca di una identità che nella mente era chiara, ma era più complicato riversarla in un giornale. Vi era la certezza che lo strumento Valori era giusto.I successivi 30 passi, quelli del consolidamento, hanno compreso nel loro muoversi esaltazionee sconforto, crescita e crisi, voglia di continuare e voglia di smettere. Sì, proprio come accadeper la persona umana nella sua esistenza. E forse è lì che si capisce l’importanza di ciò che staifacendo. Gli argomenti che trattiamo non sono facili. A volte sono un po’ complicati da spiegare,ma la sfida sta nel cercare di farli comprendere.Gli ultimi 39 passi ci hanno portato a misurarci con la “crisi”. Andate a rileggerli. Noi potremmo dire senza smentita alcuna che l’avevamo scritto. Profeti di sventura? No, preferisco usare il termine gente di buon senso. Non ci sentiamo come coloro che parlanoe scrivono nel deserto. In questi 99 passi abbiamo sentito che la coscienza e la sensibilità dellagente sui temi finanziari è aumentata e che il velo dell’ipocrisia un po’ si è alzato.Devo ringraziare di cuore tutti coloro che hanno permesso e permetteranno l’esistenza di Valori: lettori, redazione, cooperativa editoriale.Nell’editoriale del numero 0 del giugno 2001 scrivevo: «Pochi mesi fa a Cirella, una frazione di Platì, alle pendici dell’Aspromonte, incontrai un gruppo di giovani calabresi per discutere di finanza etica. Mi raccontarono le loro idee, i loro progetti, i loro sogni. Volevano che la loroterra non fosse conosciuta solo per i fatti legati alla mafia. Una terra difficile e bella. Chiesero un aiuto finanziario per dare corpo alle loro speranze». Non li ho più visti, ma anchea loro dedichiamo il nostro sforzo. Forse è una casualità, o forse no: il centesimo passo torna a raccontarvi di mafia. Ne abbiamoparlato molte volte sulle pagine di Valori in questi anni: venticinque volte per essere precisi (le ho contate). Un tema che ci sta a cuore. La mafia che nasce e vive per l’interesse di pochi che schiacciano molti. Il cui denaro è fruttodi attività illegali, immesso nel mercato attraverso connivenze finanziarie.La mafia che investe i suoi ingenti patrimoni senza nessun riferimento valoriale o etico. Il criterio unico è il guadagnare il più possibile senza guardare in faccia a nessuno.La mafia che evade le tasse ed esercita nelle aziende il potere del malaffare.La mafia che fonda la sua cultura sull’ignoranza.Il centesimo passo-numero di Valori è per tutti voi che ci leggete e che ogni giorno sieteriparatori di giustizia.

| editoriale |

Auguri Valori I nostri 100 passidiFabio Silva

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L’AUTOREFabio SilvaÈ il presidente della SocietàCooperativa Editoriale Etica,che edita Valori. È nato nel1957 a Seregno. Ha tre figli.Oltre alle numeroseesperienze nel campo socialee del volontariato, è statovicepresidente di BancaPopolare Etica (dal 2004 al 2010) e dal 2000 membrodel CdA della stessa banca;componente del Consiglio di Amministrazione dellaFondazione S. Carlo;presidente della cooperativaNazca per il commercio equoe solidale dal 1999;responsabile dell’ufficioFormazione Cisl Brianza (dal 1988 al 1996).

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Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad altovalore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.Involucro in Mater-Bi®

globalvision 7

fotonotizie 8

dossier Finanza mafiosa 14Hedge Mafia 16Vademecum: come i criminali riciclano il denaro 18La malavita al tavolo verde 20L’illecito all’ombra dell’energia pulita 22Spazzatura preziosa. Il tesoro dell’ecomafia 24

frontieralegalità 26

finanzaeticaIl mattone sulle montagne russe 28Una “bolla” lunga 40 anni 32Mercati e governance, il Vaticano rilancia 34Auto assicurata... a Gas 36

iltraguardodivalori 38

economiasolidaleLa sublime arte della pace 40Il dottor Stranamore è tornato 44“Quali valori ci uniscono?” Al via il censimento del mondo ecosol 46Il miele italiano in lotta contro pesticidi e sindrome cinese 49Il dumping di Pechino allarma gli apicoltori 51Moria delle api, è scontro sull’insetticida killer 52

internazionaleEffetto dracma, se Atene diventa Buenos Aires 54Un Paese tagliato a brandelli 58Intrigo internazionale nel Mediterraneo levantino 61Svelare i rischi delle sostanze chimiche senza test sugli animali 63

consumiditerritorio 65

altrevoci 66

bancor 73

action! 74

Venti anni fa morivano i magistratiGiovanni Falcone e Paolo Borsellino,uccisi dalla mafia. Nel frattempo la criminalità organizzata è “evoluta”,si è internazionalizzata, e assomigliasempre più a una multinazionale. Così,ha cominciato a sfruttare a piene manii sistemi offerti dalla finanza “opaca”per riciclare il proprio immensopatrimonio.

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milano

tel. 02.67199099 - fax 02.67479116e-mail [email protected]˜[email protected]

giugno 2012mensilewww.valori.itanno 12 numero 100Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale,Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza,Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa,Federazione Trentina della Cooperazione, Rodrigo Vergara,Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazionePaolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Napo Torriani, 29 - 20124 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana,Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro,Andrea Montella, Valentina Neri grafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)fotografie e illustrazioniLalo De Almeida, Carlos Lujan, DOD, UPI Photo, Giuseppe Gerbasi (Contrasto); Archivio Alce Nero & Mielizia; Claudio Moser; Tomaso Marcollaabbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsi

carta di creditosul sito www.valori.it sezione come abbonarsiCausale: abbonamento/Rinnovo Valoribonifico bancarioc/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin ZIban: IT29Z 05018 01600 000000108836della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori + CognomeNome e indirizzo dell’abbonatobollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite,non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

chiusurain stampa: 23 maggio 2012in posta: 29 maggio 2012

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(il 2 maggio scorso), dal titolo: “Oltre l’au-sterità; politiche alternative per l’occu-pazione e la crescita”. Secondo l’econo-mista americano il dato inequivocabileè che le politiche di risanamento dei bi-lanci pubblici e le riforme, volute inprimo luogo dalla cancelliera tedescaAngela Merkel, non solo non hannofunzionato, ma rischiano di ucciderel’economia poiché conducono all’avvi-tamento “austerità-recessione”.

Il concetto di risanamento implicaspesso quello di spreco. Ma, secondoStiglitz, il vero spreco è rappresentatoda tutte quelle risorse, a partire daquelle umane (ossia la disoccupazio-ne), che la crisi rende inutilizzabili. Ilprincipale imputato di questo sperpe-ro sono dunque le politiche d’offerta,emblema del trentennio liberista, chesembrano resistere alla controprovadella crisi. Del resto, dice Stiglitz, «l’au-sterità da sola ucciderà il malato. Nes-suna grande economia si è mai ripresasolo con questa medicina. Nei pochicasi in cui ha funzionato è stato perpiccole economie e grazie a dei fattorisui quali l’Ue non può contare: la sva-lutazione o il boom economico di unPaese verso il quale si esporta». Serveun’altra politica economica, dal latodella domanda, che il neokeynesianoeconomista americano, sulla base del-

l’attuale scenario congiunturale euro-peo, sintetizza in cinque punti:• Una politica fiscale espansiva da par-

te della Germania. Questa economiaha, infatti, lo spazio di bilancio per sti-molare la sua domanda interna.

• Una politica fiscale espansiva da par-te di alcuni Paesi europei, ma in que-sto caso finanziata da aumenti ditasse per non creare nuovo debito.Queste dovrebbero colpire i più ricchi,per evitare gli effetti recessivi (ridu-zione dei consumi) che gli incrementifiscali hanno sui ceti meno abbienti.

• Tali risorse dovrebbero essere indi-rizzate agli investimenti, in partico-lare in settori come l’educazione e lasanità che nel medio termine avreb-

bero un ulteriore effetto positivosulla crescita (a breve l’effetto è de-terminato dal costituire una spesa,ossia uno stimolo all’economia).

• L’emissione di project bond, ossia ob-bligazioni finalizzate a finanziare in-vestimenti pubblici per progetti disviluppo.

• Allo stesso obiettivo del punto prece-dente dovrebbe dedicarsi la BancaEuropea degli Investimenti (Bei), main questo caso con iniziative in gradodi attrarre i capitali dai privati.

• Infine si può dimostrare che «è l’ec-cesso di disuguaglianza una delleprincipali cause della crisi e da lì si de-ve ripartire». Qualunque politica eco-nomica deve essere redistributiva,che operi dal lato della spesa (welfarestate) o dal lato delle entrate (fisco).

Conclude Stiglitz: «I terremoti acca-dono. Anche gli tsunami. Non è colpanostra se accadono. Ma perché a questetragedie dobbiamo aggiungere dei disa-stri causati da noi stessi? È criminale l’i-gnoranza di quanto è avvenuto nel pas-sato, l’economia deve essere al serviziodella gente, e non viceversa».

Frasi di puro buon senso oltre chedi alto valore morale, ma che ancoraoggi faticano a trovare asilo in un’Eu-ropa ancora dominata dal Berlin con-sensus.

Crisi europeaLa ricetta di Stiglitz

diAlberto Berrini

Una politica economica dogmaticamente ortodossa a una linea di au-sterità sta rischiando di condurre l’Europa – e poi il mondo – sul bara-tro della depressione. Per fortuna le ricette alternative esistono, pur-

ché si superi “l’agenda liberista” fondata sulla rigida combinazione di rigore eliberalizzazioni. È quanto sostenuto da Stiglitz in un seminario, svoltosi a Roma

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«La sola austerità ucciderà il malato. Servono politicheespansive e investimenti»

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Brasile, nelle favelascibo in cambio di rifiuti

Si chiama Cambio Verde il progettoche, nel suo piccolo, stacontribuendo a rivoluzionare la vitadi migliaia di cittadini brasiliani.Lanciato nella città di Curitiba – capitale dello Stato di Paranà,grande centro urbano da 1 milione e 800 mila abitanti – costituisce una straordinaria opportunità per i suoi abitanti più poveri: quelliconfinati nei ghetti sociali ed economici conosciuti in tutto il mondo con il nome di favelas. A loro è stato offerto uno scambio“alla pari”. A ciascun abitante è statoproposto di portare in uno dei 78punti di raccolta realizzati dai promotori dell’iniziativa i propririfiuti, avendo avuto cura di differenziarli in funzione della loronatura. La spazzatura viene quindi“barattata” con frutta e verdurafresche, provenienti rigorosamentesolo dai produttori locali. Così, graziealla raccolta settimanale, sono staterecuperate 260 tonnellate di rifiuti,in cambio delle quali sono statedistribuite 80 tonnellate di prodottialimentari. La spazzatura “organica”viene successivamente trasformatain compost, utile come fertilizzantenaturale. Mentre metalli, vetro,plastiche e carta vengono riciclati: a guadagnarci non sono dunque soloi poveri ma anche l’ambiente.Curitiba non è una città nuova a slanci ecologisti e a grandiinnovazioni. È stata già insignita deltitolo di “capitale verde” del Paese,grazie ai progressi sostenibili dellapropria rete di trasporto pubblico. Il tutto grazie a un lavoro portatoavanti da anni dall’architetto JaimeLerner, per anni sindaco della città,che ha commentato il successo di Cambio Verde sottolineando «la vocazione pedagogica» di similiiniziative, che dimostrano come«l’interesse individuale possa unirsia quello collettivo».

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A Portland il primo edificio a “triplo zero”

Portland, la più grande cittàdell’Oregon con più di 600 milaabitanti, è quasi sempre ai primiposti delle classifiche dei centriurbani “verdi” degli Stati Uniti.Secondo l’indice “Future Metropolis”sviluppato da ZipCar/KRC Research è il quarto più ecologico degli Usa,dietro San Francisco, Seattle e Washington. Basti pensare che,grazie a una rete di trasporti pubbliciefficienti e a 500 km di piste ciclabili,registra il 20% in meno di auto rispetto agli altri centri dellestesse dimensioni; che la raccoltadifferenziata tocca il 75%, e che il comune è stato il primo, nel 1993,ad adottare un piano di riduzionedella CO2 (entro il 2030 punta a diminuire le emissioni del 40% e a produrre un quarto della propriaenergia da fonti rinnovabili).Non stupisce che proprio qui si stianotoccando punte di eccellenza anchenell’edilizia sostenibile. A Portlandsono presenti 150 edifici certificatiLeed (Leadership in Energy and Environmental Design), ma il progetto più ambizioso è certamente quello dell’OregonSustainability Center (Osc). Quandosarà completato (probabilmente allafine del 2013) costituirà il primoesempio di immobile americano a “triplo zero”: zero emissioni, zerorifiuti, zero energia. Costruitointeramente con materiali locali,l’Osc sarà infatti completamenteautosufficiente sia per quantoriguarda l’elettricità che l’acqua.Unica nota stonata, il costo. Perquesto “prototipo” saranno impiegatiben 67 milioni di dollari, ovvero 434dollari per metro quadrato costruito:ancora troppo per ragionare in termini “commerciali”.Anche in Italia si sta facendo stradaun nuovo concetto di edilizia.Particolarmente attivo è il GreenBuilding Council Italia, associazionenon profit che promuove il sistema di certificazione Leed, i cui parametristabiliscono precisi criteri di progettazione e realizzazione di edifici salubri, energeticamenteefficienti e a impatto ambientalecontenuto. Criteri soddisfatti, ad esempio, dall’Energy Park di Vimercate e dalla scuola “Giacomo Floriani” di Riva del Garda.

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Da Londra a Istanbul,a remi lungoi fiumi europei

Un uomo e una barca a remi (con una vela per quando il vento è generoso), da Londra a Istanbul,vogando tra Reno e Danubio per5.200 chilometri via fiume, in seimesi. Una gara sportiva? Non proprio. È più una sfida cheGiacomo De Stefano ha lanciato a sé stesso. E un modo perraccontare un nuovo rapporto con la natura, con l’acqua, con i fiumi.Giacomo intende soprattuttolanciare dei messaggi: quello di «un’economia che non dipenda daldenaro – spiega – quello del rispettoe dell’importanza della natura e, in particolare, dell’acqua. La riscoperta di un modo lento di viaggiare, che rispetti i territori,l’ambiente e che sostenga le piccoleeconomie locali». Quando abbiamo intervistatoGiacomo, il 21 maggio, era a NoviSad, in Bosnia. Ha cercato unaspiaggia dove attraccare, con tantodi baretto dotato di wi-fi, percollegarsi su skype. È un viaggio in mezzo alla natura, ma in continuacomunicazione con il mondo, con la rete. «Ogni giorno ricevo almeno500 messaggi da ogni parte delmondo – racconta Giacomo –persone che mi comunicanosolidarietà, curiosità, o che voglionosalire in barca con me». Sì, perchéGiacomo accoglie volentieri ospitisulla sua Clodia. Sul suo sito si troval’invito per chi voglia “salire a bordo”. Ma la sua vera compagna di viaggio è Clodia, la barca a remi e vela, che ha contribuito a creare. È stata costruita da un maestrod’ascia e un folto gruppo di volontarinell’Art waiting room della Lago(www.lago.it), lo spazio creativodell’innovativa azienda veneta di mobili e design che per tre mesiha ospitato la costruzione di Clodia.«Alla base del mio progetto c’è il concetto di economia del dono, di Gift economy – spiega Giacomo –ho lavorato per anni nel mondo del denaro. Ho visto come riesce a rovinare le persone». Così in questasua avventura ha scelto di perseguire l’idea del budget zero.Aziende private, amici, partnerhanno lavorato con lui, gli stannofornendo mezzi e idee per portare a termine un’avventura eccezionale. www.manontheriver.com [E.T] A

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dossier a cura di Andrea Barolini, Lorenzo Bodrero, Corrado Fontana e Valentina Neri

Hedge Mafia > 16

Vademecum: come i criminali riciclano il denaro > 18

La malavita al tavolo verde > 20

L’illecito all’ombra dell’energia pulita > 22

Spazzatura preziosa. Il tesoro dell’ecomafia > 24Via D’Amelio: l’albero che ricorda il luogo dell’uccisione di Paolo Borsellinoe della sua scorta

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La finanza offre alla mafiametodi perfetti per riciclaredenaro “sporco”. Scoprirli è quasi impossibile.

140 miliardi di euro di fatturato solo in Italia chepossono essere facilmentespostati e nascosti grazie atecniche finanziarie creative

Finanzamafiosa

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dossier | finanza mafiosa |

Salute di ferro per Mafia SpaSecondo i dati contenuti nell’ultimo rap-porto di Sos Impresa solo in Italia la cri-minalità organizzata costituisce oggi «ilpiù grande agente economico nazionale,in grado di muovere un fatturato che siaggira intorno ai 140 miliardi di euro, conun utile superiore ai 100 miliardi». Impres-sionante anche il dato relativo alla liqui-dità: la mafia italiana ha attualmente in

cassa qualcosa come 65 miliardi di euro. A livello globale si stima che nel periodo2000-2005 sia stato di quasi 1.600 miliardidi dollari all’anno il giro d’affari comples-sivo del crimine organizzato (vedi ),ovvero il 4,3% del Pil di tutto il Pianeta. Ei ricavi dei malavitosi sono da decenni inaumento in tutto il mondo. Un esempiodi tale escalation arriva dagli Stati Uniti:nel rapporto Estimating illicit financialflows resulting from drug trafficking andother transnational organized crimes deldipartimento delle Nazioni Unite sulladroga e il crimine (Unodc) si sottolinea co-me il quantitativo totale degli introiti del-le criminalità organizzate negli Usa siapassato da 49 miliardi di dollari all’annodel 1965 (il 6,8% del Pil statunitense) a 779miliardi del 2000 (l’8% del Pil Usa).

Per i criminali è emersa la necessità diqualcosa di molto, molto più grande per

TABELLA

HedgeMafiadi Andrea Barolini

L’attività di money-laundering (riciclaggio di denaro sporco),effettuata dalla criminalità sempre più attraverso i canalifinanziari, comporta una vasta serie di “effetti collaterali” neimercati. Ad essere distorti, secondo le analisi dell’Unodc, sonoad esempio i flussi di investimento, spesso “drogati” da immensequantità di denaro che compaiono improvvisamente nel sistema.Ma anche i prezzi (basti pensare al mercato immobiliare) e perfino i consumi, attraverso la maggiore liquidità presentenel sistema (con relative conseguenze anche sull’import-export). E ancora la competitività può risultare distorta e sleale;possono poi aumentare gli episodi di corruzione, verificarsiepisodi di estrema volatilità di alcuni settori, o di distorsionedelle statistiche con conseguenti possibili errori di valutazioneda parte di governi e legislatori. Gli stessi istituti finanziari che accettano capitali sporchi,inoltre, possono risentirne fortemente: «Il denaro di provenienza

illecita – sottolinea ancora l’Unodc – viene spesso ritiratoimprovvisamente o spostato da una piazza finanziaria all’altra,nell’ambito degli stessi processi di money-laundering». Il riciclaggio è dunque un problema dalle mille sfaccettature. La cui portata è ben comprensibile se si tiene conto delle cifrein ballo. Le movimentazioni di denaro riciclato attraverso canalifinanziari sono stimate, nei 20 principali Paesi Ocse, in aumentodai 273 miliardi di dollari all’anno del 1995 ai 603 miliardi del2006. Qualcosa come l’1,74% del Pil dell’area. A livello globale il Fondo monetario internazionale ha parlato di 600 miliardi solo legati ai capitali relativi al traffico di droganello stesso anno. Altri studiosi hanno indicato cifrecomplessive comprese tra i 2 mila e i 2.500 miliardi di dollariall’anno, ovvero il 5-6% del Pil mondiale. Di questa quota,secondo l’Unodc circa 1.600 miliardi di dollari nel 2009 hannopreso vie di riciclaggio finanziarie.

NON SOLO UN AIUTO ALLE MAFIE: GLI EFFETTI DEL RICICLAGGIO SUI MERCATI

La finanza sta diventandosempre più un canaleprivilegiato attraverso il quale le organizzazionicriminali possono nascondere,spostare, riciclare, far fruttare le immense quantità di capitali di cui dispongono.Agendo quasi indisturbate

Chi volesse una lezione di tecnica bancaria, capire il funzionamento degliinvestimenti internazionali più complessi o degli strumenti finanziari de-rivati ha due possibilità. Assistere a qualche lezione all’università o par-

lare con chi gestisce i capitali della mafia. La nostra, ovviamente, è un’esagera-zione, e allo stesso tempo una provocazione. Ma rende l’idea del salto di qualitàche le organizzazioni criminali hanno effettuato negli ultimi anni. Il motivo? Sem-plicissimo: i vecchi “canali” utilizzati dalle mafie per riciclare e far fruttare i pro-pri introiti – controllo di negozi, imprese, aziende, contraffazione, ecc. – hannocominciato via via a non essere più in grado di drenare l’infinita massa di capita-li accumulati, che negli ultimi decenni hanno raggiunto cifre enormi.

Beni confiscati alla mafia. In alto la “Cascina Arzilla”; a sinistral’Agriturismo “Terre di Corleone”.

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| dossier | finanza mafiosa |

gestire gli introiti del traffico internazio-nale di droga, del commercio illegale di ar-mi, dell’usura, del contrabbando e dellacontraffazione, del racket della prostitu-zione, della corruzione o del cyber-crime.Qualcosa che fosse accessibile facilmentee in grado di garantire l’anonimato, ma-gari con la possibilità di nascondere i ca-pitali, sporchi, in Paesi lontani e farli tor-

nare, puliti, attraverso canali legali. Biso-gnava, in una parola, sfruttare il mondodella finanza.

La finanza, un paradiso per il riciclaggioTra piattaforme over-the-counter, darkpools, paradisi fiscali, prodotti finanziarisempre più complessi, transazioni sempre

più difficili da monitorare e società offsho-re che accettano denaro facilmente e sen-za fare domande, i canali offerti dal siste-ma finanziario globale sono perfetti per imalavitosi che vogliono riciclare, ripulire efar fruttare i proventi delle loro attività il-legali (vedi ). Scovare i flussi ille-citi è un’impresa titanica. Lo stesso Unodcconferma nel suo rapporto che «il tasso di

VADEMECUM

LE 20 PRINCIPALI DESTINAZIONI DEL RICICLAGGIO DI DENARO SPORCO$ Stima del Fmi in miliardi di $ (2005)

% Percentuale globale

STATI UNITI% 18,9

$ 283.500

ITALIA% 3,7

$ 55.500

CINA% 3,3

$ 49.500

GERMANIA

% 2,2$ 33.000

PAESI BASSI

% 1,7$ 25.500

BERMUDA

% 1,9$ 28.500

ROMANIA% 3,1

$ 46.500

SPAGNA% 1,2

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REGNO UNITO% 1,6

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SVIZZERA% 2,1

$ 31.500

CANADA% 3

$ 45.000

LUSSEMBURGO% 2,8

$ 42.000

BAHAMAS% 2,3

$ 34.500

HONG KONG% 1,6

$ 24.000CITTÀ DEL VATICANO

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LIECHTENSTEIN% 1,7

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AUSTRIA% 1,7

$ 25.500

FLUSSI FINANZIARI ILLECITI NEL MONDO

min % del Pil mondiale max % del Pil

mondialeRicavi da traffici illeciti 331 0,9% 549 1,5%

- traffico di droga 120 0,3% 200 0,5%

- beni contraffatti 80 0,2% 120 0,3%

- moneta contraffatta 3 0% 4 0%

- traffico di esseri umani 12 0% 15 0%

- contrabbando armi 6 0% 10 0%

- contrabbando 60 0,2% 100 0,3%

- racket 50 0,1% 100 0,3%

Ricavi da corruzione 30 0,1% 50 0,1%

Ricavi commerciali 700 1,9% 1.000 2,7%

- alterazione dei prezzi 200 0,5% 250 0,7%

- trasferimento illecito dei costi 300 0,8% 500 1,3%

- transazioni fittizie 200 0,5% 250 0,7%

Totale 1.061 2,9% 1.599 4,3%FON

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BILANCIO MAFIA SPA - IN ITALIA

Valore della produzione (mld euro) 137,341. Ricavi delle vendite e delle prestazioni 137,34- ricavi da traffici illeciti 72,64

- traffico di droga 65,00- tratta e sfruttamento

immigrazione irregolare0,44

- armi e altri traffici 5,80- contrabbando T.LE. 0,90- contrabbando animali esotici 0,30- contrabbando medicinali 0,10- altri traffici 0,10

- ricavi da tasse mafiose 24,00- racket 8,00- usura 16,00

- ricavi da furti, rapine e truffe 1,00- furti, rapine e truffe 1,00

- ricavi da attività imprenditoriali 26,10

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LE CIFRE ELABORATE DA SOS IMPRESA CORRISPONDONO A UNA STIMA GIUDICATA DA ALCUNI ESPERTI “AL RIBASSO”.TUTTAVIA OFFRONO UNA BASE DI VALUTAZIONE CONCRETA E ARTICOLATA DA CUI PARTIRE PER COMPRENDERE LA DIMENSIONE ECONOMICA DELLA MAFIA IN ITALIA. IL RAPPORTO, PUBBLICATO A GENNAIO 2011, FA USO DI DATIRIFERIBILI A PERIODI PRECEDENTI AL 2010.

IL VALORE DEI FLUSSI TRANSNAZIONALI DI “DENARO SPORCO”, ESPRESSI IN MILIARDI DI DOLLARI E INPERCENTUALE RISPETTO AL PIL, RIFERITI AL PERIODO 2000-2005.

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| 18 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

dossier | finanza mafiosa |

identificazione nell’ambito degli sforzicontro il riciclaggio a livello globale rimaneestremamente basso. Si può stimare che laquota di capitali sequestrati o congelati siasensibilmente inferiore all’1% (forse addi-rittura attorno allo 0,2%) rispetto allaquantità complessiva di denaro che vieneintrodotta dal sistema criminale nei canalifinanziari». «Difficilmente il problema po-trà essere risolto con soluzioni nazionali»,ha spiegato a Valori Friedrich Schneider,professore di Economia all’universitàJohannes Kepler di Linz (Austria). «Solouna forte organizzazione a livello interna-zionale, alla quale dovrà essere anche con-cesso il diritto di agire nei singoli Stati, po-trà fronteggiare il problema».

Seguire i flussi di capitale è quasi impossibileOggi dunque le mafie sanno che al 99% laloro attività di riciclaggio andrà a buon fi-ne. Un quadro nefasto, confermato daEmile van der Does de Willebois, espertodella Banca Mondiale che ha diretto l’ini-

I metodi utilizzati dal crimine organizzato per riciclaresono numerosissimi: di seguito dodici esempi tra i piùdiffusi negli ambienti mafiosi.

Money transferSi tratta del principale (e più semplice) strumento utilizzato per riciclare sfruttando il sistema finanziario e le numerosesocietà (non bancarie) che consentono di inviare denaro in qualunque parte del mondo. Basta recarsi a uno sportello e disporre il trasferimento: in tal modo si possono facilmentenascondere le origini illecite dei capitali e spostare questi ultimidove è più utile, magari in piccole tranches.

Depositi bancariPer essere trasferiti più facilmente, spesso è utile depositare i capitali in normali conti correnti bancari. Ciò ovviamentecomporta problemi per i malavitosi, che per aggirare i controllisfruttano una serie di stratagemmi: tra questi anche i più banali,come l’intestazione a dei prestanome compiacenti. In tal modo i soldi depositati nei conti correnti restano apparentemente puliti.

Ivts (Informal value transfer systems)È un sistema che opera al di fuori dei canali bancari tradizionali,avvalendosi di “alternative”, come quella del meccanismo “Hawala”(vedi ). Si tratta di canali informali (spesso mascherati da negozi ma anche da semplici carte telefoniche) che hannoaccesso ai sistemi finanziari e che consentono di inviare facilmentedenaro (senza ovviamente chiedere nulla sulla provenienza dei capitali) in numerose giurisdizioni. Compresi i paradisi fiscali,nei quali di tali somme è facile far perdere ogni traccia.

Traffico di capitaliÈ uno dei metodi più semplici: i capitali vengono spediti o semplicemente trasportati (un esempio è la classica valigetta).Si tratta tuttavia di un sistema pericoloso per via dei controllidoganali (in tal senso spesso dà luogo ad episodi di corruzione):per questo oggi i criminali tendono a preferire canali telematici.

Gioco d’azzardoCasinò, corse dei cavalli, scommesse e lotterie costituiscono un metodo particolarmente utilizzato. I riciclatori possono

ARTICOLO

Vademecum: come i criminali riciclano il denaro

I dati contenuti in un working paper firmato dall’economista Friedrich Schneidertracciano una mappa del riciclaggio mondiale che – contrariamente a quanto ci sipossa aspettare – “premia” solo parzialmente i noti paradisi off-shore. Così il Paeseche attrae maggiormente i capitali riciclati sono gli Stati Uniti, con ben il 18,9% deltotale (dati del 2005). E solo al secondo posto ci sono le Isole Cayman (ma nettamente staccate al 4,9%). Quindi figurano la Russia (4,2%) e l’Italia (3,7%).Paesi, questi ultimi, che ricevono circa il doppio dei flussi di riciclaggio di una nazionecome la Svizzera che, con il 2,1%, rimane staccata perfino da Città del Vaticano. Lo Stato-capitale della cristianità è all’ottavo posto, con il 2,8%.

DOVE VANNO A FINIRE I SOLDI DEL RICICLAGGIO?USA, CAYMAN, ITALIA E ANCHE AL VATICANO

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GLI INTROITI DELL’ATTIVITÀ CRIMINALE NEGLI USA (1965-2010)

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 19 |

| dossier | finanza mafiosa |

ziativa Onu Stolen Asset Recovery (StAR):«Garantire trasparenza alle strutture giu-ridiche deve ritornare a essere una prio-rità nazionale e internazionale. Ed è fon-damentale al contempo che i governirafforzino i loro sistemi di controllo e di in-chiesta», ha spiegato in un comunicatocon il quale, lo scorso ottobre, veniva pre-sentato un rapporto dall’eloquente titoloThe Puppet Masters (I burattinai). Nell’a-nalisi vengono esaminati 150 casi giudizia-ri di corruzione, grazie alle testimonianzedi decine di esperti provenienti da 33 Pae-si. La conclusione è lapidaria: «Agenti pub-blici corrotti e loro associati sfruttano lecarenze giuridiche e istituzionali, nonchél’opacità di numerose fondazioni, società efiduciarie, per dissimulare i legami con icapitali sporchi. Ciò rende l’identificazio-ne dei responsabili, degli strumenti e dellestrutture utilizzate particolarmente diffi-cile». «Spesso si incontra una lunga catena,senza riuscire a risalirla interamente»,constatava nel 2005 l’economista LorettaNapoleoni nel suo saggio Terrorismo Spa.

Per questo, si legge ancora nel rapportoStAR, «occorrono prevenzione, trasparen-za, imposizione di nuove regole alle came-re di commercio, aggiornamento delleinformazioni in possesso degli organismidi vigilanza». «Al contrario, i governi han-no dimostrato un’evidente mancanza dideterminazione», prosegue Schneider.

Dal money transfer ai sistemi “Hawala”E, anche se si avviassero azioni immedia-te, ci vorrà del tempo per ottenere i primirisultati. Intanto i malavitosi possonooperare quasi indisturbati. Come? In sva-riati modi. Ad esempio attraverso la co-siddetta tecnica dello starburst, che con-siste nel depositare il denaro in una bancafornendo istruzioni per “esplodere” il ca-pitale e inviarlo a centinaia di altri istitu-ti di credito, in decine e decine di centri fi-nanziari. Si tratta, in parole povere, dellapolitica delle banconote di piccolo taglioapplicata alla finanza. Ancor più sempli-cemente, altrimenti, i “riciclatori” posso-

no acquistare con denaro sporco una po-lizza assicurativa che preveda il paga-mento del premio in un’unica soluzione. Il contratto viene poi rescisso in anticipo(al prezzo di una penale) al fine di riceve-re certificati di deposito. Puliti ed econo-mici. «Ma si utilizzano sempre più anchestrumenti complessi, in particolare deri-vati», spiega ancora Schneider. Fattoreche contribuisce inevitabilmente a gon-fiare le speculazioni.

Non meno utilizzato è il sistema ban-cario informale, attivo soprattutto nelMedioriente dove è conosciuto come si-stema “Hawala”. Si tratta di un meccani-smo basato su soggetti che operano tran-sazioni finanziarie senza licenza e dunquefuori dai controlli delle autorità. Entitàche presentano il vantaggio di accettarenon solo contanti e assegni ma anche benicome oro e diamanti. Senza identificare iclienti, senza registrare le operazioni esenza monitorare le transazioni effettua-te, ovviamente. Un vero e proprio paradi-so, per i malavitosi.

acquistare con denaro sporco ad esempio fiches nei casinò e convertirle in assegni puliti che possono essere facilmentedepositati in una banca.

Polizze assicurativeI malavitosi possono acquistare polizze che prevedono il pagamento di un premio in un’unica soluzione. A quel punto possono decidere di liquidarle in anticipo rispettoalla scadenza contrattuale, anche se questo comporta il pagamento di una penale. Quest’ultima è infatti spesso modesta, e consente di ricevere in cambio certificati di deposito puliti. Un metodo economico e sicuro.

TitoliAnche l’acquisto di titoli viene sfruttato per riciclare, a patto di poterlo fare su piattaforme di compravendita accessibili in modo il più possibile anonimo. Così i malavitosi riescono ad assicurarsi anche il controllo di società, imprese e aziendegiudicate “strategiche” per i loro business.

ImpreseI capitali possono essere riciclati attraverso il loro impiego in business apparentemente legittimi, mescolando denaro sporcoad altro pulito. Ciò soprattutto nel caso di attività “cash-intensive”,come nel caso, ad esempio, dei ristoranti o dei bar.

Società “scudo”Un “classico” del money-laundering è la creazione di società ad hoc,con l’obiettivo di coprire gli spostamenti di capitale e farne perdere le tracce. Ciò è particolarmente utile nel caso in cui l’obiettivo sia fararrivare il denaro in paradisi fiscali, o comunque rendere difficilel’individuazione delle transazioni effettuate per spostarlo.

Acquisto di beniAnche l’acquisto di beni durevoli così come di beni immobiliari è fortemente utilizzato: i beni (dall’oro ai diamanti alle auto) sonocomprati tipicamente in contanti e rivenduti per denaro pulito,magari con l’aiuto di prestanome.

Carte di creditoSono utilizzate per sfruttare pagamenti effettuati con denarosporco, e farli arrivare a destinazione “puliti”. Il sistema funzionaanche e soprattutto per le piccole somme: si possono ad esempioricaricare carte di debito con denaro sporco, effettuare gli acquistifittizi e farli arrivare a destinatari “amici” perfettamente ripuliti.Oppure effettuare acquisti “reali” e poi sfruttare o rivendere tali beni.

BancomatSpesso le banche consentono ad altre aziende di operare con le lororeti di distributori automatici (per mantenere alto il flusso di liquidità).I riciclatori possono depositare così molti capitali, tramite prestanome,e ricevere banconote pulite ogni volta che prelevano il loro denaro.

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dossier | finanza mafiosa |

«L’interesse delle organizza-zioni mafiose e camorristi-che per il gioco è aumenta-

to quando lo stesso si è trasformato inuna vera e propria impresa. Se prima imonopoli di Stato, infatti, avevano il com-pito di controllare e, nel caso, reprimereil gioco d’azzardo, la successiva trasfor-mazione in azienda autonoma ne ha mu-tato l’obiettivo, divenuto quello di pro-muovere il gioco a scopo di lucro, su unmercato in espansione». In questa consi-

derazione, messa nero su bianco da Conf -esercenti in un documento presentato aun’audizione presso il Consiglio nazio-nale dell’economia e del lavoro (Cnel) nelmaggio 2011, si trova una perfetta foto-grafia della situazione. Ragione econo-mica criminale e di Stato convergonooggi pericolosamente, sebbene la primaagisca perlopiù a scapito della seconda.A ribadirlo nel gennaio del 2012 è stato ildossier Azzardopoli, pubblicato da Libe-ra-Associazioni, nomi e numeri contro le

mafie, in cui si sottolinea un dato im-pressionante: «L’industria del gioco, se-condo l’Eurispes, in Italia si colloca al ter-zo posto dopo colossi come Eni e Fiat».

Italia slot machineContraddizioni spaventose per un Paesein recessione conclamata, eppure in vettaall’Europa e terzo al mondo tra quelli chegiocano di più. Si pensi che ogni cittadinoitaliano, neonati compresi, spende in me-dia 1.260 euro l’anno per tentare la fortu-

La malavita al tavolo verde di Corrado Fontana

Terzo comparto industriale italiano e in fortissima crescita, a dispetto di ogni crisi: il gioco, lecito e illecito, ingrassa lemafie. E se lo Stato croupier incentiva il settore, le infiltrazioni criminali superano i controlli

Meno rischi e un allargamento potenziale smisurato della platea di giocatori: così la retetende la mano agli interessi criminali. «Nell’ambito delle scommesse clandestine per viatelematica, attraverso gli internet point, risulta evidente l’inserimento della criminalitàorganizzata, reso più agevole dalla circostanza che questa forma di scommessa vieneesercitata attraverso bookmakers stranieri (privi di ogni autorizzazione da partedell’Aams, Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) con ulteriori difficoltànello svolgimento dei controlli»: questo scrive Diana De Martino, sostitutoprocuratore nazionale antimafia, nel suo contributo (Infiltrazioni della criminalitàorganizzata nel gioco (anche) lecito) alla Relazione annuale della Direzione nazionaleantimafia del 2010. Da allora qualcosa è cambiato. Nel senso che giochi on line comecasinò e poker cash, da quando sono stati introdotti a metà luglio 2011 fino a gennaio2012, hanno contribuito al business per circa 5 miliardi di euro, consentendo al settore dei giochi di abilità a distanza di chiudere il 2011 con un aumento del 169,9%sulla raccolta del 2010. E il 2010 si era già chiuso con una crescita della raccolta suinternet del 40%. Gran parte del merito si deve proprio all’introduzione del poker cash,ovvero alla possibilità di giocarsi soldi reali e non solo virtuali attraverso il web (seppure con un limite iniziale fissato a mille euro). Il futuro, invece, si chiama bettingexchange, cioè la scommessa integrale, in cui chiunque potrà quotare un evento su una piattaforma internet autorizzata: entro il 2012 lo Stato potrebbe emanare la normativa di avvio e all’interesse dichiarato da parte di soggetti come PosteMobile,Interwetten e Mondadori farà certo da “discreto” contraltare quello delle mafie.

I BOSS SCOMMETTONO SULLA RETE GIOCO CRIMINALECosì schematizzava la Confesercenti, in un’audizione presso il Cnel a maggio 2011, le sei principali pratiche attuate dallacriminalità organizzata per fare profitti sul comparto dei giochi, legali e illegali: 1. acquisizione in concessione, attraverso

prestanome, di sale bingo e puntiscommesse autorizzati;

2. imposizione ai commercianti del noleggiodi videogiochi/slot machine – talvoltatruccati – attraverso ditte controllate;

3. gestione di bische illegali e del giocod’azzardo, promuovendo il toto e il lottonero, e le corse ippiche clandestine;

4. inserimento nel settore del gioco d’azzardoon-line, in forte espansione e meno rischioso,in graduale sostituzione delle bischeclandestine e del gioco nero;

5. riciclaggio del denaro sporco, ancheattraverso l’acquisto fraudolento di bigliettidi lotterie e giochi legali vincenti;

6. pratica di prestiti a usura nei confronti deigiocatori incalliti (raggiunti con particolarefacilità all’interno delle bische e agenzie di scommesse o sale bingo controllate dai 4 gruppi criminali, ndr).

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 21 |

| dossier | finanza mafiosa |

na, tra videopoker, slot machine, Gratta evinci, sale Bingo; e che sono 800 mila i gio-catori d’azzardo patologici stimati (quasidue milioni quelli a rischio), per un fattu-rato legale complessivo del settore giuntoa 76,5 miliardi di euro nel 2011 (53 miliardinel 2009, 60 miliardi nel 2010). Una quan-tità enorme di risorse cui si aggiunge il gi-ro d’affari illecito valutato, per difetto, inaltri dieci miliardi di euro, che rafforzanouna quarantina di organizzazioni crimi-nali: questi clan, scrive Libera, «si accredi-tano ad essere l’undicesimo concessiona-rio occulto dei Monopoli di Stato». Dandoinvece per assoluta la trasparenza delledieci società concessionarie ufficiali, seb-bene talvolta facciano perdere le traccedei loro proprietari attraverso un sistemadi scatole cinesi e fiduciarie con sedi all’e-stero (vedi Report, 8 maggio 2011, I biscaz-zieri di Sigfrido Ranucci).

A carte truccate Stato e criminali con interessi parzial-mente comuni, quindi, ma che non agi-scono allo stesso modo. I dieci miliardiche finirebbero annualmente in tasca al-la criminalità organizzata ci arrivanolungo due vie principali. La prima corre

attraverso un’infiltrazione sistematicanei canali del gioco lecito, utilizzando adesempio prestanome che gestiscono saleBingo o punti scommesse autorizzati econcessioni per il gioco on line, oppureimponendo agli esercizi commerciali ilnoleggio dei “propri” videopoker, magaritruccati per impedire la trasmissione te-lematica delle giocate all’Aams. E poi ac-quistando – talvolta dietro minaccia – bi-glietti vincenti di lotterie e concorsi pergiustificare e riciclare il denaro “sporco”,o manipolando l’esito delle corse ippichee le scommesse collegate.

La seconda via è quella per cui le ma-fie fanno concorrenza al gioco legale conquello clandestino (toto e lotto nero, bi-

sche, ecc.), attraverso cui alimentano i cir-cuiti dell’usura, e controllano “macchi-nette fantasma” e truccate oppure orga-nizzano corse di cavalli e scommesseclandestine. Sta di fatto che nel 2011 sonostate ben dieci le Procure della Repubblicae direzioni distrettuali antimafia che han-no effettuato indagini sul settore (Bolo-gna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce,Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Cala-bria, Roma). E 22 le città dove, nel 2010, so-no state effettuate indagini e operazionidelle Forze di Polizia in materia di giocod’azzardo, con arresti e sequestri diretta-mente collegati al crimine organizzato: ca-morra, ’ndrangheta, Sacra Corona Unita eCosa Nostra sono tutte presenti.

Lecce chiama...Un gigantesco giro di scommesse illecite, dalla Puglia allaLombardia passando per Calabria, Sicilia, Campania, Abruzzo,Emilia Romagna, Lazio, Liguria e Toscana. Questa la tesi dallaGuardia di Finanza di Lecce per un’indagine avviata nel 2008 e denominata “Poker 2”. Scattata a metà luglio 2010 con unaserie di perquisizioni in tutta Italia, l’inchiesta vedrebbe al centroSaulle Politi, affiliato al clan Tornese della Sacra Corona Unita e già condannato per associazione a delinquere di stampomafioso e la sua società Go Go Games. Promotrice del giro di scommesse, pur senza le dovute autorizzazioni dell’Aams,sarebbe stata però la società di capitali Gold Bet, con sede legalea Innsbruck, che tuttavia ha sempre smentito qualsiasi contattocon Politi, dichiarandosi vittima e non complice del sistemaillegale di raccolta di scommesse on line, che riguardava eventisportivi e sfruttava una rete di 500 agenzie in Italia.

... Milano risponde L’ultima inchiesta significativa che lega il settore dei giochi alla criminalità organizzata è partita lo scorso 30 novembre a Milano, coordinata dal pool di Ilda Boccassini. Il clan Valle-Lampada, tramite quattro società, avrebbe collocato 347

macchinette, tra slot machine e videopoker, in 92 locali di Milano e provincia, con ricavi tra i 25mila e i 50mila euro al giorno. Peccatoche le macchinette installate siano risultate fuori norma e ai Monopoli venissero trasmessi dati falsi sulle giocate.

Atlantis sommersa Vicenda dai contorni poco chiari è quella che riguarda la società Atlantis Bplus Giocolegale limited, vincitrice di una garad’appalto con l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Statoe già oggetto d’indagine per le slot machine irregolari e destinataria di uno “strano” finanziamento da parte di Bpm peril quale è indagato l’ex presidente Massimo Ponzellini. Il problemanasce dal fatto che la Atlantis, risalendo la catena di controllo,farebbe capo – attraverso una società offshore con sede a SaintMartin (Antille Olandesi) – a Carmelo Maurizio e FrancescoCorallo, figli di Gaetano Corallo, condannato per reati di criminalità organizzata e legato al clan mafioso di Nitto SantaPaola. Il direttore dei giochi dell’Aams Antonio Tagliaferri ha difesol’operato dell’istituto per l’avvenuta concessione ad Atlantisdicendo di avere interessato la Prefettura di Roma al riguardo, la quale avrebbe risposto che la società è comunque in regola con i requisiti della legislazione antimafia.

QUANDO LE MAFIE FANNO IL LORO GIOCO

Giochi a base ippica0,8%0,488 mld

NewSlot39,7%24.217 mld

Lotteria19,3%11.773 mld

Giochi numerici13,8%8.418 mld

Videolottery1,9%

1.159 mldGiochi a base sportiva

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Lotto18,3%

11.163 mld

Bingo2,6%

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Poker e Skill games1%0,610 mld

VALORE DEL MERCATO DEI GIOCHI IN ITALIA (2010)

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Giochi a base ippica0,8%0,488 mld

ImposizioneSlot machine45,5%2.160 mln €

Riciclaggio15%720 mln €

Usura per gioco16%

750 mln €

Bische, lottoe toto nero, corse

ippiche illegali7,5%

360 mln €

Concessioni sale7,6%

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INTROITI DELLE MAFIE SUL GIOCO LEGALE E ILLEGALE

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| 22 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

dossier | finanza mafiosa |

Ormai è appurato: la strada irri-nunciabile per l’approvvigiona-mento energetico passa per le

fonti rinnovabili. Se ne è accorta anchela criminalità organizzata, che, si sa, dasempre si dirige dove ci sono guadagni.Un business come quello dell’eolico e delfotovoltaico, sostenuto dagli incentivi ein rapidissima ascesa, non poteva che co-stituire un’opportunità per riciclare ca-pitali di provenienza illecita e innestarsisempre più profondamente nei ganglidell’economia reale.

Proprio per riconoscere questi rischie affrontarli al meglio sono nati due pro-getti: Score (Stop crimes on renewablesand environment), promosso dalla Com-missione europea e coordinato dallaFondazione Culturale ResponsabilitàEtica, e Green Clean Market, condotto dauna cordata di soggetti con Transpa-rency International Italia come capofila(vedi ).

Un sistema che favorisce infiltrazioni La storia è nota. Fra il 2006 e il 2007 l’Ita-lia è salita, con un certo ritardo, sul trenodelle rinnovabili. E si è trovata a correrecon gli incentivi: molto alti e distribuiti “a pioggia”, senza la guida di un pianoenergetico nazionale. «Tanto è vero – af-ferma Lorenzo Segato, responsabile del

centro di ricerca Rissc (Centro ricerche estudi su sicurezza e criminalità) – chequasi tutti hanno costruito gli impianti alSud dove, a parità di incentivi, il rendi-mento è maggiore». Trascurando però ilforte radicamento delle organizzazionicriminali. Così come il fatto che, in molticasi, i piccoli centri non fossero preparatia trattare con i colossi industriali per ot-tenere il meglio per il proprio territorio.

Sono arrivati così enormi capitali. Unfattore di per sé positivo, che ha favoritola transizione verso un sistema energeti-co più “pulito”. Ma, spiega Segato, «im-portanti progetti ideati in Italia sonostati ceduti a multinazionali straniere,che a loro volta li hanno venduti a fondid’investimento che raccolgono capitaliprovenienti, ad esempio, da Dubai o dal-la Svizzera. Così non si riescono più atracciare i flussi finanziari». Una situa-zione che può fare comodo a chi vuole ri-ciclare capitali di provenienza illecita.

Gli incentivi, d’altra parte, sono statierogati sullo sfondo di un sistema norma-tivo caratterizzato da quelle che Score de-scrive come «vischiosità amministrative,complesse procedure di autorizzazione,mancanza di chiarezza nella suddivisionedelle competenze tra i numerosi enti pub-blici interessati».

Sono diversi gli elementi critici su cuiScore punta l’attenzione: come il mecca-

nismo delle aste al ribasso per l’attribu-zione degli incentivi, disposto dal decre-to Romani, che rischia di favorire chi hadenaro da riciclare. Senza contare i ritar-di. La direttiva europea 2001/77/CE sulleautorizzazioni per i nuovi impianti è sta-ta recepita nel mese di settembre del2003: ma per sette anni non sono statestabilite le linee guida nazionali. Si è cosìdiffusa, fino al 2010, l’abitudine di “fra-zionare” i progetti di grandi dimensioniin tanti impianti più piccoli, in modo daottenere le autorizzazioni tramite la Dia(Dichiarazione di inizio attività). Vale adire una procedura semplificata. E conmeno controlli.

Di fronte ad aziende e pubbliche am-ministrazioni in difficoltà, si è fatta avan-ti una figura che rappresenta un unicumitaliano: l’intermediario o sviluppatore,che trova i terreni, ottiene le autorizza-zioni e fornisce le materie prime «in tem-pi brevi e con dinamiche di caraturaquantomeno sospetta». In molti casi,spiega Mauro Meggiolaro, coordinatorescientifico di Score, ciò accade «creandosrl in serie con capitale molto limitato,per poi rivenderle a milioni di euro» a im-prese o fondi d’investimento. Gli stru-menti di indagine da parte delle autorità,per giunta, sono «molto deboli – affermaSegato – perché quasi sempre si parte daindagini per abuso d’ufficio».

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L’illecito all’ombra dell’energia pulita di Valentina Neri

Il business delle rinnovabili è un ottimo strumento per riciclare denarosporco. Colpa anche di incentivi concessi sulla base di norme “opache” e diuna pesante burocrazia. Il progetto Score indaga i retroscena di pale eoliche epannelli fotovoltaici. Numerose le indagini in corso (e gli arresti) da Nord a Sud

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Indagini e arresti Le indagini della Direzione investigati-va antimafia (Dia), riportate nel rap-porto di Score, dipingono episodi daicontorni preoccupanti. Come l’opera-zione Eolo, che ha già portato all’arre-sto di otto persone nella provincia diTrapani: si sospetta che alcuni politici eimprenditori abbiano affidato alla cri-minalità organizzata i lavori di scavi,movimento terra e fornitura di cemen-to per impianti eolici, garantendolecentinaia di milioni di euro, oltre ai fi-nanziamenti pubblici.

Nel mirino della Direzione distret-tuale antimafia di Lecce è finito invece ilbusiness del fotovoltaico pugliese: quin-dici gli arresti disposti dal Gip del tribu-nale di Lecce e dalla procura di Brindisi.Gli arrestati sono sospettati di aver co-stretto decine di extracomunitari a la-vorare nella costruzione di parchi foto-voltaici, con turni massacranti e per dueeuro all’ora, in una totale assenza di tu-tele. Secondo le ricostruzioni degli in-quirenti si tratterebbe solo dell’ultimoanello di una complessa catena di inte-ressi che gettano ombre sul boom del fo-tovoltaico pugliese.

In linea generale le organizzazionicriminali seguono diversi filoni. «Mentreal Sud tendono a corrompere il politicolocale di turno per avere il controllo del

territorio, al Nord cercano di capitalizza-re il loro potere economico e la loro li-quidità attraverso il controllo delleaziende», sintetizza Lorenzo Segato, delcentro di ricerca Rissc, partner di GreenClean Market. Bisogna comunque evita-re di cadere in generalizzazioni.

«Si tratta di patologie, eccezioni, casiisolati. Non si può dire che quello dellerinnovabili sia un settore criminale»,chiarisce Mauro Meggiolaro. E LorenzoSegato precisa: «Sui 480 impianti eoliciitaliani, le indagini aperte su problemi dicorruzione o infiltrazione mafiosa at-tualmente sono 17». E le sentenze defini-tive non sono ancora arrivate.

E in Europa?Ma quello italiano è un caso isolato?«Sul rischio d’infiltrazione ci sono inda-gini, o se non altro segnalazioni, anchein Spagna e nei Paesi dell’est», spiega Si-mone Grillo dell’Associazione ValoreSociale, che collabora al progetto Score.L’Unione europea ha dato un segnaleimportante, dotandosi di una Commis-sione parlamentare antimafia che hagià chiesto il pieno e adeguato recepi-mento da parte di tutti gli Stati membridella direttiva 2008/99/CE sulla tutelapenale dell’ambiente. L’Italia l’ha rece-pita nel 2011 ma, spiega Grillo, «si puòmigliorare, soprattutto dal punto di vi-

sta delle sanzioni». La soluzione venti-lata dai magistrati antimafia è una: «in-serire nel codice penale un titolo auto-nomo sui reati ambientali». Servonocambiamenti radicali, dunque. «Però –conferma Grillo – la strada si sta trac-ciando».

SPAZIO ALLE BUONE PRATICHEContro il rischio infiltrazioni mafiose nel campo delle rinnovabili si fanno avanti le buone pratiche. La regione Puglia ha messoin campo un sistema informativo di mappatura degli impianti sul territorio,usato come base per verifiche approfonditesui lavori. La regione Sicilia ha siglato accordicol ministero degli Interni, Confindustria e Guardia di Finanza, in modo da unire le forze contro le infiltrazioni. «Bisognaandare oltre l’idea del contrasto – concludeSimone Grillo dell’Associazione Valore Sociale –per puntare allo sviluppo corretto dellerinnovabili. Legalità nelle rinnovabili significatrasparenza nella pubblica amministrazione,tutela dell’ambiente, sviluppo sostenibile,recupero di aree dismesse o sotto-utilizzate,lotta ai reati amministrativi e finanziari.Siamo partiti con un rischio e ci troviamo in mano un’opportunità».

SCORE E GREEN CLEAN MARKET: LEGALITÀ E RINNOVABILIScore: Stop crimes on renewables andenvironment. Con questo acronimo si presentail progetto promosso dalla Commissioneeuropea e coordinato da Fondazione CulturaleResponsabilità Etica, che individua nella filieradelle rinnovabili e del legno i “punti deboli” che mettono a rischio di infiltrazioni criminali,prende in esame le best practices e le portaall’attenzione di aziende e istituzioni. Numerosi i partner: Arci Lombardia,Associazione Saveria Antiochia Omicron,Associazione Valore Sociale, Banca Popolare

Etica, la cooperativa Centro di iniziativa europea, Fsc Italia e il dipartimento Territorio e Sistemiagro-forestali dell’università di Padova. La relazione è stata presentata il 26 maggio a Firenze, in occasione di Terra Futura. A promuovere la collaborazione fra mondo accademico, pubblico e privato per individuare le migliorisoluzioni per promuovere la legalità sono anche i ricercatori di Green Clean Market(www.greencleanmarket.org). Si tratta di un progetto selezionato e finanziato da Siemensnell’ambito della sua Integrity Initiative: intrapreso alla fine del 2010, proseguirà per circa tre anni.Capofila è Transparency International Italia, affiancata dal centro di ricerca Rissc, dal ministero della Funzione pubblica e da altri partner (da Legambiente al World Energy Council, e altri ancora).

LIBRI

Attilio Bolzoni Uomini soli

Melampo, 2012

Gian Carlo CaselliAssalto alla giustizia

Melampo, 2011

Francesco CenitiLa Nazionale contro le mafie

Ega, 2012

Don Luigi CiottiLa speranza non è in vendita

Ega, 2011

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dossier | finanza mafiosa |

«Ci getti monnezza ed esceoro». La celebre frase di uncamorrista, intercettata

dagli inquirenti ormai vent’anni fa, deveessere risuonata particolarmente fami-liare ad Antonello Pianigiani. Il noto im-prenditore, presidente della PianigianiRottami e del Poggibonsi Calcio, è tra gliarresti eccellenti dell’operazione Trans -formers, l’ultima in ordine di tempo sultraffico illecito di rifiuti. Le manette so-no scattate lo scorso 13 marzo, all’internodell’operazione coordinata dai Carabi-nieri del Noe di Grosseto, partita da Sie-na ed estesa a mezza Italia: Toscana, Pu-glia, Umbria, Emilia Romagna, Lazio eMolise. Non si trattava esattamente di

“monnezza” bensì di rifiuti provenientidalla rottamazione di veicoli, che veni-vano poi utilizzati dalla Pianigiani Rot-tami come base per la produzione dicombustibile derivato dai rifiuti (Cdr).

Il Cdr contiene sostanze dannose perla salute e per l’ambiente, ma venivaclassificato come non pericoloso dall’a-zienda, che secondo gli inquirenti inne-scava così un traffico illecito di rifiutipericolosi. Un giro d’affari da 5 milioni dieuro per un totale di 50 mila tonnellatetrafficate illegalmente e destinate allediscariche di tutta Italia.

L’imprenditore camorrista L’accusa ai danni di Pianigiani è di traffi-co illecito di rifiuti pericolosi e di asso-ciazione a delinquere. Ma i rifiuti nonerano prerogativa delle nostre mafie?Secondo gli inquirenti e gli esperti delsettore la figura del “camorrista impren-ditore” si è ormai estinta. Il ruolo di pri-mo piano in questo lucroso traffico ille-cito, capace di generare un fatturato di3,3 miliardi di euro nel 2010 (secondo ilRapporto Ecomafia 2011 di Legambien-te), è oggi ricoperto dall’ “imprenditorecamorrista”. Si tratta di imprenditori atutti gli effetti, titolari di aziende rego-larmente registrate con partita Iva, chepagano le tasse e stipendiano i propri di-pendenti e che all’apparenza hanno bi-lanci trasparenti. La crisi o la prospetti-va di ingenti guadagni apre crepe in cuisi insinua il clan mafioso. L’imprenditorecamorrista è «uno che sta a disposizione

del clan», come lo descrive il pentito Gae-tano Vassallo.

«Mentre 20-30 anni fa il camorrista sidedicava anche a questo ambito econo-mico – spiega il sostituto procuratorepresso il Tribunale di Napoli, Maria Cri-stina Ribera – oggi ci troviamo di fronte asoggetti che formalmente non hannonessun contatto con la criminalità orga-nizzata. Il rapporto tra i due è molto com-plesso e molto spesso è assai difficile di-mostrarlo giudiziariamente». Si complicaquindi il contrasto alla criminalità orga-nizzata nel settore delle imprese, ancheperché spesso sono realtà che non hannoincontrato difficoltà nell’ottenimentodel certificato antimafia.

C’è poi il caso in cui un unico soggettoracchiuda i ruoli di mafioso, imprenditoree politico. Un soggetto in grado di tirare ifili di un sistema criminale quasi perfetto.

Spazzatura preziosaIl tesoro dell’ecomafiadi Lorenzo Bodrero

Dal camorrista imprenditore all’imprenditore camorrista. Uomini d’affari apparentemente impeccabili aprono le porte ai clan mafiosi. Fa gola il business dei rifiuti: 3,3 miliardi di euro. E l’ecomafia si evolve: dalla discarica al riciclo

LIBRI

Giulio CavalliNomi, cognomi e infami

Edizioni Ambiente (verdenero), 2010

Antonella Mascali (a cura di)Le ultime parole di Falcone e Borsellino

Chiarelettere, 2012

Alex CorlazzoliL’eredità. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.1992-2012: le loro idee camminanosulle nostre gambe

Altreconomia, 2012

APPUNTAMENTI16-29 luglio 2012OLE - OTRANTO LEGALITY EXPERIENCELecce e OtrantoAppuntamento con la terza edizione del foruminternazionale incentrato sulla criminalità organizzataorganizzato da Flare Network e Libera e finanziato dalla Regione Puglia. Traffico di armi, di droga e le contromisure europee in atto saranno le tematicheal centro dei seminari. Quest’anno il forum sarà diviso in tre parti. La prima, Summer School, è aperta a studenti universitari e all’ottenimento di creditiformativi. La seconda, Summer Camp, è aperta a tuttiprevio pagamento di una simbolica quota di iscrizione.È invece aperta al pubblico l’ultima parte, il Public Forum.Per iscriversi e per informazioni www.ole2012.org.

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È l’accusa che muove la procura antima-fia di Napoli contro Nicola Cosentino,«rinviato a giudizio alla fine del 2010 perconcorso esterno in associazione mafio-sa: sottosegretario all’Economia, impren-ditore del settore degli idrocarburi, spon-sor politico del Consorzio dei rifiutiCaserta4 e, secondo i magistrati, legato alclan dei Casalesi, fazione Bidognetti».

I nuovi attori Ma le ecomafie del terzo millennio sonoanche e soprattutto costituite dai collet-ti bianchi: imprenditori, ingegneri, avvo-cati, funzionari pubblici e notai in gradodi mettere in campo un know-how tecni-co e una rete di relazioni – nel mondo im-prenditoriale e politico – indispensabile.E se gli attori cambiano pelle, anche lerotte si spostano. Il Rapporto Ecomafia2011 di Legambiente ha evidenziato co-me la tipica direttrice lineare nord-sudsia ora affiancata da una rotta circolare,capace di coinvolgere tutte le regioni ita-liane, a eccezione – per ora – della Valled’Aosta. È così che, per esempio, i rifiutipugliesi finiscono in Emilia Romagna,come rivelato dall’operazione Clean carsnel maggio 2010.

L’ecomafia dunque si sta evolvendo,anche nella tendenza ad abbandonare ilmodello delle megadiscariche abusive epuntare maggiormente sulla filiera del ri-ciclo. È, infatti, piuttosto alta l’attenzionemediatica e sociale sul traffico di rifiuti, lediscariche abusive danno nell’occhio e leconseguenze sulla salute delle popolazio-ni limitrofe accendono riflettori che gliecocriminali non vogliono. E, se intere zo-ne dell’Italia sono sature di rifiuti e defi-nitivamente compromesse – è il caso del“triangolo della morte” dell’agro nolano,tra i comuni di Nola, Acerra e Marigliano,dove l’indice di mortalità per tumore al fe-gato ogni 100 mila abitanti sfiora il 35,9%per gli uomini e il 20,5% per le donne, ri-spetto a una media nazionale che è del14% – allora spesso conviene portare i ri-fiuti oltre i confini nazionali. Intere navicargo, colme di rifiuti, salpano dai porti diTaranto, Venezia, La Spezia, Napoli, Trie-ste e Ancona (per citarne solo alcuni) do-ve nel solo 2010 le dogane hanno seque-strato oltre 11.400 tonnellate di rifiuti.

UN TESORO SULLE RUOTESono circa 80 mila le tonnellate di pneumatici fuori uso (Pfu) che ogni anno spariscono nel nulla,circa un quarto del totale di pneumatici immessi in commercio. Sono i dati raccolti da Ecopneus,società consortile senza scopo di lucro creata nel 2009 per monitorare il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale dei Pfu in Italia. Il 7 settembre 2011 è entrato in vigore il sistema di gestione di Ecopneus su tutto il territorio nazionale. «I fenomeni di abbandonoa cui siamo stati abituati fino a qualche mese fa andranno a ridursi drasticamente fino a scomparire, grazie a un sistema informatico innovativo che traccia il percorso del rifiuto dal puntodella sua generazione fino all’impianto di recupero», fa sapere la società. Abbandonati in campagna, adoperati come materiale comburente o trasportati, illegalmente,oltreoceano: sono questi i destini più frequenti a cui vanno incontro gli pneumatici italiani. Cina,Hong Kong, Malesia, Russia, India, Vietnam, Egitto, Ghana, Nigeria, Senegal, Grecia, Turchia,Marocco sono le destinazioni principali. Un traffico enorme che, insieme al ciclo illegale dentro i confini italiani, è capace di generare un danno economico complessivo per le casse dello Stato tra il 2005 e il 2011 di circa 2 miliardi di euro.

A CACCIA DI ECOCRIMINALIDal 2002, con l’introduzione dell’articolo 260 nel codice penale, è possibile perseguire gli ecocriminaliper reato di “traffico organizzato di rifiuti”. Sono 1.199 le persone arrestate dal 2002 a febbraio 2012,679 le aziende coinvolte e 191 le inchieste aperte nello stesso periodo per traffico illecito di rifiuti. «Il 260 è l’unico delitto che prevede una pena che consente l’arresto di ecocriminali. Il bilancio fino ad oggi è molto positivo, pari solo all’introduzione del reato di associazione mafiosa», afferma il procuratore Donato Ceglie, per anni in prima fila nella lotta alle ecomafie, secondo cui, come accadeper il contrasto ai clan mafiosi, un efficace contrasto «può avvenire colpendo le società che delinquonoe i loro capitali. In questo senso è entrata in vigore una nuova norma impostaci dall’Unione europeache prevede la responsabilità delle persone giuridiche per gli ecocrimini. È di per sé importante, ma è necessario che qualcuno la faccia rispettare tramutandola in legge ufficiale». Maria CristinaRibera, sostituto procuratore presso il Tribunale di Napoli, afferma che «da una semplice rispostadi tipo contravvenzionale, grazie all’articolo 260 siamo passati all’utilizzo di intercettazioni telefoniche,all’emissione di misure cautelari e di rogatorie internazionali. Addirittura, applicando l’articolo 7possiamo ora perseguire l’aggravante di agevolazione mafiosa». Le risposte di tipo repressivo contro gli ecocriminali possono però ancora migliorare. Donato Ceglieauspica un «maggiore coordinamento tra le procure», mentre Maria Cristina Ribera individua «nella prescrizione e nella scarsezza di mezzi e personale a disposizione» i pericoli più concreti. Senza dimenticare che le autorizzazioni per gli impianti di recupero dei rifiuti si basano su autocertificazioni, che quindi si prestano facilmente a falsificazioni. «Per come è impostato il sistema – conclude Ribera – i costi per un impianto in regola sono assai superiori rispetto ai possibili ricavi, dunque delinquere rimane la strada più logica da seguire in un business in cui,ancora oggi, i guadagni sono altissimi e i rischi di sanzioni molto bassi».

A destra l’Agriturismo “Portella della Ginestra”;sotto la Calcestruzzi Ericina Libera. Beni e terreni confiscati alla mafia

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Pur senza dare ad alcune indaginistatistiche un peso superiore ai loromeriti, avrà tuttavia un senso osserva-re che, nella rassegna internazionaleche classifica i Paesi in base alla tra-sparenza e, in negativo, all’indice dicorruzione, l’Italia occupa un postolontanissimo dai primi classificati –Paesi virtuosi come quelli del Nord Eu-ropa e, addirittura al terzo posto, Sin-gapore – così da consolidare (forse piùnegativamente di quanto non meritia-mo) un’immagine da Paese del Terzomondo. Il fatto è che, dopo i mesi neiquali scoppiò una giusta e generalizza-ta indignazione verso le pratiche cor-ruttive e i conseguenti arricchimenti,come è accaduto per la vicenda di Tan-gentopoli nei primi anni ’90, la rispostalegislativa è stata più apparente chereale. Anzi, a dire il vero, alcune misu-re, adottate specialmente dal 2001 inpoi dai governi presieduti da SilvioBerlusconi (soprattutto l’attenuazionedella repressione penale del falso in bi-lancio e l’abbreviazione delle prescri-zioni), hanno dato l’impressione che lalotta alla corruzione non fosse tra i pri-mi obiettivi dell’agenda, sia legislativache amministrativa, della comunitànazionale.

È anche noto che la presenza di dif-fuse pratiche corruttive tiene lontane

le imprese, in specie quelle straniere,dall’investire in Italia. Infatti, oltre algià pesante fardello di pratiche buro-cratiche, piene di richieste di autoriz-

zazioni preventive e di numerosissimiadempimenti e controlli formali, il po-tenziale investitore non mette soltantoin conto una dose fisiologica di “mance”da elargire agli amministratori e impie-gati pubblici, ma vere e proprie “tan-genti”, la cui esosità, all’inizio degli an-ni ’90, diventò tale da mettere fuorimercato le imprese che erano costrettea subirle. Ritualmente si fanno a que-sto punto i paragoni tra il costo di al-cune emblematiche opere pubbliche – autostrade, ferrovie veloci e/o metro-politane, grattacieli e lottizzazioni –quando queste siano progettate edeseguite in Italia piuttosto che in altriPaesi europei, laddove questi ultimigodono di costi standard assai inferio-ri. Una delle spiegazioni più plausibilidello scoppio di Tangentopoli nella“Milano da bere” dell’inizio degli anni’90 sta proprio nell’irritazione, divenu-ta insofferenza insuperabile, di talunigrandi players europei che si vedevanoprecluso il mercato italiano delle operepubbliche, ma anche di molte private.

Altro fatto noto è che in Italia chivoglia contrastare la corruzione dauna posizione interna – diciamo, perintenderci, il corrotto che “si pente” del-la corruzione messa in atto, e voglia de-nunciare il corruttore – non gode diparticolari facilitazioni sul piano pe-

CorruzioneGiustizia e politicama soprattutto etica

diEnzo Balboni*

Anche nelle ultime settimane si è svolta in Parlamento l’ennesima ris-sa in tema di repressione della corruzione, che resta uno tra i maliemblematici e peggiori del nostro Paese. Emblematici perché la pia-

ga corruttiva sembra contrassegno indelebile sul corpus dell’identità nazio-nale, e pessima perché trascina con sé ulteriori mali e maledizioni.

L’Italia non ha strumentilegali efficaci per la lotta allacorruzione. Né una volontàpolitica per costruirli. DopoTangentopoli indignazione,ma nessuna nuova norma

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nale per la sua condotta, potendo otte-nere al massimo una lieve attenuante.Ben diversamente si era comportato illegislatore penale per reati certamentepiù gravi della corruzione, come l’ever-sione terroristica. In quel caso, la colla-borazione di chi in modo fattivo si dis-sociava dai criminali, risultando la suaopera decisiva per stroncare il fattocriminoso, poté usufruire di una legi-slazione premiale che, per opinionediffusa, molto ha contribuito a debel-lare, quasi definitivamente, il fenome-no. Invece la situazione italiana sullacorruzione è ferma da troppi anni esiamo sempre alla ricerca di un assettolegislativo rinnovato, che, anche inquesto momento, è posto all’attenzio-ne dell’opinione pubblica e del Parla-mento, il quale fa fatica a trovare unastrada di decente realizzazione di nor-me adeguate alla pericolosità della sfi-da corruttiva.

Desta poi perplessità e amarezza ilfatto che una lesione grave della lega-lità nella corretta gestione degli affari– quale fu la depenalizzazione del fal-so in bilancio adottata con un decretodel 2002 dal Governo Berlusconi – nonsia stata superata nel biennio dell’ulti-mo Governo Prodi (2006-2008). Que-sti, a qualunque costo, avrebbe dovu-to adottare tale misura: il non averlofatto ha dimostrato nel contempo ladebolezza e anzi l’insussistenza dellasua maggioranza politica su tale im-portante argomento, così come sulconflitto d’interessi.

Si è anche assistito di recente a unclamoroso caso di corruzione in attigiudiziari: è risultata accertata la cor-ruzione di un giudice la cui sentenzaera stata letteralmente comperata dauna delle parti. Quando succedonofatti di tale gravità si è già arrivati al-l’ultima spiaggia di una corruzione ta-le da intaccare le basi stesse della le-galità e le motivazioni primarie delloStato di diritto.

Ho già accennato che il fatto cor-ruttivo, interessando due parti chehanno interessi convergenti, compor-ta un’omertà di comportamenti tra ilcorrotto e il corruttore, la cui conse-guenza è che, se non interviene qual-che elemento esterno (come la richie-sta di una tangente troppo esosa o litiinterne successive a coloro che hannostretto il patto), della corruzione non siavrà notizia. Un ulteriore fattore è da-to dagli elementi garantistici assolutiche circondano anche questi eventipenali, per l’accertamento dei quali igiudici non ritengono sempre suffi-cienti alcune prove, quali le riprese te-levisive o le intercettazioni telefoni-che, che l’opinione pubblica considera,peraltro, più che sufficienti e appagan-ti per farsi una opinione negativa deiprotagonisti del fatto.

Un altro dato che colpisce in questamateria è che spesso, anzi di regola, gliuomini politici non ritengono di fareun passo indietro rispetto alle posizio-ni di potere conquistate, se non dopoche sia intervenuta nei loro confrontiuna condanna. Anzi, alcuni si spingo-no a pretendere che la loro eventualeesclusione dalla vita politica sia la con-seguenza soltanto di una sentenza de-finitiva, vale a dire emessa dalla Cassa-zione dopo circa una decina di anni dalfatto compiuto. Piercamillo Davigo,punta di diamante del gruppo di inqui-renti e giudici operante a Milano neglianni ’90, ha sempre sostenuto che nondovrebbe essere necessaria una sen-tenza di un giudice penale per farsiun’idea della non adeguatezza moraledi un indagato sul quale pesano giàconcreti e circostanziati elementi diprova. Ciò dovrebbe bastare all’opinio-ne pubblica per togliere a quella perso-na la sua fiducia. La lotta alla corruzio-ne, specialmente se questa ha comeprotagonisti uomini politici, non do-vrebbe basarsi principalmente sull’a-zione penale, ma per essa potrebbe es-

sere sufficiente – lo si ripete – un venirmeno del rapporto fiduciario con i cit-tadini elettori. La macchina penale, sianella fase delle indagini sia in quelladel dibattimento, sconta le difficoltàproprie di un ordinamento che è, e de-ve rimanere, un ordinamento garanti-stico, specialmente quando, come nelnostro caso, c’è di mezzo la libertà per-sonale. Tuttavia gli strumenti di elu-sione dei controlli sono numerosi e dinon difficile realizzazione, a comincia-re dalle false consulenze che nascon-dono tangenti o dall’abuso di clausolecontrattuali fittizie, inserite al fine diarricchire indebitamente, ma consape-volmente, una parte non meritevole.

Un’ultima osservazione va rivoltaalla prescrizione dei fatti di corruzio-ne, che, non per caso, è stata general-mente dimezzata in anni recenti cosìda rendere difficile, non solo la concre-ta repressione del fatto, ma anche lasua percezione e ripercussione sociale.Troppo pochi sono, infatti, coloro chevengono effettivamente, non solo pu-niti, ma esclusi dalla rappresentanzapolitica come corrotti o corruttori. Perparte sua, la procedura è scandita dadati temporali ristretti per l’accusa e ilgiudizio, che vengono dilatati a operadi abili e costosi difensori al fine diguadagnare la prescrizione.

Da tutto ciò emerge, una volta di più,l’assoluta necessità e urgenza di inter-venire subito, quanto meno con un’ade-guata legge anticorruzione, così comedeve essere posto rimedio alla (quasi)banalizzazione del falso in bilancio.

Se vogliamo restare attaccati al-l’Europa e non farci trascinare versosponde africane, anche una seria legi-slazione e un nuovo costume risultanodecisivi.

* Ordinario di Diritto costituzionale nell’UniversitàCattolica di Milano

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Una bolla lunga 40 anni > 32La Francia “cancella” la crisi > 33Governance, il Vaticano rilancia > 34Auto assicurata... a Gas > 36

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Hong Kong, Singapore, Canada,Belgio. Ma anche Francia, Nuo-va Zelanda, Paesi Bassi, Austra-

lia. E perfino la martoriata Spagna. Ascorrere l’elenco delle nazioni che pre-sentano un mercato immobiliare ancora“drogato” (nonostante i ripetuti crolli de-gli ultimi anni) c’è davvero da preoccu-parsi. Ma come – vi domanderete – nonc’è stata la crisi? Il terremoto del sistemafinanziario globale e l’annessa recessio-ne non sono stati “lanciati” proprio dal-l’esplosione della bolla nel real estate?Certamente sì, ma il crollo degli ultimianni non si è manifestato nello stessomodo in tutti gli Stati. Ciascuna econo-mia, per numerose ragioni, ha reagito di-versamente agli scossoni e il risultato èche in alcune nazioni (soprattutto euro-pee) l’impulso al ribasso non è stato cosìmarcato, in altre (asiatiche) sullo tsuna-mi-subprime ha vinto la crescita econo-mica locale, mentre in altre ancora (co-me gli Stati Uniti) il crollo sembra esserestato perfino troppo forte.

La crisi sul settore immobiliare è stata diversa da un Paese all’altro. In base a un indice dell’Economist sul prezzo medio “equo” gli Usarisultano ridimensionati. Singapore,Hong Kong, Canada e Belgio sono ancora sopravvalutati

| immobiliare |

diAndrea Barolini

sulle montagne russeIl mattone

Case abbandonate in Spagna per la bolla immobiliare. Il settore ha trascinato in una crisisenza precedenti anche le banche.

Page 30: Mensile Valori n. 100 2012

Partiamo dal secondo caso, forse piùatipico da un punto di vista economicoglobale. Chiari esempi di tale dinamicaarrivano da Hong Kong, da Singapore edalla Cina. In quest’ultima il governo si ètrovato per anni alle prese con un rom-picapo ancora non del tutto risolto e nonprivo di dubbi (vedi ): insieme allabanca centrale le autorità di Pechinohanno dovuto limare continuamenteuna serie di indicatori, da un lato per evi-tare un rallentamento troppo marcatodell’economia; dall’altro proprio per scon-giurare una crescita senza freni del realestate, che è cresciuto esponenzialmente,alimentato dalla creazione di una do-manda interna senza precedenti nel co-losso asiatico. Così i tassi di riferimentodella Banca del Popolo, i tetti massimiimposti ai prestiti concessi dagli istitutidi credito e gli standard minimi di capi-talizzazione hanno subito continui ag-giustamenti. Un po’ come guidare più ve-locemente possibile in pista, dosandocontinuamente l’acceleratore. Con tutti irischi che ciò comporta.

Dove la crisi “non è bastata”Asia a parte, la crisi ha avuto un impattoprofondamente diverso nel mondo occi-dentale, soprattutto in ragione delle ca-ratteristiche dei singoli mercati. Tra lenazioni europee che hanno subito menola crisi spicca il caso della Francia (vedi

), che per ragioni strutturali e perscelte politiche (discutibili) si è trovata afare i conti con dinamiche perfino in net-ta controtendenza rispetto a ciò che ci sipoteva attendere in una fase come quel-la attuale. Il risultato è un mercato anco-ra ampiamente sopravvalutato, con il ri-schio che un eventuale disimpegno delsettore pubblico (che sovvenziona am-piamente il comparto) potrebbe provo-care un crollo improvviso.

Lo conferma l’indice messo a puntodal settimanale inglese The Economist,che effettua regolarmente un’analisi at-traverso la quale vengono rilevati gliscostamenti percentuali tra il prezzoeffettivo, il costo degli affitti e il potered’acquisto (redditi) dei cittadini (vedi ). Ricavandone un costo medio “equo” checostituisce un punto di riferimento per

comprendere la situazione attuale delmercato: quello transalpino è in tal sen-so ancora sopravvalutato, in media, del47% (+54% rispetto agli affitti e +39% ri-spetto al potere d’acquisto).

Così si scopre che, come in Francia,anche nel Lussemburgo un elementopeculiare ha “sorretto” il real estate. L’E-tude de marché européenne di Era-Europe spiega infatti che la forte immi-grazione ha consentito di mantenere al-ta la domanda e conservare quasi intat-to il mercato. Allo stesso modo il Belgio,dopo un calo notevole delle transazionie dei prezzi registrato nel 2009, figuraoggi secondo l’Economist tra i più peri-colosi, almeno potenzialmente. Rispet-to al “prezzo equo” i dati segnalano unsovrapprezzo medio del 56%: +65% ri-spetto agli affitti e +47% rispetto al po-tere d’acquisto.

Secondo Era-Europe anche Svezia eTurchia presentano segnali di forte te-nuta. Un andamento simile, anche semeno marcato, si riscontra poi in Au-stria, Germania e Svizzera, Paesi nei qua-li le variazioni di prezzo – al rialzo o al ri-basso – sono state piuttosto moderate(fatta eccezione per l’ex-Germania del-l’Est, area nella quale il calo è stato piùmarcato). Per non parlare della Norve-gia, dove i prezzi sono rimasti davveroalti, tanto da convincere le autorità cheregolano il sistema finanziario a lanciareun allarme (vedi ).

Ancora, in Spagna le contemporaneecrisi del sistema bancario e di quello im-mobiliare hanno provocato negli anninumerosi scossoni. Basti pensare che lebanche risultano esposte verso il realestate per 330 miliardi di euro (un terzodel Pil del Paese, vedi ); e, di questi,almeno 184 miliardi sono considerati a ri-schio. Eppure i prezzi del mattone resta-no ancora nettamente più alti rispetto allivello “equo”: +27% in media. C’è da chie-dersi cosa sarebbe successo in caso sifosse arrivati a un completo riallinea-mento. Anche per questo, poche setti-mane fa il governo spagnolo ha appro-vato le linee guida per la creazione di unaholding nella quale “parcheggiare” e ven-dere asset immobiliari tossici oggi dete-nuti dalle banche. Un piano che prevede

in particolare l’introduzione di una badbank, che dovrà assorbire tutti i prestitiper 10 o 15 anni.

... dove ha perfino “esagerato”La crisi ha fatto tanto rumore per nulla,dunque? Non è esattamente vero. Fin qui,infatti, abbiamo preso in considerazione iPaesi più pericolosi, con mercati soprav-valutati e rischi di cadute. Ma, al contra-rio, in altre realtà il calo dei prezzi delleabitazioni è stato ben più marcato. Anche“troppo”: la crisi ha fatto così letteralmen-te precipitare il settore, sprofondandolo –sempre secondo i riferimenti dell’Econo-mist – al di sotto del livello “equo”.

Il caso più evidente è quello degli Sta-ti Uniti: secondo l’indice del magazine

BOX BOX

GRAFICO

BOX

MAPPA

| 30 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| finanzaetica |

STATI UNITI

-4 -30,1

CANADA

+6,8 +19,8 76

Affitti

SCOSTAMENTO % CONTRO

CAMBIAMENTO IN %

Reddito disponibile pro capite

Rispetto all’anno precedente

Dal 2007

INDICATORIDEI PREZZI IMMOBILIARI

32

-12 -25

PREZZI GONFIATIPer valutare le condizioni dei mercatiimmobiliari non basta monitorarne i prezzi. Un calo anche deciso può non esseresufficiente a sgonfiare del tutto una bollaspeculativa. In questa mappa, i dati delle“chiavette”, se positivi, indicano la presenza di prezzi ancora troppo elevati rispetto ai valori medi di affitti e redditi (e dunque il rischio di nuovi cali). Se negativi, indicano un mercato sottovalutato.

Page 31: Mensile Valori n. 100 2012

britannico il prezzo delle case è oggi 12punti percentuali più basso rispetto aquello che sarebbe “equo” rispetto agli af-fitti, e di 25 punti prendendo come riferi-mento il potere d’acquisto dei cittadinistatunitensi (-19% nel complesso). A spin-gere al ribasso il settore immobiliare astelle e strisce (-4% dal 2011 ad oggi, -30,1%dal 2007) è stato infatti un accavallarsi dieventi: dapprima il crollo dei mutui im-mobiliari subprime, quindi l’esplosionedei pignoramenti, le grandi difficoltà amovimentare capitali in un sistema bloc-cato (anche per la mancanza di prestitibancari) e da ultimo la mancata reintro-duzione nel mercato, da parte degli isti-tuti di credito, dei beni acquisiti in segui-to all’esercizio dei diritti ipotecari.

... e dove ha “riallineato”Esistono invece casi in cui il crollo delcomparto immobiliare sembra aversemplicemente “riallineato” i prezzi del-le abitazioni a un livello “normale”. Par-liamo dell’Irlanda. E ciò può stupire, vi-sto che si tratta di una delle economiecolpite in modo più energico dalla crisi.Nell’isola oggi il costo del mattone risul-ta solo di un 2% inferiore rispetto a quel-lo “equo”. E se si tiene conto del fatto cheil calo registrato dal 2007 ad oggi ha as-sunto caratteri vertiginosi (-48%, ovveroquasi un dimezzamento), ci si può ren-dere facilmente conto di quanto fossegonfiata la bolla speculativa, alimentatadall’intreccio perverso di interessi indu-striali e bulimia finanziaria.

In Bulgaria, Italia, Paesi Bassi, Por-togallo e Romania, invece, i dati indica-no una certa stabilità. I cali provocatidalla crisi hanno fatto diminuire il co-sto del mattone, ma senza provocarecrolli: nel nostro Paese, in particolare,nel 2011 i ribassi sono stati contenuti tral’1 e il 3%.

Non sono prese in considerazionedall’Economist altre nazioni che hannosubito drastici ridimensionamenti nelsettore real estate: Repubblica Ceca, Gre-cia e Cipro. Un esempio per tutti è datodall’isola mediterranea: nel solo 2009 si èregistrato un calo delle vendite del 44%.E il futuro, viste le condizioni dell’econo-mia locale e della vicina Grecia, è ancoraestremamente incerto.

| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 31 |

| finanzaetica |

CINA

+0,3 +23,2

BELGIO

+4 +15,2

GIAPPONE

-3,2 -12,1

HONG KONG

+5,1 +72

ITALIA

-2,2 -5,2

GERMANIA

+2,3 +6,6

SVEZIA

-2,8 +11,2

GRANBRETAGNA

+0,9 -10,3

DANIMARCA-4,9 -17,2

AUSTRALIA

-4,8 +15,5

SINGAPORE

+5,9 +34,1

NUOVA ZELANDA

+2,5 -2,3

IRLANDA

-17,4 -48 FRANCIA

+4,3 +5,8

SPAGNA

-6,9 -16,8

SUD AFRICA

-0,3 +10,7

PAESI BASSI

-3,2 -6,7

AUSTRIA

+5,1 +12,7

SVIZZERA

+3,8 +19,5

FONTE: THE ECONOMIST SU DATI BIS, HAVER ANALYTICS, HONG KONG RV,

NATIONWIDE, OCSE, TERANET AND NATIONAL BANK,

THOMSON REUTERS

-2 -2

30 24

54 39

26 17

35 23

16 10

-18 -20

5 15

65 47

60 n.d.

7 -32

58 n.d.

-36 -34

48 28

68 20-4 17

21 43

-2 -7

-13 n.d.

Page 32: Mensile Valori n. 100 2012

| 32 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| finanzaetica |

IL MATTONE NORVEGESE SI STA PER SGRETOLARE?Non si parla di un vero e proprio crollo, in stile Stati Uniti, ma l’allarmelanciato dall’autorità che regola il settore finanziario norvegese deve fareriflettere. Secondo un documento diffuso qualche settimana fa dall’organismo di vigilanza, il surriscaldamento del real estatecostituisce la principale minaccia domestica per l’economia scandinava. I prezzi, infatti, potrebbero cominciare presto a scendere. E potrebberofarlo “notevolmente”, esponendo il Paese a “considerevoli” effetti a catena. A creare la “bolla” norvegese sono stati (indovinate un po’?) ancora unavolta i subprime. La “formula”, in questo caso, è quella di mutui interestonly, ovvero che consentono di pagare per molti anni (anche 10) solo i tassi di interesse e non il capitale. In tal modo le condizioni concessedalle banche risultano particolarmente allettanti. E i cittadini si sonoindebitati sempre più: il volume dei prestiti privati ha toccato il livello piùalto dal 1988, mentre i prezzi delle case sono saliti solo nello scorsogennaio dell‘8,4%. Dati che hanno suscitato allarmi anche da parte del Fmi e di Robert Shiller, uno degli inventori dell’indice dei prezziimmobiliari di Standard & Poor’s (lo S&P/Case-Shiller index).

Più che di bolle immobiliari si potrebbe parlare di un’unica,enorme bolla. A partire dal 1970, infatti, i prezzi delle case in tutto il mondo sono cresciuti in modo quasi continuo, a partele fasi di crisi della metà degli anni Settanta e quella recenteoriginata proprio dai crediti immobiliari. Il grafico pubblicato dalsettimanale The Economist (riportato in fondo alla pagina) nonlascia spazio a dubbi: il costo medio rispetto al Pil è cresciutosistematicamente, raddoppiando in quarant’anni. Il risultato? In un Paese come l’Italia una famiglia su quattro lamenta ormaidifficoltà nel pagamento delle rate dei propri mutui (diventatitra l’altro quasi inaccessibili a causa del credit crunch). Ma la vera grande impennata nel real estate globale è più recente:parte dalla fine degli anni Novanta e prosegue inarrestabile finoall’esplosione dirompente del 2007, trainata da tutti i principalimercati del Pianeta (ad eccezione della sola Germania). Basticonsiderare che, fatto 100 l’indice dei prezzi globali nel 2000, il picco massimo immediatamente precedente al crollo è stato quasi di 130. E oggi non si è scesi al di sotto di quota 115: il che significa che solamente una metà della crescita sfrenatadell’ultimo decennio è stata “mangiata” dalla crisi.

UNA BOLLA LUNGA 40 ANNI

10

1980 1990 2000 2010

8

6

4

2

0

-2

-4

-6

VERSO IL SALVATAGGIO DELLE BANCHE

FON

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Le difficoltà di oggiLa crisi mondialesi somma in Spagnaal crollo del settoreimmobiliare dopo annidi bolla speculativa

Primi anni NovantaLa Spagna entrain recessione, il Governo socialista di Felipe Gonzalesdeve intervenireper salvare le banche

Crescita annua del PilIn percentuale

Fase espansivaNegli anni Duemila il settorebancario sostiene il boomdelle costruzioni e la crescitadi tutta l’economia del Paese

Crediti inesigibili delle bancheIn percentuale del totale dei crediti

55

65

75

85

95

105

115

125

135

1005200095908580751970

IL GLOBAL HOUSE PRICE INDEX DELL’ECONOMISTFO

NT

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IL REAL ESTATE CINESE? «FALSA PROSPERITÀ»Il boom del mercato immobiliare in Cina non è dettato da un aumentodiffuso del benessere economico. Piuttosto a trainare la forte domanda è una ristretta élite di ricchi. Ad affermarlo è un rapporto pubblicato dal settimanale indipendente cinese Economic Observer, secondo il qualea spingere tale ristretta cerchia di miliardari ad acquistare case sulterritorio cinese sarebbe l’aspettativa di una continua e crescenteurbanizzazione, capace di mantenere a lungo alto il costo del mattone. Al contrario la nuova middle class locale rischia di trovarsi “schiava” del desiderio di vivere in un’abitazione di proprietà, pur non essendosempre in grado di permettersela. Secondo il giornale asiatico, insomma,quella che alimenta i prezzi in Cina sarebbe pura speculazione. Il cheaccresce enormemente il rischio di un crollo improvviso: basterebbe chetale élite di “investitori” decidesse di orientare altrove i propri capitali.

Page 33: Mensile Valori n. 100 2012

| finanzaetica |

GB, IL FISCO INVOGLIA GLI STRANIERI AD ACQUISTARE CASEIl real estate britannico rischia di essere drogato dalla domanda che arriva dagli investitori stranieri.Questi ultimi, infatti, secondo un’analisi dell’Institute for Public Policy Research (Ippr) riportata dal quotidiano The Telegraph, sono particolarmente invogliati a “cercare casa” sul territorio del RegnoUnito, in ragione delle condizioni fiscali particolarmente favorevoli. Una dinamica che, soprattutto in un periodo di instabilità economica globale, rende l’acquisto di immobili britannici un “investimento-rifugio”. Per questo il direttore dell’Ippr, Nick Pearce, ha invitato il governo ad «affrontare questaanomalia nella prossima analisi di bilancio, dal momento che il fenomeno ha raggiunto proporzioni tali da rendere l’acquisto di immobili in Gran Bretagna una sorta di riserva di capitale globale per le élite ricche di tutto il mondo».

FRANCIA, LE SOVVENZIONI “CANCELLANO” LA CRISIL’anomalia del mercato immobiliare francese è talmente evidente cheanche l’ex presidente Nicolas Sarkozy ha dovuto recentemente ammetteredi aver “dosato” male gli strumenti a disposizione dello Stato perregolamentarne l’andamento. «In tutti i Paesi del mondo, quando c’è unacrisi economica, i prezzi delle case scendono. In Francia succede il contrario.

E questo non è normale», ha dichiarato lo scorso 2 febbraio. In effetti, dopo un calo del 7% registrato nel biennio 2008-2009, ovvero nel periodopiù duro della crisi finanziaria internazionale, il costo del mattonetransalpino ha ripreso a salire incontrastato, segnando un +13,3% nei dueanni successivi (staccando di netto Paesi come Usa e Gran Bretagna, vedi ). Ancor più sorprendenti sono i dati che raffrontano il 2000 allo scorso anno: il costo medio di un’abitazione nel Paese è più cheraddoppiato, trainato soprattutto dall’Ile-de-France, regione che ospita la capitale Parigi, dove solamente nel 2010 si è registrata una crescita del 20% (secondo i dati di Era Europe), raggiungendo una media di ottomila euro a metro quadrato.Un’analisi del mensile Alternatives Economiques spiega le ragionidell’impennata, puntando il dito contro le sovvenzioni che, di fatto, drogano da anni il sistema. Le spese pubbliche annuali sono pari in Francia a 41 miliardi di euro all’anno; 13,5 miliardi sotto forma di agevolazioni fiscali. «È da troppi anni che il settore gode di vantaggi esagerati», ha confermatoSarkozy. Che però ha evitato di ricordare come proprio negli ultimi anni il governo abbia fornito un ulteriore impulso al real estate: temendo che i prezzi potessero scendere troppo velocemente a causa della crisi, è statodisposto l’acquisto di 30 mila abitazioni la cui vendita risultava difficile.

GRAFICO

60

80

100

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140

160

180

1005200095908580751970

USA

Francia

Regno Unito

ANDAMENTO DEI PREZZI DAL 1970 IN FRANCIA, USA E REGNO UNITO

FON

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20

12

Page 34: Mensile Valori n. 100 2012

| 34 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| finanzaetica | riforme |

Merkel e Hollande, la Grecia e ilfuturo dell’euro. E poi l’Italia, laSpagna, i mercati e la grande

paura. Sospesa tra l’esigenza di rigorecontabile e l’effetto recessivo che questoproduce, l’Europa sembra imbottigliatanel vicolo cieco del dibattito tra l’auste-rity e la ripresa. E, proprio per questo,pare aver momentaneamente esclusodall’agenda quello che fino a qualchemese fa appariva come un tema centra-le: quello delle riforme del sistema finan-ziario. Una questione, quest’ultima, dicui si sono occupati molti soggetti diver-si tra cui qualche tempo fa addirittura ilVaticano. Risale allo scorso ottobre lapubblicazione di un documento elabora-to di recente dal Pontificio Consiglio Iu-stitia et Pax, una commissione di studioattiva dal 1967. Il testo – “Per una riformadel sistema finanziario e monetario in-ternazionale nella prospettiva di un’au-torità pubblica a competenza universa-le” – ha stupito più di un osservatore difronte al carattere piuttosto radicaledelle riforme proposte. Dalla tassa sullatransazioni finanziarie alla separazionedelle attività di investment banking dalcomparto retail; dalla proposta di ricapi-talizzazione pubblica delle banche, condi-zionata però all’impegno di queste ultimeper il sostegno allo sviluppo e all’econo-mia, fino a un ripensamento della gover-nance globale dei mercati, il documentocostituisce una clamorosa presa di posi-

zione da parte di un’istituzione ufficialedel Vaticano. Il che, comunque la si pen-si su altri aspetti che non riguardano co-munque la finanza e i mercati, rappre-senta nel contesto attuale una notiziasignificativa.

L’idea di fondo, a questo punto, è cheil terrificante dilemma rigore contabi-le/crescita possa essere risolto almeno inparte proprio dalle ipotesi di riforma del-le regole dei mercati. Lo sostiene, tra glialtri, Giuseppe Gallo, segretario generaledella Fiba Cisl, il sindacato dei bancari eassicurativi, coinvolto nel dibattito cheha fatto seguito ai lavori del PontificioConsiglio Iustitia et Pax e, più in genera-le, in un progetto di riforma dibattuto apartire dal 2004 presso Terra Futura conampie parti della società civile.

Il documento del Pontificio Consigliopropone l’istituzione di un’Autorità politicamondiale: a che cosa si pensa esattamente?Un G20 esteso ad altri Paesi emergenti?

No, il G20 è una sede politica di fatto,non una sede istituzionale legittimata.Le sue decisioni sono quasi sempre in-concludenti perché formulano principigenerali rinviati all’approvazione e al po-tere d’interdizione dei Parlamenti nazio-nali. Ciò che il documento intende soste-nere è che la crisi, così come tutte le altrequestioni strutturalmente globali, dallapromozione dei diritti fino alla pace e al-la sicurezza, non possono essere affron-

tate e risolte con modelli di governancea baricentro nazionale.

Questo però lo pensano anche l’Europa e la Bce, non dimentichiamo lo stopimposto al referendum greco o la letteraall’Italia che ha imposto la terza manovra di aggiustamento finanziario.

Queste decisioni hanno rappresenta-to un’interferenza nella sovranità nazio-nale, certo, ma hanno anche dimostratol’impossibilità di governare certe dina-

Mercati e governanceil Vaticano rilancia diMatteo Cavallito

Imbrigliati nel tentativo di uscire dalla crisi, i governi europei sembrano avermomentaneamente escluso il tema delle riforme finanziarie dall’agenda.Ma, sostiene Giuseppe Gallo di Fiba Cisl, proprio tali cambiamenti potrebberorisolvere, almeno in parte, il dilemma tra austerity e crescita

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 35 |

| finanzaetica |

miche – unione monetaria, convergenzadei bilanci pubblici – senza istituzionipolitiche sovranazionali legittimate, de-mocratiche e dotate di poteri adeguati. È proprio a causa della loro assenza cheintervengono le invasioni politiche di so-vranità.

Si parla anche di Banca centrale mondiale:nostalgia di Bretton Woods?

L’Accordo di Bretton Woods ha ga-rantito per trent’anni stabilità, crescita,

coesione sociale e rafforzamento delledemocrazie. Il Documento del ConsiglioPontificio non ne vagheggia il ritorno, ri-chiama però l’attenzione sulla necessitàdi un nuovo assetto di regolazione glo-bale senza il quale il mondo non usciràdalla maledizione delle crisi finanziariericorrenti. In questo senso credo proprioche dovremmo ripartire proprio da Bret-ton Woods e dalle proposte di Keynesche furono sconfitte a suo tempo dall’e-gemonia degli Stati Uniti e dal primatodel dollaro.

A che punto è il dialogo tra la Fiba e il Governo italiano?

Il Governo Berlusconi e il suo mini-stro dell’Economia (Giulio Tremonti –ndr) sono sempre stati correttamenteinformati delle nostre proposte, pur-troppo con risultati pressoché nulli co-me dimostrano l’opposizione alla tassasulle transazioni finanziarie e l’autoriz-zazione ai Comuni a sottoscrivere con-tratti derivati. Il Governo Monti ha ma-nifestato un orientamento favorevoleall’introduzione dell’imposta in Europa.Si tratta, ora, di presidiarne l’attuazione.

In che modo?Esercitando come Fiba e Cisl il nostro

mandato di tutela dei lavoratori. Pensia-mo all’ultima vertenza per il rinnovo delContratto Nazionale ABI: la nostra con-troparte apparente è stata la Delegazio-ne dei Banchieri, ma quella reale è statala speculazione sui titoli di Stato che haesasperato lo spread, aumentato il costodella raccolta, determinato le minusva-lenze sui titoli di Stato nei portafogli del-le banche e indotto l’EBA a chiedere alleprincipali banche italiane un aumento dicapitale da 15,4 miliardi. Il risultato? Unaricerca esasperata di abbattimento deicosti, sia salariali, sia occupazionali, chesi è integralmente ribaltata proprio sultavolo contrattuale.

Torniamo alle transazioni finanziarie,insomma…

La tassa rappresenterebbe un disin-centivo per gli speculatori e ne compen-serebbe le esternalità negative che essiscaricano sulla stabilità finanziaria, sul-

l’economia e sulla società. Inoltre si ac-compagnerebbe ad agevolazioni fiscali afavore degli intermediari che raccolgonofondi ed erogano credito all’economia.

Sulla tassa, però, l’Europa cerca ancora un consenso unanime.

Credo che il principio dell’approva-zione unanime a 27 rappresenti l’alibiestremo per vanificare la tassa stessa.L’Europa, a mio parere, dovrebbe deci-dere a maggioranza e la decisione do-vrebbe essere vincolante per tutti gliStati membri.

Il documento ipotizza nuove forme di ricapitalizzazione delle banche a sostegno “dei comportamenti ‘virtuosi’ e finalizzati a sviluppare l’economia reale”. È la ricetta per la ripresa europea?

Le banche di Usa ed Europa sono giàstate ricapitalizzate con fondi pubblicitra il 2007 e il 2009 per scongiurarne il tra-collo. Ma quegli interventi non sono sta-ti condizionati dalla richiesta di riformadel modello di governance delle banchenella direzione di una democrazia econo-mica e di una finanza responsabile. Oggi,quindi, c’è una persistente anarchia deimercati finanziari e degli intermediariombra capace di compromettere la ripre-sa. Senza la regolamentazione dei merca-ti finanziari ombra e over-the-counter,qualsiasi politica europea di fiscal com-pact è inutile.

Come si possono regolare?Il mercato over-the-counter deve

prevedere il possesso del sottostantecome condizione dei contratti in titoliderivati, la standardizzazione dei pro-dotti, la centralizzazione degli scambicon depositi di garanzie proporzionalial rischio, requisiti patrimoniali, tra-sparenza e Authority dedicate. La rego-lazione del Sistema bancario e finanzia-rio ombra deve basarsi sulla distinzionetra banca commerciale e banca di inve-stimento con diversi requisiti patrimo-niali, sulla tassa sulle transazioni fi-nanziarie e un’efficace vigilanza. È lacondizione necessaria per il successodelle politiche anticicliche e di rilanciodello sviluppo.

«Servono istituzionisovranazionali, dotate di poteri sufficienti e di legittimità democratica, capaci di governare le dinamiche economiche. E l’Ue non deve nascondersidietro l’alibi dell’unanimitàsu temi come quello dellatassa sulle transazioni»

Page 36: Mensile Valori n. 100 2012

| 36 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| finanzaetica | polizze solidali |

La polizza assicurativa come stru-mento di prevenzione al disagio.È questo il presupposto per un

cambio completo di prospettiva nel trat-tare il tema delle assicurazioni, un pre-supposto cui si ispira il progetto Eticar diCaes Italia, che prova ad aprire ineditiscenari di sostenibilità attraverso le po-lizze per l’auto. Una sfida a un settoreche incide profondamente sulla qualitàdella vita delle persone, ma che è gene-ralmente poco attento agli interessi delbene comune, anzi spesso viene associa-

to ai comparti immobiliare e bancarionell’adesione a un mercato estremamen-te speculativo.

Nuovi protagonisti, nuova logicaSe però nell’elaborazione dell’offerta diun’assicurazione auto – il tipo di polizzapiù diffusa, anche perché obbligatoria –cominciano a entrare da protagonistisoggetti dell’economia alternativa e adalto tasso di partecipazione, come i Grup-pi d’acquisto solidale, e ad applicarsi pra-tiche ispirate a mutualità e trasparenza,la visione delle cose può mutare. È ciò checrede il consorzio di cooperative Caes,che si pone come intermediario tra lecompagnie tradizionali e l’utenza, elabo-rando norme tecnico-assicurative ispira-te a «logiche differenti, dove la recipro-cità è reale e la polizza è trasparente ecompleta», sottolinea Gianni Fortunati

Caes nasce nel 1995 come cooperativa che si propone di organizzare un Gruppod’acquisto assicurativo consapevole. Il suoobiettivo è fornire orientamento tecnico sia aiconsumatori che alle compagnie, rifiutando lalogica degli agenti che fanno vendita porta

a porta e guadagnano sulle provvigioni. Oggi è un consorzio di cooperative che registra circa duemila soci in Italia e vanta la partecipazione al percorso di nascita di Banca Popolare Etica. Da sempre sostiene il commercio equo, tanto che in una primafase della propria attività ha gestito alcune botteghe del mondo

e oggi assicura circa il 60% di quelle italiane, elaborandoprogetti specifici di polizza o curando con particolareattenzione il settore non profit (attualmente lo fa per circasettemila soggetti): Caes affianca polizze miratissime comequella denominata “Banca del tempo” a coperture per realtàvariegate, che vanno dal Caf della parrocchia a Wwf Italia eAmnesty international. Nel 2001 si è costituito il Consorzionazionale Caes che, dopo aver vissuto alcune difficoltà, è statorilanciato come Caes Italia nel 2005, continuando a impegnarsinel settore assicurativo.www.consorziocaes.org

SCELTA DI CAMPO ASSICURATA

Le frontiere dei Gruppi d’acquisto solidale si allargano, dagli ortaggi bio alleassicurazioni etiche: come Eticar, che scommette su logiche mutualisticheper cambiare il mercato e invertire la tendenza al “razzismo assicurativo”

diCorrado Fontana

Auto assicurata…a Gas

Gianni Fortunati firma accordo Eticar con Assimoco il 24 aprile 2012

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| finanzaetica |

della direzione di Caes. Concretamentesignifica che Caes, puntando a tradurre iprincipi in formule contrattuali di tute-la, assimila in parte le polizze per infor-tuni tradizionali a quelle “vita”, garan-tendo il risarcimento del danno allafamiglia anche in caso di morte del bene-ficiario prima dell’avvenuta liquidazio-ne dell’infortunio (di consueto le compa-gnie si ritengono invece sciolte da taleobbligo di fronte al decesso di chi ha su-bito un infortunio che non è stato anco-ra “liquidato”). E tutela è anche l’affer-mazione di quel «principio di mutualitàcompletamente espresso» cui fa riferi-mento Fortunati e che si realizza attra-verso polizze multirischi uguali nelle ga-ranzie e vendute allo stesso prezzo inogni regione d’Italia, o con “polizze abita-zione” in cui a L’Aquila come ad Aostaviene prevista la copertura dell’eventocatastrofale (terremoti, inondazioni, ecc.)senza costi aggiuntivi. La mutualità siesprime nel fatto che chi firma il contrat-to a Varese potrà forse pagare questa“omogeneità” dell’offerta 5 euro in più,ma così facendo contribuirà a coprire la

garanzia dal rischio per il cittadino aqui-lano. E viceversa in altri casi.

Dalle patate all’automobile Dai principi alla pratica innovativa nellepolizze auto il passo non è però così bre-ve. L’obiettivo di Caes – appoggiata daAssimoco, compagnia che ha accettato dicoprire il progetto – è contrastare innan-zitutto il “razzismo assicurativo” che la li-beralizzazione del mercato RC Auto haprodotto, imponendo costi profonda-mente diversi all’automobilista di Mila-no e Palermo, pur a parità di requisiti especifiche personali. Eticar, lanciata daun accordo firmato il 24 aprile scorso, èuna polizza mirata ai Gruppi d’acquistosolidale, chiamati al tavolo con Assimocoe Caes per discuterne gli aspetti. I Gas,

sottolinea Fortunati, «sono un targetideale per costruire una sorta di test, conl’obiettivo di omogeneizzare le tariffe as-sicurative a livello nazionale, dimostran-do che questa potrebbe essere una stradapiù corretta e sostenibile. Si parte conuno sconto interessante sulla tariffa or-dinaria Assimoco (25% su Rc auto, 30% sufurto incendio) e ogni anno si verificanogli obiettivi con i tutti i dati disponibili in-sieme a una commissione di quattro per-sone per ogni Gas, aprendo una discus-sione con un obiettivo politico: proviamoa tornare, per iniziare, a una tariffa regio-nale unica».

Un esperimento unico a livello na-zionale, partito dopo diversi incontricon i rappresentanti di Gas e Des (Di-stretti di economia solidale), e con unpotenziale di sviluppo inedito: l’accordocon Assimoco prevede, infatti, che, se icosti dei sinistri non saranno superiorial 53% della raccolta dei premi, l’1% perogni 2% risparmiato verrà destinato aun fondo di solidarietà a sostegno dellaRete Gas e sul cui utilizzo saranno glistessi Gas a decidere.

Caes Italia lancia una vera e propria sfida, in un settoreche incide profondamentesulle nostre vite, ma chespesso mostra di perderedi vista l’interesse comune

Quest’estate passa una settimana con

CON IL PROFESSOR DI STEFANO

dal 4 al 12 agostosotto la Grigna, lungo il sentiero del Viandante, in una corte ristrutturata

nel centro medioevale di Maggiana (Lecco)

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2006

FEBBRAIO 2008Aboliamo il Pil

20

08

Dopo anni di crisi è difficile che qualcunonon concordi circa la necessità di un cam-biamento profondo del sistema economico

globale. Senza scadere nell’autocelebrazione possia-mo dire che i nostri lettori erano stati “avvisati” inlargo anticipo dell’insostenibilità del modello attua-le. Scorrendo le copertine che ci hanno portati altraguardo del numero 100 (a destra alcune delle piùrappresntative), saltano agli occhi alcuni dossier par-ticolarmente anticipatori: sull’abolizione del Pil, sui“nuovi cattivi” che minacciano la stabilità globale, osull’ambiente nel mirino della finanza. Nel giugnodel 2007, prima dell’esplosione della bolla subprime,Valori parlava di “finanza predatrice”. E abbiamosupportato da subito i promotori della campagnaper la Tassa sulle transazioni finanziarie, quando inmolti la consideravano ancora una proposta irrealiz-zabile. Più di recente, abbiamo lanciato l’allarme sul-la crescita “esagerata” della Cina, proprio mentre igrandi organismi internazionali cominciavano ad in-travedere il problema. È così che abbiamo lavoratoed è così che continueremo a lavorare. Guardando“oltre”. Fino al prossimo traguardo.

Altri 100 ValoridiAndrea Barolini

| 38 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| iltraguardodivalori |

2005

2004

20

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GIUGNO 2007Finanza predatrice

MARZO 2007Premiato buco Tav

APRILE 2005Ambiente nel mirino LUGLIO / AGOSTO 2010

Pillole d’oro

OTTOBRE 2007I nuovi cattivi

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NOVEMBRE 2006Nobel all’economia

20

12

| cento candeline |

SETTEMBRE 2005I grandi suggeritori

NOVEMBRE 2007Mattoni di carta

DICEMBRE 2006/ GENNAIO 2007Una moneta amica

NOVEMBRE 2004Speculazione “nera”

MAGGIO 2010La tassa contro la speculazione

20

10

APRILE 2010Evasori in paradiso

20

11

OTTOBRE 2011In gas we trust

| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 39 |

MARZO 2012Super bolla cinese

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| 40 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

Il dottor Stranamore è tornato > 44Al via il censimento del mondo ecosol > 46Il miele italiano in lotta contro pesticidi e Cina > 49Il dumping di Pechino allarma gli apicoltori > 51

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In Iraq, un missile Tomahawk TLAM lanciato da un Destroyer DDG 8

| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 41 |

| Science for peace |

arte della paceLa sublime

Scriveva Sun Tzu nel V secolo a.C.nel suo famoso manuale di stra-tegia, L’arte della guerra, che «la

guerra si fonda sull’inganno». All’ingan-no bellico cedono intellettuali e storiciche sostengono che i conflitti siano ilmotore per la scienza e la tecnologia ver-so nuove scoperte e invenzioni. Non èd’accordo con questa tesi lo storico in-glese John Gittings, che ha pubblicato ilsaggio The glorious arts of peace. Fromthe Iliad to Iraq (La gloriosa arte dellapace. Dall’Iliade all’Iraq) dove affermache la pace promuove il maggior numerodi invenzioni e scoperte, spesso più im-portanti di quelle messe a punto per laguerra. È la “teoria del carro” contrappo-sta alla “teoria del palo”: il carro è quelloda guerra degli Ittiti, che ha trasformatol’età del bronzo come il nucleare militareha trasformato la nostra. Il palo invece èquello imperniato con un contrappeso eil secchio, inventato in Mesopotamia piùo meno nello stesso periodo del carro daguerra, fondamentale per estrarre l’ac-qua dai pozzi e decisivo per l’irrigazionedei campi e lo sviluppo delle coltivazioni.

Ci sono altri che sostengono, decisa-mente fuori dal coro generale dei media,che la guerra non è un buon affare per la

«La guerra si fonda sull’inganno»,scriveva nel V secolo il generalecinese Sun Tzu. Mai come ora il potere della disinformazioneavvalora questo assunto: è falso che il militare crei ricchezza e nuova occupazione. Ne parla il rapporto di Science for peace

di Paola Baiocchi

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| 42 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| economiasolidale |

società, nemmeno dal punto di vista economico. Lo argomenta-no nel progetto di ricerca Le armi: un investimento negativo(Science for peace 2011) un gruppo di ricercatori molto cono-sciuti come Chiara Bonaiuti, Giorgio Beretta, Francesco Man-cuso e Francesco Vignarca. La spesa militare nel mondo ha rag-giunto nel 2011 il nuovo record di 1.738 miliardi di dollari, 3,3milioni di dollari al minuto, secondo le stime che il Sipri(Stockholm international peace research institute) ha pubbli-cato ad aprile. Risorse pubbliche che vengono spostate daobiettivi civili – come i Millennium development goals delleNazioni Unite – verso spese militari finalizzate all’aggressio-ne. Secondo gli Obiettivi del millennio per risolvere le questio-ni connesse alla povertà, servirebbero 760 miliardi di dollari in 15 anni. Cioè una frazione della spesa che annualmente il mon-do riserva al militare (vedi ).

La guerra è un investimento negativoFare la guerra costa molto, anzi costa sempre di più per l’uti-lizzo di sofisticatissimi sistemi d’arma. Per l’Africa, per esem-pio, la perdita è circa 18 miliardi di dollari all’anno a causa diguerre, guerre civili o insurrezioni. In media un conflitto ar-mato impatta negativamente sull’economia di una nazione

africana per almeno il 15% (dati 2007). Il Sipri calcola che nel2011 ognuno dei sette miliardi di abitanti del mondo si sia tro-vato 250 dollari di spese militari sul capo; ricordiamocenequando vediamo i prezzi degli alimenti rincarati o scopriamoun servizio pubblico in meno: stiamo sostenendo il costo di mol-ti interventi militari all’estero e anche quello del riarmo.

All’argomento della spesa il blocco militare-industriale ri-sponde che la costruzione di armi crea molta occupazione.Non è vero, è meno di quanta se ne può creare nel civile: nelrapporto di cui stiamo parlando si valuta quanti posti di la-voro si possono creare con 1 miliardo di dollari di spesa pub-blica. Investiti nell’istruzione piuttosto che nel militare, queisoldi creano il 150% di occupazione in più. Nel settore delleenergie rinnovabili sono il 47% e nella sanità il 69% di posti inpiù (vedi ).

Se finora abbiamo visto cosa perde la società civile con laguerra e le spese militari, il rapporto valuta l’impatto econo-mico della pace, aiutato dal Global index of peace messo a pun-to dall’australiano Institute for economics and peace (Iep). Dopo aver attribuito un valore monetario alla cessazione diogni violenza, l’Index ha stabilito che nel 2010 un mondo senzaconflitti avrebbe fruttato oltre ottomila miliardi di dollari, incui un terzo di questa cifra deriverebbe dalle attività delle in-dustrie belliche riconvertite; mentre i restanti due terzi deri-verebbero dagli input non più sottratti all’economia civile.

In questo modo, non solo sarebbe facile raggiungere gliObiettivi del millennio, ma anche sanare i bilanci di Grecia,Portogallo, Italia, Irlanda, e affrontare i danni di Fukushima.E se il Peace Index degli Stati Uniti si avvicinasse a quello ca-nadese, si risparmierebbero 360 miliardi di dollari creando 2,7milioni di posti di lavoro.

Noi 99% della popolazione siamo convinti di questo. Ci re-sta da convincere l’1%.

TABELLA

GRAFICI 1 E 2

La spesa militare nel mondo è di 1.738miliardi di dollari. Per eliminare la povertàne basterebbero 760. Per Science for peace la guerra non è un buon investimento

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

Spesa militare mondiale 2009

Costo annuale per gli MDG

UN ANNO DI SPESA MILITARE MONDIALE E PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO A CONFRONTO

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180

Obiettivo 8

Obiettivo 6

Obiettivo 4/5

Obiettivo 2/3

Obiettivo 1

Obiettivo 7

QUANTO COSTA REALIZZARE GLI OTTO OBIETTIVI DEL MILLENNIO

OB 8: sviluppare una partnership globale per lo sviluppo

OB 7: assicurare la sostenibilità ambientale

OB 6: combattere la diffusione di AIDS, malaria e altre malattie

OB 4/5: ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute materna

OB 2/3: raggiungere l’educazione primaria universale e promuovere uguaglianza di genere

OB 4: sradicare la fame estrema e la povertà

LA RESA DELLA SPESA PUBBLICA NEI VARI COMPARTI

Quanti posti di lavoro si creano per 1 miliardo di dollari di spesa pubblica investito?

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Militare 7.100 1.800 8.900 2.700 11.600 -

Detassazionedei consumi 6.900 3.700 10.600 4.200 14.800 +27,6

Energierinnovabili 7.500 4.700 12.200 4.900 17.100 +47,4

Assistenzasanitaria 10.400 3.600 14.000 5.600 19.600 +69,0

Istruzione 16.900 3.900 20.800 8.300 29.100 +150,9FONTE: UNIVERSITY OF MASSACHUSETTS

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 43 |

| economiasolidale |

L’iprite è un gas tossico e vescicante, mortale in caso di esposizione a dosi molto elevate, che penetra in profondità nellacute provocando devastanti piaghe. Resta a lungo nel terreno e produce mutazioni nel patrimonio genetico. È stata utilizzatanella prima guerra mondiale e poi è stata vietata dallaConvenzione di Ginevra del 1925. Nonostante questo, i fascistissimi “italiani brava gente” ne hanno sganciate 85 tonnellate sull’Etiopia, in sei mesi, tra il 1935 e il ’36. Per unanemesi della storia alcune navi americane, affondate nel porto di Bari durante la seconda guerra mondiale, avevano nelle lorostive armi a caricamento chimico e bombe all’iprite. Dopo la guerra sono state recuperate 15.551 di queste bombe d’aereo e 2.533 casse di munizioni, che non sono state distrutte, ma sepolte nei fondali dell’Adriatico al largo di Torre Gavetone.Nel 1999 gli aerei della Nato, di ritorno dai bombardamenti in Kosovo, hanno sganciato nella stessa porzione di mare ordigniinesplosi, con tutta probabilità all’uranio impoverito. Nel bassoAdriatico, dal 1946 fino alla fine degli anni ’90, sono stati ricostruiti239 casi di intossicazione da iprite e lo scorso anno il litorale traMolfetta e Giovinazzo è stato chiuso per la presenza degli ordigni

bellici. Queste testimonianze sono tratte dal dossier pubblicato da Legambiente, insieme al Coordinamento nazionale bonificaarmi chimiche (Cnbac), dal titolo Armi chimiche: un’eredità ancorapericolosa. La mappatura e la bonifica degli ordigni bellici o dei sitidove le armi chimiche sono state prodotte non sono ancoraterminate e le scoperte dei depositi di materiali tossici avvengonospesso per caso o in seguito a incidenti in cui restano coinvoltiignari cittadini. Come è successo con il fosgene alla Chemical Citysul lago di Vico (Vt), un sito dove l’attività produttiva era cominciatanegli anni ’20 e dove più che di bonifica si deve parlare di occultamento. Gli effetti dei componenti delle armi nonconvenzionali sono devastanti in guerra e continuano ad esserloanche a distanza di decine di anni nei territori dove sono statisganciati e dove sono stati prodotti. Si tratta di costi umani e di costi economici di cui ancora la collettività deve farsi carico,mentre chi ne ha tratto profitto non viene chiamato a risponderne.Un ulteriore motivo per dire no alle produzioni militari.www.velenidistato.itwww.legambiente.it/sites/default/files/.../dossier_armichimiche_0.pdf

Pa.Bai.

LA PERICOLOSA EREDITÀ DELLA GUERRA

LIBRI

Gianluca Di FeoVeleni di StatoBur, 2009

Angelo Del BocaI Gas di MussoliniEditori Riuniti, 2007

MOLFETTA E TORRE GAVETONEOrdigni chimici contenenti iprite scaricati al largo di TorreGavetone e nel mare antistante Molfetta provenienti dalla bonifica dei fondali del porto di Bari iniziata nel 1947

10.000 ordigni nel porto di Molfetta

GOLFO DI NAPOLIDiscarica sottomarina di armi chimiche abbandonatedall’esercito Usa tra il 1945 e il 1946

Bombe alla lewisite, fosgene, cloruro di cianuro e cianuro idrato. Bombe all’iprite - 13.000 proiettili di mortaio all’iprite - 438 barili di iprite

BASSO ADRIATICOAree di sgancio dei caccia della Nato durante il conflitto in Kosovo nel 1999 e ordigni a caricamento speciale (bombe chimiche) affondatedurante la seconda guerra mondiale

Migliaia di ordigni inesplosi di piccole dimensioniprovenienti dagli sganci dei caccia della Nato. Circa 20.000 ordigni con caricamento chimico(arsenico, iprite, lewisite) provenienti dalla secondaguerra mondiale

Chemical City del Lago di VicoRONCIGLIONEStabilimenti costruiti nel 1940 dal Governo Fascistaper ospitare laboratori e depositi di armi chimiche

60 cisterne di fosgene bonificateOrdigni inesplosi e altri residuati bellici interratiSostanze: fosgene, arsenico

COLLEFERRO (Rm)L’area industriale che ospita già dal 1912 produzioni belliche,negli anni ’80 fornisce tecnologia all’Iraq di Saddam

Sostanze inquinanti (tra cui perdorato di ammonio,propellente solido per razzi e missili) derivanti da diverseattività industriali (non solo belliche ma anche chimiche e di altro tipo), che si sono succedute negli ultimi 100 anni

ARMI NON CONVENZIONALI: ALCUNI DEI SITI PRODUTTIVI E DEI RESIDUATI BELLICI

LEGENDAArsenico: Uccide danneggiando il sistema digestivo e il sistema nervoso. Composti contenenti arsenico sono cancerogeniIprite: Gas tossico e vescicante, mortale in caso di esposizione a dosi molto elevateLewisite: Liquido vescicante che si diffonde attraverso la pelle più rapidamente dell’ipriteFosgene: Gas tossico i cui sintomi si manifestano tra le 24 e le 72 ore dall’esposizione. Combinandosi con l’acquacontenuta nei tessuti umani, il fosgene dissolve le membrane delle cellule causando il riempimento delle vie respiratorie di liquido. La morte sopravviene per la combinazione di emorragie interne, shock e insufficienza respiratoriaAcido clorosolfonico: Liquido ustionante, esplodente a contatto dell’acquaCloropicrina: Provoca soffocamento

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PESAROArmi chimiche abbandonate in mare da tedeschi durante la ritirata nel 1944

4.030 bombe chimiche per 1.316 tonnellate di iprite84 tonnellate di testate all’arsenico

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| economiasolidale | spese militari |

Se qualcuno aveva esultato all’an-nuncio che si compreranno “solo”90 cacciabombardieri F-35 al po-

sto di 131, dopo il vertice Nato di Chicagopuò riporre in soffitta l’entusiasmo: sipreparano spese militari stellari, grandio-se come il summit che ha visto la parteci-pazione di 62 Paesi, 28 dell’Alleanza più ipartner, compreso il Pakistan. La Natoche ne esce ridisegnata è “proiettabile” inqualunque direzione, si appoggia su unarete europea basata sul dispiegamento diradar e missili antimissile posizionati so-prattutto nell’Europa orientale e meridio-nale, in Polonia, Romania, Bulgaria e Tur-chia. Così vicini alla Russia da provocarela sua reazione preoccupata.

Sicilia base UsaFacciamo il punto per l’Italia: la Siciliasi conferma centrale nella strategiaNato/Usa, con Sigonella dove si preve-de una base per i droni, gli aerei senzapilota che possono essere guidati da 10mila chilometri di distanza con un joy-stick. A Niscemi, nel cuore di un’impor-tante riserva naturale in provincia di

Caltanissetta, sta prendendo forma ilMuos (Mobile User Objective System),il nuovo sistema di telecomunicazionisatellitari ad uso esclusivo delle forzearmate statunitensi che consentirà digestire sistemi d’arma come gli F-35, idroni, ma anche di rilanciare per ognidove ordini di guerra convenzionale ochimica, nucleare o meteo. «Il Muos col-legherà tra loro i centri di comando econtrollo delle forze armate – spiegaAntonio Mazzeo, peace-researcher egiornalista – i centri logistici e gli oltre18 mila terminali militari radio esisten-ti, i gruppi operativi in combattimentoe gli arsenali sparsi in tutto il Pianeta.La nuova rete di satelliti e terminaliterrestri consentirà di moltiplicare didieci volte il numero delle informazio-ni che saranno trasmesse, accrescendoil rischio che venga scatenato l’olocau-sto per un mero errore tecnico».

Il dottor Stranamoreè tornatodi Paola Baiocchi

Oltre ai 90 F-35 che l’Italiaacquisterà, si preparanospese militari stellari. LaSicilia si conferma centrale.Evidenti i segni del riarmo

Al summit della Nato di Chicago, l’Alleanza atlantica ha presentato scenari di guerra a tutto campo. Nei quali l’Italia è coinvolta come soggetto pagante,come base logistica e come manutentore

Viaggerà a duemila chilometri all’ora, sarà stealth cioèdisegnato in modo da far scivolare le onde radar e conmotori che riducono il calore per non mettere in allarme i sensori a infrarossi. Scambierà in tempo reale un’enormemassa di informazioni con il Muos, con la rete dei satelliti,con i droni, con le basi a terra, con altri Jsf. Tutte le informazioni saranno proiettate nella visiera del casco e sarà “sensor fusion”: in pratica una serie di telecamereposte in vari punti dell’aereo consentirà al pilota di vedere in ogni direzione, come se la fusoliera non esistesse.Sarà multiruolo, cioè allo stesso tempo intercettore,cacciabombardiere, aereo da attacco al suolo e aereo da ricognizione. L’F-35 Lightning (Fulmine), assicura la Lockheed Martin, «come un fulmine colpisce il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente». Sul sito della

Lockheed affermano che avrà bisogno di pochissimamanutenzione, ma già l’Eurofighter Typhoon per ogni ora di volo ne richiede 19 di manutenzione, mentre il costo perun’ora di volo non in missione di guerra è 30 mila euro.Dell’F-35 sono previste tre versioni: a decollo e atterraggioconvenzionale; con decollo corto e atterraggio verticalecome un elicottero, e un modello per le portaerei.Ma di un aereo così al momento l’unica cosa che vola sono i costi, e dal faraonico progetto si sono tirati indietro, ancheperché non c’è nessuna penale, la Danimarca, la Norvegia e l’Olanda. Paesi dove, a differenza dell’Italia, l’opinionepubblica ha un peso.Francia, Germania, Spagna e Svezia invece non adotterannol’F-35, saremo quindi più interoperativi con la Nato che con il resto dell’Europa.

LOCKHEED MARTIN F-35 LIGHTNING II (JOINT STRIKE FIGHTER)

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 45 |

Mancano cinque minuti«A gennaio quell’orologio del Bulletinof the atomic scientist che viene chia-mato “l’orologio dell’Apocalisse” è statospostato avanti di un minuto, e ora nemancano solo cinque alla mezzanottenucleare. È necessario de-allertare le te-state, in modo che occorra tempo perfar scattare l’aggressione», spiega Ange-lo Baracca fisico nucleare, che vede con-centrarsi soprattutto sulla Siria e sull’I-ran le minacce di attacco.

I segni del riarmo sono evidentissi-mi: a cosa serviranno i 90 F-35 (numeroaumentabile in ogni momento) che siuniranno ai 90 Eurofighter già commis-sionati? Un totale di 180 cacciabombar-dieri molto più distruttivi dei Tornadoutilizzati in Libia un anno fa. Serviran-no per la “guerra surrogata”, la “guerraasimmetrica”, ma soprattutto a garanti-re “proiettabilità”.

Non lasciano spazio al dubbio le de-finizioni dell’uso per il quale sono pro-gettati gli F-35, i caccia multiruolo (vedi

) che ci troviamo tra capo e collo, ul-teriore mostruosa tassa da pagare, men-tre viene ridotto il fondo per la non au-tosufficienza, ci tagliano le pensioni eviene imposta l’Imu sulla prima casa.Gli F-35 si stima costeranno almeno 15miliardi, anche se non è sicuro a quantoarriverà la spesa, perché gli aerei sonoin fase di sviluppo e i progettisti devonorisolvere una quantità infinita di pro-blemi tecnici. A questo va aggiunto ilcoefficiente “MM”, cioè il Mistero cheammanta la spesa Militare e al cui in-terno, come abbiamo visto nelle indagi-ni in corso su Finmeccanica, c’è un olia-to sistema di fondi neri.

Il ministro Di Paola sugli F-35 ha“tranquillizzato” i parlamentari: «Se sa-peste quanto è costato l’Eurofighter, vispaventereste; parliamo del doppio del-la cifra». «La formula inventata da Wa-shington – dice Manlio Dinucci, saggista –prevede una serie di programmi comuniper le esercitazioni, la logistica, l’acqui-sto di armamenti come l’F-35. Struttura-ti in modo da rafforzare la leadershipstatunitense sugli alleati europei. Unasorta – conclude Dinucci – di “gruppo diacquisto solidale”».

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| economiasolidale |

Quante letture si possono dare di una guerra? Ci sono le vite umaneperse e il dolore di chi resta, ci sono i mutilati, gli orfani, chi ha subito feritenell’animo che non si risaneranno. C’è la distruzione fisica di città, ponti,fabbriche, strade, linee ferroviarie. Sui motivi che hanno portato a unaguerra, tutti sanno che si tratta di spinte per l’egemonia economica su aree interessanti per le loro risorse o per la loro posizione geopolitica. Eppurecronisti e storici spendono fiumi di parole per dire che il conflitto dei Balcani è stato di carattere etnico e che la Libia è stata bombardata per difendere la popolazione.È una seconda guerra mondiale, diversa da come siamo abituati a leggere,quella che troviamo ne Il golpe inglese, libro scritto a quattro mani dalricercatore Mario José Cereghino e dal giornalista Giovanni Fasanella. Anzi piùche un libro ci troviamo ad avere per le mani un paio di occhiali che ci danno“l’ultra-vista” per guardare gli avvenimenti storici, dalla guerra al rapimentoMoro, e a capire meglio il ruolo di orientamento dell’opinione pubblica chehanno svolto alcuni intellettuali italiani, di cui si fanno nomi e cognomi (come i Barzini e i Feltrinelli), pagati dall’intelligence britannica.Il testo si basa quasi interamente su documenti consultabili negli archivi di Statobritannici di Kew Gardens «centinaia di lettere, cablogrammi, informative e analisidell’intelligence, della diplomazia, dei ministeri e dell’ufficio del premier. Rapporticlassificati confidential, secret, top secret», ora desecretati e a disposizione deglistudiosi, da cui emerge chiarissimo che i politici e “l’interesse nazionale” sonostrumenti nelle mani delle grandi borghesie internazionali.Mussolini è una “creatura” inglese, a libro paga dal 1917 fino a quando, a fascismo ormai affermato, si schiera con il nazismo. Non si interromperannoperò i rapporti tra Londra e Roma, perché Mussolini è ancora utile per metterein ginocchio la Germania e la diplomazia britannica gioca su più tavolicontemporaneamente. È utile collocare l’Italia non come alleato, dopo l’8 settembre, ma come co-belligerante e soprattutto tra i “vinti” perché,altrimenti, afferma Winston Churchill, «non sarebbe stato possibile esercitarealcun controllo sul Paese». Mentre così, dichiarerà Churchill al delegato di papaPio XII nel novembre 1945, «l’unica cosa che mancherà all’Italia è una totalelibertà politica».È il petrolio ad alimentare la seconda guerra mondiale, determinando vittorie e sconfitte sui campi di battaglia, in funzione delle strategie future. Per arrivareal Mar Rosso e ai terminali petroliferi, alla Gran Bretagna serve il controllosull’Italia; l’ha già capito ai tempi del taglio del Canale di Suez e per tutelare i suoi interessi energetici ha finanziato l’unità d’Italia. A maggior ragione le servenel dopoguerra, perché sull’area mediorientale si cominciano a delineare anchegli interessi statunitensi, su quello che la Gran Bretagna considera il “suopetrolio” e non si possono tollerare altre mire espansionistiche. Proprio come si affermerà in un documento del ministero britannico dell’energia, il 15 agosto1962, che precede di due mesi l’omicidio di Enrico Mattei: «L’Eni sta diventandouna crescente minaccia per gli interessi britannici».

Pa.Bai.

GLI OCCHIALI CON L’ULTRA-VISTA

Mario José Cereghino,Giovanni FasanellaIl golpe inglese.Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segretaper il controllo del petrolio e dell’ItaliaChiarelettere, 2011

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Venti domande, divise in due se-zioni e cinque macroaree. Nonsarà lungo e complicato come il

questionario del censimento Istat, maper il futuro dell’altra economia potreb-be rappresentare anche qualcosa di più.Un’occasione per conoscersi meglio.Un’opportunità per capire quanto è am-pio e complesso il mondo dei consumato-ri e produttori critici, delle reti di gruppid’acquisto (Gas) e dei distretti di econo-mia solidale (Des).

Da qualche settimana queste realtàstanno rispondendo alle domande con-tenute nel documento inviato all’iniziodi maggio dal Tavolo Res nazionale (vedi

), dal titolo, a volerla dire tutta, un po’verboso: “Raccolta di opinioni dei terri-tori su temi di confronto all’interno deimovimenti di economia solidale e su mo-delli di struttura della rete”.

Quale reazione dai territori?Una prima assoluta per il mondo deiGruppi d’acquisto solidale. L’esperimen-to, per stessa ammissione dei promoto-ri, non si sa se avrà esito positivo. Ma ledimensioni del fenomeno-Gas ha rag-giunto ormai dimensioni tali da richie-dere un tentativo di conoscerne megliomotivazioni e numeri. «In più – spiega

Davide Biolghini, tra gli estensori deldocumento – il questionario dovrebbeservire a darci una base per le discus-sioni che avremo al meeting che vedràriuniti gasisti e rappresentanti dei di-stretti alla Golena del Furlo, nelle Mar-che, il 23 e 24 giugno prossimi». Que-

st’anno il tradizionale appuntamentoSbarco Gas si trasformerà in una vera epropria assemblea. Riuscire ad avere undocumento di lavoro creato rispettan-do le priorità espresse direttamente daiterritori potrà essere una valida base dilavoro.

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| economiasolidale | Gruppi di acquisto solidale |

“Quali valori ci uniscono?”Al via il censimentodel mondo ecosoldi Emanuele Isonio

All’assemblea annuale di Gas e Des nelle Marche quest’anno temi e priorità saranno decisi attraverso una consultazioneche coinvolge tutti i territori. Grande l’attesa per capire quale idea di movimento emergerà. E se i punti d’incontrosaranno più delle differenze

LINKOGRAFIAwww.sbarcodesgas.orgwww.retegas.org

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| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 47 |

Le risposte non arriveranno prima dimetà giugno. Poi, nella settimana o pocopiù che separerà dall’appuntamento mar-chigiano, bisognerà porle a sintesi. Maintanto si possono già sondare le primereazioni. «Il questionario è l’inizio di unpercorso ponderoso ma doveroso, per unarete che finora ha fatto fatica a fotogra-farsi», commenta David Marchiori, del di-partimento Pace e Stili di vita delle Aclinazionali. L’unica ricerca finora pubblica-ta sul mondo-Gas rimane infatti quellarealizzata l’anno scorso dalle Acli venezia-ne (vedi ). Dietro al sondaggio potreb-bero però celarsi difficoltà: «Non dobbia-mo farci illusioni», prosegue Marchiori.«La strada è difficile e ogni gruppo, ognirealtà è distinta dall’altra. Non credo cisarà una lettura sintetizzabile, ma sonocerto che fornirà un patrimonio di rifles-sioni e informazioni rilevante».

Le diverse linee di fratturaIn effetti, basta scambiare due chiac-chiere con chi ha letto quel documento

per capire che variano le reazioni che su-scita e la sensazione di urgenza è di vol-ta in volta connessa con argomenti bendiversi. Fratture geografiche che separa-no il Nord e il Sud. Separazioni concet-

tuali che dividono l’avanguardia del mo-vimento dagli “adepti” dell’ultim’ora.

In Veneto e dintorni, ad esempio, sem-bra stimolare interesse l’estensione dellepratiche gasiste ai settori no-food e ci siinizia a domandare: è giusto accettare ericercare contaminazioni tra i soggettidell’economia solidale e di quella tradi-zionale? Un esempio: la Astorflex, calza-turificio mantovano che da qualche an-no ha deciso di aprire canali di venditadiretta con i Gas. «È un’azienda di tipo tra-dizionale che si sta convertendo» spiegaMarchiori. «Nel movimento è aperto ilconfronto sull’opportunità che la retedialoghi con queste realtà, che nasconofuori del perimetro dell’altra economia.Più in generale, in Veneto stiamo cercan-do di costruire rapporti con le piccoleaziende». Quel tessuto produttivo che,dopo aver fatto la storia (e la ricchezza)della regione, si è sfilacciato e disperso tracrisi e delocalizzazione. «Questo confron-to è uno stimolo per costruire un nuovorapporto tra produttori e consumatori –

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| economiasolidale |

Nel mondo dei Gas emergonoforti differenze: tra Nord e Sud; e tra chi è ancorato al modello originario e chivuole fare passi avanti,verso una contaminazione

di Emanuele Isonio

Oggi la Retegas registra 872 gruppi, ma potrebbero essereil triplo. Lo rivelano i primi dati di un’indagine del TavoloRes. Un trend confermato da una ricerca delle Acli venete

Numeri, dati e informazioni precise sulla galassia dei Gruppid’acquisto solidale in Italia ancora non esistono. Certo, ci sono i gruppi registrati alla Retegas (872 ad oggi). Ma sono solo unaparte e forse nemmeno la più ampia. Notizie più precisearriveranno quando si concluderà la ricerca nazionale “Dentro il capitale delle relazioni”, promossa dal Tavolo Res insiemeall’Osservatorio Cores dell’università di Bergamo. L’indaginescandaglia i vari aspetti della vita di ogni Gas: grandezza; tipod’origine; uso di strumenti finanziari; frequenza, quantità e tipologia d’acquisti; valore dei beni acquistati; sistemi di prefinanziamento; logistica; rapporti e criteri di scelta deiproduttori; sistemi di comunicazione interna. «Dai primi dati – rivela Davide Biolghini del Tavolo Res – stiamo censendo quasi il triplo dei gruppi iscritti alla lista nazionale». Se il trend sarà

confermato, si conteranno circa duemila Gas, 240 mila personecoinvolte (ogni gruppo ha in media 30-50 famiglie). Una potenzasociale e una rilevante leva economica: «Di solito un Gas spende50 mila euro l’anno. Stiamo quindi parlando di 100 milioni di spesa annua». Al momento l’indagine più completa rimane quella promossadalle Acli venete. Ma ovviamente i dati sono limitati al livelloregionale. In quel caso il numero di Gas mappati era risultato piùdel doppio di quanto si pensasse (oltre 150 rispetto ai 65 noti, conuna media di 62 iscritti per un totale di quasi 10 mila membri).Solo il 17,5% dei gruppi è dotato di conto corrente e meno dellametà di questi usa strumenti finanziari etici. Meno di uno su 5 ha rapporti con gli enti locali. Ma, in compenso, 9 Gas su 10 fannoattività insieme ai fornitori. Capitolo spesa: il 53% degli ordini ha cadenza settimanale. Il volume d’acquisto è di 5 milioni di euro,il 68% destinato a prodotti biologici, con un risparmio rispetto al mercato del 22,5%. Molto interessante (ma assai poco noto)l’indice di redditività: ogni euro speso presso i Gas venetigarantisce ai produttori una redditività 4,3 volte superiore ai canali tradizionali di vendita.

Potenza Gas: 240 mila personee 100 milioni di spesa annua

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prosegue Marchiori – ma può progredi-re solo se il mondo-Gas è pronto per per-cepirsi come una buona pratica socialee non solo una scelta individuale».

Finanza etica, tema osticoPotrebbero creare diversità di veduteanche le questioni connesse con la diffu-sione degli strumenti di finanza etica.Un problema già sollevato nel gruppo dilavoro che aveva lavorato l’anno scorsoa L’Aquila. Dal questionario verosimil-mente emergeranno gruppi più attenti aquesto tema, difficile e per questo spes-so sottovalutato. E altri che ancora nonutilizzano gli strumenti finanziari eticiné li conoscono adeguatamente.

«Nonostante alcuni utili incontricon Banca Etica il tema è assolutamen-

te marginale da queste parti» commen-ta Fabio Lega, presidente del Gas Bio diCaltanissetta (città che, pure, ha tribu-tato un discreto successo a una lista vi-

cina al mondo dell’economia solidaleche si è presentata alle ultime elezioniamministrative). «Mi verrebbe da direche la differenza tra le priorità dipendenon tanto dalla regione d’appartenenzama da quanto ogni singolo Gas si sentegruppo di pressione del proprio territo-rio». Eppure la geografia conta: «Nonsiamo pronti ad affrontare il tema dellecampagne su scala nazionale, ad esem-pio nel settore energia. Qui facciamoancora fatica a spiegare che i Gas nonsono un supermercato da contattarequando si vuole fare un ordine di fruttae verdura. Serve un lavoro enorme tra iconsumatori. E serve altrettanto impe-gno per attirare a noi i produttori: sonoveramente pochi quelli che hanno capi-to le nostre motivazioni e hanno sposa-to le nostre idee». Cocenti delusioni so-no ancora dietro l’angolo: «Molti sipreoccupano solo di quante forme diformaggio possono vendere. E ci sonocapitati agricoltori che s’impegnavanoa fornirci verdura biologica mentre, inrealtà, andavano ad acquistare i prodot-ti ai mercati generali».

Sensibilità e maturità diverse che ilquestionario, se la risposta sarà suffi-cientemente capillare, non potrà che faremergere. Ma forse non è un male?«Emergeranno differenze. Affiorerannopunti di vista e letture non collimanti sucosa è il movimento dell’economia soli-dale e qual è il nostro ruolo in questa fa-se di cambiamento» osserva GiuseppeDe Santis del Distretto della Brianza.«Ma abbiamo bisogno di questa fase edobbiamo definire chi siamo. Solo cosìpotremo capire quanto siamo effettiva-mente alternativi e quali pratiche potre-mo portare avanti tutti insieme».

UN PENSIERO DIVERSO

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Periodici

LE CINQUE AREE DEL QUESTIONARIO

ECONOMIAViene chiesto ai gasisti quanto considerano urgente intervenire sui flussi economici attraverso percorsi di trasformazione sociale; sperimentare nuovi stili di vita; sostenere filiere produttive ecologiche ed eque;finanziare modelli alternativi di produzione alimentare locale e biologica; difendere i beni comuni; sviluppare nuoveforme di approvvigionamento energetico.

FINANZAObiettivo di questa sezione è capire la rilevanza percepita di temi quali il controllo pubblico delle politichemonetarie, attraverso istituzioni nazionali e sovranazionali per ridurre il peso della finanza privata; le iniziative a favore di una maggiore trasparenza del sistema finanziario e di contrasto alla speculazione internazionale (Tobin Tax); la sperimentazione di modelli di finanza etica, quali Mag, monete locali e microcredito.

ISTITUZIONI E PARTECIPAZIONEUna sezione per capire quanto il movimento gasista consideri importante il proprio ruolo pubblico. Le domanderiguardano la costruzione di spazi pubblici per interloquire con soggetti e istituzioni locali; la promozione di formedi cittadinanza attiva; lo sviluppo di nuovi spazi politici; l’opportunità di sostenere movimenti partitici purchécoerenti con i principi dell’economia solidale.

CULTURA E PROCESSI D’APPRENDIMENTOSi cerca di indagare su quanto sia considerato importante per la diffusione delle idee gasiste costruire processid’apprendimento comunitari, basati sulla condivisione e lo scambio di nuove pratiche utili a spiegare e consolidarenuovi modi di pensare e di agire.

STRUTTURATra Gruppi d’acquisto, reti, distretti, associazioni tematiche, gruppi di lavoro specializzati, tavoli regionali e nazionali, corsi di formazione, convegni e assemblee annuali, incontri tra animatori di reti, la struttura della reteitaliana Gas-Des è molto complessa. Quali forme sono considerate più utili al percorso di trasformazione sociale? E quali invece vengono reputate superflue o pleonastiche?

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Neonicotinoidi e dumping cinese.Riassumere in appena due fatto-ri i potenziali rischi di crisi di un

settore economico puzza di eccessivasemplificazione. Ma questi due fattori(vedi alle pagg. 51 e 52) sono gliunici a preoccupare (e molto) gli espertiai quali abbiamo chiesto notizie sulla sa-lute del miele italiano e di chi lo produce.Senza quelle due spade di Damocle, sta-remmo al cospetto di una filiera senzaombre: moltissimi piccoli produttori,prodotti (artigianali e industriali) di altaqualità e invidiabili percentuali di vendi-ta diretta, all’avanguardia nella traspa-renza dell’etichettatura, in grado di assi-curare profitti adeguati agli apicoltori.

Nonostante non sia considerato unbene di prima necessità, il miele mostra direggere l’impatto della crisi economica e,anzi, «il settore cresce – rivela Diego Paga-ni, apicoltore e presidente di Conapi (Con-sorzio Nazionale Apicoltori) – ed è vistocome prospettiva di lavoro da parte dimolti giovani in cerca di occupazione».

Al netto delle due (minacciose) nubi all’orizzonte, il miele italiano evidenziaquindi elementi di vivacità impensabili inmolti altri settori agricoli. La nota dolen-

te è nei numeri: di precisi e inconfutabilinon ne esistono. Gli stessi tecnici forni-scono dati diversi. Secondo Raffaele Ci-rone, presidente della Federazione api-coltori italiani (Fai) «nel nostro Paeseraccogliamo ogni anno diecimila tonnel-late di miele, attraverso una rete di 75mila apicoltori, 1,1 milioni di alveari e 60miliardi di api, per un controvalore di 35milioni di euro». Cifre sottostimate perGiancarlo Naldi, presidente dell’Osserva-torio nazionale miele, che indica in 25 mi-la le tonnellate prodotte. Differenze cau-sate da censimenti degli alveari tutt’altro

che cristallini, soprattutto al Sud (non acaso gli ultimi conteggi attendibili fannoriferimento al 2006), e dal consistente fe-nomeno delle produzioni amatoriali, chesfuggono ai calcoli ufficiali («nel caso delmiele tali produzioni raggiungono quan-tità significative: il 15-20% dei consumi to-tali», osserva Naldi). A rendere complessoi conteggi, anche la drammatica moria diapi del 2007-2008.

Al di là dei numeri, non cambia la va-lutazione degli esperti: sono quantità rile-vanti, che fanno dell’Italia uno dei primiproduttori della Ue, ma che non riesconoa coprire interamente i consumi naziona-li (che si attestano sui 450 grammi pro ca-pite). «Il tasso di autoapprovvigionamen-to è attorno al 60%», secondo FrancescoPanella, presidente di Unaapi (Unione

ARTICOLI

Decine di migliaia di apicoltori, prodotti di qualità eccellente, canali di venditadiretta utilizzati da un terzo degli italiani, prezzi che assicurano guadagniadeguati. La filiera è in salute. Ma pericoli esterni la minacciano

di Emanuele Isonio

Il miele italiano in lottacontro pesticidi e sindrome cinese

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| economiasolidale | made in italy a rischio/puntata 15 |

Al quadro sostanzialmente positivo del miele tricolore non fanno eccezione le produzionibiologiche, che rappresentano ormai il 10% del totale e fanno segnare incrementi a doppia cifra. Gli alveari certificati hanno raggiunto quota 125 mila. Un prodotto moltoapprezzato soprattutto dagli amatori del miele (secondo un’indagine Nielsen il clientetipo ha 30-50 anni con alti livelli di reddito e d’istruzione). Il processo biologico, infatti,vieta l’uso di rimedi artificiali per contrastare le patologie di piante e insetti. Un bel fioreall’occhiello per l’Italia, con ricadute positive sul resto del mercato. Il fattorepreoccupante sta nel fatto che produrre miele secondo i criteri bio costa di più, ma il prezzo di vendita non permette di recuperare i maggiori costi: «A fronte di un aumento di costi del 30%, la maggiorazione di prezzo si ferma al 10%», spiegaDiego Pagani, presidente di Conapi.

IL BIOLOGICO CRESCE. MA CONVIENE POCO

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Nazionale Associazioni Apicoltori Italia-ni). «Ecco perché – aggiunge Cirone – sia-mo costretti a ricorrere alle importazio-ni: nel 2011 abbiamo comprato oltre 15mila tonnellate di miele, spendendo 41,6milioni di euro». Va poi considerato che ilmiele italiano è molto richiesto in altriStati Ue. «Primo fra tutti la Germania – spiega Pagani di Conapi – che usa il no-stro miele per “tagliare” quello prodottoin patria».

Tra professionismo e hobbyL’aspetto interessante è che i dati positivisul miele italiano sono raggiunti grazie a

una filiera sui generis nel nostro panora-ma agricolo. Accanto ai grandi marchiindustriali, da Nord a Sud si contano al-meno 8-10 mila agricoltori che usano leproduzioni per arrotondare i propri red-diti («solo nel 15% dei casi, gli apicoltoriguardano ai mercati come veri e propriimprenditori economici» commenta Ciro-ne). Per altre 30 mila persone invece, ilmiele è un hobby o poco altro. «Nel nostrosettore – osserva Panella – il sistema del-la cooperazione funziona molto bene,grazie a un percorso iniziato trent’anni fa.In Italia esistono una decina di cooperati-ve che permettono anche ai piccoli pro-duttori di rimanere sul mercato». Almenodue i vantaggi: i costi di produzione scen-dono e chi cede il proprio miele al circuitoindustriale riesce a ottenere prezzi decen-ti. «Il prezzo all’ingrosso varia tra 3,5 e 5,5euro al chilo e in generale ci stiamo dentro

con i costi di produzione» continua Panel-la. Ovviamente prezzi e analisi cambianocon il variare dei tipi di miele. «Ma in ge-nerale ci stiamo dentro con i costi di pro-duzione». I momenti critici arrivano incoincidenza con annate in cui la produ-zione mondiale è molto alta: «a quel pun-to, i prezzi scendono e anche gli apicoltorihanno problemi a far quadrare i conti»,spiega Naldi.

C’è però una scialuppa di salvataggioche, almeno in Italia, sembra essere sem-pre pronta per i piccoli produttori: lavendita diretta. Che assicura maggiorimargini a chi produce e spesso soddisfala richiesta di qualità dei consumatori.«Noi stessi siamo rimasti esterrefatti –ammette Panella di Unapi – quando, daun’indagine Nielsen, è emerso che il 37%degli italiani acquista miele direttamen-te dal produttore».

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| economiasolidale |

LINKOGRAFIAOsservatorio nazionale miele www.informamiele.itConapi www.conapi.it Fai www.federapi.bizUnaapi www.mieliditalia.it

Sulla sacrosanta strada della trasparenza, il miele rappresentaun’avanguardia rispetto ad altri settori alimentari. È infatti statotra i primi a imporre sull’etichetta l’indicazione obbligatoriadell’origine del miele, del lotto d’appartenenza e della data di scadenza. Per consentire ai consumatori di avere tutte le informazioni possibili e adatte a un utilizzo più consapevole,l’Osservatorio nazionale miele ha lanciato un’idea, attualmentein fase di sperimentazione: l’inserimento nelle etichette del codice “QR”. Una sorta di “codice a barre” leggibileattraverso qualunque smartphone, che permette di ricevere sul

proprio telefonino molte notizie in più sul miele che si sta peracquistare: le foto e la localizzazione Gps dell’apiario di provenienza, il telefono e l’indirizzo dell’azienda, le informazioni sulle certificazioni possedute, l’analisiqualitativa e organolettica. Volendo, si possono aggiungereanche informazioni sui cibi con cui meglio si accompagna.Spiega Giancarlo Naldi, presidente dell’Osservatorio: «Vogliamo aiutare il consumatore a conoscere e capire le peculiarità che ogni miele ha in sé. Solo così si valorizzanodavvero le eccellenze del nostro made in Italy».

ETICHETTE TRASPARENTI. LA NUOVA FRONTIERA È IL CODICE “QR”

di Emanuele Isonio

Dalla collaborazione tra il Gas Biorekk di Padova e un apicoltore locale, una nuova strada nei rapporti tra consumatori e produttori. Con soddisfazione per tutti.E una lezione per l’intera filiera

Se siete convinti che i grandi cambiamenti non possono partiredalle piccole novità, se ritenete che le svolte epocali richiedanointerventi dall’alto, risparmiate il vostro tempo: saltate quest’articoloe passate oltre. Perché qui si parla di una manciata di famiglieunite da una stessa visione del mondo e dei rapporti umani (anche

quando si fa la spesa), di qualche centinaio di barattoli di miele e di un piccolo apicoltore per il quale questa è una tra le varie fonti di reddito. Una piccola idea, che non sposta praticamente nessunapercentuale rilevante fra i fatturati del settore. Ma, forse, apre una strada. Lancia una proposta. Mostra una via diversa, che renda i consumatori più consapevoli e i produttori più trasparenti.

Prezzo competitivo anche se condivisoNon per essere venali, ma partiamo con il dato che più ci ha stupito: 6,8 euro per un vasetto da un chilo di miele di acacia, certificato biologico. Un prezzo più che competitivo,vista la qualità del prodotto e il modo in cui è stato formato.

Il miele? “Apprezzarlo” conviene

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Strano il destino dei nostri apicolto-ri. Capaci di resistere alla moriadelle api che ha allarmato addetti

ai lavori, biologi, zoologi, addirittura cli-matologi. In grado di passare – più o meno– indenni attraverso una crisi economicache sta mordendo le gambe di molti altrisettori che pure hanno fatto la storia del-la gastronomia tricolore. Eppure messi inpericolo – potenziale, ma tutt’altro che ir-reale – quando si considerano i dati del-l’import. O meglio. Di un import che ha unindirizzo ben preciso e contiene un virusmolto pericoloso: il dumping.

La Cina è uno dei massimi produttorimondiali e ha già superato la Ue. Ma il da-to dal quale partire è contenuto in un rap-porto della Commissione europea. Bruxel-les ha pubblicato i prezzi di importazione

dei mieli di tutto il mondo. Se non si consi-dera quello cinese, la media è di 2,26 euro alchilo. Pechino importa il proprio prodottoa 1,26 euro. Una differenza dell’80%. Ancorpiù impressionante la differenza di costotra la pappa reale cinese (venduta a 40 eu-

ro al chilo) e quella italiana (500-600 euroal chilo). «Differenze tali non possono chesquassare il mercato» denuncia il presi-dente di Unaapi, Francesco Panella. Unaconcorrenza sleale possibile grazie adadulterazioni che sfuggono ai controlli.

Il dumping di Pechinoallarma gli apicoltoridi Emanuele Isonio

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| economiasolidale |

L’idea è partita tra le trecento famiglie del Gas padovano Biorekked è stata trasformata nel progetto “Apprezziamolo” grazie allacollaborazione con Aiab, la Cooperativa El Tamiso e a un bandodella Fondazione Culturale Responsabilità Etica. Obiettivo:trovare un produttore interessato a un tipo diverso di commercioe disposto a mettere sul tavolo le varie voci di costo (vedi ).«Le abbiamo analizzate una a una – racconta Angelo Sanità, delBiorekk – e per ognuna, tutti insieme abbiamo deciso qualefosse il prezzo giusto. Abbiamo aggiunto una percentuale di guadagno che il produttore ritenesse equa e un fondo di coproduzione da destinare a incontri con i consumatorie a lezioni nelle scuole». Ed ecco spiegati i 6,80 euro finali. Un risultato che vale triplo. Non solo per il prezzo assaicompetitivo ma anche perché le famiglie del Biorekk hannopotuto porre dei punti fermi che ritenevano imprescindibili: mielelocale, certificato biologico, frutto di autoproduzione (l’apicoltore

scelto crea da solo i fogli di cera pergli alveari ed effettua la rimontadegli sciami). Inoltre, la venditadiretta e concordata con i gasisti ha permesso di ridurre costi inutili,ottimizzando il numero di barattolida acquistare o eliminando le etichette («a noi non servonoperché sappiamo perfettamente che miele stiamo acquistando»). Ovviamente pensare che una simile

iniziativa sia replicabile facilmente e ovunque sarebbe un errore:«Da noi è stato possibile – spiega Sanità – perché abbiamo moltiagricoltori preparati e pronti a fare ragionamenti diversi da quelli della classica filiera produttore-consumatore. Senzaquesti presupposti, il progetto sarebbe destinato al fallimento».

TABELLA

Miele “tagliato” con gli zuccheri del riso, utilizzo di pollini Ogm: nella Ue si moltiplicano le denunce per i metodispregiudicati usati dai cinesi per abbattere i costi di produzione. Ma, intanto, le importazioni volano. A prezzi stracciati

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I NUMERI DEL MIELE CON GLI OCCHI A MANDORLA

Produzione [tonnellate] Importazione in UE 27 [tonnellate] Prezzo medio d’importazione [euro/kg]

Materie prime 0,92 € 14%Costo lavoro di produzione 2,34 € 34%Attività di formazione 0,28 € 4%Ammortamenti 1,27 € 19%Certificazione bio 0,32 € 5%Spese generali 1,00 € 15%Iva al 10% 0,61 € 9%Totale apprezzamento 6,73 € Fondo di co-produzione 1% 0,07 € 1%

PREZZO “GIUSTO” al kg6,80 €100%

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| 52 | valori | ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 |

| economiasolidale |

Costi bassi e adulterazione«Attraverso un processo industriale –spiega Panella – vengono tolti i pollini, ilmiele viene pastorizzato e poi si “allunga”con zuccheri del riso, non rilevabili con leanalisi di laboratorio. Il miele finale è unaschifezza ma il costo è infinitamente piùbasso». Se a questo si aggiunge la scarsitàdi controlli alle frontiere italiane, le ansie

degli apicoltori italiani appaiono più chegiustificate, tanto più che l’importazionedalla Cina è triplicata nel 2011. «Mesi fa iNas hanno sequestrato al porto di Napo-li grosse quantità di miele cinese già con-fezionato ed etichettato come miele bio-logico italiano da immettere nei circuitidiscount» racconta Diego Pagani, presi-dente di Conapi. «Ci siamo costituiti par-

te civile e la nostra richiesta è stata ac-colta. D’ora in poi lo faremo sempre. Atutela del nostro lavoro e dei diritti deiconsumatori». La stessa Commissioneeuropea ha infatti lanciato l’allarme chenel miele importato dalla Cina potrebbeesserci polline Ogm. Una coltivazioneche, in Italia, dovrebbe essere vietata ecomunque non commerciabile.

Per capire l’impatto dei nuovi inset-ticidi sulle api basta fare un saltosu Youtube, cercando “morìa delle

api”. Nessun video di dubbia provenienza.La fonte è autorevole (Vincenzo Girolami,docente di Entomologia agraria all’univer-sità di Padova): nel filmato due api entra-no a contatto con una sola goccia di neo-nicotinoide, una categoria di potentissimiinsetticidi (un grammo produce gli effettidi oltre 7 chili di Ddt). L’attenzione su que-sti insetticidi ha raggiunto il livello d’allar-me dopo che nel 2007 le popolazioni di apiin Europa si sono dimezzate in pochi mesi(solo in Italia, secondo l’Istituto Superioreper la ricerca ambientale, si persero 200mila alveari in pochi mesi). Un disastroeconomico per i produttori, ma anche (eforse soprattutto) ambientale. Una ridu-zione dal 30 al 50% del patrimonio apisti-co ha effetti su tutta la produzione agrico-la: questi insetti impollinano infatti oltreun terzo delle coltivazioni.

«Secondo due importanti studi la mo-ria di api non dipende dai farmaci usati inagricoltura», provò a giustificarsi Agrofar-

ma. Ma bastò vietarli per far tornare il nu-mero di alveari a livelli “pre-crisi”. Il bandoperò scadrà il prossimo 30 giugno. E saràcompito dell’Autorità europea di sicurez-za alimentare (Efsa) decidere un’eventua-le proroga. La Commissione Ue ha intantoinviato all’Efsa due ricerche francesi e ita-liane che evidenziano lo stretto legame trai neonicotinoidi e l’impressionante deci-mazione di insetti impollinatori. Dovreb-be essercene abbastanza per stare al si-curo da eventuali sorprese. Ma c’è chidenuncia pericolosi legami tra i ricercato-ri dell’Efsa e le multinazionali della chimi-ca. Più o meno le stesse su cui ha indagatola Procura di Torino. Il pm Raffaele Guari-niello ha accusato la Syngenta Italia e laBayer CropScience di Milano di «diffusio-ne di malattie di animali pericolose per ilpatrimonio zootecnico e per l’economianazionale». Pena prevista: da uno a cinqueanni. «Quegli insetticidi – commenta Giro-lami – non aiutano le produzioni. Nellaconcia del mais sono stati vietati ma laproduzione è cresciuta. Gli unici vantaggisono per chi li commercializza».

Moria delle api, è scontrosull’insetticida killer

Secondo molti ricercatori i neonicotinoidi sarebbero i responsabili diretti del dimezzamento degli alveari avvenuto nel 2007. Ma il divieto di usarli scade a fine giugno. E le pressioni per non prorogarlo sono enormi

di Emanuele Isonio

SULLE API, IL MEDIATOREINDAGA LA COMMISSIONE UEIn attesa di capire quali decisioni prenderàl’Unione europea sulla questioneneonicotinoidi, la Commissione europea è però già nel mirino di un’altra istituzionecomunitaria: il Mediatore, che ha il compito di verificare i casi di cattiva amministrazionedelle istituzioni europee, ha apertoun’inchiesta per appurare se Bruxelles ha effettivamente preso tutte le adeguatecontromisure contro il drammatico aumentodi mortalità delle api. L’iniziativa del Mediatore – il greco NikiforosDiamandouros – ha preso spunto da unadenuncia presentata dal Collegio che riuniscei Mediatori austriaci (meglio noti come“Ombudsman”). A questo punto, la Commissione europea sarà obbligata a fornire una risposta presentando un proprioatto di difesa entro il 30 giugno prossimo. Se l’esecutivo europeo non dovesse fornirespiegazioni ritenute adeguate o le indagini delMediatore dovessero rilevare inadempienze,Diamandouros potrà presentare un progetto di raccomandazione e interessareufficialmente della questione il Parlamentoeuropeo.

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| economiasolidale |

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Un Paese tagliato a brandelli > 58Cipro: intrigo internazionale > 61Ricerca senza test sugli animali > 63

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Se Atene diventaBuenos Aires

Effettodracma,

Centomila in piazza ad Atene contro i tagli allo stato sociale posti in discussione al Parlamento greco il 12 febbraio 2012

| ANNO 12 N. 100 | GIUGNO 2012 | valori | 55 |

Ormai è il più scontato dei leitmo-tiv. A dieci anni dall’esordio del-l’unione monetaria, la Grecia po-

trebbe abbandonare l’euro. Per molti èuna certezza, per altri un evento ancoraevitabile, ma al tempo stesso sempre piùconcreto. Fatto sta che, a conti fatti, le pro-babilità sono sempre maggiori, talmenteconcrete ed elevate che quando leggeretequeste pagine quello che fino a qualchetempo fa appariva come un evento im-possibile potrebbe essere già divenutoreale. Gli europei lo hanno soprannomina-to Grexit, nella più ovvia contrazione diquei due termini che, una volta accoppia-ti, diventano sinonimo di incubo finanzia-rio. Soprattutto per i diretti interessati.

Atene come Buenos Aires, Piazza Syn-tagma come Plaza de Mayo, nel senso del¡Se vayan todos! (Via tutti!), lo sloganscandito dai manifestanti argentini diecianni fa e ripetuto implicitamente daglielettori greci nelle elezioni di maggio chehanno sostanzialmente massacrato Pa-sok e Nea Dimokratia. Lo scenario è mo-struoso. Dopo il concambio dello scorso 8marzo – con le obbligazioni sostituite danuovi bond che hanno imposto agli inve-stitori una perdita del 75% sul valore no-minale dei titoli – il debito greco è rimastocomunque a livelli molto elevati per viadelle nuove emissioni obbligazionarie edei prestiti contratti con Ue e Fmi (Fondomonetario internazionale).

Due anni fa gli europei avrebberopotuto salvare l’economia ellenica,comprando i suoi titoli di Stato in risposta agli attacchi speculativi.Sarebbe costato meno dei prestiti Bce

diMatteo Cavallito

| crisi greca |

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Se il Paese fosse costretto a tornarealla vecchia valuta, l’inevitabile deprez-zamento della moneta nazionale lo fa-rebbe letteralmente andare in orbita(servirebbero sempre più dracme per ri-pagare un debito contratto in euro). Ilgoverno, nel frattempo, avrebbe presu-mibilmente già dichiarato bancarotta e icittadini si sarebbero mobilitati per riti-rare i propri risparmi (negli ultimi tre an-ni i conti correnti si sono già alleggeritidi 70 miliardi) con il forte rischio, però, ditrovare i caveau già vuoti, come accadu-to in Argentina dieci anni fa.

Seguirebbero nell’ordine la naziona-lizzazione delle banche e una massicciaimmissione di capitale pubblico solo edesclusivamente stampando moneta (chimai comprerebbe a quel punto un’obbli-gazione greca?) e accelerando di conse-guenza l’inflazione. Di fronte al fenome-no, la banca centrale ellenica inizierebbe

ad acquistare massicciamente le nuovedracme sul mercato allo scopo di soste-nerne il valore. Fino ad esaurire le pro-prie riserve in valuta straniera. Un pro-fetico rapporto di Ubs del settembre 2011calcola che in un solo anno uno scenariosimile costerebbe a ogni cittadino grecofino a 11.500 euro.

Bufera sull’EuropaIl Fmi stima in 442 miliardi di euro il con-trovalore dell’esposizione globale sul de-bito greco (statale e privato), cifra che incaso di default definitivo equivarrebbealla perdita complessiva degli investito-

ri (che sono soprattutto europei). Ma aspaventare l’eurozona è soprattuttoun’altra, scontatissima, eventualità. «Sela Grecia dovesse uscire dall’euro, altriPaesi a rischio come Irlanda, Spagna,Portogallo e Italia subirebbero un attac-co speculativo nel giro di poche ore», so-stiene Fabio Sdogati, ordinario di Econo-mia internazionale presso il Politecnicodi Milano. «E a quel punto i 500 miliardidi nuove risorse accantonate nell’Esm(Meccanismo europeo di stabilità, ndr)non basterebbero di certo a fermare l’on-da ribassista».

Il rischio, insomma, è una riedizionedei dissesti dei mercati borsistici e obbli-gazionari già vissuti a giugno, luglio e no-vembre e figli, a loro volta, di una crisi de-bitoria europea innescata proprio dallaprima speculazione contro la Grecia. Unfenomeno che risale inizialmente all’ot-tobre di tre anni fa e che l’Europa, rifiu-tandosi di garantire per le obbligazioni diAtene, ha gestito nel modo peggiore. «Laverità – afferma il professor Sdogati – èche titoli implicitamente pericolosi nonesistono. Basta comprarli. Se lo si fossecapito a suo tempo oggi non ci ritrove-remmo in questa crisi. Due anni fa gli eu-ropei avrebbero potuto salvare la Grecia,rispondendo da subito ai primi attacchispeculativi con l’acquisto dei suoi titolidi Stato. Non sarebbe costato più di 25miliardi». I prestiti erogati dalla Bce al si-stema bancario negli ultimi mesi valgo-no quaranta volte tanto.

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«Se la Grecia dovesse usciredall’euro, altri Paesia rischio subirebberoun attacco speculativonel giro di poche ore»

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EVOLUZIONE DEL DEBITO GRECO [in % sul Pil] (*stime)

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| internazionale |

2010• Marzo Il governo annuncia un terzo piano di austerity

da 6,5 miliardi di dollari attraverso aumento delle tasse e taglialla spesa. Il premier Papandreou: «La situazione è gravecome in tempo di guerra. Senza le necessarie misure sarebbela bancarotta». Scioperi generali e proteste in tutta la Grecia.

• Maggio Il Fmi, la Commissione Ue e la Banca CentraleEuropea accordano ad Atene un maxi sostegno da 110miliardi di euro in cambio del piano di austerity.

• Ottobre In contrasto con le posizioni espresse in passato, il governo greco lancia l’ennesimo scudo fiscale della storiadel Paese.

2011• Gennaio, 26 Il rendimento dei titoli greci a dieci anni viaggia

attorno all’11,38%, gli omologhi tedeschi stanno sotto al 3%.Il costo di assicurazione dei crediti vantati con Atenemisurato dai Cds (credit default swaps, i derivati chegarantiscono un rimborso in caso di fallimento) si collocaormai a 885 punti base (885 mila dollari per assicurarne 10 milioni).

• Marzo Nel 2009 il debito pubblico di Atene valeva 299miliardi di euro, una cifra equivalente a circa il 127% del Pil.Quest’anno, secondo le previsioni, la cifra dovrebbe toccare i 362 miliardi spingendo il rapporto a quota 159%.

• Maggio Si inizia a parlare di nuove strategie per un defaulttecnico: dalla proroga dei termini di scadenza dei titoli (il famoso rescheduling o reprofiling che dir si voglia) al tagliodei rendimenti sulle obbligazioni (il temuto haircut).

• Giugno, 1 L’agenzia di rating Moody’s declassa il rating da B1 a Caa1. La Grecia retrocede ufficialmente in serie C, la famigerata area junk, spazzatura, ovvero l’anticamera del default.

• Luglio, 21 Approvata la manovra salva Grecia: 109 miliardi di aiuti diretti a firma Ue/Fmi più altri 50, circa, per operazioniextra e garanzie per un totale di 160 mila milioni di euro.Secondo Standard & Poor’s l’haircut sui titoli costituisce“default selettivo”, una bancarotta di fatto che però, precisal’International swaps and derivatives association (Isda), nonfarà scattare la liquidazione dei credit default swaps suldebito ateniese.

• Agosto L’economia greca, stima il Wall Street Journal, si contrarrà su base annuale del 5% entro la fine del 2011contro una previsione iniziale del 3,8%. Nel primo trimestre2011, il tasso di disoccupazione ha toccato il 15,9%.

• Ottobre Va delineandosi il piano di ristrutturazione del debito greco (che significa default “controllato”). La Grecia svaluterà del 50% il valore delle proprieobbligazioni (gli investitori perderanno la metàdell’investimento), l’Europa concederà un nuovo prestito da 130 miliardi di euro ad Atene.

• Novembre, 2 Georgios Papandreou vuole far sottoporre il piano di ristrutturazione del debito a un referendumpopolare a gennaio. L’ultimo referendum realizzato in Greciarisale al 1974, subito dopo la fine della dittatura. Allora si trattava di scegliere tra monarchia e repubblica.

• Novembre, 3 L’Europa minaccia di congelare la tranche di aiuti da 8 miliardi al via a inizio mese.

• Novembre 7-8-10 Tra il 7 e l’8 novembre 2011 le principaliforze politiche greche (Pasok e Nea Dimokratìa) negoziano la nascita di un nuovo governo di unità nazionale. Il 10 novembre Georgios Papandreou si dimette, l’ex vicepresidente della Bce (2002-2010) Lucas Papademosè nominato primo ministro.

• Dicembre, 22 Il Fmi cerca di convincere i creditori privati di Atene ad accettare un concambio più sfavorevole con un haircut complessivo sul titolo pari al 65% del valore controil 50% originariamente previsto. Il piano non riguarda la Bceche rifiuta di farsi carico di qualsiasi perdita sulle obbligazionigreche in suo possesso. I creditori privati possiedono circa206 miliardi di euro di obbligazioni. La Bce ne ha 55.

2012• Gennaio, 4 Secondo l’ultimo studio dell’Istituto statistico

Elstat, ripreso dal quotidiano Kathimerini, oltre 3 milioni digreci, più del 27% del totale, vivrebbe in situazione di povertà.

• Febbraio, 10 L’operazione di haircut produrrebbe una perditasecca del 70% sulle obbligazioni in mano alle banche.

• Febbraio, 12 Protetto da circa seimila agenti e strettod’assedio da decine di migliaia di manifestanti, il parlamentogreco approva il nuovo piano di austerity imposto dalla Troika,condizione fondamentale per lo sblocco del maxi aiuto da 130miliardi. Il leader conservatore Antonis Samaras non escludedi rinegoziare il programma dei tagli dopo le elezioni.

• Febbraio, 15 L’Europa valuta il rinvio degli aiuti a dopo le elezioni.

• Febbraio, 17 Fonti interne: la Bce non subirà perdite sulleobbligazioni greche in suo possesso.

• Febbraio, 21 Dopo quasi 14 ore di negoziato, l’Europaconcede il nulla osta al maxi prestito da 130 miliardi. Ora però si tratta di convincere i privati.

• Marzo, 8 Oltre tre quarti dei creditori aderiscono allaproposta di haircut del debito greco accettando di perdere il 75% del valore nominale dell’investimento. La ristrutturazione del debito è completata: seppure in modoordinato la Grecia è fallita.

• Marzo, 9 A sorpresa l’Isda annuncia la liquidazione del Cds. Il loro controvalore totale è di circa 3,2 miliardi di dollari.

• Maggio, 6-15 Le elezioni vedono un crollo dei consensi per i partiti principali. Pasok e Nea Dimokratìa non riescono a formare un governo. Dopo oltre una settimana di trattative la situazione non si sblocca. Si torna al voto alla metà di giugno.

CRONOLOGIA - LA CRISI GRECA DAL 2010 A OGGI

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«Sono tutti prodotti naturalia base di Aloe, originali da-gli Stati Uniti». La signora

si avvicina mentre aspettiamo l’autobus,subito fuori dall’uscita della metro AgiosDimitrios. Siamo nell’immediata perife-ria a Sud di Atene e il sole scalda nono-stante sia da poco cominciata la prima-vera. «Mi chiami, anche dall’Italia, miraccomando, facciamo spedizioni in tut-ta Europa». Poi lascia un biglietto da vi-sita e sorride. Non ci vuole molto a capi-re che avrebbe bisogno di un dentista.Ma in Grecia, da un po’ di tempo, questaè una di quelle spese che non vengonopiù considerate essenziali. E allora lagente si arrangia come può. «Da me sem-plicemente non ci vengono più», mi con-

ferma Dimitris, un odontoiatra sulla qua-rantina con un figlio piccolo e una com-pagna da cui si è separato di recente. «Ioguadagnavo anche ottomila euro al me-se fino a un paio di anni fa, ora sono po-co più di mille. La gente non ha propriosoldi, quindi, semplicemente dal denti-sta non ci viene, non si cura. E a me va an-cora bene, un lavoro ce l’ho».

Storie di ordinaria amministrazionein un Paese che al quinto anno di reces-sione ha visto salire la disoccupazione al22% e che ora ha consegnato tutta la suafrustrazione alle urne. Il tracollo deipartiti tradizionali, il risultato impres-sionante del partito neonazista Albad’Oro, vicino all’8% delle preferenze, tut-to è un segnale dello sfilacciamento del

tessuto sociale che due anni e mezzo dipolitiche di austerità hanno definitiva-mente esasperato.

Riduzione dello Stato sociale…Davanti alle mense sociali, che nella ca-pitale sono sorte come funghi, ogni gior-no si mettono in coda pensionati, giova-ni, disoccupati, ex operai, immigrati.Molte le organizzano i Comuni, che purehanno dovuto subire tagli pesantissimi.«Se nuove riduzioni verranno messe in

Se altri tagli verranno introdotti le municipalità della regione dell’Atticanon potranno garantire servizi e stipendi. Già ora, per le macchine dellapolizia o per le ambulanze, non ci sono soldi per pagare benzina e assicurazioni

di Federico Simonelli

Un Paesetagliato a brandelli

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| internazionale | crisi greca |

di Federico Simonelli

L’eurozona crea deficit nei Paesiperiferici e surplus in quelli centrali

È stato la vera rivelazione delle elezionigreche del 6 maggio: con il 16,76% dei voti

la coalizione della sinistra radicale Syriza è diventata il secondopartito del Paese, dopo Nea Dimokratìa, superando il Pasok. Un risultato che si è poi tradotto nell’impossibilità di creare un governo.Prima delle elezioni Valori aveva incontrato il giovane leader di Syriza,Alexis Tsipras, ad Atene nel quartier generale del suo partito.

Mr Tsipras, qual è lo stato di salute dell’economia greca oggi e quali sono gli aspetti che più la preoccupano?L’economia greca è incagliata nel quinto anno di recessione e le misure che sono state decise come contropartita per la ristrutturazione del debito e per l’esborso del secondo piano di aiuti peggioreranno la recessione: ad esempio il taglio selettivodel debito greco sta colpendo anche i piccoli detentori di titoli di Stato del Paese.

Parla anche dei fondi pensione?Sì, quelli che avevano investito in bond. Per loro non sono statiprevisti dei paracadute, anzi, potrebbero subire nuovi tagli.

Tsipras: l’austerity ha fallito

Alexis Tsipras

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pratica le municipalità della regione del-l’Attica non saranno più in grado di ga-rantire le loro funzioni essenziali, né po-tranno più pagare gli stipendi», spiegaEleni Kostili, consigliera del Comune diKropìa, Sud di Atene. La incontro a unamanifestazione dei sindaci sotto al mi-nistero dell’Economia: i primi cittadinisono lì per negoziare il piano di ulterioritagli che già a giugno dovrebbe portarea 12 miliardi di risparmi per le casse del-lo Stato. «Nel mio Comune – continua

Eleni – ora siamo un terzo di quanti do-vremmo essere e lo stipendio ci è statoridotto di oltre il 30%. Ora prendiamomeno di 900 euro».

… e scontriMentre dal palco si susseguono gli in-terventi qualcuno comincia a lanciarebottiglie d’acqua agli agenti antisom-mossa schierati a difesa del ministero: lareazione non si fa attendere. Volanomanganellate, ma dopo una mezzora

tutto torna tranquillo. Anche questo or-mai in Grecia è all’ordine del giorno. L’e-mergenza, le sforbiciate della crisi, or-mai non sono più concetti vuoti: sono ilcontesto con cui tutti devono fare i con-ti quotidianamente. «Se chiami la poli-zia o l’ambulanza per via di un’emergen-za o non vengono o ci mettono delle oreperché non hanno i soldi per la benzinae per pagare le assicurazioni – si lamen-ta Tassos, un ingegnere in pensione cheha studiato a Genova – e poi ogni qual-

| internazionale |

Secondo lei è possibile abbandonare questa politica di taglisu tagli chiesta dalla trojka Ue-Bce-Fmi a favore di una ricettache permetta anche lo sviluppo?Quello che ci troviamo ad affrontare non è un problema sologreco, ma è europeo e ha a che fare con l’architettura dell’euro. La struttura dell’eurozona per natura tende a creare deficit nei Paesi periferici e surplus in quelli centrali. Il Governo ellenico ha accettato che il cosiddetto salvataggio della Grecia fosse condotto come un esperimento; il risultato è che presto l’Europa dovrà tornare ad affrontare il problema del debito, perché è chiaro che le politiche di austerità hanno fallito. Hanno fallito in Grecia, Portogallo e anche in Irlanda, dove nelprimo trimestre del 2012 il deficit è triplicato e dove a breve si dovrà ancora parlare di ristrutturazione del debito.

Anche in Italia la situazione non è delle migliori. Il problema delle ricette per la Grecia, per così dire, non è che il cuoco nonfosse bravo, ma è che le ricette erano sbagliate.

Quali crede possano essere le ricette giuste per la Grecia?Crediamo che la soluzione ai problemi greci ed europei si basi su due pilastri: il primo è la rinegoziazione di parte dei debitipubblici, con il conseguente storno di questi debiti alla Bce, la creazione di Eurobond e la possibilità di avere soldi in prestitodirettamente da Francoforte a interessi bassi. Il modello a cuipensiamo è quello della ristrutturazione del debito tedesco che avvenne nel 1953. Il secondo pilastro è la redistribuzione delwelfare. In Grecia ci sono molte persone ricche che non paganotasse, a pagarle sono la classe media e quelle meno abbienti.Questo deve cambiare.

In Grecia le manifestazioni continuano ad essereall’ordine del giorno

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| internazionale |

volta c’è una manifestazione ci sono cor-doni di agenti in antisommossa cheneanche in guerra». «C’è poco da stareallegri – dice Panayotis Stranis, un vete-rinario in pensione – quando ti hannotagliato diecimila euro di pensione al-l’anno. E io comunque non sto male, è aigiovani che va peggio».

Poco ma sicuro, visto che ormai unosu due, fra i 15 e i 24 anni, è disoccupato.E allora i giovani e anche i meno giovanihanno cominciato ad andarsene dalPaese o a tornare verso le campagne, do-ve la vita è meno difficile. «Lì gli effettidella crisi sono meno evidenti, le reti disolidarietà funzionano meglio nelle pic-cole comunità – spiega il noto scrittorePetros Markaris – la Grecia è semprestata, storicamente, un Paese povero,ma di grande dignità. Questa culturadella povertà negli ultimi anni è andatapersa. Chissà che ora in qualche modo,per forza o per opportunità, non vengarecuperata».

Pare che fra quelli che hanno messo un’offerta sul piatto ci sia addirittura Donald Trump, il magnate americano dall’improbabile chioma.Siamo a Hellinikò, Comune nella parte Suddell’area metropolitana di Atene. È qui che sorgeuna delle più grandi aree in dismissione d’Europa,dove dovrebbe nascere uno dei maggiori progetti di sviluppo immobiliare di sempre. È quella dell’exaeroporto della capitale, l’Hellinikon internationalairport, abbandonato nel 2001 in favore del piùmoderno Elefterios Venizelos. Settanta ettari chesi affacciano su due chilometri e mezzo dibellissimo litorale: un gioiellino che da dieci anni fa gola ai palazzinari di tutto il mondo. Nonostantei vari tentativi, negli anni non se ne è riuscito a far nulla, anche per via della forte opposizionedelle comunità locali, che qui vorrebbero costruireun grande parco. Ora però Hellinikon è finito nella lista degli assetda privatizzare per fare cassa e a fine aprile sonoscaduti i termini per le offerte internazionali. Il problema è che l’area non è vuota: tra le piste in disuso e gli hangar arrugginiti sono ancoraattivi impianti sportivi, uffici comunali, depositidei tram e dei mezzi pubblici, addirittura unatorre di controllo ancora attiva. Dove dovrebberotrasferirsi non è dato sapere, ma nel frattempo la società creata ad hoc per la privatizzazione ha già recapitato le lettere di “sfratto”. Me le mostra, nel suo ufficio a due passi dagli ex hangar Alitalia, Fereniki Vatavali, architettodell’ufficio urbanistica del Comune di Helliniko.«Vedi, qui dicono che entro fine aprile avremmodovuto andarcene, noi e gli altri servizi chesorgono nell’area dell’aeroporto. Andare dove,però, non ce lo dicono».

Lo Stato greco, pressato dai creditori internazionali, spera di ricavare qualchemiliardo dalla concessione dell’area, ma le comunità locali non hanno intenzione di mollare un centimetro. «Questo è terreno pubblico, della gente, e noi non lo lasciamo. Il Governo ha appena passato una legge per cui nel progetto di sviluppoimmobiliare non è previsto un limite all’edificabilità, ma ci rendiamo conto? Qua noivogliamo un parco, perché Atene è una delle città europee con il minor tasso di verdepro capite. Abbiamo anche presentato un progetto con il Politecnico». La pensano così anche tanti altri cittadini delle municipalità interessate, che perquesto hanno cominciato a occupare gli spazi dell’aeroporto a modo loro: piantandoolivi. In una sola domenica di fine aprile ne hanno messi a terra più di mille. E cominciando a coltivare i terreni. «Con l’aiuto dei Comuni di Helliniko e Argiroupoli– spiega Elena Vala, un architetto che ha studiato in Italia – abbiamo creato Agros,un progetto di orti autogestiti, che abbiamo installato occupando alcuni lottidell’area dell’aeroporto. È un modo per ribadire che la terra è nostra, non degli speculatori. Fra pochi giorni avremo i pomodori: sono buonissimi». F.S.

UN AEROPORTO AMBITO: VILLE O ORTI?Un giovane su due, tra i 15e i 24 anni, è disoccupato.Le famiglie hanno cominciatoad andarsene dal Paese o a tornare verso le campagne,dove le condizioni di vitasono meno difficili

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| internazionale | osservatorio medio oriente/Cipro |

Al largo delle sue coste Afrodite, ladea greca dell’amore, bella e bion-da come l’ha rappresentata Botti-

celli, sarebbe nata da una conchiglia fe-condata dalla spuma del mare. Ai giorninostri, invece, nelle acque territoriali ci-priote si stanno profilando problemi benpiù gravi di quelli che la dea adultera pro-vocava agli umani. Nel difficile, ma fred-do, contrasto tra Grecia e Turchia per ilcontrollo di Cipro è ora arrivato un mo-stro marino biblico che sta facendo salirela temperatura. Si tratta di Leviathan, ilgiacimento più importante di gas natura-le scoperto negli ultimi dieci anni, che staulteriormente surriscaldando anche irapporti tra Libano, Israele, Palestina,Egitto e Siria. Una vera e propria bombacollocata sotto il mare su cui si affacciano

tutti questi Paesi, che se ne contendono losfruttamento con la partecipazione deigrandi alleati internazionali, al momentoUsa, Russia e Regno Unito. Un mostroenergetico che minaccia di aggravare ledolorose situazioni insolute dell’area: pri-me tra tutte l’occupazione della Palestinae la divisione in due del territorio cipriota.

Un pezzo di Asia in EuropaCipro è il punto più meridionale e piùorientale dell’Unione europea, anche segeograficamente appartiene all’Asia. Lesue coste distano appena 70 km dalla Tur-chia, 100 dal Libano e dalla Siria, 500 dall’E-gitto. È un paradiso fiscale non più sullablack list, ma business-friendly: “acco-gliente” dal punto di vista fiscale, con unadelle più basse tassazioni d’Europa.

Dopo essere stata, fino al 1960, una co-lonia britannica, l’isola mediterranea dal-la forma di un “basso elettrico”, a causadell’occupazione militare della Turchia,dal 1974 è divisa in due zone da una lineaverde, che è un muro a tutti gli effetti,con sette check point da attraversarepresentando il passaporto (vedi ).

Una guerra fredda nel Mediterraneolevantino, tra spiagge assolate, castellidei templari e bastioni della Serenissima,dove la quotidianità sembra un libro dispionaggio di Graham Green, con i taxistiche sostituiscono la targa al taxi per po-ter circolare senza problemi nella zonaopposta e con le Nazioni Unite che han-no la loro base nell’ex albergo Ledra pala-ce di Nicosia. Circa il 59% della superficiedell’isola è della Repubblica di Cipro;

BOX

Intrigo internazionalenel Mediterraneo levantinodi Paola Baiocchi

Dal 1° luglio Cipro sarà presidente di turno dell’Unione europea. Nell’isola di Afrodite, divisa da 38 anni da un muro, la “guerra fredda” si sta scaldando. Per colpa di Leviathan, il giacimento offshore di gas naturale da 453 miliardidi metri cubi, che sta ridisegnando le intese nel Bacino di Levante

DA SEMPRE CONTESAControllata da Genova e a lungo da Venezia, Cipro nel 1571 venne occupatadagli ottomani. Ex colonia britannica, è diventata indipendente dal 1960, dopoanni di resistenza al dominio britannico. L’isola è contesa tra Turchia e Grecia,con tensioni tra la maggioranza greco-cipriota e la minoranza turco-cipriotache negli anni Sessanta sono scoppiate frequentemente, soprattutto, nellacapitale Nicosia, tanto che dal 1964 vi vengono schierati i caschi blu dell’Onu.Nel 1974 un tentativo di colpo di Stato organizzato dal governo dei colonnelli,conduce la Grecia a un passo dalla guerra con la Turchia, accelerando allostesso tempo la fine del regime militare greco. La Turchia risponde conun’occupazione militare nella zona Nord dell’isola, arrivando a controllarnepiù di un terzo; centottantamila cittadini greco-ciprioti vengono trasferitinella parte meridionale dell’isola, sotto il controllo della Repubblica di Cipro,mentre lo Stato Federato Turco di Cipro diviene de facto sovrano nel Nord,con Rauf Denkta presidente. È Denkta che nel novembre 1983 proclama la Repubblica Turca di Cipro Nord (Küzey Kıbrıs Türk Cumhuriyeti).

L’unilaterale dichiarazione d’indipendenza è stata condannata da successiverisoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (541/1983,550/1984); la Rtcn, riconosciuta soltanto dalla Turchia, è isolata sul pianoeconomico, politico e diplomatico dalla comunità internazionale.Dal 1° maggio 2004 l’isola ha aderito alla Comunità europea, anche se la piattaforma comune di diritti e doveri è sospesa nelle zoneamministrate dalla Rtcn, i diritti comunitari si applicano anche a queicittadini turco-ciprioti che possono dimostrare di provenire dallaRepubblica di Cipro.L’elezione nel 2008 di Dimitris Christofias è stata di stimolo per la ripresadei negoziati per l’unificazione. La trattativa è ora in stallo a causa delletensioni internazionali per le ricerche di giacimenti offshore di gasnaturale. Dal 1° gennaio 2008 Cipro ha adottato l’euro.Nel giugno 2010 Benedetto XVI è stato il primo Papa a visitare l’isola, e nell’occasione, sottolineando la vicinanza fisica tra i due Paesi, ha dichiarato: «È urgente che la Comunità internazionale intervenga per porrefine alle tensioni in Terra Santa, prima che si arrivi a un bagno di sangue».

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mentre la Repubblica turca di Cipro delNord copre circa il 36% della superficiedell’isola. Il restante 5% del territorio èdel Regno Unito che, dopo l’indipenden-za, ha mantenuto la sovranità su 254 kmquadrati occupati da due basi militari,con 7.500 soldati e circa 7.000 civili che vilavorano. Le due basi militari britanni-che (c’è bisogno di dirlo?) sono collocatestrategicamente una a cavallo della lineaverde nella zona Nord (Dhekelia) e unanella zona Sud dell’isola (Akrotiri).

Negoziati fermi, esplorazioni a pieno regimeLe trattative internazionali su Ciprohanno visto in passato qualche momen-to di speranza: nel 2008 l’elezione del pre-sidente Dimitris Christofias, esponentedel Partito progressista dei lavoratori(Akel) di stampo marxista leninista, cheha frequentato la scuola quadri nell’U-nione Sovietica degli anni ’70, aveva fat-to parlare di una possibile “caduta delmuro” cipriota.

Ma i negoziati attualmente sono installo: Ban Ki-moon, il segretario generaledelle Nazioni Unite, il 21 aprile ha cancel-lato la conferenza che doveva promuove-re una road map per la soluzione negozia-le della controversia tra Turchia e Cipro.

Il semestre cipriota di presidenza del-la Ue e le elezioni presidenziali nel feb-braio del 2013 che Christofias potrebbenon aggiudicarsi, sarebbero già dei moti-vi sufficienti per prendere tempo.

Se non ci fossero anche gli accordi disfruttamento di Leviathan che la Re-pubblica di Cipro ha firmato con Israele,con progetti di approvvigionamento del-l’Europa tramite gasdotti che escludonola Turchia; mentre la parte turco-ciprio-ta ne ha sottoscritti altrettanti con l’E-gitto, cominciando una serie di esplora-zioni scortate da navi militari.

Tutti vogliono esserciLe ricerche avviate nel 2009 nel Mediter-raneo orientale dalla compagnia statu-nitense Noble energy con i partner israe-liani Delek energy, Drilling Lp, Avner oil& gas Ltd e Ratio oil exploration hannolocalizzato 14 siti con riserve pari al dop-pio di quelle a disposizione del Regno

Unito nel Mare del Nord. L’intero Bacinodel Levante, secondo lo Us Geologicalsurvey, vanterebbe giacimenti da 453miliardi di metri cubi di gas naturale e 1,7miliardi di barili di petrolio.

In un mondo che vorremmo esistesse,queste riserve basterebbero ad assicuraresviluppo e benessere per tutti i Paesi del-l’area. Ma sul loro sfruttamento non c’è ac-cordo, anche perché né Ankara né TelAviv hanno mai ratificato la Unclos, laConvenzione delle Nazioni Unite sul dirit-to marino, che stabilisce un limite di 200miglia dalla costa in cui le nazioni possonosfruttare le acque internazionali.

Israele e Cipro, che distano appena260 miglia marine, hanno stabilito una li-nea mediana; la stessa soluzione non èpossibile tra Libano e Israele, che hannouna controversia in corso sui confini ter-restri. Difficile anche l’intesa tra Libanoe Turchia, mentre nei confronti dellastriscia di Gaza il governo israeliano hastabilito unilateralmente entro quali li-miti potrebbe approvvigionarsi.

La possibilità che Nicosia e Tel Aviv sitrasformino da importatori a esportatoridi energia e siano gli snodi di una rete cheservirebbe sia l’Asia che l’Europa, è un ce-rino acceso in una zona che non ha anco-ra finito di bruciare. Molti hanno deciso dinon stare solo a guardare: secondo Natu-ral Gas Europe, anche Gazprom sta cer-cando un ruolo nello sviluppo dei giaci-menti nel mare fra Cipro e Israele: laRussia ha stretto legami con Cipro for-nendo assistenza finanziaria e ha propo-sto a Israele una partnership per l’estra-zione al largo delle coste.

IL PAESE IN CIFRENome: Repubblica di CiproOrdinamento politico: RepubblicapresidenzialeCapitale: NicosiaSuperficie: 9.251 kmq (di cui circa 3.355 kmqdella Repubblica turca di Cipro Nord)Indipendenza: 16 agosto 1960, dal Regno UnitoPopolazione: 1.138.071 (stima luglio 2012), di cui greci 77%; turchi 18%; altri 5% Lingue: greco (lingua ufficiale); turco (linguaufficiale); ingleseReligione: greco ortodossa 78%; musulmana18%; altri 4% (tra questi maroniti e apostoliciarmeni)Moneta: euro (nella Rtcn la lira turca)Alfabetizzazione*: 97,6%Mortalità infantile: 9,05 morti/1.000 natiSperanza di vita alla nascita: 78 anniDisoccupazione: 5,1% **Popolazione sotto la soglia di povertà: ndAttività: servizi 81,3%**; 16,4% industria;2,3% agricolturaPil: $ 25,7 miliardi **Pil pro capite: $ 29.100 **Debito estero: $ 32,61 miliardiSpese militari: 3,8% del Pil (stime 2005)

* popolazione di 15 o più anni in grado di leggeree scrivere** stima 2011

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I GIACIMENTI DEL BACINO DI LEVANTE

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Riserve accertate

Riserve potenziali

Prossime zone di esplorazione

Frontiere marittimeFrontiere marittime contestate

Giacimenti in produzione

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L’uomo non è un ratto di settan-ta chili. E testare sostanze chi-miche sugli animali non ci aiuta

a comprendere il loro impatto sulla sa-lute umana. È questo l’assunto di par-tenza dello Human Toxome Project,un’innovativa ricerca statunitense sullavalutazione del rischio nel campo dellatossicologia, coordinata dal professorThomas Hartung della John HopkinsUniversity e presentata il 15 maggioscorso durante un workshop al Parla-mento europeo, organizzato dall’euro-deputato Vittorio Prodi. «Il settore dellatossicologia – sottolinea il professorHartung – investe tre miliardi di dollariall’anno per regolamentare il commer-cio di sostanze chimiche, che viene sti-mato intorno ai diecimila miliardi di dol-lari». Secondo molti scienziati i metoditradizionali che testano le sostanze chi-miche su animali con metodi in vivo nonsono soltanto eticamente riprovevoli,

ma anche troppo onerosi e inefficienti.Diverse pubblicazioni, anche su rivisteprestigiose come Science e Nature, dimo-strano come negli ultimi vent’anni si sia-no fatti progressi enormi per validare te-st senza l’uso di animali che garantiscanogli stessi standard di sicurezza dei meto-di tradizionali.

Proprio queste considerazioni hannodato il via nel 2007 a Toxicity-21 century,il programma della National Academy ofScience Usa e di altre agenzie governati-ve statunitensi, per sviluppare nuovemetodologie di test sulle più di 80 milasostanze chimiche presenti sul mercato.Secondo il programma, utilizzando labiologia molecolare, la biotecnologia e larobotica, sarà possibile testare più velo-cemente, con minor spesa e in modo piùadeguato, le sostanze chimiche tramiteuna progressiva sostituzione di test suanimali in vivo con test in vitro, cioè in la-boratorio, su cellule umane.

Verso una scienza più etica ed economicaL’Istituto nazionale della salute pubblicaUsa, la Food and Drug Administration(Fda) e un consorzio di aziende private cheincludono multinazionali nel campo dellachimica e della farmacologia, istituti di ri-cerca e aziende non profit stanno scom-mettendo alcuni milioni di dollari sul pro-fessor Hartung e il suo team (basato negliStati Uniti, a Baltimora, e in Europa, a Kon-stanz in Germania) per promuovere lastrategia Toxicity-21 century come rispo-sta agli imperativi etici ed economici. Lavisione condivisa dal consorzio è quella dismuovere i paradigmi tradizionali dellascienza tossicologica verso un approccioin vitro. Per ottenere questo risultato sa-rebbe necessario un investimento nella ri-cerca da fondi pubblici e privati stimato adalmeno 100 milioni di dollari all’anno per iprossimi 10 anni, come sottolineato dallaHumane Society International, tra i pro-

Testare sostanze chimiche sugli animali è eticamente riprovevole ed economicamente inefficiente. Lo sostengonomolti scienziati ed è il concetto alla base di un’innovativa ricerca statunitense presentata a maggio a Bruxelles

di Gaia Angelini

Svelare i rischidelle sostanze chimichesenza test sugli animali

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| internazionale | tossicologia |

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| internazionale |

motori del consorzio. Tale cifra non sem-bra poi così impressionante se si conside-ra che, come cita un articolo su Science dimarzo 2012, negli Usa la valutazione dei ri-schi associati a un singolo pesticida conmetodi tradizionali possono costare aun’azienda più di dieci milioni di dollari ecinque anni di ricerca e all’agenzia gover-nativa di monitoraggio dei risultati scien-tifici più di un milione di dollari. Questo

non sembra efficiente né sostenibile sullungo periodo. Mappare tutti i sentieridella potenziale tossicità di sostanze chi-miche su cellule, geni e proteine umanecon sistemi in vitro è quindi la sfida delloHuman Toxome Project guidato da Har-tung (che è anche stato Direttore di Ec-vam, l’agenzia della Commissione europeasulla promozione della validazione di testalternativi). Pioniera della promozione dei

metodi alternativi è stata in realtà l’Unio-ne europea, che ha introdotto, ad esempio,nel 2009 con la Direttiva cosmetici, il divie-to di test su animali per prodotti cosmeticiall’interno dell’Ue e il divieto di commer-cializzare cosmetici testati su animali inEuropa a partire da marzo 2013 (salvo rin-vii). Inoltre dal 2011 è stato previsto l’ob-bligo generale di utilizzare metodologie ditest senza animali nell’Ue tutte le volteche sia possibile. La necessità di sviluppa-re metodi alternativi senza impiego dianimali riflette quindi anche chiari obbli-ghi legislativi. Fattore chiave per il rag-giungimento di tale fine sono, però, i fi-nanziamenti alla ricerca che potrebberoessere messi a disposizione anche tramiteil futuro programma europeo della ricer-ca 2014-2020 chiamato Horizon 2020. Ingioco ci sono ottanta miliardi di euro dibudget, proposto dalla Commissione Eu-ropea, destinato all’innovazione nel cam-po della tecnologia e della ricerca, alcunidei quali potrebbero essere devoluti allatossicologia senza animali. A Bruxelles ladiscussione è aperta fino al 2013.

1 Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animaliutilizzati a fini scientifici.

LA POSTA IN GIOCO PER LA RICERCAVarrà intorno agli 80 miliardi di euro Horizon2020: il futuro strumento finanziario per laricerca, l’innovazione e la competitività che saràsviluppato in Europa per il periodo 2014-2020.Proposto dalla Commissione europea nelnovembre del 2011, a seguito di una consultazionepubblica che ha collezionato più di duemilacontributi, al momento è in discussione alParlamento e al Consiglio, che prevedono diadottare il testo finale entro la fine del 2013. La proposta della Commissione Europea prevede quattro pilastri: eccellenza scientifica (24,6miliardi di euro, incluso un budget di 13.2 miliardi di euro per il Consiglio di Ricerca Europeo miratoa promuovere ricerca intelligente e innovativa in Europa); leadership industriale (17,9 miliardi di euro per, ad esempio, lo sviluppo di tecnologie industriali, scienza dei materiali, nanotecnologie,biotecnologie); sfide sociali tra cui energie pulite, il trasporto sostenibile, la bio-economia, utilizzodelle risorse naturali, salute e benessere umano; azioni del Joint Research Centre, il servizio di ricerca interno alla Commissione europea (2 miliardi di euro).

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| consumiditerritorio |

zona franca, dovuta agli accordi delNafta. Qui hanno imposto alla mano-dopera, soprattutto femminile, ritmimassacranti e paghe da fame. A CiudadJuarez, tra il 1993 e il 2007, sonostate uccise 430 donne, dopoesser state violentate e or-rendamente torturate; oltre600, invece, sono quelle scom-parse di cui forse non si ritroverà più ilcorpo perché sciolto con l’acido.

Questi omicidi seriali seguono unaprassi orribile e ripetitiva che fa parla-re di riti di iniziazione o di rituali pra-ticati da sette o bande.

Da qualche anno la parola femmi-nicidio si sta diffondendo anche in Ita-lia: ultimamente è partita una campa-gna stampa e una raccolta di firme sulweb, perché il termine entri nell’usocomune e diventi una nuova forma direato. Si parla di femminicidio per gliassassinii che avvengono tra le paretidomestiche oppure sono perpetrati daex mariti o ex fidanzati. I casi sono inaumento: secondo i dati della Casa del-la donna di Bologna, erano state 84 ledonne uccise con queste modalità nel2005, sono state 120 nel 2011.

Barbara Spinelli ha pubblicato nel2008 un libro intitolato proprio Fem-minicidio, dove l’analisi si basa tuttasu una lettura del potere maschile sul-

le donne, ma decontestualizzando iruoli dalla storia e dalla società, comese si trattasse di una condizione im-mutabile. E come se, invece, la relazio-ne uomo-donna non rispecchiasse irapporti di produzione.

«Ci piace essere chiamate femmi-ne? Non tanto», scrive Isabella BossiFedrigotti in un recente articolo sulCorriere della sera. «Probabilmente,perché, magari erroneamente abbia-mo l’impressione di sentire in quel ter-mine una vaga intenzione di svilimen-to, se non di disprezzo. Del resto –sebbene la parola alle nostre orecchie

italiane suoni inevitabilmentepiù nobile – è facile pensare cheneppure gli uomini siano molto

contenti di sentirsi definire ma-schi, sorta di timbro per distin-

guere un capo di bestiame».La parola è riduttiva e ci sembra

riduttivo anche il concetto di fem-minicidio, perché dando una conno-

tazione di genere a un delitto, sipassa dai diritti sociali ai diritti in-dividuali, per cui qualcuno sarà

un po’ più ucciso di un altro. Intro-ducendo forme di reato per “catego-rie”, o per gusti sessuali, si frammentail diritto sottraendolo a chi non rientrain una di quelle caselle alla Linneo.

E ancora: molte uccisioni di donnevengono classificate come delitti pas-sionali, anche quando manca un solidomovente. Potrebbe essere il caso di Me-lania Rea, dice Giovanni Cirillo, che èstato Gip a Teramo, prima di essere spo-stato alla Corte d’Assise di Giulianova.

Con il femminicidio sarebbe anco-ra più facile deviare indagini scottanti.

Più necessari invece i 5.000 i postiche dovrebbero esistere nelle case-rifugio, per le donne che cercano disfuggire ai loro aggressori. Mentre cene sono appena 500 e i fondi a loro de-stinati sono stati clamorosamente di-minuiti.

Femminicidio o guerra civile?Se 120 donne l’anno vi sembrano poche

di Paola Baiocchi

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Il concetto è riduttivo:dai diritti sociali si passaai diritti individuali

Femmicidio è una parola che abbiamo imparato a conoscere dalle as-sociazioni delle donne messicane, che denunciavano la scomparsadelle loro figlie nella zona di Ciudad Juarez. Nella cittadina del Messico

al confine con il Texas, numerose fabbriche manifatturiere – le maquiladoras –veri e propri lager, si sono stabilite sfruttando il regime fiscale agevolato della

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CIBO, OXFAM:ALLIANZ PRIMO SPECULATORE TEDESCO

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altrevoci

ACCESSO ALLA TERRA, LE (DELUDENTI) “LINEE GUIDA”

Il Comitato per la Sicurezza Alimentare della Fao (Food and Agricultural Organization) ha approvato le “linee guida” con le quali si spera di riuscire a regolamentare l’accessoalla terra nel mondo. Si tratta di un documento giudicato«un primo passo essenziale» dalle organizzazioni dellasocietà civile coinvolte nei negoziati, che hanno evidenziatoperò una serie non indifferente di lacune.La prima riguarda la stessa natura giuridica delleguidelines, che saranno adottate solamente su basevolontaria. Uno strumento dunque già debole e chesebbene riconosca il ruolo chiave delle donne, dei contadini,delle comunità di pescatori, dei pastori e dei popoli indigeni,“sorvola” su tutta una serie di questioni spinose. Dal problema dell’accaparramento delle terre (landgrabbing, praticato da numerose grandi industrieinternazionali nel Terzo mondo), alla sicurezza alimentaredelle popolazioni, fino anche all’ambiente e ai diritti umani. Un testo deludente, dunque, che il Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare chiede di implementare al piùpresto, rafforzando soprattutto la tutela dei piccoliproduttori. Altrimenti le “linee guida” potrebbero rivelarsi,paradossalmente, una pericolosa vittoria dell’agroindustria.

[A.BAR.]

ARGENTINA: TORNA PUBBLICALA COMPAGNIA PETROLIFERA YPF

La Ley de reforma del Estado del 18 agosto 1989, volutadall’allora presidente Carlo Menem, ha dato il via a un’ondata di privatizzazioni con la quale l’Argentina ha svenduto i “gioielli di famiglia”, le imprese nazionali,perdendo più di 30 miliardi di dollari. In quegli anni le telecomunicazioni, i trasporti aerei, ferroviari e la compagnia petrolifera Yacimentos Petroliferos Fiscales(Ypf) sono passati dalla mano pubblica al controllo privato,trasformando l’Argentina da Paese esportatore di idrocarburi a indebitato importatore.Con una scelta tanto criticata nei board delle sette sorelledell’oro nero, quanto apprezzata tra i suoi compatrioti, la presidenta Cristina Fernández Kirchner ha proposto unalegge che dichiara di interesse pubblico lo sfruttamentodegli idrocarburi e concederà allo Stato la maggioranza delpacchetto azionario dell’impresa, ritornando in possessodel 51% di quanto ora detiene la spagnola Repsol (57%),senza toccare la parte della holding Petersen e di altriazionisti minori. La maggioranza verrà così ripartita: il 26,01% allo Stato centrale e il 24,99% ai governi localidelle province dove è localizzata la produzione. Ypf, natacome impresa nazionale nel 1922, è la compagnia leadernel settore del gas e del petrolio in Argentina, garantendo il 41% della produzione totale e il 55% della raffinazione.Il costo per l’operazione dovrebbe essere di 18 mila milioni di dollari e dovrebbe passare attraverso una riduzione del valore delle azioni.

[PA.BAI.]

ISRAELE EDIFICA IL QUARTO MUROAI SUOI CONFINI

L’esercito di Israele ha cominciato l’edificazione del quartomuro ai suoi confini: è ora in costruzione una barriera alla frontiera con il Libano, dopo quella in acciaio non ancoraterminata con l’Egitto, dopo il muro lungo la striscia Gaza e quello in Cisgiordania. Lo sbarramento sarà equipaggiato con sistemi di allarme e di controllo e servirà a proteggere i nuovi insediamenti di Metulla dagli spari dei cecchini, fa sapere un portavocemilitare del governo israeliano, che ha anche dichiarato che la decisione per la costruzione del muro è stata presa in collaborazione con l’esercito libanese e con il comando dellamissione Nato Unifil (United nations interim force in Libanon).Israele e il Libano sono formalmente ancora in guerra: dopo il conflitto del 2006 che ha causato 1.200 caduti tra i libanesi e 160 israeliani, non è mai stato raggiunto un accordo di pace, sebbene viga il cessate il fuoco. La barriera correrà per alcuni chilometri lungo il trattoorientale della “Linea blu” segnata nel maggio 2000 dalleNazioni Unite, dopo il ritiro delle forze israeliane al terminedi 22 anni di occupazione del Libano. L’esercito libanese e i peacekeeper della missione Unifilcontribuiranno alla costruzione del muro. Il primo ministroNetanyahu ha annunciato che, non appena terminata la barriera tra Israele ed Egitto, ne verrà edificata un’altra ai confini con la Giordania.

[PA.BAI.]

Nel giorno dell’assemblea generale degli azionisti, Oxfam ha lanciato il proprio duro j’accusenei confronti del colosso delle assicurazioni Allianz, pubblicando uno studio che pone la compagnia bavarese in testa a una speciale, e non virtuosa, classifica degli istituti più attivinelle speculazioni sui beni alimentari primari. Il rapporto – che analizza le dinamiche finanziarie in Germania e non solo – sottolinea come i comportamenti dell’industria finanziaria, nel suo complesso, abbiano accentuato fortementela crescita dei prezzi del cibo, con una conseguente impennata della fame nel mondo. Ciò perché Allianz controlla attraverso le divisioni Allianz Global Investors e Pimco cinque fondi di investimento basati su materie prime, con un patrimonio di 18,4 miliardi di euro. Di questi,6,2 miliardi risultano investiti in prodotti agricoli. «La direzione del gruppo gioca con la vitadelle popolazioni povere nei Paesi in via di sviluppo», ha tuonato il direttore della campagna di Oxfam, Frank Brassel. Da parte sua, la compagnia replica che i prezzi sono decisi piuttostoda altri fattori (sviluppo demografico, cambiamento climatico, colture intensive, crisi politiche). Al secondo posto nella classifica dei grandi speculatori in Germania figura il colosso bancarioDeutsche Bank, con 4,6 miliardi di euro. [A. BAR.]

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| LASTNEWS |

DALL’ITALIA L’IDEA DI UNA CORTE MONDIALE PER L’AMBIENTE

UNA SETTIMANA DI INVESTIMENTI SOSTENIBILI

Il Forum per la Finanza Sostenibile – associazione senzascopo di lucro nata nel 2001 per promuovere la culturadella responsabilità sociale nella pratica degli investimentifinanziari in Italia, che da un mese ha un nuovo presidente,Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr – lancia la “Settimana italiana degli Investimenti Sostenibilie Responsabili (Sri)”. Un’iniziativa già “consolidata” a livello europeo, che per la prima volta si svolge anche nel nostro Paese. Nell’ambito delle iniziative – che si tengono a partire dal 30 maggio a Venezia, Milano, Bologna, Napoli, Bari e si concludono a Roma il 6 giugno – un calendario ricco di incontri, dibattiti, tavole rotonde grazie alle quali si puòtracciare una panoramica trasversale del mercatofinanziario italiano, individuando attraverso quali approccigli investimenti sostenibili e responsabili possono essereconcretamente effettuati dagli operatori del mercato. Contribuiscono all’organizzazione, tra gli altri, l’universitàBocconi di Milano, Bsi Gamma Foundation, l’universitàAldo Moro di Bari e la Federazione autonoma bancariitaliani (Fabi).Per info: www.settimanasri.it

PARADOSSI DA TRENITALIA:IN PALIO CINQUE AUTO

Una società di treni che mette in palio auto. A volerpensar bene, verrebbe da pensare che i pubblicitari di Trenitalia volessero liberare cinque fortunati vincitoridalla sofferenza di dover prendere i suoi convogli menorapidi e confortevoli della media europea (ma in compenso più sporchi e inefficienti). A voler pensarmale, verrebbe da pensare che l’azienda del trasporto su ferro tricolore abbia così poca prospettiva da nonriuscire a svincolarsi dal pensiero dominante, che fadelle quattro ruote ancora il sogno proibito degli italiani.Comunque la vogliate pensare, la notizia è questa: per festeggiare i 100 milioni di viaggiatori, Trenitalia ha indetto un concorso tra tutti i passeggeri dei suoiFrecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca. In chemodo? Semplice. Estraendo a sorte cinque “fantastiche”(come afferma testualmente il sito dell’iniziativa) Fiat500. Sono consentiti gridolini di stupore e moti d’invidiapreventiva pensando a chi vincerà l’ambito premio.«È come se un’azienda che produce occhiali regalasselenti a contatto», denunciano i senatori Ecodem RobertoDella Seta e Francesco Ferrante. In un Paese che conta731 autocarri per chilometro di autostrada e il secondoposto in Europa per densità auto/abitanti (davanti a noisolo il Lussemburgo. Per ovvi motivi. Geografici e fiscali…)di un’ideona del genere se ne sentiva davvero il bisogno.

[EM.IS.]

CANNABIS TERAPEUTICANELLA REGIONE TOSCANA

Il Consiglio regionale della Toscana il 2 maggio scorso ha varato una legge che semplifica e autorizza il trattamentodel dolore con medicinali a base di cannabinoidi. Anche se esiste già una norma nazionale, si tratta della prima leggeregionale dedicata ai derivati della cannabis per usoterapeutico: il suo effetto sarà diminuire i tempi, eliminandoalcune procedure burocratiche per l’acquisizione da partedelle Asl e degli ospedali toscani dei medicinali già in commercio negli Usa e in Europa. Le aziende ospedalierepotranno inserirli nei loro acquisti, senza aumentare i limiti di budget.I cannabinoidi saranno prescritti nei casi necessari dai medici e consegnati dalle farmacie degli ospedali.Potranno essere utilizzati come terapia sostitutiva di altrianalgesici per alleviare i problemi della sclerosi multipla o contro il dolore, la nausea e il vomito provocati dai trattamenti chemioterapici. Più blandi come effetto deglioppio di utilizzati nella cura del dolore, danno anche menoeffetti collaterali e minore dipendenza.Nonostante l’uso dei cannabinoidi sia sperimentato e conosciuto, la legge regionale ha provocato accese reazionida parte del Pdl e dell’Udc che si sono opposte fino all’ultimo.La norma è nata dal confronto con i medici, con leassociazioni di volontariato e con i rappresentanti dei malati.

[PA.BAI.]

La proposta è ambiziosa e meritevole di essere valutata attentamente durante la conferenzaOnu Rio+20 in programma in Brasile a metà giugno: istituire una Corte internazionale per sanzionare i crimini ambientali a livello mondiale. L’idea arriva dall’Icef (International Courtfor Environment Foundation) che da decenni si batte per creare una governance mondialedell’Ambiente e che sul tema ha organizzato un convegno ai Musei capitolini. La strada per centrare l’obiettivo è lunga. Ma è significativo il sostegno che l’iniziativa ha subitoricevuto. Anche da settori inattesi. Favorevoli si sono detti il monsignor Mario Toso, segretariodel Pontificio Consiglio Giustizia e Pace («La Chiesa si batte da tempo perché i beni collettivinon vengano usati in modo indiscriminato ed esclusivo da parte di pochi. Va superata la concezione mercantile nella gestione di beni come acqua ed energia. Ecco perché serve una riforma dell’Onu per avere autorità mondiali pienamente democratiche») e il vicepresidentedella Corte Penale Internazionale, Cuno Tarfusser («Ma bisogna pensare a quale soluzionepotrebbe garantire una tutela ambientale davvero efficace»).

[EM.IS.]

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La cooperativa Opera in Fiore, ormai da anni, si occupa soprattutto della coltivazione di fiorie piante con i detenuti del carcere milanese di Opera, il più grande d’Italia. L’ultimo nato fra i tanti progetti – scaturito da un’idea della presidente Federica Della Casa e della sociaElisabetta Ponzone – già dal nome, “Borseggi”, richiama con una certa autoironia il difficiletema della riabilitazione di chi ha avuto problemi con la giustizia. E i fiori rimangono il filoconduttore: sono proprio i loro colori vivaci, infatti, a spiccare sui tessuti delle borseprodotte dai detenuti. Si è cominciato nel carcere di San Vittore insieme alla cooperativaAlice e, da poco, è stato aperto anche un piccolo laboratorio all’interno del carcere di Opera.«Siamo all’inizio: la prima uscita è stata a “Fa’ la cosa giusta!” (a fine marzo, ndr)», spiegaFederica Della Casa. Ora la cooperativa è alla ricerca di collaborazioni con negozi e boutiqueesterne, con l’obiettivo di ampliare il più possibile l’esperienza, in modo da offrireopportunità di inserimento a un numero sempre maggiore di detenuti.www.borseggi.it

A OPERA I “BORSEGGI” DIVENTANO CREATIVI

TAIVÉ, CONTRO I PREGIUDIZI SI RIPARTE DALLE DONNE

Come contrastare i pregiudizi, così diffusi e radicati, suirom? La risposta di Taivé è pragmatica: dimostrare coi fattiche ne esistono tanti che sono molto diversi dagli stereotipi.Taivé è un progetto di Caritas Ambrosiana, che ormai daquindici anni segue da vicino il campo nomadi di via Novaraa Milano. Due anni fa ha avviato i primi corsi di formazioneper donne rom, arrivando poi ad affidare a loro (affiancateda alcune volontarie) un laboratorio di stireria e sartoria e un piccolo negozio in centro a Milano. Gli abitanti del quartiere, italiani e stranieri, si trovano dunque giornodopo giorno a conoscere donne rom che lavorano con un contratto regolare. «I clienti – spiega una delle duecoordinatrici, Matilde Bornati – spesso non si domandanonemmeno di che etnia siano le persone che gestiscono il negozio». Un segnale su piccola scala: il progetto è pensato per otto lavoratrici che hanno un contratto di 15 ore settimanali (tre al giorno) e serve soprattutto come“trampolino di lancio” verso opportunità occupazionali più stabili. Ma è proprio a piccoli passi che si conquistal’integrazione. mailto: [email protected]@caritasambrosiana.it

A TERRA FUTURAL’ALLESTIMENTO È SOLIDALE

Una fiera come Terra Futura, che riunisce a Firenzeistituzioni, aziende e realtà della società civile impegnateper uno stile di vita più sostenibile, non poteva certotrascurare il lato dell’allestimento. Da anni, infatti, si appoggia a Promolavoro, una cooperativa sociale pisanadi tipo B che costruisce percorsi mirati per personesegnalate dai servizi sociali o provenienti da situazioni di “nuova povertà”: «Una categoria che negli ultimi annipurtroppo si è ampliata molto», commenta la referenteBeatrice Roberti. Si parte da un periodo di tutoraggio sottola guida di educatori esperti, per poi fornire un’opportunitàoccupazionale che in alcuni casi si è stabilizzata, finoall’ingresso vero e proprio nella cooperativa. Promolavorosi è specializzata proprio negli allestimenti fieristici, con un occhio di riguardo per gli appuntamenti che hannocome tema le buone pratiche o la salvaguardia del territorio: oltre a Terra Futura, ha lavorato anche per il Meeting Antirazzista di Cecina, la Fiera del commercioequo e solidale di Genova e diverse fiere dedicate alle energie rinnovabili.www.promolavoro.org

ANCONA, ALLA RISCOPERTADELLE TRADIZIONI DEL MARE

Le recinzioni, costruite per motivi di sicurezza, che impedivano di avvicinarsi al mare; le difficoltàeconomiche patite dai piccoli negozi locali. Tanti elementiche facevano sì che i cittadini di Ancona rischiassero, con l’andare del tempo, di veder svanire il legame col portodella propria città. A cercare una soluzione è stata la cooperativa sociale Zanzibar, che conta 75 soci (24 deiquali appartengono alle cosiddette categoriesvantaggiate). Questa realtà, partendo proprio dalrecupero di uno spazio commerciale a rischio chiusura,nel mese di ottobre del 2010 ha inaugurato un progettonuovo: l’Aula del Mare, uno spazio polifunzionale che miraa diventare un vero e proprio Centro di educazioneambientale. Per ora è teatro di incontri formativi (una quarantina solo quest’anno, soprattutto con le scuoleelementari e medie), congressi e presentazioni di libri.«Per l’estate – spiega Vittorio Sergi, che lavora nel settoredella ricerca – stiamo allestendo una mostra semi-permanente che vorrebbe essere di stimolo per costruireil Museo del Mare, di cui si parla da tanto. Ci stannoarrivando moltissime donazioni di oggetti tradizionali: lo scopo è quello di ripercorrere la storia della civiltàmarinara locale dell’ultimo secolo». Un’esperienza che è stata raccontata anche a Firenze, in occasione di Terra Futura. www.coopzanzibar.it

| TERRAFUTURA |

a cura di Valentina Neri | per segnalazioni scrivete a [email protected]

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| ECONOMIAEFINANZA |

a cura di Michele Mancino | per segnalazioni scrivete a [email protected]

Andrea BizzocchiNon prendeteci per il PIL!

Terra Nuova Edizioni,2012

Il consumismo con le sue offerte luccicanti è una prigione e la crescita economica è contro l’uomo e il Pianeta. La chiave per uscire da questa situazione è relativamente semplice: smettere di competere e iniziare a cooperare, collaborare e condividere. Al posto del consumo delle merci chealimenta la crescita del Pil (Prodotto interno lordo), bisogna scegliere uno stile di vita sobrio cherimetta al centro l’importanza dei beni. Non occorre lottare contro il sistema perché altrimenti lo si rafforza, ma fare «scelte “altre” e quindi vivere diversamente, non preoccupandosi del sistema».Non si tratta di cambiare il mondo, bensì di cambiare noi stessi, perché è grazie alle scelte personaliche si può creare un nuovo modello. Come si comincia? Iniziando a «fare a meno» di qualcosa,diminuendo così la dipendenza dal sistema. La paura è il solo grande ostacolo al cambiamento, ma se le persone avranno più fiducia nella vita che nell’economia, allora un’altra vita sarà possibile.

VIVERE BENE E SENZA PIL SI PUÒ

LA MODERNITÀ E IL SACCHEGGIODEL PIANETA

Nella lotta per la modernità, il capitalismo industrialeglobale mostra i suoi estremi: da una parte c’è chiconsidera la natura come qualcosa da spremere,posizione che scatena le guerre per l’accaparramentodelle risorse; dall’altra c’è chi sostiene una protezionetotale e romantica nei confronti dei beni naturali, intesi come valore assoluto, posizione che porta al rifiutodella modernità.C’è una terza posizione, però, che non sbarra la strada al progresso e cerca di modularlo partendo da un senso di responsabilità nei confronti delle generazioni future.Nei Paesi poveri la minaccia di un’implosione del sistemaè più evidente, poiché sono il campo di battaglia dove si confrontano i due estremi: lo sfruttamentoindiscriminato delle risorse naturali può essereun’opportunità di riscatto veloce, ma con effetti nefastiper il resto del mondo. Il problema, dunque, non è solopreservare la natura e i suoi beni, ma imparare a utilizzarlie a goderne in un modo che non sia negativo perl’umanità e per il Pianeta.

Paul CollierIl sacco del pianeta

Laterza, 2012

ANCHE IL PIZZO HA UNA LOGICA

Un modo per sfuggire alla responsabilità personale è annacquarla nel qualunquismo. «Tutti rubano» è, ad esempio, un’affermazione usata dalla politica e dall’economia corrotte della Prima e anche dellaSeconda Repubblica per giustificare pesantiresponsabilità personali. Come a dire che, siccome lo fanno tutti, chiunque è legittimato a farlo, nonostanteesistano delle leggi che vietano certi comportamenti.Per inquadrare la questione però bisogna evitare di riportare il tutto a un semplicistico moralismo. Pagare il pizzo, infatti, non solo non è morale, ma non è neanche conveniente. Quando scoppiò lo scandalo di Tangentopoli, qualcuno sostenne che il sistemaimprenditoriale italiano non era più in grado di reggerequella pressione economica e perciò la corruzione non era vantaggiosa. A sostegno della sua tesi, l’autorescomoda le principali idee della filosofia politicacontemporanea, dall’estremismo libertario di DavidFriedman alle posizioni assai più liberal di Amartya Sen,fino alla teoria dei giochi di Robert Aumann. Anche il pizzo ha una sua logica.

Armando MassarentiPerché pagare le tangenti è razionale ma non vi conviene

Guanda, 2012

IL MERCATO DA SOLO NON BASTA

In questo tempo c’è una sola domanda che rimbalza in continuazione: come si esce dalla crisi? La risposta è urgente, ma l’errore più grave sarebbe quello di riproporre la stessa via che ha condotto a questasituazione. Ciò significa che la teoria economica classicasecondo cui il mercato, lasciato a se stesso, è fattore di equilibrio, è inutile ai fini di una soluzione. L’autoreriparte dagli “eretici” che, prima e dopo i neoclassici,hanno formulato teorie alternative. Al di qua deitecnicismi, affidandosi solo alla potenza del linguaggiocomune, recupera attraverso tre parole emblematiche – conflitto, crisi e incertezza – la riflessione criticadi coloro che per primi le hanno poste al centro di un’analisi economica lungimirante e attualissima:Ricardo, Marx, Keynes e Sraffa. Senza di lorocontinueremmo a credere che la crisi sia soltanto un perturbamento casuale, e che conoscenzastorica e dimensione politica interferiscano comeelementi spuri nella purezza delle cifre.

Giorgio Lunghini,Conflitto crisi incertezza

Bollati Boringhieri, 2012

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| bancor |

espresso nelle ultime settimane in va-rie parti d’Europa sulla gestione dellacrisi della finanza e dell’economia daparte delle istituzioni centrali, l’ideastessa di confederazione europea, pen-sata all’indomani del secondo conflittomondiale e materializzatasi a inizio se-colo con la nascita della moneta unica,pare a rischio.

In Gran Bretagna, in Francia e anchein Italia i partiti che chiedono un’ideadiversa di Europa ricevono molti piùconsensi dei partiti dell’establishment.Ad Atene due elettori su tre hanno boc-ciato le politiche di austerity che giova-no nei fatti più a Berlino che al resto dei17 Paesi che usano l’euro e più ai poteriforti che alla stragrande maggioranzadella comunità. In Olanda, Irlanda emolti altri Paesi opinione diffusa è chequesta politica sia sbagliata.

L’antipolitica – che in Italia vuol direanche no alla corruzione, agli sprechi ealla criminalità – in Europa vuol dire noalle lobby e sì a un sistema economicopiù equo e, per questo, più stabile. Diriforma del sistema bancario ne ha par-lato a Londra persino la regina Elisabet-ta, impegnando il suo governo alle con-clusioni della Commissione Vickers, cheha suggerito, oltre all’introduzione dicoefficienti di patrimonializzazione benpiù alti di quelli di Basilea, la frammen-

tazione del settore bancario in impreseche possono raccogliere depositi – e fareprestiti ad aziende e famiglie, unico verovolano per la crescita – e imprese che ge-stirebbero nei mercati la liquidità deiprivati e dei propri azionisti. Soluzionequesta avversa a gran parte dell’establis -hment europeo. La City d’altra parte giu-dica negativamente ormai da tempo ilrapporto delle istituzioni europee neiconfronti della moneta unica e dellebanche continentali e questo complicala stabilizzazione del settore, come di-mostra il fallimento dell’Ecofin di iniziomaggio, quando gli interessi nazionali,in primis quelli di Francia e Germania,hanno prodotto l’ennesimo compro-messo mancato.

In America ormai si guarda solo aun grafico, quello prodotto dagli anali-

sti di JP Morgan sulla base di un centi-naio di indici di classificazione econo-mica tra Paesi vicini per tradizione earea geografica: ebbene, i 12 Paesi piùrilevanti della zona euro mostrano ilpiù basso indice di compatibilità eco-nomica di qualsiasi altro gruppo diPaesi che aderisse a ipotetiche unionimonetarie, dall’America Latina al Com-monwealth, dai Paesi del Golfo alle ti-gri asiatiche. I “fatti” mostrano che ilproblema dell’euro non è solo di squili-brio fiscale, ma principalmente di squi-librio commerciale, dovuto alle enormidifferenze culturali, sociali e politichedei Paesi membri.

I “fatti, non le opinioni”, come ebbe afar incidere il celebre ingegnere scozze-se Kirkaldy sulla porta del suo laborato-rio-museo di Southwark Street, propriodi fronte alla City, dove sperimentava glieffetti degli stress sulle proprietà tensi-li dei materiali. Così come l’ennesimascommessa sbagliata proprio di JP Mor-gan nel proprietary trading, all’originedi una perdita netta di due, forse tre mi-liardi di dollari in poche settimane (tan-to quanto l’utile generato dalla divisio-ne retail in tutto il primo trimestredell’anno), mostra l’urgente necessità diquella riforma strutturale del sistemabancario, ad oggi, ancora sulla carta.

[email protected]

Europa incompatibileI fatti e le opinioni

dal cuore della City Luca Martino

Nel compiacersi con il governo di Berlino Est per la repressione deimoti del ’53, Bertolt Brecht, nel suo spirito volutamente provocato-rio e contraddittorio, ebbe a chiedersi se «però a quel punto non sia

più facile per un governo sciogliere lui il suo popolo ed eleggerne un altro»piuttosto che il contrario. Stando al giudizio che, invece, gli elettori hanno

I cittadini europei chiedono a gran voce scelte diverse e profonde riforme

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| action! |

L’AZIONE IN VETRINA ENI

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Il rendimento in Borsa di ENI negli ultimi dodici mesi (-5,12%), confrontato con l’indice Eurostoxx 50 (in arancio, -23,05%)

Più di 30 domande inviate via posta(alle quali la società ha risposto pub-blicamente online), altre 10 sottopo-

ste in assemblea, mentre oltre tremila per-sone erano collegate in diretta twitter. Èquesto il bilancio dell’azionariato critico pro-mosso dalla Fondazione Culturale Responsa-bilità Etica (Fcre) all’assemblea 2012 di Eni,che si è tenuta l’8 maggio scorso a Roma. «Ab-biamo chiesto maggiore trasparenza sulle remunerazioni dei manager», ha dichiaratoAndrea Baranes, presidente della Fondazio-ne. «Gli indicatori utilizzati per determinare icompensi non sono chiari: nel 2011 sono staticorrisposti all’ad Paolo Scaroni 5,884 milionidi euro, il 33% in più rispetto al 2010, ma l’uti-le netto è cresciuto solo dell’1,5%. Come sispiega questa differenza?». «Molte delle no-stre domande hanno ricevuto risposta, altresolo indicazioni generiche», continua Bara-nes. «Per questo abbiamo votato contro ilpiano che fissa i compensi dei manager». Ildialogo con Eni su questo e su altri temi con-tinuerà, come ogni anno, in una serie di in-contri con il management della società. Il pri-mo è previsto per gli inizi di luglio.

Superstipendi Eni nel mirino di Fcre

a cura di Mauro Meggiolaro

ENI.MI 16,109 dic 2011: ^STOXX50E 2288,05

2011 Lug Ago Set Ott Nov Dic 2012 Feb Mar Apr Mag

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Sede Roma Borsa FTSE-MIB, NYSE Rendimento negli ultimi 12 mesi -5,12%.Attività L’Eni è un’azienda creata dallo Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di EnricoMattei. Convertita in società per azioni nel 1992. Successivamente lo Stato italiano ha venduto in cinque fasi parteconsistente del capitale azionario, dal 1995 al 2001, conservandone una quota superiore al 30% e detenendo il controllo effettivo della società. L’Eni è attiva nei settori del petrolio, del gas naturale, della petrolchimica, della generazione e produzione di energia elettrica e dell’ingegneria e costruzioni.Azionisti Principali azionisti: Cassa Depositi e Prestiti (26,37%), Ministero dell’Economia e delle Finanze (3,93%), Eni (azioni proprie, 7,51%), Blackrock (2,681%), Intesa Sanpaolo (2,659%), BNP Paribas (2,285%). Perché interessa agli azionisti responsabili? Negli ultimi anni Eni è stata nel mirino degli azionisti critici per il progetto di sfruttamento delle sabbie bituminose in Congo-B, per il gas flaring in Nigeria e l’inquinamentodel Delta del Niger e, ultimamente, per la scarsa trasparenza nel calcolo delle remunerazioni dei manager.

ENI www.eni.com

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Ricavi [Miliardi di dollari] 83,227 98,523 Utile [Miliardi di dollari] 4,367 6,32Numero dipendenti 69.369

2009 2010 2009 2010

Sede Padova Tipo di società Fondazione creata nel 2003 da Banca Etica. Si propone come riferimento culturale e operativo nel campo della finanza etica. Promuove una serie di attività: azionariato critico, Terra Futura (mostra-convegno sullebuone prassi di sostenibilità), Progetto Gjusti (green jobs), campagne e iniziative sull’uso responsabile del denaro. Asset rappresentati -L’azione su Enel ed Eni Nel 2007 la Fondazione Culturale (Fcre) ha acquistato azioni di Enel ed Eni per «portare la voce della società civile e dei movimenti del Sud del mondo nelle assemblee delle più importanti societàitaliane». Nel 2012 l’azione della Fondazione su Eni ed Enel si è concentrata sulle superpaghe dei manager delle due imprese. La Fondazione ha votato contro i piani di remunerazione presentati in assemblea. Altre iniziative Dal 2008, con l’aiuto di Crbm, Greenpeace e Amnesty, Fcre porta all’attenzione del managementEni ed Enel questioni relative all’impatto ambientale delle due società: gas flaring in Nigeria e sabbie bituminosein Congo-B per Eni, costruzione di grandi dighe in America Latina e investimenti in centrali nucleari per Enel.

Fondazione Culturale Responsabilità Etica www.fcre.it

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| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

I nostri cento passiDa 0 a 100, Valori ha cambiato faccia, ma non la sua missione: raccontare un’economia diversa

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CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 100. Giugno 2012.€ 4,00

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Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Finanza mafiosaStrumenti creativi per ripulire i tesori della criminalità organizzataFinanza > Nuove bolle immobiliari pronte a scoppiare: la crisi del mattone non è finita Economia solidale > La guerra non è un buon investimento, l’istruzione conviene di piùInternazionale > Grecia fuori dall’euro. Una bomba che l’Europa avrebbe potuto evitare

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Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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