L'Urlo- Maggio 2014

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Numero V - Maggio-Giugno 2014

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ECCO IL NUMERO DI CHIUSURA DI ANNO SCOLASTICO 2013-2014! QUESTO GIORNALE SEGNA IL PASSAGGIO DI CONSEGNE FRA MOLTI GIORNALISTI BECCARIOTI "ANZIANI " COME I DIRETTORI , IL MIGLIOR VIGNETTISTA DI SEMPRE E ALTRI PREZIOSI COLLABORATORI, AD UNA REDAZIONE NUOVA E RAMPANTE, CHE SIAMO CERTI ACCOGLIERA' L'EREDITA' DEL LAVORO , CONTINUANDO A MIGLIORARSI CON PASSIONE ED IMPEGNO ! CHIUDIAMO L'ANNO CON UN MAXI NUMERO DI 24 PAGINE, RICCO DI RIFLESSIONI SULLA NOSTRA SCUOLA, DI CUI IL GIORNALINO è ORAMAI, PARTE INTEGRANTE! UN SALUTO A TUTTI I LETTORI CARISSIMI , E COME SEMPRE... BUONA LETTURA!

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Numero V - Maggio-Giugno 2014

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DIRETTORI USCENTI:Filippo Rovati, Riccardo Lobascio

DIRETTORI DESIGNATI:Marta Gerosa, Konrad Borrelli

CAPOREDATTORI:Attualità e cultura

Federica Dalle CarbonareCronache del Beccaria e recensioni

Naomi GrilloIllustrazioni

Matteo SchiapparelliREDATTORI:

Matteo Cocci, Davide Almento, Armando Bavaro, Konrad Borrelli,

Matilde Capelli, Federica Dalle Carbonare,

Eric Ferracin, Maria ChiaraFusco, Marta Gerosa, Naomi Grillo, Debora Lombardo, Alberto Mangili,

Martina Maraiulo, Ludovica Medaglia, Luca Murgia,

Giovanni Mussin, Sonia Nannavecchia, Duncan Re,

Giacomo Riccabono, SilviaRicevuti, Matteo Schiapparelli,

Martina Somperi

L’UrloMaggio-Giugno 2014 N.V Anno VIII

A tutti i miei compagni beccarioti

Cari ragazzi,

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to a rimboccarsi le maniche per Settembre, chi purtroppo

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www.studenti.

liceobeccaria.it

VISITA IL

SITO

Vuoi diventare un membrodel giornalino?Non esitare a scriverci:e-mail: [email protected] a contattare i direttori!

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Ciao a tutti, grazie

Riccardo Lobascio

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COSA RICORDATE DELLA VOSTRA PRIMA RIUNIONE?FILIPPO: Ho avuto due prime riunioni: una in quarta ginnasio e poi ho ripreso in terza. In quarta ginna-sio mi ricordo un clima molto cooperativo e sereno, col piacere di fare le cose, che poi è quello che ho cercato di riportare come obiettivo quando sono stato direttore. Invece in terza, con Minazzi, una grande organizzazione; quando sono entrato mi hanno chiesto “Allora, tu di cosa vuoi scrivere?” e io ho risposto “Penso di cultura”. Siamo partiti e abbiamo organizzato un numero con intelligenza.RICCARDO: La storia del mio ingresso nel giornalino è un poco imbarazzante. I primi due anni non sono ami voluto entrare nel giornale perchè aveva un taglio politico su cui non ero ampiamente d’ac-cordo. In terza, quando nel 2011 cadde il governo Berlusconi, mi telefonarono: “Guarda che quelli del giornale ti vogliono.” Mi son detto: “Già mi stanno venendo a cercare, caduto Berlusconi, adesso mi impiccano...” Invece scrissi il mio primo articolo, ma da esterno. Mi diedero 500 battute, una miseria! Ci impiegai quattro ore a scrivere quell’articolo perchè avevo scritto una pagina e dovevo farne solo un quarto. Questo era successo il sabato, il lunedì Minazzi viene a cercarmi in classe e mi disse che ero in-vitato alla riunione, da esterno sempre, e da quella riunione decisi di entrare. La cosa che ricordo meglio furono le risate e il fancazzismo. Organizzazione splendida, ma le risate che mi sono fatto in terza non me

-tavo con ansia le riunioni del giornale in terza perchè mi divertivo un mondo (E ANCHE FILIPPO HA SOTTOSCRITTO QUESTA AFFERMAZIONE) infatti cercai, cercammo, come direttori, di riportare questo clima da circo.

A PROPOSITO DEL PRIMO ARTICOLO...FILIPPO: Il mio primo articolo mi sembra sia stato sui tagli alle scuole perchè non facevano più storia dell’arte. Si chiamava: .E PERCHÈ L’AVEVI SCELTO?L’avevo scelto perchè mi sembrava un argomento interessante e soprattutto mi sembrava scandaloso che nell’istituto turistico tagliassero lo studio dell’arte a sole due ore il quarto e quinto anno, mentre i primi tre anni nulla, quindi dovevano condensare 4000 anni di storia dell’arte in 120 ore in un istituto che è fatto apposta per offrire una risposta turistica. Mi ricordo che Minazzi mi usava un po’ come jolli quando c’erano dei tappabuchi. Per esempio un paio di volte è venuto in classe il giorno dell’uscita del giornale dicendo: “Devi scrivere questo articolo.” e io accettavo! Però mi è servito questo perchè mi ha dato autonomia.RICCARDO: Io ho scritto solo di politica. A me sono serviti molto invece gli articoli di confronto con un altro redattore, che era Corli, perchè mi è piaciuto scoprire uno spazio delle sue idee. Mentre io conside-ravo Corli la persona peggiore che esistesse a questo mondo, invece ho scoperto che molti che ritenevo eccessivamente schierati invece erano persone normali.

COSA VI ASPETTAVATE DI TROVARE ALL’INTERNO DEL GIORNALINO QUANDO SIETE ENTRATI?RICCARDO: Avevo una paura fottuta, ma poi mi sono sciolto.FILIPPO: Anche per me era così perchè abbiamo una serie di ansie/aspettative perchè mi piaceva quello che leggevo e non avendolo più fatto avevo un po’ l’impressione che quando avevo smesso di farlo negli anni di passaggio fosse diventato un po’ più una setta, ma poi non era così e lavorando ci si è sciolti.RICCARDO E FILIPPO: L’aspetto della setta è giusta: c’è sempre stata questa visione dall’esterno, ma in realtà non è così. Infatti quest’anno abbiamo lavorato molto in questa direzione. Ma l’aspetto settario

COSA VI HA INSEGNATO FARE I DIRETTORI?RICCARDO: Odiare il genere umano?!FILIPPO: è un’esperienza che mi è piaciuta moltissimo perchè è stata rappresentativa di come vorrei che fosse vissuta la scuola. All’interno del giornalino abbiamo fatto un buon lavoro formativo, prima di tutto

ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

INTERVISTA D’ADDIO

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-re. Questo è un aspetto che ricorderò moltissimo e a cui sono legato. A me personalmente ha insegnato a lasciarmi stupire dalle possibilità delle relazioni perchè all’inizio ero bravo nelle cose pratiche però avevo un po’ paura a guardare al di là del singolo numero o del singolo articolo, ma poi piano piano le cose pratiche venivano da sole e allora ho potuto dirigere nel senso pratico del termine.Mi ha insegnato a vedere la scuola con passione ancora di più in questi ultimi due anni, che quando ti

come l’uscita di un giornale, dei numeri in realtà non lo sono affatto, ma sono un lavoro gigantesco, ma umanamente e scolasticamente bellissimo.RICCARDO: A gestire lo stress, sicuramente. Un aneddoto straordinario della mia esperienza da diret-tore è stato il pianto ininterrotto una sera perchè avevo appurato che a metà novembre non c’era ancora stata un’edizione del giornale perchè avevamo cinque redattori di cui tre non mi ascoltavano. Una sera sconsolatissimo sono andato da mio padre e mi sono lamentato perchè si vedeva che ero abbastanza stressato e mio padre con il suo solito tatto (ironico) mi diede del fallito. Allora io mi misi a piangere disperatamente maledicendo il fatto di aver scelto di fare il direttore di questo giornale. Poi mia madre con la sua solita delicatezza (ancora ironico) mi disse che non dovevo abbattermi così... il giorno dopo rassegnai le dimissioni.Comunque sì, mi ha insegnato a gestire più scioltamente determinate situazioni, a capire quanto è im-portante il lavoro di gruppo e la gerarchia. A capire quanto è importante il ruolo del dirigere e quanto è importante che tutti facciano il proprio dovere. Tra l’altro il fatto di essere in due ha aiutato a comprende-re l’importanza del confronto perchè le prime volte c’era una sorta di opposizione tra noi due perchè lui voleva fare nel suo modo, io volevo fare nel mio, a maggior ragione perchè io avevo già fatto il direttore. Però è stata un’esperienza fortemente positiva e io mi sono affezionato particolarmente, anche perchè il mito dell’essere direttore del giornale è ritornato in auge.

questo ruolo più personalmente, mentre lui invece stava più sulle sue.

UN CONSIGLIO PER I PROSSIMI DIRETTORI?FILIPPO: Fatevi il mazzo quadro, ma non perdete la passione e non perdete il senso sui cinque anni che ha il progetto, cioè arrivare in prima e seconda e farsi un’idea, sviluppare la propria coscienza critica scrivendo e dando un buon prodotto. Queste tre cose. E non perdete la costanza e l’impegno.RICCARDO: E non abbiate mai paura di dire che voi siete il giornale della scuola, cioè l’organo che parla a questi studenti, non perdere mai il senso di quello che fate.FILIPPO: Consiglio anche di non dimenticarsi del percorso che c’è stato, non ripartire da zero, confron-tarsi con noi perchè l’idea è di costruire in modo sempre migliore.RICCARDO: Consiglio personalmente di non dimenticare mai che loro sono i direttori e che sono loro a dover prendere le decisioni.

COME AVETE CONCILIATO IL GIORNALINO CON GLI IMPEGNI SCOLASTICI IN GENE-RALE E IN PARTICOLARE CON LA MATURITÀ?FILIPPO: L’anno scorso lo vivevo più come un’altro onere che avevo anche se avevo piacere a farlo, ma

Quest’anno invece no, a livello di concezione l’ho visto come un impegno che però faccio totalmente con piacere, che ho già in mente da fare da uno o due mesi, che riesco a conciliare perchè è un impegno su cui ho già lavorato prima. Un po’ come la maturità che è il frutto di quello che hai assimilato in nove mesi se non in tredici anni di scuola, quindi penso che vederlo in quest’ottica aiuti.RICCARDO: Non ho mai avuto grossi problemi. Ad esempio uscire dalle classe e non seguire determi-nate lezioni non mi è mai pesato. A livello scolastico esterno devo scrivere gli editoriali perchè Filippo si occupa degli aspetti più organizzativi e di questo lo ringrazio immensamente.

COME SI SONO EVOLUTI IL GIORNALINO E GLI ARTICOLI DA QUANDO SIETE ENTRA-TI A OGGI?FILIPPO: Quando siamo entrati, gli articoli erano più politici, ma non di cronaca, più di opinione poli-tica, che può essere una forma di crescita dei ragazzi come altre. Ora invece è un po’ più vario. C’è più equilibrio tra le cose interne, senza cadere nella banalità dei gessetti che non ci sono. Rispetto a quando abbiamo iniziato, gli articoli vengono spesso proposti dai redattori, e questa è una cosa positiva secondo

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Maria Chiara FuscoSilvia Ricevuti

me. Prima si andava più in automatico per cui chi scriveva di musica, scriveva sempre di musica, invece adesso c’è un po’ più di scambio.C’era una divisione delle sezioni molto forte, ereditata da Minazzi, che poi abbiamo rivisto.RICCARDO: Quando sono entrato in terza, il taglio degli articoli era leggermente più alto, ma perchè c’era più selezione e c’erano meno ragazzi di prima. A me piacerebbe avere degli articoli più impegnati, anche non solo della politica che si vede alla televisione, ma più a livello mondiale.

COM’È IL RAPPORTO CON IL PRESIDE E COME EGLI VEDE IL GIORNALINO?FILIPPO: Il rapporto con il preside è discreto, simpatico, ho imparato a conoscerlo e a capire che non è un’entità sovrumana, ma è una persona che ci ha dato un grande aiuto a vedere le cose in modo lun-gimirante e ci ha aiutato soprattutto a raggiungere un’autonomia. Ci ha aiutato, ma non ci ha imposto. All’inizio, quando c’era bisogno che s’imponesse con più forza l’ha fatto e adesso ci ha lasciato andare con le nostre gambe. Quindi il rapporto è buono.(A QUESTO PUNTO FILIPPO HA DOVUTO ANDARSENE PER UN IMEGNO, MA NON PRI-MA DI AVERCI LASCIATO UNA BELLA CONCLUSIONE A EFFETTO)

senso di relazione scolastica e di formazione, è qualcosa di molto importante per tutti.(POI SI È ALLONTANATO, MA È SUBITO TORNATO INDIETRO PER UNA ULTERIORE CONCLUSIONE A EFFETTO...)Gli studenti devono rispettare il giornalino perchè è la loro voce, noi ci facciamo un mazzo per loro, ma deve essere anche viceversa, questa è la strada del nostro lavoro.(TORNANDO ALLA DOMANDA ORIGINARIA SUL RAPPORTO CON IL PRESIDE)RICCARDO: Il mio rapporto con il preside è di forte interazione, perchè, chiaramente, essendo il giorna-le parte integrante del progetto formativo della scuola, il preside ha voce in capitolo. In realtà il preside

purtroppo, o per fortuna, manca da più o meno due anni. Non c’è più la concezione del referente di una volta, quello che partecipava alle riunioni, quello che si interessava, quindi il preside è diventato il

con il preside perchè è il confronto con una persona che sta dall’altra parte della barricata, che sta dalla parte più dell’istituzione scolastica, noi siamo invece gli studenti. Il confronto con una persona dell’altra parte con una grande esperienza a livello personale e molta attenzione anche a livello umano l’ho trovato

rapporto e mantenerlo.Su come il preside vede il giornale si sono formate tante leggende metropolitane: “Il preside vede il gior-nale come un peso, il preside vede il giornale come un dispendio economico, eccetera”. In realtà è vero che ci sono dei costi e la scuola non può permettersi di affrontare troppe spese. Non possiamo pretendere che spenda una cifra cospicua e consistente per il giornale. Il preside ci ha sempre fatto questa domanda, domanda che a me secca particolarmente, ma che ci dobbiamo porre: “Se io levassi il giornale, chi prote-sterebbe?” L’anno scorso è stata una domanda su cui abbiamo imperniato il nostro lavoro come direttori. Quest’anno io penso che si siano ottenuti dei risultati in questo senso, cioè se togliessimo il giornale qual-cuno protesterebbe, l’anno scorso forse no. Poi non è vero che il preside ci vede come un peso, anzi ci ha accompagnati lungo un percorso che arrivi a cammianare da solo perchè non è il giornale del preside, è il giornale degli studenti e come tale deve essere più autonomo da tutti i punti di vista, organizzativo, economico, espressivo...

CONGEDANDOCI ABBIAMO CONSTATATO DALL’ATMOSFERA DURANTE TUTTA L’IN-TERVISTA CHE I NOSTRI DIRETTORI, ESSENDO EMOZIONATI, SI SONO LEGATI CON GRANDE SENTIMENTO E SERIETÀ AL LORO RUOLO. A NOME DI TUTTA LA REDAZIO-NE LI RINGRAZIAMO PER LA LORO PASSIONE.

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A giugno i due direttori in carica, Riccardo Lobascio e Filippo Rovati, ormai maturati, si avventureranno nel mondo universitario lasciando così il posto ai due nuovi direttori: Konrad Borrelli e Marta Gerosa. D: Perché avete scelto di accettare l’incarico di direttore?Marta: Ho scelto di diventare direttrice essenzialmente per due motivi: il primo è perché quan-do me l’hanno proposto ho subito pensato che fosse una grande responsabilità ma allo stesso tempo un grande onore; insomma, tutta la passione che avevo messo in questi anni era stata apprezzata e questo mi faceva molto piacere. Il secondo motivo è perché da quando sono en-trata in redazione per la prima volta (sono tre anni! n.d.r) non c’è mai stata nella direzione una componente femminile.Konrad: Ho deciso di accettare questo incarico, perché voglio vedere se sarò capace di miglio-rare il giornale.

D: Che idea avete sull’utilità di scrivere questo giornale?M: Quando ho iniziato il liceo il giornale è stata una delle prime attività che ho intrapreso, ero molto sicura perché volevo condividere quello che scrivevo con i miei compagni di scuola anche senza magari conoscerli direttamente. Penso che scrivere sul giornale in un certo senso abbia questo valore, cioè quello di metterti a contatto con delle persone con cui altrimenti non avresti la possibilità di dialogare, perché la scuola è grande e variegata. K: Oltre a essere un’alternativa a qualche noiosa lezione, il giornale può essere un ottimo stru-mento per diffondere idee tra noi studenti, e discuterne.

D: Che tipo di giornale volete fare?M: Penso di seguire il taglio editoriale che è stato intrapreso soprattutto quest’anno, un po’

riusciti ad uscire, dall’altro lato perché penso che si stia pian piano creando una sorta di rete e di diffusione del giornale, valorizzando maggiormente anche il supporto multimediale. Vorrei creare un giornale che coniughi al suo interno la giusta dose di leggerezza con numerosi spunti

ma che già adesso siamo arrivati a un buon punto: probabilmente l’unica cosa che andrebbe sistemata è la varietà degli articoli, riducendo la cronaca che, essendo un giornale mensile, risulta essere meno accattivante.K: Divertente, ma allo stesso tempo serio, dove appunto le persone possano esprimersi libe-ramente.

D: Che novità introdurreste?

ricoperto il ruolo di amministratrice e siamo riusciti a metterlo in risalto, anche con numerosi risvolti positivi. Credo fortemente che questa sia una delle cose su cui noi dobbiamo puntare: rendere il giornale più multimediale, più a portata di tutti coloro che non riescono ad avere una

CAMBIO DI GESTIONE ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

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copia del cartaceo perché quel giorno erano assenti oppure perché le copie non bastavano; gra-zie al supporto del sito, inoltre, si potrebbero allegare video e foto e permettere ai Beccarioti di approfondire i propri interessi. K: Vorrei aggiungere un oroscopo e una sezione di svago più ampio, senza ovviamente togliere spazio agli articoli di politica, attualità e cronache del Beccaria.

D: Che cosa vorreste fare per far leggere di più il giornale?

voglio rassicurarli: non penso che togliere i giochi faccia automaticamente aumentare l’atten-zione sugli articoli, quindi essendo un giornale anche fonte di svago trovo che sia corretto che

articoli più interessanti e accattivanti bisognerà lavorare di più proprio sul messaggio che i redattori vogliono trasmettere attraverso questi e, come ho detto prima, appoggiarsi maggior-mente alle componenti multimediali del sito. K: Sostanzialmente riporterei la risposta del punto 4.

D: Che cosa vi aspettate dai lettori?M: Io mi auguro che molti dei lettori diventino col tempo redattori e che si interessino a con-dividere le loro opinioni ed esperienze sul giornale. Spero che in futuro il ruolo del lettore,

progetto. Vorrei che anche i più timidi riuscissero a farne parte quindi… FATEVI AVANTI, VENITE ALLE RIUNIONI E SCRIVETE!! Scrivere è davvero un’esperienza impagabile, non solo perché vedere il proprio articolo e nome pubblicati sul giornale dà un’enorme soddi-sfazione, ma perché permette di esprimere il proprio punto di vista. Per chi comunque non se la sente di diventare redattore oppure non riesce a conciliare i suoi impegni, io mi auguro che con il tempo possa apprezzare il giornale, magari interagendo con i vari redattori per discutere delle posizioni che sono state esposte sul cartaceo.K: Vorrei che i lettori, invece di tenere le critiche per se, le esprimessero apertamente, in modo tale da poterci migliorare.

Matilde Capelli

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al mio primo giorno di scuola alle superiori e cerco di capire cosa è cambiato da allora. Ricordo com’ero insicura e un po’ titubante di fronte ad una vita scolastica che mi aspettavo completamente

ancora di quanto fu traumatizzante per me il primo mese di scuola: oltre al fatto che tra noi compa-gni non si parlava molto, poiché nessuno si era ancora aperto togliendo la propria corazza e quindi non conoscevo nessuno, si aggiunsero i professori che avevano iniziato a fare i primi compiti in classe. Il primo mese fu il peggiore; presi anche il primo cinque in latino (un buon modo per iniziare l’anno).Per fortuna col tempo ci siamo aperti tutti dalla nostra corazza, sia io che i miei compagni e abbia-mo iniziato a parlare e confrontarci .Avevo così scoperto con meraviglia che non ero l’unica a battersi per salvarsi da interrogazioni e brutti voti , ma che eravamo tutti sulla stessa barca.Solo allora eravamo diventati una classe, dove tutti condividevano ansie e paure per il compito di

per parare il fondo schiena a qualcun altro e chi magari non aveva capito qualcosa si faceva dare il quaderno da qualcuno per ricontrollarla.Tra i più brutti ricordi di questi due anni ci sono tutte quelle ansie che mi venivano prima che la prof chiamasse per l’interrogazione sulla lezione che (naturalmente) non avevo studiato. Credo di essere

Quando il professore stava per tirare il dado a trenta facce o stava per aprire a caso l’agenda sapevo

esultavamo e tiravamo un sospiro di sollievo. Questi però non sono stati anni solo di ansie e di paure ma anche di risate, come quando vai alla lavagna per fare un esercizio di matematica e non riesci mai a risolverlo e improvvisi sul momento; o come quando con battute dette a caso durante le ore si riesce a strappare un sorriso alla prof anche se è arrabbiata. Sono stati due anni passati per gran parte a cercare con i compagni di capire cosa stesse succedendo in una versione, a elemosinare gior-no per giorno cibo dalle altre persone, a mangiare i panini preparati dalla Rosanna, a fare fotocopie per conto della prof pur di saltare la lezione, a capirsi quando un professore sparava una cacchiata cercando di trattenere la risate. Due anni passati ad aiutarsi e a suggerirsi durante le interrogazioni per aiutare lo sfortunato interrogato sapendo benissimo che il giorno dopo potevamo essere noi. Ora sì, so che cosa è cambiato e che cos’è stato per me il biennio: due anni pieni di emozioni che mi hanno portato ad essere quella che sono.Naturalmente tornando alla realtà mi mancano ancora altri tre anni, circa altre 105 versioni di greco e altrettante di latino, quindi sarà meglio iniziare a prepararmi psicologicamente nel bene e nel male.

DUE ANNI DI BIENNIO

Clara Soldovieri

Matteo Cocci

Oggi è mercoledì 22 aprile. Ieri, un mio amico che “tiene i conti” mi ha ricordato (con gioia) che man-

di scrivere, in quanto studente di quinta, una sorta di “resoconto” sulla mia quinquennale esperienza in questa scuola. Il mio amico “della prima riga” non fa segreto del fatto che di andarsene da questa scuola lui non vede l’ora, e lo stesso mi sembra valga per la stragrande maggioranza di noi. Così tutte le volte che ci penso,

le volte che ci penso, è la nostalgia. Nostalgia perché sto per dividermi dalle persone con cui nel bene e nel male più ho trascorso gli ultimi cinque anni della mia vita. Nostalgia perché, nel bene e nel male, scenderò per l’ultima volta dopo il termine di una lezione quelle scale su cui saremo passati una quantità

Nostalgia perché chiudo una parentesi della mia vita, a ricordarmi come sempre quanto il tempo passi in fretta. Nostalgia, non lo so, perché perdo qualcosa, che non potrò più avere indietro, stupendo, passabile o invivibile che fosse. Dite che è grave? Quindi sulla base della mia esperienza, o malattia, che dir vogliate, vorrei darvi qualche suggerimento sul tempo che vi rimane da trascorrere a penare prima di uscire “a riveder le stelle”. Nel farlo mi rivolgo a voi, che nella maggior parte dei casi siete appena a metà, o appena prima, o appena dopo, insomma che per ora non avete motivo di essere tristi, ancora lontani dall’abbandonare in lacrime

Provate a cambiare punto di vista, a non vedere solo gli aspetti negativi del tempo che vi rimane da spen-dervi. Godetene anzi, per quel che potete. Non sprecate le occasioni che vi vengono offerte, non abbiate paura di vivere “al massimo” gli aspetti positivi di questa scuola. Cercate di vivere con partecipazione le mattine di scuola. Lo dico per voi, vi accorgerete di quanto passi più velocemente un’ora concentrandosi sulle parole degli insegnanti, anche se mortalmente noiose, e non sul non guardare le lancette dell’orolo-gio per quanto più tempo possibile. Ci sono passato anch’io, so quanto un’ora di lezione sappia apparire della stessa durata di un giorno. Trovate un po’ di piacere nello studio, orgoglio nella conoscenza. Non snobbate le attività che la scuola offre solo perché non obbligatorie. E’ il secondo anno che partecipo al laboratorio teatrale, e da gennaio sono entrato al giornalino (declino il grecale per evitarmi brutali umi-liazioni). E’ come se mi fossi svegliato tardi e stessi cercando di recuperare. E sono davvero contento di non aver continuato a dormire, fosse anche solo per il fatto che ho conosciuto persone nuove.

sono passato senza incidenti e vi dico che è possibile. Si dice che l’ambiente al Beccaria faccia schifo, che la coesione non ci sia. Voi iniziate a essere voi stessi, a fare le cose con un minimo di entusiasmo, e

CARPE LICEUM ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

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al mio primo giorno di scuola alle superiori e cerco di capire cosa è cambiato da allora. Ricordo com’ero insicura e un po’ titubante di fronte ad una vita scolastica che mi aspettavo completamente

ancora di quanto fu traumatizzante per me il primo mese di scuola: oltre al fatto che tra noi compa-gni non si parlava molto, poiché nessuno si era ancora aperto togliendo la propria corazza e quindi non conoscevo nessuno, si aggiunsero i professori che avevano iniziato a fare i primi compiti in classe. Il primo mese fu il peggiore; presi anche il primo cinque in latino (un buon modo per iniziare l’anno).Per fortuna col tempo ci siamo aperti tutti dalla nostra corazza, sia io che i miei compagni e abbia-mo iniziato a parlare e confrontarci .Avevo così scoperto con meraviglia che non ero l’unica a battersi per salvarsi da interrogazioni e brutti voti , ma che eravamo tutti sulla stessa barca.Solo allora eravamo diventati una classe, dove tutti condividevano ansie e paure per il compito di

per parare il fondo schiena a qualcun altro e chi magari non aveva capito qualcosa si faceva dare il quaderno da qualcuno per ricontrollarla.Tra i più brutti ricordi di questi due anni ci sono tutte quelle ansie che mi venivano prima che la prof chiamasse per l’interrogazione sulla lezione che (naturalmente) non avevo studiato. Credo di essere

Quando il professore stava per tirare il dado a trenta facce o stava per aprire a caso l’agenda sapevo

esultavamo e tiravamo un sospiro di sollievo. Questi però non sono stati anni solo di ansie e di paure ma anche di risate, come quando vai alla lavagna per fare un esercizio di matematica e non riesci mai a risolverlo e improvvisi sul momento; o come quando con battute dette a caso durante le ore si riesce a strappare un sorriso alla prof anche se è arrabbiata. Sono stati due anni passati per gran parte a cercare con i compagni di capire cosa stesse succedendo in una versione, a elemosinare gior-no per giorno cibo dalle altre persone, a mangiare i panini preparati dalla Rosanna, a fare fotocopie per conto della prof pur di saltare la lezione, a capirsi quando un professore sparava una cacchiata cercando di trattenere la risate. Due anni passati ad aiutarsi e a suggerirsi durante le interrogazioni per aiutare lo sfortunato interrogato sapendo benissimo che il giorno dopo potevamo essere noi. Ora sì, so che cosa è cambiato e che cos’è stato per me il biennio: due anni pieni di emozioni che mi hanno portato ad essere quella che sono.Naturalmente tornando alla realtà mi mancano ancora altri tre anni, circa altre 105 versioni di greco e altrettante di latino, quindi sarà meglio iniziare a prepararmi psicologicamente nel bene e nel male.

DUE ANNI DI BIENNIO

Clara Soldovieri

Matteo Cocci

Oggi è mercoledì 22 aprile. Ieri, un mio amico che “tiene i conti” mi ha ricordato (con gioia) che man-

di scrivere, in quanto studente di quinta, una sorta di “resoconto” sulla mia quinquennale esperienza in questa scuola. Il mio amico “della prima riga” non fa segreto del fatto che di andarsene da questa scuola lui non vede l’ora, e lo stesso mi sembra valga per la stragrande maggioranza di noi. Così tutte le volte che ci penso,

le volte che ci penso, è la nostalgia. Nostalgia perché sto per dividermi dalle persone con cui nel bene e nel male più ho trascorso gli ultimi cinque anni della mia vita. Nostalgia perché, nel bene e nel male, scenderò per l’ultima volta dopo il termine di una lezione quelle scale su cui saremo passati una quantità

Nostalgia perché chiudo una parentesi della mia vita, a ricordarmi come sempre quanto il tempo passi in fretta. Nostalgia, non lo so, perché perdo qualcosa, che non potrò più avere indietro, stupendo, passabile o invivibile che fosse. Dite che è grave? Quindi sulla base della mia esperienza, o malattia, che dir vogliate, vorrei darvi qualche suggerimento sul tempo che vi rimane da trascorrere a penare prima di uscire “a riveder le stelle”. Nel farlo mi rivolgo a voi, che nella maggior parte dei casi siete appena a metà, o appena prima, o appena dopo, insomma che per ora non avete motivo di essere tristi, ancora lontani dall’abbandonare in lacrime

Provate a cambiare punto di vista, a non vedere solo gli aspetti negativi del tempo che vi rimane da spen-dervi. Godetene anzi, per quel che potete. Non sprecate le occasioni che vi vengono offerte, non abbiate paura di vivere “al massimo” gli aspetti positivi di questa scuola. Cercate di vivere con partecipazione le mattine di scuola. Lo dico per voi, vi accorgerete di quanto passi più velocemente un’ora concentrandosi sulle parole degli insegnanti, anche se mortalmente noiose, e non sul non guardare le lancette dell’orolo-gio per quanto più tempo possibile. Ci sono passato anch’io, so quanto un’ora di lezione sappia apparire della stessa durata di un giorno. Trovate un po’ di piacere nello studio, orgoglio nella conoscenza. Non snobbate le attività che la scuola offre solo perché non obbligatorie. E’ il secondo anno che partecipo al laboratorio teatrale, e da gennaio sono entrato al giornalino (declino il grecale per evitarmi brutali umi-liazioni). E’ come se mi fossi svegliato tardi e stessi cercando di recuperare. E sono davvero contento di non aver continuato a dormire, fosse anche solo per il fatto che ho conosciuto persone nuove.

sono passato senza incidenti e vi dico che è possibile. Si dice che l’ambiente al Beccaria faccia schifo, che la coesione non ci sia. Voi iniziate a essere voi stessi, a fare le cose con un minimo di entusiasmo, e

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Nel 2013 Lucia Gaia ha vinto il titolo di Campionessa Nazionale Junior alla trave ed al corpo libero in ginnastica artistica. Ora è al primo anno del liceo classico Beccaria.

D: Quanti anni avevi quando hai iniziato ginnastica artistica? Perché hai scelto proprio questo sport? R: Ho iniziato ginnastica artistica quando ero in prima elementare e l’ho scelta perché prima

una disciplina completa e i miei genitori mi hanno consigliato la ginnastica artistica perché dicevano che stimolasse tutti i muscoli e facesse crescere le persone da tutti i punti di vista.

D: Perché avendo un impegno sportivo così importante hai scelto di fare una scuola mol-to impegnativa (quale il liceo classico Beccaria)? R: Già alle medie riuscivo a conciliare bene l’impegno della ginnastica con lo studio, avevo tutti buoni voti pur allenandomi quasi tutti i giorni. Ho scelto di iscrivermi al liceo classico per-ché mi interessava tantissimo il genere di scuola. Entrambi i miei genitori hanno frequentato questo liceo e me ne avevo parlato molto bene. Mi avevano avvisato del carico di studio che avrei dovuto affrontare e mi hanno detto che mi sarei dovuta impegnare molto. Consapevole dei numerosi impegni che avrei dovuto affrontare, ho scelto il Beccaria e ne sono molto soddi-sfatta, perché tutti i miei sforzi danno i frutti e sono molto orgogliosa di questo.

D: Come organizzi il tempo per tenere fede sia agli impegni sportivi che scolastici? R: Tutte le volte che torno da scuola inizio a studiare subito dopo pranzo, di solito non vado oltre le due/tre ore, vado a ginnastica per due ore e, spesso, quando torno a casa mi capita di studiare, ancora, circa mezz’oretta la sera. Il mio unico problema è che ho poco tempo per uscire con i miei amici, che infatti non se la prendono mai se non esco con loro perché cono-scono bene la mia situazione.

D: Come ti vedono i tuoi amici? E i professori?R: Gli amici che mi conoscono da sempre non sono molto sorpresi perché loro dicono che sono sempre stata una persona molto organizzata e quindi si aspettavano che sarei riuscita a gestire entrambi gli impegni. Gli altri, invece, mi chiedono come io faccia e molte volte mi capiscono quando sono in crisi. A volte mi capita di andare in confusione e di non riuscire più a gestire tutte le cose che devo fare. Per fortuna ci sono i miei amici che mi aiutano e che mi rassicurano. Da parte di alcuni professori c’è interesse per la mia attività agonistica, e mi chiedono i risultati delle competizioni, mentre con altri non è mai sorto l’argomento.

D: Durante l’anno hai mai pensato di non potercela fare? Pensi di riuscire a farcela an-che nei prossimi anni sapendo che il carico di studio aumenterà?R: Durante l’anno ho pensato molte volte di non farcela, specialmente all’inizio del trimestre perché dovevo abituarmi al nuovo carico di compiti, che è molto superiore a quello delle medie. All’inizio mi scoraggiava molto il fatto di tornare a casa, stanca, alla sera dopo gli allenamenti e trovarmi a dover fare ancora due versioni; ma con l’aiuto dei miei genitori sono riuscita a organizzarmi meglio e spero di riuscirci anche nei prossimi anni pur essendo con-sapevole che lo studio aumenterà. E’ stato fondamentale per me avere accanto amici che mi hanno aiutato nei momenti in cui avrei voluto mollare tutto.D: C’è qualcosa che hai imparato nello sport che ti è utile a scuola e qualcosa che hai imparato a scuola che ti serve nello sport? R: Dalla ginnastica artistica ho imparato molte cose che sono fondamentali anche nella vita

CAMPIONESSA NON SOLO AL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

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Matilde Capelli

che mentale, perché nella ginnastica è necessario avere uno schema per ogni cosa, per ricor-darsi l’ordine degli elementi, della musica e dei movimenti. Queste qualità sono fondamentali nella vita quotidiana, ovviamente utilizzate in modo diverso. La gestione della tensione, che prima di ogni gara è altissima, è fondamentale riuscire a gestirla anche tutti i giorni.

D: Cosa pensi di fare dopo il liceo classico arrivata a questi livelli con la ginnastica? R: Solitamente le ginnaste non vanno oltre i 18/19 anni nel praticare questo sport, soprattutto

ginnastica artistica, ma nemmeno mollerò la ginnastica a causa dello studio, quindi penso che diminuirò le ore di allenamento in modo da gestire meglio un’eventuale facoltà universitaria molto impegnativa.

DE BONI CHE HA COLLABORA-

NUMERO DELL’URLO DI APRILE E CI SCUSIAMO PER NON AVER

INSERITO IL SUO NOME

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Le ultime ricerche riguardanti la cura al “grande male” del genere umano possono aver imboccato una strada percorribile per trovare la tanto agognata soluzione. La trasmissione televisiva “Le Iene” ha ripor-tato testimonianze di uomini colpiti da questo male e a cui i medici prospettavano non molto da vivere: tutte le cure fornite dai medici, dalla chemioterapia alla radioterapia, non allentavano di molto la morsa

-to ad una dieta a base di soli vegetali proposta da medici oncologici che ha portato alla scomparsa totale

davvero i vegetali hanno un effetto curativo sui mali? Esporsi in maniera totale può rappresentare un

sono assai cauti. Il Prof. Umberto Veronesi si è dimostrato a favore della tesi alimentazione citando l’esempio del gorilla da cui discendiamo. Il gorilla è capace di soddisfare la richiesta di proteine giorna-liere pur essendo erbivoro: sopravvivere solamente mangiando proteine di origine vegetale è possibile secondo il Professore fondatore della fondazione che porta il suo nome (FondazioneVeronesi) dedita alla ricerca. Quali alimenti possono sostituire le proteine animali? Innanzitutto i legumi (ceci, fagioli, lentic-chie) che sono un punto cardine della dieta mediterranea ed hanno effetti di prevenzione contro problemi cardiovascolari e degenerativi tumorali. Gli alimenti che possiedono un’azione anticancro sono: gli ali-menti solforati appartenenti alla famiglia delle Alliacee (Aglio, Cipolla): questi alimenti devono essere assunti crudi o cotti brevemente a vapore I frutti di bosco possiedono pigmenti ad azione antiossidanti. Gli agrumi, di fondamentale importanza: è noto il rapporto tra l’alto consumo di agrumi freschi e il basso rischio di sviluppare tumori all’apparato digerente. I fattori che aumentano le probabilità di contrarre la malattia sono: i cnsumi eccessivi di alcolici (vino, birra) e superalcolici, carenza di vitamina C, Ferro

Siamo arrivati davanti ad una svolta epocale per il genere umano? Ai posteri l’ardua sentenza

CANCRO: SI PUÒ GUARIRE MUTANDO L’ALIMENTAZIONE?

Armando Bavaro

CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

Per inseguire un’utopia tanti si sono persi, innumerevoli hanno combattuto tremende guerre, alcuni si sono ritirati a vita eremitica, altri sono diventati dittatori, molti sono stati ammazzati, tantissimi sono

ma anche i suoi rischi e le sue criticità. Canfora nel suo nuovo libro mette a confronto l’utopia politica elaborata da Platone nella Repubblica, e la satira sferzante di Aristofane. Nelle Ecclesiazuse, infatti, il commediografo antico ribalta la prospettiva del sogno platonico: da uno stato dove i colti e i saggi do-minano e regolano la vita degli uomini, e dove le risorse, sono messe, tutte, a favore della collettività, ad un modello “democratico” in cui le donne (considerate “materia comunitaria” nel dialogo platonico) impongono un regime di comunismo integrale che costringe paradossalmente gli uomini a soddisfare i favori delle vecchie prima di poter ottenere l’attenzione di una bella ragazza. I due autori si confronta-no soprattutto sugli istituti fondamentali del vivere insieme: la famiglia e la proprietà. Quei valori che sembrano acquisiti, imprescindibili e vincolanti, eppure risultano nodi problematici in ogni tempo, ritor-nando sempre al centro del dibattito politico e del lavoro dei pensatori. Molti studiosi moderni, inoltre, sostengono che Aristofane abbia scritto le Ecclesiazuse anteriormente alla Repubblica di Platone, così da non credere alla ripresa che Aristofane avrebbe fatto del V libro della Repubblica e dunque dissentono del legame che Canfora istituisce tra i due autori. Canfora, al contrario, esponendo il problema dell’utopia, mette a confronto i due autori, sostenendo anche che la data dell’Ecclesiazuse è più tardiva di quel che si

viaggio in Sicilia (389 a.C.). Dalla Repubblica platonica, al sogno rinascimentale di una società gover-

autonomo, le società con i loro diversi temperamenti storici, hanno idealizzato alcuni modelli, i quali poi

non pensare a migliorare la condizione di vita umana.

LA CRISI DELL’UTOPIAARISTOFANE CONTRO PLATONE

Federica Dalle Carbonare

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di uno smartphone o a parlare assiduamente al telefono. Vediamo parchi vuoti e bambini a casa intenti a giocare con un tablet o con un videogioco. Vediamo un mondo sommerso da oggetti tecnologici e uomini che ne sono sempre più dipendenti. La tecnologia sta letteralmente tra-

Il cambiamento, però, è positivo o negativo? Ci sono vari aspetti che ci spingono ad apprezzare l’innovazione tecnologica, ma altrettanti che ci inducono al contrario. Sicuramente, uno dei punti a favore può essere la possibilità di comunicare, grazie ai social

accade ai nostri amici in tempo reale. Grazie alla televisione e a internet, inoltre, siamo infor-mati sugli avvenimenti mondiali e possiamo conoscere all’istante tutto ciò che ci interessa, stando semplicemente seduti su un divano. Tutta questa tecnologia, però, ci sta rendendo sempre più pigri e meno curiosi. La rete ha ormai la risposta a tutte le nostre domande: basta letteralmente muovere un dito e possiamo trova-re tutto ciò che cerchiamo. Grazie a uno smartphone possiamo ottenere le informazioni che vogliamo quando desideriamo e ovunque ci troviamo: è come se avessimo una grandissima memoria portatile, che possiamo consultare quando serve. Quindi non occorre più ricordare interi concetti, poiché li abbiamo sempre a portata di mano; di conseguenza non alleniamo più

causa di molti incidenti stradali: infatti parlare al telefono impegna molto il nostro cervello non facendoci reagire velocemente ai pericoli.

o conoscenti, senza tener conto dei loro sentimenti. Sono stati numerosi i casi di adolescenti che si sono suicidati dopo aver ricevuto molteplici offese. Per di più, spesso, viene violata la privacy e le foto che pubblichiamo compaiono sul web senza il nostro consenso. I social

contatto con la realtà.L’innovazione tecnologica, inoltre, ci sta rendendo schiavi: quasi ogni mese viene messo sul mercato un nuovo modello di smartphone o computer e molte persone, per rimanere al passo e non sentirsi escluse, comprano tali oggetti spendendo gran parte del loro stipendio. Avere l’ultimo modello di telefono, per i giovani, equivale a “essere all’altezza” e perderlo o danneg-giarlo è la più grande sfortuna che possa capitare. La tecnologia, se usata bene, può essere un grande mezzo comunicativo, ma, come per tutte le

COME LA TECNOLOGIA STA TRASFORMANDO LE NOSTRE VITE

CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

Debora Lombrado

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CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

pittore non possa più rappresentare la realtà ma debba cercare modi sempre più strani per esprimersi, rendendo l’arte contemporanea sempre più incomprensibile ed elitaria. Una delle tipologie artistiche

aver perso ogni sua utilità. A cosa serve farsi fare un ritratto quando ogni giorno ci scattiamo da soli una decina di foto (ditemi che non sono solo io a farlo)? Sono rimasto sorpreso, dunque, quando alla pi-nacoteca provinciale di Salerno ho visitato una mostra temporanea interamente dedicata ai ritratti di un artista contemporaneo salernitano, Eugenio Siniscalchi. Le opere che ho visto, poi, mi hanno partico-larmente colpito: c’era negli occhi dei soggetti rappresentati una vitalità, una forza espressiva che temo

decisamente realistici, spontanei, lontani dal freddo concettualismo dell’arte contemporanea, ma mai banali e scontati. Mi è sembrato naturale entrare in contatto con il signor Siniscalchi per fargli qualche domanda, e lui si è subito mostrato disponibilissimo a concedere un’intervista. Prima di leggerla, date un’occhiata alle sue opere (basta cercare il suo nome su google, il primo risultato è il suo blog persona-le; l’autore declina ogni responsabilità se vi beccano ad usare il telefono durante le lezioni).

-Potrebbe descrivermi brevemente il suo percorso artistico?

Ho frequentato il Liceo Artistico Andrea Sabatini di Salerno; terminati gli studi e sostenuto l’esame di ingresso accedo all’Accademia di Belle Arti di Firenze, ho avuto modo di approfondire la pittura, integrandola con vari corsi quale incisione e storia dell’arte, tecniche pittoriche, restauro, fonderia e scultura delle pietre dure. Tornato a Salerno mi sono dedicato per due anni al volontariato presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza di Salerno e Avellino Da questa iniziale esperienza ho poi lavorato come restauratore per privati e per la stessa Soprinten-

rimaste una costante.

-Cosa l’ha spinta a fare quello che fa?

Credo che tutto sia venuto in modo naturale, al pari delle più grandi invenzione dell’uomo, come dice Tullio Pericoli, riferendosi alla linea ed al colore. Credo quindi che il bambino capisca a pieno la valenza e la magia di questo mezzo e che poi gli artisti che sono un po’ bambini, non l’abbandonano per tutta la vita.

-Nelle sue opere ho visto allusioni e citazioni di altri artisti, chi l’ha maggiormente ispirata nel suo lavoro?

genio di tutti i tempi Leonardo. Naturalmente poi si sono avvicendati tutti i maggiori e i minori, o ritenuti tali, anche legati al locale serviti poi a trovare agganci a movimenti artistici che vanno oltre l’arte Salernitana o regionale. Non mi sento di dare maggiore e minore importanza alla mia formazione a nessun autore in particolare, sarebbero troppi. Certo è che subisco e ho sempre subito il fascino della

artisti dell’Impressionismo e le post-impressionismo ma come non ricordare la Secessione Viennese con Klimt e Schiele…

-Quanta importanza dà alla tradizione rispetto all’innovazione?

La tradizione sono la nostra identità, le nostre radici, è naturale poi che il tutto va calato nel quotidiano, nel presente talvolta trasgredendo regole tecniche, espressive e tematiche ma sempre con la massima coerenza e senza farsi attrarre dai facili guadagni e dalle scorciatoie stilistiche.

-Quale pensa sia il ruolo dell’arte nella società moderna?

L’arte è un potente mezzo espressivo e l’immagine è lo strumento che ci permette di relazionarci con immediatezza con il mondo circostante, quindi l’arte, nei differenti contesti, riesce a emozionare a por-re quesiti e trovare sensazioni in un dialogo con se stessi nella massima intimità, cosa importante oggi più che mai dove questa dimensione magica è sempre più rara.

-Ho visto che molti dei suoi quadri sono ritratti: quando ritrae qualcuno, cosa vuole cogliere di quella persona?

possa superare la temporalità della nostra esistenza.

-In generale, cosa vuole trasmettere a chi guarda una sua opera?

Mi piacerebbe trasmettere delle sensazioni piacevoli e di appagamento così come io provo quando sono dinanzi alle opere di grandi artisti, che nel vedere la mia produzione non ci si fermi alla ricerca della bravura tecnica o del virtuosismo espressivo.

-Spesso, a causa dell’attuale situazione economica, quando si tratta di scegliere cosa fare del proprio futuro i giovani scelgono una facoltà universitaria che garantisca loro un posto di lavoro sicuro, invece di seguire le proprie passioni che magari li porterebbero ad una carriera artistica. Cosa direbbe a questi ragazzi?

-scerla anche perché i giovani riescono in tante cose, forse io sono stato fortunato perché negato in quasi tutte le altre attività, la passione è quindi la preparazione che ne consegue sarà poi l’unico mezzo per avere il giusto riconoscimento per poi lavorare con passione soddisfazione e professionalità, con la voglia di aggiornarsi. -Cosa crede che sia ciò che contraddistingue un capolavoro?

dare un messaggio universale e non legato a un fatto quotidiano e quando lo fa esprima un concetto umano legato all’uomo in qualsiasi contesto storico e culturale.

INTERVISTA A EUGENIO SINISCALCHI

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CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ SPORT RECENSIONI MUSICA SVAGO

pittore non possa più rappresentare la realtà ma debba cercare modi sempre più strani per esprimersi, rendendo l’arte contemporanea sempre più incomprensibile ed elitaria. Una delle tipologie artistiche

aver perso ogni sua utilità. A cosa serve farsi fare un ritratto quando ogni giorno ci scattiamo da soli una decina di foto (ditemi che non sono solo io a farlo)? Sono rimasto sorpreso, dunque, quando alla pi-nacoteca provinciale di Salerno ho visitato una mostra temporanea interamente dedicata ai ritratti di un artista contemporaneo salernitano, Eugenio Siniscalchi. Le opere che ho visto, poi, mi hanno partico-larmente colpito: c’era negli occhi dei soggetti rappresentati una vitalità, una forza espressiva che temo

decisamente realistici, spontanei, lontani dal freddo concettualismo dell’arte contemporanea, ma mai banali e scontati. Mi è sembrato naturale entrare in contatto con il signor Siniscalchi per fargli qualche domanda, e lui si è subito mostrato disponibilissimo a concedere un’intervista. Prima di leggerla, date un’occhiata alle sue opere (basta cercare il suo nome su google, il primo risultato è il suo blog persona-le; l’autore declina ogni responsabilità se vi beccano ad usare il telefono durante le lezioni).

-Potrebbe descrivermi brevemente il suo percorso artistico?

Ho frequentato il Liceo Artistico Andrea Sabatini di Salerno; terminati gli studi e sostenuto l’esame di ingresso accedo all’Accademia di Belle Arti di Firenze, ho avuto modo di approfondire la pittura, integrandola con vari corsi quale incisione e storia dell’arte, tecniche pittoriche, restauro, fonderia e scultura delle pietre dure. Tornato a Salerno mi sono dedicato per due anni al volontariato presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza di Salerno e Avellino Da questa iniziale esperienza ho poi lavorato come restauratore per privati e per la stessa Soprinten-

rimaste una costante.

-Cosa l’ha spinta a fare quello che fa?

Credo che tutto sia venuto in modo naturale, al pari delle più grandi invenzione dell’uomo, come dice Tullio Pericoli, riferendosi alla linea ed al colore. Credo quindi che il bambino capisca a pieno la valenza e la magia di questo mezzo e che poi gli artisti che sono un po’ bambini, non l’abbandonano per tutta la vita.

-Nelle sue opere ho visto allusioni e citazioni di altri artisti, chi l’ha maggiormente ispirata nel suo lavoro?

genio di tutti i tempi Leonardo. Naturalmente poi si sono avvicendati tutti i maggiori e i minori, o ritenuti tali, anche legati al locale serviti poi a trovare agganci a movimenti artistici che vanno oltre l’arte Salernitana o regionale. Non mi sento di dare maggiore e minore importanza alla mia formazione a nessun autore in particolare, sarebbero troppi. Certo è che subisco e ho sempre subito il fascino della

artisti dell’Impressionismo e le post-impressionismo ma come non ricordare la Secessione Viennese con Klimt e Schiele…

-Quanta importanza dà alla tradizione rispetto all’innovazione?

La tradizione sono la nostra identità, le nostre radici, è naturale poi che il tutto va calato nel quotidiano, nel presente talvolta trasgredendo regole tecniche, espressive e tematiche ma sempre con la massima coerenza e senza farsi attrarre dai facili guadagni e dalle scorciatoie stilistiche.

-Quale pensa sia il ruolo dell’arte nella società moderna?

L’arte è un potente mezzo espressivo e l’immagine è lo strumento che ci permette di relazionarci con immediatezza con il mondo circostante, quindi l’arte, nei differenti contesti, riesce a emozionare a por-re quesiti e trovare sensazioni in un dialogo con se stessi nella massima intimità, cosa importante oggi più che mai dove questa dimensione magica è sempre più rara.

-Ho visto che molti dei suoi quadri sono ritratti: quando ritrae qualcuno, cosa vuole cogliere di quella persona?

possa superare la temporalità della nostra esistenza.

-In generale, cosa vuole trasmettere a chi guarda una sua opera?

Mi piacerebbe trasmettere delle sensazioni piacevoli e di appagamento così come io provo quando sono dinanzi alle opere di grandi artisti, che nel vedere la mia produzione non ci si fermi alla ricerca della bravura tecnica o del virtuosismo espressivo.

-Spesso, a causa dell’attuale situazione economica, quando si tratta di scegliere cosa fare del proprio futuro i giovani scelgono una facoltà universitaria che garantisca loro un posto di lavoro sicuro, invece di seguire le proprie passioni che magari li porterebbero ad una carriera artistica. Cosa direbbe a questi ragazzi?

-scerla anche perché i giovani riescono in tante cose, forse io sono stato fortunato perché negato in quasi tutte le altre attività, la passione è quindi la preparazione che ne consegue sarà poi l’unico mezzo per avere il giusto riconoscimento per poi lavorare con passione soddisfazione e professionalità, con la voglia di aggiornarsi. -Cosa crede che sia ciò che contraddistingue un capolavoro?

dare un messaggio universale e non legato a un fatto quotidiano e quando lo fa esprima un concetto umano legato all’uomo in qualsiasi contesto storico e culturale.

Matteo Azzimonti

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Arrivo a Bruxelles, zona stazione e lo spettacolo che mi si para davanti mi sconcerta.Dove sono le tipiche case colorate dai tetti a punta? Le chiese piene di dettagli dorati? Mi trovo in un’interminabile via piena di scritte in arabo e di uomini seduti nei nume-

scopro che queste piccole città nelle città sono tipiche del Belgio soprattutto nelle zone limitrofe, o almeno collegate, alle miniere.Ci sarebbero un milione di cose importanti da dire su questo tema ma mi limito a riassumere una parte fondamentale della storia belga: nel periodo dello sviluppo indu-striale, intorno alla metà del secolo scorso l’Italia e il Belgio si accordarono in modo che la prima ricevesse carbone in cambio di operai (soprattutto braccianti del sud disoccupati) da mandare a lavorare nelle miniere.

-de spirito di squadra, i dirigenti garantivano case, cure mediche e servizi per tutta la famiglia. Dopo circa un paio di decenni la manodopera italiana cominciò a mancare quindi il governo belga assoldò operai prevalentemente turchi che presero il posto degli italiani anche all’interno delle città.Avvicinandosi sempre di più verso la Grand Place ( una delle più belle piazze al mon-

-bab che lasciano lo spazio ai ristoranti che sfoggiano, coloratissimi, cartelli con scritti i menu, uno sguardo attento può notare un paio di elementi che si ripetono: “moules et frites” dette dagli amici ”cozze e patate fritte”.Piccola parentesi culinaria: altri cibi tipici altrettanto buoni sono la “cherry beer” ov-vero birra rosso brillante con un sapore molto dolce di fragola e cioccolato accompa-gnato dai gaufre, biscotti a quadratoni dolci o salati ma comunque buonissimi!Ma torniamo nella Grand Place sorvegliata dall’arcangelo Michele situato sulla gu-glia dorata più alta della cattedrale. Non lontano dalle luci calde della piazza ecco che incontro un piccolo nudista di bronzo attorniato da aggressivi Giapponesi armati

conosciute sul piccolo Julien, quella che lo vuole come salvatore della città. La storia racconta che fece...ehm...pipì sulla miccia di una bomba, salvando così Bruxelles e divenendo il suo eroe.Camminando in lungo e in largo per la città si possono scovare negli angoli più im-pensati delle vere e proprie opere d’arte: murales fatti da grandissimi fumettisti; avvi-cinandomi ai cartelli indicatori scopro che c’è un vero e proprio itinerario che turisti (e non) possono percorrere per cimentarsi in una vera e propria caccia al tesoro e, per chi non si accontenta, c’è il museo del fumetto (un altro simbolo della città).Salgo su un pullman che gira per Bruxelles, mi distraggo un attimo ed ecco che mi

-dosi a piccole aree verdi con panchine occupate da studenti e da impiegati incravattati che mangiano panini. Sono nel quartiere amministrativo sia europeo sia strettamente

Il “tour” mi porta sempre più lontano dal centro storico verso la zona dei padiglioni dell’expo, pubblicizzati al massimo. In lontananza si vedono, sopra le fronde degli alberi del Parco Heysel, che contiene una enorme serra con una delle collezioni più

NON SOLO CAVOLINICRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT MUSICA SVAGO

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Arrivo a Bruxelles, zona stazione e lo spettacolo che mi si para davanti mi sconcerta.Dove sono le tipiche case colorate dai tetti a punta? Le chiese piene di dettagli dorati? Mi trovo in un’interminabile via piena di scritte in arabo e di uomini seduti nei nume-

scopro che queste piccole città nelle città sono tipiche del Belgio soprattutto nelle zone limitrofe, o almeno collegate, alle miniere.Ci sarebbero un milione di cose importanti da dire su questo tema ma mi limito a riassumere una parte fondamentale della storia belga: nel periodo dello sviluppo indu-striale, intorno alla metà del secolo scorso l’Italia e il Belgio si accordarono in modo che la prima ricevesse carbone in cambio di operai (soprattutto braccianti del sud disoccupati) da mandare a lavorare nelle miniere.

-de spirito di squadra, i dirigenti garantivano case, cure mediche e servizi per tutta la famiglia. Dopo circa un paio di decenni la manodopera italiana cominciò a mancare quindi il governo belga assoldò operai prevalentemente turchi che presero il posto degli italiani anche all’interno delle città.Avvicinandosi sempre di più verso la Grand Place ( una delle più belle piazze al mon-

-bab che lasciano lo spazio ai ristoranti che sfoggiano, coloratissimi, cartelli con scritti i menu, uno sguardo attento può notare un paio di elementi che si ripetono: “moules et frites” dette dagli amici ”cozze e patate fritte”.Piccola parentesi culinaria: altri cibi tipici altrettanto buoni sono la “cherry beer” ov-vero birra rosso brillante con un sapore molto dolce di fragola e cioccolato accompa-gnato dai gaufre, biscotti a quadratoni dolci o salati ma comunque buonissimi!Ma torniamo nella Grand Place sorvegliata dall’arcangelo Michele situato sulla gu-glia dorata più alta della cattedrale. Non lontano dalle luci calde della piazza ecco che incontro un piccolo nudista di bronzo attorniato da aggressivi Giapponesi armati

conosciute sul piccolo Julien, quella che lo vuole come salvatore della città. La storia racconta che fece...ehm...pipì sulla miccia di una bomba, salvando così Bruxelles e divenendo il suo eroe.Camminando in lungo e in largo per la città si possono scovare negli angoli più im-pensati delle vere e proprie opere d’arte: murales fatti da grandissimi fumettisti; avvi-cinandomi ai cartelli indicatori scopro che c’è un vero e proprio itinerario che turisti (e non) possono percorrere per cimentarsi in una vera e propria caccia al tesoro e, per chi non si accontenta, c’è il museo del fumetto (un altro simbolo della città).Salgo su un pullman che gira per Bruxelles, mi distraggo un attimo ed ecco che mi

-dosi a piccole aree verdi con panchine occupate da studenti e da impiegati incravattati che mangiano panini. Sono nel quartiere amministrativo sia europeo sia strettamente

Il “tour” mi porta sempre più lontano dal centro storico verso la zona dei padiglioni dell’expo, pubblicizzati al massimo. In lontananza si vedono, sopra le fronde degli alberi del Parco Heysel, che contiene una enorme serra con una delle collezioni più

NON SOLO CAVOLINICRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT MUSICA SVAGO gradi al mondo di piante esotiche, un paio di grosse cupole argentate. Alta circa 102

metri, rappresenta un cristallo di ferro ingrandito 165 miliardi di volte. Ognuna delle 9 sfere che formano l’Atomium ha un diametro di 18 metri, che le rende adatte ad ospitare mostre, convegni, concerti, conferenze oltre alle normali esposizioni sempre presenti.Insomma si sarà capito che, nonostante la prima impressione, la città mi ha davvero stupito, il suo miscuglio di stili architettonici crea un piacevole disordine che desta interesse e che sorprende ma il resto lo lascio scoprire a voi!

Maria Chiara Fusco

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Per riassumere la mia opinione su questa pellicola potrebbe bastarmi un nome: Nicola Kidman. La

appoggia è stata senza dubbio azzeccata, in quan-to fornisce una prova attoriale superba e credibile mostrando l’evoluzione di Grace Kelly dopo il ma-trimonio con Ranieri di Monaco (interpretato da un sempre ottimo Tim Roth, noto per la sua colla-

che la porterà al ruolo più importante della sua carriera: quello di principessa del più piccolo stato sovrano al mondo. Uno stato sovrano che comun-que è tutt’altro che tranquillo, poiché la Francia di De Gaulle rappresenterà una costante minaccia per la sua indipendenza; questa ingombrante presenza,

nel 1962, non potranno che mettere pressione alla estenuante lotta di Grace per adattarsi alla sua nuo-va vita e al suo nuovo ruolo. Questo lungo proces-so ci viene mostrato in modo dinamico e mai no-ioso dalla regia di Olivier Dahan (La vie en rose; ha inoltre girato alcune clip musicali, tra gli altri,

momenti alla Kidman per mostrarci, grazie alla sua enorme abilità recitativa tutta la carica umana della Kelly. Non mancano infatti molte scene in cui emerge la personalità umile e semplice della protagonista, soprattutto nel privato, quando può essere sé stessa. A completare il cast artistico tro-viamo Milo Ventimiglia (Peter Petrelli di Heroes), Geraldine Soumerville e Paz Vega nel ruolo di Ma-ria Callas; tutti loro hanno parti ovviamente mar-ginali, ma importanti nel loro rapporto con Grace. Dal lato tecnico, grande lavoro di Eric Gautier che

vera gioia sia per gli occhi, che per le orecchie, che per il cuore.

CRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT MUSICA SVAGO

E sono 60: risale infatti al 1954, sessant’anni fa

creatura la cui origine radioattiva e la devastazione da lui provocata erano una chiara denuncia contro

-cleari. Nel corso degli anni in Giappone uscirono moltissimi seguiti, divisi in tre fasi diverse e pro-dotti per la maggior parte dalla Toho (produttrice anche del Ring giapponese e del Castello Errante

americano di Roland Emmerich, molto criticato in quanto per niente fedele alle caratteristiche origi-nali del mostro, aspetto compreso. In questo nuo-vo reboot il regista Gareth Edwards (per lui opera seconda dopo Monsters) ha restituito a Godzilla l’originaria dignità; peccato che la creatura epo-

davvero poco. Per ! della pellicola ci si concen-tra sui protagonisti umani, in particolare il soldato Ford Brody (Aaron Johnson) e due studiosi inter-

Ken Watanabe. Attori bravi, ma i loro sono perso-naggi davvero sterotipati e si trovano in situazioni troppo stereotipiche per essere usciti dalla penna

verde, The Majestic). Ora qualcuno dirà: e Bryan Cranston? Compare, è bravo e il suo personaggio è interessante, ma il suo ruolo è molto più margi-nale rispetto alle attese date dal trailer. Non me la

la CGI di Godzilla e delle altre creature presenti è realizzata in modo superbo e il mito originale di Godzilla (un essere superiore e indifferente all’uo-mo, involontario antieroe per coloro che considera formiche) viene ripreso e rivisto in una veste più

-bole, collassando nella seconda parte dopo un pri-mo tempo dignitoso e non viene aiutata da perso-naggi con un minimo di carisma. Se gli volete dare

Luca Murgia Luca Murgia

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LA VERIFICA DI MATEMATICAVISTA DA UNO DI PRIMA...

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Scopri con me che tipo di papa saresti!Se a tavola chiedi il sale, e non te lo passano, come reagisci?A) SCOMUNICAAAAAB) Non l’avrei chiesto, posso farcela da solo, perché avrei dovuto scomodare un fedele?C) Che compri un’indulgenza, e qualcun’altro mi passi il sale.Se un tuo amico ti dicesse che sei troppo oppressivo, come reagiresti?A) ...Scrivo una bolla papale, e poi lo scomunico.B) Ho sbagliato, chiedo perdono!C) Beh, ho sbagliato. Ma il tono con cui me l’ha detto non mi piaceva, dovrebbe comprare un indulgenza.

A) Perdonalo Gesù, perché non sa quello che fa.B) Non mi farei mai offrire una colazione! Ho i miei risparmi per questo.C) Me la paghi un altro.Se qualcuno ti dovesse tirare un ceffone, come reagiresti?A) TUTTO TRANNE I CEFFONI, TI PREGOOO!B) Porgerei l’altra guancia.C) Mi paghi l’assicurazione sulla salute.Il caffè come lo prendi?A) Normale, espresso.B) Non lo prendo.C) Con i soldi altrui.Sei milanista, e ti ritrovi davanti a un interista, che fai?

C) Che paghi per espiare questo peccato!Libro preferito?A) Leggo poco.

Canzone preferita?A) Highway to hell, ACDC.B) Alcune dello zecchino d’oro.

MAG. A: Sei Bonifacio VIII, però non scomunicarmi, voleva essere una cosa simpatica!MAG. B: Sei Papa Francesco, gioisci! Se vuoi un personaggio laico, sei Flanders.

TEST DEL PAPACRONACHE DEL BECCARIA ATTUALITÀ CULTURA SPORT RECENSIONI MUSICA

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