Cultura Commestibile 77

19
Io ho utilizzato Uber a New York con un amico. L’ho trovato un servizio straordinario, dalla prossima settimana affronteremo anche questo 77 uesta settimana il menu è Q PICCOLE ARCHITETTURE Stammer a pagina 5 Un aeroporto piccolo piccolo RIUNIONE DI FAMIGLIA Taxi!!!! a pagina 4 Siliani e Morrocchi a pagina 2 Cecchi a pagina 7 OCCHIO X OCCHIO L’espressionimo astratto di Siskind Siliani a pagina 9 PECUNIA&CULTURA Cosa c’è nel nuovo decreto cultura DA NON SALTARE Kerry Kennedy, paladina dei diritti Giani in 3D Matteo Renzi poche ore dopo che il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi aveva detto che una ‘declinazione’ del servizio, ‘Uberpop’ “contrasta con la legge” San Gimignano made in Cina

description

 

Transcript of Cultura Commestibile 77

Page 1: Cultura Commestibile 77

Io ho utilizzato Uber a New York con un amico. L’ho trovato un serviziostraordinario, dalla prossima settimanaaffronteremo anche questo

77 uesta settimanail menu èQ

PICCOLE ARCHITETTURE

Stammer a pagina 5

Un aeroportopiccolo piccolo

RIUNIONEDI FAMIGLIA

Taxi!!!!

a pagina 4

Siliani e Morrocchi a pagina 2

Cecchi a pagina 7

OCCHIO X OCCHIO

L’espressionimoastratto di Siskind

Siliani a pagina 9

PECUNIA&CULTURA

Cosa c’è nel nuovodecreto cultura

“DA NON SALTARE

Kerry Kennedy,paladina dei diritti

Gianiin 3D

Matteo Renzi poche ore dopo che il ministro dei Trasporti Maurizio

Lupi aveva detto che una ‘declinazione’ del servizio,

‘Uberpop’ “contrasta con la legge”

San Gimignanomadein Cina

Page 2: Cultura Commestibile 77

CCUO.com sabato 17 maggio 2014

no76 PAG.2DA NON SALTARE

di Simone Siliani e Michele [email protected] twitter @michemorr

Mary Kerry Kennedy è nataa Washington nel 1959, fi-glia di Robert FrancisKennedy e di Ethel Skakel

Kennedy, settima degli 11 figli dellacoppia. Dal 1981 Kerry è un’agguer-rita attivista per i diritti umani; nel1988 ha fondato il Robert F. KennedyCenter for Human Rights e fino al1995 è stata direttrice del Robert F.Kennedy Memorial. Concede questaintervista in esclusiva a Cultura Com-mestibile nei locali del Centro RobertF.Kennedy alle Murate a Firenze,dove la Fondazione ha trovato casa daqualche anno e svolge un’intensa atti-vità di promozione della cultura deidiritti umani e della giustizia.Suppongo che essere qui a Firenze, nellasede della Fondazione Robert Kennedy,sia per lei un risultato e una emozioneparticolare. Vogliamo partire da qui perquesta intervista?Sono felice di essere a Firenze. E’ unacittà in cui ci sono più di 40 Univer-sità, tantissimi giovani (a partire dalsuo sindaco), molta energia; è la cittàdella formazione in Italia, ma ancheun punto di riferimento in Europa.Una città con una profonda e riccastoria, legata alla comunità internazio-nale. Quindi il posto perfetto per lanostra International RFK House. Epoi le Murate sono un luogo straordi-nario: è stato un monastero per quasimille anni, poi è diventato il carcereminorile. Ha una straordinaria energiae avverto qui un così intenso senso dipace. E’ un luogo che ha fatto una pro-fonda esperienza di sofferenza e moltaspiritualità. E’ il luogo perfetto per illavoro che stiamo facendo con i difen-sori dei diritti umani nel mondo.Parlando di giovani, molti sono venuti avisitare la mostra fotografica “FreedomFighters” sul movimento per i diritti civilinegli Stati Uniti, che avete organizzatoalle Murate: cosa attrae ancora, dopomezzo secolo, di quel movimento gli ado-lescenti di oggi?Penso che il movimento per i diritticivili ha sollevato alcuni valori univer-sali; i temi dell’alienazione, delle per-sone che lottano per la giustizia,dell’importanza del coraggio,di impe-gnarsi per i diritti, per una causa che èpiù grande di te stesso, del sacrificioper la tua comunità. Queste sonotutte cose che erano importanti per ilmovimento dei diritti civili e di cui igiovani fanno esperienza nella lorovita di ogni giorno. Sono i giovani chesi prendono cura degli altri, che usanoil potere non per promuovere sestessi. I giovani capiscono queste cosee vogliono che la loro vita sia da que-sto caratterizzata, sia che si impegninocontro il bullismo nelle scuole, siaquando pensano alla loro visione sucome vanno le cose nel mondo, inSiria come in Nigeria o in Crimea. Ciòche è avvenuto in Nigeria non è qual-cosa del passato o di un paese lon-tano: avvengono qui, oggi, nellanostra comunità.

Il movimento per i diritti civili sembraessere una storia infinita: qual è la situa-zione oggi negli Stati Uniti sotto questoprofilo?Ovviamente le cose sono cambiatedrammaticamente negli ultimi 45anni; ma detto questo, abbiamo an-cora una lunga strada da percorrereper i diritti civili degli afro-americani,oppure se guardiamo al tema dell’edu-cazione, oppure alle disuguaglianzesociali, lo squilibrio di rappresentanzanel governo (tanto a livello locale chenazionale, che nelle imprese). C’è an-cora tanta strada da fare per la popo-lazione afro-americana negli StatiUniti. Ci sono problemi di altre mino-ranze. Così come per i diritti delledonne: 72 centesimi su 1 dollaro sonoprodotti dagli uomini. C’è ancoramolto razzismo nei confronti dei lati-nos, degli asiatici. Quindi, sì, c’è an-cora molto da fare.E dal suo punto di vista l’Amministra-zione Obama è stata sufficientementeimpegnata sulla causa dei diritti umani?Beh, sì e no. Sì, in generale è stata unaquestione molto importante e il fattodi avere un afro-americano come Pre-sidente e Michele Obama come firstlady e le loro due straordinarie e ado-rabili figlie alla Casa Bianca è simbo-licamente molto importante. Alcunedelle istanze che hanno abbracciato,ad esempio l’obesità, è un grandetema di sanità nella comunità afro-americana. Detto questo, il PresidenteObana non ha fatto di questi temi ilpunto focale della sua amministra-zione; non ne fa oggetto dei suoi di-scorsi pubblici e non promuovecontinuamente il dibattito intorno aquesti temi. Quindi c’è ancora molto

I diritticiviliper unaKennedy

Foto di Harry Benson

Foto di Harry Benson

Page 3: Cultura Commestibile 77

CCUO.com sabato 17 maggio 2014

no76 PAG.3DA NON SALTARE

Robert F.Kennedy International

da fare.La vostra Fondazione in questo mo-mento su quale specifico problema deidiritti umani si sta focalizzando?Stiamo facendo molto lavoro sui di-ritti delle minoranze LGBT, in parti-colare in Uganda dove hanno appenaapprovato una legge che punisce conil carcere queste “deviazioni” sessuali.Questo è un tema rilevante anche quiin Italia, dove c’è molta omofobia;così come nel mio paese. Non c’è bi-sogno del passaporto per trovarel’omofobia. Un altro tema, parlando dirazzismo, su cui stiamo lavorando: ab-biamo appena aperto una petizionecontro il governo della RepubblicaDominicana per una sorta di “puliziaetnica” che ha perpetrato contro i Do-minicani discendenti di Haiti attra-verso una legge che nega e revoca lorola cittadinanza pur essendo nati nellaRepubblica Dominicana. Inoltre inMessico stiamo lavorando sui dirittidelle popolazioni indigene, in partico-lare sul diritto all’educazione. Questisono temi che hanno tutti a che fare,in qualche modo, con l’alienazione diminoranze nella società. Quindi,anche se sono dislocati in diverseparti del mondo, le troviamo tutteanche nelle nostre comunità e ci sonomolti insegnamenti da trarre da que-ste campagne anche per noi. Io sonoparticolarmente contenta del lavoroche stiamo facendo qui a Firenze: alCentro per la Giustizia e i DirittiUmani “Robert F.Kennedy” abbiamoorganizzato 15 mostre fotografichesul tema dei diritti umani; nell’ultimoanno abbiamo avuto migliaia di visi-tatori e tantissime scuole. Abbiamoanche formato oltre duecento Difen-sori dei Diritti Umani nel nostro pro-gramma di formazione: abbiamo, adesempio, formato degli “attivisti digi-tali”; abbiamo utilizzato i social mediaper favorire il cambiamento nella so-cietà. Organizziamo i “Martedì deiDiritti Umani” in cui invitiamo espertia parlare di questi temi con i cittadini.Ha fatto cenno agli “Attivisti digitali”.Sembra che le tecnologie digitali hannoampliato le possibilità per i cittadini diavere consapevolezza delle violazioni deidiritti umani. In fondo la PrimaveraAraba è nata attraverso i twitt dei gio-vani arabi nelle piazze. Tuttavia, difronte a questa accresciuta consapevo-lezza, la politica sembra non essere ingrado comprendere e tradurre questaconsapevolezza in azione politica e leggia tutela dei diritti umani e della giusti-zia.Direi che è una lotta continua e noidobbiamo affrontare questo scontro.Ci sono molte storie di successo delmovimento per i diritti civili nel de-terminare cambiamenti politici.Quando ho iniziato a lavorare nelcampo dei diritti umani agli inizi deglianni ‘80, gran parte dell’America La-tina era dominata da dittature di de-stra ma oggi nessuna di quelledittature è in piedi. Tutta l’Europaorientale era sotto il comunismo,mentre oggi non c’è più nessun leadercomunista rimasto in quella parte del

La “Robert F.Kennedy International House” si è trasferita a Firenze alla fine del2011, nella sede delle Murate restaurate dal Comune di Firenze e restituite allacittà, trasformandole da luogo di sofferenza in luogo di pace. Prima di questo tra-sferimento, il Centro europeo si occupava soltanto del progetto educativo “SpeakTruth to Power”, che nasce da un libro-intervista a 51 leader dei diritti umani cheKerry Kennedy pubblicò tra il 1998 e il 1999, girando il mondo e toccando il mag-gior numero di paesi possibili. Il progetto si compone di un manuale educativo, diuna pièce teatrale scritta da Ariel Dorfman e da una mostra fotografica su questolungo viaggio. Sono state distribuiti oltre 900.000 di questi manuali educativi, dicui circa 100.000 qui in Italia, con altrettante attività didattiche che si svolgononelle scuole. In questa attività vengono, talvolta, coinvolti di difensori dei dirittiumani e quelli che definiamo i “local hero”, cioè i testimoni italiani dei dirittiumani che aiutano gli studenti a far capire che questi temi non sono lontani, ri-guardano ciascuno di loro. La pièce teatrale è stata interpretata negli Stati Unitida grandi attori come Meryl Streep e Martin Sheen; in Italia è stato Lucio Dalla acurarne la regia e ad organizzare un grande spettacolo e un tour in tutta Italia frail 2003 e il 2004. Ma lo spettacolo teatrale ha avuto versioni video realizzato daalcune scuole e una rappresentazione in un carcere in Romania portata in scenadai detenuti (uno dei quali scritturato poi in una compagnia teatrale).Qui a Firenze abbiamo creato un Centro di alta formazione sui diritti umani, nonpiù solo per gli studenti delle scuole medie e superiori, ma anche per gli universitarie i professionisti. All'interno del Centro vengono anche ospitati i “digital activist”,coloro che si battono per i diritti umani attraverso le tecnologie digitali. Abbiamocostruito la International House: 12 camere in cui vengono ospitati questi attivistia Firenze, dove lavorano insieme e seguono corsi di aggiornamento e formazione. Al Centro si svolgono attività culturali, fondate sul legame fra arte e diritti umani,con mostre ( fra le quali “Freedom Fighters” sulla storia del movimento dei diritticivili negli Stati Uniti, “Ladies for Human Rights” dell'artista romano MarcelloReboani che ha omaggiato 18 donne che hanno dedicato la loro vita ai dirittiumani)

Intervistaalla figliadi Bobby, Kerry

mondo: tutti vivono sotto regimi de-mocratici. In Sudafrica eravamo agliapici dell’apartheid, e oggi il Sudafricapuò vantare una serie di governi elettidemocraticamente da tutto il popolo.Marcos dominava le Filippine; ave-vamo i militari al potere in Corea delSud; i diritti delle donne non eranonell’agenda politica. Tutti questi cam-biamenti sono avvenuti non perché igoverni li hanno voluti e guidati; né livolevano i militari o le multinazionali.Sono avvenute per merito delle per-sone comuni che hanno abbracciatola causa, il sogno dei diritti umani e lihanno resi reali. Penso che il movi-mento per i diritti umani ha unagrande storia di successi. Infatti, se ciguardiamo intorno nel mondo di oggi– anche se ci sono ancora tante sfidee minacce – penso che Martin LutherKing aveva ragione: la storia si piegaverso la giustizia. O almeno dob-biamo piegarla in tal senso.C’è una discussione in corso sulla naturadi regimi politici come quello di Putin inRussia e alcuni le definisco “democra-ture”, cioè regimi che hanno la formadella democrazia, ma la sostanza di unadittatura.Parliamo di Putin e la democrazia. Lademocrazia non è soltanto voto popo-lare, ma ha bisogno di molto di più: li-bere e giuste elezioni certo, ma ancheistituzioni democratiche, liberastampa che garantisca libere elezioni;implica la possibilità che i cittadini ab-biano reale accesso all’educazione pertutti, a un welfare decente, al lavoro,alla casa. Tutti questi diritti di baseche consentono ad una democrazia difondare solide radici. Così la presa delpotere di Putin in Crimea è una sorta“putsch” da parte di un leader autocra-tico. Ma, abbiamo visto le recenti no-tizie dei cittadini che hanno respintole truppe russe, quindi c’è ancora spe-ranza grazie alla gente comune.Per concludere, ci piacerebbe un suo pen-siero su suo padre, sulla traccia che halasciato nella vita sociale e politica negliStati Uniti di oggi.Penso che la vita di mio padre è, allafine, riassumibile nel detto “togli il tuostivale dal suo collo!”. Lui ha spesotanta parte del suo tempo a cercare difermare i bulli del mondo e lui vera-mente credeva nella dignità umana enella necessità e urgenza di proteg-gerla e promuoverla. Quando MartinLuther King morì, lui citò il filosofogreco che disse “Noi dobbiamo sfor-zarci di domare il selvaggio che è inogni uomo e rendere gentile la vita delmondo”. Ecco per cosa ha speso la suavita. Ed è, in fondo, quello che stiamofacendo qui al Centro “Robert Ken-nedy: addomesticare il selvaggionell’uomo, indagare sugli abusi dei di-ritti umani, spingere i governi al cam-biamento, portare i tribunale quelliche violano i diritti umani, difenderele vittime, creare il cambiamento. Allostesso tempo, rendere gentile la vitadel mondo, liberare le persone conl’amore, la dignità, l’allegria, la gioia.E’ tutto quello che stiamo cercando difare.

Page 4: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.4

cineseria: hanno decisouna San Gimignano for-mato Disneyworld: unacopia perfetta della cit-tadella medievale in stile outlet, in cuisfogare i milioni di turisti cinesi. Ehanno scelto la campagna di comuni-cazione della Ls&Blu riveduta, cor-retta e ri-taroccata, per una manciatadi yen. Nella comunicazione è comenella legge di conservazione dellamassa postulato da Lavoisier: nulla sicrea, nulla si distrugge, tutto si ricicla.

Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

www.facebook.com/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

Dopo essere stata liquidata dallaRegione Toscana, all’agenzia di co-municazione Ls&Blu di Roma nonsapevano che cosa farsene delle im-magini ritoccate con Phtotoshopdella Toscana della campagna dicomunicazione “Divina Toscana”.Ci hanno pensato su qualchegiorno, hanno fatto un po' di telefo-nate e hanno trovato la quadra: “lavendiamo ai cinesi: quelli ormai sicomprano tutto il Tuscan sound”.Ed ecco che quelli hanno fatto una

RIUNIONE DI FAMIGLIA

LE SORELLE MARX

“Ma come ho fatto a nonpensarci prima!” ha escla-mato sulla sedia mentre

guardava Grillo intervistato da Vespa a“Porta a Porta”. Il comico genovese avevaappena dichiarato che, negli USA, lagente si disegnava le cose sul pc e poi an-dava a stamparsele con una stampante3d in Comune. Fu lì che ebbe l’intuizionee pensò che sarebbe bastato scanneriz-zarsi in tre dimensioni, far acquistare al-l’amministrazione una stampante 3d(piuttosto grande in effetti), e far stam-pare almeno una decina di copie di sestesso. Con 10 Giani in contemporaneanessun rinfresco, inaugurazione, ban-chetto, comunione, vernissage sarebbeperso. Ogni evento della città lo avrebbevisto, ancor di più, presente; ogni vassoiodi crostini avrebbe avuto il suo assaggio.Era la realizzazione di un sogno. Ununico rimpianto lo colse: la stampanteavrebbe dovuto metterla in Regione e nonpiù in Comune.

S.Gimignano made in Cina

LA STILISTA DI LENIN

Come tutte le giornaliste che si occupanodi moda ed eventi aspetto con ansia que-sta sera il matrimonio dell’anno, a Fi-renze al Forte di Belvedere, tra KimKardashian e Kanye West. La messe diospiti prevista (da Jay Z a Beyoncé, daJanet Jackson a Alicia Keys) e il lorolook assicurano materiale per criticheper i prossimi lustri. Per non parlaredella sposa spesso più famosa per la suaassenza di capi di abbigliamento che perla presenza. Ma un'altra curiosità mi at-tanaglia oggi: sapere se qualcuno dei no-stri vip riuscirà a imbucarsi all’evento.Magari il vicesindacoreggentecandidato-quasisindaco Nardella a rappresentarela città. E soprattutto come si vestirà perandare all’evento? Al povero Nardellainfatti chi cura la campagna elettoralehan detto che doveva dare un’immaginegiovane di sé per che lui ha interpretatosemplicemente togliendosi la giacca e lacravatta ma rimanendo impettito in ca-micie bianche da abito a cui mai ha ti-rato su le maniche o slacciato un bottoneoltre a quello del colletto. Sconsigliamoanche, nel caso volesse presenziare allenozze rap, quei golfini dai colori smortiche hanno caratterizzato le serate delcandidato o la polo Fred Perry (ma nonera di destra negli anni ’70?) blu conlogo evidenziatore portata alle cascine.Oddio nemmeno presentarsi con panta-loni vita bassa tre taglie superiori canot-tiera bianca, gioielleria bene in vista ecappellino da baseball per avere un lookrap potrebbe essere una buona idea.Qualunque cosa voglia però indossareuna cortesia, capisco che deve dare di séun immagine positiva e rassicurante maquel sorriso stampato e forzato, per unavolta lo lasci a casa.

E via, verso nuove avventure! Il no-stro mito, Silvano Vinceti, l’IndianaJones de’ noantri, dopo aver datouna spolveratina alle ossa della Gio-conda, sta veleg-giando verso lecoste caraibichedi Haiti allaricerca dinuove ossa dimorto, quelledel capitanodella caracca (ocome si dice volgarmente, la cara-vella) ammiraglia di Cristoforo Co-lombo, la “Santa Maria”,incagliata e affondata la notte diNatale del 1492 su un reef del-l’isola. L’amichetto del Nostro,l’esploratore subacqueo Barry Clif-ford, è sicuro di aver trovato il relittoe, quindi, si è affrettato a chiamareil più famoso necrofilo del mondo.“Hello Silvano, how are you? I havea great occasion for you: come inHaiti to find the bones of CristoforoColombo! I found the Santa Maria!Take your bathing suit and solarcream!”. E’ noto – e anche il Vincetilo sa – che Cristofono abbandonò lanave insieme alla ciurma, ma vuoiche qualche scheletro di marinaionon sia affogato da quelle parti? Eche ci vuole? Qualche bel video perla Fox e il gioco è fatto! Poi met-tiamo tutto in mostra nel bel com-plesso di S.Orsolas, vicino a capoGuacanagari.

LO ZIO DI TROTSKY

Vincetiai Caraibi

Un matrimonioda favola

Giani in 3D

Parlando di un libro sulla storia della musica forse è sconveniente parlare di una voce fuoridal coro. Ma è la prima sensazione che sgorga leggendo il libro di Glauco Ferretti che, fi-nalmente ci viene da dire, smonta i mitologici anni ‘60. Non si parla qui delle ragazzineurlanti per i Beatles al Vigorelli, oppure del cantautorato impegnato che tra eskimi e chitarrelanciava appelli per fare l’amore e non la guerra. Si racconta il lato oscuro di quei ‘60, deigruppi rimasti confinati alle Case del Popolo del fiorentino o alle Comuni del basso bre-sciano, oppure di quelli partiti per Amsterdam con un vecchio furgone e poi rimasti neiPaesi Bassi a servire patatine ai chioschi fuori lo stadio. Un elenco di fallimenti che togliequella patina di straordinarietà alla decade, assolutamente da leggere per ricordare chespesso si parte da “Contessa” e si arriva ad “C’è posta per te”.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

I CUGINI ENGELS

Page 5: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.5

di John Stammer

“Avery small airport” disseSusan al suo primo at-terraggio a Firenze. Ineffetti per gli standard

dei medi aeroporti inglesi quello di Fi-renze Peretola, intitolato ad Amerigo Ve-spucci che lì vicino, nel borgo di Peretolaaveva la casa di famiglia, si presentavacome “molto piccolo”. Ancora oggi l’ae-roporto di Firenze, che nel frattempo, daiprimi anni ‘90 del secolo scorso, si è do-tato di importanti miglioramenti stru-mentali e logistici, primo fra tutti l’ILS(Instrumental Landing System), non èmolto grande.La pista è sempre di 1.650 metri nomi-nali, orientata per 050’-230’, che si ridu-cono notevolmente se si atterra, o sidecolla, da e verso Monte Morello, e l’ae-rostazione denuncia visivamente le di-verse fasi della sua costruzione. Ancoraoggi si presenta come un insieme etero-geneo di edifici collegati fra di loro, chesi distinguono per età e funzioni. Paral-lelo all’Autostrada per il mare si può ve-dere il primo ampliamento, realizzato afianco della vecchia aerostazione, proget-tato da Rino Vernuccio nei primi anni ‘80del secolo scorso con una tipologia chericorda gli hangar dei vecchi aeroporti. Inadiacenza a questo c’è l’ampliamentodegli anni ‘90, che fino a poco tempo faospitava la sala del “check in”, e che oraattende una sua nuova destinazione. Edinfine ancora più a nord si erge il nuovoampliamento, iniziato alla fine delloscorso decennio. Una varietà tipologicae funzionale che sembra voler ricordareai passeggeri la vocazione “vernacolare”delle nostre città del sud, a conferma cheFirenze è una città del sud d’Europa.A dire il vero nel 2007 l’AdF (Aeroportodi Firenze spa), società che gestisce l’ae-roporto, oggi a prevalente capitale pri-vato, dopo che il Comune di Firenze ealtri soci pubblici avevano venduto nel2003 le proprie quote azionarie) guidatada Michele Legnaioli aveva tentato di“riordinare” il sistema aeroportuale fio-rentino. Aveva in primo luogo indetto unconcorso di architettura per il completorifacimento della aerostazione, ma avevaanche cominciato a pensare ad una solu-zione per la pista che eliminasse le limi-tazioni dell’orientamento e il rumoreindotto sull’abitato di Peretola. Un inter-vento che era stato pensato come radi-cale e risolutivo delle difficoltà che lacontinua crescita di passeggeri provocavanel funzionamento del sistema aeropor-tuale e nella vita di migliaia di cittadini diPeretola e Quaracchi. Un intervento chefaceva seguito alle nuove procedure didecollo, rese obbligatorie dai primi anni2000, che avevano cercato di evitare ilsorvolo degli abitati, tentando di limitareil rumore degli aerei in decollo sugli abi-tati.Il concorso si fece e fu vinto dal progettodello studio di architettura inglese Pa-scall-Watson e dalla società di ingegneriaAusglobe Formula Spa. “Un edificio dal segno sobrio, con l’obiet-tivo dichiarato di unire la tradizione arti-stica e architettonica di Firenze con lafunzionalità di un moderno terminal.

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

Non forme avveniristiche, piuttosto unaarchitettura lineare che ricalca in buonaparte l’esistente: gli elementi nuovi sa-ranno un colonnato all’ingresso, cellulefotovoltaiche sulla facciata e il tetto del-l’aerostazione in parte coperto a verde.”

Questa la descrizione del progetto vinci-tore dalla cronaca di un quotidiano dellacittà.Ma le difficoltà economiche, l’incertezzasulla “governance” della società e anchele continue polemiche sull’orientamento

della pista, e conseguentemente sulla “ca-pacità” del sistema aeroportuale di am-pliare significativamente il numero deipasseggeri in transito (difficoltà tutte an-cora perduranti), consigliarono una rea-lizzazione parziale del progetto.La maggiore urgenza era quella di am-pliare la zona del “check in” e di dotarel’aerostazione di un adeguato spazio peril ritiro bagagli. E così fu deciso di realiz-zare, a partire dalla fine del 2008, solouna parte del grande progetto di Pascalle Watson.Quello che vede oggi contribuisce co-munque a comprendere come la sceltadel progetto vincente fu giusta.Un nuovo edificio elegante, con la fac-ciata ricoperta di acciaio “corten” e un in-terno quasi “sfavillante” con i pilastririvestiti in lamiere a specchio che am-pliano lo spazio e dilatano le distanze.L’ampliamento ha consentito di avere adisposizione dei passeggeri oltre 6.000mq nuovi di cui 2.500 mq per la nuovasala check-in con 40 banchi accettazionee 2.000 mq per il nuovo impianto di smi-stamento bagagli, in grado di gestire oltre1.500 bagagli l’ora con triplo livello dicontrollo ai raggi X. Con questi inter-venti la capacità complessiva del terminalè di 2,4 milioni di passeggeri annui. L’in-tervento è stato inaugurato nell’ottobredel 2011.

Un aeroportopiccolo piccolo

Page 6: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.6

Il percorso estetico di un artistanasce da una forte e decisa presadi coscienza sulle possibilità ine-dite che l’opera d’arte deve e può

offrire, non solo al fruitore ma ancheall’intero Sistema delle Arti: una verae propria riflessione intellettuale tes-suta fra prassi e teoria, fra poetica per-sonale e immaginario collettivo, fraciò che l’artista destina alla Storia eciò che la cifra storica rappresenta. In quest’ottica Renato Ranaldi cogliee concretizza, nella plasticità delleforme, il silenzio onnisciente chel’opera d’arte porta in sé, nella sua as-solutezza e nella sua totalità di essereprodotto-limite dello spirito umano.Fin dai primissimi anni Sessanta lecomplessità teoriche e pragmatiche,proprie dell’artista, si articolano incontinue divagazioni che fuggono latradizione canonica in modo ironicoe valutativo, in un divenire incessantedi ambiguità e considerazioni autocri-tiche, fra simbologie visive e illusioni,fra fenomenologie e realtà. Paradig-matica, in tal senso, è l’attenzione aldisegno, alla prospettiva, alle angola-ture, alle infinite morfologie plastichee rappresentative, all’essenzialità, allaformalizzazione delle linee e allecomplessità ideologiche e cultural-mente eclettiche che stanno alla basedi un’opera, plasmata secondo un’ela-borazione personale, fuori daglischemi e dalla koinè contemporanea,nell’intento concreto di stravolgere iprincipi, le modalità e le finalità este-tiche della tradizione, con una radi-cale operatività trasgressiva a tuttocampo – dalla pittura alla scultura,dalla musica al cinema, dal disegnoalle carte saggistiche. Una comples-sità estetica prettamente originale esofferta, in quanto effettiva e simulta-nea messa in discussione dell’assolu-tismo artistico: una sorta di filologiaestetica che ribadisce la relatività e lanecessità di superare e rendere vanele fenomenologie e le oggettualità diun’Arte, ormai intesa come un cir-cuito chiuso, dal quale è inevitabiletentare un’uscita attraverso l’impro-babile, l’imprevedibile e un citazioni-smo formale ricercato e rovesciato disenso, quasi parodico e tragicomico. In Renato Ranaldi la poetica, libera eimmaginativa, si unisce al concettualee alla dissacrazione, facendo del-l’opera d’arte una spazialità com-plessa, che invita a porre lo sguardosull’invisibile, in quanto enigma della«vita simbolica della visione» e or-ganismo vitale in cui sovvertire l’or-dine in nome del rinnovamento emettere in evidenza le tautologie dellamateria e l’immediatezza del gesto:una retorica plastica e visiva, attra-verso la quale l’opera si caratterizzaper la presenza di motti di spirito dalsapore evocativo, come sonorità poe-tiche armoniche ma, allo stessotempo, dissonanti con l’attualità e lacifra storica messa in discussione. Difatto l’attenzione all’archetipo si qua-

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

In alto Il delicato equilibrio di un artista, 1973, Grafite e oggetto di cartone te-lato sporgente, applicato su tavola A destra Bracciarchetipo, 1980, Cartapesta erame. Sotto Autoritratto, 1990 Smalto su legno, lamiera d’ottone e luce elet-trica. Tutte courtesy Collezione Carlo Palli, Prato

lifica non solo come opposizione alconformismo pittorico post-infor-male, ma anche come volontà di ope-rare riscoprendo il grado zero, inquanto essenza sostanziale delle cosesensibili e immagine primordialedell’inconscio collettivo, sintesi del-l’esperienza simbolica della Storiaumana, che l’artista riscrive e lasciacontemplare in un’inedita e personaleinterpretazione.

La formadel silenzio

Renato Ranaldi

Page 7: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.7

Se l’incauto accostamento fraJackson Pollock e Michelan-gelo ha suscitato (giustamente)prevedibili dubbi e perplessità,

vale forse la pena di ricordare come allafigura del creatore dell’Action Paintingsia stata accostata, in più di un’occa-sione, quella del fotografo americano diorigine ebrea-russa Aaron Siskind(1903-1991). Dopo un periodo dedi-cato alla pratica della fotografia “so-ciale” insieme alla “New York PhotoLeague” di ispirazione comunista, mapiù attento alla composizione ed alritmo che non ai contenuti figuratividelle sue immagini, sul finire degli anniQuaranta Siskind rimane folgoratodalle opere di pittori come Willem DeKooning, Franz Kline, Mark Rothko, enaturalmente Jackson Pollock, e vienecoinvolto nel clima culturale che si re-spira fra New York e Chicago. Il suostile cambia in maniera radicale, l’atten-zione al dettaglio diventa fondamentaleed ossessiva, avvicinandolo a fotograficome Minor White, Gita Lenz edHarry Callahan, che incontra personal-mente nel 1950. Nel 1951 Elaine deKooning definisce Siskind come un“pittore fotografo”, e le sue opere glimeritano l’appellativo di fotografo“espressionista astratto”. Se non l’unico,certamente il più grande. Come Pol-lock egli punta sull’immediatezza del-l’espressione, come Kline insegue ilmovimento del gesto poetico, comeKandinsky cerca le analogie fra le formevisive e le cadenze e le sonorità musi-cali. Le sue immagini trascendono lamateria raffigurata, sublimando leforme ed esaltando i ritmi, trasfor-mando le superfici piane o tridimensio-nali in ritagli significativi ed altamentesimbolici, venati di ironia e di un sottilenonsense. Le sue immagini sonoaperte, spesso incomplete, rappresen-tano delle domande ma difficilmentesuggeriscono delle soluzioni, la cornicetaglia la forma rendendola dinamica,aperta, non conclusa. Siskind non cercal’equilibrio, stimola la ricerca, spingeverso soluzioni non convenzionali,sprigiona le forze verso rapporti dina-mici. In molte delle sue immagini si ri-trova qualcosa della furia creativa delpittore, lui stesso confessa di essere co-sciente che quello che lui sente è il“quadro” che sta facendo. Che fra foto-grafia e pittura vi sia sempre stato unrapporto biunivoco, anche prima di Si-skind, è cosa ormai assodata. Questorapporto si è manifestato storicamentead ogni passaggio, dal realismo all’im-pressionismo, dal cubismo al surreali-smo, dal dadaismo al costruttivismo. Intutti i casi vi è stato uno scambio diesperienze, fino alle fasi artistiche piùrecenti. Ma nel caso dell’espressioni-smo astratto accade qualcosa di diverso,ed il rapporto fra l’operatore artistico ela realtà viene completamente ribaltato.Perché nell’action painting l’atto del di-pingere è inscindibile dall’opera, in uncerto senso è l’opera stessa, mentre infotografia questo non accade, neppure

OCCHIO X OCCHIO

di Danilo [email protected]

di

L’Espressionismo astratto

Aaron Siskindnelle fotografie di Siskind. Le sue im-magini sono sempre frutto di osserva-zione, le sue inquadrature sonomisurate, i suoi soggetti sono frutto discelte ponderate, l’energia delle imma-gini è calcolata. Al di là di certe analogieformali con l’espressionismo astratto, ilsuo metodo è assolutamente opposto.Il tema dell’immagine viene “trovato”

perché viene “cercato”, non viene mai“creato” dal nulla, dall’immaginazioneo dall’azione. La fotografia coglie tuttoinsieme ed in un solo istante, non è maiuno “work in progress”. L’occhio vieneeducato a percepire le forme della re-altà, a distinguerle nel caos, a distillarlenel marasma visivo, a “ricreare” la realtàsecondo degli schemi mentali, spesso

unici ed originali. Siskind lo ammette,almeno in parte, quando dice “Noi ve-diamo secondo l’educazione che ab-biamo ricevuto, nel mondo vediamosolo ciò che abbiamo imparato a ve-dere, quello che siamo stati condizio-nati ad aspettarci di vedere. Comefotografi però dobbiamo imparare a ve-dere senza tutti questi preconcetti.”

Page 8: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.8

di Franco [email protected]

PECUNIA&CULTURA

C’è materia di riflessioneanche per noi nell'assegna-zione dei prestigiosi Euro-pean Museum of the Year

Awards avvenuta lo scorso 17 maggioin Estonia da parte dell'European Mu-seum Forum. Non tanto per una sortadi orgoglio patrio frustrato giacchénessun museo italiano risultava fra le36 candidature, quanto per l'indi-rizzo che, giustamente, l'organizza-zione indipendente ha mostrato nellesue decisioni che evidentemente se-gnalano un grande deficit di innova-zione nel campo museale nel nostropaese. La EMF nasce per promuo-vere l'innovazione museale e incorag-giare la diffusione di buone pratichee progetti in Europa. Quest'anno ilpremio (consistito nella consegnaper un anno dell'opera di HenryMoore, “The Egg”) è andato alMuseo dell'Innocenza di Istanbul,museo voluto da Orhan Pamuk perraccontare la storia della sua cittànegli ultimi 70 anni. Altre menzionisono andate a musei che hanno sa-puto innervarsi nella storia e anchenelle contraddizioni delle comunitàdi cui contribuiscono a costruire emanifestare l'identità attraverso laemersione della memoria (pensiamoallo Žanis Lipke Memorial di Riga inLettonia che racconta l'opera umani-taria del contrabbandiere lettone

di Simone [email protected]

La grande assenteagli Oscar dei Musei

Nell’Ultima passeggiata (in Myricae)Giovanni Pascoli partendo dall’alba faun percorso in cui si immerge nellanatura e coglie, nel contesto agricolo,la presenza viva del mondo animaledomestico o selvatico.Così, già nella nebbia mattinal, egli an-nota che un villano le lente vacchespinge all’aratura; uno semina, mentreun altro ribatte le porche con suamarra pazïente.E il passero saputo in cor già gode per isemi da beccare, insieme al pettirosso.Continuando il cammino, nell’alba, ilpoeta sente il canto della lodola, alta. Isolchi mira quella sua pupilla lontana,e i bianchi bovi a coppie sparsi, men-tre che il villano il canto del cuculo hanell’orecchi.Passando poi vicino a una cascina ilpoeta scorge una massaia indaffarata evispa che d’arguti galletti ha piena l’aia;e spessi nella pace del mattino/delleutili galline ode i richiami.Più avanti, Tra gli argini su cui mucchetranquilla-/mente pascono, bruna sidifilala via ferrata che lontano brilla.I buoi, il passero e il pettirosso, la lo-dola, il cuculo, i galletti, le mucche, un

ANIMALI IN POESIA

mondo operoso e canoro e poi unamemoria di un volo di rondini.Dopo rissosi cinguettìi nell’aria,le rondini lasciato hanno i veronidella Cura fra gli olmi solitaria.Quanti quel roseo campanil bisbigliudì, quel giorno, o strilli di rondoniimpazïenti a gl’inquïeti figli!

Quindi, da un’aia, appare un canecolto nella sua vivezza, al passaggio diun carro:sbuca il can dalla fratta, come il vento;lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.Il carro è dilungato lento lento.Il cane torna sternutando all’aia.

L’ultima passeggiata si conclude a serain un sogno accanto al fuoco, con unmadrigale a un tu immaginario daitoni oraziani per la parca mensa e vir-giliani per i dolci ruminanti. In realtà tutta la passeggiata muoveverso e dentro la poesia della vita con isuoi linguaggi molteplici che si intes-sono fra sogno e realtà nella vocechiare del creato. Al camino, ove scoppia la mortellatra la stipa, o ch’io sogno, o veglioteco:mangio teco radicchio e pimpinella.

Al soffiar delle raffiche sonanti,

l’aulente fieno sul forcon m’arreco,e visito i miei dolci ruminanti:

poi salgo, e teco - O vano sogno!Quandonella macchia fiorisce il pan porcino,lo scolaro i suoi divi ozi lasciandospolvera il badïale calepino:chioccola il merlo, fischia il beccac-cino;anch’io torno a cantare in mio latino.

Cioè, come il merlo e il beccaccino sa-lutano il giorno chioccolando e fi-schiando, pure il poeta “torna acantare in suo latino”, in quanto anchela voce della poesia fa parte della na-tura.

L’ultima passeggiata di Pascoli

Lipke che salvò la vita a oltre 50 ebreidel ghetto durante la Seconda GuerraMondiale che ha vinto il “KennethHudson Award”, o al FlossenbürgConcentration Camp Memorial inGermania o al Kazerne Dossin Me-morial a Mechelen in Belgio). Sonooperazioni culturali importanti, chenon si fondano sull'evento spot, op-pure su mastodontiche strutture oscioccanti installazioni artistiche o,ancora, su imponenti collezioni.Forse è quello che oggi vogliamo daun museo per la vita delle comunità;qualcosa che mette meglio a fuoco ilsenso, la funzione di un museo mo-derno che la EMF ha voluto pre-miare. Noi pensiamoopportunamente: è tempo, anche esoprattutto in Italia, di iniziare a do-mandarsi perché facciamo un museoe a cosa serve. E' evidente che l'ideadi realizzare un museo per scopi disviluppo economico si è dimostratasbagliata (noi a Cultura Commesti-bile lo diciamo da tempo), così comenon ha senso realizzare un museo perstupire o meravigliare un pubblicoche ha a disposizione mille altre oc-casioni e strumenti per indursi similiemozioni. Il Museo dell'Innocenza diIstanbul è stato premiato perché rap-presenta un “nuovo modello locale esostenibile di sviluppo museale” eper i suoi elevati standard di “qualitàpubblica” non solo per il patrimonioesposto, ma anche per l'accoglienzariservata ai visitatori. Pensiamo sottoquesti due profili (sostenibilità dellosviluppo museale e accoglienza) aquanto lontano sia un museo comegli Uffizi e tutti i suoi emuli in minia-tura in Italia.Ma molte altre menzioni sono andatea musei che hanno saputo ricreareuna atmosfera integrata con il designdell'edificio (l'Estonian MaritimeMuseum a Tallin), o per il dinami-smo espositivo unito all'attualitàsocio-culturale del tema (il Bildmu-seet a Umeå in Svezia, che promuovela cultura europea del dialogo inter-culturale), o a musei che hanno af-frontato problematiche immaterialidi ordine generale (come il MuseoOccidens/Catedral de Pamploma inSpagna per aver affrontato il tema deivalori della civilizzazione dell'Occi-dente nell'affrontare le sfide della de-mocrazia, solidarietà, giustizia, pacee libertà), o ancora per aver saputocoinvolgere i volontari della comu-nità locale (il Saurer Museum diArbon in Svizzera). Tutte problema-tiche che i musei italiani non sem-brano voler affrontare, forse paghi diesporre il proprio splendido passato,ritenendo erroneamente che questodi per sé costituisca attrattività e rile-vanza museale. In una parola nessunapropensione alla innovazione perchéscarsa è la riflessione sulla funzionedel museo nella società contempora-nea. Entro il prossimo 20 giugno sipotranno presentare candidatura pergli EMYA 2015, ma al di là di questascadenza, urge una riflessione cultu-rale in Italia su questi temi.

Italia

Page 9: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.9POLIS&CULTURA

Annunciato già lo scorso 15 mag-gio, sta per prendere vita un im-portante Decreto legge delGoverno per la tutela e la valo-

rizzazione del patrimonio culturale eper il rilancio delle attività culturali e delturismo. Il provvedimento, come ormaida tradizione, è assai articolato e non intutte le sue parti presenta le caratteristi-che dell’urgenza che un decreto richie-derebbe. Tuttavia, pur in una versioneancora non definitiva, reca molte im-portanti novità. Qui ci limiteremo aquelle relative alla cultura, lasciando peril momento sullo sfondo quelle per ilturismo (pure importanti come la ri-forma dell’ENIT).In primo luogo le parti che vanno sottola dizione di “mecenatismo culturale”.Come già la normativa della RegioneToscana (che, però, presenta un limiteassoluto di 1 milione di euro), il DLprevede la possibilità di una detrazioned’imposta (non oltre il 20% del redditocomplessivo) per quanti vorranno di-sporre erogazioni liberali (non sponso-rizzazioni, è bene precisare) a favore direstauri e manutenzione di beni cultu-rali, a sostegno di musei e istituti cultu-rali pubblici, per fondazionilirico-sinfoniche o enti senza scopo dilucro operanti solo nello spettacolo. Isoggetti beneficiari dovranno dare pub-blica comunicazione delle erogazioni li-berali ricevute e della loro destinazione.Il governo sceglie la strada, tante volteevocata ma finora mai davvero prati-cata, delle facilitazioni fiscali per chi de-stina risorse alla cultura: ci sembra unindirizzo giusto che dovrà essere soste-nuto da un’adeguata promozione affin-ché dia i frutti sperati, se non altro perla istituzioni e i beni culturali del go-verno stesso.Altre disposizioni minori, ma interes-santi, attengono sempre allo sviluppodella cultura, come l’istituzione della Ca-pitale italiana della cultura. Per la verità,per le modalità di individuazione, sembrapiuttosto un premio di consolazione perle città candidate a Capitale europea dellacultura 2019 che non risulteranno vinci-trici. Il governo stanzia 5 milioni di euroannui, ma più interessante appare la di-sposizione che prevede che gli investi-menti connessi alla realizzazione deiprogetti presentati dalla città che sarà de-signata Capitale italiana della cultura sa-ranno esclusi dal tetto del patto distabilità interno degli enti locali. Vengonopoi stanziati 3 milioni di auro annui perciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016per progetti culturali elaborati dagli entilocali nelle periferie urbane: la somma ècosì risibile da risultare quasi ridicola.Tuttavia è interessante che si sia decisovalorizzare i progetti culturali come ele-menti di riqualificazione delle periferiedelle città. Inoltre si prevede che il 20%del Fondo unico di giustizia, costituitodalla vendita di beni sottratti al poteremafioso, sia destinato alla tutela del patri-monio culturale.Vi è poi il capitolo dedicato al GrandeProgetto Pompei che prevede una serie

di Simone [email protected]

di norme che tendono ad accentuare ilcarattere di straordinarietà e di derogaalle norme amministrative in termini diappalti di lavori pubblici nelle mani delDirettore generale del progetto. Ora,non potendo qui entrare nei dettagli,viene da riflettere: se le procedure ordi-narie della materia sono troppo com-plesse e lente, forse sarebbe opportunosemplificare quelle per tutti i lavori pub-blici (almeno riferiti ai beni culturali);

oppure, come è parere di chi scrive,nella situazione ambientale di Pompeila deroga a norme, procedure e con-trolli potrebbe non tanto velocizzare ilavori, ma aprire ulteriori spazi alle in-filtrazioni della criminalità organizzatao, quanto meno, a fenomeni opachi dimala-amministrazione se non di corru-zione.Per quanto riguarda la valorizzazionedel complesso della Reggia di Caserta,

Cosa c’è nel nuovodecreto cultura

il DL istituisce la figura del responsabileunico del Progetto, o segretario gene-rale della Reggia di Caserta. Dunque,una figura che si preannuncia quasicommissariale. Peccato che a questa de-nominazione, però, non corrispondanoeffettivi poteri di un commissario. In-fatti il segretario generale ha il compitodi convocare riunioni fra tutti i soggettipubblici e privati che operano nellaReggia, per verificare le compatibilitàdelle attività svolte con la destinazioneculturale, educativa e museale del sito.E se si verifica l’incompatibilità, cosasuccede? Non sembra che il segretarioabbai poteri sostitutivi o autoritativi,bensì quelli di coordinamento di questidiversi soggetti. Infine il segretario pre-dispone, d’intesa con la Soprinten-denza speciale (cui il segretario siaffianca), il progetto di riassegnazionedegli spazi del complesso della Reggiacon l’obiettivo di restituirla alla sua de-stinazione culturale. Quindi tutto di-penderà dall’autorevolezza delsegretario e dall’appoggio che troverànel Ministro di turno.Il DL prevede anche una interessantenorma per la tutela del decoro dei siticulturali che, se applicata, potrebbeavere effetti interessanti. Ministero eComuni, con specifiche procedure,possono verificare che delle conces-sioni di suolo pubblico non siano piùcompatibili con le esigenze di tutela deldecoro di certi siti culturali e quindipossono procedere alla revoca di taliconcessioni. Così posteggi che detur-pano una piazza storica, mercati rionaliche invadono sagrati di chiese monu-mentali, orrendi ed enormi cartellonipubblicitari su palazzi storici potreb-bero essere rimossi o spostati (se nonfosse possibile trovare spazi alternativied equivalenti in termine di potenzialeremuneratività, si procede ad inden-nizzo). A tutti a Firenze viene in menteil mercatino davanti a S.Lorenzo o ilparcheggio in piazza del Carmine.Vi sono infine disposizioni per le Fon-dazioni lirico-sinfoniche relative al per-sonale in esubero (che passa alla societàin house del Mibact Ales S.p.A.), la pro-roga dei termini per le fondazioni chenon si sono adeguate in tempo con ilrinnovo degli organi di amministra-zione (cosa che non depone a favoredell’autorevolezza delle norme prece-denti e che premia gli inadempienti).Un intero articolo dedicato alla ItalyTourist Card interessante anche per gliaspetti legati alla cultura. Si obbliga leRegioni ad introdurre negli atti di affi-damento in concessione del servizio ditrasporto pubblico locale clausole cheobblighino il concessionario ad istituiree fornire all’utenza un servizio di bi-glietteria telematica, integrabile in piat-taforme digitali per la promozioneturistica e culturale di ogni livello terri-toriale. La sanzione per l’omissione diquesto impegno è la decadenza dellaconcessione. Si tratta di uno strumentointelligente di integrazione di politichedi mobilità pubblica con quelle del tu-rismo e di valorizzazione culturale chepotrebbe dare risultati di crescita cultu-rale importante.

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

Diabolik rimane uno dei miti delfumetto italiano il cui fascino simantiene costante nel tempo. Unantieroe così poco italiano da stu-pirsi che proprio da noi, le sorelleGiussani, idearono e riuscirono apubblicare un siffatto fumetto.Merito del successo naturalmente,oltre alle storie e al personaggio,disegni che ne esaltano la spigolo-sità e il mistero con un uso dellechine sempre perfetto e magistrale.E’ dunque per celebrare questopersonaggio e due dei suoi giovanie talentuosi autori che l’associa-zione “una mela per Eva” organizzaa partire dal 24 maggio una perso-nale di Giuseppe di Bernardo e Ja-copo Brandi presso la propria sedede Le Sieci (via Boito 4, Le SieciPontassieve) a cui intervverrannoper l’inaugurazione gli stessi autori.Entrambi fiorentini con una largaesperienza nel mondo del fumettoitaliano, Di Bernardo e Brandi, di-segnatore e sceneggiatore il primo,inchistrista il secondo, porterannoalle Sieci le loro tavole dedicate alladro gentiluomo.Durante l’inaugurazione di sabato24 a partire dalle ore 17 i due au-tori realizzeranno e personalizze-ranno dei disegni per gliintervenuti.Diabolika Valdisieve: Giueseppe di

Bernando e Jacopo Brandi fumetti-sti di Diabolik. Inaugurazione sa-bato 24 ore 17 – Una mela per Evavia Arrigo Boito 4, Le Sieci, Pon-tassieve.

ICONDiabolikin Valdisieve

Page 10: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.10

Florence Night Movida Itinerari notturniFirenze 2008-2013

LUCE CATTURATA

Sand

ro B

ini -

Flo

renc

e N

ight

Mov

ida

(200

8)

di Sandro Biniwww.deaphoto.it

di Alessandro [email protected]

MUSICAMAESTRO

La diffusione della world music ha de-terminato un profondo rivolgimentodegli ambienti musicali più diversi.Non solo di quelli predisposti ad ac-cogliere queste nuove influenze, maanche di quelli dove la formazioneclassica avrebbe potuto determinareuna certa impermeabilità al feno-meno. Anche la stampa specializzataha preso atto di questo cambiamento:testate come Amadeus e BBC MusicMagazine, tanto per fare un esempio,dedicano uno spazio fisso alla worldmusic. Questo cambiamento viene testimo-niato soprattutto da molte registra-zioni degli ultimi vent’anni, comecerti dischi dell’etichetta ECM oquelli di gruppi come Kronos Quartet(Night Prayers, Nonesuch, 1994) eHarmonia Ensemble (Ulixes, Mate-riali Sonori, 2002).Se queste sono piante ormai rigo-gliose, ce ne sono altre che stanno cre-scendo negli ultimi anni, come ilKosmos Ensemble, che suona musicada camera con la carica di un grupporock. Nato pochi anni fa in Gran Bretagna,questo trio è composto da due musici-ste inglesi, Harriet Mackenzie (vio-

lino) e Meg Hamilton (viola), e dalserbo Miloš Milivojević (fisarmo-nica).La formazione insolita mette in evi-denza la volontà di coniugare tradi-zioni colte e popolari eterogenee:balcaniche, mediorientali, nordafri-cane, sudamericane. Il trio ha esordito nel 2009 con il CDMazi Mazi, dove si contraddistingueper un approccio basato sulla mas-sima versatilità, spaziando da Brahmsa Piazzolla, dal klezmer alla tradizionegreca.

Il risultato è una musica succosa,come annuncia la melagrana evocatanel titolo del secondo CD, Pomegra-nate. Nel nuovo lavoro il trio viene in-tegrato da due ospiti, il percussionistaVasilis Sarikis e la violoncellista Shir-ley Smart. Per gustare il sincretismo non è neces-sario ascoltare tutto il disco, perchè losi coglie anche all’interno di ciascunbrano. “Liberklezango” è una riletturain chiave klezmer del “Libertango”piazzolliano; “The Lark” fonde spuntidella tradizione mitteleuropea con il

celebre “The Lark Ascending” di Vau-ghan Williams; la trascinante “Kosa-nini” rielabora in chiave jazzistica ilCapriccio n. 24 di Paganini. In tutto il disco la musica scorre robu-sta ma al tempo stesso distesa, caratte-rizzata da una fusione strumentaleparticolarmente felice.Ciascun musicista si dimostra capacedi coniugare tecnica e passione. La perizia tecnica e la versatilità deitre musicisti trova ulteriore confermanell’attività che ciascuno svolge inaltri contesti. Harriet Mackenzie è at-tiva nel duo Retorica insieme a un’al-tra violinista inglese, Philippa Mo. Illoro primo CD, English Violin Duos(NMC, 2012) propone composizionidi Jim Aichison, John McCabe e altriautori inglesi contemporanei. La gio-vane violinista suona inoltre conMilos Milivojevic nel duo In Accord.Il musicista serbo fa parte anche delLondon Tango Quintet, un quintettomolto apprezzato. Meg Hamilton ha collaborato con ar-tisti arabi, yiddish e compare in Mor-tissa, il primo CD della cantante turcaCigdem Aslan. Quest’ultima è un’arti-sta molto interessante della quale par-leremo presto.

Musica da camera per il XXI secolo

Page 11: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.11

Giancarlo Passarella è semprestato un vulcano di idee, masoprattutto è stato un uomoche ha seguito testardamente

la sua passione. Tanto da farla diven-tare il suo lavoro e la sua vita. Ha fon-dato una fanzine da Guinnes deiprimati sui Dire Straits, ha creato ilsindacato dei fan club italiani, ha fattoradio, dirige una testata online (mu-sicalnews.com), ha scritto una ven-tina di libri sui Dire Straits ed un librorecentemente uscito su Ligabue (Conquesta faccia qui, Arcana, 2013) iltutto all’insegna della buona musicae della voglia di seguirla e collezio-narla.Non pago di tutto questo ha fondatoanche una una casa discografica laU.d.U Records (dove UdU sta perUlulati dall’underground altra fan-zine storica e gloriosa) che senzascopo di lucro produce e lancia gio-vani talenti musicali. Una casa disco-grafica che usa un metodo dipromuoversi piuttosto singolare. In-tanto i cd li regala e non li vende. Omeglio li scambia con francobolli. In-fatti per ricevere i cd, gratuitamente,degli artisti pubblicati da UdU Re-cords basta inviare una busta con unpo’ di francobolli commemorativi oparticolari alla casa discografica. I francobolli faranno poi la gioia deicollezionisti mentre i gruppi prodottiavranno modo di farsi conoscere adun pubblico più vasto, il tutto met-tendo insieme due oggetti, franco-

PECUNIA&CULTURA

di Michele Morrocchitwitter @michemorr Un francobollo per un cd

Il baratto che salvagli oggettiin via di estinzionebollo e cd, che stanno andando ormaia scomparire.Insomma un modo innovativo ma

efficace per diffondere passione. Per

ulteriori informazioni su questo ba-ratto http://www.musicalnews.com/articolo.php?codice=25597&sz=1

di Michele [email protected]

MENÙ

Il Carciofo è una pianta di originemediterranea, molto nota fin dall'an-tichità per i pregi organolettici delcapolino (le prime descrizioni risal-gono allo storico greco Teofrasto).L'attuale nome volgare in molte lin-gue del mondo deriva dal neo-latino"articactus" (in alcuni dialetti setten-trionali è chiamato articiocco); ilnome italiano "carciofo" e lo spa-gnolo "alcachofa" derivano dal-l'arabo "harsciof ".La coltura del carciofo è diffusa inalcuni Paesi del Mediterraneo, inparticolare soprattutto Italia, poiFrancia e Spagna, mentre è poco co-nosciuto in molti altri Stati.La maggior parte della produzionecommerciale è destinata al consumofresco, il resto all'industria conser-viera e dei surgelati. La coltura delcarciofo è diffusa soprattutto nel-l'Italia meridionale, dove con il ri-sveglio anticipato della carciofaia inestate è possibile anticipare l'epocadelle raccolte all'inizio dell'autunno.Carciofi ripieniChi ama questi magnifici vegetalil’avrà mangiato in tantissimi modi:fritto, arrostito, crudo in insalata,con la carne, eccetera. Io li preferi-

sco ripieni, senza carne, e vi riportola ricetta così come li preparava miamadre.Ingredienti per 4 persone:8 carciofi500 gr di cipollotti freschi

150 gr di pecorino grattugiato5 uova500 gr di pancarrè¼ di latte5 spicchi d’aglio1 limonePrezzemoloOlio extra vergine d’olivaPreparazione:Sbriciolate le fette di pancarrè in unazuppiera, versataci sopra il latte e la-sciate che assorba tutto il latte. Su-

bito dopo strizzatelo in modo che ilpane sia quasi asciutto e posatelo inun altro recipiente. Tritate fine-mente l’aglio, il prezzemolo, e uni-telo al pane; aggiungete uova epecorino e amalgamate il tutto ser-vendovi di un cucchiaio. Assaggiate,e se necessario aggiustate di sale.Bene! Adesso prepariamo i carciofi:tenete a portata di mano il limonetagliato a metà. Togliete le fogliedure dai carciofi. Togliate le puntespinose, tagliate i gambi completa-mente e teneteli da parte. Detergetei carciofi con il limone, così evitereteche anneriscono. Spellate i gambi efate la stessa operazione con il li-mone. Adesso allargate delicata-mente le foglie dei carciofi e fate inmodo che si formino dei piccoli cra-teri e spruzzate all’interno il succodel limone rimasto, poi, con un cuc-chiaio, riempiteli con la farcia. Inuna pentola che li possa conteneretutti, mettete sul fondo i cipollottitritati e un filo d’olio. Adagiate i car-ciofi in piedi, versate acqua fino acoprirli quasi del tutto, aggiungete igambi spellati e mettete a cuocere afuoco forte per i primi 10 minuti,poi abbassate la fiamma fino a cot-tura ultimata. Con il brodo, se vo-lete, potete farci anche una minestracon spaghetti spezzati.

Il harciofripieno

VINTAGE

Verrà il Natale e avrà i tuoi pacchiquesti pacchi che ci accompagnanodal mattino alla sera grossi assurdicome un vecchio debitoo un vizio a rate i tuoi pacchisaranno una vana parolaun grido taciuto un silenziocosì li apri ogni seraquando sotto il peso ti pieghiper tutti Natale ha un suo pacco.

Verrà il Natale e avrà i tuoi pacchi:sarà come ammettere un viziocome vedere nello specchioriemergere conti e cambialicome ascoltare una condannaper mora.Faremo la cessione dello stipendiomuti.

Ho udito il fischio delle “gazzelle”ho visto schiere di celerinicon le visiere coi manganellicol mitra in pugno neri corvini.Sono venuti quando fu scuroi celerini senza dir nientehanno picchiato con rabbia durigli scioperanti: la buona gente.Ognuno è entrato dentro un portoneed è fuggito fin sopra i tettiper non finire nella prigionespinto da lunghi freddi moschettimentre gli “abeti” brillano accesilà nella casa qui sulla viaperché è la ricca festa borghese:sangue e champagne morte e allegria.

NOVEMBRE1972

Il FrancoMiratore

Gli epigrammidi Franco Manescalchinelle pagine di Ca Balà

a cura di Paolo della Bella

Page 12: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.12

senziale, non tagliente, quasi un pòsporco, in tema con i luoghi e gli anni ela povertà. Non potevo non raccontarviquesta storia, amo i film che sanno rac-contare belle e significative storie, conimmagini e poche parole.

KINO&VIDEO

di Cristina [email protected]

Un austero film in bianco e nero,lento e silenzioso, racconta unastoria ed in essa si trovano infor-mazioni e stimoli per possibili

pensieri. Il male: le sue conseguenze nonhanno mai fine. La guerra, gli ebrei e laloro persecuzione, altri modi e altri orroriche almeno io per ora avevo ignorato.Siamo nella Polonia comunista e catto-lica e povera degli anni sessanta.Una gio-vane donna, Anna, è cresciuta nelconvento di suore in cui, piccola ed or-fana, è stata portata nel corso della se-conda guerra mondiale. Sta per prenderei voti, la Superiora vince la sua ritrosia ela spinge con decisione a conoscere la so-rella di sua madre, unica e fino a lì igno-rata, parente. L’incontro è freddo sidirebbe, la zia, una bella donna sulla cin-quantina appare ricca, dedita all’alcool eagli uomini e dice che vuole continuarea non conoscerla. All’ultimo momento siricrede, Anna assomiglia moltissimo allamadre, la sua amata sorella morta datempo. Anna si chiama in realtà Ida ed èebrea. Wanda, la zia, è una donna ostile,disincantata, comunista e atea prova fa-stidio per il velo monacale e soprattuttoper ciò che esso sottende, Ida tace e stanel suo essere, in silenzio, nel credo diCristo, prega ogni sera. Però i ricordi agi-tano la inquieta donna, fatuamente de-dita all’ingannarli. Cerca delle foto, parladella madre di Ida e della sua coloratacretività, poi dice che potrebbero andareinsieme a cercare dove sono sepolti i lorofamiliari, fra essi la madre e il padre di Idae il suo bambino, lasciato con la sorellanella casa di campagna, per "andare acombattere....chissà poi per che cosa..."Wanda è un giudice, inserita e rispettatanel regime per la sua passata lotta parti-giana. La morte di tutti i suoi però le haalienato l’anima. Si scopre che sono statitutti uccisi da qualcuno dei contadini cheper un po’, apparentemente, li avevanoprotetti e nascosti. Wanda riesce a farconfessare il colpevole e a farsi accompa-gnare dove ne ha sepolto i corpi, inmezzo a un bosco di betulle fitte e altis-sime. Sono stati uccisi per prenderne lacasa e il podere, pare che siano stati moltiquesti casi in Polonia: cattolici polacchiuccisero ebrei in fuga per prenderne ibeni. Le due donne raccolgono ciò cheresta delle ossa dei loro cari e li vanno aseppellire in un cimitero ebraico. Ecco lastruttura portante della storia, le conse-guenze del male, altre vite lesionate o al-meno da esse fortemente improntate. Idasta distante dagli stimoli della musica, delballo, dei giovanotti, della vita secolareinsomma. La zia la riaccompagna al con-vento, nido conosciuto e rassicurante, mala soluzione di segreti e il fluire del dolorefino ad allora represso travolgono la zia,non c’è più senso nè spazio per lei. Si sui-cida. Ida torna in città, si mette nei pannidella zia, nelle sue scarpe con il tacco, neisuoi abiti provocanti, esce e si concedeanche il giovanotto che le era piaciuto,ma poi? Poi? si chiede più volte e poi?rientra al convento, sotto il velo per sem-pre. Regia di Pawel Pawlikowski, le dueprotagoniste perfette, bianco e nero es-

Il silenzio di Ida

di Paolo [email protected]

Che cosa non si fa, in una campagnaelettorale, per chiedere/raccattareun po' di voti? Molte cose – ri-spondo - 'non' si fanno. Volete unesempio? L'altro giorno, inavvertita-mente, mi sfila davanti una di quellepubblicità elettorali su autocarrodove leggo, oltre al nome del candi-dato e della lista (che non cito, per-ché in questa mia nota non c'èalcunché di personale e perché èsolo una tra le innumerevoli chic-che), soprattutto questo slogan -sentite che ganzo: “Le persone per-bene non hanno colore”.... Ho lettobene? Significano, queste parole, ciòche è logico? Perché dovrei votarequalcuno che non ha - o sceglie dinon avere - “colore”? Non è già ricca,la politica, di uomini allevati in bat-teria, a non disturbare i manovra-tori? Non è già essa il trionfo,l'emblema dell'accidia in sottovuotospinto, dell'invariabile genericismo,dell'uniforme incompetenza? E'dunque da bandire definitivamenteogni sussulto di individualità, la di-stinzione tra un chiunque e unchiunque altro? Qualcuno, che nonse la beve, mi replicherà: non hai ca-pito, il candidato intende dirci un'al-tra cosa, cioè che gli uomini perbenehanno un valore in sé, a prescinderedal partito o dalla cultura politicache abbracciano. Io a mia volta pro-testerò: ciò è dannatamente banale equando mi trovo di fronte ad uncontenuto banale – la propagandapolitica è una fontana a getto conti-nuo, di simili perle – mi sento già, al-meno con due piedi su due, dentro

l'insignificante, l'indistinto, il nulla!Se non è da esigere il minimo sforzointellettuale da chi pretende di am-ministrare la res publica (che essa siaun comune ovvero lo stato, non haimportanza), tanto meglio è essereincalzati da un semplice 'votatemi,votatemi perché ho niente da dire elo so dire benissimo'. Non stupi-scano lor signori se più di taluno,per così dire, si butta (non a sinistra,non a destra, bensì) nell'astensione!Non è forse una vita che l'elettore (ecittadino) viene trattato da suddito?Che si pretenda, niente niente, chequesto suddito sia anche un po' rim-bambito?

RI-FLESSIONI

Votatemi,perché ho nienteda diree lo so direbenissimo

Page 13: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.13

di Stefano [email protected]

avvicina e di quanto quello prestatodal poeta a questo assomigli. Il poeta,mi rivela, risponde alla richiesta di si-gnificati che il lettore gli richiede of-frendogli una visione in fondotestimonianza di un vissuto che di-venta esempio in vista del bene, in unoscambio etico che non è passaggio diinformazioni come in altre forme dicomunicazione, ma trasmissione diuna passione ormai fissata, estrapolataed esorcizzata in questa trasmigra-zione.E’ questo che Paolo fa: mi regala, conestrema generosità, il collegamentoche mi mancava, quello tra il mio es-sere sanitario ed il mio essere santiarioe mi mostra la carenza di poesia inqueste fredde corsie. Questo mio rin-correre poeti o i tanti me stesso che hoperso per la via sembra aver trovatoqui, al tavolo di un chiassoso bar all’oradell’aperitivo, una sua possibile risolu-zione, aiutandomi a capire che essere

infermiere ed esserepoeta è per me la stessacosa: in tutte e due leattività cerchi di com-battere una malattiacon iniezioni di vaccinoche ti immunizzino difronte a cotanta minac-cia, un antidoto ad unveleno che penetra in tepoco a poco. Nella poe-

sia come negli ospedali curi il fruitoredei tuoi servigi ammalandoti tu un po’per volta, nel mistero che è la soffe-renza, che è la poesia.Il malato, il poeta-portatore infetto, haper Paolo Fabrizio Iacuzzi un solomodo per curarsi: identificare il pro-prio male ed imprigionarlo pagina perpagina, quadro dopo quadro, maneg-giandolo come fosse grezza creta finoa che non trovi quasi da sé una formapropria, finché anche dal male non neesce il bene. Solo così il caso, ogni ca-sualità che il giorno ti offre, diventanola grazia con cui i vari aspetti della vitati vengono mostrati.La stessa grazia che Paolo deve averavvertito sentendo del mio progettoche ha come ambientazione un luogostorico a lui molto caro, fatto di cerchiconcentrici come i livelli in cui l’intro-spezione scende e grazie al quale eglistesso ne chiuderà uno, esaurendoun’aspettativa, ed, insieme, un altroancora fino al livello più basso, dovetutto si compirà.

La vostra mente le vostre parole in prosa. In versiquesto racconto a voi dedicato. Lacera sem-pre quanto s’inoltra e più in carne vostrae mia fa recinto.Forse nessuno.La tua migliore poesia.

LO STATO DELLA POESIA

di Matteo [email protected]

Siamo seduti uno di fronte al-l’altro, separati solo da un ta-volo di questo affollato erumoroso bar, circondati da

una varia umanità indaffarata per ipropri casi ed indifferente allo scam-bio che, come una profezia che si av-vera, sta avvenendo tra noi due.Sì, perché a Paolo Fabrizio Iacuzzi èbastato leggere le poche note su di meche circolano su internet per capire ditrovarsi al cospetto di una persona acui rivelare la scoperta avvenuta attra-verso le ultime, pesanti vicissitudinidella propria vita e cioè che la vera na-tura della poesia è quella di un virusche attecchisce subdolo nella propriavittima, scatenando rigetti e soffe-renze nel poeta che cerca di liberar-sene condividendo e così diluendo lamalattia e insofferenza ed incompren-sioni nel lettore che ne intuisce la na-tura infettiva ed attiva le propriedifese.Me ne parla, lucido e vivo, perché unrefuso su quella nota telematica mi hatrasformato da “sanitario” in “santia-rio” e lui un po’ si diverte ed un po’ èserio passando dal concetto di sanitàe di ciò che, ancora non detto, smuovein tutti noi il contatto con la soffe-renza, alla santità alla quale il servizioche l’operatore ospedaliero presta si

Malatodi poesia

PaoloFabrizioIacuzzi

Yine yang

LUCE CATTURATA

S.M

iche

le in

For

o a

Lucc

a

Grande mortaio di marmo, presumo da farmacia, misura 40 cm circa di dia-metro per 20 cm in altezza, XVII secolo e pestello in bronzo, stessa epoca.Un detto, con nuances ironiche dice “ogni mortaio trova il suo pestello”, adesempio riguardo all’essersi maritata di “una donna brutta” (così il vocabola-rio, io di un uomo brutto..). Il mortaio è oggetto molto molto antico, Egizi eGreci ne usavano di bellissimi in alabastro e diaspro per macinare il grano, neesistono di pietra, di vetro, di legno... Schliemann, nel corso dei suoi geniali efortunati scavi per cercare le mura di Troia, trovò alcuni mortai di basalto evari pestelli di granito e calcare. Questo oggetto è stato ed è usato in cucina,in farmacia, in chimica, vi si pestano sostanze varie per ridurle in polvere o inpoltiglia. Il pestello dovrebbe essere ruotato schiacciando le sostanze e, semai, si volesse proprio “pestare” i colpetti dovrebbero essere piccoli. Ecolo-gico ovviamente, non consuma energia se non muscolare. Affaccendarsi inu-tilmente in qualche attività o convincimento imposssibile può essereassimilato a “pestar l’acqua nel mortaio”.

a cura di Cristina [email protected]

BIZZARRIA DEGLI OGGETTI

Mortaio Dalla collezione di Rossano

Page 14: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.14

#wearesocial

l’immagine restava qualcosa di fragile,se paragonata al grande strumento dicomunicazione rappresentato dalla pa-rola. Poi arrivò il Vietnam e quel giugno del1972, quando nel sud del paese Nick Utscattò una foto di straordinaria forzaespressiva che gli valse il Premio Pulit-zer. L’immagine di quel gruppo di bam-bini in fuga dopo un bombardamentoal napalm a ovest di Saigon, la corsa di-sperata della ragazzina completamentenuda, ustionata dall’acido, e sullosfondo il villaggio in fiamme, riuscì araccontare l’orrore della guerra più dimille parole. E fu proprio in quel mo-mento che il valore della immagine ac-quistò sempre più forza, lasciando

indelebili segni nelle coscienze collet-tive.Oggi siamo all’apice di quel processo diaffermazione del valore della immagine.Tra fotografi fai-da-te, fotoreporter free-lance, selfie (chissà poi perché non chia-marli semplicemente autoscatti, i quali,tra l’altro, non sono certo una novità),tutto è diventato social, o scendendoancora più nel gergo giovanile, “virale”.C’è qualcosa però che sta lentamentesfuggendo al controllo e su cui sarebbeopportuno riflettere. Mi riferisco, inparticolare, alla campagna #bringbac-kourgirls, la quale si pone come obiet-tivo di tenere i riflettori puntati sulrapimento di circa duecento studen-tesse da parte del gruppo terroristicoislamico Boko Haram in Nigeria. Un ra-pimento avvenuto il 14 aprile scorso,inizialmente quasi taciuto dalle autoritàlocali, con la complicità della stampa in-ternazionale poco attenta. Ma a puntareprepotentemente l’attenzione sulla vi-cenda ci ha pensato Michelle Obama, laquale lo scorso 7 maggio ha postato unasua foto su twitter con un cartello sca-rabocchiato in nero su sfondo bianco ela frase, divenuta ormai celebre, #brin-gbackourgirls. Segno inequivocabiledella sua completa adesione alla cam-pagna internazionale lanciata per libe-rare le studentesse rapite. E molti altripersonaggi, più o meno noti, hanno im-mediatamente seguito il suo esempio. IlFestival di Cannes in questi giorni è as-sediato da star che, accanto a paillettes

e lustrini vari, mostrano a favore dei fo-tografi cartelli con la scritta #bringbac-kourgirls. In Italia non siamo certo dameno. Il sito di Repubblica invita co-stantemente i lettori a mandare foto ine-renti alla campagna internazionale, contanto di pubblicazione online. Intendiamoci, non c’è nulla di negativoin tutto questo. Per un paese come la Ni-geria che sta cercando con tutti i mezzia disposizione di oscurare la vicenda,riuscire a mantenere un livello alto di at-tenzione non può che giovare al futuro,assai incerto, delle studentesse rapite. Ilpunto però è un altro. Pochi mesi fa lostesso gruppo integralista islamico mas-sacrò oltre 50 studenti in un collegio nelnord-est della Nigeria. Il collegio diBuni Yadi accoglieva ragazzi tra gli 11 ei 18 anni di età nello stato nord-orien-tale di Yobe, a 60 chilometri dalla capi-tale Damaturu. Ma lì non c’erano twittero instagram a occuparsi delle sorti diquei poveri studenti. Sono ormai anniche il gruppo Boko Haram miete vit-time, cercando di instaurare un clima diterrore in tutto il paese. E allora perchésoltanto in questa vicenda si è ritenutoopportuno intervenire? Non sarà forseperché la campagna internazionale perliberare le studentesse rapite è divenutacosì social, al punto tale che mostrare lapropria vicinanza sembra quasi un ob-bligo? A mio parere, sono già troppi co-loro che hanno in mano le sorti di interenazioni, gruppi etnici o religiosi, chescelgono quando intervenire o quandolasciar perdere, che decidono chi è giu-sto salvare o chi è invece può essere ab-bandonato a sé stesso, non conferiamo,quindi, tale “potere” anche ai social net-work.

VIS POLEMICA

di Laura [email protected]

Basta un # e il gioco è fatto. Vi-viamo in una realtà sempre piùsocial, strettamente intercon-nessi l’uno con l’altro, anche se

a dividerci ci sono migliaia di chilome-tri, un paio di mari, qualche oceano ocatena montuosa, e perché no, un con-tinente. E poco importa se oggi sonomaggiormente gli hashtag a smuovereenergie creative e positive più che leforze politiche stesse. Se in principio erala parola a regnare sovrana, oggi si staaffermando in modo perentorio l’im-magine: lo testimonia il boom di Insta-gram, che ha ingaggiato un testa a testacon Twitter per il primato su chi ha piùutenti. Alla fine del 2013 gli utenti di In-stagram, in gergo “Igers” abbreviazionedi instagramers, si sono attestati sui 3,3milioni di utenti contro i 3,6 di Twitter.Ma perché l’immagine ha preso cosìtanto il sopravvento? Il primo grande fotoreporter fu RobertCapa. Tutte le immagini più note, piùconosciute sulla Seconda guerra mon-diale, sulle truppe americane in Italia,sulla guerra civile in Spagna, sulle cittàbombardate, riposte in qualche cassettodella memoria, esistono in noi perché èesistito Robert Capa. Senza ombra didubbio la foto più celebre, e anche pro-babilmente quella più discussa, fuquella del miliziano anarchico colpito amorte durante la guerra civile spagnola. Ma nonostante la costante e indefessaesposizione in prima linea di RobertCapa per documentare quello che i suoiocchi vedevano e che quindi anche ilmondo avrebbe dovuto conoscere,

di Francesco [email protected]

Eccomi a Firenze. Per un non fiorentinoè come essere impotenti di fronte a Ni-cole Kidman. I miei amici fiorentinisono pazzi. Si ubriacano e vanno in giroparlando una sorta di italiano-esperanto,in un bisticcio fonetico costante chetrova pace solo nella morte della letterascritta. Paradossalmente Venezia è più“aperta”(nella stagnazione saltano quan-tomeno le raganelle). Qui vi è una fintadinamica. Il concetto di velocità è insi-pido, come il pane toscano. Tutto simuove nei binari ternari della cantica.Perfino il turista pare cedere ad una qual-che inflessione. In questa città sono acca-dute troppe cose. Enormi cose. Arcane.Misteriose. Un tale concentramento dibellezza, secoli orsono…non è fatto ra-zionale. Il mio collo si torce, ora a destra,ora a manca. Squarci di luce, ombre sullecase, sulle strade. Poi improvvisamentepiove. Temo Renzo Auditore. Lo sentocalare dai tetti, incappucciato, mentre si-bila il suo drappo e sul mio collo cala lostiletto. La città ha un’atmosfera irreale,quasi sospesa. Perfino il traffico ha unche di asettico. Caldo. Ora splende ilsole. Spifferi di vento dalle vie ombrose.L’orologio d’un qualche campanile segnaun’ora qualsiasi nella giornata senza ca-lendario. Mi aspetto un cerusico da unmomento all’altro. Invece ecco un par-

La nostra giovane e brava collabora-trice, Laura Mazzanti, la scorsa setti-mana ha dedicato un articoloall’anniversario del referendum per ildivorzio. Ottimo pezzo e ottimo argo-mento a cui però saltava all’occhiouna vistosa assenza. Quella dei Radi-cali e di Marco Pannella, grandi ani-matori e protagonisti di quelreferendum sia con il comitato referen-dario che con la Lega Italiana per ilDivorzio. Va infatti ricordato che quelreferendum ebbe una vita politica

piuttosto travagliata. Non voluto dal-l’intera DC, fu infatti Fanfani che lovolle fortemente per riconquistareun’egemonia che vedeva ormai per-duta; visto con timore da una buonaparte delle gerarchie ecclesiastiche(evidentemente capaci di sentirel’umore dei loro fedeli), fu anche osteg-giato dal PCI che temeva una scon-fitta da parte delle masse cattoliche.Ci sono pagine affascinanti nei verbalidei comitati centrali del partito, con-

servati all’Istituto Gramsci, su come ilgruppo dirigente comunista vedessecome inevitabile la sconfitta e male-disse Pannella (e in minor misura i so-cialisti) per quella avventurareferendaria, seppure poi il partito simobilitò in forza per far vincere il NO.Non andò come temeva il PCI e Pan-nella, con la sua visionaria lucidità,dichiarò nella notte, quando ancora irisultati erano incerti, che il NO avevavinto. Aveva ragione lui.

cheggiatore abusivo. E’ un fatto impor-tante; pensavo fossero solo in Sicilia enel napoletano. Miraggi. Passa una ra-gazza bellissima. I suoi capelli biondi,per un istante sospeso, fanno da contro-canto alla bandiera gigliata che sventola,impertinente, fuori dal bar. Falso pro-spettico. Un giglio viola e dorato. Colorinobili che rimandano agli antichi trafficidi sete, stoffe e spezie. Silenzio. Poi il

rombo di una moto che sfreccia a tuttavelocità. E’ ferma nello squarcio assolatodi Via Roma, come un puntino eterna-mente orbitante nella fissità del buconero. Lì, alla fine della strada. Penso alpovero motociclista, col suo casco daastronauta. Mi verrebbe pure da pian-gere, non fossi un giocatore d’azzardoalle prese con la depravata numerazionedelle vie in numeri rossi e numeri blu.Punto ovviamente sul rosso ma perdoad ogni mano. La logica che governaquesta progressione è opera oscura.Ogni uscio è un’apertura verso la spiraledi un portale. Esce il mio numero rosso

ed eccomi dentro ad un negozio discarpe. Mi sorride il Brunelleschi. Do-vrei indossare dunque quelle pantofolepapali? Va bene, obbedisco. Assaporo lapotenza dei Borgia ed i  miei occhi sifanno crudeli, a fessura. Sibilo che è unfurto, ma pago. Cinquantasette euro perun paio di pantofole. Berrò il sangue diquesta città nel furore della fiorentinacotta alla brace. Ne spolperò la carcassafino all’osso. Sarò il cannibale al serviziodei Medici. Nella mia testa, come unmantra, ossessivo, senza fine: “Firenze lacittà dell'arte, va in culo a chi arriva e achi parte”.

CATTIVISSIMO

REPLICA

Firenze

C’era anche Pannelladi Michele Morrocchi

twitter @michemorr

Page 15: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.15ABISSI

Disegni di PamTesti di Aldo Frangioni

Il tempo peggiore della notte per avere incubi è ilprimo sonno: troppo profondo al risveglio,

non rimane che una grande sofferenza senza sapere lacausa onirica che l'ha prodotta.

Page 16: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.16RI-FLESSIONI

di Giacomo [email protected]

Conservatore ma a modo suoinnovatore, cattolico ma nonbacchettone, Reagan aveva ladote di essere uno straordina-

rio comunicatore. Parlava in modosemplice, diretto. Usava un linguag-gio chiaro che arrivava con facilità ealtrettanta efficacia alla nazione. Permolti il suo periodare era quasi ba-nale, se non insulso, ma quando pro-nunziava un discorso in pubblico,anche le frasi e le locuzioni più scon-tate acquisivano capacità penetrativanell’uditorio, la sua perfetta intona-zione di oratore riusciva a caricare diforza quelle parole che, magari lettesu una cartella, potevano lasciare in-differenti. L’offensiva lanciata da Rea-gan nei confronti dell’UnioneSovietica è duplice: militare ed ideo-logica. Anzi, filosofica. Da questopunto di vista l’attacco è frontale, adalzo zero. E’ il marzo 1983. Ronald Reagantiene un discorso ad Orlando, Flo-rida, avanti all’Associazione nazionaledegli Evangelici. Passerà alla storiacome il discorso su “l’impero delmale”. “Dunque vi esorto a parlar chiarocontro quelli che vorrebbero metteregli Stati Uniti in una posizione di in-feriorità militare e morale. Così nellevostre discussioni sulla proposta disospensione della corsa al nucleare viesorto a stare in guardia dalla tenta-zione dell’orgoglio, la tentazione su-perficiale di dichiararvi superiori atutto ed etichettare entrambe le particome egualmente colpevoli, di igno-rare i fatti della storia e gli impulsi ag-gressivi di un impero del male, dichiamare la corsa alle armi semplice-mente un gigantesco fraintendimentoe dunque sottrarre voi stessi alla lottatra il giusto e l’ingiusto, tra il bene e il

l'impero del male, ebbe vasta eco inUnione Sovietica, come ricorda Vla-dimir Slipchenko, allora membrodello Stato Maggiore sovietico. "I mi-litari, le forze armate, lo utilizzaronocome pretesto per iniziare una prepa-razione molto intensa ad un nuovostato di guerra. Iniziammo a fare im-portanti esercitazioni di caratterestrategico... Quindi, "per i militari, ilperiodo in cui eravamo chiamati "im-pero del male" fu, in effetti, molto po-sitivo e utile, perché raggiungemmoun altissimo grado di efficienza mili-tare... Potemmo anche sperimentarela situazione in cui una guerra con-venzionale può trasformarsi in unaguerra nucleare".I leader sovietici, terrorizzati dall'ideache l'amministrazione Reagan stessepreparando un primo attacco nu-cleare contro il loro paese, furono vi-cini a scatenare una guerra nucleare.Nel novembre 1983, durante l'eserci-tazione militare della NATO denomi-nata "Able Archer", il nervosogoverno sovietico si convinse che,sotto le apparenze di un'esercitazione,si stesse preparando un attacco nu-cleare americano contro l'U.R.S.S.. Diconseguenza, furono allertate le forzenucleari sovietiche, i comandanti pas-sarono in rassegna le loro missionid'attacco, le armi nucleari furono pre-parate all'azione. "Il mondo non fuesattamente sull'orlo dell'abisso nu-cleare - ricorda Oleg Gordievsky, unagente americano infiltrato nel KGB- ma durante Able Archer nel 1983 vifu paurosamente vicino"

(Parte 2 di 2 - fine)

Il mondo sull’orlodell’abisso nucleare

male”. Così Reagan sul finire del suointervento, che chiude con una cita-zione di Wittaker Chambers (mem-bro del partito comunistaamericano): “La crisi del mondo oc-cidentale esiste in proporzione all’in-differenza dell’Occidente verso Dio,in proporzione alla collaborazione altentativo comunista di far sì chel’uomo prosegua da solo senza Dio.[…] Il mondo occidentale può ri-spondere a questa sfida ma solo apatto che la sua fede in Dio e la libertàdi cui gode sia grande almeno quantola fede del comunismo nell’uomo”.Spaventato dallo sviluppo delle armiatomiche e dalla leggerezza con cuil'amministrazione Reagan parlava diguerra nucleare, il governo sovieticoincrementò a sua volta la propria po-tenza militare. Il nuovo segretario del

partito, Yuri Andropov, concluse che"la pace non può essere ottenuta ele-mosinandola dagli imperialisti. Puòessere mantenuta solo facendo affida-mento sulla invincibile potenza delleforze armate sovietiche". In rispostaal dispiegamento di missili americaniin Europa occidentale nel dicembre1983, il Cremlino interruppe i nego-ziati sul controllo degli armamenti, ri-prese lo spiegamento di missilinucleari SS-20 che aveva in prece-denza fermato, collocò i missili nu-cleari SS-23 in Germania Orientale ein Cecoslovacchia e fece avvicinare isottomarini nucleari sovietici allecoste degli Stati Uniti. Alla fine del1984, il Cremlino incluse un au-mento del 45% delle spese militarinel suo piano quinquennale. Il di-scorso di Reagan del marzo 1983 sul-

SCAVEZZACOLLO

1)Se pensi che lo spirito sia fatto di carne e la carne siafatta di malinconia, saturnina e dionisiaca, sei un vero de-cadente …2)Se ti piace l’umanità, però non questa, seiun vero decadente…3)Se hai la malattia dell’infinito main farmacia, senza ricetta, ti danno un digestivo della vitada banco, sei un vero decadente….4)Se chatti con Sarda-napalo, Eliogabalo, Teodora e Semiramide, sei un verodecadente. …5)Se come animale di compagnia, al cane oal gatto preferisci te stesso, sei un vero decadente….6)Sela tua vita assomiglia a un mosaico bizantino, sei un verodecadente…7)Se tutto è niente, tutto è fumo, e quindi 5euro al pacchetto non è un prezzo caro, sei un vero deca-dente …8) se pensi che tutto sia un aprire e chiudersi,entrare ed uscire, allungarsi ed accorciarsi, sei un vero de-cadente…9) se pensi che a parte il giramento di coglioni,tutto il resto sia una trascurabile inezia, sei un vero deca-dente …10) se pensi che non valga la pena fare una listaper definire cos’è un vero decadente, sei un vero deca-dente.

Il vero decadentedi Massimo Cavezzali

[email protected]

Page 17: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.17VISIONARIA

di Fabrizio [email protected]

San Rocco è particolarmente veneratocome protettore dal flagello dellapeste. Non risulta però che, durante ilsuo pellegrinaggio in Italia, sia passatoda Firenze, che invece avrebbe avutoun disperato bisogno del suo aiuto.Firenze ha infatti avuto più volte a chefare con la peste, a cominciare dalla fa-mosa “peste nera” del 1348, che ster-minò 25 milioni di persone, 1/3 dellapopolazione europea, e che, nel giro didue anni, ridusse gli abitanti di Firenzeda 125.000 a 30.000. Quella del 1348è l’epidemia per sfuggire alla qualedieci giovani si rifugiano a Villa Pal-mieri, lungo l’attuale Via Boccaccio, epassano il tempo raccontandosi storie.E’ durante quell’epidemia che i mo-naci di Santa Maria Novella iniziano aprodurre l’aceto dei sette ladri, che sidiceva rendesse immuni dalla malat-tia. E’ nota la storia di questo medica-mento miracoloso: sette depredatoridi cadaveri avevano scoperto la ricettadel farmaco; ciascuno di loro cono-

sceva un ingrediente e non lo rivelavaagli altri. I monaci della farmacia,però, riuscirono a entrare in possessodella ricetta completa grazie all’inter-vento di una monaca che persuase isette ladri, non si sa come, a svelarleciascuno la sua parte di segreto: tantoper restare a Boccaccio...La successiva epidemia, nel 1497,contribuì non poco alla caduta di Sa-vonarola, che da anni predicava con-tro il malcostume di Firenze einvocava Dio che mandasse “spada,spada; carestia, carestia; pestilenzia,pestilenzia!”. Il frate fu esaudito ap-punto nel 1497, e anche la sua fama(comprovata!) di profeta di sventuraportò Savonarola sul rogo l’anno suc-cessivo. Alla peste del 1497 è legataanche la storia di Ginevra degli

Amieri: la diciottenne Ginevra, inna-morata di Antonio Rondinelli, è co-stretta a sposare Francesco Agolanti.Creduta morta durante l’epidemia,viene sepolta viva in Duomo, ma rie-sce a evadere dal sepolcro: respinta dalmarito, raggiunge la casa di Antonio

percorrendo l’attuale Via del Campa-nile, che per questo fatto fu chiamatain antico “Via della Morte”.Ultima epidemia, di manzoniana me-moria, nel 1630, quando Porta SanGallo, in Piazza della Libertà, fu detta“porta della peste” perché si dicevache la malattia fosse entrata in città dalì, portata da un contadino bolognese.E, sulla scia della “colonna infame”, leAutorità fiorentine ordinarono disvuotare tutte le acquasantiere dellechiese, per evitare che i perfidi untorici versassero dentro i loro malefici un-guenti. La peste del 1630 fu anchecausa indiretta di un fatto clamoroso:Galileo, ottenuto il nulla-osta da papaUrbano VIII per la pubblicazione del“Dialogo sopra i due massimi sistemidel mondo”, stampò il libro a Firenze,inviando al papa una copia preventivache però, a causa della peste e del ri-gido embargo imposto dai Medici,raggiunse Roma solo quando circola-vano ormai moltissimi esemplari dellibro. Il papa si ritenne raggirato e at-tivò il Sant’Uffizio che, il 22 giugno1633, condannò Galileo per eresia.

Via San Rocco

Dagliall’untore

di Simonetta [email protected]

Il bellissimo museo Guimet in placed'Iéna a Parigi con una delle colle-zioni di arte asiatica più complete almondo fu ideato da Emile Guimet,

geniale personaggio vissuto nella secondaparte dell'800 e morto nel 1918. Figlio diun industriale di Lione che produceva co-lori fantasiosi tra i quali un famoso blu ol-tremare chiamato appunto Blu Guimet edi una pittrice, Emile da giovane seguì leorme materne cimentandosi nella pitturae nella scultura per poi entrare nell'attivitàdi famiglia alla quale si dedicò per tutta lavita con grande successo e impegno civiletanto che, da industriale speciale per i suoitempi, e forse anche per i nostri, ideò unfondo per finanziare le pensioni e gli inci-denti sul lavoro per i suoi 150 dipendenti.Intellettuale, grande studioso di storiadelle religioni, amava l'arte , il teatro e lamusica (scrisse un balletto e un' opera)anche se la sua grande passione fu il viag-gio e il collezionismo di opere d'arte. Ilsuo sogno era quello di aprire un museodedicato all'arte antica greca, egiziana easiatica ma poi si focalizzò su quest'ultimaa seguito dell'incarico datogli dal Mini-stero della Pubblica istruzione di uno stu-dio sulle religioni orientali, che lo portònel 1876 nelle regioni dell'Asia Centralefino all'Estremo Oriente. Nei suoi fre-quenti viaggi aveva raccolto una quantitàenorme di sculture, dipinti, oggetti spessotrovati in circostanze eccezionali. Al suosogno di aprire un museo per raccoglieree mostrare questa incredibile collezionededicò molto tempo e denaro. Lo realizzòa Lione nel 1879 poi, con la decisione didonare allo Stato l'intera collezione, ilmuseo fu trasferito a Parigi e inauguratonel 1889 in occasione della Fiera Mon-diale. Il patrimonio artistico del museoGuimet che ripercorre 5.000 anni di storiadi arte asiatica è stato integrato e arricchito

L’arte asiatica di Emile Guimet

da opere lì trasferite da altri musei e dapregiate donazioni come quella di Kri-shna Riboud che nel 1990 ha donato lasua immensa collezione di tessuti asiaticidal XVII secolo al XIX, e quella di ErnestGrandidier con 6000 pezzi di antiche ce-ramiche cinesi. Alla fine degli anni 90 ilmuseo è stato magnificamente ristruttu-rato dagli architetti Henri e Bruno Gau-din. Degli ambienti originali è rimastasolo la biblioteca che sorprende il visita-tore con la sua cupola retta da colonne aforma di misteriose dee stilizzate. I nuovispazi che si sviluppano su quattro piani,sobri ed eleganti senza concessioni a unoscontato esotismo, invitano a perdersi nel-l'incanto delle opere esposte e diventanoessi stessi un viaggio estetico nell'architet-tura contemporanea. Un incontro tra an-tico e moderno, tra oriente e occidenteche merita senz'altro una visita appassio-nata.

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Page 18: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.18

di Ilaria [email protected] Città d’acqua Lucca Anfiteatro

LUCE CATTURATA

di Simone [email protected]

SCENA&RETROSCENA

Da anni Angela Torriani e la sua Versi-liadanza lavorano sulla cultura, la spiri-tualità e la luce armena: èun’operazione culturale profonda,seria, rigorosa, di quelle che scavanonella roccia con la tenacia e la forzadella goccia continua. Così la ripropo-sizione della coreografia “7th Sense”che abbiamo visto al teatro CantiereFlorida lo scorso 21 maggio nell’am-bito del Festival di Fabbrica Europa, miè apparso come un nuovo spettacolo,sedimentato su anni di lavoro e secolidi spiritualità e cultura. Un millennioper la precisione, tanto è passato dalLibro delle Lamentazioni di G.Nare-ghatsi o Gregorio di Narek, poeta, mu-sicista e filosofo armeno del X secolo,figura centrale nella cristianità armena,a cui è ispirata la coreografia. La regia èdi Vahan Badalyan, giovane regista cheabbiamo intervistato tempo fa noi di“Cultura Commestibile”. La coreogra-fia è una meditazione corporea, una ri-cerca della luce nella tenebra delmondo, oppresso dalla colpa, dalla vio-lenza, dall’alienazione, una ricerca diequilibrio interiore e della riconcilia-zione con Dio. Un piccolo, prezioso,libro di Andrea Ulivi, “Luce armena”(Edizioni Meridiana, 2008), rende pla-

stica questa consustanzialità fra la lucedell’Armenia, le sue architetture reli-giose e questo spettacolo, che continuaoggi volta a commuoverci, ad avvol-gerci in una cultura millenaria che ri-sale dalle profondità del Caucaso, daquella lontana provincia dove i duecontinenti si incontrano e si confon-dono. Là, dove ci sono anche, forse, lenostre radici.

Il

senso 7

°

Page 19: Cultura Commestibile 77

CCUO

.com sabato 24 maggio 2014no77 PAG.19L’ULTIMA IMMAGINE

[email protected]

Big Boy, Santa Clara, California, 1972In questo caso il “Brandname” di questa catenadi Fast food prende ilnome da un bambinodi 6 anni di Glendale,California, che ebbe laventura di entrare nelnegozio di Bob Wianproprio mentre lui stavacercando di dare unnome al suo “business”.Wian si rivolse a luichiamandolo “Hey BigBoy!” Questa esclama-zione suonò bene al suoorecchio e così deciseimmediatamente chequesto sarebbe stato ilnome da dare al suo bu-siness. Fu chiamato unartista animatore dellaWarner Bros. che fece lacaricatura del giovanecliente che teneva nelpalmo della mano que-sto “double deckerCheese Burger”, il tipicocheeseburger a duepiani! Per onor di cro-naca il nome del ragaz-zino di 6 anni eraRichard Woodruff e ilproprietario della ca-tena fece poi disegnareanche una serie di fu-metti chiamati “The ad-ventures of Big Boy”usati poi come omaggipromozionali per tutti iclienti della catena.Questo fumetto è statopubblicato per 40 anni!

Dall’archivio di Maurizio Berlincioni

[email protected]