Il Mosaiko Kids 6-2005

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: [email protected] Anno 2 - n° 6 - giugno 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL) i i d d Il Mosai o K Il M osai o K s s pag.3 pagg. 4 - 5 pag.6 PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7 THE CORPORATION - il film Quando ogni cosa diventa merce di Giada Gatti TORNARE INDIETRO PER GUARDARE AVANTI Un pomeriggio con la Comunità “Le Patriarche” PIANETA CANE N.5 Paola Maggi risponde L’ORDINANZA SIRCHIA Anoressia - bulimia SPERARE DI SPARIRE di Silvia Pareti pag.8 Foto Narciso Bresciani Lottare contro le nostre dipendenze e i nostri errori... Oggi ho voglia di vivere ancora Difficile ma non impossibile con l’aiuto degli altri A ncora…mi chiedo di che cosa potrei dire ancora…ma- gari di una bella giornata, di una chiacchierata tra amici, della puntata del mio telefilm preferito, di una golosa fetta di torta. Ma di vivere, vivere anco- ra l’ho mai detto? Già, non ci si pensa, non mi è mai capitato di sentire “Di co- sa hai voglia?” “Di vivere ancora”. Sì perché noi gio- vani o cresciamo comples- sati, ripudiando tutto e tutti nella vita, o siamo ta- gliati fuori dai nostri simili o mettiamo l’esistenza in gioco con la nostra irre- sponsabilità. Insomma, ca- piamo qual è il valore del- la vita? C’è molto o un po’ di questo in tutti. Eppure vivere comprende tutto ciò che facciamo, tutto ciò che abbiamo. Ma a volte abbiamo una certa confu- sione in testa…chiamia- molo pure casino. Per un motivo o per l’altro certe volte non capiamo pro- prio dove stia il bene. Lo capiamo tardi, quando già stiamo pagando, quando la nostra coscienza è fin troppo lucida per non ac- corgersi che questa volta abbiamo proprio toppato. Ma dipende dall’errore. Finché si tratta di un vo- taccio, di una riga sul mo- torino, di uno strappo al coprifuoco… ma se si tratta invece di depressio- ne, isolamento, alcool, droga, fanatismo questo sì che è un bel casino. E via, verso un tunnel ben corazzato e impermeabile al 100% al- resto del mondo! Non si sentono ragioni, tutto è schifo…. ci siamo noi, sol- tanto noi! Noi sì che sia- mo forti, noi sì che siamo furbi!… Noi sì che siamo stupidi… troppo tardi, quando sbattiamo la faccia contro il fondo freddo e buio del nostro tunnel è tardi per tornare indietro. Ma non è tardi per ricomin- ciare. Questo dobbiamo capirlo e dobbiamo capire che c’è chi ci capisce. Che c’è qualcun altro oltre a noi, che c’è un’altra realtà oltre la nostra. Per quanto possa sembrare coinvol- gente, bello e sicuro il mondo che a volte ci creiamo, invece è falso ed è più ingiusto e triste di quello vero, perché ci ri- succhia nel nulla, ci rende simili a lui, ci fa diventare niente, inibisce la nostra personalità, si prende la nostra vita. Capirlo, uscir- ne non è facile, ma per ri- acquistare la nostra digni- tà danneggiata dalle false promesse delle dipenden- ze - qualunque esse siano- bisogna opporsi alla tenta- zione di nascondere chi siamo veramente, noi tra pregi e difetti, ma noi, libe- ri e salvi. E anche quando si è forti abbastanza da fuggire dal falso mondo, quella prigione invisibile, silenziosa, che si spaccia per nostra amica, bisogna continuare a stringere i denti, perché è difficile sopportare il peso dei no- stri errori e le conseguen- ze dipese da noi. Ma anco- ra una volta non siamo so- li. Parliamone. Diamo fidu- cia, liberiamo le nostre pa- role, ricostruiamo. Insom- ma, vogliamo tornare a sorridere? Vogliamo esse- re veramente felici? Diffici- le non è impossibile. Accet- tando il sostegno degli al- tri e cominciando a chie- dersi se si ha voglia di vi- vere ancora, sarà più faci- le. Tornare ad avere voglia di vivere è un diritto e un dovere di tutti, da cui non è giusto sottrarsi. Simona Lucarno I marinai del Patriarca In questo numero dedichiamo par- ticolare spazio ad un’esperienza che per la redazione de Il Mosaiko si è rivelata decisamente preziosa. Abbiamo avuto l’occasione di visi- tare la comunità di recupero per tossicodipendenti “Le Patriarche” di Cozzo Lomellina (PV), di cui ave- vamo spesso sentito parlare e che ci incuriosiva molto in quanto strut- tura pubblica supportata economi- camente dalla ASL tramite i SERT e in grado dunque di accogliere an- che chi non ha i mezzi economici per tentare la difficile strada del reinserimento sociale. Alle pagine 4 e 5 diamo un ampio resoconto, anche e soprattutto fo- tografico, del pomeriggio trascorso con i ragazzi della comunità. Non è stato facile, da entrambe le parti, rompere il ghiaccio, ma nella quie- te del giardino di un grazioso edifi- cio rosa, complice il sereno spirito di collaborazione che anima i ra- gazzi - ognuno assorbito dalla pro- pria attività di lavoro – qualcosa è successo: i loro problemi sono di- ventati anche un po’ nostri e la no- stra curiosità è diventata anche un po’ la loro. Ne è nato un dialogo amichevole che ha regalato a noi giovani e meno giovani, sempre co- munque intimiditi da chi ha rotto prepotentemente con i riti della convivenza sociale, un’immagine meno sfuocata e convenzionale del percorso che porta all’abuso di so- stanze stupefacenti. Tutto l’enor- me carico umano che si nasconde dietro ad un gesto drammatico co- me quello di avvelenarsi il sangue per rifiutare la vita di tutti i giorni, tutta la particolare e intensa sensi- bilità di chi non accetta un ordine che non ama, si può intuire e im- maginare solo ascoltando la voce di chi ha vissuto un dramma così par- ticolare. Ragazzi coraggiosi, che ora cercano di costruire sulla debo- lezza degli anni passati la forza di un modo nuovo e più consapevole di guardare alle piccole cose di tut- ti i giorni. Soddisfatti della loro vi- ta in comunità, contenti di essere seguiti da personale preparato e al- l’altezza del compito – e bastereb- be guardare Simonetta, la psicolo- ga che li segue, per capire con quanta passione si possa dedicare la propria vita agli altri - e motiva- ti a trovare la giusta chiave di let- tura dei propri errori, più che con- valescenti di una malattia dell’ani- mo parevano un gruppo di marinai affiatati in cerca di acque migliori. E allora abbiamo capito che siamo tutti sulla stessa barca. Mimma Franco Pensano a noi in ogni istante, ci seguono di nascosto, ci contemplano quando dormiamo Angeli diet ro le quinte P ensiamo sempre a chi ci piace, che di so- lito non sa neanche se esistiamo, lo ve- diamo passare e ci sentiamo svenire, se di proposito o per sbaglio ci rivolge la parola il cuore sale in gola e rischia di soffocarci, la mente si annebbia e l’effetto dell’avveni- mento dura per settimane. Pensiamo spesso o a volte al nostro ragazzo, se ce l’abbiamo. Ogni tanto alle amiche, sorridendo a quelle vivaci e simpatiche, con sufficienza alle noio- se un po’ rompiscatole, con rancore a quelle invidiose, pronte a danneggiarci, false, sub- dole, insomma a quelle più nemiche che ami- che per la verità. Raramente pensiamo alle persone di sottofondo, quelle che magari pas- sano ogni giorno cinque ore nella nostra clas- se ma che ignoriamo. Pensiamo ai soggetti un po’emarginati nelle “giornate no”, per sentir- ci fortunati e importanti confronto a loro; non lo ammetteremmo mai ma lo facciamo. Però non pensiamo mai alle persone che vivono per noi e grazie alle quali viviamo. A quelle per- sone che pensano a noi in ogni istante, che ci seguono di nascosto, che, ancorate all’uscio della porta, in silenzio, ci contemplano quan- do dormiamo, che si nutrono del nostro respi- ro come se fosse la melodia più preziosa. Quelle persone che, ogni giorno, guardandoci negli occhi assistono a tutto quello che ci è successo, sentono le lacrime che riusciamo a trattenere, l’insicurezza che mascheriamo, la gioia che davanti a loro cerchiamo di atte- nuare. La loro preoccupazione, la loro ango- scia, il loro disperato tentativo di proteggerci, le loro preghiere, il loro affaccendarsi frene- tico, tutto passa inosservato ai nostri occhi. Queste persone sono i nostri genitori, le no- stre madri. Quante volte ci lamentiamo di lo- ro, ci sembra che non capiscano, che ci op- primano, che siano severe, ma se entrate in casa senza far rumore, con le scarpe in mano forse le trovate intente a fare qualcosa per voi, se aprite un occhio di notte magari sono all’uscio della porta, se guardate nei loro por- tafogli di sicuro c’è la vostra foto e se riusci- ste ad ascoltare le loro preghiere sottili, insi- stenti, concitate, sono certa che sentireste pronunciare sempre e solo il vostro nome. Marta Lamanuzzi Keren (Eritrea) - foto Fiorenza Corradini

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Il periodico dell'Associazione Il Mosaiko Kids

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendoloal seguente indirizzo:Favolarevia Editore, via C. Alberto 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018e-mail: ilmosaiko @tiscali.it

Anno 2 - n° 6 - giugno 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)

ii ddIl Mosai oKIl Mosai oK ss

pag.3

pagg.4 - 5

pag.6

PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7

THE CORPORATION - il filmQuando ogni cosa diventa mercedi Giada Gatti

TORNARE INDIETRO PER GUARDARE AVANTIUn pomeriggio con la Comunità“Le Patriarche”

PIANETA CANE N.5Paola Maggi risponde L’ORDINANZA SIRCHIA

Anoressia - bulimiaSPERARE DI SPARIREdi Silvia Pareti

pag.8

Foto Narciso Bresciani

L o t t a r e c o n t r o l e n o s t r e d i p e n d e n z e e i n o s t r i e r r o r i . . .

Oggi ho voglia di vivere ancoraD i f f i c i l e m a n o n i m p o s s i b i l e c o n l ’ a i u t o d e g l i a l t r i

Ancora…mi chiedodi che cosa potreidire ancora…ma-

gari di una bella giornata,di una chiacchierata traamici, della puntata delmio telefilm preferito, diuna golosa fetta di torta.Ma di vivere, vivere anco-ra l’ho mai detto? Già, nonci si pensa, non mi è maicapitato di sentire “Di co-sa hai voglia?” “Di vivereancora”. Sì perché noi gio-vani o cresciamo comples-sati, ripudiando tutto etutti nella vita, o siamo ta-gliati fuori dai nostri similio mettiamo l’esistenza ingioco con la nostra irre-sponsabilità. Insomma, ca-piamo qual è il valore del-la vita? C’è molto o un po’di questo in tutti. Eppurevivere comprende tuttociò che facciamo, tutto ciòche abbiamo. Ma a volteabbiamo una certa confu-sione in testa…chiamia-molo pure casino. Per unmotivo o per l’altro certevolte non capiamo pro-prio dove stia il bene. Locapiamo tardi, quando giàstiamo pagando, quando lanostra coscienza è fintroppo lucida per non ac-

corgersi che questa voltaabbiamo proprio toppato.Ma dipende dall’errore.Finché si tratta di un vo-taccio, di una riga sul mo-torino, di uno strappo alcoprifuoco… ma se sitratta invece di depressio-ne, isolamento, alcool, droga,fanatismo questo sì che èun bel casino. E via, versoun tunnel ben corazzato eimpermeabile al 100% al-resto del mondo! Non sisentono ragioni, tutto èschifo…. ci siamo noi, sol-tanto noi! Noi sì che sia-mo forti, noi sì che siamofurbi!… Noi sì che siamostupidi… troppo tardi,quando sbattiamo la facciacontro il fondo freddo ebuio del nostro tunnel ètardi per tornare indietro.Ma non è tardi per ricomin-ciare. Questo dobbiamocapirlo e dobbiamo capireche c’è chi ci capisce. Chec’è qualcun altro oltre anoi, che c’è un’altra realtàoltre la nostra. Per quantopossa sembrare coinvol-gente, bello e sicuro ilmondo che a volte cicreiamo, invece è falso edè più ingiusto e triste diquello vero, perché ci ri-succhia nel nulla, ci rendesimili a lui, ci fa diventare

niente, inibisce la nostrapersonalità, si prende lanostra vita. Capirlo, uscir-ne non è facile, ma per ri-acquistare la nostra digni-tà danneggiata dalle falsepromesse delle dipenden-ze - qualunque esse siano-bisogna opporsi alla tenta-zione di nascondere chisiamo veramente, noi trapregi e difetti, ma noi, libe-ri e salvi. E anche quandosi è forti abbastanza dafuggire dal falso mondo,quella prigione invisibile,silenziosa, che si spacciaper nostra amica, bisognacontinuare a stringere identi, perché è difficilesopportare il peso dei no-stri errori e le conseguen-ze dipese da noi. Ma anco-ra una volta non siamo so-li. Parliamone. Diamo fidu-cia, liberiamo le nostre pa-role, ricostruiamo. Insom-ma, vogliamo tornare asorridere? Vogliamo esse-re veramente felici? Diffici-le non è impossibile. Accet-tando il sostegno degli al-tri e cominciando a chie-dersi se si ha voglia di vi-vere ancora, sarà più faci-le. Tornare ad avere vogliadi vivere è un diritto e undovere di tutti, da cui nonè giusto sottrarsi.

Simona Lucarno

I marinai del PatriarcaIn questo numero dedichiamo par-ticolare spazio ad un’esperienzache per la redazione de Il Mosaikosi è rivelata decisamente preziosa.Abbiamo avuto l’occasione di visi-tare la comunità di recupero pertossicodipendenti “Le Patriarche”di Cozzo Lomellina (PV), di cui ave-vamo spesso sentito parlare e checi incuriosiva molto in quanto strut-tura pubblica supportata economi-camente dalla ASL tramite i SERT ein grado dunque di accogliere an-che chi non ha i mezzi economiciper tentare la difficile strada delreinserimento sociale.Alle pagine 4 e 5 diamo un ampioresoconto, anche e soprattutto fo-tografico, del pomeriggio trascorsocon i ragazzi della comunità. Non èstato facile, da entrambe le parti,rompere il ghiaccio, ma nella quie-te del giardino di un grazioso edifi-cio rosa, complice il sereno spiritodi collaborazione che anima i ra-gazzi - ognuno assorbito dalla pro-pria attività di lavoro – qualcosa èsuccesso: i loro problemi sono di-ventati anche un po’ nostri e la no-stra curiosità è diventata anche unpo’ la loro. Ne è nato un dialogoamichevole che ha regalato a noigiovani e meno giovani, sempre co-munque intimiditi da chi ha rottoprepotentemente con i riti dellaconvivenza sociale, un’immaginemeno sfuocata e convenzionale delpercorso che porta all’abuso di so-stanze stupefacenti. Tutto l’enor-me carico umano che si nascondedietro ad un gesto drammatico co-me quello di avvelenarsi il sangueper rifiutare la vita di tutti i giorni,tutta la particolare e intensa sensi-bilità di chi non accetta un ordineche non ama, si può intuire e im-maginare solo ascoltando la voce dichi ha vissuto un dramma così par-ticolare. Ragazzi coraggiosi, cheora cercano di costruire sulla debo-lezza degli anni passati la forza diun modo nuovo e più consapevoledi guardare alle piccole cose di tut-ti i giorni. Soddisfatti della loro vi-ta in comunità, contenti di essereseguiti da personale preparato e al-l’altezza del compito – e bastereb-be guardare Simonetta, la psicolo-ga che li segue, per capire conquanta passione si possa dedicarela propria vita agli altri - e motiva-ti a trovare la giusta chiave di let-tura dei propri errori, più che con-valescenti di una malattia dell’ani-mo parevano un gruppo di marinaiaffiatati in cerca di acque migliori.E allora abbiamo capito che siamotutti sulla stessa barca.

Mimma Franco

Pensano a noi in ogni istante, ci seguono di nascosto, ci contemplano quando dormiamo

Angeli dietro le quintePensiamo sempre a chi ci piace, che di so-

lito non sa neanche se esistiamo, lo ve-diamo passare e ci sentiamo svenire, se

di proposito o per sbaglio ci rivolge la parolail cuore sale in gola e rischia di soffocarci, lamente si annebbia e l’effetto dell’avveni-mento dura per settimane. Pensiamo spesso oa volte al nostro ragazzo, se ce l’abbiamo.Ogni tanto alle amiche, sorridendo a quellevivaci e simpatiche, con sufficienza alle noio-se un po’ rompiscatole, con rancore a quelleinvidiose, pronte a danneggiarci, false, sub-dole, insomma a quelle più nemiche che ami-che per la verità. Raramente pensiamo allepersone di sottofondo, quelle che magari pas-sano ogni giorno cinque ore nella nostra clas-se ma che ignoriamo. Pensiamo ai soggetti unpo’emarginati nelle “giornate no”, per sentir-ci fortunati e importanti confronto a loro; nonlo ammetteremmo mai ma lo facciamo. Perònon pensiamo mai alle persone che vivono pernoi e grazie alle quali viviamo. A quelle per-sone che pensano a noi in ogni istante, che ciseguono di nascosto, che, ancorate all’uscio

della porta, in silenzio, ci contemplano quan-do dormiamo, che si nutrono del nostro respi-ro come se fosse la melodia più preziosa.Quelle persone che, ogni giorno, guardandocinegli occhi assistono a tutto quello che ci èsuccesso, sentono le lacrime che riusciamo atrattenere, l’insicurezza che mascheriamo, lagioia che davanti a loro cerchiamo di atte-nuare. La loro preoccupazione, la loro ango-scia, il loro disperato tentativo di proteggerci,le loro preghiere, il loro affaccendarsi frene-tico, tutto passa inosservato ai nostri occhi.Queste persone sono i nostri genitori, le no-stre madri. Quante volte ci lamentiamo di lo-ro, ci sembra che non capiscano, che ci op-primano, che siano severe, ma se entrate incasa senza far rumore, con le scarpe in manoforse le trovate intente a fare qualcosa pervoi, se aprite un occhio di notte magari sonoall’uscio della porta, se guardate nei loro por-tafogli di sicuro c’è la vostra foto e se riusci-ste ad ascoltare le loro preghiere sottili, insi-stenti, concitate, sono certa che sentirestepronunciare sempre e solo il vostro nome.

Marta Lamanuzzi

Keren (Eritrea) - foto Fiorenza Corradini

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PPostaostaIn risallapro

DDavide, quando scrivevo questa lettera pensavo di domandarti cosa ne pensa-vi sulla pluralità dell’ essere paragonato all’inconscio di Froid e al non – es-sere di Kant, ma poi ho pensato: perché scomodarti con domande così bana-

li? Allora volevo chiederti, anzi supplicarti, scongiurarti di dirmi cosa posso fare perlasciare la mia ragazza che – rimanga tra noi- è un po’ un patema.

Anonimo

Al mio caro Anonimo:nella tua lettera ci sono… come dire… degli svarioni colossali.Tanto per cominciare, si scrive Freud e non Froid, ke fa molten tetesko ma anke moltosbagliaaten.Poi la pluralità dell’essere e l’inconscio non hanno nulla a che vedere, ma ti risparmio laspiegazione perché altrimenti la rubrica non la legge più nessuno. Terzo, la firma. Sem-bra una piccolezza ma fa molto piacere riceverla. Piuttosto un soprannome, non una fir-ma falsa perché se ti metti a farla anche negli assegni finisci nelle grane. Poi, tantoper finire, le lettere cominciano sempre con caro X, oppure mio caro Y o, per una per-sona più importante, Egregio Z. Chi ti ha insegnato la sintassi, topo Gigio?Con la speranza di averti illuminato sulla nostra meravigliosa lingua, Ti porgo cordialis-simi saluti.P.S. Comunque, il problema di lasciare una ragazza è secondario, perché con tutta la fa-tica che si fa a trovarne una, il consiglio che dò a tutti questo mese è di tenerselastretta.

[email protected]

di D

avid

e Va

rni

Pikkol iss imiPikkol iss imi

p o e t i i n e r b a

La conchiglia sola

Ti circonda un oceano di sabbia,

sei come un essere smarrito nel deserto

che cerca inutilmente un sorso d’acqua.

Forza, il mare ti aspetta!

Cecilia Battaiola, 5ª A

Scuola Elementare “Bandello”

Castelnuovo Scrivia

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Noi tutti, osservando il cielo, possiamo ammirare lenuvole, principali protagoniste della nostra fantasia.In un attimo, grazie a loro, l’immenso azzurro diventa

teatro di magia, di paura e… di tutto ciò a cui la nostraimmaginazione può dare vita.Ecco che d’un tratto una grigia nube si muta in unagigantesca aquila che dispiega le sue ampie ali sul mondo eche è pronta a lanciarsi in picchiata verso un indifesoleprottino appena nato da una candida nuvoletta. E poiancora, due uomini che parlano, un pericolosissimo dragosputafuoco agli ordini di un malvagio cavaliere, la bellaprincipessa prigioniera della perfida strega…Dunque tutti personaggi tratti da storie e fiabe che noivediamo come flash nel cielo, ma che al primo colpo di ventosi trasformano inesorabilmente e non ritorneranno mai comeerano prima perché non esiste una nuvola uguale ad un’altra.Molti, però, nelle nuvole vedono solo stracci di dolcezucchero filato, altri ancora pensano che siano il mezzo ditrasporto dei loro angeli custodi. Insomma, ciascuno di noi interpreta le nuvole liberamente edè importante che sia così perché quando guardiamo ladistesa azzurra del cielo dobbiamo liberare la nostra mentefino a diventare così leggeri da poter spiccare il volo eritrovarci in quello che è la nostra fantasia.

CORNELIA

La Castelnovese, società sportiva, raggruppa molte categorie alle quali possono partecipareragazzi di tutte le età. Noi facciamo parte degli ‘ESORDIENTI’, ragazzi del 1993-1994; sia-mo un gruppo affiatato e unito, allenati dal sig. Giampiero Catto coadiuvato da Alessandro

Bassi. Gli allenamenti settimanali, si svolgono generalmente il martedì e il venerdì, dalle 17:30 al-le 19:10, nel campo Beppe Spinola.

L’allenamento inizia con una corsa intorno al campo e prosegue con lo stretching , conduzionedel pallone, lavoro a coppie, tiri, infine veniamo divisi in 2 squadre e inizia la partitella, da noi tan-to attesa.Al sabato ci sono le partite, a volte in trasferta e a volte in casa. Negli spogliatoi, prima della tan-to attesa partita, siamo sempre concentrati e attenti alle indicazioni che il mister ci fornisce. En-trando in campo e calpestando il manto erboso, l’emozione ci assale: la voglia di vincere ci fa ti-rar fuori tutta la grinta e la determinazione di cui siamo capaci.Siamo in campo, sotto le pressioni del nostro mister e dei nostri genitori che ci incitano dallatribuna. Il momento più esaltante è la vittoria finale. Siamo contenti per noi, per il nostro allenatore checi segue con tanta pazienza e per i nostri genitori, accaniti tifosi, che ci incoraggiano sempre. E quando perdiamo? Pazienza, sarà uno stimolo in più per far bene la prossima volta.

s p o r t k i d ss p o r t k i d s

G l i e s o r d i e n t iDaniele Accatino

Victoria Ferrari

L e n u v o l e

foto Bruno De Faveri

Page 3: Il Mosaiko Kids 6-2005

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Se è vero che questo nostrogiornale si occupa di giovani,allora è il momento di parla-

re di un grande problema che citocca da vicino. C’entra un po’con le dipendenze e la mancanzadi senso del limite, c’entra con lavoglia di uniformarsi, di seguirele mode, ha a che fare con lapaura, il chiudersi in se stessi, vadi pari passo con il già accennatodiscorso delle diete e la sempreattuale ricerca della felicità. Ma

si spinge ben oltre. Oltre i nume-ri e le taglie, oltre la prova co-stume, così oltre da condurrenon di rado oltre la vita. Sto parlando di ANORESSIA e BU-LIMIA, le due facce di una stessamedaglia, coniata col disagio esi-stenziale e l’inadeguatezza, dal-le mille sfaccettature, come soloi virus più potenti sanno fare,mascherandosi di volta in volta,per non farsi riconoscere allaporta dell’animo umano. L’adolescenza è il loro maggioreterreno di coltura, il campo dibattaglia dove ogni bambino perla prima volta si ritrova solo escopre di non conoscersi poi tan-to, il cerchio di fuoco attraversocui si diventa adulti, rischiandotutto. Ma il male poliedrico nonabbraccia solo l’età più tenera,può colpire anche in altri mo-menti della vita, ogni qual voltaci si ritrova deboli, in crisi, ogniqual volta di fronte alle difficol-tà ci si ritrova soli. Le sue pro-paggini spesso durano anni e sonoin grado di rovinare l’esistenza.Perché parlarne? Semplice, per-ché non lo si fa abbastanza. Chia-ra non sapeva neppure cosa fossefinché un giorno ha realizzato

che l’anoressia era quella cosache le stava capitando, un giocopericoloso dove fino ad alloraaveva creduto essere lei a detta-re le regole, ma che la trascina-va con sé senza possibilità di ar-restare il processo una volta in-nescato. Tutti ne abbiamo senti-to parlare, ma chi non conosceda vicino, non sa, tende a sotto-valutare il problema, a riderneanche, come di un capriccio o diuna fissazione un po’ snob. Eppu-

re tantissimi di noi ci vanno vici-no, i modelli che la società cipropone ci spingono sempre piùsull’orlo del baratro d’oscurità incui ogni tentativo per risalire èun traguardo da costruire in lottacon se stessi. Difficile combatte-re un nemico che ha il tuo voltoe le tue sembianze, che ti coltividentro e ha potere su una partedei tuoi pensieri. Finché non nesenti parlare pensi che il proble-ma sia qualcosa che capita aglialtri, che non ti riguarda, perchéquando decidi, senza controllomedico, di iniziare una dieta tusai quando fermarti. Lo pensavaanche Chiara e tutti quelli checome lei in fondo al baratro, seriescono, riprovano a salire, ed èun cammino lentissimo e doloro-so. Non è facile rendersi conto diquanti sono, e confondendo l’a-noressia con la magrezza si pen-sa sia un problema marginale, mamarginale non è. Ho cercato di capirlo insieme aquesta ragazza di 21 anni, cheama i colori, la natura e la vita,per potervelo raccontare. Attra-verso le sue parole ho fatto unviaggio che ha più le sembianzedi un incubo, in una realtà paral-

lela e distorta. Sa tutto, parla,spiega, descrive meccanismi esensazioni, sembra più la disqui-sizione di uno specialista che unatestimonianza di una persona chesa quanto sarebbe bello, non uncorpo perfetto, semplicementeun corpo di cui essere padronisenza che le paure trasformino ilcibo in un amante odiato, un per-secutore che ci si crea da soli perscherzo macabro della mente.Chiara è tra le poche fortunate

ad aver vinto l’anoressia, tra lepoche che riescono, toccato ilfondo, a non lasciarsi sparire deltutto, a non oltrepassare la so-glia di non ritorno. Il 15% delleragazze anoressiche, e la percen-tuale parla da sola, muore. Nel1988 i casi di anoressia sono sta-ti 55.000, 70.000 quelli di buli-mia, ma i dati attuali sono spa-ventosamente aumentati. Gli ul-timi parlano dello 0.5% dei giova-ni colpito da anoressia, di questiil 90% sono ragazze, ma il proble-ma presso i maschi si sta diffon-dendo ed è in crescita. Chiara hasì vinto l’anoressia, ma non èguarita. I problemi che le confon-dono i pensieri dove è, e sempresarà, sola, sono ancora in buonaparte da affrontare e si manife-stano ora nella bulimia. Chiaranon ha avuto l’aiuto giusto al mo-mento giusto, il suo è stato finoad ora un cammino solitario, piùdifficile ancora perché il primopasso per venirne fuori è proprioquello di accettare una manoesterna. Fra un mese circa entre-rà in un centro per la cura deidisturbi dell’alimentazione nelquale sta riponendo tutte le suesperanze di tornare a una vitapiena, equilibrata e felice, e for-se finalmente non sarà sola acombattere per la vita.

Ciao Chiara, grazie di avere ac-cettato di raccontare la tua sto-ria. Come si diventa anoressici?Non bisogna creare allarmismi,tutti attraversano una fase ano-ressica nell’adolescenza, non tipiaci e vorresti dimagrire, è nor-male, se è un periodo. Senzascendere sotto un tot, non trop-po in fretta, non più di un chilo asettimana.Basta poco, anche solo il fissarsisu una dieta quando non serve,cercare la felicità in 2 kg in me-no, poi quando li hai persi ti ac-corgi che non sei felice e ne toglialtri. Inizi a togliere i grassi, poii dolci, poi i carboidrati. Ma ci so-no anche i fattori psicologici, la

quindicenne che ero aveva dovu-to affrontare il divorzio dei mieigenitori, il trasloco e altri pro-blemi. Cerchi te stesso rifiutandotutto il resto, non nel contattocon gli altri. La tua voce profon-da non ha voce in capitolo inquesti periodi.Sapevi che stavi cadendo nel-l’anoressia?No, a posteriori te ne accorgi,nel mentre no, non ne avevo sen-tito molto parlare, non era suc-cesso a nessuna delle mie ami-che, pensi sempre che non arri-verai fino a quel punto. Ma quan-do scatta quel qualcosa nella te-sta, pensi solo a diventare “per-fetto”, non pelle e ossa, tu guar-di la bilancia, non lo specchio,ma il numero. Dimagrire diventafine a se stesso, una sfida, unaprova di forza, la spia di quantosei forte contro il mondo, è un ri-fiuto dell’essere umano, non vuoiessere umano, c’è un’idea di spi-ritualità, rifiuto della materia,dell’essere umano materiale li-mitato, una volontà di purifica-zione. Ha un grande senso il po-tere nell’anoressia, tu hai il con-trollo, tieni a bada tutto, soprat-tutto gli istinti, è un potere re-pressivo, senti di essere potente enon vuoi il confronto con gli altri.Cosa vuol dire lottare ogni gior-no contro la parte di se stessiche non si controlla?La paura della paura è la cosapeggiore. Sarebbe più facile ave-re a che fare con qualcosa diesterno, nell’anoressia sei coaliz-zato con la mente, escludi lesensazioni del corpo, è un annul-lare le sensazioni, non volerlesentire. In una fase intermedia sicerca aiuto, ma è tutto disordi-nato, alterato, confuso, come in

una battaglia contro uno spau-racchio che non si vede bene, in-definito, sai che ti fa del malema non sai come non farlo. Che cos’è la “soglia”? La soglia? Mia mamma me neaveva parlato, è un punto di nonritorno, oltre il quale non bastapiù la volontà a farti risalire per-ché il corpo non è più recupera-bile, sta tra i 28 e i 30 chili, di-pende da come sei. Io ero arriva-ta ai 29, già ai 30 avevo deciso diriprendermi, poi scesa ai 29 perun giorno o due ho avuto deglistrani giramenti, non mi sentivopiù nella realtà, come se fossiimmersa in un’atmosfera morbi-da, come se fosse aria, una di-mensione al di fuori della realtà,ma avevo un sorta di consapevo-lezza, sapevo che non potevocontinuare così e rimanere in vi-ta. Non sono più scesa, è statocome uno scatto interiore.E poi come è stata la risalita?Io avevo scelto di vivere, ma non

avevo più nulla, nemmeno la miasfida, il castello distrutto lo eraancora, avevo scelto la vita, manon sapevo come viverla, non co-noscevo la strada per raggiungerla.Per venirne fuori cerchi di fidartidelle persone, dare fiducia aqualcuno, prendere coscienzaogni volta di un pezzo in più, unpezzo nuovo di te stesso. Pensialle cose belle, a com’eri.L’anoressica come vive la suafemminilità?Rifiutando il corpo rifiuta anchela femminilità, tiene a frenol’impulso sessuale, ha un rappor-to conflittuale con la madre chesi innesta però su una relazioneforte, ed entra in amenorrea an-cor prima di perdere molto peso.L’anoressia porta a vistosi cam-biamenti fisici, oltre al peso nel-la maggior parte dei casi c’è unaforte perdita di capelli, l’aumen-to della peluria sul volto, e unastanchezza sempre maggiore.Nonostante questo l’anoressica èiperattiva, ha manie di perfezio-nismo, è brava a scuola, e siprende cura degli altri, ad esem-pio cucinando per il resto dellafamiglia. Cosa diresti alle nostre lettriciche magari stanno iniziando iltuo percorso, perché ciò nonaccada?Purtroppo per uscire devi faretutti i passaggi, è come una mol-la, non puoi passare dal primostadio all’ultimo, l’anoressicocapirà solo quello che ha bisognodi percepire per continuare aprogredire o meglio avanzarenella malattia.Ma è importante però ripeterepiù volte l’àncora, chi le sta in-torno deve continuare ad offrireil suo aiuto e quello medico e

quando lei è pronta allora dirà disì, le imposizioni non so se fun-zionano.Che cosa non ha funzionato nel-la tua risalita? Perché, uscitadall’anoressia, come succede amolte ragazze sei diventata bu-limica?Il supporto dietologico quandovuoi riprenderti è importante. Io

mi sono buttata sui dolci, facevodi quei miscugli strani. Improvvi-samente ritrovi la vita nel man-giare, la vita e l’amore ti vengo-no dal cibo, è veramente un in-namoramento del cibo, è un’e-stasi, è il massimo che possa es-serci, non ti frega più niente diniente. Poi non ti fermi, diventafine a se stesso, e iniziano i sen-si di colpa, lo fai per paura, nonpuoi odiare il cibo perché questoscatena la paura di ricadere nel-l’anoressia e quindi mangi, e lofai sia come strumento di piace-re per provare i gusti, sia di tor-tura perché stai male, ingrassi enon ti piaci e allo stesso tempo tiisola, ti difende dalla vita e ti im-pedisce di vivere. Confondo lastanchezza con la fame, il sonnocon la fame, la sete con la fame.Quando mi abbuffo, una parte dime è un animale senza controlloche si butta sul cibo. Abbuffarsi ècome un istinto primordiale perla sopravvivenza, come se il cor-po volesse recuperare tutto quel-lo di cui in passato si è privato, ecrea assuefazione, più mangiopiù mi viene fame. In parte an-che perché le ditte che produco-no merendine biscotti e dolciu-mi, aumentano in maniera gra-tuita i grassi per creare dipen-denza.Che consiglio daresti alle tantee ai tanti giovani che un po’ pergioco e un po’ per moda inizia-no una delle fantasiosissimediete da giornaletto o passapa-rola?Se vuoi perdere peso, vai daqualche specialista, non farlo na-scondendolo, se poi ti dice chenon ne hai bisogno, accetta ilfatto che vai bene così.Come si potrebbe fare preven-zione?Dovrebbero fare informazionesulle diete, sul perché sono dan-nose per l’organismo, sul fattoche è pericoloso perdere tot chi-li in tot tempo e ti servono certequantità di cibo per ogni tipoperché sono necessarie. E smet-tere di mettere delle anoressichecome modelle, insomma dovrem-mo cambiare la mentalità di basedella società dove ci sono sempredei modelli, che non sei tu, daraggiungere, e non ti dicono maiche vai bene.Un’ultima cosa che vorresti direai nostri lettori/lettrici.Vivere qualunque cosa ti capitarimanendo nel momento in cui siè, e come si è, è molto più appa-gante. Seguire i sogni di quandosi era bambini, seguire il cuoresenza guardare l’obiettivo maanche il percorso, partecipare algioco senza per forza vincere.Anche questo fa parte della vita,i momenti bui bisogna saperli vi-vere come un dono della vita chenel complesso è stupenda. Biso-gna imparare che si è importanti,unici, e magri, grassi, belli obrutti, senza di te il mondoavrebbe un mattoncino in meno.Tu in quanto tu arricchisci il mon-do, se fossi uguale a un altro nondaresti niente di nuovo.

I n t e r v i s t a a C h i a r a , i n g h i o t t i t a d a u n g i o c o p e r i c o l o s o

S p e r a r e d i s p a r i r eA n o r e s s i a e b u l i m i a , m a l a t t i e a l l o s p e c c h i o

Per chi fosse interessato al problema, si riconoscesse nellamalattia o volesse un consiglio per aiutare qualcuno con lastessa patologia, questo è l’indirizzo del centro di Alessan-dria per la cura dei disturbi alimentari:

AIDAP Unità Operativa LocaleASSOCIAZIONE ITALIANA DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE EDEL PESODr. Mauro Cappelletti Aidap Alessandria - Via Legnano 27, 15100 Alessandria tel. 0131 264669 fax 0131 264669 E-mail: [email protected]

Su internet potete trovare ulteriori informazioni.

Silvia Pareti Disegni di Carlotta Ruotolo

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II solito sole e il solito cielo che a inizio giugno vengono atenerci compagnia; una grande casa rosa, giardini, fontane,come quelli del parco del solito albergo a tre stelle o della

solita scuola privata; le solite zanzare insistenti e indisponenti;ragazzi e ragazze come noi, uomini e donne come i nostri ge-nitori. Abbiamo parlato con loro. Noi eravamo gli ospiti, all’ini-zio titubanti, un po’ spaesati, forse timorosi. Loro erano i pa-droni di casa, più sicuri, aperti, a volte scherzavano. Ci siamopresentati e loro in cambio ci hanno raccontato le loro storie.

Occhi vivi, o malinconici, o sfuggenti, o profondi, e voci soffuse, o decise, o con-citate ci hanno lentamente scoperto le ferite delle loro vite. Vite come tantealtre, segnate da errori e debolezze. I soliti errori in cui tutti noi rischiamo dicadere, le solite debolezze che ognuno nasconde, di più o di meno, meglio opeggio, dentro di sé. Temevo che mi avrebbero turbata e spaventata, invecequello che mi hanno trasmesso è un estremo senso di umanità. Temevo di sen-tirli estranei e scostanti, invece ai loro racconti ho provato la loro nostalgia eamarezza, sono stata incoraggiata dalla loro forza e ho ammirato la loro consapevolezza e la loro rico-noscenza nei confronti del servizio sociale che li sta aiutando. Alcuni per la solita leggerezza e spen-sieratezza giovanile, altri per problemi sociali o economici, altri ancora per il solito maledetto dolore,o per il cieco bisogno di dimenticare, di reagire, di trovare un sostegno, sono entrati in un labirintooscuro, ma ora con la solidarietà, il coraggio e la speranza che possono nascere in tutti gli esseri uma-ni, ne stanno cercando la via d’uscita.

E’una frase repentina, un colpo alle certezze di una vita fatta soprattut-to di luoghi comuni. Chi è e come si comporta la persona che noichiamiamo con crudele superficialità “drogato”, ignorando completa-

mente l’intero universo che si nasconde dietro la scelta tragica di fuggire dal-la realtà? I “riabilitati”, detto con un freddo termine medico, ci parlano con sconcertan-te lucidità delle loro esperienze presenti e passate. Cade il primo muro. Pie-namente consapevoli dei loro errori e dei loro sbagli – moltissimi, non c’èdubbio, e prolungati - ma allo stesso tempo desiderosi di cambiare e di tor-nare nella società. Crolla la seconda parete. Vogliono abbandonare quel postoisolato dove si sono ritagliati un’esistenza serena per tornare nella pur incivi-le società, chi per rivedere i suoi cari, chi per riabbracciare i figli. Non sannose verranno ancora accettati ovunque andranno, ma continuano. La terza bar-riera si sbriciola.“I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa”, ha detto qualcuno:un’amara verità che ben conosce chi con le proprie mani si è fatto male pervent’anni. Una verità che, come sempre, può contenere il suo esatto opposto:“Le più grandi gioie sono quelle di cui noi stessi siamo la causa”, e questa forse èla sfida dei ragazzi coraggiosi che abbiamo incontrato.

Si può guardare una libellula in due modi fondamentalmente opposti: perdersi nella perfezione del suo volo oppure registra-re la crudeltà selvaggia con cui stacca la testa dell’avversario. Ognuno di noi è stato capace di amare il volo delle rondini sen-za pensare che le acrobazie aeree straziano moscerini e farfalle. Si può guardare al mondo in due modi fondamentalmente

opposti: adorarne la perfezione delle forme oppure assorbirne la crudeltà dei meccanismi. Si può non uscire da questa contrad-dizione, non arrendersi alla volgarità dei rapporti di forza e non arrendersi al tramonto del sole che illuminava i nostri pomeriggidi bambini in corsa dietro al drago della fantasia. Si può far finta di non vedere: trenta milioni di persone che ogni anno muoionoperché non hanno acqua o non hanno cibo, cinquecento miliardi di dollari spesi ogni anno dalla nazione più ricca della terra percomprare e produrre ordigni di morte in grado di cancellare ogni forma di vita dal pianeta, le foreste più belle inghiottite in po-chi anni dall’ansia di avere tutti il telefonino e un inutile fuoristrada, i quaranta gradi dei nostri pomeriggi di giugno, una televisio-ne che racconta la gioia del possedere e dell’essere posseduti da chi possiede, la menzogna istituzionalizzata, la salute mercificata,il piacere di sparlare degli assenti come ultimo velenoso scampolo di rapporti sociali. Qualcuno sa, qualcuno sente che questomondo non ha niente a che fare con il tesoro che porta dentro. Qualcuno sa, qualcuno sente che queste prove tecniche di apo-calisse sono state cullate e cresciute con cura da ingegneri, avvocati e professori in carriera, gente abituata a collezionare sorrisi,inchini e denaro, gente per bene che si comporta sempre bene, a messa all’ora giusta e a cena con la bottiglia giusta. Qualcunonon ci sta e non vuole sentirsi per bene. Si chiama fuori e cerca altri mondi. La coscienza alterata è vitale, suggerisce potente-mente quel che l’uomo non sa e non riesce a vedere, ma l’incantesimo si guasta quando l’uomo è e si sente escluso, e l’ortodos-sia del prodotto interno lordo non ama le esperienze contemplative. Se ci si sente esclusi, in qualche modo ci si sente anche col-pevoli, e la punizione, quando non arriva, dobbiamo inventarcela da soli, cercando proprio quell’evasione che lascia un segno in-delebile sulla nostra pelle. E in questo mondo in cui ogni bambino che nasce è già cliente di una multinazionale del latte in polve-

re, esiste e prospera un mercato anche per chi si illude di ritrovare se stesso nella fuga e nella pu-nizione. Non accetti la felicità in forma di interni in radica e ABS di serie? Ti senti in colpa a scor-

Marta Lamanuzzi

L ’ u s c i t a d e l l a b i

Ci siamo fatti male per vent’anni...Davide Varni

La redazione del Mosaiko incontra i ragazzi che hann

Tornare indietro pUn pomeriggio con “Le patriarche”, la comunità c

fotog

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La psicologa Simonetta Patrucco

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Spesso alla televisione, alla radio, sui gior-nali, sentiamo parlare di *Centri di Recu-pero per tossicodipenti * e tutti più o

meno sappiamo, o presumiamo di sapere, diche cosa si tratti, ed istintivamente li ostraciz-ziamo dalla nostra mente e dalla nostra co-munità, li riteniamo dei moderni lazzaretti daiquali tenersi sempre a distanza di sicurezza.Crediamo che centri simili si trovino soltantonelle grandi città, in quanto il problema dellatossicodipendenza è visto ancora come pro-blema esclusivo delle metropoli, risulta pernoi difficile accettare che anche nelle piccolecomunità come le nostre vi siano persone af-fette dagli stessi, se non peggiori, problemi edè quindi ostico immaginare che in Lomellina,così vicino alla nostra realtà, si possa trovareun centro simile. Grazie ai pregiudizi che cir-colano riguardo a queste *case di cura* primadi vederla con i miei occhi ero convinta chemi sarei trovata davanti un grigio edificio dicemento armato, con tanto di sbarre alle fi-nestre, più un carcere che altro, ed invece tut-ti i miei pregiudizi sono crollati come castellidi carta non appena ho visto la sede del Cen-tro: un passante avrebbe potuto tranquilla-mente scambiarlo per un ameno alberghettoimmerso nella campagna lombarda, con tantodi campo sportivo e parco giochi per i bambi-ni. Altra sorpresa: i ragazzi e le ragazze delCentro si muovevano tranquillamente e sen-za vigilanza alcuna al suo interno, impegnatinelle più svariate attività: chi giocava, chi ras-settava la cucina, chi si occupava del bellissimogiardino dotato anche di fontana perfetta-mente funzionante, e a curarsi dei ragazzi sol-tanto due psicologhe, coadiuvate da alcunioperatori… ed io che ero giunta ad immagi-

narmi una squadra di sorveglianza munita an-che di manganelli.Il pomeriggio l’abbiamo trascorso discorren-do con le psicologhe e i ragazzi stessi, ragazzie ragazze tutti accomunati da un triste passa-to alle spalle, tutti con tanta voglia di rico-minciare laddove il corso della loro vita si erainterrotto, tutti con lo stesso consiglio e lostesso monito impresso nello sguardo: il solomodo veramente sicuro per non essere schia-vi della droga è il non assumerne mai. Non va-le la pena di rovinarsi una vita per il diverti-mento di una sera o due, per la mancanza dicoraggio nel dire *No,non mi va*, per lo stor-dimento di sé che peralcuni istanti porta al-l’oblio di quei problemiche di notte paiono in-sormontabili, per la vo-glia di dimostrare chesi è forti, e che non siha paura di fare espe-rienze forti. La veraforza sta nel non la-sciarsi corrompere dalfascino che possonoesercitare certe so-stanze, o nello smette-re di assumerle, ciò chequesti ragazzi stannotentando di fare, e perquesto meritano tutto il rispetto che va tri-butato a chi, inciampato una, due, o tre volte,cerca di rialzarsi con tutte le energie che an-cora possiede, conscio di combattere unaguerra forse più grande di lui, ma altrettantoconscio che in caso di vittoria il premio sarà

incommensurabile. Sicuramente ritorneremoa trovarli, perché dopo un incontro del gene-re siamo tornati a casa arricchiti di un baga-glio di emozioni così forti da riuscire a divel-lere parte del paraocchi di ipocrisia che cia-scuno di noi indossa sempre.

E’stata per me un’esperienza insolita ma molto po-

sitiva perché mi ha permesso di conoscere una

realtà diversa da quella che sto vivendo e che pri-

ma di questo incontro era a me sconosciuta. Ho scoperto

molte cose che prima non conoscevo e grazie a questa vi-

sita nella comunità so che le persone che entrano nel tun-

nel della droga possono uscirne non solo armati di tanta

buona volontà ma anche aiutati da persone specializzate.

razzare sul motoscafo che il paparino si è fatto evadendo le tasse? Non preoccuparti, c’è un mercato anche per te, ci sonomigliaia di ettari di papaveri da oppio che l’esportazione della democrazia sulle ali dei bombardieri ha restituito ai bravi con-tadini afgani, ridotti sul lastrico dal proibizionismo talebano. Usiamo anche te: se non ti metti in riga a comprare gelati e te-levisori a cristalli liquidi, comprerai l’eroina che tutti sanno da dove arriva e chi la produce ma nessuno osa fermare. I ragazzi che sono in comunità hanno sbagliato a drogarsi, tutti lo dicono, loro per primi. Sì, hanno sbagliato a farsi del male,hanno sbagliato a sciupare l’immenso dono del ricevere la vita, ma forse l’hanno fatto perché hanno aperto gli occhi su unavita già sciupata. Hanno sbagliato a non capire che anche loro sono stati ridotti a merce, prigionieri di un mercato che è per-fetto per spremere fino all’osso ed eliminare chi non accetta il pensiero unico, un mercato sommerso che lucra sulle pulsio-ni peggiori, così come quello legale e ormai sacralizzato prospera facendo apertamente leva sulla più pericolosa di tutte lepulsioni, quella da cui millenni di tradizione filosofica e religiosa ci hanno messo in guardia inutilmente, l’egoismo.E’ o non è drogato chi si beve la bottiglietta di Brunello di Montalcino, due grappette per digerire, il whisky per finire la se-rata in bellezza con gli amici? Il muro di una comunità di recupero è molto più sottile di quel che sembra, e chi sbaglia sullapropria pelle per eccesso d’amore merita senz’altro più stima e più rispetto di chi sbaglia sulla pelle degli altri e per eccessod’egoismo.

Mauro Mainoli

L a v e r a f o r z aLivia Granata

Grazie ai SERT, grazie alle persone che lavorano

r i n t o

o deciso di chiudere una parentesi difficile della loro vita

per guardare avantihe aiuta a uscire dal dramma della tossicodipendenza

Cecilia Sacco

rafie di Fiorenza Corradini

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Quanti danni provoca la droga! Fisici, famigliari, relaziona-li, psicologici…. Tutti lo sappiamo, tutti ne siamo a co-noscenza, ma ci sono tante persone che nonostante ve-

re e proprie “campagne dissuasive” da parte di medici e mass-media finiscono per usarla. Penso che ognuno di noi oggi abbia ormai la consapevolezza diquello a cui si va incontro, ma chi lo fa probabilmente ha anche laconsapevolezza e la certezza di riuscire a “sconfiggere” in un se-condo tempo o quando meglio crede il “VIZIO”, ma il più dellevolte poi non ci riesce..Purtroppo, però oltre agli stupefacenti, esistono altri “vizi”e di-pendenze vere e proprie piaghe che sono altrettanto dannose masono meno combattute.Le “vittime” non fanno parte di una categoria di persone parti-colari ce n’è per tutti i gusti di qualsiasi età, ceto sociale, livelloculturale, sia uomini che donne, nessuna distinzione davanti ai “vi-zi” davanti alla voglia di provare l’ebbrezza del proibito e conti-nuare a cercare “ il divertimento” e la trasgressione a tutti i co-sti.

Oggi si cerca alimentazione biologica, unritorno alla natura, cure omeopatiche, silotta contro i vari tipi di inquinamento(aria, acqua, acustici), abbiamo coscienzadel bisogno di salvaguardare il benesseredei nostri paesi, città, insomma il nostroPianeta come mai non si riesce a debella-re i vizi? Parlo dell’alcool, del fumo, dei vi-deo poker e di tutte quelle cose che nonfanno meno male della droga e sono al-trettanto deleterie per la nostra società. Per quanto riguarda l’alcool proviamo auscire una sera e vediamo i posti nei qua-li si ritrovano la maggior parte dei giova-ni, nei bar, nelle birrerie nei “locali di ten-denza”. Arrivano, quando è presto, alle 23,00perché fa chic, iniziano a bere e non fini-scono fino a che non chiude il locale.Per provare cosa? E a chi? Che diverti-mento se ne trae…..essere praticamenteincoscienti o comunque “ annebbiati”magari alla guida di un’autovettura con ilrischio di far del male a se stessi ed aglialtri?

Per il fumo c’è poco da dire, causa più morti che qualsiasi altramalattia. Con l’entrata in vigore della legge Sirchia si sono notati dei mi-glioramenti, ma è ancora un VIZIO troppo diffuso.Ora vediamo i video poker. Davanti a queste macchinette si so-no rovinate delle famiglie non solo dal punto di vista economicoma anche per quello che significa la famiglia stessa, unione, amo-re, rispetto. Ci può giocare chiunque, senza distinzione di età osesso e in tanti si rovinano per tentare la fortuna fino ad amma-larsi e a rovinare tutto ciò che magari non “ricco” ma di bellohanno nella vita. Ma dove sono finiti i bei tempi in cui ci si diver-tiva con poco e di cui mi parlano i miei nonni, i miei genitori?Gli anni, di cui cantavano anche gli 883 “…… gli anni d’oro delgrande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph, gli anni del-le immense compagnie, gli anni in motorino sempre in due….”Dove per divertirsi bastava anche passare una serata d’estate afare la “guerra” con palloncini pieni d’acqua , oppure tutti riunitia mangiare un gelato passeggiando, aspettando con ansia che il “ti-po” o la “tipa” che ti piaceva ti guardasse o scambiasse con te al-cune parole, le serate in pizzeria, al cinema……

C’è da dire una cosa però, nonè propriamente esatto dire chei vizi, l’alcool, il fumo o il giocofanno male, ma il vero male è l’ABUSO di queste cose. Bere un bicchiere di vino piut-tosto che di birra non uccide.Fumare una sigaretta, non pro-voca il cancro e fare una partitaal video poker non getta sul la-strico. Siamo noi, la società incui viviamo, i nostri comporta-menti enfatizzati sempre spintialla ricerca affannosa di trovarequalcosa di nuovo di eccitante,di stimolante, che andiamo amodificare le nostre abitudinied i nostri comportamenti, pro-vocando in noi stessi e negli al-tri delle situazioni di pericolo.

Centro Comm. Oasi - Tortona - Tel. 0131 895000

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Favolarevia - Mauro Mainoli

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De Faveri, Paola Maggi, Fiorenza

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Direttore Resp.: Antonella Mariotti

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Collaboratori

Maria Serafini - Cristiana Nespolo -

Claudio Bertoletti - Cristina Bailo -

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Vietato riprodurre senza autorizza-zione testi, fotografie e impostazio-ne grafica

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Casa Editrice

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15053 Castelnuovo

Scrivia (AL)

Devastazione, dolore, soffe-renza… è l’undici settembregiorno che rimarrà per sem-

pre impresso nei cuori di tutti.Questo tragico evento, però, fu vi-sto da un’altra prospettiva dallegrandi imprese che non si curaronominimamente dei sentimenti ma sichiesero “a quanto salirà il prezzodell’oro?”. Tutto ciò è documentatonel film “the corporation”, che rac-coglie le testimonianze di personeche lavorano nelle corporazioni, dialtre che sono state truffate da es-se e di uomini che compiono lospionaggio industriale. Il film pre-senta diverse situazioni della vitaquotidiana sotto il punto di vista dichi è eccessivamente attaccato aldenaro, vale a dire le grandi impre-se. Mostra, per esempio come unanormale passeggiata al parco sipossa trasformare in un’occasioneper fare pubblicità occulta, invo-gliando i passanti a comprare unprodotto di una determinata mar-ca; oppure come le tragedie mon-diali siano quasi motivo di gioia,poiché permettono al prezzo del-l’oro o del petrolio di salire vertigi-nosamente. Tra i tanti argomentitrattati spiccano la strumentalizza-

zione dei bambini per le pubblicità,la manipolazione dei servizi televi-sivi in modo che non mostrino im-magini che potrebbero spaventarelo spettatore e che non si pronunci-no frasi sconvenienti nei confrontidella corporazione e l’uso della psi-cologia per comprendere cosa pre-feriscano i consumatori e, di conse-guenza, guadagnare di più. Dopoaver mostrato queste situazioni, ilfilm presenta le possibili conse-guenze per il pianeta a cui potreb-bero portare le corporazioni: i rap-porti umani ridotti a relazioni com-merciali, l’inquinamento di tutta laterra, poiché spesso non si rispettail limite di emissioni nocive previ-sto dalla legge, la privatizzazionedi tutti i servizi, ora pubblici, del-l’acqua e di ogni centimetro di suo-lo. Ciò porterebbe ad episodi para-dossali; per esempio se i vigili delfuoco fossero privati (come un tem-po, quando ogni casa doveva espor-re lo stemma di una determinatacompagnia di pompieri), e una casaandasse a fuoco si dovrebbe aspet-tare l’intervento dei pompieri “giu-sti”, non ci si potrebbe rivolgere adaltri. La visione di questo film, chedefinirei sconvolgente, mi ha por-tato a riflettere sulla situazione at-tuale. La nostra vita è attiva e fre-netica, i soldi giocano un ruolo im-

portante ma si può davvero arriva-re a fare del denaro l’unico obietti-vo, l’unica ragione per cui vale lapena vivere? Si può rimanere indif-ferenti di fronte al dolore e allamorte pensando solo ai propri inte-ressi? Non avrei mai immaginatoche esistessero persone simili amacchine che lavorano e spendonole loro energie per i soldi, non cu-randosi di nient’altro. Nelle loro vi-te non esistono più valori in cui cre-dere; l’amicizia e l’amore sono so-lo d’interesse e si può facilmentetradire la fiducia di un’altra perso-na solo per spiare le sue tecniche diarricchimento. Si dovrebbe tornareai tempi passati in cui si avevanomeno comodità e meno soldi di ora,ma la vita era più vera e più auten-tica. Oggi l’umanità ha compiutoenormi progressi in tutti i campi,però non si preoccupa dei danni chele scoperte compiute provocanosulla salute umana e sull’ambiente,poiché è accecata dal desiderio diricchezze e non riesce a capire qua-li cose sono importanti e quali sonoda porre in secondo piano. Ma se almondo ci saranno sempre personecapaci di donare affetto disinteres-sato, senza ricevere nulla in cam-bio, capaci di amare se stessi, ilprossimo e l’ambiente in cui vivia-mo la vita diventerà davvero tale.

Pubblicità occulta, privatizzazione selvaggia, informazione manipolata

Quando ogni cosa diventa merce

K r i t i K a

Giada Gatti

Non solo e sempre droga

Stefano Pugliese

SerafiniOnoranze e trasporti funebri

Castelnuovo Scrivia (AL)via Milano, 75

Telefono: 0131 826811Cellulare: 347 9643100

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Perché mi abbandoni?

Molte personeabbandonano ilproprio animale per

andare in ferie... noncapiscono che anche lui è unessere vivente. Gli animalibisogna trattarli conrispetto e amicizia. Seproprio non si possonotenere bisogna darli ad unapersona fidata che siprenda cura di loro, non litrascuri mai. Per me anche ilpiù piccolo animale puòessere intelligente.

Emanuela Negri

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Inostri amici vennero catapultati nella Roma medieva-le, precisamente davanti al Colosseo e, seguendo leindicazioni, cercarono una donna che ripuliva un mo-

numento vicino a loro. “Uno di noi deve riuscire a farciinvitare tutti a casa sua per prenderla e riportarla da do-ve è venuta” disse Jenny. Tutti guardarono Alex, che ar-rossì e disse “Mi sembra di aver capito che tocca a mefare il filo a quella ragazza”. “Scusi signorina, qui c’è un ragazzo che si è preso unacotta per lei” - disse Popotus. “Questo mi fa piacere, gli dica che mi chiamo Jane e stoper venire a salutarlo” - disse la ragazza che mentre sivoltò fece vedere il suo bellissimo viso. Alex, dopo un unapasseggiata al chiaro di luna, riuscì a farsi invitare, lui e isuoi amici, a casa della ragazza la sera dopo.

Pikkol i P ikkol i

E ra un giorno speciale, come ogni anno tutte le formiche organizzavanouna grande festa per i l compleanno del la regina madre. Anche le giovaniformichine vennero coinvolte ai preparativi . La formica nutrice si r ivolse

a loro dicendo: “Oggi è un giorno di festa! E tutte noi organizzeremo simpati -che sorprese da presentare questa sera al la nostra regina. Dividetevi in grup-pi e ogni gruppo preparerà una sorpresa”. Le formichine appresero la notiziacon molto entusiasmo e già alcune lanciavano qualche idea sul da farsi . Ungruppetto decise di real izzare una bel la coperta di morbidi f i l i d’erba. Un altrodi real izzare un arazzo fatto di semi colorati . Nel gruppo di Cleo decisero dipreparare una bel la torta: “Bene! Cominciamo!” esclamò entusiasta Cleo. Ini -z iarono a preparare l ’ impasto. In una grossa fogl ia alcune misero la farina,quattro o cinque formiche un enorme uovo e così tutte insieme si misero a im-pastare. Mentre alcune continuavano ad impastare altre versavano nel l ’ impa-sto i l miele. C’era un’enorme nuvola di farina sopra la loro testa che si posòdappertutto. La farina non risparmiò le formichine che si trasformarono inpiccol i fantasmini . Vedendosi tutte bianche le formichine scoppiarono a ride-re, r isero così tanto che una di loro cadde dentro l ’ impasto. Cleo ridendo acrepapelle disse: “Bene! Facciamo la torta con formica a sorpresa!”. Con fati -ca e tutta appiccicosa la formichina uscì dal l ’ impasto e risero ancora di piùquando rimase attaccata al suolo e non riusciva a muovere una zampina! Do-po aver aiutato a ripul ire la malcapitata ripresero i l lavoro. Riuscirono f inal -mente a f inire l ’ impasto, “Evviva! L’ impasto è pronto! Ora bisogna cuocere latorta!” fel ice disse una formica. Nel l ’ frattempo che la torta era in forno alcu-ne formichine si al lontanarono per cercare del le decorazioni . Trovarono moltisemi di papavero e profumati petal i di v iolette. La torta era cotta e le piccoleimprovvisate chef cominciarono a decorarla. Finito i l capolavoro una di lorodisse: “Si! E’ r iuscita bene! Però…manca qualcosa in cima!” “Si è vero” risposeun’altra. Cleo rimase un po’ a pensare poi esclamò: “Eureka! So io cosa ci vuo-le! Vieni con me Lia andiamo!” e si al lontanarono velocemente. Intanto le for-michine rimaste ad aspettare decisero di r ipul ire perché c’erano semi dap-pertutto. Dopo poco ritornarono, Cleo correndo trascinava una lunga piumacolorata. Tra i semi sparsi e la punta del la piuma che si era inf i lata tra le suezampine, inciampa. Un ruzzolone che non f inisce più trascinando con sé ancheuna, due, tre, quattro sorel le e… patatrac! Sono f inite proprio sul la torta. “Oh

nooo! Che disastro! Latorta è rovinata!” disse-ro tutte in coro. Una for-mich ina guardando latorta ormai sparsa dap-pertutto disse: “Adessonon abbiamo più i l tempodi prepararne una nuo-va” . Un ’a l tra r ispose :“Già è vero… saremo l ’u-nico gruppo che non pre-senterà nul la questa se-ra al la festa…”. “Mi dis-piace…”, disse Cleo. “Nonimporta, andrà meglio i lprossimo anno”, r isposeuna sorel l ina. Le formi-chine dopo aver ripul ito

tutto se ne andarono sconsolate. “Mi dispiace…”, continuava a ripetere Cleoche nel frattempo era rimasta sola con Lia. “Non ti preoccupare è stato unincidente, lo sappiamo che non l ’hai fatto apposta! Su andiamo è ora del rit i -ro”, disse con dolcezza Lia. Ma Cleo non si mosse e domandò: “E se proviamoa rifarla?” “Ma Cleo! È impossibi le non abbiamo tempo è obbl igatorio i l r it iro èl ’ora del sonno è la nostra prima regola, non siamo adulte che possiamo sta-re tanto tempo svegl ie…” rispose Lia a bassa voce. Per un attimo Cleo disse:“Ok! Tu puoi rit irarti , ma io rimango e rifaccio la torta, non dormirò f inchè nonavrò f inito”. La sorel l ina si stupì del le parole di Cleo e decise di stare con lei .Con grande impegno si misero al lavoro, ci impiegarono molto tempo ma al laf ine la torta riuscì bene. Cleo aggiustò bene la bel la piuma in cima al la torta edisse: “Abbiamo f inito! È perfetta! Ora andiamo a chiamare le nostre sorel le!” .Percorsero due tunnel prima di arrivare dal le altre che nel frattempo si era-no appena svegl iate. Cleo sbadigl iò, cominciava a sentirsi stanca, ma con en-tusiasmo disse: “Venite con noi , vogl iamo mostrarvi qualcosa!”. Quando tuttecuriose seguirono le due sorel l ine videro con grande stupore che la torta erapronta in tempo per la festa. Una sorel l ina ancora incredula disse a Cleo:“Non posso crederci , è bel l issima! Ma… come ci siete riuscite? Avete persol’ora del sonno, adesso sarete molto stanche!”. E un’altra disse: “Cleo sei dav-vero una sorel l ina speciale!” . Cleo sbadigl iando rispose: “Siamo molto stanchema ne è valsa la pena!”. Arrivò la sera e la festa iniziò in un grandissimo salo-ne. Era addobbato al legramente da bacche colorate e f iori profumati . In mez-zo al salone, seduta su un guscio di noce ricoperto di f iori , c’era la regina ma-dre. La regina ringraziò di cuore per tutti doni ricevuti assaggiò la torta e fe-ce i complimenti al gruppo per la del iz iosa idea. La musica cominciò a suona-re e tutti si misero a danzare. Nel mezzo del la festa due formiche si accorse-ro che qualcuno mancava: “Ma… Cleo e Lia non ci sono, dove sono f inite?”. Era-no in un angolo del salone che dormivano beate.

C L E O L A F O R M I C AC L E O L A F O R M I C ACAPITOLO 3: UN GIORNO DI FESTAdi Fabio Porta Scarta

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L a P o r t a M a g i c aFavola di Lisa Rita Magnaghi, 5ª elementare

nona puntata

Ultima parte

Quella sbadata diG. V. non si eraaccorta che l’a-nello era cadutoper terra, meno-male che non siera rotto!!!Preso l’anello daterra, G. V. loconsegnò a Gran-de Occhio che in-credulo per la lo-ro bravura andòsubito a prendereil lasciacompraretendina, mentreG. A. e G. V. tira-rono un sospiro disollievo; appena dopo rientrò Grande Occhio con il lasciacomprare in mano: lodiede loro con grande piacere, perché se lo erano meritate. Avuto tra le mani il tanto desiderato foglio, ringraziarono di cuore il signor GrandeOcchio e corsero immediatamente al negozio dello “strano essere” e gli mostraro-no il lasciacomprare tendina, esso alla vista del lasciacomprare rimase incredulo.Allibito, stupito, insomma non aveva parole, ma senza esitare andò a prendere latanto desiderata tendina. G. A. e G. V. furono molto fortunate, perché era l’ulti-ma o meglio l’unica dell’anno!!!!!!!Quando la presero andarono subito a montarla sull’astronave e appena fu prontapartirono, rotta pianeta Terra!!!Per fortuna il viaggio di ritorno andò bene, o meglio incontrarono sempre lo stessogruppo di meteoriti, ma questa volta fecero uno slalom e non andarono a sbatterecontro di loro.Arrivati a casa i genitori delle nostre eroine e anche i loro cani, di nome Fred eBarney, le attendevano. Appena arrivate sentirono l’odore dei biscottini, andaronosubito a mangiarli pensando all’avventura appena finita e a quella che verrà.

FINE!

Sofia Falchetto

Storia di Marta e Claudia,i n t r e p i d e s o g n a t r i c i

Odilon Redon, Il ciclope, 1895 - 1900, Otterlo Rijksmuseum Kroller Muller

via Emilia Sud, 2215055 Pontecurone

Tel. 0131 8863730131 886932

Fax 0131 887637N. verde 800-603471

e-mail: [email protected]

www.hotellarosablu.it

Disegno di Concetta Olivieri

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Pianeta n. 5

Grazie alle vostre domande, in questo numero esamineremobrevemente la più recente legislazione che regolamenta la ge-stione dei nostri quattrozampe (o perlomeno di alcune razze).

Secondo lei l’ordinanza Sirchia rappresenta una soluzione?Mi dispiace molto dire che secondo me l’ordinanza (giunta alla sua“seconda edizione”) decisamente NON rappresenta una soluzione.Tanto per cominciare buona parte delle norme ricalcano quelle giàpresenti nel regolamento di polizia veterinaria del 1954, quindi nonc’è grande innovazione, e poi mi domando in base a quale illumina-to parere siano state scelte le razze che compongono la rosa dei“cattivi” di questa edizione: se analizziamo l’elenco troviamotutta una serie di razze poco conosciute per non dire asso-lutamente rare che non avranno molte possibilità (se nonaltro per un fattore di numeri) di fare danni, delle storpiatu-re di nomi (il bull mastiff ed il bull terrier non hanno nessun“pit” aggiunto) che a me fanno pensare ad una stesura po-co accurata e delle assenze veramente curiose. Per fare un so-lo esempio, tutto questo polverone è nato da una serie di ag-gressioni compiute da Pit Bull … allo-ra come mai dall’elenco risulta esclu-so il “cugino primo” del Pit Bull che al-tro non è che l’American StaffordshireTerrier? E ancora, se andiamo a spul-ciare le statistiche di alcune ASL ita-liane in testa alle classifiche dei “mor-sicatori” non troviamo certo le raz-ze “esotiche” incluse nell’ordinanzama più banalmente dei Pastori Te-deschi o addirittura insospettabiliLabrador. Oltretutto le statistichevariano anche a seconda della po-polazione canina del territorio: seuna tale razza non è proprio presenteo comunque conta solo pochi esempla-ri nella tal provincia è chiaro che risulterà “angelica”mentre una razza molto diffusa ha una maggiore pro-babilità che qualche suo esponente si “metta nei guai”rovinandone la reputazione. In tutto questo noterete an-che che i meticci se la sono “passata decisamente bene”,tutti gli strali sono rivolti alle varie razze ma gli incroci pare sianoesenti dal problema dell’aggressività! Per non parlare del fatto che,sempre secondo le statistiche, più del 70% degli incidenti avviene inambito domestico … cosa che non viene minimamente presa in con-siderazione dall’ordinanza. Ma al di là di tutto questo lo sbaglio èproprio alla radice della questione: non è demonizzando un certogruppo di razze che si ripristina la “pace sociale”. Chiunque di noi ab-bia conosciuto un certo numero di cani o li abbia anche solo osser-vati casualmente ha notato che membri della stessa razza hanno ca-ratteri diversissimi (come noi umani d’altronde) e quindi la soluzio-ne non sta nel dire “i cani della razza X, razza Y e razza Z sono cat-tivi mentre gli altri sono tutti angioletti”. La chiave torna ad essere(vi stuferete di sentirmelo ripetere) nell’istruzione di tutti, cani edumani. Solo impartendo la giusta educazione ai nostri cani ed impa-rando a valutare correttamente le situazioni si potrà arrivare ad unaconvivenza più equilibrata e serena. In quali punti bisognerebbe intervenire?Purtroppo l’intervento dovrebbe essere talmente radicale che temo

di parlare di utopia… ma se non si comincia a muoversi nella giustadirezione non ci si arriverà mai!!! Molte persone che si occupano dieducazione cinofila o di comportamento e problemi comportamen-tali pensano che il discorso andrebbe impostato in maniera assolu-tamente differente. Colui che decide di dividere la sua vita con uncane dovrebbe farlo in maniera responsabile e non superficiale e

quindi dovrebbeessere reso obbliga-torio, all’arrivodel primo cuccio-lo, la frequenzaad un corso di educazione dibase così da aiutare il neo-padro-ne nell’educazione del suo quattrozampe. Meglio ancora sarebbe unservizio informativo (comunale ad esempio) che chiarisca le ideePRIMA dell’arrivo del cucciolo per evitare che DOPO si scopra chel’impegno necessario è troppo grande per la famiglia e si decida diabbandonare il povero quadrupede che colpe non ne ha. Una miaamica è addetta allo “sportello dei diritti degli animali” in un comu-ne della provincia di Monza e si occupa delle problematiche che ri-guardano gli animali come animali in condominio, cani pericolosi etc.etc. … sarebbe un bel modello da veder diffondere. L’altro luogo per-fetto per l’educazione e l’informazione è sicuramente la scuola: sichiarirebbero le idee agli studenti che desiderano avere un compa-gno canino e si aiuterebbero anche coloro che non ne vogliono sa-pere o che ne hanno paura a capire meglio i comportamenti e le si-tuazioni evitando quindi loro di diventare fonte involontaria di pro-vocazione. Penso anche che dovrebbe essere obbligatoria per TUT-TI i possessori di cani una assicurazione. Anche nel caso del canepiù dolce della terra non si può escludere che causi qualche dannoin maniera del tutto involontaria o accidentale: basta che riesca asgattaiolare fuori da casa per venire a farvi le feste e così facendospaventi qualcuno in bicicletta facendolo cadere. E per finire credoche per far veramente rispettare i regolamenti occorrerebbe ancheuna maggior preparazione anche da parte delle forze dell’ordine,paesi più “zoofilmente evoluti” di noi hanno dei veri e propri nucleidi guardie zoofile addestrate specificamente per far fronte a proble-mi che coinvolgono gli animali.Mi rendo conto che la mole di lavoro per mettere in piedi un tale si-stema è immensa e che certi provvedimenti sarebbero oltremodoimpopolari perché “non vanno spaventati i possibili acquirenti” peròil costo sociale di abbandoni e incidenti forse è molto più alto.

Tutela dell’incolumita’ pubblica dall’aggressivita’ di cani IL MINISTRO DELLA SALUTE

Visto il regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto delPresidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281; Visto l’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; Visto l’art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; Visti gli artt. 544-bis, 544-sexies e 727 del codice penale; Vista la legge 20 luglio 2004, n. 189; Visti gli episodi di aggressione alle persone da parte di cani; Ritenuta la necessità e l’urgenza di adottare, in attesa della emanazio-ne di una disciplina normativa organica in materia, disposizioni caute-lari a tutela della salute pubblica; Ordina: Art. 11. Sono vietati: a) l’addestramento inteso ad esaltare l’aggressività dei cani; b) l’addestramento inteso ad esaltare il rischio di maggiore aggressivitàdi cani pitbull e di altri incroci o razze di cui all’elenco allegato; c) qualsiasi operazione di selezione o di incrocio tra razze di canicon lo scopo di svilupparne l’aggressività; d) la sottoposizione di cani a doping, così come definito all’art. 1, com-

mi 2 e 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376.

Art. 21. I proprietari e i detentori di cani, analogamente aquanto previsto dall’art. 83, primo comma, lettere c)e d) del regolamento di Polizia veterinaria, approva-to con decreto del Presidente della Repubblica 8

febbraio 1954, n. 320, hanno l’obbligo di: a) applicare la museruola o il guinzaglio aicani quando si trovano nelle vie o in altro

luogo aperto al pubblico; b) applicare la museruola e il guinzaglio ai

cani condotti nei locali pubblici e nei pubblicimezzi di trasporto.

2. E’ vietato acquistare, possedere o detenere canidi cui all’art. 1, comma 1, lettera b); a) ai delinquenti abituali, o per tendenza; b) a chi e’ sottoposto a misura di prevenzionepersonale o a misura di sicurezza personale; c) a chiunque abbia riportato condanna, anche non

definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il pa-trimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni; d) a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva, per ireati di cui all’artt. 727, 544-bis, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies delcodice penale e, per quelli previsti dall’art. 2 della legge 20 luglio2004, n. 189; e) ai minori di 18 anni e agli interdetti e inabilitati per infermità. 3. I divieti di cui al comma 2 del presente articolo non si applicano aicani per non vedenti o non udenti, addestrati presso le scuole nazio-nali come cani guida.

Art. 31. Chiunque possegga o detenga cani di cui all’art. 1, comma 1, lette-ra b), ha l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione di respon-sabilità civile per danni causati dal proprio cane contro terzi.

Art. 41. I proprietari e i detentori dei cani di cui all’art. 1, comma 1, letterab), che non intendono mantenere il possesso del proprio cane nel ri-spetto delle disposizioni di cui alla presente ordinanza debbono inte-ressare le autorità veterinarie competenti del territorio al fine di ri-cercare con le amministrazioni comunali idonee soluzioni di affida-mento dell’animale stesso. 2. La presente ordinanza non si applica ai cani in dotazione alle For-ze armate, di Polizia, di Protezione civile, dei Vigili del fuoco. La pre-sente ordinanza e’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblicaitaliana ed ha efficacia per un anno a decorrere dal giorno successivoalla pubblicazione.

Roma, 27 agosto 2004 pubblicata sulla GU n. 213 del 10-9-2004Elenco delle razze canine e loro incroci a rischio dimaggiore aggressivita’ di cui all’art. 1, comma 1, lette-ra b), della presente Ordinanza:(i nomi sono riportati come nell’ordinanza, errori compresi - n.d.r.)

- American Bulldog- Cane da pastore di Charplanina;- Cane da pastore dell’Anatolia;- Cane da pastore dell’Asia centrale;- Cane da pastore del Caucaso;- Cane da Serra da Estreilla;- Dogo Argentino;- Fila brazileiro;- Mastino napoletano;- Perro da canapo majoero;- Perro da presa canario;- Perro da presa Mallorquin;- Pit bull;- Pitt bull mastiff:- Pit bull terrier;- Rafeiro do alentejo;- Rottweiler;- Tosa inu.

a cura di Paola Maggi

American Bulldog

Pastore di Ciarplanina

Pastore dell’Anatolia

Pastore dell’Asia Centrale

Pastore del Caucaso

Cao da Serra

da Estrela

Dogo Argentino

Fila Brasileiro

Mastino

Napoletano

Majorero

Canario

Dogo

Canario

Perro da presa

Mallorquin

Pitbull

Bull Mastiff

Bull Terrier

Rafeiro do Alentejo

Rottweiler

Tosa

l’ordinanza Sirchiail testo