Il Mosaiko Kids 2-2004

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Anno 1 - n° 2 - novembre - dicembre 2004 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL) La redazione del Mosaiko a Firenze La redazione del Mosaiko a Firenze Presentato il progetto per la FEDERSERD Lunedì 18 ottobre 2004, presso il Palazzo dei Congressi di Firenze, si è svolto un conve- gno medico-scientifico di carattere internazionale organizzato dalla Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze (FEDERSERD). Il congres- so si intitolava “Le radici dell’innovazione: dipendenze – consumi – responsabilità sociali” e la redazione de Il Mosaico Kids ha partecipato con un proprio progetto di prevenzione del- le dipendenze che rappresenta lo sviluppo ideale del percorso intrapreso con la serata or- ganizzata in Sala Pessini – di cui vi abbiamo dato notizia nei numeri scorsi – e il cui titolo suona così: “Alcool e canne? Aggrediamo il problema con la sua aggressività. NELLA TA- NA DEL LUPO.” Quando siamo entrati al Palazzo dei Congressi, in una sala affollata di autorità, siamo sta- ti presi da un grande senso di smarrimento: la totalità dei partecipanti aveva alte qualifiche professionali e operava già da anni nel settore delle comunità di recupero dei tossicodi- pendenti. Noi eravamo lì soltanto con le nostre idee e la nostra voglia di fare! Sono basta- te poche parole, dette con la forza di un impegno sincero, a sciogliere ogni imbarazzo e a ritagliarci un nostro spazio significativo. Ora possiamo dire che siamo felici del traguardo che abbiamo raggiunto... E’ stata un’esperienza profonda e gratificante, abbiamo toccato con mano il dramma della droga e le straordinarie energie che si possono mobilitare intorno ad ogni battaglia per la salvezza di una giovane vita. Ringraziamo in modo particolare il dottor Cozzolino: il suo modo unico di porre i problemi, la sua disponibilità, il suo calore umano e il suo impegno morale hanno lasciato una traccia che custodiremo gelosamente. Per la redazione de Il Mosaiko Kids è stato un battesimo felice. Mimma Franco Il Mosaiko cammina con le sue gambe... A partire da questo numero Il Mosaiko Kids diventa un mensile indipendente e non uscirà più come supplemento gratuito del periodico comunale. Sarà possibile riceverlo tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 La vita troppo spesso è ruvi- da, per questo l’uomo ha il dono di sognare, ma se il sog- no diventa una condizione per- manente, se non c’è modo di svegliarsi, allora si trasforma in un incubo. La nostra società non insegna ad affrontare la vi- ta senza piegarsi, non mostra il sentiero che porta a di- ventare grandi, adulti, indipen- denti, sì, proprio quello lungo e in salita. Troppo spesso ci las- cia soli, nell’illusione che ci sia una strada più comoda, una scorciatoia per raggiungere le stelle. Se vuoi essere un grande devi cercare lo sballo, il divertimen- to proibito e pericoloso, quello che dà i brividi, quello più trasgressivo e impavido. Se vuoi essere un grande devi bere fino ad avere la vista ap- pannata, fino ad essere ridico- lo, perché no, magari fino a stare male. Come si possono combattere le dipendenze? Come si può insegnare che non basta una pillolina per condire la realtà di tutto il sale che le manca, e ri- darle il gusto che i nostri occhi non sanno più trovare merav- igliandosi delle cose del mon- do? Una caramella per fuggire le realtà che non ci piacciono, come un lenzuolo sulla testa per non vedere, ma che non cambierà le cose, o magari una pista bianca per sentire di essere potenti, grandi, senza limiti e senza legge, per sfidare la vita. Non si può sfidarla fuggendola, chi fugge è sem- pre un perdente e cadrà colpi- to alla schiena, non con le ferite sul petto di chi ha com- battuto. L’informazione resta l’arma migliore, ma perché sia effi - cace deve parlare la lingua che i giovani conoscono , non quella tecnica dei dottori o quella sdolcinata dei moralisti e deve arrivare là dove i gio - vani si concentrano, dove si trovano per divertirsi. Usiamo la strategia dei pubblicitari, questa volta però per promuo - vere un prodotto molto spe - ciale , che non è proprio un prodotto ma deve ottenere lo stesso effetto di una pubblicità martellante . Entrarti dentro. Poi, puoi credere che in realtà non ti influenzi affatto, ma come al supermercato la tua mano sceglie inconsciamente quell’articolo piuttosto che un altro, così quando ci ritrovere- mo faccia a faccia con la dro- ga, una forza inconscia ci terrà lontani, ci spingerà verso la scelta di non accettarla. Dove i giovani si ritrovano, chi vende droga c’è, attirato dalla domanda non si lascia scap- pare il giro d’affari che offre un grande mercato. Anche noi vogliamo essere lì, a vendere il non prodotto; difficile convin- cere qualcuno a non comprare qualcosa senza offrire un’alter- nativa, ma dalla nostra ci sono parecchie carte da giocare. Primo, l’informazione è gratui - ta e dire no agli stupefacenti è economico, un gran risparmio: di soldi, di sofferenza, di vite. Secondo, vendendo un prodotto legale non abbiamo bisogno di nasconderci e pos - siamo incidere significativa - mente sul target che vogliamo condizionare impiegando testi - monial d’eccezione, proprio come le pubblicità. Chi vende droga è costretto a sussurrare all’orecchio restando nell’om- bra, noi che regaliamo infor- mazione possiamo invece alzare la voce, gridare così che ci sentano tutti, da sopra un palco così come da dentro un campo da calcio, ovunque ci siano riflettori, dove l’atten- zione dei giovani sia concen- trata. I giovani non ascoltano volen- tieri i sermoni, evitano le con- ferenze, non accettano con- sigli, ma c’è sempre un ultimo modo per raggiungerli coi no- stri messaggi: metterli in bocca ai personaggi, ai modelli a cui i giovani tendono , quelli che sanno regalargli emozioni, quelli ai quali vorrebbero as- somigliare almeno un pochino per realizzare il sogno della loro vita, per sentirsi grandi, di successo, restando per questo spesso condannati a inseguirli senza speranza, senza altri obiettivi, destinati a perdersi per regalarsi l’illusione di aver- li raggiunti. Sono loro che devono dare l’e - sempio: cantanti, attori, sportivi, bellissimi e bellissime della TV, grandi fratelli, comici, ecc...ecc... Tra i luoghi più fruttiferi per questa vendita promozionale, quelli più frequentati e dove è possibile raggiungere un nu- mero altissimo di persone del- la fascia d’età più a rischio: i concerti, le discoteche e gli stadi. In discoteca i giovani vanno per ballare e certo con nes- suna voglia di sorbirsi una lezione di morale, anche la dis- coteca più “in” chiude se si az- zarda a fare serate di discus- “Come si possono combattere le dipendenze? Come si può insegnare che non basta una pillo- lina per condire la realtà di tutto il sale che le manca, e ridarle il gusto che i nostri occhi non sanno più trovare meravigliandosi delle cose del mondo?...” Firenze 17- 20 ottobre 2004 - Palazzo dei congressi LIVIA SILVIA IL NOSTRO PROGETTO ALCOOL E CANNE? AGGREDIAMO IL PROBLEMA CON LA SUA AGGRESSIVITÀ... N N E E L L L L A A T T A A N N A A D D E E L L L L U U P P O O ECCO COME E’ STATO PRESENTATO: CONTINUA A PAG.2 “... chi ha smesso di amare la vita , non ha paura di perderla, la tratta con disprezzo come se non fosse la sua... - Insegnamo loro ad apprezzarla e difenderla.”

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Il periodico dell'associazione Il Mosaiko Kids

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Anno 1 - n° 2 - novembre - dicembre 2004 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL)

La redazione del Mosaiko a FirenzeLa redazione del Mosaiko a FirenzePresentato il progetto per la FEDERSERD

Lunedì 18 ottobre 2004, presso il Palazzo dei Congressi di Firenze, si è svolto un conve-gno medico-scientifico di carattere internazionale organizzato dalla Federazione Italianadegli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze (FEDERSERD). Il congres-so si intitolava “Le radici dell’innovazione: dipendenze – consumi – responsabilità sociali” ela redazione de Il Mosaico Kids ha partecipato con un proprio progetto di prevenzione del-le dipendenze che rappresenta lo sviluppo ideale del percorso intrapreso con la serata or-ganizzata in Sala Pessini – di cui vi abbiamo dato notizia nei numeri scorsi – e il cui titolosuona così: “Alcool e canne? Aggrediamo il problema con la sua aggressività. NELLA TA-NA DEL LUPO.”Quando siamo entrati al Palazzo dei Congressi, in una sala affollata di autorità, siamo sta-ti presi da un grande senso di smarrimento: la totalità dei partecipanti aveva alte qualificheprofessionali e operava già da anni nel settore delle comunità di recupero dei tossicodi-pendenti. Noi eravamo lì soltanto con le nostre idee e la nostra voglia di fare! Sono basta-te poche parole, dette con la forza di un impegno sincero, a sciogliere ogni imbarazzo e aritagliarci un nostro spazio significativo. Ora possiamo dire che siamo felici del traguardoche abbiamo raggiunto...E’ stata un’esperienza profonda e gratificante, abbiamo toccato con mano il dramma delladroga e le straordinarie energie che si possono mobilitare intorno ad ogni battaglia per lasalvezza di una giovane vita. Ringraziamo in modo particolare il dottor Cozzolino: il suomodo unico di porre i problemi, la sua disponibilità, il suo calore umano e il suo impegnomorale hanno lasciato una traccia che custodiremo gelosamente. Per la redazione de IlMosaiko Kids è stato un battesimo felice.

Mimma Franco

Il Mosaiko cammina con le sue gambe...A partire da questo numero Il Mosaiko Kids diventa un mensile indipendente e non usciràpiù come supplemento gratuito del periodico comunale. Sarà possibile riceverlo tramiteabbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo:Favolarevia Editorevia C. Alberto, 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018

La vita troppo spesso è ruvi-da, per questo l’uomo ha ildono di sognare, ma se il sog-no diventa una condizione per-manente, se non c’è modo disvegliarsi, allora si trasforma inun incubo. La nostra societànon insegna ad affrontare la vi-ta senza piegarsi, non mostrail sentiero che porta a di-ventare grandi, adulti, indipen-denti, sì, proprio quello lungo ein salita. Troppo spesso ci las-cia soli, nell’illusione che ci siauna strada più comoda, unascorciatoia per raggiungere lestelle. Se vuoi essere un grande devicercare lo sballo, il divertimen-to proibito e pericoloso, quelloche dà i brividi, quello piùtrasgressivo e impavido. Sevuoi essere un grande devibere fino ad avere la vista ap-pannata, fino ad essere ridico-lo, perché no, magari fino astare male. Come si possono combatterele dipendenze? Come si puòinsegnare che non basta unapillolina per condire la realtà ditutto il sale che le manca, e ri-darle il gusto che i nostri occhinon sanno più trovare merav-igliandosi delle cose del mon-do? Una caramella per fuggirele realtà che non ci piacciono,come un lenzuolo sulla testaper non vedere, ma che noncambierà le cose, o magariuna pista bianca per sentire diessere potenti, grandi, senzalimiti e senza legge, per sfidarela vita. Non si può sfidarlafuggendola, chi fugge è sem-pre un perdente e cadrà colpi-to alla schiena, non con leferite sul petto di chi ha com-battuto.

L’informazione resta l’armamigliore, ma perché sia effi-cace deve parlare la linguache i giovani conoscono, nonquella tecnica dei dottori oquella sdolcinata dei moralistie deve arrivare là dove i gio-vani si concentrano, dove sitrovano per divertirsi. Usiamola strategia dei pubblicitari,questa volta però per promuo-vere un prodotto molto spe-ciale, che non è proprio unprodotto ma deve ottenere lostesso effetto di una pubblicitàmartellante. Entrarti dentro.Poi, puoi credere che in realtànon ti influenzi affatto, macome al supermercato la tuamano sceglie inconsciamentequell’articolo piuttosto che unaltro, così quando ci ritrovere-mo faccia a faccia con la dro-ga, una forza inconscia ci terràlontani, ci spingerà verso lascelta di non accettarla.Dove i giovani si ritrovano, chivende droga c’è, attirato dalladomanda non si lascia scap-pare il giro d’affari che offre ungrande mercato. Anche noi vogliamo essere lì, a vendere ilnon prodotto; difficile convin-cere qualcuno a non comprarequalcosa senza offrire un’alter-nativa, ma dalla nostra ci sonoparecchie carte da giocare.Primo, l’informazione è gratui-ta e dire no agli stupefacenti èeconomico, un gran risparmio:di soldi, di sofferenza, di vite.Secondo, vendendo unprodotto legale non abbiamobisogno di nasconderci e pos-siamo incidere significativa-mente sul target che vogliamocondizionare impiegando testi-monial d’eccezione, propriocome le pubblicità. Chi vende

droga è costretto a sussurrareall’orecchio restando nell’om-bra, noi che regaliamo infor-mazione possiamo invecealzare la voce, gridare cosìche ci sentano tutti, da sopraun palco così come da dentroun campo da calcio, ovunqueci siano riflettori, dove l’atten-zione dei giovani sia concen-trata.I giovani non ascoltano volen-tieri i sermoni, evitano le con-ferenze, non accettano con-sigli, ma c’è sempre un ultimomodo per raggiungerli coi no-stri messaggi: metterli in boccaai personaggi, ai modelli a cui igiovani tendono, quelli chesanno regalargli emozioni,quelli ai quali vorrebbero as-somigliare almeno un pochinoper realizzare il sogno dellaloro vita, per sentirsi grandi, disuccesso, restando per questospesso condannati a inseguirlisenza speranza, senza altriobiettivi, destinati a perdersiper regalarsi l’illusione di aver-li raggiunti.Sono loro che devono dare l’e-sempio: cantanti, attori,sportivi, bellissimi e bellissimedella TV, grandi fratelli, comici,ecc...ecc...Tra i luoghi più fruttiferi perquesta vendita promozionale,quelli più frequentati e dove èpossibile raggiungere un nu-mero altissimo di persone del-la fascia d’età più a rischio: iconcerti, le discoteche e glistadi.In discoteca i giovani vannoper ballare e certo con nes-suna voglia di sorbirsi unalezione di morale, anche la dis-coteca più “in” chiude se si az-zarda a fare serate di discus-

“Come si possono combattere le dipendenze? Come si può insegnare che non basta una pillo-lina per condire la realtà di tutto il sale che le manca, e ridarle il gusto che i nostri occhi nonsanno più trovare meravigliandosi delle cose del mondo?...”

Firenze 17- 20 ottobre 2004 - Palazzo dei congressi

LIVIA SILVIA

IL NOSTRO PROGETTO ALCOOL E CANNE?

AGGREDIAMO IL PROBLEMA CON LA SUA AGGRESSIVITÀ...

NNEELLLLAA ““TTAANNAA DDEELL LLUUPPOO””

E C C O C O M E E ’ S TAT O P R E S E N TAT O :

CONTINUA A PAG.2

“... chi ha smesso di amare la vita , non ha paura di perderla, la tratta con disprezzo come senon fosse la sua... - Insegnamo loro ad apprezzarla e difenderla.”

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NAT U R A N E L C E S

TO

Da sinistra Paolo al computer, Livia e Silvia

Da sinistra Mimma, Livia, Dott. Prof. Edoardo Cozzolino Primario Serd di Milano - dirigen-

te FEDERSERD - Silvia.

sioni contro la droga, ma ne hainvece un ritorno di immaginese invita una di quelle personespeciali, di quelle capaci di at-tirare centinaia e centinaia difan e curiosi disposti a tuttopur di vederle e che accetter-anno di buon grado se per unamanciata di minuti la musica siferma, il loro beniamino firmadue autografi, canta una can-zone o racconta una barzellet-ta e condisce il tutto con un

messaggio, unavvertimento, masoprattutto l’e-sempio.Negli stadi il dis-corso sarebbesimile, col van-taggio che cisarebbero moltee molte più per-sone, che siritrovano parec-chio prima del fis-chio d’inizio peressere sicure dinon perdersinemmeno un is-tante... perchénon intrattenerle?È un momentoprezioso quelloprima della parti-ta che può es-

sere usato perfare informazione, perchéqualcuno spieghi, racconti,testimoni qual è il futuro di chisceglie di fuggire la realtà. Manon è l’unica occasione, per-ché il momento più incisivosarebbe all’entrata dei gioca-tori in campo, quando tutti glisguardi sono su di loro e l’at-tenzione di migliaia di personesi concentra persino sul lorotaglio di capelli, ci vorrebbepoco allora per un microfono

passato da una mano all’altra,uno slogan o più d’uno urlati agran voce dai capitani o da tut-ti quanti, lo stadio che rimbom-ba e si scuote un po’ prima diripiombare nel silenzio teso dichi ha il fiato sospeso per ungioco preso troppo sul seriomentre con leggerezza si gio-ca la vita. Oppure si potrebbero realiz-zare delle t-shirt da far indos-sare ai giocatori con slogan in-cisivi e una grafica il più possi-bile accattivante. Chi è nelcampo della pubblicitàconosce la potenza del mes-saggio che sprigionano lemagliette degli sportivi o icartelloni a bordo campo e cer-ca di accaparrarsene un pezzoper esporre il suo marchio.Anche la lotta alla droga nedovrebbe avere uno edovrebbe fare il più possibiletendenza, andare di moda, es-sere stampato sulle magliettee le bandane, sulle borse ditela che oggi vanno per lamaggiore tra gli accessori. E sipotrebbero anche allegare inomaggio ai giornali che leg-gono i ragazzini o lanciare aiconcerti. Un marchio e unafrase, tante frasi, dalla graficaattraente, capaci di diventareun simbolo da mostrare con

Quando la voglia di fare viene premiata.

Ci siamo sentiti importanti, il nostro progetto catalizzava l’attenzione del pubblico e delle persone prepostea valutarlo. In parte erano colpiti dalla nostra fresca età, entrata come una folata di vento a scompigliare leloro coriacee convinzioni secondo cui i giovani non hanno ideali, non hanno interessi o voglia di fare e sene lavano le mani dei problemi che li circondano, persino di quelli che riguardano loro stessi.Noi invece eravamo lì, imbarazzati e disorientati ci muovevamo in un ambiente che non sentivamo pro-priamente nostro, ma determinati a presentare un progetto del quale vogliamo essere artefici più ancorache autori.E siamo stati premiati, specialmente ricompensati con l’appagante soddisfazione di vedere una nostra ideaconsiderata e apprezzata, poi perché finalmente sappiamo che c’è qualcuno disposto ad ascoltare la no-stra voce.Il mondo degli adulti lo fa troppo poco spesso, ormai convinto che vuoti come siamo non abbiamo nulla dadire. Ma non c’è nulla di più sbagliato del continuare a trattarci come incapaci, nutrendoci solo di realityshow e tv spazzatura, continuando così a prendere scelte al posto nostro, guidandoci per mano come bam-bini senza responsalizzarci mai, impedendoci così di crescere.È sbagliato, perché invece noi di idee ne abbiamo eccome, e meritano di essere realizzate.Nel progetto ci abbiamo messo entusiasmo e la speranza forse un po’ ingenua, ma che non dovrebbe maiandare perduta con l’età, di poter cambiare il mondo, magari anche solo uno spicchio.Perché siamo convinti che non ci sia niente di più sbagliato che smettere di credere nelle cose impossibi-li, è l’unico modo per farle diventare tali. Non conosciamo però quale sia la strada, l’iter da seguire, il canale giusto da percorrere per arrivare al tra-guardo, sappiamo solo qual è il nostro obiettivo, ma abbiamo bisogno di qualcuno che s’imbarchi con noie ci accompagni, o perlomeno ci indichi la strada.Ora sappiamo che non siamo soli e che qualcuno è disposto ad aiutarci e andremo avanti.Il successo, per noi già importantissimo, ottenuto a Firenze dovrà essere solo l’inizio.

Silvia Pareti

Siamo andati a difendere le nostre idee. Siamo andati a muovere qualcosa perché qualcosa sia fatto. Sia-mo andati con un progetto con il quale vogliamo dare aiuto. Siamo andati con la speranza di riuscirci.È così che la nostra voce è arrivata fin là, fino alle scrivanie di chi è esperto e capace, ma lo stesso dis-posto ad ascoltare un progetto, a valutare un’idea, anche se espressa da qualcuno che di certo non hagran preparazione.Perché un’idea è qualcosa spesso al di fuori della conoscenza, è un modo diverso di vedere un problemaper trovare un’altra via per combatterlo.Ma più importante l’idea è nata da NOI, noi giovani che magari non ci siamo ancora imbattuti in quelle ten-tazioni e in quei pericoli ma che li abbiamo sempre presenti, mai troppo lontani o troppo deboli per abbas-sare la guardia e per illudersi di essere salvi e al di fuori di ogni pericolo.Siamo stati noi a dare l’idea, a far partire il progetto. E saremo ancora noi a darci da fare perché questonon rimanga tra le mille intentate ipotesi di una difficile soluzione. A Firenze abbiamo raggiunto un tra-guardo, abbiamo vinto una battaglia ma non abbiamo ancora vinto questa durissima guerra che sta lenta-mente uscendo dall’ombra a minacciare oramai troppe persone per rimanere neutrali. Dobbiamo dargli battaglia, ma non lo possiamo fare da soli. Qui dove persino i più abili, armati dei miglio-ri mezzi e grandi risorse, non hanno saputo trovare vittoria, noi da soli non possiamo che muovere goccenel mare, abbiamo bisogno di un aiuto per continuare quello che a Firenze abbiamo creato.A Firenze non abbiamo perso ma con l’aiuto di chi può cambiare le cose, possiamo vincere.

Paolo Pareti.

orgoglio come un abito griffato. Degli esempi?

Certo le mode non nascono dal nulla, per questo anche qui entrano in gioco di nuovo loro, i per-sonaggi del magico mondo dello spettacolo, troppo spesso definito a torto o a ragione vuoto e sen-za valori, che dovrebbero essere il trampolino di lancio, comparendo sulle riviste, agli spettacoli enegli show con questi indumenti. Resta solo da sperare che come per tutto il resto, vengano imitati. Questo il nostro progetto per aiutare giovani come noi a non lasciarsi allettare dalle false promessedi un mondo illusorio. Non vogliamo agitare davanti a chi si droga lo spettro della morte, perchè chiha smesso di amare la vita, non ha paura di perderla, la tratta con disprezzo come se non fosse lasua. Vogliamo insegnar loro ad apprezzarla e difenderla perché consapevoli dei rischi che incontra-no, perché consci di quanto è preziosa, perché coscienti che le difficoltà non si superano fuggendo,ma soprattutto... perché anche i loro miti lo fanno! Da un piccolo paese di una piccola cittadina di provincia siamo giunti fino a qui per chiedervi a granvoce di ascoltarci e per dimostrarvi che tutti possono attivarsi per affrontare i problemi, e che se noisiamo riusciti a muovere qualcosa, seppure una goccia nel mare, noi che abbiamo solo le nostreidee e la voglia di fare ad armarci i pensieri, voi e chi ne ha il potere, potete fare moltissimo. Esserequi per noi è già un traguardo. Restate al nostro fianco e ripartiremo per altri più importanti e lon-tani..Grazie.

Mimma Franco - Silvia Pareti - Livia Granata - Marta Lamanuzzi - Paolo Pareti

Se proprio vuoi un

padrone

Non sceglierti un assassinoOgni istante è immenso

se non lo schiacci con le tue

mani. La felicità in pillole non esiste,

la morte in pillole sì.

Sei già in un sogno

se non cerchi l’incubo.

Da sinistra Paolo, Claudio, Mimma e Silvia

Firenze Palazzo dei Congressi

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Collegamento rapido con la redazionedi Davide Varni

rispOSTA alla pOSTA propOSTACari e-lettori e lettrici, questi e quelle (per me pari sono), soggetti e complementi og-getti, individui ed individue, ragazzi e ragazze, tizio, caio e sempronio, qui quo qua …In questo numero siamo andati ben oltre. Oltre alla posta normale, oltre agli articolimandati da voi, oltre tutto, Oltrepò: potete mandarci lettere, messaggi, e-mail, buste,scritti, frasi, circolari, note e tutto ciò che vi può eventualmente passare per il cervel-letto. Io in primis, ma anche altri membri della Vostra redazione preferita, cercheremodi rispondere ai messaggi che arriveranno. Non c’è limite agli argomenti che possiamotrattare assieme, da quelli divertenti ad altri più seri, dai conforti morali ai poveri interi-sti alle informazioni sui vostri giornalisti preferiti, insomma, basta divertirsi.Le lettere pubblicabili – dipenderà dallo spazio messo a disposizione e dalla lunghez-za dei messaggi- verranno commentate.NON SI RISPONDE PERSONALMENTE tranne in alcuni casi a mio esclusivo verdet-to. Ciapa lì.Che dire ancora? SCRIVETE: A questi indirizzi di posta elettronica:[email protected] silvia [email protected] (Silvia)

Intervista a Alessandra Tava eGiulia Leva, selezionate perfar parte delle Azzurrine delbasket, le future promesse del-la pallacanestro italiana. Ledue ragazze entrano a far par-te del vivaio da cui uscirannole giocatrici della squadra na-zionale: un grande orgoglioper lo sport castelnovese, maanche un grande impegno euna grande prova di responsa-bilità per le nostre giovanicompaesane.

Raccontateci la vostra espe-rienzaA. Ho iniziato a giocare a Ba-sket da piccola, mi piaceva eho continuato; l’anno scorso cihanno convocato per due alle-namenti, poi mi è arrivata laconvocazione per Bormio2003.Quest’ anno siamo andate adAsti per una selezione, così cihanno chiamato per un torneoa Venezia; siamo andate ad al-tri allenamenti e poi la convo-cazione per il Trofeo delle Re-gioni a Monopoli. Infine Bormio2004: in quest’ultimo torneo cihanno scelto per un’altra setti-mana di specializzazione edinfine l’ ultima convocazioneper il progetto Azzurrina.G. Tutte le nostre esperienzele ha già raccontate Alessan-dra; io mi voglio soffermaresull’ultima, Bormio 2004…Quando mi hanno chiamatoper restare una settimana inpiù ero felice, ma avevo pau-ra… Paura di sbagliare perchéil traguardo da raggiungerenon era facile. Ho visto ragaz-ze di altre regioni più brave di

me e non pensavo che mi sce-gliessero, invece la notizia èarrivata dopo poche settimanee non ci credevo.Per l’immediato futuro cosaprevedete?A. Sinceramente, attualmentenon si può prevedere un futu-ro, io mi diverto a giocare a ba-sket e non ho idee per l’avve-nire, quello che dovrà succe-dere accadrà.G. Io non prevedo, vorrei solorealizzare il mio sogno, che èquello di arrivare a livelli alti,ma adesso il modo miglioreper andare avanti è divertirsi,alla fine è solo un gioco, in fu-turo si vedrà, magari il giocodiventerà qualcosa di serio…Fare parte di una selezionenazionale è sicuramente unagrandissima soddisfazione,quali sono le tue sensazioniA. Sicuramente felicità, vogliadi giocare, conoscere nuoveragazze ma anche un po’ dipaura, che sono sicura passe-rà col tempo, tutto questo peròtenendo sempre i piedi per ter-ra, cosa secondo me molto im-portante.G. Appena mi è arrivata laconvocazione non stavo piùnella pelle, ero felice e nonavrei mai pensato di poter arri-vare fin qui…. Dopo qualchegiorno mi accorsi che non c’e-ra solo la felicità ma anche lapaura. Un allenatore nuovonon immagini cosa si aspettida te e poi ragazze nuove, nonsai com’è il loro gioco e deviabituatici. Comunque speroche col tempo questa paurapassi.Nel basket vedi sempre e so-

lo un gioco oppure rappre-senta qualcosa di più?A. Giocare a basket è un di-vertimento anche se per mec’è qualcosa di più, non vuolesolo dire prendere la palla epalleggiare, la mia è una pas-sione, non so come spiegare,quando sono davanti ad un ca-nestro c’è qualcosa dentro dime che mi fa stare bene, mi fasognare, una sensazione uni-ca…G. Sicuramente all’ inizio lovedevo come un gioco e comeho già detto non avrei mai pen-sato di arrivare fin lì. Dopo laconvocazione ho capito che èqualcosa di più che un gioco..È l’impegno, la passione, lavoglia di andare avanti perchéquesto è il momento in cui nonbisogna mollare…Come ti sei avvicinata al ba-sket? È stata una scelta ob-bligata o ti attirava comun-que?A. Beh, si può dire che sononata con la palla in mano, qua-si tutta la mia famiglia pratica-va questo sport, quindi unaspinta verso il basket già c’era,comunque non sono stati i mieigenitori ad obbligarmi a gioca-re.G. Devo dire che sono statafortunata perché fin da piccola,da quando ho iniziato, ho sem-pre giocato con le ragazze piùgrandi di me, perché seguivomia sorella Chiara, che anchelei gioca a basket ed è una ’88;grazie a lei ho scoperto questofantastico sport e quindi se so-no nelle azzurrine è gran partemerito suo.Però nessuno hamai dovuto obbligarmi a inizia-

re questo sport.Sono stata fortunata ancheperché ho avuto fin dall’inizioallenatori che ci hanno credutosempre, non solo in me ed Alema in ognuna delle ragazze.Gli impegni agonistici sonoaumentati; oltre al BasketCastelnuovo si sono aggiun-ti allenamenti periodici a To-rino, partite, tornei. Non-ostante tutto ciò riesci aconciliare bene sport e stu-dio?A. Fin ora ci sono riuscita,adesso gli impegni sono au-mentati, spero di riuscire ad or-ganizzarmi come ho semprefatto.G. Sono riuscita a conciliarestudio e sport anche nei mo-menti più difficili, che fino adadesso ci sono stati,quindispero di riuscirci anche ora.Voglio vivere la vita giorno pergiorno, senza pensare al do-mani!Si fa troppo poco sport ascuola o ritieni che siano leore ad esso dedicate? E co-me è stata la tua esperienzaa Castelnuovo?A. Quest’anno abbiamo fattoabbastanza attività: torneo dipallavolo,3 contro 3 di basketregionale e tre ore di fisica lasettimana. La mia esperienzaa Castelnuovo è stata fantasti-ca, un paesino così, che peròmi ha fatto crescere, e non po-co, e per questo devo ringra-ziare i miei allenatori, le perso-ne che mi hanno aiutato e lemie compagne che mi sonosempre state vicine.G. Ho sentito alcune mie ami-che di altri paesi che di sport

ne fanno un’ora alla settimana,quindi credo che le nostre oredi sport bastino…. Poi nellanostra scuola si fanno tornei dipallavolo, si gioca a calcio e abasket e si fanno test fisici. Sepotessi scegliere vorrei fare al-meno un’ora tutti i giorni!! Pen-so di essere molto fortunata,come ho già detto, ho avuto al-lenatori che mi hanno semprevoluto bene e che mi hannoseguita da piccola e mi seguo-no ancora.

Ringrazio tutti quanti, dagli al-lenatori alle mie compagne disquadra … Soprattutto mia so-rella perché è stata lei a farmiiniziare e a farmi arrivare finqui. Ma anche mia mamma,che oltre ad essere stata miaaccompagnatrice mi è semprestata vicino. Ringrazio anchemio papà che, anche quandonon poteva essere presente,mi stava vicino con il cuore emi incoraggiava.

S P O R T K I D SS P O R T K I D S

Le luci, i colori, il movimento frenetico di una città immortale e moderna come poche: Firenze…Un auditorium per millecinquecento persone era stato preparato per l’oc-casione, dietro una pesante tenda rossa si stendeva un mondo per noi completamente nuovo e sconosciuto, un mondo di strani termini scientifici, di nomi impronun-ciabili, ma soprattutto di specialisti, di specialisti pronti a chiarire le grandi lacune che, credo, ognuno di noi porti con sé sui rischi e sulla pericolosità delle dipendenze.Non eravamo là soltanto per ascoltare, ma anche per dare il nostro piccolo contributo all’avvenimento: abbiamo infatti presentato durante questo importante avvenimen-to il nostro progetto, nato dalla collaborazione di tutti i ragazzi della redazione con esperti esterni, un mosaico di idee e di punti di vista, che sono riusciti ad amalgamar-si splendidamente e a creare un progetto fresco e frizzante, come del resto siamo noi.Eravamo là soprattutto per comunicare qualcosa a tutti gli specialisti e ai semplici ascoltatori che là erano convenuti, per alzare la nostra voce e farla riecheggiare peralcuni istanti al di sopra di un coro di voci più importante delle nostre, per far capire che non tutti i giovani osservano passivi i loro coetanei lasciarsi andare alla deriva inquell’oceano burrascoso che è la tossicodipendenza, pronto ad inghiottirti quando meno te l’aspetti…ma che alcuni lottano e si impegnano per migliorare il proprio futuro.Siamo riusciti a far risuonare la vostra voce, a farci ascoltare…non nego l’emozione e anche la paura di parlare innanzi a un pubblico così vasto ed illustre, che di con-gressi di questo calibro probabilmente ne ha già visti tantissimi e ne vedrà ancora molti; per noi invece era la prima esperienza in assoluto…l’emozione era davvero tan-ta!Forse qualche grande esperto avrà giudicato ingenua la nostra proposta, ma ogni grande impresa parte dal piccolo per poi ampliarsi: certamente noi non abbiamo par-lato dei modi di prevenire un’epatite e dei molti modi in cui si può evitare di contrarre il virus HIV, non ne saremmo mai stati capaci e non ne avevamo la pretesa, vole-vamo solo un pubblico che ascoltasse il nostro grido, che non ci guardasse storcendo il naso e voltasse le spalle alle nostre richieste d’aiuto: e credo proprio che l’ab-biamo trovato.Siamo noi, i giovani, coloro che scendono in battaglia in prima linea nella guerra contro le dipendenze, non importa se le nostre spalle sono coperte da un’abile retro-guardia, è il davanti, l’impatto vero e proprio con il nemico che dobbiamo sapere gestire, e quale alleato migliore se non noi stessi e le nostre conoscenze?L’aiuto di qualcuno che ha già vissuto queste esperienze, che è già stato giovane, può essere di fondamentale importanza in alcuni casi, ma non dimentichiamo che sia-mo noi gli artefici del nostro destino, non gli altri, che solo noi possiamo decidere se vivere davvero o se affogare in un allettante bicchiere

Livia Granata

Vola nell’azzurro il giovane basket Castelnovesea cura di Andrea Accatino e Costanza De Faveri

16 Tava Alessandra, 18 Leva Giulia, 14 Cartasegna Chiara,

15 De Faveri Costanza, Rizzo Alessandra.

FINCHE’ IL MON-

DO

VI ASSOMIGLIA

Finché il mondo vi as-somiglia non chiedete-ci di amarlo.

Ribaltate quegli spec-chi ormai stanchi di in-gannarvi: siete voi que-sta bestemmia, questanebbia di pistoni.

Nei circuiti grigioverdivostro figlio è calcina-to, riconoscono i suoiastri il fragore della fa-me.

Vuoi che salti dentrol’orgia del tuo torpidosmembrare, buon dot-tore delinquente dellascienza del mentire?

Punge, l’ago, pungechi si fabbrica il vele-no: nel metallo si è rac-colta una rugiada crimi-nale.

Mi hai già fatto prigio-niero di minuscoli pa-lazzi, ora vuoi che ti rin-grazi perché bianchisono i muri?

Ridi pure quando portila medaglia del tuo ura-nio: finché il mondo tiassomiglia non puoichiedermi di amarlo.

FAVOLAREVIA

La tivù: l’abbiamo scelta noio ci ha scelto lei?

E’ sempre uno spettacolo assistere ai dotti moralismi di al-cuni ipocriti individui che non fanno altro che criticare. L’ar-gomento è sempre lei, la signora televisione. Eppure ne èpassata di acqua sotto i ponti, da quel lontano 1954 quan-do c’erano solo immagini sfocate in bianco e nero ed unaudio appena sussurrato (o quasi). Durante questa forzataconvivenza, noi abbiamo capito poco e niente di lei, ma incompenso anche il più sprovveduto straniero che passas-se per l’Italia si potrebbe rendere conto - con un semplicezapping - del genere di programmi che piacciono agli ita-liani. La tivù è fatta da noi ed è plasmata sui gusti degli ita-lici . Condensando le trasmissioni più viste, potremmo met-tere d’accordo tutti facendo giocare a calcio le veline. Maguai a dirlo in giro: tutti gli italiani assicurerebbero unani-memente di guardare solo gli speciali di Piero Angela amezzanotte, e di disprezzare i telequiz e le cosce (e qual-cos’altro) troppo in vista. Cari italiani, questa storia la si po-teva bere negli anni ottanta, ma adesso è roba vecchiotta.Se il massimo della cultura che assimilate è il grande fra-tello, abbiate almeno l’onestà di dirlo.

Davide Varni

Tema di Martina Ruta.

II Media F.lli Gualandi, Pianez-

za (Torino) – Prof. di italiano:

Emilia Mattioda – 30/9/04

“SCRIVI UN RACCONTO IN-

TITOLATO: ‘IL LIBRO MAGI-

CO’; TI SUGGERISCO UN IN-

CIPIT E UNA CONCLUSIONE.

INIZIO (SARA QUEL

POMERIGGIO SI STAVA AN-

NOIANDO) FINE (ALLORA RI-

POSE IL LIBRO NELLO SCAF-

FALE E SORRISE).”

Sara, quel pomeriggio, si stava

annoiando, non sapeva proprio

cosa fare. Non aveva amiche nè

amici, nessuno; perchè era con-

siderata da tutti brutta, arrogante e

un maschiaccio. Lei faceva di tut-

to per essere carina, educata, un

pò femminile, ma niente! Appena

si metteva il rossetto si specchia-

va e lo specchio si rompeva! Un

giorno andò a scuola vestita con

una minigonna, un top e due codi-

ni alla testa, ma appena entrò in

classe i muri si misero a tremare,

i vetri delle finestre si spaccarono

e anche le lenti del prof. Timbulo

si ruppero. Sara si mise a piangere

e scappò via, i compagni non fe-

cero neanche a tempo a ridere che

lei era già fuori dalla scuola. Era

corsa dal padre, tra le sue braccia

a piangere perché lei adesso non

poteva neanche più andare a

scuola che tutti o tremavano o si

rompevano le lenti di qualcuno. Il

papà non potè proprio

fare niente e si

costrinse a darle una

cosa. “Andiamo in

taverna, piccola

Sara, forza!” “Sei

sicuro, non è che

poi i vetri delle finestre si

rompono?” Andarono in tav-

erna e il padre trovò da uno scaf-

fale di libri degli anni ’50 un libro

piccolo piccolo. “Papà guarda

che sono cresciuta, non mi ser-

vono più i libri di quando eri pic-

colo.” “Ma questo non è un libro

qualsiasi, è un libro magico!” “Si

papà ma a chi vuoi raccontarla?”

“E’ così che ho conquistato tua

mamma.” “Cosa?” “Questo libro

mostra la bellezza interiore.” Il

padre Giovanni glielo diede e le

disse di tenerselo sotto il cuscino

quando andava a dormire. L’indo-

mani Sara era una ragazzina bel-

lissima, incantevole. Si mise il

rossetto e lo specchio non si

ruppe, per lei tutto questo era stra-

biliante! A scuola rimasero tutti

stupefatti: mezza scuola l’adorava

e l’altra mezza si metteva al suo

servizio! Era un’altra persona,

tutti i giorni aveva sempre tante

amiche a casa, giocavano a truc-

carsi e altre cose da femminucce.

Un giorno però Sara si rese conto

che tutti la stimavano solo perché

era bella e tutto ciò per lei non era

giusto. “Se mi vogliono bene per-

ché sono bella e non perché sono

simpatica, allora non mi

va!” Il giorno dopo

Sara andò a scuola e

chiese a tutti se le

volevano bene solo

perché era bella; le

femmine, più “oche”,

risposero di si, ma solo

un ragazzino rispose: “No,

perché sei anche simpatica, sei vi-

vace e altre caratteristiche che ho

scoperto adesso.” Sara disse:

“Grazie.” Sara corse a casa, tolse

il libro dal cuscino, andò in taver-

na e disse: “Grazie a te, libro, ho

scoperto chi mi vuole bene e chi

no, ed è per questo che ti lascio ri-

posare nello scaffale.” Allora ri-

pose il libro nello scaffale e sor-

rise.

Illustrazioni di Martina Delfanti

4

Via M. D’Azeglio, 16 - CASTELNUOVO SCRIVIAPiazza Mercato s/n - SANNAZZARO DE’ BURGUNDI

Via S. Pietro, 16 - GARLASCOVia Martiri della Libertà, 84 - MEDE LOMELLINA

Via C. Spagnolo, 5 - VARZI

Vietato riprodurre testi, fotografie, impostazione editoriale

SMS E E-MAIL, UN AMORE A DISTANZAQuando il cuore batte dietro una bustina *

BI-BIP! “RICEVUTO UN NUOVO MESSAGGIO”Chissà in questo istante, mentre stai leggendo queste parole, quanti sms vengono spediti, quante e-mail ri-cevute…forse il tuo stesso cellulare sta squillando…Milioni e milioni di bustine lampeggiano, illuminando non solo i display, ma anche la curiosità di leggere su-bito il messaggio che nascondono.Posta elettronica, messaggi digitali: oggi sono il modo più rapido e diffuso per comunicare con chiunque edovunque. Ma non si tratta solo di fredde e sterili parole abbreviate, scritte tutte con la medesima calligrafiaformale, simile a quella di questa stampa.Cosa si nasconde dietro al famosissimo “T.V.B.”? L’anima dell’epistola. Si pensa che oggi pochi sarebbero in grado di scrivere alla “vecchia” maniera, che oggi non ci sia più quel-la poesia che era il cuore della lettera. Non è vero che sms e e-mail siano meno romantici: pur nella loro con-cisione sanno trasmettere grandi emozioni.Si provi a pensare a tutte le storie che nascono proprio grazie alla posta elettronica. A quante siano le possi-bilità che oggi vengono offerte a chi cerca nuovi amici tramite Internet o telefonia mobile. Un numero in conti-nuo aumento.E’ d’obbligo, comunque, ricordare di prestare molta attenzione, soprattutto se non si conosce la persona acui ci si rivolge. Con questo tipo di amicizie digitali e spesso a distanza, non si può mai essere del tutto si-curi della sincerità e buoni propositi dell’altro.Posta questa avvertenza, come non poter apprezzare il fascino tutto particolare di queste lettere della newgeneration? In un’epoca com’è la nostra, in cui tutto e quasi tutti puntano all’estetica anche nelle relazioni,un rapporto digitale esalta invece la sfera interiore. Dà esclusivamente importanza a come una persona èdentro. Facendo del proprio “io” il protagonista. Unendo nel profondo e sviluppando così una complicità in-tensa. Ed essendo una comunicazione scritta, le parole riconquistano il loro spazio e il proprio aspetto ro-mantico-Non solo, ma affinché un rapporto di questo genere possa andare avanti, si riscoprono quei valori importan-ti e sempre più rari, quali la fiducia e la fedeltà. Esse sono strettamente legate: dove c’è fedeltà c’è fiducia;dove manca l’una, presto o tardi, mancherà anche l’altra.Ma come si fa ad essere sicuri che il proprio partner lontano non si conceda qualche “scappatella”, approfit-tando della distanza, per poi nasconderla dietro un sms rassicurante pieno di parole mielose? Per chi è ge-loso, una storia così non è l’ideale. Tuttavia l’Amore può realmente cambiare alcuni aspetti del carattere. Edè proprio nella forza del sentimento che si deve trovare la soluzione. Io rispondo sempre “Se si ama davve-ro, si ha fiducia”.Una soluzione più pratica? Sguinzagliate i migliori 007 e fate sorvegliare il vostro partner 24 ore su 24…mapoi avreste ancora il coraggio di chiamarlo Amore?!La lontananza, è vero, fa soffrire. Tuttavia essere lontani rafforza anche i sentimenti di fronte alle difficoltàche la vita oppone ad una storia a distanza. E anche se non si ha sempre accanto l’altro quando se ne sen-te il bisogno, impegnarsi e battersi assieme per difendere il proprio Amore aiuta a sentirsi straordinariamen-te vicini.Sms e e-mail aprono il mondo della fantasia, dell’immaginazione, fanno sognare il giorno in cui ci si potrà incon-trare.E poiché gli incontri di coloro che vivono una storia a distanza, nonostante i mezzi di trasporto odierni, non sonopoi così frequenti, rivedersi diventa un evento ancor più speciale. C’è più gioia nello stare assieme, dopo il tempotrascorso lontani, nel prestare attenzione ad ogni piccolo gesto e particolare, che la quotidianità rischierebbe di di-menticare.Ma che trauma doversi poi salutare e magari non sapere a quando il prossimo incontro! Mamma ogni voltami dice “Senza le partenze non ci sarebbero nemmeno gli arrivi”. Un aspetto importante, che rimane esclu-siva degli amori “ravvicinati” è la possibilità di chiarirsi. Piccole incomprensioni, attraverso messaggini, pos-sono tramutarsi in problemi enormi, in quanto non se ne può discutere a quattr’occhi (comunque c’è sempreil telefono!). D’altronde derivano anche da ciò gli stimoli che spingono a migliorare la situazione di una cop-pia geograficamente separata. Infatti, nonostante la relazione basata su comunicazione digitale e incontrimensili possa sembrare statica e monotona, è in realtà alquanto dinamica e in continua evoluzione. Facen-do due conti, forse il “difetto” più reale nel binomio Amore-sms/e-mail è il costo. Con ciò non si vuole certodare un prezzo all’Amore. Solo che anche questo è un elemento di cui tener conto, poiché penso sia un po’il problema di tutti i giovani il perenne credito esaurito… I sentimenti sono una delle poche cose che, alme-no direttamente, non hanno un prezzo. Speriamo rimanga così. Per incoraggiare i cuori lontani, ecco una di quelle dediche da diario, che forse già conosci e che fa al casonostro…“Gli amori a distanza sono come gli occhiali nel taschino…lontano dagli occhi, ma non per questo lontanidal cuore”

Simona Lucarno

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Buon Nata le?“Buon Natale! Buon Natale!”, e mille occhi al plasma e ai cri-stalli liquidi lampeggiano ammiccanti dalle vetrine gonfie di og-getti e di luci e ci rimandano le immagini infernali di una pacedevastata. Duemilaquattresimo anniversario della nascita di Cristo. Cherimane delle sue parole? Un libro considerato sacro da un ter-zo dell’umanità, quasi un terzo dell’umanità che dal Vangelofinge di imparare. Finge: perché occorrerà ricordare, soprat-tutto a chi va alla messa di mezzanotte in fuoristrada, che uncammello mediamente è alto al garrese 2 metri (gobbe esclu-se) ed è largo un metro, mentre la cruna di un ago può esse-re lunga tre millimetri e larga anche meno di uno. Percentua-le di chi porta un capo firmato alla Grande Messa? Nemmenoil vestito di Salomone, diceva il nato a Natale, ha la bellezza ela grazia dei fiori di campo che chiamiamo erbacce e che nonsappiamo neanche più come sono fatti. Quante volte, in 2004anni, ci si è chiesti: se venisse oggi, che farebbe? Già, che fa-rebbe? Frequenterebbe i meeting dei giovani industriali o pre-ferirebbe il Leoncavallo? Aiuterebbe i Top Gun a schiacciarebene il loro bottone o getterebbe i missili fuori dal tempio? Sifermerebbe all’uscita dei supermercati a sussurrarci commos-so “Con quanto entusiasmo mi ricordate!” o confesserebbe asuo Padre “Mi hanno tradito”?Buon Natale.

MImma Franco

Caro Babbo Natale,lo so, forse sono un po’ troppocresciuta per scriverti una lette-rina da intrecciare ai rami delpino, e poi negli ultimi 20 anninon ti ho scritto molte volte(forse perché ero assurdamen-te convinta che tu non esistes-si solo perché non sei materia-le), ma ho qualcosa di troppoimportante da chiederti, cosìimportante che ho bisogno discriverlo per farmene un’ideachiara e far sì che non resti so-lo un pensiero confuso.Rivoglio la magia e non parlodei regali sotto l’albero, rivogliole emozioni, ma il luccichio del-le strade non è in grado di dar-melo; rivoglio il senso caldo erassicurante degli affetti vicini,non la falsa cortesia dei paren-ti rosi da insipidi rancori; rivo-glio il profumo delle cose buo-ne preparate in compagnia enon la pancia dolorante di ab-bondanza trangugiata sino astar male; rivoglio la neve,quella vera, non quella sparatasulle piste da sci per esorcizza-re l’“effetto serra”; rivoglio laspiritualità, quella che si fermaa fare i conti col prossimo, nonquella sfilata nelle chiese da fe-deli d’occasione tirati a lustro;rivoglio il gusto genuino di re-galare un pensiero, senza checontino solo le dimensioni o ilprezzo e soprattutto senza ildovere di farlo; rivoglio insom-ma l’essenza del Natale o forsel’essenzialità. Non so quando è successo cheil Natale ha perso ai miei occhila sua poesia, non è stato soloperché solo cresciuta e ho

aperto i confini ingenui dell’in-fanzia su altri e non certo piùrosei orizzonti. Un giorno misono semplicemente accortache non l’aspettavo più, chenon sentivo più la trepidazionefrizzante della sera della Vigi-lia, la curiosità irrefrenabile deipacchetti da scoprire, l’acquoli-na per le leccornie concesse,per quel giorno soltanto, in ab-bondanza. Forse perché oggi-giorno l’abbondanza ci accom-pagna tutto l’anno, forse per-ché non c’è più nulla che desi-deriamo che debba aspettare ilNatale per diventare nostro, celo regaliamo non appena ciserve o gli mettiamo gli occhioaddosso, e il cibo non è piùuna festa ma una prova di resi-stenza e un insulto a tutti colo-ro che non possono darlo perscontato.OK lo ammetto, il Natale nonmi piace più. Il troppo, alla fine, rovina anchele cose più belle e non le sap-piamo più apprezzare.Ma forse si può migliorarlo, ba-sta scrostarsi dalla testa tutti imessaggi somatizzati per bom-bardamento pubblicitario, ba-sta smettere di comportarci co-me ci viene chiesto di fare eguardarci dentro per vederecosa resta, cosa vogliamo noiveramente.Ma non è facile, per farlo primadi tutto dobbiamo imparare anon agire sulla base del giudi-zio della gente e allo stessotempo a non giudicare.È una gara sterile quella a chifa le cose più in grande, biso-gna sentirsi le cose dentro e

poi portarle a termine, senzacurarsi del fatto che non sem-pre saranno capite e difficil-mente saranno apprezzate.Non sta scritto da nessuna par-te che le regole del Natale so-no queste, e ognuno dentro disé le può cambiare.Innanzitutto diventiamo davve-ro buoni. Per farlo non è ne-cessario, ma se ve la sentite vabenissimo, spalancare le portedi casa ai senzatetto o diventa-re missionari, basterebbe co-minciare trattando con genti-lezza le persone che abbiamointorno, che magari diamo perscontate e non stiamo moltospesso ad ascoltare. E tirarefuori la voce per dire loro quan-to sono importanti. Non ci sipuò vergognare dei sentimenti,se no ci ritroveremo un giornocon un peso sul cuore per leparole non dette e sarà troppotardi. Probabilmente sono coseche sanno già, ma ricordar loroil nostro affetto costa poco e faun bene alla salute incredibile.È troppo facile ma altrettantoinutile condannare il Natale pergli sprechi e per la falsità, sen-za rifiutarne la logica.La verità è che non sappiamopiù apprezzarlo perché esage-riamo in un continuo tentativodi superare noi stessi per giun-gere alla felicità, senza accor-gerci che ormai non ci bastapiù nulla. Invece dovremmo stimare quan-to ci circonda, ricordando che lacorsa al rialzo non porta a un Na-tale ogni anno più ricco, ma auno più vuoto e avendo presentele troppe persone che il Natale

non possono neppure permetter-si di sognarlo.Cosa abbiamo fatto più di loroper meritarci una fortuna chedisprezziamo?Io credo nulla. Ma per questoNatale vorrei fare a tutti voi tan-tissimi auguri e un regalo: la fe-licità.Come? Mostrandovi la stradaper trovarla, senza bisogno dipiù regali, più pietanze, più lus-so, non saranno loro a donar-vela e senza di lei avranno co-munque un gusto insipido.C’era una volta…La Felicità. Un giorno, stancadi essere inseguita dagli uomi-ni, esasperata dalle loro richie-ste insaziabili, decise di na-scondersi per riposare un po’,dove non la potesse disturbarenessuno.Cominciò a pensare quale fos-se il luogo adatto, quale la vet-ta più irraggiungibile o l’abissopiù impenetrabile, ma non con-vinta si rivolse a un saggio.Questi rispose: L’uomo ha bi-sogno di te e non ha paura dinulla, affronterebbe qualunquecosa pur di trovarti, non c’èmontagna abbastanza alta oabisso tanto profondo dove sa-rai al sicuro. Nasconditi nel suocuore, è l’unico posto dove nonti cercherebbe mai.Se anche voi non la trovate,eattratti dal titolo, avete letto l’ar-ticolo pensando che l’avrestetrovata qui, sappiate che è giàvostra da sempre, abbandona-ta nell’unico posto in cui nonavete cercato.

Silvia Pareti

Per questo Natale…vi regalo la felicità.Per questo Natale…vi regalo la felicità.

IL BOSCOIL BOSCOINCANTATOINCANTATO

C’ erano una volta, nell’ epo-ca ormai passata, un grandebosco e un piccolo paese.Quel paese in realtà era unborgo circondato da alte mu-ra, le più alte dell’ epoca Me-dievale e nessuno degli abi-tanti osava oltrepassarle,perché al di fuori di esse,c’era il temibile bosco incan-tato. Si raccontava che all’interno di esso ci fosserostrane creature dall’ animomalvagio e che riempisserola notte di voci, di suoni e ad-dirittura di minacce e arti ma-giche. Due bambini, Lorenza

e Mario ,erano al corrente diquesta “storia”e una nottedecisero di inoltrarsi nel bo-sco per scoprire la verità. Siaccertarono che i loro geni-tori stessero dormendo e siprocurarono una fune, saliro-no in soffitta e da lì la getta-rono e si calarono silenzio-samente.Essere fuori dallemura era per loro una novità.Cercarono di farsi coraggio,ma era tutto così diverso .Non c’era una casa e si sen-tivano dispersi nel deserto inuna notte senza luna. Si accorsero che l’ aria odo-rava di libertà e paura , pau-ra di scoprire . Mario , rom-pendo il silenzio, disse:”An-diamo, è ora di inoltrarci nelbosco”. Lorenza e Mario si ri-

trovarono nel bosco buio etenebroso tra gli scricchiolii ,il frusciare delle foglie e tuttiquei rumorini sommessi…Improvvisamente dall’oscuri-tà apparirono uno , due , tre… sei , sette… nove dieciocchi gialli e minacciosi! Idue bambini si nascoserosubito dietro ad un cespuglio, ma con stupore essi videroche si era spostato e avevaaperto un enorme voragineche li catturò. Mario e Loren-za , però, non si scoraggia-rono e ripresa la loro fune siaiutarono a vicenda per risa-lire , videro uno spettacolomeraviglioso : c’erano tantis-simi alberi che discutevanoe, ben presto, i bambini fu-rono al centro dell ‘ attenzio-

ne . Lorenza trovò il coraggiodi chiedere: “Conoscete imostri che vivono quaggiù?“. Un albero ridendo rispose:“Mostri? Qui non ci sono emai vi saranno, però vivonodelle creature indifese chegli adulti , credendo poco al-la fantasia, ritengono inesi-stenti! “ . Ma Marco non an-cora convinto domandò :“Perché alcuni prodi cavalie-ri sono morti in questo boscomentre noi siamo salvi?““Per riuscire a inoltrarsi inquesto bosco non occorronoforza e coraggio , ma servela collaborazione perché ,co-me si suol dire l’ unione fa laforza! “

CORNELIA

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6

B e r n a r d C o r n w e l l

La sfida della tigre (titolo originale: Sharpe’s Tiger)

Pubblicato da Longanesi nel 1997

Richard Sharpe è un soldato, inesperto ma molto fortunato, in gra-do di resistere a duecento frustate pur essendo considerato “ma-grolino”, e riesce persino ad alzarsi da solo e a proseguire, quan-do uomini molto più robusti di lui sarebbero morti prima della cen-tesima. Ma è un romanzo d’avventura, il protagonista è un supe-ruomo in grado di imparare a leggere in mezza giornata, di sop-portare le percosse meglio di Tyson e combatte senza esperienzacontro le tigri, riuscendo a vincerle più facilmente di Sandokan. Hocominciato di proposito coi difetti di questo libro perché sono trop-pe le persone che s'innamorano di un romanzo dopo aver letto leprime righe di alcuni entusiasti critici.Queste persone superficiali avranno già smesso di leggere la re-

censione, mentre se siete disposti a sopportare un protagonistapoco credibile, allora avete trovato il libro giusto. Siamo nel maggio1799 e l’esercito britannico sta per cominciare l’assedio alla città di

Seringpatam, la capitale del Mysore. Tra i membri del 33° reggimento c’è anche il soldato sempli-ce Richard Scarpe, un ladro, un bugiardo rissoso e scorbutico che ha fortuna con le donne. Tuttiquesti comportamenti lo rendono particolarmente odiato da tutti gli ufficiali, ma arriva l’occasioneper vendicarsi. Scampato miracolosamente alla morte, deve entrare a Seringapatam per liberare unprezioso alleato. Un imberbe inesperto ma astuto, un tenente impacciato e una mezza indianaavranno qualche possibilità di farcela? Naturalmente si. Oltre alla trama romanzata di questo eroe piuttosto atipico si alterna quella dei suoi superiori impe-gnati a pianificare lo scontro. Questi capitoli sono indubbiamente più interessanti, in quanto ognipersonaggio è realmente esistito e Cornwell riesce a ipotizzare con dovizia di particolari tutto ciòche poteva accadere in quei tempi, non solo dalla parte dei soldati incerti e preoccupati dal terribi-le sultano Tippu Sahib, ma anche dagli occhi degli abitanti del villaggio, spaventati per l’avvenirema fedeli al loro sovrano illuminato. Merita una citazione anche la parte relativa alla vita dei soldati, sparsa per tutto il tomo ma che aiu-ta ad avere un quadro d’insieme delle condizioni di vita di quel periodo. Dimenticatevi pure i solda-ti che senza paura si scagliano contro il nemico per la gloria del loro paese. Ogni comparsa ha unapropria fragile personalità: la paura della morte, la paga ridotta, le pulci, le donne troppo care sa-ranno sempre presenti. Non aspettatevi gesti eroici: sarà la cattiveria ad avere la meglio, sempre.Questo libro ha l’indubbio pregio dell’ imparzialità, infatti non mancheranno i racconti sulla civiltàorientale, gli usi e i costumi di quel popolo e una visione bilaterale dei fatti.Ho crudelmente criticato questo testo, ma per fare capire come non serve un buon protagonista perfare un romanzo che risalta sui best -seller molto pubblicizzati ma poco consistenti. Sono 450 pa-gine, complete di una nota storica veramente ben curata.Tutti i personaggi secondari, nella loro fria-bile umanità, sono così diversi dagli stereotipi moderni, da risultare molto più umani di Sharpe, so-lo una figura perfetta e per questo irreale. Sembra quasi che non sia quella la parte principale, ma l’altra, fatta di vite in perenne difficoltà e diuomini coi loro problemi che, a ben guardare, non sono poi così diversi dai nostri.

Davide Varni

Un’adolescenza di solitudineOgni mattina entrando a scuola con la solita svogliatezza tutta tardoadolescenziale c’è sempre lostesso spettacolo che crudelmente mi viene sbattuto in faccia. Gente di età diversa, ok, gente chemagari ha la stessa tua voglia di stare lì e che messa insieme alla tua non raggiunge nemmenol’ombra di un livello lontanamente accettabile, ma fondamentalmente persone annegate in quel-la folla di polo Fred Perry e di scarpe di Prada, ormai dalla personalità del tutto annebbiata pernon dire oscurata da quell’aria di robotica omologazione che si respira ovunque ci siano due opiù adolescenti in compagnia. È strano vedere come i ragazzi possano essere fotocopie, identicifino a quel punto. Certe volte mi viene il dubbio che non siano esattamente i ragazzi a volere tut-to questo, certe volte certi pensieri troppo evasivi mi portano a pensare se non sia forse il siste-ma ad esigere quel mondo di automi. Gli insegnanti dicono che si aspettano da noi una certa ca-pacità di formulare giudizi critici, ma in realtà l’unica cosa che fanno è premiare con lodi chi ripe-te a pappagallo ogni singola parola detta da loro; ci dicono di pensare con il nostro cervello e poisono occhiatacce e sguardi di vendetta ogni qualvolta si osa alzare la testa, mostrare qualche de-bole sintomo di autonomia. Nessuno sfugge al controllo del proprio grado di omologazione;c’è so-lamente a chi non importa, chi si rifugia in una corazza di globali apparenze e si è costruito coltempo un proprio mondo, fatto di musica, libri, sport, politica e via dicendo. Un mondo dove diffi-cilmente riescono ad entrare gli altri, fatto essenzialmente di solitudine. E mi chiedo, a volte, sesarebbe troppo sforzo, una volta ogni tanto, parlare anche di questo, far sentire che c’è qualcu-no con cui condividere i propri pensieri e con cui parlare di vita, oltre che prettamente di scuola.

Anna BAIARDI

COSA SCEGLIERE?!?COSA SCEGLIERE?!?

All'età di sei anni comincia la scuola dell'obbligo e si inizia dalla 1° elementare, è la prima vol-ta che si esce di casa senza la protezione dei genitori, si cominciano a vedere nuovi orizzonti esi conoscono altri bambini. Dopo i cinque anni si passa alle scuole medie, l'esperienza è più im-pegnativa ma anche i ragazzi sono un po' più grandi. È un periodo spensierato dove si capisce ilmondo in cui si vive, ci si accorge di cambiare senza capire come, i professori spiegano cosenuove e in maniera approfondita ed anche in famiglia aumentano le responsabilità. Si arriva co-sì alla fine delle terza media e si presenta il dilemma di cosa fare nella vita. Questo è il puntodella mia riflessione. Come può un ragazzo di quattordici anni che non è né carne né pesce, nébruco né farfalla, che sbircia i ragazzi del sesso opposto ma gli piacciono le coccole di mammae papà, che vuole vestire alla moda ma dorme ancora con l'orsacchiotto, come può fare una scel-ta che influenzerà tutta la sua vita? Eppure si trova per la prima volta a fare una scelta impor-tante, una scelta decisiva anche se non si è ancora pronti per farla. Su che basi scegliere? Comesi può sapere quale tipo di lavoro appassionerà di più? Non è matematico che chi è bravo in ma-tematica (gioco di parole) sia in futuro un ingegnere. Se uno è bravo in lettere lo sarà altrettan-to nell'insegnamento? Capita che a volte si opti per un tipo di scuola in base alla scelta fatta dalmigliore amico oppure perché si è rimasti colpiti dalla presentazione che è stata fatta dai profes-sori dei vari istituti che illustrano di scuola in scuola i luoghi dove insegnano, allo scopo di ac-caparrarsi iscrizioni. Un'altra possibilità di scelta è la non scelta ovvero l'imposizione da partedei genitori che obbligano i figli a frequentare un determinato istituto credendo di fare la cosapiù giusta perché loro non ne hanno avuto la possibilità o per il motivo opposto cioè per dare unacontinuità al lavoro di famiglia. Non sono d'accordo con tutto questo e sono convinta che unascelta così importante sia abbastanza prematura e affrettata. Non si può fare un biennio dove

ancora tutti studiano le stesse materie?

Cecilia Sacco

Sono terminate le scuole medie, sono trascorse le vacanze, il tuttoè andato meravigliosamente bene. Da settembre è iniziata una nuo-va avventura, le scuole superiori, tra curiosità, eccitazioni, perples-sità, inizia il nuovo anno pieno di cose nuove, impegni, aspettativegrandiose. Io sono qui, parzialmente spaventata dalla quantità dicose da fare, da organizzare con una vita completamente cambia-ta, fatta per lo più di rinunce e tanto tempo da dedicare allo studio.Non so bene come procederà, certamente ho capito che se nonprovo a fare questo salto di crescita non riuscirò nell’intento che misono prefissa; ho capito che crescere significa perdere qualcosaper trovare qualcosa d’altro. Io ho vissuto questo, voi che ne di-te?….

Giorgia Bresciani

K R I T I K AK R I T I K A

U N A M O R E D ’ A LT R I T E M P ILa storia di Elisa di Rivombrosa, la fortunatissima serie andata in onda l’anno scorso su canale cinque, e interpre-

tata da personaggi in costume, ha fatto sognare un po’ tutte le ragazze romantiche che

sono state incollate allo schermo per seguire questa commuovente storia d’amore. La se-

rie mi è piaciuta molto perché tratta di un sentimento vero, autentico, forte; infatti, pur

essendo di due classi sociali diverse, la servetta Elisa Scalsi e il conte Fabrizio Ristori, (alias

Vittoria Puccini e Alessandro Preziosi) si innamorano perdutamente. La ragazza, inizial-

mente spaventata, dalla relazione con un personaggio importante come il conte, alla fine

si rende conto di amarlo al punto che non può più fare a meno di lui. Il loro amore però

deve superare vari ostacoli: l’ostilità della famiglia di Fabrizio, la diffidenza dei famigliari

di lei e soprattutto l’ex fidanzata del conte, la perfida Lucrezia Van Necker che, pur es-

sendo sposata, prova ancora interesse per lui. Alla fine della storia, però, ad Elisa è dato

un titolo nobiliare, anche se la sua non è nobiltà di sangue, ma d’animo e quindi ancora

più importante. Questo permette ai due di sposarsi e di vivere il loro amore alla luce del sole.

Se la storia fosse finita in questo modo sarebbe stata un sogno, una favola di quelle che si vedono solo in tv e che

ci fanno apparire scialba la vita moderna, in confronto al lontano 1700.Inoltre assume anche un fascino particolare

perché si pensa che i protagonisti siano fidanzati anche nella vita reale.. Visto l’enorme successo della fiction, però,

la regista ha deciso di continuare la storia, la cui seconda serie uscirà a ottobre 2005, ma di cui sono trapelate lo stes-

so alcune notizie. La continuazione non ha più i caratteri quasi fiabeschi della precedente. Infatti, qui, Elisa vivrà un

enorme dramma: quello della perdita del suo amato Fabrizio durante un duello. L’incanto della favola finisce e Elisa

dovrà lottare con i nobili e crescere da sola la figlia Agnese, nata dall’amore tra lei ed il conte. Ma si dimostrerà forte

e determinata. Per Elisa tornerà la “luce” solo quando incontrerà un nuovo amore, Christian Grey, capitano della

Marina britannica. Il suo ruolo è stato affidato ad Antonio Cupo, un ragazzo italo- canadese; la regista lo ha nota-

to in certi programmi televisivi canadesi e ha subito avvertito che sarebbe stato perfetto per il ruolo del nuovo

amore di Elisa.

In attesa di vedere la seconda serie della fiction, mi chiedo se davvero può esistere, nella vita reale, un amore così

forte, che va contro tutto e tutti, ma che alla fine trionfa sempre. Voglio essere ottimista, perciò mi rispondo che

può veramente esistere. Però, oggi, l’amore deve affrontare altri problemi, rispetto a quelli della differenza sociale

del 1700; deve “sopportare” tutte le piccole incomprensioni quotidiane, che potrebbero annientare questo senti-

mento. Se l’amore che lega due persone, però, è forte come quello di Elisa e Fabrizio e se si affrontano gli ostacoli

della vita tenendosi sempre per mano, allora l’amore sarà per sempre.

Giada Gatti

Su un freddo muro di pietraUna scritta, “W il Duce”. Ma no, hai letto male. E una svastica su quel freddo muro di pietra. Te-mo che sia vero, ed è agghiacciante. È semplicemente assurdo pensare a come quei gelidi ca-ratteri cubitali possano essere stati scritti da qualcuno appartenente a questo mondo, qualcunoche probabilmente ha studiato anche solo un minimo di storia e che sa che cosa è stato di tuttequelle persone vissute più di sessant’anni anni fa. Quei pochi che lo ricordano ancora rabbrivi-discono, coloro che non ci sono più vorrebbero esserci adesso solo per capire che cosa ne èstato del sacrificio di tanta gente, quando la sintesi di tutti gli avvenimenti passati -noi stessi,che viviamo il presente- è così incline a dimenticare tutto con la stessa facilità con cui si pro-nuncia la parola nazismo. Ma nello stesso tempo essi non vorrebbero ritornare per non vedereil mondo caderci un’altra volta, perché la storia insegna che ci vuole poco; ma basta poco an-che per liberarsene, oggi dove la libertà di pensiero,ma di azione soprattutto, ha raggiunto livellimai visti prima. È che la gente è troppo indaffarata per fruirne, così incanalata in binari predi-sposti da viaggiare con il paraocchi riguardo a troppi argomenti. Non serve rendersi consapevo-li dei propri sbagli, se non si fa niente per cambiare le cose.

Anna Baiardi

Nota per chi vuole inviare i suoi scritti: La rubrica Una voce fuori campo èespressamente dedicata alla pubblicazione di articoli, saggi, racconti, componi-menti poetici o segnalazioni di chiunque desideri far uscire la propria voce dallemura di casa.L’indirizzo a cui inviare il materiale è:

Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.

La fatica di crescere

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Progetto grafico e impaginazione: FavolareviaFotografie: Livia Granata - SilviaPareti - Paolo Pareti - Luigi Caval-lero - Claudio Bertoletti

RedazioneDirettore Resp.: Antonella MariottiPresidente: Mimma FrancoAnna Bruni- Giovanna SpantigatiMarziano Allegrone - AlessandroPugliese

Silvia Pareti (Capo redattore)Marta Lamanuzzi (Capo redattore)Livia Granata (Capo redattore)Anna Baiardi (inviato) - AngelaTrausi - Elena Rota - Flavia Melis -Sara Serafin - Chiara Massa - Ste-fano Giuliano (Inviato) - Giada Gat-ti - Simona Lucarno (inviato) - Davi-de Varni (Capo redattore)

Paolo Pareti (Capo redattore)

Costanza De Faveri - Marcello Spi-netta - Giorgia Bresciani - CeciliaSacco - Andrea Accatino (inviato)

Mini reporterStefano Pugliese (Capo redattore)

Piccoli PiccoliLisa R. Magnaghi (Capo redattore)Cecilia Mariotti (Capo redattore)Martina Ruta (Capo redattore)Daniele Accatino (inviato) - MartaPoggio (inviato) - Alberto ArzaniSofia Falchetto (inviato) - Emanue-la Negri

Piccoli ArtistiCarlotta Rubin

CollaboratoriMaria Serafini - Cristiana Nespolo -Claudio Bertoletti - Cristina BailoBruno De Faveri

IllustrazioniMartina Delfanti

Proprietà artistica

letteraria

Casa Editrice Fa-

volarevia

Via C. Alberto, 13

15053 Castelnuovo

Scrivia (AL)

ALL’INIZIO DELLA PRIMA MEDIA, ECCOMI!Al termine della quinta elementare, si è avverato un mio desiderio: poter frequentare la ScuolaSecondaria di Primo Grado presso l’Istituto “ SAN GIUSEPPE” di Tortona.Nei mesi precedenti il termine della Scuola Elementare, ogni tanto mi facevo accompagnare dal-

la mamma o dalla nonna davanti al cancello di questa scuola che, aprima vista, per l’imponente cancellata e per la facciata pittoresca, miè sembrata come Hogwarts, la scuola per maghi e streghe citata neiracconti di Harry Potter.Finalmente, il 13 Settembre 2004, “armato” di zaino nuovo di zecca,tanta buona volontà e moltissimo entusiasmo, ho dato il via al mionuovo cammino scolastico.L’accoglienza è stata magnifica: all’entrata c’era uno striscione conscritto “BENVENUTI”, tutto intorno un sacco di palloncini colorati chehanno fatto da contorno ad una fesa all’insegna della gioia, del sorri-so e della serenità il tutto sapientemente guidato da Suor Gianna,Suor Annunziata e Suor Elena, per l’inizio del nuovo anno scolastico.Ad un mese dall’inizio della suola scrivo questi miei pensieri e sonofelice.Confesso, però che prima di iniziare avevo qualche timore su come

mi sarei trovato con i nuovi compagni, con i professori e, soprattutto, se avrei passato tre anniserenamente.L’Istituto supera di molto le mie aspettative: le aule sono pulite e spaziose, gli insegnanti sono dis-ponibili, pazienti e molto attenti alle necessità di ognuno, la disciplina è ferrea…...e tutto ciò nonguasta.Ho trovato tanti nuovi amici, un ambiente sereno, stimolante, dove ciascuno può vivere la propriagiornata lavorando in tranquillità, in questa scuola non ci sono differenze, né alcun pregiudizio.Adesso, mi sento cresciuto mentalmente, fisicamente, e mi sono evoluto in alcuni aspetti del miocarattere, non ho preferenze particolari sulle materie scolastiche, continua a piacermi molto an-dare a scuola e trascorrere giornate ad imparare in allegria.Oltre alla scuola, sono cambiate altre cose nella mia vita di tutti i giorni: devo andare a dormireun’ora prima perchè mi devo svegliare presto per recarmi a Tortona a scuola in perfetto orario,passo meno tempo a casa con i miei famigliari e con i miei animali domestici, scrivo articoli perun giornale per ragazzi del mio paese, Castelnuovo Scrivia, frequento due volte la settimana uncorso di nuoto e, il sabato mattina mi dedico allo studio del pianoforte.La mia vita è totalmente cambiata e anche se alquanto faticosa, ne sono entusiasta perchè stomaturando, diventando più autonomo; insomma, sto crescendo!Finalmente ho trovato la scuola, l’ambiente e gli amici ideali……AVERCI PENSATO PRIMA

Stefano Pugliese

I L S I G N O R A U T U N N OI L S I G N O R A U T U N N O

Il signor Autunno con la sua veste di nuvole, il suo cappello di sole triste, la sua sciarpa di brina, la sue ma-

ni fredde di vento, le sue scarpe di foglie, bussa alla mia porta.

Apro, occhi di nebbia mi appaiono, si porta con sè una sacca con dentro, colli-

ne, viti dalle foglie di rame, giardini di rugiada, piante nude, boschi coperti di

foglie. Occhi tondi come arance che mi guardano temeramente occhi grandi co-

me mele che mi fissano. Intorno a lui colori bigi, tristi, come se non avesse mai

avuto un’emozione, un sentimento, voglia di vivere. Dal suo respiro escono

freddi fiati e bianche foschie. In quegli attimi l’estate mi passa davanti come il

volo di una colomba: lieve e silenzioso l’autunno è arrivato!

La città mi guarda stranamente forse perchè stupita dalla mia amicizia con l’au-

tunno; improvvisamente le finestre si chiudono e un soffio di aria gelida mi tra-

volge chiudo gli occhi, quando li riapro l’autunno non cè più.

La gente affretta il passo per staccare l’autunno ma lui li raggiunge e li avvolge con il suo respiro.

Il vento soffia soffia e l’autunno gira per la città. non c’è anima viva, tutti chiusi in casa con coperte calde

tutti stanno insieme in famiglia.

Il signor autunno si rende conto che non è più gradito e lascia il posto al conte Inverno.

Marta Poggio I media

P r o p o s t e d i l e t t u r aP r o p o s t e d i l e t t u r aCari amici lettori, come penso voi sappiate, secondo gli ultimi sondaggi nazionali i ragazzi italia-ni non amano leggere. A me piace molto la lettura, quindi per invitare a leggere i più svogliati e per proporre un nuovolibro a chi piace leggere vi consiglierei : C’è nessuno? di Jostein Gaarder uno scrittore nato a Os-lo nel 1952. Questo libro parla di un bambino di otto anni di nome Joakim rimasto solo in casa la sera dell’ar-rivo del suo fratellino o sorellina, quando sua madre colta dai primi dolori corse in ospedale ac-compagnata dal padre.Joakim, essendo tutto solo, si affacciò alla finestra e ad un tratto vide un bambino appeso a te-sta in giù su un albero del suo giardino. Andò subito a soccorrerlo, quando si accorse che era unastrana creatura simile ad un umano, ma non del tutto uguale: proveniva da un altro pianeta.Joakim e Mika (questo è il nome dell’ “alieno”) discutono, si raccontano e si interrogano sulle pro-prie origini, finendo inavvertitamente col porgersi grandi interrogativi riguardanti la vita ed il suosignificato. Una particolarità di Mika è di inchinarsi ad una domanda ma mai ad una risposta:“Chi si inchinasi spiega, non devi mai inchinarti ad una risposta. Una risposta è il tratto di strada che ti sei la-sciato alle spalle, solo una domanda può andare oltre”.Un’altra bellissima frase di Mika è questa:“Nulla al mondo è normale. Tutto ciò che esiste è unframmento del grande enigma. Anche tu lo sei: noi siamo l’enigma che nessuno risolve.”Questo magnifico libro fa riflettere, ragionare e si legge in un soffio, per questo ve lo consiglio.

Sofia Falchetto Iª media

FAVOLAREVIA REPORTERFAVOLAREVIA REPORTER

Silvana e Cristiano Garberi, ricevono il messaggio di Marta Poggio e Riccar-

do Cavallero piccoli ambasciatori de Il Mosaiko kids.

Piccoli Piccoli

Disegni di:

Lisa Rita Magnaghi

5ª elementare

La Porta Magica

terza puntata

Località Ponte ScriviaTel. 0131 824800 - Fax 0131 824820 - 0131

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