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    l’urloPubblicazione periodica a diusione gratuita - Numero 51 - MARZO 2016

    Il tunnelLa televisione continua,continua a dire che il gio-co può dare dipendenzamentre ti propone qual-che nuovo “gratta cheti passa” (come li chia-mo io). Grattando si puòavere di tutto dalla vita,altro che crisi! Puoi ave-

    re 6000 euro al mese, silo so la canzone diceva1000 lire al mese, ma itempi cambiano e tra “tu-risti per caso”, o per sem-pre, quando entri in unatabaccheria fornita, tutti imuri sono pieni di fotoco-pie con biglietti vincenti:qualcuno da 100, qual-cuno da 500 e ogni due

    o tre anni qualcuno da1000 euro è anche più.(continua a pag. 2)  

    La mia vitae’ un gioco

    La mia storia con il gioco inizia un pomeriggiod’estate al mare, avevoun anno. I miei genitoritrascorrevano i caldi po-

    meriggi d’estate (mentreio avrei dovuto dormire)giocando a carte. Dico

     “avrei dovuto dormire”perché in realtà la miaindole turbolenta già sivedeva, ero un terremo-to e di dormire non se neparlava proprio (se nonla notte). In famiglia eramia madre quella che sa-

    peva giocare, mio padrequell’estate imparò da lei,e alla ne superò la suainsegnante soprattuttonella passione per il gioco.

    (continua a pag. 8) 

    Intervista allaDott.ssa Chiara Pracucci

    http://www.chiarapracucci.it/La clinica riconosce il gioco d’azzardo come una patologia per la

     prima volta nel 1980 perché il DSM III (Manuale statistico dia-gnostico dei disturbi mentali) lo inserisce nel disturbo del con-trollo degli impulsi insieme alla cleptomania alla piromania ealla tricotillomania, che è strapparsi capelli in modo compulsivo.

    Tutti i disturbi del controllo degli impulsi hanno delle similitu-dini, cioè c’è uno stato di tensione preliminare, si mette in attoun’azione e subito dopo l’azione si ha la sensazione di sollievo.Tutta questa dinamica quando si ha il disturbo si ripete e si deve ripe-tere tantissime volte perché quando una persona è affetta da questodisturbo è impossibilitata a gestire l’impulso di voler fare qualcosa.Quindi nel 1980 l’OMS (Organizzazione Mon-diale della Sanità) riconosce il gioco d’azzardocome un disturbo per il quale si può fare qualcosa.Il gioco d’azzardo in Italia viene riconosciuto e percepito come una

     problematica da curare, da far emergere e di cui discutere la pri-ma volta nel 2012, quando Renato Balduzzi l’allora Ministro della

    Sanità del governo Monti fa un decreto-legge, sul decreto dellasanità che dice che il gioco d’azzardo patologico, (continua a pag.2) 

     S P E C IA

     L E  L U D

     O PA T IA

    SOMMARIO

     Intervista alla

    Dott.ssa Chiara Pracucci p.1

     Il Tunnel p 1

     La mia vita è un gioco p 1 Il Gioco p 1

    Come ho iniziato

    a giocare alle Slot p 1 Info. su Servizi e Gruppi G.A.

    Il GiocoCome si inizia agiocare d’azzardo?Anzitutto cosa è l’azzardo?Dipende dalla posta ingioco, cioè dalle sommeche vengonovinte o perse? No.Si può giocare 1 milionedi € a partita al giocodella scopa e questonon diventa azzardo.Secondo la Treccanila denizione di giocod’azzardo è: “Attivitàludica in cui ricorreil ne di lucro e nellaquale la vincita o la

    (continua a pag. 6)  

    Come hoiniziato a giocare 

    alle SLOT Tutto ha inizio in una mat-tina di lavoro con altri duecolleghi mentre facevamo

    il tragitto verso il cantiere.Ad un certo punto ci fer-mammo per prendere il caf-fè e io buttai il resto dentroqueste scatole per me sco-nosciute. (continua a pag.2) 

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     ... Il tunnel(continua dalla 1° pagina) Non importa quandosono stati vinti, e quantoha speso chi poi ha vinto,ovviamente su questonon si perde tempo apensare, il pensiero è

    quello che ti trovi nelposto giusto: qui si vincedi sicuro! Ed è quelloche pensavo anch’io, manon sono mai diventato

     “turista per sempre” coni miei 50 euro spesi in unanno. È vero, è colpa mia:o sono tirchio o non sonoun giocatore. Ma so benedi essere disoccupato, equello che non capisco

    quando entro nei barcon le macchinette èche vedo altre personesenza lavoro, dentroqueste stanze scuree climatizzate, comedei fantasmi, e la luceche arriva proprio dallemacchine che chegirano incessantemente.Quando qualcuno cambiai soldi alla macchinacambiatrice, le monetescendono suonando e lametà dei presenti sussulta,ma un’altra metà non siscompone, loro sannobene la dierenza chepassa tra jackpot e altro.Il jackpot ha un suonomolto più vittorioso e chista incassando mantieneun’aria indierentesotto gli sguardi deglialtri che nello stesso

    momento malediconola loro macchinetta, eovviamente si pensa: melo sentivo che era quellala macchinetta buona”.Ma le macchinette sonotutte uguali. Lo sannobene i cinesi che sannocome farle fruttare,loro, i cinesi, quelli chegestiscono i denari diquelli che lavorano 18

    ore al giorno, e questaio, inviatoinmotociclol’ho visto di persona.In principio è semplice,si comincia a riempirela macchinetta scelta,

    ... Come ho iniziato(continua dalla 1° pagina) 

    Sì, con 2 euro riuscì a vincerne60 sentendomi dire dai mieicompagni che avevo avutouna grande fortuna, ma loronon immaginavano che daquel giorno sarebbe iniziatoil mio declino, perché que-sta maledetta scatola diventòcome una droga, non riusciipiù a staccare, iniziai a but-tare dentro un gran numerodi soldi inché non riuscivo afarla scaricare, poi non con-

    tento ci buttavo anche i soldiche ero riuscito a tirare fuori,rimanendo con nulla in mano,solo con la disperazione diaver buttato via tutti quei sol-di per niente. Ma il problemaera che il giorno dopo ritor-navo a giocare, e continuavoinché non avevo inito i sol-di. Poi c’era anche il gestore,che io credevo amico, che mi

    dava delle monete per farmigiocare, tipo prestito, che perògli dovevo rendere con lo sti-pendio successivo. Quelli chehanno questo problema con-tinuano a gettare in un pozzosenza fondo i propri soldi, ipropri sacriici, e non ti accon-tenti mai di quelle misere vit-torie che offre quella maleicamacchina, vuoi giocare sem-pre di più, e non ti accontenti

    nemmeno, se ti va bene, di ri-manere in pari, ma vuoi conti-nuamente affrontare la sorte.Finisce sempre col mangiartianche quel misero bottino

     ... Intervista (continua dalla 1° pagina)  

    per i numeri del giocod’azzardo e quindi per l’in-cidenza che questa pato-logia ha sulla popolazio-ne (si parla di 800.000, 1milione di individui pa-tologici) è una patologiache deve essere inseritanei LEA (Livelli Essen-ziali di Assistenza). Tut-to ciò che è inserito neiLEA deve essere curatoin modo gratuito dal Ser-

    vizio Sanitario Nazionale.Quindi dal 2012 l’Italiaprende coscienza del pro-blema e il Servizio Sani-tario che si occupa del-le dipendenze è il Ser.T.e quindi i Ser.T. devonogarantire trattamentoe cura anche per il gio-co d’azzardo patologi-co, senza nessuna risor-

    sa economica aggiuntiva.Questo è il qua-dro nel quale s’inseri-sce il gioco d’azzardo.Domanda: C’è il pato-logico e il non patologi-co oppure c’è una scala?R: E’ chiaro che c’èun’escalation perché ilgioco d’azzardo è un’atti-vità di per sé non patologi-ca, perché è legale e social-

    mente accettata, quindiquando parlo di gioco d’az-zardo parlo solo di gioco d’az-zardo legale quindi gratta evinci slot-machine tutte

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     ... Intervista (continua dalla 2° pagina)  

    le lotterie a estrazione e il giocod’azzardo on-line e scommessesportive. Quando si fa uno qual-siasi di questi giochi d’azzardonon si fa nulla di malato di persé, ci sono dei gradi di coin-

    volgimento nel gioco. Perché,quand’è che il gioco d’azzardodiventa una patologia? Innan-zitutto quando c’è un eccessivocoinvolgimento nel gioco quin-di si spende sempre più denarosempre più tempo, quando senon si gioca c’è una cascata diconseguenze negative, una verae propria crisi di astinenza quin-di non si può proprio più fare a

    meno di giocare. Il gioco di persé in generale ha delle caratte-ristiche positive non parlo delgioco d’azzardo ma del gioco insé è che deve essere sociale, cre-ativo e libero. Sociale perché sifa insieme, creativo perché simettono in campo delle risorsecognitive intellettive, quindi le

     persone si spendono in qualchemodo rispetto ai propri talenti,e soprattutto deve essere libera

    cioè uno può giocare quando puòquando ne ha voglia e se non puoi giocare non succede nulla.Il gioco d’azzardo non è socia-le, è un gioco solitario perché igiocatori non hanno compagni ein tutti casi escluso il gioco del-le carte non hanno nemmeno gliavversari. Non è creativo perchéha delle regole universali glo-

     balizzate è automatico quindi

    non è che si spendono dei par-ticolari talenti per fare un giocod’azzardo. Se è un gioco d’az-zardo di tipo sociale è un gio-co ancora libero, quindi si puògiocare quando se ne hanno le

     possibilità economiche, tempo-rali ecc…e se non si gioca nonsuccede niente quando diventa

     patologico non è più libero per-ché tutte le dipendenze e tutte le

     patologie chiaramente incastra-no in una dinamica che non hanulla a che vedere con la libertà.D: Quindi diventa patologicoquando uno ha un comportamentocompulsivo, non riesce a

     

    ... Il tunnel (continua dalla 2° pagina) di solito è quella dellagallina, non so perché.O i quando si esauriscela prima botta di soldi,ecco che arriva un altrocinese con altri soldi, iltutto coadiuvato da unterzo che è sempre cheè sempre al telefonoed il metodo continua,perché ad un certopunto la macchinettaè piena, e questi abiligiocatori non sbaglianoun colpo, arrivano ibonus e cominciano ascendere 100 euro allavolta. Da tempo seguoquesto sistema, ma la

    mia impressione è che ilmetodo serve a far giraredei soldi più che a vincere.Fino ad oggi non ho

    trovato nessuno che se lasia cantata, è chiaro peròche lo stato che tramitela Guardia di Finanzacontrolla tutto ciò è quelloche guadagna di più, nonvi è alcuna trasparenzasulle reali entrate diquesto nuovo business,che per le famiglie inrealtà è un agello.Basta partecipare ad

    una riunione di giocatorianonimi per sentirestorie di disperazione e dirisparmi di una vita giocatiin pochi mesi, e questolo posso confermare con

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    ... Come ho iniziato(continua dalla 2° pagina)che la macchina+ ha volutorendere, come se lei sapesseche tanto quello che hai vin-to lo avresti giocato tutto, manon solo continui a metter-cene sempre altri ancora. Io

    sono stato fortunato, non homai lasciato debiti, tuttaviaho fatto qualcosa di peggio, horubato 300 euro a mia mam-ma solamente per buttarliin quelle dannate macchine,per fortuna per il momentone sono uscito fuori grazieall’aiuto del Ser.T. e della bella

    comitiva de l’urlo. O.

    ... Intervistaf arne a meno?R : Sì, non riesce a farne a meno.Quindi giochi sempre più spes-so, investi sempre più soldi ededichi sempre più tempo algioco. Quando non giochi pen-si alla prossima volta che gio-cherai e a come farai a trovarei soldi per giocare, mentendoanche sull’entità del tuo coin-volgimento a familiari, colleghi

    e al terapeuta. Menti sul tempoe su quanto giochi sacrican-do anche tutta la parte relazio-nale perché tutto il tempo chesi spende a giocare è tempo chenon si dedica alle relazioni, aifamiliari, agli amici ai colle-ghi….E queste conseguenze ne-gative non sono abbastanza fortida farti pensare che forse sa-rebbe meglio giocare di meno,

     perché ormai il coinvolgimen-to è tale da far sì che tu abbiasempre più bisogno di giocare.Perché come tutte le dipen-denze all’inizio sono belle, nelsenso che tu fai qualcosa che tisuscita piacere, che ti fa staremeglio. Solo in quel momen-to lì, solo in quell’attività stai

     bene o comunque meno peggioe quindi tu ricerchi quello stato.Lo stato desiderato diventa la

    fonte di piacere esclusiva ovve-ro solo lì il giocatore sta bene,e per tutto il resto perde inte-resse. Si perde quindi la vogliadi stare con i propri familiari o

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    ... Il tunnel(continua dalla 3° pagina) certezza, essendo io nelgiro dei gruppi di autoa-

    iuto. Il tunnel non si chiu-de mai è attivo 24 ore su24. Tempo fa sono anda-to con un vecchio amicoa bere un caè, sapevoche giocava ma l’idea difare due chiacchiere miconvinse ad uscire quellasera, si fece tardi e men-tre mi stava riaccompa-gnando a casa mi disseche era ancora presto,

    così accettai di andare inun posto che lui conosce-va bene, era una di quel-le sale aperte 24 ore su24, era estate e quandosono entrato per qualchesecondo il fresco clima-tizzato e alcuni uominiin frac, ossia i gestori ei buttafuori, mi accolserocon un caloroso “buona-sera”, aprendoci la portae accompagnandoci nellasala principale, quasi misembrava di entrare inun ristorante dei, ma poiecco queste macchine, misembravano dei simula-tori, quelle poltrone era-no talmente comode chequando mi sono sedutomi sarei addormentatosubito. Ben svegli, inve-ce, i giocatori, e attential nuovo arrivato, cioè

    io: “sarà un riccone? Unodei tanti pieni di denarida buttare?” Questipensieri che mi ha riferitoil mio amico avevano unaragione: senza saperlo

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    ... Intervista (continua dalla 3° pagina)

    investire energie e interessi ver-so altri progetti perché l’uni-co momento in cui si ha unasensazione piacevole è quella.D: c’è anche chi si fa coinvolgerementre gioca poi è capace di sta-

    re quattro giorni senza giocare?R : i livelli di coinvolgimentosono tanti: dal giocatore cosid-detto sociale, che gioca tempolimitato e comunque congruoalle proprie risorse economichee alle proprie risorse temporali.Quindi il tempo che dedichi algioco non intacca le altre aree: l’area lavorativa, l’area sociale,l’area familiare. E quindi si ritagliano pezzi di tempo che comunquenon tolgono niente alle altre attività. Questi sono i cosiddetti gioca-tori sociali, che giocano quello che possono, quando possono; e se

    non riescono a giocare non succede niente. Questa è la stragrandemaggioranza dei giocatori e quindi il gioco di per sé non è patolo-gico. Ci sono poi i giocatori problematici, che sono circa 2 milionidi individui in Italia ad oggi che hanno iniziato come giocatori so-ciali, però piano piano si sono lasciati coinvolgere sempre di più; sicomincia a giocare più denaro, a spendere più tempo e a interessar-si sempre un po’ di più al gioco. Magari si sono accorti che il giocostava prendendo sempre più piede nella loro vita, però ancora inqualche modo riescono a gestirlo. Quindi o chiedono un aiuto inquesta fase o ne prendono consapevolezza, quindi regrediscono ri-uscendo a gestirlo. Tra i problematici qualcuno diventa patologico.Urlo  (Enrico): Anche qui c’è una curiosa analogia congli utilizzatori di sostanze: quelli che le usano in manie-ra problematica e quelli che ne diventano dipendenti.R : Esattamente. E’ la stessa cosa, la differenza è il rischio cheha in più il gioco d’azzardo: che è legale. Quindi la sostanzala prima volta che la assumi, la prima volta che la vai a com-

     prare, tu sei subito sin dal primo secondo nell’illegalità e que-sto in qualche modo può spaventare, può essere un deterrenteo una remora. Invece il gioco d’azzardo è sempre, essendo le-gale dappertutto, praticabile ad ogni ora. Pensiamo all’on-line:è senza spazio, senza tempo e non ti vede nessuno mentre lofai. Questo è un incentivo e un apparente minore pericolosità.Urlo  (Michele): Molti in sala scommesse si vergogna-no quando sono al telefono e dicono di essere al bar,in macchina, dappertutto tranne in sala scommesse.R : Questo è uno dei punti caratteristici propri del gioco patolo-gico: il mentire. Forse perché comincia ad esserci una sorta distigma sociale rispetto al giocatore d’azzardo ma mai sarà il pa-ragone rispetto al tossicodipendente o l’alcolista. Forse anche ilfatto dell’informazione, di tutto quello che sta succedendo, che sene parla sempre un po’ di più delle persone che si rovinano conil gioco, c’è forse una parte di stigma rivolto anche ai giocatorid’azzardo. È possibile che, anche se una persona gioca ancora

    in modo controllato, preferisca non farlo sapere. E questo è unodei motivi per cui le sale slot sono tutte con i vetri oscurati inmodo che all’esterno non si possa vedere chi è all’interno. Que-sto è stato proprio un marketing studiato ad hoc sulle esigenzedei giocatori, cioè dargli dei luoghi dove veramente ci si estranea

     perché sono luoghi dove non c’è mai l’orologio, dove c’è sem-

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    Per informazioni Servizi e Gruppi G.A.:

    Associazione Giocatori Anonimi

    Centralino Nazionale:

     tel. 338/127.12.15

    Gruppi G.A. Giocatori Anonimi

    C. Regionale cell. 366.976.7970

    E.mail: [email protected]

    Sito: www.giocatorianonimi.orgGruppi di Bologna,

     tel. 340/338.13.17345/479.00.37

    e-mail: [email protected]

    [email protected]

    www.giocatorianonimi.org

    ... Il tunnel(continua dalla 4° pagina) 

    mi ero seduto in unapostazione dove non si

    usa denaro, ma biglietticome quelli del treno cheperò valgono centinaiadi euro. Così mi metto aguardare i milioni che asua volta guardava quellidi anco, che a sua voltaguardava quello al suoanco e così via semprecon discrezione, la stessadiscrezione con cui sonouscito da quella speciedi girone dantesco peravviarmi alla stazionedelle corriere. Infatti dopodue ore interminabiliil mio amico stavaincredibilmente vincendo800 euro, dopo averneinserito circa 500, e soloin quel momento quandogli ho detto: “andiamo acasa, hai vinto anche 300

    euro, io ci vivo tre mesicon quei soldi”. Ma lasua risposta è stata: “marilasciare una macchinaquando paga”. Così hocapito che non sarebbeuscito di no al momentoin cui non avrebbe nitoanche l’ultimo euro. Perquello che mi riguardaio non ero mai entrato

    in una di quelle saleprima di scrivere questastoria, e la sola ideadi ritornarci mi dà ibrividi. Preferisco il sole.L’inviato in motociclo

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      ... Intervista  (continua da 4° pagina) pre la stessa temperatura, dove si può fumare, dove le luci sono basse, dove loro ti offrono da bere per cui favoriscono la cosid-detta fuga dalla realtà perché ti inseriscono in un mondo dove

    le regole, che normalmente seguiamo negli altri tipi di realtà,sono un po’ saltate, non c’è spazio, non c’è tempo, non c’è fretta.Urlo  (Ale): Da un certo punto di vi-sta diventa un po’ come un controllo mentaleR : Ti danno delle caratteristiche per cui tu là dentro puoi essere chivuoi, nel senso che il ruolo che tu hai, chi sei e come percepisciquella situazione è assolutamente individuale e nessuno ti chiedeniente. Quindi puoi andarci vestito come ti pare, puoi anche non

     parlare con nessuno perché nessuno si aspetta da te che gli parle-rai. Quindi non ci sono delle aspettative e questo è uno dei grandivantaggi del gioco d’azzardo, quello di regalarti uno spazio in cui

    non hai addosso tutte le aspettative che tutte le altre relazioni nellavita normale in realtà ti chiedono. Questo per alcune persone è ungrandissimo vantaggio, chi gioca d’azzardo gode di una fuga dallarealtà. Poi c’è il senso di onnipotenza perché comunque in qualchemodo è una sda al destino con la pretesa di controllarlo. Per al-cune persone questa costruzione mentale di dire “io devo giocare

     perché è questo il mio momento, in questo momento io vincerò, perché ho visto questi numeri, perché ho incontrato questa personache è nata questo giorno, perché questo gratta e vinci è del coloreche serve a me”, insomma dopo c’è un aspetto che in clinica vienechiamato “il pensiero magico del giocatore” per il quale le persone

     possono davvero costruirsi un mondo parallelo nella propria testa,

    nel momento stesso in cui giocano con delle motivazioni e dellelogiche che fanno stare bene e non si pensa a tutte le altre cose cheti fanno stare male. Ad esempio io avevo dei giocatori che mi di-cevano che quando giocavano non pensavano alla moglie, alle litiche facevano, ai problemi che avevano con i gli, ai problemi cheavevano al lavoro perché lì potevano essere chi volevano e ovvia-mente non avevano un interlocutore. Per il giocatore l’interlocuto-re è la fortuna è il destino, chiamiamolo come ci pare, comunque lìti costruisci sia il tuo ruolo che la risposta. Dove ovviamente la ri-sposta è “o ti faccio vincere o ti faccio perdere”. Quando ho scrittola mia tesi l’ho intitolata “giocare per vincere o perdere per poter

    giocare” perché mi sono chiesta: “ma se tutti i giocatori che quan-do iniziano a giocare giocano per vincere, per far dei soldi in modofacile, per vincere grandi somme, perché quando iniziano a per-dere e perdono sempre di più, non si fermano? Essi vanno avanti

     poiché non dipendono dalla vincita ma dal gioco e quindi anche il perdere è un alibi per giocare di nuovo, per rincorrere la vincita.

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    ... Intervista(continua dalla 5° pagina)

    Urlo  (Michele): infatti mol-ti quando giocano è per-ché si devono rifare e de-vono rincorrere i soldi

     persi. Invece che dirsi chehanno perso e smettere di gio-

    care, cercano di rifarsi. Se poivincono, giocano di nuovo.R : Infatti per il giocatore lavincita è il segnale che devegiocare di nuovo. Di fatto nonsi dipende dalla vincita, si di-

     pende dal gioco, perché lo sta-to desiderato è lo stato in cui si

     progetta, si aspetta e si mette inatto il gioco. Un secondo dopoil giocatore ha di nuovo voglia

    di giocare, sta già pensando alla prossima partita. Il piacere delgioco non è a lungo termine.Forse nella scommessa posso

     pensare che ci sia un grado piùlargo, teniamo presente che ilgiocatore delle scommesse è ungiocatore diverso dal giocatoregratta e vinci o dal giocatoredella slot-machine; come se par-liamo di dipendenza da sostan-ze: l’eroinomane è diverso da

    un cocainomane o da uno che prende altre sostanze, perchénon è il gioco che fai, ma comelo fai che incide sulla patologia.E ci sono i patologici nelle scom-messe, i patologici nel gratta evinci e patologici anche nel mer-cato azionario. Ci sono personeche giocano in borsa in modocompulsivo esattamente comeuno scommettitore di cavalli.

    Poi nelle categorie di

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    perdita è in prevalenzaaleatoria, avendovil’abilità un’importanzat r a s c u r a b i l e ” .In pratica la scopa ola briscola, essendogiochi in cui incide in

    qualche misura l’abilitàdel giocatore, non sonoconsiderati azzardomentre Black Jack sì.Così è in teoria, in praticale cose non stanno propriocosì, ma poco importa.Quindi come si inizia?Il percorso esatto nonlo so, anche se ritengosia abbastanza comune.In ogni caso potrei dire

    come ho iniziato io e la mia,ovviamente, costituisceuna storia tra tante altre.Avevo circa 16 anni eall’epoca i bar erano moltofrequentati, praticamen-te sempre pieni stipati,perchè c’era un concettodiverso di socialità e lagente aveva qualche sol-dino in tasca da spendere.Mi piaceva molto guar-dare il gioco ai tavoliche all’epoca era prin-cipalmente la scala 51o il ramino e sopratut-to mi attirava il fatto deldenaro che si incassa-va alla ne della partita.Ecco, questo è fonda-mentalmente l’aspettoche più mi attirava allo-ra (e a dire il vero an-che oggi): la moneta.Per cui, prima guardando

    e poi provando personal-

    mente, mi sono accortodi giocatori che commet-tevano errori madornaliall’innito, in pratica nonmiglioravano mai, quellifurono il mio obbiettivo.In pratica ben prima diprendere la patente ave-vo sempre le 10 o 20000

    L in tasca che all’epo-ca erano bei soldini .Poi dal bar arrivarono lecorse dei cavalli (entraiin un gruppo di allibratoriclandestini) e la cosa andòavanti per un po’, no ache ci furono iniziativedi PS e lasciai perdere .Tutto questo per direche entrai prestonell’ambiente e all’ini-

    zio mi muovevo bene .Poi ci fu un periodo di inat-tività no a quando, susuggerimento di uno checonoscevo, iniziai a fre-quentare i circoli privati.Il nome era un eufemismoper chiamare le bischeclandestine in cui si face-vano giochi con le carte,era metà degli anni ’90.Anche in questi ambien-ti c’erano persone chenon correggevano maila loro condotta di gio-co e quando entrai, no-nostante i tempi fosse-ro già ampiamente incalo, c’erano ampi spazie opportunità di guada-gno che potei sfruttare .A questo punto se ave-te avuto la costanza dileggere n qui vi stare-te chiedendo: “ma que-

    sto qui è milionario?”. “Neanche per so-gno” vi rispondoio perché la ca-ratteristica prin-cipale del denarovinto al gioco èche evapora a vi-sta d’occhio, nonsolo perso ad unaltro tavolo maspeso in viaggi,

    donne, ristorantie altro (ricordo sututti una bottigliadi vino da 160 €).Sorvolo su una(continua a pag.7)

    ... Il Gioco(continua dalla 1° pagina) 

     persone che giocano, possiamo pensareche chi si ammaladi scommesse abbiadei tratti un po’ di-versi da chi si am-mala di gratta e vincio di slot-machine.Poi c’è il grandeconitto sul qualese ne discute mol-to, e non tutti sonod’accordo: Il poker.Perché in real-tà il poker è ancheun gioco di abilità

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    parentesi fatta in un cir-colo nel ferrarese, di cuiun pò mi vergogno, perarrivare a tempi più re-centi in cui il meccani-smo su cui si poggiavatutta questa “dolce vita”si inceppa per cause mol-teplici e di tutti i perso-naggi che animavano le

    scene dei primi tempine rimangono solo po-che unità, anche sparute.Ecco, a questo pun-to posso rispondere alladomanda iniziale, e cioè

    il motivo dell’inizio delgiocare d’azzardo: eroin quell’ambiente da unavita e cambiare costa fati-ca e anche un certo sensodi smarrimento, oltre allapaura implicita della noia.In particolare la pauradi annoiarsi credo sia la

    molla che fa scattare l’at-trazione verso il gioco .Ho iniziato a giocare pergiocare quando mi sonocrollate le entrate, mamentre prima giocavo perguadagnare soldi dopogiocavo per passare iltempo e anche per resta-re in una sorta di “specialclub” fatto di hotel e ri-storanti stellati gratuiti.

    Questo ovviamente hacome conseguenza il ri-manere costantementein situazioni economicheprecarie, per non direinarontabili e problema-tiche, e sopratutto scattaun meccanismo che portaa mettere in secondo pia-no tutto quello che non ri-guarda l’argomento gioco.Non saprei dire se il mec-

    canismo del gio-co compulsivoscatta quan-do uno non sacosa fare oppu-re quando unonon riesce astare senza gio-care, o se siaun mix di en-trambe le cose .E nemmeno

    saprei dire come usci-

    re da questi mecca-nismi, se non, banal-mente, suggerire ditrovarsi altri interessi.Altra cosa , in queste righeho descritto la mia storiache è diversa da quelle dialtre persone e credo siaun errore parlare di giocod’azzardo come di un uni-co fenomeno con gli stes-si meccanismi per tutti.

    Ritengo comunque che peruscirne occorre anzituttoessere convinti, la spintaal cambiamento deve ve-nire dall’individuo stesso.

    DUMBO

    ... Il Gioco(continua dalla 6° pagina)

    ... Intervista (continua da 6° pagina)e il giocatore sceglie quale carta giocare, però anche lì è comegiochi a poker. Pensiamo al Poker on-line: il tuo avversario in-nanzitutto non lo vedi in faccia, e poi i giocatori compulsi-vi tante volte giocano su cinque tavoli contemporaneamentee rilanciano di continuo, quindi questa è una modalità com-

     pulsiva di giocare. I giocatori attendono sempre la prossi-ma mossa su cinque tavoli diversi dove a un certo punto anche

    l’abilità salta per aria perché è sempre uno stimolo dietro l’altro.Urlo  (Ale): Quindi perdono anche tantissimo in quel caso lì?R : Sì, esatto. Ogni tanto vincono, ma la maggior parte delle volte per-dono. Mi sento di poter dire che i giocatori d’azzardo a lungo terminesono tutti in perdita, anche quando vincono rigiocano perché si devo-no fare di tutte le perdite accumulate no a quel punto. I giochi sonodiversi e probabilmente le tipologie dei giocatori sono diverse perònon è il gioco che fa la malattia, ma è il coinvolgimento nel gioco.Urlo (Michele): Io ne vedo di ogni tipo avendo un’agenzia di scommes-se: c’è chi fa delle puntate piccole, ad esempio due puntate da un euroed è contento così; c’è chi gioca di più facendo tante puntate piccoleR : Infatti io l’ho detto, la stragrande maggioran-za sono giocatori sociali che giocano quando possono.Urlo (Michele): La stragrande maggioranza sono persone che gio-cano se possono e se hanno tempo e se non hanno tempo o soldinon giocano, comunque sia, io non le vedo così nette le distinzioni.R : E’ chiaro che sono conni molto sfumati perché il paragone lodevi fare sulla vita di ognuno, sulle possibilità di ognuno. Cioè: seio gioco 200 euro al mese ma ne guadagno 5000 è un conto; se iogioco 200 euro al mese e ne guadagno 400 è un altro discorso. Esat-tamente stesso ragionamento si fa per il tempo che posso trascor-rere a giocare. Poi quello che dici tu è vero le sfumature sono tante,io le categorizzo in

    tre aree per sempli-care. Poi ci sonoanche vari gradi del

     problematico, per-ché è un continuumda un uso saltuarioa un uso quotidia-no e problematico.Urlo  (Michele): Io

     penso che chi si fer-ma e ragiona un atti-

    mo lo sa che si perde, sui gran-di numeri non si può vincere.R : Esatto. Però è un’attività che

     per qualcuno è piacevole, è unosvago. C’è chi dice che invecedi fare tre viaggi l’anno piutto-sto spende il 20% del reddito ingioco d’azzardo e va bene così,nessuno lo condanna a priori.Il gioco d’azzardo è un’attività

     potenzialmente pericolosa, ed èquesto che io cerco di spiegare.È un’attività che si chiama in-nanzitutto gioco, quindi è dif-cile far capire alle persone che cisi ammala di un gioco, perché èdi solito è un’ attività bella

  • 8/18/2019 l'Urlo Marzo 2016

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    Una volta cresciuto hoiniziato a trascorrere i po-meriggi, durante i qua-li mia madre lavorava,con mio padre. Mi por-tava al bar e mentre luigiocava a carte io lo os-servavo e iniziavo ad ap-passionarmi a mia volta.Raggiunti i 14 anni, poi-ché al bar i minorenni nonpotevano giocare, mi tro-vavo con gli amici al parcoper giocare a tutti i gio-chi di carte da noi cono-

    sciuti (ed erano già mol-ti). Erano le prime partiteche vincevo o perdevo,la posta in gioco erano isoldi e me lo potevo per-mettere perché già lavo-ravo come falegname.Finalmente compiuti gliattesi 18 anni scopriil’ebrezza delle scom-messe sui cavalli, alloranel 1984 erano le uni-

    che possibilità oltre alcasinò. Che ovviamenteandai subito, in paralle-lo ai cavalli, a frequenta-re. La prima volta andaial più vicino: Venezia. E

    vinsi la prima sera 500mila lire, fu l’inizio del-la mi rovina…….a segui-re arrivai a vincere noa 12 milioni e mezzo inuna sola sera, perdendolitutti il giorno successivonel casinò di San Remo.Contemporaneamen-te alla frequentazio-ne dei casinò italia-ni diventai un’abituèdi una bisca clandestinadi Bologna grazie all’in-tercessione di mio padre

    stesso. Fu lui che mi feceentrare per la prima volta.Gli anni successivi volaro-no tra una partita a poker,una a gufetto e una tris ai

    cavalli, no al mio ingres-so in via del Gomito n.2.In carcere durante ilgiorno giocavamo nellasaletta ricreativa a cartee durante la notte, uti-lizzando uno stratagem-ma per accendere la lucedella cella, altrettanto.In quel periodo raggiun-si l’apice della fortunaal gioco al punto che ilmio avversario (noto bi-scazziere) una notte, inpreda all’esasperazio-ne perché continuavo avincere (a pinnacolo perl’esattezza) lanciò tuttele carte fuori dalla ne-stra. Poco male pensai,ne ho altri due di scor-

    ta…….Enzo non era fortu-nato al gioco ma ricordola sua bravura ai fornelli,ogni tanto sogno ancorai suoi spaghetti alle oli-ve e pecorino romano.Ora che sono tornato acasa, ormai da un pezzo,gioco tutti i giorni a carteper trascorrere il pome-riggio in compagnia. Laposta in gioco è decisa-mente cambiata: 2 Euroa partita, l’equivalentedi una coca cola. Comecambiano le cose…..Tutte le settimane gio-co pochi euro al lotto equando ho delle monetein tasca le metto nellemacchinette, ma sono piùconsapevole, se ho solo5 euro con me piutto-sto compero le sigarette.

    M.

    8

    La mia vita e’ un gioco  (continua dalla 1° pagina) 

    aaaaaa

    L’INTERVISTA CONTINUA SUL BLOG DE L’URLO

    http://www.urloredazione.blogspot.it

      ... Intervista (continua da 7° pagina)e divertente; ci siamo cresciuti noi e ci cresciamo i nostri gli.Quindi del gioco in sè si ha un’idea positiva. Però il gioco d’az-zardo è pur sempre un gioco con delle caratteristiche speciche.Intendiamo gioco d’azzardo quello dove si gioca del denaro,dove la puntata non può essere ritirata e l’esito della scommes-sa è prevalentemente dovuto al caso. Queste sono le caratte-ristiche del gioco per denirlo d’azzardo. E poi ha delle carat-

    teristiche speciche, che sono prive di creatività perchè è moltoglobalizzato, universale e ha dei meccanismi automatici; è soli-tario e a volte non è neanche più libero quando diventa patologi-co. Ma ribadisco, parliamo di una fetta piccola della popolazione.