Il Mosaiko Kids 9-2005

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: [email protected] Anno 2 - n° 9 - settembre 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL) i i d d Il Mosai o K Il M osai o K s s pag.2 pag.4 pag.5 PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7 Quando la vita sembra troppo difficile SENZA MANI Un racconto di Emanuele Ruta La nostra “inviata” in Inghilterra LASCIO TUTTO E VADO VIA... di Silvia Pareti Come crescevamo, trent’anni fa... UN BAMBINO TERRIBILE di Paola Picena Luciano Ligabue Live LIGA 4EVER! di Giada Gatti pag.8 Marta Lamanuzzi E’ innegabile: la musica si sta deteriorando, di giorno in giorno assistia- mo alla sua distruzione ad opera di coloro che invece dovrebbero esserne i salvatori, i suoi paladi- ni, e che invece riescono soltan- to a dare il colpo di grazia ad un mercato già agonizzante da trop- po tempo ormai; la musica sta innalzando il suo canto del ci- gno. E’ una visione troppo pessimisti- ca? Forse, ma nessuno può nega- re che un’arte millenaria come quella della musica stia attraver- sando il più buio dei suoi periodi, paragonabile soltanto a quello da lei vissuto ai tempi dell’uomo di Nehandertal. Basta sintonizzarsi per alcuni mi- nuti su MTV per averne la cer- tezza: su dieci video trasmessi quattro sono rap, hip-hop o r’- n’b, dilagante fenomeno di im- portazione statunitense, di dub- bio livello, che ben poco ha a che spartire con la nostra cultu- ra, quattro sono pop, le solite canzonette cantate da una bella ragazza, che potrebbe avere una brillante carriera in qualità di fo- tomodella ma che certamente no è stata dotata di grandi po- tenzialità canore da Madre Natu- ra, una è puramente dance, il solito miscuglio di strani suoni elettronici ed artificiali in cui tre parole prive di qualsivoglia into- nazione vengono ripetute sino allo sfinimento, ma se sei parti- colarmente fortunato puoi tro- varne uno decente, passabile, dove c’è un cantante decente, passabile, in grado di articolare più di tre sillabe con un’infles- sione delle corde vocali tale da risultare gradevole, gradevole, non da lasciare senza fiato. Tuttavia non è questo che stupi- sce di più, o meglio, non solo: ciò che davvero deve far riflette- re è che ciascuna delle suddette canzoni verrà trasmessa per non più di due mesi, quattro se è una hit, una canzone che piace e vende molto, poi inevitabilmen- te cadrà nel dimenticatoio, e nessuno fra un anno se ne ricor- derà più. Trent’anni fa non succedeva co- sì, trent’anni fa c’erano i Doors, i Queen, Janis Joplin, Jimi Hen- drix, e in Italia Battisti, Mina, De Andrè, miti tuttora, e le loro canzoni sono ancora cantate e ri- cordate da giovani e meno giova- ni. Questione di voce, di carisma, forse di entrambe, ciò che è cer- to è che qualche anno fa la gen- te guardava Sanremo sapendo che avrebbe sentito cantare arti- sti che sarebbero entrati con ogni probabilità a far parte del- l’Olimpo degli dei della musica italiana, guardava Sanremo per vedere come erano vestiti il con- duttore e le conduttrici, modelli di buon gusto all’italiana, guar- dava Sanremo solo per divertirsi, e trascorrere una serata in com- pagnia di buona musica. Ora invece lo guardano per di- Melodie d’importazione? Come sempre, ma non sono più quelle di una volta Musica: da consumarsi preferibilmente entro... Rap, Hip - Hop & C formato usa e getta Livia Granata R icordate il progetto di cui vi avevamo tanto parlato? ...quel progetto che, vincendo l’ottobre scorso al con- gresso internazionale del FEDERSERD a Firenze, ci aveva riempiti di orgoglio? ...proprio quello che aveva come scopo la sensibilizzazione dei giovani al problema delle tossicodi- pendenze. Un punto di quel progetto, anche grazie alla colla- borazione e all’appoggio del Comune di Tortona, sta per en- trare in fase di realizzazione. Durante quest’anno scolastico agli alunni delle scuole medie e superiori di tutta Italia verrà proposto il nostro concorso. I premi saranno assegnati ai loghi e alle frasi più originali ed efficaci. Il tema su cui chiediamo ai ragazzi di lavorare è proprio quello della propaganda con- tro il consumo di alcool e sostanze stupefacenti. L’idea di questo progetto è venuta a noi ragazzi, che di certo non vo- gliamo fare i moralisti o accusare i nostri coetanei. A ispirar- ci è stata piuttosto l’esigenza di cercare una soluzione ad un problema che non riusciamo a ignorare, che ci circonda, ci mi- naccia e che, così come dimostrano diversi fatti di cronaca, è in continua crescita. Una possibile soluzione ci è sembrata l’informazione, pura e semplice, ma che diventando insisten- te e capillare potrebbe dare buoni frutti. Il nostro orgoglio Finanziato dal Comune di Tortona il progetto FEDERSERD La redazione del Mosaiko I DETTAGLI DEL CONCORSO STUPEFACENTE E’ SOLO LA NOSTRA CREATIVITA’ A PAGINA 5 La fabbrica dei bambini e l’Universitas Studiorum Finalmente inizia la sc uola! F inalmente, finalmente si ri- torna sui banchi, nelle aule buie, nelle scuole che risuo- navano di grida, punizioni, pres- sioni e umiliazioni. Finalmente si torna alla violenza dei risvegli prematuri nelle albe notturne e nebbiose della nostra città, ai compiti in classe e ai po- meriggi chini sui libri. Finalmente è finita l’estate. Non ne potevamo più. Diciamo la verità, i giovani di tutto il mondo amano la scuola. E questo è del tutto naturale. Ogni giorno passato lì è diverso dagli altri, è il luogo del riscatto, del miracolo, del gioco, dell’a- micizia, della lotta e della sco- perta. Preferite passare le gior- nate a lavorare ad una catena di montaggio, a ripetere in eterno gli stessi giochi o le stesse gio- stre del luna park, o passare tut- to il tempo della vostra vita chiusi in una piscina o in una di- scoteca? Vi piacerebbe vivere ed essere trattati come animali, fir- mando al massimo con una croce mentre altri fanno calcoli, ordi- scono e decidono della vostra vi- ta? Quando una scuola funziona, quando una scuola è dei ragazzi a confronto qualsiasi parco gio- chi stanca e qualsiasi paradiso annoia. E questa mia piccola utopia vuo- le essere un augurio a tutti voi che entrate nei tristi edifici sco- lastici a scontare un riformatorio immeritato dal quale non si so- gna che l’evasione. Ogni anno il primo giorno, oltre alla corsa al posto (sempre me- Elisa Pareti segue a pag. 2 segue a pag. 3 Foto Favolarevia

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Il periodico dell'associazione Il Mosaiko Kids

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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo:Favolarevia Editore, via C. Alberto 1315053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018e-mail: ilmosaiko @tiscali.it

Anno 2 - n° 9 - settembre 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL)Periodico mensileDirettore responsabile: Antonella MariottiStampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)

ii ddIl Mosai oKIl Mosai oK ss

pag.2

pag.4

pag.5

PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7

Quando la vita sembra troppo difficile

SENZA MANI

Un racconto di Emanuele Ruta

La nostra “inviata” in Inghilterra

LASCIO TUTTO E VADO VIA...

di Silvia Pareti

Come crescevamo, trent’anni fa...

UN BAMBINO TERRIBILE

di Paola Picena

Luc iano L igabue L ive

L I G A 4 E V E R !di Giada Gatti

pag.8

Marta Lamanuzzi

E’innegabile: la musica sista deteriorando, digiorno in giorno assistia-

mo alla sua distruzione ad operadi coloro che invece dovrebberoesserne i salvatori, i suoi paladi-ni, e che invece riescono soltan-to a dare il colpo di grazia ad unmercato già agonizzante da trop-po tempo ormai; la musica stainnalzando il suo canto del ci-gno.E’ una visione troppo pessimisti-ca? Forse, ma nessuno può nega-re che un’arte millenaria comequella della musica stia attraver-sando il più buio dei suoi periodi,paragonabile soltanto a quelloda lei vissuto ai tempi dell’uomodi Nehandertal.Basta sintonizzarsi per alcuni mi-nuti su MTV per averne la cer-tezza: su dieci video trasmessiquattro sono rap, hip-hop o r’-n’b, dilagante fenomeno di im-portazione statunitense, di dub-bio livello, che ben poco ha ache spartire con la nostra cultu-ra, quattro sono pop, le solitecanzonette cantate da una bellaragazza, che potrebbe avere unabrillante carriera in qualità di fo-tomodella ma che certamenteno è stata dotata di grandi po-tenzialità canore da Madre Natu-ra, una è puramente dance, ilsolito miscuglio di strani suonielettronici ed artificiali in cui treparole prive di qualsivoglia into-nazione vengono ripetute sinoallo sfinimento, ma se sei parti-colarmente fortunato puoi tro-

varne uno decente, passabile,dove c’è un cantante decente,passabile, in grado di articolarepiù di tre sillabe con un’infles-sione delle corde vocali tale darisultare gradevole, gradevole,non da lasciare senza fiato.Tuttavia non è questo che stupi-sce di più, o meglio, non solo:ciò che davvero deve far riflette-re è che ciascuna delle suddettecanzoni verrà trasmessa per nonpiù di due mesi, quattro se è unahit, una canzone che piace evende molto, poi inevitabilmen-te cadrà nel dimenticatoio, enessuno fra un anno se ne ricor-derà più.Trent’anni fa non succedeva co-sì, trent’anni fa c’erano i Doors,i Queen, Janis Joplin, Jimi Hen-drix, e in Italia Battisti, Mina, DeAndrè, miti tuttora, e le lorocanzoni sono ancora cantate e ri-cordate da giovani e meno giova-ni.Questione di voce, di carisma,forse di entrambe, ciò che è cer-to è che qualche anno fa la gen-te guardava Sanremo sapendoche avrebbe sentito cantare arti-sti che sarebbero entrati conogni probabilità a far parte del-l’Olimpo degli dei della musicaitaliana, guardava Sanremo pervedere come erano vestiti il con-duttore e le conduttrici, modellidi buon gusto all’italiana, guar-dava Sanremo solo per divertirsi,e trascorrere una serata in com-pagnia di buona musica.Ora invece lo guardano per di-

Melodie d’importazione? Come sempre, ma non sono più quelle di una volta

Musica: da consumarsi preferibilmente entro...R a p , H i p - H o p & C f o r m a t o u s a e g e t t a

Livia Granata

Ricordate il progetto di cui vi avevamo tanto parlato?...quel progetto che, vincendo l’ottobre scorso al con-gresso internazionale del FEDERSERD a Firenze, ci aveva

riempiti di orgoglio? ...proprio quello che aveva come scopola sensibilizzazione dei giovani al problema delle tossicodi-pendenze. Un punto di quel progetto, anche grazie alla colla-borazione e all’appoggio del Comune di Tortona, sta per en-trare in fase di realizzazione. Durante quest’anno scolasticoagli alunni delle scuole medie e superiori di tutta Italia verràproposto il nostro concorso. I premi saranno assegnati ai loghie alle frasi più originali ed efficaci. Il tema su cui chiediamoai ragazzi di lavorare è proprio quello della propaganda con-tro il consumo di alcool e sostanze stupefacenti. L’idea diquesto progetto è venuta a noi ragazzi, che di certo non vo-gliamo fare i moralisti o accusare i nostri coetanei. A ispirar-ci è stata piuttosto l’esigenza di cercare una soluzione ad unproblema che non riusciamo a ignorare, che ci circonda, ci mi-naccia e che, così come dimostrano diversi fatti di cronaca, èin continua crescita. Una possibile soluzione ci è sembratal’informazione, pura e semplice, ma che diventando insisten-te e capillare potrebbe dare buoni frutti.

I l n o s t r o o r g o g l i oF i n a n z i a t o d a l C o m u n e d i To r t o n a

i l p r o g e t t o F E D E R S E R D

La redazione del Mosaiko

I DETTAGLI DEL CONCORSO

STUPEFACENTE E’ SOLO LA NOSTRA CREATIVITA’

A PAGINA 5

La fabbrica dei bambini e l’Universitas Studiorum

Finalmente inizia la scuola!

Finalmente, finalmente si ri-torna sui banchi, nelle aulebuie, nelle scuole che risuo-

navano di grida, punizioni, pres-sioni e umiliazioni.Finalmente si torna alla violenzadei risvegli prematuri nelle albenotturne e nebbiose della nostracittà, ai compiti in classe e ai po-meriggi chini sui libri.Finalmente è finita l’estate. Nonne potevamo più. Diciamo la verità, i giovani ditutto il mondo amano la scuola.E questo è del tutto naturale.Ogni giorno passato lì è diversodagli altri, è il luogo del riscatto,del miracolo, del gioco, dell’a-micizia, della lotta e della sco-perta. Preferite passare le gior-nate a lavorare ad una catena dimontaggio, a ripetere in eternogli stessi giochi o le stesse gio-

stre del luna park, o passare tut-to il tempo della vostra vitachiusi in una piscina o in una di-scoteca? Vi piacerebbe vivere edessere trattati come animali, fir-mando al massimo con una crocementre altri fanno calcoli, ordi-scono e decidono della vostra vi-ta? Quando una scuola funziona,quando una scuola è dei ragazzia confronto qualsiasi parco gio-chi stanca e qualsiasi paradisoannoia. E questa mia piccola utopia vuo-le essere un augurio a tutti voiche entrate nei tristi edifici sco-lastici a scontare un riformatorioimmeritato dal quale non si so-gna che l’evasione.Ogni anno il primo giorno, oltrealla corsa al posto (sempre me-

Elisa Pareti

segue a pag. 2

segue a pag. 3Foto Favolarevia

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via emilia Sud, 22 15055 Pontecurone

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sperazione, disperazioneperché a meno di non es-sere fra i fortunati deten-tori di un’antenna para-bolica Sky non c’è via discampo, perché le altreemittenti televisive nonoffrono nulla di meglio,anzi, offrono il peggio chela televisione è riuscita a

produrre negli ultimi ven-t’anni, lo guardano per ri-dere dei bisticci con lalingua italiana dell’enne-sima modella sconosciutaa cui conviene tacere, senon vuole essere travoltadalle mille battute sarca-stiche di un presentatoreabbigliato con un abito di

dubbio gusto, lo guardanoe ascoltano canzoncineinsignificanti, ognuna co-pia dell’altra, che fra unmeno di un mese dimenti-cheranno. Povero Verdi, se potessevedere o meglio sentireciò che la musica nazio-nale ed internazionale staproducendo rimarrebbe

inorridito, lui,che ha conse-gnato all’im-mortalità ilmito del BelCanto Italia-no. Ormai lamusica italia-na viene sot-tovalutata apriori, consi-derata di se-rie B rispettoalla sua “illu-strissima” so-rella statuni-tense, semprepiù cantantiitaliani com-pongono e

cantano in inglese, di-menticando forse che perpiù di duecento anni l’Eu-ropa ha cantato in italia-no, che per più di due-cento anni la nostra è sta-ta La Lingua della Musica.Ora non più, ma ora delresto non esiste nemme-no più La Musica, c’è mu-sica, anzi musiche e musi-che, una peggio dell’al-tra, in cui ciò che contarealmente è l’immagineche l’artista riesce a daredi sé: del duro, del buonoo del cattivo, non importaquale, ciò che importa èche sia belloccio ed impa-ri a memoria qualche ele-mentare coreografia espenda miliardi in videospettacolari. E’ l’involucro, la confe-zione, il fiocco che ador-na il pacco, non il suocontenuto effettivo checonta. Per questo nasco-no canzoni a breve sca-denza, canzoni che appe-na nate si avviano già lun-

go il cupo viale dell’oblio,destinate a vivere unanotte lunga un’estate epoi a spirare, falene bru-ciate dall’intensa luce diuna lampada alogena. Mase si vendessero questemerci scadenti, ad altotasso di deterioramento,a prezzi bassi, degni delloro effettivo valore, pro-babilmente il mercatomusicale non avrebbeproblemi, ma in questo ri-siede il paradosso: l’ulti-mo disco dell’ultimo rap-per appena sfornato dallefornaci americane vienevenduto a non meno di 30euro, somma considere-vole, che certo non tuttipossono permettersi di in-vestire per un tale fine,pertanto si ricorre agli in-gegnosi sistemi che inter-net ci mette a disposizio-ne, si ricorre ai portaliche offrono gratuitamen-te musica pirata. E cosìgli ingranaggi della musi-ca si bloccano, e non pos-

sono che procedere insenso inverso, creandoogni giorni “nuovi mo-stri” nella speranza diuscire da un baratro incui non si scorge luce.La Stella della musicaha smesso, però, di bril-lare, ha smesso con Sa-turday Night Fever (*LaFebbre del sabato se-ra*), quando la musicada discoteca si è impo-sta sul vecchio rock e loha calpestato, ingoiatoe poi risputato, rovinan-dolo però, dando vita adun Frankestein in cui sifondono scoordinata-mente suoni e ritmi chenulla hanno a che farefra loro. “This is the End” canta-va Jim Morrison, ma lafine è ora, se non si sa-rà in grado di riformareuna delle Arti *par ex-cellence*, non abbiamobisogno di un Mozart,ma “solo” di un FreddyMercury, capace di riac-cendere una fiammache da troppo tempolangue.

Musica: da consumarsi preferibilmente entro...segue dalla prima (Livia Granata)

Il regalo di complean-no più atteso è final-mente arrivato. Mi

alzo, mi vesto, colazio-ne veloce e poi... siparte! Sette ore diviaggio per poter esse-re lì, insieme alle200.000 persone, arri-vate da tutta Italia.Lui inizia a cantare suo-nando la chitarra; è ve-stito in modo semplice:un paio di jeans scolori-ti e una camicia blu.Dal maxischermo si ve-de il suo viso sorridentee soddisfatto, ma ciòche ha condotto tutti lìper ascoltarlo è soprat-tutto la sua voce un po’rauca e irresistibile. Al-l’attacco della sua pri-ma canzone “I ragazzisono in giro” la folla vain delirio: chi urla, chiagita le braccia, chimostra uno striscione.Tutti sono accomunatidalla stessa passioneper lui, Luciano Liga-bue, e cantano a squarciago-la le sue canzoni. Le primeparole del cantante lascianoi fans meravigliati e conten-ti : “Allora ci siete davveronon è una balla. Beh, ho una

notizia per voi: anche noi cisiamo”. Questo è il segnoche il Liga si è impegnatodavvero tanto per non delu-dere il suo pubblico, dopodue anni di assenza dalle

scene live. Ha cerca-to di dare il meglio ela vista di così tantepersone l’ha com-mosso, dando un’in-tonazione particola-re alla sua voce acausa dell’emozio-ne. Il concerto è sta-to un viaggio attra-verso la sua carrieramusicale, da “Sognidi rock’n’ roll” finoal “Giorno dei gior-ni”, l’ultimo succes-so del Liga moltotrasmesso in radio,che fa parte dell’al-bum “Nome e cogno-me”.Un concerto in gran-de stile che si èsvolto il 10 settem-bre nell’ immensospazio del Campovo-lo a Reggio Emilia; ilcantautore si è mos-so su quattro palchicollegati da passe-relle. In uno ha suo-nato con il suo vec-chio gruppo, nel-l’altro con quellonuovo, nel terzo in-

sieme a un violinista e infineda solo con la sua chitarra.Le dimensioni dell’eventosono state colossali, ma aportare lì i numerosissimi

fans credo sia stato il forterichiamo che la sua musicaesercita nei cuori di ognuno.La musica, infatti, accompa-gna la vita di tutti e il Liga,avendo una carriera moltoricca alle spalle, ha regalatoforti emozioni ai fans che adogni canzone si sono proba-bilmente ricordati di un mo-mento particolare della loroesistenza, o che semplice-mente condividono le suestesse idee. Il momento piùtoccante è stato sicuramen-te quando il Liga ha suonato“Certe notti”, canzone sim-bolo della sua carriera. Tutti

si sono immedesimati nellacanzone fino a commuoversied è stata un’emozione for-tissima vedere come tuttequelle persone, così diversetra di loro, abbiano potutosentirsi unite e comprender-si attraverso la sua musica.Molti pensano che siano sta-ti solo i fans ad avere “sof-ferto”, poiché loro hannodovuto arrivare presto ilmattino per prendere i postied aspettare ore e ore perascoltarlo e per vederlo, ma-gari non da vicino come spe-ravano. Inoltre ci sono statiproblemi audio che hanno

scatenato moltissime lamen-tele. Molte, però, sono statele persone che hanno lavora-to per far funzionare tutto almeglio e Ligabue, prima diarrivare su quel palco e diessere applaudito da una fol-la così numerosa, ha dovutofare dei sacrifici e impegnar-si al massimo. Per me Ligabue è un mito elo stimo molto. Sono davverofelice di essermi fatta rega-lare il biglietto del concertoper il compleanno e di aversostenuto con gli applausie la voce il mio cantantepreferito.

Progetto grafico e impaginazione:

Favolarevia - Mauro Mainoli

Fotografie: favolarevia

Redazione

Direttore Resp.: Antonella Mariotti

Presidente: Mimma Franco

Anna Bruni - Giovanna Spantigati -

Paola Maggi - Alessandro Pugliese -

Elisa Pareti - Mauro Mainoli.

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Lamanuzzi (Capo redattore) - Livia

Granata (Capo redattore) - Anna

Baiardi (inviato) - Sara Serafin - Gia-

da Gatti - Simona Lucarno (inviato) -

Davide Varni (Capo redattore) - Ele-

na Pisa - Paolo Pareti (Capo redatto-

re) - Marcello Spinetta - Giorgia Bre-

sciani - Cecilia Sacco - Andrea Accati-

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Mini reporter

Stefano Pugliese (Capo redattore)

Piccoli Piccoli

Lisa R. Magnaghi (Capo redattore)

Cecilia Mariotti - Martina Ruta (Capo

redattore) - Sofia Falchetto (Capo re-

dattore) - Daniele Accatino - Marta

Poggio - Alberto Arzani - Fabio Porta

Scarta - Claudia Poggio

Piccoli Artisti

Carlotta Rubin, Victoria Ferrari

Collaboratori

Maria Serafini - Cristiana Nespolo -

Claudio Bertoletti - Cristina Bailo

Illustrazioni

Martina Delfanti - Carlotta Ruotolo

Vietato riprodurre senza autorizza-

zione testi, fotografie e impostazio-

ne grafica

Proprietà artistica letteraria

Casa Editrice

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15053 Castelnuovo

Scrivia (AL)

L i g a 4 e v e r !Giada Gatti

In queste foto e in prima pagina: alcune celebrità dell’hip-hop

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glio un banco laterale, dalla par-te della finestra e verso il fondodella classe) facevamo la conta diquanti giorni mancavano alla finee l’estate ci sembrava un po’ piùvicina.Che tristezza. Quella non era unascuola, per piacere chiamatelacon un altro nome.Che pena le lamentele dei profes-sori per il loro magro stipendio elo sfogo quotidiano delle loro fru-strazioni personali sugli studenti.Quando non c’è rispetto, quandoil ragazzo non è più al centro nondovrebbe chiamarsi scuola. Ladottrina imposta è una violenzacontroproducente in quel difficilee meraviglioso percorso che èl’apprendimento, la natura uma-na prevede una maturazione del-l’individuo e non una sua omolo-gazione a tappe in una essenzialee produttiva catena di montaggioche ha come solo scopo la produ-zione di un irreggimentato lavo-ratore.Ecco, chiamiamola fabbrica, “Lafabbrica dei bambini”, spezziamol’inganno dei nomi, da troppotempo chiamiamo missioni di pa-ci le nostre sporche guerre escuola ciò che in realtà nei labo-riosi disegni teorici di presidentie ministri dovrebbe risolversi nel-l’inculcamento di quelle pochematerie che servono al giornod’oggi per produrre e rendere ric-co il nostro stato.Ma ci sono ancora maestri e pro-fessori che difendono i loro alun-

ni e la loro missione di insegnan-ti, che credono e talvolta addirit-tura amano quello che insegnanoe ci lasciano in eredità curiosità,passione, felicità al posto di sbia-dite nozioni.Suvvia, qualcuna di queste ecce-zionali persone è capitata a tutti,la si riconosce subito dalla facciabuona, dolce, dal carisma che leillumina i movimenti e da quellacontinua voglia di evasione chel’accomuna agli studenti, ed èveramente capace di portare tut-to l’universo nella vostra aula conle parole, con i più disparati ma-teriali e di insegnarvi a liberarvidagli angusti confini di un libro odi un registro. Auguro a tutti imaestri appassionati e a tutti glistudenti nei quali vive un barlu-me di speranza di riconquistare illoro spazio ed il loro tempo. Allo-ra forse avrebbe senso quel gridouniversale. Finalmente è iniziatala Scuola! Al futuro servono uomini maturi econsapevoli e non marionetteservili e superspecializzate.Per ora accontentiamoci di entra-re nella fabbrica dei bambini, diaprire il diario e contare traquanti giorni tornerà l’estate.Per i più grandicelli invece andràsicuramente meglio. L’universitàè un altro mondo. Il mio consiglioè di cercarsela in una città diver-sa da quella nella quale si è natie vissuti, di seguire le propriepassioni nella scelta del corso an-che se tutti vi ripetono che non ci

sono sbocchi lavorativi, perchénon stanno valutando quanto va-lete e non possono vedere comeplasmerete il vostro destino.E poi scegliete bene l’ateneo nelquale passare gli anni più intensidella vostra vita, l’università nonè più solo studio, è anche passeg-giate nei parchi e nei centri stori-ci con le amiche, feste pazzequasi tutte le sere, incontri, amo-ri, esperienze lavorative, viaggi…E’ importante la qualità della no-stra vita, le opportunità che unateneo sa offrirci non solo in ter-mini di rinomati professori. Me-glio che non parlo della mia espe-rienza perché farei troppa pub-blicità alla città della quale misono innamorata, ai miei amici,al mio fidanzato e si sa che gli in-namorati non sono affidabili,l’entusiasmo è una lente che de-forma ed è una strada già trac-ciata.Poi si fa i conti anche con la no-stalgia della propria casa e dellapropria terra come canta SimoneCristicchi in “Studentessa univer-sitaria” ma è solo attraverso que-sto percorso di allontanamentoche sapremo riavvicinarci ed ap-prezzare il nostro luogo natio…“Ricordi la corriera che passavalenta, sotto il sole arroventato diSicilia / I fichi d’India che cresce-vano disordinati ai bordi dellestrade / Lucertole impazzite, lepoche case… / Ricordi quel profu-mo dolce di paese e pane caldo,/ i pomeriggi torridi, la piazza, ladomenica,”. Ho sempre creduto che Alessan-dria fosse una brutta città pienadi nebbia, zanzare, provinciale,senza tracce della sua storia, sen-za divertimenti e futuro. Poi dopoaver viaggiato in lungo e in largosono tornata e l’ho trovata unica,stimolante e meravigliosa. Studiare è sempre un viaggio, an-che se cercano di legarci ad unasedia ed ad un banco.In bocca al lupo a tutti, insegnan-ti e alunni, comunque vada ab-biate fede, l’ho già sperimentato,prima o poi l’estate arriverà.Concediamoci ancora un viagget-to, questa volta nel tempo e ve-diamo cosa combinavano gli stu-denti universitari di Pavia tantianni fa (da “Università di Pavia”di M.C. Zorzoli).Nel corso del Cinquecento gli stu-denti persero gradualmente i loroprivilegi e le loro esenzioni fisca-li, e persero tutti quei vantaggiche, insieme alla giurisdizione

speciale, in un non troppo lonta-no passato avevano contribuito aco struire l’immagine felice dellostudente universitario, soggettoprivilegiato ed auto nomo, liberonelle sue scelte e nelle sue azio-ni, sciolto da qualsiasicondizionamen to che gli potevaderivare dall’ambiente in cui agi-va.A quel tempo gli studenti univer-sitari la libertà e l’autonomia sela dovevano costruire e difendereda soli, all’occorrenza con l’usodelle armi e scatenando in cittàrisse e tumulti. E la città che liospitava non era certo dispostaad accordare rispetto a questi po-co rassicuranti universitari che“sono una terza specie tra lo sco-lare e il soldato, anzi che sonol’uno e l’altro insieme”, né erasempre disposta a ricono scer loroprotezioni e privilegi.Le cerimonie d’apertura dell’an-no accademico, nel giorno di San-ta Caterina, si trasformavano ri-tualmente in risse, che celebra-vano la tradizionale “spupillazio-ne” delle matricole.Intervenivano le autorità cittadi-ne a sedare i tumulti, interveni-vano Senato e Ve scovo, si pubbli-cavano gride e ordini, si minac-ciavano bandi e sempre più gravipunizio ni; ed ogni anno si doveva-no puntualmente rinnovare inuti-li divieti.Analoghe occasioni erano costi-tuite dalle onoranze che celebra -no la chiusura dell’anno accade-mico, nella ricorrenza di San Gio-vanni. Ancora, tu multuosi festeg-giamenti accoglievano la fine deimesi dell’inverno. Per le ferie delcar nevale poi, durante le qualil’attività accademica era sospe-sa, la città si ritrovava di nuovo instato di assedio. Neppure le piùimportanti ricorrenze religiosegarantiva no alle autorità cittadi-ne la possibilità di celebrare i ritisolenni con la dovuta tran quillitàe pompa; erano soprattutto i cor-tei per le celebrazioni del CorpusDomini e della festa delle SS. Spi-ne, le tradizionalissime occasionidi di vertimento che gli universi-tari ogni anno si concedevano acarico della cittadinan za.La cerimonia del conferimentodel dottorato, che era la rappre-sentazione più si gnificativa che loStudio pubblico poteva offrire al-la città, veniva vissuta in un climadi guerra: chiuse le botteghe, ab-bandonati i negozi lungo tutto ilcorso, deserto il centro della cit-

tà lungo il percorso che il lau-reando e il corteo che lo accom-pagna dovevano coprire, dopo ladiscussione pubblica dell’esamedi laurea, verso il luogo in cui eraconferito il dottorato, dalla sededello Stu dio al Vescovato; scarsa,o comunque ridotta al minimo, lapartecipazione del pubblico cit-tadino alla cerimonia. Sempre piùnumerose si accumulavano sul ta-volo del Pretore le istanze di cit-tadini che lamentavano le intem-peranze degli studenti. Si lamen-tavano i cittadini del “rito” checelebravano da sempre gli stu-denti, con il “continuo battere eribattere che fanno violentemen-te detti scolari nel passare collau reato, e non solo scardinano leante delle botteghe della contra-da di S. Rocco lungo l’itinerarioche dal vescovato porta all’Uni-versità, ma usano insultare i bot-tegai e gettare sossopra le merci”(relazione del Podestà di Pavia alSena to 3 dicembre 1674).Non necessitavano poi agli uni-versitari particolari ricorrenzeper aggredire i fanti del pretorio,ogni volta che questi si azzarda-vano nelle vicinanze dello Studio;e rituali so no le zuffe tra gli uni-versitari e gli scolari che frequen-tavano le scuole dei Padri Ge -suiti.Ma, soprattutto, gli universitari sipicchiavano tra di loro: gli stu-denti “pubblici” contro i collegia-li, gli studenti “sciolti” contro glistudenti “del papa”, studenti “dispada” contro studenti “di sovra-na”.La presenza dei collegi universi-tari in Pavia non era soltanto al-l’origine dei conflitti che si ac-cendevano tra i contrappostigruppi di studenti; ma, dopo la

creazione nel Cinquecento deigrandi collegi della Riforma cat-tolica, incise su tutta la strutturadello Studio generale e pubblico.Preoccupazioni di ortodossia reli-giosa si accompagnavano, negliinterventi della Chiesa postriden-tina, all’esigenza di un più severocontrollo del comportamento edella morale dei giovani e ad unmutato atteggiamento nei con-fronti della gioventù e della vitastessa. Le autorità ecclesiastichemanifestavano in generale unacrescente diffidenza nei confron-ti degli Studi pubblici, luoghi di li-beri incontri e libere discus sioni,potenziali occasioni di vita disor-dinata e incontrollabile, dove“l’esser immo derati in tutte lespecie di dishonestà, par che siauna gloria generosa...”.Ancora oggi, nelle notti più buie,tra le vecchie torri e gli stretti vi-coli in pietra capita di incontraregruppi di giovani avvolti in lunghimantelli o sentire grida, impreca-zioni, canzonacce ed assistere ascontri ed assalti alle antiche mu-ra dei collegi. Gettano uova mar-ce, ostruiscono le porte con cari-chi di letame, si arrampicano co-me ragni sulle impalcature di unatorre pericolante per posizionareuno striscione. E a due passi lastazione dei carabinieri e le casecon le famiglie svegliate nel son-no. Ma nessuno si muove, sonostudenti e per loro c’è un altromondo ed altre leggi.Il bambino irreggimentato ed ilragazzo scapestrato sono il fruttoestremo e complementare diquesto difficile rapportarsi con lagioventù. Da secoli compito ar-duo per governi, insegnanti e ge-nitori è sempre lo stesso, l’edu-care ed il capire i più giovani.

Finalmente inizia la scuola!segue dalla prima (Elisa Pareti)

Magari i bambini facessero oh, invece fanno anche “maestra, lei non mi lascia inpace”, “maestra, lui mi schizza”, “maestra, mi scappa la pipì”, “maestra,quand’è che si mangia?”, “maestra, mi si è tolta la crosta”…Quest’estate ho

lavorato come aiuto-educatrice al centro estivo di Tortona; quasi duecento bambinitra i sei e gli undici anni, divisi in gruppi da seguire allo chalet o in piscina o in altregite. I primi giorni tornavo a casa con un mal di testa allucinante, ma col tempoanche al frastuono di almeno quaranta vocine “scalpitanti” ci si fa l’abitudine. Sonofiglia unica, non ho quasi mai a che fare con i bambini, ma quest’esperienza me li hafatti scoprire. Hanno tante caratteristiche comuni: sono vivaci, spontanei, ingenui,ma ad osservarli con attenzione ognuno ha una qualità che lo rende unico. Più sononumerosi più diventano scatenati, ma presi singolarmente sono tutti, ciascuno amodo suo, dolci e affettuosi. La cosa che mi ha colpita di più è il loro bisognodisperato di protezione, punti di riferimento e modelli da imitare, e proprio noieducatrici abbiamo, all’inizio inconsapevolmente per quanto mi riguarda, rivestitoquesto ruolo. Oltre ai bambini e alla loro inesauribile carica di gioia e vitalità, alcentro estivo ho scoperto anche un nuovo lato di me stessa. Dopo una decina di anniche non lo facevo, mi sono ritrovata a giocare al lupo mangia frutta, a un due trestella, a nascondino. È stato strano, in principio imbarazzante, ma, a pensarci bene,liberatorio e rasserenante. Così ho concluso che per me i bambini sono stati unmezzo per crescere e arricchirmi, un’iniezione di colori dopo un grigio anno di studio.Credo che un’attività come quella che ho svolto io possa aiutare tanti ragazzi dellamia età a maturare il proprio senso di responsabilità, perché con i bambini civogliono attenzione e buon senso, e al tempo stesso a tenere in vita i bambini chepoco fa eravamo e che sono ancora dentro di noi, con la loro spensieratezza, allegriae vivacità, cercando di conservare queste qualità che danno colore al rapporto congli altri e ai momenti grigi della vita.

I b a m b i n i f a n n o o hMarta Lamanuzzi

Vermeer - Geografo, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut

foto

Fav

olar

evia

Foto Favolarevia

Page 4: Il Mosaiko Kids 9-2005

4

In partenza per un’avventu-ra lunga quasi 10 mesi (vilascio immaginare le di-

mensioni della mia valigia)vorrei approfittare dello spa-zio concessomi su questo gior-nale per salutare tutta la re-dazione e i miei lettori, se neho qualcuno. Non preoccupa-tevi, sarò qui ancora a tor-mentarvi e a condividere lemie opinioni con voi, solo chelo farò da un po’ più lontano.Sarò la vostra inviata a Londrao meglio a Reading, cittadinaadagiata nel verde poco aovest della capitale. Da là inalto vi parlerò delle sorpreseche incontrerò sulla mia stra-da, di ciò che colpirà la miamente costringendola adaprirsi un po’. In effetti nonsarò poi una vera inviata, vi-sto che a inviarmi ci ho pensa-to da sola. Parto per entrarenella grande famiglia deglistudenti Erasmus, questo ilnome di un fantastico proget-to europeo (che è attivo or-mai da circa 15 anni) di scam-bio di studenti tra le universi-tà, per periodi dai 3 ai 12 me-si, perché è coi crogiuoli e lemescolanze che si impara adessere europei. Nell’universi-tà ospitante si continuano afare le stesse cose: corsi, esa-mi, lezioni, seminari, tesi ostage. Attività che seppureancora con qualche difficoltàdevono finire con l’essere ri-conosciute al rientro. Stavoanche pensando di scrivervi in

inglese, ma forse anche no,faccio già abbastanza fatica afarmi capire nella mia linguamadre. Comunque approfittodell’occasione per fare unabella intervista a me stessa,con la presunzione che vi pos-sa addirittura interessare.Certo a tutti no, ma quelliche come me coltivano dasempre il sogno di viaggiare emeritarsi il titolo di cittadinidel mondo… adesso sanno diavere anche questa possibilitàper farlo.

15 giorni alla partenza (23

settembre), poi Reading sarà

la tua casa, altra lingua, al-

tra gente, 9 mesi lontana da

famiglia e amici. Non è una

scelta facile, come ci sei ar-

rivata?

No, non è affatto facile e in-fatti ho avuto bisogno di tem-po e preparazione per pren-dere questa decisione. Inrealtà avevo deciso che sareistata un’Erasmus dal primogiorno che ho letto su un vo-lantino di questa possibilità,ma dall’idea al concretizzareun sogno… c’è voluto non po-co.Come te partono ogni anno

centinaia di studenti dalle

università di tutta Europa.

Cosa pensi sia il motivo che

spinge a partire?

Oddio, io sono io e ognuno hale sue motivazioni, non diamotutti lo stesso significato auna partenza. L’Italia anzi re-sta un po’ indietro rispettoagli altri paesi europei. In al-cuni gli studenti devono par-

tire come par-te della loroformazione, in altri ogni annoè una lotta incredibile ai po-sti perché vogliono partiretutti. Da noi difficilmentevengono occupati tutti i po-sti. La verità è che in effettisiamo un popolo di mammoni.Gli ultimi a iniziare a contri-buire al reddito familiare, gliultimi ad uscire di casa, a co-struirsi una nuova famiglia.La verità è anche che siamocosì abituati bene e così pocopropensi a rinunciare alle no-stre comodità da aver svilup-pato capacità di adattamentoridotte al minimo, quasi atro-fizzate. Lasciare l’Italia pernoi non è solo lasciare lamamma, la sua lavatrice e ilsuo ferro da stiro. Con loro cilasciamo alle spalle le nostrecertezze, il parmigiano, i sa-

lumi, gli agno-lotti fatti in

casa e le arance di Siciliaspremute amorevolmente seabbiamo l’influenza, insom-ma, abbiamo molto più daperdere se lasciamo il ‘BelPaese’ di altri già abituati acavarsela e darsi da fare, eper questo pochi sono dispostia farlo.E allora sull’immaginario

piatto della bilancia cosa pe-

sa a favore dell’Erasmus?

Si tratta di un’esperienza as-solutamente positiva, non c’èdubbio, che anzi dovrebbe ab-bracciare il mondo e non es-sere limitata all’Europa. Ilproblema è che i vantaggi so-no molto meno sicuri, richie-dono uno sforzo d’immagina-zione, gli agnolotti invece so-no concreti, reali. Dall’altrac’è la promessa di apprendere

fluentemente una lingua, chenon sempre si concretizzaperché ci vuole comunquebuona volontà, non basta es-sere sul posto se poi non si re-siste alla tentazione di parla-re solo con connazionali. C’èla possibilità di conoscere al-tre culture e persone di mol-ti paesi e aprire un po’ i pro-pri orizzonti mentali. È unapalestra per imparare a cam-minare con le proprie gambe,a fare a meno del proprio ni-do, a prendere il volo. È un’e-sperienza apprezzata anchedai datori di lavoro. Ma so-prattutto almeno stando aquello che dicono quelli chesono tornati è un’esperienzache ti cambia dentro e di si-curo in meglio. L’unico neo èl’amaro che ti lascia quandofinisce, perché resta tra lecose belle che non tornanopiù, troppi gli addii, è quasicome il risveglio da un sogno,doloroso perché bellissimo.Di che cosa si ha paura prima

di un viaggio del genere?

Dipende, io o mia madre? Leiha paura degli attentati, de-gli aerei, dei delinquenti, cheio non mangi abbastanza masoprattutto che io trovi là l’a-more e non torni più.Io di non trovare tutto comeprima al mio ritorno, comeperdere il mio posto sulla gio-stra della vita per essere sce-sa per un po’ mentre lei an-dava avanti anche da sola. Eun po’ anche delle difficoltàche dovrò affrontare da sola.E basta. Sono quelli che re-stano a vivere peggio la cosa.

“Partire è un po’ come mori-re” sembrano pensare, senzaaccorgersi che oggigiorno ledistanze non sono un proble-ma insormontabile. Io confes-so di aver iniziato a prepara-re parenti e amici all’eventoun anno prima, ma non è ba-stato, anche così hanno datosegni di isterismo e squilibrimentali, per niente d’aiuto,così che una volta partita cre-do proprio che il peggio saràpassato.Quante difficoltà hai incon-

trato per concretizzare que-

st’esperienza?

Moltissime, organizzare unErasmus è un’impresa non dapoco e l’aiuto scarso, chi puòaiutarti non lo fa e chi vor-rebbe farlo non ne è capace.Così i troppi problemi da ri-solvere portano spesso a vive-re sotto pressione e manife-stare segni preoccupanti distress. Scadenze, documenti,docenti da contattare perchéaccettino i corsi che vai a se-guire nel paese ospitante,cercare alloggio, comprare ilnecessario, per non parlaredell’aiuto che serve sul posto,alle prese con permessi disoggiorno, assistenza sanita-ria, rette e tasse da pagare,riuscire a orientarsi in un si-stema universitario comple-tamente diverso e altro anco-ra. Se ci riesci, forse è questoche ti cambia.Cos’è per te l’Erasmus?

Una sfida con me stessa e imiei limiti, una prova per di-mostrare che posso farcela esoprattutto un’opportunità.

I l p r o g e t t o e u r o p e o E r a s m u s

L a s c i o t u t t o e v a d o v i a . . .L a n o s t r a r e d a t t r i c e i n I n g h i l t e r r a p e r 1 0 m e s i

Silvia Pareti

Quest’estate ho trascorsoun periodo di vacanzacon i miei genitori in

montagna e precisamente sulleDolomiti. Quello che ho notatoimmediatamente è il fatto chein queste zone non si può fareun passo senza imbattersi in

un “segno” della grande guer-ra. Spesso questi segni sono isentieri stessi lungo i quali sicammina, i rifugi dove ci si ri-stora, le ferrate, i punti che siattraversano. Aiutata dallastraordinaria bellezza di questiluoghi – il verde dei prati e deiboschi, l’azzurro del cielo,qualche macchia bianca deipendii innevati – mi sono fer-mata a fare alcune riflessioni.Per molti mesi queste monta-

gne furono abitate da migliaiadi soldati pronti a partire inazioni d’assalto per conquista-re una posizione o per difen-derla. Alpini e fanti, che moltoprobabilmente non sapevanoneppure perché erano lì, asso-ciarono la bellezza di questemontagne con il rumore assor-dante dei cannoni e il ritmo os-sessivo delle fucilate. I resti dialcuni baraccamenti in legno,tracce di filo spinato, cammina-

menti, gallerie scavate nellaroccia e lunghe chilometri, ri-strutturazioni di trincee costi-tuiscono un museo a cieloaperto. Un museo del periodopiù tragico per la storia d’Euro-pa, un campionario degli orroridi una guerra che aveva per laprima volta coinvolto quasi tut-te le nazioni del vecchio conti-nente. Ma anche un monito perricordare e ritrovare il sensodella memoria storica, che qui

sta tutto nel di rifiu-to a ricorrere allaguerra come mezzoper risolvere qual-siasi problema. Fuuna guerra strana,combattuta sulle ci-me dei monti e sulle

pietraie assolate d’estate e nel-le tormente di neve d’inverno.Morirono migliaia di giovani daentrambe le parti per conqui-stare una cima, un passo, e perpoi doverlo perdere magari ilgiorno dopo. Assurdi assalti di-sperati a postazioni inaccessi-bili e quindi inespugnabili. Traqueste montagne si scontraro-no due eserciti con le oppostevolontà di avanzare o far retro-cedere. Una massacrante guer-ra di trincea e di artiglieria chelasciò segni indelebili sulle Do-lomiti. Tutto questo fa medita-re sull’assurdità della guerra;di tutte le guerre. Rimane il fat-to che i posti sono favolosi e lospettacolo di queste montagneunico.

p e r r i t r o v a r e i l s e n s o d e l l a m e m o r i a s t o r i c a

S u l l e D o l o m i t i , t r a i f a n t a s m i d e l l a P r i m a g u e r r a M o n d i a l e

U n a v a c a n z a i s t r u t t i v aCecilia Sacco

Foto grande dietro al titolo: la vetta del Monte Pasubio, devastata

dalle esplosioni. Foto piccole: in alto, un manifesto dell’epoca; in

basso, soldato in trincea.

Page 5: Il Mosaiko Kids 9-2005

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La pausa estiva lascia il postoalla ripresa a pieno ritmodelle attività, e la Redazione

del Mosaiko si trova subito ad af-frontare un importante quanto at-teso appuntamento: il Comune diTortona finanzierà un punto delprogetto “Nella tana del lupo”presentato a Firenze durante uncongresso internazionale FEDER-SERD. La nostra iniziativa di lottaalle dipendenze patologiche co-mincia, così, ad assumere la for-ma concreta di un concorso per lascelta di un logo o di una frase dautilizzare come simbolo identifi-cativo del progetto e come veico-lo efficace di sensibilizzazione alproblema delle tossicodipenden-ze. Il concorso porta il titolo “Stu-

pefacente è solo la nostra creati-vità” ed è rivolto a tutti gli alun-ni delle scuole medie superiori di1° e 2° grado. Il logo o la frase daindividuare devono porsi il se-guente obiettivo: 1) raggiungere il maggior numeropossibile di giovani e creare unaimmediata presa di coscienza del-la pericolosità delle dipendenzepatologiche;2) proporre ai giovani valori alter-nativi, in modo da incanalare ilmalessere verso l’impegno socialee il volontariato.I lavori giudicati più meritevolisaranno premiati secondo le se-guenti modalità, ancora in parteda definire:1° premio assoluto Scuole Supe-riori di 2° grado: € 2.000 alla

scuola, macchina fotografica digi-tale all’alunno o alla classe vin-cente. 1° premio assoluto Scuole Mediesuperiori di 1° grado: € 1.500 al-la scuola, macchina fotograficadigitale all’alunno o alla classevincente. L’elenco completo deipremi che verranno assegnati dal-la Commissione Giudicatrice saràpubblicato prossimamente sul Mo-

saiko.

In tempi in cui le istituzioni sem-brano piuttosto lontane dai pro-blemi concreti che gli adolescentisi trovano ad affrontare ogni gior-no, il Comune di Tortona che si as-sume l’impegno di sostenere unprogetto realizzato dai giovani eai giovani rivolto ci pare un’ecce-zione davvero luminosa.

Mimma Franco

Al v ia i l progetto “Nella tana del lupo”

Il Comune di Tortona ama i giovaniI primi dettagli del concorso per una frase e un marchio identificativo

PPostaostaIn risallapro

ATTENZIONE!!!

La rubrica di posta ha un nuovo indirizzo e-mail:[email protected]

(fate attenzione, è tutto minuscolo!)

Ricapitolando, da oggi le e-mail con consigli suggerimenti suppliche ringraziamen-

ti lamentele proteste appelli lagnanze lettere minatorie richieste di riscatto …

vanno inviati all’indirizzo lì sopra. Qualsiasi e-mail è molto gradita!Grazie a tutti

Caro Davide,leggo il mosaiko kids da pochi mesi, ma sono molto contenta degli articoli che scrive-te, e vorrei tanto leggere anche quelli che mi sono persa. Trovo molto divertenti gliarticoli di Marta e quello sull’autobus era davvero divertente (… mi spiace, devo ta-gliare un po’ di complimenti, comunque molto graditi: stai tranquilla, arriveranno tuttia destinazione - Nd Davide)Tra gli articoli più seri, avevo letto anche il tuo sui videogiochi e sono rimasta scioc-cata anche se io non li compro. Mio fratello però sì, allora gliel’ho fatto leggere (…) matu sei favorevole alla pirateria dei videogiochi? Perché l’ultima frase dell’articolo nonera molto convincente. Tantissimi saluti

E io che pensavo di avere un’estate tutta riposo, mi tocca rispondere a certe doman-de così complesse che non basterebbero due libri (spessi). Dunque, in effetti, rileg-gendola, l’ultima frase suonava un po’ frettolosa, buttata lì, poco convincente. Allorasintetizziamo qualche motivazione più corposa: comprare giochi piratati significa pri-vare tutti coloro che hanno progettato il gioco (programmatori, sviluppatori, quelli chelo confezionano, ma anche il grossista e il negoziante) della loro paga. Potrebbero mo-rire tutti di fame. Come se, tanto per intenderci, tuo nonno offrisse la paghetta a tuofratello perché tu fai tutto il lavoro ma lui è il primo ad andare a dire che ha finito.Un po’ contorto ma chiaro. Così non gira l’economia e nessuno ti dice grazie (ma nean-che se lo fai, a dire il vero). Oppure, facciamo un esempio più pertinente: tu non com-pri il mosasiko kids ma lo leggi a casa di una tua amica/o. Se altri vanno a leggerlo dalei, magari la tua amica, stufa del continuo viavai di gente che non vuole perdersi la miarubrica di posta, farà delle fotocopie. Nessuno allora compra più il giornale. Io mi ar-rabbio, non scrivo più niente perché il mosaiko non lo legge nessuno e in tre mesi ilgiornale va in malora. Lo stesso potrebbe accadere con la variegata industria non so-lo videoludica, ma anche cinematografica. Niente più film con Brad Pitt perché nessu-no spende per andare a vederlo al cinema ma aspetta i dvd a 5 euro che escono duegiorni dopo il film. Possibili soluzioni al problema? Quella che va per la maggiore è au-mentare il prezzo dei dvd vuoti: non si risolve il problema ma ci si guadagna sopra. Piùche una soluzione, è un “contentino”. Certo, tutti potrebbero comprare solo roba au-tentica, ma non è affattofacile, guarda che prez-zi… Naturalmente di so-luzioni ce ne sarebberoaltre, ma come hai dettotu non compri videogio-chi, quindi non ti sareb-bero utili, e io ho finito lospazio. Addio… fino almese prossimo

Davide

[email protected]

di Davide V

arn

i

C’era una volta unbambino picco-lo che non aveva

le mani. Lui da piccolopensava che la sua vita ètroppo difficile, che luiera troppo brutto, inveceno, era lui che pensavamale. Le persone diceva-no “Mi dispiace che èsenza mano, poverino”La sua mamma era trop-po preoccupata perchélei non sapeva come fareper il suo futuro. Lei nonstava bene,aveva tantip r o b l e m i ,aveva sem-pre tantipensieri, eraa f f a n n a t a .“Cosa devofare”, era tri-ste, pensavache suo fi-glio eratroppo brut-to perchéuna voltanon c’eranole mani finteche si pote-vano mettere. Poi la suamamma capisce che de-ve provare a stare bene eavere bei pensieri. Ilbambino vuole esseresempre felice e usare lemani. La sua mammapensava che a suo figliopotesse crescere un’altramano ma non era cosìperché quel bambino eranato così. Il bambinoaveva visto un bel cane.Il bambino non riusciva a

prendereil canep e r c h éera senzamani. È

difficile, ma lui si abituacon i piedi e può prende-re il cane. La sua mammaprova a chiedere ad undottore se si può fareun’operazione. Ma ilbambino non voleva,piangeva si lamentavasempre perché avevapaura dell’operazione. Ilbambino aveva capitoche ci sono le mani fintema la sua mamma non losapeva perché era una

cosa segreta che quelbambino non aveva volu-to raccontare a suamamma. Ma lui deve ca-pire che non va bene te-nersi troppo i segreti.Lui deve riuscire a rac-contare a sua mammadelle cose che gli succe-dono; e la sua mammanon voleva dire al bambi-no le cose segrete per-ché il bambino si agitasempre, è sempre pen-sieroso, pensa semprealla mano finta. Dopodue mesi il bambino ave-va capito che si può usa-re la bocca oppure il pie-

de per scrivere le lettere.Il bambino di notte nondorme vuole allenarsiper muoversi senza ma-ni. Sua mamma sente ilrumore del bambino; luiprova ad aprire la portacon il piede e scivola dal-le scale. Loro vivono inuna casa un po’ vecchiae il bambino aveva sco-perto una mano finta vi-cino alle scale. Lui haprovato a prendere lamano e un filo per legar-la al braccio. Il bambino

era emozio-nato di potermuovere lamano, la suamamma havisto ed erastupita. “Fi-nalmente!” Sisono abbrac-ciati e gli di-ceva “Hai unabella mano,sei bellissi-mo, tu puoitoccare tutto,prima ti muo-vevi male, ma

adesso sono molto con-tenta.” Erano molto emo-zionati, giocavano insie-me e anche lui adessopoteva prendere una pal-la.

Emanuele Ruta.

Grazie Emanuele per la

tua favola. E per averci

ricordato, ancora una

volta, che un bambino

disabile si accetterà solo

quando si sentirà accet-

tato dalla sua mamma.

Così come è.

Giovanna Spantigati,mamma di Emanuele.

Emanuele Ruta

Emanuele racconta

S e n z a m a n i . . .Quando la vita sembra troppo difficile

Concorso nazionale per la scelta di un logo o di una frase

Il Comune di Tortona e l’ASL 20, Dipartimento Interaziendale delle dipendenze, in

collaborazione con il mensile per ragazzi Il Mosaiko Kids, organizzano un Concorso

Nazionale per la realizzazione di un un marchio (composto da un logo e da una

breve frase) da utilizzare come emblema del progetto di lotta alle dipendenze pa-

tologiche ideato dalla redazione de Il Mosaiko Kids e approvato dalla Federserd (Fe-

derazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze).

Il concorso è rivolto agli alunni delle Scuole Superiori di 2° grado e del-

le Scuole medie superiori di 1° grado ed è diviso in due sezioni:

1. Crea un logo per la campagna di lotta alle dipendenze patologiche2. Inventa una frase per la campagna di lotta alle dipendenze patologiche

Per ciascuna delle due sezioni la giuria sceglierà rispettivamente un solo logo ed una

sola frase da utilizzare per contrassegnare tutto il materiale prodotto per le finalità del

progetto.

PremiScuole superiori di 2° grado

1° premio assoluto: € 2.000 alla scuola, macchina fotografica digitale all’alunno o

alla classe vincente.

Scuole medie superiori di 1° grado1° premio assoluto: € 1.500 alla scuola, macchina fotografica digitale all’alunno o

alla classe vincente.

100 elaborati ritenuti particolarmente meritevoli verranno, inoltre, raccolti in un

volume che sarà pubblicato dalla Casa Editrice Favolarevia.

L’elenco completo degli ulteriori premi che verranno assegnati sarà reso noto dalla

Commissione Giudicatrice.

I lavori dovranno pervenire a mezzo del servizio postale entro e non oltre il

01/03/2006 al seguente indirizzo:

Favolarevia editore, via Carlo Alberto, 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL).

Per informazioni telefonare al numero 338 5369664.

e-mail: [email protected]

Stupefacente è solo la nostra creatività...

Il manifesto del concorso. Il disegno è di Carlotta Ruotolo,il progetto grafico di Favolarevia.

SerafiniOnoranze e trasporti funebri

Castelnuovo Scrivia (AL)via Milano, 75

Telefono: 0131 826811Cellulare: 347 9643100

Page 6: Il Mosaiko Kids 9-2005

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Centro studi A l e x a n d r i aSpalto Borgoglio 59 - 15100 Alessandria

Tel - fax: 0131 442483 E-mail: [email protected]

Scuola Elementare Paritaria(per bambini di 5/6 anni)

La scuola Elementare Paritaria Bilin-

gue rappresenta ormai nella nostra

città un punto di riferimento. Presso la

nostra scuola le lezioni di molte mate-

rie, soprattutto del gruppo scientifico,

si svolgono in Lingua Inglese. Inoltre

nel momento in cui i bambini conse-

guono la Licenza Elementare sono in

grado di utilizzare l’evoluta padronan-

za della Lingua Inglese acquisita, per

conseguire anche le prime Certifica-

zioni Linguistiche Internazionali.

British Institutes

Deutsch Institut

Instituto Velàzquez

Via Mazzini, 50I s o l a S a n t ’ A n t o n i o ( A L )

Tel. 0131 857569

B a r S p o r tdi Venicia e Tatiana

Pro

getto g

rafico F

avola

revia

Quando le Istituzioni sanno essere vicino ai giovani

Non è sempre una torre d’avorio...L’attenzione che il Prefetto di Alessandria dedica al Mosaiko è per noi un’iniezione di fiducia

Il Prefetto di Alessandria, dott.Vincenzo Pellegrini, ci scriveper incoraggiarci a proseguire

sulla nostra strada. I palazzi cherappresentano la Repubblica nonsono sempre torri d’avorio se adincarnare le istituzioni si trovanopersone che sanno instaurare undialogo con i giovani e coltivarlocon una carica umana la cui spon-taneità è sinonimo di sincerità.E di autentico affetto la redazionedi questo giornale ha un bisognodisperato: far sopravvivere unmensile nato per il puro desideriodi offrire spazi creativi a scrittoripiù o meno piccoli, e più o menobizzarri, è una lotta quotidianacon le logiche di mercato (e sispera siano solo quelle) a cui sideve assoggettare qualunque ini-ziativa editoriale.Ma a noi piace sognare, e per ilmomento riusciamo a farlo contutto l’entusiasmo e l’incoscienzadei principianti.Sapendo che c’è chi veglia sui no-stri sogni è più facile, per fortuna,lasciarsi trasportare lontano.

Mimma Franco

I n g r o s s o o r t o f r u t t i c o l i

T r o v a m a l a M a r i oStrada Sacco, 5 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

LA FABBRICA DI CIOCCOLATOproposta di Sofia Falchetto

Cari amici lettori, se nel tempo libero nonsapete cosa fare vi consiglio di leggereun fantastico libro intitolato:

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO, scritto da Roald Dahl.Questa storia narra di un ragazzino molto povero dinome Charlie; vive con i suoi genitori e con i suoi 4simpatici nonnini. Per il suo compleanno gli viene re-galata una squisita tavoletta di cioccolato Wonka cheè solito farsi durare molto perché, per il resto del-l’anno, è obbligato a mangiare zuppa di cavolo apranzo e a cena. Un giorno sente che in 5 tavolette dicioccolato Wonka sono stati nascosti altrettanti bi-glietti d’oro, chi li troverà potrà fare un giro nella fab-brica. Tutti si affannano per comprare tavolette, ma ilpovero Charlie no perché ha a malapena i soldi per vi-vere. Nonostante questo è molto fortunato in quantoriesce a trovare un biglietto d’oro e quindi visiterà lafabbrica insieme a 4 antipatici bambini; uno solo traquesti 5 rimarrà infine padrone della fabbrica, maCHI ????Non vi resta che leggere il libro per saperlo, ma pri-ma di salutarvi volevo dirvi che uscirà anche il film diquesta fantastica storia e, se è bello come il libro, viconsiglio di andarlo a vedere.

IL CODICE DA VINCIproposta di Andrea Accatino

Ore 16: la sabbia scotta sotto i miei piedi; il so-le cocente sovrasta imponente tutta la spiag-gia mentre io mi trovo sotto l’ombrellone, im-

merso nella lettura: neanche 35° mi smuovono!Sono intento a risolvere un complesso enigma crit-tografico e sto cercando di “aiutare” il Prof. RobertLangdon, studioso ed insegnante universitario, pro-tagonista del romanzo.Come molto probabilmente avrete capito sto leg-gendo il “Codice da Vinci”, un complesso thrillerscritto da Dan Brown, in cui si parla della Monna Li-sa, del Santo Graal e di un incontro “casuale” tra unuomo e una donna.523 pagine di pura suspence e colpi di scena per unthriller che è stato al top delle classifiche internazio-nali per mesi.Il libro mi è piaciuto perché agli ingredienti del thril-ler classico quali omicidi, sangue e indizi unisceparti storiche che lo rendono coinvolgente ed affa-scinante.Lo consiglio a chiunque non voglia leggere il “solito”giallo.

LeggereLeggere

Un taglio alla noia!

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Pikkol i P ikkol i

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Ritroviamo i nostri amici seduti in un “Saloon” con la panciapiena e la voglia di cercare. Ad un tratto suonò il tempo-cellulare di Popotus , facendo stupire tutti i cow boy;

quando rispose, Popotus sentì: “ Quello che sembra l’uomo piùumile è il più malefico”. Usciti dal Saloon Jane disse “Secondome l’uomo più umile è lo stalliere; quindi rechiamoci al maneggiodella città che è a due passi da qui”. Arrivati là chiesero infor-mazioni su dove era lo stalliere. Mentre girovagavano nel ma-neggio arrivò un’altra telefonata in cui una voce disse “ Il ca-vallo da lui più amato è il cavallo custode del tesoro…”.

Pikkol i P ikkol i

Mentre perorrevano il loro tragitto senza stancarsi, un dolce profumo catturò la

loro attenzione. Seguirono la

scia del profumo come due cala-

mite, fino ad arrivare sotto un lungo

stelo. Aveva poche foglie e in cima c’e-

ra un bellissimo fiore di molti colori.

Cleo annusò l’aria e disse: “Questo fio-

re ha un profumo delizioso! Si sente

fin da quaggiù!”. Dana, annusando an-

che lei, rispose: “Sì, è vero! Perché

non andiamo lassù per annusarlo me-

glio?” Così detto, decisero di salire e

dopo un po’ si trovarono dentro al fiore. Il

profumo che emanava il fiore era così in-

tenso da stordire le due formichine, che rimasero assopite per lungo tempo. Sdraiata su

di un petalo, Dana disse a Cleo: “Come si sta bene qui...non è vero Cleo?” Cleo la guardò

quasi assente e rispose: “Sì...sì...è vero...ma ora andiamo...(sospiro)...però si sta bene

qui...”. Passò ancora un po’ di tempo prima che le formichine decidessero di scendere.

Quando lo fecero, la discesa fu così precipitosa e distratta che caddero giù come due

pezzi di piombo. Si trovarono una vicina all’altra con le zampine all’insù e per un attimo si

guardarono con occhi sgranati, poi scoppiarono in una lunga risata. Ancora ridendo, ri-

presero il loro cammino un po’ barcollando e man mano che si allontanavano il forte pro-

fumo svaniva. Le formichine cominciarono a riprendersi e fu allora che capirono di esse-

re scampate ad un grave pericolo: potevano essere mangiate dagli uccelli.

C L E O L A F O R M I C AC L E O L A F O R M I C ACAPITOLO 5: UNA SCOPERTA PERICOLOSAdi Fabio Porta Scarta

favolarevia

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L a P o r t a M a g i c a

Favola di Lisa Rita Magnaghi, 5ª elementare

undicesima puntata

Ogni tanto, specialmente quan-do sono da sola, mi piace tan-tissimo fantasticare con il

mio adorato cagnolino Freddie. Conlui penso di essere un agente segre-to: io sono l’agente AIFOS 003 eFreddie è l’agente Jack. Con lui in-vento molte missioni. Quella su cuistiamo ancora lavorando è la missio-ne 008 Gioielli Smarriti. Io e Jackabbiamo come base la mia camera,che è anche una “camera dei viaggi”,o meglio è una stanza che ti permet-te di andare nei luoghi delle indagini.Per scambiarci i messaggi in codiceabbiamo diviso la casa in reparti;quasi tutte le missioni si svolgono nelreparto 3, cioè in giardino...Signori e signore, state per assiste-re allo svolgimento di una missione: lamissione “Funghi Avvelenati...”Appena ci chiamarono per risolverequesto caso io e il mio fedele amico,nonché aiutante, Jack non abbiamoesitato un attimo per andare a vede-re di che cosa si trattasse. Sul luogodelle indagini c’era anche l’agenteEneri (una mia amica), pure lei cerca-va di risolvere questo stranissimocaso, ma che caso?Praticamente un giorno la contessaBartolomea de Carli andò a racco-gliere i funghi nel suo orto, quando siaccorse che erano diventati tuttiblu.Lei pensò subito che erano dei funghidolci, colorati, invece dopo averli as-saggiati svenne e dovette stare permolto tempo in ospedale.Alcuni pensarono che se ne fosse ingozzata, altri ipotizzarono una stregoneria o una male-dizione, ma in realtà nessuno di questi pensieri, e nessuna di queste ipotesi era vera: la con-tessa era stata avvelenata, o meglio, i funghi erano stati avvelenati, per poi giungere all’av-velenamento della contessa.Allora io, l’agente Jack e l’agente Eneri abbiamo subito capito cosa fare: chiamare a rac-colta tutte le persone che nel giorno prima, e quello dopo l’accaduto si trovavano alla villade Carli.L’agente Jack ispezionò le stanze e l’agente Eneri chiamò a raccolta le persone desiderate;erano molto poche, perché quasi tutte erano partite per un lungo e grande viaggio, giuntoormai agli sgoccioli.Ebbene le persone erano tre: il maggiordomo Ernesto Guardini, il cognato della contessa, ilconte Napoleone de Carli, e il figlio della contessa, il conte Gianpierino de Carli.Tutti questi ebbero un alibi: il primo indiziato disse che passò tutti e tre i giorni a prepa-rare la sala da ballo per l’arrivo del conte, il secondo indiziato disse che durante i tre gior-ni se ne restò tranquillo nella sua stanza, il terzo indiziato disse che passò i tre giorni adoccuparsi delle viti per produrre un ottimo vino a causa della festa per l’arrivo del conte,suo legittimo padre, Edegardo de Carli.Quasi tutti gli alibi erano veri, tranne uno, che non era improbabile, ma insolito da parte diuna persona del genere. Per avere la certezza della mia ipotesi dissi all’agente Eneri di ve-rificare gli alibi e mandai l’agente Jack ad annusare ed ispezionare i luoghi dove si svolge-

vano gli alibi. Finiti i controlli e con-segnati gli esiti, non eb-bi più dubbi; il colpevoleera proprio colui chepensavo.Il suo alibi era vero, maprima del controllo siera dimenticato di na-scondere un piccoloparticolare che a noinon è, ovviamente, sfug-gito.Avete già ipotizzato chipotrebbe essere il col-pevole? I vostri dubbi sarannosmentiti o confermatinel prossimo numero,perché vi comunicherò ilnome del colpevole.

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revia

di Sofia Falchetto

Disegno di Martina Delfanti

In questo numero, per ragioni di spazio, non troverete la consueta rubrica “Pianeta cane”.Ci scusiamo con tutti i numerosissimi e fedelissimi lettori e promettiamo che nel prossimo nume-ro cominceremo a rispondere alla valanga di lettere ed e-mail arrivate. In questo piccolo spazio anostra disposizione pubblichiamo un messaggio di posta elettronica (firmato soltanto “Un gruppodi fans di Mosaiko Kids”) che fa il verso alla celebre If di Kipling, ma con un finale a sorpresa tut-to da gustare... Giudicate voi:

Se puoi cominciare la giornata senza caffeina,Se puoi andare avanti senza pillole stimolanti,Se riesci ad essere festoso ignorando dolori e sofferenze,Se eviti di lamentarti, annoiando la gente con i tuoi problemi,Se puoi mangiare lo stesso cibo ogni giorno ed esserne grato,Se riesci a capire quando le persone che ami sono troppo occupate per darti retta,Se passi sopra il fatto che chi ami ti dà erroneamente la colpa se qualcosa va storto,Se accetti critiche e rimproveri senza risentirti,Se ignori la cattiva educazione di un amico ed eviti di correggerlo,Se tratti i ricchi come i poveri,Se affronti il mondo senza bugie o inganni,Se sai vincere la tensione senza l’aiuto di un medico,Se sei capace di rilassarti senza uso di liquori,Se riesci a dormire senza l’aiuto di farmaci,Se puoi affermare in tutta onestà che nel fondo del tuo cuore sei privo di qualsiasi pregiudizio sureligione, colore, credo politico

Allora sei buono QUASI quanto il tuo cane.

Page 8: Il Mosaiko Kids 9-2005

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Faccio i conti e mi accorgo che sonopassati tanti anni: praticamenteuna trentina. Anche se detto così

sembra un’eternità, sui miei ricordi nonsi è posata la polvere e le immagini so-no nitide come se fossero fresche di ap-pena pochi giorni.

Abitavo in quella vecchia palazzina incentro dove facevo ritorno ogni giornodopo la scuola. Riempivo i pomeriggicon la mia amica Daniela: la stessa età,la stessa strada, la stessa porta di casa,solo qualche gradino più in alto.Ricordo l’inverno quando la neve biancae pesante ricopriva i rami scuri degli al-beri spogli e i tetti delle case, quando ilbuio scendeva sui brevi pomeriggi e noiguardavamo dalla finestra la vetrina il-luminata del cartolaio di fronte. E ricordo le calde serate estive quandoi genitori ci permettevano di restare incortile fino a tardi e noi avevamo timo-re della strettoia dove c’era il cancelloperché era proprio là che i pipistrellicompivano le loro cieche parabole che anoi ricordavano certe vecchie supersti-zioni fatte di vampiri e di capelli impi-gliati. Non c’era allora il controllo stretto deigenitori che si usa ai nostri giorni: era-vamo libere di organizzare il nostrotempo con il limite di non allontanarcidal cortile. Spesso erano giochi fatti dicorse e un gran sollevare di polvere, chefinivano non di rado con le ginocchiasanguinanti; a volte la noia ci facevastare semplicemente sedute sui gradinia masticare la gomma. Ogni tanto senti-vo la voce di mia madre che mi chiama-va affacciandosi alla finestra sul lato delcortile: la mia risposta era per lei laconferma che io ero lì e che andava tut-to bene. Senza l’invadente presenza deigrandi inventavamo piccole avventurecome scendere in cantina a curiosaretra le cose dei vicini riempiendoci i ve-stiti di polvere e ragnatele; eravamo an-che libere di darcele di santa ragionequando ci trovavamo in disaccordo suinostri giochi: tutte cose che farebberoinorridire le ben più attente madri dioggi (me compresa). Era però una infan-zia più affascinante, e questo è un con-cetto innegabile, fatta di una libertàche oggi anche io chissà perché fatico aconcedere, forse nascondendomi cometutti e genitori dietro al fatto che i tem-pi non sono più tanto sicuri.Giocavo dunque con la mia amica Da-niela: di lei ricordo il carattere cosìsfrontato e amante delle cose proibitema, come per contrasto, alle volte ina-spettatamente dolce e romantico. Erabellissima: bionda, alta, una bambolinaincantevole e questa era la mia spina

nel fianco; quando ci guardavamo nelgrande specchio di casa sua io non po-tevo davvero reggere il confronto. I mieicapelli non sarebbero mai stati cosìbiondi e lisci, le mie gambe ben tornitenon avrebbero mai calzato con tantaeleganza quel jeans che su di lei risulta-va semplicemente perfetto.Crescendo Daniela si trasformò nellabella copia della Barbie, al contrario dime che pur non essendo brutta mi sen-tivo tutte le curve posizionate nei postisbagliati. Nelle nostre uscite di certonessuno aveva occhi per me; la sua fi-gura, il suo sorriso, riempivano tutto lospazio circostante e a poco valevano lemie buone maniere e il mio carattereamichevole: anche con il suo atteggia-mento a volte sprezzante e spigolosoconquistava tutti mentre io facevo laparte della margheritina.I miei occhi invece sono sempre stati suAlessandro, suo fratello, più grande dilei di qualche anno. Non voglio dilun-garmi con la sua descrizione: era sem-plicemente la copia di sua sorella conqualche centimetro in più.Era un bel monello Alessandro e se necompiaceva: quando entrava nell’atriodella palazzina godeva nel rompere il si-lenzio facendo tintinnare le chiavi di ca-sa sulla ringhiera di metallo e cantandocon voce volutamente sguaiata qualchecanzonetta, come un indiano che impo-ne la propria presenza sul territorio.Le vicine lo udivano dietro le porte esussurravano che quello era proprio unragazzaccio da non frequentare mentrelui si faceva beffa di loro. Le bravateche combinava a casa come a scuola fa-cevano in fretta il giro delle bocche delquartiere e di conseguenza le bambinericevevano spesso l’ordine di stare allalarga da quel soggetto poco raccoman-dabile.Alessandro era bello anzi bellissimo, af-fascinante, selvaggio e irrequieto madolcissimo con chi avesse saputo cattu-rare la sua attenzione vivissima. Natu-ralmente il mio cuore aveva un tonfo adogni sua comparsa nei miei giochi consua sorella ma il mio era un sentimentosegreto: se sapevo stare senza grossiproblemi all’ombra di Daniela non avreiperò sopportato l’umiliazione di un suorifiuto.La vita però ci riserva tante sorprese ecosì in una sera di adolescente mi trovaiper caso in cortile da sola con lui e ac-cadde quello che non avevo saputo im-maginare. Lui mi abbracciò e mi fecesedere su un muretto; poi tirò fuori dal-la tasca dei pantaloni il suo pettine e michiese di lasciarmi pettinare. Arrossitaper l’imbarazzo e incredula per la suaattenzione trattenevo il respiro e senti-vo il cuore battere forte. Lui mi stavavicino, mi girava intorno e mi accarez-zava i capelli con una tenerezza ina-

spettata che creava una tremante inti-mità tra noi. Fu un momento bellissimoe quando lui si avvicinò per darmi un ba-cio…mia madre mi gridò dalla finestra disalire subito perché si era fatto tardi.Scossa da quel tono brusco saltai giù dalmuretto: ero certa che nessuno ci aves-se visti ma la mia innocente età mi fa-ceva sentire colta sul fatto, scaraventa-ta fuori dal mio desiderio da quel ri-chiamo improvviso. Salii le scale di cor-sa e il mio sogno finì nel varcare la so-glia di casa.Tempo dopo ci trasferimmo e, comespesso accade, ci perdemmo di vista. Lorividi solo un paio di volte senza neppu-re che lui si accorgesse della mia pre-senza.

Una mattina, mentre parcheggiavo l’au-to per recarmi al lavoro, lo vidi usciredalla porta di quella che suppongo fossela sua abitazione; teneva fra le bracciauna bambina di un paio d’anni e mi col-pì l’infinita tenerezza dello sguardo chele rivolgeva: era visibilmente innamora-to di sua figlia, rapito dall’abbraccio diquell’esserino che gli somigliava tanto.Rimasi a guardare quella scena con unpo’ di nostalgia e pensai a quanto fosseingannevole l’immagine di ragazzacciomaleducato che lui ci aveva dato di sé.Si era trasformato in un papà infinita-mente tenero e aveva trovato doveconvogliare le sue energie.Oggi sono una donna sposata, ho una vi-ta serena con pochi rimpianti e duebambini che guardo e riguardo ogni gior-no cercando di convincere me stessache sono veri. Non ho mai dimenticatoquel ragazzo: ogni tanto capita (come atutte le persone) che i ricordi vengano atrovarmi e in mezzo alle tante immagi-ni che compongono il mio passato c’èanche la sua.Certo non me l’aspettavo oggi a pranzoquando mia madre ha detto di aver sa-puto che lui è in fin di vita, colpito daun cancro che non perdona. Non ci po-tevo credere: il mio respiro si è ferma-to per qualche attimo mentre cercavodi scacciare l’immagine dei suoi splen-didi capelli biondi devastati dalla tera-pia. Mi sono sentita boccheggiare comeun pesce in cerca di ossigeno e ho sen-tito di perdere un pezzetto della mia vi-ta, nel suo tratto più candido. Non socome ma in un istante mi sono sentitapiù stanca. Non lo vedo da tanti anni e la ragione mivieta di andarlo a cercare per abbrac-ciarlo un’ultima volta: non avrei un ali-bi, un motivo credibile per non sembra-re una sciocca e venire addiritturafraintesa dalla sua compagna. Mi dispia-ce però che lui non saprà mai del miopiccolo, dolcissimo, irrequieto, instan-cabile e biondissimo bambino: Alessan-dro (e non per caso).

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Paola Picena

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