Il Mosaiko 5-2005

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: [email protected] Anno 2 - n° 5 - maggio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: tipografia litografia Fadia, via Soldini, 12 Castelnuovo Scrivia (AL) i i d d Il Mosai o K Il M osai o K s s pag.3 pag.5 pag.6 PIKKOLISSIMI a pagina 4 PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7 VIDEOGIOCHI: una manna dal cielo di davide Varni UNA DISCUSSIONE IN FAMIGLIA di Martina Ruta Un gesto di solidarietà per l’Africa MICHEL, RAGAZZO DEL BENIN PIANETA CANE N.4 Paola Maggi risponde alle domande dei lettori fabula - i racconti del Mosaiko POLVERE DI LUNA di Livia Granata FRAGOLE GELATE di Silvia Pareti pag.8 Hieronymus Bosch - I sette peccati capitali - Madrid, Prado Uomini neri, bambole morte, fobie, terrori... Mamma che paura! I bambini e i grandi nella guerra quotidi ana con i loro fantasmi I l Mosaiko Kids non ha mai paura. Su queste pagine si compongono le tessere feli- ci delle favole, delle realizza- zioni, dei sogni più belli e si im- para a tenere sempre gli occhi aperti sulle tristezze e le ver- gogne del mondo. I problemi ci sono eccome, ma si affronta- no, se ne parla e si agisce. È un impegno spontaneo e concre- to che ci vuole protagonisti e non solo vittime della società. Non credete a chi vi dice che le esperienze negative fanno crescere, non è vero, sono so- lo delle prove a cui tutti ci dobbiamo sottoporre come dei vaccini programmati fin dall’antichità da un saggio Creatore. Invece i fallimenti e le esperienze troppo negative sono molto nocive. È solo col superamento e col trionfo sul- le difficoltà che si cresce, che si impara a cavarsela e si ac- quista fiducia e sicurezza nelle proprie capacità. E dobbiamo imparare in fretta, noi che viviamo nell’epoca del Terrorismo, in un momento storico che sperimenta la pau- ra come la più micidiale e sadi- ca delle sue armi. Ed ad aver paura non sono più solo i sog- getti deboli, ma soprattutto quelli che si credevano più for- ti e intoccabili. Il simbolo del Terrorismo in- fatti non sono gli occhi spa- ventati dei bambini di qualche etnia africana massacrata ma le macerie dei grattacieli più famosi del più potente stato del mondo, simbolo del pro- gresso economico, politico, so- ciale che non conosceva limiti e sembrava che non dovesse fare i conti con nessuno. Quanta paura quel giorno! Quanti fantasmi si sono sparsi per il mondo, sono crollate certezze e quel colpo ebbe il potere di scuotere, anche se solo un attimo le nostre sedie dorate e farci provare in un secondo quella rabbia, quel dolore, quella voglia di vendet- ta o di pace che certi popoli provano da sempre. Internazionale è diventato il terrore, e non il progresso. Adesso tutti beviamo da botti- glie di plastica sigillate e le ro- vesciamo prima di aprirle schiacciando sui bordi per controllare che non vi siano veleni iniettati all’interno. Man- giamo con attenzione e timo- re, leggendo attentamente le istruzioni e la composizione dei cibi come fossero farmaci pericolosi, facciamo attenzio- ne ai luoghi troppo affollati, ai bagagli abbandonati dai viag- giatori nei treni e negli aero- porti, non facciamo l’autostop ne carichiamo nessuno, vedia- mo nella faccia pulita degli sconosciuti e dei conoscenti un inganno ed un pericolo, creiamo case bunker con gra- te alle finestre, allarmi e trap- pole e dormiamo male dopo le ultime notizie lette sui gior- nali e quello che magari è suc- cesso alla nostra vicina. Questo è il fantasma del Ter- rore che si è sparso nel mon- do, ed è veramente una prova terribile per l’umanità. Ricon- quistare fiducia nell’uomo non è semplice perché non la si im- pone con le guerre, il fanati- smo e le vendette. Per carità, ognuno ha le sue ricette, ed i suoi interessi, soprattutto se la violenza e la sopraffazione re- stano ottime occasioni per au- mentare la ricchezza e il pote- re. Vivere comporta sempre un po’ di rischio ed un po’ di paura, fin dall’inizio, quando si è piccoli ed il mondo si popo- la delle più stravaganti fantasie e dei più temibili fantasmi. Co- sa si nasconde sotto il letto, dentro gli armadi, e vive nel buio, pronto a morderci ed as- salirci quando ci addormentia- mo? Non l’ho mai scoperto, ma ancora oggi non riesco a dormire con le ante degli ar- madi ed i cassetti aperti o soc- chiusi perché mi sento insicura. Elisa Pareti T ra gli ecosistemi che sappiamo elencare di certo trascuriamo quel- lo che conosciamo meglio, perché durante gite e vacan- ze organizzate entriamo a farne parte: l’ecosistema del pullman. Come il ghiaccio costituisce l’ambiente dei Poli e la foresta pluviale dei Tropici, così un parallelepi- pedo grigio e asfittico costi- tuisce l’ambiente del pull- man. Il clima è afoso, con ra- re, sottili e intermittenti correnti gelide provenienti dalle bocchette. La fauna siamo noi, esseri viventi ap- parentemente normali e si- mili all’inizio del viaggio, ma che subiscono, con il passare del tempo in questo habitat, differenti e terribili meta- morfosi. C’è chi diventa una Sopravvivere alle gite Il pullman un habitat singolare Marta Lamanuzzi Scuolabus in India - foto Fiorenza Corradini segue a pagina 2 segue a pagina 2 Tessere di un Mosaiko solidale Un giornale per ragazzi è sem- pre una scommessa: difficile capire chi sono veramente i ragazzi d’oggi e difficile sape- re se portano ancora dentro di loro la pazienza, il coraggio e l’umiltà di sedersi di fronte ad una pagina bianca e riempirla con un gesto antico. I mesi so- no trascorsi e le pagine si so- no animate di riflessioni at- tente e tormentate, di rac- conti immaginati e scritti con trasporto, di appelli sinceri lanciati al mondo degli adulti, di favole e di versi liberati da una fantasia che forse aspet- tava solo uno spazio e un’oc- casione per dimostrare che in- finiti (e infinitamente belli) sono i mondi possibili. Per parafrasare uno slogan giusta- mente in voga, altri mondi so- no davvero possibili, e non è detto che la porta su questi mondi sia aperta solo alla fan- tasia: esplorare e creare nuo- ve realtà significa riversarle nella nostra quotidianità, si- gnifica introdurre un elemen- to di sogno che, per il solo fat- to di esistere, sposta non di poco la lente con cui guardia- mo alle cose di tutti i giorni. Ne abbiamo le prove: Il Mosai- ko Kids, con la sua ancora bre- ve e altalenante vicenda, con la sua ancora sperimentale veste di laboratorio della fan- tasia, ha raccolto consenso e solidarietà intorno ad alcune realtà di sofferenza racconta- te sulle pagine del giornale. E ora ne raccoglie i frutti: un gruppo di genitori degli alunni che frequentano la scuola ele- mentare di Castelnuovo Scri- via ha deciso di rinunciare al- l’acquisto delle bomboniere che è consuetudine regalare in occasione delle Comunioni e di destinare l’equivalente della spesa ad un ragazzo che vive in un paese povero e ha bisogno d’aiuto per continua- re gli studi. In quinta pagina la vicenda è raccontata in tutti i suoi dettagli. E’ un piccolo ge- sto di solidarietà che non ri- solve i problemi del mondo, ma, come si usa dire in questi casi, la foresta è fatta di al- beri, che magari appena nati erano poco più che un filo d’erba. Un gesto che regala una grande soddisfazione alla redazione de Il Mosaiko e che ci riempie di gratitudine per quel gruppetto di genitori che hanno saputo trasformare un asciutto rituale scolastico in una viva testimonianza di af- fetto per chi soffre. Un grazie particolare a chi ha coordina- to tutta l’operazione: Manue- la Gandolfi e Paola Picena. Mimma Franco

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Il periodico dell'associazione Il Mosaiko Kids

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Page 1: Il Mosaiko 5-2005

Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendoloal seguente indirizzo:Favolarevia Editore, via C. Alberto 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018e-mail: ilmosaiko @tiscali.it

Anno 2 - n° 5 - maggio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: tipografia litografia Fadia, via Soldini, 12 Castelnuovo Scrivia (AL)

ii ddIl Mosai oKIl Mosai oK ss

pag.3

pag.5

pag.6

PIKKOLISSIMI a pagina 4

PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7

VIDEOGIOCHI: una manna dal cielodi davide Varni

UNA DISCUSSIONE IN FAMIGLIAdi Martina Ruta

Un gesto di solidarietà per l’Africa

MICHEL, RAGAZZO DEL BENIN

PIANETA CANE N.4Paola Maggi risponde alle domande dei lettori

fabula - i racconti del Mosaiko

POLVERE DI LUNA di Livia Granata

FRAGOLE GELATE di Silvia Pareti

pag.8

Hieronymus Bosch - I sette peccati capitali - Madrid, Prado

Uomini ner i , bambole morte , fobie , terror i . . .

M a m m a c h e p a u r a !I bambin i e i grandi ne l la guerra quot id iana con i loro fantasmi

Il Mosaiko Kids non ha maipaura. Su queste pagine sicompongono le tessere feli-

ci delle favole, delle realizza-zioni, dei sogni più belli e si im-para a tenere sempre gli occhiaperti sulle tristezze e le ver-gogne del mondo. I problemi cisono eccome, ma si affronta-no, se ne parla e si agisce. È unimpegno spontaneo e concre-to che ci vuole protagonisti enon solo vittime della società. Non credete a chi vi dice chele esperienze negative fannocrescere, non è vero, sono so-lo delle prove a cui tutti cidobbiamo sottoporre comedei vaccini programmati findall’antichità da un saggioCreatore. Invece i fallimenti ele esperienze troppo negativesono molto nocive. È solo colsuperamento e col trionfo sul-le difficoltà che si cresce, chesi impara a cavarsela e si ac-quista fiducia e sicurezza nelleproprie capacità. E dobbiamo imparare in fretta,noi che viviamo nell’epoca delTerrorismo, in un momentostorico che sperimenta la pau-ra come la più micidiale e sadi-ca delle sue armi. Ed ad averpaura non sono più solo i sog-getti deboli, ma soprattuttoquelli che si credevano più for-ti e intoccabili.

Il simbolo del Terrorismo in-fatti non sono gli occhi spa-ventati dei bambini di qualcheetnia africana massacrata male macerie dei grattacieli piùfamosi del più potente statodel mondo, simbolo del pro-gresso economico, politico, so-ciale che non conosceva limitie sembrava che non dovessefare i conti con nessuno.Quanta paura quel giorno!Quanti fantasmi si sono sparsiper il mondo, sono crollatecertezze e quel colpo ebbe ilpotere di scuotere, anche sesolo un attimo le nostre sediedorate e farci provare in unsecondo quella rabbia, queldolore, quella voglia di vendet-ta o di pace che certi popoliprovano da sempre.Internazionale è diventato ilterrore, e non il progresso.Adesso tutti beviamo da botti-glie di plastica sigillate e le ro-vesciamo prima di aprirleschiacciando sui bordi percontrollare che non vi sianoveleni iniettati all’interno. Man-giamo con attenzione e timo-re, leggendo attentamente leistruzioni e la composizionedei cibi come fossero farmacipericolosi, facciamo attenzio-ne ai luoghi troppo affollati, aibagagli abbandonati dai viag-giatori nei treni e negli aero-porti, non facciamo l’autostop

ne carichiamo nessuno, vedia-mo nella faccia pulita deglisconosciuti e dei conoscentiun inganno ed un pericolo,creiamo case bunker con gra-te alle finestre, allarmi e trap-pole e dormiamo male dopole ultime notizie lette sui gior-nali e quello che magari è suc-cesso alla nostra vicina.Questo è il fantasma del Ter-rore che si è sparso nel mon-do, ed è veramente una provaterribile per l’umanità. Ricon-quistare fiducia nell’uomo nonè semplice perché non la si im-pone con le guerre, il fanati-smo e le vendette. Per carità,ognuno ha le sue ricette, ed isuoi interessi, soprattutto se laviolenza e la sopraffazione re-stano ottime occasioni per au-mentare la ricchezza e il pote-re. Vivere comporta sempreun po’ di rischio ed un po’ dipaura, fin dall’inizio, quando siè piccoli ed il mondo si popo-la delle più stravaganti fantasiee dei più temibili fantasmi. Co-sa si nasconde sotto il letto,dentro gli armadi, e vive nelbuio, pronto a morderci ed as-salirci quando ci addormentia-mo? Non l’ho mai scoperto,ma ancora oggi non riesco adormire con le ante degli ar-madi ed i cassetti aperti o soc-chiusi perché mi sento insicura.

Elisa Pareti

Tra gli ecosistemi chesappiamo elencare dicerto trascuriamo quel-

lo che conosciamo meglio,perché durante gite e vacan-ze organizzate entriamo afarne parte: l’ecosistema delpullman. Come il ghiacciocostituisce l’ambiente deiPoli e la foresta pluviale deiTropici, così un parallelepi-pedo grigio e asfittico costi-tuisce l’ambiente del pull-man. Il clima è afoso, con ra-re, sottili e intermittenticorrenti gelide provenientidalle bocchette. La faunasiamo noi, esseri viventi ap-

parentemente normali e si-mili all’inizio del viaggio, mache subiscono, con il passare

del tempo in questo habitat,differenti e terribili meta-morfosi. C’è chi diventa una

S o p r a v v i v e r e a l l e g i t e

I l p u l l m a nu n h a b i t a t s i n g o l a r e

Marta Lamanuzzi

Scuolabus in India - foto Fiorenza Corradini segue a pagina 2

segue a pagina 2

Te s s e r e d iu n M o s a i k os o l i d a l e

Un giornale per ragazzi è sem-

pre una scommessa: difficile

capire chi sono veramente i

ragazzi d’oggi e difficile sape-

re se portano ancora dentro di

loro la pazienza, il coraggio e

l’umiltà di sedersi di fronte ad

una pagina bianca e riempirla

con un gesto antico. I mesi so-

no trascorsi e le pagine si so-

no animate di riflessioni at-

tente e tormentate, di rac-

conti immaginati e scritti con

trasporto, di appelli sinceri

lanciati al mondo degli adulti,

di favole e di versi liberati da

una fantasia che forse aspet-

tava solo uno spazio e un’oc-

casione per dimostrare che in-

finiti (e infinitamente belli)

sono i mondi possibili. Per

parafrasare uno slogan giusta-

mente in voga, altri mondi so-

no davvero possibili, e non è

detto che la porta su questi

mondi sia aperta solo alla fan-

tasia: esplorare e creare nuo-

ve realtà significa riversarle

nella nostra quotidianità, si-

gnifica introdurre un elemen-

to di sogno che, per il solo fat-

to di esistere, sposta non di

poco la lente con cui guardia-

mo alle cose di tutti i giorni.

Ne abbiamo le prove: Il Mosai-

ko Kids, con la sua ancora bre-

ve e altalenante vicenda, con

la sua ancora sperimentale

veste di laboratorio della fan-

tasia, ha raccolto consenso e

solidarietà intorno ad alcune

realtà di sofferenza racconta-

te sulle pagine del giornale. E

ora ne raccoglie i frutti: un

gruppo di genitori degli alunni

che frequentano la scuola ele-

mentare di Castelnuovo Scri-

via ha deciso di rinunciare al-

l’acquisto delle bomboniere

che è consuetudine regalare

in occasione delle Comunioni

e di destinare l’equivalente

della spesa ad un ragazzo che

vive in un paese povero e ha

bisogno d’aiuto per continua-

re gli studi. In quinta pagina la

vicenda è raccontata in tutti i

suoi dettagli. E’ un piccolo ge-

sto di solidarietà che non ri-

solve i problemi del mondo,

ma, come si usa dire in questi

casi, la foresta è fatta di al-

beri, che magari appena nati

erano poco più che un filo

d’erba. Un gesto che regala

una grande soddisfazione alla

redazione de Il Mosaiko e che

ci riempie di gratitudine per

quel gruppetto di genitori che

hanno saputo trasformare un

asciutto rituale scolastico in

una viva testimonianza di af-

fetto per chi soffre. Un grazie

particolare a chi ha coordina-

to tutta l’operazione: Manue-

la Gandolfi e Paola Picena.

Mimma Franco

Page 2: Il Mosaiko 5-2005

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Sono tanti ad addormentarsicon una lucina accesa, abbrac-ciando un orsacchiotto o me-glio ancora nel letto di mam-ma e papà. Beh, sono tutti sin-tomi di un disagio che non vamai trascurato ed è buonanorma per i genitori diventa-re un po’ anche acchiappafan-tasmi. Basta armarsi di unascopa o di un battiscopa, ac-cendere tutte le luci e comin-ciare un’accurata ispezionedella casa controllando con ilfiglioletto spaventato tutti gliangoli in cui quegli infingardi sipotrebbero nascondere e, senon li trovate, meglio, significache siete proprio bravi comeacchiappafantasmi e probabil-mente non si rifaranno più ve-dere.Le favole, la televisione, ilcomputer, il mondo dentro lemura domestiche e fuori èprodigo di scene violente, ter-rificanti che turbano gli adultie devastano le giovani menti.Gli esempi sono fin troppoevidenti ed i danni che provo-cano macroscopici.La morte, la brutalità sono esaranno sempre uno spetta-colo in grado di attirare l’at-tenzione, dare emozioni capa-ci di restare a lungo impressenelle menti. Questo è del tut-to naturale e positivo perchéin grado di metterci in allertanelle situazioni di pericolo. Ilbrutto è che alla lunga ci siabitua persino alle scene piùraccapriccianti e questo nonpuò che portare ad un escala-tion del terrore.

Persino nei giocattoli, dopoavere inventato una serie infi-nita di mostri, hanno partori-to la malsana idea di una bam-bola morta, chiusa nella suapiccola bara, con la facciottacadaverica ed il sangue rap-preso. Tutti sanno, perché al-meno una volta nella vita l’-hanno provato, che i bambinihanno negli occhi una grandemagia che gli permette di ve-dere la Vita in tutto ciò che licirconda e possono parlarecon gli animali e gli oggetti emuoverli come se avesseroun’anima. I bambo-lotti poi sono dasempre i più amatidai più piccoli chevedono riflessi lorostessi, e li fanno di-ventare subito i lo-ro figli o i loro fida-ti amici. Il piacereche può provare unbambino piccolo nelgiocare con la bam-bola morta può av-vicinarsi a quello diuna madre che siculla il cadaverinodel proprio bambi-no.Infatti dopo avertraumatizzato, ov-viamente, e manda-to dallo psicologoun po’di bambini al-la fine hanno decisodi ritirarla dal com-mercio. Ogni tanto dovrem-mo anche decidercia scegliere, e dire

no a certi prodotti ai quali ibimbi non sono ancora pron-ti, evitando di allevare genera-zioni pavide e mammone.Non dobbiamo più racconta-re la storia dell’uomo nero,del lupo cattivo e dell’orcomannaro vivendo in una so-cietà in cui gli extracomunita-ri cercano di integrarsi, i lupisono in via di estinzione enon è sempre vero che chi èbrutto è anche cattivo… La-sciamo stare i grandi classici,pieni di fanciulle per le quali lamassima aspirazione è trovar-

si un buon partito, e i prota-gonisti subiscono violenze etorture inaudite e inventia-moci delle favole che veicoli-no nuovi valori e speranze.È importante che i bambinivedano riflesse intorno a lorole immagini della felicità e del-la sicurezza imparando ad af-frontare e superare ogni pro-blema. Ognuno poi ha semprei suoi fantasmi personali e seci capita di spaventarci o di ri-svegliarci con un urlo da unincubo non dobbiamo sentircideboli perché le persone ve-

ramente coraggiose fannosempre i conti con la paura. Imostri no, ecco perché spes-so nelle guerre si imbottisco-no i soldati di alcool, fumo estupefacenti. È recente la sco-perta di un prodotto chimicoche assunto inibisce ogni pau-ra e sensibilità umana. I solda-ti così non avrebbero più pau-ra di uccidere, di morire, o dicommettere altre violenze econ una pillola si risolverebbequesto fastidioso difetto degliesseri umani.Io consiglio di vincere le no-

stre battaglie a mani nude, eabbattere tutti i fantasmi del-la vita restando esseri umani.Lasciate l’alcool, le droghe ele pillole ai vigliacchi, le nuovegenerazioni devono esserecoraggiose, devono piangere,commuoversi alle brutte noti-zie dei telegiornali senza per-dere mai la capacità di accen-dere le luci per far chiarezzasulle situazioni e picchiarecon la scopa tutti i fantasmipiù mostruosi. Tranquilli, Mo-saiko Kids è con voi, ed è unacchiappafantasmi micidiale…

Hieronymus Bosch - Trittico delle tentazioni. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Particolare della Meditazione

segue dalla prima (Elisa Pareti) M a m m a c h e p a u r a !

U n h a b i t a t s i n g o l a r e

I l p u l l m a nsegue dalla prima (Marta Lamanuzzi)

larva smidollata che aderi-sce mollemente al substratodella poltrona, cade in le-targo e perde del tutto lapercezione di ciò che lo cir-conda, anche a causa dellecuffie che gli impedisconol’udito e gli rintronano ilcervello. Questi esemplariovviamente sono vittimeinermi di ogni predatore cheli attacca senza pietà, pa-ciugandogli la faccia e inse-rendo qualunque cosa inqualunque cavità organica.Poi ci sono quelli che diven-tano nevrotici e rabbiosi, sisentono soffocare, soffronoimprovvisamente di clau-strofobia, abbaiano al mini-mo stimolo. Infine gli insof-ferenti, annoiati, esaspera-ti, nauseati, con il volto de-formato in orrende smorfie,

in moto inutile, insensato eperpetuo. Ovviamente nonmancano gli attentati e lelotte, sempre più accanite eferoci. L’atmosfera diventaveramente tesa e pericolosaquando, tra gli individui non“allarvati”, si innesca il cir-colo vizioso del furto dei po-sti. Tutto ha inizio da un so-lo esemplare che occupa ilterritorio di un altro, questiinfatti farà lo stesso e saràseguito dal nuovo spodesta-to. Al ritorno da ogni sostaall’autogrill è autentico ter-rorismo. Lasciare la propriaroba sul pullman non serve,può essere spostata. Difen-dere la propria postazione èuna questione di riflessi, diastuzia, di spregiudicatezza.Solo i più forti ne uscirannovivi.

Esì all’inizio po-teva anche es-sere la novità,

la curiosità di spiaredentro una casa, pervedere la reazione diun gruppo di personecostrette a convive-re fra loro, dovendosfidarsi e dovendosuperare prove più omeno difficili perprocurarsi i soldidella spesa. Ora tut-te le televisioni han-no fatto proliferarei così detti REALITYSHOWS. Forse pro-vare a mettere per-sonaggi più o menofamosi su di un’isoladeserta piuttostoche in una fattoriapoteva attirare l’at-

tenzione di quellepersone alle qualinon interessava il ri-sultato finale ma so-lo vedere questi VIPimpegnati in prove dicoraggio e di soprav-vivenza. Ora non ètroppo? Noi conti-nuiamo ad avere se-rate televisive occu-pate da “attori” im-pegnati a svolgere ilcompitino a loro as-segnato dal registadi turno, a litigare acomando o a far fin-ta di innamorarsi pertenere sempre vival’attenzione dei tele-spettatori. Li chia-mano reality perché?Se di reale non han-no assolutamenteniente. Parliamo delprimo, chi sono le

persone che sonostate prese per “gio-care”? In teoriaperfetti sconosciuti,persone normalissi-me che in cambio diun po’ di notorietàsono disposte a farsirinchiudere e spiareda mille telecamereper cento giorni. Poisi scopre che hannogià fatto pubblicità,calendari, lavoratonel mondo dellospettacolo. Se di-cessero a qualcunodi noi che dobbiamochiuderci in una casaper cento giorni po-tremmo farlo? Dicopotremmo, non vor-remmo. Sfido chiun-que a lasciare la pro-pria casa, moglie, fi-gli, genitori e lavoro

in cambio di nulla dicerto.Degli altri meglionon parlarne, mi limi-to a dire che comeun campione di unqualsiasi sport pre-ferisce smetterequando è vincente,forse, anche i perso-naggi un tempo fa-mosi avrebbero fat-to bene a restaredove erano, così daessere ricordati conaffetto e ammira-zione.

N o t a p e r c h i v u o l e i n v i a r e i s u o i s c r i t t iLa rubrica Una voce fuori campo è espressamente dedicata alla pubblicazione di arti-

coli, saggi, racconti, componimenti poetici o segnalazioni di chiunque desideri far uscire

la propria voce dalle mura di casa. L’indirizzo a cui inviare il materiale è:

Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

e-mail: [email protected]

La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.

All’inizio fu Il Grande FratelloAll’inizio fu Il Grande FratelloStefano Pugliese

Tra isole e fattorie, la pseudo-realtà in declino per overdose

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a b u l aa b u l aff

Ogni sera lui andava da lei, ed ogni sera lei era là, sottole fronde di quella imponente quercia che si ergevapiù in alto di tutti gli alberi del parco che lui riusciva

facilmente a scorgere dalla finestra della sua stanza.Scendeva in punta di piedi, nel silenzio più assoluto, per nonsvegliare la sorellina e i genitori che dormivano nelle stanzeaccanto, apriva la porta silentemente e con la stessa mae-stria di un provetto ladro se la richiudeva alle spalle...e poicorreva, libero, senza più preoccuparsi di muoversi in puntadi piedi, correva a perdifiato sino a raggiungere l’ingresso delparco e si fiondava al di sotto delle ombrose fronde dellaquercia, non temeva il buio, perché sapeva che c’era la lucedi lei a rischiarare le tenebre.Non poteva evitare di rimanere sorpreso ogni volta che la ve-deva, anche se scorgeva il suo brillio da più di dieci anni or-mai, l’aveva intravista per la prima volta quando aveva più omeno cinque anni, e ora ne aveva sedici, ma in presenzad’ella era come se il tempo non fosse mai trascorso.Tuttavia quella non era una notte come le altre, non era unanotte di sogno, era un notte d’incubo, era la notte destinataad inghiottire tutti i rimasugli dei suoi *sogni infantili*, co-m’era solita chiamarli sua madre: era tempo di crescere, eratempo di dimenticare le favole.L’ombra era ancora fitta, non poteva scorgere quasi nulla,tuttavia conosceva bene la sua strada, l’aveva percorsa trop-pe volte in passato e non aveva paura di smarrirsi, un’ondatadi malinconia lo colse quando si rese conto che quella sareb-be stata l’ultima volta, che non ci sarebbe stata un’altranotte così…che tutto stava per concludersi.Ormai era al di sotto della quercia, dove le tenebre eranopiù fitte, ancora due passi e fu in grado di scorgerla, fu ingrado di scorgere la sua luce: ad una prima occhiata poteva

sembrare una lucciola un po’ troppo cresciuta…ma se la siguardava bene si riuscivano a scorgere un corpo di bambinaminiaturizatto, e due cristalline ali di farfalla che si aprivanosul minuscolo dorso di quella che non poteva essere chiamatacon altri nomi se non con quello di Fata.La sua fatina, la sua Lasher…era stata la sua compagna digiochi per tutta l’infanzia, e nessuno aveva trovato troppostrano che un bambino potesse vedere e parlare con una fati-na, anzi, tutti ne erano rimasti entusiasti: i suoi insegnantiperché dimostrava di avere una notevole fantasia ed i suoiamici perché trovavano veramente divertente l’idea che Ja-mes avesse come amica una fatina, proprio come Peter Pan.Gli anni però erano passati, erano passati per tutti, solo perLasher sembravano non passare mai: quello che prima sem-brava essere un gioco da bambini stava assumendo i connota-ti di una malattia psichica, e i suoi genitori erano preoccupa-ti seriamente, l’avevano sottoposto ad ogni tipo di visita, l’a-vevano presentato ad ogni sorta di specialista, dai medici aimedium, dagli psicologi agli psichiatri, ma nessuno era riusci-to a trovare qualcosa che non andasse veramente in lui, tuttierano convinti che la sua amica immaginaria sarebbe scom-parsa col trascorrere degli anni.Ma lei non scompariva, l’attendeva sempre sotto le fronde diquella quercia, dopo lo scoccar della mezzanotte…ma ora an-che lui si rendeva conto che era tempo che tutto ciò finisse,per la prima volta in vita sua provava vergogna a parlare diLasher, si vergognava terribilmente, non voleva più avereniente a che fare con lei, era tempo di lasciarla. Perché? Behma perché voleva essere come tutti gli altri! Con decisione ma con la morte nel cuore si avvicinò a lei, siaccovacciò innanzi al ramo su cui era seduta e la guardò in-tensamente per alcuni istanti…si rese conto immediatamenteche qualcosa non andava, il suo corpo sembrava essere inter-mittente, come le luci che si usano per decorare gli alberi aNatale …e quando parò la sua voce così cara e familiare ri-

suonò lontana, una sbiadita eco della squillante voce che eraabituato a sentire. “So già tutto, non scusarti….sapevo che questa notte prima opoi sarebbe giunta…” Lacrime di cristallo imperlavano le pic-cole gote della fata, mentre il suo corpo diveniva sempre piùevanescente… voleva dirle qualcosa, gli faceva più male delprevisto sentire quelle parole, quelle parole che in fondo de-siderava con tutto il cuore non dover mai udire…aprì la boccaper parlare, ma un gesto della piccola mano di lei lo bloccò ecosì la lasciò proseguire nel suo dire: “Hai smesso di crederein me, e per questo sto scomparendo…è il destino di noi fa-te…io…credo di essere l’ultima rimasta, ma ora anche il miotempo è giunto”. Le lacrime scendevano più copiose a rigareil minuto volto della creatura, e la voce spezzata era semprepiù lontana mentre pian piano prendeva a scomparire deltutto. “Non c’è più posto per noi…il tempo di Faerie è termi-nato, ormai gli uomini non credono più in nulla che non pos-sono toccare con mano, che non possa essere sperimentatoscientificamente, e questa è la nostra morte…questo è il mioaddio”.Si alzò in volo con le ultime forze che le rimanevano e si por-tò all’altezza degli occhi di James, che non poteva far altrose non fissarla attonito, troppe emozioni contrastanti si agi-tavano nel suo petto.“Non piangere per me…quando sentirai la mia mancanza alzail viso e osserva la Luna: nel suo riflesso scorgerai il mio sor-riso, nel suo silenzio sentirai il mio canto”.Ciò detto si librò ancora in volo, sfiorò la guancia del ragazzoper un ultima volta e salì in alto, a toccare le stelle sue so-relle, lasciandolo solo nella notte buia, attonito e capace sol-tanto di pronunciare il suo nome, incapace di credere aquanto era successo, incapace di credere che lei se ne fosseandata…ma soprattutto incapace di credere che tutto ciò erasuccesso realmente, e che lui aveva davvero conosciuto l’ul-tima delle Fate.

P o l v e r e d i L u n aLivia Granata

Nel grande Nord, do-

ve il freddo pareva

una titanica forza,

universale padrone del suo

territorio e dove muschi e

licheni si facevano recipro-

camente coraggio per sop-

portare i terribili geli, là,

camminavano due giovani.

Erano giunti dall’ovest, dove

le tiepide terre baciate dal

sole, venivano bagnate di

giorno in giorno da atroci

battaglie.

Erano sfuggiti ai grandi con-

flitti degli uomini, ed ora va-

gavano in questo freddo

dove tutto era ostile. Ma

qui, mai un umano avrebbe

ucciso un proprio simile. In

questo angolo di mondo vi-

geva la legge del gelo e la

natura del freddo. Appena

giunti in una valle che sem-

brava un po’ meno fredda

delle altre, si stabilirono in

una capanna, e per vivere,

piantarono un orto di cardi.

Si amavano e stavano bene

insieme però la ragazza so-

gnava di avere un orto di

fragole sotto un tiepido so-

le. I giorni passarono ma il

freddo, che non ammetteva

intrusi, in un’alba di nebbia

rapì la ragazza e la offrì alla

morte.

Al giovane, quel mattino,

non rimase che il gelo. Nel-

la capanna, nel cadavere del-

la ragazza e nel suo cuore.

Così uscì alle intemperie e

gridò: - Freddo!!! Perché que-

sto gelo? Perché questo silen-

zio? Questa terra? Questa vi-

ta? - Avrebbe voluto tornare

ad ovest e sfogarsi in una

qualsiasi guerra. E se fosse

morto? Meglio ancora! Ma

non lo fece, c’era già troppo

dolore. Il giorno ruotò nella

notte e poi nel mattino.

Uscito di casa, forse per

commettere pazzie, vide nel

suo campo, accasciato a ter-

ra, un mostro ferito, enor-

me e ricoperto di peli in

maniera raccapricciante.

L’uomo lo trascinò in casa e

lo curò.

Quando il mostro rinvenne

chiese – Chi sei tu? Perché

curi questo abominio capace

di nulla tranne che di difen-

dersi dal freddo? –

L’umano rispose - Sono colui

che affoga nelle lacrime di un

gelido lutto, sono colui che ha

perso la moglie per il freddo,

sono colui che però non serba

rancore per essere alcuno –

Così l’abominio parlò con il

giovane che le lacrime ave-

vano reso vecchio e si fece

raccontare tutto. Una volta

guarito disse: - Vai giovane

per i monti, e tra un mese ri-

torna, con un occhio di un uo-

mo, con il tronco di una pian-

ta e con un corno di stambec-

co ed io riporterò in vita il tuo

amore –

Così l’umano partì, anche

l’abominio si incamminò, ma

lui per le più ostili zone che

la terra conosca, sempre più

vicino al covo del freddo.

Il gelo vide arrivare il mo-

stro e rise; gli sputò in fac-

cia tutta la neve; gli gelò i

peli fino alla pelle ma la

creatura continuò a cammi-

nare imperterrita.

La lotta non si notava, invi-

sibile e furiosa.

Così l’incubo delle nevi pre-

dò indisturbato nelle lande,

finché giunse a tener sotto

assedio la glaciale roccafor-

te del gelo. Ed il Freddo in

persona venne a parlargli:

- Cosa vuoi, fiera degli incubi,

dalla forza che calma la ma-

teria, da colui che si contrap-

pone al sole? –

La bestia disse: - Voglio scio-

gliere il ghiaccio, non ho paura

del freddo, voglio aiutare un

amico; non ho paura di te -

Il Freddo urlò: - Perché vuoi

davvero che un polo del mon-

do muoia? Si ribalteranno le

terre e le galassie, nessuno sa

cosa potrebbe accadere!-

La bestia finì: - Ritirati o fred-

do! Arroccati nel tuo palazzo

e non uscirne!-

Il freddo arretrando: - E sia

fiera degl’incubi, perirò que-

st’oggi per il tuo volere ma ri-

vivrò un giorno per dominare i

poli e mantenere l’equilibrio

nel mondo -

L’umano nel frattempo va-

gava, e vagava.

Ad un certo punto vide una

bella pianta, prese un’accet-

ta, ma si accorse che alla ba-

se del suo tronco cresceva-

no nuove e giovani pianti-

celle; ne ebbe pietà e si al-

lontanò. Poi vide uno stam-

becco, gli saltò in groppa, lo

ribaltò a terra, ma prima di

finirlo per prenderne il cor-

no, notò la sua femmina che

lo guardava disperata e im-

potente e così, avendo pro-

vato cosa vuol dire la morte

del proprio amore, lo ri-

sparmiò e proseguì.

Dopo incontrò un vecchio e

si accorse che la sua vita in

quelle lande era difficile, lo

vide arrancare nella neve

con un secco bastone, com-

battere contro la morte con

una ferma speranza, lo guar-

dò negli occhi e capì che la

vista era la sua unica arma

contro i predatori, il freddo,

gli ostacoli e le avversità.

Così alla fine del mese, con

il sacco vuoto ritornò al suo

campo piangendo.

Anche la bestia era lì.

Disse: - Giovane dammi la

tua sacca, cosicché io possa

prenderne ciò che ti ho chie-

sto -

Il ragazzo gliela porse e

chiuse gli occhi, improvvisa-

mente sentì un raro tepore

ed una voce: – Chi non vuole

la sofferenza degli altri, meri-

ta l’amore! -

Il giovane si guardò intorno,

ora la vallata era verde, ri-

scaldata dal sole. Al centro

c’era un grande campo di

fragole, nel mezzo del quale

dormiva la sua amata.

Si avvicinò e le accostò alle

labbra una fragola.

Lei si alzò e si abbracciaro-

no.

Da lontano la creatura guar-

dò i due giovani, poi si girò,

e come il tempo, ricominciò

a camminare.

f r a g o l e g e l a t eSilvia Pareti

Illustrazione di Martina Delfanti

Page 4: Il Mosaiko 5-2005

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p o e t i i n e r b a

Il risveglio del sole

Al mattino,

una grossa palla di fuoco,

si sveglia cullata da un mare di piccoli batuffoli bianchi.

Mentre muove i suoi raggi,

diffonde calore sulla terra addormentata.

Si nasconde timido dietro a una montagna,

e scioglie i suoi ghiacci.

Cecilia Battaiola, 5ª A

Scuola Elementare “Bandello”

Castelnuovo Scrivia

4

Pikkol iss imiPikkol iss imi

Il mio diarioLuca Beretta, 5ª A, Scuola Elementare di Castelnuovo Scrivia

11 Aprile 2005

Caro diario, ti sto per raccontare una giornata molto movimentata.

Questa mattina non mi volevo svegliare; non ho neanche sentito la

mamma che mi diceva di sbrigarmi, così è dovuto intervenire papà

che mi ha fatto la solita “predica”: -Alla sera si va a letto pre-

sto!-. Sono arrivato abbastanza presto a scuola e mi sono messo a

chiacchierare con i miei amici anche se non mi interessava molto l’ar-

gomento: Valentino Rossi. In classe abbiamo iniziato a leggere “Il

diario di Anna Frank”. Mi ha colpito moltissimo il modo in cui ve-

nivano perseguitati gli ebrei. Non avrei mai pensato che gli uomini

arrivassero a tanto. Dopo l’intervallo, il colpo di scena: la maestra

ci ha fatto fare una prova geografica a sorpresa. Spero di averla

fatta giusta! Fuori da scuola, altro colpo di scena: la mamma ha

incontrato la maestra Franca che le ha raccontato che sono troppo

agitato. La mamma si è arrabbiata un pochino e mi ha invitato a

stare più calmo. Nel pomeriggio sono andato a casa di Marcello per

finire la ricerca di religione. Purtroppo non abbiamo trovato notizie e

così domani dovremo andare in biblioteca. Spero che i prossimi giorni

saranno migliori!

Ciao da Luca!

B amb i n i e b u r a t t i n i

CONCLUSO IL PROGETTO “SARINA”

Grande partecipazione al progetto “Sarina” della classe 1A del-la scuola elementare di Castelnuovo Scrivia, realizzato graziealla CRT e alla Fondazione Sarina di Tortona che noi insegnan-

ti ringraziamo caldamente. Il progetto prevedeva tre momenti im-portanti:1) Visita guidata al-l’Atelier Sarina diTortona dove i bambinihanno incontrato i bu-rattini del grande Pep-pino Sarina, e alcunipupazzi moderni tracui Dodo, reso famosodalla trasmissione te-levisiva “L’albero az-zurro”. Gli alunni hanno

animato i pupazzi e hanno conosciuto l’affascinante mondo del teatrodei burattini.2) Momento della costruzione del burattino. Un animatore, Massi-mo, è intervenuto al pomeriggio nella classe per insegnare ai bambinie alle maestre come fare un burattino: carta da giornale, nastro dicarta adesiva e…fantasia.3) Momento del-l’animazione. Adistanza di diecigiorni l’animatoreMassimo è torna-to nella scuolaper animare i bu-rattini costruitidai bambini. Que-sto è stato unmomento moltointeressante: intanto ogni bambino ha dovuto dare un nome e un’ani-ma al proprio burattino e sono nate alcune storie interessanti. L’e-sperienza è stata positiva e ha dato l’opportunità a tutti di dare spa-zio alla creatività e alla fantasia. Ci auguriamo per il prossimo anno di poter continuare questa espe-rienza.

Le insegnanti della 1Aa nome degli alunni

Page 5: Il Mosaiko 5-2005

5

Michel, ragazzo del BeninMichel Tamoute non ha un

letto e dorme sul fondoargilloso della sua capan-

na: i suoi genitori, i suoi nonni, inonni dei suoi nonni hanno sem-pre fatto così e a nessuno, nel vil-laggio di agricoltori dove vive, ver-rebbe mai in mente di fare in un al-tro modo. Il letto, per chi abita nel-l’arido nord del Benin, è forse l’ul-timo dei problemi: l’acqua scarseg-gia, il terreno è duro, sul duro sidorme bene e sul fondo della ca-panna non c’è mai umidità. Dopouna bella dormita, però, al mattinopresto ci vuole un po’ d’acqua fre-sca per rinfrescarsi la gola e lavarsivia il caldo della notte tropicale. Untorrente c’è, basta prendere unabrocca, fare qualche centinaio dimetri e scendere ad attingere quelpoco d’acqua che scorre. Michel lofa tutte le mattine, ma l’acqua chelo aspetta non sgorga da una sor-gente: scorre all’aperto e ha giàraccolto tutto quello che i villaggipiù a monte hanno scaricato diret-tamente nel canale, non avendo fo-gnature. Michel quell’acqua torbidal’ha bevuta e ribevuta tante volte, equalche mal di pancia se l’è preso.Tanti suoi amici sono nati menoforti e meno fortunati di lui, Mi-chel ricorda con disperazione diaverli visti dimagrire fino a che era-no talmente sottili che la vita nonce l’ha più fatta a muoversi tra leloro ossa. I progetti di cooperazio-ne e di aiuto al Benin sono tanti,così come tanti sono i fuoristradacon le insegne dell’ONU, dellaFAO e di prestigiose Organizzazio-ni Non Governative che sfreccianoper le strade della capitale, ma finoall’anno scorso nel villaggio di Mi-chel nessuno ha trovato la voglia oil tempo di scavare un pozzo omettere una pompa per l’acqua.Ora una pompa c’è e grazie al suosemplice meccanismo molte vitesaranno salvate. Installare una

pompa per l’acqua non costa più di2.000 €, ma tra le colline brulledelle regioni del nord, tra i villaggisparsi nelle aride campagne di Na-titingou, ragazzini ben più giovani diMichel camminano silenziosi all’al-ba con la loro piccola zappa in ma-no e la pancia gonfia per l’acquamalsana, ringraziando il cielo se asera porteranno ai loro genitori al-meno la paga di una intera giorna-ta, mezzo euro se le cose vannobene. Michel, invece, ha avuto unagrande fortuna: suo padre, dopouna vita di sacrifici in campagna, èriuscito ad iscriverlo alla scuola deipadri missionari a Natitingou e permantenere i suoi studi si è trasferi-to a 50 km dal villaggio, a fare ilbracciante dove la terra è un po’più fertile e la paga meno misera.Michel può studiare, Michel puòsognare un futuro migliore, Michelpuò capire quel che succede al suopaese e alla sua gente, Michel do-mani può battersi per restituire di-gnità al suo popolo e alla sua terra.Michel può persino parlare la lin-gua dei colonizzatori, e grazie alfrancese, in un torrido pomeriggiodel 1999, ha potuto rispondere al-le domande di un gruppetto di tu-risti bianchi che camminavano in-curiositi tra le capanne e i campi dimanioca. Quel gruppetto, una cop-pia di italiani e una coppia di fran-cesi in Africa occidentale per vede-re quella parte del mondo che pa-ga il conto del nostro benessere,eravamo noi. Turisti a Natitingounon se ne vedono mai, l’Africa deigrandi paesaggi non abita più lì: glialberi sono stati tagliati quasi tuttiperché senza la legna al villaggionon si potrebbe accendere il fuocoe cucinare, gli animali sono statimangiati quasi tutti perché trovar-si la pancia piena alla sera è sempreuna gran scommessa. Michel ci haaccompagnati sulle colline desertee silenziose e ci ha raccontato del

grande Parco Naturale della Pend-jari, dove i leoni, gli ippopotami egli elefanti scorrazzano felici e sicu-ri, dove ci sono bravi guardiaparcoe veterinari pronti ad aiutarli e adassisterli quando sono malati, dovei turisti - là sì - arrivano numerosial fine settimana e portano denaroprezioso, dove bambini orfani e ab-bandonati cercano di entrare perelemosinare qualche spicciolo esono scansati con fastidio dai turi-sti in safari e vengono maltrattatidai sorveglianti che non voglionofastidi. Michel aveva allora 11 annima capiva e giudicava: sapeva che lavita sua valeva e vale molto menodi quella di un leone, sapeva chechi ha l’acqua potabile tiene benchiuso il rubinetto perché troppisono i poveri che hanno sete e unpozzo lo asciugherebbero in mez-z’ora, sapeva che nessuno si preoc-cupa del Benin perché non ci sononé petrolio né diamanti e sapevapersino che quando si chiede aiutoa chi è ricco ci si deve aspettareche quello si lamenti di essere pie-no di grattacapi e fastidi e che pro-testi di non potersi fare carico ditutti i problemi del mondo. Tuttoquesto ci ha detto con una severi-tà e un’amarezza che mostravanoimpietosamente quanto lunghi so-no undici anni trascorsi nella mise-ria. Poi, vincendo la timidezza el’orgoglio, ha fatto quello che tuttinelle sue condizioni devono fare:ha chiesto aiuto a chi ha molto,troppo più di lui. Una bicicletta, an-che usata – ci ha detto – sarebbestata per lui una benedizione: lascuola è lontana e a piedi ci si met-te parecchio tempo. Le biciclette,chissà perché, in Africa costano co-me in Europa, e i nostri soldi per ilviaggio erano contati. Gli abbiamodetto di no, ma quel no ci ha ac-compagnati per dei mesi come unanuvola nera. A Castelnuovo, tem-po dopo, guardavamo tristemente

le vecchie biciclette che si riempi-vano di polvere nel cortile di casa.La più malridotta di quelle biciclet-te avrebbe reso felice Michel. Ab-biamo nascosto tra due foto unpo’ di franchi francesi, sigillato be-ne la busta e spedito una racco-mandata per l’Africa. Il messaggiodiceva «Se ricevi questi soldi, com-prati una bici!». Sei mesi dopo è ar-rivata la foto che vedete in questepagine. Michel sulla bici nuova. Lasua espressione vale di più di qua-lunque considerazione. Michel oraè cresciuto, ha 17 anni, continua astudiare all’École du Petit Séminai-re St. Pierre di Natitingou e contasull’aiuto che riescono a dargli isuoi amici italiani. I fondi che ungruppo di genitori degli alunni del-la Scuola Elementare “Bandello” hadeciso di raccogliere e destinare aMichel sono un sollievo straordi-nario e insperato sia per lui cheper tutta la sua numerosa famiglia.Con la somma che è stata raccol-ta sicuramente potranno essere ri-solti gran parte dei loro problemi:250 euro a Natitingou sono il sala-rio di un anno. Per caso, quasi pergioco, ci si presenta l’occasione –marginale ed episodica quanto sivuole - di ritrovare un senso e unalogica nell’assurda dimensione delnostro privilegio. Il passo che è sta-to fatto, la semplice sensatezza digenitori che sanno misurare i limi-ti delle convenzioni e decidonodi impiegare in modo profonda-mente diverso una piccola som-ma destinata a scomparire neirituali distratti di fine anno sco-lastico, lascia sicuramente un se-gno profondo tra le capanne delBenin ma anche, inevitabilmen-te, nelle pieghe del nostro invo-lontario correre a servire l’in-giustizia.

(Mauro Mainoli,

Fiorenza Corradini).

Nasce da un gruppo di genitori l’iniziativa per Michel

La bomboniera magicaLa somma è stata raccolta rinunciando ai piccoli gadget e regali di fine scuola

Alcuni genitori degli alunni della Scuola Elementare “Matteo Maria Bandello” di Castelnuovo Scrivia hannopreferito rinunciare al consueto rito delle bomboniere che accompagna le Comunioni e la fine dell’annoscolastico e versare l’equivalente della spesa su un fondo di solidarietà per Michel Tamoute, ragazzo del

Benin incontrato nel 1999 da una coppia di Castelnovesi. La somma, 250 €, è stata versata alla famiglia del ra-gazzo tramite la società Western Union, specializzata in trasferimenti di denaro. Immediatamente dopo il ver-samento, la somma è diventata disponibile presso uno qualunque degli agenti Western Union del Benin e duegiorni dopo è stata ritirata dal padre di Michel, Boko Tamoute, presso l’ufficio delle poste di Natitingou. Il con-tatto diretto tra chi versa e chi riceve e l’utilizzo del trasferimento di denaro tramite agente garantiscono l’ar-rivo della totalità della somma senza alcuna dispersione e senza che i soldi rimangano impigliati nei meandrispesso tortuosi dei meccanismi di aiuto ai paesi poveri. Il canale ora è aperto e collaudato, soprattutto graziealla tenacia e all’ostinazione di Manuela e Paola, che hanno coordinato l’operazione. (Favolarevia)

Caro insegnante,i nostri bambini hanno affrontato un appuntamento delicato e molto atteso del loro percorsodi crescita: la Prima Comunione. In questa particolare occasione, pur volendo condividere que-sta gioia con i maestri, che sappiamo avere un ruolo fondamentale nella formazione dei no-stri figli, non abbiamo voluto ricorrere alla tradizionale “bomboniera”. Potere effettuare un ge-sto di solidarietà da parte dei nostri piccoli festaggiati verso altri bambini meno fortunati cisembrava più educativo ed attinente a questo contesto. Confidiamo nella sensibilità di chi ri-ceve questo nostro segno che non vorremmo fosse valutato come una scarsa riconoscenza,ma la condivisione di un principio di solidarietà nel quale crediamo e che abbiamo semprecercato di sviluppare nei bambini. Speriamo invece che le faccine che vedete nella foto vi sug-geriscano un sorriso e un po’ di tenerezza quando tra qualche anno loro saranno cresciuti ea noi tutti resterà questa immagine a ricordo di una giornata speciale.

I genitori di: Barilli Lorenzo, Tosino Riccardo, Chiapedi Marta, Crivelli Cecilia, Mandirola Laura,Marini Federica, Viceconte Silvia, Marcone Andrea, Amendola Luca, De Agostini Leonardo, CarliMarika, Costa Federico.

Dall’alto al basso: Michel sulla bici nuova,sulla strada a Natitingou, bambini al lavo-ro nei campi, una gomma per giocattolo...(foto fiorenza corradini)

Page 6: Il Mosaiko 5-2005

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Era stato un mio compagno ad accendere la discus-sione: lui, i videogiochi, li scaricava da internet.Niente di nuovo. Mi piacquero assai le sue motiva-

zioni: tanto i programmatori non ci guadagnano niente esono tutte tasse. Lì per lì sono rimasto un po’ spiazzatoe non sapevo cosa rispondergli: che scaricare videogio-chi da internet sia reato? Che comunque i produttori ab-biano la loro parte? Che me ne doveva prestare qualcu-no? Così ho fatto una piccola ricerca. Il “percorso” di unvideogioco parte dalla società che lo sviluppa, passa perl’editore, il distributore, il negozio che li vende e, infi-ne, arriva a casa nostra. Prendiamo un videogioco checosta 50 euro. La società che li sviluppa prende qualco-sa come 9 euro (18% del ricavo più o meno). All’editorespetta il 15%, cioè 7,50 €. Il distributore prende un bel17%, e così anche il negozio ( fanno 8,50 euro a testa).Poi, ogni videogioco ha la confezione, il manuale, la tra-duzione, c’è anche la pubblicità da contare… questi co-sti di gestione assorbono circa 6 euro, anche se in alcu-ni casi la spesa è di molto superiore. Lo stato si incassaciò che rimane, quindi 10 euro. Questi sono calcoli ba-sati su alcuni articoli trovati su riviste specializzate,

quindi nulla di ufficiale: sono comunque dati che fannoriflettere. Sviluppare un gioco non è per nulla semplice:servono attrezzature, spese per l’elettricità, stipendi,mantenere la squadra per mesi, spesso bisogna ancheacquistare un motore fisico ed adattarlo al gioco pro-gettato. Non bisogna neanche dimenticare che per ungioco di dieci anni fa bastavano una manciata di pro-grammatori, mentre per sviluppare un videogioco seriooggi ne servono molti di più. Si capisce subito come la metà del sudato cinquantonesia praticamente inutile. Le tasse potrebbero essere di-mezzate senza rischi, e anche le percentuali del nego-zio e del distributore (in fondo la loro funzione è soloquella di tenere accumulato il materiale in attesa di ac-quirenti) potrebbe essere diminuita senza tracolli inar-restabili dell’economia. Però questo non succede ancheper una questione psicologica: se bisogna scegliere tradue beni di consumo, di solito scegliamo sempre quelloche costa di più. Si è radicata in noi l’idea che quelloche costa meno è di scarsa qualità, e lo stesso vale peri videogiochi. Quei 20 euro aggiuntivi inutili ed esosi ser-vono come garanzia della qualità del prodotto. Alla fac-cia! Segnali di svolta non se ne vedono, ma ricordate cheuna copia in più venduta fa differenza.

Caro diario, come stai? In questo periodo andava tutto bene, però proprio l’altro ieri ho avutouna discussione con mia madre. Una discussione che si poteva evitare ma a causa del “cinema”questa discussione ha preso una brutta piega. Era proprio un venerdì di marzo, io e i miei amici

avevamo deciso insieme di andare al cinema alle 20.00 a vedere un bel film… va bene arrivo al punto,sono andata da mia madre le ho chiesto se potevo andare e mi ha risposto forte e chiaro “NO”.Quando mia madre pronuncia quelle due lettere sta per iniziare la solita discussione. E infatti, carodiario, avevo proprio ragione, la discussione stava per prendere vita. Le ho chiesto il perché del “no”,e lei mi ha risposto: “perché no” e io mi sono chiesta: “ma se da quando sono piccola mi hanno inse-gnato a dire il perché delle mie affermazioni, ora mia madre ritorna bambina?” Allora io, da buonafiglia, avrei dovuto lasciare perdere, invece con la mia faccia tosta andai da lei e le chiesi: “Mamma,forza, dimmi il perché!” Lo so, diario, avrei dovuto lasciare perdere, la voce di mia madre stava peralzarsi; “Perché sei troppo piccola, e poi perché di sera non ti faccio uscire.” Cosa?!? Sono troppopiccola? Mia madre stava bene? Io ho dodici anni non ne ho più cinque, e poi di sera non mi fa uscire?Ma qui stiamo peggiorando? Ma scusami diario, ti sembra giusto che io dodicenne non possa uscire?

Indovina cosa ho fatto? Le sono andataa chiedere spiegazioni! Ed è qui che ini-ziava a raccontarmi di quando lei avevala mia età, non poteva uscire… la solitatattica delle madri per mettere confu-sione nelle teste delle figlie. “Io quandoavevo la tua età andavo a dormire alleotto e mezza, non guardavo la televisio-ne e non uscivo finché non ho compiuto18 anni.” Certo, io dovrei aspettare an-cora sei anni? Dissi a mia madre che nonera giusto, perché gli altri andavano e iono, lei sai cosa mi rispose? “Tu nella vitanon dovrai mai seguire gli altri.” E dopoquesta frase chiuse la bocca e se ne an-dò. Questa frase mi è sembrata moltobanale ma significativa, ed è lì che hocapito dove mia madre mi ha fatto arri-vare con l’intelligenza, a te diario sem-brerà stupida questa frase, a me no,“non seguire gli altri”… questa frase mela ricorderò sempre, perché? Perché mel’ha detta una persona saggia, mia ma-dre. Per ora è tutto, grazie di avermiseguito.

Baci, Martina

Retroscena di un mercato che punta espl icitamente sugl i adolescenti

V i d e o g i o c h im a n n a d a l c i e l o p e r l ’ e c o n o m i a ( e p e r l o s t a t o ) . E p e r g l i u t e n t i ?

Davide Varni

K r i t i K a

Il tema di Martina Ruta

SCRIVI SOTTO FORMA DI DIARIO UNA DISCUSSIONE AVVENUTA IN FAMIGLIA

Illustrazione di Carlotta Ruotolo

Illustrazione di Carlotta Ruotolo

Page 7: Il Mosaiko 5-2005

Pikkol i P ikkol i7

L’uomo pensava di essersi liberato per sempre deisuoi inseguitori. Giunto alla fonte, prese dal suomantello un’ampolla e la riempì d’acqua; quando stava

per chiuderla, Popotus e gli amici gli saltarono addossocogliendolo alla sprovvista e lo immobilizzarono.“Il tuo viaggio nel tempo finisce qui” disse Popotusestraendo un telecomando che fece apparire la suaastronave temporale.Partirono immediatamente ed arrivarono in uno stranoluogo.“Qui il nostro uomo sarà al sicuro” disse Popotus agliamici.I nostri amici tornarono nella sala ottagonale dovetrovarono un messaggio:“Complimenti, siete riusciti a fermare uno dei tre nostrinemici ma ora tutto diventerà più difficile perché loro sisono arrabbiati e cercheranno di neutralizzarvi; la vostraprossima meta sarà Roma”.

Pikkol i P ikkol i

Igiorni scorrevano velocemente. Accudite e coccolate dalle for-

miche nutrici, le giovani formichine crescevano tranquille e co-

minciavano a esplorare le gallerie curiose. Cleo non aveva anco-

ra le sue antennine ed era sempre in compagnia di una delle sue

sorelle. Nel formicaio c’erano migliaia di gallerie, una perfettamen-

te uguale all’altra come un labirinto. Cleo non potendo orientarsi

rischiava di perdersi. La piccola Cleo osservava tutti i grandi che

svolgevano il loro lavoro fieri e instancabili e ascoltava con atten-

zione i discorsi delle sue sorelline. Parlavano di progetti futuri per

migliorare e rafforzare la loro grande comunità. All’improvviso

Cleo pensò: “Io presto sarò grande… e se non avrò le mie anten-

ne… come potrò essere utile? E se le mie sorelle si stancassero di

me… io….sarò…sola?” Le sue zampine tremavano perché questi

pensieri si trasformavano in grandi paure. Le sorelline videro Cleo

assorta nei suoi pensieri, era triste. Insistenti, la chiamavano per

giocare con loro, allora le grandi paure di Cleo all’improvviso svani-

rono nel nulla. E nel momento in cui le passò accanto la regina

madre che sorridente disse: “Ti vogliono bene Cleo”, ella tirò un

lungo sospiro di sollievo.

C L E O L A F O R M I C AC L E O L A F O R M I C ACAPITOLO 2 : LE GRANDI PAURE DI CLEOdi Fabio Porta Scarta

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c

c

o

n

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L a P o r t a M a g i c aFavola di Lisa Rita Magnaghi, 5ª elementare

ottava puntata

quarta parte

E’ ovvio che non si

fecero prendere dal

panico, presero le

loro bombe (in

realtà erano uova e

la cavalletta era lo

scivolo) e iniziarono

a tirarle addosso

alla cavalletta; ed

in men che non si

dica la sconfissero.

La fata, allibita per

la rapidità, disse

subito l’indovinello:

“E’ un animale che da piccolo cammina a quattro zampe, da grande cammina a due

zampe e da vecchio cammina a tre zampe. Chi è?”.

G.A. e G.V. erano molto pensierose perché su quel pianeta c’erano animali stranissimi e

dovettero ragionare molto, ma infine G. A. rispose: “E’ l’uomo, perché da piccolo

cammina a gattoni, cioè a quattro zampe, da adulto cammina con due piedi, cioè a due

zampe, e da vecchio cammina con il bastone, cioè a tre zampe. La fata rispose:

“Bravissime, vi consegno questo mio anello, così avete il permesso per ritirare il

lasciacomprare da Grande Occhio; addio piccole amiche!!”. Detto questo la fata ritornò

sul fungo e le due capitane si rimisero a correre verso la casa di Grande Occhio;

bussarono e appena esso aprì la porta G. A. gli disse: “Abbiamo il permesso di ritirare il

lasciacomprare!!”. Grande Occhio rispose subito: “Mi fido molto di voi, ma prima dovete

farmi vedere l’anello della Fata del Fungo”. G. V. frugò nelle tasche del suo grembiule,

ma dell’anello nessuna traccia...

Chissà dov’è finito l’anello?

B a s t a a s p e t t a r e i l p r o s s i m o n u m e r o e v e

l o d i r ò .

Sofia Falchetto

Storia di Marta e Claudia,

i n t r e p i d e s o g n a t r i c i

Page 8: Il Mosaiko 5-2005

8

Pianeta n. 4

Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno mandato domande e perfarlo dedico questo numero del “pianeta” alle risposte. Mi rendemolto felice sapere che le mie righe su questo giornale hannostuzzicato il vostro interesse.

Perché si dice che il Rottweiler è un cane mordacesenza chiedersi di chi è la vera colpa dell’avvenu-to?

Purtroppo il rottweiler è uno dei cani più bistrattati dalle crona-che giornalistiche e dal “passaparola” popolare… e devo dire de-cisamente a torto!!! Purtroppo spesso chi acquista un cane lo faspinto solo da questioni estetiche senza domandarsi cosa si por-terà dietro come “memoria di razza”. Il rottweiler è un cane dalcarattere solidissimo ma anche molto determinato, non dimen-tichiamoci che nella sua antichissima storia ha ricoperto di voltain volta i ruoli di guardiano di mandrie, cane da tiro, guardianodegli incassi dei commercianti della zona di Rottweil (da cui ilsuo nome): essi infatti avevano l’abitudine di legare al collo delcane una borsa contenete gli incassi della giornata prima di af-frontare le strade buie e pericolose per il rientro a casa. Va da

sé che con una storia del genere alle spalle dobbiamo aspettar-ci un cane molto fiero e con una capacità difensiva elevata, perquesto è fondamentale che la famiglia che lo accoglie sappia ti-rarlo su con polso in modo da fargli capire chiaramente che ledecisioni spettano al suo padrone “capobranco”. Se questo nonavviene non sapremo mai quando potrà capitare che il nostrocane legga in una situazione magari per lui nuova un pericoloper la sua famiglia e decida quindi che è suo dovere prenderel’iniziativa per difenderla. Purtroppo spesso avviene tutto il con-trario: per una sciocca mania di “machismo” si tende ad esal-

tare questa sua reattività gloriandosidel cane “forte” convinti stupidamen-te di poterlo controllare. In questomodo si cercano solo guai: un canecontrollato a forza o con la paura pri-ma o poi coglierà il padrone di sor-presa e darà sfogo ai suoi istinti cheNOI UMANI abbiamo incanalato inmodo scorretto. Quando poi succedel’incidente la colpa è sempre del caneperché noi umani quasi sempre ciconsideriamo troppo superiori perammettere di aver sbagliato o perchiederci cosa è andato storto. Vorreichiudere la risposta con un aneddotopersonale: durante il corso per istrut-tori cinofili che ho frequentato ac-compagnata dal mio maschio (una“creaturina” di una settantina di chili)il nostro compagno abituale di eserci-zi è stato proprio Huron, un maschiodi Rottweiler di 4 anni… nonostante

l’età il sesso e le nomee rifilate alle varie razze per tutte le 170ore di durata del corso non c’è stato il minimo screzio o un qua-lunque comportamento che potesse minimamente impensierirminé tra i due maschi né nei confronti delle persone.Chi acquista un cucciolo perché non chiede quasi mai dadove arriva il soggetto, chi sono i genitori, che caratterehanno…? Questa è un’ottima domanda le cui radici temo affondino nell’a-bitudine a considerare il cane come una sorta di “oggetto ani-mato” o “strumento” (per la guardia, per il lavoro o per la com-pagnia) senza riconoscergli la possibilità di una sua personalitàe soprattutto senza pensare che in origine quasi tutte le razzesono state selezionate per un scopo ben preciso dove sono sta-te rafforzate quelle caratteristiche che servivano a svolgere ilcompito deciso dall’uomo. Capita così che si prenda un bassot-

to perché occupa poco posto ed è così simpatico a vedersi sen-za pensare che è stato creato per dare la caccia agli animali nel-le loro tane (riuscite ad immaginare qualcosa che richieda piùcoraggio e tenacia dell’infilarsi in un luogo sconosciuto stretto ebuio per azzannare un qualcosa da dover poi trascinare fuori aforza?) e poi ci si stupisce del fatto che sia molto testardo e vo-litivo. Decenni, a volte addirittura secoli di selezione non scom-paiono dall’oggi al domani perché abbiamo deciso noi di cam-biare la sua funzione, dovremo abituarci a considerare questesue caratteristiche ed educarlo in modo che queste possanoconvivere con la vita della famiglia. Altro discorso molto impor-tante è poi quello del cosiddetto “imprinting”, chiunque decida diaccogliere un cucciolo dovrebbe prestare una grande attenzionealle condizioni in cui è stato allevato. Se è cresciuto in un box

isolato con la mamma ed i fratellini come unica compagnia nonc’è da stupirsi se una volta arrivato in casa ogni rumore ignoto(l’aspirapolvere ad esempio) per lui è fonte di paura: non l’hamai incontrato prima. Sapendo questo bisognerà prevedereeventuali situazioni per lui problematiche (rumori forti, personenuove) ed abituarcelo piano piano per evitare di creare traumiche poi si trascinerà dietro per molto tempo se non addiritturaper sempre. Anche il carattere della mamma e degli altri animlicon cui è cresciuto giocherà la sua parte nell’indole del nostrocucciolo: come pensate che considererà gli estranei se ogni vol-ta che se ne avvicina uno sentirà la sua mamma mettersi in ten-

sione e magari ringhiare? Un cucciolo non è una bambola cheesce dalla sua scatola, è la somma di quello che ha potuto as-sorbire durante il suo primo periodo di vita quindi sarebbe otti-ma cosa prestare molta attenzione quando ci rechiamo a visita-re il luogo dove è nato per poter “pianificare” al meglio il suo in-serimento in casa.Cosa ne pensa di far conoscere questi stupendi animali…a partire dai bambini … e quindi dalle scuole?Che l’idea è eccellente per tante ragioni!!! In primo luogo per-ché i bambini non hanno tutta quella barriera fatta di preconcettiche molti adulti purtroppo hanno invece ormai “assorbito” e fa-ticano a lasciare. Quando affido i cuccioli da me allevati a fami-glie con bambini consiglio sempre che siano proprio loro ad oc-cuparsi in prima persona dell’educazione del cane: il livello di co-municazione istintiva che si sviluppa tra un “cucciolo d’uomo” edun cucciolo canino è affascinante da osservare e impressionan-te nella sua forza e profondità. In secondo luogo perché, a co-sto di suonare retorica, tutte le speranze sul futuro di una so-cietà sono riposte nei suoi giovani e penso che solo educandoloro alla comprensione si possa arrivare ad una convivenza piùarmoniosa tra le razze umana e canina lasciandoci alle spallequella dei nostri giorni fatta perlopiù di divieti (anche a causa,ammettiamolo, di padroni maleducati che non rispettano coloroche il cane non l’hanno e non lo vogliono) , di obblighi e di pau-re infondate. In Italia ci sono pochissimi “progetti pilota” di que-sto genere, io ne conosco uno portato avanti da un centro di ad-destramento di Lodi con le scuole della provincia, ma tutti ripor-tano buoni se non ottimi risultati nella stragrande maggioranzadei casi. È uno dei miei “sogni nel cassetto” (chi dice che dagrandi si smette di sognare?) ed è una delle ragioni per cui hofrequentato tra i vari corsi anche quello di istruttore cinofilo. Mipiacerebbe molto poter prestare la mia opera in un progetto si-mile in quel di Castelnuovo: penso che per tanti bambini apriregli occhi sul pianeta cane “dal vivo” sarebbe un’esperienza me-ravigliosa.Chiudo qui perché temo di aver già ampiamente “sforato” lospazio a mia disposizione…Nel prossimo numero parleremo diun altro tema che ha suscitato diverse domande: l’ordinanza Sir-chia sui cani pericolosi.

Continuiamo la pubblicazione a puntate degli articoli del re-

golamento voluto dall’Amministrazione Comunale di Castel-

nuovo Scrivia in difesa dei diritti del regno animale.

Art. 5 - Maltrattamento di animali

1. E’ vietato mettere in atto qualsiasi maltrattamento o comporta-

mento lesivo nei confronti degli animali (...) in particolare a scopo di

scommesse e combattimenti tra animali di qualsiasi tipo.

2. E’ vietato tenere gli animali in spazi angusti, privarli dell’acqua o

del cibo necessario o sottoporli a temperature climatiche tali da nuo-

cere alla loro salute.

3. E’ vietato tenere animali in isolamento e/o condizioni di impossi-

bile controllo quotidiano del loro stato di salute o privarli dei neces-

sari contatti sociali intraspecifici ed interspecifici tipici della loro spe-

cie.

4. E’ vietato tenere animali in terrazze e balconi permanentemente

o per periodi di tempo comunque non compatibili con il loro benes-

sere psico-fisico, isolarli in cortili, rimesse, box o cantine oppure se-

gregarli in contenitori o scatole, anche se poste all’interno dell’ap-

partamento.

5. E’ vietato separare i cuccioli di cani e gatti dalla madre prima dei

60 giorni di vita.

un regolamento per difendere gli animali

a cura di Paola Maggi

il livello di comunicazione istintiva che si

sviluppa tra un “cucciolo d’uomo” ed un

cucciolo canino è affascinante da osservare ed

impressionante nella sua forza e profondità

per una sciocca mania di

“machismo” si tende ad esaltare

questa sua reattività gloriandosi

del cane “forte” convinti

stupidamente di poterlo

controllare