Mensile Valori n. 99 2012

39
Cooperativa Editoriale Etica Anno 12 numero 99. Maggio 2012. € 4,00 Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità CHRISTIAN SINIBALDI / EYEVINE / CONTRASTO Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento Contiene I.R. Social business Amicizie a peso d’oro. Facebook in Borsa varrà 100 volte i suoi profitti Finanza > Gli scandali dei fornitori cinesi non scalfiscono Apple. La corsa continua Economia solidale > La Tav come un bancomat. E nella montagna spunta l’uranio Internazionale > La partita delle elezioni Usa si gioca sul campo della finanza

description

Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità

Transcript of Mensile Valori n. 99 2012

Page 1: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 99. Maggio 2012.€ 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

CH

RIS

TIA

N S

INIB

ALD

I / E

YE

VIN

E /

CO

NT

RA

ST

O

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Social businessAmicizie a peso d’oro. Facebook in Borsa varrà 100 volte i suoi profitti

Finanza > Gli scandali dei fornitori cinesi non scalfiscono Apple. La corsa continuaEconomia solidale > La Tav come un bancomat. E nella montagna spunta l’uranioInternazionale > La partita delle elezioni Usa si gioca sul campo della finanza

Page 2: Mensile Valori n. 99 2012

| 2 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 3 |

e ricerche che vengono condotte sul funzionamento delle marche aziendali hanno da tempomesso in evidenza come le imprese che sono in grado di ottenere un maggior successo sul mercato siano quelle che sanno trasformare le loro marche in veri e propri centri di relazioni sociali. La capacità di una marca di generare valore economico dipende infatti oggisoprattutto dalle relazioni che tale marca riesce a creare e gestire nel tempo. Si spiega cosìperché le marche, anziché cercare di imporsi, tentano di manifestare chiaramente la lorovolontà di cooperare con gli individui per aiutarli a costruire la loro identità. Si fanno percepire cioè come degli amici fraterni dei quali ci si può fidare. Se ciò è vero per le marche in generale, a maggior ragione lo è per le marche che sono attivenell’ambito dei social network, che fondano il loro business proprio sulla costruzione delle relazioni sociali. Che cioè non soltanto, come tutte le marche, operano dando vita a delle relazioni, ma aiutano anche le altre marche a costruire le loro relazioni. Facebook,com’è noto, è l’azienda leader tra tutti i social network e il suo elevato valore economicoodierno dipende chiaramente dal quasi miliardo di persone che mette in collegamento per le altre marche. Ma questi fenomeni comportano per la società un prezzo molto elevato da pagare e cioè che lo spazio privato tende progressivamente a scomparire. Tutto quello che ogni personamette su Facebook diventa inevitabilmente pubblico, che lo voglia o no, perché si trasformarapidamente in una informazione sui gusti di questa persona, che può essere così venduta alle altre imprese, le quali ne hanno un grande bisogno per mirare meglio i loro investimentipubblicitari. Non a caso è stato calcolato che su Facebook un click di un utente vale all’incirca1 dollaro e 3 centesimi.Dunque, è evidente che con i social network il processo di mercificazione della vita delle persone compie un ulteriore passo in avanti. D’altronde, ciò non rappresenta che il risultato del fatto che nelle attuali società la competizione tra le imprese si basa sulle idee e sulle conoscenze e dunque sono queste a generare valore economico. La fabbricatradizionale aveva la necessità di sfruttare la forza lavoro interna, mentre le marche oggiaccumulano valore soprattutto al loro esterno, sfruttando il lavoro quotidianamente svoltodai consumatori e dalla società in generale, cioè quel surplus di innovazioni, idee e creativitàche gli individui producono con i loro comportamenti e con le loro esperienze quotidiane. Ed è dunque in questa vera e propria “fabbrica sociale” che si svolgono i principali processiproduttivi odierni. Il che è reso possibile grazie all’instaurarsi di quel processo di continuamediatizzazione della vita sociale e del consumo che caratterizza le società ipermoderne. Le marche non devono far altro che tentare di operare in qualità di mezzi di comunicazione,cioè come strumenti relazionali, come ambienti autonomi dove i produttori e i consumatoripossono stabilire una connessione reciproca. E da questo punto di vista il ruolo svolto dai social network contemporanei sta diventando oggi estremamente prezioso.

| editoriale |

Facebook:una marca per le marchedi Vanni Codeluppi

L

L’AUTOREVanni CodeluppiNato a Reggio Emilia nel 1958. Insegna Sociologiadei consumi e Comunicazionepubblicitaria alla facoltà diScienze della comunicazionee dell’economia all’universitàdi Modena e Reggio Emilia. Ha insegnato anche nelleuniversità di Urbino, Palermoe allo Iulm di Milano. Tra le suenumerose pubblicazioni: La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degliindividui e della società(Bollati Boringhieri, 2007); Il biocapitalismo. Verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni(Bollati Boringhieri, 2008);Dalla produzione al consumo.Processi di cambiamentodelle società contemporanee(FrancoAngeli, 2010).

Page 3: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 98. Aprile 2012.€ 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

MG

PIC

CIA

RE

LLA

/ R

OP

I-R

EA

/ C

ON

TR

AS

TO

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Economia solareTecnologie avanzate e prezzi in calo. Il fotovoltaico si fa strada

Finanza > Acqua: bene comune. Presente anche negli investimenti dei fondi eticiEconomia solidale > La pummarola made in Italy rischia l‘estinzione. La Cina si fa avantiInternazionale > Elezioni francesi in vista. Hollande gioca l’arma della redistribuzione | ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 97. Marzo 2012.€ 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

OLI

VE

R B

OLC

H /

AN

ZE

NB

ER

GE

R /

CO

NT

RA

ST

O

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Super bolla cineseDopo anni di crescita incontrollata rischia un brutto atterraggio

Finanza > Le armi (finanziarie) di distruzione di massa contro la TtfEconomia solidale > Il modello cooperativo contro la crisi del capitalismoInternazionale > Dopo le sette sorelle del petrolio, nuove società danno forma al mondo

| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 12 numero 99. Maggio 2012.€ 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

CH

RIS

TIA

N S

INIB

ALD

I / E

YE

VIN

E /

CO

NT

RA

ST

O

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Social businessAmicizie a peso d’oro. Facebook in Borsa varrà 100 volte i suoi profitti

Finanza > Gli scandali dei fornitori cinesi non scalfiscono Apple. La corsa continuaEconomia solidale > La Tav come un bancomat. E nella montagna spunta l’uranioInternazionale > La partita delle elezioni Usa si gioca sul campo della finanza

i nostri titoli non sono tossici

ndiamo per esempio il caso delle correzioni di bilancio per svincolarsi dalla trappola delle spirali ndiamo per esempio il caso delle correzioni di bilancio per svincolarsi dalla trappola delle spirali deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare ndiamo per esempio i caso delle correzioni di bilancio per svincolarsi dalla trappola delle spirali n pir disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il

p ndiamo per esempio il caso delle correzioni di bilancio per svincolarsi dalla trappola delle spirali deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare nd amo per esempio caso delle correzioni di bilancio per svincolarsi dalla trappola delle spirali disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il

o pe ese p o c v o d a pp e p deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare pe e p c pp savanzi e debiti; una l economia ritirando supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci savanzi e debiti una econom a rit rando

p disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il

p deficit debito interessi deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il deficit debito nteress def c t e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

i e t e def r n t pp l c mu disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il t d t p p pp p deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare p p pp p disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il

p p pp p deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare p p p supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il deficit-debito-interessi-deficit e ancora debito. Una correzione troppo lenta fa accumulare a correzione più rapi re in ginocchio supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci a correzione più rap re n g nocch o vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

r p p e n supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci r p pp disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il pp supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

pp disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

disavanzi e debiti; una correzione più rapida rischia di mettere in ginocchio l'economia ritirando il supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci h

mento delle tasse. l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

o d e . supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci pporto della domandal breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

pp d asupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci da pubb z vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno neda publ breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

p bvuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne psupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci odo; cioè misure ch come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a odo; c oè m sure ch l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, eve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a eve per odo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole ul breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuo e u

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a v o l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, v o vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

b h manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri eve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a eve per odo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri e pe o cc mp g a odo o mi c come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a p cc p g a o m l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

a ib nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, a b manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l aumento dell età pe o oni significative subito, sono lente a manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come aumento de età pe o oni s gnif cat ve sub to, sono ente a

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, m o e à p i no e te manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri m e à o e p p g come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a p p g

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri p p g come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a p p g

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

nifestare gli effetti, ma d e gibilmente gli squili nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, n festare gl e fet i ma d e g bi mente gli squ l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica n s g f g l e e g sq nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, s g g e manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

d o,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" o nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, e

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, el lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica e ungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" ng p o o Q est p c sm l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica ng p o Q e s g g g q nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, g g g q

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica g g g q nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

troppo la conte nomica oppo cald e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa nomica ppo cald economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa l inciampo della caduta e m on tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nciampo del a caduta e m on tanto a po t ca

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa p de a a e o t n p a economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" p de e p a l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

o freddo , di conciliare gli interessi, di a i dissensi ideologici, di placare la contesa sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. o freddo , d conciliare gli interessi, di a i dissensi ideologici, di placare la contesa quanto la politica ie are fra il tro e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa quanto a pol t ca ie a e ra il tro sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. q an p c f a t o e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa a p p p economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" p

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa p economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo"

overà?

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà?

Di fron pp

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? sociale: interessi, dis e più intensi in tempi di crisi.

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? s ess p ù t e p d cr s g p sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. g p

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi.

ug an Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto D fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? g a un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della g a Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto D ronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

o q s d n a g a à? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto o g a à? ug an Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

g gurio è certamente questo p a a non si riveli effimera qua un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della gur o è certamente questo p a non s veli eff me a qua Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

g r m questo p a o ef er q un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della g uesto p e q q p g L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto q p g un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

q g L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto g Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto

e po freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono e po Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un altra speranza: il pianeta 70 Virginis b e nella costellazione della Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un a tra speranza: pianeta 70 V rgin s ne la coste laz one del a freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

un sper z p a 0 V rg s b a d Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo p p V g a un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su ddo, e quindi potenzialmente a azioni del satellite Hipparcos dimostrarono in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su ddo e quind potenzialmente a azioni del satellite Hipparcos dimostrarono ergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono erg ne; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su g e per o n 1 u to o opp c pp freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono g pe n o op c p p p g Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo p p g

freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono p p g Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su p p Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono p Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

questo che pianeta. troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su questo che su qualche altro pianeta. troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su e abitabile. M del sa in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su e ab tabile del sa questo che su qualche altro pianeta.

t l s in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su l freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

p p supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci p p vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

p p supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci nuove

p p supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne p supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci blica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne b ca o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, c penali vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne pen i nuove blica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, c p nal vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne p n supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci nuovesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci

l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci na soluzione l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, na soluz one

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a u l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, u nuove na soluzione l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a u l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, u vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nenuovevuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, e da credibili come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a e da cred b i

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri e a cred b come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a e a r nuovee da credibili come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri e a c e come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a e l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, nuovel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, nsionabile, no manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nsionab e n

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, n o manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri o nuove ns onab le n manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, n o manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri o come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a nuove come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a pensionabile, no manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri pensionab e no nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri società

, no manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri detti effetti si cu nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, ett ffett si cu

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica et f t cu nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, f u

società t i cu nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica u nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, u manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

societàmanifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri crisi, insomma, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica cr s nsomma,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" , n m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica società cr si, insomma, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" , n m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, società

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, e il rimbalzo dell economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" e l r mba zo de

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa e ba z economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" e b z società e il r m a zo dell economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa z economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" z l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica societàl'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

liare gli interessi sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi.iare g i nteress societàa e li e es sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi.a e i es a vera. Le soluzio e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa a vera. Le so uz sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. v e e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa v società vera. Le soluzio e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. v e e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa v economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo"

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" società economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo"

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nsionabile, no manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nsionab e n

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, n o manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri o nuove ns onab le n manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, n

società no manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri n nuove n manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri n

p Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà?

p

crisi

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà?

tmi e i pa L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto tmi e i pa crisi m e pa L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto m pa Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? crisiDi fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? tmi e i pa L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto tmi e i pa un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

t p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto t p crisi tmi e pa L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

t p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto t e trovata un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della e trovata Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della crisi e trovata un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto p un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto p crisi p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto

trasolare Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo raso are freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

a a e Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo a e crisi traso are Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

a e Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della crisiun'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della é non era freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono é non era in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su

o o crisi non era freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo in seguito che Goldilocks era troppo caldo. Ma forse un giorno troveremo il giusto mezzo, sia su

o o Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono

Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo crisi Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo freddo, e quindi potenzialmente abitabile. Ma le osservazioni del satellite Hipparcos dimostrarono Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

l e supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci e re in ginocchio supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci re n g no ch o vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

e g n supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci economia

o supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci u l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

u economia u l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci a privata con l a vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne a pr vata con a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

p at vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne p economia a pr vata con a vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

p t vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne supporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nesupporto della domanda pubblica o penalizzando la domanda privata con l'aumento delle tasse. Ci rio come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a io economia rio come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a io l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, economial breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, d so tegno ne

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a o eg o l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, eg economia di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a e o l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, e vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno neeconomiavuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno nel breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, vuole una soluzione Goldilocks: misure di sostegno ne

come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a ne nel lungo perio come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a ne ne lungo pe io manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

ne g p o come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a n g p economia ne nel lungo per o come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

g p come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a g p g l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, g come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a

g l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, economia g l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che,

oni significative s manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri oni signif cat ve s nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

iv manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri economia oni significat ve s manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

v manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri g p come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a g p manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

g p come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a p nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a economia g p come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a g p

manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri l breve periodo accompagnate da credibili misure di correzione nel lungo periodo; cioè misure che, come l'aumento dell'età pensionabile, non portano restrizioni significative subito, sono lente a p g manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri g

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, g manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri g

finanza manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, e riducono tang nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, e r ducono tang

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica u g nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, u

finanza e r nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, manifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri

finanzamanifestare gli effetti, ma detti effetti si cumulano nel tempo e riducono tangibilmente gli squilibri nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, era i normali m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica era i norma m

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" a rm m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica r finanza era i normali m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" m l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica g nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, g

l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica g nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo,

economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica finanza

nel lungo periodo.Questa crisi, insomma, non ha visto all'opera i normali meccanismi del ciclo, l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica mato in causa no economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" mato in causa no

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa in c u economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" u finanza mato i causa n economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa i c economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica finanzal'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa l'inciampo della caduta e il rimbalzo della ripresa. Ha chiamato in causa non tanto la politica

sensi ideologic sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. sensi deo ogic finanza sen i ideo ogic sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. se de ogic edono di media e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa edono di med a sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. d o m d e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa d finanza edono d med a e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. d o m d e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa d economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo"

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" finanza economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo"

e il "troppo freddo", di conciliare gli interessi, di affrontare i dissensi ideologici, di placare la contesa economica quanto la politica vera. Le soluzioni Goldilocks richiedono di mediare fra il "troppo caldo" g , sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. g

consumi sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. ssensi e conte

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? en

consumi e

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? g sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi. g

Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? consumi sociale: interessi, dissensi e contese che diventano più intensi in tempi di crisi.

politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto po tica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? consumi politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto o tica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? consumiDi fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto po tica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto o t consumi po tica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto Di fronte a queste sfide la politica ha stentato a trovare i ritmi e i passi adeguati. Li troverà? un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

po ti a t L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto o t o. E la speranza un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della a speran Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

E a a za consumi . E la speranza un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

a za p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto p un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della

p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo

L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto consumi p L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto un'altra speranza: il pianeta "70 Virginis b" è un pianeta extrasolare nella costellazione della L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto

Vergine; scoperto nel 1996 fu battezzato Goldilocks, perché non era né troppo caldo né troppo L'augurio è certamente questo. E la speranza è che la soluzione trovata non si riveli effimera quanto

Per attivare l’abbonamento basta andare sul sito www.valori.it, scaricare il modulo che trovate on line, compilarlo e rispedirlo via e-mail a [email protected] o via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica (02 67479116), allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito).

www.valori.it

| sommario |

CH

RIS

TIA

N S

INIB

ALD

I / E

YE

VIN

E /

CO

NT

RA

ST

O

Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad altovalore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.Involucro in Mater-Bi®

globalvision 7

fotonotizie 8

dossier Social business 14Se Facebook e Wall Street diventano amici 16Pubblicità, giochi, crediti: è l’economia di Facebook 18Le relazioni al tempo dei social network 20L’Eldorado del marketing 22Universo social. Facebook leader indiscusso 24

bandabassotti 27

finanzaeticaApple non paga dazio 28Cooperative. Questione capitale 33Quando “rating” fa rima con “rete” 35Sgonfiamo il pallone del foot-business 36

inumeridellaterra 38

economiasolidaleTav, il buco senza fondo 40Interessi minerari dietro il tunnel? 44Riso, la crisi alle porte dell’isola felice 46Il web in rivolta contro la Coop “anti-liberalizzazioni” 50Buone pratiche. Prestiti alle imprese, i cittadini fanno da garanti 52Terra Futura, il lavoro al centro 54

internazionaleUsa 2012. Nelle urne fisco, debito e lobbisti 56Finanza, sarà l’anno dei primi cambiamenti? 58La scommessa dei nuovi Brics 61Le isole dell’Eden fiscale 64

altrevoci 66

bancor 73

action! 74

Mark Zuckerberg,fondatore di Facebook

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milano

tel. 02.67199099 - fax 02.67479116e-mail [email protected]˜[email protected]

maggio 2012mensilewww.valori.itanno 12 numero 98Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale,Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza,Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa,Federazione Trentina della Cooperazione, Rodrigo Vergara,Circom soc. coop.,Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazionePaolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva ([email protected]), Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Napo Torriani, 29 - 20124 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano,Matteo Cavallito, Corrado Fontana,Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro,Andrea Montella, Valentina Neri grafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)fotografie e illustrazioniGerard Guittot, Stephen Morton - The New York Time,Christian Sinibaldi (Contrasto); Giorgio Perrottino, Bobby Yip (Reuters); Tomaso Marcollaabbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsi carta di creditosul sito www.valori.it sezione come abbonarsiCausale: abbonamento/Rinnovo Valori

bonifico bancarioc/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin ZIban: IT29Z 05018 01600 000000108836della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori + CognomeNome e indirizzo dell’abbonato

bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite,non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

chiusurain stampa: 20 aprile 2012in posta: 27 aprile 2012

Page 4: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 7 |

| globalvision |

cioè un rapido recupero da parte dell’e-conomia del trend pre-crisi, erano inrealtà veramente pochi. Per lo più le pre-visioni ipotizzavano un andamento a“U”. Con questa lettera si descrive un ca-lo a cui segue un rallentamento econo-mico non breve, prima di poter osserva-re una ripresa di una certa consistenza.

La lunghezza del “lato basso dellaU” dipende non tanto dalle autonomee spontanee capacità dei mercati di ri-sollevarsi dalla crisi, quanto dall’effica-cia delle politiche economiche messein atto per contrastarla. L’attuale siste-ma economico mondiale è, dunque, l’e-vidente dimostrazione che “la cura”prescelta per rilanciare l’economia in-ternazionale è clamorosamente fallita.

Da un lato la ricetta americana, cheprevede la priorità della politica mone-taria su quella fiscale. Si è così arrivatial paradosso di affrontare una crisi ge-nerata da un eccesso di liquidità predi-sponendo nuove iniezioni di liquidità,che hanno finito per incoraggiare lepropensioni speculative dei mercati fi-nanziari.

Dall’altro la ricetta europea dell’ “au-sterità”, che, intervenendo sugli effettidella crisi (cioè i debiti, e in particolarequelli pubblici) e non sulle cause (ossiala deregolamentazione dei mercati fi-nanziari e la mancanza di crescita), ha

prodotto un avvitamento quanto maipericoloso (perché non se ne vede la fi-ne!) tra instabilità finanziaria e stagna-zione dell’economia reale.

Così il mondo economico si ritrovaoggi senza una locomotiva: al contra-rio i rischi sempre più seri di rallenta-mento riguardanti gli Stati Uniti e laCina rendono sempre più probabile lospettro di una nuova recessione mon-diale (purtroppo già in atto in Euro-pa). Al punto che l’andamento a “W”della crisi (ossia una ricaduta in reces-sione a cui comunque si presupponeseguirà una ripresa) sembra oggi ilmale minore rispetto a una possibilelettera “L”, cioè che una grave crisi eco-nomica si trasformi in una vera e pro-pria depressione.

Da questo punto di vista l’Italia po-trebbe, purtroppo, essere un esempioconcreto. L’attuale produzione indu-striale è ancora inferiore del 22,1% daivalori massimi pre-crisi (aprile 2008).La realtà, che ha decisamente supera-to le più fosche previsioni, descriveun’economia in rapida contrazione:più si indebolisce e più diventa fragile,creando le condizioni di un ulterioreindebolimento. In definitiva il rischioè quello di un degrado permanente delpotenziale produttivo e più in genera-le economico del Paese.

In conclusione l’evento estremo, al-cuni direbbero il Cigno Nero, ossia unagrave crisi che sfocia in una lunga de-pressione, non deve essere consideratoil risultato eccezionale (cioè straordina-rio e improbabile) di approssimative po-litiche economiche, ma piuttosto il loropunto di partenza. Il rallentamento eco-nomico, che in alcuni casi si è già tra-sformato in recessione, è ormai un datodi fatto: una lunga depressione è “un esi-to possibile” che siamo in grado di evita-re. È a partire da questo evento possibi-le che bisogna interpretare l’attuale crisie pensare alle praticabili vie di uscita.Solo così una svolta, che riguardi le poli-tiche economiche e i modelli di sviluppoche queste intendono perseguire, diven-ta urgente quanto indispensabile.

Dalla V alla LEvitare la depressione

di Alberto BerriniQ uando la crisi subprime, ossia la tempesta finanziaria scoppiata nel2007, si trasformò nella Grande Recessione (2008-2009) solo qual-che “pazzo” liberista osò diagnosticare una forma a “V” di tale re-

cessione, vale a dire una caduta veloce dell’economia a cui segue un’altret-tanto rapida ripresa. Questi irriducibili credenti nell’“elastico di Friedman”,

TOMASO M

ARCOLL

A / W

WW.M

ARCOLL

A.IT

L’economia mondiale rischianon solo di non riprendersi,ma di tornare a crollare

Page 5: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 9 |

| |

| 8 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| fotonotizie |

Le bugie delle griffesI jeans schiariti continuano a uccidere

Jeans alla moda in tessuto schiarito e usurato artificialmente, reso piùmorbido perché sottoposto a un bombardamento di sabbie ad alta pressione. Il procedimentod’invecchiamento artificiale, chiamatosandblasting, è sotto accusa, tantopiù se non meccanizzato e se attuatosenza fornire protezioni agli addetti o svolto in ambienti non adeguati,tipicamente in Paesi con manodoperaa bassissimo costo come il Bangladesh. La sabbiatura manualeè veloce ed economica, ma le polveriinalate possono dare origine a gravipatologie respiratorie e, in caso di esposizione prolungata, condurre a malattie professionali mortali comela silicosi e il tumore polmonare. A chiederne la messa al bando è stataClean Clothes Campaign – e la suaemanazione italiana Abiti Puliti – a partire dal 2010, per una campagnache ha incassato fino ad oggi unatrentina di adesioni formali (ufficiali e ufficiose) da parte di aziende delsettore in tutto il mondo, che hannodichiarato di cessarne l’impiego nelleproprie produzioni entro il 2012.Hanno aderito anche tutti i marchiitaliani interpellati (Gucci – che ha lavorazioni solo in Italia – in primafila), tranne Dolce e Gabbana (che,sottolinea Abiti Puliti, si è rifiutata di fornire informazioni sullelavorazioni nei suoi stabilimenti). Un impegno da parte delle griffeapprezzato (come anche il divieto alla pratica del sandblastingapprovato per legge dalla Turchia o i primi coinvolgimenti dell’Omssull’argomento), ma da verificare sulcampo. E infatti, purtroppo, è arrivatala brutta notizia: i ricercatori dellaOng Amrf (American MedicalResources Foundation) si sono recatisul campo, in Bangladesh, e delle settefabbriche controllate nessuna ha definitivamente abolito la sabbiatura. Tra i committenti di questi stabilimenti ci sono ancheH&M, Levi’s, C&A, D&G, Esprit, Lee,Zara e Diesel, i marchi che dichiaravano di avere già abolitol’uso della sabbiatura nelle propriefiliere internazionali. www.abitipuliti.org [C.F.]

DA

L R

AP

PO

RT

O “

DE

AD

LY D

EN

IM -

SA

ND

BLA

ST

ING

IN T

HE

BA

NG

LAD

ES

H G

AR

ME

NT

IND

US

TR

Y”,

CLE

AN

CLO

TH

ES

CA

MPA

IGN

20

12

[Un operaio, senza adeguate protezioni, in un impianto al di fuori di Dhaka, Bangladesh].

Page 6: Mensile Valori n. 99 2012

| 10 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| fotonotizie |

Le printemps en exilWeb-documentarioprodotto dal basso

Maggio 2011: sul numero 89 di Valoriusciva un bellissimo servizio firmatoda Antonio Mazzeo e illustrato dallefotografie di Maria Vittoria Trovato. Il reportage era stato realizzato in Sicilia e documentava le condizionidi vita all’interno del campo di Mineo,una ex base militare Usa dove, tra fili spinati e telecamere, venivanorinchiusi i richiedenti asilo curdi,somali, eritrei e tunisini.Quel servizio di cui Valori è stato il promotore, ha messo in movimentoaltre cose: ha fatto incontrare per la prima volta un gruppo di redattori,film maker e fotografi siciliani, congiovani tunisini scappati dal regime e dalle rivolte. Da questi incontri è nato anche il progetto per un web-documentario, prodotto dal basso: Le printemps en exil, la primavera in esilio. Le storie di molti di quei giovani tunisini sonostate filmate in modo soggettivo,senza filtri giornalistici, seguendolinella loro fuga verso la Francia. Fino a quando, per molti, l’unicasoluzione è stata il ritorno in Tunisia.Per raggiungere la Tunisia e continuare quel racconto,incontrando i ragazzi che hannovissuto la rivoluzione, per capire cosacambia e se cambia, la forma scelta è il web-documentario, un nuovoprodotto multimediale che puòintrecciare e raccogliere i materialipiù disparati, da fotografie a paginedi giornali, da documenti a video, condelle possibilità narrative ipermedialiancora in buona parte inesplorate.Una volta pubblicato on line il web-doc sarà visibile da chiunque.A questo progetto si può contribuirefino al 9 giugno come produttori, con quote a partire da 10 eurosottoscrivibili sul sito delleProduzioni Dal Basso, ma ancheattraverso la condivisione di materiali che ognuno potrà inviare, inserire o segnalareall’interno di un archivio on linemesso a disposizione.Le printemps en exil è un progettosviluppato in co-produzione da Houseon Fire e da frameOFF. www.produzionidalbasso.com[PA.BAI.]

GIU

SE

PP

INA

BR

UN

O

[Migranti rinchiusi nel campo di Mineo, ex basemilitare dell’esercito degli Stati Uniti].

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 11 |

Page 7: Mensile Valori n. 99 2012

| 12 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| fotonotizie |

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 13 |

Energie sostenibiliLa Francia “carbura”a microalghe

Le microalghe potrebbero prestocontribuire a scrivere il futuroenergetico del pianeta. Nelle salinedi Gruissan, nel sud della Francia, se ne sta sperimentando la coltivazione, con l’obiettivo di utilizzare i vegetali marini comebiocarburanti. Si tratta dellacosiddetta terza generazione di biofuels, che supera alcuni dei problemi che in passato hannosuscitato numerose critiche anchedal mondo ambientalista. Non vengono infatti occupati terreniagricoli, e per la coltivazione si possono utilizzare bacini idriciesistenti. Inoltre l’alga utilizzata – la Dunaliella Salina, presentenell’ecosistema locale – è in grado di assorbire un centinaio di tonnellate di CO2 all’anno perciascun ettaro di coltura.A Gruissan si è cominciato conquattro vasche da 250 metriquadrati, nelle quali è stato iniettatoun mix di nutrienti permassimizzarne la produzione di olio.Secondo i responsabili del progetto – denominato Salinalgue e gestitoda un consorzio di aziende private,organismi di ricerca pubblici e università – rispetto alla primagenerazione di biocarburanti(estratti di colza, soia, girasole o palma) il potenziale di produzionedi biodiesel delle microalghe è diecivolte maggiore. Si stimano infatti tra i 5 e i 10 mila litri per ettarocoltivato all’anno.Se i risultati saranno soddisfacenti,la sperimentazione sarà ampliata in bacini fino a 100 volte più granditra il 2013 e il 2015. Successivamente,si potrà passare a una produzioneindustriale. [A.BAR.]

GE

RA

RD

GU

ITT

OT

/ R

EA

/ C

ON

TR

AS

TO

[Una salina francese a Gruissan: bacini al cui internosi possono coltivare microalghe da trasformare in biocarburanti].

Page 8: Mensile Valori n. 99 2012

845 milioni di utenti nel mondo, 100 miliardi di amicizie: il tesoro di Facebook sono le relazioni.

Per la Borsa ogni amico vale1 dollaro: 100 miliardi in tutto. Per le imprese è un prezioso strumentodi marketing. A basso costo.

dossier a cura diPaola Baiocchi, Andrea Di Stefano, Matteo Cavallito e Valentina Neri

Socialbusiness

Se Facebook e Wall Street diventano amici > 16

Pubblicità, giochi, crediti: è l’economia di Facebook > 18

Le relazioni al tempo dei social network > 20

L’Eldorado del marketing > 22

Tutto ha origine dall’epopea Netscape > 24

Page 9: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 17 |

| dossier | social business |

| 16 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

dossier | social business |

bero avere luogo nel prossimo anno al-tre 3-400 Ipo. Qualcuna sarà anche falli-mentare, ma molte implicheranno inve-stimenti e nuovi posti di lavoro. Il fattoè che lo stesso business model di Face-book crea nuove professionalità conl’impressione di concentrarsi tra l’altrosui mercati in cui è già forte. In altre pa-role mi immagino assai più facilmentenuove assunzioni in Usa ed Europa enon, come è accaduto con la Apple, negliimpianti a basso costo della Cina».

Sicuri vincitoriQualcuno, intanto, può già permettersi dibrindare agli effetti immediati del collo-camento. In primis gli azionisti di Face-book, dai principali detentori di quote(vedi ) ai semplici dipendenti (siparla di un migliaio di nuovi milionari),senza dimenticare le stesse banche checureranno l’esordio in Borsa dell’azienda(Morgan Stanley, JPMorgan, GoldmanSachs, Bank of America e Barclays in par-ticolare) che, secondo Bloomberg, si divi-deranno una commissione dell’1,1% sullaprima tranche di azioni (5 miliardi) da da-re in pasto al mercato. Infine c’è lo Statodella California: secondo il LA Times, letasse sul capital gain di Facebook do-vrebbero fruttare due miliardi e mezzo didollari nei prossimi cinque anni, andan-do così a rimpinguare le casse vuote diuna disastrata amministrazione localeche ancora sconta gli effetti della crisi deimutui. Come a dire, dalla bolla immobi-liare alla riscossa del Nasdaq. Anche que-sto, in fondo, è il sogno americano.

TABELLA

Se Facebook e Wall Street diventano amicidiMatteo Cavallito

Allarme bolla?A fine marzo, quando si sono chiuse lecontrattazioni sul mercato privato, lacompagnia di Mark Zuckerberg ha segna-to un valore totale di 103 miliardi di dolla-ri, circa 10 mila volte tanto rispetto a quel-lo che l’allora studente di Harvard si eravisto offrire da un investitore newyor-chese nel giugno del 2004. Solo che allorail più famoso social network del mondocontava qualche centinaia di migliaia diiscritti contro gli oltre 845 milioni di oggie le sue prospettive non erano ancora no-te. Oggi, al contrario, le sue potenzialitàsono al centro dell’attenzione e il dibatti-to è più che mai aperto. Wall Street è so-vraeccitata, gli operatori fremono e un in-tero settore sogna la moltiplicazione ditanti Charles Forman, capaci di cogliere leimmense opportunità offerte.

Ma non tutti la pensano allo stessomodo. Ernst Malmsten e Michael Birch,artefici rispettivamente del noto fiasco

di Boo.com (la internet company britan-nica collassata tra il 1999 e il 2000) e dellagrande illusione che accompagnò l’ante-signano “social” Bebo (ceduto ad Aol nel2008 per 850 milioni di dollari e da questaliquidato nel 2010 per meno di 10 milioni),hanno parlato apertamente di bolla spe-culativa. Allister Heath, il direttore delquotidiano finanziario londinese CityA.M., è stato ancora più esplicito. «Gli es-seri umani – ha spiegato qualche mese fain un editoriale – vogliono spesso illuder-si che “questa volta” il mondo sia diverso,che le eterne leggi economiche non valga-

no più. Per questo mi preoccupo quandovedo un sito con due anni e mezzo di vitacome Groupon valutato tra i 15 e i 25 mi-liardi di dollari». Il 4 novembre Grouponha esordito a Wall Street chiudendo lecontrattazioni a oltre 26 dollari per azio-ne. Il 10 di aprile il prezzo era sceso am-piamente sotto i 14 dollari. In poco più dicinque mesi, in altre parole, il valore del titolo si è praticamente dimezzato.

Il fattore entusiasmoI dubbi restano, specialmente di fronte al-le cifre. I profitti netti di Facebook sono increscita, ma ad oggi valgono appena 1/100del valore che il mercato attribuirebbe al-la compagnia. Google, per intenderci, capi-talizza circa 200 miliardi, il doppio di Face-book, ma i suoi ricavi totali valgono quasi10 volte tanto. «Forse c’è un eccesso di en-tusiasmo», spiega Francesco Perrini, ordi-nario di Economia e gestione delle impre-se dell’università Bocconi di Milano. «Unacosa è parlare di Apple, Microsoft e Goo-gle, un’altra è pensare a Linkedin, Grou-pon o alla stessa Facebook. Se le valuta-zioni non sono giustificate si rischia dicreare una nuova bolla, ma è pur vero, e sitratta di un aspetto fondamentale, che igiganti del web di oggi fanno profitti men-tre i protagonisti della bolla ’99-2000 era-no tutti in perdita». L’ipotesi, quindi, è chela Borsa possa dare credito a Facebook egli investitori, accettando di sottoscriverele azioni a questi prezzi, finiscano in prati-ca per scontare in anticipo i profitti deiprossimi anni. Ammesso, s’intende, chequesti possano crescere a ritmi sostenuti.

Nell’attesa, comunque, l’entusiasmopotrebbe giocare un ruolo decisivo. «Do-po Facebook – prosegue Perrini – dovreb-

«Ieri sul mio conto in banca c’erano 1.700 dollari. Adesso molti, mol-ti di più». Bowery Hotel, Manhattan, marzo 2012. L’uomo che sor-seggia un cocktail scambiando qualche battuta con un reporter del

New York Times è Charles Forman, fondatore e azionista della Omgpop, un’exstartup del settore internet. All’inizio dell’anno, i suoi programmatori hannoinvestito tutti i loro sforzi in una nuova applicazione chiamata Draw So-mething, una sorta di rivisitazione digitale di un gioco di società dell’era car-ta&penna, il vecchio Pictionary. Nello spazio di qualche settimana Draw So-mething ha ricevuto qualcosa come 35 milioni di download, attirandol’attenzione del colosso del social gaming Zynga, che non ci ha pensato duevolte ed è corso ad acquistare l’intera Omgpop per 180 milioni di dollari. Al-meno 22 di questi sono finiti direttamente sul conto di Forman. Zynga, il ta-lent scout della situazione, non è certo una compagnia da poco. Anzi, nel cor-so del 2011 la sua attività di social gaming ha fruttato il 12% dei ricavicomplessivi di Facebook, il mostro sacro della rete, protagonista, nel maggiodi quest’anno, del più importante capitolo della sua storia: l’ingresso in Bor-sa. Un debutto miliardario che fa sognare un’intera business community.

La compagnia di MarkZuckerberg debutta in Borsacon un valore totale di 100miliardi di dollari. Troppi,forse. Ma le potenzialità nonmancano e il settore internetsogna il grande salto

I TENTATIVI DI ACQUISIZIONE DI FACEBOOK, 2004-2007

Data Offerente Valutazione Iscritti a Facebook

2004, giugno Anonimo 10.000.000 < 1 MLN

2004 Friendster sconosciuta < 1 MLN

2004, estate Google sconosciuta < 1 MLN

2005, marzo Viacom 75.000.000 1 - 6 MLN

2005, primavera MySpace sconosciuta 1 - 6 MLN

2005, autunno Viacom sconosciuta 1 - 6 MLN

2005 NBC sconosciuta 1 - 6 MLN

2006, gennaio News Corp sconosciuta > 6 MLN

2006 Viacom 1.500.000.000 6 - 12 MLN

2006, giugno Yahoo 1.000.000.000 6 - 12 MLN

2006 Aol 1.000.000.000 6 - 12 MLN

2006, inverno Yahoo 1.000.000.000 6 - 12 MLN

2007, inverno Google 15.000.000.000 58 MLN (dicembre)

2007 Microsoft 15.000.000.000 58 MLN (dicembre)

2012, marzo Fine contrattazioni pre Ipo 103.000.000.000 845 MLN

FONTI: BUSINESS INSIDER (WWW.BUSINESSINSIDER.COM), DAVID KIRKPATRICK - “THE FACEBOOK EFFECT”,

FACEBOOK (NEWSROOM.FB.COM)

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

4.000

2011201020092008200715

3 272

777

1.974

3.711

138 56 229 6

06 1.000

FACEBOOK, EVOLUZIONE DEI RICAVI E DEI PROFITTI NETTI 2007-2011

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

dic-12dic_11dic-10dic-09dic-08dic-07dic-06dic-05dic-04

1 126

58

145 360

608

845

EVOLUZIONE DEGLI UTENTI FACEBOOK

FONTE: FA

CEBOOK, SEC 2012. DATI IN

MILIO

NI DI DOLLA

RI

FONTE: FA

CEBOOK, NEWSROOM.FB

.COM.

DATI AL M

ESE DI DICEMBRE DI CIASCUN ANNO IN MILIO

NI

GLOSSARIOSTARTUP: impresa di nuova costituzione ancoraimpegnata nella definizione della sua strutturaorganizzativa e del proprio modello di business.Costituisce per sua natura un investimentopotenzialmente redditizio ma anche rischioso.

SOCIAL GAMING: in questo caso giochi che prevedonol’interazione tra più soggetti, i giocatori stessi, che agiscono in una piattaforma comune rappresentatadal social network.

CAPITALIZZAZIONE AZIONARIA: il valore delle azioni di una compagnia calcolato moltiplicando il numero di queste ultime per il loro valore di mercato.

CAPITAL GAIN: è la plusvalenza realizzata da un investitore quando il prezzo di vendita di un titolofinanziario eccede quello originario pagato in precedenzaal momento dell’acquisto. Viene tipicamente tassata.

INITIAL PUBLIC OFFERING (IPO): la prima offerta di titoli al pubblico realizzata da una società che attendedi essere quotata in Borsa. L’operazione mira a collocarepresso gli investitori nuovi titoli che saranno in seguitoscambiati liberamente sul mercato.

PAY&FEES: i pagamenti effettuati sulla piattaforma di Facebook come percentuale sulle transazioni condottenell’acquisto delle applicazioni con la moneta virtuale del social network (i Facebook credits).

Page 10: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 19 |

| dossier | social business |

Social gaming? Lots of money!Già, perché la vera frontiera, oggi, si chia-ma soprattutto social gaming, quell’uni-verso in continua espansione dei giochion line che si svolgono (e si condividono)proprio sulla piattaforma Facebook. È illoro stesso sviluppo a trainare l’offertadi nuove applicazioni, veri e propri benivirtuali che possono essere acquistati(con soldi veri) dagli utenti del socialnetwork. Il sistema è collaudato: percomprare qualcosa occorre prima acqui-stare i Facebook credits che, dal luglioscorso, rappresentano la sola monetacorrente della piattaforma (se ne posso-no acquisire 10 spendendo 1 dollaro). I soldi, veri, della transazione vengonodivisi tra chi vende l’applicazione (70%) eFacebook (che ne trattiene il 30%). Nel2009, il comparto pay and fees rappre-sentava appena il 2% dei ricavi totali diZuckerberg e soci. Oggi, come si diceva,la percentuale è aumentata di oltre settevolte. I quattro quinti del volume delle

transazioni si realizza sulle applicazionigestite da Zynga, il colosso del compartogames. Proprio questa posizione domi-nante rende la partnership assoluta-mente essenziale costituendo al tempostesso, per stessa ammissione di Face-book nel prospetto inviato alla Sec, unevidente elemento di rischio.

Un discorso a parte merita invece ilsegmento dell’online gambling, il giocod’azzardo online. Negli Usa, come noto, lapratica è ancora vietata, ma se la legisla-zione dovesse cambiare, i ricavi crescereb-bero in modo esponenziale. E Facebooke Zynga, ancora una volta, partirebberoin prima fila.

| 18 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

dossier | social business |

100miliardi di relazioni diamicizia distribuite tra845 milioni di utenti,

che esprimono 2,7 miliardi di “likes andcomments” e caricano qualcosa come 250milioni di immagini al giorno. Sono questii dati più importanti presentati da Face-book nella relazione formale consegnataalla Sec, la commissione di controllo dellaBorsa americana. Cifre impressionantiche, ad oggi, promettono di attirare l’at-tenzione degli investitori assai più diquanto possano fare i non ancora entu-siasmanti indicatori tradizionali (ricavi eprofitti netti soprattutto).

Pubblicità su misuraSe le cifre dell’asta privata pre-Ipo (Ini-tial public offering, il collocamento ini-ziale in Borsa) sono davvero attendibili,ecco che il calcolo diviene intuitivo: ognirelazione di “amicizia” costruita con unclick vale esattamente 1 dollaro e 3 cen-tesimi. Basterebbe questo dato, forse,per identificare l’immenso capitale “rela-zionale” che la compagnia è in grado dicustodire e “vendere” ai migliori offeren-ti: le aziende. Sembra il vecchio schemadella pubblicità: sfruttare la popolaritàdi una piattaforma per raggiungere unnumero crescente di consumatori. È sta-to così per la televisione, lo è oggi per ilsocial network della compagnia califor-niana (ma legalmente registrata nel De-laware, uno dei principali paradisi fisca-li del Pianeta) di Zuckerberg e soci. Soloche questa volta è diverso, perché ciò che

quella platea di 845 milioni di utenti hadavvero di speciale è la sua voglia insop-primibile di esprimere giudizi, condivi-dere materiale, creare eventi. La bramo-sia, in altre parole, di spiegare anche agliinserzionisti chi siamo e cosa vogliamo,ovvero quali messaggi inviare e a chi. Adoggi, la pubblicità su misura di clienterappresenta di gran lunga la risorsaprincipale. Nell’ultimo anno, la venditadi spazi pubblicitari ha costituito da so-la l’85% dei ricavi di Facebook. Una per-centuale schiacciante, eppure in pro-gressiva diminuzione. In attesa del verosalto di qualità.

Pubblicità, giochi, crediti: è l’economia di FacebookdiMatteo Cavallito

Annunci pubblicitari sempre più capillari e personali. Ma anche un nuovo universo di applicazioni virtuali da acquistarecon denaro reale. Così le relazioni sociali diventano una macchina da soldi

Di fronte al re dei social network ci si divide fra gli entusiastidella prima ora e gli scettici, gelosi della propria privacy. Ma ilsistema che ha fatto la fortuna di Mark Zuckerberg, in fin deiconti, è semplice. Bastano pochi minuti e un indirizzo email perentrare nel social network più diffuso al mondo: fornendo pocheinformazioni di base (nome, cognome, data e luogo di nascita e una foto) si ha a disposizione un profilo, vale a dire uno spaziovirtuale da gestire a proprio piacimento. Innanzituttoscegliendo gli “amici”: dai colleghi di lavoro ai vecchi compagnidi scuola, dagli amici di tutti i giorni ai parenti che si sonotrasferiti dall’altra parte del Pianeta. Fino anche, in certi casi, a emeriti sconosciuti, aggiunti allo scopo di allungare il proprioelenco di contatti e costruirsi “popolarità” sul web. In ogni casosi tratta di persone con cui si vogliono mantenere (o recuperare) i contatti, condividendo informazioni e contenuti. Se invece a iscriversi sono aziende, associazioni o personaggicelebri per cui il limite dei 5.000 amici risulta troppo basso, ci sono le pagine ufficiali: sono gli utenti a sceglierle con un like(“mi piace”). Musica, cinema, sport, politica, prodotti:dall’elenco dei “mi piace” è possibile ricostruire con unosguardo il mosaico di interessi e inclinazioni di una persona.La logica di Facebook, infatti, sta tutta nell’esprimere la propriapersonalità: è per questo che si sceglie di corredarequotidianamente il proprio profilo con frasi, link a siti esterni,foto o video. Fino a poco tempo fa ogni profilo aveva propriol’aspetto di una “bacheca” da riempire: ogni nuovo contenuto

faceva scorrere via quelli vecchi, rendendo Facebook un mezzoestremamente duttile per gli aggiornamenti, ma facendopassare la “memoria” in secondo piano. In questi giorni staprendendo corpo un’evoluzione destinata a cambiarnedrasticamente il volto. Si tratta della Timeline: il profilo, di fatto,diventa un diario in cui il tempo è scandito da una linea che non parte dalla data d’iscrizione ma dall’anno di nascita, con un chiaro rimando all’idea per cui Facebook debba integrarsipienamente anche alla vita off line. Oltre ai contenutitradizionali, nel diario si può infatti annotare qualsiasiesperienza: dalla laurea, al cambio di lavoro, ai viaggi.Accompagnandola con le immancabili foto, i messaggi e i commenti degli amici. E indicando, tramite i tag (una sorta di etichetta da applicare ai protagonisti delle foto), le personepresenti e la localizzazione geografica: la Timeline, fra le altrecose, mostra una mappa dei luoghi che sono stati visitati di mese in mese. Bastano pochi clic per ripercorrere la propria“storia”, andando a curiosare tra i contenuti dei mesi e deglianni precedenti. Ogni utente, in home page, si trova così di fronte a un mosaico di informazioni: e il potenziale di Facebook sta proprio nel fatto che a proporle siano nomi e volti familiari, con i quali si può dialogare. In sintesi, perquanto lo si possa arricchire con sofisticate applicazioni, e perquanto lo si possa sfruttare in termini di business (vedi ),le radici del fenomeno che sta cambiando il web sono quelle,antichissime, del valore del passaparola e delle relazioni.

ARTICOLO

FACEBOOK SPIEGATO A MIA ZIA

Gli investitori non guardanotanto i profitti quanto le amicizie su Facebook. I guadagni reali derivanodalle pubblicità, su misura. E da social gaming e app

La sua veste informale, basata interamente sulle relazioni, non deve trarre in inganno: la rete ideata da Zuckerberg, ormai, è un piccolo sistema economico a sé. Che, in quantotale, sta creando anche vere e proprie figure professionali. Per ora, soprattutto in Italia e nelle realtà piccole, c’è ancora tanta confusione. Ma ci sono anche siti e periodicitematici, master universitari ad hoc e curriculum sempre più completi che vengonorichiesti per coprire ruoli dei quali, fino a pochi anni fa, non si poteva sospettarel’esistenza. Come il social media manager: un esperto di marketing incaricato di pianificare nei dettagli la presenza sui social media di un’azienda, che va declinatatramite contenuti che spaziano dai tweet di 140 caratteri fino ai video da pubblicare su Youtube. Oppure il community manager, alle sue dipendenze, che passa le giornate (e spesso le notti e i weekend) a stimolare la partecipazione degli utenti e moderare le discussioni. Ad andare a caccia di questi professionisti sono le grandi multinazionalicosì come i personaggi politici, gli enti pubblici o le star del cinema. E si tratta di ruolitutt’altro che marginali, se si considera che rappresentano la “voce” che deve interagirecostantemente con la persone: sia per scopi puramente promozionali, sia quandobisogna rispondere a critiche e lamentele. Il tutto tenendo presente che – soprattutto in Internet, dove qualsiasi informazione può essere amplificata istantaneamente – i “passi falsi” sono quasi impossibili da cancellare. V.N.

PROFESSIONE “INFLUENZATORE”?

LIBRI

David KirkpatrickThe Facebook Effect: The Inside Story of the CompanyThat Is Connecting the World

Simon & Schuster, 2010

Lanier JaronTu non sei un gadget

Mondadori, 2010

Ben MezrichMiliardari per caso - L’invenzione di Facebook: una storia di soldi,sesso, genio e tradimento

Sperling & Kupfer, 2010

Giovanni Fiorentino e Mario PiredduGalassia Facebook. Comunicazione e vita quotidiana

ed. Nutrimenti, 2012

Page 11: Mensile Valori n. 99 2012

Cosa apportano nella nostra vita i social network, in particolare Facebook, quello egemone in questo momento?Della smaterializzazione delle relazioni siparla molto già dagli anni ’90; adesso vor-rei usare come metafora quei movimentinordafricani che abbiamo chiamato pri-mavera arabae che si sono condensati at-traverso i social network. Questa conden-sazione ha prodotto dei risultati: le piazzepiene, la caduta dei governi; poi però è co-me se si fosse dissolta. E in tutti questimovimenti, dove più dove meno, sta pre-valendo l’islamismo, che invece opera al-l’interno di reti relazionali molto forti esedimentate, fisicamente e ideologica-mente. Quindi è vero che la rete socialeproduce cose materiali, ma è anche veroche si tratta di risultati che tendono a dis-solversi perché prodotti dalla condensa-zione di soggetti frantumati che hannomesso in comune desideri e spinte ideali,ma che non hanno avuto lo spazio e iltempo per affinare e condividere elabora-zioni e pratiche di lotta. Penso anche atanti movimenti che sono online, hannoloro circoli ma pensano di avere visibilitàperché sono su Internet: non si rendonoconto che è anche un’autoghettizzazione,un circuito autoreferenziale.

Dal punto di vista del lavoro?Ci sono molti aspetti positivi: si comunicavelocemente, ci si fa vedere, si pubblica, cisi esprime con velocità e capillarità im-mensa, si costruiscono circuiti di scambioe condivisione. Chiunque può esprimersisuperando limiti di timidezza e di colloca-zione sociale, in un modo che prima erapermesso solo a chi aveva mezzi e cultura.È un fenomeno studiato, la celebrity: c’èuna diversa gerarchia nei social networkche permette a chiunque, nelle proprie co-munità virtuali, di trovare uno spazio dimicrocelebrità, di uscire dall’anonimato,di esprimersi su qualsivoglia argomentoma con una certa protezione. È il luogodell’esistenza possibile, dove probabil-mente qualcuno troverà interessantequello che dici. Questo alimenta però an-che un senso di irrealtà che può produrredelusione nel mondo reale.

Relazioni e uso del tempo hannoguadagnato in qualità?Sono due tra i punti più critici: la velocitànelle comunicazioni non ha dilatato iltempo libero. Lo spazio temporale libera-to viene occupato da nuovo lavoro. Moltodel lavoro che si trova in rete è poco pa-gato, bisogna quindi produrre di più. Ab-

biamo budget limitati di tempo, come sipuò approfondire tutta questa mole dicontatti, informazioni, foto? È un suppli-zio di Tantalo: le cose da leggere si accu-mulano e non si riesce a guardare tuttoquello che viene offerto. C’è frustrazione,ma anche fretta e superficialità, pure nel-le relazioni. Si crea un umore amicale incui si preferiscono relazioni che non sicondensano, perché non c’è tempo. Ci sa-rebbe anche da dire sull’uso delle parole,una per tutte: amicizia per dire contatto.

La commerciabilità delle presenze nelle retisociali e la “personalizzazione” di massaattraverso i sistemi di profilazione sonoaspetti preoccupanti.Ci dovrebbe essere la consapevolezza chesi tratta per prima cosa di un business,che sono cambiati i luoghi per fare pro-fitto e che questa tecnologia non è fruttodi una conquista sociale ma ci è cadutadall’alto, un po’ come le televisioni neglianni ’50 con cui l’ideologia dominante, lacultura dominante, sono entrate nellenostre vite e ci hanno spiegato come con-sumare, come parlare, come fare politica.Hanno selezionato per noi come fare lecose. Perché i poteri esistono e la libertànon te la può dare un media.

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 21 |

| dossier | social business |

| 20 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

dossier | social business |

La profilazione delle persone secon-do le scelte e le disponibilità di con-sumo, l’uso di tecniche di persona-

lizzazione di massa, lo sfruttamento dicompetenze e produzioni intellettuali deisingoli che accedono a questi media con ildesiderio di esprimersi e di condividere,sono alcune delle ambiguità di Facebook.Affrontiamo alcune di tali questioni conClelia Pallotta, studiosa di comunicazio-ne e docente di Antropologia culturalepresso il Politecnico di Milano.

Facebook è definita una disruptiveinnovation, un’innovazione dirompente per i cambiamenti che può portare, forseancora più di Internet, in positivo o in negativo. Che cosa ne pensa?Quando è apparso internet ho trovatoche questo media dei media, che contie-ne infiniti mondi, sia uno straordinarioveicolo di diffusione e vendita dellemerci, materiali e immateriali. Con Fa-cebook le potenzialità di profilazionearrivano dove i pubblicitari non erano

mai arrivati: all’uno per uno, a parlarecon il singolo consumatore conoscen-done il percorso, le tracce, il profilo. Cisono ormai istituti di ricerca che lavo-rano a livello globale sulle tracce lascia-te in rete, ricostruiscono i profili dellepersone in modo continuo e con tecni-che sempre più raffinate.

Le relazioni al tempo dei social networkdiPaola Baiocchi

Facebook è piombata nelle nostre vite solo da otto anni, ma ha già prodottocambiamenti profondi nelle relazioni personali e pubbliche. Gli aspettipositivi si intrecciano con quelli ambigui

diPaola Baiocchi

Facebook accumula capitali che potrebbero permetterglidi sfruttare le sue potenzialità diventando la più grandesocietà privata del mondo. I soli ostacoli in vistapotrebbero essere le legislazioni sulla privacy. Ma per oranon se ne parla

Se Facebook fosse un continente, con i suoi 845 milioni di utenti,sarebbe al terzo posto per popolazione dopo Asia e Africa. Con una“crescita demografica” che la vecchia Europa si sogna; con enormicapitali a disposizione, che verranno aumentati dalla quotazione inBorsa, come una superpotenza mondiale che si sviluppa al galoppo.Nel giro di otto anni la sua diffusione ha oscurato decine di altrisocial network, fino a farlo diventare quello egemone sul Pianeta.Dopo l’applicazione che permette di telefonare con Skype ai propri

amici facebookers, lo scorso settembre la società ha lanciato altreconnettività con le quali gli utenti possono guardare film e leggere le notizie, senza andare su altri siti. Nei suoi obiettivi dichiarati c’èl’aumento di questa convergenza, cioè che l’accesso a diversi mediae servizi passi tutto sulla propria piattaforma: attraversoacquisizioni, alleanze e nuovi prodotti. Come il telefonino con un proprio linguaggio di cui si parla già da molto tempo, vistoche molti utenti si collegano a Fb proprio con il cellulare.

Consumo di tempo e problemi di monopolioIn media uno ogni sette minuti di ricerca in internet sono spesi su Facebook, afferma la società comScore, un gigante della ricercamarketing sulla Rete con sede negli Stati Uniti e filiali in Europa,Sudamerica e Asia. E la tendenza a questo consumo di tempo su Fbsta crescendo, a discapito di altri concorrenti come Google. Le potenzialità di diffusione di questo social network sono immense,

come le possibilità di controllo capillare che vi si collegano. Eppure di fronte a simili dati, che ne fanno un monopolista molto particolare, il dibattitopubblico sulla proprietà di questo media è praticamente inesistente.Non sono ancora state sollevate pregiudiziali sullaconcentrazione di potere che si sta accumulando in mani private, ma, anzi, dai media continua a levarsi un coro unanime di approvazione e si continua a distribuire l’immagine della sua democraticità. Il settimanale ingleseThe Economist riporta in coda a un molto dettagliato articolo sulla futura diffusione delnetwork (The value of friendship) alcuni commenti criticiche si sono registrati: Timelime, il diario pubblico dellapropria vita, è stato reso obbligatorio. Secondo i datidell’Economist, Facebook è percepito sempre più spesso comearrogante e la sua immagine non è più solo calda e tenera come un orsacchiotto, ma ne sta emergendo un’altra di freddo acciaio.Mentre l’avvento della televisione è stato accompagnato da un dibattito che ha messo al centro l’importanza della gestionepubblica di un media così potente, nulla di simile si solleva sullaproprietà di questo altro gigante. Anche sui problemi della privacy

le legislazioni sono balbettanti e molto parziali le rivendicazionidei blogger, che si pongono come obiettivo la tutela dei datipersonali e la conquista di potere di contrattazione per il controllodella propria privacy. Come ha dichiarato alla conferenza annualedel movimento per la libertà on line (Open Rigths Group, OrgCon2012) il canadese Cory Doctorow, fondatore del blog BoingBoing,il quindicesimo blog più visto al mondo.

Il mondo ha una nuova superpotenza.Privata

Clelia Pallotta, studiosadi comunicazione edocente di Antropologiaculturale presso il Politecnico di Milano

GLI AZIONISTI D’ORO

Nome Posizione Quotaazionaria

Ricavi da IPO (in mln $)

Theodore Ullyot General counsel 0,10% 86Sheryl Sandberg Chief operating officer 0,10% 88Mike Schroepfer Vicepres. area engineering 0,11% 100David Ebersman Chief financial officer 0,11% 101Marc Andreessen Azionista 0,19% 166T Rowe Price Group Inc. Azionista 0,64% 566Peter Thiel Azionista 2,50% 2.188Digital Sky Technologies Azionista 5,40% 4.725Dustin Moskovitz Co-founder 7,60% 6.650Accel Partners Azionista 11,40% 9.975Mark Zuckerberg Ceo e presidente 28,40% 24.850

FONTE: BUSINESS INSIDER, WWW.BUSINESSINSIDER.COM,

FEBBRAIO 2012. L’ELENCO NON È OVVIAMENTE ESAUSTIVO

Page 12: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 23 |

| dossier | social business |

Pubblicità 2.0Su Facebook i banner pubblicitari tradizionali sono banditi. Aprendere il loro posto sono i social ads, che non invitano di-rettamente a comprare un prodotto ma a collegarsi con un“mi piace” alla pagina dell’impresa. Queste inserzioni 2.0 pos-sono essere “mirate” alle persone di una determinata età, ses-so, provenienza geografica. Non solo: si può decidere di “par-lare” a chi ha manifestato un determinato orientamentopolitico o religioso, ai tifosi di una squadra di calcio, agli ap-passionati di cucina come agli spettatori di una serie televisi-va. Una miniera di informazioni che sono gli stessi utenti afornire giorno dopo giorno sul loro profilo. Utenti che entra-no a far parte in prima persona degli annunci, che riportanoanche il nome e il volto degli amici che hanno espresso il likeper la pagina sponsorizzata. I pubblicitari, d’altronde, ne sonoconsapevoli: il passaparola è l’arma più potente in assoluto. EFacebook fa sì che chiunque possa diventare (spesso a pro-

pria insaputa) testimonial di una marca, fornendo quella “ga-ranzia” personale che fa la differenza.

Il sito della ricerca Iulm: www.osservatoriosocialmedia.com

| 22 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

dossier | social business |

Dei 500 più grandi colossi indu-striali a livello globale – fa sape-re la rivista americana Fortune –

ormai il 58% ha aperto una propria pagi-na Facebook. I “fan” della Coca-Cola suFb superano addirittura i 40 milioni;quasi 29 milioni di persone hanno spesoun “mi piace” per Starbucks, 17 milioniper McDonalds e 13 per Walmart. Si trat-ta di persone che magari non prestereb-bero attenzione a un cartellone pubblici-tario, ma su Facebook hanno espressointeresse per conoscere offerte specialiin anteprima, condividere un video ouna foto promozionale, chiedere curio-sità o esprimere critiche.

E in Italia? Nel 2011, riporta una ricer-ca promossa dall’Università Iulm di Mi-lano, un’azienda su due aveva apertouno spazio social. Ad attivarsi negli ulti-mi mesi sono state soprattutto le realtàpiù piccole: se nel 2010 solo il 9,8% di esseera sbarcato sui social, nel 2011 tale per-centuale è quadruplicata, raggiungendoil 43%. Ma la sola “presenza” è sufficien-te? No, secondo i ricercatori dello Iulm,che hanno elaborato un indice (chiama-to di SocialMediAbility) per capire quan-to questi spazi siano aggiornati ed effi-caci. Un indice che, su una scala da 0 a 10,si ferma a una media di 1,16.

Informazioni che contanoFacebook, infatti, ha le proprie regole.Che possono risultare spiazzanti per chiè abituato a promuovere la propria atti-vità sui mezzi classici, come la televisio-

ne, che permettono solo a un numero ri-stretto di soggetti di esprimersi, a frontedi pesanti investimenti economici. Sui so-cial network, al contrario, ciascuno si puòritagliare uno spazio, quasi a costo zero esenza avere particolari competenze tecni-che. Anche le aziende sono le benvenute, acondizione che si sappiano adeguare: il“mi piace” degli utenti, infatti, se “conqui-stato”, offre potenzialità incredibili.

Chi apre una pagina ufficiale puòdiffondere contenuti e sapere nell’im-mediato quante persone li hanno visti,condivisi, commentati. Un menu intui-tivo dà una panoramica delle caratteri-stiche socio-demografiche dei propri“fan” e del modo in cui sono venuti a co-noscenza della pagina. Al di là delle sta-tistiche, inoltre, sono gli utenti a espri-mersi con i loro commenti, ai quali sipuò rispondere personalmente, cosache “umanizza” anche la più grande del-le multinazionali.

Anche al di fuori dei confini delle pa-gine aziendali esistono veri e propri pro-cessi di monitoraggio che vanno a scan-dagliare le conversazioni spontanee chenascono sul web a proposito di un pro-dotto, per poi trasmetterle prontamenteai responsabili dell’azienda. Che si trova-no così di fronte a risultati incompara-bilmente più abbondanti rispetto a quel-li delle ricerche di mercato, costose e maiattendibili al 100%.

L’Eldorado del marketingdiValentina Neri

Un passatempo, un modo per tenersi in contatto con amici e parenti lontani. Ma Facebook è anche una vera e propriaminiera d’oro sulla quale gli esperti di marketing si sono già lanciati da tempo

diPaola Baiocchi

Ottenere informazioni sempre più precise e in tempo realesulle idee e sui sentimenti della popolazione, così comeinfluenzarle, è ora molto facile: le metodologie utilizzatenascono dall’analisi computazionale del linguaggio e si traducono in algoritmi, di cui anche noi siamo gli addestratori

Come vengono vagliate, selezionate e infine estratte le informazioni– personali e non – che vengono immesse nei social networke in tutte le discussioni che passano nell’universo digitale?Attraverso l’analisi computazionale del linguaggio naturale: dallametà del secolo scorso “l’ambiguità” del mezzo di espressioneusato dagli umani è oggetto di studio per essere capito e trasformato dai computer in dati eseguibili in programmi. Le sfumature del discorso, la narrazione e l’affettività sono stateanalizzate nei laboratori dove linguisti, esperti di comunicazione,neurologi, neuropsichiatri, psicologi, etologi e molti altri scienziatihanno riportato i risultati dei loro studi agli informatici che li hanno tradotti in algoritmi.Dal 2001 in poi lo “scavo” nella miniera delle opinioni (opinionmining) – scrive la rivista Telema2puntozero della Fondazione UgoBordone – ha subito una vera e propria esplosione di interesse«quando i metodi di classificazione automatica hanno cominciatoad essere impiegati anche per l’elaborazione del linguaggionaturale e per il reperimento delle informazioni, grazie anche alla comparsa dei primi siti Web di recensioni da utilizzare per addestrare gli algoritmi». Ogni volta, insomma, che abbiamo

messo in rete un nostro suggerimento di traduzione, come spessocapita quando usiamo un traduttore automatico (per esempio quellomesso a disposizione da Google per leggere un testo in linguastraniera), contribuiamo all’addestramento di un algoritmo.

L’analisi della soggettivitàLe enormi potenzialità commerciali, di controllo e di indagine di questa area di ricerca hanno trovato la loro sublimazione nellereti sociali, nella lettura e nell’analisi delle mail, delle telefonate,dei blog e dei tweet, i messaggini di Twitter. L’analisi dellasoggettività dispone ora di strumenti molto meno costosi e piùfacili da usare: si conoscono almeno un centinaio di prodotti, i piùutilizzati dei quali si basano sull’analisi della rete sociale (networkanalysis) e sul raggruppamento di dati simili (clustering).Le metodologie di analisi si concentrano sullo scoprire gli “influenti”(influencer), i leader comportamentali in grado di indirizzare le scelte di gruppi molto più numerosi. Una volta individuati gli opinion leader, seguendo (o influenzando) le loro opinioni, si possono convincere anche tutti coloro che “seguono” (follower).Con il clustering, invece, si cerca di individuare le similarità traenormi collezioni di dati, trovando sottocategorie di appartenenzatra, per esempio, gruppi religiosi, militanti politici, consumatori o sportivi. Strumenti di clustering sono utilizzati nei sistemipredittivi che monitorano gruppi o singoli potenzialmentepericolosi con l’intento di prevenire episodi di violenza.Frontex, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere, dichiaradi utilizzare un sistema ibrido di estrazione di eventi multilingua,che le permette di segnalare ogni potenziale crisi nel mondo. Gli stessi strumenti servono anche per analizzare gli argomentipiù discussi su Twitter: si possono così condensare automaticamentepochi temi, senza dover compiere lunghe ricerche.Sapere quello che pensa la popolazione è sempre più facile. Ma anche l’influenza sulle idee ha molti più mezzi a disposizione.

www.telema2puntozero.it/opinionminingtemi/6-minireviewscientifica.html

L’influenzadegli algoritmi

GLOSSARIOCLUSTERING: o analisi dei gruppi, un insieme di tecniche di analisi multivariata dei datiper selezionare e aggregare gli elementi omogenei negli insiemi e sottoinsiemi di dati.

INFLUENCER: soggetti che hanno influenza su altre persone e possono indirizzare i cambiamenti o le decisioni. L’influencer marketing è una forma di commercializzazionerecente in cui l’attenzione è posta su individui chiave, che possono orientare le scelte di acquisto o di pensiero.

SISTEMI PREDITTIVI: strumenti di aggregazione delle informazioni usati per prevedereeventi futuri. Attraverso una serie di applicazioni internet, l’intelligenza collettiva degliinternauti è usata per fare previsioni: dal successo di un film al risultato di un’elezione

Page 13: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 25 |

| dossier | social business |

Esistono anche realtà legate al territo-rio. In Cina, ad esempio, spopolano il servi-zio di instant messaging QQ (che ha di re-cente superato di 700 milioni di utenti) eRenren, il cui nome, in italiano, suona co-me “la rete di tutti”. Quest’ultimo, soprat-tutto per la grafica, è stato definito comeuna sorta di clone di Facebook. Ma, a diffe-renza del suo omologo statunitense, non èandato incontro alla censura delle auto-rità perché è nato tenendo in considera-zione tutte le restrizioni imposte dal go-verno sull’uso del web. E, in un certo senso,ha battuto sul tempo Zuckerberg, quotan-dosi in Borsa nell’aprile del 2011. Intanto, inSpagna c’è Tuenti; in America Latina sipreferisce il californiano Hi5, che di annoin anno si è focalizzato progressivamentesul social gaming; l’americano Orkut è po-polare soprattutto in India e Brasile, men-tre il giapponese Mixi ha oltre 26 milioni diiscritti. Ma il fenomeno degli ultimi mesiha l’aspetto di una serie di bacheche (pin-board) suddivise per aree di interesse (in-terest) dove “appendere” virtualmente im-magini trovate sul web, corredandole conun breve commento. Può bastare questo,in estrema sintesi, per dare un’idea di cosasia Pinterest. Se lo scorso agosto gli utentierano 1,2 milioni, a gennaio si è sfondato ilmuro degli 11 milioni. E un’idea così sem-plice – dimostrano le statistiche di Alexa –è al 55° posto fra i siti più visitati al mondo,nella classifica che vede in testa Google, se-guito da Facebook e Youtube.

| 24 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

dossier | social business |

Facebook è in grado di innestarsi nel-la vita delle persone, influenzando-ne linguaggi e comportamenti, ma

conviene fare un passo indietro: un mec-canismo del genere, che ormai viene datoper scontato, non esiste da sempre. Anzi. Ilprimo, pionieristico esperimento di socialnetwork si chiamava SixDegrees, con unchiaro omaggio alla teoria dei sei gradi diseparazione. Era il 1997, ma doveva passa-re ancora tempo prima che il sistema si af-fermasse. E, prima di Facebook, il socialnetwork per eccellenza è stato un altro:Myspace, lanciato nel 2003 e divenuto ce-lebre soprattutto per il ruolo di “cassa di ri-sonanza” per gli artisti emergenti, in gradodi diffondere su scala globale i propri bra-ni prima ancora di aver prodotto un disco.

Il principio di base è lo stesso adottato inseguito da Zuckerberg: ciascuno ha a di-sposizione una pagina da aggiornare econnettere con quelle degli amici. Solo inItalia, a metà del 2008, si contavano 4.500nuovi profili al giorno. Ma la concorrenzadi Facebook, molto più intuitivo a livello digrafica e gestione, ha condotto a un altret-tanto rapido declino. La News Corpora-tion di Rupert Murdoch, che nel 2005 ave-va acquisito la società per 580 milioni didollari, nel 2011 l’ha svenduta per soli 35milioni all’agenzia pubblicitaria SpecificMedia, che si è trovata così a disporre di unbacino enorme di dati personali fornitispontaneamente da milioni di persone.

L’egemonia di Facebook, ora comeora, è conclamata. A scalfirla ci ha pro-

vato Google+, che di recente ha annun-ciato i 170 milioni di utenti registrati, adieci mesi dal lancio: ma la strada appa-re ancora lunga, visto che ogni utente siconnette in media soltanto per tre mi-nuti al mese. L’unico social network atenere il passo è Twitter, il servizio dimicro-blogging che spopola con la suaformula apparentemente rigidissima:solo stringhe di testo che non possonosuperare i 140 caratteri. Attualmente,ogni giorno, ne vengono scritte più di340 milioni. Gli altri social sopravvivo-no, in molti casi prosperano, ritaglian-dosi una nicchia: come Last.fm, a temamusicale, o le biblioteche virtuali diaNobii, o ancora LinkedIn, strategico intermini professionali.

Universo socialFacebook leader indiscussodiValentina Neri

La galassia dei social network è vastissima: da quelli tematici a quelli legati ai territori: dai cinesi QQ e Renren al californiano Hi5, dall’americano Orkut al giapponese Mixi

diAndrea Di Stefano

Netscape e Facebook hanno un nome in comune: MarcAndreessen. Il fondatore del primo browser internet perde la guerra con Internet Explorer. Vince Microsoft, maintanto nasce Mozilla. E il concetto di open source

Non è ovviamente casuale che un nome ricolleghi Facebookall’epopea di Netscape, il primo browser internet che nel 1994segnò l’avvio della rivoluzione, e della bolla finanziaria, sotto

il segno della Rete. Marc Andreessen, che siede nel consigliod’amministrazione di Facebook, ha molti tratti simili conZuckerberg. Il leader del gruppo che sviluppò Mosaic (il precursore di Netscape) lasciò la National Center forSupercomputing Applications insieme ad altri quattro studentidell’University of Illinois e fondò la Mosaic CommunicationsCorporation, che diventò Netscape CommunicationsCorporation, produttrice di Netscape Navigator. Pochi mesidopo la società Spyglass acquistò la tecnologia e i marchi da Ncsa per produrre il suo web browser. Spyglass Mosaic fu poi venduto alla Microsoft, che lo modificò e lo rinominò comeInternet Explorer. I due browser più diffusi al mondo hanno quindi in Mosaic, e nel mondo del software libero, un antenato comune. NetscapeNavigator, un tempo web browser di riferimento per i navigatori di internet, vide la sua enorme popolarità declinare progressivamente

ad opera del suo più grande rivale, Microsoft Internet Explorer,costruito sulla tecnologia di Spyglass e, quindi, di Mosaic.Nel 1997, quando Internet Explorer e Netscape Navigator eranoentrambi giunti alla versione 4.0, Microsoft scelse di distribuire il proprio browser insieme al sistema operativo Windows 98(all’epoca il più diffuso al mondo). Questa mossa, moltospregiudicata, si rivelò vincente: cambiare il browser diventavaper gli utenti un’operazione costosa e faticosa e così NetscapeCommunicator, da quasi monopolista del settore, perserapidamente quote di mercato fino ad essere utilizzato solamenteda una piccola percentuale di simpatizzanti. La guerra dei browser si concluse virtualmente nel 2000, ma per Microsoft fu solo l’inizio della battaglia contro l’antitrustUsa e europeo.Nel 1998 Netscape, prima di essere assorbita dal colosso AmericaOn Line (Aol), diede vita al progetto Mozilla rilasciando il codice

sorgente di Netscape 4 con licenza open source: il progettoMozilla si proponeva di creare un browser innovativo, basato sulnuovo motore grafico Gecko (che da questo momento non verràpiù abbandonato) e consentiva a tutti – professionisti, dilettanti,hacker e semplici utenti – di contribuire su base volontaria allasua evoluzione.Lo sviluppo di Mozilla avvenne in seno alla “Mozilla Organization“ – un gruppo di dipendenti della Netscape – fino al 2003, anno in cuiAol decise ritirarsi dal progetto e di smantellare l’organizzazione, ma i coordinatori proseguirono, costituendo la Mozilla Foundation(Fondazione Mozilla) che ha poi dato vita a Firefox.Andreessen non si è ovviamente ritirato a vita privata,continuando invece a lavorare nella Silicon Valley e diventandouno dei mentori di Facebook che considera un vero e proprioerede della filosofia Netscape al punto da spingersi a sostenereche «sarà più grande di Apple».

Tutto ha originedall’epopea Netscape

Un errore. Anzi, uno dei «pochi errori rilevanti» che «hanno fatto passare in secondopiano molto del buon lavoro che abbiamo fatto». Sono queste le parole con cui MarkZuckerberg ha descritto Facebook Beacon: ovvero la miccia della prima vera crisi che ha coinvolto il numero uno dei social network. Lanciata nel 2007 in partnership con 44siti – tra cui eBay, SonyPictures, Tripadvisor, New York Times e Blockbuster – Beacon era una componente del sistema pubblicitario di Facebook. I siti esterni, di fatto,inviavano in automatico a Facebook dati relativi alle attività (soprattutto acquisti) degliutenti, che le trovavano pubblicate nella home page degli amici a propria insaputa. Al centro delle polemiche era il fatto che il servizio venisse attivato in automatico: per bloccarlo bisognava destreggiarsi tra le poco intuitive impostazioni di privacy dei siticoinvolti. A sole due settimane dal lancio è iniziata la mobilitazione da parte di MoveOn.org, che nel giro di una decina di giorni ha raccolto circa 50 mila adesioni ed è sfociata in una class action. Si è arrivati a un accordo che prevedeva da parte di Facebook l’istituzione di un fondo da 9,5 milioni di dollari per la tutela della privacyonline. Zuckerberg ha preferito un intervento drastico: il servizio è stato definitivamentecancellato nel mese di settembre del 2009. V.N.

BEACON: LO SCIVOLONE SULLA PRIVACY

UN INVENTORE POCO SOCIAL(IST)“The social network”, il film che si ispira al libro di Ben Mezric, “Miliardari per caso - L’invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento”, ha vinto quattro Golden globe e tre premi Oscar. Chissà se,dopo aver visto il film, qualche facebooker ha deciso di cancellare il suoprofilo dal social network. Perché le motivazioni, l’ambiente culturale e gli obiettivi per i quali è nato Fb – secondo la ricostruzione del film – sono veramente miseri: per il suo inventore, Mark Zuckerberg, vendicarsi della ragazza che aveva scaricato, “fabbricarsi” una chiave per entrare negli iniziatici club degli universitari. E forse, ancora, la vendetta

nei confronti di due gemelli, studenti di Harvard atletici, ricchi e belli. Uno strumento per affermarsicome “vincente” perché stare dall’altra parte voleva dire essere uno “sfigato”, nel senso letteraledella parola, perché sesso e potere viaggiano appaiati nel “campionario delle facce”, nato per vendetta. O forse grazie ai finanziamenti della Cia, come riportato anche da Globalresearch.ca, il sito di Michel Chossudovsky.

Page 14: Mensile Valori n. 99 2012

| bandabassotti |

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 27 || 26 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 || 26 | valori | ANNO 12 N. 97 | MARZO 2012 |

secondo il quale il Tesoro italiano ri-schierebbe di dover mettere nuova-mente mano al portafoglio per chiude-re altri contratti in essere come giàaccaduto con Morgan Stanley. La bancaUsa cui a inizio anno l’Italia ha versatoqualcosa come 3,4 miliardi di dollari.

Lo scorso 15 marzo il sottosegreta-rio per l’Istruzione, l’università e la ri-cerca, Marco Rossi Doria, ha spiegatoche Morgan Stanley aveva potutochiudere la propria posizione sfrut-tando una clausola nota come alterna-tive termination event (Ate) in grado discattare quando la controparte, inquesto caso l’Italia, subisce un eccessi-vo declassamento di rating. Questaclausola, ha specificato il sottosegreta-rio, non è presente in nessun altro deicontratti derivati in essere che, al mo-mento, coprono un controvalore di de-bito pari a 160 miliardi di euro. Il pro-blema, nota però Risk Magazine, è chei cosiddetti Ate non sono gli unici det-tagli contrattuali in grado di far scat-tare la liquidazione delle posizioni. Co-me a dire che le banche con le qualisono stati sottoscritti i contratti han-no la possibilità di chiudere unilateral-mente ulteriori posizioni portandosi acasa miliardi di euro dei contribuenti apartire, sostengono alcune fonti, giàdai prossimi mesi.

La cifra ufficiale del controvaloredei derivati sottoscritti dall’Italia ne-gli ultimi due decenni non è disponi-bile, ma nota è la dimensione dellaperdita. In tutto questo tempo, rilevaBloomberg, la scommessa effettuatacon le banche per proteggere l’immen-so debito pubblico dall’impatto delleoscillazioni dei tassi di interesse è co-stata all’Italia 31 miliardi di dollari. Alcambio attuale fa quasi 24 miliardi dieuro, vale a dire la cifra necessaria perpagare gli ammortizzatori sociali postriforma del lavoro nei prossimi 13 an-ni (di recente, il ministro Fornero hastimato un fabbisogno di 1,8 miliardiall’anno).

Ad oggi, come detto, i contratti deri-vati sul debito italiano valgono 160 mi-liardi. 100 di questi per i contratti di in-terest rate swap, 36 per i cross-currencyswaps (gli stessi derivati che hannoconsentito alla Grecia di truccare i pro-pri conti con la collaborazione di Gold-man Sachs, ottenendo così il lasciapas-sare per la moneta unica) e 20 per leswaptions, titoli che consentono l’in-gresso su un contratto già esistente.

Gli interest rate swaps sono con-tratti pensati per tutelare le parti dalrischio di un’eccessiva variazione deitassi. A grandi linee funzionano così: ledue parti (in questo caso l’Italia e labanca) si scambiano periodicamentedenaro sotto forma di interessi su uncapitale predefinito. Una parte versatipicamente un tasso fisso, l’altra untasso variabile calcolato su un altrotasso di riferimento (magari l’Euribor)ma che, da contratto, deve comunqueessere compreso tra un massimo e unminimo prestabiliti (i cosiddetti capand floor). Ovviamente non è così sem-plice, tanto più che a fare la differenzasono spesso alcuni singoli dettagli con-trattuali che ad oggi non sono noti.Quel che è certo però è che ad ogni sca-denza c’è chi versa di più e chi versa dimeno, ovvero chi perde e chi vince. E disolito, a vincere sono le banche.

Conti pubbliciL’Italia rischiadi pagare ancora

di Matteo Cavallito

TOMASO MARCOLLA / WWW.MARCOLLA.IT

Le banche d’affari possonoesercitare clausole in gradodi metterci in ginocchio

Ma insomma, quanto rischia l’Italia? Quanti miliardi potrebbero ab-bandonare le casse pubbliche per andare a rimpinguare quelledelle grandi banche d’affari con le quali si sono sottoscritti con-

tratti derivati a protezione dei tassi di interesse sul debito pubblico? Se lo èchiesto nelle scorse settimane il portale finanziario londinese Risk Magazine,

Page 15: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 29 || 28 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

finanzaetica

Perché una multinazionale comeApple, da mesi bombardata di noti-zie di stampa che mettono in piaz-

za gravi problemi di rispetto delle condi-zioni dei lavoratori impiegati dai suoifornitori cinesi (vedi ), non mostra fles-sioni azionarie o di profitto? Perché non èmessa in discussione dai consumatori, co-me accaduto per altre corporations? Noninteressa qui entrare nel merito delle vio-lazioni diffuse sui media o dell’efficaciadelle contromisure attuate: piuttosto ci siinterroga sui meccanismi con cui la re-sponsabilità sociale d’impresa è vissuta.

Steve Chazin, ex dirigente Apple e oraconsulente di marketing professionista, èconvinto, infatti, che «Apple non sia diver-sa da qualsiasi altra grande azienda multi-nazionale». E riguardo alla resistenza diApple alla cattiva fama ricorda: «Apple hasempre marciato a un ritmo diverso, in-carnata dalla sua campagna Think diffe-rent. Certi contro-messaggi diffusi dal suo

BOX

La “cattiva stampa” che racconta dei suoi fornitori cinesi non scalfiscegranché la buona fama di Apple,né i suoi profitti da record. Altre multinazionali pagano strascichiantichi o non hanno vantaggi anchese oggi virtuose. Perché?

| corporate responsibility | BOBBY YIP / REUTERS

diCorrado Fontana

Questione capitale > 33La crisi impatta sul credito al sociale > 34Quando “rating” fa rima con “rete” > 35Sgonfiamo il pallone del foot-business > 36

Non paga dazioApple

Un gruppo di manifestanti di Hong Kongprotestano contro le terribili condizioni di lavorodei lavoratori provenienti da Foxconn e Apple

Page 16: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 31 |

| finanzaetica |

Detto questo l’azienda di Cupertino siavvantaggia di un elemento sostanziale,ricorda ancora Siliato: «Mentre il palloneNike si può sostituire con un pallone Adi-das, iPhone non si può sostituire». Di cer-to i dirigenti di Nike o Chiquita invidianola buona fama di Apple. Entrambe le cor-porations scontano, infatti, sul piano re-putazionale alcune contestazioni in te-ma di Csr, ma forse non beneficianoaltrettanto dei comportamenti lodevoliattuati. L’Economist sottolineava di re-cente come già nel 1992 Nike avesse stabi-lito un codice di condotta per i fornitori enel 1996 contribuì a creare l’Apparel Indu-stry Partnership da cui, nel 1999, è nata laFair Labor Association che ora serve adApple per i controlli etici sulla filiera (ve-di ). Chiquita, che ha aderito alla cam-pagna del gruppo ambientalista Fore-stEthics e ha accettato di non impiegaresui propri camion carburante derivatodall’estrazione delle sabbie bituminosecanadesi (vedi ) subisce invece il boi-cottaggio dei suoi prodotti da parte del-l’organizzazione canadese EthicalOil.orgche The Economist etichetta quale ema-nazione di lobby industriali.

BOX

BOX

| 30 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| finanzaetica |

establishment in qualche modo tendono afarla sembrare come “il perdente” e tuttiamano il diseredato della situazione».

Una mela “costruita” per piacere«Il culto della personalità di Steve Jobs ècertamente una parte importante delbrand Apple», aggiunge sulla stessa lineaTim Hunt, membro dell’associazione bri-tannica di “consumatori critici”, Ethicalconsumer. Che continua: «Questa perso-nificazione del marchio ha contribuito a

distogliere l’attenzione dall’azienda e da-gli abusi perpetrati attraverso il suo pro-cesso di produzione. Ciò è avvenuto indue modi: in primo luogo presentando iprodotti come umani, in modo che l’even-tuale infrazione possa essere perdonata,e, in secondo luogo, attraverso l’adorazio-ne di Jobs. È facile chiudere gli occhi da-vanti ai crimini commessi in suo nome».

Non è tutto qui ovviamente, ma è purvero che iPhone e affini non appaionosemplici “utensili”. Francesco Siliato, che

insegna Sociologia dei processi culturali edella comunicazione al Politecnico di Mi-lano, ricorda la mela con i colori della ban-diera della pace, ma rifiuta di parlare di“ideologia”; piuttosto Apple rappresente-rebbe «la cultura del “contro”. Era controIbm, il colosso multinazionale che facevapaura a tutti e imponeva standard cheApple ha infranto. La pubblicità mostra-va gente grigia seduta davanti a unoschermo e una ragazza colorata che en-trava per spaccare lo schermo. Questaera Apple e questa è rimasta la percezio-ne. La cosa curiosa è che adesso le perso-ne sono sempre davanti a uno schermo,ma lo schermo è un iPad o un iPhone».Ma, aggiunge, «per quelli che hanno unasensibilità non tanto etica ma tecnologi-ca, Apple sta diventando l’Ibm di ieri».

Colpirne una, educarne 100? Questione di appartenenza alla “fami-glia”, quindi, ma va anche detto che Ap-ple sta facendo il possibile per risolvere iproblemi nella catena di fornitura in Ci-na e lo sta ben comunicando. L’azienda sioccupa di responsabilità sociale d’impre-sa con report dettagliati fin dal 2007 evoci interne all’azienda denunciano unadoppia distorsione dell’informazione sudi essa: un accanimento dovuto al fattoche Apple sia un simbolo (ma grazie alsuo peso potrebbe indurre cambiamentipositivi a catena) e l’omissione strumen-tale di parte delle notizie per rendere levicende “più interessanti”.

LA MELA COL BUCOLe prime brutte notizie riguardo alla catena di fornitura cinese di Appleescono nel 2010, sulla società taiwanese Foxconn Technology e suisuicidi attuati da alcuni suoi lavoratori in Cina. Suicidi di protesta per le pesanti condizioni di lavoro – paghe minime e turni massacranti – o dettati da un disagio più generale, ma registrati almeno a partire dal 2009 da parte di dipendenti dell’azienda che a Shenzhen (350 milaoccupati, 13 suicidi nel 2010), Zhengzhou e Chengdu (circa 120 milaoccupati ciascuno) produce per Apple, ma anche per Samsung, Nokia,Dell, HP, Motorola, Amazon, Nintendo, Toshiba. Ai suicidi della Foxconn si sono aggiunti nei mesi scorsi altre vittime e feriti tra i lavoratori degli stabilimenti di assemblaggio dell’iPad (tra cui quello di Chengdu), a causa di esplosioni connesse ai procedimenti di lucidatura dell’iPad e alla polvere d’alluminio (4 morti e 77 feriti nel 2011).Apple e i suoi fornitori hanno adottato alcune contromisure e attivitàispettive: famose le reti antisuicidio, accompagnate dall’apertura

di canali di consulenza psicologica e da pressioni per un miglioramento delle condizioni deidipendenti; meno nota la meccanizzazione dei processi di lucidatura. L’attività ispettiva è stataaffidata all’internazionale Fair Labor Association i cui riscontri sono in corso dall’inizio del 2012 e già hanno evidenziato numerose violazioni cui stanno seguendo impegni di Apple a far ridurre gli orari di lavoro e far aumentare i salari.Il New York Times ha pubblicato il 25 gennaio scorso una corposa inchiesta sull’argomento e la vicenda resta sotto i riflettori. Apple diffonde un monitoraggio della situazione attraversol’annuale Report sui progressi nella responsabilità dei fornitori (Supplier Responsibility ProgressReport) e mostra l’impegno diretto dell’attuale amministratore delegato Tim Cook (Steve Jobs,dimessosi da Ceo il 24 agosto, muore il 5 ottobre 2011): coperto da ogni mezzo d’informazione il suo viaggio nelle fabbriche cinesi a fine marzo. L’azienda di Cupertino offre il proprio punto di vistain una ricca sezione del sito web ufficiale in cui, tra le altre cose, ricorda che: «Nel 2011, Apple ha condotto 229 indagini attraverso la propria catena di fornitura – l’80% in più rispetto a quellefatte nel 2010 – fra queste oltre 100 sono state fatte in stabilimenti dove non erano mai stateeffettuate in precedenza».www.apple.com/it/supplierresponsibilitywww.fairlabor.org

diMatteo Cavallito

Con 419 miliardi di capitalizzazione, l’azienda di Cupertino è la publiccompany più ricca al mondo. In dodici anni il titolo è salito del 2.447%

Lo scandalo Foxconn non ferma Apple. Lo evidenzia l’immaginedell’azienda, per la quale sembra persistere ormai un vero e proprioculto da parte degli stessi consumatori, lo dimostrano, soprattutto, i dati finanziari che in questi casi, ovviamente, non mentono mai. Dopo che nell’ultimo trimestre del 2011 l’utile netto è volato a 13,06

miliardi (contro i 3,38 del medesimo periodo del 2009), alla fine di gennaio, con una capitalizzazione complessiva di mercato pari a 419 miliardi di dollari, la Apple ha nuovamente scavalcato il gigante petrolifero Exxon Mobil (415 miliardi),diventando così la public company più ricca del Pianeta. Un traguardo cheha riportato alla memoria un altro sorpasso cruciale avvenuto nel maggio 2010,quando l’azienda di Cupertino aveva superato la Microsoft per controvalore azionario(222,12 miliardi a 219,18) trasformandosi nella prima compagnia tecnologica del mondo. Un’ascesa incredibile quella realizzata in borsa dalla Apple, protagonistadi un’impennata che ha stracciato ogni primato di settore. Come si ricorda, dopo il picco del gennaio 2000 a quota 4.500 punti, l’indice di riferimento dei titolitecnologici, il Nasdaq, collassò sotto le macerie della bolla Dotcom bruciando i 2/3del suo valore nello spazio di un anno. Oggi, dopo un lento recupero, l’indice viaggiaintorno ai 3.000 punti, circa il 26% in più rispetto a cinque anni fa. In quest’ultimoquinquennio il valore delle azioni Microsoft è cresciuto del 10%. Nel medesimoperiodo la creatura di Steve Jobs ha invece fatto il botto: +602%. Allargandol’orizzonte agli ultimi dodici anni, vale a dire dal record dell’indice ad oggi, si ottengono risultati ancora più clamorosi: Nasdaq -20,6%, Microsoft -43,4%, Apple +2.447%. Ad aprile gli analisti delle società finanziarie Piper Jaffray e Topeka Capital Markets, interpellati da Bloomberg, hanno ipotizzato un ascesa del prezzo del titolo oltre quota 1.000 dollari entro un paio di anni. A quel punto la capitalizzazione complessiva si avvicinerebbe a 1.000 miliardi di dollari.

Apple in Borsa, un’ascesa senza fine

2000

2.000%1.500%1.000%

500%

0%

2002 2004 2006 2008 2010 2012

APPLE VOLA PIÙ IN ALTO DI MICROSOFT (DAL 2000 A OGGI)

FONTE: YAHOOFINANCE

Il mito di Steve Jobs e la “cultura del contro” che da anni è legata al marchiohanno consentito ad Apple di evitare ciò che è accadutoa gruppi come Nike e Chiquita

AAPL 36,99Andamento in Borsa rispetto al 2000 ^IXIC 2035,83 MSFT 26,18

La copertina del rapporto annuale di Apple

Page 17: Mensile Valori n. 99 2012

Problema: trovare le risorse finan-ziarie per proseguire e, possibil-mente, sviluppare la propria atti-

vità in un momento di crisi. Vale per lepiccole e medie imprese (capitalistiche)italiane come per le cooperative. Non acaso Luigi Marino, presidente dell’Allean-za italiana delle cooperative, durante laconferenza internazionale Promoting theunderstanding of cooperatives for a bet-ter world (15-16 marzo scorso a Venezia)lamentava la difficoltà di accesso al credi-to e sottolineava che la difficoltà è acuitadall’attesa dei pagamenti delle pubblicheamministrazioni, che da noi arrivano atoccare i 300 giorni. Un’enormità se para-gonati ai 40 tedeschi, ai 70 francesi e persi-no ai 150 di Grecia e Portogallo. Ma non ètutto. Secondo uno studio del neonato Os-servatorio Ubi Banca su Finanza e TerzoSettore, realizzato in collaborazione conAiccon (Associazione Italiana per la pro-mozione della Cultura della Cooperazio-ne e del Non Profit) e focalizzato sullecooperative sociali italiane, le previsionidi nuove entrate derivanti da rapporticon il settore pubblico per il 2012 sono innetto calo.

Rapporto obbligato Dall’indagine di Ubi Banca e Aiccon emer-ge un rapporto piuttosto limitato tra coo-perative sociali e banche: i servizi bancarie finanziari di cui si avvalgono maggior-mente i soggetti intervistati sono risulta-

ti quelli relativi all’operatività quotidiana(bonifici, pagamento stipendi, utilizzo diricevute bancarie e Rid), mentre negli ul-timi 12 mesi solo il 28,2% ha utilizzato unfinanziamento per la gestione delle atti-vità e il 25,6% per sostenere investimentidestinati allo sviluppo. Insomma, se è ve-ro che il 38,8% delle cooperative si dichia-ra soddisfatta delle relazioni con gli isti-tuti bancari, tali relazioni si mantengonopiuttosto di basso profilo. Forse anche acausa di un “sospetto” di fondo che resistetra questi due mondi: «Le banche guarda-no le cooperative come soggetti che ri-

schiano di essere troppo deboli sugli stru-menti di governance», dichiara ClaudioBossi, presidente della cooperativa e im-presa sociale milanese La Cordata. «Separlano con il presidente di una coopera-tiva o creano un legame di fiducia con ilsuo gruppo dirigente ipotizzano che dopocinque anni probabilmente non sarà piùin carica. Il sospetto nasce sull’affidabi-lità della continuità di gestione. Tuttaviale banche valutano come elemento di for-za e di fiducia nella restituzione di un pre-stito il fatto che l’etica della cooperazionepervada la dimensione imprenditoriale»,conclude il presidente de La Cordata, chesta sperimentando nuove forme impren-ditoriali (partecipazione in srl) proprioper accedere al credito necessario a en-trare in settori inediti (sanità leggera).

E il rapporto banche-cooperative po-trebbe subire una brusca frenata per col-pa delle regole europee di Basilea 3 e del-l’Eba (l’autorità bancaria europea), cherischiano di far chiudere alle banche (so-prattutto a quelle più piccole) i rubinettidel credito, in particolare verso il settorenon profit, cooperative in primis (vediValori 97, di marzo 2012).

Un aiuto (difficile) dall’EuropaMa i soldi non si trovano solo nelle ban-che e non arrivano solo sotto forma diprestiti. Molti sperano, infatti, di poteraccedere alle risorse di “fondi etici” priva-ti che si stanno diffondendo in Europapronti a investire nelle imprese sociali. E,ancora di più, puntano alle nuove linee difinanziamento prospettate dalla Com-missione europea col lancio, a ottobrescorso, della Social business initiative(vedi Valori 94, novembre 2011, e 96, feb-

QuestionecapitalediCorrado Fontana

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 33 |

| finanzaetica | cooperative || finanzaetica |

Un bambino pakistano seduto a terra a cucire un pallone. È l’immagine-simbolo delle accuse che hanno travolto Nike:sfruttamento di minori, salari inferiori ai minimi legali, orarimassacranti in condizioni malsane. Col boicottaggio sonoarrivati i mea culpa: dall’innalzamento dell’età minima dei dipendenti alla pubblicazione dei subappaltatori. Ma, se nel1990 le entrate lorde erano di 2,2 miliardi di dollari, nel 1996, nel pieno dello scandalo, salivano a 6,4. Sfioravano i 9 miliardinel 2000, anno della “ritirata” dalla Cambogia. Per arrivare a 18,6 nel 2008, mentre un’inchiesta svelava le terribilicondizioni di lavoro in Malesia. In apparenza quindi la relazionetra boicottaggi, cambi di rotta e risultati economici sembrainesistente. Ma fare una stima economica dell’effetto degliappelli contro le multinazionali è estremamente difficile. Troppele variabili in gioco: e molte proteste proseguono per anni. È iniziata nel 1977 la contestazione alle martellanti campagne di Nestlé per promuovere il latte in polvere nei Paesi in via di sviluppo. I danni sono stati soprattutto d’immagine e Stati edenti internazionali hanno incrementato l’impegno sul tema dellamalnutrizione infantile. A far finire Shell nell’occhio del ciclone è il pesante impatto ambientale delle estrazioni nel Niger. Più volte è stato lanciato l’allarme: l’ultimo in ordine di tempo è il rapporto sulla Nigeria del Programma dell’Onu per l’ambiente(Unep) pubblicato nell’agosto 2011. Ma le conseguenzeconcrete, per il gigante petrolifero, stentano ad arrivare. V.N.

DA NIKE A NESTLÉ TRENT’ANNI DI BOICOTTAGGI

«È venuta incontro agli ecologisti più radicali, agli attivisti e ai sindacati. Ma, nonostante questo, ha ottenuto una magraricompensa». È l’amara conclusione tratta dal prestigiososettimanale britannico Economist in un recente articolodedicato alla Chiquita Brands International, gigante della fruttacui l’impegno etico non sembra aver giovato minimamente. Un fenomeno paradossale per l’azienda di Cincinnati, Ohio,erede di quella United Fruit che, fin dai tempi del famigeratogolpe in Guatemala (1954), era diventata il simbolodell’ingerenza delle multinazionali nella vita politica e socialedei Paesi del Centro America. «Possiamo fare bene ecomportarci bene al tempo stesso», aveva sentenziato il CeoFernando Aguirre nell’ultima relazione sulla responsabilitàsociale d’impresa pubblicata dall’azienda nel 2008. Nel giugnodi quell’anno i titoli Chiquita valevano circa 24 dollari. A quattroanni di distanza il prezzo unitario è sceso a 8 dollari, bruciandocosì i 2/3 della capitalizzazione azionaria. Negli anni spicca unaserie di iniziative lodevoli, ma puntualmente punite sul frontedei ricavi: dall’esclusione del petrolio canadese ad alto impattoambientale (proviene dalle sabbie bituminose) fino all’auto-denuncia (caso unico tra le compagnie americane) per i finanziamenti versati ai paramilitari colombiani per avereprotezione. In cambio l’azienda ha subito un’iniziativa di boicottaggio in Canada e un paio di denuncie sfociate in altrettanti procedimenti in Colombia e negli Usa. M.Cav.

IL CASO CHIQUITA QUANDO LA RESPONSABILITÀ NON PAGA

Accesso al credito e flessibilità finanziaria cercasi. Mentre il rapporto tra coop, sistema bancario e investitori va meglio sintonizzato, il modellod’impresa cooperativa non favorisce la capitalizzazione. E non è neppure facileintercettare i capitali messi a disposizione dalle autorità comunitarie

UN PENSIERO DIVERSO

Promuovi la tua azienda sui

Richiedi lo spazio [email protected]

Periodici

Ai problemi con gli istituti di credito si aggiungono i gravi ritardi nei pagamenti da parte degli enti pubblici

Page 18: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 35 |

| finanzaetica |

braio 2012), l’iniziativa di Bruxelles per aiu-tare le imprese sociali, che, per la legge ita-liana, comprende gran parte delle coope-rative sociali (e non solo). A novembre laCommissione ha annunciato un investi-mento di 100 milioni di euro per il 2012, ge-stito dal Fondo europeo per gli investi-menti e destinato a finanziare i fondinazionali che a loro volta effettuerannoinvestimenti in capitale (quindi una par-tecipazione diretta) nelle imprese sociali.

Peccato che, a sentire Davide Dal Ma-so della società di consulenza Avanzi-Idee,ricerche e progetti per la sostenibilità, nonsarà semplice per le nostre cooperative in-tercettare tali risorse: «L’Unione europea,

parlando di social business, si riferisce aorganizzazioni potenzialmente for profit,anzi auspicabilmente for profit, magaricon obiettivi di profitto moderato, maeconomicamente efficienti. Attività im-prenditoriali che, teoricamente, potreb-bero anche distribuire utili o che creinoun plusvalore. Il che non è compatibilecon la norma italiana». Non solo. Se è ve-ro che la Ue sta pensando a strumentid’investimento con capitale di rischio – enon tanto al credito – per rafforzare leimprese sociali, va detto che per un sociodi capitale come un fondo privato è mol-to difficile partecipare direttamente auna nostra cooperativa, che è una so-

cietà di persone, se non attraverso mec-canismi complicati o poco funzionali,con difficoltà di uscita oltre che d’ingres-so. Questo contribuisce a far sì che, con-clude Dal Maso, «le cooperative non sia-no l’ideale per un investitore, ancorchéun investitore sociale».

| 34 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| finanzaetica |

diAndrea Di Stefano

Fondazioni bancarie in difficoltà e credito al sociale in picchiata: il non profit non ha molte risorse alternative.Qualche spiraglio dall’innovazione dei fondid’investimento etici, ma non va perso il treno

È più che mai importante comprendere quale sia l’impatto di questa pesantissima crisi economica nel rapporto tra il sistema creditizio e il mondo del non profit. Le prospettivesono pessime.Il trend delle erogazioni dalle fondazioni di origine bancaria saràcertamente molto difficile: le cadute (già nel 2010) del valore

delle partecipazioni bancarie detenute dalle fondazioni incidonoinfatti moltissimo, e quanto più una fondazione bancaria è riconducibile a un solo istituto di credito tanto più la situazionediventa complicata, e può essere finanziariamente negativa.L’esempio per tutti è la Fondazione MPS del Monte dei Paschi di Siena, oggetto di una sorta di salvataggio da parte del sistema,resosi necessario per le perdite prodotte dal crollo del valore deltitolo e dall’insieme di problematiche connesse alla gestione ealle prospettive industriali dell’istituto stesso. Il risultato è che una delle principali fondazioni bancarie italianesi ritrova paralizzata e senza disponibilità di risorse se non per erogazioni simboliche, con ricadute pesantissime sul mondono profit. Ma è l’intero sistema che sta mostrando flessioninotevoli nelle disponibilità erogative. Fondazione Cariplo ha deciso un taglio del 14% del proprio budget erogativoattraverso una riduzione del 6,6% dei costi operativi (il leggeroincremento delle cifre destinate ai servizi alla persona è solo un segnale positivo verso la situazione prodotta dalla crisi).

Complessivamente, nel 2012, potremmo assistere a una riduzioneben superiore al 12% della capacità erogativa delle fondazionibancarie.

Credito socially orientedMa qual è la situazione del sistema del credito che privilegia i finanziamenti socialmente responsabili e orientati (bancheetiche, cooperative e popolari, Mag o la stessa Banca Prossima)? I dati del 2011 sono estremamente positivi ma c’è una spada di Damocle che pesa, cioè la questione di Basilea III: i parametri connessi alle capitalizzazioni degli elementi di rischio potrebbero mettere in crisi particolarmente questerealtà a causa di una richiesta del mercato molto onerosa – e discutibile per alcuni aspetti –. Per le banche di creditocooperativo, le popolari e tutto il mondo delle Mag c’è un rischio reale di paralisi, se non ci sarà un’azione europea molto forte per imporre una valutazione positiva dei parametri di responsabilità sociale messi in campo da questi soggetti.

Le vie d’uscitaTuttavia iniziative e spunti molto interessanti partono dal mondoanglosassone: in Inghilterra e in alcune realtà del nord Europastanno imponendosi progetti per la nascita di fondi di venturecapital (capitali di rischio privati per finanziare l’attività di settori in sviluppo, ndr) dedicati al sociale. Da qualche tempoOxfam, nota Ong internazionale, ha attivato in Inghilterra un progetto specifico con queste finalità. Questo è un elementoimportante da considerare anche per il nostro sistema Paese, ma bisogna fare rapidamente o si rischia di assistereall’ennesima innovazione resa operativa solo quando gli effettidisgreganti della crisi saranno già compiuti. E ciò rischia di pesare molto di più perché la valutazione del Pil non misura la disgregazione sociale ma i costi ad essa connessi sì. Questi fondi di venture possono finanziare le imprese (e quindi le cooperative) sociali ma soprattutto, diversamente dalle banche, possono mettere a disposizione competenze(finanziarie, gestionali, tecnologiche…).

La crisi impattasul credito al sociale

di Corrado Fontana

Le cooperative reggono la crisi ma non attraggonoinvestimenti; mutualità e partecipazione si traduconospesso in solidità societaria, ma non in valutazioneeconomica: manca un rating specifico per le cooperative

Il termine inglese rating è piombato nel nostro lessico familiare in questi anni di crisi. Associato a lettere o aggettivi indica un giudizioche sintetizza lo stato di salute economico-finanziaria degli Stati o delle imprese, perlopiù definito ad uso di banche e investitori. Ma siamo sicuri che la valutazione finanziaria e patrimoniale pensataper un’impresa capitalistica possa applicarsi senza correzioni anchea una cooperativa, che impresa è ma non profit? Marco Zucchini,amministratore delegato di Cgm Finance, il braccio finanziario – ed erogativo – del Consorzio di cooperative Gino Mattarelli,individua subito una differenza di cui tener conto nel cosiddetto

“andamentale”, cioè la storia dei rapporti della cooperativa con altrisoggetti: se «aderisce a una rete, se ha con essa un rapportoconsolidato ed efficiente è un elemento in più per valutare l’accessoal credito, ne rafforza il rating. È un dato che evidenza come il sistema della cooperazione storicamente abbia un tasso di defaultestremamente più basso rispetto al profit, un tasso che per le cooperative in rete tra loro può essere anche del 70-80% inferiore».

Voi avete creato un “vostro” rating specifico per le cooperative?Sì, è simile a quello dei titoli. Attribuiamo alle cooperative un rating sulla patrimoniale, uno sul conto economico, uno sulleliquidità e uno sull’andamentale, dalla tripla A alla tripla D. Lo adottiamo ad uso nostro in primo luogo, per determinare la volontà o meno di erogare risorse. Poi ad uso interno, da mettere a disposizione delle cooperative aderenti al consorzio.E, infine, lo utilizziamo negli scambi con le banche, che assorbonoil nostro rating e lo rivedono con i propri parametri, producendovalutazioni che – abbiamo riscontrato – non si discostano moltodalle nostre, salvo che per l’andamentale.

Esiste una relazione tra il modello organizzativo delle cooperative e la loro capacità di resistenza finanziaria? Sì, l’impostazione a rete dei consorzi permette loro di prestarsidenaro e capitalizzarsi reciprocamente. Il mutualismo, tra singole cooperative e in casi estremi tra consorzi, permetteinterventi di sostegno e solidarietà. In Liguria ho seguito un intervento di risanamento e ristrutturazione addirittura tra dueconsorzi: un consorzio molto più grosso in solidarietà di uno piùpiccolo, che in caso di default avrebbe creato circacentocinquanta disoccupati.

Quando “rating”fa rima con “rete”

SITI INTERNETwww.avanzi.org, Avanzi-Idee, ricerche e progetti per lasostenibilitàwww.sicamp.org, Social innovation camphttp://ec.europa.eu/internal_market/social_business/index_en.htm, pagina della Commissioneeuropea sulla Social Business Iniziativehttp://www.oxfamitalia.org, Oxfam Italia

GLOSSARIOLe cooperative sociali definite dalla Legge 381/91rientrano facilmente nella categoria delle imprese socialiidentificate dalla Legge 118/05. Non vale il viceversa. Le cooperative sociali per diventare imprese socialidevono solo dimostrare che la loro “finalità sociale” non è prioritariamente mutualistica, cioè rivoltaprevalentemente ai propri soci, ma di fatto hanno giàtutte le altre caratteristiche previste dalla Legge 118/05per rientrare nel novero delle imprese sociali. Le altreforme di impresa sociale che non siano anche cooperativesociali (associazioni, srl, fondazioni, consorzi) non hannoaccesso ai benefici della Legge 381/91, cioè detassazionee defiscalizzazione (dipende dalle regioni) e deroga alla legge sugli appalti (le amministrazioni pubblichepossono dare direttamente lavoro alle coop socialisenza bandi e gare fino a 200 mila euro).

Page 19: Mensile Valori n. 99 2012

Il calcio europeo rischia di siglare ilpiù grande autogol della sua storia.Finanziariamente, infatti, siamo al

90° minuto. E non è detto che siano con-cessi i tempi supplementari. Messi, Ro-naldo & Co. probabilmente non se nestanno neppure accorgendo, ma l’amatocarrozzone patinato potrebbe presto pa-gare la sua bulimia. Il solito allarmismo?Quando è esplosa la bolla-subprimenegliStati Uniti, che ha poi trascinato con sé ilsistema bancario e, a ruota, l’intera eco-nomia mondiale, non si può dire che sitrattò di un fulmine a ciel sereno. I se-gnali di un sistema gonfiato all’inverosi-mile, che non poteva essere in grado direggere, erano tanti e chiari: numerosieconomisti avevano lanciato da tempol’allarme. Ma gli interessi in gioco eranotroppi e non furono ascoltati. E se non

basta neppure la storia recente a con-vincere i tifosi del “tanto poi figurati senon aggiustano tutto”, vale la pena dareuno sguardo ai dati finanziari più recen-ti registrati nel mondo del pallone.

Un “rosso” da 1,6 miliardi di euroNel 2010, secondo i dati della Uefa, i 665club professionisti europei che giocanonelle prime divisioni (le varie Serie A),hanno raggiunto perdite complessivepari a 1,6 miliardi di euro. Si tratta del36% in più rispetto all’anno precedente

(vedi Valori di dicembre 2010/gennaio2011): in rosso, ormai, figura il 56% dellesquadre. Cifra che risulta ancora peg-giore (si arriva al 75%) per le “big”, ovve-ro quelle realtà i cui ricavi annuali sonostati superiori ai 50 milioni di euro. E il2010 non è di certo derubricabile comeun annus horribilis provocato solo dallacrisi: se si considerano gli ultimi cinqueanni il “rosso” totalizzato dal mondo delpallone è pari a 4 miliardi di euro. Un bu-co ripianato solo parzialmente dagliazionisti dei club, che hanno iniettatocapitali per 3,4 miliardi: i fondi propridelle società sono perciò diminuiti com-plessivamente di 600 milioni di euro. Alpunto che, sempre nel 2010, il volumedell’esposizione debitoria è stato supe-riore al valore dichiarato degli asset inoltre un terzo dei casi.

In “rosso” figura ormai il 56%delle società di calcio (il 75%tra le “grandi”). E, intanto, i fondi propri sono diminuitidi 600 milioni di euro

I risultati operativi delle 665 società di calcio europee di prima divisione continuano a peggiorare: il “buco” è cresciutodel 36% in un anno. Il rischio è sempre più quello di un’esplosione imminente, nonostante i buoni propositi dell’Uefa

diAndrea Barolini

Sgonfiamo il pallone del foot-business

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 37 |

| finanzaetica |

E spesso a non essere pagate sonoanche le tasse. In Spagna sono state pre-sentate perfino interrogazioni parla-mentari sul tema e il governo ha specifi-cato che le società di Liga, Primera eSegunda Division hanno debiti con loStato per la cifra astronomica di 752 mi-lioni di euro. Il tutto mentre le manovrelacrime e sangue pesano sempre più sul-le spalle della popolazione. Ma vuoi met-tere dover rinunciare a un Barça-RealMadrid stellare? Panem (quando c’è) etcircenses, dunque: ricetta millenaria, masempre attuale.

Alti ricavi, ma alte speseA confermare il quadro di una bolla incontinua espansione ci sono poi i dati re-lativi ai ricavi. Un’analisi del mensileeconomico francese Alternatives Econo-miques sottolinea come il netto degrada-mento dei conti delle società non sia sta-to dettato in alcun modo da un calo deiricavi. Al contrario, questi ultimi sonocresciuti anche negli anni della crisi e lohanno fatto anche più velocemente delProdotto interno lordo: sono passati dai12 miliardi di euro del 2009 ai 12,8 miliar-di del 2010, salendo perciò del 6,5%. Unacrescita – garantita soprattutto dall’au-mento delle entrate derivanti dai dirittitv, salite del 12% dal 2006 al 2010 – solo dipoco inferiore alla media degli ultimicinque anni (+9%).

Il rosso è stato causato piuttosto dal-l’esplosione delle spese, passate dai 9,2miliardi del 2006 ai 14,4 del 2010. Così, sele squadre che spendevano oltre il 100%del loro giro d’affari erano pari a 55 nel2008, sono diventate 73 nel 2008 e 78 nel2010. Il tutto soprattutto per pagare itrasferimenti e gli stipendi di calciatori,

dirigenti e altri dipendenti, il cui peso suibilanci è aumentato in media del 14% al-l’anno dal 2006 in poi, per raggiungere lacifra di 8,2 miliardi di euro.

Calcio & alta finanzaCome si è arrivati a questa situazione? Sipuò dire che a causare la crescita delfoot-business sia stata in buona parte lascelta di percorrere una via mutuata dalmondo della finanza. Fatta di rincorsasfrenata ai risultati nel breve termine, diaumento sconsiderato della “leva”, di ri-corso massiccio agli artifici contabili (inparticolare i giochi delle plusvalenze, di-ventati, soprattutto qualche anno fa, fa-mosi quasi quanto i calciatori).

Quasi tutte le grandi squadre, adesempio, hanno intrapreso una corsa al-l’accaparramento dei giocatori. Costiquel che costi. Nell’ultima stagione, la

2011-2012, si è toccato il record di acquisti:10 in media per ciascuna squadra. E perciascun trasferimento occorre non solopagare il cartellino del calciatore sottocontratto con un altro club, ma anche in-dennizzare quest’ultimo e pagare (lauta-mente) gli agenti degli stessi giocatori. I prezzi complessivi, dunque, crescono adismisura e i dirigenti scelgono la formu-la più scontata e rischiosa: il “pagherò”.Nel 2010 in tale voce erano accumulati 2,3miliardi di euro. Qualcosa come il 18% delgiro d’affari dei club.

Un simile andamento, da un punto divista economico, è evidentemente inso-stenibile. Anche la Uefa se ne è accorta eha affidato la nuova regolamentazioneal cosiddetto “fair play finanziario” (vedibox). Difficile dire se basterà a sgonfiareun po’ il pallone del foot-business, evi-tandone il “botto”.

| 36 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| finanzaetica | bolla calcio |

Per tentare di mettere fine alla spirale finanziaria in cui si è infilato ormai da anni il calcio europeo, l’associazione delle federazioni, Uefa, ha deciso di imporre nuoveregole per le squadre. Il presidente Michel Platini è convinto, infatti, che, per renderepiù sostenibili i conti dei club, sia sufficiente impedire di spendere più di quanto si sia guadagnato. A tale norma è stata affiancata anche una serie di discipline che spaziano dalla capacitàdi finanziare il proprio funzionamento all’assenza di “rosso” nei bilanci e di debiti nei confronti dei giocatori (come nel caso di stipendi non pagati). L’Uefa, ad esempio,non tollererà un deficit su tre anni superiore ai 5 milioni di euro. Ma a ciò si arriveràgradualmente: l’organismo europeo imporrà, infatti, un tetto massimo di 45 milioni di euro per il 2013-2014 e di 30 milioni sui tre anni successivi. Ciò, tuttavia, a condizioneche gli azionisti accettino di finanziare lo stesso disavanzo attraverso un aumento delleloro partecipazioni. Ancora, sarà obbligatoria per ciascun club la presentazione di un piano dettagliato di ritorno all’equilibrio finanziario nei casi in cui la massasalariale superi il 70% del bilancio o se la stessa sia maggiore rispetto al giro d’affari.Il tutto sarà verificato da un panel interno alla Uefa a partire dal 2013 (sugli esercizi2011 e 2012). Va però detto che non sarà possibile comminare alcuna sanzione primadel 2014. A quel punto alle società meno virtuose potrebbero essere impostepunizioni particolarmente dolorose: dal divieto di poter operare sul calciomercatoall’esclusione dalle competizioni sportive internazionali.Il pacchetto di “fair-play finanziario” è stato giudicato «una bellissima vittoria per laUefa» dallo stesso Platini, in occasione dell’apertura del 36° congresso a Istanbul. Cisarà da verificarne ovviamente l’efficacia. Intanto, però, basandosi sui nuovi criterieuropei, il 44% delle società di calcio del Vecchio Continente sarebbe stato bocciatonel triennio 2008-2010. Anche per questo numerose squadre – piuttosto che rimettere a posto i propri conti – potrebbero pensare a ricorrere alla giustiziaeuropea, qualora dovessero essere sanzionate. Lamentando, ad esempio, un attentato alla libera concorrenza. A.B.

DAL 2013 VIA AL “FAIR-PLAY FINANZIARIO”IL 44% DEI CLUB NON È IN REGOLA

SERIE A-LLARMEUn recente rapporto presentato a Roma da Abi, Figc, Arel e PricewaterhouseCoopersevidenzia come, anche per il calcio nostrano,la situazione non sia affatto rosea.L’indebitamento totale nella Serie A è pari a 2,6 miliardi di euro (per la stagione 2010-2011), in aumento del 14% rispetto a un anno prima. Le perdite nette sonoinvece pari a 428 milioni, anch’esse in nettoaumento (+23%).

Page 20: Mensile Valori n. 99 2012

| 38 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 39 |

| network planetario || inumeridellaterra |

Con la sua crescita vertiginosa, larete ideata da Mark Zuckerbergarriverà a “cannibalizzare” la

concorrenza? Sembra che il destino siaquesto. Almeno stando ai dati di vin-cos.it, il blog gestito dal social mediastrategist italiano Vincenzo Cosenza, or-mai affermatosi come un punto di riferi-mento a livello internazionale per chi sioccupa del mondo del Web 2.0. La mappaglobale dei social network, solo nel mesedi giugno del 2009, mostrava un panora-ma variegato: 19 i social che erano riusci-ti a mantenere il primato in un territorio,dal polacco Nasza Klasa all’unghereseiWiW, dal californiano Hi5 all’arabo Mak-toob. Ma la marcia di Facebook proseguea tappe serrate: fino ad arrivare allo sce-nario del mese di dicembre dello scorsoanno, in cui deteneva la leadership addi-rittura in 127 Paesi sui 136 analizzati.

EgemoniaFacebook

FON

TE: S

OCIA

LBAKERS.C

OM

(PER F

ACEBO

OK E

LIN

KED

IN) - T

HE B

LOG

HERALD

(PER T

WIT

TER)- IL

LUSTRAZIO

NE: D

AVID

E V

IGAN

Ò

diValentina Neri

Facebook

Linkedin

Twitter ARGENTINA

18.3

34.8

801.

728.

737

AUSTRALIA

10.8

88.8

202.

799.

320

BELGIOA

1.03

8.19

8

BRASILE

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

CINA

1.93

8.61

4

COLOMBIA

16.4

08.

040

EGITTO

10.7

32.3

60

FILIPPINE

27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

FRANCIA

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0

GERMANIAF

23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

GIAPPONE

29.9

00.

00

0

INDIA

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

ITALIA

21.7

21.9

402.

819.

476

MALESIA

12.4

57.5

60

OLANDA

3.13

4.62

8

PAKISTAN

998.

402

REGNO UNITO

30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

SPAGNA

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

STATI UNITI

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

1.57

5.95

7

SUDAFRICA

11.9

49.3

80

TAIWAN

14.2

88.3

20

THAILANDIA

31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIA MESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

1.57

5.95

7

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

EUROPA231.338.1201.

575.

957

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

AMERICA DEL NORD220.207.2401.

575.

957

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

AMERICA DEL SUD115.071.7601.

575.

957

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

ASIA217.718.4201.

575.

957

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

AFRICA40.520.5801.

575.

957

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

OCEANIA13.613.720

845 milioniGLI ISCRITTI A NEL MONDO

1.57

5.95

7

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

1.57

5.95

7

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

1.57

5.95

7

11.9

49.3

80

14.2

88.3

20 31.3

15.8

6098

4.96

0

TURCHIATHAILANDIATAIWANSUDAFRICASTATI UNITISPAGNAREGNO UNITOPAKISTANOLANDAMESSICOMALESIAITALIAINDIAGIAPPONEGERMANIAFRANCIAFILIPPINEEGITTOCOLOMBIACINACANADABRASILEBELGIOAUSTRALIAARGENTINA

17.2

60.1

605.

118.

842

7.00

0.0

00

44.1

84.1

606.

864.

270

33.3

00.

00

0

18.3

34.8

801.

728.

737

10.8

88.8

202.

799.

320

1.03

8.19

8

1.93

8.61

4 16.4

08.

040

10.7

32.3

60 27.9

34.0

00

937.

886

8.0

00.

00

0

24.0

68.6

00

3.22

4.58

0 23.2

14.8

00

1.50

4.58

2

29.9

00.

00

0

45.8

68.1

2013

.352

.622

13.0

00.

00

0

21.7

21.9

402.

819.

476

12.4

57.5

60

33.9

39.4

402.

136.

766

11.0

00.

00

0 30.1

57.3

00

8.36

7.732 23

.80

0.0

00

15.9

23.2

00

2.63

1.81

88.

00

0.0

00

3.13

4.62

8

998.

402

INDONESIA

43.5

14.8

4094

6.30

019

.50

0.0

00

58.5

26.1

5410

7.70

0.0

00

154.

760.

400

Argentina 18.334.880 1.728.737 Australia 10.888.820 2.799.320 Belgio 1.038.198 Brasile 44.184.160 6.864.270 33.300.000Canada 17.260.160 5.118.842 7.000.000Cina 1.938.614 Colombia 16.408.040 Egitto 10.732.360 Filippine 27.934.000 937.886 8.000.000Francia 24.068.600 3.224.580 Germania 23.214.800 1.504.582 Giappone 29.900.000India 45.868.120 1.3352.622 13.000.000Indonesia 43.514.840 946.300 19.500.000Italia 21.721.940 2.819.476 Malesia 12.457.560 Messico 33.939.440 2.136.766 11.000.000Olanda 3.134.628 Pakistan 998.402 Regno Unito 30.157.300 8.367.732 23.800.000Spagna 15.923.200 2.631.818 8.000.000Stati Uniti 154.760.400 5.8526.154 Sudafrica 1.575.957 Taiwan 11.949.380 Thailandia 14.288.320 Turchia 31.315.860 984.960 Usa 10.7700.000

Page 21: Mensile Valori n. 99 2012

Il cantiere della Maddalena, da dove dovrebbepartire il tunnell esplorativo, viene presidiatodalla forza pubblica

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 41 |

| opere insostenibili |

| 40 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

Interessi minerari dietro il tunnel? > 44Riso, la crisi alle porte dell’isola felice > 46Il web in rivolta contro la Coop “anti-liberalizzazioni” > 50Crediti per le aziende. I cittadini fanno da garanti > 52

economiasolidaleGIORGIO PERROTTINO / REUTERS

il buco senza fondoTav,

“Opera strategica” che ci por-ta dentro l’Europa e versoil futuro o che al contrario

ci colloca inesorabilmente ai “margini”del mondo sviluppato se non viene at-tuata: è quanto affermano i sostenitoridel progetto. Opera inutile e dannosache ci indebiterà inghiottendo denaropubblico per almeno 20 anni: è, invece,quanto sostengono gli abitanti dellaValsusa e moltissimi italiani, compresi360 tra accademici, tecnici e intellettua-li che hanno firmato a febbraio un ap-pello che invita il Primo ministro, MarioMonti, a ripensare la linea ferroviariaTorino-Lione.

Sul Treno ad alta velocità (Tav) chedovrebbe attraversare la Valsusa, la con-trapposizione tra le parti è totale e ha as-sunto le caratteristiche di uno scontronon spiegabile con la sindrome del nimby,non nel mio cortile di casa. C’è molto dipiù infatti: c’è un cumulo di bugie e falsenotizie grandi come quel massiccio del-l’Ambin che dovrebbe essere attraversa-to per 57 km dalla galleria di base. Veri epropri “depistaggi” dell’opinione pubblicadai quali si capisce che è in gioco la demo-crazia e che ruotano attorno a un punto

La protesta contro la linea ferroviariaad Alta velocità, che dovrebbeattraversare la Val di Susa,non rappresenta l’egoisticarivendicazione di una comunità che non vuole essere disturbata. Ma un richiamo a riconsiderareun’opera che aumenterà senzalimiti il debito pubblico

di Paola Baiocchie Alberto Nigro

Page 22: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 43 |

Assieme al tunnel geognostico, daChiomonte partono anche alcune ma-croscopiche incongruenze del progetto:l’obiettivo dell’esplorazione è conosce-re il territorio in cui sarà scavato il tun-nel di base. Ma la Valutazione d’impattoambientale (Via) fa acqua da tutte leparti e, per strane coincidenze, il cuni-colo passerà nella montagna da cui l’E-nel progettava di estrarre uranio a fineanni ’80 (vedi ). Ma nella Via non sene parla.

Il percorso previsto è poi piuttostocurioso. Esaminando la cartografia asso-ciata alla Via del cunicolo, reperibile sulsito della regione Piemonte, sorgono duedubbi. Il primo è: come mai solo metà delcunicolo si trova sul tracciato del tunneldi base (4 km di scavi su 7,5 totali servo-no per raggiungere l’area d’interesse). Ilsecondo è: perché non si è partiti da Ve-naus, il Comune sull’altro lato della mon-tagna che è situato proprio lungo il trac-ciato del tunnel di base.

Fa notare Mario Cavargna, ingegne-re ambientale, presidente dell’Associa-zione Pro Natura e autore del docu-mento Altre 150 brevi ragioni tecnichecontro il Tav in Val di Susa: «Venaus eragià stato scelto come partenza del tun-nel geognostico, per ragioni tecniche edeconomiche: Chiomonte è 200 metri piùalto di Venaus e, infatti, i primi 500 me-tri del tunnel della Maddalena non po-

BOX

| economiasolidale |

| 42 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale |

centrale: grazie al meccanismo economi-co con cui viene finanziata la Tav è uninesauribile bancomat per i privati cheeseguono i lavori, perché garantiti dafondi pubblici (vedi a Ivan Cic-coni). Gli stessi fondi pubblici poi, che sidice non esistano per pagare le pensionidi chi ha firmato un “esodo” concordatocon la propria azienda, ma non può acce-dere all’assegno previdenziale per viadella riforma Fornero, che ha allungato ilperiodo lavorativo.

Scavare con un cucchiaino1.300 euro a centimetro potrebbe essereil costo finale della Tav. Ma potrebbe co-stare anche 5.000 euro al cm o più, se siincontrassero imprevisti scavando e se,per completare i circa 265 km dell’opera,si spendessero più di 35 miliardi, la cifraattualmente ipotizzata da chi si opponealla Tav. Cifra ben diversa dagli 8,2 mi-liardi di euro, da dividere con la Francia,che il Governo dichiara nel documentopubblicato a marzo Tav Torino-Lione, do-mande e risposte (www.governo.it/Go-vernoInforma/Dossier/TAV/domande_risposte.pdf).

In questo giro di miliardi chi eseguirài lavori ha tutto l’interesse a trovare in-toppi che ne prolunghino la durata, per-ché saranno comunque coperti dal dana-ro dei contribuenti, che dovranno pagaresenza poter esercitare alcun controllo,

anche se si decidesse di scavare con uncucchiaino d’argento.

In questo contesto, sostiene la pro-fessoressa Paola Villani (vedi ), èautorizzata qualunque operazione – an-che di eterodirezione delle opinioni –che renda più complicati i lavori, che po-trebbero anche diventare l’occasioneper “altri affari” come la ricerca o l’estra-zione di minerali.

Chiomonte, il mistero del tunnel geognostico Il 30 giugno 2011 è stato inaugurato ilcantiere della Maddalena, a Chiomonte.

Da qui prenderà via il tunnel geognosti-co, che serve per verificare a cosa si vaincontro scavando nella montagna.L’area è stata dichiarata di “interessestrategico nazionale” e la sua difesa daparte della forza pubblica, secondo LaRepubblica e Il Fatto, costa 90 mila euroal giorno. Nel 2013 partirà la costruzionedel tunnel base di 57 km per collegare l’I-talia alla Francia, annuncia Ltf (LyonTurin Ferroviaire), la società per azionidi diritto francese creata nel 2001, a ca-pitale pubblico, di cui sono azionisti al50% Rete ferroviaria italiana (Rfi) e Ré-seau ferré de France (Rff). Peccato chein Francia abbiano impiegato 5 anni percostruire 9 km di discenderie, i tunnelgeognostici e di servizio, finora gli uni-ci lavori compiuti dai cugini d’Oltralpe.

INTERVISTA

INTERVISTA

di Paola Baiocchi

La bugia dei privati che finanziano le grandi opere e il “contraente generale” che fa lievitare i costi

Nel 1997 Ivan Cicconi, ingegnere ed esperto di appalti pubblici, ha scritto Storia del futuro di Tangentopoli. L’ultimo capitolo di quel libro si intitolava Alta velocità: ovvero la storia del futuro di Tangentopoli. Vi si delineavano i contorni del “sacco” del denaropubblico che ancora oggi non siamo riusciti a scardinare, a 15 annidi distanza da quello scritto e a 21 dalla presentazione al pubblico

dell’Alta velocità (Av) fatta da Lorenzo Necci, con i presidenti di Iried Eni e l’amministratore delegato di Fiat, il 7 agosto 1991. Sul perché ci manchi lo strumento politico in grado di difendercidal “furto continuato” che l’Av rappresenta, parleremo in un altromomento. Con Ivan Cicconi, tra i primi firmatari dell’appello dei 360 al premier Mario Monti e attualmente in giro per l’Italia a presentare Il libro nero dell’Alta velocità, il futuro di Tangentopolidiventato realtà, vogliamo parlare dei meccanismi economicidietro queste grandi opere.

Perché i lavori per l’Alta velocità in Italia durano e costanomolte volte di più che nel resto del mondo?«La ragione è nelle numerose bugie che hanno accompagnato la realizzazione di questa grande opera. La prima bugia è stataquella del finanziamento privato. Il project financing con il qualel’Av è stata finanziata in Italia prevedeva che il 60% fosse messodai privati: in realtà i prestiti verso le banche sono stati attivati

da Tav SpA, società a capitale misto costituita appositamentedalle Ferrovie, e garantiti totalmente dallo Stato. I privati nonhanno mai messo capitali. Il sistema del general contractor,istituzionalizzato con la Legge obiettivo del 2001, è un altroresponsabile della lievitazione dei costi. Perché il committente – cioè lo Stato italiano – trasferisce tutti i suoi poteri di pianificazione, progettazione, realizzazione e controllo dei lavori, al contraente generale che, essendo completamentepagato dal committente, ha tutto l’interesse a far durare moltol’opera e a far aumentare i costi. Inoltre, dovendo controllare se stesso, il general contractor troverà che qualsiasi lavoro va bene. Soprattutto se costa molto».

È l’Europa che ci chiede l’Alta velocità?«Assolutamente no: l’Unione europea chiede unificazione degliscartamenti, integrazione delle tecnologie, eliminazione di ostacolialle frontiere. L’Italia è l’unica a voler fare l’Av, anche il Portogallo

ha cancellato dai propri programmi il progetto Av Lisbona-Madrid, che fa partedel famoso corridoio 5. In Francia non c’èancora niente, il progetto è in fase di dibattito pubblico (Débat public)».

E in Italia?«Siamo governati da degli apprendististregoni che non sanno di che cosaparlano e che rifiutano ogni confrontotecnico: il vice di Passera ha dichiaratoche se non si fa l’Av sulla Torino-Lione

salta il progetto prioritario 6 Lione-Budapest, mentre in Slovenia e in Ungheria di Av non c’è alcuna traccia.Monti dice che l’Alta velocità è una necessità e che presenterannol’analisi costi/benefici. Ma come si può affermarlo senza primaaverne analizzato i costi e i benefici?».

Furto continuatoad Alta velocità

LIBRI

Ivan CicconiIl libro nerodell’Alta velocitàKoiné nuove edizioni, 2011

SITOGRAFIAOsservazioni al documento del Governo “TAV Torino Lione - domande e risposte”http://www.cmvss.it/item.asp?i=873&stile=0Per leggere l’appello dei 360 firmatari al presidente del Consigliohttp://www.notav.eu/modules.php?name=ePetitions&op=more_info&ePetitionId=1Altre 150 brevi ragioni tecniche contro il Tav in Val di Susawww.pro-natura.it/torino/pdf/150ragionitav.pdf

CRONOLOGIA1991: viene siglato l’accordo tra Francia e Italia per la costruzione di un nuovo tunnel che attraversi il Moncenisio

1993: vertice di Roma, si decide di avviare il progetto e di costituire Alpetunnel per gli studi di fattibilità

1994: riconoscimento della realizzazione della Torino-Lione come progetto prioritario europeo

1996: istituzione della Commissione intergovernativa italo-francese per coordinare il progetto

2001: accordo intergovernativo italo-francese per la realizzazione della nuova tratta ferroviaria, nasce Ltf Sas (Lyon Turin ferroviaire) società per azioni, di diritto francese, i cui azionisti al 50% sono Rete ferroviaria Italiana (Rfi) e Réseau ferré de France (Rff)

2003: approvazione del progetto preliminare della Torino-Lione da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica in Italia (Cipe)

2004: conferma dell’asse Lione-Lubiana tra i 30 progetti di interesse comune per lo sviluppo della rete europea dei trasporti, da realizzarsi entro il 2020

2005: si intensificano gli scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, raggiungendo l’apice a Venaus, previsto punto di partenza del tunnel di base e del cunicolo esplorativo

2006: dopo le forti opposizioni locali espresse in Valsusa, avvio della concertazione in Italia tramite l’Osservatoriotecnico che coinvolge gli Enti locali coordinati dal Commissario del governo, Mario Virano

2008: approvazione del rapporto di studi dell’Osservatorio tecnico che include le proposte di orientamento per il futurotracciato in Valsusa, e comporta il definitivo cambio di tracciato da Sinistra Dora a Destra Dora; viene variata l’uscita del tunnel, prevista a Venaus, prima a Chiomonte e poi a Susa

2011: avvio del cantiere del cunicolo esplorativo della Maddalena nel comune di Chiomonte

30 gennaio 2012: Accordo italo francese a Roma. Il testo resta segreto: i parlamentari affermano che è l’accordo che sblocca la situazione e da il via ai lavori. I No Tav riescono ad averne copia e svelano una bugia, citano testualmente:“non ha per oggetto di permettere l’avvio dei lavori definitivi della parte comune”

2 marzo 2012: Monti annuncia che “l’opera è necessaria”

FONTE: NOSTRA ELABORAZIONE SU DATI LTF, NO TAV

Per il tunnel esplorativo della Maddalena si scavanella stessa zona dove l’Agip nelle sue ricerche haindividuato molti affioramenti di uranio

Page 23: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 45 |

fare i lavori, perché sto facendo un in-credibile tunnel ferroviario».

Quindi presume che stiano cercando uranio?«Se fossi una persona che cerca minerali,cercherei uranio e non solo, anche qual-siasi minerale prezioso per l’industria:fra i tanti viene in mente il tantalio, chespesso accompagna la presenza di ura-nio; le serpentiniti tipiche della zona etanti altri. Ma è una valle ricchissima,quindi non escludo che si possano trova-re altri materiali».

Professoressa, lei è favorevole alla Tav.Come mai? «Da trasportista dico che fare il trenoha senso, fare il tunnel no. Se si è sceltodi andare in galleria è solo perché con-viene. Se io fossi uno statista, invece, di-rei che conviene fare il tunnel. Va fattocon una società italiana, assolutamentetrasparente e tutto quello che si guada-gna dallo smaltimento degli scavi deveavere ricadute per l’intera Italia. In piùalla fine dello scavo, ci resta, e sottoli-neo, ci resta, il tunnel per la ferrovia. Perquesto sono d’accordo. Da ambientali-sta direi che è un’opera assolutamentesenza senso, c’è già il collegamento. La li-nea ferroviaria che esiste potrebbe esse-re migliorata, sistemando dei punti incui vi sono dei raggi di curvatura tali percui il treno non può andare oltre unacerta velocità. Se fossi un cittadino del-la Val di Susa direi: scavate pure, ma ri-partiamo gli utili».

| economiasolidale |

| 44 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale |

tranno essere scavati dalle talpe mecca-niche, ma manualmente, per l’eccessivadiscesa».

Cambiano il progetto e i costi, ma non gli esecutoriNel corso del tempo il progetto della Tavha subito variazioni in seguito alle pres-sioni esterne e i costi sono lievitati inmodo spaventoso, ma non è cambiato ilsistema di assegnazione delle opere.

Fino al 2006 il progetto della Tav pre-vede che il tunnel di base parta da Ve-naus. I Comuni che si giocavano la par-tenza del cunicolo esplorativo eranoVenaus e Chiomonte, dove c’è il sito ar-cheologico La Maddalena. Viene sceltoVenaus essendo più vicino in termini didistanza e altitudine.

Nel 2005 la costruzione di questo cu-nicolo esplorativo – 96 milioni di europrevisti – è assegnata con gara d’appalto,in seconda battuta, alla Cooperativa mu-ratori e cementisti di Ravenna (Cmc). Laprima gara d’appalto, invece, era statainvalidata dalle inchieste giudiziarie.

Nell’agosto 2006 Mario Virano vienenominato Commissario straordinariodell’Osservatorio Tav. Il progetto muta:si ipotizza che il tunnel base possa usci-re a Chiomonte, viene dunque spostatoanche il tunnel geognostico. Infine Chio-monte risulta troppo in alto per esserel’uscita del megatraforo: aumenterebbela pendenza della tratta e quindi vienescartato. La decisione ultima è che iltunnel di base sbuchi a Susa, ma il tun-nel geognostico rimane a Chiomonte.Cambia, però, il costo del cunicolo geo-gnostico, a fronte delle complicazionievidenziate nelle procedure dei lavori inFrancia, che sale a 143 milioni di euro lor-di (spesa approvata dal Cipe).

Non si fa una nuova gara d’appaltoperché il tunnel a Chiomonte vieneconsiderato “una variante della galleriadi Venaus” e quindi i lavori restano allaCmc.

Negli anni ’70 l’Agip ha effettuato diverse ricerche per individuare eventualigiacimenti di uranio in Valsusa. I risultati delle analisi rivelarono la presenza di 28 affioramenti, ma annunciarono: «nessuno d’interesse tale da giustificarel’inizio di una coltivazione». Eppure nel 1982 l’allora direttore generale degli Affariambientali dell’Enel, Marcello Pagliari, dichiarava, intervistato da Mario Cavargna,ingegnere ambientale e presidente dell’Associazione Pro Natura: «Dopo che saràapprovato il programma nucleare (Enel 1985) si metterà in cantiere lo sfruttamento delle riserve nazionali. Le potenzialità della Valle di Susa sononote, la miniera che prevediamo di aprire sarà a Chiomonte e si può calcolare checominceremo le pratiche entro tre anni dall’approvazione del programma».Dalle parole dell’allora funzionario di Enel sembra, quindi, che di uranio in quantitativi adatti per una miniera ce ne fosse, ma si aspettava che si sviluppasse un programma adeguato per metterla in opera. Poi l’incidente di Chernobyl e i referendum del 1987, che hanno bloccato il nucleare in Italia,hanno anche fermato i progetti estrattivi. Che però rialzano la testa, seguendole fluttuazioni del prezzo dell’uranio: per esempio nel 2007, quando il prezzo del minerale è aumentato del 250%, l’Osservatorio tecnico ha elaborato il tracciato alternativo con partenza a Chiomonte - La Maddalena.Le due miniere abbandonate, secondo Mario Cavargna, sono: «a circa 1.000-1.100 metri di quota, non abbastanza in alto per escludere che all’internodella montagna le vene uranifere arrivino 3-400 metri più in basso e possanoessere incrociate dagli scavi del tunnel geognostico».«Qualsiasi tracciato scavato in Val di Susa comporta l’attraversamento di roccepotenzialmente reattive in alcuni tratti», dichiara Marco Gattiglio, docente del corso di Scienze geologiche dell’Università di Torino, che però assicura chesul tracciato del tunnel di base «non si trovano rocce amiantifere, come non vi sono minerali utili estraibili». Sull’uranio Gattiglio afferma inoltre: «Abbiamostudiato la posizione geografica delle concentrazioni uranifere, io escludo che il tunnel di base vada a intersecare queste concentrazioni».Diversa è la posizione di Massimo Zucchetti, laureato in fisica nucleare, docentedell’Università di Torino nonché firmatario del documento presentatorecentemente dalla Comunità Montana della Valsusa in risposta alle 14domande e risposte del Governo.Per Zucchetti l’uranio è una certezza di cui si deve tenere conto nello smaltimentodel materiale estratto e per le conseguenze sulla salute dei lavoratori, degliabitanti delle valli e per l’ambiente: «Sono state fatte delle analisi che non hannorilevato presenza di uranio; ma, se si paragonano dei prelievi sporadici ed effettuati in superficie con una galleria a due canne lunga 57 chilometri, in quella zona lì bisognerebbe avere davvero fortuna a non incrociaredell’uranio». A.N.

TUNNEL ESPLORATIVO DELLA MADDALENA:C’È URANIO NELLA MONTAGNA

Nel 2005 la Cmc di Ravennasi aggiudica lo scavo deltunnel di Venaus. Per quello di Chiomonte non si fa la gara

La professoressa Paola Villani, do-cente della sezione Infrastrutturedel Diiar-Politecnico di Milano, ha

dichiarato in un’intervista alla trasmis-sione Radioattiva di Poliradio (la web-ra-dio dell’Ateneo) che dietro la costruzionedella Torino-Lione potrebbe esserci l’in-teresse ad individuare minerali rari. Leabbiamo chiesto maggiori dettagli.

Ci sono interessi nascosti dietro la costruzione della Torino-Lione?«L’uranio ha importanti ricadute ambien-tali negative, ma anche ricadute economi-

che positive. Fa riflettere che la joint-ven-ture francese che ha dato l’avvio ai lavoriè partecipata da varie compagnie fra cuiAlsthom (importante gruppo ferroviario).Guarda caso, proprio Alsthom, dal 2004, èuna società partecipata da Areva, colossofrancese del nucleare».

Vuole dire che dietro la Tav Torino-Lione si può celare l’interesse economico legato all’estrazione di minerali?«Il potenziale business è rilevante: scavodove probabilmente c’è qualcosa che miconviene vendere e mi faccio pagare per

Interessi mineraridietro il tunnel?diAlberto Nigro

È noto che il processo di formazione delle rocce in Val di Susa (e in tutte le Alpioccidentali) è tipico di areecon giacimenti di materialipreziosi. Dall’oro al tantalio,una delle “terre rare” di cui l’industria ad altatecnologia ha fame

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

g-11l-10

g-10l-09

g-09l-08

g-08l-07

g-07l-06

g-06l-05

g-05l-04

g-04l-03

g-03l-02

g-02

PREZZO DELL’URANIO E DEL PETROLIO A CONFRONTO

Uranio U3O8 Indicatore del prezzo (gen 2002=100)

FONTE: EIA/INDEX MUNDI - COPYLEFT ECOALFABETA 2011

Abbiamo sottoposto le affermazionidella professoressa Paola Villani a Marilena Moroni, che insegna al dipartimento di Geologiadell’Università Statale di Milano. La docente evidenzia la differenzanetta tra lo scavare un tunnel o unaminiera – «non sarebbe sostenibile uncambio di obiettivo a opera iniziata» –e smentisce la possibilità che si stiamascherando l’estrazione di mineralipreziosi con la costruzione di un tunnel.In Val di Susa si possono trovare minerali

di vario tipo: «Le rocce presenti nell’areapossono potenzialmente contenere, oltreall’uranio e a filoni auriferi, anchemoltissimi altri minerali: stagno,tungsteno, molibdeno, rame, bismuto,piombo, zinco, argento, antimonio,arsenico, niobio (una delle “terre rare”utilizzata nell’industria ad altatecnologia, ndr), cromo, nichel, ferro,rame, elementi del gruppo del platino e tanti ancora. Ma ci vogliono studiappositi per essere sicuri dellapresenza di quelle risorse», continua

la professoressa. «Le compagnieminerarie spesso dedicano alla ricercadi un giacimento, in una certa area, studie analisi che possono durare anche piùdi un anno». L’esplorazione di mineralida estrarre è un processo incerto e costoso. Tanto che dagli anni ’80 la ricerca italiana in merito è in stallo.Sarebbe un ottimo investimento se un cunicolo scavato con l’obiettivodi studiare il tracciato del tunnel di base aggiungesse anche questepreziose informazioni. A.N.

UN’AREA MOLTO RICCA DI MINERALI

HTTP://EN.WIKIPEDIA.ORG

Page 24: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 47 |

perativo, raramente riescono a spunta-re prezzi sufficienti a coprire i costi diproduzione e le ore di lavoro spese. Tral’altro, in caso di muro contro muro, l’in-dustria – che a sua volta si giustifica coni prezzi troppo bassi pagati dalla Gdo –può sempre rivolgersi all’estero (le im-portazioni 2012 sono cresciute del 29%rispetto al 2011, con India e Pakistan aguidare la classifica, vedi ). A ri-durre l’effetto potenzialmente dirom-pente di tale dinamica ci sono le scelte diconsumo degli Italiani. Il 60% del risomangiato nel nostro Paese è della sotto-specie Japonica, della quale fanno partei famosi Carnaroli e Arborio, varietàconsumate praticamente solo in Italia.Il che rende più complesso importarledall’estero. Lo stesso non si può dire in-vece dei risi della sottospecie Indica,(25% dei consumi nazionali) per il qualela concorrenza estera è ben più consi-stente. «Il prezzo medio pagato a ton-nellata si aggira attorno ai 250-260 euro.

Inferiore di almeno 40-60 euro a quellonecessario per una remunerazione de-cente», spiegano i tecnici di Confagricol-tura. «Il calo della domanda da parte del-l’industria risiera ha innescato unareazione a catena. Se i prezzi del risone(il riso grezzo avviato alla trasformazio-ne, ndr) sono troppo bassi, i nostri pro-duttori non riescono a far fronte ai con-tinui aumenti dei prezzi di coltivazione,dal gasolio ai concimi: a questo puntoper le semine primaverili gli agricoltoripotrebbero orientarsi su colture piùredditizie come il mais e la soia».

Politica agricola comune “Una riforma scritta con i piedi”A peggiorare la situazione, la modificadei premi Pac, quella Politica agricola co-mune che ha rappresentato la salvezzaper molti settori: da quest’anno il premioagli agricoltori è del tutto indipendentedal tipo di prodotto coltivato. Un tot a et-taro e stop. «È una riforma scritta con i

GRAFICO

| economiasolidale |

| 46 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale | made in italy a rischio/puntata 14 |

Concorrenza internazionale, rap-porti sempre più complessi tra ivari anelli della filiera, margini di

guadagno erosi da costi di produzione increscita, diminuzione degli aiuti Pac (Po-litica agricola comune), pressioni deglispeculatori per convertire le colture allaproduzione di cereali da destinare a im-pianti di biogas, una legislazione nazio-nale lacunosa che non tutela le varietàtipiche. Anche il riso italiano, considera-to tutt’oggi dagli stessi addetti ai lavori“un’isola felice”, rischia di cadere sotto lelogiche perverse del mercato moderno.Nessun intento catastrofista. Solo l’esi-genza di non chiudere gli occhi davanti aquei nodi che potrebbero mettere in cri-si un gioiello produttivo che ha fatto laricchezza dei territori in cui storicamen-te è stato coltivato.

Le province del Po leader in EuropaLa filiera italiana del riso è in realtà unsettore produttivo concentrato attornoa quattro province: Vercelli, Novara, Pa-via, Milano. Da sole, con i loro 209 milaettari di coltivazioni, assicurano quasil’88% della produzione nazionale (vedi

) e poco meno della metà del risoprodotto in tutta l’Unione europea (l’Ita-lia è il primo produttore con il 52% del to-tale seguita, da lontano, dalla Spagnacon il 30%).

Una produzione piuttosto stabile,che da tempo si è attestata in una forbi-ce compresa tra poco più di 1,4 milioni ditonnellate e poco meno di 1,7 milioni, conun valore superiore ai 550 milioni di eu-ro. Una notizia tutto sommato positiva,considerando che anche i consumi, negliultimi sei anni, hanno oscillato tra 1,4 e1,5 milioni di tonnellate.

Con consumi e produzione stabili, gliaspetti da tenere in considerazione sonoquindi altri: l’andamento del numero diaziende produttrici e la concentrazionedel mercato di trasformazione nelle ma-ni di pochi gruppi industriali. Sul frontedei produttori, a partire dagli anni ’90 siè assistito a un crollo. O meglio: “a unaprofonda ristrutturazione aziendale”,come la definisce un documento di lavo-ro dell’Ente Risi. Dalle ottomila unitàproduttive del 1990 si è scesi alle 5.250del 2000. E l’anno scorso il numero eraulteriormente sceso: 4.700 unità. Dimez-zate in vent’anni. La superficie mediadelle aziende è passata dai 26 ettari del‘90 ai 41 del 2000 fino agli oltre 51 del 2011.Un fenomeno di concentrazione moltorilevante.

Sul lato opposto della filiera, l’indu-stria di trasformazione è da tempo inmano a quattro “big” che si spartisconooltre il 50% del mercato: Riso Scotti, Co-lussi (Riso Flora), Euricom (Curtiriso) eRiso Gallo. L’altra metà è invece parcel-lizzata fra un centinaio di riserie, moltedelle quali di tipo artigianale.

Scarso potere contrattuale per i risicoltoriI due fenomeni non sono direttamentecorrelati. Ma non c’è dubbio che, davantial forte peso dei quattro marchi nella fa-se di trasformazione, si riduca il poterecontrattuale dei risicoltori, che, ancheper la scarsità di organismi di tipo coo-

GRAFICO

Riso, la crisi alle portedell’isola felicediEmanuele Isonio

Riso Scotti, Colussi, Euricome Riso Gallo: i quattro “big”controllano la metà dellaindustria di trasformazione

Quattro province lungo il Po provvedono al 50% di tutta la produzioneeuropea. Ma il prezzo pagato dall’industria ai risicoltori è spesso insufficiente. In vent’anni dimezzato il numero delle unità produttive. L’unica strada per salvarsi è aumentare i raccolti. Ma il rischio sovrapproduzione è in agguato

0100.000200.000300.000400.000500.000600.000700.000800.000900.000

1.000.000

TotaleAltreregioni

EmiliaRomagna

MilanoPaviaLombardiaAltreprovincie

NovaraVercelliPiemonte

120

.30

0 (50

,5%)

74.000

34.900

84.800

15.400

12.400

86

9.1

60

(52

,9%)

100

.20

0 (42

%)

65

0.2

90

(39

,6%)

7.8

00

(3,3%

)5

4.7

30

(3,3%

)

10.1

00

(4,2%

)6

9.1

80

(4,2%

)

23

8.4

00

1.6

43

.36

0

VERCELLI, NOVARA, PAVIA, MILANO LE CAPITALI DEI CHICCHI ITALIANI

DATI PAC 2009

Superficie [ettari]Produzione risone [tonnellate]

01.0002.0003.0004.0005.0006.0007.0008.0009.00010.000

AltriCambogiaUruguayArgentinaBrasileSri LankaThailandiaPakistanIndia

IMPORTAZIONI AL GALOPPO

2010-112011-12

Alle sigle dei produttori agricoli e dei risicoltori non sonoproprio andate giù le parole pronunciate sul Corriere della Sera dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Sia per la sostanziale apertura in favore degli Ogm. Sia per averaccostato alcune specialità agricole italiane agli interventigenetici: «Senza l’ingegneria genetica oggi non avremmoalcuni fra i nostri prodotti più tipici. Il grano duro, il risoCarnaroli, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la viteNero D’Avola, la cipolla rossa di Tropea, il broccolo romanesco.Sono stati ottenuti grazie agli incroci e con la mutagenesi sui semi», ha dichiarato il ministro. Immediata la protesta dei produttori: «A differenza di quello che dichiara il ministro“tecnico”, l’ingegneria genetica e la transgenesi nulla hanno

a che fare con i prodotti citati, che subiranno un dannoeconomico dalle dichiarazioni superficiali. Bisogna conoscerela differenza tra gli incroci e gli ibridi rispetto all’ingegneriagenetica», replica Mauro Tonello, presidente di ColdirettiEmilia Romagna. E sul riso Carnaroli, in particolare, il Consorzio di tutela delle varietà tipiche del riso italianospiega: «È una varietà selezionata nel 1945 dall’incrocio tra Vialone e il Lencino. La responsabilità della conservazionein purezza è dell’Ente Risi, che non ha preso posizioni. Come mai? Un’altra stranezza: perché un ente pubblicovigilato dal ministero delle Politiche agricole, sovvenzionatodal lavoro degli agricoltori con una percentuale sulleproduzioni, non fa sentire la propria voce?».

CLINI: IL CARNAROLI È OGM. I RISICOLTORI INSORGONO

DALL’INIZIO DELLA CAMPAGNA LE IMPORTAZIONI IN ITALIA

SONO RISULTATE PARI A 25.000TONNELLATE BASE LAVORATO.

RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTETENDENZA ALL’AUMENTO +29%

NASCE LA FILIERA ITALIANADEL RISOL’obiettivo dichiarato è “restituire dignitàpiena e potere contrattuale ai produttori di riso”. È stata annunciata a metà marzo a Novara, su impulso di Coldiretti, la nascita della “Filiera Italiana Riso Sca Spa”. In una realtà frammentata come quella dei risicoltori, è un passo in avanti positivo. Dovrebbe permettere ai produttori di avere più potere per contrattare i prezzi a valle e a monte,rivendicando un prezzo che tenga contoanche del costo “giusto” alla produzione. Della nuova filiera potranno avvantaggiarsianche il centinaio di aziende di trasformazione del riso di carattereartigianale che oggi lavorano solo il 30% del prodotto disponibile e invece potrebberoavere flussi continuativi. Ma – assicurano i promotori – i vantaggimaggiori saranno per i cittadini, che beneficeranno di una maggioretracciabilità del prodotto dal campo al piatto.

Page 25: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 49 |

con una resa del 55%. Se, al posto del Car-naroli, si semina il Carnise, simile per for-ma e dimensioni, la produzione sale a 60quintali e la resa al 60%. Per chi coltiva, laconvenienza è evidente. Per le aziende ditrasformazione i vantaggi sono doppi:possono spuntare prezzi più bassi e riven-dere il riso con il nome del più pregiato ori-ginale. Quanto sia diffuso il fenomeno èpresto detto: secondo i dati ufficiali del-l’Ente Risi in Italia si producono circa 11mila tonnellate di riso Arborio. Ma, se siguarda al dato del consumo, ne risultanovendute quasi 40 mila tonnellate. Sotto ilnome “Arborio” sono quindi commercia-lizzate 30 mila tonnellate di altri risi.

La nuova legge porterà vantaggi?Qualche novità – ma non si sa di quale se-gno – potrebbe arrivare da un disegno dilegge (il n. 1909). Approvato nel novembre2009 dalla Camera, giace da un paio d’an-ni in commissione Agricoltura al Senato,dove i sostenitori della necessità di formedi tutela per le varietà tipiche si scontra-no con quanti vogliono introdurre “crite-ri di uniformità e parametri certi”. Di cer-to, un favore ai grandi marchi industrialiche vogliono avere le mani libere. «Dob-

biamo lasciare la possibilità a chi coltivaCarnaroli di continuare a farlo. E dobbia-mo mettere in condizione il consumatoredi poter scegliere liberamente», commen-

ta Domenico Pautasso, direttore dellaColdiretti di Vercelli. «Se in futuro nessu-no richiederà più Carnaroli, allora andre-mo verso i risi similari».

| economiasolidale |

| 48 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale |

piedi, soprattutto se non verranno intro-dotti correttivi per gli anni prossimi», silascia sfuggire un addetto ai lavori. «C’è ilrischio che i produttori si orientino versocolture a maggiore reddito, inseguendola chimera dei prodotti più remunerativie lasciandone scoperti altri, per i quali do-vremmo poi rifornirci dall’estero». Va poiconsiderato che il costo di coltivazionedel riso è più elevato di altri cereali: pro-durre una tonnellata di mais costa circa200 euro, contro i 300 euro del riso di va-rietà Indica e i 450-500 della varietà Ja-ponica.

Il pericolo “monsantizzazione”Da qui la tendenza alla concentrazionedelle aziende: sopravvive solo chi ha unacerta “massa critica” e se si aumenta laproduttività. «60-70 quintali per ettarocon una resa del 65-70% dopo il processodi raffinazione»: sarebbe questa la cifralimite che permetterebbe di avere suffi-cienti margini di guadagno, secondo glianalisti di Confagricoltura. Inevitabile,in questo scenario, la tendenza a preferi-re le varietà più produttive, a danno diquelle tradizionali (vedi ). E porteaperte alla ricerca genetica. Non per in-

trodurre Ogm ma per ottenere varietàibride che portano la produzione fino a100 tonnellate di risone per ettaro. In ap-parenza, la strada sembra auspicabile. Madue rischi sono dietro l’angolo: lo spau-racchio della sovrapproduzione, che fini-rebbe per vanificare sforzi e guadagni. E iltimore che il settore-riso finisca per esse-re dipendente dalle industrie che brevet-tano le varietà ibride. Il caso del mais, conil monopolio di Syngenta, Monsanto ePioneer, è un esempio perfetto. E il feno-meno di “monsantizzazione” potrebbenon essere relegato a un solo cereale.

ARTICOLO

Che cosa accadrebbe se le leggi ita-liane permettessero di venderecome parmigiano qualsiasi for-

maggio purché simile all’originale performa e dimensioni? O di etichettare co-me Brunello di Montalcino qualsiasi vinorealizzato con acini d’uva rossa purché digrandezza analoga a quella del celebrerosso toscano, indipendentemente dalluogo di produzione e dal loro sapore?Quello che, in altri settori enogastrono-mici, parrebbe assurdo anche ai profani èinvece possibile nel caso del riso.

Un favore ai grandi gruppiLa denuncia arriva dal Consorzio di tu-tela delle varietà tipiche di riso italiano:«Arborio, Carnaroli, Baldo, Roma, Balilla,Sant’Andrea sono varietà storiche dellanostra cultura culinaria (vedi ), mala legge italiana non le protegge», spiega

il presidente del consorzio, Piero Vercel-lone. «Anzi, permette di vendere come“Carnaroli” o “Arborio” altri risi simili performa ma non per qualità organoletti-che». L’importante, secondo la normati-va italiana è che i chicchi siano biometri-camente simili. Contano solo lunghezzae larghezza. «Ma così non si valorizzanole nostre eccellenze» prosegue Vercello-ne. Dal fenomeno si salvano solo i risiche hanno ottenuto i riconoscimenti Ue

(il Dop Baraggia e gli Igp Vialone Nanoveronese e Riso del Delta del Po).

Ovviamente da questo stato di cosequalcuno trae vantaggi (e nemmeno trop-po marginali). Per capire chi è, basta incro-ciare due dati: la produzione per ettaro diciascuna varietà e la resa (la percentuale diriso ottenuta dopo la raffinazione del riso-ne). Facciamo l’esempio del Carnaroli: lavarietà “originale” consente di otteneremeno di 50 quintali di risone per ettaro,

SCHEDE

I chicchi storici uccisi per legge?diEmanuele Isonio

Eccellenze italiane a rischio. La normativa attuale rendepossibile vendere come “originali” varietà di riso menopregiate, ma più produttive. L’importante è avere risi “biometricamente simili”: contano solo lunghezza e larghezza

CONOSCETE LE VARIETÀ TRADIZIONALI? ITALIANI DISTRATTI (SOPRATTUTTO AL CENTRO-SUD)

Totale rispondenti[%]

Nord ovest[%]

Nord est[%]

Centro[%]

Sud + isole[%]

Molto 12,1 21,2 14,2 7,7 5,8

Abbastanza 25,8 37,7 30,1 16,9 18,5

Così così 17,6 13,5 13,3 25,1 19,3

Poco 21,7 17,3 21,8 22,9 24,7

Niente 22,6 10,3 19,8 27,4 31,7

Non indicato 0,1 - 0,6 - -

Ringraziando il cielo (o meglio il Po e le sue zone paludose), i campi italianicoltivati a riso, oltre alla concorrenza estera, non devono guardarsi le spalleanche dal rischio cementificazione che invece sta minando il futuro di moltealtre produzioni agricole. Impossibile costruire palazzi dove i terreni sono invasidall’acqua. C’è però un altro nemico dal quale guardarsi: sono le pressioni persostituire il riso con le colture di altri cereali che possano essere destinati all’usocome biogas. Un fenomeno in crescita: «Ci sono sempre più società chegestiscono impianti di biogas a caccia di terreni» ammette un ricercatore diConfagricoltura. Viste le dinamiche di mercato, il compito di convincere icoltivatori non è proibitivo: per affittare un ettaro di terra con contrattoventennale, possono arrivare a offrire 1200 euro al mese. Un’offerta ghiotta pergli agricoltori, visti i magri guadagni ottenibili in altro modo. Ma, senza arrivareall’ipotesi estrema di cedere il proprio terreno e vivere di rendita, anchedecidere di passare dalle colture a scopo alimentare (le cosiddette “food”) aquelle per scopi non alimentari (le “non food”) offre vantaggi nient’affattotrascurabili. A parità di cereale coltivato, i costi per le colture non food sonoinfatti molto più bassi. Prendiamo il caso del mais: coltivarlo per scopialimentari costa 1500 euro ad ettaro contro i 1000 necessari se il cereale èdestinato a diventare biomassa. E ai risparmi nei costi si sommano i maggioriricavi: i 2200 euro del mais “food” salgono a 3500/4000 del mais “non food”.

QUEL NEMICO SILENZIOSOCHIAMATO “BIOGAS”

SETTE NOMI DA TENERE A MENTE

VIALONE NANOÈ il capostipite dei risi da risotto. Nasce nel1937 dall’incrocio

tra il Vialone e il Nano. Appartiene ai risi semifini, quindi presenta un corpopiccolo e tondeggiante, molto ricco di amilosio. È molto apprezzato per il chicco morbido e leggero. È ideale per le preparazioni di grande cucina, in alternativa al Carnaroli. Ha unaparticolare capacità di legarsi a zucche,lumache e selvaggina.

ROMAMolto simile al Baldo, il riso Roma è un altro superfino dai chicchi grossi e semiaffusolati, che assorbono

perfettamente qualsiasi condimento, pur rimanendocompatti e ben divisi. Per questo si può utilizzare bollitocome contorno in sostituzione del pane. Ma si è affermato nella ristorazione soprattutto per la realizzazione di timballi ed anche per risottimantecati, tipici della tradizione padana.

BALILLAÈ noto anche come riso originario:deriva infatti per selezione dalla primavarietà di riso coltivata in Italia, rimasta

l’unica fino a un secolo fa. È un riso dai chicchi piccoli etondeggianti, con un alto potere di assorbimento e di crescita in cottura. La varietà più adatta per minestre e zuppe, ma è assai utilizzato anche nelle crocchette, negli arancini e nei supplì.

S. ANDREADeriva per selezione dalla varietàRizotto. Appartiene al gruppo dei risi finied è caratterizzato da chicchi a struttura

compatta. Grazie a questa caratteristica è eccellentebollito e consumato come contorno al posto del pane. È comunque molto versatile: prodotto in particolare nel Vercellese, è soprattutto impiegato per i risottitradizionali e le minestre di riso.

ARBORIONato nell’omonimacittadina vercellese nel1946, per derivazione

della varietà Vialone, per decenni è stato considerato il riso italiano pereccellenza. Tra i risi nazionali è quellocon i chicchi più grandi. Il suo elevatocontenuto di amido lo rende perfettoper i risotti. La grandezza dei suoichicchi – la maggiore tra i risi italiani –conserva il nucleo interno, ricco di amido, sempre al dente.

CARNAROLIConsiderato il “re dei risi” da chef e appassionati, insieme

al Vialone Nano questo riso superfino è tra le eccellenze della produzioneitaliana,. Nasce nel 1945 dall’incrociotra il Vialone e il Lencino. Il suo amido,molto ricco di amilosio, rende i chicchialquanto consistenti. Ideale per i risottipiù raffinati, ma anche per le insalate di riso e tutte le preparazioni dell’altagastronomia.

BALDODerivato dall’Arborio, ilriso Baldo è una qualitàdi superfino di diffusione

recente (soprattutto in Lombardia) e ancora non molto conosciuta. Si staimponendo sul mercato grazie alla suaversatilità. I chicchi sono lunghi e grossicon struttura cristallina e compatta e un’ottima capacità di assorbimento. Il suo impiego ideale varia dai risotti, ai timballi, alle insalate fredde, ai risi al forno.

FONTE: ENTE NAZIONALE RISI

NDAGINE SUL CONSUMO DI RISO IN ITALIA

Page 26: Mensile Valori n. 99 2012

di mercato, il principio dell’accordo libe-ro tra le parti».

Quindi: nessun problema ad accetta-re il saldo delle fatture a 30 giorni quan-do si ha a che fare con i soggetti più de-boli («noi paghiamo già a 30 giorni efacciamo contratti scritti»). Il problemaè che, dietro il paravento della tutela deipiccoli, si consoliderebbe la posizione dichi è già molto forte. A sostegno di taletesi, Coop indica un dato: «La norma spo-

sta a favore dei produttori e a detrimen-to dei distributori una ingentissimamassa finanziaria (sei miliardi di liqui-dità), con evidenti impatti sul conto eco-nomico, ma soprattutto sugli equilibrifinanziari e patrimoniali delle impresecommerciali».

Un’analisi suffragata da due rappor-ti: quello di Mediobanca sui dati delleprincipali società italiane divise per set-tore e l’Annual detailed enterpreise stati-

stics on trade di Eurostat. Le due analisiindicano nello 0,8% annuo la redditivitàmedia della Gdo, contro il 3-4% dellagrande industria alimentare. «La nostraproposta, che non è stata accolta, indi-rizzava la tutela verso i produttori agri-coli e le PMI, ovvero verso quei soggettiche correttamente devono essere tute-lati e con i quali Coop vanta una lungastagione di confronti». Basterà per ri-comporre la frattura?

| economiasolidale |

| 50 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale | rapporti con i produttori |

Parlare di scontro frontale forse èeccessivo. Ma di certo al mondodell’economia solidale non è an-

data giù la posizione critica di Coop con-tro l’articolo 62 del decreto liberalizza-zioni approvato dal Parlamento a finemarzo. Basta leggere qualcuno dei com-menti apparsi su internet. Analisi rabbio-se e grida di dolore: «La Coop non sono io!Perché io mi comporterei molto più eti-camente verso soci, dipendenti e merca-to in generale». «Cosa sta diventando lanostra Coop?». «Coerenza e trasparenza.È quello che mi aspetto da Coop». «Da so-cio vorrei che Coop chiarisse quanto pri-ma la sua posizione».

La Gdo all’attacco dell’articolo 62Cerchiamo di ricapitolare la vicenda: lanorma della discordia ha imposto i con-tratti scritti per la cessione di prodotti ali-mentari. E ha stabilito che il pagamentodei beni deperibili dovrà avvenire entrotrenta giorni. Poche righe per un cambioepocale. Salutato con grande entusiasmodai coltivatori che da tempo denuncianotempi biblici per il saldo delle fatture. Vi-sto, al contrario, come il fumo negli occhida parte dei grandi gruppi della Gdo.«L’articolo 62 ci andrà a sottrarre tre mi-liardi di euro l’anno», attacca il direttoregenerale Conad Francesco Pugliese. «Cosìcom’è scritta la norma rende molto diffi-cile la negoziazione tra le parti. E viola l’in-dirizzo della Ue in tema di pagamenti», ag-giunge Giovanni Cobolli Gigli, presidente

di Federdistribuzione. Al coro di critichesi unisce anche Coop che, per bocca delpresidente del consiglio di gestione, Vin-cenzo Tassinari, giudica il decreto «unabomba, che contrasta con l’articolo 41 del-la Costituzione. Non è che un regalo allegrandi multinazionali e non ha niente del-lo spirito liberale. È solo un’ingessaturadel mercato».

L’appello del mondo gasistaParole – quelle dei vertici Coop – che han-no subito suscitato parecchia irritazionefra i consumatori critici. Pochi giorni ditam tam sul web e quella rabbia ha presola forma di un appello (consultabile e sot-toscrivibile al sito www.firmiamo.it). Nel-la lettera aperta, i promotori ricordano leradici dalle quali nasce Coop (le società dimutuo soccorso di fine ’800), denunciano ilmomento difficile dei piccoli produttori«attualmente in condizione di debolezza edipendenza nei confronti della grande di-stribuzione che, forte del suo peso, può im-

porre il prezzo, pagando poco e tardi».Sottolineano che in altri Stati europei giàesistono «i medesimi obblighi nei paga-menti che il decreto introduce in Italia». Epongono una serie di domande al princi-pale marchio della distribuzione italiana(vedi ). Cinque quesiti per un concetto:come si può dire di essere diversi rispettoal resto della Gdo e non sostenere unanorma che aiuta i produttori agricoli?

“Un favore all’agroindustria”La replica dei vertici di Coop all’appelloarriva a stretto giro. Ancora una volta,una lettera aperta. Più che una difesa,un rilancio. Per confermare la bontà del-la propria posizione e fugare i dubbi d’in-coerenza. L’articolo 62, secondo l’analisidi Coop, «non sarebbe un aiuto al mondoagricolo italiano, quanto un favore allegrandi industrie alimentari». Il nodostarebbe nel non prevedere alcuna di-stinzione tra i coltivatori e i big dell’a-groindustria. «Noi di Coop – si legge nel-la lettera – non crediamo che le stesseregole debbano valere per legge per i pic-coli come per le multinazionali che nonhanno certo bisogno di essere tutelate.Con queste deve valere, in un’economia

BOX

Il web in rivoltacontro la Coop “anti-liberalizzazioni”diEmanuele Isonio

Obbligo di contratti scritti e pagamenti entro 30 giorni. Coop critica la nuovanorma. Sul web il mondo dell’economia solidale protesta e lancia unappello. La replica dell’azienda: l’unico vero regalo è all’industria alimentare

LE CINQUE DOMANDE DELL’APPELLO1. Perché Coop, che si definisce corretta e riceve attestazioni di prestigio nell’ambito dell’eticità,

è critica nei confronti del provvedimento del governo, uniformando la propria posizione con il resto della grande distribuzione che non si comporta in modo corretto?

2. Perché Coop, che si dichiara difensore dei piccoli produttori, si scaglia contro un provvedimentoche per una volta protegge i deboli contro i forti?

3. Se Coop si comporta correttamente, perché teme un provvedimento che non fa nient’altro che obbligare tutti ad allinearsi a ciò che lei dice di fare già?

4. Possiamo conoscere con quali tempi Coop paga i suoi fornitori, in particolare quelli locali?5. Possiamo conoscere chi “del mondo agricolo ha convenuto sulle considerazioni” di Coop?

(la dicitura compare in un articolo del bollettino Consumatori di marzo scorso, ndr).

L’assemblea annuale dei Gruppi d’acquisto e dei Distrettidell’economia solidale (23-24 giugno a Golena del Furlo,Pesaro-Urbino) sarà l’occasione per verificare l’efficacia di un esperimento. Per la prima volta alla tradizionale riunionedel multiforme mondo di Gas e Des si arriverà con un testopreparatorio. Una sorta di bozza per il documento finale chesarà poi approvato al termine dell’assemblea marchigiana. La decisione è stata presa qualche settimana fa, nell’incontropreparatorio dell’evento di giugno. Un esperimentonell’esperimento è poi il metodo di costruzione della bozza di lavoro da portare all’assemblea: i membri del tavolo Reshanno creato una versione preliminare che è poi stata inviataagli animatori dei distretti, che a loro volta l’hanno sottopostaai Gas del proprio territorio. «L’obiettivo – spiega AndreaSaroldi di Rete Gas – è quello di ottenere commenti e proposte di modifica, per arrivare a giugno con un quadrodei temi cari al movimento gasista». E per avere risposte

alle tre domande che rappresenteranno il fulcro dellariunione 2012: in questa fase di transizione come vuolemuoversi l’universo gasista? Com’è possibile rapportarsiefficacemente con le amministrazioni pubbliche? Com’è possibile lavorare a percorsi culturali comuni?«Speriamo che l’idea di redigere un testo preparatorio possaessere uno strumento che permetta al Tavolo Res di arricchirsidei contributi dei territori», osserva Massimiliano Pagano, uno degli organizzatori dell’esperimento. «E confidiamo che ci faccia scoprire se è vero che esistono temi comuni cheaggregano il nostro movimento».Entro fine maggio sono attese le risposte. Gli organizzatoridovrebbero, infatti, ricevere i contributi dai vari distretti(contano di averne almeno una ventina). A quel punto sarà stilato un primo documento di sintesi che servirà comeguida per i lavori di fine giugno. E si potrà capire se l’esperimento ha avuto successo. Em. Is.

ASSEMBLEA GAS 2012: IL TAVOLO RES CONSULTA I TERRITORI

Page 27: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 53 |

| economiasolidale |

| 52 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| economiasolidale | buone pratiche |

«Di fronte alla crisi, sentiva-mo il bisogno di mettere indiscussione le nostre abi-

tudini e di porre a noi stessi una doman-da: come si può costruire una forma diconvivenza più giusta?». Carlo Saibeneracconta così la nascita del progetto Fon-do Volano per il Lavoro. Un modo diversodi “fare beneficenza”: invece di aiutare unospedale, una Ong o un’associazione am-bientalista, un gruppo di persone (singolicittadini, senza alcuna forma associativa)ha deciso di sostenere il lavoro, in Italia,destinando la quota che avevano dedica-to alla beneficenza a un fondo di garanziaper permettere di ottenere un credito arealtà economiche che il sistema banca-rio non avrebbe ritenuto idonee. Ma an-diamo con ordine.

Carlo è uno dei membri della Comu-nità di Sant’Angelo, una realtà ecclesialemilanese che fa riferimento ai francesca-ni e ha alle spalle quarant’anni di storia.Insieme a una quindicina di amici ha de-ciso di “rischiare”. Il verbo può sembrareun po’ forte, ma è proprio quello scelto dalfondatore, Roberto Orlandi, per descrive-re il suo approccio: «Ho fiducia nelle tuecapacità e quindi rischio su di te». L’idea èsemplice: si sceglie una realtà che si vuolesostenere, la si segnala in banca e si forni-sce all’istituto di credito il denaro per co-stituire un fondo di garanzia, destinatoproprio a quel progetto specifico. Un fon-

do a cui la banca potrà attingere nel casoin cui non vengano restituite le rate delprestito, senza il quale probabilmente ilcredito non sarebbe stato concesso permancanza di adeguate garanzie.

L’istituto di credito in questione è Ban-ca Etica, che ha accettato di partecipare aquesto insolito meccanismo di finanzia-mento (è usuale che un genitore prestigaranzia personale a un figlio che vuoleaccendere un mutuo; non che un gruppodi persone garantisca per un’azienda).Ogni singolo aderente al Fondo Volanopuò “adottare” un progetto e mettere unaquota dei propri risparmi come garanzia.Non una “convenzione” sistematica conla banca, ma gesti totalmente volontari.

«Siamo solo un insieme di persone – spe-cifica Orlandi – che ha deciso di impe-gnarsi a livello individuale».

Un impegno che ha dato i suoi frutti:«In questi ultimi tre anni siamo già arri-vati ad appoggiare nove realtà, che hannopotuto assumere un’ottantina di perso-ne», spiega Orlandi. Si tratta, fra le altre,della milanese Poliart (vedi ) e di Ven-to di Terra (vedi ), che dal capoluogolombardo arriva a operare fino in Palesti-na. Oppure della cooperativa sociale Li-bera-mente di Partinico, in provincia diPalermo, che nel 2009 ha avviato la pro-duzione di limoncello con gli agrumi col-tivati sui terreni confiscati alla famigliamafiosa dei Geraci.

BOX

BOX

Prestiti alle impreseI cittadini fanno da garantidiValentina Neri di Elisabetta Tramonto

Una cooperativa sociale, nata per dare un lavoro ad extossicodipendenti. Oggi è un’impresa, con lo stesso spirito

Rumore di lamiere tagliate, di viti avvitate, di un nastrotrasportatore. Da un lato, ben allineati, dei monoliti di alluminio, grigiper ora. Diventeranno gialli e finiranno in giro per Milano: agli angolidelle strade, fuori dai supermercati e dalle parrocchie. Sono i cassonetti per gli abiti usati con cui la Caritas raccoglie vestiti pergli indigenti o da vendere per raccogliere fondi per l’associazione.Ce ne sono migliaia a Milano. A realizzarli è una cooperativa sociale,con una storia lunga trent’anni. Cade quest’anno, infatti, il trentesimo compleanno di Poliart, una cooperativa di tipo B creatanel 1982, per dare un lavoro ad ex tossicodipendenti, in una dellezone più difficili del capoluogo lombardo, il Giambellino. 129 i soci fondatori, quasi tutti legati alla parrocchia del quartiere,san Curato d’Ars. «All’epoca non esisteva l’idea di collegare le comunità di recupero dei tossicodipendenti a un progetto diintegrazione», spiega il presidente, Renato Bozzetti. «Noi abbiamovoluto creare l’anello di congiunzione tra prima e dopo il recupero». All’inizio i lavoratori della cooperativa si occupavano di piccolilavori in casa: imbiancature, interventi di muratura e di idraulica.«La prima commessa è stata l’imbiancatura delle case di tutti i soci», racconta Renato Bozzetti. In trent’anni molte cose sonocambiate: i soci sono scesi a 22, di cui 10 lavoratori, e la cooperativa non si occupa più di imbiancare muri. Oggi è unacarpenteria metallica, con la sede produttiva in un grandecapannone a Settimo Milanese.Nata sulla spinta del volontariato, oggi Poliart è un’impresa a tuttigli effetti, moderna ed efficiente, ma il suo obiettivo è rimasto lo stesso: il reinserimento di soggetti a rischio di emarginazione.Due i principali business: i cassonetti per la raccolta degliindumenti usati e le griglie metalliche per i camini.

«Quando è scoppiato l’allarmesicurezza dei cassonetti per la raccolta degli abiti usati,dopo che si erano verificati dei decessi di persone cadutementre rovistavano, abbiamoprogettato un modello cherispettasse tutti gli standard di sicurezza», racconta il presidente. Così Poliart ha ricevuto commesse per i cassonetti, a Milano e non solo(anche in Veneto, a Genova e a Napoli), mentre un’altracooperativa sociale,

Vestisolidale, si occupava del lato commerciale.

Aria di crisi La crisi si è fatta sentire, per tutti, Poliart compresa. La differenzaper le cooperative – lo abbiamo scritto più volte sulle pagine di Valori – è la modalità con cui reagiscono nei momenti difficili.«Nel 2010 c’è stato un vero e proprio crollo, il fatturato si è dimezzato, abbiamo registrato una perdita di 50 mila euro»,racconta Renato Bozzetti. «Per non lasciare a casa nessuno le abbiamo tentate tutte: tagliare del 10% gli stipendi, rinunciarealle tredicesime, la cassa integrazione al 50% per tutti per più di un anno. Per fare tutto questo è necessario che la base dei socisia d’accordo. Da noi lo era». E poi c’è la passione dei soci,soprattutto i fondatori, che non hanno mai smesso di crederenella “loro” cooperativa. Una mano in questi anni difficili è arrivata anche dal fondo Volano,che ha fornito la garanzia per due prestiti concessi da BancaEtica: uno da 25 mila euro nel 2008 e un altro analogo nel 2011. «È stato un grosso aiuto – commenta Bozzetti – invece di firmarefideiussioni, abbiamo avuto una garanzia da parte del fondo».Nel 2011 il lavoro è ripartito un e c’è stato il pareggio con 500 milaeuro di fatturato. E per quest’anno? Gli amministratori dellaPoliart hanno previsto entrate per 650 mila euro. Purtroppo però i primi mesi non sembrano così rassicuranti. Incrociamo le dita. www.poliart.org

Poliart festeggiatrent’anni di ferro

L’idea del Volano per il lavoro: un gruppo di persone ha deciso di costituire un fondo di garanzia per realtà economiche non bancabili

Quello di Kalandia, nei pressi di Ramallah, è un campo profughi dalle dimensioni di una vera e propria città: ventimila abitanti quotidianamente alle prese con un contesto di privazioni e precarietà. A garantire una nuova prospettiva ai giovaniha pensato la Onlus Vento di Terra di Settimo Milanese che nel 2009 ha fondatoPeace Steps, una cooperativa no profit che produce sandali in cuoio naturale e, a partire da quest’anno, anche borse e accessori, commercializzati in Italia tramitela cooperativa Nazca e il circuito del commercio equo e solidale. «La situazione del campo è gravissima – spiega il presidente di Vento di Terra, Massimo Rossi –perché ci sono problemi di tensione continua. La cooperativa ha retto in questi annie ha diversificato significativamente la produzione». Tanto che l’anno scorso ha deciso di scommettere di nuovo sulla Palestina con la cooperativa Silver Tent,che ha sede in una zona poverissima della Valle del Giordano tra Gerusalemme e Gerico e ha promosso il recupero della tradizione di artigianato locale, per dare a sei donne dell’etnia beduina Jahalin la possibilità di guadagnarsi da vivereoccupandosi della produzione di gioielli. Per finanziare questi progetti servivano25 mila euro, ottenuti tramite un fido concesso da Banca Etica su garanzia del Fondo Volano. Ma, spiega Massimo Rossi, «con la comunità di Sant’Angeloc’è una relazione consolidata da anni, che vive di incontri, iniziative congiunte,viaggi in loco. È la nostra formula: diamo ai partner e ai donor la possibilità di avere una relazione diretta coi nostri progetti e coi beneficiari».

VENTO DI TERRA DA MILANO ALLA PALESTINA

Page 28: Mensile Valori n. 99 2012

“Lavorare stanca”, scriveva Ce-sare Pavese, tuttavia, aggiun-giamo noi, non lavorare ucci-

de. Questo è sicuramente l’enigma dellaSfinge della nostra contemporaneità: daun lato il lavoro. Fiaccato, svuotato dellasua funzione sociale, ricollocato nel tes-suto produttivo come fattore variabile, diflessibilità. Dall’altro, la necessità di aver-

ne, pena l’esclusione economica e sociale,resa ancora più drammatica dalla debolerisposta del sistema di welfare. Sono soloalcuni dei presupposti da cui prende lemosse la riflessione sul lavoro che avràluogo a Terra Futura, la mostra-convegnointernazionale sulle buone pratiche di so-stenibilità, ospitata dal 25 al 27 maggionella Fortezza da Basso di Firenze.

Valore economico e valore socialeIl tradizionale appuntamento fiorentinoservirà per indagare il profondo fenome-no di erosione dei diritti, messo in lucedalla crisi, che definiamo come “perdita divalore del lavoro”, intendendo non solo il“valore economico”, bensì anche la suafunzione sociale e culturale, quale pernodi una strategia di coesione e di espansio-ne dei diritti (individuali e collettivi) chedeterminano la qualità delle relazioni so-ciali e della democrazia.

Il percorso intrapreso di smantella-mento del lavoro, nell’accezione modernadei diritti conquistati in uno stato di wel-fare, sta inequivocabilmente mettendo arischio un’esperienza europea e soprat-tutto italiana che faceva del lavoro unodei maggiori fattori di realizzazione di sé,dell’individuo e di costruzione di quel pe-culiare legame che collega tra loro le per-sone e tutto il vivente in una prospettivadi sostenibilità. La crisi nella quale siamoimmersi ormai da anni agisce con logoriosu questo cardine della società umana.

La finanziarizzazione dell’economia,l’impresa che diventa essa stessa un setto-re della finanza, relegando in secondo pia-no la sua funzione sociale e quella produt-tiva. L’esternalizzazione della produzionesu scala mondiale, con grandi imprese chehanno cessato di produrre al proprio in-terno i loro manufatti, distribuendoli inuna miriade di piccoli e medi fornitori eproduttori nelle più distanti parti del glo-bo, mettendo in conflitto fornitori con for-nitori, lavoratori con lavoratori, territoricon territori, istituzioni con istituzioni,contribuendo così a spezzare le catene disolidarietà, elementi prodigiosi di coesio-ne sociale. Solo cercando di capire questedinamiche è possibile riprendere un per-corso di uscita dalla crisi che restituiscasenso al lavoro, dignità ai lavoratori e so-stenibilità alla produzione e al mercato.

A Terra Futura discuteremo questi te-mi con il contributo di studiosi ed espertiche sono il punto di riferimento di unpensiero “altro” sui temi dello sviluppo ri-spettoso, da Susan George e Vandana Shi-va, da Marco Revelli a Walter Ganapini, daEnrico Giovannini a Cecilia Brighi. Sonosolo alcuni dei nomi che interverrannonei tre convegni dedicati al lavoro, decli-nato rispetto a tre valori imprescindibiliper un cambiamento positivo: ambiente(venerdì 25, “Riconversione ecologica del-l’economia”), equità (sabato 26, “Legalità,equità e lavoro”), benessere (domenica 27,“Benessere e lavoro”).

| 54 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

Torna a Firenze, dal 25 al 27 maggio la mostra-convegno sulle buonepratiche di sostenibilità. Tra i temi di quest’anno: l’erosione dei diritti dei lavoratori, causata dall’inarrestabile finanziarizzazione dell’economia

LA LEGALITÀALLA LUCE DEL SOLERiflettori puntati sulla legalità il 26 maggioalle 15.30 alla Fortezza da Basso, a Firenze.Terra Futura ospiterà il convegno “La legalitàalla luce del sole”, promosso da Score (StopCrimes on Renewables and Environment) col patrocinio di Filca Cisl. I partner del progetto lavorano per indagare sulleinfiltrazioni criminali nella filiera del legno,delle energie rinnovabili e nello smaltimentodei rifiuti: un giro d’affari che, solo in Italia,vale venti miliardi di euro ogni anno. Il progetto Score vuole assistere coloro(imprese, pubbliche amministrazioni e società civile) che si impegnano nel contrasto alla criminalità organizzata e che dovrebbero essere i primi interlocutoridell’ampliamento del quadro legislativo di riferimento, che attualmente risulta troppopoco omogeneo tra livello europeo e livelloterritoriale. Discuteranno sul tema, tra gli altri, il magistrato Michele Prestipino, la giornalista economica Nunzia Penelope e Domenico Pesenti di Filca Cisl. A moderare il dibattito sarà Mauro Meggiolaro, giornalistadi Valori e de Il Fatto Quotidiano. V.N.

di Irene Palmisano e Simone Siliani

| economiasolidale | nona edizione |

Terra FuturaIl lavoro al centro

Page 29: Mensile Valori n. 99 2012

Nelle urnefisco, debito e lobbisti

Usa 2012

Riuscirà Obama a conquistare per la seconda voltala fiducia degli elettori statunitensi? La partita è ancora molto aperta e il risultato non scontato

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 57 |

Dimenticate ambiente, guerre,energia, sicurezza. Le prime bat-tute della campagna elettorale

per le prossime presidenziali degli StatiUniti hanno tracciato un solco (mono)te-matico. Come era facile immaginare, l’eco-nomia è e sarà il centro nevralgico delloscontro tra Obama e il candidato repub-blicano che gli contenderà la poltrona. E,in particolare, al centro del dibattito cisarà l’intreccio perverso tra finanza spe-culativa, banche, real-estate e deregula-tion che ha fatto crollare l’intero sistema(non solo negli States).

Ma da quali basi si parte? Piccolopasso indietro pro-memoria: nel 2010l’amministrazione di Washington si è im-pegnata – con successo, per lo meno dalpunto di vista parlamentare – nel diffici-le compito di far approvare dal Congres-so una riforma, la Dodd-Frank, che avreb-be dovuto segnare l’inizio del nuovocorso. Tradotto: addio alla finanza senzaregole sponsorizzata da Alan Greenspane avallata a lungo anche da larghi am-bienti democratici (leggi amministra-zione Clinton); via alla “stretta” sulla vi-gilanza e profonda riforma dei sistemifinanziari, a cominciare da quelli piùapertamente speculativi.

Lo scontro tra Barack Obama e il candidato repubblicano si giocheràin buona parte su temi economici. Al centro della battaglia la riformadella finanza approvata nel 2010:Wall Street, intanto, si è già schierataapertamente con Romney

diAndrea Barolini

| presidenziali Usa |

La scommessa dei nuovi Brics > 61Le isole dell’Eden. Fiscale > 64

| 56 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

internazionaleSTEPHEN MORTON / THE NEW YORK TIME / CONTRASTO

Page 30: Mensile Valori n. 99 2012

Cannonate dai lobbistiFin qui le intenzioni. I cambiamenti, inrealtà, sono stati mal digeriti da una buo-na parte del mondo politico. E soprattuttoda Wall Street, che ha scatenato un’offen-siva senza precedenti, ottenendo anche iprimi, non indifferenti, risultati (vedi ).I lobbisti hanno così cominciato un lavorocertosino di “smantellamento” della rifor-ma. Sfruttando – indovinate un po’? – pro-prio la prospettiva delle elezioni presiden-ziali di quest’anno. Barack Obama dovrà,infatti, tentare un lavoro da vero e proprioequilibrista: convincere gli americani aconcedergli un secondo mandato nono-stante una congiuntura economica anco-ra lontana dall’ingranare una decisa ripre-sa e con un tasso di disoccupazione cherisulta sì in leggero recupero, ma che è an-cora prossimo ai massimi storici.

Di “fucilate” contro la riforma Dodd-Frank, così come contro il progetto di re-gola Volcker (Volcker rule), per separarele attività delle banche d’affari da quelleretail, ne sono già partite molte. Ma ora ilobbisti possono passare alle armi pe-santi: quelle legate ai finanziamenti

elettorali. Wall Street, in questo senso,non ha perso tempo, voltando le spallealla Casa Bianca e schierandosi decisa-mente dalla parte del candidato conser-vatore che più facilmente contenderà laStanza Ovale ad Obama: Mitt Romney. I nomi che figurano negli elenchi uffi-ciali della Federal Election Commission– organismo incaricato di vigilare sullamacchina elettorale – sono eloquenti: i

sei principali finanziatori della campa-gna del politico repubblicano sono risul-tati nel 2011 manager e gruppi legati alGotha della finanza: JPMorgan Chase,Morgan Stanley, Credit Suisse, Citigroup,Bank of America e Goldman Sachs. Pren-diamo quest’ultima (un esempio per tut-ti): i finanziamenti concessi a Romney so-no stati pari a 496 mila dollari contro isoli 63 mila andati ad Obama.

BOX

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 59 |

Il nodo delle tasse…Ciò nonostante il presidente sembrerebbedeciso a puntare ugualmente – e forte-mente – sulla bontà della riforma finan-ziaria. Secondo ciò che trapela dal suo en-tourage, il Dodd-Frank act e la Volckerrule potrebbero costituire uno dei cavallidi battaglia per la prossima campagnaelettorale. E se la “freccia” è la guerra con-tro la finanza-casinò, “l’arco” dovrà essereforzatamente la questione fiscale. Niente,infatti, terrorizza di più Obama che l’esse-re etichettato come “l’uomo delle tasse”. Intal senso, le accuse mossegli negli ultimianni di adottare un approccio economico“socialisteggiante” (come nel caso del brac-cio di ferro parlamentare sul budget del

| internazionale |

| 58 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| internazionale |

In tal modo si potranno conservare i dati relativi allecompravendite effettuate, scovando più facilmente eventualiabusi. Per “grandi trader” si intendono quelli che movimentanoalmeno 2 milioni di azioni al giorno o 20 milioni al mese, oppureche eseguono compravendite per un valore complessivo noninferiore a 20 milioni di dollari al giorno o 200 milioni al mese.

La norma è in vigore dallo scorso ottobre, e i primi risultatidovrebbero arrivare entro il 30 aprile: scadenza entro la qualeverranno resi noti i dati relativi alle operazioni dei trader.

I piani di smantellamento dei “big”Altre novità riguardano invece i grandi istituti. In particolare banchee compagnie talmente grandi da essere considerate “di importanzasistemica”. In questo caso è stata la banca centrale, la Fed, a rendere operativa un’altra novità introdotta dal Dodd-Frank act. Si tratta dei cosiddetti living wills, ovvero pianificazioni strategicheannuali finalizzate a indicare la strada che occorre percorrere persmantellare ciascun istituto too big to fail in caso di fallimento.Proprio per questa ragione, buona parte del lavoro è costituita dalladescrizione puntuale delle strutture organizzative (quando crollòLehman ci vollero mesi e mesi solo per ricostruirne tutti i business).In questo modo si dovrebbe facilitare anche il lavoro della Federaldeposit insurance corporation, organismo che si occupa di offrireuna garanzia sui depositi fino a 250 mila dollari custoditi presso le banche fallite. Il via della Federal reserve alla norma è arrivato a ottobre del 2011:i “living wills” più attesi, ovvero quelli relativi alle società chedetengono asset dal volume superiore ai 250 miliardi di dollari,dovranno essere comunicati entro il prossimo 1 luglio 2012. Alle banche più piccole, invece, sarà invece concesso più tempo.

diAndrea Barolini

Contro i provvedimenti contenuti nel Dodd-Frank actda due anni si sta scatenando il fuoco di fila dei soliti noti:grandi banche, fondi e compagnie di assicurazioniche cercano di conservare lo status quo

Potrebbe essere il 2012 l’anno della svolta per il sistemafinanziario degli Stati Uniti. Molte delle novità introdotte perriformare Wall Street dovrebbero entrare, infatti, in vigore – o manifestare i primi effetti – nel corso di quest’anno. In particolare si attendono i risultati di una serie di normativeimposte dalla Securities and exchange commission (Sec) e dalla Federal reserve (Fed), a “corredo” del Dodd-Frank actapprovato (faticosamente) nel luglio del 2010 dal Congresso Usa.Provvedimenti contro i quali da due anni si sta scatenando il fuocodi fila dei soliti noti: grandi banche, fondi e compagnied’assicurazione, che tentano – a colpi di proclami, bracci di ferro e milioni di dollari – di conservare il più possibile lo status quo.

I rapporti chiesti dalla SecLa Sec ha emanato un regolamento che impone agli hedge funds,alle società di private equity e ad altri soggetti (ma solo quelli che presentano asset di valore rispettivamente superiore a 1,5, 2 e 1 miliardo di dollari, che in ogni caso dovrebbero rappresentarecirca l’80% del sistema) di sottomettere rapporti specifici sul loro“potenziale rischio sistemico”. Ovvero sulla loro capacitàeventuale di causare un tracollo generalizzato, in caso di default. I dati contenuti in tali documenti – che comprenderanno anche le esposizioni divise per asset, per concentrazione geografica e per turnover – saranno poi girati al Financial systemic oversightcouncil (Fsoc), organismo creato dalla stessa legge Dodd-Frankper monitorare i rischi presenti nel sistema finanziario. Occorreràaspettare l’estate, però, perché arrivino i primi rapporti.

La vigilanza sui “grandi trader”Sempre la Sec, lo scorso 26 luglio, ha approvato un regolamentoche impone ai “grandi trader” di registrarsi presso lo stessoorganismo di vigilanza, al fine di ottenere un codice identificativo.

Finanza, sarà l’annodei primi cambiamenti?

Dopo aver speso qualcosa come 473 milioni di dollari per le attività di lobby nel2011, l’industria finanziaria si prepara a uno sforzo analogo per l’anno in corso. Alla porta della Commodity futures trading commission, ad esempio, hanno bussato110 compagnie solo nel primo trimestre dello scorso anno; la Securities industry andfinancial markets association ha poi inviato a vario titolo 68 commenti alla riformaDodd-Frank, mentre l’American bankers association ne ha scritti 52. Un vero e proprio braccio di ferro con l’amministrazione Obama. Che, d’altra parte,ha già dato in buona parte i suoi frutti.Il 29 giugno scorso, ad esempio, la Fed ha alzato a 21 centesimi le commissionipagate per ciascuna transazione dai commercianti americani, mentre la riformaindicava un massimo di 12 centesimi. Per le banche si è trattato di una vittoria da 16 miliardi di dollari. Ma l’obiettivo di Wall Street è stato (ed è) soprattutto quellodi ritardare l’applicazione di numerose nuove regole. O altrimenti di aggirarle: è il caso di Deutsche Bank, che potrebbe rinunciare allo statuto di holding bancarianegli Stati Uniti proprio per evitare di doversi ricapitalizzare secondo quanto impostodal Dodd-Frank act. La stessa strada la potrebbe seguire anche l’inglese Barclays.Una scappatoia troppo facile, come confermato anche da Daniel Tarullo, dirigentedella Fed, che parlando al Senato americano ha ammonito: «È necessario rispondere». Tra le dilazioni temporali, poi, potrebbe entrare anche la Basilea 3. Lo stesso Tarulloha glissato sulla possibile adozione negli Usa delle nuove norme di capitalizzazioneentro i termini stabiliti (ovvero entro la fine di aprile). Allo stesso modo, ha ammessoche difficilmente la Volcker rule sarà pubblicata alla scadenza prevista del prossimo21 luglio. D’altra parte, lo stesso Paul Volcker ha dichiarato di aspettarsi «fortiresistenze da parte degli istituti coinvolti». A.B.

DODD-FRANK, VITTORIE E “SLALOM” DELLA LOBBY BANCARIAI sei principali finanziatoridella campagna di MittRomney, il candidatorepubblicano, nel 2011 sonomanager e gruppi legati alGotha della finanza: Bank ofAmerica, JPMorgan Chase,Citigroup, Goldman Sachs...

Page 31: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 61 |

| internazionale | scenari |

| 60 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| internazionale |

2011), insieme al risentimento delle fascepiù ricche – e spesso influenti – della po-polazione, possono costituire dei calci dirigore politici per il partito repubblicano.

…e quello del bilancioD’altra parte, però, il 9 gennaio di que-st’anno il buco nel bilancio statale ame-ricano è arrivato a 15.230 miliardi di dol-lari. Un’enormità. Per questo sono partitele richieste – non solo repubblicane – ditagli draconiani, a cominciare dalla con-testatissima riforma della sanità (vedi

). Inevitabile conseguenza la pro-spettiva di una campagna elettorale abase di “revisioni dei conti”, dall’una edall’altra parte. «Manca la copertura fi-nanziaria, non si può fare», sarà il leit mo-tiv dello scontro elettorale, c’è da scom-metterci. I candidati avranno vita duranell’indicare con quali capitali intendo-

no finanziare i loro progetti. E la massi-ma cautela possibile dovrà essere usataproprio sull’argomento tasse.

Obama ha dichiarato, più o meno aper-tamente, di voler far suo l’appello lanciatonell’agosto del 2011 dal multimiliardarioWarren Buffett, che dalle colonne del NewYork Times chiese apertamente di «tassa-re i più ricchi». Autodenunciando la pro-pria, risibile, aliquota media fiscale: il 17%,contro il 36% dei suoi stessi dipendenti.«Ciascun americano paghi la sua giustaparte», aveva tuonato il presidente sullascia della “confessione” del finanziere (erasettembre, e nelle strade si faceva largo ilmovimento “Occupy Wall Street” al grido:«Noi siamo il 99%!»).

Ecco allora la ricetta abbozzata dallaCasa Bianca: imposizione fiscale pro-gressivamente più ampia per i redditipiù alti, aumento delle entrate anche

grazie alla lotta all’evasione, ripresa eco-nomica e, ovviamente, mantenimentodella riforma sanitaria. Paul Krugman,premio Nobel per l’Economia, ha però ri-cordato che, per riformare il sistema fi-scale, occorrerà prima superare le vasteconcessioni di cui beneficiano le renditeda capitale dalla fine degli anni Novan-ta, quando in cambio di un programmaper la sicurezza sociale dei bambini, l’al-lora presidente Clinton concesse al Con-gresso (repubblicano, come oggi) un pac-chetto di maxi-sconti sui capital gains.Proprio per lavorare a un progetto diriforma tributaria in senso più equo edefficiente è stato istituito da Obama unpanel bi-partisan. Nei prossimi mesi do-vrebbero essere fornite le prime indica-zioni. Sempre che l’organismo non fini-sca anch’esso nel frullatore elettorale astelle e strisce.

ARTICOLO

La riforma del sistema sanitario americano, cavallo di battaglia di Barack Obama nel 2008, si potrebbetrasformare in un boomerang per il presidente-candidatodemocratico. Ribattezzata con scherno “Obamacare” dai repubblicani, la legge con la quale l’amministrazione di Washington intendeva fornire una copertura sanitaria ancheai 32 milioni di americani che sono ad oggi sprovvisti di un’assicurazione privata è attualmente, di fatto, congelata. A deciderne le sorti sarà la Corte suprema, che dovrà giudicarein merito al ricorso presentato dalla stessa Casa Bianca controuna sentenza della corte d’appello della Georgia (prima in ordine di tempo, seguita poi da altri 26 Stati). I giudicihanno, infatti, giudicato incostituzionale l’obbligo imposto dalla norma a tutti i cittadini statunitensi di dotarsi di unapolizza entro il 2014 (pena l’applicazione di sanzioni). Il governo ha presentato appello: occorrerà dunque attendereun nuovo pronunciamento, al massimo grado di giudizio, per conoscere il destino della riforma. Nel frattempo, èindubbio che il tema costituirà uno degli elementi di scontrocon il candidato conservatore che si opporrà ad Obama.Secondo i repubblicani, infatti, il costo della “Obamacare”sarebbe altissimo: fino a 940 miliardi di dollari in dieci anni.Capitali che il Paese, alle prese con il tentativo di minimizzarel’esposizione debitoria, avrebbe difficoltà a trovare. Per Mitt Romney (così come per qualsiasi altro candidato alla presidenza Usa) sarà utilissimo insistere sul tema, vistoche secondo alcuni sondaggi solo il 19% degli americani ha giudicato positiva la riforma sanitaria. Il tutto è poiinevitabilmente condito da questioni puramente ideologiche:

Obama ha già dovuto fare marcia indietro su alcuni punti, a cominciare dalla separazione netta che ha dovuto imporre tra i capitali pubblici e i premi pagati per i rimborsi relativi alleinterruzioni di gravidanza. Una vittoria in particolare per l’alapiù conservatrice del partito repubblicano: il Tea Party di SarahPalin che potrebbe giocare un ruolo decisivo per le scelte del candidato conservatore. A.B.

LA BATTAGLIA SULLA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA

Brasile, Russia, India, Cina e Suda-frica: nel gergo dell’economia po-litica di tutto il mondo più sem-

plicemente Brics, acronimo coniato nel2001 dalle iniziali dei Paesi. Oggi che laforza dirompente di queste economieappare consolidata, si sono aperte le“scommesse” per individuare i “Brics”del futuro. Ci prova il quotidiano on li-ne di Washington The Atlantic, che haproposto recentemente 5 nomination –Turchia, Indonesia, Kazakistan, Repub-blica Democratica del Congo e Messico –più una con un “forse” accanto: la Nige-ria. Abbiamo sottoposto la tesi della te-stata americana al vaglio di AlessandroVolpi, docente di Storia contemporaneae di Geografia politica ed economicaall’Università di Pisa, per capire se dav-vero l’acronimo Brics diventerà Tikcm(o Ntikcm o Mintck o…).

Professor Volpi, stanno emergendo nuovi Brics?«In linea di massima vedo due differen-ze rispetto ai Brics: la prima è che misembrano mediamente economie piùpiccole. Stiamo parlando di Paesi chehanno un Pil grosso modo al di sotto deimille miliardi di dollari, piccoli nelle di-mensioni economiche, quindi anche nel-l’impatto che possono avere sulle grandidinamiche globali, soprattutto pensan-do a Cina, India e Brasile. Il secondo datoè che mi sembrano, a una prima analisi,molto condizionati da rapporti prefe-renziali rispetto alla politica estera e al-

la politica commerciale di Usa e Cina; misembra abbiano una dinamica economi-ca più da Paesi satellite. Sono inoltrePaesi molto legati alle esportazioni econ valute relativamente fragili, veicoloper la competitività, ma, al tempo stessoe in parte, a rischio inflazione. Questielementi suscitano qualche dubbio. Èchiaro che ci sono anche punti positivi,per esempio rispetto alla disponibilitàdi materie prime. O come nel caso delMessico, dove oggi il costo della mano-dopera è a livelli cinesi, avendo in più ilvantaggio dei costi di trasporto, versogli Usa, relativamente bassi».

Che ruolo giocano le politiche militari delle grandi potenze e la condizione“satellitare” cui si riferiva?«I rapporti militari con gli Usa sono unelemento rilevante: sia dal punto di vi-sta generale della geopolitica e della pre-senza militare, sia dal punto di vista deirapporti in termini di commesse milita-ri. Sono Paesi che, avendo una funzionedi stabilizzazione di determinati scenari

assegnatagli da un decennio o forse piùdalla politica estera americana, ricevo-no da questo legame un volano ancheper le relazioni economiche. Non solo.Alcuni di questi Paesi hanno all’internotensioni di natura religiosa, elementoche può provocare rallentamento e chedetermina la preoccupazione statuni-tense di inserirli in una scacchiera dicontenimento di questi fenomeni: altrovolano economico, seppure di autono-

La scommessa dei nuovi BricsdiCorrado Fontana

Da Paesi emergenti a prossimi pilastri dell’economia, capaci di condizionare la geopolitica internazionale: con Alessandro Volpi parliamo dell’ipotesi della testata americana The Atlantic su quali saranno i Brics di domani

L’ORO NERO DI KASHAGANNelle pagine internet di Eni sul progetto si legge: «Nell’ambito del North Caspian SeaPsa, in cui Eni partecipa con il 16,81%, nel luglio 2000 è avvenuta una delle scopertepiù importanti degli ultimi trent’anni. Si trattadel giacimento gigante di Kashagan, situato80 km a sud-est di Atyrau (Kazakistan), nel Mar Caspio settentrionale. Appartengonoa quest’area anche i campi di Kashagan SouthWest, Kalamkas, Aktote e Kairan […] Il piano di sviluppo prevede la messa in produzione, in fasi successive, di riserve pari a 7-9 miliardidi barili, incrementabili fino a 13 miliardimediante la reiniezione parziale del gas».

HTTP://THEPIPELINE.PBN.RU

Dal momento che la forzadelle economie di Brasile,Russia, India, Cina eSudafrica appareconsolidata, si sonoaperte le “scommesse”per individuare qualisaranno le nuove entrate

Page 32: Mensile Valori n. 99 2012

zioni), ma si configura con una fascia diconsumatori significativa e ha ristrut-turato il sistema bancario. Interessante,con tutti i limiti del caso, è poi la Coreadel Sud, che mostra una straordinariacompetitività del sistema produttivocon un problema di moneta, lo Won, a ri-schio inflazione. Ma sta diventando ilGiappone del futuro».

Corruzione e mala amministrazione sono veri ostacoli allo sviluppo?«Tema molto spinoso. Spesso l’economiarisente solo parzialmente dei grandi fe-nomeni di corruzione. In alcuni casi que-

sto elemento pesa e si traduce in una so-stanziale inefficienza della macchinaamministrativa con innumerevoli bal-zelli (vedi Corruption perceptionIndex). In altri casi il sistema della corru-zione finisce per essere consustanzialeal modello. Laddove, infatti, grandi com-pagnie di Stato e aziende pubbliche ge-stiscono vasti traffici (ad esempio in In-donesia), da un lato si è esposti al rischiodella corruzione e del suo costo aggiun-tivo, ma dall’altro questo fenomeno dipolarizzazione individua per l’investito-re estero una sorta di interlocutore bendefinito. Paradossalmente, purtroppo,

dal punto di vista delle dinamiche eco-nomiche questo diventa funzionaleperché l’investitore estero parla con unsoggetto unico, molto spesso legato algruppo di potere al vertice di quel Paesee ha una sorta di certezza delle relazio-ni, sebbene siano distorte, drogate dallacorruzione. Sono Paesi non democrati-ci, ma con regimi politici stabili, fattoreche in qualche modo fa da contraltarealla corruzione».

E i mercati apprezzano talvolta più lastabilità della mancanza di corruzione…«Temo di sì».

TABELLA

| internazionale |

| 62 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| internazionale |

mia decisamente limitata. Alcuni di que-sti Paesi, infine, hanno un tasso di vio-lenza interna ancora molto alto» (RdC,Messico e Kazakistan figurano nei primi100 al mondo per morti violente ogni 100mila abitanti secondo The Global Bur-den of Armed Violence: Lethal Encoun-ters su dati 2004-2009, ndr).

Manca qualche nome alla lista di The Atlantic?«È difficile dirlo. Molti dei Paesi citati so-no esportatori molto legati alle commo-dities (materie prime, ndr). In questi casile loro prospettive dipendono perciò dal-

la finanziarizzazione dei prezzi; da qualesarà il treno che hanno scelto, se è quellodi beni il cui prezzo sale oppure no, e ciòdipende a sua volta dall’andamento com-plessivo dei mercati come dalla crisi deidebiti sovrani. Anche il fattore demogra-fico è rilevante: il Kazakistan, ad esem-pio, è una realtà piccola, ma con una co-lossale opportunità rappresentata dalbacino petrolifero di Kashagan, che lorende un Paese che può crescere e ogget-to d’interesse da più parti, Italia compre-sa (Eni, ndr).

Non pochi parlano di Paesi che avran-no un futuro significativamente felice

proprio perché sono dei micro-Stati,come l’Estonia o le Mauritius (MorganStanley li ha inseriti nella sua lista). Maanche un Paese come l’Argentina potreb-be avere nei prossimi anni una fortunaeconomica significativa: grazie alla re-cente ristrutturazione non ha sulle spal-le un pesante debito sovrano. Il grandeinterrogativo è capire, nella sostanza,quali di questi Stati avranno la capacitàdi diventare, oltre che esportatori, anchePaesi con un valido mercato interno. Daquesto punto di vista la Turchia ha al-cuni elementi di fragilità (le importazio-ni crescono molto di più delle esporta-

I PAESI EMERGENTI SECONDO THE ATLANTIC INDICI DI CORRUZIONE PUBBLICA

MESSICODodicesima economia al mondo, stacrescendo con ritmo costante da un decennio. Tre dollari su quattro dellesue esportazioni provengono dagli StatiUniti, il che distingue il Messico dai Paesi in via di sviluppo come la Turchia, che si basano sulla zona euro in difficoltà. La bilancia commerciale miscela manufattie risorse naturali, rendendo il Paeseresistente alle fluttuazioni dei prezzi dellematerie prime. Città del Messico è una dellecittà economicamente più vivaci del mondo.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGOCorruzione e guerra hanno fatto del Congoun sinonimo di disastro, ma sono in attoprogressi significativi verso la realizzazionedel suo enorme potenziale economico. Il commercio di minerali congolesi alimental’urbanizzazione, una piccola borghesia, lo sviluppo delle infrastrutture, e unanascente industria delle telecomunicazioni.Se il Paese conserverà la stabilità politica, la crescita continuerà. Lo sviluppo delleinfrastrutture di trasporto rende la suaagricoltura competitiva.

INDONESIAQuarto Paese al mondo per popolazione (238 milioni di abitanti), con un’economia in crescita dal 1997. A differenza della Cina,che dipende fortemente dalle esportazioni,l’Indonesia vende soprattutto sul mercatointerno, il che significa che può sopportaremeglio le crisi statunitensi ed europee. Il debito è basso, gli investimenti direttiesteri elevati, le istituzioni democratichegiovani ma solide, una volta arginati i focolaidi terrorismo.

NIGERIA (forse)La Nigeria dovrebbe essere in cima a questalista. Paese popoloso e il più ricco di petroliodell’area dopo la Libia, potrebbe prestosegnare un tasso di crescita economica a due cifre. Ma il governo nigeriano, afflittodalla corruzione e dalle rivendicazioni di indipendenza dei ribelli del Nord, gestiscele sue risorse male. Inoltre povertà assoluta,diseguaglianze e inflazione sono in crescita.

TURCHIATre delle sue città sono tra le dieci chemostrano il tasso di sviluppo più rapido,secondo il Brokings institute. Istituzionidemocratiche forti e cultura imprenditorialestanno guidando il boom della finanza e dellecostruzioni. E le città potrebbero diventarecentri di produzione per l’esportazione versol’Europa. Colpisce il tasso di crescita all’11%nel 2011: il Paese si sta posizionando comeleader del mondo musulmano per il MedioOriente e l’Asia Centrale.

KAZAKISTANA lungo percepito come satellite post-sovietico, sta facendo meglio di quantol’immagine del film Borat vorrebbe farcredere. Ricco di risorse e stretto a sandwich tra la Cina e la Russia, è benposizionato per trarre profitto da unaprossima ascesa dell’Asia. Paesescarsamente popolato ma stabile e ricco di fonti di energia interessanti. Il governo sta investendo in infrastrutture e nei settorinon solo energetici.

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 63 |

LINK UTILIwww.theatlantic.com/special-report/next-global-economies, The Atlantichttp://alessandrovolpi.wordpress.com, Il blog di Alessandro Volpi

La tabella The Corruption Perceptions Index 2011 elaborata da Transparency International valutasecondo una scala di valori compresi tra 10 e 1 (dove 10 è il miglior risultato) quanto il settore pubblico di ciascun Paese sia percepito come corrotto.

Posizione in classifica Paese Valore indice corruzione pubblica

1 Nuova Zelanda 9,5

61 Turchia 4,2

69 Italia 3,9

100 Messico e Indonesia 3

120 Kazakistan 2,7

143 Nigeria 2,4

168Repubblica Democratica del Congo

2

182 Somalia 1

GLOSSARIOBRICS: l’acronimo indica Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. È stato coniato nel 2001 da Jim O’Neill,curatore di una relazione della banca d’investimentiGoldman Sachs intitolata Building Better GlobalEconomic BRICs e ribadito nel 2003 con Dreaming withBRICs: The Path to 2050. Secondo O’Neill il Pil di questiPaesi nel 2050 sarebbe stato paragonabile a quello dei Paesi del G6 (Stati Uniti d’America, Giappone,Regno Unito, Germania, Francia e Italia).

No dat

PUNTEGGIO

GRANDECORRUZIONE

GRANDEPULIZIA

8 - 8.9

7 - 7.9

6 - 6.9

5 - 5.9

4 - 4.9

3 - 3.9

2 - 2.9

1 - 1.9

0 - 0.9

9 - 10

Page 33: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 65 |

Le attuali perle più famose del Bah-rain non sono quelle pescate nel Golfo,ma una serie di veicoli di investimentoche stanno facendo acquisti molto di-versificati in tutto il mondo e, come negliemirati vicini, stanno riversando ingenticapitali su costruzioni avveniristiche,soprattutto nella capitale (vedi ).

Tra queste società Investcorp è la piùconosciuta nel mondo: è una banca d’inve-stimento quotata alla Borsa di Bahrainspecializzata in private equity, hedge funde venture capital che opera su tre cen-tri –Bahrain, Londra e New York – con una“sua capacità unica di posizionamento” nelConsiglio di cooperazione del Golfo (Ccg),l’organizzazione economica tra i sei Statiarabi (oltre al Bahrain, Kuwait, Oman, Qa-tar, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uni-ti). Ma molta della sua notorietà Invest-corp la deve al fatto che ha acquistato findagli anni Ottanta importanti marchi dellusso come Gucci, Tiffany e Saks.

BOX

| internazionale |

| 64 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| internazionale | osservatorio medio oriente/Bahrain |

Fino alla fine di aprile i più informa-ti sulla situazione socio-politica delBahrain, l’unico regno insulare del

Golfo Persico, non sono stati gli osserva-tori dei media, ma i tifosi della Formula 1,in attesa di sapere se la seconda gara delMondiale di automobilismo si sarebbesvolta sul circuito di Sakhkir, oppure sa-rebbe stata spostata in un altro Paese permotivi di sicurezza. Già l’edizione del 2011del Gp del Bahrain, infatti, non si era po-tuta disputare per il clima di instabilitàpolitica dovuto agli scontri tra la maggio-ranza sciita (70% circa) che rivendicamaggiori riconoscimenti e i sunniti, cheoccupano i principali ruoli di potere. Ilteam della McLaren è stato per tutto iltempo favorevole allo svolgimento dellacompetizione nel circuito nel deserto alleporte della capitale, Manama. Ma il suoappoggio non stupisce perché la scuderiaautomobilistica è per il 50% di proprietàdi un fondo di investimenti locale, il Bah-rain Mumtalakat holding, che è statocreato nel 2006 nell’ottica di diversificarel’economia dagli idrocarburi, che il Paesesegue dalla seconda metà degli anni ’40.Il Mumtalakat ha partecipazioni in 35imprese commerciali tra le quali Bah-rain telecommunications Co, Gulf inter-national bank e controlla l’AluminiumBahrain, una delle più grandi fonderie dialluminio del mondo.

L’arcipelago del tesoroIl Bahrain è un arcipelago costituito da33 isole nel Golfo Persico con una super-

ficie pari quasi a quella di Singapore. L’i-sola principale è a metà strada circa tral’Arabia Saudita (a Ovest) e il Qatar (aEst). L’Iran si trova 200 km a Nord-Estdall’altra parte del Golfo. Le isole sono inparte fertili e coltivate e ancora più loerano anticamente, tanto che si ipotizzaqui vi fosse il biblico Giardino dell’Eden.

L’arcipelago è ancora un paradiso, macon “delizie” di genere fiscale: il Bahrain èinfatti il crocevia della finanza araba e diquella tradizionale, che qui si incontranoin un contesto che il Wall street journal el’Index 2011 dell’Heritage foundation, ilthink tank conservatore di Washington,hanno definito «l’economia più libera delMedioriente e del Nord Africa, e la 44madel mondo». Soprattutto per via dell’ac-cordo di libero commercio che il Bahrain,primo tra gli Stati del Golfo, ha sotto-scritto nel 2005 con gli Usa per ridurre gli“ostacoli commerciali” tra i due Paesi(US-Bahrain Free trade agreement). Didiverso parere il nostro governo, che hainserito il Bahrain nella black list dei pa-radisi fiscali fin dal 1999.

Gucci e Tiffany: le nuove perleIl regno del Bahrain non vanta gli enormigiacimenti petroliferi degli altri Paesi delGolfo Persico, anche se le entrate del set-tore degli idrocarburi rappresentano il 60per cento del bilancio: vengono estratti 40mila barili di greggio al giorno e le riservedovrebbero durare tra i 10 e i 15 anni. Men-tre quelle del gas dovrebbero durare altri50 anni. La Bahrain petroleum company,

costituita nel 1935, è stata la prima indu-stria di raffinazione dell’area. La raffine-ria ha una capacità di circa 250 mila barilial giorno e riceve dall’Arabia Saudita ilgreggio da raffinare via oleodotto.

Le isole dell’EdenFiscalediPaola Baiocchi

PICCOLO TRA GIGANTIAbitato fin dalla preistoria, l’arcipelago è stato sede di importanti imperi commerciali, che si avvalevano della loro posizione centrale sulle rotte tra la Mesopotamia e la valle dell’Indo.Assiri, babilonesi e greci si sono succeduti sulle isole; dopo aver sperimentato il cristianesimo, lo zoroastrismo e il manicheismo, nel VII secolo la maggior parte degli abitanti delle isole accettòl’invito personale del profeta Maometto a convertirsi all’Islam.All’inizio del XVI secolo il Bahrain fu conquistato dai portoghesi, che utilizzarono le isole comeporto per il commercio delle perle e come base militare. In seguito le isole entrarono a far partedell’impero persiano, fino all’arrivo del clan Al-Khalifa, la famiglia che ancora oggi guida il Bahrain.Tra il 1830 e il 1840 il Bahrain firmò il primo di una serie di trattati con la Gran Bretagna, di protezionenavale dagli attacchi dei turchi ottomani in cambio del libero accesso al Golfo.Il petrolio venne scoperto nel 1902: i lavori di estrazione e lavorazione su vasta scala ebbero inizionegli anni ’30, proprio nel momento in cui il mercato mondiale delle perle cominciava a perdere importanza. Nel 1935 i britannici stabilirono la principale base navale della regione nel Bahrain e, nel 1946, anche l’autorità militare britannica principale nel Medio Oriente si trasferìsull’isola. Dopo l’indipendenza dal Regno Unito, il 14 agosto del 1971, la base della Royal navy nelsobborgo di Juffair passa agli Stati Uniti che vi installano la sede del Comando centrale delle forzenavali e della V flotta.La base ospita attualmente 4.800 soldati in servizio con le loro famiglie, oltre a circa 1.300contractor; inoltre decine di migliaia di marinai sono distribuiti nella regione, a bordo delle navidella flotta (tra cui due portaerei, l’Enterprise e la Carl Vinson).Hamad bin Isa Al-Khalifa, succeduto al padre nel 1999, ha spinto alcune riforme economiche e politiche e trasformato l’emirato in regno, in parte per migliorare le relazioni con la comunitàsciita. Nel 2001 le donne hanno votato per la prima volta al referendum costituzionale. Il programma di “dialogo nazionale” con l’opposizione inaugurato da Hamad non ha dato grossirisultati e le rivolte sono continuate, anche a fronte di arresti e licenziamenti di massa degli attivistisciiti che chiedono una nuova Costituzione e giustizia nei trattamenti di lavoro. Da marzo fino a giugnodello scorso anno, con il sostegno economico e militare del Consiglio della cooperazione del Golfo, re Hamad ha dichiarato lo stato di emergenza che autorizza i militari a prendere tutte le misure per“proteggere la sicurezza del paese e dei suoi cittadini”. La polizia ha utilizzato spesso lacrimogeni letalie proiettili di gomma per disperdere i manifestanti e ha fatto vittime anche tra febbraio e marzo 2012.Il Consiglio ha deciso uno stanziamento decennale di 20 miliardi di dollari nei confronti di Oman e Bahrain a sostegno della loro lotta contro le proteste arabe.

IL GRATTACIELO CON LE PALEIl settore dell’immobiliare di lusso nei Paesidel Golfo è la gioia degli architetti di tutto il mondo, che qui possono cimentarsi in progetti innovativi e iperbolici. Come il Bahrain World trade center che caratterizzail profilo di Manama: un grattacielo ispiratoalle torri del vento della tradizione araba, in cuisono state inserite tre turbine eoliche a collegamento tra le due “vele” che formanol’albergo e il lussuoso centro commerciale alla sua base. Le pale sfruttano la brezzaonshore e garantiscono la produzione del 12/13% dell’energia che serve all’edificioalto 240 metri, realizzato con tutti gli accorgimenti costruttivi per ottenere il massimo dell’efficienza energetica e del risparmio idrico.

IL PAESE IN CIFREOrdinamento politico:monarchia costituzionaleCapitale:ManamaSuperficie: 760 kmqIndipendenza: 15 agosto 1971 dal Regno UnitoPopolazione: 1.248.348, di cui bahraini 62,4%, stranieri 37,6%*Lingue: arabo, inglese, farsi, urduReligione:musulmani 81,2% di cui 70% circa sciiti; cristiani9%; altri 9,8 Moneta: dinaro del BahrainAlfabetizzazione**: 86,5% (maschi 88,6%; femmine 83,6%)Mortalità infantile: 10,2 morti/1.000 natiSperanza di vita alla nascita: 78,29 anniDisoccupazione: 15% (stima 2005)Popolazione sotto la soglia di povertà: ndAttività: raffinazione e lavorazione del petrolio; fusione dell’alluminio; lavorazione del ferro;fertilizzanti; banche islamiche e offshore; assicurazioni; riparazioni navali; turismoPil: 30.8 miliardi $ (stima 2011)Pil pro capite: 27.300 $ (stima 2011)Debito estero: 15,2 miliardi $Spese militari: 4,5% del Pil (2006)

* censimento 2001** popolazione di 15 o più anni in grado di leggere e scrivere

FONTE: CIA WORLD FACTBOOK, 2012

Il piccolo regno insulare, meno ricco di riserve petrolifere degli altri Paesidel Golfo Persico, investe nei marchi del lusso e attira capitali esteri

Page 34: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 67 |

| LASTNEWS |

LA PROTESTA DI FILETTINOIL COMUNE BATTE MONETA

LA SCOSSA DEL MICROCREDITO

A tre anni dal terremoto le macerie restano, l’impegnoistituzionale per la ricostruzione de L’Aquila latita, ma il successo di Microcredito per l’Abruzzo supera le aspettative. Fanno notizia gli oltre tre milioni e 830 milaeuro di crediti erogati da gennaio 2011 al 31 marzo 2012nell’ambito dell’iniziativa, coordinata da EtimosFoundation in partnership con Consorzio Etimos, Abi-Associazione bancaria italiana, Federazione delle Bccdi Abruzzo e Molise, Associazione Qualità e Servizi, Caritasdiocesana de L’Aquila. Un intervento dal forte impattosociale (l’80% dei prestiti è andato a microimprese, il 39% delle quali in fase di start-up), che si è tradotto in un totale di 191 finanziamenti suddivisi fra imprese(114), cooperative (9) e famiglie (68). E poiché il microcredito si è rivelato strumento utile per soggettialtrimenti “poco o affatto bancabili” (famiglie in difficoltà,artigiani e commercianti della popolazione colpita dal devastante sisma del 6 aprile del 2009), MarcoSantori, presidente di Etimos Foundation, ha reso noto che l’esperienza abruzzese sarà presa a modello per altriprogetti destinati ad altri territori italiani. A tale scopo è nato “MxIT-Microcredito per l’Italia”, impresa sociale che lancerà nelle prossime settimane la campagna per la costituzione del proprio fondo che diverrà operativanel corso dell’anno.

[C.F.]

BENI COMUNI A ROMANASCE COMUNE-INFO

La strada da percorrere non è delle più agevoli ma il progetto è ambizioso: riuscire a fare informazioneindipendente, senza investimenti economici certi alle spalle, sul tema dei beni comuni, argomento spessotrascurato dai media generalisti e ancor più spesso sottoattacco grazie all’attività di lobby ben più potenti e danarose. Tanto più se il territorio di riferimento è quello della Capitale d’Italia. A tentare l’iniziativa è Comune-info (http://comune-info.net), sito promossoda un gruppo di giornalisti, ricercatori, artisti, formatori e operatori sociali ma aperto ai contributi dei cittadini. Un nuovo portale alter-economico nato con l’obiettivo di ripensare il modello di organizzazione di una cittàdifficile come Roma e del territorio circostante. «Siamo convinti – spiega Gianluca Carmosino, tra i promotori di Comune-Info – che il variegato universodei movimenti possa dare un contributo importante per la nostra città. Ma sentiamo il bisogno di nuovilinguaggi, nuove pratiche, nuove contaminazioni.Dobbiamo riuscire a parlare a tutti. Sia con chi giàcondivide punti di vista critici sulla società e sull’economia sia con chi ha altre proposte».

[EM.IS.]

QUANTO BASTA PER LA SOSTENIBILITÀ

Potete chiamarlo Festival dell’economia ecologica – percomprenderne immediatamente il significato – o potetecitarlo con un nome di maggior impatto, cioè Quanto Basta:l’appuntamento, giunto alla terza edizione, è il medesimo e si svolge tra martedì 5 e sabato 9 giugno. “Dove” lo si evince dalla frase che ne sintetizza i temi del 2012(Dall’ecologia alla democrazia: il futuro sostenibile passa da Piombino), per una cinque giorni di dibattiti, confronti e ospiti internazionali. Il bello di questo festival è però che,per una volta, della discussione su certe tematiche non si fanno portatori solo il mondo delle ong e dell’economiaalternativa ma anche, convintamente, le istituzioni locali(Regione Toscana, Provincia di Livorno, Comune di Piombinoe Camera di Commercio di Livorno), che promuovono la kermesse in prospettiva di un’amministrazione locale di senso. Protagonisti saranno quindi la tutela del paesaggio,lo sviluppo e la gestione responsabile del territorio, i processi di riconversione economica, il ruolo dei parchicome strumento di politiche per lo sviluppo, il pianopaesaggistico regionale, le modalità di riconversioni delle città, l’introduzione di prodotti innovativi, il valore e la funzione delle colture biologiche e biodinamiche,l’economia ecologica come vettore di sviluppo e di lavoro.Una volta si diceva “glocal”.

[C.F.]www.quantobastafestival.com

| 66 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

altrevoci

USA, LE CITTÀ ANCORA VITTIME DELLA CRISI IMMOBILIARE

A oltre cinque anni dallo scoppio della bolla immobiliare,quali sono le città d’Oltreoceano in cui i prezzi delle casecontinuano a scendere? Finora – spiega il periodico Kiplinger – si trattava di centri in California, Nevada, Arizonae Florida, dove le valutazioni erano lievitate durante il boomper poi sgonfiarsi velocemente insieme alla bolla. Ma in molti di questi casi, negli anni, si è assistito dapprima a una stabilizzazione e poi a una ripresa. Attualmente la situazione è critica in zone in cui è stata la recessione, in un secondo momento, a innescare il crollo delle vendite.Ad esempio Atlanta, dove i prezzi il 31 settembre 2011avevano perso il 14% in un anno e il 46,8% rispetto al secondo trimestre del 2006, momento del boom Usa.Atlanta è stata teatro di una pesante speculazione edilizia e di un enorme ricorso ai mutui subprime: come risultato,ora è pignorata una casa su 89, a fronte di una mediagenerale di una su 213. A Flint, la città natale di GeneralMotors, i prezzi sono calati addirittura del 67,1% rispetto al 2006. Reno, nota soprattutto per il gioco d’azzardo, è nona negli Usa come tasso di pignoramenti(un’abitazione su 67): i prezzi sono scesi del 59% dal 2006e del 13,1% in un anno. Rispetto al 2006, le valutazioniimmobiliari hanno perso il 43,4% a Roanoke, in Virginia, il 41,4% a Trenton, in New Jersey, e il 51,4% a Birmingham, in Alabama.

[EM. IS.]

HEDGE FUNDSL’UE FRONTEGGIA LE LOBBIES

Della direttiva Alternative Investment Fund Managers si parla ormai da anni. Si tratta di un’iniziativa dellaCommissione europea che stabilisce nuove regole, in termini di gestione e trasparenza, che gli hedge fundsdovranno rispettare se vogliono essere autorizzati a operare all’interno dell’Europa a 27. La bozza del testo è stata votata lo scorso anno: ma la strada sembra ancoralunga. E, quando all’inizio di aprile ha iniziato a circolareun’integrazione di un centinaio di pagine volta a implementare la direttiva, i rappresentanti dei fondispeculativi non hanno perso l’occasione per farsi sentire.Si tratterebbe, a detta loro, di norme «estremamenteproblematiche», che si allontanano nettamente dallelinee guida fornite dalla European Securities and MarketsAuthority. Il commissario europeo al Mercato interno,Michel Barnier, ha assicurato di non aver intenzione di «farsi intimorire»: «Nonostante la pressione da parte di chi cerca di riaprire vecchie questioni – ha dichiarato –,non abbandoneremo i nostri sforzi per assicurarci che tutti gli attori del sistema finanziario, che sianobanche o hedge funds o altri istituti, siano regolamentatiin modo appropriato».

MALAWI: LA FEMMINISTAPRESIDENTE QUASI PER CASO

Joyce Banda è la prima donna presidente dell’Africa sub-equatoriale, e la seconda del Continente: la primadonna presidente è stata nel 2005 Ellen Johnson Sirleaf,che ha vinto le elezioni in Liberia (e nel 2011 ha ricevutoanche il Nobel per la pace).A differenza della sua collega liberiana, Joyce Banda è arrivata alla presidenza un po’ per caso: succedendo al 78enne presidente Bingu wa Mutharika, deceduto per un infarto ad aprile. Joyce Banda ha 61 anni ed è una combattiva femminista che ha iniziato in Kenyala sua attività. A 25 anni ha lasciato il marito che la maltrattava dopo averlo denunciato. In Malawi ha cominciato come segretaria, poi ha avviatouna produzione di abiti e creato l’Associazione nazionaledelle donne imprenditrici, che ha raccolto 30 miladonne. In Parlamento come deputata dal 1999 e considerata “amica” dei cinesi, è stata ministro degliEsteri dal 2006 al 2009 e vicepresidente fino al decessodel presidente.Mutharika, dopo averla scelta, l’aveva cacciata dal partito togliendole anche l’auto di rappresentanza,senza però riuscire a strapparle la carica. La cerchia di Mutharika ha cercato fino all’ultimo di impedire la sua nomina, come prevede la Costituzione, ma il pianoè fallito per le pressioni degli Stati Uniti e dell’Europache hanno chiesto il rispetto della Carta costituzionale.

[PA.BAI.]

INDIA, NOVARTIS CI RIPROVANUOVA CAUSA ANTI-GENERICI

A distanza di sei anni, Novartis ci riprova e riporta in tribunale le industrie farmaceuticheindiane. L’obiettivo rimane quello della prima volta: impedire la produzione e la vendita delle versioni generiche del farmaco anti-cancro Glivec, che, a parità di efficacia, costano fino a dieci volte in meno dell’originale. La prima volta, i giudici indiani diedero torto alla multinazionale svizzera ma l’appiglio legale individuato dai suoi avvocati questa voltapotrebbe essere sufficiente per costringere la Corte suprema indiana a ribaltare la sentenza.«Novartis è più che mai decisa a continuare la battaglia legale – spiega Rohit Malpani,portavoce di Oxfam – ed è determinata a stabilire un precedente. Se vincesse la nuova causa,rivendicazioni dello stesso tipo, pendenti in altri tribunali, potrebbero essere accolte». Un successo economico enorme per l’azienda. Un danno incalcolabile per milioni di malati di cancro e di Hiv/Aids che possono permettersi le cure solo usando la versione generica dei farmaci (arriva dall’India il 90% delle medicine anticancro e anti-Aids usate nel mondo).

[EM.IS.]

Tutto iniziò quando il governo l’anno scorso decise di accorpare i Comuni più piccoli per tagliareenti inutili. Prospettiva inaccettabile per il Paese dei mille campanili e dei diecimilacampanilismi. Da lì partì la rivolta del comune laziale di Filettino, 600 anime a 50 chilometri da Frosinone, capeggiata dal sindaco Luca Sellari: l’idea (irrealizzabile) di uno splendidoisolamento sotto forma di un Principato, la proposta (rifiutata) di nominare Emanuele di Savoiaproprio principe, una soluzione (che ha fatto il giro del mondo) per risolvere i problemieconomici dei suoi abitanti. E così Sellari ha iniziato a batter moneta e a distribuirla al suopopolo: il Fiorito – con tanto di effige del sindaco su un lato – ha un rapporto di due a uno con l’Euro ed è utilizzabile in molti negozi del paese. Un modo per raddoppiare il potered’acquisto e stimolare gli acquisti nei circuiti commerciali locali, sulla scia dei tanti esperimentidi moneta complementare. Il successo della prima tiratura (10 mila banconote) ha spinto a emetterne altre 20 mila. I cittadini sembrano soddisfatti dell’idea. I commercianti pure di più. A livello locale l’iniziativa può portare una boccata d’ossigeno all’economia del territorio. Se si mutuasse a livello nazionale, si chiamerebbe, più semplicemente, inflazione galoppante.

[EM.IS.]

HT

TP

://I

PS

NE

WS

.NE

T

Page 35: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 69 |

“Da vicino nessuno è normale”. Chi ha partecipato alla nona edizione di “Fa’ la cosa giusta!”avrà di sicuro notato questa citazione di Franco Basaglia campeggiare sulle magliette e sulle felpe dai colori sgargianti nello stand di L180.it. Una frase ancora più significativaperché chi ha lavorato a quelle maglie deve confrontarsi tutti i giorni col difficile tema della “normalità”. L180.it, infatti, è un progetto della cooperativa sociale di tipo B “Confiniimpresa sociale”, che, tra le altre sue attività, ha aperto una serigrafia all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste. Un progetto avviato ormai da cinque anni, che – testimoniano i soci della cooperativa – «funziona», grazie anche alla collaborazione colcircuito del commercio equo e con alcuni negozi della zona. Il risultato? Capi d’abbigliamentoartigianali in cotone organico bio, certificati fair trade e stampati con colori a base acqua, senzautilizzo di solventi. Ma, soprattutto, concrete opportunità lavorative per persone svantaggiate,con un’attenzione particolare per una condizione delicata come il disagio psichico.www.l180.it

DA TRIESTE I COLORIDELL’INSERIMENTO SOCIALE

IL CAFFÈ DEL CARCEREDAL CHICCO ALLA TAZZINA

Le “lazzarelle”, in napoletano, sono ragazzine un po’ vivaci. E Lazzarelle è il nome della prima cooperativa campana che ha scelto di operare in carcere, fondando un laboratoriodi torrefazione all’interno della casa circondariale femminiledi Pozzuoli. Tre detenute, assunte con un regolare contratto,si occupano di tutto il processo: dalla composizione dellamiscela alla tostatura, dalla macinazione al confezionamento in buste. Una fase, quest’ultima, in cui è stata eliminata la pellicola d’alluminio, alla ricerca di soluzioni ecocompatibili proprio in una città tristementefamosa per il problema dello smaltimento dei rifiuti.«All’interno del carcere – spiega con un sorriso la presidentePaola Maisto – abbiamo trovato donne forti: non volevamorelegarle ai soliti ruoli stereotipici. Ci piaceva l’idea di donnetorrefattrici». L’attività va avanti, guardando in faccia le difficoltà: «La crisi ci sta colpendo tantissimo, col calo dei consumi e l’aumento di tutte le spese, dal trasporto alla distribuzione. Senza contare la speculazione enorme sul prodotto iniziale, il cui prezzo è triplicato». Ma ne valela pena e «siamo abbastanza testarde da andare avanti».www.caffelazzarelle.jimdo.com

UN AIUTO AGLI ARTIGIANI DEL VINO NATURALE

I produttori che ottengono vini di qualità, tramite metodibiologici e biodinamici, sono tanti. Ma spesso non hanno la forza – in termini commerciali – per farsi spazio. Circa 150 di loro hanno trovato un appoggio in GiovanniCamocardi, fondatore di Officina Enoica, un’associazionecon sede a Milano che fa da intermediaria per portare alla ribalta i piccoli viticoltori. Per associarsi bisogna dareprova di lavorare da “artigiani”, presentando un campionedel proprio vino corredato di analisi chimiche. Camocardi è chiaro: «Noi non diamo soldi e non riceviamo soldi: infattinon vendiamo vino né chiediamo una quota associativa. Il nostro obiettivo è la relazione diretta fra produttori e consumatori». Una relazione che si stabiliscepartecipando insieme alle fiere, organizzando giornatenelle aziende agricole e istituendo un sistema di vendita e scambio che salti i passaggi intermedi, in modo da offrirevini pregiati a prezzi contenuti e garantire in ogni caso un guadagno onesto al viticoltore. «Non è vero che la produzione biologica è più costosa», afferma. «In campagna se non si usano trattamenti chimici si spende meno: piuttosto si ha una quantità di prodottolimitata, perché si sfrutta meno il terreno. Le paroled’ordine, in sintesi, sono sempre tracciabilità,autocertificazione, filiera corta. Possono sembrare slogan,ma sono proprio gli elementi che fanno la differenza».www.officinaenoica.org

IN TOSCANA L’AMBIENTE SI INSEGNA A SCUOLA

Acariss: un acronimo che significa “accrescerele conoscenze sull’ambiente e i rischi connessiall’inquinamento coinvolgendo le scuole con la sperimentazione”. Il progetto vuole diffondere un nuovoapproccio allo studio delle materie scientifiche, con un occhio di riguardo per temi come il cambiamentoclimatico e l’inquinamento. L’idea è dei ricercatoridell’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionaledelle ricerche (Cnr), della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del dipartimento di Psicologia dell’Università di Firenze. Tecnicamente il metodo scelto si chiamaInquiry Based Science Education: un processo “dal basso” in cui gli studenti sono messi di fronte a un tema e sono invitati a indagare, fare domande e ideare in prima persona un esperimento che consentaloro di arrivare “per gradi” alla comprensione. Le classi di una quindicina fra istituti comprensivi, licei e istituti tecnici toscani si sono già messe alla prova. Le loro esperienze (dalla costruzione di un robotecologico alle misure della respirazione del suolo) sono raccontate quotidianamente tramite un blog: ma saranno presentate anche in occasione di TerraFutura, a Firenze dal 25 al 27 maggio. www.acariss.it

| TERRAFUTURA |

a cura di Valentina Neri | per segnalazioni scrivete a [email protected]

Page 36: Mensile Valori n. 99 2012

| ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 71 || 70 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| ECONOMIAEFINANZA |

a cura di Michele Mancino | per segnalazioni scrivete a [email protected]

Mario PiantaNove su dieci. Perché stiamo (quasi) tutti peggio di 10 anni fa

Laterza, 2012

In Italia negli ultimi dieci anni la forbice tra ricchi e poveri si è allargata sempre di più. Ogni ricco ha il reddito di cento poveri; i redditi e la ricchezza si sono concentrati nelle mani di una persona su dieci. Il declino del Paese non ha risparmiato nessuno: vecchi e giovani, uominie donne, da Nord e Sud. In Italia e in Europa i Robin Hood funzionano al contrario, perché hannotolto ai poveri per dare ai ricchi, rendendo il lavoro più debole e il capitale più forte, impoverendo il sistema manifatturiero per aprire a una finanza di rapina che ha portato al tracollo economicodel 2008. Cambiare rotta per costruire un benessere sostenibile e avere un’economia più giusta si può, attraverso politiche adeguate che cambino la struttura dell’imposizione fiscale, per colpirela ricchezza, riducendo l’evasione e per evitare gli eccessi nel divario tra le remunerazioni.

NOVE SU DIECI SONO PIÙ POVERI

L’ECONOMIA GIUSTA HA BISOGNO DI INTELLIGENZA

La ricerca di un’economia giusta è il tema di questotempo “maledetto”, segnato da una crisi che non se ne va e che scava dentro le divisioni sociali. EdmondoBerselli lo affronta con un saggio veloce, denso e pungente, proprio com’era nelle sue corde. Per capiredove siamo occorre capire da dove siamo partiti. E cosìBerselli ripercorre le politiche che hanno segnato l’Italiae l’Europa dall’Ottocento fino a oggi con un approccio e un linguaggio efficace che tiene insieme tutto:l’economia, la storia, la politica e la sociologia. Il gameover è già arrivato: finita l’era del “pensiero unicomonetarista” non ci sono più risposte e nemmenoalternative, quelle che c’erano hanno fallito. Così dovremo abituarci ad avere meno risorse, menosoldi in tasca. In una parola, dovremo fare i conti con la povertà. «Se il mondo occidentale andrà piùpiano, anche tutti noi dovremo rallentare. Proviamoci,con un po’ di storia alle spalle, con un po’ d’intelligenza e di umanità davanti».

Edmondo Berselli�L’economia giusta

Einaudi, 2012

LA CRISI RENDE TUTTO INTERESSANTE

Ci sono maledizioni che si nascondono dietro frasibenauguranti. Una di queste è cinese e dice: «Che tu possa vivere in tempi interessanti». L’autore la rivolge ai filosofi radicali novecenteschi e agliaccademici di sinistra di oggi, che guardano con nostalgia a rivoluzioni lontane, mentre possonocontinuare a godere dei declinanti comfort del nostrosistema democratico. Abbiamo ottenuto ciò chevolevamo, perché la catastrofe è in atto e ci siamo trovatiproiettati in “tempi interessanti”: la crisi del capitalismoè ormai diventata crisi permanente. Con un originalemisto di filosofia e cronaca, Žižek ci mette di frontel’incapacità dell’Occidente di uscire dall’inazione e, per farlo, utilizza gli argomenti più vari: dallo sviluppodel cloud computing alle ambiguità di WikiLeaks, dal disastro petrolifero del Golfo del Messico alla crisidel vulcano islandese, dalle riforme universitarie alle vere e false versioni del fondamentalismo religioso, dalle ragioni del fallimento del comunismo novecentesco al perché la Cina sia uno dei pochi Paesi in grado di reagire prontamente alle crisi del capitalismo.

Slavoj ŽižekBenvenuti in tempi interessanti�

Ponte alle Grazie, 2012

RELAZIONI PERICOLOSE TRA BANCHE E FONDAZIONI

Se c’è un aspetto che ha segnato negli ultimi anni il sistema creditizio italiano è il rapporto tra le fondazioni bancarie e le banche di cui sono azioniste. Per capire come funziona non c’è niente di meglio chepartire da un caso pratico, come quello tra la FondazioneCassa di Risparmio di Cuneo, la Banca RegionaleEuropea e il gruppo Ubi Banca. I soggetti sono di primaria importanza: la fondazione è tra le prime dieciin Italia, la banca è la prima tra le aziende di credito consede legale in Piemonte; Ubi Banca è tra i primi cinquegruppi bancari nazionali. La Banca Regionale Europea è tra le banche più solide a livello di sistema. Bilanci a posto, ottima redditività, sofferenze al minimo. Ma nel marzo 2010 la fondazione delibera la sfiducia nei confronti del presidente della banca, di cui controllauna partecipazione, e nomina al suo posto, nel consigliodi gestione del gruppo, di cui è tra i primi azionisti, il presidente del collegio sindacale. Perché? Nessuno sa spiegarlo: la business community cuneese ècompatta nel deplorare la decisione. Poi si scopre che il presidente della fondazione, titolare di un’azienda in difficoltà, se l’è fatta ricapitalizzare da una società chefa capo al presidente del collegio sindacale, con cui è socioin affari, il quale viene catapultato al ruolo di banchierenazionale. Ha senso, dunque, che le fondazioni esercitinoinfluenza nella governance delle banche?

Carlo Benigni�Le mani sulla banca

Donzelli Editore, 2012

Page 37: Mensile Valori n. 99 2012

| 72 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 | valori | 73 |

| bancor |

eventi degli ultimi due decenni sui fron-ti socio-economico e geo-politico, l’ideadi un mercato globale delle merci, degliscambi e delle rendite nel quale le equa-zioni economiche dominanti non sianodi tipo liberista non viene contestatapraticamente in nessun Paese del mon-do. E, se appare pleonastico chiedersiperché spinte al cambiamento non ven-gano oggi dai quei Paesi che fino a ierirappresentavano il Sud del mondo, nonci si capacita del perché, in Europa comenegli Stati Uniti, le ragioni della stra-grande maggioranza della comunitànon riescano a influenzare le politicheeconomiche dei nostri governi. Anzi,nel compromesso globale per il control-lo su materie prime e manodopera deiPaesi emergenti, l’Occidente è pronto abarattare alcuni punti cardine del no-stro Stato di diritto.

In Italia, con la modifica dell’artico-lo 18 dello Statuto dei lavoratori, si vuo-le dare il messaggio che, se non in casodi “ragioni” discriminatorie (ovvia-mente), non può esservi licenziamentoche neghi alcun diritto di un qualsiasilavoratore: la pratica verrà o archivia-ta per giusta causa o risolta con un in-dennizzo, vere o presunte che siano lemotivazioni dietro a episodi di tipo di-sciplinare o economico. Peraltro, fosseanche riconsiderato il diritto al reinte-

gro per i licenziamenti “senza giustacausa”, quale corte potrà mai negare la“giusta causa” legata alla funzione diutilità del profitto implicita nel siste-ma economico liberista? Come conte-stare la logica secondo la quale, es-sendo il profitto pari alla differenzatra ricavi e spese, una riduzione delpersonale (in caso di crisi, ma anche difrode o di mala gestio aziendale nonapparenti di per sé) risulta natural-mente inevitabile?

In realtà questo tipo di flessibilitàavrebbe una sua logica solo nel caso incui i lavoratori compartecipino alla ge-stione di tutte le variabili dell’equazione(come avviene in Germania) oppure sigarantiscano politiche di welfare degnedi questo nome (come nei Paesi Scandi-navi). Altrimenti, sarebbe opportunoriformare anche l’articolo primo della

Costituzione italiana, sancendo che laRepubblica si fonda non già sul lavoro,ma sul capitale o meglio sul saggio diprofitto delle imprese. Sarebbe altret-tanto onesto intellettualmente rimuove-re l’effige, non di Brodolini ma di Abra-mo Lincoln, dalle banconote da 5 dollari:all’elettorato del Wisconsin, ben primache Marx elaborasse la teoria sulla lottadel capitale contro il lavoro, il presiden-te cui tutti i presidenti degli Stati Uni-ti dicono di ispirarsi, ebbe a dire che «ilcapitale è solo il frutto del lavoro e nonpotrebbe esistere se non esistesse il la-voro: il lavoro è superiore al capitale, loanticipa e ne è indipendente».

Ma perché, in attesa di riformare ilsistema economico mondiale all’inse-gna di qualcosa che, scomparso il co-munismo, superi anche il capitalismocome l’abbiamo pensato e sperimenta-to fino ad oggi, non si procede a quellatassa dello 0,05% sulle transazioni fi-nanziarie che, secondo l’ultimo Rap-porto sullo Sviluppo Umano dell’Onu,garantirebbe un gettito annuo di circa700 miliardi di dollari? In un decenniosi abbatterebbe la povertà in molte areedel Pianeta e in Occidente si sosterreb-be quello stato di diritto che rischia divenir sacrificato sull’altare della giustacausa del capitalismo globale.

[email protected]

LavoroDiritti negatiper giusta causa

dal cuore della City Luca Martino

Dopo la caduta del muro di Berlino anche quei Paesi che avevano spe-rimentato, pur grossolanamente, modelli economico-sociali diversidal nostro – Russia, Europa dell’Est, Cina, ma anche Brasile e India –

hanno abbracciato, spesso altrettanto grossolanamente, i più classici tra iprincipi dell’economia liberista. Ad oggi, quindi, nonostante i catastrofici

Oggi quasi nessuno discute idogmi del liberismo. E anchel’articolo 18 ne fa le spese

TO

MA

SO

MA

RC

OLL

A /

WW

W.M

AR

CO

LLA

.IT

Page 38: Mensile Valori n. 99 2012

| 74 | valori | ANNO 12 N. 99 | MAGGIO 2012 |

| action! |

L’AZIONE IN VETRINA COAL INDIA LIMITED

FON

TE

: YA

HO

OFI

NA

NC

E

Il rendimento in Borsa di Coal India Limited negli ultimi dodici mesi (in marrone), confrontato con l’indice S&P 500 (in arancio)

L’azionariato attivo sbarca sulle costedell’India, nella Regione del Bengalaoccidentale. La spedizione è guidata

da Chris Hohn, che, con il suo fondo specula-tivo The Children’s Investment Fund (Tci) èconosciuto per il suo passato di azionista ag-gressivo. Il fondo di Hohn ha preso di mira ilprimo produttore di carbone in India, il piùgrande al mondo: Coal India Limited (Cil). Tci,con quasi il 2% di azioni, è il più importante in-vestitore estero. Agli inizi di aprile Tci ha ac-cusato la compagnia indiana di manipolare,su ordine del Governo, il prezzo di venditadel carbone, sottostimandolo di circa il 70%rispetto al prezzo di mercato e danneggian-do la compagnia, gli azionisti e i cittadini in-diani, perché il Governo rinuncerebbe aenormi ricavi. Hohn è deciso a tutelare gliazionisti di minoranza con tutti i mezzi, an-che seguendo vie legali. L’obiettivo finale èl’aumento del valore per gli azionisti. L’azio-nariato attivo, come lo intendono Valori eBanca Etica, è una cosa un po’ diversa: miraanche a obiettivi sociali e ambientali. Ma in-tanto Hohn ha aperto la strada. Un azionistaattivo in India non si era ancora visto.

L’azionariato attivoarriva in India

a cura diMauro MeggiolaroeFrancesco Zoppeddu

COALINGIA.NS 333,0010 apr 2012: ^GSPC 1403,28

2011 Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic 2012 Feb Mar Apr

15%

10%

5%

0%

-5%

-10%

-15%

Sede Calcutta, West Bengal - India Borsa NYSE - New York Stock Exchange Rendimento negli ultimi 12 mesi - 6,72%.Attività Coal India Limited è la prima compagnia al mondo in termini di produzione di carbone. Contribuisceall’85% del fabbisogno indiano e impiega quasi 400 mila persone. Opera in 81 aree minerarie attraverso le sue 7 società controllate. Azionisti Il Governo Indiano è il principale azionista della compagnia, detiene il 90% delle azioni. Con l’offerta pubblicadel 2010, la compagnia ha ceduto il 10% delle quote azionarie a investitori istituzionali e privati.Perché interessa agli azionisti responsabili? L’iniziativa del Fondo è il primo caso in cui gli azionisti di minoranza di una compagnia indiana cercano di far valere le proprie ragioni. Il Children’s Investment Fundchiede la tutela degli interessi economici degli azionisti di minoranza.

Coal India Limited www.coalindia.in

UN’IM

PRES

A AL MES

E

Ricavi [Miliardi di dollari] 10,1 11,4 Utile [Miliardi di dollari] 1,8 2,1Numero dipendenti 383.347 (2012) in tutto il gruppo

2010 2011 2010 2011

Sede Londra - Regno UnitoTipo di società Tci è un fondo speculativo (hedge fund) creato nel 2003 da Chris Hohn. Fa investimenti a lungo termine in società che operano a livello globale. Parte dei profitti è destinata a una fondazione per operedi carità nei confronti dei bambini che vivono in povertà nei Paesi in via di sviluppo, in Asia e Africa. La fondazione è gestita dalla moglie di Hohn.Asset gestiti circa 6,8 miliardi di dollari.L’azione su Coal India Tci, con quasi il 2% di quote azionarie, è il più importante investitore estero di Coal India. Si lamenta del fatto che le tariffe di vendita del carbone sono sottostimate del 70% rispetto al valore di mercato.Chiede alla compagnia di rivederle al rialzo per evitare danni agli azionisti di minoranza e alla compagnia stessa. Altre iniziative Tci è considerato un azionista attivo molto aggressivo. Si ricordano i casi più eclatanti come la scalata alla Borsa Tedesca nel 2005 per evitare l’acquisizione della Borsa di Londra, considerata troppocostosa. La richiesta di vendita o frazionamento avanzata nei confronti alla banca tedesca Abn Amro al fine di aumentare il valore per gli azionisti. Senza dimenticare le campagne contro le major giapponesi, tra cui J-Powere Japan Tobacco finalizzate ad aumentare la visibilità degli azionisti di minoranza.

The Children’s Investment Fund (TCI) www.ciff.org

L’AZIONISTA DEL MES

E

Page 39: Mensile Valori n. 99 2012