Il Mosaiko Kids 2-2005

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Il Mosaiko cammina con le sue gambe... Il Mosaiko Kids è diventato un mensile indipendente ed è possibile riceverlo tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 Anno 2 - n° 2 - febbraio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL) i i d d Il Mosai o K Il M osai o K s s è qualcosa di strano nell’aria, anzi di fa- miliare, come la sensazione fresca della tela grezza delle len- zuola fatte a mano dalla nonna, come il crepitio cal- do della stufa d’inverno, co- me la fiamma ballerina e gommosa di una candela bianca, che sfoglia i corpi di luce e si sposta un po’ per catturarne d’un lampo il buio, come un’altalena di corda e legno appesa a un ramo. Ha il gusto di un ricordo ri- trovato, di un senso che si risveglia timido dopo lunghe offese e si rischiude un mon- do fatto di sensazioni piene, il mondo degli odori. La luce dei riflettori impaz- ziti che ti urlano addosso co- lore non è più un fascio deli- neato nel fumo, si riversa impalpabile nell’aria nitida, sembra sfug- gente. Ma non è que- sto che colpisce, non è il fu- mo che manca nell’aria, snebbiata e tersa, non è quello che ha smesso di pun- zecchiarmi gli occhi, non è nemmeno quello che non mi secca più la gola. Quello che è cambiato e che avvolge tutto di un’aura strana, è l’odore ritrovato, quello che il fumo che si im- possessava del mio olfatto, che martellava le cavità na- sali di un’unica sensazione olfattiva, finché tutto aveva quell’odore e forse anche quel gusto, mi ha restituito. E mi verrebbe da festeggiare con tutti quelli che mi pas- sano accanto. Sanno di al- cool, di smog, di sudore, di shampoo alla camomilla o bagno doccia allo zenzero, di fritto, di plastica, di nuo- vo o di canfora, di caffè e di vernice, di bosco, di chiuso, di fragole, di zucchero o dis- infettante, di crema all’ave- na, di lacca, d’agrumi, di puzza di piedi, di cavolo o gomma da masticare, di aglio, frittelle, di cane fedele, di sangue, d’amore, di polvere o terra, di detersivo alla la- vanda o infuso di tiglio, di Silvia Pareti ...ma non mi tolga il profumo della vita, io non voglio perdermelo. on vostra nonna non vi annoierete mai. Avete presente quei mo- menti di disarmante ed in- quietante silenzio che a volte si verificano quando dialogate con qualcuno? Tranquilli: insieme a lei non vi capiterà mai. È più preparata del classico sec- chione che studia tutto a memoria, più sofisticata del più moderno registrato- re digitale che manda avanti un discorso a veloci- tà supersonica ed è più scattante di un piranha nel saltare di palo in frasca. Da quando mette piede sulla macchina per andare a fare la spesa a quando scende, circa tre minuti dopo, ri- esce a cambiare discorso venti volte, quando non è molto in forma. Senza valu- tare il tasso di interesse dei suoi argomenti, si pre- mura di informarti del liti- gio in corso tra la sorella del marito della sua amica mai vista né sentita e l’o- torinolaringoiatra, dell’av- vincentissimo dibattito scientifico che ha avuto la mattina stessa con la frut- tivendola a proposito del- l’effetto lassativo delle prugne, della tragica morte dell’ultracentenario cono- scente dell’amante dell’ex estetista dell’amministra- tore, dell’ultimo sviluppo della relazione tra uno sti- lista sconosciuto e il fidan- zato di sua nipote. Ovvia- mente risparmia qualche secondo per descriverti gli sguardi e i monosillabi più salienti dei dodici minuti intervallati da cinque pub- blicità dell’odierna puntata della sua soap opera prefe- rita. Una volta tornati a ca- sa così arricchiti di nozioni, praticamente onniscienti, credete che le vostre orec- chie, svanendo pian piano il senso di brusio, vengano lasciate in preda alla soli- tudine sonora? Allora non la conoscete proprio. C’è il telefono per tenervi com- pagnia fino a sera! on soffrite affatto di monotonia alimenta- re, vostra madre è una cuo- ca molto fantasiosa. Ne sa una più del diavolo! Si sbiz- zarrisce sia negli acquisti, sia nelle proprie creazioni. Il suo atteggiamento nei supermarket suscita stupo- re e solidale ammirazione in chiunque la osservi. Spinta da caritatevole com- passione, getta nel carrel- lo, con fierezza e disinvol- tura, i più rari alimenti in- tegrali, biogenetici ed omeopatici, che tutti igno- rano o discriminano, per- ché non hanno la più palli- da idea di cosa siano e ne sono anche decisamente spaventati. Così quando gu- state un ottimo riso nero all’aroma di legno o una pregiata zuppetta sintetica Marta Lamanuzzi Tre storie (vere) di ordinaria follia Tre storie (vere) di ordinaria follia C N a pag. 2 l progetto contro le tossicodipendenze presentato a Firenze dalla re- dazione del Mosaiko Kids trova consenso e appoggio anche a livello istituzionale: il Comune di Tortona ha deciso di patrocinare e sostenere finanziariamente le iniziative previste per il 2005/2006. Prende il via, dunque, la prima fase del progetto: la realizzazione di un Concorso Na- zionale per la scelta di una immagine e di una frase da utilizzare come simbolo della campagna. I dettagli del concorso, rivolto alle scuole me- die e superiori, saranno resi noti nelle prossime settimane; fin da ora, però, sentiamo il bisogno di ringraziare il Sindaco per la grande sensibi- lità dimostrata, dote da apprezzare doppiamente in questi tempi sotto ogni profilo difficili. Così come ci ha colpiti la disponibilità della dott.sa Luisa Iotti, attenta a non far mancare ai ragazzi né un consiglio prezio- so, né la possibilità di utilizzare spazi e attrezzature della Biblioteca Co- munale. Per gli affezionati al nostro giornale, categoria immaginata con un trasporto tale che almeno venti persone dovranno commuoversi, ag- giungiamo che proprio in Biblioteca sarà possibile trovare a fine anno la raccolta dei dodici numeri rilegati. Prosegue grazie al Comune di Tortona il progetto del Mosaiko contro le tossicodipendenze Stupefacente è solo la nostra creatività Stupefacente è solo la nostra creatività I Quel mistero Quel mistero impenetrabile impenetrabile del tricolore del tricolore a pag. 6 a pag. 6 Barbari extraterrestri o giovani alla riscossa Barbari extraterrestri o giovani alla riscossa ecco chi siamo (forse...) ecco chi siamo (forse...) ice Socrate “I giovani amano il lusso, hanno cat- tive maniere, derido- no l’autorità e non hanno rispetto alcuno per l’età”. Nonostante l’attualità del pensiero del filo- sofo greco, così nel V secolo a.C. come nel XXI, i giovani – ma è così per ogni fascia d’età – non possono essere considerati un fenomeno di massa. Se ai tempi di Socrate le tendenze giovanili erano considerate ne- gative proprio come oggi, né ora né 2500 anni fa si è preso in considerazione ciò che di positivo sicuramen- te c’è dietro questo luogo comune. Che tanti ragazzi abbiano atteggiamenti anti- conformisti, di ribel- lione nei confronti della società, che pensino solo all’appa- renza e che rispettino i loro nonni solo per la mancia che “sgan- ciano” ogni tanto non si può totalmente ne- gare. Ma se questa tipologia ricoprisse il 40% della popolazione giovanile – forse anche più – un altro 40% - forse an- che meno – sarebbero D a pag. 2 Mimma Franco Illustrazioni di Martina Delfanti Simona Lucarno segue a pag. 6

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Il periodico dell'associazione Il Mosaiko Kids

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Il Mosaiko cammina con le sue gambe...Il Mosaiko Kids è diventato un mensile indipendente ed è possibile riceverlotramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo:Favolarevia Editorevia C. Alberto, 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018

Anno 2 - n° 2 - febbraio 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL)

ii ddIl Mosai oKIl Mosai oK ss

è qualcosa di stranonell’aria, anzi di fa-miliare, come lasensazione fresca

della tela grezza delle len-zuola fatte a mano dallanonna, come il crepitio cal-do della stufa d’inverno, co-me la fiamma ballerina egommosa di una candelabianca, che sfoglia i corpi diluce e si sposta un po’ percatturarne d’un lampo ilbuio, come un’altalena dicorda e legno appesa a unramo.Ha il gusto di un ricordo ri-trovato, di un senso che sirisveglia timido dopo lungheoffese e si rischiude un mon-do fatto di sensazioni piene,il mondo degli odori.La luce dei riflettori impaz-ziti che ti urlano addosso co-lore non è più un fascio deli-neato nel fumo, si riversaimpalpabilenell’aria nitida,sembra sfug-gente.Ma non è que-sto che colpisce, non è il fu-mo che manca nell’aria,snebbiata e tersa, non èquello che ha smesso di pun-

zecchiarmi gli occhi, non ènemmeno quello che non misecca più la gola.Quello che è cambiato e cheavvolge tutto di un’aurastrana, è l’odore ritrovato,quello che il fumo che si im-

possessava del mio olfatto,che martellava le cavità na-sali di un’unica sensazione

olfattiva, finché tutto avevaquell’odore e forse anchequel gusto, mi ha restituito.E mi verrebbe da festeggiarecon tutti quelli che mi pas-

sano accanto. Sanno di al-cool, di smog, di sudore, dishampoo alla camomilla obagno doccia allo zenzero,di fritto, di plastica, di nuo-vo o di canfora, di caffè e divernice, di bosco, di chiuso,

di fragole, di zucchero o dis-infettante, di crema all’ave-na, di lacca, d’agrumi, di

puzza di piedi, dicavolo o gommada masticare, diaglio, frittelle, dicane fedele, di

sangue, d’amore, di polvereo terra, di detersivo alla la-vanda o infuso di tiglio, di

Silvia Pareti

...ma non mi tolga il profumo della vita,io non voglio perdermelo.

on vostra nonna nonvi annoierete mai.

Avete presente quei mo-menti di disarmante ed in-quietante silenzio che avolte si verificano quandodialogate con qualcuno?Tranquilli: insieme a leinon vi capiterà mai. È piùpreparata del classico sec-chione che studia tutto amemoria, più sofisticatadel più moderno registrato-re digitale che mandaavanti un discorso a veloci-tà supersonica ed è piùscattante di un piranha nelsaltare di palo in frasca. Daquando mette piede sullamacchina per andare a farela spesa a quando scende,circa tre minuti dopo, ri-esce a cambiare discorsoventi volte, quando non èmolto in forma. Senza valu-tare il tasso di interessedei suoi argomenti, si pre-mura di informarti del liti-gio in corso tra la sorelladel marito della sua amica

mai vista né sentita e l’o-torinolaringoiatra, dell’av-vincentissimo dibattitoscientifico che ha avuto lamattina stessa con la frut-tivendola a proposito del-l’effetto lassativo delleprugne, della tragica mortedell’ultracentenario cono-scente dell’amante dell’exestetista dell’amministra-tore, dell’ultimo sviluppodella relazione tra uno sti-lista sconosciuto e il fidan-zato di sua nipote. Ovvia-mente risparmia qualchesecondo per descriverti glisguardi e i monosillabi piùsalienti dei dodici minutiintervallati da cinque pub-blicità dell’odierna puntatadella sua soap opera prefe-rita. Una volta tornati a ca-sa così arricchiti di nozioni,praticamente onniscienti,credete che le vostre orec-chie, svanendo pian pianoil senso di brusio, venganolasciate in preda alla soli-tudine sonora? Allora non la

conoscete proprio. C’è iltelefono per tenervi com-pagnia fino a sera!

on soffrite affatto dimonotonia alimenta-

re, vostra madre è una cuo-ca molto fantasiosa. Ne sauna più del diavolo! Si sbiz-zarrisce sia negli acquisti,sia nelle proprie creazioni.Il suo atteggiamento neisupermarket suscita stupo-re e solidale ammirazionein chiunque la osservi.Spinta da caritatevole com-passione, getta nel carrel-lo, con fierezza e disinvol-tura, i più rari alimenti in-tegrali, biogenetici edomeopatici, che tutti igno-rano o discriminano, per-ché non hanno la più palli-da idea di cosa siano e nesono anche decisamentespaventati. Così quando gu-state un ottimo riso neroall’aroma di legno o unapregiata zuppetta sintetica

Marta Lamanuzzi

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l progetto contro le tossicodipendenze presentato a Firenze dalla re-dazione del Mosaiko Kids trova consenso e appoggio anche a livello

istituzionale: il Comune di Tortona ha deciso di patrocinare e sostenerefinanziariamente le iniziative previste per il 2005/2006. Prende il via,dunque, la prima fase del progetto: la realizzazione di un Concorso Na-zionale per la scelta di una immagine e di una frase da utilizzare comesimbolo della campagna. I dettagli del concorso, rivolto alle scuole me-die e superiori, saranno resi noti nelle prossime settimane; fin da ora,però, sentiamo il bisogno di ringraziare il Sindaco per la grande sensibi-lità dimostrata, dote da apprezzare doppiamente in questi tempi sottoogni profilo difficili. Così come ci ha colpiti la disponibilità della dott.saLuisa Iotti, attenta a non far mancare ai ragazzi né un consiglio prezio-so, né la possibilità di utilizzare spazi e attrezzature della Biblioteca Co-munale. Per gli affezionati al nostro giornale, categoria immaginata conun trasporto tale che almeno venti persone dovranno commuoversi, ag-giungiamo che proprio in Biblioteca sarà possibile trovare a fine anno laraccolta dei dodici numeri rilegati.

Prosegue grazie al Comune di Tortona il progetto del Mosaiko contro le tossicodipendenze

Stupefacente è solo la nostra creativitàStupefacente è solo la nostra creatività

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Quel misteroQuel mistero impenetrabile impenetrabile del tricoloredel tricolorea pag. 6 a pag. 6

Barbari extraterrestri o giovani alla riscossa Barbari extraterrestri o giovani alla riscossa

ecco chi siamo (forse...)ecco chi siamo (forse...)

ice Socrate “Igiovani amano illusso, hanno cat-

tive maniere, derido-no l’autorità e nonhanno rispetto alcunoper l’età”.Nonostante l’attualitàdel pensiero del filo-sofo greco, così nel Vsecolo a.C. come nelXXI, i giovani – ma ècosì per ogni fascia

d’età – non possonoessere considerati unfenomeno di massa.Se ai tempi di Socratele tendenze giovanilierano considerate ne-gative proprio comeoggi, né ora né 2500anni fa si è preso inconsiderazione ciò chedi positivo sicuramen-te c’è dietro questoluogo comune. Chetanti ragazzi abbianoatteggiamenti anti-conformisti, di ribel-

lione nei confrontidella società, chepensino solo all’appa-renza e che rispettinoi loro nonni solo perla mancia che “sgan-ciano” ogni tanto nonsi può totalmente ne-gare.Ma se questa tipologiaricoprisse il 40% dellapopolazione giovanile– forse anche più – unaltro 40% - forse an-che meno – sarebbero

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Mimma Franco

Illustrazioni di Martina Delfanti

Simona Lucarno

segue a pag. 6

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inodore e incolore, ma dalsapore rivoltante, pensateche state contribuendo allasalvaguardia di una specieche altrimenti andrebbe inestinzione. Non vi sentiteun po’ degli eroi? E poi unpizzico di originalità nonguasta mai. Chi ha dettoche l’uovo intero, con iltuorlo ben distinto dall’al-bume debba comparire solonella torta Pasqualina? Ba-sta alterare un po’ le dosied evitare di mescolare evostra madre ve lo farà tro-vare, come per magia, an-che in una paradiso. E checosa c’è di più stimabiledel risparmio? Se, con lasua mente geniale, la vo-stra cuochina riesce a otte-nere, invece di comprarli,degli pseudo-canditi facen-do cuocere una torta in

modo che rimangano deigrumi crudi di impasto,avete ancora da lamentar-vi? Tenetevela stretta!

a vostra passione cal-cistica vi ha spinti agiocare in una squadra

giovanile. Infondo l’unico,piccolo, insignificante sa-crificio che la cosa vi ri-chiede è quello di svolgerequattro estenuanti allena-menti alla settimana inqualunque condizione at-mosferica. Vi allenate sot-to il sole cocente, con laneve fino alle ginocchia,piacevolmente solleticatida una violenta grandinata,appena scompigliati da bu-fere e tornadi, lievementeinfastiditi da qualche ter-remoto ...ora non esageria-mo. Comunque questi alle-

namenti non vi fanno senti-re disoccupati nemmenodurante le vacanze scola-stiche, vi allieteranno adesempio fino al 30 di di-cembre e subito a ripartiredal 3 di gennaio, anzi inquesto periodo l’impegnogiornaliero raddoppia: mat-tino e pomeriggio, pensanoproprio a tutto quei premu-rosi dei vostri allenatori! Ela vostra fortuna potrebbenon essere finita qui. Pen-sate che coincidenza per-fetta se vi ammalaste pro-prio in quei tre giorni con-secutivi di libertà che visono concessi. Non sarestecontenti? Invece di doversaltare allenamento al li-mite passereste capodannoa letto. Che volete che sia.In tal caso sareste proprionati con la camicia!

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ragazzi consapevol-mente alla ricerca divalori, di ruoli. Il re-stante 20% andrebbediviso tra chi i valorili ha già tutti trovatie fatti propri e chinon ne troverà nessu-no, in entrambi i casiquasi utopia.Allora è vero dire chela maggioranza non hascopi, qualcosa lonta-no dalla futilità delconsumismo in cuicredere? Domanda re-torica, la risposta èno.I ragazzi sono tutti al-la ricerca di valori,solo che tanti non nesono consapevoli.Alle domande, comesono i giovani? Cosavogliono? Come fare arisolvere i loro pro-blemi? Sono certa-mente i giovani i pri-mi a dover risponde-re.Gli adulti non devonoavere la pretesa dicapire o credere dicapire quali sono iproblemi giovanili.Prendere decisionisenza prima chiedereai diretti interessati,giudicandoli “non ingrado” di scegliere osopportare responsa-bilità.Questo accade proprioper la convinzione chenei ragazzi si possanotrovare solo disvalori,vite sregolate, slegateda doveri e obblighi.Ma se si parlasse di-rettamente con loro,si scoprirebbe e capi-rebbe una realtà bendiversa che abbatte-rebbe ogni tipo dipregiudizio o “super-

stizione”.Dietro una facciata disuperficialità, chenon sempre comunquesi trova, vi sono dellepersone come le al-tre, con le proprieidee, i propri bisognie i propri impegni. Iragazzi sono i primi avolere delle leggi, peravere dei punti sicurisu cui fare affidamen-to per la propria cre-scita, difficile quantofondamentale per ilfuturo. Leggi da se-guire, non sempre dainfrangere, leggi damigliorare.Oggigiorno il giovanee i suoi problemi sonosezionati in tante ca-tegorie e ogni singolopezzo del puzzle affi-dato ad un adultospecializzato solo inquella precisa tesse-ra. Sei un teppista?Vai da quello speciali-sta; sei un tossico?Vai da quell’altro; seiintroverso e hai pro-blemi famigliari? C’èquello che fa per te.E così le tessere sispargono un po’ qua,un po’ là e rischianoanche di perdersi. Macome si fa da una sin-gola tessera a capirequale sarà l’immaginedel puzzle? Ci voglio-no 100, 500, 1000 pic-coli frammenti da farcombaciare alla per-fezione per capirlo.Il ragazzo è un puzz-le.Allora come fare adafferrare il suo essereglobale quando se neprendono in conside-razione aspetti fram-mentati senza metter-

li in relazione? E’ co-me aprire dei casset-ti: in uno trovi labiancheria, nell’altrouna maglia, in un al-tro ancora un paio dijeans, c’è poi quellodegli accessori…ma senon li apri tutti, comefai a vestirti?Non bisogna conside-rare i giovani comeuna serie di problemia sé stanti, che con-tengono direttamentein sé la soluzione. Es-sa infatti va cercatanell’interazione, nelconfronto all’internoe fuori dal ragazzo;va considerato il suohabitat ed è lì la ri-sposta.L’uomo è un esseresociale, ha bisognodella comunità – lodiceva anche Aristote-le. Ed è per questoche sono nati i primivillaggi, poi le città.Non bisogna dunqueestrarre l’uomo daquello che è il suopersonale contesto.E’ vero che i giovanidevono essere soste-nuti, ma non invasi.Perché i giovani “san-no”di essere grandiabbastanza per capiree agire in determinatesituazioni. Non ditemai ad un ragazzo –eccezioni a parte -cosa deve o non devefare: ditegli solo diessere prudente. Quiè anche l’orgoglio agiocare la sua parte,ma è sbagliato soffo-care lo spirito di indi-pendenza, la voglia diconfrontarsi con la vi-ta. Vi deve essere unsupporto, un tappeto

B a r b a r i e x t r a t e r r e s t r i o g i o v a n i a l l a r i s c o s s a ?B a r b a r i e x t r a t e r r e s t r i o g i o v a n i a l l a r i s c o s s a ?

segue dalla prima (Lucarno)

T r e s t o r i e ( v e r e ) d i o r d i n a r i a f o l l i aT r e s t o r i e ( v e r e ) d i o r d i n a r i a f o l l i a

segue dalla prima (Lamanuzzi)

Dalla nostra inviata in Nuova Zelanda *

C’era una volta...la terra delle fiabe

i e’ voluto più di un giorno e mezzo per raggiungerla, tra attese in svariati aero-

porti di diversi continenti ed effettive ore trascorse sugli aerei, ma ne e’ valsa la

pena! E poi e’ bastato poco per dimenticarsi della stanchezza del viaggio: appena at-

terrata ad Auckland, sentivo gia’ di respirare un’aria nuova, di liberta’ mista a nostal-

gia... In fondo, la Nuova Zelanda e’ esattamente dall’altra parte del mondo ed e’ strano

trovarsi qui, stanca e sola in un paese sconosciuto, davanti a me 6 mesi, un futuro sco-

nosciuto. L’impatto e’ stato forte: sembrava di trovarsi su una di quelle isole deserte de-

scritte in certi libri o ricostruite in certi film. Alberi tropicali anche se non ci troviamo ai

tropici e soprattutto i colori: certe tonalita’ di verde e di azzurro cosi’ intense che po-

trebbero diventare lo sfondo perfetto per una fiaba. La giusta dose di magia e quel toc-

co di sconosciuto che ti danno la carica giusta per affrontare una nuova avventura! La

prima impressione e’ stata nettamente positiva: mentre durante il viaggio riesci solo a

pensare a quello che stai lasciando e non sai cosa ti aspetterà, una volta arrivata tutto

sembra più chiaro... Ma, ritornando alla descrizione del luogo: la natura domina, e non

e’ solo una frase fatta, qui la prima cosa che si nota e’ lo stretto legame esistente tra la

popolazione umana e il paesaggio circostante.

I neozelandesi - chiamati anche Kiwi, in onore della pianta e dell’uccello che portano

lo stesso nome - sono un popolo divertente e ospitale, geloso delle proprie tradizioni,

ma desideroso di conoscere ciò che appartiene ad altre culture. Forse a causa dell’a-

dattamento forzato ai costumi occidentali che hanno subito in passato, oggi sentono un

forte bisogno di salvaguardare le proprie origini, e un fatto curioso che lo dimostra è la

cerimonia di benvenuto per i nuovi studenti nelle scuole, che avviene seguendo un ri-

to maori. I Maori, etnia indigena che costituisce circa un terzo dei neozelandesi, vivo-

no in perfetta sintonia con la restante parte della popolazione ed è bello vedere come

tutti partecipino con trasporto ai loro riti. A facititare la mia integrazione nella scuola è

la voglia di conoscere di questa popolazione; inoltre qui è estate e vi è la possibilità di

cimentarsi nelle attività piu’ disparate, come il rock climbing, il surf, il kajak, il bunji jum-

ping...ovviamente non ho ancora provato tutto questo essendo qui da sole due setti-

mane, ma non voglio perdere nessuna occasione! Ma lo spettacolo piu’ bello a cui fi-

nora ho assistito in Nuova Zelanda è successo una mattina in cui mi sono alzata pre-

stissimo per una gita in montagna, e all’improvviso mi sono resa conto che era l’alba:

una tavolozza di colori dall’arancione acceso al rosa più tenue, che mi ha letteralmen-

te tolto il fiato...A quel punto il sonno se ne era andato completamente dalla mia men-

te, lasciando spazio soltanto alla magia.

Anna Baiardi

C

*Anna Baiardi si trova in Nuova Zelanda per motivi di studio.Un grande “in bocca al lupo” da tutta la redazione...

elastico che attutiscala caduta, non unagabbia.Si crede poi che i ra-gazzi non abbianoaspirazioni né sogni –i ragazzi stessi spessolo credono; nulla dipiù sbagliato. I giova-ni vogliono rendersiutili, vogliono averevoce in capitolo, vo-gliono un impegnonella società, sonocome un vulcano diidee che cerca solochi li ascolti, chi siappassioni e creda inloro, chi possa dareun aiuto concreto allarealizzazione dei loroprogetti. Confrontar-si, relazionarsi.I problemi giovanilisono anche quelli de-gli adulti e viceversa.Fare proprie situazio-ni che non ci riguar-dano personalmente èmolto importante, an-che se difficile o pocoaccattivante. Ma sare-mo gli adulti del do-mani, gli anziani deldomani o siamo statigiovani. Ecco perché iproblemi sono quellidi tutti: se non lo so-no direttamente oggi,lo sono stati o lo sa-ranno. Nell’interazio-ne c’è la soluzione.

Così quello che primaera un problema, oradiviene risorsa, fontedi risposte geniali einaspettate a doman-de martellanti da cuinon si trovava tregua.Scoprire cosa di posi-tivo c’è nell’altro è ilmezzo migliore perimparare ad apprez-zarsi davvero, senzala presunzione di rite-nersi migliori.L’importante è dunquenon considerare lesingole fasce d’etàcome cassetti chiusi,ma piuttosto come loscorrere di un fiume ocome un film. Indica-tivo a riguardo il con-fronto tra il pensierodi Socrate e quello diun altro filosofo gre-co, Eraclito: il pantarei, ovvero “tuttoscorre”. Questo con-cetto non era direttoal “problema giovani-le”, ma è comunqueefficace l’immaginedel divenire.Valori e disvalori sonodella società, non dichi li rispecchia. Lasocietà ama il lusso,deride l’autorità, nonha rispetto e usa cat-tive maniere; non igiovani o gli adulti ogli anziani. La realtà

in cui l’uomo si inse-risce lo influenza irri-mediabilmente. E lasocietà è la stessa pertutti.Alla luce di ciò, anchedelle mie personaliesperienze, i ragazzisi impegnano assidua-mente per la vita enon credono solo nellaborsetta trendy o nel-la moto da urlo o nellocale da sballo.C’è bisogno di risco-

prirsi, anche tra gio-vani, per prenderemaggiore coscienzadella propria indivi-dualità e unicità, con-statare che tutti ab-biamo pregi e difettie che nessuno è per-fetto come tiene a farapparire. Occorre ab-battere ogni barrieradi ostilità con cuitroppo spesso ci sicirconda. Ma di mora-lismi se ne sono giàfatti fin troppi…infondo, non ci si puòveramente credere senon si è già convintinel profondo…certodialogare, essere sin-ceri o perdere la pro-pria idea di superiori-tà non è così facilequanto puntare il ditosenza chiedersi echiedere, perché?

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L a G u e r r a S a n t aL a G u e r r a S a n t a

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a b u l aa b u l affnno del signore 1099. Il sole che rischiarava la piana antistante lemura di Gerusalemme rendeva impossibile la marcia dei soldati di

Cristo, che dopo infiniti giorni di cammino erano finalmente giunti invista delle alte mura della città sacra. I caldi raggi del tardo pomeriggio si riflettevano senza pietà alcuna sul-l'elmo di Jacques, umile fante originario di Clermont-Ferrand, ma la fa-tica non sembrava pesargli, «la fede è la tua forza…la fede è la tua for-za» continuava a ripetere fra se e se, gli occhi affissi sul profilo dellaimponente cinta muraria che contornava Gerusalemme che andava oralentamente palesandosi, non gli sembrava vero: doveva essere un mi-raggio, o uno scherzo giocato agli eserciti del Cristo da Satana in per-sona per farli desistere dal loro intento…tuttavia tutti concordavanonel dire che quella era davvero la Città Santa, e che all'imbrunire del 7giugno si sarebbero finalmente accampati ai suoi piedi.Mille ricordi e mille pensieri affollavano la mente di Jacques, mentrecon orgoglio pensava a come sarebbe stato fiero il suo povero padre,che Dio l'abbia in gloria, nel vederlo ora, mentre marciava al fianco delgrande Goffredo, lui un povero contadino di provincia, che come tantisimili a lui avrebbe dovuto passare l'intero resto della sua vita a spac-carsi la schiena nei campi, vivendo dei pochifrutti che avrebbe potuto ricavare da quel faz-zoletto di terra che possedeva: ma il Signoreera accorso in suo aiuto, ricordava ancora co-me se fosse ieri il giorno in cui aveva udito ilsermone tenuto dal Santo Padre Urbano, pro-prio nella sua città, a Clermont-Ferrand, anchese erano già trascorsi due anni da quel fatidicogiorno.A dire il vero non aveva capito molto di queldiscorso, solo qualche parola qua e là, ma delresto lui non era una studioso, non sapeva néleggere né scrivere…e il Pontefice aveva usatotanti termini latini…ma comunque, stando aquello che era riuscito a comprendere, gli in-fedeli si erano impossessati del Santo Sepolcro,(con l'aiuto del demonio certamente, altrimen-ti come avrebbero mai potuto impossessarsi diun luogo così sacro?) e ne vietavano l'accessoai pellegrini cristiani: bisognava liberarlo, e con esso bisognava libera-re anche Gerusalemme, da troppo tempo preda dei barbari.Quando udì ciò Jacques, in un istante, capì qual era lo scopo per cui erastato creato: era nato per difendere il Sepolcro, doveva arruolarsi edintraprendere la spedizione militare più grande che si fosse mai vista,nel nome della Croce avrebbe liberato i territori conquistati, e sotto iSanti Vessilli avrebbe portato la pace.In quei due anni passati a combattere nell'esercito Jacques, però, dipace ne aveva vista ben poca: aveva visto solo morte e disperazione,ma lui non se ne preoccupava, i molti predicatori, uomini di Dio, che sierano uniti alla spedizione dicevano che faceva tutto parte di un pro-getto divino troppo grande ed incompresibile anche agli uomini piùgrandi, figurarsi ad un povero villano come lui.

In qualche modo erasopravvissuto alle variebattaglie che si eratrovato ad affrontare,Cristo l'aveva aiutato eJacques perciò conti-nuava a marciare tran-quillamente, sorrettoda una incrollabile fe-de che mai gli era ve-nuta meno, confidandoche quando sarebberogiunti innanzi a Geru-

salemme i Cieli si sarebbero aperti e le stesse Schiere Celesti sarebbe-ro discese e si sarebbero schierate al fianco dei Crociati .Bene, ora era innanzi a Gerusalemme, e i suoi occhi continuavano in-cessantemente ad osservare il cielo che andava oscurandosi e il sole co-cente che lentamente tramontava, ma le poche nuvole che si affolla-vano nell'ora del crepuscolo non davano il minimo segno di volersi apri-re… Abbassò lo sguardo e lo riportò all'altezza del suolo, scuotendo unpoco il capo, «Idiota cosa vuoi saperne tu dei progetti divini…se non sisono ancora visti Angeli guerrieri guidati dall'Arcangelo Michele in per-sona è perché probabilmente non è ancora giunto il momento giusto». Così pensava mentre, insieme a tutti gli altri, si accampava innanzi al-le mura di Gerusalemme… certo che doveva essere proprio una bellacittà, con delle mura così alte… che meraviglia… ed era in mano a quei

barbari incivili, quale onta per tutta la Cristianità! Bisognava liberarlaal più presto.Jacques attendeva ancora che i cieli si aprissero per lasciar discenderegli Angeli quando, la sera del 4 luglio, i rinforzi inviati da Genova arri-varono, dando il loro contributo alle forze già presenti sul campo.Vi era grande eccitazione nell'esercito per quel provvidenziale arrivo:Goffredo aveva infatti dichiarato che quando sarebbero giunti i rinfor-zi italiani finalmente avrebbero attaccato Gerusalemme, ed ora eranoarrivati: il grandioso piano progettato dal Signore stava per prenderforma, domani, il 5 Luglio anno Domini 1099, gli infedeli sarebbero ca-pitolati.Tuttavia Jacques nella presa di Gerusalemme non aveva visto nulla diglorioso, ovunque vi eran solo urla e pianti: quelle dei terribili infede-li, che combattevano con tutto il coraggio di cui disponevano per ri-cacciare oltre le mura le schiere cristiane, quelle dei bambini strappa-ti alle madri che venivano trucidate, quelle dei suoi commilitoni checadevano sotto i colpi inferti dalle spade nemiche, quelle dei cavalieriche ordinavano l'attacco, quelle dei feriti, strazianti lamenti che sem-bravano dilaniare l'animo e quelle dei moribondi, di ambo le parti, che

si innalzavano al cielo, ognuno invocando ilproprio Dio, nell'istante che precede l'eternosilenzio.Tutto gli sembrava confuso, camminava per lestrade di quella città che avrebbero dovuto li-berare e che invece sembravano volere di-struggere, urlava anche lui forse, voleva an-darsene… non capiva… non erano lì per portarela pace? Dov'era la pace? Intorno a lui c'era so-lo morte… era forse quello il glorioso piano delSignore? Far sì che gli uomini si uccidessero fraloro, così da epurare l'intera razza umana? No,no, no… non poteva essere così…Gli occhi continuavano a guardare il cielo,aspettando la venuta di quegli angeli che nellasua vita terrena non vide mai.Continuava a camminare, spinto dalla dispera-zione, in balia della violenza e dell'orrendomassacro che si stava compiendo… la vista gli

si appannò, le lacrime cominciarono copiosamente a scendere dai suoiocchi stanchi di tanta crudeltà… cadde al suolo, si inginocchiò e guar-dò ancora il cielo, urlò, voleva delle risposte… quella non poteva esse-re la volontà divina, quella era solo la volontà degli uomini… era così,doveva essere così. Ma se era così perché il Signore non li fermava? Per-ché il Signore non stendeva la sua onnipotente mano e con un semplicecenno d'essa metteva fine al conflitto? E perché gli infedeli erano infe-deli e barbari? Lui poteva solo scorgere persone esattamente identichea lui, che sanguinavano e urlavano come lui e combattevano per la pro-pria salvezza, non erano diversi l'uno dall'altro, perché si facevano al-lora la guerra?Mentre si disperava riverso al suolo non si rese conto di quell'infedeleche avanzava nella sua direzione, disperato come e forse più di lui, edella spada che brandiva agitandola sopra la sua testa… fu un attimo etutto finì, il dolore cessò e le urla strazianti finalmente parvero ac-quietarsi, i canti degli angeli, sì, quelli erano davvero angeli, ne era si-curo, riecheggiarono nella sua mente sofferente e poi calò il silenzio,dolce come non mai, e tutto si fece buio…ma Jacques non seppe maiperché quel massacro veniva chiamato “Guerra Santa”.

Livia Granata

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L A N A T U R A N E L C E S T O

A

Dov'era la pace? Intorno a lui

c'era solo morte… Era forse

quello il glorioso piano del

Signore?

Page 4: Il Mosaiko Kids 2-2005

4

M U S IM U S I KK A N D OA N D O

a prima autentica fem-minista nella storia delrock. E con un'ugola dabrivido.

Janis Joplin, voce rauco-blues-miagolante e super-sexy, rimarrà per sempre nel-la colonna sonora ideale deiSixties: emotiva ed energicaal tempo stesso. La sua para-bola musicale e personale lacolloca tra gli eroi maledettidella grande stagione delRock'n'Roll. La carriera solista, breve(negli anni) ma fulminante(nelle vendite), incominciasul finire del decennio '60,quando la cantante lascerà laband dei Big Brother, inaugu-rando una serie di perfor-mance che passeranno allastoria. Il più grande merito diJanis Joplin è comunque dinatura "sociologica": è Janische ribattezza il ruolo delladonna nella cultura rock, èJanis che inaugura l'immagi-ne della cantantessa sexy esfrontata su e giù dal palcoed è proprio Janis che inven-ta quell'incredibile stile vo-cale rauco & elettrico, clona-to milioni di volte nei decen-ni seguenti, da Melissa Ethe-ridge ad Alanis Morissette, da(perché no?) Steven Tyler adAxl Rose Ma dove affonda le radici Ja-nis Joplin? A Port Arthur, la

piccola cittadina texana do-ve nasce (19 gennaio 1943),cresce e dove sviluppa l'in-sofferenza verso ogni am-biente conservatore che saràil suo eterno marchio di fab-brica. La musica è una via difuga per la cantante: fin daragazza inizia a strimpellareblues e folk per fuggire lon-tano da questo ambiente chele trasmette solo oppressionee contraddizione. Non è cer-tamente una novità per gliAnni '60, se ne incontravanotante di persone così: infattinel cammino di Janis ci im-battiamo anche in un certoJorma Kaukonen, che piùavanti diventerà chitarristadei Jefferson Airplane. E Lady Janis sarà sempre unaragazza problematica: brut-tina e sgraziata, si porteràdietro questo complesso diinferiorità che, a contattocon lo scintillio dello show-biz, sarà una delle cause del-la sua discesa autodistruttivaverso gli inferi. Alcune registrazioni del pe-riodo degli esordi (inedite fi-no alla morte della nostra)documentano il debito di Ja-nis nei confronti della grandeBessie Smith, ma dimostranoanche che la cantantessaaveva già le carte in regolaper vantare uno stile perso-nale ben prima del sodalizio

col gruppo che poi la lancerànel firmamento rock, BigBrother & the Holding Com-pany. Attirata dal richiamo dellahippy revolution, nel 1966Janis si trasferisce a SanFrancisco (c'era già stata pri-ma, ma di passaggio) ed en-tra nella band (dal soundmolto psichedelico, in lineacon la Città dei Fiori). La suavoce è qualcosa di veramen-te eccessivo e i primi mesisono sufficienti a regalarle ilpassaporto per la notorietàplanetaria. Anche a dispettodei musicisti e del materiale:tutti e due non sempre su li-velli ottimali. Big Brother non è granché

come band, tuttavia quellamiscela di blues e psichede-lia aiuterà Janis (non semprelead-singer nei brani delgruppo) ad affinare lo stilesolista che nascerà poco do-po: e sarà proprio lei a rega-lare al combo l'unico briciolodi celebrità. L'anno è il 1967,la canzone è "Ball and Chain"(forse la migliore performan-ce di Janis, catturata su film)e la cornice è lo storico Fe-stival di Monterey, in pienoclima Flower Power. Dopo il debutto su etichettaMainstream, i Big Brother silegano al manager AlbertGrossman e migrano alla Co-lumbia. Janis esce dal grup-po immediatamente dopo la

pubblicazione del secondoalbum, "Cheap Thrills" (checomunque si piazza al topdelle chart nel 1968), per in-seguire golosi presagi di glo-ria. L'inizio dell'attività da solistaavviene con "I Got Dem Ol'Kozmic Blues Again Mama!",registrato assieme alla Koz-mic Blues Band, un ensembleche comprende persino unasezione fiati e dove suona untransfuga dei Big Brother (ilchitarrista Sam Andrew). Puressendo un hit, "KozmicBlues" non è la miglior provadella nostra: la Kozmic BluesBand suona sicuramente piùpulita del vecchio gruppo,ma certe vibrazioni soul-rocke quell'atteggiamento un po'distaccato danno un'impres-sione di generale forzatura.Questo non impedisce allanostra di incidere hit assolu-te: per esempio "Try (Just aLittle Bit Harder)" e "LittleGirl Blue", in cui la sua vocetocca corde inarrivabili distrazio e commozione. Dopo il debut-album, la car-riera di Janis Joplin diventaun'amara altalena fra dro-ghe, alcolismo e amori sba-gliati che riempiranno le bio-grafie dei successivi decenni.Strano, perché musicalmentele cose cominciano ad andarebene proprio poco prima del-

la morte: finalmente Janistrova una band di supportopiù versatile, la Full Tilt Boo-gie Band, e ci fa l'ultimo di-sco: "Pearl", mirabilmenteprodotto da Paul Rothschild,che aveva creato l'onirico eveemente suono dei Doors.L'album non convince appie-no la critica: forse pecca inabrasività, tuttavia "Pearl" èla prova lampante della ma-turità raggiunta da Janis Jo-plin nell'ultimo periodo. Glistili, una volta molteplici esparsi, formano ora una mi-scela unica che è blues, èsoul, è folk, è rock e non ènessuna delle suddette cose.È solo il Janis sound: e solose ascoltiamo "MercedesBenz", "Get It While YouCan", e la versione di "Me andBobby McGee" (hit presa daKris Kristofferson, che le re-galò il numero 1 postumonelle chart) possiamo capiredavvero quale fenomeno disensualità musicale sia la Si-gnora Janis Joplin. Janis Joplin viene trovatamorta per un'overdose dieroina nella stanza di un al-bergo a Hollywood il 4 otto-bre 1970: pochi giorni dopouscirà "Pearl". La perla entra in circolazio-ne, ma il gioiello... quellonon c'è più.

J a n i sJ a n i s J o p l i nJ o p l i nLivia Granata

L

Il carattere di mamma e papàIl carattere di mamma e papà

ella mia famiglia quello con il carattere forte è mio padre. Mio padreè molto severo e detta lui le leggi in casa mia; su quello che dice non

bisogna discutere. Noi figli dobbiamo stare sempre sui libri per diventare ognigiorno più bravi. Egli per me e mio fratello ha grandi progetti. Non discutia-mo perché lui deve sempre avere ragione ed è per questo che io dico tutto allamamma. Una volta ho cercato di parlare con lui, mi sono presa una sgridata,sono andata a letto senza cena e lui ha tenuto il broncio per tre giorni. Quin-di con lui parlo il minimo indispensabile. Mia mamma ha il carattere opposto di mio papà: con lei io riesco a dire tut-to. Lei per me non è solo mia mamma, ma anche una amica e una sorella. E’molto comprensiva perchéha avuto un’infanziadura e allora a noi nonfa mancare niente. Ognitanto bisogna “contrat-tare”: se voglio uscire,ad esempio, dovrò aiu-tarla ogni volta che avràbisogno del mio aiuto.Ai miei genitori vogliotanto bene e li rispettomoltissimo.

NNZineb Chabouni c lasse 5° C - Scuola Elemenatre M.M. Bandel lo , Caste lnuovo Scr ivia

Carlotta Rubin

classe 1° C

scuola elementare M.M. Bandello

Castelnuovo Scrivia

Victoria Ferrari

classe 1° A

scuola elementare

M.M. Bandello

Castelnuovo Scrivia

I m p r e s s i o n i i n m i n i a t u r aI m p r e s s i o n i i n m i n i a t u r a

Page 5: Il Mosaiko Kids 2-2005

5

Decoratore

Progettista

d’ambienti

Bertoletti Claudio

Imbianchino

via Mazzini, 72

15050 Isola S. Antonio (AL)

Tel. 0131/85.72.59 -cell. 3387592232

s p o r t k i d ss p o r t k i d s

onosciuto ed amato, maallo stesso tempo snob-bato da televisione ed

intellettuali, il fumetto si pren-de la meritata rivincita. Ma pri-ma di parlarne, è meglio fare unpo’ d’ordine: ripercorriamo lastoria del fumetto in un diver-tente riassunto. A voler cercareil pelo nell’uovo già gli antichiegizi si divertivano a disegnare,così come i babilonesi ed i ro-mani. Anche se, per paragonareun muro scolpito ad un fumetto,è necessaria molta fantasia. Percercare un documento cartaceoelevato al rango di fumetto bi-sogna balzare verso la fine delmedioevo, dove, per inculcareai contadini la buona novella,venne creata una bibbia basatasulle immagini, la cosiddetta“bibbia pauperum” molto piùintensa ed immediata rispettoad una pagina scritta piena disalmi in latino.Con l’invenzione della stampa sicontinuarono a preferire i libri,e bisognerà aspettare il Sette-cento per vedere, in Francia ein Inghilterra, delle vignette disatira di costume e di politica. Ilprimo, vero personaggio dei fu-metti può essere considerato lo“Struwwelpeter”, più conosciu-to in Italia col nome di PierinoPorcospino. Pochi anni dopo an-che l’America cominciava a pro-durre fumetti. Non crediate chequei primi disegni avesseroqualcosa di simile a quelli cheleggiamo noi adesso.Il primo fumetto vero e proprioé nato da un’idea sviluppatasinei primi anni del Novecento, esfruttata quasi contemporanea-mente dai due editori americaniHearst e Pulitzer, di stamparedei supplementi domenicali acolori. Proprio su uno di questisupplementari vide la luce Yel-

low Kid, poi importato in Italiadal “Corriere dei Piccoli”, anchese senza baloon. Negli anni ven-ti, a fronte di numerose stripanche quotidiane che trattava-no argomenti maturi, ci fuun’ondata di nuovi personaggifemminili, melensi e sdolcinati.Tra queste comparse risalta su-bito una figura maschile di ma-rinaio nerboruto, burbero masimpatico, che fa di tutto persalvare la bella Olivia. E’ pro-prio lui, Popeye o Braccio di fer-ro. Qualche anno dopo, il 5maggio 1930 cominciano le pri-me avventure di Topolino e diquella che diventerà, negli annisuccessivi, la banda Disney. Lo stile era particolarmente ele-mentare ed immediato, diver-tente ma troppo semplice. Cosìnel 1934 nascono i primi supere-roi: Tarzan, Mandrake e il Prin-cipe Valiant. Adesso quasi tuttiquesti nomi sono scomparsi, epochi ricordano questi perso-naggi così famosi un tempo. Matutto questo succede in Ameri-ca; l’Europa del disegno, nelfrattempo, cosa produce? Nel1929 nasce in Belgio il famosoTintin, sconosciuto in Italia co-me fumetto, ma divenuto popo-lare con una serie di cartoni ani-mati andati in onda fino a qual-che anno fa (un secolo, ai nostrigiorni!). Sempre in quel periodofa la comparsa in Italia uno spi-lungone sempre vestito di rossoe così fortunato da vincere unmilione ad ogni avventura. Stia-mo parlando del “Signor Bona-ventura, ricco ormai da far pau-ra” creato da Sergio Tofano pro-prio in cui “se potessi avere mil-le Lire al mese” era l’aspirazio-ne massima di ogni italiano.Ma una vera rivoluzione arrivanel 1938: è un uccello? E’ un ae-reo? E’ un razzo? No, è Super-man, conosciuto in Italia conl’autarchico nome di “Ciclone”e poi Nembo Kid, anche se nes-suno lo chiama più così da mez-zo secolo. Nel 1939 vengonoplasmati anche Batman, Won-der Woman e Capitan America. Il salto di qualità per la Marvelarriva nel 1950, quando StanLee comincia a lanciare supere-roi meno stereotipati e perfetti,ma incompresi, scorbutici e ris-sosi, quelli che ancora oggi ri-scuotono il maggior successo, senon sulla carta stampata, alme-no al cinema, come Hulk, Dare-devil, gli X-men e Spiderman.Nello stesso periodo nascono

anche i Peanuts di Schulz. An-che la Francia, che fino ad allo-ra non aveva produzioni di fu-metti di alto livello, lancia duepersonaggi senza età: Asterix eLucky Luke. L’Italia, comunque, non sta aguardare: nascono gli Sturm-truppen e, da un’idea di SergioBonelli e disegnato da AurelioGaleppini, nasce il re del fumet-to italiano, la cui fama è cono-sciuta ben oltre le frontiere, di-ventato un mito per molte ge-nerazioni. Stiamo ovviamenteparlando di TEX WILLER, il pi-stolero mangiabistecche dalgrilletto infallibile e dalla fortu-na sfacciata. Visto il successoattenuto dal primo personaggio,quella che oggi è divenuta la“Sergio Bonelli editore” ha datovita, negli anni ottanta, a MartinMystère, il detective dell’im-possibile, Dylan Dog, l’indagato-re dell’incubo, e poi Nathan Ne-ver, Dampyr, Brendon e Napo-leone per citarne altri. In questosintetico riassunto della storiadel fumetto mancano molte co-se: oltre ai nomi dei disegnatorie degli sceneggiatori, indispen-sabili per conoscere un fumettoma spesso sconosciuti, mancaanche qualsiasi riferimento aifumetti giapponesi, i manga. Il motivo è la mancanza di spa-zio, perché per la cultura del sol

levante i fumetti sono più di unpassatempo, bensì un comples-so fenomeno sociale che an-drebbe analizzato con precisio-ne. Dirò solo che i nipponici cihanno dato i Transformers,Holly e Benji, Hamtaro, Dorae-mon, Dragonball, Detective Co-nan e molti altri, tutti nati pri-ma come fumetto e solo in unsecondo tempo diventati carto-ni animati. La forma d’arte più conosciutada tutti ha ormai cento anni:storie in carta patinata e dop-piopetto, intense e ben sceneg-giate, non meritano forse lostesso riguardo che abbiamoper i nostri libri preferiti? Aiposteri (si fa per dire) l’arduasentenza.

Breve storia del fumettoBreve storia del fumettoda Tutankamon al secolo decimo nonoda Tutankamon al secolo decimo nono

Davide Varni

Illustrazioni di Martina Delfanti

CCartedì 25 gennaio una delle più affermate e graffianti

firme del giornalismo italiano (il Direttore di "LIBERO"

Vittorio Feltri) è stato graditissimo ospite del CENTRO

PAOLO VI di Casalnoceto per partecipare ad una conferen-

za/dibattito organizzata dal LIONS Club Tortona Host. Il tema

proposto ("Solidarietà e mondo dei disabili") gli ha consentito

di spaziare dalla disabilità alla salute, dagli sprechi sanitari al

volontariato, temi forse non proprio abituali per un direttore di

quotidiano. Egli stesso lo ha del resto ammesso, affermando

candidamente, all' inizio della sua relazione, di arrivare "im-

preparato" all'incontro. Nonostante le reticenti affermazioni ini-

ziali ha però "soggiogato" il pubblico con la verve, la disinvol-

tura e la brillantezza che tutti gli riconoscono. L'importanza

dell' evento, che ha riempito all'inverosimile la sala congressi

del PAOLO VI, ha comportato la partecipazione di alcune fra

le maggiori autorità del tortonese. Al tavolo della presidenza

erano presenti il Vescovo di Tortona Mons. Martino Canessa,

il presidente del Lions Club - nonché membro dello staff medi-

co del Centro - dr. Davide Liccione ed il Viceprefetto di Ales-

sandria dr. Paolo Ponta. La testimonianza "dal vivo" che porto

è però la mia: ho avuto il privilegio di incontrarlo prima del di-

battito alla "Cantina Sociale" di Tortona ed ero un po' tituban-

te, perché un Direttore è sempre un direttore e ognuno si fa

un'idea del carattere di una persona anche da come scrive

(adesso devo stare attento). Sapevate che gli piace il salame?

Specialmente se accompagnato da un bicchiere di quello buo-

no (ed entrambi a Tortona non mancano di sicuro; chiedere

per conferma a Vittorio Feltri che si è portato a casa qualche

"souvenir"). Si è anche dimostrato disponibile ad intavolare

discussioni improvvisate, ed ha manifestato la volontà di co-

noscere meglio e con più calma il Tortonese. Dietro all'aria in-

flessibile che ha sempre mantenuto si è palesata anche una

mente curiosa e avida di informazioni. Ma i colpi di scena non

finiscono qui: infatti, il direttore di un quotidiano è prima di tut-

to un giornalista lui stesso e dovrebbe di conseguenza trovar-

si più a suo agio dietro a un monitor o a una scrivania, che

non a parlare invece davanti ad un uditorio gremito. E invece,

ha tenuto una discussione ricca di mordente e senza mai ca-

dere nel banale o nei luoghi comuni: anche la politica è stata

tirata in ballo, ma in modo marginale anche se comunque

graffiante. Il tema disabilità è stato poi solo un punto di parten-

za, per consentirgli di spaziare dalla "salute" alla "sanità" (una

differenza sostanziale e non solo etimologica), dal sostegno

che la Chiesa fornisce alle persone disabili al concetto orioni-

no di "carità". Al dibattito hanno partecipato molte delle perso-

ne presenti con una raffica di domande che hanno trovato una

puntuale (ma mai banale!) risposta da parte di Vittorio Feltri.

La serata è stata saggiamente conclusa dal Vice-Prefetto dr.

Ponta con un' interessante disquisizione sul concetto di "Sta-

to" colto in tutte le sue molteplici sfaccettature.

E adesso basta con i commenti, perché l'articolo è abbastan-

za lungo ed impegnativo e dubito che non saranno pochi colo-

ro che, stravolti, hanno smesso la lettura qualche riga addietro

con l'aggiunta di qualche epiteto poco gradevole nei confronti

dell'autore.

Desidero solo concludere dicendo che l'arrivo dei questo illu-

stre ospite ha riacceso la questione che riguarda il PAOLO VI,

istituto di prim'ordine che non ha pari in Piemonte per la riabi-

litazione extra ospedaliera e di cui parleremo ancora sul Mo-

saiko kids. E a tutti coloro che non hanno potuto partecipare

alla conferenza dico solo che trovare una persona in grado di

rendere appassionante un dibattito e di coinvolgere emotiva-

mente i presenti è cosa rara.

Vittorio Feltri: un direttore ed un uomo

Davide Varni

M

i chiamo DANIELE, ho undici anni e frequento la 1° B nella scuola media di Castelnuovo. Vado matto per il calcio ; infatti da due anni faccio parte della Castelnovese. Prima di an-dare all’ allenamento che si svolge il martedì e il venerdì sono sempre impaziente: i pie-

di mi formicolano, le gambe non riescono a star ferme, sono agitato, guardo continuamente l’o-rologio e poi… con un lungo anticipo sull’ora di ritrovo, mi avvio impaziente verso il campo dovefinalmente mi posso sfogare, perché per me il calcio è uno sport bellissimo che mi da’ grandisoddisfazioni. In campo, specie durante una partita, non mi fermo mai, corro inarrestabile, siain attacco che in difesa, sempre alla ricerca della palla- goal. Non sono un sognatore ma quan-do penso alla mia squadra del cuore, la Juventus, mi ritrovo spesso a fare sogni a occhi aperti:penso un giorno di diventare forte come Pavel Nedved e proprio come lui vorrei ricevere il” pal-lone d’oro” dalle mani di France Football, l’ inventore di questo ambito premio. Io sono sempre contento quando disputo una partita, anche quando perdo, perché un vero gio-catore deve saper accettare anche la sconfitta. In questa rubrica, oltre al calcio giocato e ai calciatori- rivelazione del Campionato, si parleràanche delle sensazioni e delle emozioni che questa magica sfera sa dare sul campo. Se qualcu-no, appassionato di calcio come me, vuol farmi compagnia… si faccia avanti! CIAO!

Daniele Accatino

MM

Page 6: Il Mosaiko Kids 2-2005

6

K r i t i K a

Nota per chi vuole inviare i suoi scritti: La rubrica Una voce fuori campo è espressa-mente dedicata alla pubblicazione di articoli, saggi, racconti, componimenti poetici o se-gnalazioni di chiunque desideri far uscire la propria voce dalle mura di casa.L’indirizzo a cui inviare il materiale è:

Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.

he l'Italia non fosse un popolo di patriottismo

sfegatato, l'avevamo capito, forse il fervore

nazionale di tutti i tempi si è esaurito nell'intensità

dello slancio risorgimentale, come un'unica grande

fiammata. Anche le istituzioni se ne sono bellamen-

te dimenticate, non se ne parla a scuola, ma nem-

meno a casa, e le rare bandiere italiane che si ve-

dono in giro fuori dai palazzi del potere, pendono

spesso troppo stanche, così sporche e logore da

fare pietà più che rendere orgogliosi e molti privati

cittadini, preferiscono ai loro balconi appendere la

ben più reperibile bandiera a stelle e strisce, spes-

so senza nemmeno sapere tutte le sfumature e om-

bre di quello che ha rappresentato per l'Italia, sen-

za conoscere i retroscena meno piacevoli, accon-

tentandosi di ostentarla come un simbolo alla moda

di libertà e consumismo. Caro presidente Ciampi, a

sentir battere nel petto il tricolore, mi sa che è ri-

masto soltanto lei ormai. Che le bandiere non sono

che simboli, e rappresentano purtroppo anche le di-

visioni, le differenze che separano i popoli, è vero.

Ma non è il nostro spirito di fratellanza, la nostra

apertura verso l'Europa e il Mondo intero che ci

spinge a trascurarla. Gli italiani, o per non genera-

lizzare, molti di noi, sono da parecchio tempo affetti

da esterofilia spassionata, quella che "all'estero è

tutto meglio" (ad esempio ascoltare una canzone

stupida in inglese non è come ascoltarne una stupi-

da in italiano). Così che sfogliando un giornalino

dell'Università di Pavia, mi imbatto in un interes-

sante articolo sulle bandiere del mondo, e uno stu-

dente che si definisce "un viaggiatore", passa in

rassegna alcuni noti vessilli stranieri per raccontar-

cene la storia. Tutto a posto, se non fosse che l'ar-

ticolo termina con una domanda rivolta ai lettori:

ma qual è il significato e la storia di quella italiana?

Se i nostri degni antenati risorgimentali sapessero

che i loro bisnipoti, un po' meno degni, nemmeno

sanno che significato abbia, forse sentirebbero un

po' tradita la memoria dei loro fratelli che per quella

bandiera hanno dato di buon grado (e per noi un

po' inspiegabilmente) la vita. Ma almeno chi ha

scritto quell'articolo, ha ammesso le sue mancanze

e non si può nemmeno fargliene una colpa, visto

che informazioni sul tricolore non sono facilmente

reperibili e la sua storia non fa notizia. Da questo

giornale e per tutti i curiosi, voglio rispondere a

quella domanda, dandovi alcune informazioni, non

molte in verità, per fare un po' più di luce su questo

mistero. Prima di tutto la nostra bandiera nasce, se

così si può dire, nel 1797, nella Repubblica Cispa-

dana (non me ne vogliano tutti quelli che hanno dif-

ferenti versioni, specialmente sul luogo, la verità

sta sempre un po' nel mezzo). Salta subito all'oc-

chio, data anche la data, l'influenza che ha eserci-

tato sulla scelta della tripartizione verticale e in

parte dei colori, la recentissima Rivoluzione Fran-

cese, la cui lezione era giunta fino a noi, sollevan-

do col suo esempio spinte nazionaliste. Non si è

trattato di copiare la bandiera di un'altra rivoluzio-

ne, la somiglianza giace più nel sentimento di fra-

tellanza che legava i due popoli. Sul significato di

ogni singolo colore, le versioni sono leggermente

differenti. Molte poesie risorgimentali li citano e al-

cune ne danno una spiegazione. Ve ne riporto un

paio:

[...]Su i limiti schiusi, su i troni distruttipiantiamo i comuni tre nostri color!Il verde, la speme tant'anni pasciuta,il rosso, la gioia d'averla compiuta,il bianco, la fede fraterna d'amor.(Giovanni Berchet)

[...]Noi pure l'abbiamo la nostra bandieranon più come un giorno sì gialla, sì nera;sul candido lino del nostro stendardoondeggia una verde ghirlanda d'allor:de' nostri tiranni nel sangue codardoè tinta la zona del terzo color.(Arnaldo Fusinato)

Conoscere gli altri è importante, e da sempre le dif-

ferenze culturali sono un patrimonio affascinante,

ma credo che per comprendere chi è diverso da

noi, sia importantissimo prima, indagare a fondo

noi stessi, le nostre origini e tradizioni, se non per

insegnarle agli altri in uno scambio reciproco, alme-

no per capire chi siamo. A proposito, lo sapevate

che l'Inno di Mameli ha altre 4 strofe, (che si chiu-

dono tutte con un ritornello), che non cantiamo

mai?

Q u e l m i s t e r oQ u e l m i s t e r o i m p e n e t r a b i l e i m p e n e t r a b i l e d e l t r i c o l o r e d e l t r i c o l o r e

Silvia Pareti

C

vanno gli uominia contemplare lecime dei monti, i

vasti flutti del mare, leampie correnti dei fiumi,l’immensità dell’oceano, ilcorso degli astri e trascura-no se stessi”. Questa frase,che ho letto a scuola, trat-ta dalle “Confessioni” diSant’ Agostino mi ha forni-to lo spunto per scriverel’articolo. Nonostante siastata scritta in un contestodiverso da quello moderno,credo che possa essereadattata anche al mondo incui viviamo. Infatti, ancoraoggi, gli uomini compionoviaggi brevi, vedendo soloscorci dei luoghi, attrattidalla novità, dall’alone” dimistero che circonda le co-se sconosciute. Ma il viag-gio che, di per sé, non hanessuna utilità se non quel-la del divertimento, èspesso concepito come unasoluzione per prenderetempo di fronte a problemicomplessi. In realtà è uncorrere qua e là, poiché

non è certo questo il modoadatto per affrontare le si-tuazioni ma solo un modoper fuggire dal quotidiano.Le preoccupazioni, infatti,si possono dimenticare solomomentaneamente e nondel tutto, poiché anche seall’apparenza siamo felicie spensierati, esse rimar-ranno sempre impresse inun angolino del nostro cuo-re e della nostra mente.Finito il tempo della va-canza, saremo di nuovo as-sorbiti e immersi nella rou-tine quotidiana e i proble-mi saranno ancora lì, irri-solti oppure ci apparirannosotto una luce diversa ri-spetto a quella del viaggio. Questo accade perché,spesso, gli uomini trascura-no se stessi, come affermaS. Agostino. Ciò significache non sanno guardarsidentro, compiere un’au-toanalisi per capire le lorovere aspirazioni e per tro-vare la chiave dei loro pro-blemi e interrogativi. Nonè necessario errare, vaga-bondare per luoghi scono-sciuti, per ritrovare noi

stessi e vivere in serenitàed armonia con le personee con il mondo che ci cir-conda. Tutte le risposteche cerchiamo disperata-mente e che crediamo ditrovare in un viaggio, sonoinvece nascoste nella no-stra interiorità. Quindi, ilviaggio che dovremmocompiere è quello all’inter-no della nostra mente.Nonostante i ritmi di vitaquotidiani siano frenetici eci lascino poco tempo pernoi stessi, il modo miglioreper imparare a conoscerciè quello di ascoltare la vo-ce interiore, che ci indicaquale strada prendere,quali ideali e quali valorisono davvero importantinella nostra vita, per checosa vale la pena vivere elottare. Quando siamo indifficoltà, proviamo a nonfuggire, a non lasciare chetutto si risolva da sè; cer-chiamo, invece, di analiz-zare la situazione e, so-prattutto, di guardare lanostra immagine che sololo specchio dell’anima puòriflettere realmente.

A u t o a n a l i s iA u t o a n a l i s iGiada Gatti

“Efio-ri,dipane o cannella, di mentinealla liquirizia, del vento delNord, di sole, di sale, di ma-re, di doposole al cocco, disucco tropicale, ma soprat-tutto dell’odore del corpo,quello personale, che distil-liamo involontari e un po’ civa scomodo. Che sia dolce opungente, si impregna aitessuti e fa nostro ogni ca-po, così inconfondibile cheporta con sé un po’ della

persona e ce la fa riassapo-rare anche se non c’è più,che la evoca come il fanta-

sma di un vecchio vestito.L’odore ritrovato esce conme dalla discoteca, mi solle-tica sensazioni ogni volta di-verse, sfumature, percezio-ni, è nel mio letto dove ilcuscino non sa più di posa-cenere e i capelli non sonoda rilavare e i vestiti si pos-sono riporre con gli altri,senza che li impregnino disigaretta.Gli odori sono un mondo a

sé, si incontrano intorno allepersone, si piacciono o si re-spingono, s’inseguono e sinascondono, magari si fon-dono.Grazie alla riforma che civil-mente me li ha restituiti,mancavano da così tanto cheforse non li cercavo più eforse non sapevo più sentir-li. Chi vuole fumare, liberodi privarsi di tutto questo(insieme a soldi, salute e li-bertà), ma non mi tolga ilprofumo dalla vita, io nonvoglio perdermelo.

segue dalla prima

(Silvia Pareti)

Progetto grafico e impaginazio-

ne: Favolarevia

Fotografie: Bruno De Faveri, Bep-

pe Sacco, Paola Maggi

RedazioneDirettore Resp.: Antonella MariottiPresidente: Mimma FrancoAnna Bruni - Giovanna Spantigati -Paola Maggi - Marziano Allegrone -Alessandro Pugliese

Silvia Pareti (Capo redattore) -Marta Lamanuzzi (Capo redattore)- Livia Granata (Capo redattore) -Anna Baiardi (inviato) - Sara Sera-fin - Giada Gatti - Simona Lucarno(inviato) - Davide Varni (Capo re-dattore) - Elena Pisa - Paolo Pareti(Capo redattore) - Costanza DeFaveri - Marcello Spinetta - GiorgiaBresciani - Cecilia Sacco - AndreaAccatino (inviato)

Mini reporterStefano Pugliese (Capo redattore)

Piccoli PiccoliLisa R. Magnaghi (Capo redattore)Cecilia Mariotti (Capo redattore)Martina Ruta (Capo redattore)Sofia Falchetto (Capo redattore)Daniele Accatino (inviato) - MartaPoggio (inviato) - Alberto Arzani -Emanuela Negri

Piccoli ArtistiCarlotta Rubin, Victoria Ferrari

CollaboratoriMaria Serafini - Cristiana Nespolo -Claudio Bertoletti - Cristina BailoBruno De Faveri - Elisabeth Daffun-chio

IllustrazioniMartina Delfanti

Vietato riprodurre senza autorizza-zione testi, fotografie e impostazio-ne grafica

Proprietà artistica

letteraria

Casa Editrice

Favolarevia

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15053 Castelnuovo

Scrivia (AL)

Page 7: Il Mosaiko Kids 2-2005

7

P iP i k kk k o l io l i P iP i k kk k o l io l i

Prima parte

n pomeriggio Marta invitò a casa sua la migliore ami-ca Claudia; esse amano molto fantasticare, inventare,sognare. Il loro gioco preferito è fare le esploratrici

interplanetarie... Dopo essere andate in cucina per vestir-si ed armarsi (avevano cucchiai e matterelli come spade,coperchi come elmi, grembiuli come scudi, uova comebombe, e biscottini per i rifornimenti), andarono nella na-vicella C. A. G. cioè Casa sull'Albero Grande, situata sull'albero centrale del giardino:la Grande Quercia.Appena salite sulla navicella capitan Grembiule Azzurro (Marta) e capitan GrembiuleViola (Claudia) urlarono il loro motto: "Uno.... due.... tre... per Grembiule Azzurroolé, quattro.... cinque.... sei... Grembiule Viola è più forte degli dei ! ! ! ! Appena

ebbero finito di recitare il motto capitan Grembiule Azzurromise in moto la navicella e Grembiule Viola controllava chetutto andasse bene.Dopo un po' G.A. urlò: "Stiamo uscendo dall' atmosfera! !"; G.V . era molto eccitata perché non vedeva l'ora di andare avisitare un altro pianeta.Il viaggio stava andando bene quando ........

Beh, se volete sapere cosa succederà alle nostre eroine dovete aspettare il prossimonumero.

I nostri amici, dopo il vortice, atterrarono mala-mente su delle rocce; Jenny, seguita dai suoi amici,si precipitò da Popotus e gli chiese "Mi potresti di-re dove siamo finiti e che cosa dobbiamo fare ?"Popotus si rialzò e disse "Noi ci troviamo in Africa,al tempo dei Romani. In questo periodo alcuni stu-diosi sostengono che un uomo strano raggiunse que-sti luoghi e mostrò ad alcune persone certe macchi-ne modernissime capaci di: leggere nel pensiero,cambiare colore agli oggetti, guardare oltre le per-sone, far sentire suoni bassissimi, parlare 1.000 lin-gue, ecc. Si pensa inoltre che quell'uomo sia venutodalla nostra epoca o da una più moderna. Noi dob-biamo trovarlo e riportarlo da dove è venuto, primache faccia dei danni.

embra un lavoro

semplice, stare tutto

il giorno con dei bam-

bini, si insegnano tante co-

se belle, si hanno soddi-

sfazioni e tant’ altro. Ma

non è tutto rose e fiori,

ogni bimbo ha il suo carat-

tere, la sua personalità, i

suoi interessi e delle capa-

cità proprie. Proprio qui

entra in scena la figura ed

il ruolo della maestra, ri-

uscire, con 20/25 bambini,

a tirare fuori il meglio di lo-

ro in tutto, non solo nel-

l’apprendere ma anche nel

socializzare, nel renderli

parte integrante di una

nuova realtà “ IL GRUP-

PO”, cosa non semplice vi-

sto che oggi sono sempre

più i figli unici, abituati ad

avere tutto per loro senza

doverlo dividere con nes-

suno, e poi ma non per ul-

timo prepararli alla vita. Io

per esempio, devo ringra-

ziare le mie maestre per

tutto quello che mi hanno

insegnato, anche se forse

ho legato più con alcune e

meno con altre. Non so se

è dovuto al fatto che a me

i numeri sono sempre pia-

ciuti, sta di fatto che con la

mia maestra di matemati-

ca delle elementari, si è in-

staurato un rapporto molto

speciale, tanto che conti-

nua ancora oggi che fre-

quento le scuole medie.

Con il suo modo di fare è

riuscita a farmi apprezzare

tutto della matematica e

non solo. La sua infinita

dolcezza il suo essere

sempre e comunque pre-

sente, le attenzioni che ha

sempre usato con tutti noi

mi hanno sempre spronato

in maniera molto positiva.

Imparare “ SUL CAMPO”

vivendo ogni suo insegna-

mento (vedi ad esempio

quando ci insegnava le

unità di misura tutti ar-

mati di righelli, metro e bin-

della nei corridoi a speri-

mentare la nuova realtà) e

così per tutto il resto che

con tanta abnegazione ha

voluto insegnarci. Abbia-

mo imparato ad amare ol-

tre la matematica (materia

ostica, per alcuni) piccoli

lavori fatti con gesso, pa-

sta di sale, découpage che

sperimentava in prima per-

sona e poi ci spingeva a

conoscere con il suo inna-

to amore per il lavoro che

svolge, LA MAESTRA.

Non voglio assolutamente

negare l’impegno delle al-

tre insegnati ma con lei an-

che il rapporto umano, il

poter confidare paure, tri-

stezza e piccoli problemi,

facevano rigorosamente

parte dei compiti che si è

preposta di eseguire nel

suo cammino di educatri-

ce. Sì, effettivamente la

maestra forse dovrebbe

anche essere, visto che

accoglie i bimbi dall’età

prescolare fino alla pre-

adolescenza, oltre che in-

segnante a tutti gli effetti

anche un po’ psicologa,

una persona in grado di

ascoltare (magari storielle

e problemi che gli adulti

definiscono “stupidaggini”)

ed aiutare il bambino nel

cammino della crescita, in

un’unica parola dovrebbe

essere anche un po’ mam-

ma.

Io fortunatamente, anche

grazie ai suoi insegna-

menti e soprattutto ai suoi

consigli, oggi percorro il

mio cammino di crescita

molto serenamente. Il mio

carattere è modificato, ho

imparato ad accettare le

sfaccettature mie e degli

altri e vivo serenamente i

miei 12 anni in una scuola

sicuramente diversa, ma

dove ho trovato tutti inse-

gnanti come lei, oltre ad un

ambiente sereno ed amici

fantastici.

Grazie, Signora mae-

stra……avrà sempre un

posto speciale nel mio

cuore.

ra una calda sera estiva,di fronte alla finestra

aperta, il giovane sedevaesercitandosi al violino. Im-provvisamente nella stanzaentrò il padre, un uomo avaroe prepotente, che non sop-portava il suono del violino, eche dopo un litigio con il fi-glio spezzò, con la sua gran-de forza, lo strumento. Il ra-gazzo, spaventato, scappò nelbosco e accasciatosi ai piedidi un albero iniziò a piangeree poi a sera si addormentò.Quando al mattino si svegliò,davanti a lui c’era una fatache gli disse: - Io non possoridarti il tuo amato strumen-to, ma tieni questa gatta equesto passero, ti aiuteranno!- e intanto, magia, scompar-ve. Il giovane stupito dall’ac-caduto si guardò attorno e vi-de della focaccia e dell’acqua,e i due animali regalati dallafata. Aveva molta fame e se-te, così consumò in fretta ilpasto dandone un po’ allagatta e al passero.- Grazie - dissero la gatta e ilpassero; il giovane disse: -Voi parlate? - E certo scioc-chino che parliamo - disse lagatta. - E sappiamo fare tan-te altre cose - esclamò il pas-sero. - Siamo qui per aiutarti!

- replicò la gatta. - Ah si? Etu cosa sapresti fare? - do-mandò. - Io so tessere - ri-spose l’animale. - E io soscrivere poesie -. Il ragazzosorpreso ed incredulo li rin-graziò per la loro generositàe insieme si diressero nel re-gno vicino, dove il sovranodava in sposa sua figlia alprimo giovane che avesse su-perato le due prove stabilitedal Re. Il giovane si presentòa corte e disse al Re: - Mae-stà sono venuto per chiederela mano di vostra figlia. – Be-ne - rispose il Re. - Le dueprove sono queste: tu dovraitessere, per lei, il vestito piùbello di tutto il reame e do-vrai scrivere una bellissimapoesia che tocchi i miei senti-menti. – Subito - rispose ilgiovane.Durante la notte la gattinaconfezionò un vestito bellissi-mo e il passero scrisse unapoesia davvero commovente.Il mattino seguente, dopoaver constatato l’amore e lasensibilità usata nelle sueprove, decise di dare la figliain sposa al giovane. La serastessa il giovane, stringendole mani della sua amata, sa-lutò gli amici: -Arrivederciamici e grazie! -.

sservando le sfumature, i riflessi e le onde del mare inizio a sognareun sogno senza fine, circondato da un arcobaleno dai colori sgar-

gianti: la pace. Mi piacerebbe che in tutto il mondo gli uomini vivesseroin armonia, serenità ed amicizia in modo da realizzare qualcosa di concre-to perché insieme si può fare molto. Non capisco a cosa serva la guerra,forse a portare vittime e distruzione? Se è così credo sia inutile.Un altro mio sogno è che tutti i bambini coinvolti nella strage del Sud-Est asiatico possano ritrovare la propria famiglia e la felicità come ho io.Purtroppo so che per molti di loro non sarà così, ma io continuerò a spera-re e a coltivare il desiderio che tutti gli uomini un giorno riescano a grida-re al mondo una parola che indica un universo di significato : PACE, re-sterà sempre in me.

Cornelia

Storia di Marta e Claudia,Storia di Marta e Claudia,i n t r e p i d e s o g n a t r i c ii n t r e p i d e s o g n a t r i c i

Sofia Falchetto

Favola di:

Lisa Rita Magnaghi

5ª elementare

La Porta

Magica

quinta puntata

M A E S T R A , C H E FAT I C A !M A E S T R A , C H E FAT I C A !

Stefano Pugliese

S

L a p a c eL a p a c eOO

UU

DUE MAGICI AMICIDUE MAGICI AMICIMarta Poggio, 1° MEDIA

EE

Page 8: Il Mosaiko Kids 2-2005

8

n cane può essere molto di più diun simpatico giocattolo animato o

di una presenzascontata nella vitadella famiglia…l’intesa che è pos-sibile raggiungerecon questi animaliha dell’incredibileed è proprio comesbarcare su un al-tro pianeta. E’ perònecessario, per ap-prezzare a fondotutto quello chequesto rapporto cipuò dare, imparare“la loro lingua” …un po’ come anda-re in vacanza in unpaese straniero:potendo parlarecon le persone del posto scopriremmocerto un sacco di cose che non avrem-mo notato da semplici turisti.

er quanto riguarda il cane tuttoquello che è stato detto e scritto si

riconduce a una regola cardine unica:per quanto l’uomo abbia selezionato elavorato per ottenere tutta la miriade dirazze e incroci che oggi noi conoscia-mo, il lupo non è mai troppo lontano ela rigida gerarchia del branco dominatutte le azioni del nostro amico peloso.Poco importa che il cane sia l’unicoquattrozampe in famiglia, lui non faràaltro che proiettare sui membri della fa-miglia i ruoli propri del branco e rego-lare il suo comportamento di conse-guenza. Non parliamo poi delle situa-zioni in cui i cani sono più di uno, aquel punto diventa quasi affascinanteosservare la ricomparsa di tutte le leg-gi del gruppo… e diventa ancora piùimportante saperle riconoscere ed agi-re di conseguenza.Non voglio annoiarvi con lunghi e te-diosi trattati pseudoscientifici: questarubrica vuole essere solo un semplice“dizionario” del comportamento caninoper chiarire tante situazioni che a voltevengono male interpretate e contribui-scono a creare incomprensioni tra ilmondo dei cani e quello degli umani.

l primo argomento che vorrei trat-tare è uno dei punti fondamentali

per ogni animale da branco: il territo-

rio. Per il cane, come per il suo proge-nitore lupo, il territorio è la cosa più im-portante, il centro attorno al quale ruo-ta la sua esistenza… da lì vengono tut-te le cose buone: riparo per lanotte, cibo, sicurezza. Va quindidifeso con ogni mezzo. Non stu-pitevi quindi se quando vi ferma-te davanti ad un cancello doveabita un cane verrete accolti adabbai e ringhi anche se le vostreintenzioni sono buonissime: perlui siete solo un estraneo che siavvicina al suo territorio e po-trebbe voler impadronirsene. Nonindugiate cercando di fargli cam-biare idea, in assenza del suo“capobranco” che gli faccia capi-re che siete da classificare tra gliamici e non tra i nemici lui non lacambierà e anzi sembrerà infero-cirsi sempre di più. In questi casil’indifferenza è la miglior tattica,vedendovi passare senza prestarattenzione gli abbai cesserannoquasi subito e lui si limiterà a te-nervi d’occhio per assicurarsi cheeffettivamente non vogliate com-binar guai. I dispetti che spesso ho vistocombinare ad altri ed ai miei cani(dagli urli ai sassi tirati fino aglischizzi di schiuma colorata sotto

carnevale), probabil-mente perché indi-spettiti dal loro ab-baiare che non ces-sa, non fanno checomplicare la situa-zione. A questo pun-to il cane sarà sicuro

che non siete un amico e quindi ancheincontrandolo fuori da casa sua vi trat-terà con diffidenza se non addiritturacon ostilità e la colpa sarà solo ed uni-

camente vostra.Viceversa, se nonprovocato in nes-suna maniera, in-contrando lo stes-so cane che viaveva tanto inti-morito fuori dalsuo territorio sco-prirete un animalecomp le tamen tediverso: a quelpunto non si sen-tirà più in doveredi difendere la suacasa e potràemergere il suolato curioso e so-ciale e sarà benfelice di accettare

le vostre coccole … a patto però che le“presentazioni” vengano svolte nel giu-sto modo, ma di questo parleremo laprossima volta.

a cura di Paola Maggi

U I

Con questo numero del

Mosaiko inauguriamo

una nuova rubrica inte-

ramente dedicata ai ca-

ni. Apparentemente il

cane è l’animale che co-

nosciamo meglio, pre-

senza quasi immancabi-

le in ogni cortile e in

ogni giardino pubblico.

Davanti al cucciolo che

ci si infila tra i piedi, o al

pelosone che abbaia le-

gato alla catena, ci sem-

bra di poter comprende-

re e prevedere facilmen-

te ogni sua reazione e

ogni suo bisogno. Ma i

cani non sono tutti

uguali, il rapporto tra uo-

mo e cane è un rappor-

to antico e complesso, il

cane non ha mai sciolto

definitivamente i legami

con la propria natura

selvaggia, né potrà mai

farlo: gli istinti modellati-

si in milioni di anni di

evoluzione non si piega-

no a qualche millennio

di convivenza – magari

forzata – con una crea-

tura che si vanta della

propria intelligenza ma

spesso scatena istinti

ben più feroci e distrutti-

vi di quelli del cane.

Avvicinarsi ai cani, in-

somma, significa avven-

turarsi in un vero e pro-

prio pianeta, a volte ine-

splorato, a volte difficile

da esplorare, e noi ci fa-

remo accompagnare da

una guida un po’ specia-

le, ricca d’esperienza e

abituata a guadagnarsi

sul campo la fiducia e

l’affetto delle creature a

cui dedica gran parte

delle sue energie: Paola

Maggi, senza dubbio la

«migliore amica dei ca-

ni», la persona più adat-

ta a spiegarci che sotto

ai ciuffi di pelo che i

bambini adorano come

peluches - e spesso

trattano come tali - batte

un cuore generoso e

selvaggio.

P

per quanto l’uomo abbia selezionato e lavorato per otte-

nere tutta la miriade di razze e incroci che oggi noi co-

nosciamo, il lupo non è mai troppo lontano

Un rapporto antico, Un rapporto antico,

un pianeta un pianeta

da esplorareda esplorare

Mimma Franco