Cultura Commestibile 31

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31 uesta settimana il menù è DA NON SALTARE Siliani a pagina 2 Q ISTANTANEE AD ARTE Monaldi a pagina 6 Morrocchi a pagina 7 Pucci a pagina 8 Oltre lo specchio RIUNIONE DI FAMIGLIA President in a tutù a pagina 4 Made in Japan I tesori diladdArno Tutto per una mela (come al solito) KINO&VIDEO KINO&VIDEO Lucia Bosè nel deserto Noi siamo quella razza che non sta troppo bene che di giorno salta i fossi e la sera le cene. Lo posso gridar forte fino a diventar fioco noi siam quella razza che si tromba tanto poco. Noi siamo quella razza che al cinema s’intasa per vedere donne ignude e farsi seghe a casa. Eppure la natura c’insegna sia sui monti sia a valle che si può nascer bruchi e diventar farfalle. Ecco, noi siamo quella razza che l’è tra le più strane che bruchi siamo nati e bruchi si rimane. Quella razza siamo noi è inutile far finta c’ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta

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31uesta settimanail menù è

DA NON SALTARE

Siliani a pagina 2

Q

ISTANTANEE AD ARTE

Monaldi a pagina 6

Morrocchi a pagina 7

Pucci a pagina 8

Oltrelo specchio

RIUNIONEDI FAMIGLIA

Presidentin a tutù

a pagina 4

Madein Japan

I tesoridiladdArno

Tutto per una mela(come al solito)

KINO&VIDEO

KINO&VIDEO

Lucia Bosènel deserto

Noi siamo quella razzache non sta troppo beneche di giorno salta i fossie la sera le cene.Lo posso gridar fortefino a diventar fioconoi siam quella razzache si tromba tanto poco.Noi siamo quella razzache al cinema s’intasaper vedere donne ignudee farsi seghe a casa.Eppure la natura c’insegnasia sui monti sia a valleche si può nascer bruchie diventar farfalle.Ecco, noi siamo quellarazzache l’è tra le più straneche bruchi siamo natie bruchi si rimane.Quella razza siamo noiè inutile far fintac’ha trombato la miseriae siamo rimasti incinta

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biamo realizzato un modello che funzionae che volendo potrebbe essere applicato ascala più grande senza troppi sforzi. Umil-mente, lanciamo la nostra sfida: si può fare,se si ha voglia di ascoltare e di osservare lacittà.E’ vero che tutti dicono che si deve fare si-stema, però intanto si passa allo smontaggiodi quelli esistenti. Penso a “Firenze dei teatri”che riuniva 17 teatri di 11 Comuni dell’areae faceva il “Passteatri”; oppure a “Dialoghi”,l’associazione degli assessori alla cultura deiComuni dell’area fiorentina. C’è un contrastofra il proclamare parole d’ordine e poi co-struirle. Qui c’è altro, però: il territorio. Che èun aspetto che facilita perché è l’elemento cheunifica e aiuta a fare sistema; ma, allo stessotempo, è elemento di complicazione perchétutto attorno a questa esperienza territoriale,c’è un territorio che si disgrega e uno sfrangia-mento di tutto ciò che è sistema. Un rione re-sistente?S.Guaita Il territorio è spesso anche unostacolo. In potenza è elemento facilita-tore, ma nella pratica no. Perché ci sonouna serie di interessi, anche molecolari,che impediscono una reale collaborazione.Ci vuole qualcuno che prende in carico ilproblema e richiama tutti intorno ad unprincipio, l’assenza di profitto. C’è tantovolontariato nella nostra iniziativa e questodisinnesca le polemiche. Siamo riusciti acoinvolgere tanti, ma non è semplice e civuole tanto lavoro che non nasce sponta-neamente dal territorio.S.Nocentini Il territorio è solo in potenzauna opportunità, ma alla fine bisogna tro-vare un fluidificante. Noi non abbiamo in-ventato una ulteriore creatività, abbiamocollegato e dato una veste riconoscibile einteressante a quanto esisteva. E’ difficileperché in questo sfrangiamento c’è la rot-tura del rapporto fra chi lavora e il contestoin cui lavora. C’è da ricominciare a tesserequesta rete. Fare sistema non è mai occa-sionale; è, invece, un lavoro continuo.Quello che cerchiamo di generare è un

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L’occasione è data dalla terza edi-zione di Diladdarte. Artisti e spazid’arte in S.Niccolò, il rione fioren-tino stretto fra piazzale Miche-

langelo e l’Arno, che si tiene domenica 26maggio, ma la chiacchierata con Sara No-centini, presidente del Comitato di SanNiccolò, con la sua vice, Sonia Guidi e congli altri membri Irene Chellini e SimoneGuaita (che conduce anche la Fondazione“il Bisonte”) si concentra sulla vita cultu-rale e sociale del rione.Come nell’Ulisse di James Joyce vediamodall’alto Stephen Dedalus e Leopold Bloommuoversi nella giornata del 16 giugno 1904nelle strade di Dublino, così domenica 26maggio cammineremo in questo rione diS.Niccolò incontrandone le emergenze cultu-rali che lo rendono un qualcosa di atipiconella Firenze razziata dai nuovi barbari delturismo di massa o dall’offerta per questo tipodi turismo, rendendolo ancora così denso re-lazioni sociali. Proviamo a costruire unamappa di questo territorio atipico.S. Nocentini Seguendo il gioco e guar-dando dall’alto il rione del giorno di Dilad-darte si vede un potere che normalmenteè invisibile. E’ il potere che si muove dalbasso e che fa vedere una rete di artisti,creatività, collaborazione, relazioni socialiche animano il rione e che pure si presentacome un piccolo potere attivo nel rione. E’nata così l’idea di Diladdarte, perché noi ciritrovavamo stretti fra un centro storicoche è sempre più destinato a quell’offertaun po’ degradante rivolta al consumatore(turistico o della movida cittadina) chenon entra in rapporto con la città. Vole-vamo non soltanto criticare questo mo-dello, ma pensarne uno nuovo. Avevamograndi risorse in S.Niccolò: stava a noi sa-perle mettere in connessione le une con lealtre. Lavorare con gli artisti e farli collabo-rare fra loro non è facile e quindi ci siamoaccorti che ciò che noi davamo per scon-tato, cioè che si conoscessero e che colla-borassero fra loro, non lo era affatto. Cisiamo immaginati un percorso artisticonel rione che al centro avesse non la crea-zione artistica in sé, bensì la sua relazionecon il rione. La domanda era se vi fosse unrapporto tra la vita cittadina quotidiana euna espressione così particolare dell’atti-vità umana come quella artistica: la do-manda è aperta e con questa ci giochiamoalmeno un giorno l’anno.. E’ un’occasioneper riflettere sugli spazi della città e que-st’anno affronteremo un grande problema,la chiusura degli spazi. Le serrande si ab-bassano e, quindi, trovare spazi adibiti odedicabili all’arte per esposizione è semprepiù difficile. Segnaleremo il problema met-tendo in evidenza gli spazi vuoti, tentandodi farli immaginare e vedere cose come sefossero pieni.Noi siamo ora alle spalle della “Spiaggia” (inqualche modo anch’essa un luogo di margineperché anche spazio della movida fiorentina)e abbiamo davanti la Torre di S.Niccolò e adestra il museo di Casa Siviero: emergenzeculturali attive. Fammi un esempio di spazivuoti, invece.S.Nocentini: Vi sono un paio di botteghed’arte che hanno chiuso; spazi perduti,purtroppo. Ma ci saranno domenica molti

di Simone [email protected]

DA NON SALTARE

spazi pieni. I musei che si ripensano perl’occasione ed entrano in rapporto con unaproduzione artistica meno museale, piùpopolare e vissuta. Il pieno è dato dalloscambio: chi espone in S.Niccolò e ha unospazio, ospita artisti che vengono da fuori.L’idea è di ripensare ognuno il proprio spa-zio anche se è già adibito ad esposizione eper l’occasione creare uno scambio nuovofra il dentro e fuori.S. Guaita Abbiamo voluto costruire unamappa, sia come ausilio per le persone chedomenica verranno in S.Niccolò, maanche per sottolineare che questo è unpercorso con il quale abbiamo cercato dicreare un sistema. Può sembrare ovvio manon lo è: la città non vive da sola; i suoi abi-tanti e chi svolge una attività non collabo-rano automaticamente. Ci vuole qualcunoche prenda a cuore la situazione e la spingaavanti. Questo lo ha fatto il ComitatoS.Niccolò da tre anni ormai. In questorione si sono venute a collocare varie bot-teghe d’arte; fin dall’inizio si è posto il pro-blema se comprendere anche nel nostroprogetto artigiani ed esercenti. Abbiamocostruito una manifestazione senza unacuratela artistica, ma qualcosa che na-scesse dal basso, aderendo allo spirito del-l’iniziativa che è la valorizzazione dellacreatività. Al nostro appello hanno rispo-sto quelli che lavorano nel campo dell’artee hanno una bottega, una galleria, uno spa-zio, un laboratorio sulla strada. Altri hanno,invece, ospitato delle manifestazioni arti-stiche. Il fatto che alcuni spazi quest’annonon ci siano più non è una meschinità; èanche la vita normale di una città. Le realtàaperte ne hanno attirate di nuove; per cuianche grazie al successo delle due prece-denti manifestazioni, alcuni ragazzi hannoaperto uno spazio d’arte in S.Niccolò per-ché avevano visto un sistema. Il comitatosi è dato da fare per quanto questo nonfosse la ragione sociale del comitato. Daanni sentiamo dire di fare sistema, ma poisi parla soltanto. Nel nostro piccolo ab-

I tesoridiladdArno

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rapporto fra i soggetti e fra i soggetti e il ter-ritorio. Anche noi del comitato abbiamoiniziato con una contrapposizione; poi cisiamo conosciuti e compresi, nonché ac-cettati reciprocamente, trovando le occa-sioni per dare risposta insieme ad alcunibisogni sociali esistenti nel rione. Il terri-torio è il luogo in cui emergono sia le op-portunità che i bisogni di chi lo vive:bisogna conciliarle. Noi stiamo cercandodi far passare qui l’idea di un rapporto re-ciproco fra soggetti che hanno interessi di-versi che però devono imparere aconvivere.Raccontatemi questa passeggiata nel rione didomenica prossima.S.Guaita Ci sono alcune realtà storicheche nel rione esistono da anni e sono le co-lonne su cui ci appoggiamo. Abbiamochiesto a tutti quelli che hanno uno spazioo di offrire nell’occasione una nuova loroproduzione oppure di ospitarne una, inmodo che non fosse solo una vetrina di sestessi. Vogliamo che S.Niccolò sia unluogo di ospitalità e di socialità fra chi pro-duce.Gli spazi più grandi hanno degliospiti, di Firenze o addirittura da fuoricittà. “Base”, la fondazione “il Bisonte”,l’edizioni d’arte EDI Grafica R2B2 sonopresenze storiche. La casa-museo “Ro-dolfo Siviero” è impegnata in una lotta im-proba per imporsi ad un pubblico che èinvece distratto. Il museo Bardini apertoda poco, ma che ha bisogno di aiuto per-ché la cittadinanza lo conosca avendo deigrandi valori artistici e storici. Ad esempioal Bisonte ospitiamo due artisti del quar-tiere, uno dei quali Alejandro Trapaniaveva un suo spazio che è stato costretto achiudere: per non lasciarlo fuori da questoevento, abbiamo deciso di ospitarlo noi. Epoi tre giovani ragazzi che sono importantiper rinnovare la nostra realtà. Nella scuoladel Bisonte esponiamo le opere degli stu-denti. Filippo Becattini all’EDI GraficaR2B2 ospita un artista del quartiere e leopere della sua stamperia. “Base”, uno deiluoghi d’arte più di ricerca, presenta il pro-getto di Gianni Caravaggio e ha accettatodi buon grado di partecipare ad un eventoche è più sociale e popolare. Il Comune diFirenze tiene aperta la Torre, che è il no-stro totem. Il tanto discusso CLET, che co-munque gode di tanta attenzione e che hasede qui da noi, porta un valore aggiuntoalle altre realtà. Poi alla FAF Gallery c’èGiovanni De Gara, un recente acquisto diS.Niccolò, insieme ai ragazzi dell’Artcave:due nuove realtà che il rione ha attiratoqui, presentandosi come una realtà dina-mica e creativa. Poi ci sono realtà consolidate: alcuni orafi,

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Una mappaatipicadel rionefiorentinodi S.Niccolò

oppure il Giardino delle Rose dove sonole opere di Folon, molto opportunamentecollocate qui dal Comune di Firenze. Oggila frequentazione del Giardino delle Roseè molto aumentata grazie tanto all’aperturaprolungata, quanto alle nostre iniziative.Altra presenza interessante lo Studio d’artedi Tommaso Brogini, che porta avanti daalcuni anni un lavoro coerente.In questo piccolo rione ci si scontra conuna doppia realtà: tradizione e cambia-mento. Ma le trasformazioni vanno gover-nate. In genere gli artisti vanno a nobilitarequartieri un po’ abbandonati a loro stessi,invece qui abbiamo artisti che vengono inun rione che non è né periferico né degra-dato. Forse qualcuno dovrebbe analizzarequesta realtà; dovrebbe domandarsi comeè questo rione il giorno rispetto alla notte,oppure come incide la Ztl rispetto ai cam-biamenti degli ultimi anni. Mi piacerebbeche da parte del Comune di fosse mag-giore consapevolezza di quanto questegrandi scelte abbiano influenzato il quar-tiere e come il nostro agire derivi da taliscelte.Io ci ho vissuto per sette anni e ci ho visto na-scere e morire tante realtà come quelle che voiavete descritto. La città è una cosa viva, percui si nasce e si muore: è fisiologico. Però pos-siamo osservare una tendenza ad una elevatamortalità di cose di cultura in questa città.Penso ai cinema, alle librerie, alle gallerie. Ri-cordo la meravigliosa esperienza di CityLights qui in S.Niccolò e al lutto che è stata lasua chiusura. Dall’altro lato è vero che esisteuna convivenza normale fra contemporaneoe storico, fra innovazione e tradizione, comeben rappresenta Diladdarte. Forse questa re-altà tendiamo ad ignorarla, denunciandol’incapacità di Firenze di accogliere la crea-zione artistica contemporanea, mentre a mepare che il contemporaneo esiste e convive –con difficoltà – con la tradizione meglio in al-cune aree (come questa) che in altre (comequella che avete di fronte attraversato l’Arno).S. Guidi Sicuramente S.Croce rappresentaquello che non vogliamo diventare: unazona in mano solo al turismo di massa e ailocali, per cui si è perso molto di quello chesi doveva salvare o far vivere in modo di-verso. S.Niccolò è una realtà diversa, in-tanto perché c’è ancora molta residenza equesto aiuta nel mantenere il rione.Quindi anche rispetto al patrimonio an-tico ci si pone in modo diverso. L’opera-zione fatta lo scorso anno sulla Torre èstata interessante: poter visitare la torremedievale è stato importante ed esem-plare di quello che vogliamo fare, cioè farconvivere realtà diverse (l’antico e il mo-derno, la ricerca contemporanea che ren-dono interessante la città). I problemi cisono, però vogliamo resistere e investirenella creatività per mantenere vivo il rionee la città.Voi avete raccolto l’eredità di Piero Filippi chefece molto per il rione cercando di far coesi-stere la denuncia e la protesta per le disfun-zioni con la proposta per valorizzare lepotenzialità. Il fatto che oggi in questo circuitoci sia il Giardino di Carraia, all’epoca margi-nale e oggetto di un tentativo di integrazionenel quartiere che proprio Filippi portò avanti,mi pare indicativo. Come è cambiato l’ap-proccio di un classico comitato di cittadinialla interazione con la città e con l’Ammini-strazione?

S.Nocentini Ci siamo incanalati in quellatradizione aperta da Filippi. Noi siamoun’altra generazione, però lui ha ben semi-nato nel rione e noi abbiamo raccolto ifrutti di quella impostazione, che era altempo stesso molto critica eppure capacedi proporre, coltivare e costruire percorsialternativi. Il Giardino, che è stato intito-lato nel 2000 a Piero Filippi come ricono-scimento del suo lavoro, è il simbolo di unrione che prende uno spazio, lo riconosce,lo recupera, lo migliora, lo toglie dal de-grado e lo fa diventare bene comune a di-sposizione della città. Abbiamo ancheottenuto un piccolo finanziamento dellaRegione Toscana per un progetto per la ri-vitalizzazione del Giardino di Carraiacome bene comune e il giardino sarà in-cluso in Diladdarte con un laboratorio perbambini. Crediamo che Piero ci abbia tra-smesso lo spirito di un rapporto con l’Am-ministrazione che è di pressione e allostesso tempo di proposta. Purtroppo nonsi trova un canale stabile, di rapporto e dicostruzione condivisa con il Comune.Mentre S.Niccolò ha sempre avuto un rap-porto forte con il suo entroterra (dal Giardinoal suo interno), con il fiume invece un po’meno. Possiamo dire che tutta la città ha unrapporto poco significativo con l’Arno. Ilpunto in cui ci troviamo, la Spiaggia, è statauna acquisizione degli utlimi anni che ha cer-cato di recuperare un po’ questo rapporto.S.Nocentini Il recupero della spiaggia èparte di un ampio progetto di valorizza-zione dell’Arno e sicuramente rientra nellavalorizzazione di luoghi e beni naturali chevediamo positivamente. Ci domandiamoperò se sia proprio necessario ogni voltaaprire un bar per valorizzare qualcosa. Conle contraddizioni del caso, noi ci siamoconfrontati con questa realtà: inizialmenteabbiamo avanzato delle riserve perché siandava a inserire una ulteriore pressionedi mobilità, traffico, persone e rumore inuna zona già sotto pressione. Però è anchevero che, siccome l’offerta in questocampo crea la domanda, a seconda dicome si concepisce la prima anche la se-conda ne risulta condizionata. Per questoabbiamo contributo a qualificare in sensoculturale anche questa offerta realizzandolo scorso anno una rassegna di cinema al-l’aperto in questo spazio, che è stata benaccolta anche perché il cinema era ad in-gresso gratuito quindi valorizzava il rap-porto fra uno spazio comune, gli abitantidel rione e un’offerta commerciale.A proposito di spazi vuoti, concludiamocon la dolente nota dell’Istituto Demidoff,che è stato inserito dall’estate scorsa nellalista dei beni alienabili dell’Amministra-zione Comunale e che noi stiamo cer-cando di recuperare alla collettività conuna mobilitazione dal basso. All’inizio digennaio c’è stata un’assemblea alla palestradi S.Niccolò per discutere di possibili usialternativi del bene e abbiamo raccolto di-sponibilità di artisti, musicisti, attori, asso-ciazioni per ripensarlo con unaprogettazione partecipata. Non c’è stata di-sponibilità del Comune, neppure ad inse-rire il Demidoff fra gli spazi di Diladdarte.Noi illumineremo comunque, in qualchemodo, domenica questo spazio chiuso evuoto anche con immagini virtuali che ap-porremo sulle saracinesche abbassate delDemidoff.

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La politica italiana negli ultimi anni èsempre stata affezionata al cibo (forsesolo per confermare l’opinione comuneche è tutto un magna magna): dalpatto della crostata al pranzo traD’Alema e Buttiglione a base di “pesce,politica e filosofia”. E quindi anche ilpiù quotato prossimo premier, nonchésperanza di rinnovamento della sini-stra italiana ha trovato finalmente lasua cibaria. Essendo giovane e non av-vezzo ai salotti e alle tavole imbandite(che fanno solo perdere tempo quandoc’è da fare) Renzi ha scelto il gelato,prelibatezza popolare, a buon mercatoe da mangiare in fretta, oltre ad averedalla sua anche un po’ di fiorentinitàda mostrare al mondo per far vedereche sotto il campanile di Giotto il genioè di casa (oltre al gusto Buontalenti ciriferiamo alla Caterina dei Medici cheandando in Francia colonizzò queibarbari al cono e alle coppette). Nascecosì la Guerra del gelato tra il Sindacoe gli organizzatori del Festival del ge-lato, appunto, rei di occupare le piazzecon insulsi carrettini degradanti per lebellezze fiorentine. Accuse e controac-cuse, anche se i maligni ricordano che ilFestival del gelato fu presentato anni faproprio da Matteo come il nuovo cheavanza, un nuovo modo di fare culturaa Firenze tra eventi e spettacoli e lon-tano dal grigiore delle Accademie. Poila fine dell’amore, sarà colpa che è tor-nato di moda il gusto puffo?

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

www.facebook.com/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

LO ZIO DI TROTSKY I CUGINI ENGELS

E' universalmente noto che il polie-drico Giani Eugenionon ne stecca una!

Campione assoluto di prefe-renze e grande collezionista

di cariche e presi-denze, cura inmodo sistema-tico i suoicliens, nonché

ogni segmento della società fioren-tina nel quale pescare possibili elet-tori. E, conoscendo uno ad unotutti i suoi elettori, non può per-derne neppure uno. Per questo, sisa, cura in modo scientifico e conmetodologica ossessione la sua pre-senza nei luoghi dove può gettarela sua esca elettorale: se sei a par-lare con lui in piazza Puccini e percaso ti sfugge che fra mezz'ora deviessere ad una inaugurazione a Fie-sole, puoi star ben certo chequando arrivi in piazza Mino luisarà lì, ad intrattenersi con gliastanti dell'inaugurazione, ma su-bito pronto per schizzare via allacena di una delle tante istituzioniche presiede. E' imbattibile. Perquesto, preso da raptus elettorali-stico, ha deciso di recuperare lamagrafigurarime-diatacon iballerinidelMaggiocheaveva apostrofato duramente qualimarziani perché non avevanocompreso che il Consiglio Comu-nale al quale volevano partecipareper esprimere le loro preoccupa-zioni sulla fondazione, era statorinviato per mancanza di atti si-gnificativi da discutere. I bene in-formati ci dicono che i giorni e lenotti scorse sono stati turbati dalrischio di perdere una trentina dipreferenze potenziali fra i tersico-rei. Tanto che il proteiforme Gianisi era intestardito di andare ad in-contrare i ballerini nel retropalcoprima del Peter Pan di FrancescoVentriglia andato in scena al Pic-colo Teatro del Maggio nientepo-podimenoche in tutù e calzamagliaper dimostrare che lui i ballerini liaveva nel cuore, anzi che era comeloro. Pare abbia desistito dall'in-sano intendimento quando glihanno spiegato che scarpette amezza punta del suo numero nonesistevano. Però proporrà ai consi-glieri comunali di mettere in scenauna Giselle di solidarietà con ilMaggio.

Cono o coppettala disfidadi Firenze Senza prendere toni lombrosiani i

giapponesi a Firenze sono di tretipi. Il primo, genericamente detto“coi soldi” è quello che girovaga atesta alta per via dei Calzaiuoli(mi raccomando con la u sennòGiani se la prende), macchina fo-tografica (una volta, ora forse solouno smartphone o un tablet) inmano, rischiando di farsi mettersotto da ciclisti, motorini, passantie fiaccherai. La ver-sione femminile diquesto tipo prevedeinvece, oltre a mìsediscutibili, buste, bu-stine e bustone deimeglio marchi delmade in Italy dispo-nibili nel salottobuono fiorentino. Ilsecondo tipo, dettoinvece “con una bar-cata di soldi” èquello che regala500mila euro al Co-

mune per una man-ciata di restauriqua e là e tornanel paese del SolLevante con le chiavi della città,tanti sorrisi e pacche sulle spalle(nota a margine: non ci pos-siamo permettere tutta la città,ma per le chiavi di un rionequant’è la quotazione?). E ilterzo tipo? E’ Arata Isozaki.

LE SORELLE MARX

Made in Japan Presidentin a tutù

La rivoluzione web sta marcando un solco con il passato che, in confronto, la scopertadella ruota, della scrittura e la rivoluzione industriale sono un nonnulla. I nativi digitalicostituiscono una autentica nuova razza. Tito Romano inizia il suo libro “Scripta volant”dicendo “...noi viviamo una situazione analoga a quella di 40-45.000 anni fa quandoconvivevano l'uomo di Neanderthal e l'Homo Sapiens. Pur avendo il cervello più grandedi quello dell'Homo Sapiens, i neandertheliani si estinsero. Non è escluso – continua ilRomano – che i nativi digitali aumentino a dismisura le capacità tattili trasferendo neipolpastrelli funzioni ora comandate dal cervello. Eliminando il “rapporto tenaglia” frail pollice e le altre dita, il nuovo “touch-men”farà tutto sfiorando lo screen, ma sarà inca-pace di piantare un chiodo o legarsi le scarpe, ed è probabile che il volume del cervello siriduca ancora di più”. L'Homo Sapiens dovrebbe scomparire nel giro di 70-80 anni perfar posto all'Homo Digitalis. Finiranno tutte le certezze per far posto ad un magma diinfinite ipotesi. I giganto-miliardi di informazioni digitalizzate, saranno contenute nella“nuvola suprema” e potranno essere modificate continuamente. Nasce da questa ipotesiil titolo del libro: anche lo scritto non sarà più manent, o meglio rimarrà ma viste le con-tinue ed infinite possibili modifiche diventerà appunto, “volatile”.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

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Satoriville lumiereLa Nera Collina

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.5PARIGI VAL BENE UNA FOTO

Come posso trovare una ragazzadi cui non so niente in una cittàcome Parigi? Ho solo il suonome e so che ha quasi diciotto

anni, ma non ho né una sua foto, né unindirizzo, niente. Non posso parlarecon suo padre, sua madre non vuoleche abbia niente a che fare con quell’in-dividuo, e del resto neppure lui sa dovetrovarla. E’ scappata di casa un anno fae da allora nessuno ha più avuto suenotizie. E’ inutile cercarla nell’elencodelle persone scomparse o fra i cada-veri senza nome, non crediamo che siamorta. I soldi inviati da sua madre sonostati ritirati regolarmente, almeno finoal mese scorso. Il conto corrente online non è accessibile, abbiamo solo uncodice anonimo che viene utilizzatoperché il padre non possa scoprirlo.Parlare con il padre potrebbe esserecontroproducente, forse anche lui stafacendo cercare sua figlia, e non per inostri stessi motivi. In una situazionedel genere, che cosa mi consiglierebbeil mio maestro zen?Probabilmente mi sottoporrebbe unkoan, un indovinello senza soluzioneper esercitare la mente. Oppure mi in-viterebbe alla meditazione. Cerche-rebbe di farmi capire che la risposta allamia domanda è già dentro di me e cheforse è sufficiente che impari a leggerla.Mi direbbe che la mia domanda è postanella maniera sbagliata. Forse mi di-rebbe che la madre non sta cercando lasua figlia diciottenne, ma che cerca sestessa diciottenne. Per cancellare ocambiare il suo passato, o per crearsi un

futuro diverso. Spalancherebbe comesempre degli abissi di incertezza sottodi me, mi ripeterebbe che solo alimen-tando il dubbio si può arrivare alla con-sapevolezza. Che solo facendo il vuotodentro di me posso lasciare spazio allaconoscenza, che non è possibile rag-giungere la coscienza delle cose in unavolta sola. La conoscenza si realizza pergradi, è formata da numerosi scalini dasalire uno per volta. La strada dellaconsapevolezza è costituita da v im-provvise, che arrivano senza preavvisoe solamente dopo una lunga prepara-zione. Arrivare alla coscienza di sé si-gnifica attraversare numeroseilluminazioni consecutive, senza forsemai arrivare a quella definitiva. I mae-stri zen chiamano queste illuminazionicon il nome di satori. Satori in Paris.Questo non è nuovo, mi ricorda qual-cosa, il titolo di un libro. Ma non sonoaffatto sicuro di tutto quello che hodetto.Sono venuto a Parigi per ricostruirel’aspetto delle sue strade prima deglisventramenti di Haussmann, e mi ri-trovo a cercare una ragazza di cui nonso niente e di cui posso solo immagi-nare il volto. Come per le case distruttedella vecchia Parigi, di cui sto cercandodi resuscitare il volto e le facciate. Nellaricerca non sono importanti né il luogoné il tempo. E’ la ricerca in se stessa adessere importante. Non sono impor-tanti né il punto di partenza né quellodi arrivo. Tuttavia, cercando me stessopotrei finire per trovare Cassandre o letracce del suo passaggio.

(liberamente adattato dal romanzo“Jed, ced, Zed” di Danilo Cecchi

nelladi Danilo Cecchi

[email protected]

di Stefano [email protected]

PER MEMORIA

Per Annamaria, Romeo e Giuseppe di Civi-tanova MarcheEsodati, reietti, affamatisu questa Terrahanno cercato rifugio,pace e nutrimentoin Cielo.Han presola strada del Golgota.La Nera Collina postalontano dalle mura e dai palazzidei Signori che predicano flessibilitàdai loro posti fissi.La Nera Altura edificatacon il dolore e i corpi dei fragiliche sempre cresce in altezzache sempre misericordiosa accogliechi non accetta di dipendereda quelli che i Signoridall’alto della loro ipocrisiacontinuano a chiamareservizi sociali.Gabbia in cui ti spingonoperché spariscano ai loro occhila vergogna e il fastidio che provocano

gli Errori di Pellesenza lavoro e dignità.Là sopra hanno erettole loro Tre Crocigiorno per giornoun pezzo dopo l’altroper ogni rifiutoper ogni umiliazioneper ogni rinuncia.Tre Crocimuto Urlomuto Segnalemuto Silenzioche hanno attraversato per salire.Circondati dall’orrido,impudico vociare,dalla spenta ripetizionedilagante da radio, tv, tweet, “mi piace”della litania dell’”assunzione di responsa-bilità”pronunciato da chi osserva da lontanoe snocciola soluzioni, teorie, riforme,commissioni, saggi, tecniciche scivolano come triste fastidiosulla nuda carne provatasui nudi sguardi smarriti.Tragico Rosario dell’Attesaalla fine del qualespesso è prevista solo l’assunzione inCielo.

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Acrossthe mirror

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.6

Estonteco, il graffito/graffitaro del fu-turo con tutte le sue luci e ombre,certezze e incertezze del domani edella missione dell’arte nel caos del

postmodernismo: oggetto/soggetto dellamimesis del proprio tempo. Galatea, ladonna del futuro, avvolta da un’aura difantascienza e utopia degna del migliorAsimov. Cupido, l’Amore triste e sconso-lato, caratterizzato da un’inespressivitàinusitata, destinato alla solitudine dagli af-fetti personali. Nyx, l’underground not-turno, la notte metropolitana illuminatadalla sua stessa bellezza, fra naturalità e ar-tificialità delle luci notturne. Vincent, Tage Old School si vestono delle proprie cita-zioni, con un tributo non scontato all’Arteche fu. In tuta zentai 7.077.627.463omag-gia il presente e il mondo attuale con lesue aporie e contraddizioni, come ungioco di puzzle che si costruisce e de-co-struisce apparentemente senza logica.Dionisa è l’ebbrezza, l’immediatezzaspontanea, il monologo interiore ela visuale fantastica priva di inibi-zioni, propria dell’ispirazione ar-tistica. R.O.S.S.O, elogio ecelebrazione del colore, comepura forma espressiva ed emoti-vità. Questi i protagonisti dell’in-stallazione e delleopere in mostra allaGalleria Lato diPrato fino al 29 giu-gno 2013. Un viag-gio visionario eunderground nellamorfologia multi-cromatica edespressiva di Skim,artista capace diunire in sé volgariz-zamenti culturali eumanesimi futuribili,attraverso un flusso dicoscienza dinamico einedito. Un occhio ar-tistico attento e vivo,privo di inibizioni cul-turali, teso a raccontare ilmondo fra monologhi in-teriori e visuali fantasti-che, filtrandoconcettualmente e visi-vamente i segni e i co-dici delcontemporaneo, conspontaneità e im-mediatezza, e fa-c e n d od e l l ’ u n d e r -ground un’artedi coscienza ed’espressione.

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

L’insensata e tranquilla

bellezzadella materia

In alto l’inaugurazione della mostra. A sinistra 7.077.627.463,2013 – Tecnica mista su manichino e a destra Estonteco, 2013 –Tecnica mista su manichino

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CCUO

.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.7KINO&VIDEO

Non te lo aspetti da un film cheparla di coltivazione biolo-gica delle mele di trovarti congli occhi lucidi e lo stomaco

che si stringe di fronte al precipitaredella vita di Kimura verso i debiti,l’isolamento sociale e la disperazione.Non te lo aspetti prima ma mentreciò accade, più o meno alla metà delfilm, trovi del tutto naturale entrarein empatia con questo contadino,sciocco agli occhi di tutti salvo che aquelli della moglie e della famiglia dilei, che insegue il sogno testardo dicoltivare mele senza ferti-lizzanti e pesticidi chimici,non per convincimentoambientalista o new age maper amore di una moglie in-tollerante a quegli agentichimici.Non c’è la retorica del bio-logico, la filosofia della ri-scoperta della natura che noioccidentali infliggiamo da qualchetempo all’agricoltura nei temi di Ki-seki no ringo (faith of fruit) il film diYoshihiro Nakamura presentato inanteprima mondiale alla serata diapertura della terza rassegna del ci-nema giapponese di Firenze. Il film èla storia di un uomo e una donna,della loro sfida testarda per produrremele senza pesticidi, di undici annidisperati, lasciati soli da tutti, in cuiquei meli proprio non volevano fio-rire.Un film emozionalmente potente, incui la storia ti avvolge e ti prende; unastoria talmente forte da prevaleresulla parte cinematografica, la foto-grafia soprattutto, che appare forseun po’ troppo didascalica e mai ca-pace di sottolineare da sola i cambinella vita della famiglia Kimura. Aiu-tano molto di più le musiche di JoeHisaishi già autore di gran parte dellecolonne sonore di Takeshi Kitano. Illavoro del regista è invece tutto voltoa rispettare la storia, i personaggi equando al termine della proiezione,nell’incontro col pubblico, questi tispiega che in realtà i protagonisti chehai appena visto e la loro storia sonoassolutamente reali, capisci che lascelta di rimanere sullo sfondo, defi-lato, forse era l’unica davvero possi-bile per un’opera del genere;compresa quella, rivendicata dal re-gista, di lasciare liberi gli attori nel-l’interpretare i propri personaggi apartire dalla conoscenza dei veri pro-tagonisti.Un film commovente, con un finalerisarcitorio (ancor di più ora che sap-piamo che così davvero sono andati ifatti) che rimette in discussione moltidei nostri pregiudizi verso un orientein stretto rapporto con la natura e incui invece la battaglia per l’agricolturabiologica è fatta di solitudini e undicianni di sofferenze; ma si sa, anchequalcuno di molto in alto era affezio-natissimo alla sua mela.www.kisekinoringo.com

di Michele Morrocchitwitter @michemorr

Kiseki no ringoin anteprima alla rassegna del cinema giapponese di Firenze

una melama era la sua melaPer

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Lucia Bosènel deserto cileno

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.8

La mitica Lucia Bosè, “antichis-sima” diva, signora ottanta-duenne, segue e promuove comefosse una giovinetta la sua ultima

fatica, ed è proprio il caso di dirlo, ci-nematografica. A Firenze, all’Odeonper presentare “Alfonsina y el mar”, gi-rato nel deserto di Atacama in Cile,anteprima assoluta. Capelli azzurri,come ci si immagina siano quelli dellafata turchina, occhi bistrati , rossetto,pantaloni e casacca di un indefinito esbrilluccicoso “giallosulverdino”, sciar-pone azzurro in tinta con i capelli, sor-ride sorniane, si lascia fotografare,firma autografi, “felice di essere nellavostra bellissima città, il film è un po’strano, spero vi piaccia, i due registisono davvero bravi....” Lucia Bosè,prima Miss Italia del dopoguerra, su-però Canale, Lollo, Mangano e la chic-chissima Eleonora Rossi Drago, fuscoperta da Visconti nella pasticceriamilanese dove lavorava, ha interpre-tato da allora moltissimi film con i piùgrandi registi europei. Appassionata diangeli ha realizzato il suo sogno di de-dicare loro un Museo a Turegano.Torna sul set dopo sei anni per inter-pretare questa Alfonsina, regia diK.Koosof (in arabo eclisse) pseudo-nimo di due giovani, Davide Sordellae Pablo Benedetti, fiorentino fieris-simo del pienone dell’Odeon. Il film siispira alla omonima canzone dedicataalla poetessa Alfonsina Storni che, sco-pertasi una malattia mortale, scelse dimorire entrando a piedi nel Mar de LaPlata, poetico e sereno finale di sé.Narra il ritorno di una anziana attricenel paese della sua infanzia per realiz-zare il sogno paterno di impiantarviuna televisione, narra del suo incontrocon una giovane “indigena” , Warmi,forse la parte di sé che mai se ne è an-data, anch’essa dedita con lentezza adun sogno paterno sospeso. Narra di in-contri e di chiacchiere giocose fradonne, è un film poetico e visionarioche pone al suo centro ricordi, iden-tità, bilanci, il mondo che cambia eche è infinitamente uguale a se stesso,il vuoto e il suo desertico splendore.La bellissima musica originale è di En-rico Sabena. I due registi, presenti, rac-contano la difficoltà e l’incanto delgirare in un luogo unico ed impervioe di come Lucia abbia contribuito allaconfigurazione estemporanea dellascenegiatura e essendo se stessa,“aspetta devo finire di truccarmi” enarrando cose della sua vita, fra esseun episodio infantile, dopo un bom-bardamento che aveva fatto crollare lacasa si era trovata sola, i genitori sierano dimenticanti di lei; la sua pre-senza aveva animato le cene dellatroupe con le memorie di una vitabella e piena di personaggi del cinema,della cultura e dell’arte, suoi amici He-mingway, Picasso, Dalì. Lucia raccontache era attratta dal girare un film neldeserto cileno, così come anche dalfarlo con una troupe minima, le ricor-dava gli eroici tempi dei suoi esordi,

Fornasarig si racconta

di Cristina [email protected]

di Franco [email protected]

Incontro Giuseppe Fornasarig allaBiblioteca di Poesia Mario Luzi, aFirenze, ne ascolto il chiaro messag-gio di una poesia che ha in sé l’interaluce nata da un percorso dove ilsenso della vita è completamente ri-composto in Parola.Questi i dati biografici e culturaliche fanno di Fornasarig una pre-senza unica nell’ambiente letterariofiorentino: nato a Postumia (Trie-ste) Giuseppe Fornasarig vive damolti anni a Firenze. Ha insegnatolingua e letteratura inglese al LiceoLeonardo da Vinci di questa città epresso l’Università di Siena. Ha pub-blicato saggi su Thomas Mann, Er-nest Hemingway e Dino Campana.Sue poesie sono state pubblicatesulle riviste "Il Belpaese" e "Origini"e nell’antologia "Parole di passo"(Aragno, 2003). Ha pubblicato leraccolte  Il sentiero della ricerca(Editing, 2008). La luce viene dallanotte (Edizioni del Leone 2010)..Si comprende da ciò che la sua scrit-tura nasce anche da frequentazionieuropee e dunque si distingue daipoeti della tradizione postermeticafiorentina e dalle avanguardie.Non a caso dopo diversi anni di ana-lisi del profondo e di incontri conl’oriente nasce  il desiderio di incar-nare quell’esperienza in parole che siconcretizzino in versi di  un leopar-diano "pensiero che canta".Fornasarig ha dunque il coraggio di

KINO&VIDEO

PIANETA POESIA

riprendere un discorso connesso alla"poesia filosofica" e lo fa.componendo l’opera in sezioni e inrima e in versi.Inoltre, il poeta organizza i suoi testiin sezioni intese come invito a leggerela realtà con occhi nuovi avvcinando ipercorsi che la costituiscono: la storia,la civiltà, il sogno, l’oriente e l’amore.Ad esempio, nella sezione  intitolata"il mondo della notte" guarda alla di-mensione del profondo, affidando aiversi il compito di offrire sogni inter-pretati. Tale scelta è dovuta alla vo-lontà di testimoniare dell’inconsciocome luce, di armonia e offerta di dia-logo alla mente conscia..Oppure, la sezione dedicata alla sto-ria, rappresenta il tentativo di portarein versi l’attualità della storia mede-sima, ne siano esempi Cuba ‘98, vale adire l’incontro fra Papa Wojtyla e Ca-

stro e anche il testo Comandante adAuschwitz.Nell’ascoltare Fornasarig, si avverteche una tematica così vasta ci rag-giunge come un’unica visione dettatada una weltanshauung, come si èscritto all’inizio, "europea"...Forse   l’ampiezza e il numero delle se-zioni esigevano pubblicazioni o libriseparati, ma – come si è scritto – tale èl’unità dell’intreccio dei temi che ciòsarebbe apparso come l’esposizione dimembra desiectae.Tanto più che l’esperienza del pro-fondo – che attinge al pensiero orien-tale e ad aspetti particolari dellaricerca psicologica -imponeva di persé stesso una unità che Fornasarig ciha, oralmente, consegnato.

IO NON SO QUANTI EBREI...Io non so quanti Ebreiabbia salvato Papa Pio XII,tacendo.So che noi per l’ assenza di un gesto,un gesto solo verso il martirio,siamo morti con loro, dentro di noi.Il resto è delirio.Per l’assenza di un gesto devotonel momento della nostra morte,nel profondo dell ‘ anima,quando venimmo umiliati a carne-fici,noi, figli di Diotornato ignoto.Poi: il vuoto.

quel neorealismo in cui si sopperivaagli scarsi mezzi con l’inventiva e si im-provvisavano competenze tecnichemultiple dato il ristretto numero dioperatori disponibili.

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ODORE DI LIBRI

Edgar Morin ha preso casa al Gabi-netto Vieusseux. E in collaborazionecon l’Università degli Studi di Fi-renze, New York University, Institut

Français e Villa Finaly, una serie di eventia partire da questo autunno ravviverà nelcelebre Gabinetto Letterario una tradi-zione di avanguardia internazionale mairealmente sopita. Lunedì 20 maggio, in una Sala Altana stra-colma di uditori, Palazzo Strozzi ha ospi-tato il grande filosofo della complessità,che ha delineato i tratti della sua originaleconcezione di “Umanesimo”, figlia certodella grande svolta culturale del XIV se-colo, ma anche attenta ai cambiamenti incorso nell’uomo, nella società e nel pen-siero di questo terzo millennio. E l’aporiasi pone già dal principio: “Umanesimo si-gnifica attenzione, benevolenza, riconosci-mento della dignità umana per tutte lerazze, tutte le età e tutti i sessi. Ma oggi nonsappiamo cosa significa la parola ‘umano’.L’essere umano è come un buco nero alcuore dell’Umanesimo”. La ricetta cheMorin propone per risolvere questa im-passe passa attraverso il concetto di ‘trinitàumana’, attraverso cioè “l’inseparabilitàdelle tre nozioni di specie, società e indi-viduo. Fondamentale è riunire questiaspetti che nelle scienze umane sonotroppo spesso separati”. La parte è nel tuttoe il tutto è nella parte. Così pure nell’espe-rienza dell’individuo si riflettono la vitadella società e dell’intero consesso umano.Questo comporta in primo luogo una piùattenta responsabilizzazione: “dire ‘io’ si-gnifica mettersi al centro di tutto. Ed è unacosa vitale per la nutrizione e la difesa, maconduce all’egoismo. Per questo motivoall’egocentrismo si affianca il principio delnoi, dell’altruismo”. Morin problematizzaconcetti ormai dati per acquisiti, senza ri-solverli in proposizioni alternative, maesaltando piuttosto il principio creativoche deriva dalla loro dialettica interna. Perquesto l’homo è sapiens ma anche de-mens, faber ma anche mitologicus, econo-micus e pure ludens. E queste componentinon possono esistere isolate: “La ragionesenza passione è fredda e ghiacciata. Lapassione senza ragione conduce al delirio”.L’Umanesimo del terzo millennio significaattenzione alla fragilità umana e alle diffe-renze. La sua unità si fonda proprio sull’ir-riducibile diversità dei singoli individui, vitrova non tanto un impedimento, quantopiuttosto un tesoro da coltivare. “In questacomunità di destino siamo su una viamolto pericolosa, che può condurre a tre-mende catastrofi, ma che ci offre anchel’opportunità di generare una civiltà a li-vello planetario, una “terra patria” che in-globa (e non sopprime) tutte le patrie”.Un’unificazione solo tecno-economica èillusoria, perché favorisce anzi la forma-zione di pensieri isolazionisti. Per questo“dobbiamo pensare a un Umanesimo per-manente, così come Trotsky parlava di ‘ri-voluzione permanente’. Noi dobbiamofare una rivoluzione mentale permanente,uscire dal sonnambulismo che ci fa capirei singoli pezzi senza una coscienza dell'in-sieme. Questa è la sfida, questa è la mis-sione dell’Umanesimo rigenerato”.

di Simone [email protected] La

TrinitàUmanadi

EdgarMorinLectio Magistralisper celebrarel’insediamento a Firenzedell’AssociazioneInternazionaleper il PensieroComplesso

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di Sandro Biniwww.deaphoto.it

Notturni urbaniIl brivido lungo e misterioso

della notte in città

Firenze 2004-2013

LUCE CATTURATA

Sandro Bini - Notturni Urbani - Piazza Beccaria - Firenze 2007

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L’Associazione Vele Storiche diViareggio, (www.velestori-cheviareggio.org), conl’obiettivo di valorizzare e

promuovere il patrimonio storico eculturale rappresentato dalle imbarca-zioni d'epoca, ha avviato un progettoche può rappresentare motivo di ri-chiamo turistico per la Città di Viareg-gio e per tutta la Versilia: un Museo diBarche d'epoca, dunque un MuseoGalleggiante dato che, ricorrendone irequisiti, soccorre anche la tutela delcodice dei beni culturali che riconoscequesti beni come patrimonio del-l’umanità.Incentivare la permanenza o limitarnela fuga, dovuta al redditometro ed allealtre norme fiscali, consentirebbeanche di non disperdere il patrimoniodi saperi presentesul territorio luc-chese che, primadella crisi contavacirca 1.000 im-prese e 6.000 ad-detti.Oggi, nel porto èrilevante la pre-senza di imbarca-zioni d'epoca, main maniera disor-dinata nelle variedarsene per cuinon può costi-tuire un polo diattrazione.Stare insieme de-termina, invece, l'occasione per potervincolare gli armatori ad esibire i lorogioielli, in programmate occasioni,come è di prassi nei raduni organizzatidall'Associazione, con le visite a bordosia in chiave didattica che turistica. I Musei sono sempre costosi, sia nelreperimento dei beni sia nella loroconservazione: invece in questo casoi costi sono a carico dei privati, rica-dendo sul pubblico solo la messa a di-sposizione di un'area ordinata e dotatadi impianti adeguati.Auspichiamo che la banchina, cheospiterà i velieri d’epoca, possa esserededicata al navigatore cui si deve la de-nominazione del Nuovo Mondo, a co-ronamento delle attivitàcommemorative svolte, nel 2012, in-sieme al Comitato Vespucci di Firenzeper il 500° anniversario della scom-parsa. Il collegamento, poi, con il Museodella Marineria che espone gli antichistrumenti marinari, le carte nautiche,le attrezzature da pesca e le pitture cheritraggono la Viareggio portuale delpassato e con il Museo gestito dallaFondazione Artiglio, patrimonio delleesperienze degli storici palombari via-reggini, potrà dare vita ad un veroPolo Museale.Esistono altri esempi in Italia ed al-l’estero, se pur non numerosi, ricor-diamo ad Helsinki, In Finlandia; aDouarnenez ed a La Rochelle, inFrancia ed in Italia a La Spezia che ha

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PUÒ ACCADERE

POLVERE DI MUSEI

di Roberto [email protected]

L’attimo

fuggente

Opere d’arte

di Susanna

Stigler

susa

nnas

tigler@gm

ail.co

m

Fire

nze,

Mag

gio

2013

saputo in tal senso valorizzare il Portode Le Grazie; a Cesenatico, nel fa-moso Porto Canale progettato daLeonardo Da Vinci; a Venezia, nell'Ar-

senale,Una anticipazionedel Museo saràrappresentata dallaconcentrazione dibarche lungo labanchina ed i pon-tili allestiti per l’oc-casione, in

occasione del IX Raduno delle veled'epoca che si terrà a Viareggio dall'11al 13 Ottobre 2013. Uno spettacolo emozionante per gliappassionati di vele d’epoca e per ilpubblico numeroso che si raduna inporto durante la manifestazione, in-somma una presenza che con ilMuseo potrà essere ammirata tuttol'anno.

galleggianti

Le barche d’epoca nel Porto di Viareggio

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.12ODORE DI EBOOK

Chi pensa a “Ca Balà” (o è co-stretto a farlo a causa di unnon identificato messaggio su-bliminale) il sorriso di un ri-

cordo gli illumina il volto:invariabilmente il ricordo è un’imma-gine traumatizzante e simbolica,quasi da scena primaria. Ad esempioil manifesto del Paperone golpista, al-cune copertine-shining ancora dotatedi fascino e resa comica, l’Omino diCa Balà, diversi graffiti (disegni e fu-metti) quasi art brut, in realtà colti senon coltissimi. E potrei continuare,ma mi fermo perché per rimanere“cultura commestibile” questa pre-sentazione dev’essere breve.In realtà, a ripensarci, c’erano anchenumerose e importanti isole di scrit-tura satirico-comica, di autori noti enon. Qualche nome (elenco suc-cinto): il primo direttore Piero Santi,Pietro Bertoli, B.A. Olivo (Aldo Bel-trame), Gianni Toti (versi nonsense),Franco Manescalchi (epigrammi),Gianni Segre, i redattori-fondatori,eccetera.In più c’era (N. 7 della nuova serie,1978, quella che aveva come editoreil Centro di Documentazione di Pi-stoia) il capitolo finale (!) di un testonarrativo, intitolato “Good-bye,Sveik”. I capitoli precedenti non sonomai apparsi, né allora né lungo i quasiquattro decenni che ci allontanano daquell’anno di piombo. Nello scriverne mi ispiravo esplicita-mente al “buon soldato Švejk”, il per-sonaggio-carattere universale delcapolavoro di Jaroslav Hašek. E que-sta influenza è da subito evidente neidisegni di Massimo Presciutti, creatiin parte durante la stesura del testo ein parte negli anni successivi.A dire il vero fu una curiosa vicendaeditoriale, che qui non racconto permancanza di spazio. Preciso subitoperò che non vi fu censura da partedella redazione, né da qualsiasi altrosoggetto interessato. Vi fu piuttostoautocensura, a fronte di quegli anniche sembravano avere altre urgenze,fra cui certo non vi era la satira lette-raria, genere già collocato in partenzacome “inattuale” o comunque bor-derline. L’aver costretto Presciutti a creare unbel mucchio di disegni - vivi e freschie abili - è stato in questi decenni il miocostante rammarico.Arrivederci, mondo è un’autoprodu-zione: Per realizzarla, in quanto esor-diente, avevo bisogno di unapiattaforma di self-publishing. L’hotrovata in Youcanprint.Sulla scelta dell’autoproduzione ci sa-rebbe molto da dire. Non è il casofarlo qui, per cui indico solo il link dichi è riuscito finora a parlarne megliodi me: http://doppiozero.com/ma-teriali/recensioni/book-blog-e-la-voro-culturale

Graziano Braschi, Arrivederci,mondo, Youcanprint, 2013

di Graziano [email protected]

Un’autop

rodu

zion

e

sospetta

brossura Euro 10,00, in vendita neimaggiori negozi on-line (compresoquello di Youcanprint.it) e ora anchenella libreria Ibs di via de’Cerretani,Firenzeebook Euro 1,99, in vendita nei mag-giori negozi on-line, compreso quellodi Youcanprint.

a cura di Cristina [email protected]

BIZZARRIA DEGLI OGGETTI

Statuetta di ceramica alta circa 20cm che rappresenta Calimero, il pul-cino nero.Famosissimo personaggio dell’ani-mazione pubblicitaria italiana, inter-prete di un fatidico Carosello in cuiviene misconosciuto dalla madre inquanto nero, va incontro a varie di-savventure fino a che un’olandesina,dall’immacolata cuffietta, lo aiuta,scopre che non è nero, ma solosporco e .... “Ava come lava!” gli re-stituisce il suo originario nitore. In-ventato da Nino e Toni Pagot, ebbein Italia la voce di Ignazio Colnaghi,deve il suo nome al fatto che Nino siera sposato in una chiesa dedicata aS.Calimero. Fu vera star dagli anni‘60 alla metà dei ‘70, la sua fama su-però ampiamente i patri confini.Qualche inevitabile critica per lanuance razzista oltre la favola delbrutto anatroccolo. Divenne un tor-mentone, a volte usato ancora dagli“âgées” che lo ricordano, la sua fa-mosa battuta “eh che maniere! Quitutti ce l’hanno con me perché sonopiccolo e nero... è un’ingiustiziaperò!”

Calimeroil pulcino...di colore

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.13NUVOLETTE

www.martinistudio.euLe storie di Pam

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.14

Quando ascolto un uomo pub-blico che giustifica le propriescelte sulla base dell’interesse ge-nerale, io penso sempre che co-

stui sia o un ignorante o un truffatore. Intutti e due i casi c’è di che preoccuparsi.Per poter validamente spendere le pro-prie scelte in nome dell’interesse gene-rale, quegli dovrebbe disporredell’opinione ‘fresca’ (di giornata, comele uova) e specifica (mirata alla partico-lare decisione) di tutti i consociati; noncome dato aggregato, intendiamoci, bensìcome informazione correlata a ciascunindividuo - nome e cognome (e, perchéno, codice fiscale) alla mano. Risultatoche, anche nell’era dell’Information andCommunication Technology, è alquantodifficile da conseguire. In suo difetto,chiunque avrebbe (ed ha) il diritto di sbu-giardare tale signore e costringerlo a farei conti con le proprie sciocchezze. Si sa,l’onestà intellettuale e l’umile (e non sem-pre agevole) confronto con la logica nonsono valori necessari ad una carriera pub-blica e spesso, per la verità, neppure pri-vata. Per ciò è doveroso rendersi conto –dall’altra parte, quella degli ascoltatori - seciò che ogni giorno viene loro propalatosia merce autentica o meno. L’interesse generale è e non può che es-sere, la somma di tanti interessi indivi-duali. Se due partiti che fino all’altrogiorno si sono (almeno apparentemente)combattuti decidono di costituire unamaggioranza di governo, se un governoopta per una sospensione del pagamentodella tassa sulla prima casa, se sceglie dirifinanziare una missione all’estero o lacassa integrazione e perfino se un parla-mento decide di mettere mano alla cartacostituzionale chi può permettersi di af-fermare che tutto ciò sia nell’”interessegenerale”, id est “di tutti”? Nessuno. Effet-tivamente, vi saranno alcuni che gioi-ranno; altri che invocheranno i fulminidel cielo; altri ancora che resteranno in-differenti. Ognuno misurerà singolar-mente la qualità e l’ampiezza del propriointeresse. La qual cosa, a mio modesto av-viso, equivale a riconoscere che l’interessegenerale (e potrei aggiungere, che so, l’uti-lità sociale richiamata dall’art. 41 della Co-stituzione) non esiste: è una categoriadella retorica, vieppiù codificata, che vivesospesa su se stessa - senza contatto al-cuno con la realtà. Un espediente nomi-nale buono a giustificare tutto e ilcontrario di tutto, contando sul fatto che,come non è possibile mostrarne la riferi-bilità a dati fattuali, è impossibile altresìla controprova. Il palesamento del bluff,il livello al quale accede la tenzone, è - ap-punto - quello della logica. La logica concede all’uomo pubblico de-sideroso di esibire il proprio zelo l’affer-mazione che “per la propria percezione oidea o presunzione dell’interesse dei cit-tadini, almeno della maggioranza dei me-desimi”, è giusto prendere una stradapiuttosto che un’altra. Fin qui nulla da ri-dire: è espressa un’opinione. E come taleè spesa. Il massimo che la logica e labuona fede consentono. Tutto il resto ècontraffazione.

di Paolo [email protected]

L’INTERVENTO

L’interesse generalee la sua contraffazione

L’APPUNTAMENTO

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.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.15KINO&VIDEO

di Tommaso [email protected]

Il regista Haider Rashid è nato aFirenze da padre iracheno emadre italiana. Anche se non loconosco personalmente gli sono

grato. Non solo perché siamo stati al-lievi della Scuola “Immagina” (seppurin anni differenti),ma perché ha toc-cato il tema dello Ius Soli.Non è un bislacco epiteto, maun’espressione che deriva dal latinoche significa “diritto del suolo” e in-dica l’acquisizione della cittadinanzacome conseguenza del fatto di esserenati in un dato territorio di uno Stato,qualunque sia quella posseduta daigenitori.Questo interesse gli è emerso quandoè partito,per studiare cinema, perLondra. Lì la nazionalità britannica èottenuta,per diritto,da chi nasce sulterritorio britannico anche da un sologenitore che sia già cittadino britan-nico, si può inoltre acquisirla ancheper “ius sanguinis”, cioè per discen-denza se almeno uno dei genitori ègià cittadino britannico. Il film narra la storia di una famigliaqualsiasi composta da un vedovo diorigine algerina residente a Firenzedove lavora in fabbrica da 30 anni edai suoi due figli Said e Amir.Quando l’uomo perde il posto di la-voro, la famiglia si trova di fronte allatragica realtà di non poter rinnovareil permesso di soggiorno e ricevereun decreto di espulsione. L’Italia, chei ragazzi hanno sempre considerato laloro patria, appare ora come un murodi gomma che li respinge e li spinge a“tornare a casa”, in quell’Algeria che èper essi un luogo sconosciuto inquanto mai l’hanno neanche neanchevisitato.Said,il figlio maggiore, rischia moltoper far sì che i suoi diritti non sianocalpestati: fa ricorso ,insiste per avereuna risposta alla richiesta di cittadi-nanza avanzata ormai cinque anniprima, chiama i giornali. La burocra-zia italiana però è un bradipo ed èpure cavillosa e ingiusta.“Dov’è casa mia? Ma sono di qui o dilaggiù?” è la domanda che accompa-gna tutto il film che è stato propostoa Firenze allo “Spazio Uno”. Il racconto è vagamente autobiogra-fico: come ho scritto sopra il registaHaider è figlio di padre iracheno,scappato per ragioni politiche, emadre calabrese, “emigrati” in To-scana. Grazie alla mamma, non haavuto i problemi giuridici del prota-gonista del film.Trovo importante il fatto che il filmsia ambientato nella nostra Firenzedefinita da Rashid come una cittàd’arte popolata da “un forte senso dicomunità e di simpatia verso l’altro eil diverso”.Ma non scordiamoci che Firenze èstata teatro della strage dei due sene-galesi nel 2011.Sarà bene che la politica si occupi diquesti temi molto presto perché ...”staper piovere”…

Arte e folliaUn convegnosu LIgabuea Lucca

Sta per piovered

L’APPUNTAMENTO

SU DI TONO

Domenica 19 maggio al parco deiRenai di Signa ha avuto luogo l’eventoLa musica del percorso lungo il percorsoarmonico allestito, su un progetto di Al-bert Mayr, a partire dall’ingresso sud-est del parco. La sonorizzazione,affidata alla Banda Roncati di Bologna,ha, per così dire, trasformato in suoni lastruttura del percorso. Questo, fonda-mentalmente, è una specie di “parti-tura” silenziosa che i visitatori possonofar nascere interiormente seguendo leistruzioni date.L’esecuzione musicale è stato un mo-mento gioioso per visitatori e musici-sti.

L’Auditorium Fondazione Banca del Monte di Luccaospiterà domenica 26 maggio 2013 alle ore 17 il conve-gno “Antonio Ligabue. Arte e follia. Racconti interdisci-plinari per scoprire l’artista indagando l’uomo”,organizzato da Associazione ALAP, Lu.C.C.A. - LuccaCenter of Contemporary Art e Fondazione Mario To-bino, con la partecipazione dell’Associazione culturale edi promozione sociale Archimede, in collaborazione conl’Azienda Usl 2 di Lucca, e realizzato con il contributodella Provincia di Lucca.

di cura di Aldo [email protected]

Musicain camminoper camminatori

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Foto dall’archivio Roberto Minuti

CCUO

.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.16PASTICCIOTERAPIA

di Andrea [email protected]

Alle 9 del mattino un tempo in-certo, nuvoloso ma caldo, in-vita a chiudersi alla Coop perle spese della serata. Ultimi

controlli ai terminali per le ricette, ul-time riflessioni sul menù e si parte.Obiettivo: tartara di salmone, gambe-retti impanati al forno, fregola convongole, spigola in guazzetto con po-modorini e contorno di peperoni ar-rosto arrosto e, per l'appunto, dulcisin fundo: coppe con gelatina di Porto,sormontata da mousse di ricotta esalsa di fragole; a sventolare sullasommità una “tegolina” apposita-mente formata. Alle 11.30 siamo di ritorno, siste-miamo la spesa e via all'impresa. La gelatina di porto si fa rapidamente,facendo sciogliere sul fuoco la colla dipesce in un paio di cucchiai di Porto,per smollarla e farla gonfiare, ini-ziando il processo di separazione deifilamenti proteici che la compon-gono - volgare collagene da ossa e vi-sceri animali, bleaaah - poi si unisceal resto del Porto e si mescola cu-rando di far sciogliere bene la colla,ché non si formino poi grumi nellagelatina. Matilde sta sfilettando le spigole enon mi è di nessun aiuto, ma ha i suoiproblemi. Preparo le coppe disponendo il portosul fondo nella giusta quantità (un po'più, un po' meno, forse, ma no, bastacosì ...) e passo le coppe in frigo doveabbiamo faticosamente fatto uno spa-zio dedicato. Le spigole sono pronte e con gliavanzi del pesce sta per farsi un sapo-rito brodino per la fregola. Passo alla mousse di ricotta, sempli-cissima, ma spettacolare. Mezzo chilodi ricotta fresca, che va fatta riposarepreventivamente per liberarla delsiero in eccesso, che ritroveremmo al-trimenti nella mousse, con effettismollanti. La si mescola con pazienzae olio di gomito - meglio con le frusteelettriche - con lo zucchero vanigliatofinché non assume un aspetto uni-forme, liscio e quasi fluido, con ilgusto di pecora della ricotta che si staallontanando in mezzo allo zuccheroe al mescolamento. A parte, duechiare d'uovo che monto a "neveferma" (si vede benissimo il mo-mento giusto, quando estrai le frustee queste vengono fuori pulite, ta-gliando di netto il composto, che nonfa una piega). Mettere insieme le chiare e la ricottaè l'aspetto complicato: rivoltare dalbasso verso l'altro, aggiungendo unpo' per volta le chiare, senza sbattereperché si smontano; piano piano la ri-cotta si gonfia un po' e assume la con-sistenza giusta, abbastanza molle, masi riprenderà dopo ore di frigo, sem-pre che quello regga il carico (la pe-cora nel frattempo è un lontanissimo,gradevole ricordo). Il bagno per la spigola è quasi pronto,con il peperone spellato e affettato e

Venga a prendere un caffè da meMINUTAGLIE

i pomodorini sbucciati (sbollentarein acqua e calare in gelo; la buccia,che al calore si è separata dalla polpa,viene via con facilità, se poi hai incisouna croce sulla base meglio, magarine è felice anche il parroco, ma certa-mente aiuta il pomodorino a sgu-sciare dal suo abitino stretto).

MOUSSE DI RICOTTAPer 6 porzioni abbondanti:ricotta 500 g.zucchero 125 g.uova 2 (solo le chiare)Far scolare bene la ricotta del suosiero, passarla attraverso un passino,mescolare bene con lo zucchero, re-golando la quantità secondo il gusto.Montare a neve le chiare d’uovo e in-corporarle con delicatezza alla ricotta. Conservare in frigo fino al momentodi servire.

di una cenaannunciata

Cronaca

Page 17: Cultura Commestibile 31

Maurizio Berlincioni, San Francisco 1973

CCUO

.com sabato 25 maggio 2013no31 PAG.17L’ULTIMA IMMAGINE

Per un volta lo scattonon è mio! Questo in-fatti è un mio ritrattoscattato dall’amicoGianfranco Chiavacciall'incrocio di uno diquei tanto famosi “sali-scendi” che caratteriz-zano la città di SanFrancisco, una delle piùvivaci e più belle delmondo! Era un’assolatadomenica mattina,senza molto traffico eper fortuna senza queibanchi di nebbia impe-netrabile che moltospesso nascondono icolori, la gioia e il mododi vivere di questo an-golo di paradiso. Comeal solito, ci stavamo tra-scinando per le stradesenza una meta precisa,alla ricerca di stimoliper soddisfare, ognunoa modo suo, la nostracomune bulimia foto-grafica. Io mi sono bar-ricato per scherzodietro questa segnale-tica stradale (lavori incorso) e Gianfranco miha fotografato.

Dall’archivio di M

aurizio Be

rlincion

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