Il Mosaiko Kids 7-2006

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: [email protected] - [email protected] Anno 3 - n° 7, luglio - agosto 2006 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL) i i d d Il Mosai o K Il M osai o K s s pag.2 pag. 3 pag.4 pag.5 pag.6 E’ PROPRIO VERO, i campioni siamo noi... di Marcello Spinetta cronache del dopo esame UNIVERSO “MATURA” di Simona Lucarno MATURI, EH? di Livia Granata Diario Fotografico Francia: NORMANDIA foto di Chiara Geloni LACRIME DI CIGNO - seconda puntata di Chiara Beretta Isola Sant’Antonio LA SAGRA DEL MELONE I t a l i a n i s i n a s c e . . . campioni del mondo!!! ma ce ne ricordiamo solo ai mondiali S ono emozioni, vanno vissute per- ché non sempre nella vita ritorna- no. C’è un momento per tutto, anche per essere orgogliosi e davvero fratelli, e quando quel momento arri- va va fissato nella memoria senza filtri televisivi perché l’ “io c’ero” non ab- bia solo un sapore insipidamente cro- nologico. La vittoria ha due facce, co- me tutte le medaglie che si rispettino. Una è euforica, troppo per andare a dormire. Ti sorride sotto un cielo d’ar- tificio, ti tende la mano da un’auto di passaggio, ti introna di clacson e trom- be. Dev’essere questo l’essere fratel- li, salutarsi senza essersi mai visti, ri- conoscersi a pelle per gli stessi colori di una bandiera troppo nuova. Fratel- li, non lo eravamo mai stati così tanto nell’arco della mia vita. Tutti stretti intorno ai maxischermi, seduti sulle spine sul comodo sofà di casa, italiani, respiravamo all’unisono, tenevamo il fiato nello stesso momento e nello stesso ci coprivamo gli occhi o saltava- mo in piedi per lasciare libera l’esul- tanza troppo a lungo al laccio impa- ziente della tensione. Dev’essere que- sto essere fratelli: reggere un lembo dello stesso drappo. C’è una bandiera che copre la piazza come un lenzuolo tanto è grande, la tengono un po’ tut- ti, la fanno sventolare, bandiera vin- cente va ostentata e tutti se ne vo- gliono sentire parte. Tante mani che si sentono unite, che importa se pochi mesi fa destra e sinistra si spaccavano in due per mettere una croce, e non si parlavano se non a insulti, se alcune si giungono in preghiera e altre non si su- dano il pane per la bocca, se alcune sono graffiate dal lavoro e altre sono anche loro sporche ma da fuori non lo si può vedere, se sono mani abituate a dare o che hanno sempre e solo prete- so. Sono tutte sorelle, si stringono, si salutano, si fanno notare puntando i pugni al cielo come a chiamare testi- moni persino le stelle di questa notte Silvia Pareti segue a pag. 2 T utti di fronte ad uno schermo. Per l’esattezza un maxi – schermo. Non si registrava da almeno ven- t’anni, neanche in occasione dell’ultimo mondiale, un evento simile. Forse per i fu- nerali del Papa. Ma, in quel- l’occasione, ognuno era rac- colto in casa. In silenzio, forse pregando, con qualche fami- liare. La domenica della finale le piazze, i bar, i ristoranti e gli spazi aperti al pubblico sono ritornati ad essere luoghi in cui, almeno per il tempo di una partita e per i festeggia- menti successivi, tutti si sono uniti nella grande impresa che ha riportato in terra patria la Coppa del Mondo di calcio. Anche in piazza il nostro co- mune ha organizzato un maxi schermo. Nella tradizione di spettacolo che lega Castelnuo- vo Scrivia ai numerosi appun- tamenti durante l’anno sicura- mente non poteva mancare. E così è stato. Abbiamo visto tanta gente, tanti castelnovesi e parecchi dei paesi vicini. Per la semifi- nale di martedì, quella storica contro la Germania, forse quella più sentita, c’era gente da Tortona e da Voghera. In- somma anche in quel caso noi al centro della scena. E poi domenica. Con un gruppo di francesi in visita nel nostro paese vestiti con la maglietta di Zidane e bandierone al seguito in piaz- za, con gli italiani e i castelno- vesi. C’è una bella immagine tra le fotografie scattate. Quella che vede italiani ed ex- tra comunitari, tutti insieme, a tifare per gli azzurri. A rammaricarsi per il vantag- gio francese, ad esultare per il pareggio. Ad abbracciarsi sul rigore fallito dagli amici d’Ol- tralpe. A sostenere il tricolore, bianco rosso e verde. A stringersi per l’Italia. Che è il nostro Paese. Che è il loro Paese. Mimma Franco Castelnuovo, Piazza Italia N on credo che molti di voi da bambini siano stati portati dai genitori tutte le estati alle Maldive, piuttosto che ai Carabi o in Polinesia o in qualche altro posto da sogno, di quelli che si vedono solo nelle cartoline, con le palme, la sabbia d'Avorio e il mare di cristallo. Però credo che nel vostro cuore occupi un posto speciale la località, anche modesta, balneare o montana in cui avete passato gran parte delle vacanze della vostra infanzia. Ma- gari è una località dove hanno la casa i nonni, che offre poche at- trazioni entusiasmanti e non pullula di locali “in”, ma l’affetto che vi lega ad essa la rende ai vostri occhi il luogo più magico della ter- ra. Se ci tornate dopo parecchi anni che non ci mettevate piede, girando per le vie, rivedendo case, negozi e strutture indelebili nella vostra mente, proverete un’emozione particolare, una sorta di dolce e sfocata nostalgia. La vista di qualcosa di nuovo potreb- be infastidirvi, gelosi di quel vostro ricordo che vorreste che nes- suno modificasse. Se non avete mai smesso di andarci forse non smetterete mai di farlo. In conclusione, quando si parla di vacan- ze, esistono due tipi di mete: quelle rinomate, caratteristiche, pluriattrezzate, chic, a cui aspirano un po’ tutti e quelle persona- li a cui solo il nostro cuore gonfio di rosei ricordi aspira. Queste mete non sono universali, ognuno ha la propria. E di rimando que- sta località, apparentemente anonima e insignificante per chiun- que, emana solo a chi la possiede nella memoria un piacevole ca- lore di serenità, un fievole bagliore di gioia, un rincuorante senso di protezione e immortalità e un eterno aroma di vita e di ricordi. L e Maldive della nostra infanzia Marta Lamanuzzi I festeggiamenti in piazza a Castelnuovo Scrivia - foto Bruno De Faveri

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Il periodico dell'Associazione Il Mosaiko Kids

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo:Favolarevia Editore, via C. Alberto 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018e-mail: [email protected] - ilmosaiko @tiscali.it

Anno 3 - n° 7, luglio - agosto 2006 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)

ii ddIl Mosai oKIl Mosai oK ss

pag.2

pag. 3

pag.4

pag.5

pag.6

E’ PROPRIO VERO, i campioni siamo noi...

di Marcello Spinetta

cronache del dopo esame UNIVERSO “MATURA”

di Simona LucarnoMATURI, EH?

di Livia Granata

Diario FotograficoFrancia: NORMANDIA

foto di Chiara Geloni

LACRIME DI CIGNO - seconda puntata

di Chiara Beretta

Isola Sant’Antonio

LA SAGRA DEL MELONE

I t a l i a n i s i n a s c e . . .

c a m p i o n i d e l m o n d o ! ! !m a c e n e r i c o r d i a m o s o l o a i m o n d i a l i

Sono emozioni, vanno vissute per-ché non sempre nella vita ritorna-no. C’è un momento per tutto,

anche per essere orgogliosi e davverofratelli, e quando quel momento arri-va va fissato nella memoria senza filtritelevisivi perché l’ “io c’ero” non ab-bia solo un sapore insipidamente cro-nologico. La vittoria ha due facce, co-me tutte le medaglie che si rispettino.Una è euforica, troppo per andare adormire. Ti sorride sotto un cielo d’ar-tificio, ti tende la mano da un’auto dipassaggio, ti introna di clacson e trom-be. Dev’essere questo l’essere fratel-li, salutarsi senza essersi mai visti, ri-conoscersi a pelle per gli stessi coloridi una bandiera troppo nuova. Fratel-li, non lo eravamo mai stati così tantonell’arco della mia vita. Tutti strettiintorno ai maxischermi, seduti sullespine sul comodo sofà di casa, italiani,respiravamo all’unisono, tenevamo ilfiato nello stesso momento e nellostesso ci coprivamo gli occhi o saltava-mo in piedi per lasciare libera l’esul-tanza troppo a lungo al laccio impa-ziente della tensione. Dev’essere que-sto essere fratelli: reggere un lembodello stesso drappo. C’è una bandierache copre la piazza come un lenzuolotanto è grande, la tengono un po’ tut-ti, la fanno sventolare, bandiera vin-cente va ostentata e tutti se ne vo-gliono sentire parte. Tante mani che sisentono unite, che importa se pochi

mesi fa destra e sinistra si spaccavanoin due per mettere una croce, e non siparlavano se non a insulti, se alcune sigiungono in preghiera e altre non si su-dano il pane per la bocca, se alcune

sono graffiate dal lavoro e altre sonoanche loro sporche ma da fuori non losi può vedere, se sono mani abituate adare o che hanno sempre e solo prete-so. Sono tutte sorelle, si stringono, si

salutano, si fanno notare puntando ipugni al cielo come a chiamare testi-moni persino le stelle di questa notte

Silvia Pareti

segue a pag. 2

Tutti di fronte ad unoschermo. Per l’esattezzaun maxi – schermo. Non

si registrava da almeno ven-t’anni, neanche in occasionedell’ultimo mondiale, unevento simile. Forse per i fu-nerali del Papa. Ma, in quel-l’occasione, ognuno era rac-colto in casa. In silenzio, forsepregando, con qualche fami-liare.La domenica della finale lepiazze, i bar, i ristoranti e glispazi aperti al pubblico sonoritornati ad essere luoghi incui, almeno per il tempo diuna partita e per i festeggia-menti successivi, tutti si sonouniti nella grande impresa cheha riportato in terra patria laCoppa del Mondo di calcio.Anche in piazza il nostro co-mune ha organizzato un maxischermo. Nella tradizione dispettacolo che lega Castelnuo-vo Scrivia ai numerosi appun-tamenti durante l’anno sicura-mente non poteva mancare. Ecosì è stato.Abbiamo visto tanta gente,tanti castelnovesi e parecchidei paesi vicini. Per la semifi-nale di martedì, quella storicacontro la Germania, forsequella più sentita, c’era genteda Tortona e da Voghera. In-somma anche in quel caso noial centro della scena.E poi domenica.Con un gruppo di francesi invisita nel nostro paese vestiticon la maglietta di Zidane ebandierone al seguito in piaz-za, con gli italiani e i castelno-vesi. C’è una bella immagine tra lefotografie scattate.Quella che vede italiani ed ex-tra comunitari, tutti insieme,a tifare per gli azzurri.A rammaricarsi per il vantag-gio francese, ad esultare per ilpareggio. Ad abbracciarsi sulrigore fallito dagli amici d’Ol-tralpe.A sostenere il tricolore, biancorosso e verde.A stringersi per l’Italia.Che è il nostro Paese.Che è il loro Paese.

Mimma Franco

Castelnuovo,

Piazza Italia

Non credo che molti di voi da bambini siano stati portati daigenitori tutte le estati alle Maldive, piuttosto che ai Carabio in Polinesia o in qualche altro posto da sogno, di quelli che

si vedono solo nelle cartoline, con le palme, la sabbia d'Avorio e ilmare di cristallo. Però credo che nel vostro cuore occupi un postospeciale la località, anche modesta, balneare o montana in cuiavete passato gran parte delle vacanze della vostra infanzia. Ma-gari è una località dove hanno la casa i nonni, che offre poche at-trazioni entusiasmanti e non pullula di locali “in”, ma l’affetto chevi lega ad essa la rende ai vostri occhi il luogo più magico della ter-ra. Se ci tornate dopo parecchi anni che non ci mettevate piede,girando per le vie, rivedendo case, negozi e strutture indelebilinella vostra mente, proverete un’emozione particolare, una sortadi dolce e sfocata nostalgia. La vista di qualcosa di nuovo potreb-be infastidirvi, gelosi di quel vostro ricordo che vorreste che nes-suno modificasse. Se non avete mai smesso di andarci forse nonsmetterete mai di farlo. In conclusione, quando si parla di vacan-ze, esistono due tipi di mete: quelle rinomate, caratteristiche,pluriattrezzate, chic, a cui aspirano un po’ tutti e quelle persona-li a cui solo il nostro cuore gonfio di rosei ricordi aspira. Questemete non sono universali, ognuno ha la propria. E di rimando que-sta località, apparentemente anonima e insignificante per chiun-que, emana solo a chi la possiede nella memoria un piacevole ca-lore di serenità, un fievole bagliore di gioia, un rincuorante sensodi protezione e immortalità e un eterno aroma di vita e di ricordi.

LeM a l d i v edella nostra infanzia

Marta Lamanuzzi

I festeggiamenti in piazza a Castelnuovo Scrivia - foto Bruno De Faveri

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che non sarà una me-teora ma una cometa.Ma c’è l’altra facciadella medaglia, unafaccia che è una smor-fia amara, che non sor-ride, ma ride e sbef-feggia, si prende giocodei nostri occhi lucidi eingenui incantati daicaroselli, del nostroprendere un gioco sulserio mentre ci gio-chiamo con leggerezzacose importanti, di chisa tutto dei giocatori edimentica il nome deiministri, che studia leformazioni ma non sispreca a sfogliare ungiornale. Quelli che so-no orgogliosi dell’Italiasolo quando vince enon scendono in piazzaper le cose che si do-vrebbero cambiare.Che i francesi vanno di-strutti ma preferisconolo champagne allo spu-mante, che i tedeschisono crucchi ma poi gi-rano in BMW mica inFIAT, che gli USA noncontano nulla ma poivivono all’ombra del-l’ormai pensionabilemito americano. Quelliche non hanno propriocapito che anche ierieravamo italiani e fra-telli, ma soprattutto,che anche domani do-vremo esserlo. Non so-lo per gioco.

E’quella del 9 Luglioscorso è una di quel-le sere in cui ogni

italiano sente l’esigenza digridare per ore e ore in mez-zo alle strade del propriopaese che essere nati qui, inItalia, nonostante le difficol-tà che circondano il nostroStato, è bello e soddisfacen-te più di ogni altra cosa. E’stata una sera in cui ognunodi noi ha rimosso dalla pro-pria mente problemi e preoc-cupazioni, perché l’orgoglio nazionale,l’orgoglio di essere italiani hacancellato ogni altra sensa-zione. E’ una di quelle sereche vorresti non finisseromai, perché finire,in quel ca-so, significherebbe staccarela spina, porre termine adun’euforia e ad una voglia divivere che provi raramentenel corso della tua esistenza.Sono stati momenti in cui,per una volta, essere qui inquesto mondo sempre piùdifficile ed ingrato, per noiitaliani, si è rivelato estre-mamente appagante. Sì, per-ché il 9 Luglio la Nazionaleazzurra di calcio, i suoi tifosie l’Italia intera hanno potutourlare in faccia a tutti con ilcuore in gola: “SIAMO I CAM-PIONI DEL MONDO”. Dopo unasfida interminabile e appas-sionante con la Francia, in-fatti, i 23 azzurri, guidati dalMister Marcello Lippi, hannoregalato a noi tutti una dellepiù belle vittorie sportive de-gli ultimi tempi. Una vittoriache alla vigilia del nostroesordio contro il Ghana sem-brava veramente difficile daraggiungere. Tutti i pronostici davano fa-vorito il Brasile, quel Brasiledi stelle che sembrava imbat-tibile e che, invece, propriocontro la Francia, nei quarti,ha rimediato una figuraccia.Dopo i brasiliani erano datipossibili vincitori gli Argenti-ni, gruppo compatto e affia-tato, ma che ha dovuto la-sciare prima delle semifinali.E poi proprio la Francia, chenoi italiani abbiamo, e passa-temi il termine, “schiaffeg-giato” con cinque tiri dal di-schetto davvero implacabili.È una vittoria che ha anche ilsapore di rivincita. Infatti,proprio i calci di rigore ciavevano negato il successomondiale ad Usa ’94 contro ilBrasile, con il famoso e tristeerrore di Roberto Baggio, e ciavevano bloccato ai quarti difinale nel 1998 contro i pa-droni di casa francesi. E an-cora nel 2000 i transalpiniavevano avuto la meglio in fi-nale degli europei con un gol-den gol di Trezeguet, chel’anno dopo avrebbe trovatosuccesso proprio nel campio-nato italiano. Quest’anno, in-vece, i nostri ragazzi hannoavuto la meglio, dimostrandosul campo e fuori che il ca-rattere nel calcio conta ecco-me, e loro, credetemi, di ca-rattere ne hanno avuto in ab-bondanza. Pochi giorni primache la Nazionale partisse perla Germania, infatti, il mon-

do del calcio italiano era sta-to investito da un grande evergognoso scandalo: “Cal-ciopoli” o “Moggiopoli”, chia-matelo come volete. Fattosta che si temeva che questacomplicata situazione rovi-nasse l’immagine italiana alivello mondiale e che, so-prattutto, i nostri giocatorine fossero altamente influen-zati. Invece sono riusciti adestraniarsi da questa vicendae sono giunti in terra tedescacon un unico e fermo obietti-vo: regalare all’Italia il tro-feo che mancava ormai da 24anni, da quel mondiale diSpagna ’82 che ci aveva lau-reato campioni del mondoper la terza volta. Ora invecele stelline sullo scudetto del-la maglia azzurra sono diven-tate quattro. Quattro come le straordina-rie partite, ricche di emozio-ni, che gli azzurri hanno con-dotto dopo la fase a gironi.Dal rigore all’ultimo minutodi gioco contro l’Australia, si-glato da Francesco Totti, alnetto 3-0, con cui abbiamoannientato l’Ucraina, ai duegol in due minuti, allo scade-re del secondo tempo supple-mentare contro la Germania,per arrivare, infine, all’esal-tante trionfo di Berlino, tuttoè stato gioia. Vedere la fac-cia incredula di Fabio Grosso,un calciatore sconosciuto alla platea mon-diale prima di Germania2006, dopo lo straordinariogol contro i tedeschi che hafatto impazzire tutti gli ita-liani, mi ha fatto capire sem-pre di più che il futuro è dichi crede nella bellezza deipropri sogni. Ognuno di noi,sono sicuro, sognerebbe, in-

fatti, con un’impresa perso-nale, eroica, di far gioireun’intera nazione, la proprianazione, la patria dov’è natoe dove vive.Vedere poi le espressionigioiose ed euforiche dei gio-catori al momento del trionfocredo che abbia fatto dimen-ticare a tutti gli sportivi ita-liani come il calcio, al giornod’oggi, sia sempre meno unosport pulito e sempre più unaquestione di soldi. Per unasera i nostri ragazzi ci hannofatto capire che il calcio è,soprattutto, divertimento al-lo stato puro, uno sport per ilquale vale la pena soffrire epatire ma che,alla fine, rega-la sempre un sorriso. Sonoquesti, a mio parere, i princi-pi in cui noi giovani sportividobbiamo credere e cresce-re, è da queste sere di gioia edi passione che noi dobbiamoimparare cos’era e che cos’èil calcio. Non è lo sport fattodi atti violenti, come la te-stata di Zidane a Materazzi,che ha macchiato la carrieradi un grande campione, ma è losport che deve accomunare eriempire, talvolta, di orgo-glio. E penso che ogni italia-no in questi giorni sia pienodi orgoglio nazionale. Perchévedere il nostro capitanoCannavaro alzare al cielo diBerlino la coppa del mondoe, dopo una notte di festeg-giamenti, svegliarsi l’indo-mani, comprare il giornale econstatare che quella vittorianon era un sogno ma la purarealtà, ti rende veramenteorgoglioso. E io, credetemi,mi sento di dirlo a tutti voi,amici miei, di essere italianone vado veramente fiero.

c a m p i o n i d e l m o n d o ! ! !s e g u e d a l l a p r i m a - S i l v i a P a r e t i

i c a m p i o n i s i a m o n o i

è p r o p r i o v e r o !Marcello Spinetta

foto

Bru

no D

e Fa

veri

foto Favolarevia

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Quando inizi le scuole sai che allafine dei cinque anni canonici sa-rai sottoposto ad un esame chia-

mato *maturità* che dovrebbe aver ilcompito di giudicare il tuo grado, ap-punto, di maturità.Ma nessuno ti spiega che in realtà nonsi diventa automaticamente maturi do-po aver sostenuto tale esame, nessunoti spiega, anche se arrivi a capirlo be-nissimo da solo, che si tratta di unamera formalità, spogliata di qualsiasieffettivo significato e ridotto a simula-cro e vestigia di un’antica tradizioneche non si riesce proprio a sopprimere.Si è infatti portati a domandarsi comesi possa decidere un voto che dovrebbeessere riassuntivo del lavoro svolto intutti i cinque anni in base ad un singo-lo esame, il cui esito può essere moltoal di sopra oppure al di sotto della so-lita media dello studente.E’ con questa consapevolezza, con laconsapevolezza cioè di svolgere non unvero e proprio esame, ma di adempie-re solo ad un’inutile formalità, che la

maggior parte degli studenti di oggi af-fronta la maturità,consci del fatto chei tuoi professori, che compongono lacommissione esaminatrice, ben cono-scono il tuo passato impegno e le tuepotenzialità, e che quindi sicuramentefaranno in modo di darti il voto che lo-ro ritengono sia più giusto per te, aprescindere dagli effettivi risultaticonseguiti nel corso dell’esame.La maturità, tuttavia, segna un puntodi svolta importantissimo a livello per-sonale. Infatti, nonostante tutto, l’e-mozione è davvero tanta, specialmen-te quando ti trovi ad affrontare il col-loquio finale: e ciò che ti terrorizza dipiù non è tanto il non sapere ciò chepotranno chiederti, ma piuttosto laconsapevolezza che dopo quel collo-quio, nel bene o nel male, si conclude-rà per sempre un periodo della tua vi-ta molto, molto lungo, quello dellascuola dell’obbligo, e dopo di ciò do-vrai essere pronto ad affrontare unmondo completamente nuovo, quellodel lavoro oppure l’università.Il sapere che stai per lasciarti alle spal-le la realtà che conoscevi così bene,che ti ha causato così tanti guai e pro-blemi ma a cui, in fondo, ti eri affezio-

nato è il pensiero che più ti paralizza. Non vuoi guardare avanti, non vuoipensare a ciò che verrà dopo il collo-quio, pensi solo alla tua ultima interro-gazione e riversi tutte le tue ansie inquella…e quando tutto finisce, quandoti senti dire “Ciao e buone vacanze!”dai tuoi professori nel rispondere per laprima volta ti accorgi realmente chenon ci sarà più un “primo giorno discuola”, che il collante che ti ha tenu-to unito,a volte anche contro la tua vo-lontà, a tutti i tuoi compagni che conte sono cresciuti e cambiati è appenavenuto meno, ora non ci sarà più nes-suna classe comune sotto la cui insegnaritrovarsi, ma bisognerà trovare un al-tro collante, ancora più forte, per nondimenticare o perdere di vista le per-sone a cui realmente tieni.E quando per l’ultima volta percorri lescale che ti portano fuori dalla tuascuola, che così tante volte hai male-detto e contro cui hai inveito, inevita-bilmente non può non sorgerti un sorri-so ripensando a come sei cambiato e acome ti ha cambiato, e con il cuore piùleggero puoi finalmente guardare aldomani, con la consapevolezza di esse-re, forse, finalmente pronto e maturo.

Per ogni cosa che finisce cen’è subito un’altra che co-mincia. Mercoledì 28 Giu-

gno 2006 si è conclusa per me lalunga e ricca esperienza licealee anche se ora mi sto arrotolan-do tra un relax intriso di do-mande capitali del tipo “che nesarà di me alla fine dell’anno?Che università avrò scelto? Dovesarò?” (chiamasi “fase pani-co”). L’idea che comunque saiche qualcos’altro comincerà èuna garanzia di sicurezza e pen-sare che fino a pochi mesi faero così sicura di quello cheavrei fatto che iniziavo già asorprendermi, ma ora che devodavvero scegliere tutto sfuma,ma non voglio certo lagnarmi,soprattutto per tutti quelli (col-leghi compresi) che l’anno pros-simo faranno la stessa esperien-za. Credetemi, ogni singolosforzo, ogni ora passata insonnesui libri, ogni attacco isterico eogni singola bustina di vitamine(il cambio di stagione non aiutadi certo) valgono la sensazioneche si prova quando tutto è fi-nito, che non è esattamenteuna semplice euforia, è comeuna sublime sensazione di vuo-to: esalta e spaventa al tempostesso. Rendersi conto di tuttoin un colpo che non ci sarannopiù verifiche, interrogazioniprogrammate o compiti a sor-presa ha l’effetto di uno shock…“Non ci credo” viene da ripe-tersi e se da una parte riporretutti quei libri, quelle sudatecarte in cantina ha un certo fa-scino perverso e appagante dipotere e soddisfazione, oltre aun’improvvisa “disoccupazio-ne” un’altra cosa lascia per-plessi: riuscirò a mantenere i

contatti con tutti quelli del li-ceo? Con la fine degli esami ladiaspora è già cominciata mami rendo conto che nonostantele buone intenzioni di tutti, l’e-nergia catalizzata dal momentodella firma al termine dell’ora-le sino ad ora fa prevalere lavoglia di evadere, anche un po’di tagliare i ponti e darsi unabotta di vita… Del resto è pas-sato troppo poco tempo per co-minciare già a sentire la nostal-gia. Però è veramente profondala sensazione che ho provato lasera della cena di classe: nelsalutarsi un po’ di commozioneera più o meno negli occhi ditutti. I pensieri sono ancora unpo’ confusi… Provo davvero unsenso di rinascita, l’aver attra-versato un periodo e un’espe-rienza come la maturità chechiudono un capitolo importan-te per la formazione globaledella persona, in cui si godevaancora di una certa protezione,e aprono un orizzonte così am-pio che lascia quasi paralizza-ti… E adesso? Forse sono vera-mente le soglie della giungla…E allora ogni interesse, anchequello più dimenticato e più so-pito, rispunta fuori chissà dadove giusto per complicarti an-cor più la fatidica scelta: qualefacoltà??? Così mi ritrovo a sim-patizzare per la medicina, labiologia, l’architettura, la psi-cologia, le terapie naturali conuna spruzzata di interessi arti-stici… E mi rendo conto di esse-re più in crisi ora che quandodovevo ripassarmi cinque libro-ni al giorno.Eppure l’idea di entrare in unmondo nuovo, nuova gente,nuove responsabilità, nuovipensieri, più autonomia e final-mente poter essere artefici a360° delle proprie scelte e del-la propria organizzazione mi dàuna gran voglia di cominciare,

anche se non sarà facile co-munque. Ma per ora ci sonoancora le vacanze con leamiche, qualche pomeriggioin piscina, gli allenamentiimperdibili, i giri in moto, lapatente, la conquista del ve-nerdì sera! E proprio questoè stato il primo cambiamentoche ho notato: poter andar indisco al venerdì! Finalmentefacce nuove e gente piùgrande. Tuttavia ancora ri-cordo il panico di metà mag-gio… Un calendario che stra-boccava di interrogazioni sututti i programmi dell’anno eio e una mia compagna (inquanto rappresentanti diclasse) ci mettevamo le maninei capelli più degli altri perriuscire a distribuire i turni inmodo più equo possibile tra icompagni. Quel foglio appe-so al muro che scandiva gior-no dopo giorno, materia permateria, chi sarebbero stati iprossimi a passare sotto iltorchio dell’interrogazione èancora un incubo! Lo abbia-mo strappato tutti insiemeuna volta finito tutto… Manon pensiate che i professorise la passassero meglio, cer-to quando qualcuno uscivadicendo che bisognava farcistare anche la sua materia inquel groviglio, ammetto chetanto simpatico, con tutta labuona volontà, non risultava,ma in fondo la “matura” è untour de force per tutti: tem-pi stretti e tanto lavoro dafare. Ritengo che l’ultimomese di scuola, se affrontatocol giusto impegno e una sa-na ambizione di dare il mas-simo, fino all’ultima gocciaper l’appuntamento finalesia un’esperienza che fortifi-ca e fa maturare. Una sortadi simulazione di quello chesarà l’università o il lavoro:

ci sei solo tu e un obiettivo,ognuno si organizza a modo suo,sceglie un suo metodo e si fissaun risultato da raggiungere neltempo stabilito… Ma non è piùsolo una delle tante interroga-zioni che puoi recuperare in ca-so vada male: è un qualcosa diunico e indelebile. E questosenso di responsabilità, l’averetutto questo in mano superavala tensione e la paura e mi haaiutata a rimanere abbastanzalucida: dopo tutti quegli sforzinon ci si può permettere per ri-spetto delle proprie fatiche didanneggiare tutto per un attac-co di ansia. E finito l’orale, ve-dere i professori partecipi dellatua felicità ti fa assaporarequanto sia bello che il proprioimpegno sia stato capito, ap-prezzato e alla fine ricompen-sato. Non vi dico oggi, giovedì13 luglio alla consegna dei di-plomi con annesse tutte le pa-gelle degli scorsi anni… Forsesolo ora mi rendo conto deltempo passato e di tutto quelloche è stato. E mi trovo felice esoddisfatta in un immancabilesospiro di pienezza come quelloche potrebbe fare un artista nelrimirare la sua opera finalmen-te terminata… Si può dire cheanche questa esperienza, secondotta con costanza e vogliadi riuscire, può essere come un’opera d’arte, un qualcosa ditalmente proprio e di cui maga-ri essere anche orgogliosi. Insomma, mille e mille cose siprovano si provano dopo la“matura”, quasi da estraniartida te stesso… Sembra veramen-te di essere in un film! Il mio consiglio: tenere duro fi-no alla fine, vale la pena impe-gnarsi con decisione nonostantela fatica ma soprattutto conmetodo e con criterio. Cosa sa-rà dopo? Questo neanche io an-cora lo so.

e c c o , l ’ e s a m e è p a s s a t o , e a d e s s o ? ! ?

u n i v e r s o “ m a t u r a ”l ’ o r d i n a r i o p a n i c o c h e s e g u e o g n i s c a d e n z a i m p o r t a n t e

Simona Lucarno

M a t u r i … e h ?Livia Granata

Pablo Picasso, Donna con ventaglio (particolare). Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo.

Pablo Picasso, Regina Isabeau (particolare). Museo Pushkin, Mosca.

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“Un giorno portai alla maestra una mela e lei mi diede

un bacio. Il giorno dopo le portai un’anguria ma lei non capì” M. Zucca

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La prima puntata è stata pubblicatasul Mosaiko numero 5 di maggio 2006

Tyler si rivolge a Lucia: “Scusa, ma siè fatto molto tardi. Devo tornare acasa. Ti saluto mamma e papà, ok?

Torno domani. Ciao e buonanotte”.Dopo aver salutato Lucia si gira verso dime, mi guarda, sorride e poi esce dallastanza. Passata una mezz’oretta l’infer-miera ci porta la cena e, conversando unpo’, abbiamo mangiato tutto. Ho sonno,mi corico e intanto penso. Non riesco adormire, e continuo a non riuscirci nean-che adesso, benché sia già passata un’o-ra. Mi viene in mente Tyler, il fratello diLucia. Il suo volto esprime intelligenza esimpatia, i suoi occhi, invece, allegria edolcezza. Mi sento strana, come se stessivolando… non ho mai provato una sensa-zione così forte… che sia… Amore?No, non è possibile, non di nuovo, non ame. Non devo affezionarmi a Tyler, nonvoglio innamorarmi, non posso innamo-rarmi. Sono già cascata nella trappola diun maschio, ho già provato dolore e nonvoglio provarne ancora. Non solo perquello, ma anche per un altro motivo. In-somma, che senso avrebbe innamorarmise tra poco morirò? SE la morte mi accet-terà con sé? Non ho amici, non ho nulla,allora perché vivere? Perchè soffrire an-cora? Vi è solo un problema. Io ho, e hosempre avuto, paura della morte. Perchénegarlo se è la verità? Perché mentire?Perché rifiutare questa mia paura? In fon-do prima o poi sarei morta comunque,no? Ma ho sempre desiderato vivere, pri-ma di incontrare la malattia. Ora, però, ènata una speranza. Lucia. Lei è gentile esimpatica. Mi chiedo se potrebbe diven-tare mia amica. Da quando è arrivata, misento più leggera e serena. Però… ho sen-tito dire che la dimetteranno presto, equindi, andrà via e si dimenticherà di me.Un brivido mi ha percorso la schiena. Nonvoglio pensare a quando se ne andrà, nondevo pensarci. Ora voglio solo una cosa,voglio dormire e dimenticare. Dimentica-re le mie paure e sognare. Sognare delleamiche, una famiglia, voglio sognare ilsole, voglio rivedere Sunny, insomma vo-glio sognare la vita.E’ passata una settimana dalla prima vol-ta che ho incontrato Lucia, e, puntual-mente, i suoi amici. Ho legato molto conlei e con i ragazzi, ma ho legato moltoanche con Tyler. Credo che sia ora di rac-contare la verità, la vera storia della miavita. Mi alzo, Lucia è vicino allo specchioche si pettina. La sua gamba ed il suo pol-so sono quasi guariti, e sul suo viso, c’èsempre quello stupendo sorriso. Mi avvi-cino titubante. E’ da settimane che nonmi avvicino ad uno specchio, e questo mipreoccupa. Sono sicura di avere un aspet-to orribile, devo essere magra, pallida econ i capelli raccolti in una maldestra co-da. Mi avvicino a Lucia, lei mi guarda e mirivolge un ciao. Io ricambio e poi pronun-cio le orrende parole: “Lucia, devo par-larti. Voglio dirti perché sono qui e per-ché i dottori non sanno più cosa fare conme”. Lei annuisce e mi dice: “OK. Siedi-ti, io ascolterò la tua storia”. Mi siedo.Lei mi scioglie la coda e inizia a pettinar-mi dolcemente i capelli. IO riprendo aparlare. “Ok” faccio un respiro profondoe poi un altro “Tu sai che sono malata,ma non sai di cosa. Ebbene, io sono ma-lata di leucemia” faccio un altro respiroprofondo “I dottori stanno cercando unacura, ma per il momento non l’hanno an-cora trovata. Vedi, anche mia madre eramalata, è morta quando io avevo due an-ni. Mio padre, invece, morì in un inciden-te quando io avevo dodici anni. Per unanno ho vissuto da mia cugina Francesca,poi, facendo degli esami, si sono accortiche la mia malattia era peggiorata e che,se presa in tempo, si poteva curare. Cosìmi trasferii qui, ma le loro macchine nonerano sufficienti. Non potendo io trasfe-rirmi a Londra, hanno inviato un miocampione di sangue ad un ospedale. Idottori stanno ancora studiando il miosangue, cercando una cura. Dicono chepossono riuscirci, possono guarirmi, ma ionon credo molto alle loro parole. Comun-

que, da quando conosco te ed i tuoi ami-ci, ho riacquistato la speranza. La spe-ranza di vivere.”Ecco l’ho detto. Le ho detto la verità. Leinon parla. Non mi ha interrotto e ora nonmi sta dicendo nulla. Questo silenzio mifa paura. Ha smesso di pettinarmi. Allun-ga la mano, prende un elastico e mi rac-coglie i capelli in una curatissima coda dicavallo. Non ho i capelli molto lunghi, ar-rivano all’incirca alle spalle, ma lei è ri-uscita a farmi una coda bella e curata.Sono riuscita a guardarmi allo specchio.Non sono orribile. Sono un po’ pallida, mail viso è carino, non sono magra e le mielabbra sono rosse e carnose. Lei apre labocca: “Anche io devo dirti una cosa. Ve-di, la mia gamba ed il mio polso sono qua-si guariti, perciò i dottori hanno deciso didimettermi. Me ne andrò domani pome-riggio”. Ecco, lo sapevo! Una sola volta che misento bene, che decido di vivere, la vitastessa mi viene a mancare. Perché se nedeve andare? Perché anche lei mi deveabbandonare? Una volta che se ne saràandata, si dimenticherà di me, e con lei isuoi amici e anche Tyler. Per loro non esi-sterò più. Sento le lacrime salirmi agli oc-chi, sento freddo, voglio urlare. Lucia ri-prende a parlare: “Alzati”. Obbedisco.Lei mi prende e mi abbraccia. “Senti, vo-glio dirti una cosa: anche se me ne andrò,voglio che tu sappia che non ti dimenti-cherò. Verrò a trovarti e rimarrò per sem-pre tua amica. Devi credermi. Io non timentirei mai”.Ci stacchiamo. Lei si osserva il polso de-stro, quello senza fasciatura. Si toglieuna delle due bande: “Dammi la mano”mi dice. Obbedisco di nuovo. Lei mi pren-de il polso che le ho teso, e mi lega la fa-scia che ha in mano. Poi mi dice: “Cosìogni volta che guarderai la fascia, ti ri-corderai di me, e saprai che io non ti di-menticherò, né ora né mai!”.Non riesco trattenere le lacrime, così ce-do e piango come una fontana. Mi avvici-no a lei e l’abbraccio, forse troppo forte,ma non posso fare altrimenti. Poi la la-scio, lei sorride ed io ricambio il sorriso.Ci mettiamo a sedere sul mio letto, e ini-ziamo a giocare a carte. Giochiamo pertutto il pomeriggio, fino all’ora di cena,ridendo, scherzando e chiacchierando sututto e su tutti, come due vere amiche.Bussano alla porta. E’ l’infermiera cheporta la cena. Non ci eravamo accorteche fosse già sera, ridevamo e ci diverti-vamo così tanto che avremmo voluto fer-mare il tempo, ma purtroppo non abbia-mo questo potere. Abbiamo mangiatotutto e volentieri, e una volta finito cisiamo messe a parlare. “Sai, tu piaci mol-to ai miei amici, vorrebbero conoscertimeglio quando uscirai da qui” mi dice.“Non so se uscirò; almeno non so se usci-rò da qui ancora viva. Però lo spero tan-to” rispondo. “Stai tranquilla, tu usciraida qui viva e non solo, sarai ancora piùbella di quanto non sei adesso”. “Ti rin-grazio” le dico “Ti va di dormire? Io hosonno”. “Sì, ne ho anch’io! Buona notteLucy”. “’Notte Eli” mi risponde. Mi giro emi corico. Sto bene. È la prima volta chesto così bene ed è anche la prima voltache mi sento viva. Non ci credo neancheio ma è così. Chiudo gli occhi e mi addor-mento. Quando mi sveglio è già mattina.Mi alzo, mi guardo in giro, però non vedoLucia. Mi alzo dal letto e vado allo spec-chio. Sul comodino vicino allo specchioc’è una lettera. La prendo e la leggo:“Ciao Eli, mi dispiace ma hanno anticipa-to la mia uscita dall’ospedale. Volevo sa-lutarti, ma tu dormivi così profondamen-te che non me la sono sentita di svegliar-ti. Scusa. Però sono riuscita a scrivertiquesta lettera dove esprimo tutto il mioaffetto per te. Ti verrò a trovare e timanderò dei fiori. Promesso. TI VOGLIOBENE. Lucy”No. Se ne è già andata. Non è possibile.Mi mancherà tantissimo. Pensare che mimanca già adesso. Come farò? Beh, inqualche modo andrò avanti. Aspetteròche mi venga a trovare e aspetterò i suoifiori. Aspetterò all’infinito se necessario,lo prometto.Sono già passate tre settimane, ma leinon è ancora venuta e non mi ha manda-to nemmeno un fiore. Penso che mi abbiadimenticato. Lo sapevo. È successo dinuovo. Non poteva che essere così. Infondo a nessuno importa di me. Sono so-

la. Lo sono sempre stata. Ora di più. Per-ché? Perché non sono considerata da nes-suno? Perché devo patire così? Io non cela faccio più! Voglio smettere di soffrire,voglio smettere di essere solo una poverabambolina con una grave malattia! Io vo-glio tornare ad essere Sunny! Ma se tuttoquesto dolore è il prezzo, preferirei vo-lentieri scomparire, preferirei volentierimorire! Fin da quando ero piccola sogna-vo di essere una farfalla, che volava sunel cielo e che poi, dolcemente, si posa-va su un giglio. Un meraviglioso giglio nelquale erano custodite delle lacrime. Lelacrime di un cigno. Nell’antichità si di-ceva che le lacrime di un cigno erano ra-rissime e che, se bevute, curavano ognimale. Io avrei voluto bere quelle lacrime,ma ben presto capii che erano solo unaleggenda e che i cigni non piangono.Eppure, nel mio cuore, c’era e c’è anco-ra la convinzione che le lacrime di cignoesistano e perciò il mio unico desiderioprima di morire, è questo: bere le lacri-me di un cigno. Non so perché, ma mi ètornata alla mente questa storia, comeun avvertimento, come se stessi per mo-rire da un momento all’altro. Probabil-mente è solo una mia sciocca ipotesi, ep-pure sento distintamente questa sensa-zione: la sensazione del dolore, del dolo-re denso, intenso, che solo con la mortepuoi provare. Improvvisamente sentofreddo. Devo smetterla di pensare a cosecosì orribili. Sento il bisogno di riposare ecosì mi corico e chiudo gli occhi. La miamente inizia a vagare e io non ne ho piùil controllo. Mi appare l’immagine distin-ta di una farfalla che sta volando nel cie-lo. Molto lentamente scende e si posa suun fiore, ma non un fiore normale, si po-sa su un giglio. All’interno vedo delle goc-ce e ci metto giusto pochi secondi a rea-lizzare che si tratta di lacrime, lacrime dicigno. Mi sveglio di colpo e mi accorgoche ho il fiatone e non capisco il perché.Ho ancora quell’orribile sensazione e,purtroppo, non riesco a levarmela dallamente. Ho i brividi, sento freddo ed houna terribile sensazione di paura. Mi ac-corgo che è sera e che di fianco al lettoc’è il piatto con la mia cena. Così man-gio, bevo, mi corico e mi sforzo di dormi-re e così cado in un sonno profondo.Quando mi sveglio è già mattina ed ho an-cora quella brutta sensazione. Non soperché, ma mi viene da piangere. Non mipiace sentirmi così, vorrei poter cancella-re questo orribile sentimento, questa or-ribile angoscia che mi sta opprimendo.Cosa mi succede? Cosa ho? Perché sto co-sì male? Non lo so nemmeno io. Il tonfodella porta mi distoglie da ogni mio pen-siero. È l’infermiera. Entra e mi dice:“Ciao piccola Elisabetta, ti ho portatodue cose: … dei fiori ed una ranocchiettadi peluche. Te li hanno portati i tuoi ami-ci”. “Oh, grazie di avermeli portati, seistata davvero gentile. Perché non sonoentrati a salutarmi?” le chiedo. “Perchéoggi non potete ricevere visite. Mi dispia-ce. Ora devo andare, torno più tardi,ciao” mi risponde. Esce e chiude la porta.Ha appoggiato tutto sul comodino. Pren-do il biglietto che si trova tra i fiori e loleggo: “Perché tu possa guarire presto. Ituoi amici” poi allungo la mano e prendola ranocchietta. Al collo c’è appeso un fo-gliettino. Leggo anche quello: “dolci sa-luti e dolci baci. Da Lucy e Tyler”. Sonostati gentili. Ad un tratto mi accorgo chenon ho più i brividi e che, sul viso, mi ècomparso un dolce sorriso. È da tantotempo che non sorrido più. Mi accorgo diessere ogni giorno più debole e di perde-re la gioia che Lucia era riuscita a rega-larmi. Ora però sorrido. Sto sorridendodavvero! Chiudo gli occhi e mi immaginofuori, al sole sotto il cielo blu a ridere egiocare con Lucia, Tyler e gli altri. Li ri-apro e mi accorgo che la mia gioia è giàsvanita. Il mio sorriso si è già spento ed ilmio stato d’animo è mutato. Ho un sensodi profonda angoscia e di terribile paura.I brividi sono tornati, il freddo è aumen-tato. Le mani hanno iniziato a tremare,facendo cadere il pupazzetto. Mi spaven-to. Che succede? Cosa mi prende? Perchètremo? No! Basta! Non voglio avere pau-ra. Tutto d’un tratto mi blocco. Non tre-mo più. I brividi sono cessati ed il freddoè passato. Sono ancora impaurita. Non ri-esco a spiegarmi tutto ciò. Perché il miocorpo mi gioca questi brutti scherzi? Dicolpo mi viene in mente una cosa. Che sia

davvero ciò che penso? No. Non possoaver ragione, non voglio avere ragione.Devo lasciare perdere. Ma se fosse davve-ro così? Se questi sbalzi siano davverocollegati alla mia malattia? No. Non èpossibile. Non può essere. Basta, non cidevo pensare. Tutto ciò che devo fareadesso è rilassarmi e stare bene. Sonopassati altri due giorni e, per fortuna, ibrividi e tutte quelle brutte sensazionisono scomparse. Ora sto bene, cioè, stomeglio di prima. Sento bussare. Si apre laporta ed entra l’infermiera. Mi guarda emi sorride benevolmente. “Ho una sor-presa per te. I tuoi amici sono appenapassati e ti hanno lasciato un regalo, soloche ci hanno ripensato e hanno deciso didartelo di persona!”. L’infermiera si spo-sta e compaiono le facce felici di Lucia,Tyler e Ryan. Di colpo il mio volto cambiaespressione, non è più spento e triste, mabello, felice e con un enorme sorriso. Mialzo, scendo dal letto e inizio a correreverso la porta. Ad un tratto, però, le for-ze mi vengono meno, cado a terra, inizioa tremare e sento freddo. Mentre la pau-ra mi assale, sento in lontananza tantevoci spaventate, sento Lucy gridare, sen-to Tyler e Ryan, sento i dottori, le infer-miere e poi la vista mi si appanna, la-sciando spazio ad un nero infinito, la-sciando spazio all’oscurità. Ho paura: nonso dove mi trovo. Intorno a me è tuttoscuro e la mia mente non funziona. Hofreddo. Un freddo assillante, ti penetradentro, fino alle ossa e te le congela. Nonvedo né sento nulla e così il mio timore ela mia angoscia continuano a crescere.Cosa posso pensare? Non so. O forse sì. Soche sono in bilico. Sto lottando tra la vi-ta e la morte, e credo che stia prevalen-do quest’ultima. La vedo. È lì, di fianco ame che sorride. Mi ripugna, ma al tempostesso riesce a diffondere un senso di pa-ce eterna. Lei non è brutta, almeno nondi viso. È carina, magra, bianca coi ca-pelli neri e vestita tutta di nero. Ha unaspetto carino, ma ciò che mi inquieta èla falce che tiene in mano. So che conquella falce può tagliarmi il collo e por-tarmi per sempre con lei. Sembra prontaper compiere un lungo viaggio in miacompagnia. Non credo che abbia inten-zione di andare senza di me.Intanto ilfreddo aumenta e i battiti del mio fragilecuore si fanno via via più lenti. Sento dinon avere forze. So di non riuscire a lot-tare. D’un tratto mi appaiono nitide leimmagini di Sunny. Era bella, dolce, feli-ce, servita e riverita, sempre coccolatada tutti. Aveva un viso pacifico e fiero dinon avere paura di nulla. Stava bene coni suoi amici, ma essi la tradirono, mi tra-dirono, perciò mi rimase solo il calore dimio padre. Io gli volevo bene, ma qualcu-

no decise che non potevo avere felicità eperciò mi tolse anche lui, così rimasi so-la. Questi ricordi mi fanno male, mi tra-figgono come una lama affilata che pianopiano mi penetra dentro, colmandomi didolore, lo stesso dolore che subisce lamia mente, la mia anima.Non ho la forzasufficiente per respingere tutto ciò, cosìle immagini si susseguono, una dopo l’al-tra per farmi più male che mai, per farmimorire dentro. Sento di dover piangere,ma il mio corpo non ha più lacrime; sen-to di dover gridare, ma il mio corpo nonne ha più la forza. Non mi rimane altroche soffrire, che crogiolarmi nel mio dol-ce dolore, quello stesso dolore che mi in-fliggo da sola, che non fa altro che di-struggere la mia anima ed il mio corpo.Non riesco a smettere di soffrire, eppurevoglio farlo, così decido. Decido di com-piere quel passo importante tra vita emorte. Ho scelto la morte. Lei mi tendela mano. Io allungo la mia, ma mentre stoper afferrare la sua, ecco che mi appareun’immagine nitida e gratificante. Lucia.Mi appare il suo volto, il suo sorriso equello di tutti gli altri. Di tutti i miei ami-ci. Io non sono sola. Non lo sarò mai e nonvoglio esserlo. Voglio tornare da loro, vo-glio la vita. Ritiro la mano e cerco in tut-ti i modi di cacciare via la morte. Se mivuole, dovrà aspettare, perché io non hointenzione di arrendermi, io non vogliomorire, io voglio stare con i miei amici, iovoglio tornare ad essere Sunny, io vogliovivere. Le forze ritornano. Non ho piùfreddo, né paura, anzi, sento il mio cuo-re ricolmo di calore. Apre piano e dolce-mente gli occhi e davanti a me vedo uncigno, un enorme cigno. Richiudo gli oc-chi. Forse ho visto male. Li riapro e il ci-gno è ancora lì. Giro la testa e vedo, fi-nalmente, i volti di Lucia, Tyler, Ryan etutti gli altri. Li guardo, mi alzo, sorrido,e abbraccio Lucia e con tutte le forze cheho, gridando: “Sono viva!”. Loro ridono evengono ad abbracciarmi. “Ci hai fatto spaventare. Non vogliamoperderti, noi ti vogliamo bene”. “Anch’iove ne voglio e proprio voi mi avete salva-to”. “Forza, alzati e cambiati” mi diceLucia “ti dobbiamo portare in un posto”.Così obbedisco. Mi metto una maglia, deijeans, mi pettino e loro mi prendono e miportano fuori di peso.Siamo in giardino. Sono tutti con me. Difianco a noi c’è un albero.Rivedo gli alberi, avverto il profumo delprato e la freschezza del vento Rivedo ilcielo blu, le nuvole bianche e rivedo il so-le. Sposto gli occhi verso di lui per ammi-rarlo meglio. Lo sento. Sento la sua forza,la sua dolcezza e, finalmente, sento an-cora il suo calore. Il calore del sole. Fine

U n ’ a m i c i z i a v e r a n e l l ’ o s c u r i t à d e l l a m a l a t t i a

L a c r i m e d i c i g n oL a s t o r i a d i S u n n y t r a d i s p e r a z i o n e e a m o r e

Chiara Beretta 2ª puntata

Illustrazione diMartina Delfanti

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Domenica 16 luglio si è conclusa la sagra del Melone a Isola S. Antonio. Quest’anno la sa-gra si è conquistata uno spazio maggiore, con due interi fine settimana(7-8-9-luglio e 14-15-16 luglio) dedicati alle numerose iniziative collegate. Con questa manifestazione si

chiude la prima tranche dei festeggiamenti pre-ferie organizzati dalla Proloco e dal comune diIsola targato Ezio Pallavicini, neo sindaco del paese. Na-turalmente la nuova amministrazione comunale può av-valersi della forte esperienza dei componenti della Pro-loco e dell’ex sindaco Ornella Arfini, attualmente vice-sindaco. E proprio ad Ornella, che ha ricoperto la caricadi sindaco di Isola per ben 15 anni, un gruppo di suoi col-laboratori ha voluto pubblicamente riconoscere il ruolodi grande organizzatrice di eventi pubblici e il meritodelle numerose iniziative e manifestazioni portate avan-ti con successo durante il suo mandato. Commossa, Ornella Arfini ha ringraziato ed ha volutocondividere il merito con tutti coloro che hanno messo adisposizione il loro tempo e la loro preziosa esperienzaper portare avanti una serie di iniziative che hanno avu-to come unico scopo il miglioramento della qualità dellavita per gli abitanti di Isola. Cuore e momento simbolico della manifestazione è sta-ta, comunque, la sagra del melone, divenuta occasioneper dare spazio a numerosi eventi culturali. Abbiamo avuto modo di apprezzare l’angolo della cultu-ra con la mostra di pittura “Tensioni Emotive” a cura del

I s o l a S . A n t o n i o

l a sag ra de l me lone

maestro Paolo Figallo Giustiniani, residente ad Iso-la, che con le sue opere rappresenta il linguaggiodelle passioni e trasforma in segno grafico e in co-lore il complicato regno dei sentimenti.Nella sala parrocchiale è stato allestito un corpo-so banco di beneficenza dove la gente poteva con-frontarsi con la propria fortuna.Nella piazza della posta, divenuta la cornice deglieventi più ludici e goderecci, si è avuto modo diassaporare la degustazione gratuita del melone,apprezzare l’ottimo ristorante della sagra e go-dersi i vari spettacoli ricreativi e musicali.Vogliamo ricordare inoltre che durante il secondoweek-end della sagra abbiamo avuto il piacere diaccogliere tra di noi una famiglia che risiede nelcomune di Saint Jean de Folleville, paese dellaNormandia Francese gemellato con Isola.Venerdì 14 luglio, inoltre, i ragazzi della redazio-ne de “Il Mosaiko Kids” hanno presentato al pub-

blico di Isola il loro giornale, che è stato apprezzato sia per la veste grafica, sia per lecomplesse tematiche sociali che riesce ad affrontare in un linguaggio adatto ai giovani. An-che Isola S. Antonio ora è entrata in una sorta di “arcipelago culturale” del Mosaiko, conuna rubrica tutta dedicata alle vicende del paese. Il Mosaiko Kids è un mensile che si puòricevere soltanto tramite abbonamento. Chi fosse interessato può rivolgersi al Bar Sport diVenicia e Tatiana.Ora che anche la sagra del melone è terminata e le ferie sono alle porte, una doverosapausa di riposo e subito dopo al lavoro per preparare la sagra della zucca, che si svolgeràil 15-16-17 Settembre 2006.Un ringraziamento meritato all’infaticabile prof. Ornella Arfini, al presidente della Prolo-co Cristian Scotti, alle signore che hanno cucinato, ai nostri giovani molto bene organiz-zati che hanno servito ai tavoli, a tutte le persone del servizio Bar e della griglia e, infi-ne, al gruppo della protezione civile che ha garantito ordine e sicurezza.

M. F.

Sopra:una suggestivaportata dimeloni, gli ospitifrancesi.

A fianco, da sin.:Cecilia Crivelli,Laura Mandirolae Federica Marinipresentano ilMosaiko.

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Ciao, mi chiamo Irene, ho dieci anni. Voglioraccontarvi la mia esperienza di questaestate. L’ultima settimana di Giugno ho

frequentato un camp in Valsesia, a Piode, unpaesino sulle sponde del Sesia. L’attività princi-pale era il basket ma si praticavano anche altrisport (tennis, golf e tiro con l’arco) e, soprat-tutto, si “praticava l’amicizia”.Sono partita da Castelnuovo senza amiche, mauna volta arrivata ho fatto subito amicizia conaltre bambine. Non sto a raccontarvi tutta lagiornata ma vorrei comunicarvi quello che hoprovato.Innanzitutto il piacere di far basket anche invacanza e in un luogo diverso da quello abitua-le, immersi nel verde. Poi la “gioia” di starefuori casa, da sola senza genitori e fratello, purseguendo delle regole. Ogni attività sportivaaveva un punteggio che, alla fine, andava a for-mare una classifica. Questo, al di là dei risulta-ti, mi invogliava a fare sempre meglio, era unmodo per far crescere l’entusiasmo e l’impegnoin ogni attività proposta.Ma l’emozione che più mi è rimasta dentro ènata dall’opportunità di conoscere bambinedella mia età e anche più grandi, che venivanoda varie parti d’Italia, soprattutto dal Nord. Perciò consiglio a tutti i bambini, sia agli aman-ti dello sport che non, di provare ad andare invacanza “da soli”, lontano da casa.

Ciao, Irene Gavio

Quest’estate nella prima settimana divacanze, in compagnia di Matteo Ga-vio e Luca Andriolo, sono andato a fa-

re un camp di Basket a Scopello, in Valsesia. Durante la prima sera del camp abbiamo vi-sto dei giocatori di serie che facevano ilfreestyle (basket acrobatico fatto su una ba-se musicale, con salti e canestri spettacola-ri).Un giorno, mentre stavamo facendo una par-tita fra di noi, ho fatto un canestro all’ulti-mo secondo.Questa esperienza mi è piaciuta molto evorrei rifarla il prossimo anno.

Marco Mandirola.

B a s k e t !e s t a t ev a c a n z e s p o r t i v e : d i v e r t i r s i c r e s c e n d o

Si comunica che la premiazione del concorso nazionale “ S t u p e f a c e n t e è s o l o l a n o s t r a c r e a t i v i t à ” avrà luogo

il giorno 30 settembre 2006 alle ore 9 presso il teatro Civico di Tortona, alla presenza di autorità civili, militari e religiose.

Congratulazioni!!!Quattro redattrici “storiche” di Mosaikosono MATURE!!!Siamo orgogliosi, i primi giornalisti in er-ba della nostra redazione hanno affron-tato la maturità con grande classe: Martina Delfanti, Livia Granata, SimonaLucarno e Carlotta Ruotolo sono pronteper il mondo accademico....

Page 8: Il Mosaiko Kids 7-2006

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Fotografie: favolarevia - Riccardo Torti.

Redazione

Direttore Resp.: Antonella Mariotti

Presidente: Mimma Franco

- Giovanna Spantigati - Paola Maggi -

Elisa Pareti - Silvia Pareti - Marta Lama-

nuzzi - Livia Granata - Simona Lucarno

- Davide Varni - Elena Pisa - Paolo Pareti

- Marcello Spinetta - Giorgia Bresciani -

Cecilia Sacco - Andrea Accatino - Clau-

dio Bertoletti - Elio Pisa - Manuela Gan-

dolfi - Paola Picena - Riccardo Torti - El-

vis Quaglia - Mattia Conte.

Piccoli Piccoli

Lisa R. Magnaghi - Cecilia Crivelli - Chia-

ra Fossati - Federica Oliva - Cecilia Ma-

riotti - Martina Ruta - Sofia Falchetto -

Daniele Accatino - Federica Marini - Mar-

ta Chiapedi - Laura Mandirola - Marco

Mandirola - Irene Gavio.

Illustrazioni

Carlotta Ruotolo - Martina Delfanti

Segreteria

Elena Pisa

Proprietà artistica letteraria

Casa Editrice

Favolarevia

Via C. Alberto, 13

15053

Castelnuovo Scrivia (AL)

Vietato riprodurresenza autorizzazionetesti, fotografie eimpostazione grafica

I n a u g u r a z i o n e D o m e n i c a 2 7 a g o s t o , o r e 1 7 . 3 0

Buonevacanzea tutti!Arrivederci aSettembre...

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