Cultura Commestibile 89

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89 uesta settimana il menu è Q Stammer a pagina 5 La nuova casa della musica RIUNIONE DI FAMIGLIA a pagina 4 Verso il sol delle Alpi PICCOLE ARCHITETTURE Siliani a pagina 2 DA NON SALTARE Che futuro per i libri? Intervista a Bruno Mari L’agenda del sindaco Il romanzo della rivoluzione (terza parte) Matteo Salvini Segretario della Lega Nord dopo la visita in Corea del Nord insieme al senatore Razzi Ho visto un senso di comunità splendido. Tantissimi bambini che giocano in strada e non con la playstation, un grande rispetto per gli anziani, cose che ormai in Italia non ci sono più Cecchi a pagina 7 OCCHIO X OCCHIO Il monumento del paesaggio Usa Monaldi a pagina 6 ISTANTANEE AD ARTE Il corpo, la fatica, il dolore e la scultura

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89 uesta settimanail menu èQ

VUOTI&PIENI

Stammer a pagina 5

La nuova casadella musica

RIUNIONEDI FAMIGLIA

a pagina 4

Versoil soldelle Alpi

PICCOLE ARCHITETTURE

Siliani a pagina 2

DA NON SALTARE

Che futuro per i libri?Intervista a Bruno Mari

L’agendadel sindaco

Il romanzodellarivoluzione(terza parte)

Matteo SalviniSegretario della Lega Nord

dopo la visita in Corea del Nordinsieme al senatore Razzi

Ho visto un senso di comunità splendido.Tantissimi bambini che giocano in stradae non con la playstation, un granderispetto per gli anziani, cose che ormai in Italia non ci sono più“

Cecchi a pagina 7

OCCHIO X OCCHIO

Il monumentodel paesaggio Usa

Monaldi a pagina 6

ISTANTANEE AD ARTE

Il corpo, la fatica,il dolore e la scultura

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.2DA NON SALTARE

L’allarme lanciato questa estate daimaggiori editori italiani sul ri-schio che anche da noi si ripro-duca il conflitto che ha visto

Amazon, che impone prezzi bassi agliebook, contrapporsi ad alcune grandi caseeditrici, l’americana Hachette e la tedescaBonnier, è stata l’occasione di un colloquiosui problemi dell’editoria e del libro in Ita-lia con Bruno Mari, vicepresidente delgruppo Giunti, leader indiscusso nell’edi-toria scolastica e uno dei maggiori gruppieditoriali italiani.La cosidetta guerra dei 2 dollari fra Amazone alcuni gruppi editoriali sui prezzi degliebook può essere l’occasione per riflettere tantosulle possibili ricadute di questo conflitto inItalia, ma anche sull’intera filiera produttiva-commerciale del libro in Italia. C’è forse unasofferenza più profonda del sistema editorialeitaliano di cui questa vicenda è solo un cam-panello d’allarme?La fase critica che il sistema editoriale staattraversando è profonda e complessa e laterrei totalmente disgiunta da una vicendache vede contrapporsi gli interessi di duegrandi aziende multinazionali in disac-cordo su come gestire la vendita dei libriin formato digitale. Ma per capire meglioè opportuno fare un po’ di storia. Con illancio di Kindle negli Stati Uniti alla finedel 2007, Amazon, entra in un mercatonuovo o forse meglio crea un nuovo mer-cato. Kindle è un oggetto tecnologica-mente di per sé forse un po’ migliore dialtri e-reader già presenti sul mercato, mala vera novità è su altri fronti. Amazon creaun’esperienza di acquisto in cui non è rile-vante solo il device tecnologico, ma il si-stema all’interno del quale ci si inserisceche offre una serie di vantaggi sia in ter-mini di offerta quantitativa (Amazon rie-sce a innescare una rapida crescitadell’offerta che raggiunge in tempi rapidis-simi circa 1 milione di titoli in formato di-gitale), sia in termini di facilità di accessoal negozio dove comprare gli ebook. Oltreovviamente al sistema, già sperimentatoanche nel “fisico”, delle segnalazioni e rac-comandazioni generate dal suo motore diricerca e alla nota efficienza logistica diAmazon che negli ebook vuole dire poterscaricare un libro in una manciata di se-condi. In questo mercato, nella fase iniziale, Ama-zon stabilisce con tutti gli editori un con-tratti commerciali di tipo tradizionale, cioèaccordi in base ai quali compra i libri a uncerto sconto negoziato con gli editori e poiè libero di rivenderli al pubblico al prezzoche desidera. Amazon, per una sua strate-gia commerciale, avvia una politica diprezzi molto aggressiva arrivando spessoa vendere sottocosto, senza che gli editoripossano avere alcuna voce in capitolo. Lapolitica di prezzi molto bassi sicuramenteincontra gli interessi del pubblico e favori-sce lo sviluppo del mercato digitale, maconsente anche a Amazon di stroncarequalsiasi concorrenza perché nessuno –salvo Barnes & Nobel, che peraltro in que-sta competizione si è svenata – aveva laforza economica di affrontare una talesfida. Ma a un certo punto gli editorihanno valutato che il digitale offerto ad unprezzo molto basso li danneggiava nelle

vendite dei libri “fisici”. Così nel maggio2010 McMillan decide di togliere tutti isuoi libri dal sito Amazon. Occorre tenerpresente che in quel momento il mercatoebook negli Stati Uniti è ancora relativa-mente piccolo, circa il 90% delle venditesono ancora di libri fisici (oggi siamo al disotto dell’80%), per cui gli editori senten-dosi danneggiati dalla politica dei prezzibassi di Amazon decidono di imporre unmodello commerciale diverso, il modello“agency”, per cui è il produttore che stabi-lisce il prezzo a cui deve essere venduto ilprodotto e al rivenditore viene ricono-sciuta una percentuale, in genere fissata al30% del prezzo di vendita al pubblico.Fino allo scorso anno quando l’Antitrustamericana ha sanzionato i principaligruppi editoriali, accusati di aver costituitoun “cartello” per tenere artatamente alti iprezzi degli ebook, e ha imposto il ritornoa un regime di prezzi liberi, dando di fattoragione ad Amazon. In Europa e in Italiainvece questo modello vige ancora. Sulpiano commerciale, probabilmente, la po-sizione di Amazon – ovvero quella che illibro in formato digitale potrebbe costaremeno al consumatore – non è sbagliata.Naturalmente, è una posizione che sifonda sulla difesa dei propri interessi datoche Amazon con prezzi più bassi vende dipiù. Ma la tesi di Amazon è che questi in-teressi coincidono anche con quelli deglieditori – anche loro guadagnerebbero dipiù – e dei consumatori che spendereb-bero meno. Il ragionamento in sé non fauna grinza, sebbene gli operatori di altricanali di vendita lamentino il fatto che cisia un effetto di disturbo e che questoprezzo troppo basso fa perdere ricavi al-trove. La questione è quindi piuttostocontroversa.Quindi uno scontro fra grandi gruppi com-merciali o una minaccia al pluralismo cultu-rale?Certamente una controversia tra grandigruppi multinazionali (Hachette è uno deimaggiori) che difendono i propri interessi,probabilmente non sempre legittima-mente, in modo antagonistico uno conl’altro. Io non me la sento di scomodareOrwell per sostenere a spada tratta unaposizione piuttosto che l’altra. Nel meritodel problema credo però che, in modograduale e coerente con la crescita delmercato, tendenzialmente i prezzi dei libriin formato digitale possono scendere sen-sibilmente. Oggi gran parte degli editori faprezzi relativamente poco inferiori aiprezzi dei libri in formato cartaceo (ridu-zioni che oscillano fra il 15 e il 30%). Noicome Giuntu abbiamo deciso una politicadiversa: facciamo prezzi che stanno fra il50 e il 55% del prezzo del cartaceo. Matendenzialmente gli altri editori fannoprezzi più alti. La mia opinione è che que-sti prezzi possono ragionevolmente scen-dere perché il digitale può dare margini dimigliore economia: non c’è magazzino,non ci sono costi di spedizione, non cisono rese. Però è anche vero che andrebberisolto il problema dell’Iva. Oggi l’Iva ap-plicata sul digitale rispetto a quella appli-cata sulla carta si mangia circa il 20% in piùdel prezzo di vendita al pubblico. Ciò im-patta negativamente sui margini degli edi-tori degli editori e contribuisce a tenere iprezzi più alti. Credo che solo risolvendo

questo problema ci sia una ragionevolepossibilità di ridurre i prezzi dei prodottidigitali.Cosa succede in Italia dal punto di vista delmercato digitale?In Italia partiamo con 3 anni di ritardo ri-spetto agli Stati Uniti. Lì, dopo 3 anni, ilmercato era arrivato a valere 3 volte quelloche vale da noi. In Italia la crescita è piùlenta, forse anche perché qui ha impattatocon una crisi nel momento in cui questainiziava a mordere di più, mentre negliStati Uniti il digitale è partito prima dellacrisi e ha goduto un abbrivio di una situa-zione economicamente ancora non parti-colarmente critica. Un altro fattoimportante è la dimensione dell’offerta: inItalia si parla oggi di circa 70-80mila libridisponibili in formato digitale. Meno di undecimo di quelli offerti da Amazon dopotre anni dal lancio di Kindle, anche questofattore pone un freno alla crescita. I valoridel mercato digitale in Italia nel 2013stanno poco al di sotto del 3%, secondo lestime più prudenti, e intorno al 4% per lestime più ottimistiche. Il 3-4% dell’in-sieme dei cosiddetti “canali trade”, cioè li-brerie (di catena e non), e-commerce egrande distribuzione che valgono intornoa 1,3 miliardi di euro, quindi parliamo diuna cifra tra 35 e i 50 milioni di euro. Sitratta di stime, considerando che Amazonvale da solo probabilmente oltre la metàdella vendita degli ebook in Italia. Dun-que, un piccolissimo mercato, che sta cre-scendo ma non con una dinamica comequella degli Stati Uniti che ha visto unacrescita 5 volte superiore. Se la dinamicafosse stata come quella degli Stati Uniti,nel 2015 dovremmo superare ampia-mente il 20%, ma non sarà così; sarà ungrande risultato se si arriverà al 10%. Un dato interessante da considerare èquello che comunque che emerge da al-cune statistiche pubblicate da testate pri-marie americane, secondo il quale lacrescita dell’editoria negli Usa fino al 2012(dal 2007 al 2012 sono stati gli anni dimaggior sviluppo) sul fronte digitale, nonha impattato in maniera devastante sullavendita di libri in formato cartaceo: il 75%delle vendite in formato digitale sono stateaggiuntive; solo il 25% di vendite sonostate perse dall’insieme dei canali che ven-dono il “fisico”. Questo dato è coerentecon l’unico dato che rilascia Amazon chedice che i suoi clienti con il passaggio al di-gitale hanno comprato tra le 4 e le 5 voltepiù libri di quelli che compravano prima,Dunque, se non al digitale, a cosa è dovuta lacrisi dell’editoria di questi ultimi 2 anni?Se il mercato italiano negli ultimi 3 anni haperso, secondo le stime, intorno al 15-18%, dato che l’ebook vale il 3% bisognadomandarsi dove è finito il restante 12-15%? La gran parte della perdita quindinon è certamente dovuta al digitale. Lacrisi ha colpito nel 2008 subito l’edilizia,poi nel 2009 si è allargata ad altri settori:ma molti editori ancora nel 2010 e nel2011 hanno fatto comunque dei buoni bi-lanci. La crisi nell’editoria è arrivata nel2012. Per essere più precisi, nell’ultimoquadrimestre del 2011 c’è stato un eventonuovo (l’approvazione della legge sullosconto che entra in vigore il primo settem-bre 2011) che probabilmente non ha par-ticolare impatto sul canale libreria, ma

Come

allaguerradeilibri

sopravvivere

di Simone [email protected]

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.3C.com DA NON SALTARE

lità. Tre livelli di implementazione dellibro, che non sono di per sé niente dinuovo perché Internet ce li fornisce da 20anni ma la novità sta nel fatto che li ab-biamo sullo smartphone o i tablet: la por-tabilità di dispositivi che ti consentono difruire di queste tre cose è ciò che rende po-tenzialmente realizzabile un libro diverso,chiamiamolo “incrementato”, di tutta unaserie di funzionalità che il libro di cartanon può avere. Io sono dell’idea che lestanche diatribe fra apocalittici e integratiche si creano in questo tipo di contesti, la-sciano il tempo che trovano. Penso che visiano dei contenuti che possono essere va-lorizzati e fruiti più vantaggiosamente construmenti digitali, altri contenuti che pos-sono essere equivalentemente fruiti e uti-lizzati con strumenti fisici o digitali e altriancora che continueranno a stare benesulla carta, che non c’è nessuna ragione diabbandonare, per lo meno a breve pe-riodo.Stiamo vivendo un contesto molto deli-cato perché c’è una crisi economica chemorde e ci toglie lettori e risorse, mentre icosti d’impresa se va bene sono sempre glistessi. Dall’altro lato abbiamo una evolu-zione del mercato con una logica anche diformazione dei prezzi che va tutta riconsi-derata, per cui l’equilibrio fra costi e ricaviche rende sostenibile l’attuale modello digestione delle aziende, va tutto ripensato.L’economia di ricavi di una logica mista oancor più di una logica digitale, non sa-rebbe in grado di sostenere i costi dell’eco-nomia “fisica” attuale. Oggi il 96-97% delmercato è fatto da libri in formato “fisico”,in larga parte intermediato da reti vendite.Lo scenario, diciamo, del 2020 cheun’azienda seria deve avere di fronte, lo im-magino caratterizzato da una vendita dilibri in formato digitale intorno al 15-20%.Ci sarà, sicuramente, anche una grandecrescita dell’e-commerce che verosimil-mente nel 2020 varrà intorno al 25-27%come in altri paesi sviluppati. Se som-miamo queste due cose, avremo di fronteuna realtà di fatto secondo la quale tra il 40e il 50% del mercato sarà largamente disin-termediato da molti degli attuali operatori.Pensiamo ai rappresentanti, i librai, i ma-gazzinieri, gli stampatori, i cartai, i legatori.Non ci sarà lavoro per tutti quelli che sonooccupati oggi, quindi sarà necessario pen-sare per tempo a percorsi di riconversionee riqualificazione.Altro elemento di criticità è che il digitale,ancor più del fisico, la pirateria – contro laquale non c’è nessuna possibilità di tutela– è certamente un elemento di rischio pergli imprenditori che operano nel settore.Nel dibattito estivo è stata interessante la rea-zione del Ministro Franceschini. Il Ministrodice che bisogna fare qualcosa perché vendereun libro non è come vendere uno spazzolinoda denti perché c’è un valore peculiare dellibro. Allora, giro la domanda: il pubblicocosa può o dovrebbe fare in questo scenario?Se di una cosa sono certo, è che la manopubblica non deve in nessun modo soste-nere in modo diretto le imprese private:queste devono fare il loro mestiere, esserecapaci di sopravvivere all’interno della lo-gica nella quale si inscrivono, con la lorocapacità di progettazione, innovazione,sviluppo e gestione. Quello che chiediamoalla mano pubblica è di fare il suo dovere

condiziona pesantemente le vendite nellagrande distribuzione. Questa ha sempreutilizzato il libro come specchietto per leallodole, perché mentre sui generi alimen-tari il prezzo non è scritto sulla confezionee dunque se la pasta che sto comprandocosta più o meno di un altro negozio lo sosoltanto se vado a confrontare i prezzi, illibro avendo il prezzo scritto ti dà subitola percezione della rilevanza dello scontoche viene praticato. Quando la grande di-stribuzione ha smesso di poter usare inquesta funzione promozionale il libro, haavuto un calo molto pesante. Si stima chenell’ultimo quadrimestre 2011 confron-tato con lo stesso periodo dell’anno pre-cedente, abbia perso il 40% delle vendite.Il canale della grande distribuzione èquello che perde di più non solo perchésmette di fare degli sconti e dunque vendemeno libri, ma anche perché riduce glispazi destinati al libro; infatti mentre perun libraio o per un sito di e-commerce dilibri il mestiere è appunto vendere libri econtinua a farlo, se pure con fatica, anchein una crisi, per la grande distribuzione seil libro non vende essa è spinta a ridurre ladimensione dello scaffale a vantaggio dialtri prodotti che vendono di più. Oggi lagrande distribuzione sta sistematica-mente riducendo lo spazio del libro, sosti-tuendolo con altre merceologie, prontaeventualmente a riallargarlo se riprenderàa vendere. Naturalmente questo è un caneche si morde la coda perché meno offri emeno venderai. Quindi la stagione dellagrande distribuzione come strumento diampliamento del mercato, è almeno almomento terminata. Esaurita la funzionedi marketing collaterale, la grande distri-buzione come canale di massificazione eanche di ampliamento della base dei let-tori, viene meno.Torniamo però alla crisi economica, chenon definirei congiunturale (come è av-venuto periodicamente dal 1963 ad oggi),bensì strutturale. Secondo molte stime loscarto tra i valori dell’indebitamento fi-nanziario e i valori dell’economia reale è 8a 1, che significa banalmente che, se daquesta crisi si vuole uscire senza ricorrereal metodo tradizionale del passato cioè leguerre, allora l’unica medicina che cono-sciamo si chiama inflazione. Tuttavia, perlo meno in questa fase, il mondo sembraandare in tutt’altra direzione, perciò misembra che l’uscita da questa crisi nonsarà né rapida, né facile. Quindi per il set-tore dell’editoria prevedo un periodomolto difficile. Temo che chi non ha lespalle solide – e purtroppo sono i più – ri-schi di saltare perché difficilmente piccoli,medi e anche grandi editori potranno reg-gere a lungo le perdite degli ultimi anni. Ilche potrebbe generare un rischio di im-poverimento della biodiversità culturale.Accanto a questo rischio, l’editoria sta af-frontando anche un’altra difficoltà, quelladel transito al digitale. Molti dicono che ilproblema del futuro dei libri è molto sem-plice perché nel 2100 saranno tutti in for-mato digitale; certo, ma il nostroproblema è capire, da qui al 2100, come ein quale anno avverrà quel tipo di passag-gio che renderà non più sostenibile l’eco-nomia tradizionale. La scommessa ègestire questo passaggio, che non ha soloelementi negativi, anzi ha opportunità

con semplice buon senso e cioè di inve-stire per favorire l’allargamento della basedei lettori. Se c’è una cosa nella quale il no-stro paese soffre, a differenza di altri, per-sino rispetto alla Spagna e alla Grecia, èche abbiamo una base di lettori estrema-mente fragile e circoscritta. Al di là dellestatistiche che menzionano anche coloroche dichiarano, interrogati, di aver letto unlibro nell’ultimo anno perché si vergo-gnano ad ammettere di non averlo fatto,sappiamo per certo che la base dei lettoriveri, consumatori abituali di libri, non vaoltre il 5-6% della popolazione: sono tutticoloro che dichiarano di leggere un libroal mese, circa 3-3,5 milioni di italiani checonsiderano il libro come uno strumentodi piacere, di divertimento, di approfondi-mento, di studio, come una cosa consue-tudinaria nella propria vita. Ciò chedovrebbe fare la mano pubblica è investirenella scuola e nel sistema bibliotecario (ne-gletto, abbandonato a se stesso, punito inmaniera vergognosa negli ultimi anni). Ilche vuol dire mettere le biblioteche nellecondizioni di evolversi: non basta com-prare dei libri, le biblioteche devono poteroffrire un servizio più articolato di quellodel semplice prestito di libri in lettura. Eper far ciò occorrono delle risorse e fare in-vestimenti infrastrutturali importanticome hanno fatto in altri paesi. E poi biso-gnerebbe che una legge dello Stato vie-tasse di utilizzare la lettura come unostrumento di tortura nella scuola, utiliz-zandola per fare verifiche della compren-sione, dell’apprendimento, esercizi digrammatica: si dovrebbe impedire allascuola di utilizzare la lettura per fare delleattività che sono proprie di altri momenti.Bisognerebbe che tutte le scuole italianedi ogni ordine e grado dedicassero una set-timana l’anno solo al piacere di leggere, perevitare che la stragrande maggioranza deinostri ragazzi esca dal sistema scolasticoassociando in maniera irrevocabile il libroa un fastidio, a una tortura della quale, ter-minata la scuola, ci si può liberare per sem-pre.Franceschini poi dice che per limitare laguerra Amazon-editori, bisogna operare al-meno a livello europeo, perché quello nazio-nale di per sé non è sufficiente. Che ne pensi?In questi anni le maglie della legislazionehanno consentito a tutti i grandi lord delweb (Amazon, Google, Apple, Face ,ecc.) di operare sul mercato con due ano-malie. La prima è quella che ha consentitoloro di pagare l’Iva non secondo le aliquotein vigore nei Paesi in cui viene venduto ilprodotto, ma in quelli dove per comoditàviene stabilita la residenza fiscale, con dif-ferenziali di vantaggio a doppia cifra. Que-sta discrepanza, che ha dato a chi nepoteva beneficiare grandi vantaggi sui con-correnti che non potevano farlo, per for-tuna verrà modificata da una leggecomunitaria che entrerà in vigore dalprimo gennaio 2015. La seconda anoma-lia riguarda le tasse sugli utili d’impresa,che analogamente si dovrebbero pagarenon nel Paese dove ci sono le aliquote piùconvenienti, bensì nei Paesi dove si realizzail fatturato. Anche per la correzione di que-sta anomalia l’Europa potrebbe fare unalegge con l’obiettivo di mettere tutti glioperatori nelle condizioni di lavorare conpari diritti e doveri.

straordinarie perché il digitale significa sulpiano del mercato la possibilità di venderesempre (è l’economia della coda lunganella quale i libri che non vanno mai fuoricatalogo), la possibilità, sostenendo i costidi una traduzione in lingua inglese, di ac-cedere al mercato mondiale (cosa che nonsi può fare con il cartaceo perché implicail fatto che tu trovi un partner in ogniPaese del mondo che traduca il tuo libroe lo venda). Il digitale ha la possibilità diuna grande espansione di mercato perchéoffre l’opportunità di inventare un modocompletamente nuovo di fare editoria, dalpiccolo al grande: non avere più la limita-zione dello scaffale, significa che non si èpiù obbligati ad esempio a comprare laguida a tutti i ristoranti d’Italia, bensìquella dei territori che di volta in volta in-teressano, con notevole riduzione di spesaper i lettori, ma anche con una maggioreopportunità di vendita per gli editori.Inoltre il digitale ci offre la possibilità divendere opere con più di un tomo cheoggi in cartaceo non sono più accettatedalla libreria. Ma oltre a questa naturaleevoluzione dei libri così come essi sonooggi, il digitale consentirà di fare prodottieditoriali completamente innovativi.Questi saranno strumenti che hanno sot-tostante un apparato di software solidoche gestisce la multimedialità, l’interatti-vità (quindi la connettività) e l’ipertestua-

IntervistaBruno Maridella Giuntitra Amazon,ebooke l’odoredella carta

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

www.facebook.com/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

Quando il saggio indica la Luna, lostolto guarda il vestito. Potremmo li-quidare così il suitegate, ovvero la po-lemica sul vestito beige indossato daObama durante lasua conferenzastampa sulla crisiin Siria ed Iraq.Durante tale di-scorso infatti, gliutenti dei socialamericani si sonoscandalizzati che ilPresidente non sipresentasse conuno dei suoi(splendidi) com-pleti blu o grigi.Qualcuno è arri-vato a dire: “non sipuò dichiarareguerra con quei co-lori”. Premesso cheBarack Obama è ilpresidente più sexydel secondo dopoguerra (Kennedychi?) e che per quanto mi riguardapotrebbe presentarsi anche in ber-muda e t-shirt della sagra della por-chetta di Ariccia per farmi scattarel’ormone, quel vestito ad Obamastava divinamente. Certo loro nonhanno Berlusconi a ricordargli che

Mr President è “abbronzato” ma san-toddio quel beige con quella carna-gione dovrebbe essere accompagnatodal bollino x-rating per quanto era

attizzante. Vabbè vanno capiti gliamericani, sono abituati ad un go-verno che quando comunica coimedia, si presenta serio, fa batuttecon parsimonia, utilizza slides e fil-mati per commentare le notizie e noncome notizie e soprattutto, non man-gia il gelato.

dammi almeno il tempo di scriverla e di leg-gerla questa legge...”Lo rimbecca il premier: “Zitto tu, bel dame-rino! Pensa piuttosto a far qualcosa di utile:mi dicono che ti diletti a giocare a ping-ponge vai in giro per presentare il circolo LeftWing!? Oh, rintronato, qui bisogna cam-biare verso, non fare i fighetti! Ovvia, orabasta; sono stanco: due rivoluzioni al giornosfiancherebbero un elefante. Sciogliete lerighe!”Dario “Che” Franceschini si avvicina timi-damente al Leader Maximo e chiedeudienza. Gli sudano le mani, un leggero tre-more delle labbra, gli occhiali storti sul nasoe la cravatta scomposta. “Scusa Matteo, mail mio decreto cambia-Ministero? Non loapproviamo? Eppure era abbastanza rivo-luzionario...”.Renzi gli si rivolge, mentre sta infilando laporta per uscire: “Che palle, Dario! Te l'hogià detto: te, niente rivoluzioni; per un po'stai a stecchetto. Comunque, dammi qua'sto decreto. Va beh, aggiungi questa frasequi, un po' di privati in più nei musei, qual-che bacchiolata sui soprintendenti e il gioco èfatto. Va bene, ragazzi! Approviamo anche'sta minchiata di Dario, così smette di rom-pere. Ma, sulla cultura, non ti permettere dipronunciare più la parola rivoluzione: èroba mia! Vai, piuttosto a fare un giro turi-stico da qualche parte”.

Riassunto delle puntate precedenti:Dario “Che” Franceschini sta architet-tando la rivoluzione dei beni culturali edel Ministero, ma è ostacolato daiGrandi Padroni dei musei, Acidini ePaolucci. Renzi lo stoppa, brutalmente.Ma lui non si dà per vinto e ripiega sullarivoluzione del selfie.oluzionario,stoppa la rivoluzione.

Venerdì 29 agosto. Palazzo Chigi. Consi-glio dei Ministri. Clima rilassato, post va-canziero. Matteo Renzi, campanellino inmano, richiama la squadra all'ordine.“Ragazzi, forza, si comincia! Dov'èDario? Sempre in ritardo quello. Ah, ec-coti. Senti un po', bellino, che hai finito didir corbellerie sulla rivoluzione? Ora ti seiinventato questa bischerata del selfie li-bero: ma sei grullo? E togliti quel basco ri-dicolo con la stella rossa! Allora, facciamocosì: oggi ti faccio vedere io come si fannole rivoluzioni e te stai lì, fermo e zitto.Guarda e impara! Allora, pronti? Via! Ri-forma del Codice degli Appalti sul mo-dello europeo: Norme rivoluzionarie!”Interviene il fido Del Rio: “Scusa Matteo,ma perché rivoluzionarie' Sono comequelle europee: non c'è mica niente di par-ticolare”Il Presidente indispettito: “Oh, una normaè rivoluzionaria perché lo dico io, punto ebasta! Avanti, passiamo alla seconda rivo-luzione. Riforma della giustizia: un de-creto legge per velocizzare i processi e undisegno di legge in pasto al Parlamento: etvoilà una rivoluzione!”Lo stranulato Orlando, Guardasigilli, sisveglia dal tuo torpore: “Ma Matteo,

LE SORELLE MARX

Gli impegni istituzionali vanno rispettati,anche se spesso gravosi e noiosi.Quindi siamo nel cuore al sin-daco ridens Dario Nardella che

nel suo alacre lavoro a capo dellacittà più bella del mondo e fra poco anchedella metropoli più bella del mondo che èstato costretto dal suo ruolo ad una setti-mana intensa. Ilprimo settembrel’agenda delprimo cittadinoriportava sotto-lineato tre volte:fionda alle Ca-scine. E così Nardella ha dovuto abbando-nare il desco familiare per recarsi alla festadel Pd per farsi sparare in cielo dall’attra-zione più richiesta della manifestazione fio-rentina. Ma non c’è tempo da perdereperché tra un colloquio e un altro per defi-nire la nuova giunta metropolitana, tra unnastro da tagliare e una mano da stringereecco che l’irrefrenabile sindaco costretto asostituire per qualche minuto un commessoin un negozio di magia allietando gliastanti con un numero di prestidigitazione.E il fine settimana si annuncia ancora piùinfernale: sembra che allo spazio bambinidel McDonalds della Stazione serva unclown per un compleanno.

Il romanzodella rivoluzione (3)

LA STILISTA DI LENIN

Obama in beige

Gli autori sono sono un duo di giovanissimi che si cela sotto gli pseudonimi di due non al-trettanto giovani artisti dell’area fiesolana (e il perché della scelta resta abbastanza incon-sueto). Di loro sappiamo solo che hanno fatto parte dell’OuLisPo (Ouvroir de Littératuresans Potentielle) creata dal figlio illegittimo di Perec, Albertine Zazie Ukko, in aperto con-trasto con il padre per punirlo per i nomi ricevuti pescando dai primi tre libri a portata dimano. “Finzionario” segue quindi le orme degli Oulispisti creando immagini prima, le co-pertine, e parole poi, le recensioni, senza talvolta accordo tra le due parti per avere un corpounico di racconti, saggi, novelle e romanzi che poi possono anche essere riassemblati e viveredi vita propria. Il libro che tutti gli scrittori del mondo hanno nel cassetto, ma senza avereil cassetto, né tantomeno la scrivania.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

I CUGINI ENGELS

L’agendadel Sindaco

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cantiere di queste dimensioni. Il Co-mune di Firenze ha anche recente-mente concluso il complesso iter perdivenire proprietario delle aree su cuiil complesso è stato costruito, cheerano ancora di proprietà di FS. Anchele polemiche sui costi si sono smorzatequando si è messo a confronto que-st'opera con quelle coeve di altre cittàd'Europa, scoprendo che il Teatro diFirenze è competitivo non solo per lesue prestazioni e per l'acustica dellagrande sala, anche nei costi. Lo studioABDR ha pensato l'opera come un in-castro di grandi parallelepipedi. Unoper la grande sala da 2000 posti (sullacui copertura ha trovato posto unacavea molto funzionale, e dalla som-mità della quale si gode uno splendidopanorama della città), uno per la torrescenica (che si prolunga orizzontal-mente a comprendere anche locali diservizio e che rappresenta l'elementodi maggiore evidenza dell'opera,anche per essere completamente rive-stita di ceramiche colorate smaltate) euno per la base dell'edificio (nel qualetrovano ospitalità la sala da 1000 postiper la musica sinfonica e la hall delcomplesso,oltre che spazi di servizio edi relazione, compreso lo spazio per ilmuseo del teatro). Tutta l'opera,esclusa la torre scenica, è rivestita dipietra bianca e grigia, con un bell'ef-fetto cromatico.L'edificio è completato da un grandis-simo spazio interrato dove trovanosede le sale prova, lo spazio per le sce-nografie e tutti i locali di servizio. Ilteatro è infine dotato di un avvenieri-stico sistema macchine di scena e dipalcoscenico che consente di averepronte, e già allestite, tre scene in con-temporanea. Un'opera simbolica dellavolontà di continuare a fare musica eteatro in città. E non solo musica sin-fonica. Un'opera che ha riscosso l'ap-prezzamento della città fino dallaprima rappresentazione. Un'opera cherecentemente ha visto costruire pro-prio davanti alla sua facciata principaleuna grande piazza a verde, che poco sirelaziona con le grandi masse di pietradel teatro. Una piazza con una grandee inutile pensilina, che taglia la pro-spettiva del teatro e ne impedisce lafruizione visiva. Se si fossero interpel-lati i progettisti del teatro anche per ilprogetto di questa piazza, la soluzionesarebbe stata certamente più coerentecon l'edificio principale.

di John Stammer

Fu fra Natale e Capodanno del2007 che la giuria decise. Il pro-getto dello studio ABDR risultòil migliore fra quelli che avevano

partecipato al concorso. Il nuovo Tea-tro di Firenze avrebbe portato la firmadi Paolo Desideri e degli altri compo-nenti del gruppo Maria Laura Arlotta,Michele Beccu e Filippo Raimondo.Per le celebrazioni dei 150 anni del-l'Unità d'Italia, nel 2011, Firenzeavrebbe avuto un nuovo teatro perl'opera lirica, e anche una grande salaper i concerti sinfonici.Era da tempo che la città discuteva, esperava, di avere un nuovo teatro chesostituisse il glorioso, ma ormai obso-leto, Teatro Comunale di Corso Italia.Il Comunale era stato ricostruito dopola guerra e mostrava tutti i suoi anni.Per funzionare aveva bisogno di scaledi sicurezza che invadevano i marcia-piedi, e di una "aggiunta" in lamiera sulretro, che occupava una parte dellacarreggiata di via Solferino. Senza con-tare i problemi connessi alla presenzadi amianto utilizzato, negli anni '50,per interventi di coibentazione.Anche il maestro Zubin Metha avevafatto pressioni per avere un nuovo tea-tro dove dirigere la "sua" orchestra delMaggio Musicale Fiorentino che, sem-pre più, si imponeva come una dellemigliori orchestra internazionali. Le prime ipotesi per realizzare il nuovoteatro risalivano all'inizio della discus-sione sull'utilizzo delle aree dismessedi Ferrovie dello Stato, e proprio il Ma-ster Plan, redatto da FS nel 1992, col-locava per la prima volta a Porta alPrato il nuovo teatro. Ma solo all'iniziodi questo secolo si iniziò a prevedererisorse per il nuovo teatro. Risorse in-sufficienti ma che ebbero il pregio dirisvegliare l'interesse per l'opera. Fucosì che nel 2006 l'amministrazionepredispose il primo studio di fattibilitàper collocare nell'area dello scalomerci di Porta al Prato il nuovo teatro.Uno studio che collocava il teatro pro-prio dove poi è stato realizzato, nel-l'area residua di FS (in una parte erainfatti in corso la realizzazione dinuove residenze, anche per le forzedell'ordine), e che è stato alla base delprogetto definitivo (redatto dalla spe-ciale Unità di Missione per i festeggia-menti dei 150 anni dell'Unità d'Italia)

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

La nuova casadella musica

che è stato messo in gara.Il progetto di Paolo Desideri e Abdr èun bel progetto. Anzi è un grande e belprogetto. Fu presentato alla città in oc-casione dell'edizione 2008 del Maggio

Musicale Fiorentino ed è stato com-pletato per il concerto inaugurale del2011. Una grande opera realizzata inpoco tempo, superando polemiche,discussioni e difficoltà insite in un

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La scultura è un linguaggio arti-stico complesso ed evocativo,capace di colpire lo sguardoumano con la concretezza pro-

pria dell’oggetto fisico tridimensio-nale, la cui plasticità permetteall’opera di articolarsi nello spazio inmaniera più o meno comunicativa,secondo i dettami ispirativi dell’arti-sta. Un modo di dare forma per ad-dizione e modellamento a tuttequelle esperienze, dense di pathos esentimento, che da esistenziali sifanno estetiche. È nella scultura chel’artista può interagire con se stessoe con lo spazio circostante, amalga-mando le dimensioni nel delicatosentiero estemporaneo della crea-zione. Le opere di Maria Chiara Cecconi sicaratterizzano per una continua ma-nipolazione di materiali ed elementi,direttamente sul proprio corpo, perdar forma a una sensazione sogget-tiva di sofferenza, come autentico

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

Senza titoloInstallazione, 2007, carta riciclata, tempera,tessuto, filo di lana, piombo, 300x110x110 cm

Senza titolo, installazione- 2008 terracotta, tempera, cenere  dim. variabili

È un lavoro che nasce da una sofferenza del corpo e del-l’anima.Il corpo è stato colpito da un cancro al seno, l’anima daun inconsapevole suicidio. Il lavoro è la rappresentazione di questa sofferenza. Ilbusto è il calco di me stessa post mastectomia, la cartautilizzata per realizzarlo è il risultato della trasforma-zione in nuovi fogli della carta accumulata di analisi me-diche per la chemioterapia, radioterapia, appunti delchirurgo, appuntamenti clinici. Sul tessuto che racchiude il busto ho ricamato, con fili dilana, parole sinonimi di “morta”.A terra ho collocato lastre di piombo che compongonoun cerchio invalicabile all’interno del quale si sviluppa ildolore, mentre alcune rose, anch’esse di piombo tratten-gono il tessuto. Infine, nei due pannelli dietro il busto, le foto raccontanoil processo di trasformazione della carta.

Il corpoLa faticaIl doloreMaria Chiara Cecconi

modo di sentire e vivere la sopporta-zione e la fatica del dolore. L’arche-tipo del corpo, la formativitàscultorea e le simbologie mistiche siuniscono in una body art solida efondante che resiste al tempo e allospazio, in contrasto con la caducità el’essere effimero della vita umana. Lesue sculture sono frammenti tangi-bili di una modalità dell'essere chesfugge alla realtà sensoriale, per im-mergersi nell'epifania concettuale enell'evocazione ideologica diun’esperienza sensoriale, in grado diporsi oltre il destino fugace e transi-torio e offrirsi agli occhi dello spet-tatore in tutta la sua forza espressiva.Di fatto, la riflessione sul sé, sullapropria memoria e le proprie sensa-zioni viene colta come rivelazione escoperta concreta di un'esperienzache non può essere solo esistenziale,ma che sfocia nell'estetico, dive-nendo realtà pura e comunicando lapropria effettività. Maria ChiaraCecconi scolpisce, incide e crea in-stallazioni per trovare il respiro dellavita e in essa rivelarlo.

Il lavoro con la cenere, si tratta del calco, questa volta “pesante” in terra-cotta, del mio busto adagiato su una sorta di esplosione/espansione dicenere derivante da residui di alberi del giardino della mia infanzia

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.7C.com

Accanto al titolo CarletonWatkins, Yosemite (1861)In alto, sopra al centro e a si-nistra Mitch Dobrowner –Shiprock – (2008)A destra Timothy O’Sullivan,Canyon De Chelley (1873)

Shiprock

OCCHIO X OCCHIO

monumentopaesaggioamericano

di Danilo [email protected]

Ènoto che il paesaggio come generefotografico deriva in gran parte dalcorrispondente genere pittorico,così come si viene a definire in Eu-

ropa fra Settecento ed Ottocento, acqui-stando una autonomia ed una dignità chelo riscatta dal ruolo di semplice “sfondo”al servizio di altri generi di pittura (scenestoriche, bibliche, etc.) fino a sfiorare conFriedrich e Turner le vette del sublime. E’altrettanto noto che la fotografia di paesag-gio, attraverso un procedimento analogo,si distacca dai condizionamenti pittorici,ma lentamente, con estrema fatica e conrisultati non sempre brillanti, essendo la“visione” europea pesantemente ipotecatadagli ambienti fortemente antropizzati.Dove invece i due generi paesaggistici (fo-tografico e pittorico) vivono un intreccioprofondo ed un processo di crescita co-mune è nel confronto con i grandi spazivergini dell’ovest americano. Allo scopo diillustrare e di approfondire la conoscenzadi quei luoghi selvaggi ed ancora quasi sco-nosciuti si organizzano nella seconda metàdell’Ottocento delle spedizioni congiuntea cui partecipano fianco a fianco pittoricome Albert Bierstadt, Thomas Cole edEdwin Church e fotografi come CarletonWatkins e poco più tardi Timothy O’Sul-livan e William Jackson. Se da una parte lafinalità descrittiva dei viaggi di esplora-zione cede il posto ad una sorta di mera-viglia nei confronti dell’opera del“Creatore”, esaltando il sentimento reli-gioso, dall’altra si tende, in un paese gio-vane e privo di storia, ad identificarenell’opera della natura dei veri e propri“monumenti” di cui appropriarsi e da in-dicare all’ammirazione del pubblico. Inquesta tradizione pittorica ma soprattuttofotografica, che in un secolo e mezzo nonsi è mai esaurita, si inseriranno più tardipersonaggi come Weston, Adams, White,Caponigro e molti altri, fino agli autori at-tuali, ciascuno secondo la propria visione,ma accomunati dallo stesso spirito.Fra i molti “monumenti” edificati dalla na-tura ed additati come punti di riferimentodella cultura paesaggistica americana,spicca una formazione montuosa dalla sa-goma caratteristica, denominata “Shi-prock”, che si erge per quasi cinquecentometri in mezzo ad un deserto quasi com-pletamente piatto, nel New Mexico, all’in-terno del territorio della nazione Navajo.Il fotografo paesaggista Mitch Dobrowner,noto per le sue immagini di cieli tempe-stosi solcati dalle impressionanti forma-zioni nuvolose tipiche dei violenti uraganie dei tornados, ha dedicato a Shiprockmolto più di una serie di immagini. Gio-cando con i diversi tipi di illuminazione, idiversi momenti del giorno e le diversecondizioni del cielo, con le forme mutevolidelle nuvole che si accavallano attorno allavetta, circondandola, esaltandola o na-scondendola in parte, Mitch offre diverseinterpretazioni dello stesso oggetto, foto-grafato da numerosi altri fotografi in ma-niera molto più banale e tradizionale,rinnovando così la tradizione dei grandipaesaggisti americani. Il monolite rocciosoacquista in questo modo delle valenzesimboliche evidenti, con la sua presenza

imponente, la sua sagoma verticale e la sua natura antichissima. Mitchosserva Shiprock dalla dovuta e rispettosa distanza, trattandolo comeuna sorta di grattacielo naturale che si lancia verso l’alto, quasi in con-trapposizione ed in competizione con i grattacieli artificiali, ma al con-trario di questi, completamente isolato da altre formazioni e del tuttoindifferente da qualsiasi contesto alieno, urbano o culturale. Unaforma pura che nasce dal nulla e si risolve in se stessa.

Ildel

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Nel mondo la danza italiana è identifi-cata con i grandi classici, con costumie scenografie sontuose, ma in tantianni di carriera e altrettanti incontricon coreografi di fama internazionale,mi sono resa conto che il mondo delladanza italiana è in realtà molto piùaperto alla contemporaneità di quantonon ci si aspetti. Credo che occorrapuntare su questo. I grandi balletti clas-sici, oltre tutto, hanno bisogno digrandi investimenti in termini di mate-riale umano ed economico; cosa che inItalia oggi non è più possibile.

Rimpiangi a volte di aver fatto questascelta fiorentina?Mai. Sono 27 anni che vivo qua, quindipiù di quanto abbia vissuto in Canada:penso di avere assimilato il “punto divista” italiano, ben compensato magaridalla mia educazione canadese. Il chemi permette di vivere benissimo qua!Dico Firenze e vedi?Una parte consistente di vita, la miacarriera con tante soddisfazioni, la mianuova famiglia, gli amici e tanti incon-tri unici e importanti. Nella mia car-riera fiorentina ho avuto modo di

conoscere i più grandi nomi delladanza: Nureyev, Lynn Seymour, Patri-cia Neary, Florence Clerc… Sono soloalcuni.Dico Canada e vedi?Il futuro. Tornerò lì, infatti, ho deciso,quando mia figlia comincerà il liceo.Voglio che viva, almeno per un po’, nelPaese dei suoi nonni. In realtà, non èun futuro ben delineato, ancora, masarà una nuova avventura, con nuoveemozioni. Forse qualcuno un giornomi intervisterà chiedendomi perché,da fiorentina, ho scelto il Canada?

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.8HO SCELTO LA TOSCANA

L’Italia e la Toscana, si sa, sonoconsiderate, a torto o a ra-gione, patria della Cultura edell’Arte. Ma fra le tante arti

che nel nostro territorio hanno trovatoil loro luogo prediletto e di eccellenza,non si può propriamente dire che c’èanche la danza. Quando si parla di bal-letto classico, viene spontaneo pensareall’Inghilterra o alla Francia. Eppure c’èchi, pur dedicando la propria esistenzaa questa splendida arte, ha scelto la To-scana.Claude Gagnon è una canadese delQuebec e che sia una ballerina lo si ca-pisce a prima vista: sottile, diafana econ un piglio deciso e una forza di ca-rattere che sono peculiarità dei danza-tori tanto quanto la costituzione fisica.Diplomatasi all’Ecole des Grand Bal-lets Canadiens di Montréal, arriva ven-tenne a Londra con una borsa di studioe poi approda a Parigi, dove avvienel’incontro professionale della sua vita:quello con il maître de ballet e coreo-grafo russo Evgeni Polyakov, che lavuole, prima nella sua nuova compa-gnia Le Ballet du Louvre, e poi a Fi-renze nella Compagnia del TeatroComunale, MaggioDanza.“La stima profonda che avevo per ilMaestro Polyakov - mi dice - fu unaspinta potentissima e le sue scelte co-reografiche erano quello che deside-ravo artisticamente per il mio futuro didanzatrice. Così sono arrivata e cosìsono rimasta a Firenze”.Cosa ti piace di più nel carattere dei fio-rentini e quali difetti, invece, trovi in loro?I fiorentini sono molto diretti, non tela dicono dietro e mantengono le carat-teristiche che hanno sempre avuto tra-dizionalmente. Un difetto? Le lorocontraddizioni nei rapporti sociali.Vengo da un Paese dove storicamentetutte le culture e le razze sono accettatecome patrimonio e ricchezza, mentrequi l’assimilazione del diverso è diffi-cile.Cosa hai portato nel tuo cuore dal tuoPaese d’origine?L’amore per i grandi spazi, per la naturaincontaminata e il rapporto quotidianoe diretto con essa.Fammi un confronto tra la vita in Ca-nada e quella che si svolge quotidiana-mente qui.Beh, qua è strano il mix di antico e mo-derno in una cornice così unica. Sicammina in mezzo all’arte, nelle viuzzeche tanta storia hanno con sé, e sihanno ritmi e stress degni di città mo-derne molto più grandi. In Canada, in-vece, nonostante si lavori in mododavvero impegnativo, c’è molto piùtempo libero al di fuori del lavoro, e icanadesi lo occupano visitando musei,mostre, facendo passeggiate nei parchie tantissima attività all’aperto. Nono-stante il clima!L’Italia non è certo il Paese della danzama c’è qualcosa nel mondo della danzaitaliana che lo caratterizza positivamenterispetto ad altre realtà europee o ameri-cane?

di Annalena [email protected]

ClaudeGagnonIl presentea FirenzeIl futuroin CanadaSempresullepunte

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.9C.com POESIE DIFFUSE

Le tante vocidei poeti

di Vittorio [email protected]

Martedì 9 settembre, ore 17,ha inizio, presso la Biblio-teca Comunale FilippoBuonarroti, la seconda

parte dell’edizione 2014 del Festival in-ternazionale di poesia “Voci lontane,voci sorelle” organizzato dalla associa-zione culturale fiorentina “LaboratorioNuova Buonarroti”.Può essere interessante, per una presen-tazione dell’iniziativa che non voglia es-sere meramente cronachistica mariesca a toccare in qualche modoaspetti e senso del lavorare oggi sullapoesia, partire proprio dal caratterestrano, inatteso, di questa ripresa, dopoche la rassegna di giugno si era presen-tata come qualcosa di concluso in sé.Ad un primo livello di considerazionec’è una spiegazione molto banale: il fe-stival, nato nel 2002 proprio nell’am-bito dell’Estate fiorentina, e ben prestocresciuto notevolmente, con la parteci-pazione di molti poeti, sia stranieri (deipiù diversi paesi: palestinesi e israeliani,statunitensi e asiatici, poeti dell’areabalcanica e di vari paesi mediterranei)sia italiani (gran parte delle voci rile-vanti del nostro paese e con la conti-nuativa collaborazione di alcune dellevoci critiche oggi più attive, ha sempresofferto, anche per la sua scelta di of-ferta gratuita della poesia, di unagrande scarsità di risorse finanziare,reggendosi in modo sostanziale, oltreche sulla generosità degli ospiti e deicollaboratori e sul sostegno, fedele manecessariamente limitato, dei moltiamici che ci seguono, sul contributo didell’Estate Fiorentina.Naturalmente il festival, che tradizio-nalmente si tiene nella prima metà digiugno, come tutte le iniziative serieviene programmato e organizzato conmesi di anticipo, mentre il bando co-munale dell’Estate usciva abitualmentea fine primavera, con scadenza entromaggio. E quindi la scommessa di otte-nere una copertura riusciva sempre.Quest’anno tuttavia, per ragioni certoriconducibili al contesto politico anchese non fino in fondo comprensibilivisto il carattere di routine che almenocerti aspetti amministrativi dovrebberoriuscire ad assumere, il bando è uscitocon enorme ritardo, chiudendosi benoltre la conclusione del festival e pri-vandoci in tal modo del nostro contri-buto di sopravvivenza. Al nostro quesito sulla situazione èstato risposto che potevamo comun-que concorrere estendendo il festivaloltre il limite iniziale posto dal bando.Da ciò questa ripresa, con l’enorme dif-ficoltà di mettere insieme, stavolta inpochissimo tempo, un programma di-gnitoso. E qui si è verificato il fattomolto bello che la ricca rete di relazionie la grande solidarietà dei tanti amici ciha permesso di costruire in pochissimigiorni un nuovo programma, moltovario e interessante, e addirittura piùesteso di quello di giugno. Controbilan-ciato peraltro dalla sorpresa che il con-tributo a noi assegnato è stato (in un

Biblioteca delle Oblate (nel quadro diuna ormai consolidata collaborazione)anche se sempre distribuisce alcune ini-ziative in altre sedi, anche fuori dal cen-tro storico, con l’intento di coinvolgerenel territorio più ampio, nuovi settoridi pubblico. La ripresa di alcuni classici della mo-dernità, dislocata nella rete delle Biblio-teche comunali, è appunto prevalente,nell‘avvio di questa ripresa settembrinadel festival, con i quattro incontri dellaserie “Il futuro serbato- avvicinamentoalla poesia moderna”. Oltre all’aperturadel 9 settembre (condotto alla Biblio-teca Buonarroti da Vittorio Biagini, conletture commentate sulla poesia ro-mantica e i suoi esiti), avremo, giovedì11 (ore 17) alla Biblioteca Mario Luzi,letture di Michela Landi (“Centralità diBaudelaire”) e martedì 16 (ore 17) allaBiblioteCaNova Isolotto letture di Ce-cilia Bello (“Leopardi e altro”). Mentremartedì 23 settembre, alla bibliotecadelle Oblate, si avrà un’intera giornatanel nome di Paul Celan: il pomeriggio,alle 17, con una tavola rotonda sull’at-tualità del poeta con interventi di alcunidei suoi massimi studiosi italiani (Ca-milla Miglio, Massimo Baldi, LauraDarsié, Andrea Mecacci); la sera, alle21.15, con una lettura commentata apiù voci, di testi del poeta. Gli appuntamenti del 24 e del 25 set-tembre vedranno invece alcune inte-ressanti nuove proposte. Mercoledì 24(ore19), al Caffè Letterario Le Murate,si avrà la presentazione di una raccoltadi testi di un gruppo di poeti fiorentiniispirati alle fiabe dei Grimm (Nei bo-schi, Edizioni Sui, Prato, 2014). Mentregiovedì 25 settembre, alla Bibliotecadelle Oblate, si avrà una giornata dedi-cata alle recenti raccolte di quattro au-tori emergenti, Paola Ballerini, RinoCavasino, Hilde March e Annarita Zac-chi, con presentazione (ore 18) dei vo-lumi e lettura serale (ore 21). dei poeti.Venerdì 26 settembre , in occasionedella giornata delle lingue europee, siavrà la ripresa di “Voci a fronte”, la se-zione del festival “Voci lontane, voci so-relle” specificamente dedicata allatraduzione, curata da Marina Pugliano,che prevede il pomeriggio (ore 18) unariflessione con poeti bilingui (BarbaraPumhösel e Rino Cavasino )e tradut-tori sul tema del rapporto interlingui-stico e la sera (ore 21.15) letture dellapoetessa bilingue Moira Egan e del tra-duttore Damiano Abeni.La giornata conclusiva, martedì 30 set-tembre, vedrà il pomeriggio (ore17.30), alle Murate, una discussionesulla situazione della poesia con impor-tanti critici e poeti (tra gli altri CeciliaBello Minciacchi, Elisa Biagini, Ric-cardo Donati, Stefano Giovannuzzi,Guido Mazzoni) e la sera (ore 21.15),Oblate un reading con la partecipa-zione del poeta uruguaiano Jorge Arbe-leche (una delle più importanti vocidella poesia di lingua spagnola), dellapoetessa canadese di origini ucraine Ja-nice Kulyk Keefer e dell’italiano GuidoMazzoni (che, oltre ad essere uno deipiù prestigiosi critici contemporanei èanche un interessante poeta).

budget dell’Estate di entità paragona-bile) la metà di quello dello scorsoanno. Dunque due festival al prezzo dimezzo. Veramente un’offerta da occa-sione (anche se, ci sembra, non a sca-pito della qualità).Al di là della cronaca questo porta a ri-flettere su quanto sia difficile condurreoggi un lavoro serio, al di fuori di esitimeramente spettacolari e di interessicommerciali, in ambito culturale e par-ticolarmente nel campo della poesia.Perché allora ostinarsi in un lavorospesso davvero gravoso, dinanzi a unarealtà dove la poesia, quella vera (al dilà della miriade incontrollata critica-mente degli scriventi versi), è pochis-simo letta (e, per altro verso,pochissimo apprezzata dai responsabilidelle politiche culturali)?Direi perché è necessario. Necessariopoliticamente. Per tutelare un bene co-mune, per difendere una dignità cultu-rale.Il nostro progetto, che non si esauriscenel festival estivo, ma si sviluppa pertutto l’anno nel percorso di avvicina-mento alla lettura poetica “Perché poetiin tempo di povertà?” muove dalla con-vinzione che la letteratura in generale(e in particolare la poesia) sia davvero,e per tutti, qualcosa di irrinunciabile, inquanto risponde al bisogno primario ditrovare una rappresentazione adeguata(con vera pienezza emotiva e conosci-tiva, al di là degli stereotipi della comu-nicazione ordinaria) al proprio “starenella realtà”. Tenendo conto della stori-cità di questa “situazione”: la comples-sità dell’esperienza con la quale ilsoggetto presente – e dunque anzituttoil giovane di oggi –si trova confrontato.L’orizzonte della modernità, della qualeviviamo la fase più matura, è segnato

dalla progressiva intensificazione dellesollecitazioni soggettive, delle poten-zialità trasformative e dei conflitti. E lapoesia, proprio nella sua concentra-zione, nel suo uso intensivo del mezzolinguistico, ha saputo e sa esprimerecon particolare profondità, anche se inmodo che può talvolta apparire non fa-cile, tale situazione. L’obiettivo primario è dunque quello diindirizzare ad una lettura autonomadella poesia, sia italiana che straniera.Portando a “sentire” come la letteraturain generale (e in particolare la poesia)possa e debba costituire (al di là, per igiovani, dei doveri scolastici) un “inte-resse personale”.La centralità dell’interesse formativo,caratterizza appunto anche il nostro fe-stival e lo distingue dalle rassegne a ca-rattere prevalentemente spettacolare.Portandolo a organizzarsi secondoquattro direttrici di intervento. Ac-canto all’incontro con poeti italiani estranieri già affermati, il festival lasciainfatti ampio spazio al rilevamento divoci emergenti di rilievo. Grande atten-zione è poi sempre rivolta alla rifles-sione (con coinvolgimento, oltre che dipoeti, di importanti critici e di studiosi)sulla situazione, i problemi, le prospet-tive della poesia oggi. E, per altro verso,viene proposta la rivisitazione, attra-verso letture commentate, di momentiimportanti della tradizione poetica mo-derna, sia come utile stimolo nella con-siderazione della produzione presente,sia per la valenza direttamente “peda-gogica” di questo aspetto (l’avvicina-mento di una pubblico più ampio allapoesia di oggi attraverso la sua storia re-cente ).La rassegna trova ormai da molti annila sua principale collocazione presso la

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.10LUCE CATTURATA

di Alessandro [email protected]

MUSICA MAESTRO

Spesso si sente parlare di diversità biolo-gica, culturale o linguistica. Naturalmente questo concetto vitale ri-guarda anche la musica: lo dimostra inmaniera esemplare l'etichetta RealWorld, fondata 25 anni fa da Peter Gabriel. In questo quarto di secolo l'eti-chetta ha svolto un ruolo decisivo nelladefinizione di una nuova sensibilità mu-sicale.Ha spalancato le finestre e ha fatto en-trare aria fresca, liberandoci dalla logicaasfittica secondo la quale la musica coin-ciderebbe sostanzialmente col rock an-glosassone e con le sue derivazioni.Nell'agosto del 1975 Peter Gabriel lascia iGenesis, con i quali ha condiviso gli annid'oro e realizzato dischi eccellenti comeFoxtrot e Selling England by the Pound. Hacapito che i tempi stanno cambiando evuole essere parte attiva di questo muta-mento.L'anno dopo i Sex Pistols pubblicanoAnarchy in the UK, che segna l'inizio del-l'era punk. La rozza semplicità dellanuova tendenza esprime un rigetto delrock progressivo a base di tastiere, fiati earchi. Anche Gabriel, che di questo mondo hafatto parte, vuole allontantarsene, manon per andare nella direzione indicatadai gruppi punk.

Nel nuovo percorso solistico il cantanterealizza tre album senza titolo. Nel frat-tempo va maturando una forte sensibi-lità per i diritti umani: il terzo LP (1980)contiene "Biko", che diventa presto l'em-blema della lotta contro l'apartheid. Altempo stesso cresce l'interesse per la mu-sica africana. Il 1980 segna una svolta de-cisiva: insieme ad altre cinque personefonda il festival WOMAD (World ofMusic, Arts and Dance). Due anni sitiene la prima edizione, nella quale spic-cano nomi come Don Cherry, SimpleMinds e lo stesso Gabriel.Seguono la collaborazione con AmnestyInternational e un lungo tour insieme al

musicista senegalese Youssou N'Dour. Itempi sono ormai maturi: nel 1989 l'arti-sta inglese dà vita all'etichetta RealWorld.Bastano pochi anni perchè la nuova casadiscografica si caratterizzicome una forza propulsiva della worldmusic, che si afferma proprio all'iniziodegli anni Novanta. Dal Pakistan alla Sardegna, dallo Zim-babwe all'Uzbekistan, l'etichetta scoper-chia un vaso di Pandora che nascondevamusiche ignorate o dimenticate. Non silimita a lanciare nuovi artisti, ma dà visi-bilità a grandi talenti che rischiavano direstare confinati a pochi cultori. Basti

pensare al pakistano Nusrat Fateh AliKhan, cantante di qawwali, la musica de-vozionale dei sufi. Oppure ad AyubOgada, kenyota, o ancora a GeorgeTelek, ben noto in Papua Nuova Guineama sconosciuto altrove. Alcuni artisti lanciati dalla Real Worldsono esuli, come Geoffrey Oryema, cheha lasciato l'Uganda per sfuggire alla dit-tatura di Idi Amin. Il suo primo CD si in-titola appunto Exile (1990). Al tempo stesso il cammino dell'etichettasi intreccia più volte con le culture mino-ritarie. Lo attestano dischi di musicistigallesi (Tincian), sami/lapponi (MariBoine), sardi (Tenores di Bitti) e tibetani(Yungchen Lhamo), tanto per fare qual-che esempio. A questi bisogna aggiun-gere lo stesso Gabriel, autore dellacolonna sonora di Rabbit Proof Fence. Ilfilm di Phillip Noyce, tratto dal libroomonimo, racconta la storia dei piccoliaborigeni australiani sottratti alle rispet-tive famiglie e rinchiusi negli orfanotroficol proposito di "farne dei bianchi". Grazie a questi dischi abbiamo potutoconoscere un patrimonio musicale scon-finato che altrimenti non avremmo maiconosciuto. Un dono di valore culturalee umano inestimabile.

L’atlante sonoro della Terra

di Ilaria [email protected] Città d’acqua Lucca San Martino

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.11C.com

Arno è la mostra di FrancescoMaria Testa alla Galleria Imma-ginaria di Firenze fino al 18 set-tembre 2014. Sono foto

dedicate al fiume che attraversa la città,vita apparentemente immobile, uccellicome una composizione pittorica, l’ac-qua che si tinge di colori cangianti, az-zurra, gialla, verde, marrone. FrancescoMaria Testa fotografa il fiume e il suoscorrere, rossi scorci di ponti, particolaridi muro che sembrano altro, realtà al li-mite dell’astrazione e dell’immaginario.Il fiume ci racconta le memorie di Fi-renze e i ricordi di un artista “fuori dalcomune” fotografo pittore che con lamacchina fotografica dipinge. E’ unamostra calma, distaccata, Testa osserva,

percepisce, intuisce, rimane in attesa ein ascolto. Guarda lo scorrere del fiumesenza farsi prendere dal vortice dellapassione, attraverso i suoi scatti il fiumeArno ritrova la bellezza delle sue acqued’argento perduta nella quotidianità cit-tadina. L’artista ci aiuta e ci obbliga a sof-fermarci per vedere questo solito fiumecon occhi diversi, gli argini dell’Arno cirivelano la vita e intuiamo che esso èanche il fiume del silenzio e della len-tezza. Quietamente raccoglie il sensodella vita nei piccoli movimenti, il po-sare degli uccelli sulla sabbia, i sassi, ilegni che l’acqua trasporta, piccole e de-licate armonie dentro un fiume che sci-vola tra i paesaggi toscani fino a buttarsinel mare infinito portandosi dietro igridi e i brusii, i giorni inquieti e le nottiinsonni, gli innamorati con i loro baci e,

alcune volte, la morte. In queste fotol’Arno è poesia e raccoglimento, le sueacque si tingono dei toni del tramontoe delle albe, Testa li ha catturati e nellasua arte si disfano in macchie, sconfi-nano in pittura astratta, acquarelli, doveil fiume si dissolve per fare emergerenon la sua forma ma la sua essenza, dallasua profondità vengono fuori colori na-scosti risaltati dall’oro del sole o dall’ar-gento della luna. E’ un Arno smorzato,vissuto nel suo scorrere spesso silen-zioso tra i mille rumori ed eventi dellacittà. Scorre portandosi dietro glisguardi delle persone, la frenesia e losporco, scorre rivelandosi solo a chi losa guardare serenamente, a chi lo sa ac-cogliere e ascoltare con amore come hafatto Francesco Maria Testa che conquesta mostra ci emoziona e ci rendegrati al suo Arno.

ICON

di Angela [email protected]

Omaggio all’Arno

Francesco Maria Testa

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di Michele [email protected]

MENÙ

La vongola è un mollusco bivalve,cioè costituito da due valve identichea forma di ventaglio, della famiglia deiVeneridae. Il nome è di origine latinae significa semplicemente «conchi-glia».La vongola è un mollusco filtratore,dunque si nutre di tutto ciò che è pre-sente nell'acqua dove vive (piccoli or-ganismi vegetali o animali) per mezzodi due appendici chiamate “sifoni”.Le dimensioni delle vongole pescatesono mediamente di 3 cm, quellemassime raggiungibili circa 5 cm.La vongola si riproduce in primavera:la larva conduce vita planctonica perle prime due settimane, e poi si inse-dia sul fondo.È diffusa nell'Atlantico, nel Mediterra-neo e nel Mar Caspio, in Italia è pre-sente soprattutto nelle coste sabbiosedell'Adriatico e in quelle del medio-basso Tirreno.La vongola vive in banchi, infossatanei fondali costieri (fino a 12 metri diprofondità) sabbiosi o sabbio-fangosi,lasciando sporgere i sifoni che utilizzaper nutrirsi.Ingredienti per quattro persone:300 gr di spaghetti1 kg di vongole veraci

Spaghetti con famiglia dei Veneridae

di Stefano [email protected] I confini dei luoghi

LUCE CATTURATA

200 gr di aglio (non vi spaventate)Latte q.b.Olio extravergine d'olivaSale q.b.PrezzemoloDovete sapere che l'aglio dopo il trat-tamento di cui vi scriverò, avrà dav-vero perso tutta la sua aggressività, velo giuro ... croce sul cuore. Sbucciamo l'aglio e priviamolo del-l'anima. Mettiamolo in una ciotola ericopriamolo di latte. Sigilliamo ilcontenitore con della pellicola ali-mentare e mettiamolo in frigo per

una notte. Il giorno dopo prendete l'aglio ed illatte e versateli in un pentolino. Por-tate a bollore e lasciate andare per unpaio di minuti. Scolate dal latte e la-vate l'aglio con abbondante acquacorrente. Rimettete nella pentola e ri-coprite con del latte nuovo. Riportatea bollore, lavate l'aglio e ancora unavolta con del latte nuovo, fate ribol-lire. Dovete farlo per tre volte, l'aglioavrà così perso tutta la sua prepotenzae ne sarà rimasta solo la dolcezza.Mettiamo l'aglio lavato per l'ultima

volta da parte. Mettiamo su l'acqua per cuocere lapasta e occupiamoci delle vongole. In una pentola facciamo riscaldare unfilo d'olio d'oliva, caliamoci le von-gole e versiamo un mestolo di acquabollente. Togliamo le vongole dallapentola appena le valve si aprono.Sgusciamo le vongole e mettiamolein un piatto, conserviamo il sugo dicottura perché è in esso che termine-remo la cottura della pasta.Riprendiamo l'aglio e mettiamolo inun frullatore. Aggiungiamo dell'olio,alcune gocce di latte fresco e frul-liamo. Dobbiamo ottenere una consi-stenza non cremosa ma nemmenotroppo liquida. Se necessario passia-mola al setaccio. La salsa è pronta, le vongole sgu-sciate, tocca agli spaghetti. Lasciamoli cuocere in abbondanteacqua salata per tre minuti circa, poifacciamo terminare la cottura nelsugo di cottura delle vongole, aggiun-giamo le vongole, la salsa all'agliodolce e una spruzzata di prezzemolo.Servite, e aspettate il giudizio dei vo-stri ospiti.

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.13C.com SCENA&RETROSCENA

di Sara [email protected]

Fino a domenica 7 settembre,piazza della Passera, una dellepiazze più suggestive ed amatedell’Oltrarno fiorentino si ani-

merà per la 14esima edizione di ‘Set-tembre in piazza della passera’. Inprogramma contest di poesie congiuria popolare (poetry slam) e con-certi sperimentali di musica elettro-nica e jazz, ideati da Stefano di Pucciocon la consulenza artistica di Alessan-dro di Puccio, organizzati dalla Trat-toria 4 Leoni e dall'associazioneculturale in Piazza. Tra gli eventi spe-ciali, sabato si terrà il concerto natodalla collaborazione tra gli allievi delConservatorio Luigi Cherubini e ilCAM - Centro Attività Musicali di Fi-renze, dedicato a classici del jazz (ore21.00). Ad esibirsi sarà un gruppo digiovani musicisti eclettici, capaci diaffrontare sia un repertorio di classicisia di cimentarsi in ambito composi-tivo e di arrangiamento. Sarà possi-bile ascoltare alcune riscritture distandard del jazz e composizioni ori-ginali, nate dalla penna degli stessicomponenti del gruppo, formato daMatteo Calabrese al flauto, Alessan-dro Bosco al sax alto, Daniele Inno-centi al sax tenore, FrancescoZampini alla chitarra, Lorenzo Pelle-grini alla chitarra e voce, Manuel diTardo alle tastiere, Fulvio Ponzio alcontrabbasso e Michele Andriola alla

Settembre in piazza della passera

salinghe e non solo, la signora Co-rinne Dufour che nel 1880 circa ap-plicò un motore elettrico ad unprototipo di aspirapolvere e nel 1910brevettò la prima scopa elettrica. AMilano, presso il Museo Nazionaledella scienza e della tecnica Leo-nardo da Vinci, c'è stata or ora unamostra che ha cercato di documen-tare con foto, oggetti e filmati comeil nostro modo di lavarci, truccarci,raderci, pulire la casa, cucinare, fare ilbucato sia cambiato grazie a innova-zioni che non sospettiamo e, a volte,nate in maniera sorprendente. Nellalontana Cracovia, in un vecchio de-posito di tram, un Museo della Inge-gneria cittadina raccoglie varietestimonanze dei progressi della tec-nica nel corso di due secoli.

a cura di Cristina [email protected]

Elettrodomestici anni 50: macina-caffè, tritacarne, grattugia, tritaghiac-cio, frullatore, coloratissimi e displendido design, tutti Quick Mill.Trattasi di una marca americana diorigine e licenza italiane presente sulmercato nazionale ed internazionaledal 1945, tuttora attiva e prospera, hala sua sede a Senago (Mi) dove oc-cupa, con fabrica, magazzini ed uf-fici, un'area di circa 3.400 mq . E fapiacere in questi bui tempi di reces-sione e disoccupazione. La società èspecializzata nella progettazione, svi-luppo e produzione di macchine peril caffè e macinini, ma anche di altriutensili elettrici quali appunto grat-tugie e tritacarne, molti di essi sonotuttora proposti con le forme deglianni cinquanta e sessanta, simili cioèa quelli d'epoca che possiede Ros-sano il quale ci tiene a far sapere chesono molto cari. Può essere solo cosìdato che è filosofia di questa aziendarealizzare oggetti dalle belle linee es-senziali, funzionali, facili da usare edalla perfetta elettronica garantitanel tempo... Per le solite mie storiellecito come emerita delle invenzioniper migliorare la vita delle donne, ca-

BIZZARRIA DEGLI OGGETTI

Dalla collezione di Rossano

Le massaie elettriche

batteria. Seguirà, alle ore 22.00, il livedel gruppo Curved Lights, progettodi e con Simone Santini al sax alto,oboe, flauto, ewi (synth sax) e Ales-sandro di Puccio al vibrafono e per-cussioni, in un live che unirà efonderà jazz e elettronica. Special

guest sarà Leonardo Pieri al piano-forte e sintetizzatore. La chiusuradella rassegna, domenica 7 settem-bre, vedrà il dj set curato da Tony To-pazio, che promette di far ballaretutta la piazza: un ‘Gran ballo’ (que-sto il titolo dell’evento), come nella

migliore tradizione popolare, nelgiorno della tradizionale festa dellaRificolona. Insieme a Tony, in con-solle ci sarà Fred Gramigna, en-trambi di Controradio. Ingressolibero, per informazioniwww.4leoni.com

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grafia, dinanzi alla quale alle sole architet-ture spetta di rappresentare il gioco delleparti.Il risultato dello studio di Distefano, inquesta pittura, combina armonicamentedato geografico e visione interiorizzata:un primo sguardo sembra afferrare,d’istinto, mute conversazioni tra le città eil cielo. Il pensiero, plastico, ne abbrevia ericompone le linee e con semplicità guidala mano fino alla resa di uno scorcio ur-bano che si fa “ritratto” mentale ed emo-tivo al tempo stesso. Dal suo lavorodunque scaturiscono composizioni maisfrontate; le architetture – forme dell’or-dinario nostro vivere – non escludono lapresenza umana, giacché la contengonoe riassumono, divenendo spazio d’espe-rienza e domani di ricordo, senso d’ap-partenenza ad un luogo.

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di Francesco [email protected]

CATTIVISSIMO

Quando morì Gwen Stacy, nel miticonumero 133 de L’Uomo Ragno fu unvero e proprio shock. Un trauma checi colse a tutti "in diretta”. Ovvia-mente non c'era verso di informarsialtrimenti. Per intenderci, attendevoore nelle mattinate estive in attesa dei"giornali da Catania". San Pietro Cla-renza, ridente paesino etneo. Anni‘70. L’edicola era una sorta di feritoiache si apriva quale emanazione di untugurio, ricordo ancora gli odori dellacolla e delle figurine che stavano ap-piccicati alle nostre narici per ore.Aspettavamo circumnavigando la viaUmberto come mosche nella cani-cola, in cerca d’ombra. Spirali, cerchiconcentrici. Piazza. La sala giochi. Ilbar. Poi ancora la sala giochi con ilflipper che si doveva prendere a colpidi bacino senza fargli fare tilt (colpi dibacino...eufemismi). I fumetti veni-vano lanciati poi dal bigliettaio del-l'autobus dell'Etna Trasporti. Sisentiva uno strombazzamento - poti-potiiii - e una sorta di rumore sordo -stumpf . Io accorrevo trepidante e at-tendevo lo spacchettamento come ilcagnetto la scodella di latte, scodinzo-lando. Divoravamo quei fumetti, ciimmergevamo in letture da marcia-

Io e Spider Man

di Teresa Lucia Cicciarella

L’isoladi lucedi Distefano

ICON

piede, ignari delle meraviglie di cuieravamo attorniati, respirando i mia-smi di quella città, i fumi neri, i tom-bini, i dettagli minimipiù che i grattacieliattraverso i qualisvolazzava il nostroeroe. Ci deliziavamo

Di qua dal faro è un testo del com-pianto Vincenzo Consolo, unasilloge di saggi intorno alla Sicilia,la sua storia, le sue voci. Il titolo

viene richiamato un pomeriggio, conver-sando con Giorgio Distefano e si palesanella sua relatività, nell’ubiquità di unsegno architettonico che è “macchina”necessaria e roccaforte al tempo stesso, ri-ferimento per i naviganti e per gli abitantidella terraferma che ad esso si rivolgono. Tra cielo e mare, tra due diverse sponde,l’ipotetico faro – o, nella fattispecie trat-tata da Consolo, quello del porto di Mes-sina – è margine di uno spazio più chereale, punto d’equilibrio che affermaeppur scongiura il rischio di alterità perl’una o l’altra parte, illuminando semmaiil ritmo di un dialogo. Spazi, dialogo, equilibrio: il pensierotorna alle radici e chiarisce molti dei ter-mini chiave del lavoro di Distefano, cheda più di vent’anni ha oltrepassato il faroisolano per formarsi e sperimentarsi, eleg-gendo Firenze a nuovo centro d’attività.Il suo è un percorso che con coerenza sisviluppa e, nella costante attenzione perla materia della pittura, studia valori otticie atmosfere luminose (stati di luce, amadefinirli), individuandoli quali ricchezzaparticolare di un Paese che è amato, os-servato e, quand’è raffigurato a diverse la-titudini, giova della naturale lezioneappresa da Distefano nella luce mediter-ranea dei monti Iblei. Luce che talora ac-ceca, in squillante evidenza su ogni muro,ogni risalto metallico; luce che altre volte– come nella serie Nerocielo– impatta conun fondo divenuto plumbeo, nuda sceno-

con le matite di Kirby, Ditko, Sal eJohn Buscema. Ma quel giornoera diverso. Ci fu uno snip. La

tela del ragno non resse e morìGwen. Come era possibile?

Camminavo sgomento nelle mieespadrilles gialle e consunte. Un sensodi fine ci colse in una giornata spen-sierata e di vacanze. Ricordo ancora ilsapore aspro dell’estate, il sudore ado-lescenziale di chi non ha sperimentatoil limite della corporeità. Giunse in-fine la Nemesi sotto forma di turbinefurente. Nella canicola arrivò un certoMario, detto Sandokan, che girava peril paese con una carrozzina da bimbo(ovviamente vuota). Rubò il giorna-letto nella controluce del basalto e lofece in mille pezzi urlando. Poi fuggìvia ridendo. Mi sembrò cosa giusta, loreputai un segno del Destino: nonavevo ancora voglia di parlare di finecon la F maiuscola. Ripenso ancora airagazzi di quel tempo. Avevano tuttiun soprannome. Dei piccoli supere-roi: Nuccio Zorro, Carmelo Bau Bau,Orazio Paletta…Venne il tramontorosso a rosolare ciò che rimaneva diquella mattina fattasi meriggio. Mituffai sulla caponata dei miei nonni eper la prima volta notai le crepe suimuri di quella casa antica. Tutto sem-brava reggersi a fatica, sul punto dicollassare, così improvvisamente.Fuori cantavano le cicale, come senon esistesse nessuna EditorialeCorno. La Luna e le stelle mi appar-vero come decorazioni del vintage nelsuo farsi.

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.15C.com TRASH TOWN

di Fabrizio [email protected]

Il Viale dei Mille assunse la denomi-nazione attuale nel 1910, in sostitu-zione del vecchio toponimo “VialeMilitare” che aveva contraddistinto illungo rettilineo dove sfilavano i re-parti militari per raggiungere il luogocittadino dedicato alle esercitazioni ealle manovre: Piazza d’Armi prima,Campo di Marte poi.Ma le “grandi manovre” per antono-masia si svolsero nel 1869 e rappre-sentarono uno dei più grandi eventi“mediatici” dell’epoca.Prime in Italia, disposte dal Ministrodella Guerra generale Bertolè-Viale, legrandi manovre si svolsero nel mesedi settembre e arrivarono a impe-gnare, contemporaneamente, 15.000soldati; all’inizio si fronteggiaronotruppe di stanza a Firenze, al co-mando del generale Raffaele Ca-dorna, e truppe di stanza a Livorno,comandate dal generale Nino Bixio,già luogotenente di Garibaldi. Il coor-dinamento fu affidato al generale En-

rico Cialdini (per un’informazionepreliminare sul personaggio, cercatein rete la canzone “Pontelandolfo”degli Stormy Six).Essendo la prima esperienza in talsenso, i soldati presero la cosa un po’troppo sul serio, tant’è vero che du-rante il primo contatto fra gli oppostischieramenti, avvenuto il 16 settem-bre nei pressi di Villa “I Collazzi” aGiogoli, Bixio in persona dovettemettersi in mezzo in groppa al suo ca-vallo e calmare i più turbolenti a colpidi manico di frustino. Rappacificati glianimi, fiorentini e livornesi unironole forze e, al comando di Cadorna,mossero verso il Mugello, per affron-tare le truppe di Bologna e Parma, agliordini del generale Cosenz.

L’interesse suscitato dalle manovre futale che lo Stato Maggiore mise a di-sposizione della stampa un carroz-zone che trasportò i giornalisti a SanPiero a Sieve. Che ancora non esistes-sero “corrispondenti” specializzati inmateria è testimoniato dal fatto che ilquotidiano “L’Opinione” aveva in-viato in Mugello il marchese d’Arcais,critico musicale del giornale. Oltrealla corte reale e ai rappresentantidella stampa, assistevano allo spetta-

colo migliaia di persone, la maggiorparte delle quali arrivate da Firenzecon ogni mezzo.Le manovre raggiunsero il loro apicefra il 19 e il 20 settembre: gli “emi-liani” attaccarono lungo la Faentina, laBolognese, la Traversa del Mugello ela Strada del Passo del Giogo, ma i“toscani” resistettero validamente re-spingendo gli attaccanti: sul far dellasera del 20 Bixio, giudice di campo,dichiarò il “cessate il fuoco” asse-gnando la vittoria alle truppe di Ca-dorna.Dal punto di vista militare le manovrefurono coronate dal successo: i verticidell’esercito dimostrarono la possibi-lità di difendere con concrete possibi-lità di successo il territorio a SUDdegli Appennini in caso di tentativid’invasione dalla pianura padana. Pur-troppo, quando La Marmora, durantela battaglia di Custoza, chiese a Cial-dini di attaccare alle spalle gli au-striaci, lui, memore della vittoria nellegrandi manovre, rispose che aveva di-sposto le sue truppe a difesa del Mu-gello.

Viale dei Mille

Le grandimanovredel ‘69

di Alessandro [email protected]

Ormai da qualche anno ilmondo della politica è caratte-rizzato da un interessante cre-scendo della domanda di

“facce di scorta”. Poco importa il ma-teriale, dato che i bronzei originali nonhanno funzionato molto bene. Si è let-teralmente sbriciolata quella di Montiil quale, dopo aver incassato la nominadi senatore a vita, ha aumentato l’ali-quota IVA del 2% imprimendo una“frenata rapida” all’andamento dei no-stri mercati interni di beni di con-sumo. Proprio all’uscita dal Senato, halasciato la propria bronzea faccia su untavolino in stile barocco insieme aquella del ministro Fornero, premiatagrande fattrice di esodati e disoccu-pati, e a quelle di alcuni altri ministridel suo sbadato governo che nonhanno saputo impedire la delocalizza-zione della FIAT e di altre prestigiose“grandi firme”. Se ne sono andati tuttisenza più faccia, insalutati ospiti. Men-tre i sindacati portavano a ciascun di-soccupato uno zainetto pieno di“pippe” nessuna delle quali nemmenoun precario serio avrebbe mai accet-tato se non sospinto da fame futura,Berlusconi, con la stessa faccia infran-gibile di vent’anni fa, rideva calandodietro il Resegone (nota montagnache si erge dalla “bunghiera” dell’AltaLombardia) mentre il generoso po-polo italiano piangeva stringendo lacinghia. Il Pil scendeva sempre più,mentre il suicidismo imprenditorialemostrava macabre punte di incre-mento. Triste momento per la cosid-detta “Azienda Italia”. Ma adessoannunci martellanti ci dicono chetutto è cambiato. Il premier “messo incarica” dapprima aveva chiesto tre-cento giorni di tempo per “cambiare

verso all’Italia”, poi ne ha chiesti altrimille (in tutto quattro anni o pocopiù) per “cambiare verso anche all’Eu-ropa”. La produzione di “facce discorta” è stata delocalizzata dalle partidi Strasburgo – operazione industrialedegna di un Marchionne – perché piùvicina alla “piazza” di un mercato chesi presenta già redditizio. Frau Merkelsi era un po’ arrabbiata con Draghi(patron della BCE) però subito rialli-neato al famoso 3% sul Debito Pub-blico (affettuosamentesoprannominato “Generale Debby”,tanto su questo punto ormai è guerra)altrimenti i primi segni di malesseredel PIL tedesco si sarebbero subitoaggravati. Scandalo! In Europaavrebbe piovuto sul bagnato (tede-sco). Tornando da noi, della riformadella Giustizia (civile, perché quellapenale ha certi aculei ...) se ne riparlafra un anno così come per la riformadella Scuola, “ganglio essenziale dellavita futura dei nostri giovani”. An-nunci clamorosi e parole piene diamor patrio, anche se intanto i padridigiunano per far bere i figli affinchénon pensino a quello che succede, equesti si danno sempre più intensa-mente all’alcool. Non per “gufare”, manon si capisce bene perché il popoloitaliano taccia sempre e sempre ac-consenta. Speriamo che il “verso del-l’Italia e dell’Europa” possanocambiare veramente anche se “qual-cuno dovesse perdere la faccia” senzatrovarne una di scorta, e in molti pen-sano già allo stesso “chi”

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Facce di scorta

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.com sabato 6 settembre 2014no89 PAG.16L’ULTIMA IMMAGINE

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Santa Clara, California, 1972

Siamo nel Campus dell' Università Cattolica diSanta Clara e, come si capisce abbastanza chiara-mente, si tratta del famoso Graduation Day, ilgiorno in cui vengono consegnati agli studenti chehanno finito il loro corso di studi i tanto agognatiDiplomi di Laurea. La giornata è splendida e piena

di sole, il Corpo Accademico al completo rendeomaggio dal palco a questo nuovi "Dottori" con isoliti discorsi di circostanza e dopo l'intervento delMagnifico Rettore si dà inizio alla consegna dei ti-toli a seconda delle varie materie. Come si può ve-dere nella seconda immagine tocco e toga sono un

elemento formale decisamente appariscente emolto intrigante, specialmente per un fotografo, edil fatto che la cerimonia di massa si svolga al-l'aperto aggiunge un ché di grande respiro e dimi-nuisce di molto, in senso positivo, l'atmosferateoricamente austera dell'evento.

Dall’archivio di Maurizio Berlincioni