Cultura Commestibile 160

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N° 1 227 60 direttore simone siliani redazione gianni biagi, sara chiarello, aldo frangioni, rosaclelia ganzerli, michele morrocchi, barbara setti progetto grafico emiliano bacci [email protected] [email protected] www.culturacommestibile.com www.facebook.com/cultura.commestibile editore Nem Nuovi Eventi Musicali Viale dei Mille 131, 50131 Firenze Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5894 del 2/10/2012 Con la cultura non si mangia Specchio, specchio delle mie brame chi è la più bella del reame La riforma Franceschini sta rivoluzionando il sistema museale italiano Il direttore dell’Hermitage, di San Pietroburgo Mikhail Piotrovsky incontrando il il direttore degli Uffizi Eike Schmidt 14 dicembre 2015

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N° 122760

direttoresimone siliani

redazionegianni biagi, sara chiarello,

aldo frangioni, rosaclelia ganzerli, michele morrocchi, barbara setti

progetto graficoemiliano bacci

[email protected] [email protected] www.facebook.com/cultura.commestibile

editore Nem Nuovi Eventi Musicali Viale dei Mille 131, 50131 FirenzeRegistrazione del Tribunale di Firenze n. 5894 del 2/10/2012

Con la cultura non si mangia

Specchio, specchiodelle mie bramechi è la più bella del reame

La riforma Franceschini sta rivoluzionando il sistema museale italiano

Il direttore dell’Hermitage, di San PietroburgoMikhail Piotrovsky

incontrando il il direttore degli Uffizi Eike Schmidt

14 dicembre 2015

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Da nonsaltare

Vaccino. Il termine è sia aggettivo che sostantivo. Con l’aggettivo ci si rife-

risce ai bovini e alla loro carne. Carne vaccina e, quindi, non ovina o suina. Con il sostantivo ci si riferisce invece all’inocula-zione di una “sostanza” (antige-ne) che provoca la produzione di anticorpi, che rendono così il soggetto difeso (immune) nei confronti di specifiche patolo-gie.Cosa hanno in comune i due termini? La loro origine dalle vacche! Infatti l’immunizzazione contro il vaiolo – è una storia assai nota – era diffusa in Asia e fu appresa dalla moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, Lady Mary Wortley Montagu, che la introdusse in Inghilterra nel 1717. Ma non era una vaccina-zione, bensì una inoculazione che veniva definita variolizzazio-ne, con pus preso da malati; una pratica che si diffuse in misura (relativamente) consistente fra le classi colte in Russia (Caterina la Grande), in Prussia (Federico II), in Austria (Imperatrice Ma-ria Teresa), in Inghilterra anche fra le truppe inglesi impegnate in India nel diciottesimo secolo e fra quelle americane di George Washington.In Toscana la variolizzazione fu promossa dalle politiche sanitarie del Governo Lorenese e i “donatori” erano i bambi-ni vaiolosi dell’Istituto degli Innocenti.La vaccinazione fu invece introdotta da Edward Jenner, che osservò una forma di vaiolo assai attenuata nelle vacche e, conseguentemente, nelle mungitrici. Utilizzando il pus “vaccino”, nel 1796, anche sul proprio figlio diede avvio, appunto, alla vaccinazione, e pubblicò le sue osservazione nel 1798 nel libro An Inquiry Into Cause and Effects of the Variolæ Vaccinæ. La diffusione in Italia fu rapida ed iniziò nella Repubblica ci-salpina ad opera di Luigi Sacco, che pubblicò la sua sperimen-tazione nel 1800. Tali iniziative non furono accolte facilmente dall’opinione pubblica e da par-te dei poteri religiosi. Al Papa Leone XII è attribuita questa

affermazione: “chiunque proce-de alla vaccinazione non è figlio di Dio: il vaiolo è un castigo voluto da Dio, la vaccinazione è una sfida contro il Cielo”; è certo che abolì la obbligato-rietà della vaccinazione, che era stata introdotta nel 1822 da Monaldo Leopardi (il padre di Giacomo).Da allora le pratiche vaccinali si sono perfezionate ed estese a molteplici malattie; ciò che viene iniettato, in moltissimi tipi di vaccinazione, non è più il virus o il batterio attenuato

o ucciso, ma solo una porzione della parete batterica, che ha capacità antigeniche.I vaccini rappresentano l’inter-vento medico che ha contribu-ito maggiormente a proteggere la vita degli uomini, come di-mostra la tabella in basso riferita agli Stati Uniti.

Paure Il vaccino è vittima dei suoi successi, della disinforma-zione e di alcune truffe delin-quenziali che hanno lasciato il segno. Il suo successo ha, ovviamente,

abbassato la paura di contrarre una malattia infettiva grave o dalle conseguenze invalidanti e mortali, allontanando quindi consapevolezza della necessità di vaccinarsi. Così mentre si corre a fare la fila nel momento di timore (vedi in questi giorni in Toscana), la percezione del pericolo di nuove insorgenze delle malattie infettive si è ovviamente ridotta fino a – in pratica – annullarsi. Così il livello di copertura vaccinale per alcune malattie infettive risulta troppo basso. A questo

di Marco Geddes da Filicaia

Vaccini, paure e… meningite in Toscana

PatologiaNumero massimo di casi

(aNNo)Numero di casi Nel

2009VariazioNe

PerceNtuale

Difterite 206.939 (1921) 0 -100,00

Morbillo 894.134 (1941) 61 -99,99

Parotite 152.209 (1968) 982 -99,35

Pertosse 265.269 (1934) 13.506 -94,72

Poliomielite (paralitica) 21.269 (1952) 0 -100,00

Rosolia 57.686 (1969) 4 -99,99

Tetano 1.560 (1923) 14 -99,99

Infezioni da Haemophilus influenzae tipo B 20.000 (1984) 25 -99,88

Epatite B 26.611 (1985) 3.020 -87.66

Edward Jenner vaccina il proprio figlio. Si intravede fuori dalla fine-stra la vacca, a suggerire l’origine del materiale inoculato (Welcome Library - London)

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Da nonsaltare

si è accompagnata una diffusa disinformazione, basata talvolta sulla relazione temporale fra vaccinazione ed eventi.Facciamo un esempio ad ab-surdum, per chiarire: “Se tutte le persone anziane (ad esempio oltre i 75 anni) andassero al cinematografo tutte le sere, risulterebbe che (quasi) tutte quelle che muoiono, decedono nel giorno successivo ad aver visto un film. Il quasi si spiega solo perché alcune decedono durante la proiezioni!”.Così se diffondiamo un vaccino, come quello per l’influenza, agli anziani e privilegiamo in parti-colare quelli portatori di patolo-gie, è “legittimo” attendersi che alcuni decedano in prossimità della somministrazione. La frequenza sarà data dal numero di anziani che si vaccinano e dalla mortalità attesa in quella popolazione. È un po’ quello che è accaduto lo scorso anno e una informazione mal gestita ha portato ad una riduzione della copertura vaccinale antinfluen-zale (e a un incremento della mortalità negli anziani)!Poi vi sono stati gli inganni, da parte di arrivisti delinquenti. Il più famoso è quello del medico inglese Andrew Jeremy Wake-field che pubblicò su una pre-stigiosa rivista, nel 1998, uno studio in base al quale sosteneva la correlazione tra il vaccino tri-valente MPR (morbilli, parotide e rosolia) e la comparsa di au-tismo. Studi di altri ricercatori non confermavano tale risultato e un giornalista del Sunday Times, Brian Deer, condusse una inchiesta scoprendo che Wakefield si era inventato i dati ed era stato pagato per alterare i risultati al fine di supportare una serie di cause giudiziarie intentate da un avvocato contro le case farmaceutiche produt-trici dei vaccini. Condannato, è stato radiato dall’Ordine dei medici britannico; ma il danno arrecato, con la diffusione di tale fraudolenta informazione, resta irrimediabile!

Meningite in Toscana “Quarta morte per meningite in Tosca-na: diciassette casi dall’inizio dell’anno”. Così titolava la Re-pubblica il 18 aprile 2015. Alla fine dell’anno i casi erano 38 di cui 31 da ceppo C con 7 decessi.

Altri 14 casi si sono aggiunti in gennaio – febbraio 2016. Molti rispetto agli anni precedenti (la meningite è endemica, ma con bassa frequenza) poiché si registravano in Toscana solo 3-4 casi l’anno: 5 nel 2008, 0 nel 2010. Siamo ad un tasso dell’1 x 100.000 abitanti, con la presen-za, tuttavia, di un ceppo iper-vi-rulento (ST11) che ha suscitato non poche preoccupazioni.In Europa vi era stato un prece-dente, da cui è utile apprendere. In Inghilterra e Galles nel 1999 vi era stata una forte diffusione di meningite, con tassi assai superiori di quelli registrati in Toscana (5.3 x 100.000) che aveva dato luogo ad una efficace campagna di vaccinazione, di-retta sulle classi di età giovanili e finalizzata non solo a proteggere i singoli soggetti, ma anche a creare una “immunità di gregge”

fra i giovani, che sono i portato-ri sani, vale a dire a raggiungere una alta percentuale di vaccinati (il 75%). Tale strategia assicura una netta riduzione della possi-bilità di circolazione del batterio e quindi di contagiare anche soggetti appartenenti alle fasce di età non vaccinate. La Regione Toscana ha quindi avviato una offerta vaccinale sostanzialmente generalizzata. A fianco di tale offerta ci pare necessario che venga enucleato un obiettivo fondamentale, che è quello di una copertura delle fasce di età giovanile, che superi la soglia (ancora assai lontana da raggiungere) del 75% di vacci-nati in Toscana. Ciò comporta un’azione attiva, con l’elenco dei soggetti, il richiamo da parte dei medici pediatri, azioni in ambi-to scolastico, monitoraggio dei risultati su un unico database.

Qualche risposta Molte persone adulte o anziane mi chiedono: • È utile vaccinarsi? Rispon-do di sì, anche se il rischio di contagio in questa fascia di età è basso. • Ma firmo un modulo in cui mi si specifica che non è noto l’effetto negli anziani; quindi c’è più pericolo? È vero che ci sono poche conoscenze sugli anziani, ma si riferisce non a conoscenze su reazioni avverse (che sono modeste e rarissime in tale vaccinazione), presumibilmente inferiori negli anziani, ma al fat-to che non vi sono studi ampi di popolazione sulla efficacia, per copertura e durata.• Ma devo fare il vaccino monovalente o tetravalente? Il tetravalente immunizza anche per meningiti sostenuti da altre tipologie di meningite, oltre a quella sostenuta dal tipo C (A, C, W 135 e Y); quindi se offro-no il tetravalente, benissimo. Tuttavia la maggiore frequenza è stata rilevata solo per la me-ningite C, ed è quindi logico e sufficiente che la vaccinazione si rivolga tale specifica infezione.

Dalle vacche di Jenneralla disinformazioneUna breve storia e qualche consiglio

Stampa satirica inglese contro la vaccinazione e il Royal College of Physicians’, 1812 (Welcome Library - London)

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C’era agitazione nelle stanze del palazzo del governo della città di Sottofaesulum. Il Servitor Cortese era molto arrabbiato. “Ma come è possibile che un ragazzino di 9 anni, che per giunta si chiama pure Matteo, abbia già inventato una nuova parola e noi qui, che di anni ne abbiamo molti di più, ancora niente? Datevi da fare alla svelta. Voglio inventare una parola che mi rappresenti.” A queste parole tutti cominciarono a pensare. Ma si sa tutti erano troppo egocentrici per inventare nuove parole. Per inventare parole bisogna essere liberi. E fu così che il Sagrestano Bonifacio propose “bonifacente” ma fu scartata perchè troppo simile a nullafacente, il Potente Lottis propose “lottitente” ma anche questa fu scartata perche

troppo simile a latitante. Anche Mary Elen propose una parola “etruriante”, ma tutti fecero finta di non sentire. Ci voleva Nardellik. E infatti il nostro Supereroemascherato ebbe l’intuizione, e la parola, giusta. Una parola che aveva al suo interno la radice del Leader Minimum ma che nello stesso tempo poteva avere un valore ambivalente. Una parola gentile e semplice: “renziente”. Una parola che evocava il capo e nello stesso tempo poteva essere letta in due modi diversi. Un poco, ma poco, dissidente oppure consenziente, per accettare passivamente il volere del Leader Minimum. Insomma era una parola polisemica. Il Servitor Cortese ne fu entusiasta. In questo modo poteva stare sempre con i piedi su due staffe e non decidere. La sua posizione preferita.

Interno giorno. Palazzo Chigi. Ufficio del Presidente del Consiglio.“Luchino, chiama Debora e Gueri-ni” “Per cosa capo?” “C’è da trovare un posto alla Biagiotti” “Sie ma dove la si mette? S’è belle messo anche i cugini di quinto grado in tutti i cda del Paese” “Cda ma che sei grullo? Meno male ti chiamavo lampadina. Quella un’era bona a guidare i camper, l’ho messa a Sesto Fiorentino l’hanno fatta fuori in 6 mesi, se la metto in un CdA ci portan via… no bisogna trovare un posto dove non faccia troppi danni, ma comunque non la faccia sentire umiliata.” “all’Unità’”“Sie già la perde a bocca di barile e poi, non che io ci tenga a queste cose, ma al poero Gramsci mi pare sian bastati Bonifazi e D’Ange-lis… no dai qualcosa di partito, lei ce l’avrà un hobby, guarda su facebook…” “ Ok , aspetta guardo… mah ci son solo foto di lei che fa la sindaca, al massimo frigge i bomboloni alla festa de l’Unità….” “Ma sei un genio! Altro che lampa-dina, un riflettore!!! La mettiamo nel team delle feste de l’Unità nazionale, con un ruolo tipo… coordinatrice del progetto nutriamo il partito, la facciamo parlare con Farinetti (così impara a fare il gufo alla scuola dem) e per tre o quattro mesi siamo tranquilli. Così a Sesto magari non si perde. Vai telefona a Debora…. Un genio, sei un genio...” “Ma… boh va bene chiamerò Debora”.

Non vi è nessuno nel mondo della politica italiana, ma che dico? plane-taria, che come il nostro Eugenione sappia camaleonticamente trasfor-marsi, camuffarsi, adattarsi alle più diverse situazioni. Un vero Zelig dei nostri tempi! Un giorno (25 febbraio) si sente divin poeta e travestito da Dante dalle pagine Facebook declama Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona..., cambio di scena e per omaggiare il carnevale viareggino si camuffa da Burlamacchino. E fra una presenza al carnevale dei bambini a S.Miniato parlando di Pinocchio e una alla tom-ba di Galileo Galiei, un incontro con il Pistoia Basket e una inaugurazione al Palazzo delle esposizioni regionali di via Cavour, con l’imprescindibile fascione regionale a tracolla, ricorda i suoi 5 lustri a Palazzo Vecchio in tutte le Giunta di ogni specie e colore. Ah i bei tempi andati, “le Calende Greche”, che non son tempi antichi, bensì inesistenti, impossibili. Pregevole iniziativa.

riuNioNe

difamiglia

lo Zio di TroTZky

le sorelle Marx

Jobsact Camuflagei cuGini enGels

Gruppo vacanze Firenze nella swinging London. Missione, “Si vive solo una volta... quindi, godiamocela”.“Hey boys, siamo arrivati nella City! Guardate qui che meraviglia: cultura, sicurezza, money, innovazione, football! Ovvia, andiamo a far visita al collega sindaco, Boris Johnson!”Ingresso alla City Hall, sul Tamigi.“Hi Boris, old pirate, how are you? I’m your friend Dario, from Florence. I am here to copy ideas from your beautiful little city. We want to build a new sta-dium: how you did it? And what about security? Grande, Boris!! Dai, let’s make a selfie together...”

Boris, più spettinato che mai, si rivolge al suo capo di Gabinetto: “Who is this flakey fanatic idiot? And who are all these scum along with him? Damn! I am very busy in kicking Europe’s ass, I don’t have time for this asshole!”“Oh, mr. Mayor he is the mayor of Florence, Italy”“Ah ok, mr. Dario, what the hell do you want from me?”“Oh Boris, let’s go drink a beer and talk about politics and Europe: maybe we can do great things in Bruxelles!”“Ma Dario, che dici? Tu non lo reggi l’alcool” gli rammenta il fido Agnoletti,

capo ufficio stampa di Palazzo Vecchio.“Look Dario, I am a very busy man: tell me quick and then leave alone!”“Ok Boris. I have an idea: we need to learn innovation from your managers and we can teach you flags”“Flags? Are you goof? What do I need flags for?”“No, voglio dire, flag holders, do you know? Sbandieratori, Calcio in costu-me... Football in costume”“What??? Football??? Listen to me, you idiot: Tottenham just fucked your Fiorentina 3 to 0, and you pretend to speak with me about football? Go to hell, you and your stupid flags!”“Ok, grande Boris! Thank you, very

much, my old friend! Yesterday, Lady Madonna, Twist and Shout, Yellow Submarine... Do you want to hear me play the violin?”“Lick my ass, you fool”Missione riuscita! Il sindaco Nardella è già pronto a sparare qualche tonnellata di comunicati stampa, tweet, post, video. Ecco quello ufficiale: “L’incontro con Boris Johnson è stato molto positivo poiché le nostre città hanno svariate questioni in comune, sulle quali abbia-mo entrambi lavorato per entrare nelle ‘resilient cities’. Penso alle infrastrutture e alla ‘politica verde’ del traffico, ma anche le tradizioni storiche, la musica e lo sport ci uniscono come vecchi amici”

le avvenTure di nardellik

BoBo

London calling

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tengono premi e riconoscimenti, mentre le viene negato qualsiasi riconoscimento pubblico per la sua opera fotografica. A partire dalla fine degli anni Settanta il suo interesse per la fotografia si affievolisce fino a spegnersi del tutto, perché delusa dalla super-ficialità e dall’arrivismo dell’am-biente e “disillusa dai meccani-smi opportunistici e sbrigativi che dominano il settore”. Solo più tardi la sua opera viene “riscoperta” con la pubblicazio-ne di fotolibri come “Scena e fuori scena” del 1991 e “Milano 1960-1970” del 1997. Vengono ripubblicati in una veste nuova anche “Morire di classe” nel 1998 e “Nudi” nel 2007. Donna intelligente, dalle mille curiosità e dalla grande capa-cità comunicativa e di osserva-zione, attiva in settori diversi della cultura, politicamente ed emotivamente schierata dalla parte dei perdenti, a modo suo intransigente e difficil-mente classificabile, aliena da ogni forma di potere, politico, economico o culturale, non le è mai stata perdonata la vastità dei suoi interessi e la apparente disomogeneità del suo stile. La sua capacità di passare attraver-so temi diversi, dalla cronaca all’indagine sociologica, dai manicomi alle feste galanti, dal teatro alla ricerca estetica del corpo, è stata scambiata per una forma di irrequietezza, difficilmente controllabile da parte di committenti ed editori. La franchezza del suo sguar-do, la sua capacità di sintesi, il rifiuto del bello nei confronti del vero, la difficoltà con cui le sue immagini potevano essere gestite ed incanalate nei mec-canismi delle comunicazioni di massa asservite alla ideologia dominante, sono state pagate con una sorta di emarginazione, di allontanamento e di censura. Specialmente negli anni in cui la fotografia italiana celebrava il suo trionfo nei settori effimeri della moda, del glamour e della pubblicità, attirando talenti ed investimenti, e trascurando o boicottando progetti impegnati come “Milano metamorfosi” e relegando nell’ombra personaggi come Carla Cerati, uscita oggi discretamente dalla scena per entrare definitivamente nella storia.

Si è spenta pochi giorni fa a Milano Carla Cerati (1926-2016), nel quasi

totale disinteresse dei media, e quando mancavano solo pochi giorni al compimento dei suoi novant’anni. Dopo avere rinun-ciato nell’immediato dopoguerra a studiare scultura all’Accademia di Brera, per dedicarsi invece alla famiglia, Carla scopre alla fine degli anni Cinquanta la fotogra-fia, acquista a rate una Rolleiflex, e comincia quasi per caso a rea-lizzare delle foto di teatro che le aprono le porte a collaborazioni con riviste come L’Illustrazione Italiana, Vie Nuove e L’Espresso, ma anche con le riviste straniere Du e Leader. Continua a foto-grafare i personaggi del teatro e della cultura milanese, poi nel 1965 va in Sicilia e nel 1966 è a Firenze per l’alluvione. Nel 1968 espone al “Diaframma” la mostra personale “Culturalmente Im-pegnati”, una serie di ritratti che vengono ripresi e pubblicati dalle riviste Fiera Letteraria, New York Times, L’Express, Time-Life e Die Zeit. Nel 1969 pubblica con Gianni Berengo Gardin e Franco Basaglia il fotolibro “Morire di classe” sulla condizione dei manicomi, uno dei fotolibri più significativi dell’epoca. Intanto continua a fotografare Milano, diventando testimone attenta dei cambiamenti e degli avvenimen-ti, dalle lotte operaie e studente-sche al processo Calabresi-Lotta Continua, dalle manifestazioni femministe ai funerali di Feltri-nelli. Fotografa la Spagna sotto il regime franchista e la “Milano da Bere” dei primi anni Settanta. Nel 1974 pubblica il dissacrante fotolibro “Mondo Cocktail” e nel 1979 il fotolibro di nudi “Forme di donna”, fortemente criticato dalle femministe. Alla sua attività di fotografa affianca quella, che diventerà prevalen-te, di scrittrice. La fotografia le serviva per raccontare il presente, la narrativa per raccontare il passato, ambedue dimensioni vissute intensamente da Carla. Nel 1973 pubblica il suo primo romanzo “Un Amore Fraterno” a cui segue nel 1975 “Un Matri-monio Perfetto”. Successivamen-te pubblica un’altra dozzina di romanzi, l’ultimo dei quali nel 2009. Molti dei suoi romanzi ot-

di danilo [email protected]

Lo sguardo corrosivodi Carla

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poetica e narrativa. Fondò a Napoli la rivista «Documento Sud», che dal 1958 al 1961 costituì un crogiolo di idee nuove e di proposte. Nel 1963 l’eredità di tale fermento passò a «Linea Sud» una pubblicazione destinata a diventare il centro di convergenza di un nuovo grup-po di giovani artisti e il punto di partenza per la definizione di proposte fra le più avanzate sulla Poesia Visiva in Italia. Nel 1964

prese parte al “Gruppo 70”, fondato a Firenze da Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti, con i quali partecipò l’anno successivo alla mostra “Poesia Visiva del Gruppo ‘63” presso la Galleria Guida di Napoli. L’at-tività artistica e intellettuale di Stelio Maria Martini si incentrò sulla messa in discussione della cultura tradizionale, ritenuta troppo distante dal sociale, a fa-vore di una cultura più aderente

al rapporto arte-società. Nelle sue opere è tangibile il disagio intellettuale e sentimentale dell’uomo moderno nella so-cietà massificata e, al contempo, la messa in evidenza del disagio espressivo e comunicativo del poeta contemporaneo, il quale è chiamato a scegliere e a decidere della propria direzione in una situazione di assoluta precarietà linguistica. La sperimentazione sulla pagina letteraria, il capo-volgimento del fare poetico, l’ibridazione verbale, la fram-mentarietà dei livelli verbo-vi-suali che s’intrecciano e il forte confronto con la letteratura, non fanno altro che evidenziare la volontà dell’artista di uscire dalla forma poetica per appro-dare a una narrazione ampia e vibrante, nella quale l’elemen-to visivo potenzia le infinite possibilità della parola. Stelio Maria Martini tentò una vera e propria narratività dell’immagi-ne moderna, in cui i principi di artisticità e letterarietà agiscono su uno stesso campo d’azione, capace di vanificare le coppie combinatorie e rendere l’opera d’arte un tutt’uno estetico dal forte sapore sociale.

Così lontanicosì vicini

di laura [email protected]

A distanza di pochi gior-ni uno dall’altro, due grandi maestri hanno

lasciato inaspettatamente un vuoto incolmabile nella storia della pratica sperimentale della Poesia Visiva. Il mondo dell’Arte saluta con affetto Han Clavin e Stelio Maria Martini: lontani di nascita ma vicini nel comune sentire estetico. Han Clavin, il poeta volante, nacque in Olanda a Ijmuiden nel 1946 e nel 1965 iniziò la sua attività di poeta concreta, inserendosi nella ricerca internazionale sulle po-tenzialità figurative della parola, collaborando attivamente con Paul De Vree. Nel 1970 parte-cipò ad Amsterdam alla mostra “Concrete poetry?” allo Stedilijk Museum, un’importante rasse-gna internazionale dedicata allo sviluppo delle ricerche concrete e nel corso degli anni si dedicò a una continua sperimentazio-ne sulla parola spaziando dalla poesia lineare a quella visuale e visiva. Nel mondo della pratica verbo-visiva Hans Clavin ricoprì il ruolo dell’artista consapevole del proprio presente e conscio che la realizzazione finale dell’o-pera d’arte non si cela dietro una questione di stile, ma si trova alla base di un vero e proprio at-teggiamento critico nei confron-ti del mondo circostante e dei suoi linguaggi. Tuttavia il lavoro di Hans Clavin si contraddi-stinse per la matrice dadaista e intuitiva: la componente iconica spesso sovrastò quella verbale, abbracciando l’immaginario col-lettivo e il consumismo di mas-sa. Ne emerse un’opera d’arte di facile lettura solo in apparenza, poichè in realtà, dietro poche ed essenziali linee formali, nascon-deva il senso primo della comu-nicazione estetica e dell’operato artistico. Si trattava dell’inter-pretazione sottile e spontanea di un artista attento alle dinamiche del proprio presente; quell’au-dace interpretazione che nasce a priori e precede l’ispirazione, donando al fruitore l’idea di trovarsi davanti a una tratta-zione saggistica, la cui resa non può far altro che stupire alla luce della sua originalità.Stelio Maria Martini nacque ad Ancona nel 1943 e fin da giovane si dedicò alla pratica

AddioHan Clavin

e Stelio Maria Martini

Tutte le immagini Courtesy Collezione Carlo Palli, Prato

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Warwick (Scepter), prodotto dai due artisti.Fra gli anni Sessanta e Settanta arriva la definitiva affermazione internazionale del compositore.Si moltiplicano quindi i contatti di ogni tipo: attori, cantanti, discografici, gruppi, parolieri. Ma quello che più caratterizza la sua lunga carriera è il rapporto costante con figure femminili. I suoi brani vengono interpre-tati in prevalenza da donne:

Cilla Black, Sandie Shaw e Dusty Springfield, tanto per fare qualche nome. Molte delle sue canzoni parlano di donne: lo attestano titoli come “Alfie”, “Nikki” e “Message to Martha”, come anche il 33 giri Woman (A&M Records, 1979), dove compaiono unicamente inter-preti femminili. Come se questo non bastasse, gran parte degli omaggi disco-grafici dedicati al compositore vengono incisi da donne. Non soltanto da cantanti famose come Dionne Warwick, ma anche da artiste meno note come l’inglese Hazell Dean (The Sound of Bacharach & David, 1981, rist. Cherry Pop, 2004) e l’olandese Trijntje Oosterhuis (The Look of Love, Blue Note, 2006).Naturalmente non mancano le italiane, da Ornella Vanoni (Sogni proibiti, Epic/Sony, 2002) ad Antonella Vitale (Raindrops, Velut Luna, 2008). Ma uno degli omaggi più sentiti è il più recente, Close to You: Karima Sings Bacharach (Decca, 2015), realizzato da Karima Ammar. Italo-algerina nata a Livorno,

A Firenze i principali intellet-tuali e artisti dell‘800 avevano come punti di ritrovo il Gran Caffè Doney in Via Tornabuoni (oggi scomparso, ne sopravvi-ve un surrogato presso l’hotel Excelsior di Roma), ma, soprat-tutto, il Caffè Michelangiolo in Via Cavour 21; Via Cavour aveva assunto questo nome pochi anni prima, nel giugno 1861, solo dieci giorni dopo la morte dello statista piemontese, quando (scrivono Bargellini e Guarnieri) “il Consiglio Comunale, in un momento di comprensibile commozione e di entusiasmo patriottico, com-metteva il più grave degli errori toponomastici, intitolando al grande statista una delle più note, belle e storiche strade, che fino ad allora era stata chiamata Via Larga” (prima ancora Via Larga degli Spadai, per la pre-senza di numerose botteghe di artigiani forgiatori di spade).Del cambiamento di denomi-nazione non se ne fecero più di tanto gli artisti che avevano fre-

quentato il Caffè Michelangiolo in Via Larga e che continuarono a frequentarlo in Via Cavour; fra loro si distinguevano in particolare quelli che “l’arguzia fiorentina denominò Macchia-ioli” (come recita la lapide sulla facciata del palazzo che ospitava - e ospita - il Caffè). Al Miche-langiolo si ritrovava il fior fiore del movimento, da Silvestro Lega a Giovanni Fattori, da Telemaco Signorini a Odoardo Borrani, da Diego Martelli a Adriano Cecioni: quest’ultimo, animatore del gruppo insieme a Martelli, dipinse, intorno al 1865, un quadro che rappre-senta la sala riservata del Caffè, quella dove gli artisti, general-mente reduci da lunghe gite sulle colline toscane in cerca di ispirazione, si abbandonavano la sera a interminabili e anima-te discussioni che, ricordava Telemaco Signorini, “riuscendo sempre troppo materialiste coi

settentrionali, e coi meridionali troppo metafisiche, finivano quasi ogni sera col far volare i bicchieri e i vassoi come foglie secche quando il turbo spira”. Il gruppo dei Macchiaioli iniziò a riunirsi al Caffè poco dopo la metà dell’800 e il loro fervo-re di rinnovamento in senso verista della pittura si espresse anche nella saletta riservata del Michelangiolo, che una pre-cedente generazione di pittori aveva adornato di dipinti di scuola accademica. Lasciamo ancora la parola a Telemaco

Signorini: “Per l’eccessivo fumo dei sigari, diventarono così nere le pitture murali dipinte dai primi frequenta-tori della stanza, da esser credute vecchie di diversi secoli. Fu proposto una sera di pulir-le col pane, e fu fatto, ma ahimé! Persa colla patina la dignità che gli anni vi avevano

impressa, venne meno a quelle il rispetto dei nuovi artisti che ne chiesero e ottennero l’assoluta abolizione”.Poi Diego Martelli ereditò un ampio appezzamento di terreno con una bella casa colonica sulla collina che domina Castiglion-cello (dove ora sorge il Castello Pasquini) e iniziò ad ospitarvi i colleghi che, gradualmente, abbandonarono la fumosa e insalubre saletta di Via Cavour per andare a respirare la corro-borante aria di mare.

L’attività musicale di Burt Bacharach comincia nell’esercito americano, prima negli Stati Uniti e poi con le truppe che occupano la Germania Ovest. Pianista, direttore d’orchestra e cantante, il giovane musicista di Kansas City manifesta subito un grande talento. Nel 1957, dopo aver lavorato con vari cantanti, Bacharach conosce Hal David, il paroliere insieme al quale com-porrà molte delle sue canzoni. Uno dei loro primi successi è “Magic moments”, interpretata da Perry Como.Negli anni successivi, mentre la coppia si afferma, Bacharach collabora con Marlene Dietri-ch dirigendo l’orchestra che accompagna la celebre cantante. Questo periodo è documentato dal CD Marlene Dietrich with The Burt Bacharach Orchestra (Bureu B, 2007). La collabora-zione fra Bacharach e David pro-segue allargandosi alla scoperta di nuovi talenti. Uno di questi è la cantante afroamericana Dionne Warwick, che esordisce nel 1963 con Presenting Dionne

questa giovane cantante è emersa dall’anonimato nel 2006 grazie alla trasmissione televisiva Amici.Qualche anno prima le è stato regalato un disco, Dionne Warwick Sings the Bacharach & David Songbook, dal quale è rimasta letteralmente fulminata. Così ha iniziato a cantare con un obietivo ben preciso: cantare le canzoni del compositore ame-ricano. Il Festival di Sanremo del 2009 ha segnato una tappa d’avvicinamento importante: Karima si è esibita accompagna-ta al piano da Burt Bacharach. Il primo CD (Karima, Sony, 2010), registrato a Los Angeles sotto la direzione del musicista americano, contiene tre delle sue canzoni. Col successivo Close to You il sogno di Karima si avvera nel modo più completo. Tutte le 13 canzoni portano la firma di Burt Bacharach. Classici come “Walk on by”, “A house is not a home” e “The look of love” vivono una nuova vita grazie ad arrangiamenti sobri e incisivi. Ma soprattutto grazie alla voce di Karima, che mentre le canta esprime anche la gioia di chi ha realizzato un sogno.

Dedicato a Burt

di alessandro [email protected]

di FaBriZio [email protected] Via Cavour

Caput mundi

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29 febbraio 2016

Voci da Eidomeni, confine greco mace-done. Sono l’unico in

cravatta e cappello e pensano che sia uno dei responsabili del campo. Nessuno ha capito se ci sia un incaricato di spiegare qualcosa a diecimila persone nel tanfo e nel fango. Il che vuol dire che non c’è.“Mi chiamo Maja e ho 15 anni. Mio padre mi aspetta con mio fratello in Germania e io sono qua da una settimana con mia madre malata. Il mio passaporto siriano è rimasto in Dubai. Mi sai dire quando po-trò passare in Macedonia per poi arrivare da mio padre?”“Piacere, io sono Ahmed ma quando ci fanno andare via di qua? Lei ne sa niente? Non è per me, ma per queste mie due bimbe così piccole costrette a dormire nel bagnato per terra nella tendina.”“Venga qua a vedere nella ten-dina! Questa è mia moglie e questo è mio figlio Andy, nato 20 giorni fa di passaggio in Turchia. Chiamate la Merkel! Noi dobbiamo andarcene da qua”.Poi i nervi si scaldano e allora nascono i capi rivolta. Dopo gli scontri di lunedì sta na-scendo un gruppo di protesta per ora pacifica ma è naturale che, tenuti in una situazione impossibile, con migliaia di bimbi e anziani nel fango, pri-ma o poi perdano la pazienza.A nord sono stati respinti in circa 400. Gli ultimi che erano partiti da Eidomeni giorni fa. La Croazia li ha respinti e ora sono tornati nel campo One Stop di Presevo in Serbia, al confine nord della Macedonia.Questo orrido gioco dell’oca ora è gestito anche di poli-ziotti slovacchi, polacchi e ceschi assieme agli Sloveni. Sono del famigerato gruppo di Visegrad, creato dagli Stati ex sovietici che fa la fronda a Brussels.Forse saranno riportati verso Policastro e Salonicco o anche Atene dato che sembra si stia-no approntando enormi campi fino centomila posti.Poi arriverà l’estate e allora....

di claudio [email protected] Perché

non possiamo passare?Scavezzacollo

di MassiMo [email protected]

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a fondamento di un preciso addestramento sociale ai ruoli di genere, attivato sia a scuola che in famiglia. Sul palco gli interventi della ricercatrice pedagogica Irene Biemmi si alternano a quelli dell’attrice Daniela Morozzi, con le sottolineature musicali di Samuele Bucelli. Quali uomini e donne possono essere il ‘pro-dotto finale’ di un’educazione sessista spesso inconsapevole? Con lo sguardo anche a esempi positivi di una nuova letteratura per l’infanzia, dal palco arrivano anche ipotesi e soluzioni per operare insieme un possibile e auspicabile cambiamento,

aprendo gli orizzonti di tutte e tutti.L’8 marzo, per la Giornata in-ternazionale della donna, l’AGI Avvocati Giuslavoristi Italiani Sezione Toscana, la Fondazio-ne per la Formazione Forense dell’Ordine degli Avvocati di Firenze - Scuola Forense, il CPO Comitato Pari Opportu-nità dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, ADGI Associazione Donne Giuriste Italia - sezione di Firenze, l’associazione Rosa-celeste ed il Comune di Firenze, presentano Rosaceleste - destrut-turare gli stereotipi di genere: per una cultura dell’eguaglianza tra i sessi nell’educazione e nel lavoro.

Si nasce femmine e ma-schi, e si diventa donne e uomini, tramite un

lungo e faticoso processo di socializzazione che conduce ad assimilare le caratteristiche, i ruoli, i comportamenti che la società si aspetta. Questa diva-ricazione dei destini maschili e femminili si struttura fin dalla primissima infanzia quando in famiglia inizia un percorso biografico differente per maschi e femmine, frutto di piccole scelte quotidiane che tendono a incanalare gli uni e le altre in percorsi differenti e divergenti: corredino rosa per la neonata e azzurro per il neonato è un semplice atto di routine, così come acquistare una bambola per la bambina e una macchini-na per il bambino, fino a essere chiamato “femminuccia” se piangi e chiamata “maschiaccio” se giochi a pallone.Il linguaggio è spia di un im-maginario sociale discriminante nei confronti delle donne e allo stesso tempo causa di una reiterazione di stereotipi sessisti e di modelli di genere spesso già superati nella realtà. La ricerca di Irene Biemmi sugli stereotipi di genere nei libri di testo delle elementari – nel volume Edu-cazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari (Rosenberg & Sellier, Torino 2010) – dimostra come la scuo-la non faccia altro che reiterare una visione sessista della società. Nei libri di lettura viene rappre-sentato un mondo popolato da valorosi cavalieri, dotti scien-ziati, padri severi, madri dolci e affettuose, casalinghe felici, streghe e principesse; i bambini sono indipendenti, coraggiosi e dispettosi, le loro coetanee bionde, carine, vestono di rosa, educate, servizievoli, pettegole e vanitose. Questo universo fantastico nutre l’immaginario di bambine e bambini, che strutturano le rispettive identità di genere sulla base dei modelli proposti. Scopo della conferenza spettacolo Rosaceleste, che da questa ricerca prende spunto, è decostruire, disarticolare, smon-tare l’assunto di una “naturalità” delle differenze tra maschi e femmine, svelando alcuni dei meccanismi culturali che stanno

di Maria GraZia caMPus [email protected]

di Michele [email protected]

RosacelesteDalla parte delle bambine e dei bambini

Per preparare il castagnaccio, setacciate la farina di castagne in una ciotola: aggiungete circa 350 ml di acqua. Aggiungete l’acqua lentamente e mescolate con una frusta in modo da evitare che la formazione di grumi. Dovrete ottenere un impasto omogeneo e non troppo liquido: se neces-sario aggiungete ancora mezzo bicchiere di acqua. La farina di castagne è molto dolce, non sarà perciò necessario aggiungere zucchero all’impasto. Mettete quindi in ammollo l’uvetta e lasciatela per una decina di mi-nuti, il tempo necessario perché si ammorbidisca. In una padella tostate leggermente i pinoli in modo da renderli croccanti e più gustosi. Aggiungete poi l’uvetta ben strizzata e i pinoli all’impasto e mescolate tutto. Ritagliate un pezzo di carta da forno sufficiente a coprire la teglia che userete per la cottura: bagnatelo leggermente e strizzatelo. Con questa procedu-ra la carta da forno aderirà perfet-tamente alla teglia. Spennellate la carta da forno con un filo di olio d’oliva: versate poi nella teglia la pastella del castagnaccio. Deco-rate la superficie del castagnaccio con aghi di rosmarino, qualche

pinolo e qualche acino di uvetta sultanina. Completate il casta-gnaccio versando qua e là qualche goccia di olio extra vergine di oliva. Il castagnaccio è quindi pronto per essere infornato: fatelo cuocere per i primi 10 minuti a 200°, poi alzate il forno a 250° e

lasciate cuocere per ancora una ventina di minuti. Il castagnaccio sarà pronto quando la sua super-ficie sarà ben dorata a leggermen-te crepata.Ingredienti: 300 gr di farina di castagne, 40 gr di uvetta sultani-na, rosmarino fresco

Il dolce dei poveri: semplice e ricco

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o se ne è il padre naturale, gli da il proprio nome togliendolo dallo status, pesante per l’epoca, di figlio illegittimo. Ma la vita di Maurice è segnata. Solitario, già in giovanissima età si rifugia nell’alcol, tenta il suicidio, ha crisi di follia etilica che lo portano a soggiornare più volte in case di cura. Un neurologo consiglia alla madre, ormai affermata artista, di iniziarlo alla pittura per tentare di allontanarlo dal vizio del bere.

Nel 1907 Utrillo incontra André Utter (1886/1948) studente di belle arti e poco più giovane di lui, che diviene il suo migliore e forse unico amico. Passano molto tempo insieme dipingendo pae-saggi alla maniera degli impres-sionisti. Maurice non è più solo. Poi un giorno, nel 1909, lo fa co-noscere alla madre. Lei è sposata da qualche anno ad un agente di cambio e apparentemente avviata verso una tranquilla vita borghese.

Suzanne rimane subito affascinata di Andrè, più giovane di lei di 21 anni, ne diviene amante, lascia il marito e lo sposa nel 1914. Si forma così “la terribile trinità”, come veniva chiamata dagli abitanti della collina di Montma-tre. In quei tragici anni (1909-1914) i cui ricoveri diventano più frequenti, Utrillo esegue le sue migliori opere, circa 600 tele, con strade deserte, finestre buie e alberi scheletrici in un’atmosfera bianca e grigia di malinconia e solitudine tanto lontana da quella piena di forti e intensi contrasti di colori dei quadri della madre. L’esistenza di Maurice trova finalmente pace quando nel 1935 sposa una vedova molto più vecchia di lui, quasi una subli-mazione della tanto odiata-amata madre, che lo allontana dall’alcol. Ma quest’atmosfera finalmente accogliente impoverisce la sua arte che diviene via via più ripetitiva e meno interessante fino a far sfumare la sua figura d’artista nella mediocrità mentre cresce la fama di Suzanne Veladont, donna libera e trasgressiva, la prima ad essere ammessa alla Société Natio-nale des Beaux-Arts e a dipingere uomini nudi. Uno di questi è André Utter.

Al museo di Montmatre a Pa-rigi in rue Cortot 12, fino al 13 marzo, si può visitare la

mostra Suzanne Valadon, Maurice Utrillo, André Utter. L’esposizio-ne è particolarmente intrigante perché è anche la testimonianza di una storia umana con i prota-gonisti che hanno vissuto in rue Cortot 12 prima che divenisse la sede del museo. Di questa storia voglio scrivere e non dei bellissimi quadri in mostra e del valore dei tre artisti.La storia comincia quando la giovanissima Marié-Clementine Valadon (1865/1938), figlia illegittima di padre ignoto e di una poverissima lavandaia, dopo tanti umili lavori e un brutto incidente come trapezista in un circo, si trasferisce con la madre da un paesino vicino a Limoges a Parigi. Le due donne vanno ad abitare in rue Cortot sulla collina di Montmatre, ancora dall’aspetto di piccolo villaggio con le vigne, i mulini, le misere locande e le stradine di campagna. È il rifugio anche di artisti squattrinati e Marié-Clementine ha solo 15 anni, è bellissima e senza inibi-zioni. Presto diventerà la modella (e spesso l’amante) di alcuni di questi come Toulouse-Lau-trec, Renoir e Degas. Ci si può immaginare la situazione proprio dall’aneddoto che vuole che lo stesso Lutrec le cambierà il nome, da Marié-Clementine a Suzanne in riferimento all’episodio biblico della giovane Susanna circondata da vecchioni pieni di cupidigia. Nel 1883, a solo 18 anni, da uno dei suoi amori ha un figlio, Mau-rice. La vita di Suzanne non cam-bia, di giorno negli ateliers, di sera nei bar e nei cabaret. Il contatto con tanti pittori le fa scoprire la sua vocazione artistica alla quale si dedica con passione incoraggiata anche da Degas che diventerà il suo primo collezionista. Il piccolo Maurice è lasciato alle cure della vecchia nonna. Soffre dell’as-senza della madre, comincia ad avere convulsioni così frequenti che a soli 8 anni un medico gli diagnostica un ritardo mentale e suggerisce di internarlo in una struttura psichiatrica. Nel 1891 il pittore spagnolo Miquel Utrillo, con il quale Suzanne ha una delle sue fugaci relazioni, non si sa se perchè si è affezionato a Maurice

Il rifugiodi rueCortot 12

di siMoneTTa [email protected]

Disegno di Lido Contemori Didascalia di Aldo Frangioni

Il migliore dei Lidi possibili

Il sogno di Giovanardi: poter controllare

in ogni momento l’effettivo possesso

dell’utero da parte

delle donne incinta

di lido [email protected]

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residuali in Bed&Breakfast, sarà come dopo il bacio del principe azzurro che la desta, Disneyland, per sempre e irreversibilmente Disneyland, come già la definiscono alcuni sovversivi radical – chic. E sarà una festa continua con gli ala-bardieri, i tamburi e le chiarine, che sfileranno con le corazze, gli stendardi e i costumi rinasci-mentali nel cambio della guar-dia al Palazzo della Signoria, da fissare sui selfie quale nuova tradizione storica fiorentina. E i Marajà che verranno a sposarsi in Palazzo Pitti, e la caccia alla volpe nel giardino di Boboli, e le sfilate dei Sarti mitizzati nel Salone dei 500, e i ponti affittati per le cene dei proprietari di Ferrari, Lamborghini, Bugat-ti, glorie italiche celebrate nel mondo.Nardella il Magnifico, fa sul serio.Adesso propone ai Comuni limitrofi la colonizzazione in nome dell’Efficienza, del Pre-stigio di Corte, del Risparmio e della Semplificazione, e anche se evita di dirlo, per non irritare la suscettibilità dei Sindaci del Contado e finanche della Cultura.

Forse, tutto il lusso accatastato nel centro storico che ha satu-rato tutto lo spazio redditizio, non è sufficiente a restituire alla Signoria, tutto quello che gli deve e che consuma, ma solo le briciole?Vuoi vedere che la base contri-butiva, è proprio il ceto me-dio-basso, ma produttivo che privato della bellezza, estro-messo fuori dalle mura sempre più impenetrabili, è numerica-mente insufficiente a sostenere da solo il costo di Disneyland, e non versa gabelle sufficienti ai restauri e alle spese di manuten-zione?Allora cosa cerca il Principe fuori dal territorio della sua Signoria? Forse di nobilitare gli ex fiorentini restituendo loro la cittadinanza, estendendola generosamente agli altri abitanti del Contado?Oppure cerca di ampliare la base impositiva con la lusinga?Mi parrebbe più serio proporre di unire le periferie fiorentine ai Comuni vicini, e lasciare il Comune di Firenze-Disneyland dentro la sua cerchia muraria, con la sua economia aliena a quella del circostante, in uno spazio che pare già insufficiente

a contenere l’ordafamelica del lusso cafone, e delle sanguisughe dell’Arte, dall’in-gordigia che ha divorato la mia, la nostra ex Città, per sfruttare tutta la sua bellezza e valore a nostre spese.Dal momento che il valo-re artistico e immobiliare di Firenze centro è assolutamente superiore e più ricco di quello dell’insieme dei Comuni confi-nanti, una volta esentato dalle tasse sul valore degli immobili, quali contributi potrebbe dare il centro storico, al mantenimento di se stesso? Quanti contributi occorrereb-bero per la bella idea di fare passare la tranvia sotto i vialifacendoci vivere da lombrichi? E quanta sensibilità umana rivela l’idea di destinare l’ex Teatro Comunale a residenze di super lusso per i poveri super ricchi senza tetto, che deside-rano diventare fiorentini e non vogliono finire a Novoli o alle Piagge? Io una soluzione per perfeziona-re quella già proposta ce l’avrei.Si potrebbero aumentare le ta-riffe per l’affitto di Palazzo Pitti per i matrimoni dei Marajàdegli Sceicchi (si possono sposare tante volte) per la caccia al cervo alla Cascine, per tutte quelle specialità pittoresche che Disneyland tradizionalmen-te offre. “Loro” non badano a spese. In ansiosa attesa del Museo Zeffirelli Disneyland può permettersi questo ed altro, presumendo d’essere la Capi-tale dell’Arte e della Cultura; pardon, scusate il refuso, la Cultura non c’entra.Mentre i cittadini fuori le mura hanno altro da fare e da pensare, io fra questi.Non importa che la maggio-ranza la pensi come me, io non aspiro ad essere eletto a niente.Un filosofo greco del 700 a.C. vinse un concorso di filosofia con la seguente deduzione: “la maggior parte dell’umanità è stupida”. Molte cose, da quel tempo sono cambiate, in meglio e in peggio, conviene meno, ma sono con-tento di aver sempre fatto parte della minoranza, talvolta esigua, come adesso. Quella che credeva che la Repubblica fosse nata dalla Re-sistenza e fondata sul lavoro.

Dall’alluvione in poi, una serie pressoché infinita di Sindaci distratti, non

si resero conto, o favorirono l’esodo dei cittadini dal centro storico, ottenendo nel deserto ricavato, l’attuale Disneyland privata, ad uso e consumo della Nobil Casta, del lusso cafone, e dei parassiti del turismo.Quando Firenze era una città contava 500 mila abitanti, mentre dopo la devastazione e la cementificazione di tutto il suo territorio comunale, se ne ritrova 360 mila, dei quali solo 30.000 risiedono nel centro storico, inclusi i parvenue. Forse se ne sono andati perché non apprezzavano la bellezza, l’Arte, l’incontrarsi per strada, preferendo popolare le periferie dove non ci si incontra mai ma c’è il garage sotto casa. Più probabilmente cacciati da un progetto altrui poi realizzato.Quando Firenze era una città, c’erano Architetti sovversivi che avevano progettato perfino una moderna rete tranviaria urbana ed extra urbana, nei primi anni ’70.I Sindaci post-alluvionali ed alcuni sprovveduti o interessati decisionisti stabilirono che più moderno era il “tutto su gom-ma “, può darsi perfino “disinte-ressatamente” anche se Agnelli e Pirelli plaudirono. Si dà il caso che, una volta cacciati i cittadini dal prezioso centro storico, la vera città abitata e produttiva si sia spostata con tutta la sua popolazione nelle periferie e Comuni limitrofi, meno care e meno attraenti per i ricchi più o meno cafoni in cerca di un più nobile status symbol residen-ziale. A quelli che hanno dato, volontariamente o meno, tanto potere e tanti soldi ai distruttori di territorio fertile, ai palazzi-nari, ai cementificatori, liberati opportunamente dai vetusti piani urbanistici estremisti, per collocarvi gli esodati dalla com-posizione sociale ed economica più omogenea e approssimati-vamente inquadrabile nei ceti medio–bassi.“Nardella fa sul serio”, titolava La Nazione, e chi ne dubita? Dopo la liberalizzazione del cambiamento d’uso, che trasformerà le ultime residenze

di roBerTo innocenTi Firenze, circa

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nale dei bersaglieri. Non avendo altre notizie e non volendo raccontarvi come si produce la cioccolata per non sminuirne, svelandone il mistero, la gloria, mi dilungo su questo copri-capo che ha sì la sua origine in Marocco, ma fu incontrato dai bersaglieri in Crimea (1855). Gli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, entusiasmati dal valore dei ber-saglieri (battaglia della Cernaia), offrirono il loro copricapo, il fez, in segno di ammirazione. Dopo il cappello arricchito da un numero enorme di piume di gallo cedrone (chiamato vaira) il fez diventò, ed è tuttora, un elemento tipico del bersagliere. Il fez non dev’essere riposto in tasca, né arrotolato in mano, né piegato sotto la spallina. La nappa azzurra (la “ricciolina”) deve avere il cordoncino corto (massimo 30 cm) in modo da consentirgli di dondolare rapida ed aggraziata.

Gli oggetti di Rossano a volte non sono bizzarri, ma sono rari, sono come

gli ultimi testimoni di pezzi di storie che non esistono più. Scatolina di latta che conteneva Cacao Solubile della Ditta Luigi Viola, Firenze. Di questa ditta pare resti ormai solo il nome nell’elenco catastale delle Ditte esistite. L’epoca in cui il signor Luigi ha prodotto il suo cacao mi sembra definibile come quel-la del Grande Impero Coloniale di mussoliniana memoria, que-sto infatti sembrano indicarci le, davvero belle, decorazioni dalle geometrie déco e le immagini dei neri che vi sono raffigurate. Uno di essi tiene in mano un vassoio con il raccolto e sfoggia un tradizionale cappello colonia-le e l’altro, che sembra in divisa e tiene pure la bandiera italiana, indossa un fez con nappina che direi identico a quello tradizio-

Cacao violaa cura di crisTina [email protected]

Bizzariadeglioggetti dalla collezione di Rossano

che, indubbiamente, ha rappre-sentato un periodo storico di grandi riforme nei diritti civili, con l’abrogazione della pena di morte e della tortura. E la Human Library è un’occasione concreta per incontrare storie di diritti negati, per combattere la crescente retorica xenofoba, omofoba e violenta dei nostri giorni; un’iniziativa che, coin-volgendoci in alcune urgenti questioni dell’attualità, vuole, allo stesso tempo, sottolineare il valore dell’importante ricor-renza della nostra regione, non solo come rievocazione di un momento storico fondamentale ma, soprattutto, come occasione sempre viva di riflessione sui diritti dell’uomo. Per la realizzazione della Human Library, che si svolgerà a Firenze il 5 marzo, hanno collaborato tante associazioni locali attive nei diritti civili, tra cui “Fuori Binario”, individuando i libri vi-venti e informando i lettori che potranno prendere in prestito e leggere il libro vivente che prefe-riscono ma… senza giudicarlo dalla copertina.

di sandra GaMBassi e Paolo MarTinino

Una “Human Library” è una biblioteca fatta di libri viventi, di persone in carne e ossa che raccontano storie di stereotipi, di pregiudizi, di discrimina-zione. È un’esperienza oggi diffusa in tutto il mondo e nata in Danimarca quando dopo un fatto di cronaca a sfondo razzista l’Associazione “Stop the Violence” creò una biblioteca di libri-persone che raccontas-sero le loro storie creando così occasioni narrative per superare i pregiudizi verso le diversità di origine etnica, di sesso, di abilità e di fede. L’iniziativa dal 2003 è stata riconosciuta dal Consiglio d’Europa come buona prassi e come tale incoraggiata ed espor-tata in tutto il mondo. L’As-sociazione culturale Pandora, che opera nel Valdarno aretino soprattutto nella promozione della lettura, ha attivato ormai da più di un anno il progetto “Human Library Toscana”, che sabato 5 marzo 2016 arriverà alla Biblioteca delle Oblate di Firenze, in occasione della Festa della Toscana. Questa quindice-sima edizione è dedicata a “Le riforme di Pietro Leopoldo e la Toscana moderna”, ai legami ancora esistenti con quell’epoca

La libreria umana toscana

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rosi casi di corruzione che negli ultimi mesi stanno venendo alla luce in cui sono coinvolti esponen-tipopolari.Il patto fra PSOE e Ciudadanos, nonostante l’accordo raggiunto, non è sufficiente per governare. PSOE chiama a sinistra, PODE-MOS, a partecipare insieme a Ciu-dadanos in un patto sociale che certo è un cambiamento rispetto alle politiche del Partito Popolare nella passata legislatura. Ciuda-danos, tuttavia, chiede alla destra, Partito Popolare, di aggiungersi al patto, sostenendo che gli accordi raggiunti sono molto simili alle riforme che ha fatto il PPE nella precedente legislatura. Qualcuno, quindi, non dice la verità.PODEMOS è fermo nella sua posizione. È stato il partito emer-gente delle elezioni, quello che è cresciuto di più, ottenendo 69 de-putati. Il suo leader, Pablo Iglesias, ha già lanciato in un primo mo-mento la sua proposta di formare un governo solo con partiti di sinistra per cancellare le politiche anti-sociali di Mariano Rajoy; una proposta che non include Ciuda-danos, per far eleggere il socialista

di anGela [email protected]

di vicenT selvaConsigliere comunale di Esquerra Unida

Sentizioni è la mostra per-sonale di Andrea Marini inaugurata sabato 27 feb-

braio alla Galleria Immaginaria di Firenze. Marini gioca con la materia, usa materiale semplice e comune come sale, tubi di rame, ferro, che trasforma elevandolo a un livello superiore. Esso è un artista alchimista attento alla magia della metamorfosi che avviene dentro di noi e a quel sottile passaggio messaggio tra l’esterno e l’interno. Le sue opere si espandono, alcune hanno la capacità di auto moltiplicarsi all’infinito per invadere tutto lo spazio esterno ed anche il nostro intimo perché come cellule si attaccano al nostro immaginario per creare storie e fantasie. Le Sentizioni di Marini, come lui stesso dice, sono il connubio tra percezioni e sensazioni, le opere in mostra sono le Sentizioni dell’uomo/artista Andrea Marini, noi ne abbiamo altre attraverso queste, le prime ci creano un connubio di percezioni e sen-sazioni e noi diamo vita a altre Sentizioni alle quali possiamo dare una forma, renderle storie o oggetti che a loro volta possono riprodursi in altre create da altri diversi individui, inevitabile qui il richiamo alle opere Gemma-zione 2010 ed Espansioni 2013. L’artista innesca una potenziale catena di possibilità infinite e ci fa riflettere su come siamo collegati l’uno all’altro e su come ci possiamo ispirare e sollecitare a vicenda. Le opere di Marini sono personaggi che a loro volta creano altre personalità, sono racconti nei racconti, sono realtà nell’immaginario e immaginario nella realtà. In questa mostra la fantasia e la realtà si mischiano e si confondono fino a creare altro. Sulla carta abrasiva di Grafiti 2015 la linea corre, si estende, si curva e si arrotola su se stessa formando disegni che sembrano reni, cervelli, ghiandole, nella scultura Germinazioni 2016 invece, le linee di grafite sono diventate serpentine di rame che s’innalzano al cielo e si aprono, immaginiamo una gemma, un fiore, un arbusto che nasce, cre-sce e germoglia in quel terreno fertile che è l’arte. La mostra Sentizioni di Andrea Marini sarà visitabile fino al 18 marzo.

Sono già passati quasi tre mesi dalle elezioni legislative in Spagna. Per la prima volta il sistema bi-partitico è stato rotto, lasciando il Parlamento con quattro principali forze politiche alle prese con il problema della formazione di un governo.La realtà è che il Partito Popolare, che ha vinto le elezioni ma senza ottenenere la maggioranza asso-luta, è a questo punto fuorigioco ed è diventato assolutamente im-possibile che il suo leader Mariano Rajoy possa essere il prossimo presidente del governo, per il quale avrebbe bisogno del sostegno del PSOE e Ciudanonos che a questo punto sembra impossibile.La questione è quindi se Pedro Sanchez, leader del Partito socia-lista, sarà in grado di convincere PODEMOS ad aggiungersi al pat-to che ha già chiuso con Ciudada-nos, cosa che gli consentirebbe di governare la Spagna. PODEMOS, tuttavia, si è mostrato assoluta-mente contrario a sostenere o a far parte di un governo di cui Ciudadanos sia parte, un partito di destra neoliberista le cui proposte economiche hanno piccole diffe-renze rispetto a quelle del Partito Popolare. Tuttavia, nonostante queste somiglianze, Ciudadanos ha deciso di non sostenere il leader di questo partito a causa dei nume-

Né percezioni, né sensazioni

Chi ha vintoin Spagna?

SentizioniPedro Sanchez presidente e Pablo Iglesias Vice Presidente di un governo composto dal PSOE, PO-DEMOS e Izquierda Unida, con l’appoggio parlamentare dei partiti di sinistra nazionalisti regionalisti che sono presenti in Parlamento, come Esquerra Republicana de Catalunya e Euskal Herria Bildu.La situazione oggi è bloccata. Gran parte della militanza socialista pre-ferisce un patto con la sinistra. La direzione del partito, come l’anda-lusa Susana Diaz, che rappresenta l’ala destra del Partito socialista preferisce un patto con Ciudada-nos, il cui sostegno in Andalusia gli ha permesso di diventare la presidente del governo regionale. PODEMOS è inamovibile, ma se in poche settimane non si riesce a formare un governo, si dovranno ripetere le elezioni, e Pablo Iglesias è convinto che in questo caso il partito potrebbe ottenere un ri-sultato migliore, anche battendo i socialisti, attirando gli elettori della base socialista con l’argomento che il PSOE ha preferito negoziare con la destra invece che con gli altri partiti di sinistra.Venerdì pomeriggio si verificherà se Pedro Sanchez avrà la maggio-ranza parlamentare, ma molto pro-babilmente non raggiungerà i voti necessari. Dopo questo, le parti dovranno negoziare o rischiare nuove elezioni.

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lectura

dantisDisegni di PamTesti di Aldo Frangioni

Avendo preso i diavoli con scherno zitti zitti s’andaa sopra un pendio, ed il compagno mio fu sì paterno

che a scivolar in giù, mi dè l’avvio.L’orribil creatur furon bloccate e noi andammo innanzi con gran brio.

Ormai erano sagome abbuiate,e noi sicuri nella sesta bolgiadove vedemmo sagome abbacchiate.

Tutt’agghindate d’una strana forgia, con lento camminar in quella via, più non erano i tempi per far orgia.

Campion della brutale fantasia eran vissuti sanza niun decorofu lor vita strapien d’ipocrisia.

Manto di piombio e cappuccio d’oro,molti eran quegli della ecclesia santache per l’altrui povertà fecero coro.

Canto XXII8° cerchio6a bolgiaI due poeti, dopo aver beffato i diavoli, se ne vanno, ma questi li ricorrono.Virgilio afferra Dante e lo fa scivolare alla bolgia sottostante dove quei demoni non possono andare. Incontrano gli ipocriti che, in lenta processione, avanzano, avvolti da una pesante cappa di piombo rivestita d’oro. Tra i molti par di scorgere alcuni prelati (forse Il cardinal Bertone? O Ruini? O Bagnasco?)

Ma quaggiù nessun di loro incanta.In attici e salon facean bagordie intorno lor c’era la gente affranta,

e i clandestin usciti fuor dai bordifinivan l’esistenza sotto i mari.Molti prelati furon più che sordi

quando fu chiesto, dai più sacri altari,di prendere i fuggiaschi in lor magioni,nessun di lor rispose, feron l’ignari.

Qualcun poi pensò: ma siam minchioni?Ci pensa la signora d’Alemagnanoi siam maestri sì, ma di finzioni.

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L

Siamo sempre nella Bowery. Questa è un’altra anima persa e abbandonata in una “side alley” della “main street”. Stordito dall’alcool di infima qualità quest’anziano sonnecchia accanto al sacchetto di carta in cui vengono asportate dal negozio del vinaio le bottiglie che, per un pudore ipocrita, vengono sempre mimetizzate in questa specie di foglia di fico dal colore marroncino chiaro. Passeggiare lungo i

marciapiedi di questa strada era come sgranare il triste rosario di una delle tante miserie umane di questa grande metropoli.

NY City, agosto 1969

Dall’archiviodi Maurizio Berlincioni

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