Labiulm marzo 2014

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Al Sud assicurare un’auto costa il doppio che al Nord, per le imprese è più difficile l’accesso ai crediti e gli studenti emigrano dopo il diploma. Il Belpaese, a più di 150 anni dall’Unità, viaggia ancora a due velocità. Ma non per la ‘ndrangheta PAGINE 4-11 Periodico del Master in Giornalismo dell’Università Iulm - Campus Mulmedia In-formazione - Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità Anno XI w Numero V w Marzo 2014 w hp://www.campusmulmedia.net/labiulm/news/ ATTUALITÀ Temporary shop e coworking: la crisi è tamponata? PP . 12-15 SPORT Anche in Italia il curling conquista nuovi appassionati PP . 20-21 È diventata davvero stucchevole! Con tutti i problemi e le situazioni, spesso drammatiche, che attanagliano l'intero Paese, dalle “Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”, per usare una citazione manzoniana, che è quasi un must letterario, i salotti intellettuali e i faccendieri di Palazzo continuano a discettare sulla "questione meridionale" oppure parallelamente sulla “macro-regione del Nord”, le due facce strumentali della stessa medaglia. Un anno fa, poco più, poco meno, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo a Palermo, nell'unica celebrazione siciliana del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, ha dovuto ricordare che non esi- ste un Nord senza il Sud e, contestualmente, non può esistere un Sud senza il suo Nord. (continua a pag. 24) Giovanni Puglisi Gli Appennini uniscono il Paese SPETTACOLI PP .16-17 Cinema: arriva il digitale, addio alla pellicola? SPETTACOLI/2 PP . 18-19 L’Italia spezzata Quando i fan salvano le serie: la tv è “partecipata” LABIULM DEF_Layout 1 07/02/2014 22:26 Pagina 1

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Bimestrale della Scuola di Giornalismo IULM di Milano Direttore Responsabile Giovanni Puglisi Redattore Capo: Ivan Berni

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Al Sud assicurare un’auto costa il doppioche al Nord, per le imprese è più difficile l’accesso ai crediti e gli studentiemigrano dopo il diploma. Il Belpaese, a più di 150 anni dall’Unità,viaggia ancora a due velocità. Ma non per la ‘ndrangheta

PAGINE 4-11

Periodico del Master in Giornalismo dell’Università Iulm - Campus Multimedia In-formazione - Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità

Anno XI w Numero V w Marzo 2014 w http://www.campusmultimedia.net/labiulm/news/

ATTUALITÀTemporary shop e coworking: la crisiè tamponata?

PP. 12-15

SPORTAnche in Italia il curling conquista nuovi appassionati

PP. 20-21

È diventata davvero stucchevole! Con tutti i problemi e le situazioni, spessodrammatiche, che attanagliano l'intero Paese, dalle “Alpi alle Piramidi, dalManzanarre al Reno”, per usare una citazione manzoniana, che è quasi unmust letterario, i salotti intellettuali e i faccendieri di Palazzo continuano adiscettare sulla "questione meridionale" oppure parallelamente sulla“macro-regione del Nord”, le due facce strumentali della stessa medaglia.Un anno fa, poco più, poco meno, il Presidente della Repubblica, GiorgioNapolitano, intervenendo a Palermo, nell'unica celebrazione siciliana del150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, ha dovuto ricordare che non esi-ste un Nord senza il Sud e, contestualmente, non può esistere un Sud senzail suo Nord. (continua a pag. 24)

Giovanni PuglisiGli Appennini uniscono il PaeseSPETTACOLI PP.16-17

Cinema: arriva il digitale,addio alla pellicola?

SPETTACOLI/2 PP. 18-19

L’Italiaspezzata

Quando i fan salvano leserie: la tv è “partecipata”

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Diretto da Ivan Berni e Giovanni Puglisi (responsabile)

In redazione:Eliana Biancucci, Carlotta Bizzarri, Benedetta Bragadini, Matteo Colombo, andrea Cumbo, Micaela Farrocco, Enrico Lampitella, adriano Lo Monaco, Lorenzo Matucci, Giulio oliani, Maurizio Perriello Nicolò Petrali, Jacopo rossi, antonio Torretti, Claudia Vanni. Mariella Laurenza, adriano Palazzolo, Stefano Scarpa, Cosimo Firenzani, Cinzia Caserio, Federico Fumagalli, Elena Iannone, alessandra Teichner, DanieleLettig, Barbara Montrasio, Girolamo Tripoli, Matteo Palmigiano, roberta russo, Federica Palmieri, Marco Demicheli.Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002

Stampa: Graficart snc - Biassono (Milano)

Master in Giornalismo Campus Multimedia In-FormazioneDirettore: Giovanni Puglisiresponsabile didattico: angelo agostiniCaporedattore: Ivan Berniresponsabile laboratorio redazione digitale: Paolo LiguoriTutor: Silvia GazzolaDocenti:angelo agostini (Storia del giornalismo, Editing e Deontologia)Camilla Baresani (Scrittura creativa)Marco Capovilla (Fotogiornalismo)Toni Capuozzo (Videoreportage)Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico)Marco Boscolo (Data Journalism)andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale-TV)Luca De Vito (riprese e montaggio)Giuseppe Di Piazza (Progettazione editoriale e Giornalismo Periodico)Dario Di Vico (Giornalismo economico e finanziario)Guido Formigoni (Storia contemporanea)Giulio Frigieri (Infodesign e mapping)Sabrina Giannini (Videogiornalismo)Marco Giovannelli (Digital local news)Bruno Luverà (Giornalismo e società)Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo)Matteo Marani (Giornalismo sportivo)Marco Marturano (Giornalismo e politica)Sandro Petrone (Giornalismo televisivo)Massimo Picozzi (Criminologia e Giornalismo)andrea Pontini (Gestione dell’impresa multimediale)Marco Pratellesi (Gestione delle imprese editoriali Web)Giuseppe rossi (Diritto dei media e della riservatezza)alessandra Scaglioni (Giornalismo radiofonico)Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano)Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia)Vito Tartamella (Giornalismo scientifico)Fabio Ventura (Trattamento grafico dell’informazione)Marco Subert - Vito Cosenza - Francesco Del Vigo (Social Media Curation)

Presidente: Giovanni Puglisi

Vice Presidente: Gina NieriAmministratore Delegato: Paolo LiguoriDirettore generale: Marco FantiConsiglieri: Gian Battista Canova, Mauro Crippa, Vincenzo Prochilo,Paolo Proietti

Pagina 2 SoMMarIo LaB Iulm

Il giornale che avete inmano è un prodotto moltoparticolare. E’, insieme, la

palestra degli allievi del Ma-ster di Giornalismo Iulm –Campus Multimedia, e il bi-glietto da visita di una Univer-sità dove si studiaComunicazione (la prima adaverlo proposto in Italia) eche sceglie di comunicare at-

traverso il lavoro formativodei suoi studenti. Non era maiaccaduto prima che la testatadi una scuola di giornalismoprendesse il mare aperto e ve-nisse distribuita insieme a ungiornale “adulto” e prestigiosocome Prima comunicazione.

Per i trenta ragazzi del Masterè un impegno forte, che li pro-ietta immediatamente a con-tatto di un pubblicospecializzato e attento, qualequello di Prima. Ma questa oc-casione senza precedenti èanche la prima vetrina in cui

mettersi in mostra, da giorna-listi, misurandosi con l’attua-lità, l’inchiesta, il costume, lacultura, i cambiamenti socialie le trasformazioni di Milano,la città dove i ragazzi del ma-ster studiano e imparano ilmestiere del giornalista. Per

l’Università Iulm è una scom-messa che confidiamo saràben riposta. E non è rituale ilringraziamento a Prima Co-municazione per un’ospitalitàche, a sua volta, è un beneau-gurante attestato di fiducia achi comincia ad affacciarsi auna professione complessa edifficile. Ma anche entusia-smante. (I.B.)

Una scommessa e una vetrina

IULM NEWS

DOSSIER LE 2 ITALIE

ATTUALITÀ

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QUESTO NUMEROIl problema è antico quanto l’Unità d’Italia. Siamo un paesespaccato come un melone, però passano i decenni e - da ungrande progetto all’altro, da una cassa del Mezzogiorno spre-cona a un miraggio federalista mai concretizzato - le differenzefra Nord e Sud rimangono e si approfondiscono. Prendiamo ilcaso di questa crisi infinita: non è vero che tutto il paese ne sof-fre allo stesso modo. Il sud ne soffre molto di più, perché si spe-gne anche quel poco di speranza legata agli insediamentiproduttivi, alla possibilità di un rilancio legato a quel poco chec’è. Ma se quel che c’è è il nulla, e se la politica sembra far ditutto per rendere impossibile fare impresa, innovazione e ri-cerca perché al sud il credito costa più caro, le infrastrutturesono a pezzi e le università sono lasciate alla deriva, allora correil dovere di raccontare, ancora una volta, quanto sia velleitarioparlare di crescita e nuova occupazione. Senza il sud non c’èl’Italia. Sarebbe ora di capirlo, senza prendersi in giro.

L’Italia spezzata

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Prigionieri di due Italie

Sedriano: quei bravi ragazzi del Nord

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L’inchiesta Infinito

Milano, la condivisione tra la musica e il sociale

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Prendo la borsa e vado al Nord

Su e giù per lo Stivale senza fine

Coworking, la collaborazione è un’impresa

L’abolizione del valore legale del titolo di studio spacca l’Italia

L’ex ministro Profumo “Studenti, viva la mobilità”

Assicurazioni: Napoli, oh carissima...

Credito alle imprese: il denaro costa di più nel Mezzogiorno

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SPORT

Antonio Sancassani: “Il cinema Mexico mi ha salvato la vita”

A far la serie tivù comincia tu

L’attrezzatura

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20Curling Stones

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“Sul ghiaccio grazie a James Bond” 21

SPETTACOLI

Tempo di temporary shop

Francesca Zorzetto: “Obiettivi, durata, target: i segreti del successo”

Digitale Anno Zero: la rivoluzione dei grandi schermi

I cinema degli oratori

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LAB Iulm EDITORIALI Pagina 3

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Car sharing, amore metropolitanoIvan Berni

ai primi di febbraioerano 90mila. Ed èscontato pensare che in

tempi brevi si arriverà a supe-rare la soglia psicologica dei100mila. Milano si è innamo-rata del car sharing e nulla fapensare che si tratti di una cottamomentanea. Dallo scorso set-tembre, quando venne lanciatodi Car2go – il servizio organiz-zato da Mercedes Benz conoltre 600 Smart messe in strada– la progressione è stata inarre-stabile. L’uso dell’auto in con-

per i suoi movimenti metropo-litani. La car sharing mania stafacendo a pezzi l’antico statussymbol delle quattro ruote. Lacelebre frase un po’ bullesca:“Mi sono fatto il Cinquino”(olaMini, o il Toyotino) , andrà de-finitivamente in pensione. Fraqualche settimana, a Milano, igrandi operatori dell’auto in af-fitto saranno cinque e si potràscegliere “a la carte” fra Smart,Fiat Cinquecento, VolkswagenUp (con il nuovo servizioTwist), le auto elettriche di E-Vai e la miniflotta multimarchedel servizio Guidami, il più

divisione sta travolgendo abitu-dini consolidate fino a prefigu-rare un vero e proprio cambiodi paradigma. Non solo l’autoprivata si usa sempre meno pergli spostamenti brevi in città:molti hanno rinunciato, ostanno rinunciando, al possessodi un automobile personale.L’affermazione del car sharingsembra annunciare la fine delleseconde auto, quelle dei gio-vani e giovanissimi, quelleusate dalle signore per lo shop-ping, quelle del professionistache alla Bmw o audi d’ordi-nanza affiancava una citycar

vecchio sulla scena. In posi-zione d’attesa il gruppo Bmwcon le sue Mini, che peròchiede al Comune di limitare il“suo” car sharing al centro.Tutti, o quasi, alle stese tariffesuperaccessibili: da 0,24 a 0,29centesimi di euro al minutotutto compreso. La chiave di volta di questo tra-volgente successo è l’incrociodell’offerta del servizio con latecnologia digitale. Si attiva laapp sullo smartphone, si pre-nota l’auto più vicina, si accedecon una card e il gioco è fatto.Costa solo il tempo d’uso. Bas-sissimo o nullo il prezzo del-l’abbonamento (19 euro ilCar2Go), niente spese per ben-zina e assicurazione. In piùzero spese per l’ingresso nel-l’area C (il ticket costa 5 euroal giorno) e per la sosta, gra-tuita in tutta città. Il sistemanon obbliga a riconsegnare lavettura in qualche luogo prede-stinato: le macchine si possonolasciare ovunque. Dodici annifa, quando si avviarono i primiesperimenti di car sharing, ci siattendeva che il pubblico sce-gliesse sulla base di un’opzionepolitico- ideologica: condividol’auto perché così faccio il benedel mondo, oltre al mio. Cosìnon ha funzionato, perché ilservizio era scomodo (le piaz-zole di sosta a chilometri di di-stanza); inefficiente (pocheauto: il rischio di non trovarne

una al momento del bisognoera assai alto); costoso e dallagestione complicata. L’uovo diColombo è stata la scoperta cheoltre ad Sms, What’s up, mail,Tweet, musica, fotografie evideo ci si poteva scambiareanche l’auto. a prezzi inso-spettabilmente bassi. ora la convenienza del car sha-ring potrebbe, persino, comin-ciare a impensierire i tassisti, aloro volta in guerra con leagenzie di noleggio auto conconducente, divenute d’untratto pericolose concorrentiper via - ancora una volta – diuna app (la Uber) che permettedi prenotarle al volo a prezzi dipoco superiori a quelli di untaxi. Insomma, la tecnologia di-gitale sta riuscendo a farcimuovere in modo più intelli-gente, meno costoso e inqui-nante e, probabilmente, menonevrotico di quanto abbiamofatto finora. Si rassegnino gliidolatri dell’auto feticcio. Eanche i tassisti.

Gufano, gufano. Starnaz-zano, pontificano, de-cretano. Sparano

condanne senza appello e di-ventano lividi di astio alla solaidea che La grande bellezza diPaolo Sorrentino possa vincerel’oscar. La rete, in questigiorni, ribolle di astio. Chi osaspendere parole di apprezza-mento per il film viene subitocolpito da frizzi, lazzi e star-nazzi. E’ capitato anche a me,che non ho mai fatto mistero diquanto mi piaccia La grandebellezza: non passa giorno chenon riceva almeno una mail incui, nel migliore dei casi, mi sidà dell’incompetente e mi si in-vita ad andare a zappare la terra.Noi italiani siamo fatti così: cilamentiamo per anni dello statodi crisi del nostro cinema e poi,quando un film italiano piace almondo, vince i Golden Globe esi appresta a conquistare

Gianni Canova

Perché mi piace? Perché pensoche sia un film potente. Moltofisico. Nel suo continuo attritofra vitalismo e indolenza, trafrenesia e immobilità, fra i corpidi carne degli umani e i corpi dipietra delle statue, è molto piùche una “dolce vita” dei nostritempi cafoni. È un un mix di ni-chilismo, cinismo e disincantoche ha il coraggio di mettere inscena non sentimenti nobili, nonstorie di riscatto, non temi so-ciali e civili, non messaggi ras-sicuranti, non denunce urlate eringhiose, ma semplicemente lascoperta di quanto l’uomo sia

l’oscar, gli spariamo addosso.Siamo gelosi, invidiosi, livorosi.Godiamo del nostro pavoneg-giarci per essere “fuori dalcoro”. In Francia, in Germaniao in Inghilterra, quando un filmè candidato all’oscar, l’opi-nione pubblica sente quasi ildover “morale” di “cantare incoro”, e di sostenere all’unisonol’eccellenza della cultura nazio-nale. Da noi no. Noi siamo soli-sti. Noi dobbiamo distinguerci.Noi ci facciamo belli del nostropresunto “anticonformismo”.Siamo critici, noi. Severi, acci-gliati, intransigenti. Cioè indivi-dualisti, fanfaroni, ignoranti. a me, lo confesso, La grandebellezza è piaciuto molto. Nonso se è un bel film. Non pre-tendo che il fatto che piace a mesia un indicatore di valore asso-luto. So che l’ho visto 6 o 7volte, e credo che lo rivedrò an-cora. ogni volta che lo vedo,colgo con chiarezza tutti i suoidifetti, le sue imperfezioni, lesue fragilità. E tuttavia succedecon questo film una cosa ana-loga a quella che può succederecon una donna: sai che ha queidifetti, eppure ti fa impazzire.Forse, ti fa impazzire proprioper quei difetti. rapimento edestasi.

miserabile. Esattamente comefaceva La dolce vita di Fellini.anche quello non piacque più ditanto agli italiani. anche quellofu deriso, stroncato, osteggiato.Con motivazioni analoghe aquelle con cui oggi stroncanoSorrentino: non c’è svilupponarrativo, c’è poco racconto(come se un film dovesse perforza basarsi sui modelli di nar-razione forte tanto cara alle fic-tion della Tv generalista…).oppure. ci sono episodi gratuiti(qui l’episodio della suora, là –in Fellini – quello del “falso mi-racolo”). Qualcuno arriva addi-

rittura a dire che La grande bel-lezza non gli piace perché sco-piazza Fellini. Guarda caso,sono quasi sempre gli stessi chepoi adorano Tarantino per la suaestetica citazionista. Misteridella fede, e della cinefilia. Sor-rentino ha il grande merito - se-condo me – di aver realizzatoun film che non dice al suo pub-blico ciò che questi vorrebbesentirsi dire, e che anzi va daun’altra parte. Senza compro-messi, senza ipocrisie. Un filmche ci mette di fronte alla perce-zione dell’irrilevanza. Della va-nitas vanitatum. Forse è perquesto che gli italiani non losopportano. Perché ci dice chela “grande bellezza” evocata daltitolo, purtroppo, non ci appar-tiene più, non ci riguarda. Per-ché non la sappiamoriconoscere. Non la vediamoneppure, che si tratti di un ru-dere archeologico o di un film.Che il livore della rete sial’estremo tentativo di esorciz-zare la paura della cecità chesentiamo crescerci dentro?

* Docente IULM e Preside dellaFacoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche, pubblicità

La Grande bellezza, l'Oscar che non vogliamo vincere

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Come scrisse GiustinoFortunato nel 1899 inuna lettera indirizzata a

Pasquale Villari: “Che esistauna questione meridionale, nelsignificato economico e politicodella parola, nessuno lo mette indubbio”. Ma che a distanza diun secolo dalla denuncia dell’il-lustre meridionalista, l’annosoproblema del divario tra Nord eSud Italia persista ancora in tuttala sua drammaticità, questo è unfatto intollerabile. Sul tema, èuscito recentemente anche unlibro della coppia Stella-rizzointitolato “Se muore il Sud”.Un’inchiesta sullo stato di de-grado del Meridione e le re-sponsabilità della sua classedirigente. Infatti l’Italia di oggisi presenta come un paese spac-cato in due. Da una parte ilNord, che nonostante stenti intermini di crescita rimane co-munque una macroregione riccae industrializzata. Dall’altraparte c’è il Sud-Italia, povero,con investimenti esigui e unadisoccupazione galoppante. Unsolco che si allarga sempre di

più, visto che il divario Nord-Sud riguarda molti settori. Dallaformazione universitaria al mer-cato del lavoro, dagli investi-menti all’accesso al credito perle imprese, così come tutti gli

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Dalla formazione universitaria al mercato del lavoro,dagli investimenti all’accesso al credito per le imprese: il divario Nord-Sud si amplia sempre di più

altri indicatori di sviluppo.Come l'industria e in particolareil manufatturiero meridionaleche ha perso quasi 160milaposti di lavoro. Insomma, unpaese che procede a due velo-cità. Perché il meridione è unluogo ridotto alla desertifica-zione industriale, dove crollanoPil e investimenti. In 5 anni ilPil del Mezzogiorno è crollatodel 10%, quasi il doppio delCentro-Nord (-5,8%). Se si ra-giona poi in termini di Pil procapite, il divario è ancora piùnetto. Tutte le regioni del Sud sicollocano sotto la media nazio-nale di 25.176 euro pro capite.Nel 2012 la regione più ricca èstata la Valle d’aosta (34.415)seguita da Lombardia (33.443).

Nel Mezzogiorno invece, ad ec-cezione dell’abruzzo (21.144),tutte le altre regioni sono rima-ste ampiamente sotto i 20milaeuro pro capite. La regione più

povera è stata la Calabria, consoli 16.460 euro pro capite.anche i consumi delle famigliemeridionali non vanno meglio,in calo del 9,3%, oltre due voltein più del Centro-Nord (-3,5%).

Condizioni, che spingono i gio-vani e in generale chi è in cercadi un lavoro a emigrare. Infatti,un fenomeno che sta assumendoproporzioni preoccupanti, èquello dell’esodo di massa dellapopolazione dal Sud verso ilCentro-Nord. I dati sull’emigra-zione inclusi nel rapporto Svi-mez sono impietosi: in vent'annisono emigrate 2,7 milioni dipersone. E solo negli ultimi 10,si sono spostate dal Mezzo-giorno 1 milione e 300mila per-sone, di cui 176mila laureati,che rispetto al decennio prece-dente sono quasi raddoppiati.Ma l’emigrazione molto spessoavviene anche ante lauream. In-fatti 1 diplomato del Sud su 5 vaa iscriversi in un ateneo delnord. Una tendenza che non stu-pisce, se si considera che nellaclassifica dei dieci migliori ate-nei italiani, pubblicata dal Cen-sis e divisa per tre categorie:piccoli, medi e grandi, gli ateneidelle città del sud occupano leultime posizioni. Scalzati daquelli di Milano, Torino, reggioEmila, Pavia, Siena, Bologna eCamerino. ad esempio tra i pic-coli, l’orientale di Napoli el’università di reggio Calabriasono ultima e penultima. Men-tre la Federico II è il fanalino dicoda tra le mega. Tra i quattro

politecnici in classifica invece,quello di Bari non raggiunge ilpodio. Per le nuove generazionidel Mezzogiorno così, le ported’accesso al lavoro continuanoa essere sbarrate. anche la du-rata della disoccupazione si è al-lungata, così come latransizione scuola-lavoro. Lascolarità per i giovani residential Centro-Nord dura un anno in

più dei loro coetanei meridio-nali, ma al Centro-Nord l’inse-rimento nel mercato del lavoroavviene ben sei anni prima.Mercato del lavoro che nel SudItalia continua a deteriorarsi. Glioccupati nel Mezzogiorno, sonoscesi nei primi mesi del 2013sotto la soglia dei 6 milioni. Nonaccadeva da 36 anni, dal 1977.Solo nel primo trimestre del2013 il tasso di disoccupazionetra i giovani dai 15 ai 24 anni haraggiunto il 51% nel Mezzo-giorno, mentre al centro nord siè fermato al 36%. aumentainoltre il numero dei “Neet”, igiovani che non studiano e nonlavorano e che, stando ai datiIstat, a oggi sono 3 milioni e327mila. Dei quali quasi 2 mi-lioni sono donne e 1 milione e850 meridionali. Ma non è tutto.Vivere al sud vuol dire anchepagare tariffe più care anche peruna semplice assicurazione rc

auto, piuttosto che avere un ac-cesso al credito più svantag-gioso per le Pmi. Dal rapportodella Banca d'Italia sulle econo-mie regionali, si scopre chel'evoluzione del quadro con-giunturale nel corso del 2013 ein previsione del 2014, mostraun ulteriore ampliamento del di-vario fra centro nord e mezzo-giorno. La causa principale diquesta situazione, è addebita-bile principalmente alla classedirigente del paese e nella fatti-specie quella del Sud. ammini-stratori della cosa pubblica, cheper decenni hanno fatto politicaelargendo e sperperando i soldidella Pa, incrementando renditedi posizione esclusivamente peraccaparrarsi il consenso eletto-rale. allo stato attuale, siamo unpaese incapace di pianificaredelle politiche socio-economi-che di medio e lungo periodo,che colmino il gap tra le regioni

Prigionieri di due ItalieEnrico Lampitella

DoSSIEr

Tutte le regioni del Sud in terminidi Pil pro capite

sono sotto la media nazionale

di 25.176 euro

Negli ultimi 10 annisi sono spostate da Sud a Nord

1 milione e 300milapersone, di cui176mila laureati

Alla fine del 2012 la popolazione italiana è salita a 59 milioni 685mila abitanti, conun incremento di 291mila unità, concentrate quasi tutte al Centro-Nord (278mila).Nel Sud, invece, ci sono state 5mila nascite in meno, a testimonianza dell’invec-chiamento della popolazione, e dell’insufficiente ricambio generazionale dovutoalla bassa fecondità. Le previsioni sulla distribuzione demografica in Italia da quiai prossimi 50 anni sono nette, Il Sud conta di perdere ancora 4,2 milioni di abitantirispetto all’incremento di 4,5 milioni al Centro-Nord. Nonostante l’incrementodegli immigrati, la tendenza che si prospetta è di un anziano ogni tre abitanti, e unasostanziale parità tra le persone in età lavorativa e quelle troppo anziane o troppogiovani per farlo, con conseguenti problemi di welfare e di sostenibilità del sistema.

IL SUD CHE SE NE VAIn 10 anni al Sud più morti che nati. Non accadeva dal 1918. In base alle ela-borazioni dei dati del censimento 2011 ora allineati alle anagrafi, emerge cheil decennio appena trascorso ha rappresentato un momento straordinario nellacrescita del Paese. Dal 2001 al 2011 la popolazione è cresciuta del 42,8 permille, soprattutto al Centro-Nord (63,9 per mille contro il 5 del Mezzogiorno),un livello che non si registrava dagli anni ‘70. Il Mezzogiorno ha perso il tradi-zionale ruolo di bacino di crescita italiana: nel 2012, al Sud i morti hanno su-perato i nati, un risultato che si era verificato solo nel 1867 e nel 1918. Mentrenel 2012 i minori di un anno, 531mila, hanno raggiunto lo stesso numero degliover 76. In dieci anni, inoltre, al Sud hanno perso popolazione i comuni sottoi 5mila abitanti, soprattutto nelle aree interne e quelli con più di 100mila abi-tanti, per effetto delle migrazioni.

IL SUD CHE RESTA

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Sono gli eroi delle coinci-denze sui binari della TavMilano-Napoli. I pendo-

lari di lungo raggio, razza di in-visibili che ogni settimanacorrono su e giù per lo stivalecercando di mettere insieme la-voro e famiglie. Sono figli dellacrisi e dell’italianissima arte diarrangiarsi. Per cinque giorni la-vorano a Milano, Torino e Ge-nova. Spesso ricopronoposizioni di responsabilità equalche volta con stipendi da 5-6mila euro a mese. al Nord vi-vono nei residence o inappartamenti divisi coi colleghi.E il venerdì partono, per tornarea casa da mogli, figli, fidanzate,genitori e amici. Perché se il por-tafogli sta a Nord il cuore è ri-masto a Sud. Sono l’esercito di155mila pendolari di lungo rag-gio che nel weekend affollanostazioni e aeroporti per ritornarealle loro case, spesso a diversecentinaia di chilometri. La setti-mana tipo di un pendolare dilungo raggio mediamente sisvolge in tre contesti ricorrenti:

l’ufficio, l’albergo e il treno ol’aereo a seconda dei casi. Natu-ralmente, con la valigia costan-temente aperta, l’indirizzo mailaziendale sempre reperibile, i ri-storanti e gli scontrini della la-vanderia. alfonso Ceravolo,“senior manager” della società diconsulenza e revisione contabile“PricewaterhouseCoopers”(Pwc), con sede a Milano, è unodei tanti meridionali costretti aspostarsi su e giù per l’Italia perlavorare. Ma allo stesso tempoha deciso di non rinunciare allapropria casa e alle proprie ori-

gini. La categoria che su tuttepaga il prezzo più alto dell’as-senza di un tessuto produttivovalido nel Mezzogiorno. “Pre-metto che ho un figlio piccolo di3 anni e il venerdì mattina perme è una gioia ritornare a casada mia moglie e mio figlio – citiene a precisare Ceravolo – Lamia sveglia suona alle sei del

mattino perché dall’hotel portovia il trolley con i miei effettipersonali e il porta abiti. Dopo8/9 ore filate di lavoro prendo iltaxi direzione Linate. Ho acqui-stato una carta che mi consentedi fare il check-in fino a ventiminuti prima del decollo, quindia volte se il mio aereo parte alle20 capita che alle 19 io sia an-cora in riunione dall’altro latodella città. Una volta arrivato aNapoli però, il mio viaggio non è

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Prigionieri di due Italie

del Nord e quelle del Mezzo-giorno. La questione meridio-nale è stata fino ad orasistematicamente derubricata,senza comprendere che la rina-scita del Mezzogiorno è l’unicomodo per ridare slancio alla cre-scita dell’intero paese. Così lepotenzialità del meridionecome: il clima, le bellezze arti-stico-naturali, le energie rinno-vabili e tutte le altre realtà chepotrebbero contribuire a far ri-partire il paese aprendo unanuova fase di reindustrializza-zione, continuano a essere mar-ginali. Come l’energia solare,l’eolica, le biomasse e su tutte lalogistica, che nel Mezzogiornoe nel Mediterraneo potrebberoessere un driver di sviluppo. Perla sua posizione geografica in-fatti, il Mezzogiorno dovrebbeavere un potenziale vantaggiocompetitivo strategico per losviluppo, che dovrebbe spingeremaggiormente a un potenzia-mento delle strutture logistichee commerciali. Ma per crearesviluppo non serve solo movi-mentare, ma anche “lavorare” itransiti, sviluppando la retro ointerportualità, preferibilmentein regime fiscale di “ZonaFranca” o “Speciale”. Invece adoggi al Sud non esiste un pianoindustriale credibile, e gli unicipresidi sul territorio sono statirealizzati e gestiti molto spessoa discapito della salute dei citta-dini e dell’ambiente ( Vedi l’Ilvadi Taranto). L’unico settore in

crescita in controtendenza con idati negativi, è il settore agricolomeridionale, che registra un+3,5%. Il doppio del Centro-Nord. Settore che traina con setutta l’industria agroalimentaredel Mezzogiorno. anche se pro-babilmente, a frenare questotrend positivo alla fine del 2014,potrebbe essere l’allarme socio-sanitario della “Terra dei fuo-chi”. Un disastro ambientale chenon solo sta mettendo in ginoc-chio il settore agroalimentareCampano, ma sta creando ancheuna sfiducia endemica nei con-fronti delle istituzioni da partedei cittadini delle province cam-pane di Napoli e Caserta, chechiedono legittimamente mag-giori controlli sulla filiera agroa-limentare e la certificazionedelle terre sane da quelle inqui-nate dai rifiuti tossici. In definitiva, le ricette per argi-nare questo esodo e ricostruireun tessuto produttivo sano al sudsono due. Innanzitutto ripartiredall’export del Mezzogiorno,che grazie ai distretti dell’agroa-limentare, energie rinnovabili,aeronautica e automotiv è inrialzo del 14%. In secondo luogosfruttare al meglio i “Fondi diCoesione” europei che in granparte sono rivolti al Sud. Sono44 miliardi di euro, che sommatiagli altri contributi statali arri-vano a 70 miliardi, da spenderein tempi rapidi per rendere il Sudun luogo dove i cervelli non fug-gono ma si importano.

Su è giù senza fineper lo Stivale

Al Nord vivono neiresidence o in appartamenti

condivisi. Il venerdìritornano a casa dalle famiglie

Così si muove un esercito di 155mila pendolari

Anna, palermitana, è a Milano da un anno

e mezzo.Studia Veterinaria.

Vittorio, di Napoli, è a Milano da 2 anni

per lavoro. È ingegnere.

Oriana, di Melfiè a Milano

da un anno.Studia Lettere

Anna, di Avellino,a Milano da due anni

studia economia alla Cattolica

ancora finito. Perché per rag-giungere Caserta, devo prenderealtri mezzi che spesso impie-gano più tempo dell’aereo. In-fatti, a volte preferisco optare per

il treno ad alta velocità che miporta direttamente in stazionecentrale. Poi da li prendo la coin-cidenza per Caserta. Il rischio

tratta di giovani che vivono an-cora in famiglia, dipendenti a ter-mine e collaboratori. Soprattuttoimpiegati full-time nell’industria.Il 70% dei pendolari ha meno di45 anni, circa il 90% è dipen-dente, ma è curioso rilevare chedi questi il 30% ha un contratto atermine. Ed è un dato in au-mento. In altre parole mentrefino ad oggi ci si spostava a Nordper un impiego medio alto,adesso lo si fa anche per soprav-vivere.

(Enrico Lampitella)

che corro prendendo la Tav, èquello di perdere l’ultima coinci-denza del venerdì sera. Per soli10 minuti di ritardo, i tempi delmio ritorno a casa si dilatano ul-teriormente, con costi maggioriperché a quel punto sono co-stretto a prendere il taxi da Na-poli a Caserta. Una vera e propriaodissea. E’ interessante notare,come il numero dei pendolari siain crescita. Nel 2012 sono au-mentati di 15mila unità rispettoal 2011. In generale, mantenendola residenza a Sud ma lavorandoal Centro-Nord, questi occupatifalsano la realtà del lavoro nel-l’area di riferimento. Nel 2012gli occupati residenti al Sud macon un posto di lavoro al Centro-Nord oppure all’estero eranocirca 156mila, con un aumentorispetto all’anno precedente intermini percentuali dell’8,7%verso il Centro-Nord e del 48,6%verso l’estero. Il profilo medio diun pendolare di lunga distanza èprevalentemente maschio eanche giovane, single, oppure si

Nel 2012 i pendolari sono

aumentati di 15milaunità rispetto al

2011 raggiungendoquota 156mila

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Chiara DaffiniAndrea Cumbo

Molto spesso nel nostro paese la dicotomia Nord/Sud si va ad incrociare con un altro importantedualismo che è Stato/Mercato. Succede anche nel campo dell’istruzione pubblica, in particolarmodo se l’oggetto del dibattito è il sistema universitario italiano. E allora ecco che i “mercatisti”,cioè coloro che ritengono che lo Stato si debba far da parte per lasciare più spazio ai privati, ognitanto tornano alla carica chiedendo che venga definitivamente abolito il valore legale del titolo distudio. al contrario, molte realtà sindacali di settore e difensoridell’università pubblica si battono perché venga mantenuto lostatus quo. Ma partiamo dall’inizio: che cos’è il valore legaledel titolo di studio? E’ un sistema, che varia da paese a paese,volto ad indicare il grado di ufficialità e la validità di un titolodi studio. In parole povere, quel valore che fa sì che il titoloconseguito da uno studente non sia semplicemente un “pezzodi carta” ma un certificato riconosciuto dalla legge. Come fun-ziona questo sistema? Senza entrare troppo nei dettagli pos-siamo dire che l’autorità pubblica attraverso dei metodi di“riconoscimento”, “accreditamento” e “autorizzazione”, stabi-lisce quali sono gli istituti scolastici che possono rilasciare titolidi studio “ufficiali”. ora, cosa c’entra tutto questo con Nord eSud del paese? In effetti le due cose sono collegate, sia per undiscorso di qualità dell’istruzione pubblica, sia relativamente alla meritocrazia degli studenti. Negliultimi 3 anni, infatti, i “100 e lode” nelle scuole superiori del Mezzogiorno sono stati il doppio ri-spetto a quelli del Nord, mentre sia i test Pisa dell’ocse che i test Invalsi dimostrano che gli stu-denti del Nord sono mediamente più preparati. Il problema si ripropone allo stesso modo ancheper il voto di laurea. La classifica delle università italiane mostra una differenza abissale tra le mi-gliori (al Nord) e le peggiori (al Sud), differenza ancora più ampia rispetto alle scuole superiori.Con questo tipo di sistema, comunque la si voglia guardare, gli studenti più meritevoli vengono

penalizzati. Il motivo è chiaro: un 100 e lode conseguito al Politecnico di Milano ha di fatto lo stessovalore legale di un 100 e lode attribuito dall’Università di Bari. Per queste ragioni sono in molti apensare che l’abolizione del valore legale del titolo di studio sarebbe il primo passo verso la rea-lizzazione di un sistema più moderno ed efficiente di certificazione dei titoli di studio. Un sistema(come quello statunitense)che vedrebbe competere sul mercato agenzie di certificazione pubbli-

che e private, esterne all’ordinamento scolastico, ma pur semprericonosciute dal Ministero. Un meccanismo, insomma, volto afavorire la concorrenza fra le università e la meritocrazia fra glistudenti. Non tutti però, come abbiamo detto, sono d’accordocon questo approccio. I contrari all’abolizione sostengono che untale sistema creerebbe atenei di serie a, dove studiare costerebbemoltissimo e atenei di serie B, dove finirebbero tutti coloro chenon possono permettersi le università migliori. Inoltre –dicono– in questo modo verrebbero fortemente penalizzate le univer-sità del Sud, già falcidiate dai tagli all’istruzione. Ecco perché lasoluzione che propongono è, a loro dire, esattamente il contra-rio della liberalizzazione del settore. E cioè la creazione di un si-stema di diritto allo studio universale che possa permettere alsingolo studente di scegliere liberamente l’ateneo da frequen-

tare, indipendentemente dalla condizione economica di partenza o dalla regione di provenienzae l’omogeneizzazione del sistema di contribuzione con tasse eque e fortemente progressive inmodo da attenuare le disuguaglianze. resta da capire se “liberalizzare” in modo responsabile vo-glia davvero dire aumentare il divario fra ricchi e poveri. Siano essi studenti o atenei. Il dibattitova avanti dai tempi di Einaudi. Così come l’evidente inadeguatezza del nostro sistema universi-tario.

(Nicolò Petrali)

LA POLEMICA

L’abolizione del valore legale del titolo di studio spacca in due l’Italia

Sono giovani, determi-nati, con i libri sottobraccio. Prendono un

treno o un aereo e vanno a stu-diare a Nord. Mantengono laresidenza nel Comune d’ori-gine e si trasferiscono dove ungiorno sarà più facile inserirsinel mondo del lavoro, mal-grado il sacrificio delle fami-glie sia maggiore, in molti casidoppio. Il flusso migratoriodegli studenti universitari dalSud Italia verso le regioni set-tentrionali continua e cresce.Secondo i dati raccolti dal Mo-vimento consumatori, Palermoè la città meno costosa per glistudenti; seguono Napoli,roma e Perugia, mentre Mi-lano, Venezia e Padova hannogli affitti e le tasse universita-rie più alti. Tuttavia proprio ilcapoluogo lombardo e Torinosono le mete più quotate, da-vanti a Genova, Parma, Pa-dova e Venezia. Le tassesaranno infatti anche propor-zionate al reddito della popo-

lazione locale, ma a incideresulla retta è soprattutto la famadell’ateneo, tanto che le uni-versità più care sono anchequelle considerate più presti-giose.I dati parlano chiaro. Secondoil rapporto 2013-2014 dellaFederconsumatori, lo studenteche sceglie la Lombardia paga

in media 1402,64 euro, controi 1294,104 euro del Veneto e i1094,386 del Piemonte. Se laregione meno costosa è la Pu-glia (861,968 euro), sorpren-dono Emilia romagna eToscana, che chiedono rispet-tivamente 906,63 e 919,474euro, meno di Lazio (1089,01euro), Campania (1008,99euro) e Sicilia (1092,48 euro).restringendo il campo ai sin-goli atenei, le dieci universitàpiù care d’Italia sono tutte nelsettentrione, con in testa il Po-

litecnico (1627 euro annuali inmedia) e la Statale (1467 euro)di Milano. al contrario le piùeconomiche sono l’aldo Morodi Bari (516 euro in media al-l’anno) e la Statale di Sassari(528 euro all’anno).Nonostante studiare al Nordcosti il 28% in più rispetto alSud, l’esodo non si arresta. Leragioni sono da ricercare nellacomplessa situazione econo-mica del Paese e nella forbiceche ancora separa le regionisettentrionali da quelle meri-dionali. rispetto ai decenni precedentiè aumentato il numero dei lau-reati in Italia, motivo per cuinon basta solo una laurea, mabisogna averne una di valore.Ecco perché gli studenti delSud scelgono il prestigio e lemaggiori possibilità di lavoroofferte dagli atenei del Nord.La situazione lavorativa dalLazio in giù è molto più diffi-cile sia da un punto di vista oc-cupazionale che retributivo.Secondo una ricerca di alma-laurea, nel 2012 il differenzialedi disoccupazione tra Sud e

Nord era di 17,8 punti percen-tuali, con una crescita decisa-mente più elevata nelMezzogiorno (+4%) rispetto alSettentrione (poco piùdell’1%).al contrario la quota di occu-pazione dei giovani laureati lo

Gli studenti del Sudscelgono il prestigio

e le maggiori possibilità di lavoroofferte dagli atenei

del Nord

Pagina 6 LaB IulmDoSSIEr

Prendo la borsae vado al Nord

Studiare al Sud conviene, ma sono in continuoaumento i diplomati meridionali che lasciano leloro regioni, incoraggiati anche dall’assegnazionedi sussidi accademici. Non senza polemiche

scorso anno al Nord era del51%, mentre al Sud sfioravaappena il 36%.Sono quindi soprattutto i resi-denti al Sud a spostarsi incerca di lavoro e per motivi distudio (39,5%): al Nord sitrova un impiego più facil-

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mente e si guadagna meglio:la retribuzione è superiore del16,4%, percentuale raddop-piata rispetto al 2008. Gli oc-cupati con laurea di primo

livello guadagnano infatti inmedia 1.001 euro al mese, con-tro gli 844 euro dei colleghi delSud (+13%).Davanti a questo panoramanon stupiscono i dati relativialle borse di mobilità emessedal Ministero dell’Istruzionecon il Decreto del Fare delloscorso 21 giugno. 899 borse da5.000 euro per i meglio diplo-mati che hanno scelto di fre-quentare l’università (statale,privata, purché non telematica)fuori dalle regioni di residenza.8 borse su 10 (in tutto 715)sono andate a maturati del Sud.Solo il 9% al Nord. Una delleragioni di questa disparità è ladifferenza nei criteri di valuta-zione tra gli istituti superiori,poiché tra i parametri di asse-gnazione delle borse c’è il con-seguimento di almeno 95/100all’esame di Stato. Secondo i

L’ex Ministro dell’istru-zione FrancescoProfumo vede positiva-

mente questo dinamismo in-terno, segno che gli studentiricercano sempre più la qualitàformativa. resta il problemadel divario tra due Italie, ma laresponsabilità principale èdelle regioni.

La migrazione degli stu-denti meridionali verso lecittà del Nord è in aumento.Come mai?Tale migrazione è sempre statarilevante. L’affluenza si eraleggermente attenuata quandofurono introdotti i corsi di stu-dio 3+2 rispetto a quando lefacoltà erano tutte a ciclounico. adesso il fenomeno stariprendendo, pur nel diversocontesto normativo. In questi

ultimi anni diversi studenti ini-ziano l’università vicino acasa, con la triennale, per poicompletare gli studi nelle cittàdel Nord, con la magistrale.Nell’ultimo periodo c’è statoun aumento di spostamenti,determinato però dal fatto chegli studenti non si acconten-tano e investono sulla qualitàdella loro formazione, soprat-tutto in un momento in cui èmolto difficile trovare lavoro.

Studiare fuori casa costa.Considerando le maggioridifficoltà economiche dellefamiglie italiane rispetto alpassato, come spieghiamo ilpersistere del fenomeno mi-gratorio?allora come oggi questo è inparte determinato dalle oppor-tunità che si possono profilare

nali, che in molti casi, special-mente al Sud, investono an-cora troppo poco nellaformazione universitaria, pe-nalizzando di conseguenza gliatenei del territorio. Questo èun problema che però dovreb-bero risolvere le regioni, nondipende dai singoli atenei.

Che cosa ne pensa del provvedimento del ventesimo percentile istituitodal Ministro Carrozza?Il motivo per cui è stato attuatoè che ci sono scuole del Sud incui i criteri di valutazione sonomolto più lassi rispetto al nord.ora, posto che il livello di in-telligenza è omogeneo in tuttaItalia, è evidente che ci sia unadisparità nei criteri. Disparitàche va corretta, con questo ocon altri provvedimenti.

Quindi solo un’attenzioneverso la qualità? Non ci sonoaltre ragioni di convenienzaeconomica o di altro genere?Non c’è in realtà una conve-nienza economica per gli stu-denti nello spostamento versoil Nord. Se vogliamo, il rap-porto tra convenienza e facilitàdi accesso ai corsi a numerochiuso è più favorevole al Sude per le famiglie comportasempre un grande sacrificiomandare i figli a studiare lon-tano da casa. La verità è cheoggi i giovani sono molto piùattenti alla qualità, alla traspa-renza e all’efficienza organiz-zativa, non si accontentanoinsomma di un semplice pezzodi carta.

al Nord, opportunità connesseal tirocinio e alla possibilità ditrovare un lavoro. Poi entra ingioco anche la questione dellaqualità, dato che sono state ri-scontrate differenze significa-tive tra i vari atenei e moltospesso le grandi università delNord presentano offerte for-mative di maggiore qualità.

Questa “fuga di cervelli” po-trebbe arrecare danni ulte-riori all’economia delmeridione? Quali le conse-guenze culturali?Non credo che sia un pro-blema sociale: in tutti i Paesinormali la comunità di stu-denti è mobile e la mobilità èun valore aggiunto. Le univer-sità del Sud, se diventano mi-gliori, saranno in grado diattrarre studenti anche da altrecittà e da altri Paesi.

Ritiene che la suddivisionedei fondi per l’assegnazionedelle borse di studio sia coe-rente con il costo della vita eil numero di studenti nellevarie città o ci siano delle di-seguaglianze?Nelle città del Sud sicura-mente l’ammontare delleborse è inferiore rispetto aquello delle grandi città delNord. In parte è lo Stato a ero-garle e in parte gli enti regio-

I giovani cercano la qualità formativa,non si accontentano

del pezzo di carta

”“

L’EX MINISTRO FRANCESCO PROFUMO

Palermo è la cittàmeno costosa per

gli studenti, mentre Milano, Venezia e

Padova hanno affitti e tasse più alti

LaB Iulm Pagina 7DoSSIEr

dati Miur relativi al 2013, traNord e Sud ci sono 10-12punti di differenza nel con-fronto tra i migliori dellascuola: la media più brillante aMilano è di 86.5, contro il 96.5di Catanzaro. E’ questo unodei motivi che ha indotto il Mi-nistro dell’istruzione Carrozzaa istituire il provvedimento del“ventesimo percentile”: peracquisire il bonus necessario ascalare la graduatoria delle fa-coltà a numero chiuso, gli stu-denti devono rientrare nel 20%dei più meritevoli della propriascuola. Ciò consente di livel-lare le disparità tra le due Italieper quanto riguarda l’accessoai corsi con test d’ingresso vin-colante, ma non colma il disli-vello sui sussidi allo studio,visto che sette richieste su

dieci provengono dal Sud.C’è un dato che però unifica ilPaese: anche quest’anno, per ilquarto consecutivo, le retteuniversitarie sono aumentate,con un incremento del 3% ri-spetto al 2012. Da Milano a

Prendo la borsae vado al Nord

Le regioni del Sud investono poco nell’Università,

a discapito degli atenei

”“

Delle 899 borse di mobilità emesse

dal Ministero dell’Istruzione,

8 su 10 sono andatea maturati del Sud

L’INTERVISTA

Chiara Daffini)(Andrea Cumbo

“Per gli studenti la mobilità èun valore aggiunto”

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Prendiamo il caso di unaragazzina vesuviana. Lachiameremo Concetta.

Patente fumante e inconteni-bile voglia di mettersi allaguida. Tra lei e la macchina, ungrande ostacolo: l’assicura-zione. “Ma ce l’hanno tutti papà, hocompiuto da un pezzo 18 anni!Me la prendi papà?”. “Con-cetti’ come devo dirtelo? Nonè che non vogliamo, non pos-siamo”. Per una diciottenne, il prezzorc auto infatti è proibitivo:parlando in soldoni, se la neo-patentata risiede a Napoli,dovrà sborsare circa 3500 europer coprire le spese assicura-tive di un’autovettura di 1.300cc; sorte simile a Bari e reggioCalabria. Va decisamente me-glio ai trentini, bolzanini eancor di più agli aostani chepagheranno 1700euro circa. Lametà rispetto al Sud del Paese.Ne viene fuori un’Italia divisain due, anche tra gli automobi-

listi.Milano è leggermente sotto lamedia, fissata a 2700/2800euro, che viene invece sforatadai capoluoghi di regioni cen-trali come Firenze e Bologna.L’aumento più significativodell’rc auto negli ultimi dodicimesi, è stato registrato a Po-tenza e Campobasso (+16%),che raggiungono rispettiva-mente 2.394€ e 2.188€, cifrecomunque al di sotto del valoremedio nazionale. L’oscillazione dei costi assicu-rativi tra Nord e Sud non col-pisce solo i diciottenni. ad

esempio, un cinquantacin-quenne di genere maschile allaguida di un’autovettura di1.200 cc. con guida estesa aiminori di 26 anni, a Napoli,anche se in classe BonusMalus di massimo sconto,

paga una tariffa media di1.212€, sostanzialmente inva-riata rispetto a quella delloscorso anno.Situazione analoga a roma,dove il medesimo assicuratopagherebbe una tariffa mediadi 675€, a fronte di tariffemedie inferiori ai 350€ a Bol-zano o aosta.Facendo un confronto poi deiprezzi assicurativi per l’autonegli ultimi vent’anni, indi-pendentemente dalle diffe-renze geografiche, si registraun aumento del 216% (Mini-stero, “Conto nazionale delleinfrastrutture e trasporti 2011-

Pagina 8 LaB IulmDoSSIEr

2012” dal 1990 al 2011). Secondo uno studio adusbefl’incremento è addirittura del245% , “mentre nello stesso

periodo - fa notare il report - isinistri sono diminuiti del40%”.Negli ultimi due decenni, lacrescita esponenziale delle ta-riffe rc auto è quindi una co-stante, così come il divario nei

prezzi tra Nord e Sud. Tra i fattori responsabili deirincari, additati dalle compa-gnie assicurative, ci sarebberogli incidenti fasulli, su cui i pri-vati farebbero la “cresta”.Nel 2011 sono stati più di54mila i sinistri-truffa in Italia,circa il 2% del totale registratonell’anno. Le percentuali piùbasse sono al Nord; stabili nel-l’Italia centrale. Diminuisconogli incidenti falsi al Sud (da6,55% a 5,66%), che continuaperò a detenere il primato. Ilmiglioramento è merito esclu-sivo della Campania, unica re-gione meridionale in cui

A Napoliun neopatentato

paga 3537 euro per assicurare la propria auto,

ad Aosta la metà

Nel 2011 sono stati 54milai sinistri fasulli:

per le assicurazioniè questa la causadei rincari Rc auto

Claudia Vanni

18enne F, C.U. 14 - (autovettura 1.300 cc., benzina)

Provincia1 ottobre 2013 1 ottobre 2012 var. % 2013-2012

prezzi dilistino

stima prezzipagati

prezzi dilistino

stima prezzipagati listino pagati

Torino 2.781 2.840 2.517 2.550 10,48% 11,41%Genova 2.856 2.895 2.637 2.552 8,29% 13,43%Milano 2.547 2.535 2.261 2.214 12,66% 14,54%Bolzano 1.796 1.726 1.604 1.585 11,96% 8,88%Trento 1.937 1.702 1.730 1.542 11,94% 10,35%

Venezia 2.631 2.522 2.368 2.246 11,10% 12,29%Bologna 2.985 3.052 2.869 2.896 4,03% 5,39%Firenze 2.970 2.999 2.873 2.841 3,39% 5,56%Perugia 2.626 2.675 2.351 2.317 11,70% 15,43%Roma 3.139 3.099 2.857 2.838 9,88% 9,22%Napoli 3.537 3.349 3.763 3.539 -6,01% -5,39%

L'Aquila 2.364 2.375 2.109 2.061 12,10% 15,20%Bari 3.252 3.111 3.170 3.011 2,58% 3,34%

Reggio Calabria 3.248 3.147 3.271 3.238 -0,70% -2,82%Palermo 2.923 2.980 2.807 2.804 4,14% 6,29%Cagliari 2.840 2.958 2.670 2.761 6,37% 7,13%

media 21 prov. 2.668 2.880 2.488 2.700 7,22% 6,67%

40enne M, C.U. 1 - (autovettura 1.300 cc., benzina)

Provincia1 ottobre 2013 1 ottobre 2012 var. % 2013-2012

prezzi dilistino

stima prezzipagati

prezzi dilistino

stima prezzipagati listino pagati

Torino 561 505 570 537 -1,67% -5,89%Genova 581 522 604 554 -3,78% -5,90%Milano 485 426 509 458 -4,72% -7,01%Bolzano 336 335 357 351 -6,00% -4,62%Trento 362 341 387 373 -6,58% -8,33%

Venezia 508 455 532 486 -4,51% -6,41%Bologna 616 537 657 596 -6,20% -9,85%Firenze 639 574 671 616 -4,68% -6,72%Perugia 513 473 529 499 -2,98% -5,32%Roma 670 592 680 618 -1,45% -4,20%Napoli 1.191 1.070 1.223 1.148 -2,64% -6,76%

L'Aquila 457 409 474 441 -3,57% -7,25%Bari 765 622 799 694 -4,25% -10,39%

Reggio Calabria 859 744 892 811 -3,68% -8,24%Palermo 636 554 661 602 -3,92% -8,02%Cagliari 577 503 610 543 -5,38% -7,49%

media 21 prov. 572 581 596 626 -4,03% -7,09%

Stipulare una Rc auto al Sudpuò costare tre volte in più.“Troppe truffe” dicono le compagnie. Ma in 20 anni i sinistri sono diminuiti del 40%

Assicurazioni:Napoli, oh carissima...

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Page 9: Labiulm marzo 2014

Sud, purtroppo per le econo-mia italiana, le cose vannopeggio - dice Gregorio De Fe-lice, analista capo del GruppoIntesa San Paolo - E le banchesi adeguano. L'accesso al cre-dito mediamente costa di piùrispetto al Nord. E questo è do-vuto soprattutto a una giusti-zia più lenta, al rischio dicredito peggiore, a una crescita

più bassa, per citare alcuni fat-tori. Sono del Sud e quindi co-nosco bene queste situazioni».Per quanto l'erogazione delcredito, venga valutata dagliistituti di credito caso per caso,i dati aggregati secondo De Fe-lice sono inequivocabili: «Seper un cattivo credito i tempidella giustizia sono già lun-ghissimi a Milano, a Napolipiuttosto che a Catanzaro sonoancora più lunghi». Fatto che,aggiunto alle rigide prescri-zioni europee in materia di ri-schio bancario di “Basilea 3”,scoraggerebbe gli istituti a fi-nanziare le imprese. Questa èun'inefficienza dovuta né alleimprese né alle banche, ma alsistema in generale e a quellodella giustizia in particolare. Iltutto si ripercuote sulle banchee sulle imprese. E questo ha unprezzo». Un prezzo che pa-gano soprattutto le Pmi delSud. Via Nazionale intanto, fasapere che i fallimenti d’im-presa sono aumentati in tutte learee del paese. Per fermarequesta ecatombe, il GovernoLetta ha previsto nella Leggedi Stabilità un Fondo di garan-zia per le Pmi.

LaB Iulm Pagina 9DoSSIEr

Sono 600 milioni di euro a cuisi sommeranno a partire dal2014, 200 milioni di eurol’anno. Un ruolo importanteper allentare le condizioni diaccesso al credito delle Pmimeridionali, lo potrebberoesercitare anche i Consorzi diGaranzia Collettiva Fidi (Con-fidi) . attraverso questo stru-mento infatti le aziende

possono avere quantità, costo edurata del finanziamento acondizioni molto vantaggiose,mentre le banche possono tro-vare nei Confidi un importantestrumento di intermediazione egaranzia. Purtroppo molti diquesti consorzi del Sud, oltread essere sottodimensionati ri-spetto a quelli operanti nelCentro-Nord, hanno problemidi equilibrio reddituale non di-pendenti dall’erogazione dellegaranzie, ma piuttosto da una

struttura delle voci di costo e diricavo non in linea con gliobiettivi di equilibrio gestio-nale. Tra le poche novità di ri-lievo, va segnalatal’introduzione dei cosiddetti“mini-bonds”, nel tentativo difavorire lo sviluppo di canali difinanziamento delle imprese,alternativi al credito bancario.Imprese che sono in affanno,ma che vogliono tornare a re-spirare.

Credito alle imprese: nel Mezzogiornoil denaro è più costoso

Enrico Lampitella

Una delle condizioni cheallarga maggiormentela forbice tra nord e

Sud, è l’accesso al credito perle imprese. a settembre del2008, prima della crisi finan-ziaria, le imprese italiane ave-vano ottenuto dalle banche 62miliardi di nuovi prestiti. Cin-que anni dopo, nello stessomese, appena 30.Flessione ri-

conducibile alla chiusura alcredito nel Sud. Il circolo vi-zioso oramai è noto: le impresenon hanno accesso al credito olo hanno a condizioni svantag-giose, le banche lamentanoenormi sofferenze e il tessutoeconomico del Mezzogiornoboccheggia. E qualcuno, pernon soffocare, sceglie di dislo-care. Magari a Nord, dove itassi sono nettamente inferiori.In generale, al Sud nel 2012 iprestiti sono scesi dell’1,4%, afronte della stazionarietà delCentro-Nord (0%). L’effettodel credit crunch, evidenziatoperiodicamente dagli aggiorna-menti di Bankitalia sugli stock,

è ancora più drammatico per ifinanziamenti. Guardando in generale i datidegli ultimi 12 mesi si osservanell’ultimo anno un incre-mento dei tassi d’interesse perle imprese.

Il livello medio di riferimentoper le nuove operazioni infatti,a settembre 2012 era 3,46%. Enonostante lo spread italianosia sceso in un anno più di 100punti base rispetto a quello te-desco, i vantaggi non si riper-cuotono in maniera positiva sulsistema produttivo. Se si analizza il settore econo-mico di appartenenza delle im-prese beneficiarie di prestiti,nel Sud la dinamica più nega-tiva riguarda le costruzioni,mentre nel Centro-Nord è ilmanifatturiero a essere più col-pito, scontando una drasticacaduta della domanda interna.Quanto al tasso di interesse, alCentro-Nord si attesta al 6,2%mentre al Sud schizza al 7,9%.Il divario di 1,7 punti percen-tuali tra le due aree, riflettel’elevata rischiosità delle im-prese meridionali. Imprese chefanno fatica a restituire i pre-stiti: a dicembre 2012 le soffe-renze interessano il 5,2% deltotale meridionale, control’1,5% dell’altra ripartizione.al Sud crollano pure i prestitialle famiglie (-0,4%), mentreal Centro-Nord sono in crescitadello 0,2%. Il deterioramento del quadromacroeconomico ha spinto leimprese a limitare i prestiti perinvestimenti, con conseguentepeggioramento della qualità

del credito, più marcato per leregioni meridionali. al Centro-Nord infatti, criteri più selettividi valutazione del merito cre-ditizio permettono alle banchemaggiori possibilità di eroga-zione di finanziamenti. «al

l’incidenza si è ridotta signifi-cativamente (da 9,58% a7,32%), riconfermandosi co-munque la zona d’Italia in cuiil fenomeno è più diffuso, conNapoli e Caserta da bollinorosso. Nel capoluogo parteno-peo è accentuata anche la com-ponente di veicoli in circolo,non assicurati. Nelle provincedel Sud si sfiora il 12% di autonon coperte da assicurazione,con la punta estrema di quasi il30% a Napoli; mentre al Nordil valore scende al 4,6%. L'ania (l'associazione delleimprese assicuratrici) nel suorapporto 2012-2013 evidenziache «delle oltre 240 mila causecivili pendenti davanti a ungiudice di pace, circa 150 milasono concentrate in Campaniae, di queste, 108 mila nella solacittà di Napoli. Di quelle rima-nenti, altre 26 mila riguardanola Puglia, mentre 18 mila sonoquelle presenti in Sicilia equasi 10 mila in Calabria.Escludendo il Lazio (e in parti-colare la città di roma), concirca 16 mila cause civili pen-denti, le rimanenti regionid'Italia si suddividono in modouniforme appena 23 mila pro-cedimenti». Insomma, la Cam-pania assorbe da sola il 61% ditutti i processi per i risarci-menti danni da incidente stra-dale che ingombrano gli ufficidei giudici di pace. E la cittàcapoluogo, da sola, copre il45%, più di tutto il resto d'Ita-lia messo insieme, Campania aparte.

La Legge di Stabilitàprevede 600 milionidi euro per le Pmi, acui si sommano altri

200 all’anno a partire dal 2014

Le banche non concedono prestiti e il tessuto economico boccheggia

Il tasso d’interesseal Nord si attesta al

6,2%, al Sud al7,9%: qui le

imprese faticano arestituire i prestiti

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Se non fosse per il Cartellocon la scritta “Sedriano-Sidrian” non sarebbe stato

facile distinguere questo pae-sotto da altri dell’alto milanese,diventato famoso per essere ilprimo Comune lombardosciolto per presunte infiltrazionimafiose. Palazzi lunghi e oriz-zontali, capannoni industriali eun ipermercato circondato davillini, dove le strade hanno inomi di ragazzi uccisi a qual-che centinaia di chilometri daqui, come rosario Livatino ePeppino Impastato.

I SedrianesiC’è poca voglia di parlare daqueste parti. Quando chiedi allepersone cosa ne pensano delloscioglimento del Comune, simettono a braccia conserte e unpo’ infastiditi rispondono cheloro non ne sanno granché,quasi come non ci fosse nullada aggiungere.Eppure alfredo Celeste, ex sin-daco del Pdl, era molto popo-lare a Sedriano. Quando erastato scarcerato aveva deciso diringraziare gli abitanti del suopaese per la solidarietà rice-vuta, addirittura informandolisul pannello elettronico delMunicipio e offrendo aperitivial bar centrale. Il 19 ottobre,qualche giorno dopo lo sciogli-mento del Comune, è stata or-ganizzata una manifestazionedalla Carovana antimafiaovest di Milano nella qualeerano presenti circa trecentopersone dei paesi limitrofi, solouna cinquantina di Sedriano.Un mese dopo, passeggiandoper le vie cittadine, le reazionialla vicenda sono sempre lestesse: “Non son di qui” e “No,guardi, non m’interessa”. C’èanche chi affretta il passo ocambia strada alla vista di unatelecamera. Proviamo ad avere maggiori in-

formazioni in un locale fre-quentato spesso dall’ex sin-daco. I baristi ci liquidanoparlando di alfredo Celestecome di una persona cordiale:“Veniva qui ogni tanto e salu-tava sempre”.

Usciamo dal locale, a pochipassi ci sono tre giardinieri chelavorano in una villa del centro.Hanno una divisa con il mar-

chio “Garden”, l’azienda a cuiera stata affidata la manuten-zione del verde cittadino primadello scioglimento del Co-mune. alla guida della “Gar-den” c’è aldo De Lorenzis che,secondo l’accusa, è legato permotivi di parentela alla storica‘ndrina dei Musitano, insediatanel confinante Comune di Ba-reggio. La sentenza di uno deitre è lapidaria: “Da quando ilComune è stato sciolto non ab-biamo più il verde pubblico”. L’ex statale 11 è invece la casadel Bennet, il centro commer-

ciale inaugurato nel novembredel 2011. L’ex sindaco Celesteavrebbe presentato il presuntoboss Eugenio Costantino ai ti-tolari del centro commercialeper l’apertura di una gelateria.Cerchiamo di avere delle rispo-ste dai gestori dei locali, mapoco dopo siamo fermati dal-l’addetto alla sicurezza che ciavverte di non poter rilasciaredichiarazioni, invitandoci aduscire perché non hanno nienteda raccontarci

Il Sindacoalfredo Celeste lo conosconotutti da queste parti. L’ex Sin-daco, eletto nel 2009 in una

coalizione di Centro-Destra, gi-rava per il paese anche neigiorni dello scioglimento del

Comune per spiegare che le ac-cuse contro di lui si sarebberodimostrate false. È disponibilea parlare e ci accoglie a casasua; arredamento semplice,

tanti libri di teologia, diverseimmagini ed icone religiose.

“Quando tu non prendi i soldisei invincibile” spiega con con-vinzione, poi legge uno dei do-cumenti investigativi della Ddadi Milano, che lo definisce“persona fondamentalmenteonesta”. Un elemento confer-mato dall’ordinanza di applica-zione degli arresti domiciliari,dove si legge che l’ex sindaco“aveva paura ad accettare

anche un solo euro”, aggiun-gendo però che “tale aspetto diincorruttibilità vada limitatoalla sola diretta accettazione,per paura, di somme di de-naro”.

L’accusa sostiene, infatti, chel‘ex giunta avrebbe favorito al-cune aziende presenti sul terri-torio. Tra gli esempi cisarebbero stati i lavori di ri-strutturazione di Villa Co-lombo: una dimora nobiliareche si trova nel centro delPaese. Gli investigatori hanno

intercettato una telefonata diMarco Scalambra, chirurgo e ti-tolare di alcune cooperative emarito di uno dei consigliericomunali di maggioranza, cheparlando con un esponente delPdl diceva: “Con Linda (ex as-sessore all’urbanistica n.d.r)stiamo facendo benissimo. Vo-gliamo Villa Colombo… cidanno Villa Colombo”.

Una frase, che secondo gli in-vestigatori, sarebbe tra le ra-gioni dell’accusa di corruzionenei confronti del Sindaco (arti-colo 319 c.p.), visto che confer-merebbe un interesse per ilavori del Comune da parte diScalambra.

Un’affermazione che però ilsindaco dimissionato respingecon forza, sostenendo che in re-altà Scalambra non puntava aottenere questo appalto, ma“era un attivista del partito edesultava perché era stato rag-giunto un grande obiettivo. Pernoi l’acquisizione di Villa Co-lombo era come un gol”.C’è poi la questione di TeresaCostantino, ex consigliere co-munale di Sedriano e figlia diEugenio Costantino, un im-prenditore accusato di essere unaffiliato della cosca di‘ndran-gheta Di Grillo-Mancuso. al telefono raccontava di con-trollare diversi voti nella zonadel Magentino, che avrebbe of-ferto anche ad uno dei candidatisindaco della zona. “È un mil-lantatore” ripete più volte al-fredo Celeste: “Era uno che siinventava le cose; basta vederequanti voti ha preso la figlia:

L’accusa sostieneche l‘ex giunta

avrebbe favorito alcune aziende

presenti sul territorio lombardo

Passeggiando perle vie cittadine,

le reazionisono sempre

le stesse: “Non sono di qui”

Celeste subito dopolo scioglimento delComune spiegava

che le accusesi sarebbero

dimostrate false

Appalti, querele, inchieste e arresti. Viaggio nelprimo comune lombardo sciolto per mafia, dove lafiglia del presunto boss era in consiglio comunale eil sindaco è stato accusato del reato di corruzione. Ma i cittadini sembrano non essersi accorti di nulla

Adriano Lo MonacoAndrea CumboMatteo Colombo

Quei bravi ragazzi del Nord

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Alfredo Celeste

Ester Castano

Teresa Costantino

Eugenio Costantino

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soltanto 31”. Costantino èanche l’uomo al centro dell’in-dagine che ha portato all’arre-sto dell’ex assessoreDomenico Zambetti.

Celeste dice di non avere rim-pianti e si difende citando atti edocumenti. Quando gli chie-diamo cosa farebbe se potessetornare indietro, abbassa la vocee scuote la testa: “È un destinocontaminato dall’inizio”. Poiammette: “Questa presunta vici-nanza con Costantino ci avrebbecomunque compromesso”. L’exsindaco ritiene comunque dinon avere nulla da nascondere,tanto da aver pubblicato gli attinel sito del Comune.

L’opposizione, dentro e fuoriil ComuneGiuseppe Pisano, ex sindaco Pde capo dell’opposizione delconsiglio sciolto, solleva inveceuna questione morale sul casodi alfredo Celeste. “L’ammi-nistrazione comunale deve es-sere al di sopra di ogni sospetto– sostiene – quando arrivanoaccuse del genere un sindaco sideve dimettere, come è suc-cesso negli altri Comuni lom-bardi coinvolti in situazioni

analoghe: in questo modoavremmo evitato lo sciogli-mento del consiglio. L’opposi-zione – precisa – ha subitopresentato la mozione di sfidu-cia”.

Tuttavia, questo atteggiamentoviene considerato eccessiva-mente clemente dai gruppiextra-consiliari. Ivan Biondi, diSinistra di Sedriano, si chiededove fosse l’opposizionequando emergevano continuisospetti sull’influenza mafiosanell’amministrazione. Biondisostiene che sia necessariocoinvolgere l’opinione pub-blica: “Dobbiamo spiegare aisedrianesi che la ‘ndrangheta

adesso è arrivata a casa loro”.Una linea condivisa dalla Caro-vana antimafia, che coinvolgegli attivisti di tutti i comuni delmagentino. Uno dei leader, IgorBonazzoli, ci spiega che il pro-cesso di sensibilizzazione deve

partire dal basso, coinvolgendoi giovani. “Ma le risposte dellapolitica – lamenta – tardano adarrivare”. Igor e Ivan sono poco più cheragazzi, con l’entusiasmo e lavolontà di difendere la propriaterra dagli interessi degli uo-mini d’onore. anche Erika In-

La vicenda dello scioglimento del Comune di Sedriano si inseriscenel più ampio filone di indagini che hanno portato all’arresto, il 10ottobre 2012, dell’ex assessore regionale alla casa Domenico Zam-betti. Quest’ultimo avrebbe comprato un pacchetto di 4 mila votida alcuni esponenti della ‘ndrangheta, tra cui spicca il nome delpresunto boss Eugenio Costantino. “Elegante e dotato di unabuona dialettica, sempre ben vestito e dotato di una certa cultura,

Costantino è in grado di interloquire anche con persone di una de-terminata fascia culturale”: questo è quanto si legge nel rapportodella Dda, guidata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che gliaffibbia “un ruolo di cerniera con gli ambienti politici e imprendi-toriali”. Proprio gli “ottimi rapporti confidenziali” tra Costantino eil sindaco di Sedriano, Alfredo Celeste, sono il punto centrale del-l’accusa contro il sindaco dimissionato.

L’INCHIESTA “INFINITO”

nocenti ed Ester Castano, cro-niste del settimanale alto Mila-nese, sono due normaliventicinquenni con il sorrisosulle labbra e la serenità di chinon si trova al centro di un ci-clone mediatico. Per alfredoCeleste e il suo entourage però,gli articoli delle due giornalistesono stati una costante spina nelfianco, dando vita a una batta-glia legale ancora aperta.Ester Castano racconta chedopo ogni articolo veniva con-vocata dal comandante dei Ca-rabinieri, che le faceva leggereuna lettera di diffida da partedel sindaco. Nel 2011 Celestel’ha querelata con l’accusa didiffamazione pluriaggravataper i suoi articoli. Lo scorso 18dicembre è stata assolta perchéil fatto non sussiste. C’è poi laquestione di un articolo suicompensi dell’avvocato Gior-

gio Bonamassa, legale dell’exsindaco che, ritenendo lesivadella sua reputazione una lo-candina del settimanale, avevainviato una lettera alle edicoledella zona per chiedere di nonesporla.

“La Castano si vanta di averparlato di ‘ndrangheta primadel commissariamento del Co-mune – tuona Bonamassa, – manon hanno mai scoperto un belniente!”. Sta di fatto che le dueragazze, insieme ai colleghi dialto Milanese, hanno rico-struito minuziosamente la vi-cenda dei presunti legamipolitico-mafiosi della zona. Quando uscirono le prime ac-cuse, i principali oppositori delsindaco pidiellino in consigliofurono i rappresentanti di Legae Udc. I grillini invece critica-vano fortemente le manifesta-

zioni anti-Celeste, a dir lorotroppo politicizzate. Per il mo-mento la politica rimane fuoridal Comune, che resterà com-missariato fino al 2015. Una si-tuazione ancora confusa, pienadi contraddizioni e lati oscuri,in una piccola realtà del NordItalia che una mattina di ottobresi è svegliata, quasi senza ac-corgersene, senza amministra-zione comunale. Come se non fosse successonulla.

Per il momento la politica rimanefuori dal Comune,

che resterà commissariato

fino al 2015

L’ex sindaco ha querelato la cronista

Ester Castanocon l’accusa di diffamazione

pluriaggravata

C’è poi la questionedi Teresa Costantino,

ex consigliere di maggioranza

e figlia del presuntoboss Eugenio

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La cronistoria dei fatti di Sedriano

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zazione. Il 70% di loro è lau-reato, spesso ha anche conse-guito un master, mentre ilrestante 30% ha un diploma.Hanno tra i 25 e i 40 anni e si oc-cupano degli ambiti professionalipiù disparati: dalla comunica-zione ai servizi alle imprese, daldesign e architettura a quellodella progettazione web, dalcampo artistico a quello econo-mico». ad accomunare figureprofessionali così distanti per

competenze e età è la volontà dimettersi in gioco. Innanzi un mer-cato del lavoro sempre più con-tratto, c’è il giovane ventenne che,invece di aspettare di avere ilposto fisso, crea in autonomo, tal-volta assieme a qualche compa-gno di studi, le basi per la propriaattività, come c’è il quarantenneche, perso il lavoro o dopo anni eanni di lavoro autonomo, decidedi reinventarsi, lanciando una startup. Ma per fare il salto, oltre a unabuona idea, sono indispensabilitanto coraggio e un forte spirito diauto imprenditorialità. Due trattiche un buon coworker non puòfarsi mai mancare.

Coworking: una pratica semprepiù sostenuta dai Comuni, chestanziano fondi per incoraggiarel’iniziativa

Condivisione di spazi fi-sici e di progetti. In unaparola: coworking. È

una delle nuove frontiere del la-voro e dell’imprenditoria. Natoagli inizi del nuovo millennio neiPaesi anglosassoni, si è prestodiffuso nelle grandi metropoli,specie europee. Dei circa 2.300spazi sorti nel mondo dal 2006,infatti, la maggioranza ha sede

all’interno dell’Unione europea:Germania in testa e a seguireSpagna, Inghilterra e Italia. Una realtà che da alcuni anni,complice la crisi del mondo dellavoro, sta conoscendo una si-gnificativa crescita. Non a casolo scorso 4 dicembre si è tenutoal Parlamento di Bruxelles un in-contro interamente dedicato altema, che ha segnato il varo del-l’inclusione del coworking al-l’interno dei programmi diagevolazione dell’ecosistema eu-ropeo per le startup. Con la mo-tivazione che “il lavoro dicomunità”, come ha detto nel-l’occasione Neelie Kroes, la vice

presidente della Commissioneeuropea, «offre una speranza albisogno urgente di crescita, dioccupazione e di innovazione».anche in Italia l’emergere diquesta nuova organizzazione dellavoro, non è passata inosservatae ormai da alcuni anni sono sem-pre più frequenti gli incontri tracoworkers e amministrazioni lo-cali, per comprenderne le poten-zialità, le linee di sviluppo,scambiare esperienze e capire in

che modo la macchina pubblicapuò incoraggiare queste aggre-gazioni. Il Comune di Milano è stato unodei primi ad interessarsi al feno-meno e, dopo aver ascoltato leistanze degli imprenditori, hascelto di assecondare le realtà giàpresenti sul territorio, evitando larealizzazione di uno spazio co-munale e incoraggiando la do-manda. Dal marzo 2013,

dunque, ha proceduto con unbando per la realizzazione di unelenco qualificato dei coworkinge, grazie all’intesa con la Cameradi Commercio, sono stati stan-ziati 300.000 € (100.000 € dallaCamera di Commercio e200.000 € dal Comune) perl’erogazione di voucher da 1500€ ciascuno ai lavoratori che nefacciano richiesta. Cifra cheviene stanziata in più trance eche corrisponde a circa la metà

di un affitto medio di una posta-zione per un anno.«Per entrare nell’elenco comu-nale – spiega Giuseppina Cor-vino, la responsabile dellaDirezione centrale delle politi-che del lavoro – il gestore dellospazio deve essere iscritto allaCamera di Commercio e deve ri-spettare precisi requisiti: non of-frire meno di 10 postazionilavorative, essere in regola con

La collaborazione è un’impresa

Hanno tra i 25 e i40 anni; si

occupano degli ambiti più diversi:

dalla comunicazioneal design

Lorenzo Matucci le norme per la sicurezza sul la-voro, garantire l’accesso ai disa-bili, avere la Wi-fi, stampanti,fax, una sala riunioni e tutti queimezzi necessari allo svolgimentodi un’attività, oltre ad essere ingrado di promuovere eventi, tipoworkshop». La registrazione nel-l’elenco comunale è sinonimo diaffidabilità e permette al lavora-tore che decide di trovare spazioin un ambiente di lavoro condi-viso di orientare al meglio la sue

scelta. a dicembre 2013, se-condo l’ultimo aggiornamentodisponibile, sono 111 le do-mande di accesso al finanzia-mento pervenute e 40 gli spazi dicoworking approvati. Sulla basedei dati registrati dal Comune èpossibile anche tracciare il pro-filo medio di questa tipologia dilavoratori. «Si tratta – afferma ladottoressa Corvino – di uomini edonne con un’altissima scolariz-

A Milano voucherda 1500 euro perchi lavora neglispazi registratinell’elenco del

Comune

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La collaborazione è un’impresa

SUL WEB

adue passi dal centro diMilano, tra le stradedella Chinatown, ha

trovato spazio uno dei cowor-king più grandi della città. ÈImpact Hub Milano ed è ilprimo nodo italiano di una reteinternazionale che conta oltre7000 membri e 60 ImpactHubs in tutto il mondo. For-nire un’infrastruttura a start-upinnovative ad alto impatto so-ciale, ambientale e culturale èil suo obiettivo.Varcato il cortile d’ingresso divia Paolo Sarpi 8, si entra in unaccogliente e luminoso loftcompletamente ristrutturato.Un ambiente di lavoro condi-viso, dove ogni professionistamantiene la propria autono-mia, ma dove si cerca, soprat-tutto, di incoraggiare lesinergie, al fine di realizzareprogetti comuni. Qui i cowor-kers sono circa un centinaio epossono contare su un sistemadi social network interno allarete Hub che consente loscambio di idee e competenzetra professionisti che possonoportare avanti lo stesso pro-getto pur lavorando in Paesidiversi. È il primo pomeriggioe molti sono alla scrivania in-

tenti a lavorare ai loro pc. C’èchi è impegnato con dei clientinella sala riunioni e chi siferma a fare due chiacchiere ebere un caffè nella zona cu-cina.Seduto alla sua scrivania incartone riciclato, c’è albertoConte. Lui ha 49 anni e persvariato tempo è stato il mana-ger di una multinazionale ame-ricana in Europa, fino aquando la sua «cronica irre-quietezza» lo ha portato suun'altra strada: quella della bi-cicletta. «Sono sempre statoun appassionato di bici, perciòho pensato di impiegare la mia

passione per progettare per-corsi di turismo slow». Daquando si è messo in proprio,ha realizzato diverse guide agliitinerari da fare pedalando o apiedi. recentemente ha lavo-rato per il Touring club e condiversi enti (regione Lombar-dia, Emilia, Toscana, Lazio,provincia di asti) per rilieviGps e la realizzazione di nuovipercorsi. Dopo aver fondatoItineraria, la sua impresa, hacominciato a girare su e giùper lo Stivale senza avere unufficio proprio. Da qui «è natal’esigenza di trovare una scri-vania presso un coworking»spiega. «Esco fuori, ho l’op-portunità di vedere la gente,con le ricadute pratiche checomporta. Ho scoperto, infatti,che la mia vicina di scrivaniaera una grafica, ci siamo messia parlare e oggi lavora per me.Il coworking è questo, è unoscambio di competenze».Poco distante parlotta con duecolleghe Franco Barbieri, 52anni, fondatore di una rete diimprese votate alla sostenibi-lità nelle sue diverse declina-zioni: ambientale, energetica,manageriale, di impresa so-ciale. Brianzolo di origine, si èlaureato in Management al-l’Università del Connecticuted è stato un dirigente di Fiatauto fino al 2003. oggi è pre-sente in altri due Impact Hubitaliani, oltre a quello mila-nese. Non si definisce un am-bientalista:«Quello che cercodi far capire è che il rispettodell’ambiente sul mercato rap-presenta un business. Quel chedico ai miei clienti, siano essihotel, industre, pubbliche am-ministrazioni, è che per essereun brand devono avere un va-lore aggiunto, ossia essere so-stenibili per essere piùcompetitivi. «ad Impact Hub– dice – instauriamo sinergieper la nostra rete di imprese,troviamo nuovi stimoli».Distante un centinaio di metrida qui, in un bel loft di viaBramante 8, c’è un altro co-working, ma di diversa conce-zione. Si chiama Indiehub ed èla creatura di andrea Dolcino,36 anni, ingegnere del suonoed ex responsabile di contenutiaudio-visivi in una ditta di ap-

plicazioni per smartphone.«Noi - spiega Dolcino, oggi investe di imprenditore - ci com-portiamo come una Major mu-sicale senza esserlo di fatto.Siamo in grado di seguire ilprodotto musicale in tutte lesue fasi: dalla registrazione,alla post produzione, dall’ani-mazione di una videoclip, allagrafica di copertina del cd, finoalla sua divulgazione tramite

ufficio stampa e l’organizza-zione di eventi con la band». Icoworkers, perciò, sono lavo-ratori autonomi, ma sono al-tresì in grado di lavorare comeun corpo unico.al suo interno il loft ospita unampio studio per l’incisionedei dischi, una stanza per i ri-cevimenti, 12 postazioni di la-voro e una cucina. Unelemento, quest’ultimo, «asso-lutamente prezioso, perché neimomenti di pausa è il punto diaggregazione e di scambioidee, dove possono nasceretanti progetti» spiega sorri-dente il neo imprenditore. I coworkers qui sono tuttimolto giovani. Valentina Stuc-chi e Camilla Pagani, 27 e 28anni. hanno fondato insieme aun amico la Milano music con-sulting, una società di consu-lenza musicale e da iniziosettembre hanno deciso di pun-tare su Indiehub. «Per noi -dice Valentina - è il luogo di la-voro ideale. Grazie allo studiodi registrazione, infatti, cono-sciamo molti artisti che poipossiamo proporre a hotel,agenzie eventi, wedding plan-ner che sono i nostri abituali

Milano, la condivisionetra la musica e il sociale

clienti». Gaetano Petronio ha31 anni e nel 2012 ha fondatola sua agenzia di stampa, laGpc. La molla che lo ha fattoscattare verso la strada imper-via dell’autoimprenditorialità«è stato il desiderio di lasciarelibero sfogo alle mie idee esuggestioni». L’Illustratore eanimatore in 3D, Enzo Bene-detto, 38 anni, è il decano (si faper dire) della squadra. Mentre

il più giovane del gruppo ha 26anni, si chiama Gabriele Si-moni, ed è l’unico lavoratoredirettamente alle dipendenze diIndiehub in qualità di tecnicodel suono.In pochi mesi di attività i fruttinon sono tardati ad arrivare.Grazie, infatti, alla collabora-zione con un’etichetta disco-grafica indipendente, la Nau(translitterazione di «now»,adesso) di Gianni Barone, sonogià stati prodotti 4 dischi jazzed è in corso di registrazioneun album rock. Dalla sinergia tra Dolcino eBarone, inoltre, è nata una ras-segna interamente dedicata allamusica jazz. Una serie dihouse concert per poche po-chissime orecchie selezionate,in modo da incrociare do-manda e offerta nello stessospazio e promuovere giovaniband d’avanguardia.«Siamo una novella start up –sottolinea Dolcino – ma la fi-ducia è tanta. La nostra forza èla capacità di comportarcicome players estremamenteflessibili, capaci di giocare siada soli che in gruppo.

(Lorenzo Matucci)

Esco fuori e vedoaltra gente, stringo

nuove relazioni. Il coworking è questo

”“

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Viaggio nei centri dove “fare rete” è una realtà consolidata e in sviluppo

Se siete in cerca di un forum di di-scussione dove si parli di coworking,vi stupirà sapere quanto possa es-sere difficile trovarne uno. A digitareil termine su un motore di ricerca, siottengono moltissimi link. Aldilàdella consueta Wikipedia che spiegain cosa consiste questa forma di la-voro, ci sono i siti dove vengono an-nunciate nuove aperture oppureconferenze in questa o quella cittàd’Italia, dove viene affrontato l’argomento del lavoro condiviso.Ci sono poi quelli dei diversi Hub chepubblicizzano il proprio lavoro e pre-sentano il profilo dei coworkers. Madi forum nessuna traccia.A cercare meglio, è possibile trovareuno spazio per le discussioni propriosui alcuni dei siti di queste nuovestart up. Dove si fanno domande evengono pubblicate informazioniutili alla pratica del coworking. Ladomanda più ricorrente è come sene possa aprire uno in tempi rapidi;perché è la burocrazia ciò che sco-raggia di più l’iniziativa. Col tempocoworkingproject.com è diventatouno dei siti più seguiti per chi nevuole sapere in fatto di coworking.Sulla home page, infatti, sono fre-quenti le pubblicazioni in merito allebuone pratiche delle amministra-zioni locali a sostegno delle start upe si possono rivolgere domande perricevere qualche consiglio. Per en-trare a far parte del variegato spaziodei coworking, d’altronde merita af-fidarsi a chi ha adottato da tempoquesta pratica.

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Nascono e chiudono al-l’improvviso, mu-tando continuamente

pelle. Non sono i classici ne-gozi, anche se a prima vistapossono ingannare. Non sonodiscount né outlet, sebbene iprezzi siano competitivi. Percerti versi ricordano gli standnelle fiere e nei mercatini, macon un tocco moderno e con-temporaneo. Sono i temporary shop, i ne-gozi temporanei, detti anchepop-up store, una 'moda ame-ricana' che sta progressiva-mente conquistando il nostropaese. oggi più di 70 sono glispazi dedicati in manieraesclusiva e permanente nellasola Milano e circa 110 nelresto d'Italia. E, se ancora èpresto per parlare di boom,certo è che sono moltiplicatinegli ultimi anni. "Ma attenzione, gli spazi sonofissi, di temporanee ci sono leinsegne delle aziende che cam-biano in media ogni 30-40giorni - spiega MassimoCosta, autore del libro ‘Tem-porary retailer: verso unanuova professione’ - E’ una re-altà sempre più diffusa, unanuova formula di comunica-zione e vendita usata daaziende di qualsiasi settore".Non si tratta solo di affittare

uno spazio, ma dare dei servizialle aziende che si ospitano:servizi di vendita, di comuni-cazione, organizzazioneeventi, design. L’obiettivo èquello di creare uno spaziovivo, una contaminazionecreativa per legare l’evento aun messaggio duraturo.

Ma cosa spinge un artigiano adaffittare uno spazio in un tem-porary? Non tutti hanno un ne-gozio fisso. “Chi ce l’hamagari è in periferia e cogliel’occasione per farsi conoscereanche in zone centrali dellacittà – spiega Simone Paco re-sponsabile della casa editrice

Panna & Co. photoalbum -altri invece scelgono di fare gli‘ambulanti’ perché mantenereun negozio per 12 mesi, oggi, ètroppo oneroso”.Per Moreno Spei, artigiano to-scano, pagare l’affitto in mesimorti per il commercio comefebbraio-marzo non è più pos-sibile con questa crisi. “ Perquesto ho deciso di sfruttare iltemporary da due anni – dice -prima facevo le fiere, ma orami costa troppo. In una viacentrale di Milano per un mese

espongo la mia merce per soli2800 euro, in fiera ne pagavo1800 per nove giorni”.Se è vero che la crisi econo-mica può aver dato un impulsoallo sviluppo di queste realtà,secondo Giulio di Sabato, pre-sidente di assomoda, si tratta

in fondo di una "normale evo-luzione del settore in una so-cietà liquida come la nostra".Una professione nuova che af-fonda le radici nel passato, daivenditori ambulanti dei tempidel re Sole, ma che si conciliabenissimo con la società at-tuale, in cui “il temporaneo è lacifra distintiva e le aziendehanno bisogno di ottimizzare iltempo con lo spazio e lo spa-zio con il tempo” dice di Sa-bato. Un'evoluzione che puòessere "un ottimo viatico per

brand emergenti, pmi e giovanidesigner per farsi conoscere" eun modo per le grandi aziendedi "entrare in contatto con ilconsumatore finale" aggiungeil presidente di assomoda.

Ma cosa identifica un vero

temporary shop? "Prima re-gola: non essere un mero outleto un discount – prosegue Giu-lio di Sabato - secondo: tra-smettere al consumatore lafilosofia del brand; terzo: coin-volgerlo in un'esperienza mul-tisensoriale". Come fare però asapere in anticipo chi esporrà edove? Il problema è proprioquesto. a volte infatti il sem-plice volantinaggio, il giro diemail e di inviti su Facebooknon bastano a pubblicizzarel’evento. Spesso a sapere che

uno spazio è adibito a tempo-rary è solo chi abita nella zona.“ormai i milanesi si sono abi-tuati – dice amanda, assiduacliente dei temporary - si met-tono direttamente in contattocon il commerciante e lo se-guono nei suoi spostamenti”.Se si tratta di una realtà ancorapoco diffusa nel resto d’Italia,certo è che chi l’ha sperimen-tata giura di essere più che sod-disfatto. Non solo per ivantaggi economici derivantidall’abbattimento dei costi fissi(canoni di affitto degli immo-bili ecc.), ma anche dal rap-porto umano e dallo spirito diconvivenza che si crea tra i

commercianti che condividonolo stesso spazio. “Moreno loconsidero mio padre – dice unacommerciante del settore tes-sile rivolgendosi al suo compa-gno di stanza, collega d’affarinel temporary di via del Tor-chio - Si impara molto met-tendo insieme varie esperienzee lavorando fianco a fianco conpersone che operano in settoridiversi dal proprio. E, con lacrisi che morde, non posso cheguardare ai temporary come aun’ancora di salvezza”.

empo diemporary

Micaela Farrocco

Un nuovo format per nuove esigenzedi marketing. Il negozio cambia vestee diventa uno strumento diretto dicomunicazione con il consumatore

Carlotta Bizzarri

Più di 70 spazi dedicati in maniera

esclusiva e permanente nellasola Milano e circa

110 nel resto d’Italia

I temporary sonouna realtà sempre

più diffusa, una vera e propria

formula di comunicazione

Pagina 14 LaB IulmSoCIETà

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Potenziare lo spazio fisiconegozio. Nei primi annidel 2000 le aziende si

rendono conto che i media tra-dizionali non bastano più perfare branding e che per entrarein una comunicazione più di-retta con i consumatori ilmezzo più potente è proprio ilnegozio. Il temporary store nasce da que-sta nuova esigenza. FrancescaZorzetto, giornalista ed espertadi visual merchandising e di re-tail marketing, si occupa daanni della progettazione di tem-porary e pop up store e in colla-borazione con FrancescoCatalano ha dedicato il libroTemporary Store. La strategiadell’effimero proprio a questofenomeno.

Come è nato questo format?a sperimentare per prima il popup store, la formula itineranteaffine al temporary, è stata nel2003 l’azienda brasiliana ocea-nic che ha organizzato un tourper tutto il Paese vendendo lasua collezione di cosmetici abordo di furgoncini Fiat Doblòe personalizzando i prodotti inbase al luogo di distribuzione.Il pop up è quindi spesso unospazio costruito ad hoc, il tem-porary invece ha uno spazio giàdefinito come una location tem-poranea o un negozio sfitto.

Quali sono i segreti per rea-lizzare un temporary di suc-cesso?L’obiettivo è senza dubbio fon-damentale: se non si stabiliscein partenza l’esperienza è desti-nata a fallire. Nella progetta-zione del temporary bisognaaver ben chiaro cosa ci si pro-pone: promuovere un prodotto,riposizionarsi, testare un nuovomercato, presentarsi al consu-matore in maniera diretta, valu-tare un’eventuale apertura.

Esiste una durata ideale dipermanenza in uno spazio

temporaneo?a seconda dell’obiettivo la du-rata può essere variabile. Gene-ralmente però per riuscire adavere visibilità non si può rima-nere meno di una settimana cosìcome è sconsigliabile andareoltre i 21 giorni perché si rischiadi andare incontro ad un calo diattenzione.

Altri fattori di successo?Bisogna certamente stabilire untarget di riferimento. Nellascelta dell’architettura pensaread uno spazio speciale teatraliz-zato e a creare un’atmosferasensoriale che coinvolga iclienti. Per funzionare poi untemporary store deve essere so-stenuto da degli eventi che ge-nerino traffico e promosso beneprima, durante e dopo. ancheal termine del periodo stabilitoper l’esposizione bisogna tenereviva l’attenzione su di esso at-traverso il web. Un ruolo fon-

L’INTERVISTA

Obiettivi, durata, targetecco i segreti del successo

FRANCESCA ZORZETTO, GIORNALISTA ED ESPERTA DI VISUAL MERCHANDISING

damentale è rivestito poi dallescelte di co-marketing: è neces-sario trovare delle partnershipfunzionali alla propria attività,un media partner ad esempio èspesso trainatore di successo.

Come si valutano i risultati diun temporary?Gli strumenti per valutare i ri-sultati devono essere stabiliti amonte. I più intuitivi e semplicida utilizzare sono l’indice di af-fluenza, il tempo medio tra-scorso dai clienti in negozio e iltasso di conversione, ovvero lapercentuale di vendita rispettoal traffico totale generato.

In Italia questo format hapreso piede con netta preva-lenza a Milano rispetto alresto del Paese. C’è una moti-vazione precisa?Certo, Milano è la vetrina ita-liana per il retail, la piazza cheha più visibilità a livello inter-nazionale e anche dal punto divista immobiliare offre grandiopportunita’ di affitto di spazitemporanei. altre città come adesempio roma e Venezia hannodei limiti strutturali che ren-dono difficoltosa la disponibi-lita’ di spazi. Le location chevedranno una maggiore espan-sione del fenomeno in futurosono molto probabilmentequelle turistiche: i numerositemporary progettati gia’ aForte dei Marmi e Portofino nesono la prova.

Chi ha sperimentatoil temporary store

è rimasto soddisfatto e lo ripropone

”“Eliana Biancucci

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Verso che direzione sono an-date le prime esperienze ita-liane?I pionieri italiani a Milanohanno scelto location o storefissi. Tra questi lo spazio Side-car in Corso Garibaldi è statouno dei primi.

Che vantaggi presenta untemporary rispetto al negoziotradizionale?Molte aziende utilizzano glispazi temporanei in previsionedell’apertura di negozi tradizio-nali: in questo caso il temporaryserve a testare la citta’ piu’adatta o la location migliore al-l’interno di una città per garan-tirsi una maggiore visibilità. Igrandi brand che non hanno ne-gozi monomarca (come Philips,Nivea, Vernel) sono riusciti at-traverso questo format a rac-contarsi ai consumatori inmaniera diversa trasmettendoun unico valore identitario delmarchio.

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Maurizio Perriello

A Milano si contano 200 sale cinematografiche parrocchiali. Il passaggio al digitale e le catenedei multisala mettono a serio rischio la sopravvivenza di questi centri di aggregazione, tanto pic-

coli quanto centrali soprattutto nella formazione visiva dei futurispettatori. Non nasconde le sue preoccupazioni Angelo Chirico,responsabile delle Sale della Comunità: «Lo switch-off rappre-senta un cambiamento radicale che in molti non possono affron-tare. Le garanzie di incasso e di distribuzione rispetto ad unmultisala sono troppo inferiori». È la stessa Comunità, infatti, acurare la contrattazione delle pellicole con i distributori tramite ilsettore Itl Cinema. Le sale parrocchiali hanno costi abbordabili esono una grande risorsa in termini progettuali. Al loro interno la-vorano migliaia di volontari culturali anche per 365 giorni al-l’anno. Se dovessero chiudere, in molte zone della Lombardiasparirebbe del tutto la possibilità di andare al cinema.

Il Capodanno 2014 è pas-sato alla storia come unadelle tappe più importanti

per l’evoluzione tecnologicadel cinema. Da quella data, in-fatti, le sale cinematografichenazionali hanno adottatole mo-dalità di proiezione esclusiva-mente digitale. Che tradottovuol dire: addio pellicola.Un’autentica rivoluzione nelmodo di fruire i film, con ine-vitabili ripercussioni a livelloeconomico, sociale e culturale.Tuttavia il 31 dicembre 2013segna uno switch off soltantoparziale per la celluloide, poi-ché la proroga alla riconver-

sione, tanto invocata dagliesercenti, è divenuta realtà: igestori delle sale, infatti,avranno tempo fino al 30 giu-gno 2014 per digitalizzarsi. apatto, però, che si iscrivano alregistro Impianti Digitali dellaCinetel – con annessa comuni-cazione degli estremi dell’im-pianto da installare– entro enon oltre la fine dell’anno. Unsospiro di sollievo per quel30% di esercizi, principal-mente monosala, che ancoranon ha compiuto il passaggioal digitale. Perché il costo persingolo schermo si aggira tra i50 e i 70mila euro: una cifraspesso fuori portata per i bi-lanci dei cinema piccoli e d’es-sai. Su 3936 schermi attivi inItalia, infatti, soltanto 2648hanno completato l’ammoder-namento richiesto. Ma il BelPaese, in questa come in altrequestioni, è in ritardo rispettoal resto d’Europa e del mondo,come la Francia e gli USa, acui una volta contendevamo

primati di produzione e di pub-blico.Quel migliaio circa di sale nonancora digitalizzate rischia lachiusura. Una su quattro, percapirci. Perfino in “un’isola fe-lice” per il cinema come laLombardia, che vanta il mag-gior numero di schermi ri-spetto alle altre regioni (circail 14% del totale italiano), deiquali circa la metà concentratinel milanese, le prospettivenon sono felici. Proprio a Mi-lano, nel corso degli ultimivent’anni, si è assistito ad unaumento del numero deglischermi (da 82 a 216), paralle-lamente alla “paradossale” ri-duzione del numero di cinema(da 69 a 46). Un dato che te-stimonia la proliferazione dimultisala e multiplex, che dasoli possiedono ormai il 40%degli schermi. E tutti digitaliz-zati. Lo strapotere economico

DigitaleAnno Zero

Lo switch-off digitale penalizza monosale

e monoschermi:l’adeguamento

tecnologico richiededai 50 ai 70mila euro

e distributivo ha gradualmentetagliato fuori i piccoli localiparrocchiali e di quartiere,dove lo spettatore potevafruire della visione dei film co-siddetti «di qualità». Il pub-blico meneghino ha dovuto

assistere nel corso degli ultimidue decenni alla scomparsa dialcuni cinema storici – si pensia quelli che fino a poco tempofa animavano Corso VittorioEmanuele – tra i più frequen-tati e apprezzati della città. .Nomi che ormai dicono qual-cosa soltanto ai cittadini piùmezza età, ai nostalgici, agliintenditori. E la lista ha tuttal’aria di non essersi chiusa.

Il rischio che il capoluogolombardo perda un’ulterioreparte del suo patrimonio disale è reale. E a farne le spesesarà la vita culturale della città.Perché la sala cinematograficasvolge un ruolo sociale e ur-banistico, di presidio e vivibi-lità del territorio oltre che intermini economici per l’offertadi cinema. «Senza locali dispettacolo e di aggregazione iquartieri e la città si spen-gono» dice Lionello Cerri,presidente dell’associazionedegli Esercenti (anec) «Per-ché se anche è vero che la pro-duzione di film è aumentata,gli incassi e le presenze hannosubito una flessione. Se chiu-deranno le piccole monosaleforse le percentuali del fattu-rato-cinema non cambierannodi molto, ma l’effetto culturalesarà deflagrante».

Addio alla pellicola: a giugnoscatterà la rivoluzione digitale. A Milano sono molti i cinema che rischiano di chiudere

Una scena del film “The Cameraman”, con Buster Keaton

I CINEMA DEGLI ORATORI

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Su 3936 schermi attivi in Italia sonosolo 2648 quelli chesi sono digitalizzati.In Lombardia sono

390 su 547

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antonio Sancassani, dalbancone del suo ci-nema d’essai ormai

entrato nel cuore dei mene-ghini, parla della digitalizza-zione e ci racconta la suastoria, quella del Mexico.

L’obbligo di conversione aldigitale mette davvero in pe-ricolo i piccoli cinema?Sì, il Mexico è uno degli ul-timi cinema non multisala diMilano. Siamo rimasti in quattro: ilMexico, l’arlecchino l’ario-sto e il Palestrina. Vorrei esserel’ultimo che chiude. I mono-schermi sono da moltoin difficoltà, ma adesso co-minciano a essere in crisianche i cinema con 2-3 sale,non dico a Milano città, ma si-curamente in provincia.

Quanto costa digitalizzarsi?Quando l’ho acquistato io, ilproiettore, tre anni fa, costava70.000 €. Quando questi pro-iettori li fanno in 4 in tutto ilmondo, non c’è concorrenza,quindi i prezzi sono molto ele-vati. Prima o poi tutti sarannocostretti ad abbandonare lapellicola, anche perché ormaii film, in primis quelli ameri-cani, vengono prodotti solo informato digitale, con costi de-cisamente meno elevati per lemajors.

Che cosa favorisce le multi-sale rispetto ai cinema di pic-cole dimensioni?Nel nostro Paese i grandi di-stributori non hanno conve-nienza a far proiettare i lorofilm nei cinema piccoli, perchénon possono assicurare lastessa copertura delle multi-sale. Quindi s’innesca un si-stema di esclusive ad alcunigrandi esercenti ed esclusionedei piccoli. Poi c’è il fattore di-gitalizzazione, un costo note-vole che tanti non riescono adammortizzare. E quindi chiu-dono. all’estero non è così. In au-stria, per esempio, se uno escecon un film e la distribuzione èpiccola ma c’è molta richiesta

da parte degli esercenti, loStato provvede a stampare ilresto delle copie. In Franciac’è la multiprogrammazione:un mono-schermo ha la possi-bilità di programmare un mi-nimo di 3 film, cambiando gliorari, in modo che tutti pos-sano vedere e programmarepiù film.

Ma le sovvenzioni non sono

di sostegno ai cinema pic-coli?Con le sovvenzioni regionalic’è sì un rientro del 30% afondo perduto, però ci sonoanche una parte che deve pa-gare l’esercente e un’altra checopre la regione. Per erogare ifinanziamenti, la regionevuole che dimostri con le re-versali della banca che hai pa-gato. Tre anni fa ho ricevuto lasovvenzione dalla regioneLombardia per digitalizzare,perché il Mexico fa parte dellafederazione Cinema d’essai, ènell’Europa Cinéma e proiettafilm di spessore. ovviamentenon sono mancati i problemilegati alla fideiussione.

Oltre ai costi, che inconve-nienti può dare la conver-sione al digitale?Problemi tecnici. Le macchinedigitalizzate sono molto fra-gili, perché sono computer enon aggeggi meccanici comela pellicola. Se si verifica unguasto puoi spegnerlo e spe-rare che si resetti e riparta, mase ciò non accade, sei costrettoa mandare la gente a casa, per-

ché la proiezione non è realiz-zabile. Con la brutta figura checi fai e la perdita degli incassidi tutta la serata.

Allora perché la digitalizza-zione? Insomma, avrà pure isuoi vantaggi…E’ una grande opportunità siaper l’abbattimento dei costi diproduzione sia per la conserva-zione e la restaurazione di vec-chi film, che non rischierannodi andare perduti. Inoltre con ilproiettore digitale è possibileassistere a un evento moltomeglio che dal vivo, perché sipossono vedere da vicino i det-tagli grazie ai primi piani. Poile majors americane con que-sto sistema controllano anche

molto di più la distribuzione.arriva l’hard-drive, l’esercentelo scarica nella pancia del ser-ver, ma può essere proiettato –tramite chiave di accesso –solo il giorno in cui è previstala programmazione. Prima edopo è bloccato.

Come si presenta il pano-rama cinematografico mila-nese?

Una scena del film “The Cameraman”, con Buster Keaton

Il Palestrina non è ancora digi-talizzato, l’ariosto lo ha fattoda poco e le multisale dell’Eli-seo e del Colosseo hanno tiratofino alla fine, per ottenere deicontratti convenienti con la

Sony. a rischiare sono per lopiù i cinema di quartiere equelli parrocchiali, anche sequesti hanno il vantaggio dinon dover pagare il personale.

Però la maggior parte dellesovvenzioni è stata erogataalle sale parrocchiali. Per-ché?Siamo nel Paese del Papa. Bat-tute a parte, anche se sono con-correnti “sleali”, sono bencontento che restino aperti,perché creano la cultura cine-matografica, il pubblico di do-mani.

E il Mexico?Il Mexico mi ha salvato la vita.L’ho preso negli anni Settanta,quando i primi locali che chiu-devano erano quelli delle peri-ferie, perché iniziavano letelevisioni libere. avevo un tu-more allo stomaco e me lo tol-sero. Dopo l’operazione eromolto depresso. Il fatto di realizzare il miosogno, quello di proiettare filmd’essai e avere un certo tipo diprogrammazione, mi ha aiutatoa reagire. Il Mexico è la miavita e sarà l’ultimo a chiudere.E fin che sarò vivo io conti-nuerà a fare solo cinema.

“Il Cinema Mexicomi ha salvato la vita”

L’INTERVISTA ANTONIO SANCASSANI, TITOLARE DELLA SALA STORICA DI VIA SAVONA

A rischiare sono per lo più i cinema

di quartiere e quelli parrocchiali

”“

LaB Iulm Pagina 17SPETTaCoLI

Chiara Daffini

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Un Medico in Famiglia, I Cesaroni, Squadra Antimafia e Don Matteo sono alcune delle produ-zioni italiane che hanno ottenuto più successo negli ultimi anni. Qualcuna è riuscita ad arrivareanche all’estero, come Il Commissario Montalbano, venduta in ben 65 Paesi nel mondo tra cuiUSA e Giappone. Un caso particolare è rappresentato da Romanzo Criminale. La serie di Sky,consacrata dai buoni ascolti e applaudita dalla critica per la cura cinematografica nella regia enella fotografia, è stata talmente apprezzata negli Stati Uniti che la rete Starz ha deciso di pro-durne una versione americana.

esplodendo in rete: quellodelle fan fiction, storie co-struite dai patiti di quella par-ticolare serie tv utilizzandopersonaggi e ambientazioni.Molti appassionati voglionodare una propria visione, cre-ando situazioni inedite masempre in qualche modo inse-rite nella trama originale. Ilfan, insomma, da spettatorepassivo diventa autore.E a volte le storie sono cosìconvincenti da portare gli sce-neggiatori a rivedere le lorodecisioni: è il caso di Glee, te-

La tv del terzo millennio è ormai “partecipata”dallo spettatore. Lo testimoniano le fiction, che vengono salvate dalla cancellazione nei palinsesti, ma anche programmi prodotti e addirittura in parte scritti dagli appassionati

Una Tv partecipata,condivisa, diffusa sudiverse piattaforme. E’

la tv del terzo millennio, in cuii ruoli classici restano (attore,sceneggiatore, regista, produt-tore) ma dove si aprono sce-nari inediti perché cambia ilrapporto con il pubblico.Dimenticate lo spettatore che,spaparanzato sul divano, si im-batte per caso in una puntata

generica di un telefilm e fissainerme il piccolo schermo.L’evoluzione è iniziata, anzi ègià a buon punto. Il pubblico diventa non solofan, ma anche autore e persinoproduttore nell’era di una tele-visione fatta sempre meno dalnetwork e sempre più dagli ap-passionati. Ecco a voi lo spet-tatore 2.0.

Forum e FandomIl concetto è lo stesso diquando i nostri nonni si ritro-vavano a casa del fortunatoche possedeva una tv per ve-dere insieme “Lascia o rad-doppia”. oggi però il gruppod’ascolto non è più fisico mavirtuale e si chiama forum. Ilgusto del discutere di una pun-tata, condividere un’opinioneresta. Cambia solo il modo, omeglio il mezzo: non più lavoce ma la rete. Ma non finisce qui: il forum haanche a che fare con quello chegli studiosi chiamano “fan-dom”. In pratica una comunitàdi appassionati che condivi-dono un interesse o, per me-

glio dire, una sorta di “venera-zione” per questa o quellaserie tv.Le tre ere del fanatismoQualcuno ricorderà i Trekkies,ovvero i fan di Star Trek: nel1967 la NBC voleva cancel-lare la serie ma ricevette quasiun milione di lettere di prote-sta grazie ad una campagnacapillare e fu costretta a fir-mare per una terza stagione.Nasce così, spontaneamente, ilculto televisivo e diventa quasiun rito.Poi il “fandom” entra nellavita quotidiana e diventa unarisorsa a cui i produttori si ap-poggiano per fare ascolto. Inprincipio fu Twin Peaks, percui all’inizio degli anni ’90 fucreato il primo forum, oltre altormentone “Chi ha uccisoLaura Palmer?”.Qualche anno dopo fu la voltadi X-Files, con le avventuresoprannaturali degli agentispeciali Mulder e Scully.Ma il vero fanatismo arriva nel2004 con un prodotto che creadipendenza: Lost. Dopo nullaè più stato come prima. Laserie, che racconta le peripeziedi alcuni sopravvissuti a un di-

sastro aereo su un’isola, hacreato dei veri e propri fan 2.0.Sono gli appassionati che chie-dono all’autore (l’osannato J.J. abrams) di andare avanti, èil pubblico che costruisce laserie, anche grazie ad un se-guito studiato a tavolino an-cora prima della messa inonda.Inoltre da Lost in poi l’espe-rienza di fruizione si prolungaanche oltre l’episodio. Lo spet-tatore guarda una puntata, neparla nel forum, magari scrive

o commenta una recensione,scarica il sottotitolo, partecipaalla “Lost Experience”, ungioco on line, destinato a rive-lare indizi sulle stagioni se-guenti.

Fan fiction: quando gli ap-passionati suggeriscono sto-rie agli autoriPer non parlare di un altro fe-nomeno che sta letteralmente

lefilm-musical che racconta levicende di un coro scolasticoamericano, dove la relazione

saffica tra le due cheerleaderBrittany e Santana è stata im-maginata proprio dai fan chehanno scritto migliaia di rac-conti online sulla possibilecoppia, costringendo i creatoridella serie addirittura a inse-rirla nel telefilm.

Lo “spettautore”: il casoFrammentiMa gli spettatori possono di-ventare anche autori nel verosenso della parola: l’ultimafrontiera si chiama Fram-menti. a metà tra fiction e rea-lity, è già diventato unfenomeno in rete grazie allafalsa pubblicità di un medici-nale. Gli “spettautori” devono in-fatti aiutare il protagonista, ungiornalista, a investigare sulmisterioso Letenox, che can-cella la memoria, risolvendomisteri, enigmi e complessirompicapo.

A far la Seriecomincia tu

Sono i fanatici chechiedono all’autoredi andare avanti, è il pubblico che

costruisce la seriedi successo

Giulio Oliani

CASI ITALIANI

Il cast di Romanzo Criminale

Le fan fiction avolte sono così convincenti da spingere gli

sceneggiatori a rivedere la trama

Una scena de Il Commissario Montalbano

I seguaci arrivanopersino a mettere

mano al loro portafoglio per salvare il loro

telefilm preferito

Benedetta Bragadini

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GLOSSARIOLaB Iulm Pagina 19SPETTaCoLI

LLEE 10 10 SERIESERIE PIÙPIÙ SCARICATESCARICATEILLEGALMENTEILLEGALMENTE NELNEL 20132013

TORRENTFREAK.COM HA REALIZZATO LA SUA TRADIZIONALECLASSIFICA DELLE SERIE PIÙ SCARICATE NELL’ANNO DAL SITOBITTORRENT. IL NUMERO TRA PARENTESI INDICA I DOWNLOAD

DELL’EPISODIO PIÙ SCARICATO DI CIASCUNA SERIE.

1) GAME OF THRONES, 2011, USA, (5.900.000) Sette nobili famiglie lottano con ogni mezzo per conquistare il Trono di Spade

2) BREAKING BAD, 2008, USA, (4.200.000)Professore di chimica malato di cancro si improvvisaproduttore di droga

3) THE WALKING DEAD, 2010, USA, (3.600.000)Le vicende degli umani sopravvissuti in un mondoinvaso dagli zombie

4) THE BIG BANG THEORY, 2007, USA, (3.400.000)L’incontro tra quattro giovani scienziati socialmente inetti e un’aspirante attrice

5) DEXTER, 2006, USA, (3.100.000)Di giorno ematologo della polizia di Miami, di notte serial killer di criminali

6) HOW I MET YOUR MOTHER, 2005, USA, (3.000.000)Ted cerca l’anima gemella nella City del nuovo millennio con l’aiuto di 4 amici

7) SUITS, 2011, USA, (2.600.000)Genio espulso dal college trova lavoro da uno dei migliori avvocati di New York

8) HOMELAND, 2011, USA, (2.400.000)Un eroe tornato dopo 8 anni di prigionia in Iraq nelmirino di un agente della Cia

9) VIKINGS, 2013, Canada, (2.300.000) Le avventure del vichingo Ragnar Lodbrok e della sua famiglia

10) ARROW, 2012, USA, (2.200.000)Dal fumetto al piccolo schermo: un playboy miliona-rio si trasforma in supereroe

approderà nelle sale americaneil prossimo 14 marzo.

Il fenomeno dei fansubbersPer chi ama vedere una seriestraniera in inglese, rappresen-tano la salvezza. Sono i “fansubbers”, seguaci

dei telefilm che alla propriapassione uniscono la cono-scenza delle lingue stranieremettendole a disposizione dialtri fan. Come? Traducendo esottotitolando in italiano lapuntata della serie appena tra-smessa all’estero. In questomodo i fan possono evitare diattendere mesi prima di ve-derla doppiata. Ma c’è anche un rovesciodella medaglia: negli ultimianni si è registrato un consi-stente calo degli ascolti delleserie tv nei palinsesti italiani,proprio a causa di una frui-zione immediata e in linguaoriginale grazie alla (o percolpa della) rete. Dietro i fansubber, giovani trai 17 e i 30 anni, ci sono siti che

Per chi non riesce ad orientarsi nel complesso universo della serialità ecco un piccolo glossario,realizzato da Daniela Cardini, docente di Tecniche e generi della fiction radiotelevisiva presso ilCorso di laurea in Comunicazione, Media e Pubblicità dell’Università IULM.

FICTION: termine che solo in Italia sta ad indicare prodotti narrativi televisivi di finzione, introdottocon la nascita delle tv commerciali, in cui i palinsesti si riempiono di programmi di importazione (te-lefilm). oggi in contrapposizione a serie tv è usato per indicare i programmi seriali di produzione ita-liana. Es. I Cesaroni, Un medico in famiglia

SERIAL: programma di importazione a puntate aperte. E’ usato da chi era giovane negli anni ottanta-Novanta come sinonimo di telefilm. Es. Sex and the city, E.r. -Medici in prima linea, Grey’s anatomy

SERIE TV: programma televisivo di importazione statunitense, prodotto a partire dalla fine degli anniNovanta. Si caratterizza per la possibilità di essere fruito su più media, per la qualità dei contenuti el’estetica particolarmente curata. Intorno ad esso si creano spesso fenonemi di fandom. Es. romanzoCriminale, Lost.

SIT COM: programma tv a episodi a contenuto comico. Si presenta in 2 formati: da 24 e 7 (sketchcom) minuti. Es. Camerà Cafè, The Big Bang Theory, How I met you mother

SOAPOPERA: programma seriale a puntate potenzialmente infinito di origine statunitense . E’ l’unicoche non ha un inizio nè una fine ma “semplicemente continua”. Si caratterizza per la tematica amorosae setimentale. Es. Centovetrine, Beautiful.

TELEFILM: termine coniato nei primi anni ottanta per indicare i programmi di importazione preva-lentemente statunitensi che venivano trasmessi nei palinsesti italiani. Sembra voler indicare l’unionetra i mondi distanti del cinema e della tv. Es. Supercar, Hazzard.

TELENOVELA: versione latina della soap opera, da cui si differenzia per la conclusione. Es. Il segreto.

Il fan finanzia la serieLa passione dei fan per unaserie può essere talmentegrande da portarli a metteremano al portafoglio per salvareil loro programma preferito. È il caso di Veronica Mars,serie che segue le vicende diuna liceale con un talento perl’investigazione. Dopo tre stagioni, nel 2007 laWarner Bros Tv che lo produ-ceva decise di chiudere laserie, nonostante le diecimilabarrette di cioccolato Mars in-viate alla rete per protesta. Lo scorso anno, però, il crea-tore rob Thomas si affidò aKickstarter, un sito di crowd-funding, letteralmente “finan-ziamento collettivo”: tramiteun piccolo contributo econo-mico fornito, singolarmente,da un largo numero di personesi sovvenziona un progetto conuna somma stabilita in anti-cipo. ai fan fu chiesto di raccoglierein un mese due milioni di dol-lari per produrre un film trattodalla serie. La risposta superò le aspetta-tive: in ventiquattr’ore la cifrarichiesta era già stata raggiuntae, a fine mese, Thomas si trovòun budget di quasi sei milionidi dollari per la pellicola che

coordinano la loro attività, cer-cando di non lasciar scopertonessun telefilm. ognuno deve rispettare para-metri e regole precise di tradu-zione, sincronizzando isottotitoli con le battute cui siriferiscono. Un duro lavoro: per ogni pun-tata di un’oretta circa devonotradurre più di 120 frasi.

Il fan nei panni del suo be-niamino: i cosplayersalcuni appassionati si lascianotalmente trasportare dai perso-naggi delle proprie serie prefe-rite da volerli sostituire. Si comprano oggetti e co-stumi di scena, li indossano einiziano ad imitarne gesti ecomportamenti. È il cosplay, fenomeno nato inGiappone che inizialmente ri-guardava manga e cartoon edoggi si è esteso anche alleserie, in particolare fantasy,come Il Trono di Spade. Questo hobby interessa nume-rosi fan che organizzano an-nualmente dei ritrovi, alcunidei quali sfociano in giochi diruolo. In Italia il più famoso èil Lucca Comics and Games,che ogni anno, tra ottobre enovembre, attira decine di mi-gliaia di visitatori.

I fansubbersmettono la

conoscenza dellalingue straniere alservizio degli altri

appassionati

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Tra le peculiarità del curling ci sono sicuramente imateriali utilizzati. Si tratta di oggetti tutt’altro chebanali e presi come modello anche da alcuneaziende: la Goodyear, per esempio, ha studiatol’azione della stone e della scopa sul ghiaccio perprogettare gli pneumatici da neve. Ma ecco neldettaglio i principali oggetti di questo sport:

Le scarpe hanno due suole diverse: una è proget-tata per il piede che deve scivolare, l’altra inveceper evitare di cadere. Nel primo caso il materiale dicui è composta la calzatura è solitamente il Teflonanche se ci sono delle particolari solette che pos-sono essere applicate alle scarpe comuni. Nel se-condo caso invece la suola è di gomma (o materialisimili) ed è progettata per creare aderenza e ri-durre l’usura.

La pietra con cui si gioca, o stone, è realizzata conun particolare tipo di granito proveniente esclusi-vamente da due cave del Galles e della Scozia per-ché è solo lì che si rintracciano le qualità adatte perla lavorazione: la grana finissima e l’assenza diquarzo. Questa speciale pietra ha una resistenzaagli impatti tripla rispetto al normale granito. Laparte inferiore, detta corona, è fatta di uno spe-ciale granito scozzese più durevole e ha uno spes-sore che va dai 5 ai 7 millimetri. Il manico è diplastica dura e viene fissato forando la pietra esat-tamente al centro del diametro. Una volta finita,lucidata e levigata, la stone è pronta per essereusata e pesa circa 18 chilogrammi. Il costo per unastone nuova è di circa 1300€ e le squadre, in Italia,le acquistano direttamente dalla FISG che è il for-nitore unico nel nostro Paese.

L’ATTREZZATURA

Curling StonesDopo il boom ottenuto durante i giochi di Torino 2006, è prontauna nuova sfida: le Olimpiadiinvernali di Sochi. Ma anche aSesto San Giovanni è possibilelanciare le pietre sul ghiaccio

Nei siti d’informazionec’è una colonna, soli-tamente a destra, defi-

nita “infame” perché è quellache porta le visite maggiori puressendo, sostanzialmente,priva di grandi contenuti a sca-pito di curiosità o gossip.Strano a dirlo ma in Italia sitratta allo stesso modo unaserie di sport, considerati mi-nori rispetto al Dio Pallone,che poi appassionano tantis-sime persone. Facciamo un esempio con-creto: nel 2006, alle olimpiadiinvernali svoltesi a Torino,oltre quattro milioni di italianierano incollati davanti alla te-levisione per guardare le finali

di uno degli sport meno cono-sciuti del pianeta: il Curling.al termine della manifesta-zione seguì pure un boom diiscrizioni, puntualmente an-date perdute nel giro di unanno. Eppure, nell’anno delle olim-piadi invernali di Sochi, c’è dascommettere in un nuovo (ina-spettato?) exploit di questa,tanto divertente quanto scono-

sciuta, disciplina.

Bocce sul ghiaccio? Le origini di questo sport sonoantichissime: la prima appari-zione risalirebbe al 1511 (vi èpersino traccia in un dipintodel pittore fiammingo Bruegelil Vecchio del 1565). Fu prati-cato per la prima volta alleolimpiadi invernali nel 1924ma poi restò fuori dal pro-gramma fino al 1998. Ma esat-tamente di cosa si tratta?Il curling è uno sport di squa-dra concettualmente simile allebocce ma sarebbe riduttivodire che l’unica differenza èche si pratica su una superficieghiacciata. Lo scopo è quellodi far scivolare una particolarepietra di granito, detta stone,verso il centro di un’area di de-stinazione formata da 4 anelliconcentrici e chiamata“home”. In ogni partita si sfi-dano due squadre formate daquattro giocatori che a ognimano di gioco (in totale sonodieci) tirano due stones a testa.La traiettoria viene influenzatadall’azione delle scope da cur-ling che, utilizzate sulla super-ficie ghiacciata, ne modificanol'attrito (questa procedura sichiama sweeping). a deciderela strategia della squadra è loskip (il capitano) che osservale posizioni delle stone e co-manda ai compagni quando ecome effettuare lo sweeping.

Antonio Torretti

Boom dopo Torino 2006Il curling è praticato in 37 na-zioni, con il Canada che, conoltre un milione di tesserati, fa

il ruolo di Paese guida in que-sto sport. In Italia fino al 2005i partecipanti erano meno di500 con una storica predomi-nanza nel nord -est. Nel nostro Paese arrivò tra il1925 e il 1930, più che altronelle località sciistiche con loscopo di essere uno svago peri turisti stranieri. Ben prestoperò questa pratica divennetalmente coinvolgente da por-

tare all’organizzazione, nel1955, del primo campionatoitaliano maschile.Con le olimpiadi di Torino2006, e la conseguente impor-tante visibilità , per la primavolta gli italiani hanno avutomodo entrare direttamente acontatto con le gare di curling.Il gradimento andò ben oltreogni ottimistica previsione conuno share che in occasionedella partita Italia-Canada(vinta a sorpresa dagli azzurri)superò i 5 milioni di telespet-tatori.a olimpiadi concluse questointeresse televisivo, nelle sedidove era possibile la praticadel curling , si trasformò in ungran numero di iscritti ai corsiper principianti. Il 2006 e il 2007 sono stati

anni straordinari per il curlingitaliano che ha così abbondan-temente raddoppiato il numerodei praticanti.

Si tratta, comunque, di piccolimomenti: attualmente esistono21 club per un totale di 400tesserati, abbastanza comun-que per l’organizzazione dicampionati di Serie a , di SerieB (divisa in Est e ovest) e diSerie C.

La situazione a MilanoLa capitale del curing padanoè Sesto San Giovanni dove si

Un esempio di scarpa da curling, con la suola ingomma per dare stabilità al giocatore

Un esempio di scarpa da curling, con la suola ingomma per dare stabilità al giocatore

Alcune pietre: i diversi colori del manico indicano duediverse squadre

Le origini di questadisciplina sono rintracciabili già

nel 1511 nel dipintodel pittore

Bruegel il Vecchio

La squadra maschiledel Jass Curling

Club è stata fondata nel 2002.

Attualmentemilita in serie C

A guardare in tv lasfida tra Italia

e Canada nel 2006sono stati più dicinque milioni

di telespettatori

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“Cacciatori nella neve”, Bruegel il Vecchio, 1565 Partita amatoriale tra giocatori canadesi nel 1909 Gran Bretagna-Svezia, Vancouver 2010

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Tra le peculiarità del curling ci sono sicuramente imateriali utilizzati. Si tratta di oggetti tutt’altro chebanali e presi come modello anche da alcuneaziende: la Goodyear, per esempio, ha studiatol’azione della stone e della scopa sul ghiaccio perprogettare gli pneumatici da neve. Ma ecco neldettaglio i principali oggetti di questo sport:

Le scarpe hanno due suole diverse: una è proget-tata per il piede che deve scivolare, l’altra inveceper evitare di cadere. Nel primo caso il materiale dicui è composta la calzatura è solitamente il Teflonanche se ci sono delle particolari solette che pos-sono essere applicate alle scarpe comuni. Nel se-condo caso invece la suola è di gomma (o materialisimili) ed è progettata per creare aderenza e ri-durre l’usura.

La pietra con cui si gioca, o stone, è realizzata conun particolare tipo di granito proveniente esclusi-vamente da due cave del Galles e della Scozia per-ché è solo lì che si rintracciano le qualità adatte perla lavorazione: la grana finissima e l’assenza diquarzo. Questa speciale pietra ha una resistenzaagli impatti tripla rispetto al normale granito. Laparte inferiore, detta corona, è fatta di uno spe-ciale granito scozzese più durevole e ha uno spes-sore che va dai 5 ai 7 millimetri. Il manico è diplastica dura e viene fissato forando la pietra esat-tamente al centro del diametro. Una volta finita,lucidata e levigata, la stone è pronta per essereusata e pesa circa 18 chilogrammi. Il costo per unastone nuova è di circa 1300€ e le squadre, in Italia,le acquistano direttamente dalla FISG che è il for-nitore unico nel nostro Paese.

L’ATTREZZATURA

Lunghi capelli bianchi raccoltiin un codino e fisico asciuttodel miglior maratoneta. Lui èil milanesissimo alberto Ca-niatti, un 66enne chirurgo inpensione. adesso, per tutti, è“Il Presidente”. È dal 2002 allaguida dirigenziale e tecnica delJass Curling Club di Sesto SanGiovanni, squadra che militanel campionato di serie C.

Presidente, perché il curlingè uno sport così poco consi-derato?Poco considerato e molto de-nigrato, dato che spesso ci di-cono: «voi giocate a bocce».Se uno vuole paragonare ilcurling a qualche altra attivitàdeve far riferimento ad almenotre sport. Le bocce per i colpidi precisione, il biliardo perl’effetto che si dà allo stone egli scacchi per la mentalitàstrategica degli atleti incampo. È necessario che loskip abbia il carattere per co-ordinare tatticamente la squa-dra e per non regalare puntiagli avversari. Sbaglia chicrede che il curling non siauno sport. Dietro c’è un

L’INTERVISTA

Adriano Lo Monaco

ALBERTO CANIATTI, PRESIDENTE DEL JAAS CURLING CLUB

Curling Stones

grande lavoro atletico conesercizi mirati per massa e car-dio.

Qual è la tradizione italianadi questo sport?Il curling nasce a Cortina e dalì viene anche la nostra prepa-razione. Dopo le olimpiadi diTorino 2006, invece, è statofatto un lavoro fantastico a Pi-nerolo. Loro ormai hanno uncampo dedicato con più piste,

hanno una cultura completa-mente diversa dalla nostra.Considera che i loro insegnantidi educazione fisica indiriz-zano gli studenti verso il cur-ling. oggi un ragazzino chevuole cimentarsi in questosport comincia verso i diecianni. anch’io ho cercato difare del mio meglio per diffon-derlo nelle scuole. Ho notatoche c’è un grande movimentodi curler non agonisti, che gio-

cano perché si divertono.E la condizione dei vostri im-pianti?Noi abbiamo un solo campoche condividiamo con i gioca-tori di hockey con la possibilitàdi allenarci solo il lunedì.Siamo parecchio indietro ri-spetto agli svizzeri, che sonocapaci di giocare a St.Moritzall’aperto e con -20°.

La Federazione non vi aiutaeconomicamente?Fino allo scorso anno pagava igiudici, adesso nemmenoquello. Ci manteniamo da soli,usciamo i soldi di tasca nostracon quote annuali.

Il vostro organigramma contacirca venti persone. Non sonoun po’ poche?Noi facciamo di tutto per tes-serare nuovi atleti organiz-zando corsi di avviamento.Molti ne escono entusiasti, madopo non si iscrivono. Forseperché Milano offre l’impossi-bile dal punto di vista sportivoe i ragazzi preferiscono altro.

Qual è l’obiettivo principaledel vostro club?Progredire. Non abbiamo vel-leità di vincere il campionato,sappiamo di essere indietro alivello nazionale. a noi inte-ressa divertirci e andare a bereinsieme dopo le partite. È unosgarbo se chi vince non offreda bere agli altri.

Da chirurgo a presidente eallenatore di un club di cur-ling. Come mai?Vidi un film di James Bond(agente 007 – al servizio se-greto di sua Maestà, ndr) nelquale si giocava a curling e lotrovai subito interessante.Dopo un paio di anni ho co-minciato. all’inizio ero dasolo, poi in due, in tre, in quat-tro. Stava nascendo una squa-dra.

Un esempio di scarpa da curling, con la suola ingomma per dare stabilità al giocatore

Alcune pietre: i diversi colori del manico indicano duediverse squadre

Ci sono vari tipi di scope che si diversificano dal tipo di spazzolata e di effetto che si vuole dare allastone. Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione nei materiali utilizzati. Le precedenti versioni eranofatte con crini di cavallo, sostituiti nel corso degli anni da materiali sintetici che hanno il vantaggio di nonperdere fili sul ghiaccio, cosa che nel curling può essere decisiva. Il costo minimo per una scopa da cur-ling è 180€.

Diversi esemplari di scope da curling

trova la sede del Jass CurlingClub. a conoscerlo sono in pochi, aessere iscritti ancora meno,circa venti per l’esattezza. La squadra, fondata ufficial-mente nell’ottobre del 2002,milita in serie C ed è esclusi-vamente maschile ma, negliultimi anni, anche per le donneè stato possibile partecipare adattività agonistiche in virtù diuna nuova formula che pre-vede alcuni tornei con teamcomposti da entrambi i sessi. Come spesso accade neglisport minori, chi pratica questadisciplina è molto motivato elo fa per passione perciò l’im-pegno e gli sforzi sono sicura-mente maggiori rispetto allamedia.

Il campo (45x4,4 mt) è delimitato da duelinee laterali, una linea posta a tre quartidel campo (sia dalla parte da cui si effet-tua il lancio sia dalla parte opposta) echiamata “hog line” e una linea che segnala fine del campo. La stone viene eliminata se:- non supera completamente la hog line;- supera completamente la linea di fondoo tocca una delle due linee laterali;- se viene rilasciata dopo la hog line.

IL CAMPO DA GIOCO

LaB Iulm Pagina 21SPorT

Gran Bretagna-Svezia, Vancouver 2010

“Sul ghiaccio grazie a James Bond”

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Pagina 22 LaB IulmIULM NEWS

Le aziende italiane si con-vertono ai social, macon il freno a mano ti-

rato. Questo è quanto emersodalla terza edizione dell’osser-vatorio “Il SocialMediabilitydelle aziende in Italia”, pro-mosso dall’Executive Masterin Social Media Marketing &Web Communication. 720 aziende (piccole, medie egrandi), appartenenti a 6 diversisettori (alimentare, arreda-mento, banche, sanità, moda,pubblica amministrazione),sono state analizzate per treanni partendo dal monitoraggiodei loro siti web. obiettivo:analizzare la qualità dell’usodei social media come canali direlazione, comunicazione emarketing.

Sempre più imprese utilizzano almeno un socialcome canale di comunicazione. Secondo una ricercasono aumentate, in due anni, del 30%

Dallo studio è emerso che, dal2011 al 2013, la percentuale diimprese che hanno fatto unsalto dal “no social” ad “al-meno un social” è passata dal49,9% al 63,8%.a trainare la diffusione deinuovi canali di comunicazionesono state soprattutto leaziende più grandi. Per queste

infatti i social media costitui-scono ormai ambienti “impre-scindibili”. Se nella precedenterilevazione infatti era il 57,3%delle stesse a gestire almeno unsocial, nel 2013 tale percen-tuale è salita all’81,1%. Una

crescita che allarga il divario,già registrato negli anni prece-denti, tra le grandi (da un lato)e le piccole e medie realtà (dal-l’altro), il cui ricorso a talimezzi è aumentato di solo il7% circa rispetto al 2011. La causa va rintracciata nellediverse capacità di investi-mento. Sì perché i social sonogratuiti ma per essere gestiti ri-chiedono un consistente uti-lizzo di risorse specializzate.“Le grandi aziende – spiega ilprofessor Guido Di Fraia, re-sponsabile del Master in SocialMedia Marketing & Web Com-munication Iulm – hanno com-preso meglio le potenzialità deisocial media semplicementeperché, rispetto a piccole omedie realtà, hanno maggioripossibilità di investire, di rivol-gersi a consulenti specializzati

che aiutano a comprenderne almeglio le potenzialità”.Facebook si conferma il canalepiù popolare, scelto dal 75%delle aziende (rispetto al 71,1%del 2011). Seguono Twitter,Linkedin e YouTube (utilizzatirispettivamente dal 45,1%, dal44,1% e dal 51,2% delleaziende presenti sui socialmedia, rispetto al 39,8%, al35,7% e al 32% del 2011),Google Plus (17,2%) e Pinte-

Micaela Farrocco

A trainare la diffu-sione sono state leaziende più grandi.Per loro i social co-stituiscono ambienti

“imprescindibili”

rest (18,1%), non monitoratinelle rilevazioni precedenti.Da un punto di vista quantita-tivo i dati mostrano quindi unincremento, a dimostrazionedel fatto che le aziende abbianocompreso i benefici che i nuovimezzi di comunicazione pos-sono portare (più visibilità, cre-scita della reputazione emaggiori possibilità di ven-dita). Bisogna lavorare però sul“come” utilizzino questi canali.

”L’errore che si fa è quello diusare lo stesso contenuto e lin-guaggio per tutti i canali”, chia-risce Di Fraia. ogni mezzo hainvece la sua logica di comuni-cazione, la sua intrinseca spe-cificità. “Se il linguaggiotelevisivo viene riproposto suYoutube – continua Di Fraia –si fanno dei pasticci”.anziché cogliere le differenzedi ciascun mezzo si cade spessoin un processo di “normalizza-

zione”. Tutto va bene su tutto. Le aziende non hanno, in al-cuni casi, compreso la specifi-cità del singolo mezzo, “questoè quello che manca - spiega il

professore – troppo spesso inuovi media vengono utilizzaticome media tradizionali”. La comunicazione è concepitacome quella tipica dei vecchimass media: ad una direzione.Si parla più che chiedere. “Siha quasi soggezione quando cisi apre all’interazione conl’utente”, spiega Di Fraia.Prima infatti di “sbilanciarsi” einserire sul proprio sito web ilink che rimandano ai canaliFacebook o Twitter, le aziendeperdono un sacco di tempo amonitorare come reagisconogli utenti.In altre parole si apre una pa-gina Facebook ma si tiene na-scosta, almeno in una faseiniziale. Per aprirsi fin da su-bito a questi canali basterebbeinvece investire in figure pro-fessionali specializzate, chesappiano gestire e controllare almeglio il flusso di post, com-menti, foto che circola su que-ste piattaforme. “aggiornarsi,investendo in formazione”, se-condo Di Fraia. Solo così leaziende diventeranno più “so-cial” abbandonando le vecchieregole del marketing.

Le imprese spessonon hanno com-

preso la specificitàdei nuovi media,utilizzati come

quelli tradizionali

Aziende, la sfidadei social

Guido Di Fraia, responsabile del Master in Social Media Marketing eWeb Communication Iulm

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LaB Iulm Pagina 23IULM NEWS

GLI IULM MOVIE AWARDS

Dall’alto, tre fotogrammi diZona01, The World of silentwords e In Utero Srebrenica

Si terrà giovedì 6 marzo alle 10.30 in aula magna lacerimonia di apertura dell’anno accademico 2013-2014. Presieduto dal Rettore Giovanni Puglisi,l’evento vedrà gli interventi del Professore StefanoPaleari, Presidente della Conferenza dei Rettori delleUniversità Italiane (CRUI) e del Professore VincenzoTrione, Vicepreside della Facoltà di Arti, turismo emercati e Coordinatore della laurea triennale in Arti,design e spettacolo e della laurea magistrale in Arti,patrimoni e mercati.

L’inaugurazione dell’anno accademico è un’occa-sione per riflettere sull’università, le possibilità cheessa offre e i problemi riscontrati da chi studia e chiinsegna. Un modo per discutere insieme a persona-lità ricche di esperienza i punti cruciali del panoramaattuale in ambito universitario e professionale. L’università può infatti essere un trampolino di lancioper il mondo del lavoro, ma bisogna saperne sfrut-tare gli strumenti e cogliere le occasioni disseminatelungo il percorso di formazione.

INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO

Gli esami sono agli sgoc-cioli e un ciclo di studista per finire. Il giorno

si avvicina, ma come far sì chein quella data gli unici dottorisiate voi e non chi vi soccorrein preda a un attacco d’ansia? Pur senza arrivare a casiestremi, laurearsi è una grandesoddisfazione ma senza dubbioanche uno stress. Per questo èstato pensato il seminario chesi terrà venerdì 7 marzo dalle13.30 alle 16.30 nell’aula 146dell’Università IULM. Come scegliere l’argomentodella tesi? Che metodo usareper essere incisivo ma esau-diente? Come vincere l’insicu-rezza che fa ammutoliredavanti alla commissione? aqueste e molte altre domanderisponderà Massimo Bustreo,dottore di ricerca in Interazioniumane: psicologia dei con-sumi, comportamento e comu-

nicazione e docente di Psicolo-gia del turismo all’universitàIULM. Destinatari privilegiati sono glistudenti al terzo anno dei corsidi laurea triennale e al secondodella magistrale, ma l’incontroè comunque aperto a tutti. Un programma denso di spuntiutili. Si parte con la gestionedel tempo e delle informazioni,ovvero come progettare la

prova finale e interagire con ildocente relatore, passando poialla fase di realizzazione e distesura dell’elaborato, con iproblemi tecnici annessi, perarrivare poi alla discussioneorale e al controllo emotivo neimomenti di forte tensione. Un capitolo, ovviamente, saràdestinato al pensiero rincuo-rante della festa di laurea. Enon mancheranno testimo-

nianze personali e confronticon studenti e neo laureati.Un aiuto concreto per risolvereparte delle numerose preoccu-pazioni da laureando, nonchéalcuni suggerimenti teorici etecnici, utili per risparmiaretempo, ottimizzare la fatica emigliorare lo studio. E arrivare prima all’orario del-l’aperitivo.

Laurea: le istruzioni perl’uso

IL SEMINARIO SULLA TESI

Per una sera la Iulm veste ipanni dell’ “academy” elancia gli Iulm Movie

awards. Il 24 febbraio al ci-nema San Carlo verrà decre-tato il vincitore del Concorso“Senza Parole”, indetto daIulm e Moviemax, decicatoalle web series. In gara le dueproposte arrivate in finale,“Zona 01” di Mattia Conti e“The World of silent words” diElisa Mirani e Nicolò Pic-cione, saranno valutate da unagiuria d’eccezione: oltre al pre-sidente Maurizio Nichetti, ivideo saranno giudicati daLuca Bernabè (Ciak), Giu-seppe Di Piazza (giornalista escrittore), Giorgio Gosetti (di-rettore noir festival), FabrizioIevolella (Magnolia), ChiaraMaffioletti (Corriere dellaSera), Michele Verna (Diret-tore Generale assolombarda).Tra i membri anche DanielaDagnino di Moviemax che,

dopo la presentazione dellapuntata pilota delle due webseries finaliste, consegnerà ilpremio. Nel corso della serataperò ci sarà spazio per tanto

altro. Dai documentari aglispot pubblicitari, passando daicortometraggi, ogni genere dipellicola verrà proiettata insala. Si inizierà con #Educazione-sentimentale13 (il 21°episodiode I mostri, 1963), un corto-metraggio realizzato dagli stu-denti del corso di “Storia delcinema italiano 2013” , coordi-nato dal Dottor Davide Preti.Sugli schermi anche “lo spotandato al cinema”: Bricocenter

di Giovanni abitante, vincitoredel premio “Miglior idea crea-tiva Movi&Co 2013”. Nellasezione documentari verrannopresentati i due lavori di Da-vide Preti e Fabrizio Lecce, fi-nalisti del concorso Technit2013. L’evento si concluderàcon il documentario “In UteroSrebrenica” di Giuseppe Car-rieri, dottore di ricerca IULM,vincitore nel 2013 di innume-revoli riconoscimenti (al Ja-zeera Documentary FilmFestival, Europe orient FilmFestival, Festival del Cinemadei diritti Umani di Ginevra,Festival del Cinema dei dirittiUmani di Napoli).

Se la Iulm resta“Senza Parole”

In sala verrà proiettato ogni

genere di pellicola:dai documentari

agli spot, passandodai cortometraggi

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Page 24: Labiulm marzo 2014

Creare autostrade della comunicazione educativaNord-Sud: il superamento della crisi non passa da steccati separatisti

segue dalla primaBasterebbe una semplice in-

farinatura geografica per co-gliere il senso elementare edessenziale della considera-zione, che, scivolando nelgergo politico, diventa unaforte lezione di etica socialecon un forte richiamo alla soli-darietà nazionale e alla sussi-diarietà economica.

Naturalmente sia la solida-rietà, che la sussidiarietà nonsono mai slegate da una pun-tuale e severa indagine socio-culturale, che deve inquadrareil problema in modo non par-ziale e non ideologico. Dopogli anni dell'acritica e ipocritasolidarietà ispirata al modelloassistenzialistico (per tuttevada il richiamo storico-poli-tico alla Cassa per il Mezzo-giorno), da qualche tempo -ormai, ahimè, un ventennio! -siamo sommersi e offesi dallaretorica del Nord e, più da re-cente, del Grande Nord, laMacro-regione del Nord.

oltre la praticabilità tecnico-giuridica della questione, chesi scontrerebbe subito con leprima parole della Carta Costi-

tuzionale, la riproposizione delmodulo retorico-politico dellaseparatezza dei territori, è so-stenuta soltanto da motivi e damodelli politico-ideologiciprivi di ogni legittimazionemorale ed economica. ab-biamo già vissuto il fallimentodella esperienza sudista, perpotere non sol credere, maanche solo pensare a ricomin-ciare con una "nuova" espe-rienza nordista centrata sulmodello della fiscalità regio-nale.

Non credo sfugga a nessunoche nel Terzo Millennio il su-peramento della crisi non passaattraverso l'erezione di mura odi steccati separatisti, bensì at-traverso la creazione di auto-strade della comunicazioneeducativa, che semplificandoconoscenze e processi dianoagli Italiani, proprio a tutti gliitaliani, la percezione, primache il vissuto, della coesistenzacooperativa e della sussidia-rietà operosa.

La linea virtuale che separae, insieme, unisce il Nord e ilSud non è orizzontale, come èstata finora, con lo stravagante

risultato di separare aree regio-nali ugualmente operose e inpari tempo ugualmente soffe-renti, solo in ragione di unanorma legislativa, nazionale oeuropea, e in misura spesso ir-razionale, o comunque senzauna ragione economico-pro-duttiva reale.

Un esempio valga per tutti:il confine impercettibile traLazio e Campania in quellazona di vero e proprio confineche è la Ciociaria laziale o, sulversante campano l'alto San-nio. Cosa differenzia in terminieconomico-sociali e anche pro-duttivi le realtà d'impresa pri-vata e pubblica della provinciadi Frosinone da quelle di Be-nevento o anche di Caserta?Eppure le ragioni della separa-tezza geografica dividononorme, regole e fortune.L'unica cosa che accomuna,ahimè, quelle zone è l'invasi-vità della criminalità organiz-zata, che - oltre ognibizantinismo giuridico - an-noda e scioglie abitudini, re-gole ed economie.

Le mafie, poi riescono all'in-terno di queste cesellature giu-

ridico-politiche a ritagliarsispazi di manovra e agii econo-mico-finanziari strepitosi, fi-nendo talora con il diventarel'unica vera e propria multina-zionale, senza confini reali ovirtuali, a grande profitto e apoco, pochissimo costo. In al-cuni casi - pochi o molti chesiano - dove non arriva o nonpuò arrivare la solidarietà na-zionale o europea arriva quellamafiosa. Che vergogna! Chedelitto!

allora, che fare? recuperareuna prospettiva culturale e mo-rale nazionale, dove la linea didemarcazione virtuale, maanche reale!, sia la coscienzacivile, innanzi tutto contro lacriminalità mafiosa, che oggi siannida sia al Sud, che al Nord,ma soprattutto a favore di unmodo diverso di concepire lostare nella società della cono-scenza e della produttivitàdelle giovani generazioni in-nanzi tutto, senza pregiudizi diprovenienza, di appartenenzaculturale regionale, senzaforme di palese o occulta ghet-tizzazione socio-antropolo-gica.

Sì, sono anche necessarieforme di sostegno economicoe giuridico, nazionali e euro-pee, ma non all'insegna dell'in-tervento straordinario, similealla elemosina di Stato daPrima repubblica, ma attra-verso forme di cooperazionesussidiaria verso le imprese everso i giovani piuttosto cheverso le pubbliche amministra-zioni (università comprese),tanto al Sud, quanto al Nord. Inaltri termini interventi replica-bili solo a verifica di risultati enon attraverso automatismi le-gislativi pluriennali, privi dimetodo e merito valutativo deirisultati. occorre avere il co-raggio di sapere chiudere l'inu-tile e l'inefficace, prima dichiedere nuove risorse o qual-sivoglia tipo di nuovi inter-venti ordinari o straordinariche siano. Solo così Nord eSud si troveranno lungo la dor-sale verticale dei nostri appen-nini, finalmente uniti dallenostre montagne e mai più se-parati dalla stupidità degli uo-mini, soprattutto di potere.

Giovanni Puglisi

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