L'Urlo- Marzo 2014

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Numero V - Marzo 2014 APRE IL NUOVO SITO DELL URLO VAI A PAGINA 9 !!! SPRING TIME!!!

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Ecco a voi il numero di marzo del giornale beccariota! Vi invitiamo ad accedere al nostro sito come riportato all'interno e a gustarvi i pezzi di cultura-attualità (pagine 4-5) , cronache del Beccaria (6-10) svago, recensioni, sport e musica! BUONA LETTURA!

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Numero V - Marzo 2014

APRE IL NUOVO SITO DELLURLOVAI A PAGINA 9 !!!

SPRING TIME!!!

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DIRETTORI:Filippo Rovati, Riccardo Lobascio

CAPOREDATTORI:Attualità e cultura

Federica Dalle CarbonareCronache del Beccaria e recensioni

Naomi GrilloIllustrazioni

Matteo SchiapparelliREDATTORI:

Matteo Cocci, Davide Almento, Armando Bavaro, Konrad Borelli,

MatildeCapelli, Federica Dalle Carbonare,

Eric Ferracin, Maria ChiaraFusco, Marta Gerosa, Naomi Grillo, Debora Lombardo, Alberto Mangili,

Martina Maraiulo, Ludovica Medaglia, Luca Murgia,

Giovanni Mussin, Sonia Nannavecchia, Duncan Re,

Giacomo Riccabono, SilviaRicevuti, Matteo Schiapparelli,

Martina Somperi

L’UrloMarzo 2014 - N.V Anno VIII

EDITORIALE

Mi è capitato in questi giorni, care lettrici e cari lettori, di essere involontario testimone di varie discussioni su un tema forte, uno di quelli di cui oggi molto si

-bertà. Ma quale libertà, visto che ne esistono tante, forse troppe. Per giunta, non del tutto vere. Ho volu-tamente scritto il termine chiave di questo editoriale in minuscolo. Strano, da parte di uno che tendenzial-

no. Oggi voglio scrivere “libertà” in minuscolo, per-ché la libertà non è concetto, ma è pane quotidiano, la vivi e te la conquisti giorno per giorno, perché un’ora sei libero, e l’altra potresti non esserlo. E non sempre per costrizione, cause di forza maggiore, od altro. A volte, e sempre più spesso, per nostra stesa volontà. Vi(mi) provoco: quanti di noi possono dirsi liberi? In teoria tutti. Viviamo in un Paese che avrà anche le sue pecche, ma è democratico, ed io, studente maggio-renne, ma anche tu, studente minorenne, siamo liberi di formarci un’opinione, la nostra, su avvenimenti, pensieri, fenomeni d’ogni tipo, e persone. Possiamo scegliere, siamo liberi persino di sbagliare, e tornare indietro. Od addirittura di non tornare. Siamo liberi di contraddirci, di contestare le giuste affermazioni dell’altro, liberi di non accettare critiche che magari hanno anche un fondamento, di non ammettere le no-stre colpe, liberi di affermare che il mondo è contro di noi. Fino ad essere liberi di sottometterci ad altri. Ma allora perdiamo quella libertà, ed instauriamo un mec-canismo per cui l’unica libertà che ci rimane è quella di mentire a noi stessi, ed illuderci di essere ancora liberi. Vi scrivo questo, perché proprio qualche giorno fa, distrattamente, mi è passata sotto il naso la cifra, nell’ordine delle decine di migliaia (ed in continuo aumento), di ragazzi, della mia, della vostra età, che oggi fanno uso di sostanze stupefacenti con preoccu-pante assiduità. Si inizia da quella che viene quasi af-fettuosamente chiamata nei più svariati modi, la droga leggera, l’erba. Si passa a droghe meno leggere, e su su, verso lo “sballo” totale (o se volete giùgiù, verso l’inferno), sostanze che in un niente disintegrano non tanto il tuo cervello, ma la tua identità, in un circolo che, non raccontiamoci storie, non ti fa divertire, non ti fa sentire bene, ma semplicemente, ti rende schiavo, ti calpesta, ti sputa addosso, ti annichilisce, ti rende non più un essere umano, ma un animale. Meno: un oggetto.Provate ad immaginarvi schiere di adolescenti, di ragazzi, che marciano sbandando, dal volto assente, in preda al mostro incontro al quale si sono spinti. O provate ad immaginare, visto che se ne è tanto parlato qualche tempo fa, schiere di adolescenti e ragazze che

www.studenti.

liceobeccaria.it

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SITO

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danno via il loro corpo, loro stesse, la loro libertà per quattro soldi, semplicemente per ottene-re quella paghetta che non hanno voglia, più che coraggio, di chiedere a mamma o papà. Mi potete venire a dire che tutti sono condizionati dall’ignoranza, dalla povertà, dalla negazione imposta del loro avvenire. Già. Ma spesso e volentieri questi ragazzi e queste ragazze proven-gono da famiglie di ceto medio, od alto, da un ambiente che li ha, o li avrebbe, dovuti educare e formare. Mi potete venire a dire che sono tutti condizionati dalla società, dal mondo crudele, da un ambiente che li ha lasciati soli. Forse è vero. Ma di questa società, di questo mondo, di questo ambiente che mettiamo in croce, facciamo implicitamente parte tutti noi. E allora tutti siamo colpevoli di lasciarci a vicenda soli. Tutti siamo colpevoli di non ricordare abba-stanza che qualunque sia l’ambiente da cui provieni, qualunque sia la famiglia in cui sei nato, qualunque siano le condizioni in cui vivi, tu non sei né quell’ambiente, né quella famiglia, né quelle condizioni. Tu sei tu, libero di scegliere altro, libero di scegliere il meglio. Libero di non sottometterti, perché sembra divertente, perché è bello sballarsi, perché lo fanno tutti, libera di non piegarti a “massì, proviamo, dopotutto di sesso mi riempiono la testa”, “massì, che ci sarà di male?”, “massì, dopotutto sono cinque minuti”, “massì, sono abbastanza grande”. Oppure, ed è la cosa che più mi ferisce, libero di non farlo perché più semplice. Perché, dobbiamo ammetterlo: è più semplice darsi all’alcool, alla droga, al sesso facile, ma anche alle amicizie sbagliate, al tutto subito, al divertimento tanto per, è semplice comportarsi e vivere “a caso”, piuttosto che porsi dei problemi. Piuttosto che accorgersi di essere soli, e magari di essere stati

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rende ancora più complicata, facendocela sembrare facile. A volte eterna. E non parlo soltanto di casi estremi, o di massimi sistemi. E’ più semplice prendersi e mollarsi, ragazzo e ragazza, vivere relazioni facili, piuttosto che mettersi allo specchio, e chiedersi se magari non abbiamo paura di mettere in gioco i nostri sentimenti, e noi stessi. E’ più semplice intrecciare relazioni di amicizia basate sul divertimento dei sabati sera, e delle mega compagnie dove un po’ faccia-mo battute, un po’ ce la raccontiamo, e poi magari non ci conosciamo a fondo. Ed al minimo problema, vabbè, dopotutto mi ci sono divertito e basta. E’ più semplice dire che l’Esame è soltanto un voto, e noi non siamo un voto, piuttosto che dirci: ok, è vero, l’esame ci mette pres-sione, e la soluzione per evitare l’esaurimento è impegnarsi, rimboccarsi le maniche, avere un po’ di pazienza e capire che forse è l’ultimo sforzo di tredici anni di studi, piuttosto che dimen-ticarsi del passato, fuggire il presente, e proiettarsi nel favoloso futuro dell’università (vero quinte, me incluso?). E potrei continuare con questo discorso. E se anche sorgono dei dubbi, o dei rimorsi (perché il dubbio è frutto dell’intelligenza, il rimorso è frutto della coscienza), la risposta è pronta, subito, sempre nuova e sempre valida, e sempre la stessa: questa è la mia libertà. La libertà di pormi al centro, e paradossalmente non capire quasi niente di quello che sono, di quello di cui ho bisogno, di quello che veramente voglio. Sembrerebbe un discorso

-dati. Questa è una constatazione, e per giunta molto amara. Anzi, più che amara, direi dolorosa, perché mentre vi sto scrivendo avverto la pesantezza del farlo, e mi piacerebbe non scriverlo. Sarei benissimo libero di non tediarvi, ma sarebbe la libertà di ignorare il problema, ignorare

convenienza ed alla facilità del non scrivere questo articolo, farvene uno semplice semplice di descrizione del giornale, e non attirarmi le sicure critiche e seccature che mi attirerò. Ancora una volta, la libertà di rinnegare la mia libertà. E questo, non solo non voglio, ma soprattutto

tabella di materie e di ore obbligate o senza senso, ma davvero palestra di libertà, di educazio-

stessi e degli altri. Sarebbe bello parlarne, discuterne, dibatterne, tra alunni, con gli insegnanti, davvero A SCUOLA e rendersene consapevoli, anche in questo giornale. E questo perché se

luogo di vera libertà, e di verità libera. Riccardo Lobascio

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Game over. E’ stato indolore, quasi non ce ne siamo accorti, ma è terminato l’ennesimo go-

fosse un videogioco, perché la realtà italiana scivola sempre più verso questa direzione. Fine di una legislatura, elezioni...sono cose che esistono davvero? I governi non durano mica un anno solo? Come ci ha ricordato Silvio Berlusconi nel suo intervento alle regionali in Sardegna, è stato il suo l’ultimo governo a passare dalle urne. Poi l’odiato Monti e l’odiata austerity, dopo di lui Letta e le larghe intese. Ed ora, come forse molti prevedevano e tutti dovevamo aspet-tarci, Matteo Renzi in quattro e quattr’otto ha preso le redini del paese. Dunque terzo governo consecutivo deciso a tavolino, maggioranza ancora una volta motivo di molti dubbi. Quel che si spera è che il nuovo governo possa avere quel dinamismo legislativo, quella capacità di portare a termine riforme indispensabili, che per la politica italiana da diverso tempo a questa parte, non è che un miraggio: se Renzi pensa di avere le carte per farlo, ha gli auguri di tutti gli italiani. Dice lui stesso che questa è l’ultima chance che gli italiani danno alla politica. Proba-bilmente falso. Perché la rassegnazione è ormai troppa, la rabbia troppa poca (chissà quali poi

scegliere lo stato d’animo con cui approcciarsi al neo scenario politico italiano: seppur tacita, speranza? (pur sempre l’ultima a morire) o più probabilmente, indifferenza? Tradotto, “ma a me, che cazzo me ne frega del governo?” Appunto. E’ cambiato ancora il governo, ma per me invece, tanto, cosa cambia? Nulla, in fondo. Le cose continueranno ad andare più o meno come andavano prima. La mia vita con Letta o con Renzi rimane quella, e se proprio succederà qualcosa di buono, beh cosa dire, meglio così. In Italia al giorno d’oggi, a noi giovani,della politica, ce ne sta fregando poco. La disinformazione, o forse, meglio, il disinteressamento, è fortissimo. In piazza a manifestare contro le decisioni di una classe dirigente oggettivamente insoddisfacente ci vanno in pochi se non di meno. E di motivi per andarci probabilmente ce ne sarebbero tanti, troppi ( e spesso quei pochi che vanno non rinunciano certo alle ore di lezione per i contenuti delle manifestazioni). Ma badate bene, questa è molto lontana dall’essere una critica, il mio intento non è questo. Sono quasi tre anni che non partecipo ad una manifestazio-ne, snobbo il collettivo e creo la mia povera informazione tra telegiornali e confusi talk show a sfondo politico. E’meglio di niente, ma c’è poco di cui consolarsi. Detto ciò, questa passività, questa indifferenza, è da considerarsi un problema? Diciamo di sì. E allora, che possiamo farci? Come possiamo noi far parte di qualcosa che sentiamo così lontano, girato di spalle,

dico con sincerità, non conosco una soluzione precisa a questo problema, o anche solo se ce ne sia questo bisogno o meno. Forse chi è destinato a interessarsi di politica lo fa già ora e per noi altri deve solo arrivare il momento in cui saremo costretti a rivolgervi la nostra attenzione. Ma noi iniziamo col farcela, qualche domanda. Può essere interessante quantomeno fare una ri-

tanti orrori partoriti dalla politica italiana facendocene così in fretta una ragione. Certo, forse non è nemmeno colpa nostra, forse una situazione simile è inevitabile dato lo scoraggiante succedersi della recente politica italiana. Forse ancora è normale che sia così. Ma se invece dovessimo prendere più sul serio le dinamiche di questo paese? (in cui mangiamo, preghiamo, e amiamo, dove facciamo tutto, secondo dopo secondo, da quando siamo nati?) Consideriamo se non possa valere la pena fermarci un momento e dedicare quel paio di minuti a tutto questo. Pensare e avere un opinione sono già notevoli passi avanti.

GAME OVER

CRONACHE DEL BECCARIA CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

Matteo Cocci

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Da più di un mese il Venezuela è scosso dal disastro economico, dilaniato da proteste e rivolte contro le mancate riforme del successore di Hugo Chavez. Maduro è infatti accusato di non

-zioni precarie di un’economia incapace di sfruttare le ricchezze territoriali del Paese. La atmo-sfera è intrisa di violenza e al tempo stesso di un’ estenuante stasi. Il tramonto si pone come un

-mondizia disseminano le strade, scoli di acqua piovana lasciati senza grate fungono da trincee, fumogeni, pietre e molotov si sommano al panico incombente che si staglia tra rabbia ed im-mobilità, il cibo scarseggia e le importazioni faticano ad arrivare a destinazione. La scomparsa di Chavez un anno fa ha accelerato la corsa verso l’implosione di un sistema che ha sì nutrito di speranze milioni di diseredati, restituendo loro un forte spirito di appartenenza e dignità, ma che permette una vastissima gamma di illegalità . Il governo considera i fondamenti dell’eco-nomia come una seccatura sulla strada di un socialismo che attraverso il controllo dei prezzi ha bloccato la produzione, svuotato gli scaffali, annientato il valore monetario. E’ San Cristobal del Tachira l’epicentro del caos del ‘’socialismo del XXI secolo’’. In questa città ai piedi delle Ande, 30 chilometri dalla frontiera con la Colombia ai primi di marzo è cominciato tutto e i

di Cuba’’ non distoglieranno lo sguardo dall’obiettivo. In questo scenario ormai abituale, i cui protagonisti sono gli oppositori di Maduro, l’unica variazione rispetto agli anni del governo di Chàvez consiste nella mancanza del leader, mancanza che spinge il chavismo al suicidio. Perchè il Tachira? Perchè qui incompetenza e illegalità sono andate a nozze e hanno generato

appaltare un business da esportazione è stata colta. Nessun produttore sottometterebbe il va-lore lato della merce al senso d’affari, né tantomeno accetterebbe di perdere soldi vendendo sottocosto e molta merce viene accaparrata per essere indirizzata in Colombia. La distribuzio-ne di cibo incentivata da Chavez contro la povertà non riesce ad essere attuata perchè pare che nessuno più lo produca in Venezuela e debba di nuovo essere importato. Un circolo vizioso. I lati delle barricate si mischiano e attraggono in questo disordine senza meta che non segue lo schema di una guerra tra ricchi e poveri, tante volte evocata. Il paradosso è proprio che il governo sa tenere a bada la propria base, gli abitanti della favela, i più poveri e li incentiva a piegare al silenzio la classe media. Freddamente potremmo ammettere che questa è una delle

idealizzata. E sì, questo potrebbe sembrare anche un discorso astratto ed emotivo sulla base delle primavere arabe, della guerra civile in Siria, in Ucraina, mentre i veri problemi, ben pal-pabili, per noi italiani sono altri, tipo la disoccupazione giovanile, il debito pubblico e la pro-spettiva sociale oscura, ma ditemi, non siamo forse parte del mondo? È impossibile affrontare i nostri problemi senza tener conto del contesto internazionale o liquidandolo con l’abusato concetto di globalizzazione: nessuno può sottrarsi a queste evoluzioni senza perdere la possi-bilità di progredire. Secondo Sergio Fabbrini, docente di diritto internazionale all’Università statale di Roma: ‘’Uno dei principi base della cultura liberale è la responsabilità individuale. Quando nessuno rende conto delle proprie azioni si va allo sbaraglio.’’ Non sarebbe dunque

essi, ed estendere la visuale tanto da iniziare a concepirla come il mezzo? Bisognerebbe aprire occhi e cervello e, anche da parte nostra, dedicarci quel paio di minuti, che fanno al differenza fra la passiva indolenza e l’intelligenza attiva.

RIVOLUZIONE SENZA NOME

CRONACHE DEL BECCARIA CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

Martina Maraiulo

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Oltre ad avere menti eccellenti, il Beccaria ha anche piccole stelle dello sport. Abbiamo inter--

cata alle regionali. Com’è iniziato, però, il suo percorso? Arianna ha iniziato atletica all’età di tre anni, spinta dai genitori e dagli zii allenatori che l’hanno invogliata e incuriosita ad iniziare questo sport. Si è appassionata subito e due anni fa è entrata nella categoria agonistica. Ora si allena tre volte a settimana per un’ora e mezza, specializzandosi nei duemila metri, ma af-frontando anche gare più corte come i mille metri, che trova più divertenti ma meno complete. L’anno scorso ha ottenuto vari titoli importanti come il terzo posto alle regionali della corsa campestre e poi, successivamente, il settimo posto alle italiane. Inoltre è arrivata quarta alle italiane su pista. Quest’anno invece, oltre ai titoli scolastici, è risultata seconda alle regionali della corsa campestre e undicesima alle italiane. Prima di una gara Arianna ha vari gesti scara-mantici, ad esempio sceglie la sua canotta preferita, il suo elastico fortunato… ma nonostante ciò è sempre molto agitata e dice che questo non la aiuta durate la prestazione. Quando perde reagisce molto male, ma nell’ultimo periodo ha iniziato a ragionare sul perché, migliorando così i suoi risultati. Anche se il livello della competizione è molto alto, il clima delle gare è amichevole e di giusta rivalità. Arianna considera la corsa un gesto liberatorio e di sfogo e lo consiglia a chi vuole impegnarsi realmente, poiché esso è faticoso. Al Beccaria però, ci sono molti altri sportivi, come la ginnasta Lucia Gaia che verrà intervista-ta nel prossimo numero.Ecco Arianna (sulla destra) dopo aver affrontato la Corsa Campestre insieme ad altre alunne del Beccaria.

ARIANNA LOCATELLI: TRA LE CORSE E IL BECCARIA

Debora LombardoSonia Nannavecchia

CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA RECENSIONI MUSICA SVAGO

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ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

“La cogestione vista da studente del primo anno”. Il tema richiede una premessa, la “visione” di questa iniziativa prima che fosse avviata e l’impressione successiva. Ammetto che potevo

-do. Il 22, 24 e 25 febbraio rappresentavano qualcosa di molto simile a un breve periodo se non proprio di vacanza, senz’altro di spensierato disimpegno. Quando si è trattato di scegliere tra i

varie proposte e questo è il primo appunto che penso si debba fare. Non vi erano riferimenti scritti certi e chi, come me, non è iscritto a Facebook, ha ricevuto spiegazioni verbali quando le iscrizioni erano iniziate e alcuni corsi erano già inaccessibili per le troppe presenze. Al di là del fatto che è di per sé positivo e piacevole poter sospendere le attività consuete per qualche gior-

-teressante. Ho raccolto i pareri di molti miei compagni e nessuno di loro ha espresso commenti sfavorevoli. Di certo nessuno si è annoiato, anche perché vi era una grande varietà di proposte, alcune a dir poco sorprendenti. L’avvio è stato per alcuni di noi un po’ in salita perché le aule

-mare il foglio delle presenze. Molto apprezzata la conferenza sulle cellule staminali, grazie alla competenza del relatore, il Dr. Alessandro Aiuti, medico e ricercatore. Personalmente ho avuto l’opportunità di capire un po’ meglio un tema di cui si sente spesso parlare ma che non si ha mai la possibilità (e la voglia) di approfondire. Altrettanto favorevoli sono stati i com-menti riguardanti la lezione “Il rumore della memoria. Shoah e desaparecidos a confronto”. Se chiedevo quale fosse la ragione che aveva portato la quasi totalità degli interpellati a una valutazione così positiva, la risposta prevalente era racchiusa in una parola: “competenza”. Il

parere e a giudizio di tanti altri, determinante. Il desiderio di apprendere qualcosa di nuovo è stato soddisfatto grazie alla preparazione di chi, anche studente, proponeva i vari corsi. Molti di noi hanno trascorso anche qualche ora divertente. Non che rimpiangessi le tavole di arte del-

Questo è solo un piccolo esempio di come sia importante recuperare, ogni tanto, un’attività

pesante in quanto fatto per costrizione, si è trasformato in un vero piacere. Per la sottoscritta

quei giorni, al di là dei contenuti e degli inevitabili problemi che l’organizzazione di un simile evento comporta, si respirava un’atmosfera diversa, un’animazione e un fervore nuovi, che di certo hanno lasciato un segno positivo. In alcuni di noi, ha trasmesso anche il desiderio di poter essere un domani dall’altra parte, per cercare di mettersi alla prova e trasmettere qualcosa, di leggero o divertente, di importante o futile, in ogni caso nuovo, ai nostri compagni.

LA MIA PRIMA COGESTIONE

Ludovica Medaglia

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Leggendo l’editoriale sull’ultimo numero, ho riscontrato la stessa amarezza che, devo dirlo, mi pervade ogni giorno venendo a scuola.Sarà che in cinque anni che sono al Beccaria mi è capitato raramente di sentirmi parte di una comunità, sarà che ho un’indole introversa che poco funziona in un mondo che

nella propria classe addirittura e sentirsi così tristi, così amareggiati, così fuori.Non è che non ci dorma

fare a meno di chiedermi il perché di tutto questo.Il Beccaria, la società intera, sono un meccanismo, ma

cinque lunghi anni, il posto dove più cresciamo, dove vengono poste le basi per le persone che saremo, sembra essere solo un luogo di transito. Sono ben consapevole di non star dicendo nulla di nuovo e non

delle mancanze del mondo che hanno creato per noi. Siamo potenze che non riescono a mettersi in atto, ma perché? Forse perché non credono abbastanza in noi, forse perché nessuno ci ha insegnato a pensare, magari perché ormai nemmeno loro sanno più farlo oppure non si sono adattati ai tempi che cambiavano. Forse perché ormai conta più l’erudizione dell’educazione e ci vedono e ci vediamo, come vasi vuoti da riempire di nozioni. L’educazione, quella vera, è il lavoro di una vita intera e la sua importanza sta nel

-mo gli sconosciuti venuti dalla tempesta”. Cerchiamo di sopravvivere per più di cinque minuti, io dico, e se ci riusciamo, cerchiamo di vivere, coscienti. Possiamo stare qui a puntare il dito, ma di fatto non serve a niente, dobbiamo, soprattutto, prendere coscienza di questo vuoto generazionale, per non alimentarlo, per riempirlo e non crearne altro. E invece no, quello che vedo è una generazione, molte generazioni, di

il divertimento, in un letterale dis-vertere la mente, continuo e inarrestabile, perché così è più facile. Ma sì, chiudiamo gli occhi, non poniamoci domande, diamo tutto per scontato, mentiamo a noi stessi e di-ciamoci che in realtà non si può cambiare nulla, che ci abbiamo provato, anzi magari nemmeno, ma che ci possiamo fare, non basta. Be’ non è vero. Io non credo nei cambiamenti repentini, perché le cose ac-cadano ci si deve impegnare e, se è vero che non è questo il luogo e direi che non è nemmeno necessario farlo, per interrogarsi sulle forze caotiche che governano il mondo, mi sento di dire che sono convinta che un minimo di potere ce lo abbiamo tutti. Certo, gli dei Caos e Caso sono ai vertici del mio Pantheon e so bene che l’unica cosa su cui abbia controllo è me stessa, ma non mi sembra affatto poco e vorrei che tutti lo realizzassero. La mia non è un’idea utopistica, non voglio vivere in un ambiente in cui tutti mi stanno simpatici e tutti la pensano come me. Quello che vorrei, anche se fra quattro mesi cioaciaoBeccaria-e-chi-s’è-visto-s’è-visto (anche se questo è un discorso molto generale), è che le persone capissero che ora,

lo so. Forse sono folle io, forse sono io che non funziono nel grande meccanismo (e qui posso sentire i “Sì!” concitati di chi trova tutto questo una boriosa, scusate la trivialità, sega mentale). Il mio consiglio, o quello che è, dato che non sono diversa da nessuno e faccio anch’io la mia buona parte per contribuire all’alienazione generale, è: non diamo nulla per scontato, non nascondiamoci dietro alle nostre paure, chiediamoci il perché, mettiamoci nei panni degli altri, non rinunciamo a combattere. Ecco sì, abbiamo bisogno di più spirito critico e meno distrazione, più empatia e meno indifferenza, più determinazione e meno rinuncia.Siamo un grande meccanismo, cerchiamo di non girare a vuoto.

UNA LETTERA APERTA

AGLI STUDENTI DEL BECCARIA

Mariem Fekih V°E

ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

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Cari Beccarioti,

Marzo è tempo di grandi cambiamenti per il no-stro giornale: d’ora in poi non disporrete solo della

-vi anche alla versione multimediale www.studenti.liceobeccaria.it. Dopo quasi due anni di inattività,sul sito dell’Urlo potrete leggere gli articoli pubblicati da Settem-

interessanti foto, video e collegamenti web che renderanno la vostra esperienza di lettura ancora più coinvolgente. Il sito diventerà un mezzo di comunicazione complementare al cartaceo: ver-ranno infatti pubblicati inediti, inerenti soprattutto alle attività del nostro liceo, e versioni ampliate degli articoli che vorreste approfondire. È infatti questo l’intento della versione multimediale: coin-volgere attivamente i Beccarioti, creando una rete di notizie scritte dagli studenti per gli studenti. Da responsabile del sito, vorrei condividere con voi questa fantasticariapertura, perché credo forte-mente nelle nuove tecnologie e in come esse pos-sano rendere più interessante il cartaceo: sul sito

cui avete letto la nostra recensione, o scovare tra

rivelerà una fonte inesauribile di notizie. Se inve-ce preferite avere sul vostro computer o cellulare

la versione digitalizzata dell’Urlo, la potrete trovare su http://issuu.com/urlo-becccaria, dove il giornale esce ogni mese come se aveste il cartaceo a portata di mano. Dal primo numero pub-blicato in Ottobre abbiamo raggiunto una vetta di quasi 600 letture e 4100 impressioni, una serie di dati

vorremmo condividere con voi un episodio notevole per la piattaforma web: recentemente il regista di TheGerber Syndrome ci ha contattati, ringraziando l’Urlo e in particolare Luca Murgia, per aver scritto

voce e deve sentirsi, ovunque, un Urlo sul web.

Ps: Cosa aspettate? Tirate fuori i vostri smartphone e buona navigazione!

L’URLO ARRIVA SUL WEB

ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

Marta Gerosa

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Vi avevo lasciati, nel numero precedente, a Proietto che entrava a scuola, esortando i suoi congiu-rati a seguirlo per organizzare la cogestione. In questa storia invece, ho intenzione di raccontarvi come, per colpa dei suoi errori, Proietto rischiò di perdere la vita, e dell’invasione dei Danesi. Il 26 Febbraio Proietto uscì da scuola e vide un cavallo. E’ Furia, ricordate? Il cavallo che aveva compra-to quando era impazzito e che aveva ferrato con le posate d’argento dei parenti ottocenteschi. Dun-que, quando lo vide, si guardò attorno e chiese alla Sara, che stava fumando, cosa ci facesse quel

-ta sotto una cattedra, a pregare San Gennaro, perché non le succedesse niente, in quel moment, pensò non fosse saggio dire la verità e così rispose, sorridente: “Oh, è un regalo da parte del preside del Manzoni, è arrivato stamane”. Proietto si avvicinò a quella meravigliosa bestia e non seppe cosa

venne in mente che la carne di cavallo è ricca di ferro e proteine, povera di grassi, e dal sapore in-

il meno di mezz’ora e caricò il cavallo sul suo furgoncino. Mentre tutto questo accadeva, i profes-sori e gli studenti iniziarono ad uscire dalla scuola e si misero a guardare. Erano tutti sorridenti alla vista di quel cavallo che stava per diventare una bistecca, tranne pochi, e in particolare la prof. Razzolini. Lei, cresciuta scorrazzando nei boschi e nei prati, parlando con diversi animali, dinnanzi a quello spettacolo, rimase sotto shock, scoppiò a piangere, e si andò a nascondere nello spogliato-io maschile. Anche il Campagna, la Sciurba, la bibliotecaria e il Conti non furono felici nel vedere

Proietto, entrato nel suo studio, buttò nel cestino tutte le caramelle che aveva, che vennero sostitu-ite da bocconcini di cavallo. La sfortuna vuole che proprio quel giorno la Razzolini avesse da dirgli qualcosa. Entrò nello studio, salutò e si sedette, ma non iniziò a parlare: quei bocconcini attirarono la sua attenzione. Grattandosi il capo, si avvicinò al preside e chiese:”Cosa sono?” – “Ah, una pic-

-pille non erano più visibili e le mani tremavano. Ben più spaventose erano le immagini che si pro-iettavano nella sua testa: in un baleno le tornarono in mente le capre, alle quali soleva ripetere le regole di latino, la mucca Milka, con la quale aveva vissuto le sue più belle avventure, e soprattutto il cavallo Ernesto, che l’aveva spesso accompagnata a Bergamo. Proietto pensò si fosse spenta, velocemente tirò fuori il telefono dalla tasca e chiamò il 118. Ma, non fece in tempo a fare il primo squillo, che lei esplose in un urlo: “Assassino!” e correndo, si precipitò fuori dallo studio. Proietto, tutto sudato per lo spavento, non sapeva del grande guaio in cui si era cacciato, e non sapeva che il giorno stesso, alle 16:00, nello spogliatoio della palestra femminile, la Razzolini sarebbe riuscita a riunire tutti i professori “sdegnati”, per decidere cosa fare. Quindi si preoccupò di ricevere i Danesi,

-re: si avvicinò al Conti e disse: “Jacopo, smettila di parlare, non riesco nemmeno a sentire la voce di mia moglie!”. Ma il Conti scoppiò a piangere dicendo che era colpa della bibliotecaria che con-tinuava a parlare e che non ne poteva più. Decisero insieme di cacciarla. Dunque rimasero in quat-tro: la Razzolini propose di uccidere il preside, e servirlo agli studenti come il cavallo. Però presto

pensò minimamente! Il Campagna abbracciò l’amata e disse che aveva famiglia e non conveniva

DI COME RAZZOLINI INIZIÒ A MANGIARE I CAVALLI

E MAZZILLI PER POCO NON UCCISE UN DANESE

CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA

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andasse in prigione. Il Conti era troppo giovane per essere condannato all’ergastolo. Allora lei pre-se il forcone, uscì dalla stanza, urlando “Traditori!” e si diresse verso lo studio del preside. Lo trovò davanti alla porta, che parlava con la Grondona sul da farsi per i danesi, che in questo momento erano giù a visitare la biblioteca, accompagnati dalla ingegnosissima Mazzili. Proietto quando vide la Razzolini urlante venirgli incontro con un forcone in mano le spinse contro la Grondona, prese i bocconcini e si mise a scappare, arrivò al bar, e proseguì sempre dritto quando vide davanti a se un gruppo di danesi inseguiti dalla Mazzilli che brandiva una falce. Adesso dovrei fermarmi un attimo e spiegarvi un po’ tutto. Mentre la Razzolini teneva la sua riunione, i danesi vennero portati a visi-tare la nostra piccola biblioteca, sul lato ferrovia del piano del bar, dove sono tenuti i volumi più vecchi e preziosi. In quel gruppetto di cinque ragazzi e due professori, c’era Hansel Muller, un ra-gazzo cicciottello con i capelli rossi e le lentiggini, che stava mangiando un pacchetto di Croc Canyon, cosa che apprezzò di più nel nostro liceo. Quando la Mazzilli li fece entrare ordinò al suo schiavo, uno studente che era stato beccato nel laboratorio di chimica a guardarsi i capelli al micro-scopio, di fare in modo che nessuno si avvicinasse troppo ai libri, mentre lei faceva vedere i più importanti ai professori. Tuttavia lo schiavo non si accorse di Hansel, che, coperto dai suoi compa-gni, stava toccando con le mani ancora unte e sudice un’enciclopedia di chimica dell’ottocento, sporcandola tutta. Quando lo schiavo se ne accorse, cacciò un urlo come quello di una tredicenne alla vista di uno scarafaggio, o Justin Bieber. Tutti si voltarono verso Hansel, che, tenendo la bocca aperta per lo stupore, stava facendo cadere un po’ di saliva sul libro. La Mazzilli si mise a impreca-re: “Schifosi vichinghi, vi rispedirò da dove siete venuti!”, e tirò fuori da dietro la porta una falce,

di turisti, che stava scappando verso il bar. Hansel, che era già stanco, aveva ancora in mano l’enci-clopedia, e pensando di fare una cosa buona, la lanciò dietro di se, verso la Mazzilli. Ma lei, presa dalla foga del momento, la fece a pezzi, ma si accorse subito dell’errore. Non sarebbe corretto dire che era adirata, in quanto sarebbe diminutivo: non penso ci sia una parola in italiano, che possa descrivere tanta rabbia. Hansel stava per avere un infarto, rallentò, già sentiva parte dei Jeans che venivano tagliati dalla falce, ma riuscì a salvarsi, grazie a Proietto. Tutti quelli davanti a Hansel, quando lo videro, che scappava inseguito dalla Razzolini, si erano lanciati a lato per non andargli contro, e altrettanto fece Proietto, vedendo la Mazzilli, prendendo con se Hansel, che cadendo gli schiacciò la mano. La Mazzilli e la Razzolini non fecero in tempo a fermarsi e si scontrarono. La falce si incastrò nella parte metallica del forcone, che venne sparato sul piatto nel quale c’erano i bocconcini, con i quali Proietto era fuggito. Entrambi caddero per terra, un bocconcino venne spa-

Proietto e gli disse: “Sei un genio, sono squisiti!” e ricaduta per terra, sentendo brividi d’ebrezza, strisciando, si mise a mangiare quelli rimasti. Proietto, riuscito a liberarsi dai 120 chili di Hansel, chiamò l’ambulanza: aveva una mano viola. La Mazzilli invece, piangendo, cercava di ricomporre l’enciclopedia, ma non c’era niente da fare, il colpo che le aveva assestato fu troppo forte: l’enci-clopedia andò perduta, per sempre. L’ambulanza arrivò presto. Proietto se la cavò con un gesso, la Razzolini venne portata in un centro di disintossicazione, la Mazzilli, venne sedata e portata a ripo-sare e Hansel venne portato d’urgenza in sala operatoria, gli era andata una patatina di traverso durante la corsa, e si era soffocato.

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Konrad Borelli

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“E l’Oscar ai migliori effetti speciali va a Gravity! E l’Oscar alla miglior colonna sonora va a Gravity! E la Champions viene vinta da Gravity!” Questi sono stati i numerosi e ironici commenti riguardo al gran numero di statuette (7) vinte dalla pellicola di Cuaron, che grazie al suo team ha ricreato la profondità del buio spaziale e l’impotenza dell’uomo all’interno di un ambiente così ostile. Bisogna dire che quasi tutti gli Oscar che ha vinto sono tecni-ci: l’unico tra quelli importanti è stato quello per la regia, che forse avrebbe meritato di più Scorsese. Sebbene infatti Gravity contenga immagini davvero suggestive (quasi kubrickiane), l’immenso lavoro tecnico di The Wolf of Wall Street non ha avuto il supporto della CGI ed è merito della pura abilità dietro la macchina da presa. Forse è stato considerato troppo sopra le righe dall’Academy, che ancora una volta non ha premiato DiCaprio in favore di Matthew McConaughey. Entrambi sono stati eccellenti nei loro ruoli, però Dallas Buyers Club aveva

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un lento ma inesorabile rovescio della medaglia. Non solo DiCaprio è rimasto deluso: anche American Hustle non ha colpito la critica e su 10 candidature non è riuscito a vincere niente, con un giudizio troppo severo su un’ottima pellicola e le grandi interpretazioni degli attori

ha preferito puntare su un’altra pellicola dalla tematica forte: 12 anni schiavo. Per quanto sia

oggettiva ancora una volta. Una pellicola che invece secondo me ha ben coniugato entrambe le componenti è Lei di Spike Jonze, che si è rivelato un piccolo gioiello di critica alla distopia destinata a crearsi con il progresso tecnologico, dotato di una sceneggiatura davvero ben scritta e supportato da prove attoriali eccellenti, in particolare quella di Scarlett Johansson che presta

-lips, nel quale Tom Hanks interpreta il comandante del mercantile che nel 2009 venne preso d’ostaggio da pirati somali. Billy Ray consegna una sceneggiatura impeccabile che si mantiene

che forse sarebbe dovuto essere premiato (ma 12 anni schiavo era un avversario temibile). Se -

mazione lascia di certo entusiasti per il ritorno della Disney ad alti livelli da quando Lasseter

l’impronta della Pixar in questo classico: infatti, nonostante la straripante atmosfera disneyana e le molte canzoni si nota un ribaltamento degli stereotipi tipici della Disney stessa. Con questo non si intende una rilettura ironica sullo stile di Shrek, ma la volontà si separarsi da morali troppo semplicistiche e offrire insegnamenti più profondi e veritieri ai bambini che guardano

molti non l’abbia particolarmente apprezzato e forse Il sospetto del danese Vinterberg avrebbe meritato di più, spero infatti che questo Oscar dia al cinema italiano e a registi capaci come Ferzan Ozpetek, Marco Ponti e lo stesso Sorrentino lo stimolo a tornare a produrre pellicole di livello internazionale.

OSCAR 2014

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Luca Murgia

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dell’emozionantissimo thriller Gravity.

vinti 7, tra cui spicca il premio per miglior regia ad Alfonso Cuarón, oltre alle statuette per Mi-

montaggio, Miglior colonna sonora, Miglior mon-taggio sonoro e Miglior sonoro. Paradossalmente

-bene nello spazio i suoni non si propaghino , e questo dimostra la sapienza registica. Così come per i lunghi silenzi, gli intensi, ma brevi dialoghi e la presenza pressante della musica , che rendo-

il mondo ha mostrato di apprezzare moltissimo la suspense, la regia e soprattutto l’interpretazio-ne di Sandra Bullock. Durante la prima missione nello spazio della dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock), ingegnere biomedico, assieme al capita-no Matt Kowalsky (George Clooney), avviene lo scontro tra un missile e un satellite che provoca

i due viaggiavano viene completamente distrutto e il resto dell’equipaggio muore. Per la dottoressa Stone e il capitano Kowalsky ini-zia una lotta contro il tempo davvero angosciante: i due hanno poco ossigeno, un solo jet pack a cui

prima che i detriti completino l’orbita terrestre e li travolgano una seconda volta.

“La grande bellezza” ha ricevuto , credo, un me-

all’86a edizione di quest’anno.Anche se lo svolgimento è lento (a tratti anche troppo), il regista Paolo Sorrentino ha saputo di-pingere un bellissimo affresco di Roma, una mi-niatura che esalta i monumenti e le pittoresche vie della città, incorniciando tutto con il canto di una splendida voce femminile che si alterna a feste ru-

(Toni Servillo), un giornalista che in passato ha scritto un solo romanzo “L’apparato umano” per altro abbastanza apprezzato. Jep non ha più scritto libri da allora, trascinato nel vortice della mon-danità e della routine, ma è alla ricerca costante di quella che lui chiama la “grande bellezza”, la sua ispirazione che, però, pare non possa proprio trovarsi a Roma. Nel corso della sua ricerca, la vita di Jep si incrocia con quella di molti altri: Ra-mona (Sabrina Ferilli), spogliarellista che muore

-done), scrittore teatrale senza successo che alla

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Dadina (Giovanna Vignola), la direttrice nana del giornale in cui Jep lavora.“La grande bellezza” non si limita a raccontare so-lamente un breve periodo della vita di un uomo, racconta anche di un’alta borghesia romana su-

le sue regole. Uomini e donne ultra cinquantenni che partecipano a festini con abbondanza di sesso, droga e tanto alcol. Indossano abiti eccentrici, al

e adulatore tra di loro, ma falso. Tutto è talmente -

verso le esasperate emozioni e le diverse sensazio-

modo distaccato e oggettivo.

LA GRANDE BELLEZZA

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Silvia Ricevuti

Silvia Ricevuti

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(ME)(TE)O MUSICAIl meteo sugli appuntamenti e gli avvenimenti del panorama musicale italiano e non.a cura di M.C.Fusco

Album e singoli in uscita ad Aprile: dei Red Hot Chili Peppers pubblicherà l’8 Aprile il nuovo album da solista “Enclosure” di contemporanea composi-zione all’album dei Black knight “Medieval Chambre” dal quale ha tratto le esperienze con cui scrivere le nuove can-zoni.

-velano che il nuovo album, tanto sospirato dai fan, dovreb-be uscire ad aprile, altre voci ancora meno credibili fanno slittare l’evento all’anno prossimo. Aspettiamo impazienti le comunicazioni stampa. Forza Bono! Invisible e Ordinary Love non basteranno per sempre!

&

Concerti previsti per Aprile:

nuovo disco, dedicato a tutti i suoi fan chiamati da lei stessa “il mio amore puro”, la cantante torna nel vero e proprio“Amore Puro Tour 2014” che comprenderà tra le tappe previste anche l’Arena di Verona, diventerà infatti una delle poche artiste italiane a calcare questo

noi la chiameremo felicità” il 4 Marzo é uscito il suo terzo album chiamato “Costellazioni” e proprio per promuovere questo suo lavoro che il cantante alternative rock torna dopo il tour del 2012 (e un giro del mondo) all’Alcatraz il 9 Aprile. Chissà se anche quest’ album, come il precedente, sarà nominato uno dei migliori del decennio?

con uno show tratto direttamente dall’ultimo album “Nuvola Numero Nove”, dedicato al suo mentore Lucio Dalla, il 10 Aprile 2014 al Teatro nazionale. Il nome dell’album deriva

esatto stiamo parlando del “Se vedo te Tour” che approderà il 16 Aprile al Teatro degli Ar-

punk rock dell’epoca delle mini band di Pordenone, al reggae degli anni duemila, all’indie rock, e che continua a stupirci con la loro descrizione straordinariamente reale del mondo che ci circonda. Ci aspettano “nel giardino dei fantasmi”, il nome del loro ultimo album, il

17 Aprile portando il suo nuovo album omonimo del tour che amalgama le vocalità ruvide dell’artista con i toni british della musica in un composto nuovo e ben riuscito con canzoni inglesi e canzoni italiane ma perfettamente in linea dello stile...british!

&

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300, che parla della battaglia delle Termopili tra i persiani e i valorosi 300 Spartani.

gli effetti speciali ed é fatto molto bene anche il sangue, sempre di colore scuro per via dell’effetto seppia. Film molto “Splatter” (d’altronde chi ha visto 300 lo saprá bene).

Per ultimo, ma non meno importante, é il discorso dell’abbiagliamento. Infatti in que-

Cosí detto, vi invito aa andare a vedere 300: L’Alba di un Impero. Un pó di ripasso di storia non fa male.

300: L’ALBA DI UN IMPERO

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Eric Ferracin

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(ME)(TE)O MUSICAIl meteo sugli appuntamenti e gli avvenimenti del panorama musicale italiano e non.a cura di M.C.Fusco

Album e singoli in uscita ad Aprile: dei Red Hot Chili Peppers pubblicherà l’8 Aprile il nuovo album da solista “Enclosure” di contemporanea composi-zione all’album dei Black knight “Medieval Chambre” dal quale ha tratto le esperienze con cui scrivere le nuove can-zoni.

-velano che il nuovo album, tanto sospirato dai fan, dovreb-be uscire ad aprile, altre voci ancora meno credibili fanno slittare l’evento all’anno prossimo. Aspettiamo impazienti le comunicazioni stampa. Forza Bono! Invisible e Ordinary Love non basteranno per sempre!

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Concerti previsti per Aprile:

nuovo disco, dedicato a tutti i suoi fan chiamati da lei stessa “il mio amore puro”, la cantante torna nel vero e proprio“Amore Puro Tour 2014” che comprenderà tra le tappe previste anche l’Arena di Verona, diventerà infatti una delle poche artiste italiane a calcare questo

noi la chiameremo felicità” il 4 Marzo é uscito il suo terzo album chiamato “Costellazioni” e proprio per promuovere questo suo lavoro che il cantante alternative rock torna dopo il tour del 2012 (e un giro del mondo) all’Alcatraz il 9 Aprile. Chissà se anche quest’ album, come il precedente, sarà nominato uno dei migliori del decennio?

con uno show tratto direttamente dall’ultimo album “Nuvola Numero Nove”, dedicato al suo mentore Lucio Dalla, il 10 Aprile 2014 al Teatro nazionale. Il nome dell’album deriva

esatto stiamo parlando del “Se vedo te Tour” che approderà il 16 Aprile al Teatro degli Ar-

punk rock dell’epoca delle mini band di Pordenone, al reggae degli anni duemila, all’indie rock, e che continua a stupirci con la loro descrizione straordinariamente reale del mondo che ci circonda. Ci aspettano “nel giardino dei fantasmi”, il nome del loro ultimo album, il

17 Aprile portando il suo nuovo album omonimo del tour che amalgama le vocalità ruvide dell’artista con i toni british della musica in un composto nuovo e ben riuscito con canzoni inglesi e canzoni italiane ma perfettamente in linea dello stile...british!

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VISTA DA UNO DI PRIMA...

L’INTERROGAZIONE