Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO...

38
valori Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier > Una società che garantisca la parità di genere porta vantaggi per tutti Economia in rosa Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. Finanza > Bollette salate. Se il prezzo del gas dipende solo da Eni. E dal petrolio Economia solidale > Sbarco Gas 2011. A L’Aquila la scossa dell’economia solidale Internazionale > Immigrazione. Tra Grecia e Turchia, l’altra porta per l’Europa SIMONE CASETTA / ANZENBERGER Supplemento > Finanza & società Continua l’inchiesta Ingredienti made in Italy a rischio : il pollo a pag.50

Transcript of Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO...

Page 1: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

valoriAnno 11 numero 90. Giugno 2011.€ 4,00

Dossier > Una società che garantisca la parità di genere porta vantaggi per tutti

Economia in rosa

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Finanza > Bollette salate. Se il prezzo del gas dipende solo da Eni. E dal petrolioEconomia solidale > Sbarco Gas 2011. A L’Aquila la scossa dell’economia solidale

Internazionale > Immigrazione. Tra Grecia e Turchia, l’altra porta per l’Europa

SIM

ON

E C

AS

ETT

A /

AN

ZEN

BER

GER

Supplemento > Finanza & società

Continua

l’inchiesta

Ingredienti

made in Italy

a rischio:

il pollo

a pag.50

Page 2: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 3 |

| editoriale |

InvisibiliDonne di poteredi Nicola Misani

BARBARA INDOSSA JEANS NERI, una camicetta chiara a pois, scarpe con i tacchi bassi. È piccola, magra. Sorride, ma ha un viso pallido e stanco, come se avesse dormito poco. Non ha un filo di trucco. I capelli, lunghi e scarmigliati, ti fanno sospettare che non visiti il parrucchiere da settimane. Porta un solo anello, la fede. Un piccolo gioiello le adorna il collo. Indovinare la sua età è arduo: studiandola pare più vicina ai quarantache ai trenta, ma, vedendola camminare svelta per strada, potresti confonderla con una studentessa.

Barbara avvia la sua presentazione Powerpoint e si avvicina alla prima fila dei banchi dell’aula.«Immagino sappiate chi sono», dice in inglese al pubblico. Tutti annuiscono. Barbara è l’amministratoredelegato della filiale del Sud Europa di una grande multinazionale. Questa filiale, che ha sede in Italia, è un gigante che fattura quasi sei miliardi di euro, più di Tod’s, di Parmalat, di Mediaset e di tante nostreaziende guidate da uomini famosi, intervistati dalle tv, amici dei politici, i nomi cui la gente pensa quando si parla della “classe dirigente”. Barbara, un ingegnere svizzero, è stata assunta dalla multinazionale quandoaveva 28 anni. Una dozzina d’anni le sono bastati per arrivare ai vertici di una delle filiali maggiori del gruppo. Non è bellissima, non ha genitori importanti, le uniche armi che ha usato nella sua carrierasono l’intelligenza e il lavoro. Nel frattempo ha fatto due bambini. Il pubblico di oggi è composto da unatrentina dei suoi sottoposti, radunati per un corso di formazione. La mattinata trascorrerà fra numeri e grafici,che Barbara spiegherà con voce placida, ridendo spesso e rispondendo a tutte le domande con pazienza.

Barbara è una delle donne invisibili che raggiungono posizioni ambite e influenti, ma non appaionomai nei mezzi di comunicazione. Fanno carriera senza accettare lo stereotipo della “donna manager”,la dirigente dai modi tranchant e dai tailleur di lusso, la femmina adatta a fare il capo così come la immaginano i maschi. Puntano solo sulle loro capacità e hanno la fortuna di incontrare capi che guardano più ai risultati aziendali che ai luoghi comuni su come dovrebbe comportarsi una donna.

Quante donne come Barbara esistono, nel lavoro, nella politica, nelle università e nelle altre sedi del potere? Ancora poche e nel nostro Paese meno che altrove. Il soffitto di vetro che impedisce alle donne di talento di accedere alle posizioni di vertice ha molte cause, non tutte riconducibili a pregiudizi o discriminazione voluta. La competizione fra donne e uomini non è alla pari, perché le prime combattono da sole, mentre i secondi hanno alleate che arricchiscono, proteggono e organizzano la loro vita quotidiana. Come scrisse la pittrice Anna Lea Merritt: “L’ostacolo principale al successo di una donna è che non può avere una moglie”.

La cultura contribuisce a escludere le donne dal potere quando le dipinge come inadatte (perché, si suppone, non portate al comando) o disinteressate (in quanto mosse da motivazioni ideali più alte,incarnate dalla maternità). Questi pregiudizi funzionano nel momento in cui convincono le donne stesse a evitare di concorrere per le posizioni più alte. Ci sono donne di talento che accettano posizioniprofessionali solide, ma non eccelse, all’ombra di capi uomini, dei quali conquistano la fiduciadimostrandosi poco ambiziose, così che non le giudichino pericolose. Si potrebbe obiettare che la culturamoderna, ormai paritaria, ha superato questi pregiudizi. Tuttavia, soprattutto in Italia, le posizioni di poteresono spesso occupate da una gerontocrazia: uomini di 60 o 70 anni, o ancora più anziani, nutriti non dallacultura di oggi, ma da quella dell’epoca lontana in cui iniziarono la loro carriera. La stessa carenza attualedi donne al potere deriva in parte dal fatto che in quell’epoca molte donne di talento sceglievano di sacrificarsi per la famiglia o per l’insegnamento. Per questo motivo occorre felicitarsi dei successiprofessionali di donne come Barbara, giovani e mentalmente libere dai pregiudizi, che possono portare il vento della modernità in sedi del potere ancora inquinate da una cultura di genere superata. .

Mater-Bi®: dalla terra alla terraIn poche settimane di compostaggio un sacchetto in Mater-Bi® si trasforma in concime per la terra. Scegliere Mater-Bi®, in particolare per i produttori biologici, è un atto di coerenza e impegno ambientale.

Icea e Novamont insieme per l’ambienteIcea, l’Istituto per la certificazione etica e ambientale, insieme a Novamont, produttore della prima bioplastica italiana, hanno perfezionato un accordo per diffondere i prodotti in Mater-Bi® tra i produttori biologici.

Cominciamodai sacchettiIcea e Novamont propongono ai produttori biologici, a costi promozionali, il SACCHETICO®: sacchetto in Mater-Bi® biodegradabile e compostabile.

Prodotto in grandi quantità e personalizzato per il settore biologico, SACCHETICO® darà la possibilità ai produttori agricoli e agli

operatori dei negozi specializzati, di distribuire sacchetti che

sensibilizzano la clientela, veicolano una campagna di grande valore sociale e riducono l’inquinamento.

Mater-Bi® is a trademarkof Novamont SpA

COMUNICAZIONESTRATETICA

numero verde800 93 33 94

NOVAMONTsarà presente

a TERRAFUTURAFortezza da Basso

Firenze20 - 22 maggio 2011

Maggiori informazioni su: www.sacchetico.it

ISTI

TUTO

PER LA CERTIFICAZION

E

E T I CA E A M B I E NTALE

Eco

Co

mu

nic

azin

e.it

Mater-Bi®:puro impegno ambientale

tM

iBt ®

taMorupbma

i

e

B-ret :gepmio

llattneeib

o ng

-BiMater ® is a trademark

of Novamont SpA

AMONTNOVVAsarà presente

a TERRAFUTURAtezza da BassoFor

Firenze20 - 22 maggio 2011

ZCINUMOC ENOIZATAATRTS ACITE

numero verde

Campagna coordinata da:

Mater-BiIn poche settimane di compostaggio un sacchetto in Materin concime per la terrin particolare per i produttori biologici,è un atto di coerenza e impegno ambientale

20 - 22 maggio 2011

Mater-Bi® dalla terra alla terra:In poche settimane di compostaggio

-Biun sacchetto in Materr- ® si tr Scegliere Matera.in concime per la terr

in particolare per i produttori biologici,è un atto di coerenza e impegno ambientale

dalla terra alla terraIn poche settimane di compostaggio

asforma si tr-Bigliere Materr- ®,

in particolare per i produttori biologici,.è un atto di coerenza e impegno ambientale

Cominciamodai saccIcea e Novbiologici,il CCHETICOSA

biodegr

Cominciamohettidai saccamont propongono ai produttori Icea e Nov

a costi promozionali,biologici,CCHETICO® sacchetto in Mater:

.adabile e compostabilebiodegr

amont propongono ai produttori

-Birr- ®

800 93 33 94

Icea e Novamontinsieme per l’ambienteIcea,e ambientaleproduttore della prima bioplastica italiana,anibiologici.

Icea e Novamontinsieme per l’ambiente

l’Istituto per la certificazione etica Icea, insieme a Nov,e ambientale

produttore della prima bioplastica hanno perfezionato un italiana,

dorpierednoffofffidrepodroccaiB-rr-etaMn ® a i produttori tr

biologici.

l’Istituto per la certificazione etica amont,

produttore della prima bioplastica hanno perfezionato un

i ttttod

Prodotto in grper il settore biologicola possibilità ai produttori agricoli e agli

oper

IFFITIIIFTTIFREERCALREERPPE

OO

P

TTOUUTTIT

andi quantità e personalizzato Prodotto in gr,settore biologicoo, CCHETICOSA

la possibilità ai produttori agricoli e agli atori dei negozi specializzati,operdi distribuire sacchetti che

sensibilizzano la clientela,veicolano una campagna

alore sociale ande vdi gre riducono l’inquinamentoN

OIZZI

AAZCCA

FIIICFFIC

andi quantità e personalizzato CCHETICO® darà

la possibilità ai produttori agricoli e agli atori dei negozi specializzati,di distribuire sacchetti che

sensibilizzano la clientela,veicolano una campagna

alore sociale .e riducono l’inquinamento

Maggiori informazioni su:wwwEc

oC

om

un

icaz

ine.

it

Maggiori informazioni su:.it.saccheticowwww.

T SI

TNNTEE NII EBMAEACCA

IIC

TT IEE T

EN

ELL EAAL

TTANNT

L’AUTORENicola Misaniè ricercatore di Economia e Gestione delleimprese presso il dipartimento di Management & Technologydell’universitàBocconi. Si occupa di gestione aziendale,di responsabilitàsociale delle imprese e di riskmanagement. Cura un blogchiamato “La teiera”(http://lateiera.blogspot.com).

Page 3: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| sommario |

valori

Foto di famiglia: mammaMartina e il piccoloAntonio, moglie e figlio del fotografo Simone Casetta.S

IMO

NE C

AS

ETT

A /

AN

ZEN

BER

GER

giugno 2011mensilewww.valori.itanno 11 numero 90Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico, 1 - 20125 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci,FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba CislNazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba CislBrianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani,Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative,Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Avaconsiglio di amministrazionePaolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava,Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva,Sergio Slavazzadirezione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciGiuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzonedirettore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Copernico, 1 - 20125 MilanoPaola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini,Francesco Carcano, Matteo Cavallito, CorradoFontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino,Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona Corvaia([email protected])fotografieSimone Casetta (Anzenberger), Roberto Caccuri,Francesco Cocco, Alfredo Falvo, Martino Lombezzi,Christopher Olsson, Christian Sinibaldi (Contrasto),Mario Anzuoni (Reuters), Daniele CavallottistampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)abbonamento annuale ˜ 10 numeriEuro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 45,00 ˜ enti pubblici, aziendeEuro 60,00 ˜ sostenitoreabbonamento biennale ˜ 20 numeriEuro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privatiEuro 85,00 ˜ enti pubblici, aziendecome abbonarsiI carta di credito

sul sito www.valori.it sezione come abbonarsiCausale: abbonamento/Rinnovo Valori

I bonifico bancarioc/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin ZIban: IT29Z 05018 01600 000000108836della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 MilanoCausale: abbonamento/Rinnovo Valori +Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato

I bollettino postalec/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricercheeseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamentedisponibile ad adempiere ai propri doveri.

Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

*LIPPER FUND AWARDS 2009Rendimenti a tre anni (2006-2008)Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

*LIPPER FUND AWARDS 2010Rendimenti a tre anni (2007-2009)Valori Responsabili Monetario e Valori Responsabili Obbligazionario Misto

Premio Migliori Risultati Categoria Risparmio Gestito

MILANO FINANZA GLOBAL AWARDS 2009Valori Responsabili Obbligazionario Misto - Rendimento a un anno (2008)

ETICA SGR: VALORI IN CUI CREDERE, FINO IN FONDO.

Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli diimprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali.L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, nonha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comunea tutti gli altri fondi di investimento.

Parliamo di etica, contiamo i risultati.

I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio,Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca delTrentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo.Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesioneleggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

Fondi etici: l’investimento responsabile

GIOCOLa borsanon è un

LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONECOMUNICAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Copernico 1, 20125 Milano

tel. 02.67199099fax 02.67491691e-mail [email protected] ˜ [email protected]@valori.it ˜[email protected]

globalvision 7

fotonotizie 8

dossier Womenomics 14L’altra metà dell’economia 16Il dibattito irrisolto sulle quote rosa 18Quanto si perde nel lavoro gratis 20Un tesoretto sottratto alle donne e finito al federalismo 22Nel Paese delle veline 24

bandabassotti 27

finanzaeticaBollette salate. Se il prezzo del gas è deciso solo da Eni 28Partecipazione/Eni. Banca Etica si allea coi consumatori 32Partecipazione/Enel. Azionisti critici all’assemblea blindata 33Riforma delle finanza. La strada da compiere 35Fund raising. Il web salverà la raccolta fondi? 36

ipotesidicomplotto 39

economiasolidaleSbarco Gas 2011. A L’Aquila la scossa dell’economia solidale 40Attrezzarsi in tempo di crisi. “La rete fa la forza” 47Made in Italy a rischio/5: il pollo. Il monopolio del boiler sulle tavole d’Italia 49L’altra filiera: tu chiamali, se vuoi, amatori 52

internazionaleTra Grecia e Turchia. L’altra porta per l’Europa 54Lavoro e diritti, se l’Italia parla cinese 59Contro le privatizzazioni della vita. Per la democrazia 62

euronote 65

altrevoci 66

islamfinanzasocietà + consumiditerritorio 71

bancor 73

action! 74

Page 4: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 7 |

Una banca centralecome amica

Informazioni o regole| globalvision |

di Alberto Berrini

OCO PIÙ DI UN MESE FA (precisamente mercoledì 27 aprile 2011) si è tenuta la primaconferenza stampa di un Governatore della Fed (Federal Reserve), in 97 anni distoria della Banca centrale statunitense. Del resto Bernanke, governatore dell’i-

stituto, ha sempre sostenuto che «i banchieri centrali hanno la responsabilità di dare al pub-blico quante più spiegazioni possibili».

In realtà la glasnost (trasparenza) della Fed, ossia la ricerca di un dialogo con gli operatori eco-nomici, è un evidente segnale di impasse della politica monetaria della Banca centrale america-na, sospesa tra la crescita moderata dell’economia Usa - fino al rischio di un ritorno della re-cessione - e “l’esuberanza irrazionale” (secondo l’ormai celebre espressione del predecessore diBernanke, Alan Greenspan), che ormai damolti mesi caratterizza i mercati finanziari.

Il quantitative easing ha agevolato le speculazioniIn assenza di un’incisiva politica fiscale a so-stegno della domanda e dell’occupazione,come più volte denunciato dall’economistakeynesiano Paul Krugman, le prospettive dicrescita dell’economia statunitense sono,infatti, state ancora una volta affidate allapioggia di liquidità che la Fed ha fornito -soprattutto, ma non solo, sotto forma dibassi tassi di interesse - al sistema econo-mico americano.

Tale liquidità, come del resto era sconta-to, è stata per lo più utilizzata dai mercati fi-nanziari per operazioni speculative.

Indebitarsi in dollari a un tasso di inte-resse dello 0,25% per investire in materieprime, azioni o obbligazioni denominatein altra valuta, ma con tassi di interesse re-lativamente “alti”, diventa “un gioco daragazzi”, o almeno è così fino a quando lamoneta americana è percepitain cronico ribasso.

In caso contrario, cioè quan-do si invertono le aspettativesul cambio del dollaro, bisogna

viceversa rientrare velocemente dal debito.Ma il comportamento simultaneo di tutticoloro che hanno speculato, tramite l’uti-lizzo dei soliti esplosivi strumenti forniti

dalla finanza creativa, garanti-sce “l’effetto valanga”.

Passata la crisi, si torna all’anticoMolti giornali in questi giornihanno parlato del “ritorno deisignori di Wall Street” per sot-tolineare che nulla è cambiatoa oltre tre anni da quella chesarà ricordata come la “crisisubprime”. Una crisi paragona-bile solo “a quella del ’29” e chesolo grazie a uno straordinario- sia nella modalità che nellaquantità - intervento pubblico,di cui per anni pagheremo i co-sti, non si è trasformata in unaGrande Depressione, come ap-punto quella degli anni Trenta.

Non è dunque un caso che gli stessioperatori di Wall Street abbiano bollato laconferenza stampa di Bernanke come bril-liantly boring (fantasticamente noiosa). Ecome dargli torto se nulla è cambiato? BenBernanke, che si è laureato con una tesisulla crisi del ’29, dovrebbe saperlo: i mer-cati finanziari non devono essere informa-ti, ma regolati. .

La decisione di Bernanke di convocare la prima conferenzastampa nella storia della Fedindica l’impasse dell’istituto

P

valoriAnno 11 numero 89. Maggio 2011.€ 4,00

Dossier >L’Italia ha un ritardodi innovazione decennale.Serve unapolitica industriale

La bella economia

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

DO

RO

THEA S

CH

MID

/ L

AIF

Finanza > Nulla di nuovo allo sportello: alti rischi dietro promesse di guadagni faciliEconomia solidale > Dal “Villaggio della solidarietà” il diritto alla fuga per salvarsi

Internazionale > L’Islanda ha staccato la spina alle banche ed è risalita dagli inferi

Continua l’inchiestaIngredienti

made in Italy a rischio: il pescea pag.50

valoriAnno 11 numero 88. Aprile 2011.€ 4,00

Dossier > Più democratica o d’élite? Internet travolge il mondo dei libri e dell’arte

Il bitmuta lacultura

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

VALE

NTI

NA R

UG

GIE

RO

Finanza > Il fattore incertezza pesa sul nucleare. Aumentano i rischi assicurativiEconomia solidale > Ridurre l’impatto ambientale. La sfida per le fiere sostenibili

Internazionale > La mappa dei muri nel mondo: costose barriere contro i disperati

Continua l’inchiestaIngredienti

made in Italy a rischio: il vinoa pag.48

Valori lo leggi solo nelle librerie Feltrinelli o nelle sedi di Banca Etica o abbonandosi. Basta scaricare l’apposito modulo dal sito di Valori, compilarlo e rispedirlo via e-mail a [email protected] o via fax alla Società Cooperativa Editoriale Etica (02 67491691), allegando la copia dell’avvenuto pagamento (a meno che si usi la carta di credito).

www.valori.it

per vedere quello che altri non vedono

valori

valoriAnno 11 numero 90. Giugno 2011.€ 4,00

Dossier > Una società che garantisca la parità di genere porta vantaggi per tutti

Economia in rosa

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.

Finanza > Bollette salate. Se il prezzo del gas dipende solo da Eni. E dal petrolioEconomia solidale > Sbarco Gas 2011. A L’Aquila la scossa dell’economia solidale

Internazionale > Immigrazione. Tra Grecia e Turchia, l’altra porta per l’Europa

SIM

ON

E C

AS

ETT

A /

AN

ZEN

BER

GER

Supplemento > Finanza & società

Continua

l’inchiesta

Ingredienti

made in Italy

a rischio:

il pollo

a pag.50

Ben Bernanke, numero uno della Federal Reserve.

Page 5: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 9 || 8 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| fotonotizie |

MAR

IO A

NZU

ON

I /

REU

TER

S

AutoPerché la Fiat non riesce ad esserecompetitiva

La Fiat non è in grado di competerecon i principali competitorsstranieri, tanto più in un settore in sovrapproduzione come quellodell’auto. È l’opinione di RobertoRomano, economista della Cgil,secondo cui l’industria torinese «è da tempo fuori mercato. Il problema Fiat è solo industriale».

«La crisi del settore - continuaRomano - non è un fenomenoaneddotico, piuttosto l’effetto di un graduale e inesorabileprocesso di ridimensionamento del comparto nell’ambito dellaproduzione industriale complessiva,occorre un progetto all’altezza.Oggi si profilano due mercati: da un lato vetture di nuovagenerazione a basso impattoambientale per i mercati rigidi dei Paesi ricchi; dall’altro vetturelow cost per i mercati a ridottotasso di motorizzazione».

«La Fiat - prosegue Romano -sconta una forte arretratezza,caratterizzata dall’assenza di unapolitica capace di agire sui costifissi e pronta invece a tagliare sui variabili. Lavoro in primis. Un tratto caratteristico dellagestione di una società prima della sua “privatizzazione-cessione».

Secondo il sindacalista sarebbe compito della Commissioneeuropea «guidare il processo di ristrutturazione dell’interosettore. Se l’Europa non interviene,l’unico equilibrio che rimane è quello determinato dal dumpingfiscale e salariale che si realizza nei singoli Paesi».

L’Ue potrebbe assumere un ruolo almeno pari a quello avuto nell’esperienza dell’industriaaerospaziale: «A quel puntoMarchionne sarebbe costretto a misurarsi con il mercatoe non sui profili dei contratti e delle agevolazioni fiscali»,conclude Romano.

A sinistra, Sergio Marchionne,Ad di Fiat, circondato a LosAngeles dai giornalisti dopol’acquisizione della Chrysler.

Page 6: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 11 || 10 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| fotonotizie |

PortogalloPerché non usarele riserve d’oroper ridurre gli aiuti?

Il governo portoghese ha raggiuntolo scorso 4 maggio un accordo con l’Unione europea e il Fondomonetario internazionalesull’ammontare e sui termini del salvataggio d’emergenzarichiesto dal governo dimissionariodi José Socrates. A quest’ultimosaranno concessi 78 miliardi di euro, “spalmati” su un periodo di tre anni, al fine di consentire una riduzione più graduale del deficit pubblico.

Eppure le autorità di Lisbonaavrebbero un’altra carta da giocare: le riserve di oro, del valore di 20,7 miliardi di dollari.Si tratta del 9% del Pil, il dato più alto d’Europa. Secondo alcunieconomisti una cessione di un simile tesoro basterebbe a diminuire di un quintol’ammontare del maxi-prestito.Perché allora non fare leva su questa ricchezza, almeno in parte? Sembra un mistero.

Il Portogallo ha preferitoscegliere la via dell’aiuto Ue/Fmi,del quale, mentre questo numero di Valori va in stampa, ancora non si conoscono i principalidettagli. Soprattutto non si saquale sarà il tasso di interesse che verrà applicato. Quest’ultimocostituisce un parametrofondamentale, dal momento che anche le altre due economie“periferiche” dell’Eurozona che hanno ricevuto aiutiinternazionali, Grecia ed Irlanda,stanno tentando di rinegoziare i termini dei loro prestiti.

Ciò che è chiaro è che a Lisbonasono stati richiesti, sin da subito,ulteriori sforzi per ridurre il deficit di bilancio. Un’austerity che peseràin modo significativo sull’economialocale: il ministro delle FinanzeFernando Teixeira dos Santos ha fatto sapere che ciò si tradurràin una recessione biennale, pari al 2% sia nell’anno in corso che nel 2012. Una cifra doppia rispettoa quella che lo stesso responsabileeconomico di Lisbona avevaprospettato solo due mesi fa.

Un peso che dovranno reggereanche i piccoli ristoranti “a bassoprezzo” di Lisbona, come questofotografato nella zona del Chiado.A

LFR

ED

O F

ALV

O /

CO

NTR

AS

TO

Page 7: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 13 || 12 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| fotonotizie |

PetrolioMaterie prime,si sgonfia la bolla.E ora?

La piattaforma petrolifera Vega-Alpha di Edison al largo di Ragusa: un’esercitazione di controllo di un idrante.

Il crollo delle commoditiesregistrato nella prima settimana di maggio sui mercati internazionalisembra aver colto di sorpresaalcuni attori della finanza globale.Clive Capital, il principale hedgefund specializzato sulle materieprime, ha lasciato, ad esempio, sul campo oltre 400 milioni di dollari, soprattutto a causa del calo del petrolio. In una letteraagli investitori ha puntato il ditocontro i movimenti “straordinari”registrati sui prezzi, spiegandocome si sia trattato di “un eventoraro”. Ma Clive non è il solo fondoad aver vacillato: una situazionedel tutto simile è stata registratadall’Astenbeck Capital, che secondo gli investitori è incorso in ingenti perdite.

Eppure sembra impossibileaffermare che dell’imminentesgonfiamento della “bolla” non si fosse consci. Numerosi analistinei mesi scorsi avevano sottolineatole attività speculative che hannospinto ai massimi storici non solo il greggio, ma anche rame, alluminio(scesi in pochi giorni rispettivamente del 5 e del 7%) e - soprattutto - i metalli preziosi. Su tutti l’argento,che dopo aver raddoppiato in sei mesi il proprio valore, ha perso nella sola giornata di lunedì 2 maggio il 12% e il 30%nel corso dell’intera settimana.

Forse gli analisti non siaspettavano un’inversione ditendenza così repentina. E, in questosenso, si potrebbe affermare chegli stessi speculatori sono statitratti in inganno dalle loro medesimemanovre. Dai loro comportamentifinanziariamente “schizofrenici”. A conferma del fatto che a governarele dinamiche della finanza sonoelementi che poco hanno a chevedere con le reali condizionidell’economia internazionale.

Crollata la speculazione sullematerie prime, c’è da scommetteresulla crescita immediata di nuovebolle su altri asset. Finché, un giorno, il “giocattolo” non si romperà definitivamente. FR

AN

CES

CO

CO

CC

O /

CO

NTR

AS

TO

Page 8: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

Politiche per la parità digenere e la conciliazione

lavoro-famiglia avvantaggianouomini e donne.

E la presenza femminile nelmondo del lavoro porta

benefici anche economici

a cura di Paola Baiocchi, Francesco Bianco, Matteo Cavallito, Mario D’Acunto

L’altra metà dell’economia >16Il dibattito irrisolto sulle quote rosa >18Quanto si perde nel lavoro gratis >20Conciliare tempi di vita e tempi di produzione >21Un tesoretto sottratto alle donne. E finito al federalismo >22Nel Paese delle veline >24Provocare i cambiamenti >25dossier

| 14 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 15 |

Donne pilastro

dell’economia

womenomics

valorilancia

il premio

Donna

ad honorem

All’uomo che

si è distinto per

iniziative in favore

della parità

di genere

www.valori.it

Una riunione di lavoro di un gruppodi donne manager del gruppo

Deborah, azienda italianaspecializzata nei prodotti cosmetici

e di bellezza.

MAR

TIN

O L

OM

BEZZ

I /

CO

NTR

AS

TO

Page 9: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| dossier | womenomics || dossier | womenomics |

| 16 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 17 |

e le sue conseguenze in termini di accre-sciuta incertezza per il futuro del Paese, afronte di costi finanziari ancora sconosciu-ti, hanno rilanciato implicitamente un’i-dea nient’affatto nuova, sostanzialmentelatente, eppure mai sopita. Quella, cioè, diuna strada di ripresa capace di passare perlo sviluppo di una risorsa sottoutilizzata:quell’immenso agglomerato di consumi,capacità produttive e idee, rappresentatoda milioni di donne.

Womenomics L’idea originaria la si deve all’analista diGoldman Sachs, Kathy Matsui, responsabi-le, nel 1999, di un report destinato a fare sto-ria (vedi ). L’idea è semplice quanto effi-cace, «analizzare - spiega oggi Paola Profeta,docente di Scienza delle finanze presso l’u-niversità Bocconi di Milano - i vantaggi chederivano da una maggiore presenza femmi-nile nel sistema economico. Una presenza

BOX

che ha rappresentato negli ultimi decenni ilprincipale fattore di crescita, generando unbeneficio per l’intero sistema». La chiave dilettura è tutta qui. Nell’ultimo mezzo secolol’aumento dell’impiego femminile ha trasci-nato le economie di tutto il mondo. Il gapeconomico tra uomini e donne si è progres-sivamente ridotto. Laddove il divario è ri-masto ampio la crescita è stata più contenu-ta se non, di fatto, quasi nulla, comeevidenzia proprio il caso del Giappone, lapiù stagnante e “diseguale” delle economieavanzate (vedi ). La lezione è scontata: ri-durre il gap di genere non rappresenta soloun problema “femminile”. È la strada prin-cipale per la realizzazione di un beneficiocomplessivo dell’intera società. Il principiostesso di una disciplina conosciuta da oltreun decennio come Womenomics e oggi piùche mai attuale.

L’Italia in ritardo... La lezione giapponese trova un immediatoriscontro in un’economia per molti versi ge-mella: quella italiana. Nella Penisola, dovel’invecchiamento della popolazione, la cre-scita ridotta (con ovvie ricadute sul rappor-to debito/Pil) e il generale senso di stagna-zione dominano da anni il dibattito sulrilancio, i dati sull’economia al femminilesembrano offrire risposte esaurienti. In Italia«il tasso di occupazione femminile si collo-ca al 46% (ma al Sud si scende anche al30%), il livello più basso tra i Paesi dell’U-nione con l’eccezione di Malta», spiega Pao-la Profeta. Che continua: «Siamo ancora

BOX

molto lontani dall’obiettivo del 60% fissatoda Lisbona per il 2010 e successivamente ri-lanciato al 75% per il 2020». Un ritardo fi-glio di fattori culturali («una tendenza alladivisione dei ruoli tra lavoro domestico, perle donne, e lavoro sul mercato, per gli uo-mini, che influisce sulla percezione stessa daparte della società»), ma anche strutturali.In un Paese che, ricorda ancora la Profeta,«spende appena l’1,36% del Pil per i trasfe-rimenti alle famiglie contro il 3% della Fran-cia» e in cui «solo il 12,7% dei bambini tragli zero e i 3 anni può contare su un posto inasilo nido (contro il 54% dei coetanei Usa eil 34% dei britannici registrato nel 2006 -ndr), a fronte dell’obiettivo di Lisbona del33%», non stupisce che la conciliazione ma-ternità/lavoro sia spesso improponibile. «InItalia il 27% delle donne esce dal mercatodel lavoro alla nascita del primo figlio, diqueste soltanto una su tre torna a lavorare»spiega Daniela Del Boca, docente di Econo-mia politica all’università di Torino. «Inquesto contesto - sottolinea - manca com-pletamente un’adeguata offerta delle impre-

se in termini di flessibilità, attraverso solu-zioni come il part time o il tele lavoro».Un’occasione sprecata, insomma, almenostando alle stime fornite ancora da Gold-man Sachs. Colmare il divario occupaziona-le di genere in Eurolandia implicherebbeuna crescita del Pil pari al 13%. In Italia il da-to salirebbe addirittura al 22%.

...e senza futuroE dire che le soluzioni non mancherebbero.Nei Paesi dove il gap di genere si è ridotto siè evidenziato da subito un risultato per cer-ti versi sorprendente: l’aumento della nata-lità. In Norvegia, terza nella classifica mon-diale stilata dal World Economic Forum intermini di partecipazione e opportunità eco-nomiche (livello salariale, presenza occupa-zionale e accesso ai lavori qualificati) (vedi

) ogni donna mette al mondo in me-dia due figli. Negli Usa (6°) si sale a quota2,1. In Italia si resta fermi all’1,4. Una cifraemblematica di quelle carenze legislative estrutturali che penalizzano un genere e, conesso, la società intera..

TABELLA

L’altra metàdell’economia

di Matteo Cavallito

a provocazione l’ha lanciata il mensile The Atlantic, ripren-

dendo un’affermazione espressa in tempi non sospetti dal-

l’autorevole The Economist. “I giapponesi - scriveva il settimanale bri-

tannico lo scorso novembre - sembrano quasi in attesa di un’adeguata

crisi capace di scuotere il Paese dal suo stato di letargia radicatosi do-

po vent’anni di stagnazione economica e quasi quindici di declino

della popolazione attiva”. Nemmeno il più stakanovista dei nipponi-

ci, ovviamente, si sarebbe augurato che lo scossone arrivasse dal ter-

remoto dello scorso 11 marzo, ma sta di fatto che il disastro naturale

L

PRESENZA DELLE DONNE NELLE COMPAGNIE PRIVATE

FON

TE: W

OR

LD E

CO

NO

MIC

FO

RU

M, C

OR

PO

RAT

E G

EN

-D

ER

GAP R

EPO

RT

2010, W

WW

.WEFO

RU

M.O

RG

50

40

30

20

10

0%PERC

ENTU

ALE

DEI D

ICHI

ARAN

TI

Indagine su un campione di oltre 3.400 compagnie private

Aust

ria

Belg

io

Bras

ile

Cana

da

R. C

eca

Finl

andi

a

Fran

cia

Ger

man

ia

Gre

cia

Indi

a

Italia

Gia

ppon

e

Mes

sico

Paes

i Bas

si

Nor

vegi

a

Spag

na

Svizz

era

Turc

hia

Ingh

ilter

ra

Stat

i Uni

ti

WOMENOMICS LA RISORSA CHE SALVEREBBE IL GIAPPONE

“CHE COS’HANNO IN COMUNE i telefoni cellulari, internet, i computer, le minicar, i condominie i beni di lusso? Le donne giapponesi”. Inizia con questa riflessione Womenomics - Buy thefemale economy, la sorprendente ricerca pubblicata nel 1999 dall’analista di Goldman Sachs,Kathy Matsui, con la collaborazione di Hiromi Suzuki e Yoko Ushio. Un’indagine rivoluzionaria,capace di dar vita a una nuova disciplina: lo studio del potenziale economico delle donne.Punto di partenza è il beneficio complessivo dell’aumento della capacità di spesa di genere.Nell’ultimo decennio del XX secolo, notò la Matsui, il valore delle azioni di un paniere di 115imprese che si avvalevano prevalentemente di clientela femminile (vestiti, cibo precotto,prodotti di bellezza, ma non solo) era cresciuto del 96% contro il 13% dell’indice della Borsalocale. Tradotto: una crescita dell’occupazione delle donne, condizione fondamentale per l’aumento del loro potere d’acquisto, avrebbe garantito enormi opportunità di crescita. Un aumento del tasso di partecipazione economica delle donne dal 50% dell’epoca al 59% (il livello statunitense nel 1999) avrebbe garantito da solo una crescita del Pil pari allo 0,3%annuo per almeno un decennio. Una lezione caduta nel vuoto. Oggi, nota il mensile The Atlantic, il tasso di occupazione degli uomini in Giappone è superiore del 20% a quellodelle donne, “il divario più grande nel mondo industrializzato”. In media, il valore degli stipendidelle donne non supera il 70% di quello dei colleghi uomini. M.C.

FINLANDIA

NORVEGIA

TURCHIA

BRASILE

ITALIA

SPAGNA

GERMANIA

AUSTRIA

GIAPPONE

BELGIO

CANADA

FRANCIA

GRECIA

INDIA

MESSICO

OLANDA

REGNO UNITO

REP. CECA

SVIZZERA

USA

13%12%12%11%11%9%6%4%4%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%

PERCENTUALE DI DONNE TRA GLI AMMINISTRATORIDELEGATI (CEO) IN 20 PAESI

PARTECIPAZIONE E OPPORTUNITÀ ECONOMICA

FON

TE: W

OR

LD E

CO

NO

MIC

FO

RU

M, G

LOB

AL

GEN

DER

GAP R

EPO

RT

2010, W

WW

.WEFO

RU

M.O

RG

IND

AGIN

E S

U 1

34 P

AES

I. P

UN

TEG

GIO

: 1=LI

VELL

O M

AS

SIM

O, 0

=LI

VELL

O N

ULL

O

I TOP 101 Lesotho 0,87892 Mongolia 0,87463 Norvegia 0,83064 Bahamas 0,82885 Mozambico 0,81136 Usa 0,79927 Barbados 0,78708 Canada 0,77689 N. Zelanda 0,7743

10 Moldova 0,770797 Italia 0,5893

I 10 PEGGIORI125 Iran 0,4257126 Giordania 0,4225127 Marocco 0,4077128 India 0,4025129 Oman 0,4003130 Siria 0,3980131 Turchia 0,3856132 Arabia Saudita 0,3351133 Pakistan 0,3059134 Yemen 0,1951

FON

TE: W

OR

LD E

CO

NO

MIC

FO

RU

M, C

OR

PO

RAT

E G

EN

DER

GAP R

EPO

RT

2010, W

WW

.WEFO

RU

M.O

RG

IN

DAG

INE S

U U

N C

AM

PIO

NE D

I O

LTR

E 3

.400 C

OM

PAG

NIE

PR

IVAT

E

Page 10: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

Il reparto filaturadell’aziendatessile Berto E.G. a Bovolenta(Padova),dicembre 2010.

N ORIGINE FU LA NORVEGIA, apripista di unprovvedimento tanto radicale quan-to discusso. Nel 2004 una legge di

nuova concezione impose a tutte le compa-gnie quotate alla Borsa di Oslo di garantireuna rappresentanza minima del 40% alledonne presenti nei loro consigli di ammi-nistrazione. Un’autentica rivoluzione in unPaese in cui la presenza femminile nei Cdaaveva raggiunto due anni prima appena il6% sul totale dei posti disponibili. Nel 2009il traguardo era stato conquistato.

Rappresentate per decreto L’esperienza norvegese è stata da allora alcentro di lunghissimi dibattiti costruiti at-torno alla domanda di sempre: è giusto ri-servare alle donne una rappresentanza fissaa prescindere dai criteri oggettivi di selezio-ne, a cominciare dal merito? “Ilgoverno norvegese - ha scrittol’Economist - era interessato a unprincipio di giustizia sociale;non affermò che l’aumento del-

le donne nei Cda avrebbe migliorato leperformance aziendali”. E ancora: “Trovaredonne qualificate in un Paese dove fino al2003 la presenza femminile nei consigli erapari soltanto al 9% rappresentava una sfi-da”. Un problema reale? Secondo Alessan-dra Casarico, docente di Scienza delle Fi-nanze presso l’università Bocconi diMilano, decisamente no. «La necessità ditrovare in tempi rapidi le opportune com-petenze - spiega - può essere un problema,ma in sostanza resta soprattutto una scusa.In Norvegia i problemi sono stati tempora-nei, ma alla fine è stato trovato un adegua-to numero di donne qualificate». Secondol’Economist non mancano gli studi a soste-gno della tesi “più donne uguale maggiorecorporate performance” (si pensi allo studiodella società newyorchese Catalyst, 2007),

| dossier | womenomics | | dossier | womenomics |

| 18 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 19 |

ma “le evidenze accademiche sul rapportocausa-effetto restano scarse”.

In attesa di risolvere la questione, resta co-munque chiara la domanda di fondo: almeccanismo delle quote non sarebbe prefe-ribile un sistema autenticamente merito-cratico? «Sì - risponde Paola Profeta - se ledonne partecipassero a una competizioneequa. In realtà si trovano spesso a gareggia-re in una vera e propria corsa ad ostacoli.Non dimentichiamo inoltre che le donnesono ormai più istruite degli uomini: su 100laureati in Italia 60 sono donne e, quindi, laqualità tra le donne non manca e non pos-siamo certo parlare di meritocrazia se nonriusciamo a valorizzare in modo appropria-to i talenti e le competenze femminili».

In Italia è vicina all’approvazione unaproposta di legge che imponga una quotaminima di donne nei Cda pari al 20% apartire dal 2012 e al 30% dal 2015. Il prov-vedimento prevede comunque una duratalimitata: tre mandati dei Cda, altrettantidei collegi sindacali.

Una questione politica Il tema delle quote si rivela ancora più pro-blematico nella rappresentanza politica,

dove le disuguaglianze si manifestano nelmodo più evidente su scala internazionale.«Quando le donne diventano policy makerc’è una maggiore attenzione per i temi chele riguardano», spiega Alessandra Casarico.Insomma, più le donne sono presenti inParlamento, più sono tutelati i loro diritti.Fin qui tutto bene, se non fosse che il tra-

guardo di una rappresentanza garantita ri-schia di perdere di significato in assenza diuna selezione democratica e meritocraticadella classe dirigente. Ma questo, ovvia-mente, non è certo un problema di genere.

«Mi rendo conto - spiega Daniela DelBoca - che la questione della rappresentan-za politica risulti particolarmente proble-matica. Al tempo stesso, però, è importan-te sottolineare che, quando le donne sonostate incentivate a partecipare più attiva-mente, i risultati non sono mancati. E, inquesto caso, anche il principio delle quotesi è rivelato utile».

Il riferimento corre proprio all’Italia.Dall’aprile ’93 al settembre ’95 una leggeimpose le cosiddette quote rosa in occasio-ne delle elezioni comunali. Dopo l’aboli-zione del provvedimento per incostituzio-nalità, rivelò una ricerca degli economistiMaria De Paola e Vincenzo Scoppa, gli ol-tre settemila comuni che avevano dovutoadeguarsi alla legge continuarono, nellesuccessive elezioni, a registrare una presen-za femminile più elevata nei loro consiglirispetto ai quasi 400 che, causa un diversocalendario elettorale, non avevano maisperimentato quell’obbligo nel triennio incui era stato in vigore. .

Il dibattito irrisoltosulle quote rosa

Sistema giusto o provvedimento discriminante? L’assegnazione alle donne di rappresentanze minime

garantite costituisce ancora un tema di difficile soluzione. Tanto nelle imprese quanto nei governi.

di Matteo Cavallito

DIFFERENZA DI GENERE NEL MONDO

IL POSTO MIGLIORE PER TUTELARSI DALLO STALKING? La Lituania. Per l’educazionesessuale e la contraccezione? Rispettivamente la Danimarca e l’Olanda. I congedi parentalipiù efficienti? In Svezia, naturalmente. Esalta il Nord Europa, almeno in parte, il pacchettodelle 14 migliori leggi del Continente per i diritti delle donne presentato nel novembre scorsodalla Casa internazionale delle donne di Roma e dall’associazione francese Choisir. Unageografia legislativa in linea con l’ultimo rapporto sul Global gender gap realizzato dal WorldEconomic Forum (www.weforum.org), che ha confrontato alcune variabili chiave cui è attribuito un punteggio indicizzato tra 0 (livello minimo, situazione peggiore) e 1 (situazione ottimale). È l’Islanda il miglior Paese in cui una donna possa vivere in condizioni di maggior tutela e di minore discriminazione. Un primato che consente all’isola di primeggiare sugli altri luoghiideali della classifica dove la Scandinavia trionfa davanti a Nuova Zelanda, Irlanda e Danimarca, 5°, 6° e 7°, in una graduatoria di 134 Paesi chiusa da Pakistan, Chad e Yemen.L’economia resta un campo discriminante, ma è la politica a segnare i punteggi peggiori. I “nordici” primeggiano anche lì, ma con un indice inferiore a quello complessivo (l’Islandavince su tutti con lo 0,67, ben al di sotto della sua media complessiva che sfiora lo 0,85).Quattro Paesi - Belize, Brunei, Arabia Saudita e Qatar - totalizzano un inquietante 0,0.Determinante la rappresentanza delle donne in Parlamento. A dominare la classifica, il Ruanda,l’unico Paese del Pianeta in cui le donne costituiscono la maggioranza dei deputati: circa 56su 100. Seguono Svezia (45%), Sud Africa (44,5%) e Cuba (43,2%). L’Italia è 51esima con il 21,3% dei seggi occupati dalle donne. Nella classifica globale del gap di genere, ci piazziamoal 74esimo posto, preceduti dalla Repubblica Dominicana e tallonati dal Gambia.

I

L’Italia è vicina all’approvazionedi una legge che imponga unaquota minima di donne nei Cda:il 20% dal 2012 e il 30% dal 2015

THE GLOBAL GENDER GAP INDEX 2010*

FON

TE: W

OR

LD E

CO

NO

MIC

FO

RU

M, G

LOB

AL

GEN

DER

GAP R

EPO

RT

2010, W

WW

.WEFO

RU

M.O

RG

I TOP 101 Islanda 0,84962 Norvegia 0,84043 Finlandia 0,82604 Svezia 0,80245 N. Zelanda 0,78086 Irlanda 0,77737 Danimarca 0,77198 Lesotho 0,76789 Filippine 0,7654

10 Svizzera 0,756274 Italia 0,6765

I 10 PEGGIORI125 Egitto 0,5899126 Turchia 0,5876127 Marocco 0,5767128 Benin 0,5719129 A. Saudita 0,5713130 C. d’Avorio 0,5691131 Mali 0,5680132 Pakistan 0,5465133 Chad 0,5330134 Yemen 0,4603

*IL GLOBAL GENDER GAP INDEX è l’indice,calcolato dal Word Economic Forum, che misura il

divario tra uomini e donne in termini di pariopportunità. Vengono analizzate 134 nazioni. Nel

2010 l’Italia è ulteriormente peggiorata, passandodal 72° al 74° posto, superato da Malawi e Ghana.

PRESENZA DI DONNE IN PARLAMENTO

FON

TE: IN

TER

-PAR

LIAM

EN

TARY U

NIO

N, W

WW

.IPU

.OR

G, D

ATI AL

31 M

AR

ZO 2

011 P

RES

EN

ZA A

LLA C

AM

ER

A B

AS

SA O

SIN

GO

LA

I TOP 101 Ruanda 56,3%2 Svezia 45,0%3 Sud Africa 44,5%4 Cuba 43,2%5 Islanda 42,9%6 Finlandia 40,0%7 Norvegia 39,6%8 Belgio 39,3%9 Olanda 39,3%

10 Mozambico 39,2%51 Italia 21,3%

I 10 PEGGIORI128 Yemen 0,3%129 Belize 0,0%129 Micronesia 0,0%129 Nauru 0,0%129 Oman 0,0%129 Palau 0,0%129 Qatar 0,0%129 A. Saudita 0,0%129 Solomon Islands 0,0%129 Tuvalu 0,0%

Indagine su 134 Paesi.Punteggio 1=livello massimo, 0=livello nullo.

INDICE POLITICAL EMPOWERMENT

FON

TE: W

OR

LD E

CO

NO

MIC

FO

RU

M, G

LOB

AL

GEN

DER

GAP R

EPO

RT

2010, W

WW

.WEFO

RU

M.O

RG

I TOP 101 Islanda 0,67482 Finlandia 0,56863 Norvegia 0,56144 Svezia 0,47065 Spagna 0,42586 Sri Lanka 0,41037 Irlanda 0,39858 N. Zelanda 0,37929 Sud Africa 0,3773

10 Danimarca 0,369557 Italia 0,1523

I 10 PEGGIORI125 Egitto 0,0311126 Ungheria 0,0309127 Libano 0,0283128 Oman 0,0256129 Iran 0,0165130 Yemen 0,0165131 Belize 0,0000131 Brunei 0,0000131 Qatar 0,0000131 A. Saudita 0,0000

Indagine su 134 Paesi. Punteggio 1=livello massimo, 0=livello nullo.

AlessandraCasaricoPaola ProfetaDonne in attesa.L’Italia delladisparità di genereEgea, 2010

LIBRI

RO

BER

TO C

ACC

UR

I /

CO

NTR

AS

TO

Page 11: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| dossier | womenomics |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 21 |

| dossier | womenomics |

| 20 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

Arianna Visentini,della societàVariazioni.Per conoscere altre applicazionidella legge 53si può vedereil serviziodi Riccardo Iacona,“Senza donne”,sul sito dellatrasmissione Presa diretta.

UNA LEGGE TRA LAVORO E FAMIGLIA

L’ARTICOLO 9 DELLA LEGGE 53/2000, attualmente ferma in attesa di nuovi decreti attuativi, contiene misure innovative per favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata deilavoratori padri e madri, nel caso di lavoro dipendente, autonomo e d’impresa. I casi per i quali è possibile chiedere il finanziamento a fondo perduto sono molti: forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro, per esempio attraverso banchedelle ore, part time reversibili, telelavoro, lavoro a domicilio, orarioconcentrato, flessibilità in entrata e in uscita. Hanno priorità i genitori con bambini fino a 8 anni di età o 12 in caso di affidamentoo di adozione, oppure per la cura di altri familiari non autosufficienti.Prevede progetti che consentano la sostituzione del/la titolared’impresa o del/la lavoratrice autonoma in periodo di astensioneobbligatoria o dei congedi parentali. Sono finanziabili programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il congedo di paternità o di maternità. Condizione per accedere ai finanziamentiè che le azioni siano attuate attraverso accordi contrattuali. Pa.Bai.

IL SOFFITTO DI CRISTALLO IN LABORATORIO È FATTO ANCHE DI FURTI DI NOBEL

CHI IMMAGINA GLI SCIENZIATI COME PERSONE IMMERSE SOLO NELLE LORO RICERCHE SBAGLIA. Molto spesso le motivazioniintrinseche dei ricercatori sono gli stuzzicanti privilegi che il denaro e la fama offrono. In questa ricerca di un posto al sole nella storiadella ricerca scientifica c’è un piccolo problema, bisogna arrivare primi e anche avere meno soci possibili con cui dividere onori e gloria.Questo genera una “lotta di classe” all’interno della comunità scientifica, dove chi ha alcuni vantaggi di rendita (il professore con lo studente, per esempio, o gli uomini nei confronti delle donne) tende a sfruttarli a proprio vantaggio. Così la storia delle più importantiscoperte scientifiche è costellata di autentici furti accompagnati da cambi di identità dello scopritore. Il caso forse più clamoroso è quellodi Rosalind Franklin. Fondamentale fu il contributo che diede per l’identificazione della struttura a doppia elica del Dna. Dopo la mortedella Franklin, il premio Nobel per questa scoperta fu assegnato nel 1962 ai suoi colleghi Francis Crick e James Watson che, comerivelato molto dopo da Watson nel libro “La doppia elica”, sottrassero furtivamente dal laboratorio della scienziata i dati della diffrazioneai raggi X del Dna. Purtroppo il premio Nobel non può assere assegnato postumo e nemmeno tolto ai ladri.

Altri casi su cui non sappiamo il vero peso di una donna dietro importanti scoperte e teorie sono quelli dei rapporti familiari: così è statoper Tycho e Sophie Brahe (fratello e sorella) alla fine del ’500 o nel caso di Albert e Mileva Maric-Einstein, marito e moglie. Studiarono e lavorarono insieme nel periodo cruciale della formulazione della teoria della relatività, al punto che si definivano “ein stein” (una solapietra) e il lavoro di Mileva si confuse talmente con quello di Albert che non è più possibile ricostruirlo e capire quanto meritasse il Nobelassegnato al marito. I due si separano nel 1914. Anni dopo Einstein cercò, senza riuscirci, di unificare le forze fondamentali allora note,cioè la gravità e l’elettromagnetismo. Chissà che non gli sarebbe tornato utile avere Mileva girare per casa. Mario D’Acunto

E NON VOGLIAMO PARLARE dicomplotto contro le donneper tenerle il più possibile a

casa o per bloccarle ad occuparsi solo delproprio aspetto fisico, dobbiamo prendereatto che è un “periodaccio” per il generefemminile. In tempi di crisi economica e diriduzione del welfare potrebbe sembrare in-generoso parlare di donne, soprattutto intermini di contrapposizione a tutte le altrefasce della popolazione in difficoltà: giova-ni in cerca di prima occupazione, anziani,disoccupati in età avanzata, ecc. Infatti con-trapporre i problemi vorrebbe solo dire fareil gioco del “nemico”, perché sono faccedella stessa medaglia: ogni donna che lavo-ra genera “un indotto” di tre/sette posti dilavoro (a seconda degli studi considerati).

E ogni sottrazione di welfare riporta acasa le donne che, soprattutto nella nostracultura, sono quelle che de-dicano più tempo ai lavori dicura. Una prova arriva dallapubblicazione della differen-za tra il tempo che dedicano

le donne e gli uomini italiani al lavoro nonretribuito: è in media di cinque ore al gior-no per le donne, occupate in lavori di pro-duzione domestica come la cura dei bam-bini, la pulizia della casa, la cucina,l’assistenza agli anziani o ai disabili. Men-tre gli uomini occupano 100 minuti al gior-no (1 ora e 40) in lavori prevalentemente dialtro genere, come occuparsi della macchi-na o della manutenzione della casa.

Tre ore e quaranta (!)La differenza è di 223 minuti, circa tre oree quaranta. Il dato è stato pubblicato dal-l’Organizzazione per la cooperazione e losviluppo economico (Ocse) e, tra i suoi In-dicatori di sviluppo economico, è risultatouno dei peggiori (vedi ). Un prece-dente studio del 2007, condotto su uncampione ridotto di Paesi (Olanda, Usa,

TABELLA

Germania, Italia) dalla Fondazione Debe-nedetti, fissava in 75 minuti la differenza digenere negli impegni non remunerati degliitaliani: 13 minuti la differenza in Olanda,8 in Germania, 4 negli Usa. Lo stesso stu-dio calcolava che i lavori non retribuiti del-le donne rappresentavano il 23% del Pilitaliano, circa 308 miliardi di euro. Segnoche persistono in Italia una serie comples-sa di fattori culturali e sociali, esasperatidalla crisi economica, che incentivano il la-voro non retribuito delle donne. È da se-gnalare anche un’ottica pietistica nell’im-postazione delle politiche di sostegno allaconciliazione lavoro/famiglia, che rendeepisodici degli interventi che dovrebberoessere strutturali.

Premio donna ad honoremUn esempio è la situazione della legge 53del 2000 e del suo articolo 9 (vedi ) cheè stata modificata in senso migliorativo, mada due anni attende i nuovi decreti attuati-vi e quindi è stata “messa a dormire” (vedi

accanto) mentre - con un forte ef-fetto annuncio - sono stati lanciati finan-ziamenti per 40 milioni di euro nel pianoCarfagna, che si traducono in elemosineper famiglie e imprese: mille euro in vou-cher per le madri o 6 mila per le imprese. Ilpremio “Donna ad honorem” che Valorivuole attribuire a chi, persona, organizza-zione o forza politica, si rivelerà veramenteutile alle donne, potrebbe andare a tutti co-loro che si impegneranno a ridare le gam-be alla legge 53/2000. .

BOX

INTERVISTA

Quanto si perde nel lavoro gratisAttivare politiche di conciliazione tra lavoro e vita privata fa benea tutta la società: ogni donna che lavora genera dai tre ai sette posti di lavoro.

di Paola Baiocchi

S RIANNA VISENTINI è una delleinventrici della società diconsulenza Variazioni, che

in soli due anni ha promosso sul territoriomantovano 26 progetti di conciliazione la-voro/vita privata, grazie all’articolo 9 dellalegge 53.

Può spiegarci cosa avete realizza-to e come?

Il caso più noto è quello della Lubiam: lì, conl’articolo 9, è stata riavviata la turnazionedei part time, che l’azienda aveva concessoa tempo indeterminato negli anni di boom,mentre stentava a concederne di nuovi. Inaltre società ha permesso la baby sitter a do-micilio in caso di malattia dei figli. Oppurela flessibilità di orario in entrata o in uscita.Siamo riuscite a mettere in moto alcune del-le possibilità che la legge 53 offre perché c’èstata l’attivazione della Con-sigliera di pari opportunitàdella Provincia di Mantova edella Camera di commercio,per cui abbiamo potuto pre-

sentare alle aziende il progetto “chiavi inmano”. Senza questo “traino” le aziendenon si avvalgono della legge, per questo èproblematica la mancanza dei nuovi decretiattuativi: blocca un processo virtuoso cheavrebbe bisogno di tempo per consolidarsi.

Sono soprattutto le donne a richie-dere il part time.

Per motivi economici sì, gli stipendi femmi-

Conciliare tempi di vitae tempi di produzioneLe aziende recepiscono i cambiamenti se sono accompagnate nella progettazione. Come sempre l’applicazione di unabuona legge dipende dalla volontà politica e dal ruolo di stimolo dei cittadini e degli enti.

di Paola Baiocchi

A nili, anche a parità di mansione, restano in-feriori a quelli maschili, per cui non si ri-nuncia al reddito principale. Il part time èanche l’argomento più spendibile per far co-noscere l’articolo 9 alle aziende, perché fi-nanzia la sostituzione della mamma che ri-chiede il part time. Però è importante che siautilizzato per un periodo transitorio, pernon penalizzare le donne dal punto di vistacontributivo, quindi pensionistico e dalpunto di vista delle opportunità di carriera.Per questo spingiamo di più verso la flessibi-lità degli orari e verso alcuni servizi.

Uno degli imprenditori finanziati hadichiarato di aver ottenuto la scom-parsa dell’assenteismo e migliora-to la produzione.

Un altro dato che possiamo portare è che do-ve vengono avviati percorsi di pianificazio-ne del congedo parentale, le lavoratrici tor-nano prima al loro posto di quando avevanoprevisto, perché gli viene riconosciuto unorario flessibile oppure il telelavoro o il parttime a tempo determinato. .

5 ORE AL GIORNO DI LAVORO delle donne italiane non sono retribuite(cucina, pulizia, assistenza, ecc.): 223 minuti al giorno (3 ore e 40 minuticirca) in più degli uomini, che occupano nel lavoro non retribuito, diversoda quello delle donne, 100 minuti al giorno (cura dell’automobile,manutenzione della casa, ecc.). La differenza rappresenta la più ampiadisparità di genere nei Paesi Ocse dopo Messico, Turchia e Portogallo. In media, nei Paesi Ocse, le donne consacrano 2 ore e mezza al giorno in più rispetto agli uomini al lavoro non retribuito.

DIFFERENZA ORARIA DONNA/UOMO NEL LAVORO NON RETRIBUITO

FON

TE: S

OCI

ETY

AT A

GLA

NCE

. IN

DIC

ATO

RI S

OC

IALI

OC

SE,

2011

300

200

100

0

(minuti per giorno)

57104 105 122 123 148

187223 232

260 261

Dan

imar

ca

Sta

ti U

niti

Ger

man

ia

Fran

cia

Ingh

ilter

ra

OEC

D

Spa

gna

Italia

Port

ogal

lo

Turc

hia

Mes

sico

Dove vengono avviati percorsi di pianificazione del congedoparentale, le lavoratrici tornanoal loro posto prima

‘‘’’

Mancano i nuovi decreti attuatividella legge 53 che renderebberostrutturali gli interventi a sostegnodi lavoratrici e lavoratori

Page 12: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| dossier | womenomics || dossier | womenomics |

| 22 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 23 |

STATA PALESEMENTE solouna mossa per innalzarel’età pensionabile delle

donne. Con la scusa che era l’Unione euro-pea a chiederlo, il governo ha agito subito.Ma era chiaro fin dall’inizio che i risparmi dicassa non sarebbero mai stati destinati all’al-tra metà del cielo. E sarei molto stupito se traqualche tempo anche chi è impiegato nel set-tore privato non dovesse lavorare fino ai 65anni. Sosterranno che è incostituzionale.Quando c’è da fare qualcosa di forte impattosull’opinione pubblica si cerca di dare la col-pa all’Europa». È sarcastico il professor FeliceRoberto Pizzuti, direttore del master di Eco-nomia pubblica all’università La Sapienza diRoma. «In un Paese che investe appenal’1,4% del Pil nel settore degli aiuti alle fami-glie (la media europea è del doppio) e dove,per avere l’accesso alle professio-ni da parte delle donne, bisognafare una legge sulle quote rosa, èimpensabile che improvvisa-mente si cambi marcia. È una

questione sia culturale sia strutturale del no-stro sistema di welfare».

Quanto vale il “tesoretto”Eppure il cosiddetto “tesoretto delle donne” èdavvero cospicuo. Gli effetti economici del-l’innalzamento dell’età pensionabile delledonne impiegate nel settore pubblico sonopesanti. L’Inps calcola che nel periodo tra il2010 e il 2019 ci saranno maggiori risorse per3,708 miliardi di euro e, dal 2020, 242 milio-ni di euro all’anno. A queste cifre vanno peròsottratte quelle che lo Stato dovrà sborsare inpiù: com’è noto una donna che lavora perce-pisce uno stipendio più alto rispetto alla pen-sione. In più vanno calcolate malattie, ferie etrattamento di fine rapporto (Tfr). Quindi di-ciamo che si parla di una cifra intorno al mi-liardo e mezzo di risparmio effettivo.

Un tesoretto sottratto alle donneE finito al federalismoL’innalzamento dell’età pensionabile delle impegate nel settore pubblico porta nelle casse dello Stato un miliardo

e mezzo di euro. Intanto il governo trova 425 milioni per convincere le Regioni a dire “sì” al federalismo.di Francesco Bianco

Questo provvedimento tratterrà al lavorodal 2012 al 2017 ben 32.300 lavoratrici, del-le quali oltre il 55% è impiegato nella scuola.Nel 2011 potranno andare in pensione ledonne di 61 anni, che però dovranno fare iconti con quanto previsto dalla recente ma-novra economica in fatto di slittamento del-le finestre d’uscita.

Cinque anni in più di lavoro per le don-ne significano molti più costi sociali, che pe-seranno quasi totalmente sulle famiglie. Nonè un mistero che siano principalmente loro aoccuparsi ad esempio dei nipoti o degli an-ziani ammalati.

Una promessa non mantenutaDurante i giorni in cui fu presa la decisionedell’innalzamento dell’età pensionabile ilgoverno fece una conferenza stampa per an-nunciare l’istituzione del Fondo strategicoda 242 milioni di euro per il Paese a sostegnodell’economia reale, vincolandolo però a“interventi dedicati a politiche sociali e fa-miliari con particolare attenzione alla non

RAFFRONTO TRA SPESA SOCIALE DELL’ITALIA E DEI PAESI UE A 15 [ * EURO A PERSONA ALL’ANNO ]FO

NTE

: EU

RO

STA

T

RISPARMI DI CASSA PER L'INNALZAMENTO DELLA PENSIONEDELLE DONNE NEL SETTORE PUBBLICO

autosufficienza e all’esigenza di conciliazio-ne tra vita lavorativa e vita familiare delle la-voratrici”. Peccato che qualche mese dopo ilministro dell’Economia quel fondo lo hacancellato. E si è passati a un molto più mo-desto tesoretto da 40 milioni di euro, an-nunciato dal ministro Mara Carfagna per fi-nanziare politiche di conciliazione e disostegno alle madri e alle famiglie. Solo chenon si riesce ancora a capire per quanti annidovrebbero bastare questi soldi che, tra l'al-tro, sono una cifra abbastanza ridicola ri-spetto ai risparmi di cassa ottenuti.

«Sperare di poter cambiare le cose solocon l’innalzamento dell’età pensionabile è ri-dicolo», argomenta il professor Pizzuti. E con-tinua: «Nel nostro Paese non è praticamente

“tesoretto”, ma il dubbio rimane. «Parados-salmente - spiega il professor Pizzuti - il pro-blema dei minori stanziamenti per i servizi fa-miliari è dovuto proprio alla riforma federale.Nel 2000 è stata approvata una legge che sta-biliva negli anni un aumento crescente deifondi. Nel 2001 con la devoluzione si è pas-sati a una progressiva riduzione di soldi per ibeni e i servizi sociali, fino a una previsionedi cancellazione nel 2013. In pratica lo Statocentrale dà i soldi agli enti locali. E sono que-sti a decidere come utilizzarli. Siccome han-no buchi di bilancio spaventosi (soprattuttonella sanità e nel trasporto pubblico) destina-no quei soldi a coprire i bilanci. Anche in queicomuni dove ci sono più servizi, è perché so-no state aumentate le imposte locali». .

«È

VOUCHER PER RICEVERE SERVIZI SOCIALI

I BASSI TASSI DI PARTECIPAZIONE delle donne al mondo del lavoro sono principalmente dovuti alla necessità di occuparsidella famiglia. Diventano quindi essenziali politiche che aiutino le lavoratrici a conciliare il proprio impiego con gli impegni familiari.

Uno strumento che sta funzionando in diversi Paesi è quellodel voucher di conciliazione, che permette di trasferire risorseponendo dei vincoli nel loro utilizzo per garantire che tali fondivadano a soddisfare bisogni predeterminati. In particolare, in Francia, Regno Unito e Belgio, lo Stato riconosce il caratteremeritorio di alcuni servizi (per esempio, l’assistenza domestica).

Il caso che più di tutti sta funzionando è quello francese. Parigiha istituito i Cesu, i voucher universali per servizi di assistenza

e cura, che possono essere utilizzati per pagare una badante, una baby sitter, o per l’asilo privato, nonché essere acquistati ed elargiti dalle aziende alle proprie lavoratrici. Lo Stato mette la differenza tra costo del lavoro nero e quello del lavoro regolare.

Hanno diversi vantaggi: sono un contributo a tutti, hanno un effetto positivo sulla riemersione del nero e creano risparmi.Con una spesa pubblica di circa 300 milioni all’anno si otterrebbe,come è successo in Francia, un’emersione poderosa del sommerso (il voucher può essere utilizzato solo con contrattiregolari) che porterebbe nelle casse dell’Inps almeno 1,3 miliardiall’anno di contributi sociali aggiuntivi e in quello dello Statoentrate consistenti per l’emersione di nuovi contribuenti. F.B. 12

020

10 242

2011 25

2 20

12 392

2013 49

2 20

14 592

2015 54

2 20

16 442

2017 34

220

18 292

2019 24

2DA

L 202

0 IN

POI

MALATTIA INVALIDITÀ VECCHIAIA SUPERSTITI FAMIGLIA DISOCCUPAZIONE ALTRO TOTALE

ITALIA 1.605* (27%) 356* (6%) 3.050* (51%) 596* (10%) 264* (4%) 122* (2%) 16* (0%) 6.024* (100%)

UE A 15 1.930* (28%) 531* (8%) 2.776* (40%) 304* (4%) 542* (8%) 417* (6%) 237* (3%) 6.975* (100%)

Cinque anni in più di lavoro per le donne significano moltipiù costi sociali, che peserannoquasi totalmente sulle famiglie

mai esistita una politica di aiuto alle donne.Non è mai stato fatto un piano per gli asili ni-do, ad esempio. Quelli aziendali sono legatisemplicemente alla buona volontà delle im-prese. Siamo in un contesto dove il tasso difertilità è tra i più bassi del mondo, e dove cer-to non brillano i tassi di occupazione femmi-nile. Sono questioni che vengono sempre ac-cantonate. Non vengono vissute comepriorità dal sistema-Paese».

Una strana coincidenzaContestualmente, in un periodo di profondacrisi economica, il governo ha trovato 425milioni di euro per avere il sì delle Regionisulla riforma del federalismo. Certo, non pos-siamo sapere se questi soldi siano quelli del

“JAG ÄR HEMMAFRU”, io sono unacasalinga. Ecco la frase che più di ogni altra rischia di sparire dal lessico svedese. Un traguardo inseguito per decenni dopol’abolizione delle agevolazioni per le coppiesposate e l’introduzione del congedoparentale e del nido per tutti.

Lo racconta un reportage del mensilesvizzero Nzz ripreso da Internazionale(n.896, 6 maggio 2011).

All’inizio degli anni ’60 solo un terzo delledonne svedesi aveva un lavoro, oggi si supera il 70% contro il 46,4 dell’Italia.

SVEZIA, LA HEMMAFRU IN ESTINZIONE

SEMPRE MENO SOLDI per i servizi di cura e assistenza alle famiglie, che devono ricorrerea quello che l’Iref, l’Istituto di studi delle Acli, ha definito il “welfare fatto in casa”. Sono due milioni e mezzo le famiglie (più di una su 10) che ricorrono all'aiuto di una badante,spendendo tra 8 e 10 miliardi di euro all’anno. Se toccasse allo Stato - come succede in diversi Paesi Ue - provvedere agli asili nido, ai vari doposcuola e, soprattutto,all’assistenza degli anziani non autosufficienti e dei disabili, il bilancio statale andrebbe in tilt. Una necessità tanto diffusa da entrare, da febbraio 2010, nel paniere dell’Istat, l’indice dei prezzi al consumo, attraverso cui si individuano i cambiamenti nei comportamentidei consumatori. In uno Stato carente di adeguati servizi per l’infanzia, per gli anziani o per i portatori di handicap le famiglie devono aprire il loro portafoglio. E senza un interventodeciso da parte delle autorità la situazione rischia di precipitare: perché gli italiani sopra i 75 anni sono ben 6 milioni, due milioni e mezzo gli anziani non più autosufficienti. F.B.

CHI PAGA PER “BADARE” AGLI ANZIANI?

Page 13: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

DECODIFICARE LE IMMAGINI NUOVI OCCHI PER LA TV

“LEGGERE ATTENTAMENTE LE CONTROINDICAZIONIe assumere con moderazione”, dovrebbe essere la scritta da mettere su tutti i televisori, come nelle istruzioni per lemedicine. Unicoop Firenze, la cooperativa con più di un milionedi soci, ne è convinta e da settembre proporrà “Nuovi occhi per la tv”, corso di formazione alla lettura delle immagini, nellescuole medie superiori delle sette province toscane nelle qualiè presente. «Da trenta anni - spiega Daniela Mori, responsabileprogetti speciali Unicoop Firenze - ci occupiamo di educazioneal consumo consapevole. Nel tempo abbiamo affrontatol’educazione alimentare, poi quella ai consumi. È un’attivitànella quale investiamo 750 mila euro l’anno, toccando tremilaclassi. A settembre presenteremo “Nuovi occhi per la tv”, un progetto in cui crediamo molto, con i nostri formatoripreparati dalla Zanardo». Il corso si articolerà in tre incontri,completamente gratuiti per le scuole, in cui i formatori nondaranno risposte ma stimoleranno le osservazioni. Pa. Bai.

| dossier | womenomics || dossier | womenomics |

| 24 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 25 |

Nel Paesedelle VelineNella televisione italiana le donne sono vittime o plastificate.Ma si sono anche stufate e tornano a rivendicare una nuova rappresentazione.

la piazze italiane, molto meno silenziosa-mente, il 13 febbraio scorso, chiedendo unprofondo cambiamento culturale e politicocon lo slogan “Se non ora quando”.

Conflitto di bunga bunga In piazza è sceso lo sdegno delle donne e de-gli uomini per “il modello di relazione tra isessi ostentato da una delle massime cari-che dello Stato, che legittima comporta-

menti lesivi verso le donne e le istituzioni”.Che sollievo sarebbe se ripartisse dalle don-ne la richiesta di risolvere il conflitto d’in-teresse: l’anomalia del sistema informativoitaliano in cui si trovano nelle stessi mani ilpotere legislativo, il controllo dell’emitten-te pubblica e un potente conglomerato disocietà della comunicazione. Una miscelaantidemocratica che è stata più volte de-nunciata dall’Unione europea, senza otte-nere cambiamenti nell’assetto del Bel Paese.E che ha mostrato ancora tutto il suo arma-mentario di distrazione di massa, assiemeall’ondata di ridicolo di cui ci siamo coper-ti in occasione dello scandalo Ruby sui me-dia internazionali, per i quali l’Italia è pas-sata da essere il Paese delle Veline, come ciaveva definito in un’inchiesta il FinancialTimes, celebrando la fine del femminismoin Italia, alla Repubblica delle banane. O del“banana”, come dice Marco Travaglio.

Professione astrologaDate queste premesse qual è il trattamento del-l’immagine delle donne nelle tv italiane? Ste-reotipata e bipolare, secondo il rapporto delCensis “Donne e media” in Europa: da unaparte c’è la donna del dolore, la vittima dei fat-ti di cronaca nera che vengono serializzati ehanno un’esposizione doppia rispetto al restod’Europa. Dall’altra c’è la donna plastificata,esteticamente perfetta e giovane anche al di làdell’età reale, che non ha più nulla di umanoessendo spesso il prodotto della chirurgia pla-stica. Ma soprattutto non è una figura compe-tente o autorevole. Raramente, dice il rappor-to, viene chiamata una donna tra gli esperti, equndo avviene è soprattutto un’astrologa.

Ora si guarda con molta attesa al nuovoContratto di servizio della Rai per il triennio2010/12, firmato ad aprile dal Ministerodello Sviluppo economico. Il Contratto pre-vede nuove norme di tutela delle donne intv, il monitoraggio dei contenuti per verifi-care il rispetto delle pari opportunità e la di-gnità della persona nella programmazione.Con particolare riferimento alla distortarappresentazione della figura femminile.Prevede anche l’istituzione di una commis-sione, composta da otto membri, quattrodesignati dal Ministero e quattro dalla Rai.

Le premesse per il cambiamento ci sono,un nuovo direttore generale donna anche, ciaspettiamo spettacoli migliori in tv..

CAUSA DEI NUMEROSI e -ven ti già pianificati,Lorella Zanardo non

riesce a partecipare ad ulteriori dibattiti fi-no all’autunno. Grazie della vostra com-prensione”.

La scritta compare sul sito www.ilcorpo-delledonne.net, dove è possibile scaricare ilvideo che ha rappresentato un vero caso disuccesso: un anno fa Lorella Zanardo, con-sulente organizzativa, formatrice e docente,ha pubblicato un montaggio di 25 minuti ditelevisione italiana centrato sulle donne.

Nel video, assieme alle incredibili (ma ve-re) immagini di trasmissioni in cui ragazzeappese mezze nude accanto a dei prosciuttivengono marchiate come quel salume, e at-traverso riprese di visi denaturati dal botuli-no, scorre il ragionamento della Zanardo,che si chiede perché le donne non reagisco-no a questa violenza (vedi a pag. 25).

Delle reazioni ci sono state: tre milioni emezzo di visualizzazioni del video, un’ondasilenziosa che ancora non si ferma. Un’on-da non diversa da quella che è confluita nel-

INTERVISTA

RIMA DONNA A ENTRARE in Uni-lever, per la quale ha lavoratoin Italia e in Francia, Lorella

Zanardo ha realizzato il video “Ilcorpo delle donne” con MarcoMalfi Chindemi e Cesare Cantù.

Come è nato questo video?Dico spesso che è nato dal dolo-re e mi spiego: sono stata via dal-l’Italia molto, per studio prima eper lavoro poi, ma ogni volta chetornavo e guardavo la tv italianarimanevo strabiliata. E chiedevo«ma cosa succede? c’è una don-na sotto al tavolo!» e le personerispondevano «è la televisione»come se la nostra umiliazionefosse connaturata con il mezzo.Ho sempre pensato che fosse giu-sto pretendere una rappresenta-zione che rispecchiasse di più larealtà. Il video è nato da questo edalla condivisione con due ami-ci, a dimostrazione che sul tema

Pdi Paola Baiocchi siamo solo questo». Alla tv chiedono la rap-

presentazione di una molteplicità di soggettie questo sarebbe un cambiamento culturalemolto importante. Che stiamo cercando diprovocare - per fare fronte a una vera emer-genza - con le proiezioni del video seguito daldibattito e con la formazione degli insegnan-ti alla media education, che in altre nazioni èuna materia scolastica.

Come trova la campagna di Striscia lanotizia sull’uso delle donne nei giornali?

È vero che il problema non è solo della tele-visione, ma è generale. Loro però sono deimanipolatori perché non è una buona scusadire «lo fanno tutti lo faccio anch’io». Strisciala notizia per 23 anni ha portato avanti unideale che è quello del bunga bunga che poiabbiamo visto in politica: sono due anzianicon delle ragazzine che hanno 40 anni me-no di loro, mute, in ginocchio e ammiccan-ti come delle bamboline. Le bimbe di 4, 5 an-ni capiscono solo che due signori grandi,come i loro nonni, che possono quindi pren-dere delle decisioni importanti, impazzisco-no dietro al “culetto” di una che ha qualcheanno più di loro. .

dell’immagine della donna anche gli uominipossono essere coinvolti.

Dopo la pubblicazione del video è statachiamata in tutta Italia per conferenze

o per incontrare gli studenti nellescuole: che risposte ha avuto?Generalizzando direi che gliadulti, dai quaranta in su, o sonoimbarazzati o pensano che sia untema da donne. Direi come con-clude l’indagine del Censis suDonne e media in Europa: “InItalia il tema non è ritenuto ab-bastanza importante da essereinserito nell’agenda politica”.Ma la vera sorpresa è stata chemolti giovani delle scuole mediesuperiori prendono l’argomentomolto seriamente, non gli piaceessere presi in giro e capisconoche c’è del dolore: hanno chiaroche a ogni donna proposta comecorpo-oggetto, dall’altra parte c’èun uomo corpo-oggetto. Quindispesso dicono: «A noi piaccionole ragazze della tv, ma noi non

Lorella Zanardo, il suo video si trova on line sul sitoilcorpodelledonne.net.

Provocarei cambiamentiMolti danni sono stati fatti nell’immaginario collettivo con la continua proposta in tv di donne che non devono mostrare il cervello. “Ma i giovani sentono il bisogno di altri modelli”, spiega Lorella Zanardo.

Una mamma con il suo bambinoal Gathering (TG), il computer party

più grande della Norvegia

e il secondo nel mondo.

Lorella ZanardoIl corpo delle donneFeltrinelli, 2010

LIBRI

Loredana Lipperini Ancora dalla partedelle bambineFeltrinelli, 2007

LIBRI

Donne nude in copertina:

Simona Ventura su l’Espresso

nel 2001.L’argomento

è la nuovaTelemontecarlo.

DONNE E UOMINI NEI MEDIA

L’OSSERVATORIO DI PAVIA, istituto di ricerca e di analisi della comunicazione,ha avviato l’Osservatorio europeo sulle rappresentazioni di genere, per monitorare la visibilità delle donne e degli uomini in televisione, sia dal puntodi vista della quantità che della qualità.L’osservazione ha preso il via lo scorsogennaio e potrà fornire i primi risultati a partire da ottobre: il monitoraggio saràeffettuato su 15 testate giornalistichetelevisive di Italia, Francia, Germania,Inghilterra e Spagna.www.osservatorio.it/index.php

CH

RIS

TOPH

ER

OLS

SO

N /

CO

NTR

AS

TO

“Adi Paola Baiocchi

Page 14: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

tati; mentre la povertà vienequando, con grandi sforzi, siproducono scarsi risultati». E,soprattutto, è importante nonfar sapere ai poveri che potreb-bero anche diventare ricchi. «Il96% delle persone è destinato adessere povero. (…) Affinché ilmeccanismo funzioni occorreche gli “ingranaggi della so-cietà”, guarda caso definiti ingergo dagli economisti la “mas-sa senza soldi”, non abbianoconsapevolezza né della funzio-ne che svolgono, né della propriacondizione: se continueranno aignorare quale sia il gioco, conti-nueranno a giocare (e a perdere)sprovvisti delle regole».

«Ci sono migliaia di modiper generare un milione di euro.Nei miei corsi insegno a vende-re opzioni su azioni che non sipossiedono, una cosa del tuttonormale per chi investe in Bor-sa; oppure insegno ad acquista-re e rivendere immobili, guada-gnandoci, senza sborsare unsoldo. Esattamente ciò che fa lamaggior parte dei ricchi, che

non acquista col proprio denaro, ma sfruttala leva finanziaria». Frugando un po’ su in-ternet si scopre che Bardolla è già conosciu-to da tempo dalle associazioni di tutela deiconsumatori, almeno all’Aduc che già neldicembre del 2005 sul proprio sito segnala-va i corsi di Bardolla e avvertiva: «Sconsi-gliamo fortemente tutti i nostri lettori dal-l'aderire ad iniziative di questo tipo». Cisentiamo di associarci all’invito. .www.2anni7mesi.comwww.alfiobardolla.com

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 27 |

I poveri servonoa farti diventare ricco

Le regole del gioco| bandabassotti |

di Eleonora Gigli

L TEATRO CARCANO È GREMITO: 800 persone, secondo gli organizzatori. Va forse in scena unclassico di Goldoni? Il malato immaginario di Molière? L’Amleto di Shakespeare? Niente ditutto ciò. È il 3 maggio e in programma nel teatro milanese c’è un “corso-spettacolo” dal

titolo Milionari per una notte: due ore e mezza (e 26 euro a testa) per imparare a diventare ricchi,sotto la guida entusiasta di Alfio Bardolla, 39 anni, di Chiavenna (Sondrio), fondatore della Al-fio Bardolla Training Company. In realtà questo è solo un assaggio, un’infarinatura di una tec-nica che si promette “infallibile”, per chiunque si impegni davvero, precisano gli organizzato-ri. Per saperne di più bisogna leggere il libro, “Milionari in 2 anni e 7 mesi”, pubblicato dallaSperling & Kupfer. Oppure, meglio ancora, frequentare uno dei corsi proposti dalla AlfioBardolla Training Company: un seminariodi una giornata da 400 euro più Iva; un vi-deocorso da 200 euro più Iva o, se proprio sivuole esagerare, un programma di coachingindividuale: 15 lezioni da 6.800 euro più Iva.Un prezzo modico per diventare milionari!(Soddisfatti o rimborsati?)

Quello che Bardolla propone è solo inminima parte un corso di tecniche di inve-stimento finanziario e immobiliare, più chealtro è una filosofia di vita. Perché, comespiega Bardolla: «Diventare ricchi è un’abi-tudine - si legge nel libro - un atteggiamen-to, un modo di pensare e vedere il mondo.(…) è una predisposizione mentale».

Però! Non ci avevo pensato. Le due oree mezza di presentazione in teatro e le qua-si 300 pagine del libro sono dedicate a spie-gare che il denaro non è «un male necessa-rio» («come ci hanno insegnato la società,la religione, la nostra famiglia») e che esse-re ricchi è una questione di forma mentis. Evia tutta una serie di regole e consigli perprepararsi psicologicamente a questo pas-so. Per esempio iniziare a frequentare deimilionari; imparare a diventare dei grandicomunicatori («dovrete sviluppare alcunedelle caratteristiche fondamen-tali dei milionari: carisma, pia-cevolezza, charme») e dei grandivenditori («Saper vendere nelventunesimo secolo è ciò che fa

la differenza tra una vita di ricchezza e unadi povertà»).

Diventare ricchi per Bardolla è un gioco,di cui basta conoscere le regole: «I ricchi gio-cano conoscendo bene le regole del gioco.(…) In questo gioco la ricchezza viene quan-do, con poco sforzo, si creano grandi risul-

Il mondo è diviso tra ricchi (4%)e poveri (96%). Dove voletestare? Funzionerà se i povericontinueranno a non sapere

I

Il workshop di Bardolla a Milano, il 3 maggio.

www.cisl.itnumero verde 800 249 307

Page 15: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 29 || 28 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

finanzaetica Eni ed Enel alle prese con le assemblee degli azionisti >32-33Fund raising. Il web salverà la raccolta fondi? >36

| bilanci |

Se il prezzo del gas è deciso solo da Eni

Bollette salate

MAR

TIN

O L

OM

BEZZ

I /

CO

NTR

AS

TO

Recanati (Ancona), aprile 2010.Fratelli Guzzini SpA, azienda

specializzata negli accessori inplastica per la casa. La cuoca nella

cucina della mensa aziendale.

A UN PAIO DI ANNI il prezzodel gas sui mercati interna-zionali diminuisce, insie-

me ai volumi venduti, mentre le bollettedegli italiani lievitano, o al massimo re-stano uguali. Com’è possibile? A porsiquesta domanda è stata Federconsumato-ri, che, per trovare una risposta, ha con-dotto un’analisi sui bilanci dell’aziendaenergetica italiana (e si è presentata al-l’assemblea dei soci di Eni per chiederespiegazioni, come descritto nell’articolo apagina 32). Una prima risposta al quesitosi chiama take or pay, cioè “prendi o pa-ga”. È una clausola contrattuale che ac-compagna tutti gli acquisti di gas da par-te di Eni. Prevede che, al momento dellastipula del contratto tra venditore e ac-quirente si stabilisca la quantità di gas dacomprare. L’acquirente è, quindi, obbli-gato a ritirare le quantità minime annuestabilite o comunque a pagare subito, perpoi ritirarle in seguito. Un “giochino” chenegli ultimi due anni è costato a Eni 1,4miliardi di euro di cosiddetti deferred cost,

di Elisabetta Tramonto

Gli italiani pagano bollette del gas sempre più alte. Colpa

del “quasi monopolio”

di Eni. Servirebbe un mercato aperto,dove la concorrenza faccia calare i prezzi, e nuovi rigassificatori.Un’indagine di Federconsumatori scruta il bilancio del Cane a sei zampe.

D

Page 16: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

90 Centesimi di euro al metro cubo a valori correnti

80

70

60

50

40

30

20

10

0

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 31 |

questi contratti non sono sbagliati - con-tinua Potecchi - perché garantiscono for-niture certe nel lungo periodo. Il proble-ma è che il prezzo del gas stabilito nelcontratto è ancorato a quello del petrolio.Quindi, anche se negli ultimi due anni iprezzi del gas naturale sulle Borse di Lon-dra e New York sono calati, quelli del greg-gio sono saliti e, con essi, anche le tariffedel gas naturale pagate da Eni. In più ladomanda mondiale è calata e l’azienda siè ritrovata con un eccesso di gas ordinato,che prima o poi dovrà ritirare. Se fino apoco tempo fa poteva venderlo all’esteroa prezzi competitivi, guadagnandoci, oranon può fare neanche questo, perché ladomanda è precipitata. Nei prossimi anniEni avrà problemi con il gas in eccesso chesi troverà costretta a ritirare, o comunquea pagare, almeno fino al 2014. E le conse-guenze ricadranno sui consumatori, per-ché l’azienda non potrà fare altro che ri-farsi sulle bollette».

Sul fronte della tipologia di acquisti Enisembra avere le mani legate, come gli altriimportatori europei. «Comprare gas concontratti take or pay è molto diffuso tra leaziende del Vecchio continente, è un’ere-dità di cui purtroppo facciamo fatica a li-berarci», spiega Davide Tabarelli, presiden-te di Nomisma energia. «Le aziendeeuropee - continua Tabarelli - non com-prano sulle troppo lontane Borse di Lon-dra e New York, dove vengono trattati ac-quisti spot e dove i prezzi sono certamentepiù bassi, grazie a un’offerta e una concor-renza maggiori. Paradossalmente inveceper i Paesi del nord Europa la situazione èdiversa, perché si rivolgono al mercato spotdella Borsa di Londra».

Il peso del monopolio Ma il problema che porta ad avere bol-lette salate per gli italiani è anche un al-tro e si chiama “monopolio” (o quasi).Perché se in Italia esistesse un mercatoenergetico aperto con un’offerta variega-ta, la concorrenza farebbe calare i prezzi.«Invece - spiega Sandro Potecchi - il mer-cato italiano del gas è un oligopolio: Eniè l’azienda dominante di un mercato so-stanzialmente chiuso. E quindi può far“pagare” ai consumatori il suo eventualeminor guadagno, dovuto a svantaggiosicontratti take or pay».

cioè di costi “differiti” per il gas pagato enon ritirato: 1,181 miliardi nel 2010 e255 milioni nel 2009. Perché in questidue anni le vendite di gas sono calate edEni si è ritrovata ad aver “prenotato”troppo gas dai propri fornitori in Algeria,Libia e Russia. Per i prossimi anni questicontratti continueranno a pesare sui bi-lanci di Eni - per circa 15 miliardi di euroall’anno tra il 2011 e il 2015 - tanto chel’azienda sta cercando di ricontrattarli(per quanto riguarda il prezzo del gas e laclausola “prendi o paga”) con i fornitoriprincipali: la russa Gazprom e l’algerinaSonatrach. E durante l’assemblea dei soci,il 5 maggio scorso, l’amministratore dele-gato, Paolo Scaroni, si è detto ottimistasul futuro del gas: «Il suo utilizzo è desti-

nato ad aumentare nel mondo, lo vedia-mo già in Giappone, dov’è nata una nuo-va domanda pari a 10 miliardi di metricubi e una quantità simile sarà necessariaalla Germania dopo l’annuncio della can-celliera, Angela Merkel, di voler spegnerele 7 centrali nucleari più vecchie». Lo spe-riamo anche noi, se comporterà un alleg-gerimento delle nostre bollette.

Se a pagare è il consumatore«Eni ha stipulato contratti take or pay conuna durata di 20 anni per enormi volumidi gas naturale: 80 miliardi di metri cubiall’anno, di cui 65 con la Russia, 8 con laLibia e 7 con l’Algeria», spiega Sandro Po-tecchi di Federconsumatori. «Di per sé

| finanzaetica | | finanzaetica |

SETTORE DEL GAS IN ITALIA

«Un monopolio di fatto - continua San-dro Potecchi - quasi tutto il gas consumatoin Italia passa in un modo o nell’altro at-traverso strutture di Eni. L’azienda control-la circa l’80% dell’importazione di gas,l’80% dello stoccaggio e del trasporto pri-mario, il 25% della distribuzione e il 40%della vendita all’ingrosso e al dettaglio».«Sarebbe necessario - spiega Davide Taba-relli - introdurre una vera competizione traoperatori. Innanzitutto servono più rigassi-ficatori come quello di Rovigo,che è un ottimo esempio diconcorrenza sul mercato. C’èbisogno di ulteriori investi-menti per costruirne altri».

La soluzione in un mercato aperto Anche secondo Federconsumatori la solu-zione è un mercato aperto e una maggioreconcorrenza. L’associazione di tutela deiconsumatori ha una serie di proposte a ri-guardo: «Per rendere il mercato più apertoe, quindi, i prezzi del gas soggetti a liberaconcorrenza - spiega Sandro Potecchi - Enidovrebbe cedere la “rete di trasporto pri-mario del gas”, cioè Snam Rete Gas, ora

APPROVVIGIONAMENTO

PRODUZIONE GAS

VENDITA AI CLIENTI FINALI

IMPORTAZIONE GAS

STOC

CAGG

IO

TRAS

PORT

O

DIST

RIBU

ZION

E

INFRASTRUTTURE COMMERCIALIZZAZIONE

Un gasdotto in Russia. I principali del Paese sono:Nord Stream,Nabucco, South Stream e Blue Stream.

| 30 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

IL GAS NELLE BOLLETTE DEGLI ITALIANI

ANDAMENTO DEL PREZZO DEL GAS NATURALE PER UN CONSUMATORE DOMESTICO TIPO

III 2009 IV 2009 I 2010 II 2010 III 2010 IV 2010 I 2011 II 2011

68,3 67,5 69,371,8 74,1 74,1 75,0 76,5

27,0 26,9 27,2 27,5 27,9 27,8 28,0 26,2

27,0 26,9 27,2 27,5 27,9 27,8 28,0 26,2

6,9 6,9 6,9 6,8 6,7 6,7 6,7 6,7

13,7 14,4 14,1 14,1 14,2 14,4 14,3 14,3

PREZZI DEL GAS NATURALE SULLA BORSA DI NEW YORK

FON

TE: D

OW

JO

NES

& C

OM

PAN

Y (AL

2 M

AGG

IO 2

011)

1/100 1/2002 1/2004 1/2006 1/2008 1/2010

$13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

$1

QUOTAZIONI MENSILI MISURATE IN DOLLARI PER MILIONE DI BTU

QUOTAZIONI DEL PETROLIO WTI SUL MERCATO SPOT DI NEW YORK

FON

TE: D

OW

JO

NES

& C

OM

PAN

Y (AL

2 M

AGG

IO 2

011)

1/100 1/2002 1/2004 1/2006 1/2008 1/2010

150140130120110100908070605040302010

QUOTAZIONI MENSILI MISURATE IN DOLLARI PER BARILE

I maggiori costi per Eni dovuti ai contratti take or pay ricadrannosulle nostre bollette, perché, di fatto, siamo in un “monopolio”

COSTI INFRASTRUTTURALI COSTI DI VENDITA MATERIA PRIMA IMPOSTE

CONDIZIONI ECONOMICHE DI FORNITURA PER UNA FAMIGLIA CON RISCALDAMENTO AUTONOMO E CONSUMO ANNUALE DI 1.400 M3, RIDEFINITO IN BASE AI NUOVI AMBITI TARIFFARI (DAL TERZO TRIMESTRE 2009)

FON

TE: AU

TOR

ITA P

ER

L’E

NER

GIA

ELE

TTR

ICA E

IL

GAS

(W

WW

.AU

TOR

ITA.E

NER

GIA

.IT)

.

posseduta al 52,54% da Eni. Le “reti distri-butive locali” dovrebbero essere cedute eaccorpate in società di dimensioni maggio-ri. Fondamentale poi realizzare nuovi ri-gassificatori, come quello di Rovigo. Per-metterebbero di ridurre i prezzi del gas del25-30%. Infine riteniamo necessario abbat-tere le barriere di ingresso sul mercato dinuovi operatori; attivare una Borsa del gasall’ingrosso e, ancora più importante,l’Authority dell’energia dovrebbe assumereun ruolo più forte. Rivolgiamo queste ri-chieste innanzitutto allo Stato, che è pro-prietario del 30% di Eni. Al momento nonsta garantendo l’interesse di noi cittadini.Chiediamo che lo faccia». .

Page 17: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| Enel | finanzaetica || finanzaetica |

I ACCOLGONO SVARIATI FURGO-NI della polizia e dei carabi-nieri, una doppia fila di

agenti in tenuta antisommossa. Superia-mo poi uno schieramento di guardie pri-vate in uniforme e in borghese con auri-colare e sguardo truce d’ordinanza. È poiil turno delle agenzie di sicurezza privata,quindi degli addetti alla sicurezza dell’E-nel. Passiamo in ultimo un metal detec-tor, ed eccoci finalmente pronti a parteci-pare all’assemblea degli azionisti. Unoschieramento di forze dell’ordine e misu-re di sicurezza che ricordano i vertici in-ternazionali a cui partecipano i capi diStato, non certo l'assemblea di un’impre-sa. Uno spiegamento eccessivo, a frontedella manifestazione assolutamente paci-fica organizzata dall’altro lato della stradadal comitato promotore per il referen-dum contro il nucleare. Striscioni e ban-diere per ricordare che la maggioranza de-gli italiani si oppone al ritorno all’atomoe chiede come forma minima di demo-crazia di potere esprimere tale volontà iprossimi 12 e 13 giugno.

Riflettori sull’atomoProprio l’energia nucleare è uno dei temicaldi all'interno dell’assemblea. ComeFondazione Culturale Responsabilità Eti-ca, insistiamo sulle criticità degli im-pianti di Cernavoda, in Romania, e Mo-

chovce, in Slovacchia, dove Enel giocaun ruolo da protagonista. Con noi in as-semblea anche Vladimir Slyviak che ar-riva da Kaliningrad, l’exclave russa doveè in corso di costruzione un altro im-pianto nucleare che suscita l’interessedella nostra impresa. Questo malgrado laforte opposizione della gran parte degliabitanti della regione.

La denuncia dei MapucheAl di là del nucleare, sono diversi i temisollevati dalla Fondazione. Tra questi, iprogetti per realizzare alcune grandi di-ghe nella Patagonia cilena, che suscitanofortissime critiche tra la popolazione lo-cale. Grazie all’intermediazione dellaCrbm (Campagna per la riforma dellaBanca mondiale), quest'anno sono statiben tre gli ospiti cileni che hanno parte-cipato all’assemblea, portando diretta-mente la voce delle comunità locali al-l’attenzione della dirigenza di Enel.Colpisce in particolare l’intervento di Jor-ge Hueque, delegato dalla comunità Ma-

puche che insiste sugli enormi danni allastoria e alla cultura locali che i progettiprevisti da Enel comporterebbero per laculla della loro civiltà. Una devastazioneper la vita spirituale dei Mapuche chemetterebbe a rischio la loro stessa soprav-vivenza. Mentre parla, davanti a noi al-cuni azionisti ridono sottovoce, divertitinel vedere un indio presentarsi senzadoppio petto e cravatta in tinta al cospet-to del consiglio d’amministrazione.

Colpisce il non-intervento del mini-stero dell’Economia: 50 secondi scarsiper affermare un voto favorevole all’ap-provazione del bilancio e rivolgere unringraziamento al presidente Piero Gnu-di in scadenza di mandato. Davvero po-co per l’azionista di maggioranza, checontrolla il 31% di Enel, e considerandoche in totale erano presenti in assembleaazionisti per meno del 50% del capitale.Come dire che il parere del ministero èl’unico che conta e che la sua posizioneè semplicemente non disturbare il ma-novratore. Su questa linea un azionistache si spinge oltre e sostiene che l’ordinedel giorno prevede l’approvazione del bi-lancio e non le dighe in Patagonia. Il pre-sidente si affretta a dargli ragione, anchese poi non può negare la parola a chi hafatto oltre 10 mila chilometri per avere lapossibilità, per 5 minuti cronometrati,inclusa la traduzione, di rivolgersi alla di-rigenza nel tentativo di tutelare i propridiritti e il proprio futuro..

C

Azionisti critici all’assemblea blindata

di Andrea Baranes e Luca Manes

Uno schieramento di forze dell’ordine all’assemblea degli azionisti Enel, segno dell’ostilità che si troverà anche in sala.Le domande sul nucleare e sulle dighe in Patagonia non trovano quasi risposta dall’azienda.

All’assemblea oltre 100 domande dagli azionisti. Le bollette del gas troppo alte, il gas flaring

in Nigeria, il sovraindebitamento. Sono i temi chiave su cui la Fondazione ha interpellato l’azienda.

In assemblea ancheVladimir Slyviak da Kaliningrad dov’è in costruzione un altroimpianto nucleare e tre ospiti cileni per denunciare la realizzazione delledighe in Patagonia

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 33 || 32 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

Eni: Banca Eticasi allea coi consumatori

EBITI IN CRESCITA, capitalizza-zione non adeguata e ano-malie nei prezzi al consu-

mo del gas. È questa la fotografia delgruppo Eni presentata all’assemblea degliazionisti del cane a sei zampe dalla Fon-dazione Culturale Responsabilità Etica(Fcre) in collaborazione con Federconsu-matori. «Analizzando i dati di bilancio siricava l’impressione che i consumatoriitaliani di gas siano un serbatoio di utili si-curi per Eni», ha dichiarato il rappresen-tante della Fondazione nel suo interventoall’assemblea della società. «Mentre i vo-lumi venduti in Italia e i prezzi sui merca-ti internazionali scendono, il margine diredditività netta sul mercato interno è incontinua crescita: gli italiani pagano sem-pre lo stesso prezzo o prezzi più alti. Comespiega Eni questa asimmetria?».

La risposta dell’amministratore dele-gato Paolo Scaroni arriva dopo una valan-ga di interventi, con la consueta cortesiaflemmatica. «Eni controlla ormai solo il30% del mercato italiano del gas. Le dina-miche dei prezzi non sono imputabiliesclusivamente alla nostra società», spiegaScaroni. In più «secondo i dati di Eurostat,i prezzi italiani sono in linea con quelli de-gli altri Paesi europei». In sala una partedegli azionisti non è d’accordo, ma il re-golamento non permette di ribattere. «Neriparleremo in uno dei prossimi incontricon il management», ha dichiarato a Va-lori Mariateresa Ruggiero, direttore dellaFondazione. «Ormai incontriamo regolar-mente la società per confrontarci su temifinanziari, sociali e ambientali.L’assemblea è solo il momentopiù alto della nostra attività diazionariato critico, che duratutto l’anno».

Strozzati dal debitoTra le questioni sollevate in assemblea daFcre c’è anche il problema del debito e delpossesso anomalo di azioni proprie daparte di Eni. «La società detiene il 9,56%del proprio capitale sociale ed è il secondoazionista di se stessa dopo il governo. Per-ché non si vende una parte delle azioni sulmercato per ridurre l’esposizione debito-ria?». Alla seconda domanda della Fonda-zione, basata su un’analisi approfonditadei bilanci preparata da Federconsumato-ri, Scaroni non lascia margini di dialogo:«Non pensiamo di vendere le azioni innostro possesso perché altrimenti dimi-nuirebbe il prezzo del titolo e si ridurreb-bero i dividendi. Non è una cosa di cui gliazionisti potrebbero essere contenti».

Ma, a dirla tutta, gli azionisti non so-no contenti nemmeno del declassamentodel debito Eni da AA- ad A+, comunicatodall’agenzia Fitch il giorno stesso dell’as-semblea. «Con una miglior capitalizzazio-ne e un debito più contenuto la revisioneal ribasso del rating non ci sarebbe stata»,osserva Gianmario Mocera, presidente diFederconsumatori Lombardia, che ha par-tecipato alla ricerca. «Il debito a medio ter-mine di Eni è cresciuto dai 14,4 miliardi dieuro del 2008 ai 20,97 miliardi del 2010.Vendendo le azioni proprie, che Eni de-tiene inutilmente, si potrebbero ottenereproventi straordinari per circa 6,5 miliar-di di euro, riducendo l’esposizione debi-toria di oltre il 30%».

Ma il cane a sei zampe, per ora, non cisente. Anche se - bisogna riconoscerlo - ilmanagement decide di rispondere, più omeno esaustivamente, a tutte le doman-

di Marco Atella de degli azionisti. Che sono più di cento,molte delle quali inviate via mail, graziea una nuova normativa, di derivazioneeuropea, che obbliga le società quotate arispondere, entro l’assemblea, a tutte ledomande anticipate dagli azionisti.

Il disagio del Sud del mondoUn’occasione che la Fondazione Cultu-rale non ha voluto perdere. «Abbiamoinviato un documento di una quaranti-na di pagine con quasi 50 domande suitemi più diversi», spiega MariateresaRuggiero. «Gli stessi sui quali la nostraFondazione - assieme a Crbm e alle reti diattivisti ambientali del sud del mondo -punta il dito da almeno quattro anni: in-quinamento nel Delta del Niger; sospet-ta corruzione in Kazakistan, Algeria e Ni-geria; estrazione del petrolio dalle sabbiebituminose in Congo-B».

Ma le domande via mail a volte nonbastano. E spesso il disagio dei popoli delSud deve essere espresso in prima perso-na, da chi subisce ogni giorno gli impat-ti negativi delle attività estrattive dellemultinazionali. Ed è così che, con l’aiutodi Crbm (Campagna per la Riforma dellaBanca Mondiale), è arrivato all’assem-blea del colosso italiano del petrolio an-che Omokaro Osayande, un attivista delDelta del Niger, che ha chiesto più tra-sparenza sulla riduzione del gas flaring: ilgas bruciato all’aria aperta come sotto-prodotto dell’estrazione del petrolio cheintossica le popolazioni del Delta. Eni,manco a dirlo, ha confermato l’impegnoper il progetto Zero Gas Flaring. «Ridur-remo il fenomeno dall’attuale 17% al 5%nei prossimi anni», ha ricordato Scaroni.Un obiettivo chiaro su cui gli azionisticritici misureranno l’impresa a partiredalla prossima assemblea..

D

All’assemblea anche un attivistadel Delta del Niger, OmokaroOsayande, che ha chiesto piùtrasparenza sul gas flaring

Page 18: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 35 |

| crisi senza fine | finanzaetica || finanzaetica | organismi internazionali |

L G20 CHE SI TERRÀ IN FRANCIA A INIZIO

novembre sarà il sesto in tre anni,da quando il dimissionario George

W. Bush convocò in tutta fretta a Wa-shington le 20 maggiori economie del Pia-neta nella speranza di trovare una via d’u-scita alla peggiore crisi finanziaria degliultimi decenni.

Se i primi vertici hanno probabilmen-te contribuito a evitare il completo collas-so della finanza globale e a concordare deipiani di salvataggio del settore, negli ulti-mi due anni il focus si è spostato sulla ne-cessità di riscrivere le regole del gioco. IlG20 si è auto-nominato primo coordina-tore delle economie delle potenze parteci-panti. A che punto siamo di questa fasedue? Analizzando nel merito cosa è statofatto fino a oggi, si può affermare chel’ampiezza dell’agenda è pari alla pochez-za dei risultati raggiunti.

Fermi ai blocchi di partenzaEra stata promessa una lotta senza quar-tiere ai paradisi fiscali, che a tutt’oggiprosperano tranquillamente e continua-no a nascondere le ricchezze di evasori ecriminali.

Andavano affrontati gli squilibri mo-netari globali, a partire dalla questione deirapporti tra dollaro e yuan.Usa e Cina continuano ascambiarsi accuse e il G20ad affermare che esiste unproblema senza accennarea possibili soluzioni, come

sostituire il biglietto verde con un panieredi valute per gli scambi internazionali.

Riguardo il controllo dei derivati e diquelli over the counter in particolare, gliUsa si sono mossi autonomamente con lalegge Dodd-Frank, mentre l’Unione Euro-pea ha risposto timidamente con alcunedirettive. Tuttavia una soluzione concor-data appare ancora lontana.

Lo stesso può dirsi per molte altre te-matiche, dal controllo sui flussi di capita-le alle questioni di sviluppo per il Sud, evia discorrendo. Persino sulla tassa sulletransazioni finanziarie, cavallo di batta-glia del Presidente francese NicolasSarkozy, padrone di casa e in campagnaelettorale in patria, già sembra che man-cherà un accordo al G20, tanto che lastessa Francia e la Germania spingono perandare avanti su scala europea.

Il G20 alla prova dei fatti: avanti piano e in ordine sparso, con il rischio di rendere inefficace qualsiasi riforma.Paradisi fiscali, squilibri monetari, derivati: finora è stato fatto ben poco sul fronte della regolamentazione dei mercati.

Dal G8 al G20:la crisi dellagovernance globale

di Andrea Baranes

È venuto meno il ruolo di coordinamento che il G20 si è auto-assegnato. È schiacciatotra gli interessi nazionali e i vetireciproci dei Paesi partecipanti

I

| 34 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

G20 e G8 orfani di un ruoloPer riassumere, è proprio il ruolo di coor-dinamento che il G20 si è auto-assegnatoa essere venuto meno. Le poche iniziativedi regolamentazione della finanza sonolasciate all’iniziativa dei singoli Paesi. Si vaavanti in ordine sparso, con il rischio con-creto di rendere inefficace qualsiasi rifor-ma, di aumentare la possibilità di arbi-traggio sulle regole per i grandi attorifinanziari che si muovono su scala globa-le e di innescare una nuova corsa verso ilfondo in materia di controlli.

All’indomani della crisi è risultato evi-dente che il vecchio G8 era ormai indi-fendibile e che sarebbe stato necessario al-largare il tavolo che conta alle nuovepotenze economiche.

Il G8 esiste ancora, seppure con un’a-genda limitata e sempre più marginale. Inparallelo l’allargamento non sembra ave-re prodotto i risultati annunciati. Al con-trario, il G20 è schiacciato sotto gli inte-ressi nazionali e i veti reciproci dei Paesipartecipanti. Se le grandi potenze conti-nuano a snobbare l’Onu, additandola co-me inefficace, sarebbe ora di riconoscereche il nuovo modello di guida del mondoè fallimentare. Per sintetizzare in uno slo-gan, il G20 ha forse funzionato per salva-re le banche, non le persone. In questecondizioni non si tratta unicamente diquali regole per la finanza e i mercati in-ternazionali. È necessario riscrivere allabase i meccanismi e i principi della gover-nance internazionale. In quest’ambito,l’ennesimo G20 dei prossimi mesi sembraavere veramente ben poco da dire. .

EL MAGGIO DEL 2009, dopoquasi due anni dallo scop-pio della crisi finanziaria,

che colpì il mondo intero (e da cui ancoranon ci siamo ripresi), il sindacato dei ban-cari, Fiba-Cisl, pubblicò, con il contributo dinumerosi protagonisti della società civile,un manifesto intitolato: “Riformiamo la fi-nanza: per un’economia civile e solidale”.A distanza di due anni cos’è cambiato? Loabbiamo chiesto a Giuseppe Gallo, Segreta-rio generale della Fiba-Cisl.

Come giudica gli interventi delleBanche centrali?

La Bce - come le altre banche centrali - haadottato una politica monetaria espansiva(tassi tra 0 e 1%), che ha spinto le bancheverso l’investimento finanziario, allonta-nandole dal finanziamento di imprese efamiglie, condizione indispensabile peruscire dalla crisi.

Quali sarebbero, invece, gli inter-venti necessari per la ripresa del-l’economia reale?

Occorre una radicale riforma fiscale, fina-lizzata a spostare il baricentro fiscale dairedditi da lavoro e da impresa ai beni diconsumo non essenziali e ai grandi patri-moni. Una riforma fiscale non rinviabilesoprattutto in Italia dove la quota Irpef sulgettito totale delle imposte è altissima conun’incidenza a carico del reddito da lavo-ro dipendente superiore all’80%! Anche iltotal tax rate (la somma di tutte le tasseche gravano su un’impresa), secondo laBanca Mondiale, vede l’Italia al primo po-sto con il 68,4%, contro il 56% della Spa-gna, il 46% degli Stati Uniti,il 44,9% della Germania.

La prospettiva chepone Basilea 3 por-

terà dei benefici?Favorisce la destinazione degliutili al rafforzamento patrimo-niale anziché a dividendi, bo-nus o stock options e, a regime,dovrà prevedere flessibilità nel-le coperture patrimoniali. Mapretende di valere per tutti gliintermediari. Un sistema finan-ziario bancocentrico, comequello italiano, con intermediari radicatinelle economie di riferimento e una minorecomponente finanziaria, non può essere as-similato a sistemi centrati sulle Borse e ad al-to contenuto di finanza.

E, invece, la riforma della finanzaintrodotta negli Usa?

Ha il merito di regolare il mercato over thecounter attraverso la standardizzazione deicontratti, la centralizzazione degli scambie la doppia vigilanza della Sec (Security Ex-change Commission) e della Cftc (Com-modity Futures Trading Commission). LaLegge Dodd-Frank esclude, tuttavia, dallaregolazione i derivati non utilizzati a finispeculativi, aprendo una breccia pericolo-sa che rischia l’indebolimento di tutta l’ar-chitettura riformatrice. L’Europa sta se-guendo la medesima impostazione: ilprincipio di regolazione viene derogato emodulato a seconda che si tratti di attivitàspeculative o non. La riforma Obama isti-tuisce, inoltre, il Financial Stability Oversi-ght Council, il Consiglio di sorveglianzasulla stabilità finanziaria sistemica del Pae-se, dotato di estesi poteri di intervento pre-ventivo (ad esempio impedire fusioni ol’offerta di prodotti finanziari); potenzia ipoteri della Sec (estendendoli alla vigilan-za sulle agenzie di rating); crea il nuovo Bu-

reau of Consumer FinancialProtection a tutela del consu-matore di prodotti finanziari.Però manca una politica fisca-le selettiva capace di far paga-re alla finanza predatoria ilcosto del rischio delle esterna-

lità negative e dei rischi sistemici, favoren-do il credito all’economia con fiscalità divantaggio.

Qual è la strada da seguire, quin-di, per la riforma della finanza?

La regolazione degli intermediari, dei pro-dotti, dei mercati non può ammettere zonefranche, soprattutto nel “Sistema bancarioombra”. È necessario armonizzare la nor-mativa europea e mondiale come condi-zione per la nascita di un’unica Authorityglobale sulla finanza. L’abolizione (avviata)di tutti i paradisi fiscali e bancari è il primosegnale di determinazione che il potere po-litico deve dare a testimonianza della realevolontà di invertire una deriva di suddi-tanza all’egemonia della finanza, troppo alungo metabolizzata. Una politica di rego-lazione efficace non può eludere i conflittidi interessi diffusi operanti nella promo-zione e nella vendita di prodotti finanziari.Si propone, a tal fine, la soppressione dei si-stemi di incentivazione individuale e la lo-ro trasformazione in componente dei pre-mi aziendali collettivi negoziati dalleorganizzazioni sindacali correlata alla red-ditività aziendale. L’obbligo di trasparenzaverso la clientela dovrà, inoltre, prevederela comunicazione alla stessa di tutte le for-me di incentivazione per la compravendi-ta di prodotti finanziari e di credito (mutui,fondi comuni, obbligazioni e altri). .Il testo integrale del nuovo Manifesto per la riforma della finanza e l’economiasostenibile integrale su www.valori.it

NGiuseppe Gallo, segretariogenerale della Fiba-Cisl.

Riforma della finanzaLa strada da compiere

di Davide Venezia

Il Segretario generale della Fiba-Cisl Giuseppe Gallo traccia un bilancio dei passi compiuti finora in Europa e negli Usa sulla strada della riforma dei mercati finanziari e indica la direzione da prendere da qui in avanti.

È necessario armonizzare le normative in Europa e nel mondo e creare unaauthority globale sulla finanza

‘‘’’

La foto di gruppo al G20 di Washington nel 2008.

Page 19: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 37 |

| finanzaetica || finanzaetica | soluzioni anti-crisi |

ER IL MOMENTO È SOLO UNA BREZ-ZA leggera. Forse anche meno:appena un alito di vento. Ma

potrebbe trasformarsi presto in un ventoimpetuoso, destinato a sconvolgere le tec-niche di raccolta fondi conosciute finora.Alla base di tutto ci sono internet, la rete ele tecnologie digitali. Saranno loro le prota-goniste dei sistemi di fund raising del Terzomillennio. Su questo, non esiste addetto ailavori che non sia pronto a scommetterci.

Dati ufficiali sulle donazioni in Italianon sono disponibili: una carenza figlia diuna legislazione fiscale che non aiuta ad

avere cifre trasparenti. A seconda delle ri-cerche, i vari istituti ritengono che le do-nazioni annue oscillino tra uno e tre mi-liardi di euro.

Donatori in calo internet residualeQuello che però molti denunciano è unacontrazione delle entrate a causa della cri-si: «Le ultime rilevazioni evidenzianoun’erosione della raccolta fondi», rivelaPaolo Venturi, direttore di Aiccon (Asso-ciazione Italiana per la promozione dellaCultura della Cooperazione e del NonProfit). Una ricerca Doxa già l’anno scor-so indicava in 43 euro la donazione me-dia pro capite (erano 56 nel 2008 e 68 nel2006). Né va meglio sul fronte del nume-ro di donatori, attestatisi nel 2010 a quo-ta 44% (vedi ).

«Lo scenario - spiega Venturi - è resoancor più fosco dalla situazione di incer-tezza in cui vive lo strumento del5x1000, e dall’aumento delle tariffe po-stali che hanno fatto schizzare i costi delfund raising tradizionale». Tutti fattori

GRAFICO

che, magari non intenzionalmente, mafiniscono per spostare l’attenzione (e lesperanze) dei fund raiser sui nuovi stru-menti online: email, pagamenti con car-te di credito, bonifici via web, socialnetwork possono rinverdire il rapportotra enti non profit e donatori, rendendopiù facili le donazioni. «L’attitudine ver-so l’online è molto più sviluppata negliStati Uniti, nel Regno Unito e in NordEuropa», spiega Letizia Galli, responsabi-le Raccolta fondi per ricerca e sviluppo diMedici senza Frontiere. «Ma, prima opoi, pure noi seguiremo quella strada».

Se non esistono dati ufficiali sul tota-le delle raccolte fondi, figurarsi per quel-le on line. Il terreno è di fatto ancora ver-gine. Gli addetti ai lavori concordano,però, nell’affermare che il peso delle do-nazioni on line è ancora residuale: «Suuna raccolta complessiva da donatori in-dividuali che supera i tre milioni, dal-l’online arriva il 5%», spiega Michela Giu-

liani, coordinatore Donatori individualidi Cesvi. «Ma la donazione media è piùalta di quella di chi usa gli strumenti “car-tacei”». A stime analoghe arrivano i fundraiser di Medici senza Frontiere. Legger-mente più alte le percentuali di Coopi:«nei nostri programmi di adozione a di-stanza, i contributi inviati via web si atte-stano sul 10-15%», rivela il loro respon-sabile Raccolta fondi, Francesco Quistelli.

On line, un treno da non perdereNonostante queste cifre, però, puntare sul-la diffusione delle piattaforme internet piùche una scommessa appare un treno danon perdere. E per più di un motivo. Le pri-me ricerche sulla donazione online descri-vono gli utenti del web (32 milioni di Ita-liani, il 67% della popolazione) come bendisposti verso la donazione: il 58% - rivelal’Osservatorio Fundraising Online - ha ef-fettuato un versamento in favore di unaonlus (il 35% più volte), con un incremen-to del 2% rispetto al 2009 (vedi ).

I più generosi? Quelli di età compresatra 25 e 44 anni, ma la quota di donatoriover 55 è cresciuta in un anno del 40%.«Va inoltre considerato che la donazionemedia è più alta di quella di chi usa gli stru-menti “cartacei”», rivela Mi-chela Giuliani. «I nostri datiparlano di donazioni medieche doppiano quelle fatte coicanali tradizionali» aggiunge

GRAFICO

Letizia Galli. Perché tanta differenza? «Gliutenti online hanno di solito una maggio-re capacità di spesa», osserva FrancescoQuistelli. «Ma va anche considerato – ag-giunge Galli – che le campagne di raccoltaonline sono molto più immediate di quel-le cartacee. Una mail può arrivare nelle 24ore successive a un’emergenza umanitaria.Con le lettere tradizionali passano almenotre settimane dall’evento. Questo permet-te di sfruttare meglio l’onda emotiva checolpisce i donatori». Ma non è solo questoil vantaggio degli strumenti online.

«I canali web hanno costi di attivazio-ne molto bassi e permettono di evitare icosti esorbitanti delle tariffe postali», spie-ga Paolo Venturi. «È quindi un investi-mento che va fatto, sebbene al momentole rese (il rapporto cioè tra investimenti ericavi) dei mezzi tradizionali di donazione(in primis, i bollettini postali) sono piùbasse. Il web infatti permette un rapportopiù attivo con il donatore, che può tener-si maggiormente in contatto con l’orga-nizzazione che finanzia».

Proprio i bassi costi possono rappresen-tare un vantaggio per le piccole organizza-zioni, che, con minori barriere economi-che, possono lanciare campagne dal basso:«Se una causa è valida, grazie alla rete può

crescere in breve tempo, anche se a lan-ciarla sono piccole realtà. Magari in un pri-mo momento, saranno le grandi organiz-zazioni a beneficiare di più del passaggiosul web. Ma non mi stupirei se nel prossi-mo futuro la distribuzione delle donazionifavorisse realtà nuove e più piccole».

Un “effetto-polverizzazione” che meri-ta di essere tenuto sotto controllo, soprat-tutto per evitare il rischio di truffe ai dan-ni dei potenziali donatori: «Questo rischioè possibile – osserva Venturi – ma esistevagià prima di questo passaggio epocale. Cer-to, il settore del non profit dovrà aumen-tare la propria capacità di autoselezionedei progetti più validi e degni di aiuto. Ser-virà maggiore trasparenza. In Gran Breta-gna, la Charity Commission impone la pub-blicità dei bilanci sopra i 30mila euro. E inarea anglosassone è molto sviluppato ilsettore degli watchdog indipendenti». “Ca-ni da guardia” imparziali che fanno le pul-ci agli enti di beneficienza per valutarnetrasparenza e aiutare i donatori a sceglierechi è più affidabile. Online od offline, pernoi, al momento, sono fantascienza. .

Anche in Italia iniziano a prendere piede i sistemi di fund raising on line. La crisi delle donazioni spinge gli enti non profit a investire sulla Rete. Molti i vantaggi, soprattutto per le organizzazioni più

piccole. Ma per il momento viaggia su internet solo il 5% dei soldi donati.

Il websalverà la raccolta fondi?

di Emanuele Isonio

P

NEL 4° FESTIVAL DI SCENA L’ON LINE

È STATO DEDICATO IN BUONA PARTE alle prospettive di crescita degli strumention line di raccolta fondi la IV edizione del Festival del Fundraising, promossodall’università di Bologna dall’11 al 13maggio a Castrocaro Terme.www.festivaldelfundraising.it

GESTIRE LE DONAZIONI. DA BANCA ETICA ARRIVA FUND FACILITY

LA DIFFUSIONE DEI SISTEMI DI RACCOLTA FONDI via internet porta con sé lo sviluppo di strumentiper rendere la gestione e la rendicontazione delle donazioni più facile ed efficiente. E il sistemabancario, naturalmente, inizia a guardare con interesse a questo settore per aumentare il proprioportafoglio clienti. Banca Etica, insieme a una cooperativa sociale di Padova (la A-Team), ha adesempio lanciato Fund Facility, un software collegato a un conto corrente che riduce sensibilmente il lavoro amministrativo delle associazioni non profit. «Questo strumento – spiega Marco Di Giacomo,direttore della filiale milanese dell’istituto di credito – lavora direttamente online attraverso un serverprotetto. Quando qualcuno fa una donazione in favore dell’associazione che usa questo strumento, i soldi donati finiscono direttamente sul conto corrente. In più, gli uffici dell’associazione si trovanogià inseriti i dati del donatore, la frequenza di donazione (nel caso di ordini periodici o permanenti) e con un clic si possono inviare via mail le ricevute fiscali necessarie per le detrazioni fiscali». I vantaggi coinvolgono anche il donatore, che può scegliere tra vari metodi di pagamento (carta di credito, modulo di ordine permanente, bollettino postale premarcato, modello Mav, rid bancario,bollettino freccia o bonifico bancario). Fund Facility funziona anche come canale di comunicazioneperché gestisce il database dei contatti ai quali inviare newsletter ed sms informativi.

I costi per l’organizzazione ovviamente diminuiscono perché informatizza molte delle attività finoraeseguite manualmente. In più, le commissioni sulle donazioni sono più basse (fino a dimezzarsi)rispetto a quanto chiesto da altri sistemi, come åPaypal (attualmente si aggira sul 3-4%).

FON

TE: O

SS

ERVA

TOR

IO F

UN

DR

AIS

ING

ON

LIN

E R

APPO

RTO

2010 -

CO

NFR

ON

TO C

ON

2009

Le campagne online hanno costiinferiori, sono più immediate e sfruttano meglio l’onda emotivache segue un’emergenza

BAROMETRO DELLA SOLIDARIETÀ

FON

TE: D

OXA

, BAR

OM

ETR

O S

OLI

DAR

IETÀ

2010

ITALIANI CHE HANNO EFFETTUATO UNA DONAZIONE NEI 12 MESI PRECEDENTI

L’INTERVISTA (VALORI %)60

55

45

40

35

58

4645 44

PIU DI UNADONAZIONE

31%

29%

29%

25%

36%

34%

8%

8%

UNADONAZIONE

NESSUNADONAZIONE

NON SONON RICORDO 2009 2010

QUANTO DONANO I NAVIGATORI?

1999 2001 2007 2010

Page 20: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 39 || 38 | valori | A N N O 1 1 N . 8 8 | A P R I L E 2 0 1 1 |

| ipotesidicomplotto |

di Luigi Grimaldi

prendi una buona abitudine, per te e per la terra.Scegliere un negozio Cuorebio, significa essere certi di acquistare cibi biologici e biodinamici, selezionati e certificati. Ma vuol dire anche avere a cuore la salute della terra ed il rispetto delle risorse naturali. Una scelta sicura e positiva, che puoi fare negli oltre 250 negozi Cuorebio in tutta Italia.

vieni a trovarci! www.cuorebio.it

cuorebio e il cibo sano

L GOVERNO BERLUSCONI dal 1994 in poi ripete i suoi slogan come un disco rotto. Tra quel-li più gettonati c’è, nella hit parade del Cavaliere, quello che promette attenzione almondo dell’impresa e della libertà economica: meno Stato e più mercato e, sopratut-

to, “meno tasse per tutti”. Il risultato di tanto impegno del “governo del fare” sta scritto nella classifica redatta dal-

la Banca Mondiale sul “fisco”. E qui bisogna dire che i risultati ottenuti in 17 anni dal “pre-sidente imprenditore” sono eclatanti. Ma proprio molto eclatanti, perché al record dellapressione fiscale (43,5% nel 2009, siamo terzi tra i Paesi sviluppati dietro Danimarca e Sve-zia), si aggiunge il record del numero di adempimenti e controlli fiscali. La quantità di do-cumenti e scartoffie è ormai giunta a livelli tali da produrre effetti paranoici.

In basi ai dati diffusi recentemente dallaBanca Mondiale si calcola, infatti, che su unaclassifica di 183 Paesi analizzati, l’Italia siacollocata al 50° posto per la capacità di ren-dere il fisco complicato e ossessionante. Nel2011 ogni impresa italiana sarà costretta asvolgere, calcolare, compilare, consegnare erispettare qualcosa come 694 tra scadenze eadempimenti fiscali e tributari. Visto che, se-condo l’Ocse in Italia i giorni lavorativi sono225, significa che siamo oltre 3 adempimen-ti fiscali al giorno. Insomma da noi ogniazienda è costretta a dedicare al fisco il dop-pio del tempo necessario in Francia e Olan-da, il 50% in più di Spagna e Germania.

E se fosse una manovraper esasperare i cittadini?Ora viene da pensare che un risultato cosìmarcato, a fronte di una politica berlusco-niana in cui si urla continuamente contro ilfisco e la burocrazia, non possa essere ca-suale. Già, perché questo costante dualismoschizofrenico non può che avere un risulta-to: portare i contribuenti all’esasperazione,al rifiuto, forse alla rivolta. Uncomplotto insomma. Se Romanon è abbastanza “ladrona” dasuscitare la rivolta e a spingerepacifici contribuenti all’esaspe-

razione fino al punto di sostenere ipotesi diazzeramento dello Stato nazionale unita-rio, basta poco, in queste condizioni, a ren-dere il fisco assolutamente intollerabile.Così, mentre si dichiara tra applausi fe-

stanti che «l’evasione di chi pa-ga il 50% dei tributi è un dirit-to naturale che è nel cuore de-gli uomini e che non ti fasentire moralmente colpevole»e che «se le tasse sono troppoalte, è giusto mettere in atto l’e-vasione o l’elusione fiscale» e,mentre ci si difende da proces-si - e non nei processi come sa-rebbe naturale - per colossalievasioni fiscali, dietro le quintesi lavora al collasso.

C’è quindi da aspettarsi chepresto supereremo quota 700(adempimenti), un passaggionecessario verso l’ambito tra-guardo dei mille, che pare sianecessario per por mano senzaresistenza alle agognate modi-

fiche costituzionali. Mentre si lavora ala-cremente nelle stanze del potere per arri-vare a questo bel risultato, le stesse mentiche producono campagne contro il fiscovampiresco provvedono a renderlo intol-lerabile, chiosano sulla magistratura briga-tista, il Parlamento ladro e lo Stato centra-lista e burocratico.

“Quo usque tandem abutere, Berlusconi,patientia nostra?”. .

I

Da anni la propaganda di SilvioBerlusconi pone l’accento sulladifesa delle imprese. Eppure il fisco resta esoso e complicato

Due manifesti elettorali “taroccati” di Silvio Berlusconi,quando ancora esisteva il partito Forza Italia.

Fino a quando il complotto fiscale?

Tasse

Page 21: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

La chiesa di Santa Maria Paganica, nel centro de L’Aquila.Uno dei molti edifici storici distrutti dal terremoto del 6 aprile 2009. La loro ricostruzione non è ancora iniziata. (marzo 2010)

Sbarco

dell’economia

Gas 2011È UN MOVIMENTO che cre-sce, si trasforma e si in-contra. Sono donne e

uomini, ragazzi, adulti e anziani, famiglie ecomunità che hanno in mente un modellodiverso di economia - solidale, ecocompati-bile, eticamente condivisa - e puntano a rea-lizzarlo insieme. E, per farlo, si sono dati ap-puntamento dal 24 al 26 giugno, per lo“Sbarco Gas 2011 - L’economia solidale oltrela crisi”. Rappresentanti delle Reti e dei Di-stretti di economia solidale (Res e Des), non-ché dei Gruppi d’acquisto solidale (Gas),cioè le cellule minime di questa idea di cam-biamento, hanno scelto di organizzare ilproprio convegno nazionale a L’Aquila, apoco più di due anni dal terremoto.

È un luogo simbolo di caduta e di vogliaestrema di rinascita, dove ogni occasione diriattivare il tessuto economico e sociale dellacittà e della regione diventa prezioso. Così neimesi scorsi è nata la Res Abruzzo, popolata diassociazioni culturali, Botteghe del mondo,Gruppi d’acquisto solidale, produttori agrico-li e qualche cooperativa, capace di raccoglierela prima sfida: proporre l’Aquila come sedeper il convegno nazionale di Gas, Des e Res,nonostante le difficoltà logistiche (in primis re-perire sistemazioni per circa duemila personein un’area con poche case private e bed &breakfast disponibili, campeggi difficili da rea-lizzare e spesso lontani dalla città).

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 41 || 40 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| economiasolidale | | economiasolidale |economiasolidale Attrezzarsi in tempo di crisi. “La rete fa la forza” >47Made in Italy a rischio: il pollo. Il monopolio dei broiler >49

| Gas, Des, Res |

Tutti insieme a due anni dal sisma.Reti, distretti e gruppi

d’acquisto dell’economia

solidale a convegno nella

regione che vuole rinascere,

anche a partire dalla loro esperienza.Nata la Res Abruzzo, L’Aquila punta su buone prassi e relazioni inedite.

di Corrado Fontana

C’

A L’Aquila la scossa

CH

RIS

TIAN

SIN

IBAL

DI /

CO

NTR

ASTO

solidale

Page 22: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 43 |

| economiasolidale | | economiasolidale |

Non solo. L’Aquila sostenibile ha sceltodi ripartire dalla valorizzazione delle filierecontadine in un’area dove molti terreni agri-coli sono stati confiscati per convertirli aduso edilizio - così la maggior parte di quellidel piano C.A.S.E. - e dove i crolli hanno in-nescato un processo speculativo da parte dichi possedeva dei campi e si è affrettato a co-

struire nuove abitazioni da affittare. «L’o-biettivo - sottolinea Alessia De Lure dellabottega del commercio equo Il Sicomoro - èproprio ricondurre l’attenzione sul territo-rio aquilano, verificare come è (o comenon è) la situazione a due anni dal sisma,portando alla luce le buone prassi che sisono comunque attuate, come l’Eco Vil-

laggio di case di paglia di Pescomaggiore,che si sta realizzando tramite donazioni eforme di autofinanziamento (vedi Valori didicembre 2009, ndr)».

Respiro solidale Dai Gruppi d’acquisto riparte un circuito cheva al di là del reperimento di frutta e verdura.

«I produttori - racconta Alessia De Lure - vi-vono grandi difficoltà nelle vendite. Per que-sto motivo, in collaborazione con la Confe-derazione italiana agricoltori (Cia) e con icontributi Slow Food, sarà costruita una strut-tura in legno (per la quale stiamo cercandoun terreno): diventerà un piccolo villaggiodell’altra economia, a basso impatto ambien-

tale e collocato in città, perno della distribu-zione per i Gas e della vendita diretta dei pro-dotti locali della terra. E insieme ci sarà anchela nuova bottega del commercio equo e soli-dale. Non solo. Il Gas sta anche sviluppandodei piccoli mercati contadini itineranti nellezone focali della città: nei nuovi quartieri abi-tativi del progetto C.A.S.E. o, come nell’apri-

le scorso, in piazza Duomo, per riportare la lu-ce dei riflettori sullo stato del centro storico».È un flusso di economia solidale che torna incircolo o, addirittura, trae spunto dalla situa-zione per dare vita a inedite esperienze di re-te, sviluppando ad esempio quei collega-menti tra i Gas dell’entroterra e quelli dellacosta che prima non esistevano. .

SBARCO GAS IN RETE

Se qualcuno resta indietro«Il tema principale su cui bisognerà con-frontarsi al convegno nazionale de L’Aquila- ricorda Giuseppe Vergani, uno dei coordi-natori della Retina dei Gas della Brianza -sarà il lavoro di saldatura tra le esperienze dipunta del movimento, cioè i distretti di eco-nomia solidale nascenti, le filiere corte e le

altre iniziative, che vanno oltre l’acquisto difrutta e verdura, e la prassi normale dei Gas.L’acquisto solidale non è più solo l’eserciziodi una scelta del consumatore, ma assumeun ruolo propositivo e attivo all’interno del-le filiere dell’economia solidale, un ruolo ditrasformazione. Il rischio è allora che questaposizione più attiva dei gas non venga me-tabolizzata».

Davide Biolghini, responsabile dellaformazione e della ricerca nel TavoloRes Italia, rincara la dose portando l’esem-pio di due contraddizioni: quella tra i prin-cipi di filiera locale e la vocazione interna-zionale che certe produzioni agricolehanno (come il vino abruzzese) e quelladella rete dei Parchi naturali che vorrebbe-ro valorizzare i prodotti della terra coltiva-ti sul proprio suolo, promuovendoli nonsolo all’interno delle Reti di economia soli-dale, ma anche, ad esempio, in collabora-zione con la Legacoop.

«Il proposito ambizioso dell’assembleanazionale de L’Aquila di comprendere sel’economia solidale possa dare risposte allacrisi che caratterizza l’Abruzzo - spiegaBiolghini - pone anche la questione di co-

me dialogare con tanti diversi interlocuto-ri, anche con quelli più “istituzionali”, chenon sono solitamente vicini al mondo del-l’economia solidale. Questa assemblea na-zionale ha l’obiettivo di far convivere laprospettiva di ciascun Gas, fortemente le-gato alla dimensione locale della propriarealtà e all’attività degli acquisti, ma nor-malmente poco avvezzo alle relazioni conaltri attori e a una visione più ampia deiproblemi del territorio, con la prospettivadegli altri gruppi d’acquisto più “attivi” econ quella, spesso più estesa, delle Res e dialtri soggetti consimili».

Tra verdura e politica Ma le scelte che i Gas locali e tutto il movi-mento dell’economia solidale si trovano difronte oscillano tra prassi e teoria. «A Osna-go - continua Davide Biolghini - mi sonooccupato del rapporto con i fornitori, inparticolare con gli agricoltori, la scelta deiquali dipende da una carta di intenti in cuisono evidenziati, tra gli altri, due criteri:

l’attenzione ai prodotti locali, cioè alla filie-ra corta, e alle produzioni biologiche. Laproposta è di privilegiare, tra i due, l’agri-coltura locale, per evitare una certa “pre-sbiopia” che conduce a non considerare ciòche è più vicino a noi. Così nel Parco agri-colo Sud di Milano stiamo facendo sì che iGas della cintura milanese facciano i conticon gli agricoltori così come essi sono e noncome i Gas vorrebbero che fossero, assu-mendo in prima persona il compito di fa-vorirne i processi di conversione verso l’a-gricoltura sostenibile. Una pratica diassunzione di responsabilità che ha portato

otere della tv. Il progetto Spiga e Madia, in cui si recuperanoterreni agricoli per coltivare fru-

mento da destinare alla panificazione e riatti-vare una filiera locale quasi scomparsa, va in on-da su Report (nella puntata del 17 aprile scorso)e l’economia solidale finisce in seconda seratanazionale, uscendo dal giro dei soliti appassio-nati. Ma, mentre questo avviene, e senz’altroserve alla diffusione di certe buo-ne prassi, la riflessione è già passa-ta oltre, anzi mette in fila i rischidi uno scollamento tra pratica eteoria, tra opliti e legislatori.

di Corrado Fontana

P

I temi fumanti nel piatto

A sinistra, GiuseppeVergani, della Retinadei Gas della Brianza.A destra, DavideBiolghini, del tavoloRes Italia.

A sinistra, mercato contadino del Res Abruzzo. A destra, il Progetto Spiga e Madia (Des Brianza).

LIBRI

Davide Biolghini Il popolodell’economiasolidale. Allaricerca di un’altraeconomiaEmi editoreCollana: Giustizia,ambiente, pace160 pagine€ 9,00

Dagli acquisti di frutta e ortaggia km zero ad un nuovo ruolo di cittadinanza attiva. Questo è il vero nodo per Gas, Des e Res

TRE GIORNI FITTI DI EVENTI (incontri di studio, momenti musicali, laboratori di decrescita,spazi per bambini, proiezioni di video, escursioni a piedi) per definire anche gli obbiettivi del convegno nazionale:. promuovere i temi dell’economia solidale, della finanza etica, della sobrietà degli stili

di vita e della difesa dei beni comuni;. favorire l’incontro tra domanda e offerta all’interno dell’economia solidale lavorando da un lato al potenziamento della domanda (creazione di nuovi Gas, rafforzamento dei legami di quelli esistenti, creazione di nuovi canali d’acquisto), in modo da fornire al movimento solide basi economiche e da rappresentare per i produttori una valida e reale alternativa ai tradizionali canali di mercato;. mettere in rete le singole realtà aderenti e favorire la creazione di legami e collaborazionitra i diversi attori della rete;. realizzare progetti concreti di buone prassi di economia solidale in Abruzzo.

www.sbarcogaslaquila.itwww.retegas.org www.facebook.com/EVAPescomaggiore

APPUNTAMENTO A L’AQUILA SBARCO GAS 2011

Dalla riflessione sulle buone prassi scaturita nel Des Brianza emergono alcuni dei temi del dibattito ecosol che approderanno al convegno aquilano. In gioco

ci sono strumenti, mezzi e futuro, con la politica che fa capolino.

...ANCORA WEB

retinagasbrianza.orgwww.retecosol.org

BuonMercato di Corsico (Mi) offre servizi di supporto logistico sia ai cittadini che aglistessi Gas e utilizza per sostenersi il 10% del prezzo finale dei prodotti, sotto forma didonazione finalizzata al pagamento di uno spazio per il magazzino, di una cella frigorifera edi un operatore a tempo pieno. BuonMercato garantisce così la sostenibilità economica,avvalendosi però del contributo di ben 30 volontari: quando si parla di “piccoladistribuzione organizzata” bisogna fare i conti con il rapporto necessario tra lavororetribuito e lavoro volontario. www.buonmercato.info

| 42 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

IL BUONO DEL MERCATO

DAN

IELE

CAV

ALLO

TTI

Page 23: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

traccia è un altro e nasce da un vissuto che iGas settentrionali non stanno sperimentan-do, se non marginalmente: il coinvolgimentodelle Res nell’offerta di modelli alternativi perl’accoglienza e l’integrazione dei migranti.«Un tema che ci interessa molto, e in cui ci im-batteremo sempre di più, è quello dell’acco-glienza dei migranti in relazione al mondo deiGas e delle Res», dichiara Roberto Li Calzi,promotore della Res siciliana e appassionatoideatore del primo Sbarco Gas (nel 2009 in Si-cilia) e del consorzio siciliano Arcipelago Si-qillyàh. «Visto che Sbarco Gas a L’Aquila -continua Li Calzi - vuole essere una dimostra-zione di come questo movimento dell’econo-mia solidale possa affrontare e risolvere i problemi meglio dell’economia della concor-renza e della competizione, il tema dei mi-granti è perfetto: le aziende agricole che fan-no parte di Arcipelago Siqillyàh accoglierannochi una, chi due o tre di queste persone peroffrire loro un tetto, una famiglia e un lavororegolare, coltivando ortaggi da vendere neidintorni e ai Gas del Nord. L’economia soli-dale può essere una via attraverso cui la ma-nodopera migrante, fin qui sfruttata, può es-sere assorbita in maniera legale e consoddisfazione per tutti».

E se la Sicilia comincia, la Calabria non sitira indietro, tanto più dopo l’esplosione delcaso di Rosarno, che ha sottolineato il lega-me fra sistema economico, politico e mafio-so e sfruttamento del lavoro. «I migranti -conclude Stefano Ammiratolo del Tavolo na-zionale Res - che sono richiestissimi per esse-re impiegati nel lavoro dei campi, ingaggiati

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 45 |

| economiasolidale |

| 44 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| economiasolidale |

a un incremento delle aziende agricole bio-logiche e che conduce il movimento a nonproporre iniziative che vadano troppo oltreil livello di consapevolezza diffuso tra gliagricoltori. Fare i conti con i possibili pro-

cessi di conversione al biologico significache oggi una parte dei Gas milanesi si staoccupando del futuro del territorio del Par-co Sud, attraverso la qualificazione della suaagricoltura. Così, ad esempio, oggi possia-

mo chiedere ai Gas anche di mobilitarsi sultema delle bretelle autostradali e dei trac-ciati delle tangenziali, che rischiano dimangiare ulteriore suolo e territorio agrico-lo, collegandosi ai sindaci della zona che

Attraverso la passione agro-politica incarnata dagli orti migranti, la rete calabrese e l’esperienza

siciliana attivano riflessioni e iniziative: il Sud sposa l’economia solidale adattata agli scenari locali. In un rapporto profondo con la terra.

Dalla Calabria alla Sicilia,con furore

NO SGUARDO A VOLO RADENTE sulmondo dei Gas e delle Retidell’economia solidale in Ca-

labria e al Centro-Sud Italia lo regala MarioCoscarello, referente al Tavolo nazionale Res:«Credo che l’esperienza dei Gas e del movi-mento Des/Res stia sempre più integrandosi.Per le realtà meridionali, purtroppo, questa in-tegrazione a livello nazionale tarda a decolla-re, per differenti motivi, non per ultimo la lo-calizzazione degli eventi di portata nazionaletroppo spesso nelle aree del Nord Italia. Ancheper ovviare a questo nel maggio del 2009 si èsvolto a Cancellara (Potenza) il primo incon-tro per la costituzione della “Rete Sud-Sud”,che ha coinvolto le cinque regioni dell’estre-mo Sud Italia: Sicilia, Calabria, Campania, Pu-glia e Basilicata. In Calabria, come nelle altreregioni meridionali, esistono molte esperien-ze valide che possono creare dei buoni pre-supposti per costruire percorsi alternativi dicambiamento. Molto interessante è il proget-to del Consorzio Equosud, che opera nella zo-na di Reggio Calabria e coinvolge numeroserealtà in differenti settori. Sempre a Reggioopera il Gastretto. Salendo più a Nord c’è l’e-sperienza della Res Utopie Sorridenti che,spinta da un nucleo forte legato al consumocritico, sta operando soprattutto nell’area diCosenza. Esistono, poi, una seriedi altre iniziative, Botteghe delmondo in testa, in altre zona del-la Calabria. La difficoltà comunedi tutte queste realtà è proprio

di Corrado Fontana

quella di riuscire a fare rete: sono numeroseesperienze, ma puntiformi, slegate nei diffe-renti contesti territoriali. Di recente in Cala-bria si è avviato un percorso per la costituzio-ne di un’unica rete calabrese».

Ma, rispetto al proliferare di mercati con-tadini, Coscarello predica cautela: «Bisognapreservarli da una deriva che tende a farli di-ventare solo un altro strumento di marke-ting per vendere in maniera efficace il pro-dotto agricolo. Si moltiplicano infatti ancheal Sud mercati, Farmer Market, Gruppi di ac-quisto (solidali) che spesso hanno poco a chefare con gli obiettivi dell’economia solidale,diventando addirittura strumenti funzionalial sistema capitalistico di sfruttamento».

Economia solidale per l’integrazioneSi parla di prodotti agricoli, ma il tema sotto

Ucon modalità e salari disumani, diventano dicolpo un problema e un fastidio a fine sta-gione. Se ci aggiungiamo che il prezzo dellearance, quando va bene, si attesta sui 25 cen-tesimi al chilo e balza a 1 euro e mezzo quan-do arriva al supermercato e che l’agricoltura

chimica di tipo industriale ha già ridotto al-cune parti del nostro territorio in un desertoimproduttivo, abbiamo un quadro abba-stanza chiaro della situazione. La risposta deiGas è il rispetto dell’uomo e dell’ambiente.Questa sensibilità è ben rappresentata sulla

ECOSOL SUL WEB

www.siqillyah.itwww.utopiesorridenti.comwww.equosud.orgwww.lakasbah.orgwww.legallinefelici.it

Va bene l’economia solidale, ma non si scordino i principi ispiratori. L’appello viene da Sergio Venezia (Des Brianza) in una lettera aperta al suo distretto. Perché pecunia olet, anche se le risorse scarseggiano.

Richiamo all’ordine

ICIAMO CHE NELLA MIA

LETTERA aperta al DesBrianza ho voluto

mettere, come si dice, i piedi nel piatto! Il di-battito, anche all’interno, è acceso. Io sottoli-neo un problema che non è ancora esploso,ma è già emerso qui da noi: il consiglio del di-stretto di economia solidale della Brianza hadeliberato di accettare i finanziamenti dellefondazioni bancarie Cariplo e Monza-Brian-za». È una lettera aperta, una denuncia, un ri-chiamo ai valori originari quella scritta daSergio Venezia, del Des Brianza, rivolta pro-prio al “suo” Distretto di economia solidale.

Quindi il fine non giustifica i mezzi(economici)?

Nella prima fase di sviluppo di un Des c’è unafflato volontario che non ti porta a preoc-

di Corrado Fontana

cuparti di ciò; la cosa cambia quando si co-mincia a vedere sedimentare a lungo pro-getti sempre più complessi, che richiedonouna parte di lavoro che va a al di là del vo-lontariato. E cominci a chiederti dove puoirecuperare i soldi per realizzarli. Ancora pri-ma degli aspetti etici riguardo al “dove” vaia prendere le risorse, che mi portano a chie-dere attenzione sul tema, ritengo che si deb-bano creare degli anticorpi per evitare di ri-percorrere processi che in principio eranovirtuosi, ma che poi si sono discostati dallastrada iniziale. Così ad esempio la Coop, na-ta per sostenere i lavoratori attraverso deiprocessi mutualistici e di solidarietà, e di-ventata oggi una grandissima impresa conenormi contraddizioni. Se è vero che nellanostra zona c’è la più alta densità di centricommerciali d’Europa, è anche vero che

Coop non ha smesso di aderire a questo mo-dello di consumo del suolo: siamo partitida obiettivi molto nobili e siamo approdatia logiche molto simili a quelle del sistemacapitalistico.

Insomma, prima ancora degli aspettietici, cioè del problema di ricevere soldi dabanche che magari finanziano l’industriabellica, c’è la necessità di dover dimostrarela salubrità dell’economia solidale se sivuole proporre come modello di “altra”economia, capace di stare in piedi da sola.È accettabile avvalersi di contributi per glistart-up delle iniziative, ma devono esseredavvero sfruttati solo per partire e devonoessere etici. D’altra parte penso che sia giu-sto accogliere il denaro che arriva dal set-tore pubblico come anche quello della fi-nanza etica.

«D

hanno indetto manifestazioni per protesta-re contro questi progetti».

Dagli acquisti di formaggi, frutta e ortag-gi al ruolo di cittadinanza attiva vero e pro-prio, insomma. La domanda è se le Reti di

Modelli alternativi di accoglienzae integrazione dei migranti. È il nuovo tema (e la sfida) cheaffrontano i Gas del Sud Italia

economia solidale, i distretti e i Gas sonopronti per coordinarsi in vista di tali compiti:«Questo è il vero nodo, siamo pronti a questopassaggio?», si domanda Giuseppe Vergani.«E, soprattutto, ci siamo tutti o c’è il rischio di

uno strappo in cui il movimento dei Gas, fat-to di persone che vogliono fare solo degli ac-quisti, non segua un’avanguardia che, inve-ce, vuole andare oltre, con l’acquisizione diun ruolo pubblico a pieno titolo?» .

nostra rete dall’esperienza dell’Orto Migrantenella Contrada Concistocchi di Rende, colti-vato applicando le tecniche dell’agricolturanaturale, dai migranti con status di rifugiatopolitico in accoglienza presso l’Associazioneculturale multietnica La Kasbah». .

A sinistra, Mario Coscarello, Tavolo nazionaleRes. A destra, Roberto Licalzi, Siquillyàh.

Le coltivazioni della cooperativa sociale Arca di Noè, della Res Calabria.

Page 24: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 47 |

| strategie adattative | economiasolidale |

| 46 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| economiasolidale |

“I GRUPPI D’ACQUISTO SOLIDALE VENETInel 2011 - Una fotografia d’insieme”è la prima ricerca che esaminacomplessivamente il fenomeno dei Gas alivello dell’intera regione Veneto. Promossadalle Acli provinciali di Venezia e da Emù(Centro di sperimentazione ecomuseale diVenezia), che, insieme a MovimentoConsumatori e all’associazione Mandragola,guidano il progetto di promozionedell’economia solidale Sesterzo, la ricercanon solo traccia una mappa“georeferenziata” del fenomeno dei Gasnella regione, ma, soprattutto, cerca dicapire quale “capitale sociale’’ queste realtàmobilitano intorno a sé.

«I primi dati emersi - racconta MauroRicheldi, coordinatore del Centro Emù -mettono in evidenza la natura del Gas quale“attore sociale complesso”. La sua attivitànella maggior parte dei casi trascende ilmero acquisto e la sua capacità di relazionecol territorio è molto alta, ciò nonostantenon è ancora maturata una reale“coscienza” di questo ruolo all’interno delloscenario composito dei Gas veneti».

La ricerca verrà presentata presso lostand delle Acli a Terra Futura 2011, ma le

anticipazioni sui risultati sono giàinteressanti: «Il numero dei Gas mappati -spiega David Marchiori, delle Acliveneziane - è oltre il doppio di quantofosse mai stato percepito prima: oltre 150contro i 65 del database di retegas.org. Lamaggior parte dei gruppi censiti sono natidopo il 2006 ed è un trend in continuacrescita». Meno di un Gas su quattro hauna qualche forma di dialogo con lepubbliche amministrazioni, ma solo il 25%dei Gas dichiara di auspicare unmiglioramento del rapporto; meno dellametà è costituita in associazione e solo il12% possiede un conto corrente bancario,di cui la metà nel mondo della finanzaetica. Le prime stime dicono poi che ilnumero dei “gasisti” veneti supereràampiamente le 11 mila persone. L’84,3%dei Gas dichiara di avere rapporti con altreassociazioni mentre, dal punto di vistamerceologico, la composizione del loropaniere medio è: frutta e verdura 35%;carne 5%; formaggio 9%; pane/farine 20%;dolciumi 8%; conserve/succhi 4%; vino5%; detersivi detergenti 8%; vestiario 6%,con una spesa media a gasista che variadai 35 ai 40 euro.

IN RETE

http://digilander.libero.it/lamondolfiera/0_chi_siamo.html

ACCOGLIENZA DEGLI IMMIGRATI DAL SUD DEL MONDO (e non solo), lotta all’agri-business, nuovi modelli economici a salvaguardia delle piccole produzioni: tantiargomenti che si intrecciano in diverse iniziative come “Genuino clandestino” e la “Campagna per l’agricoltura contadina”. Le Res stanno cominciando solo ora a rapportarsi con le reti di contadini di base come Ari (Associazione rurale italiana), Asci (Associazione di solidarietà per la campagna italiana), Civiltà contadina, riguardo la loro proposta di legge che punta a cambiare un sistema burocratico e fiscale che,

per favorire il modello industriale impiantatoin agricoltura, applica la stessa normativa a chi possiede e coltiva migliaia di ettari e ai piccoli contadini. Giuseppe Vergani (La Retina - Des Brianza) sottolinea

che «l’agri-business utilizza prodotti chimici, inquina l’aria e l’acqua e di solito nonproduce cibo, ma al massimo mangimi, quando non bio-carburanti. Il piccolo agricoltore,invece, agisce in aree marginali, fa tutela del suolo, paesaggio, agricoltura di qualità e coltivazioni biologiche: questi due soggetti non possono essere sottoposti al medesimo vincolo burocratico e, anzi, il secondo va sostenuto. Teniamo conto che nel 2013 la politica agricola comunitaria (Pac), se anche non si concludesse, verràcomunque molto ridimensionata. A chi andranno in mano i territori coltivati nei dintornidi Milano che praticano un’agricoltura economicamente non sostenibile se questa non viene aiutata dai finanziamenti pubblici?».

www.agricolturacontadina.orggenuinoclandestino.noblogs.org

Attrezzarsiin tempo di crisi“La rete fa la forza”

al territorio dove si opera. Non stiamo par-lando di una via delle imprese al sociali-smo, ma del “contratto di rete”, uno stru-mento introdotto dal decreto “incentivi”del 2009 (vedi pagina successiva), chele imprese stanno cominciando a utilizza-re per rispondere a un sistema di produ-zione del valore profondamente cambiato,in cui i mercati sono aperti e la filiera si co-

BOX

struisce sull’offerta più conveniente delmomento.

Di che cosa si tratta esattamente? Ci ri-sponde Fernando Lugli, ingegnere specia-lizzato in progetti di sviluppo locale, cheaccompagna le imprese a mettersi in rete:«Le aggregazioni nel nostro sistema pro-duttivo, fatto di piccole e medie imprese(Pmi) esistono da sempre, possono esserefiliere, distretti, consorzi. Il contratto di re-te – continua Lugli – risponde a un’esigen-za di maggiore flessibilità rispetto alle fi-liere, dove sostanzialmente c’è un’impresaforte e dei “sudditi”, ma quasi mai delleaziende di uguale livello. Lascia più possi-bilità di cambiamento rispetto ai consorzi,che si formano attorno a un prodotto e al-la sua tutela, ma non offrono nulla all’im-presa se cambia produzione. Il contratto direte - conclude Lugli - è più leggero, si sta-bilisce per un’ottica medio-lunga. Permet-te che si formi un accordo per uno scopospecifico, per esempio per una funzioneaziendale come la ricerca e sviluppo, o pergestire i mercati esteri, ma lascia le impre-se libere su altre funzioni».

Condividere le informazioni Il primo passaggio da fare è di tipo culturalee non è piccolo: bisogna passare da un’otti-ca di concorrenza e di individualismo sfre-nati, alla collaborazione e alla condivisionedi alcune informazioni - che spesso gli im-prenditori non sanno nemmeno di avere -

HISSÀ SE QUALCUNO ha infor-mato Marchionne che anchetra le imprese può esistere la

solidarietà, chissà se qualcuno gli ha maidetto che per resistere alla crisi, prima dimettere in strada i lavoratori, si può pen-sare di unirsi, senza rinunciare ai concettidi imprenditorialità, ma assumendo quel-li di responsabilità di fronte ai lavoratori e

Per superare l’ottica dei distretti e sostenere le nuove dimensionidella produzione, le imprese si aggregano usando lo strumento dei contratti

di rete. Più flessibili delle filiere, dove c’è un capofila e molti sudditi,lasciano più libertà dei consorzi, ma richiedono un salto culturale.

di Paola Baiocchi

C

LE PRIME ESPERIENZE

RACEBO: nel maggio dello scorso anno 11 piccole e medie imprese manifatturieredell’automotive, hanno siglato a Bologna il contratto di rete. Si tratta di ditte subfornitricidelle case dell’automotive, operanti nei diversi comparti della meccanica: dai trattamentidei metalli alle fusioni in leghe leggere; dalle lavorazioni meccaniche di precisione alla carpenteria metallica; dalla componentistica per telai e motori alla verniciatura.

FRUTTI DA FAVOLA: questo è il marchio “collettivo” che un gruppo di agricoltori del modenese ha sviluppato per commercializzare i propri prodotti. Ora si sono formati in cooperativa e stanno aprendo negozi di frutta e verdura a filiera corta.

RIBES, RETE IMPRESE BIOMEDICALI: dopo mesi di preparazione, 14 aziendebiomedicali toscane hanno firmato il contratto di rete a maggio. Gestirannocollettivamente i rapporti con le banche e metteranno in comune tutto, laboratori di ricerca e processi di innovazione e di certificazione. (a cura di www.corsoromasrl.com)

RELAZIONI VIRTUOSE

Nella foto in alto a sinistra, l’assembleanazionale Gas-Dessvoltasi nel 2010 a Osnago (Lc).

IL NORD-EST SI FA I CONTI IN TASCA

Ma l’economia solidale ce la fa adessere autonoma?

Per me è una questione di ansia e di tempi.Se si pensa di avere tutto e subito, non ce lapossiamo fare: è un secolo che ci stiamo abi-tuando al consumismo, perciò è necessarioprendersi qualche anno per fare una rifles-sione molto profonda in un’altra direzione.Se mettiamo da parte un attimo l’ansia didover creare occupazione, di dover rispon-dere alle provocazioni di un sistema che ciconsidera una nicchia, allora il problema di-venta semplicemente in quanto tempo ce lafacciamo. E ci si arriverà con una maggioreconsapevolezza.

Quindi promuoverebbe una sorta didecrescita...

Io promuovo prima di tutto una sorta di de-crescita. So che dobbiamo lavorare prima ditutto sul piano culturale, incidere sull’imma-ginario collettivo. Non possiamo competeresui numeri del sistema per cambiare il para-digma, fare a gara con Coop, Banca Intesa,ecc. La differenza deve essere di strategia enon di obbiettivi. Questo presuppone di ri-pensare il territorio, superando innanzituttodelle resistenze culturali, decostruendo ilmodello della metropoli e il paradigma del“vivo perché consumo”. L’economia solida-le che tentiamo è un patto, una vicinanzatra consumatore e produttore: quando io or-dino il pane al mio contadino gli anticipo il20% dell’acquisto e se una grandinata gli di-strugge il raccolto mica lo richiedo indietro.Questa è la mia parte del rischio d’impresa,siamo solidali come la trave e il pilastro, per-ché abbiamo un interesse comune. C’è biso-gno di una riflessione culturale e psicologi-ca profonda, per ribaltare assiomi eparadigmi. .

DAN

IELE

CAV

ALLO

TTI

Page 25: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 49 |

| made in italy a rischio | quinta puntata | economiasolidale |

Il monopolio dei “broiler”sulle tavole d’Italia

UTOSUFFICIENZA, MA BASSI RICA-VI. Grandi allevamenti indu-striali e filiera integrata, ma

qualità più alta del resto dell’Unione euro-pea. Se dovessimo ridurre in pochi flash l’e-norme quantità di dati, rapporti e analisisulla filiera avicola italiana, non potremmoprescindere da questi cinque elementi. Al-meno per quanto riguarda la situazione del-la parte principale del settore.Perché in realtà, in Italia, se sivuole dare un quadro comples-sivo, si dovrebbe parlare di duefiliere: la prima, quella maggio-re, con 460 milioni di polli pro-dotti, è in mano ai “colossi” (il

marchio Aia del gruppo Veronesi e la Ama-dori, da sole, si dividono oltre due terzi delmercato nazionale). Accanto ad essa, una se-conda, che produce altri 50 milioni di polli,destinati in buona parte all’autoconsumo oa chi cerca peculiarità che gli allevamenti in-dustriali non possono dare (e alla quale de-dichiamo l’ a pagina 52). Due filierecon caratteristiche molto diverse. A partiredal prezzo dei polli e dal tipo di consumato-ri al quale si rivolgono.

ARTICOLO

di Emanuele Isonio

Milioni di polli, tutti uguali. Il 99% è ottenuto da incroci genetici che garantiscono prezzi molto bassi e prodotti standardizzati. La filiera delle carni avicole è ormai dominata dai grandi gruppi industriali. La recessione fa volare i consumi. Ma i prezzi di vendita molto bassi non permettono di coprire i costi di produzione.

C’è la crisi,il settore ringrazia«Il 99% dell’avicoltura industriale, in Ita-lia e nel mondo, utilizza i cosiddetti broi-ler, ibridi commerciali prodotti da incrocigenetici», spiega Silvia Cerolini, docentedi Zoocoltura e Avicoltura all’universitàStatale di Milano. Obiettivo: ottenere untipo di animale estremamente omogeneoche rende più facile standardizzare le pro-duzioni ed è in grado di crescere più rapi-damente (la macellazione può avveniredopo 21 giorni, più spesso tra 35 e 40). Laproduzione mondiale di questi ibridi (ol-tre 40 miliardi ogni anno) è concentratain poche mani: appena quattro gruppimultinazionali controllano l’80% delmercato (vedi a pagina 50).BOX

Ogni anno le grandi aziende avicoleitaliane allevano oltre 450 milionidi cosiddetti “ibridi industriali”:polli che crescono più in fretta e consentono di semplificare la produzione.

A

MADE IN ITALY A RISCHIO/ ASPETTANDO LA SESTA PUNTATA

IL VIAGGIO DI VALORI alla scoperta dei punti di forzae dei problemi delle filiere agroalimentari del Belpaeseprosegue a luglio. Di che cosa volete che parliamo?Segnalatecelo a [email protected]

| economiasolidale |

ma cercano in tutti i modi di custodire.Dopo aver superato l’ostacolo culturale,

il secondo è di tipo pratico: trovare con chifare rete (vedi sulle esperienze). Moltereti nascono su stimolo dalle associazioni dicategoria o delle strutture camerali, che pro-pongono corsi di formazione in cui le realtàproduttive si incontrano. Altre reti si stabili-scono tra aziende che già si conoscono, per-ché fino a ieri erano fornitori, clienti, o ad-dirittura concorrenti. Naturalmente bisognatrovarsi su affinità ben precise, valutate at-traverso percorsi schematici, con questiona-ri o con l’aiuto di consulenti.

Alcuni casi pilota cominciano a spunta-re: tra gli imprenditori, le nuove generazio-ni sono disponibili e in molte situazioni so-no società “rosa” quelle che fanno il “primopasso” verso altre aziende.

C’è molto da inventare, perché mancanoi decreti attuativi della legge, non sono mol-ti ancora i commercialisti che conosconol’argomento, ma qualcosa si sta muovendo:«Mettersi in contatto con altre imprese at-traverso nuove forme di cooperazione - ag-giunge Fernando Lugli - è strategico. Il con-

tratto di rete aiuta,anche se non è lasoluzione a tutti iproblemi». .

BOX

IN INTERNET

www.retidiimprese.it

IL CONTRATTO DI RETE D’IMPRESA

IL DECRETO legge 10 febbraio 2009 n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settoriindustriali in crisi, convertito con modificazioni con L. 9 aprile 2009, n. 33 ed ulteriormente modificato dall’art.1, co.1, l.23 luglio 2009, n.99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) ha introdotto il contratto di rete d’impresa all’articolo 3 comma 4, qui riportato:

4-TER. Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comuneuna o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Il contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e deve indicare:

a) la denominazione sociale delle imprese aderenti alla rete;

b) l’indicazione delle attività comuni poste a base della rete;

c) l’individuazione di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istituzione di un fondo patrimoniale comune,in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascuncontraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione e le relative modalità di gestione,ovvero mediante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimoniodestinato all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a) del codice civile;

d) la durata del contratto e le relative ipotesi di recesso;

e) l’organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri anche di rappresentanza e le modalità di partecipazione di ogni impresa alla attività dell’organo.

4-QUATER. Il contratto di rete è iscritto nel registro delle imprese ove hanno sede le imprese contraenti.

4-QUINQUIES. Alle reti delle imprese di cui al presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 1, comma 368, lettera b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni.

Page 26: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 51 |

| economiasolidale |

tano il 60% della dieta dei polli italiani e lafarina di soia un altro 30%. Il prezzo dei ce-reali nell’ultimo anno è passato da 150 a 250euro a tonnellata».

Ma a incidere sui prezzi di produzionec’è anche un’altra peculiarità tutta italiana.Questa volta meritoria: «Negli altri Paesi Ue– rivela Sassi - gli allevamenti avvengono inbatteria e i mangimi sono spesso menocontrollati. Ci sono varie zone grigie, an-che nella provenienza dei pulcini. Non èun caso che i produttori italiani siano gliunici in Europa a voler rendere obbligato-

Galletto3 %

Selvaggina1,0 %

Gallina1,4 %

Altro1,4 %

Galletto2,3 %

Selvaggina1,3 %

Gallina1,6 %

Altro1,5 %

Tacchino24,7 %

2005 (% sul valore)

2010 (% sul valore)

Pollo68,6 %

Pollo73,9 %

Il rovescio della medaglia di prezzi cosìbassi è che, come accade in altre filiereagroalimentari meno strutturate, anche i ri-cavi dei grandi gruppi non sempre riesconoa coprire i costi di produzione: 1,09 euro alchilo nel 2010, rivelano le elaborazioni delCentro ricerche produzioni animali (vedi

a pag. 53). «C’è sempre stata un’ecces-siva quantità di prodotti sul mercato. Le ec-cedenze finiscono per abbassare il prezzo divendita», ammette Guido Sassi. E i costi, nelfrattempo, lievitano soprattutto a causa del-le spese per i mangimi: «I cereali rappresen-

TABELLA

ria l’etichettatura che noi già usiamo e chedocumenta tutto il percorso del pollo. Macosì facendo, finiamo per avere costi mag-giori. La differenza con la Francia è adesempio di 20-30 centesimi». I polli italia-ni finiscono quindi per essere destinatiquasi esclusivamente al consumo interno,riuscendo a coprire tutta la domanda na-zionale. La – piccola - porzione di esporta-zioni (circa il 7%) finisce per essere acqui-stata all’estero dalle fasce medio alte dellapopolazione. E anche questo, probabil-mente, non è un caso. .

CARNI BIANCHE: POLLI SUPERSTAR

per i salari e le spese energetiche. Altri due,infine, se ne vanno con spese veterinarie, in-teressi, ammortamenti e altri costi di gestio-ne. (vedi a pagina 53).

Il futuro “in gabbia”Costi tutto sommato contenuti, ma non ab-bastanza. Perché, come accade per la carne,anche in questo caso, i margini di profitto, al-meno nell’ultimo anno, si sono erosi fino azero e oltre (vedi ). Nel 2010, infatti, daun lato, la quotazione ha fatto segnare uncrollo del 17% su base annua (0,92 euro alchilo, contro l’1,11 fatto registrare nel 2009).Dall’altro, i costi di produzione sono lievitati,e molto. A causa, soprattutto, dei prezzi deimangimi, elemento imprescindibile nelleproduzioni dei grandi gruppi industriali. Eper il futuro lo scenario non è più roseo: il 31

GRAFICO

TABELLA

dicembre prossimo scadrà il termine previstodalla direttiva europea 1999/74 per l’uso digabbie convenzionali. Le famose gabbie pergli allevamenti “in batteria” delle galline da

uova: famigerate per chi si batte per la salutedegli animali e la qualità delle produzioni. Be-nedette da chi ha interesse a ridurre il più pos-sibile i costi. Inevitabile quindi il timore chealeggia tra i grandi marchi del settore italiano,preoccupati per gli elevati investimenti ne-cessari alla conversione delle gabbie e per laperdita di produttività del nuovo sistema.Tanto più che altri Stati europei, come RegnoUnito e Germania, hanno provveduto adadeguarsi, in anticipo sulle scadenze, allanuova situazione. .

LINK UTILI

www.unionenazionaleavicoltura.it www.avitalia.it www.ismea.itwww.crpa.it

20

19

18

17

16

15

14

13

FON

TE: IS

MEA

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

Tacchino19.3 %

CARNE AVICOLA CONSUMI IN CRESCITA

2005 2010

100%

80%

60%

40%

20%

0%

alto

medio basso

medio alto

basso

28,8% 28,7%

32,4% 32,0%

24,5% 25,8%

14,3% 13,6%

IL REDDITO DI CHI COMPRA I POLLI INUSTRIALI

| 50 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| economiasolidale |

In Italia, il settore avicolo ha fatto regi-strare un fatturato di 5,3 miliardi di euro (3,9miliardi dalle carne e 1,5 dalle uova). Appe-na cinque anni fa era di 3,8 miliardi. Un au-mento di quasi il 40%, figlio paradossale del-la crisi economica: «La riduzione del potered’acquisto delle famiglie, la polarizzazionedei redditi, l’accentuata recessione in attodal 2008 hanno fortemente condizionato lastruttura dei consumi alimentari degli italia-ni», spiega Paola Parmigiani, ricercatrice del-l’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agri-colo alimentare). E infatti, per le carni dipollo si registra un aumento medio annuodell’1,6% (vedi ). A rimetterci le (piùcare) carni bovine, scese negli ultimi cinqueanni dal 52 al 49,7% della spesa totale percarni fresche. Ma calano nei consumi anchele altri carni bianche, in particolare il tac-chino (vedi ).

Il motivo, almeno quello principale, allabase di questo cambio di gusti è facilmente in-tuibile: la carne di pollo costa molto menodelle altre. «Il fattore prezzo ha un ruolosenz’altro determinante. Mezzo secolo fa erala carne della domenica, oggi grazie agli alle-vamenti intensivi è quella che ha portato leproteine alle masse», commenta Guido Sassi,

GRAFICO

GRAFICO

presidente di Avitalia, l’associazione di cate-goria che riunisce quasi tutti i maggiori pro-duttori (ad eccezione del marchio Aia). «Mava anche considerato che la carne di pollo sipresta a un’ampia varietà d’uso. Si possono,infatti, contare oltre settecento diverse refe-renze (le tipologie di prodotti preparati con ilpollame, ndr)». Non è quindi un caso che ilconsumatore-tipo del pollo industriale appar-tenga soprattutto alle fasce più povere dellapopolazione (58% del totale, vedi ), perlo più anziani, che, 73 volte su 100, lo acqui-stano utilizzando supermercati e discount.

GRAFICO

Costi troppo alti,ricavi troppo bassiÈ proprio il tipo di filiera costruito dai gran-di gruppi industriali a rendere possibili iprezzi stracciati: «Il comparto avicolo si ba-sa su una filiera a integrazione verticale»,spiega Silvia Cerolini. «I grandi gruppi nedetengono tutte le fasi: allevamento deglianimali riproduttori, incubatoi, allevamen-ti dei polli da carne, macellazione, trasfor-mazione, distribuzione». Risultato: un chilodi pollo industriale, tra gennaio e marzoscorsi, era quotato 1,10 euro.

I SIGNORI DEL POLLO: LE MULTINAZIONALI DEGLI IBRIDI

AVIAGEN, COBB-VANTRESS, HYBRO, HUBBARD FARMS: c’è il loro zampino se i polli usatidall’industria avicola di tutto il mondo ci mettono meno di un mese a raggiungere l’età dimacellazione, invece degli oltre tre richiesti dai polli “normali”. Prima in classifica, la Aviagen,multinazionale dell’Alabama ma con ramificazioni in Africa ed Europa: controlla il 40% dei 42miliardi di pulcini prodotti ogni anno e detiene l’ibrido più diffuso (i Ross 308, 508 e 708).Poco dietro, con il 35% del mercato, la Cobb-Vantress (che dal 2008 controlla anche il gruppoolandese Hybro), nata nel 1912 in Massachusetts, padrona del Cobb 500, altro ibrido diffusoe usato in tutto il mondo. La Hubbard Farms detiene invece il 15% del mercato.Tutti i colossi avicoli ribadiscono che l’uso dei broiler garantisce sicurezza, qualità e vantaggiper i consumatori. Di diverso avviso alcuni studi indipendenti. Come quello della SLU Skara,l’università svedese di Agraria, secondo il quale solo un terzo dei polli ibridi analizzati sarebbein buona salute al momento della macellazione.

Uova, i costi salgono I profitti noLa situazione del settore è analoga a quella della carne di pollo: consumiamo tutta la produzione

nazionale, la filiera industriale monopolizza il mercato, ma i guadagni sono

praticamente azzerati. E a fine anno, salvo rinvii, gli allevamenti in batteria saranno dichiarati fuorilegge.

ESSE IN FILA, tredici miliar-di di uova sarebbero pro-babilmente in grado di

coprire una decina di volte il giro del mon-do. Una cifra difficile da immaginare. Eppu-re è la quantità di uova che produciamo (econsumiamo) solo in Italia e solo in un an-no. Per la precisione: 12,8 mi-liardi quelle prodotte, 12,7 quel-le consumate. Una sostanzialeautarchia. 210 per ogni abitan-te, anche se in realtà quelle usa-

di Emanuele Isonio

Mte dalle famiglie sono “solo” 135. Le altre(pari al 36% del totale) sono state usate daindustria e artigiani per trasformarle in pa-sta, dolci e altri preparati alimentari.

Una montagna di tuorli e albumi chepresenta un aspetto surreale: l’enorme dif-fusione dei broiler industriali fa sì che, no-nostante le grandi quantità, le uova risulti-no tutte “sosia” una dell’altra. «Sono tutte

uguali. Per grandezza, per colore e anche pergusto», spiega Caterina Santori, membro delComitato esecutivo di Aiab.

D’altro canto però, come accade per lacarne di pollo, la filiera industriale ha l’in-dubbio merito di aver abbattuto drastica-mente i costi di produzione e quindi i prez-zi di vendita, per la felicità delle fasce dipopolazione a più basso reddito.

Il Centro Ricerche Produzioni Animaliha calcolato che l’anno scorso per produrrecento uova occorrevano otto euro: uno (pa-ri al 12,4%) per acquistare le galline, pocopiù di 4 (il 50%) per sfamarle, un altro euro

Nel 2010, le quotazioni sonocrollate del 17%. Ma gli altiprezzi dei mangimi hanno fattolievitare le spese di produzione

KG/ANNO PRO CAPITE

Page 27: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

1.40

1.20

1.00

0.80

0.60

0.40

0.20

0.00

€/kg

pes

o vi

vo

1.40

1.20

1.00

0.80

0.60

0.40

0.20

0.00

€/kg

pes

o vi

vo

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 53 |

| economiasolidale |

Ad ogni territoriola propria gallinaSe il giogo degli ibridi industriali fosse menooppressivo si avrebbe un indubbio salto diqualità: «I 2-3 ibridi più usati finiscono per im-poverire il settore, facendo perdere l’enormevarietà di razze pure che avremmo in Italia edEuropa», commenta amara la Santori.

Per evitare la definitiva scomparsa dellerazze autoctone, l’università Statale di Milanoha lanciato un progetto. A beneficiarne, duerazze lombarde: il pollo milanino e il Merica-nel della Brianza (vedi ). «In Italia - spie-ga Silvia Cerolini, docente di Zoocoltura e re-sponsabile del progetto - non esistonoprogrammi di conservazione delle razze avi-cole. La nostra iniziativa è diversa dalla filieraindustriale. Ma, accanto al programma direintroduzione di queste razze vogliamo asso-ciare un progetto zootecnico, rendendo i pol-li autoctoni una fonte di reddito per piccoleaziende agricole che vogliano allevarli».

All’idea ha aderito subito la Cascina Fore-stina di Niccolò Reverdini,operante nel Parco AgricoloSud Milano: «L’esperimento ècalato nella realtà delle rela-zioni con i Gas e con i privati

SCHEDE

a vendita diretta. A loro ho proposto di soste-nere l’iniziativa, impegnandosi ad acquistareun certo numero di polli. Per ora stiamo par-lando di piccoli numeri: 70 Milanini e 40 Me-ricanel. Tutti allevati nel bosco e con alimen-ti biologici della nostra fattoria».

L’idea è originale. Nessuno si nascondeperò i problemi. A partire dai prezzi alti: que-sti polli sono infatti di gran pregio. L’univer-sità stessa ha calcolato che il prezzo di ven-dita non può essere inferiore a 12 euro alchilo (per fare un paragone: il pollo conven-zionale allevato in cascina viaggia sui 7-8 eu-ro, quello bio arriva a 9). Eppure potrebbe co-prire a malapena i costi: solo i pulcinotticostano 7 euro. «Vanno poi aggiunte le spe-se per allevarli, per il personale, per la macel-lazione», spiega Reverdini. «Ecco perché pro-getti simili possono diffondersi solo con uncambio di mentalità dei consumatori. Nondico di mangiare sempre pollo a 12 euro. Mami pare che sia molto diffusa l’idea che laquantità conti più della qualità. Una tenden-

za da invertire a ogni costo».La posta in palio è ghiotta: di-mostrare che un’altra filiera èpossibile. Più gustosa ed eco-nomicamente sostenibile. .

gen-08 gen-09 gen-10Prezzo uova nat. L - da 63 a 73 grammi

REDDITIVITÀ DELLA PRODUZIONE DI UOVA(2008 - 2010)

Costo totale

Altri costi espliciti

Alimentazione

Pollastre

gen-08 gen-09 gen-10Prezzo del pollo bianco pesante

REDDITIVITÀ DELLA PRODUZIONE DI POLLO BIANCO(2008 - 2010)

FON

TE: EL

ABO

RAZ

ION

I CR

PA S

U D

ATI D

EL M

ERC

ATO

AVI

CU

NIC

OLO

DI F

OR

LI.

Costo totale

Altri costi espliciti

Alimentazione

Pollastre

Voci di costo €/100 pezzi %

Pollastre 0,99 12,4Alimentazione 4,03 50,0Lavoro 0,43 5,4Spese energetiche 0,62 7,8Veterinario + medicinali 0,04 0,5Altri costi di gestione 1,40 17,5

Costi espliciti 7,51 93,6Ammortamenti 0,32 4,0Interessi 0,17 2,1Costo totale 8,00 100,0

QUANTO COSTA FARE UN UOVO?

Voci di costo €/capo €/kg %

Pulcino 0,44 0,18 16,6Alimentazione 1,56 0,63 57,8Lavoro 0,13 0,05 4,6Spese energetiche 0,16 0,07 6,4Veterinario + medicinali 0,06 0,02 1,8Altri costi di gestione 0,13 0,05 4,6Cattura polli 0,05 0,02 1,8Costi espliciti 2,53 1,02 93,6Ammortamenti 0,10 0,04 3,7Interessi 0,06 0,03 2,7Costo totale 2,69 1,09 100,0

QUANTO COSTA PRODURRE UN POLLO?

LINK UTILI

www.agraria.unimi.it www.laforestina.it

DUE RAZZE DA SALVARE

MERICANEL DELLA BRIANZAZampe gialle e orecchioni rossi,è una razza nana diffusa nellezone collinari a nord di Milano,comparsa a inizio Novecento. Suoi “progenitori” sono polli rurali allevatiallo stato brado, assai apprezzati per le suedoti di chioccia alla quale affidare le uovadi selvaggina o di altre razze prive di attitudine alla cova. Il peso del gallovaria tra 700 e 800 grammi, quello dellagallina tra i 600 e i 700. È l’unica razzanana riconosciuta ufficialmente (e da pochianni) in Italia.

MILANINOÈ una razza sintetica, prodottanegli Anni 20 dal ragionierBianchi, incrociando unaOrpington bianca e un Valdarnobianco a tarsi verdi, da lui consideratomolto pregiato. Ben presto, dagli incroci si ottennero soggetti abbastanza uniformi e la razza si diffuse in tutta la periferia di Milano e in buona parte della Lombardia.Ad un anno il gallo pesa 3 chili e mezzo,mentre la gallina della stessa età raggiungeun peso di 2,5-3 chili. Come molte altrerazze di comprensori densamente abitati, la Milanino subì numerosi incroci con altrerazze, che in pochi anni ne provocarono la scomparsa.

| 52 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| economiasolidale |

NON È CERTAMENTE il primo pensiero che viene in mente, ma uno dei problemi collegati agli allevamenti intensivi dei polli è lo smaltimento della loro “pupù”. O meglio, per usare il terminepiù appropriato, della loro pollina. Un problema duplice: ambientaleed economico. La pollina sarebbe anche un ottimo fertilizzante,grazie al suo alto contenuto di azoto, ma in dosi eccessivedanneggia i terreni, aumentandone la salinità e, peggio ancora,finisce per inquinare le falde acquifere. Un problema assai diffuso,soprattutto nel Nord dove gli allevamenti sono più numerosi. Da quila domanda: come smaltirla? A rendere più stringente il problema,la “direttiva nitrati” approvata dall’Unione europea nel 1991: il testo fissa a 70 chili per ettaro il limite consentito. E se non si sadove mettere le deiezioni animali, non si possono immettere nuovipulcini nella filiera. In Italia la soluzione più utilizzata è la cessionedella pollina, dietro pagamento, agli agricoltori di regioni in cui

minori sono gli allevamenti di pollame.Ma lo smaltimento si traduce così in un ulteriore costo per i produttoriavicoli: «Circa mille euro a carico»,secondo Guido Sassi, presidente di Avitalia, irritato per le difficoltà(«tutte italiane») di costruire impiantiche producano energia elettrica da biomasse accanto agli allevamenti. «In questo modo ridurremmoanche l’incidenza dei costi energetici», commenta. «Per ridurredavvero l’impatto ambientale la soluzione è diffondere gli allevamenti estensivi all’aperto», replica Silvia Cerolini, docente di Avicoltura alla Statale di Milano. «Così facendopotremmo anche recuperare aree rurali marginali, sottraendole al rischio di speculazione edilizia».

E LA CACCA DOVE LA METTO?

L’Altra filiera: tu chiamali, se vuoi, amatoriPiccole aziende agricole, vendita diretta, metodi di allevamento biologici, prodotti di grande qualità, ma

prezzi più alti. Al settore avicolo industriale se ne contrappone un altro, estensivo e meno impattante sull’ambiente.E l’università Statale di Milano lancia un progetto per salvare due razze autoctone. Grazie alle cascine lombarde e ai Gas.

NA COSA È CERTA: le galline, qui,sono più felici. Perché non so-no stipate in gabbie 40 per 80.

Perché possono andare dove vo-gliono, appollaiarsi dove voglio-no, possono grattare la terra acaccia di lombrichi e possonocontenderseli. In poche parole:possono essere libere di fare ciòper cui Madre Natura le ha crea-te. Non sarà proprio il Paradisoterrestre (perché vengono pursempre allevati per trasformarliin carne che finisce sui nostripiatti), ma qui la vita dei polli èsenz’altro migliore. “Qui” è l’al-tra filiera: quella che, a confron-to con il settore industriale, ap-pare Davide contro Golia.Quella dei numeri marginali.«Quella di nicchia e degli ama-tori», dicono, con un po’ di puz-za sotto al naso, i vertici dei gran-di marchi che rimpinzano gliscaffali dei supermercati italianidi broiler industriali.

di Emanuele Isonio

UBastano pochi indizi per capire che stia-

mo parlando di un settore che con la filiera“convenzionale” ha tanti tratti in comunequanti ne hanno le aziende di Paperone conla fattoria di Nonna Papera: ha l’1% del suo

peso economico, non è basatasu grandi aziende, né ha forti li-velli di integrazione verticale. Ipolli hanno prezzi decisamentesuperiori di quelli allevati inmodo intensivo (quelli di altissi-ma qualità, come i preziosi Val-darno, possono superare i 15 eu-ro al chilo) e la vendita avvienespesso in modo diretto, saltan-do intermediari e facendo in-contrare produttori e consuma-tori, talvolta riuniti in Gruppid’acquisto. Eppure, quella chepuò apparire come una via sen-za sbocchi ed economicamenteinsostenibile, può assicurare agliallevatori remunerazioni mi-

gliori (nel caso delle uova, possono anchequintuplicare).

Bio, ma sempre ibridi Altro aspetto molto diffuso sono gli alleva-menti che rispettano i disciplinari dell’agri-coltura biologica (che per il settore uova,rappresentano il 2-3% del mercato): «L’ali-mentazione degli animali deve essere bio –spiega Caterina Santori, del comitato esecu-tivo dell’Aiab - non ci deve essere una den-sità eccessiva per metro quadro, non sonotollerati allevamenti in gabbie, le strutturedevono permettere l’accesso all’aperto, nonvanno somministrati antibiotici preventivi,il periodo di crescita deve essere superiore ai90 giorni (più del doppio degli allevamentiintensivi, ndr)».

Ma non si possono comunque nascon-dere i limiti attuali del bio: vengono usaterazze che non sono le più adatte per questotipo di allevamenti, spesso non sono razzeautoctone né hanno legami col territorio.Sono, al contrario, broiler adattati. «Per for-tuna a fine anno terminerà la deroga chepermetteva l’introduzione nel biologico dianimali cresciuti con il metodo convenzio-nale, ma a basso impatto».

I polli allevati nelle cascinecostano di più. Ma i rapportidiretti produttori-consumatoripossono contenere gli aumenti

ADOTTA UN POLLO

VALORI lancia la campagna“Adotta un pollo”per sostenere il progettodell’universitàStatale di Milano,con la CascinaForestina, per salvare duerazze autoctonelombarde: Milanino e Mericanel della Brianza. Per aderireacquista uno (o più) polli dalla CascinaForestina:www.laforestina.it

Page 28: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 55 || 54 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

iinternazionale Dove vanno lavoro e diritti, se l’Italia parla cinese >59Vandana Shiva: contro le privatizzazioni della vita. Per la democrazia >62

| crisi e migrazioni |

XX

XX

XX

XX

XX

Nei Centri di permanenzatemporanea greci le

condizioni igieniche sonocarenti e lo spazio a

disposizione è minimo

Dopo l’accordo italo-libico sui respingimenti i flussi

per raggiungere

il Vecchio Continente

si sono spostati a Est. Nel 2010 sono stati 132 mila gli attraversamenti del fiume Evros.

L PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE? Chie-detelo ai greci. Nella regione diEvros, al confine con la Turchia, la

cosiddetta emergenza è iniziata nel 2008,quando il premier italiano Berlusconi e illeader libico Gheddafi firmarono il trat-tato d’amicizia: soldi in cambio del bloc-co delle frontiere. I 5 miliardi di euro of-ferti dal Governo italiano, allora, fecerodiminuire drasticamente gli sbarchi sullecoste del Sud Italia. Ma i flussi non si so-no fermati, i migranti non hanno smes-so di sognare e, per raggiungere il Vec-chio Continente, hanno semplicementecambiato strada. E hanno cominciato ausare la “Porta Est”.

Per chi se lo può permettere e per chiarriva dai Paesi più vicini, un volo low cost

I

Tra Grecia e TurchiaL’altra porta per

l’Europatesti e foto di Lorenzo Bordoni,Federico Simonelli e Stefano Vergine

Page 29: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| internazionale |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 57 |

| internazionale |

| 56 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

per Istanbul e un paio d’ore dimacchina fino a Edirne, l’ulti-mo centro abitato turco primadel confine. Poi il fiume Evros,un corso d’acqua limacciosolungo 200 chilometri che corre dai montidella Bulgaria fino al Mare Egeo, e le portedell’Europa (che spesso coincidono conquelle dei centri di detenzione) si aprono.Per gli altri, quelli che arrivano dai Paesi

più lontani, dall’Asia centrale o dall’Africasubsahariana, viaggi pagati migliaia di dol-lari, nascosti nei camion o nei bagagliaidelle macchine. Ma il risultato è lo stesso.Ovvero che dalla Grecia, nel 2010, è en-

trato in Europa l’80% degli immigrati irre-golari: 132.000 persone, circa nove voltequelle arrivate in Italia l’anno scorso. Unflusso favorito anche dal fatto che, daqualche anno, Ankara non richiede più ilvisto ai cittadini provenienti da Paesi co-me Marocco, Tunisia, Libia, ma anche dal-le vicine Siria e Giordania.

«Già ora un quarto delle nostre forze èoccupato sulla questione dell’immigrazio-ne e le strutture che abbiamo non sonosufficienti. Siamo molto preoccupati per lapossibile nuova ondata», spiega Athana-sios Kokallakis, portavoce della polizia el-lenica. Dalla fine del 2010 nella regione diEvros l’Unione europea, tramite l’Agenziaper il controllo delle frontiere, Frontex, hadispiegato una forza composta da 200 uo-mini e donne provenienti dalle polizie ditutta Europa. E gli ingressi sono diminuiti.La missione doveva concludersi a marzo,ma è stata prolungata a data da definire e,anzi, è stata estesa alle acque dell’Egeo. Do-po le rivolte nel mondo arabo e con la Li-bia in balia della guerra, i profughi hannoricominciato a sbarcare sulle coste italiane.Ma adesso la storia si ripete: dopo gli ac-cordi per i respingimenti siglati dal Gover-no italiano con la Tunisia, il timore delleautorità greche è che il flusso possa nuo-vamente dirigersi verso Est.

Accoglienza: quasi torturaA Soufli, un piccolo villaggio greco difrontiera, sede di uno dei centri di deten-

UN NUOVO MURO PER ARGINARE I SOGNI DEI MIGRANTI

DODICI CHILOMETRI E MEZZO. Tanto sarà lungo il muro che dividerà la Grecia dalla Turchia, le ambizioni dei migranti dal sogno europeo. A Orestiada, capoluogo della regione di Evros pocodistante dal confine, l’anno scorso sono arrivate più di 26mila persone, la metà di tutte quelleche attraversano i 200 chilometri del confine turco-ellenico. Lo hanno fatto passando da queidodici chilometri e mezzo dove il fiume Evros, lo sbarramento naturale tra i due Stati, si riduce a un acquitrino, rendendo più facile la traversata. Così il Governo di Atene ha deciso di utilizzarele maniere (almeno mediaticamente) forti, progettando uno sbarramento fatto di reti metalliche,filo spinato e telecamere. «Sarà una misura molto utile», ci spiega nel suo ufficio tappezzato di icone religiose Georgios Salamagkas, capo della polizia di Orestiada. E, come lui, sembranopensarla tanti dei greci che si incontrano nella cittadina di confine.

Il problema dell’immigrazione, in un Paese in crisi economica, in cui su undici milioni di abitanti due sono stranieri, si sta facendo sentire in maniera pesante ed episodi di xenofobia,soprattutto nella capitale, hanno già cominciato a manifestarsi. Ma non mancano voci fuori dal coro. Secondo alcuni il muro rischia di rivelarsi un placebo, se non una misura dannosa: «I migranti aggireranno l’ostacolo e magari saranno costretti a utilizzare una via più pericolosaattraverso il fiume e aumenteranno i rischi per le persone più deboli: le donne e i bambini», fa notare Helena Velivasaki, avvocato del Greek council of refugees, una Ong che fornisceassistenza nei Cpt della regione. «Oltre che inutile, il muro sarà anche incompatibile con i nostriobblighi nei confronti dei rifugiati, perché respingerà a monte i potenziali richiedenti asilopolitico». Anche se riuscirà a mettere una pezza, la barriera di confine, insomma, potrebbe non risolvere i problemi di sovraffollamento dei Centri di detenzione della zona. «E allora ne costruiremo di nuovi in edifici già esistenti», promette il portavoce della polizia grecaAthanasios Kokallakis, «e prevediamo anche di realizzare Centri galleggianti ospitati su barche».Quando gli si chiede qualche dettaglio in più, l'ufficiale non risponde. Ma su un punto è certo:«L’Europa deve capire che questo non è solo un problema greco».

LA CRISI ECONOMICA ELLENICA È UN’AUTOSTRADA VUOTA. Su quella che collega Salonicco ad Alexandroupoliscapita di percorrere 100 chilometri senza incrociare una macchina. Al massimo, fermo su una piazzola di sosta, siintravede un autobus pieno di immigrati che, dopo aver attraversato il confine con la Turchia, si dirige verso la capitale.In Grecia lo stipendio medio è di 8-900 euro al mese e la benzina ha raggiunto gli 1,8 euro al litro: troppo perpermettersi viaggi di lunga percorrenza. «La gente ormai usa la macchina principalmente per spostarsi nei centriurbani», conferma Vassili, un tassista di Salonicco. Alla periferia della città, fino a tre anni fa cuore pulsante dell’industriaellenica, ci sono decine di capannoni chiusi, saloni d’auto vuoti, saracinesche abbassate, cartelli che indicano la cessataattività. Sono i segni tangibili della cosiddetta crisi del debito, che qui ha fatto la sua prima vittima. Accettando i 110miliardi messi a disposizione l’anno scorso da Unione europea e Fondo monetario internazionale, Atene ha dovuto seguirei consigli degli esperti di Bruxelles e Washington. Una ricetta fatta di riduzione di salari e pensioni dei dipendenti pubblici,aumento dell’Iva e del costo dei servizi essenziali.

Ma c’è un altro problema per le finanze elleniche: l’80% dell’immigrazione verso l’Europa passa dalla Grecia, che impiega per la gestione dei flussi un quarto dei suoi poliziotti e metà del budget statale riservato alla polizia.

Ora, se le previsioni del Frontex si realizzeranno (1,5 milioni di immigrati in arrivo), le cose non potranno che peggiorare.Problema che si aggiunge a problema, dunque. Perché, intanto, ai mercati il piano di austerità varato dal governo non è piaciuto. Spinti dai giudizi negativi delle agenzie di rating e dalla revisione al rialzo del rapporto tra deficit e Pil nel 2010,fissato al 10,5% rispetto al limite del 3% previsto dal patto di stabilità europeo, i tassi di interesse sui titoli di stato a dueanni sono saliti oltre il 20%. Nel frattempo la disoccupazione aumenta e la recessione continua, con il Pil previsto in ribassodi tre punti percentuali anche quest’anno. Per questo il governo del socialista George Papandreou, la cui popolarità secondoi sondaggi è in netto calo, si sta giocando una delle ultime carte: la vendita dei gioielli di Stato. Nelle mani dei privatipotrebbero finire ippodromi e società di scommesse, lotterie di Stato, aziende pubbliche di gas, luce e telefono, persinospiagge e intere isole di cui la Grecia è ricchissima. Obiettivo: recuperare, entro il 2015, i 50 miliardi di euro necessari perripagare, a questi tassi, i creditori di Atene. Se il piano non dovesse funzionare, l’unica via resta quella della ristrutturazionedel debito. In altre parole, la Grecia non pagherà i suoi creditori.

PER SALVARE IL DEBITO, IN VENDITA I GIOIELLI DI STATO

GRECIA: DOMANDA, PRODUZIONE E PREZZI

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Consumi privati 162,7 2,3 -1,8 -3,9 -4,3 -0,3

Consumi del governo -38,5 0,6 9,6 -8,9 -6,9 -5,8

Investimenti fissi lordi -48,4 -7,4 -13,9 -18,2 -10,6 -2,2

Domanda interna finale 249,6 0,1 -2,5 -7,2 -5,7 -1,4

Scorte 1,2 2,0 1,1 -0,1 1,3 -0,3 0,0

Totale della domanda interna 249,6 1,0 -2,5 -5,9 -5,8 -1,4

Esportazioni di beni e servizi 51,4 4,0 -18,1 -3,5 3,9 8,2

Importazioni di beni e servizi 76,6 0,2 -14,1 -11,7 -10,0 -0,5

Esportazioni nette 1 -25,1 0,9 0,7 3,0 3,7 1,9

Pil e prezzi di mercato 226,4 1,3 -2,3 -3,9 -2,7 0,5

Deflatore del Pil - 3,5 1,3 3,3 2,4 1,0

Memorandum indici

Indice armonizzato dei prezzi al consumo - 4,2 1,3 4,7 2,5 0,7

Deflatore dei consumi privati - 4,1 1,3 4,0 2,5 0,7

Tasso di disoccupazione - 7,7 9,5 12,2 14,5 15,2

Saldo di bilancio pubblico 3 - 7,8 -13,7 -8,3 -7,6 -6,5

Saldo corrente 4 - -14,7 -11,4 -10,5 -7,5 -5,9

Note: Le previsioni di bilancio al 12 novembre, non tengono conto di successive revisioni al rialzo del disavamzo 2009 e del debito.1. Contributi alle variazioni del Pil reale (in percentuale del Pil in termini reali rispetto all’anno precedente), importo effettivo nella prima colonna. 2. Compresa discrepanza statistica. 3. Base di contabilità nazionale, in percentuale del Pil.4. Sulla base dei regolamenti, in percentuale sul pil.

Athanasios Kokallakis, portavocedella polizia greca: «Prevediamodi realizzare Centri galleggiantiospitati su barche»

Numero di disoccupati (in migliaia)

LA DISOCCUPAZIONE IN GRECIA

720

670

620

570

520

470

420

2009C 2009D 2010A 2010B 2010C 2010D

FON

TE: O

EC

D E

CO

NO

MIC

OU

TLO

OK

88 D

ATAB

AS

E

Prezzi€ miliardi Variazioni percentuali, volume (prezzi 2000).

I migranti arrivano al confine tra Grecia e Turchia dalle zone subsahariane e dal Nord Africa, ma anche dall’Asia.

Page 30: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| cina | internazionale |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 59 |

ropea per i diritti dell’uomo ha dichiaratoche le condizioni nei centri di prima ac-coglienza greci sfiorano la tortura.

L’anno scorso nelle acque gelide del fiu-me sono morte 44 persone. Gli altri, i piùfortunati, finiscono nei centri di detenzio-ne, dove possono rimanere da pochi giornifino a sei mesi. Sparsi lungo il confine gre-co ce ne sono cinque: quattro sono sempli-ci stazioni di polizia riadattate per l’occor-renza, l’unico vero Cpt è un casermonegiallo al cui interno sono stipate 670 perso-ne, anche se ce ne potrebbero stare al mas-

simo 400. Si trova a Filakio, paese di pocheanime all’estremità settentrionale della re-gione. Impossibile entrarci, la polizia per-mette solo di osservarlo attraverso il filo spi-nato. Alla vista dei giornalisti, i migranti(tutti giovanissimi) da dietro le sbarre si af-frettano a preparare cartelli scritti con ildentifricio: “No justice”, “No shower”.«Guantanamo! Guantanamo!», urla un ra-gazzo. “Ci trattano come animali”, recitauna scritta in inglese stentato.

A Tychero, un altro centro più a Sud, gliimmigrati sono costretti in quello che unavolta era un granaio, annesso a una stazio-ne di polizia. Quando ci fermiamo per scat-tare alcune foto una decina di poliziottiescono infastiditi: vorrebbero che cancel-lassimo le immagini, ma dopo una mezzo-ra di trattativa si ammorbidiscono. Nean-che loro sono contenti della situazione,sono in pochi e le strutture sono al collasso.

Ahmed, giubbotto di jeans e cappello dilana in testa, è riuscito a scamparla, non siè fatto intercettare. Aspetta sulla banchinadella stazione di Soufli il treno dei sogni.Racconta di essere partito dall’Algeria pocodopo lo scoppio delle prime rivolte: «Alladisoccupazione si è aggiunta l’instabilitàpolitica, per cui molte persone stanno cer-cando di fuggire. Io ora vado ad Atene, poiin Italia. Ma proseguo, forse verso la Fran-cia». Chissà se ci è riuscito..

zione temporanea che sorgono nella re-gione, il fiume è largo poco più di ventimetri. Qui c’è la sede di una delle pocheOng che operano nella zona, Medici sen-za frontiere (Msf). «Quando voglio cam-minare in una stanza qui nel Cpt (Centrodi permanenza temporanea, ndr) di Soufli- spiega Thanassis Spyratos, coordinatoredel campo di Msf - devo chiedere permes-so, altrimenti non riesco a passare. In piùspesso non ci sono spazi all’aria aperta,perciò i detenuti sono costretti a stare rin-chiusi per mesi. I locali sono sporchi e i ba-gni non sono sufficienti: c’era-no due toilettes, ma una èstata ricoperta di cartoni percreare un altro paio di postiletto». A gennaio la Corte eu-

UN VIAGGIO CHE FINISCE TRA LA FRONTIERA GRECO-TURCA

NON TUTTI CE LA FANNO AD ATTRAVERSARE LE ACQUE DELL’EVROS. Nei mesi invernali, in particolare, si rischia di rimanere assiderati. L’anno scorso la polizia ha ritrovato 44 immigrati affogati o uccisi dal freddo. E chissà quanti sono quelli che il fiume ha inghiottitodefinitivamente. Per loro, per i morti senza nome, che quasi sempre arrivano sprovvisti di documenti, il muftì del paesino a maggioranza turca di Sidiro ha creato un cimiteroapposito. Ci si arriva inerpicandosi su per una strada di montagna e poi procedendo a piedinei campi. A marzo la neve copre ancora tutto, rendendo l’atmosfera ovattata. In lontananza si sente solo il belato delle pecore. Il cimitero è in realtà un semplice campo circondato da una cancellata: nessuna lapide, nessuna targa, nessun fiore. A rendere chiara la natura del luogo solo una fila ordinata di cumuli di terra, tanto che a un primo sguardo il camposantopuò essere scambiato per un campo arato. Ma i cumuli sono tombe, una settantina o pocopiù quelle più fresche. Altri corpi senza nome, almeno il doppio, ci raccontano, sono sparsi nei cimiteri dei paesi vicini. «Li portiamo qui, almeno possono avere una degna sepoltura»,spiegano gli abitanti del paesino.

| internazionale |

| 58 | valori | A N N O 1 1 N . 8 9 | M A G G I O 2 0 1 1 |

Ahmed è partito dall’Algeriadopo le prime rivolte: «Alladisoccupazione si è aggiuntal’instabilità politica»

Lavoro e diritti, se l’Italia parla cinese

L PRODOTTO INTERNO LORDO DELLA se-conda economia del mondo, quellacinese, è basato in larga parte sulle

esportazioni, garantite - anche e soprattut-to - da un bassissimo costo del lavoro, chele rende estremamente competitive sulmercato internazionale. Ciò a tutto svan-taggio dei lavoratori locali, costretti spessoa prestare servizio in condizioni lontaneanni luce da quelle (già perfettibili) dei Pae-si occidentali. Ma cosa accade quando so-no le nostre aziende a produrre in Cina? Aporsi la domanda sono stati il sindacatoFim-Cisl, l’Iscos (Istituto sindacale per lacooperazione allo sviluppo della Cisl) e l’I-co (Institute of Contemporary Oberva-tion), che hanno condotto un’indaginesulle condizioni di lavoro delle impresemetalmeccaniche con casa madre italiana(o fornitrici), con sede nell’area del Deltadel Fiume delle Perle, nella regione delGuangdong, in Cina (vedi ). BOX

di Andrea Barolini

Il risultato allunga una pesante ombrasull’operato delle nostre aziende, che inalcuni casi non rispettano neppure le giàpoco avanzate leggi cinesi.

I

Delta del Fiume delle Perle, Guangdong. Un’indagine di Fim-Cisl, Iscos e Icoracconta lo spaccato delle fabbriche metalmeccaniche con casa madre italiana.Tra leggi (cinesi) non rispettate, lavoratori senza

contratto e stipendi da fame.

I NUMERI DELL’INCHIESTA

Periodo di indagine: Maggio 2009 - Dicembre 2010

Interviste: in totale sono state effettuate300 interviste: 239 operai di linea, 22guardiani, 8 ingegneri, 3 impiegati d’ufficio,2 manager intermedi, 5 addetti alla logisticatra cuochi, personale dedicato alle pulizie e alla reception, 2 genitori di lavoratori, un lavoratore appena licenziatosi, un candidatoall’assunzione, 17 persone tra commessi di negozi e dipendenti delle agenzieinterinali nei pressi delle fabbriche.

Metodologia: attraverso internet sono state raccolte informazioni sui profili delle aziende, sull'amministrazione e sulle strategie di gestione delle stesse,così come si è rintracciata la localizzazionedegli impianti. Sono state poi effettuateispezioni in loco per verificare la veridicitàdelle informazioni raccolte.

A gennaio la Corte europea per i diritti dell’uomo ha dichiarato che lecondizioni nei Centri greci di prima accoglienza sfiorano la tortura.

Alcune tra le principaliaziende italiane L’indagine è stata effettuata tra il mese dimaggio del 2009 e l’agosto del 2010 e si èconcentrata su 300 lavoratori (239 deiquali operai di linea, ossia non specializ-zati) in un totale di sedici imprese situatein sei città: Canton, Shenzhen, Dong-guan, Foshan, Huizhou e Jiangmen. Uncampione di fabbriche, che comprendeaziende come la Candy, la Magneti Ma-relli del Gruppo Fiat, la De Longhi, laPiaggio, la ST Microelectronics, e rappre-senta sia grandi aziende leader mondialidel settore, sia piccole e medie impresemetalmeccaniche italiane internaziona-lizzate. Con un comune denominatore:essendo italiane, ed essendo il nostro unodei Paesi che aderiscono all’Organizzazio-ne per la cooperazione e lo sviluppo eco-nomico (Ocse), sono tenute a rispettare leotto convenzioni fondamentali dell’Or-ganizzazione internazionale del lavoro(Ilo) e le Linee guida della stessa Ocse perle imprese multinazionali, che dovrebbe-ro garantire il rispetto dei diritti dei lavo-ratori e il miglioramento dei loro stan-dard di vita.

Invece, si legge nel rapporto “la mag-gior parte delle aziende coperte dall’in-dagine non rispetta tali documenti, im-

Page 31: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| internazionale |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 61 |

| internazionale |

| 60 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

ponendo salari e welfare al di sotto deglistandard minimi, costringendo a orari dilavoro eccessivi, violando la libertà di as-sociazione, di contrattazione collettiva ele norme in materia di salute e sicurezzasul lavoro.

14 ore al giorno per 65 euro al meseIl tutto in una regione, conosciuta come“la fabbrica del mondo”, nella quale i la-voratori già vivono in grande difficoltà.Nell’agosto del 2004 un rapporto sullascarsità della manodopera, pubblicatodal ministero del Lavoro, aveva rivelatoche nei dodici anni precedenti i salari nelDelta del Fiume delle Perle erano cre-sciuti solamente di 68 yuan, a fronte diun reddito mensile che, per molti dei la-voratori (soprattutto migranti), si aggira-va attorno ai 600 yuan. Parliamo di 65euro. Ottenuti, per giunta, principal-mente grazie ai molti straordinari. Un al-tro rapporto, del 2002, spiegava che il30% degli operai lavoravadalle 10 alle 12 ore al gior-no e il 40% dalle 12 alle 14ore. Inoltre più del 47%dei lavoratori non poteva

ottenere neppure un giorno di riposo du-rante l’intero mese. Vere e proprie carce-ri, insomma, mascherate da fabbriche.Lasituazione degli impianti controllati dal-le aziende italiane solo in alcuni casi ar-riva a tali eccessi.

Ma comunque presenta molti moti-vi di preoccupazione. Se l’età minimafissata dalla legge cinese è, infatti, di 16anni, già nella prima visita sul campo(agosto 2009) alla Piaggio-ZongshenMotorcycle i ricercatori hanno scopertoun ragazzo di 15 anni dipendente dellafabbrica. Nelle aziende Cogne Steel-ma-de Products, Piaggio-Zongshen Mo-torcycle e Finmek Electronic, invece, èstato rilevato l’utilizzo di sanzioni di ti-po economico come misure disciplinariper punire, ad esempio, il rifiuto di pre-stare lavoro straordinario (ciò viola pa-lesemente il regolamento pubblicatonel 1994 dal ministero del Lavoro cine-se, che vieta il ricorso a ogni deduzionedal salario).

Contratti mai consegnati,assicurazioni a singhiozzoAll’Emak di Jiangmen e alla Marelli Auto-mobile Dash Board, inoltre, si ricorre anumerosi lavoratori somministrati facen-do svolgere loro le stesse mansioni del per-sonale di ruolo, ma a costi ridotti per leaziende. Non viene pagata loro neppure laprevidenza sociale prevista per legge. Pernon parlare, poi dei contratti: la normati-va cinese prevede che “il datore di lavoroe il dipendente” debbano avere “entram-bi avere una copia del contratto”. Eppurealcuni dei lavoratori intervistati alla Ho-neycomb System non hanno mai firmatoalcun accordo, mentre alla Piaggio-Zong-shen Motorcycle i dipendenti non ricevo-no copia dei documenti.

Ancora, presso la Piaggio-ZongshenMotorcycle, la Honeycomb System, la Fin-mek Electronic e la Candy-Jiangmen Jin-ling Appliance vengono erogati salari infe-riori ai minimi stabiliti per legge. E perquanto riguarda l’assistenza in caso diinfortuni e malattia, i dipendenti dellaEmak Outdoor Power Equipment e dellaHoneycomb sono coperti solo in caso diincidente, mentre la maggior parte diquelli che lavorano alla Piaggio-ZongshenMotorcycle, alla Urmet Electron e alla NewLast Digital Controlled Equipment nongodono di alcuna copertura assicurativa.Molti lavoratori, inoltre, non conoscono iloro diritti in termini di ferie e riposi setti-manali. Per non parlare degli orari di lavo-ro, stabiliti in 8 ore giornaliere dalle normecinesi, e che invece in alcuni casi arrivanoanche a 70-80 ore settimanali. A tutto ciòsi aggiungono, infine, i noti problemi ri-guardanti la libertà di associazione e dicontrattazione collettiva. Che riguardanol’intera Cina, ma che non trovano ecce-zioni virtuose nelle aziende “italiane”. .

LA “FABBRICA DEL MONDO” NEL GUANGDONG CINESE

IL DELTA DEL FIUME DELLE PERLE è un territorio di oltre 24mila chilometri quadrati, pariallo 0,25% del territorio della Cina. Nel 2008 vi abitavano 42 milioni e 380mila persone,ossia il 68% del totale della popolazione registrata nella provincia del Guangdong. Neglianni Settanta fu teatro delle prime quattro Zone economiche speciali (Zes), nelle qualivigeva una legislazione economica specifica, finalizzata a incoraggiare gli investimentidall’estero e dalle imprese di Hong Kong, Macao e Taiwan. Oggi nell’area sono stateaperte più di 100 mila fabbriche, l’80% delle quali export-oriented (il 60% di proprietà di investitori di Hong Kong). Dal 1980 al 2008, la media annua di crescita economica è stata del 20,9%: si è passati da circa 8 miliardi di dollari (il 2,65% del Pil cinese) ad oltre 300 miliardi (il 10% del Pil). Un vero “miracolo economico”: oggi le industriedell’area del Delta hanno superato la produzione di Singapore, Hong Kong e Taiwan.

Nelle imprese italiane in Cinavengono erogati salari inferioriai minimi di legge e sanzionieconomiche per punire i lavoratori

NEGLI ULTIMI 40 ANNI LA COOPERAZIONE tra la Cina e l’Italia è diventata sempre più stretta: nel 1970, la somma totaledegli scambi commerciali tra i due Stati era pari a soli 120 milioni di dollari; nel 2009 ha raggiunto i 31 miliardi e 264milioni. Di questi, 20 miliardi e 244 milioni sono relativi alle sole esportazioni verso il nostro Paese, mentre gli scambicommerciali bilaterali sono stati pari a 9,08 miliardi. Il numero totale di progetti finanziari dall’Italia era pari nel marzo del 2010 a 4.245, per un valore complessivo di 10,42 miliardi (dei quali 4,79 di investimenti reali). Solo nei primi tre mesidello scorso anno l’Italia ha firmato contratti per la realizzazione di 43 nuovi progetti per un totale di 280 milioni di dollari.

Pochi mesi fa, inoltre, i governi di Roma e Pechino hanno raggiunto un importante accordo di partenariato sullestrategie per rafforzare ulteriormente i rapporti bilaterali nei prossimi tre anni, attraverso un “Piano d'azione triennale per il rafforzamento della cooperazione economica tra Italia e Cina”. Esso prevede, tra le altre cose, che le Camere di commercio italiane all’estero sostengano gli investimenti in Cina delle piccole e medie imprese italiane.

La maggior parte delle nostre aziende che hanno trasferito in Cina una porzione della loro produzione è presente nel Delta del Fiume delle Perle e in quello dello Yangtze: i settori più “gettonati” sono quelli dei veicoli commerciali (auto e motocicli e relativa componentistica), dell’elettronica, delle attrezzature meccaniche, degli elettrodomestici, dei prodottimetallici e farmaceutici.

Il risultato è che oggi almeno un quarto dei prodotti sul mercato dei beni di consumo in Italia sono made in China, in particolare tessile e abbigliamento, calzature, borse e valige, giocattoli, computer ed elettronica di consumo.

GLI INVESTIMENTI ITALIANI NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE

Il risveglio dell’azione collettiva

N UN PAESE IN CUI ESISTE un unicosindacato, controllato dallo Stato,nel quale non è garantito il diritto

d’associazione e nel quale non è ammessoil dissenso, è facile immaginare quanto siacomplicato organizzare azioni collettivetra i lavoratori. Eppure sia nella scorsa pri-mavera che negli ultimi mesi, in Cina si so-no registrati alcuni episodi che lascianoben sperare. Giovani che, come nelle ri-volte dei Paesi del Nord Africa, si organiz-zano aiutati dalle tecnologie della comu-nicazione mobile: Sms, cellulari, internet el’equivalente cinese di Twitter.

Nel 2010 nella regione del Delta delFiume delle Perle è stato proclamato unosciopero all’impianto della Honda Motorche è durato per due settimane a partiredal 17 maggio, causando uno stop alla pro-duzione di 4 giorni. Ciò ha innescato unaserie di scioperi in migliaia di imprese a ca-pitale straniero in varie regioni della Cina.

di Andrea Barolini

Il secondo episodio ha avuto come teatrola Foxconn, 420 mila dipendenti, la piùgrande azienda di produzione elettronicaintegrata del mondo (Ems, Electronics ma-nufacturing services), dove 15 giovani la-voratori si sono suicidati uno di seguito al-l’altro nell’arco di sei mesi.

I due eventi e l’intera serie di protesteche ne è seguita hanno portato alla luce lacontestazione dei lavoratori cinesi neiconfronti delle loro aziende, per i bassi sa-lari e per le difficili (talvolta disumane)condizioni di lavoro.

Anche l’Economist approva l’iniziativa dei lavoratoriLa cosa più curiosa è la convergenza di ideeche si è stabilita tra l’Economist, il giornaledell’establishment finanziario liberista occi-dentale, che nel luglio scorso in copertinaha esaltato il crescente potere dei lavora-tori cinesi che finalmente scioperano, e il

Partito comunista cinese, che ha incorag-giato gli scioperanti.

Foxconn ha concesso aumenti del 30%e più recentemente, nella capitale Pechinosi sono registrati piccoli focolai di protesta,prontamente repressi dalla polizia cinese,sull’onda delle rivolte che hanno colpitoda gennaio ad oggi numerosi Paesi norda-fricani e del Medio Oriente. Nel frattempole cause sul lavoro sono passate dalle 19mi-la del 1994 alle 930mila del 2008. A tuttociò il governo ha cercato di risponderediffondendo in modo un po’ meno dise-guale la ricchezza. A cominciare dai salari,che nel 2010, secondo quanto riportatodall’Ufficio Nazionale di Statistica, sonocresciuti nelle piccole e medie imprese del14,1%. In aumento del 13,5%, invece, icompensi nelle società pubbliche checomprendono agenzie governative, im-prese di proprietà dello Stato, società quo-tate e società estere..

I

Nei distretti dove vengono prodotti la maggioranza dei beni tecnologici di consumo del mondo, gli operai scioperano

e ottengono ritocchi dei salari. Con il beneplacito del Partito comunista cinese.

La regione del Guangdong negli anni Settanta è stata una delle prime quattro Zone economichespeciali (Zes) con una legislazione specifica per attrarre investimenti dall’estero.

Page 32: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| internazionale || internazionale | patrimonio comune |

| 62 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

logy and ecology) che protegge i semi dallaprivatizzazione attuata con i brevetti e l’inge-gneria genetica, Benayak e la moglie Ilina so-no venuti a Dehradun per vedere il nostro la-voro. Hanno avviato quindi la conservazionedei semi in un villaggio fuori Raipur, per man-tenere viva l’eredità del lavoro del dottor R. H.Richharia, che ha conservato e salvato oltre 22mila varietà di riso indiano paddy e ne ha do-cumentate centinaia di migliaia nella regioneche è l’odierna Chhattisgarh: una “banca deisemi” prima collocata nell’Istituto centrale diricerca sul riso (Crri) a Cuttack e oggi nell’U-niversità agraria “Indira Gandhi” (Igau).

La multinazionale Syngenta, colossodelle biotecnologie, si interessa al paddy nel2002, quando cerca di impossessarsene si-glando un protocollo d’intesa con l’Igau peraccedere alla collezione biogenetica. La no-tizia, uscita sulla stampa, è seguita da quellasecondo cui Syngenta avrebbe fatto partedel consiglio del Cgiar (Consultative groupon international agricultural research).

Riso e ombreIl Gruppo consultivo sulla ricerca agricolainternazionale nasce nel 1971 per iniziativadel presidente della Banca mondiale RobertMcNamara, allo scopo di finanziare una re-te internazionale di centri di ricerca sull’a-gricoltura, tra i quali anche l’Istituto inter-nazionale di ricerche sul riso (Irri, 1960),creato dalle Fondazioni Ford e Rockefeller, eil primo istituto indiano, il Crri (1951).

Il fatto è che l’Istituto di Cuttack svilup-pava ricerche sul riso basate sulle conoscen-ze indigene e sulle risorse genetiche, prati-cando una strategia in conflitto con quelladell’Irri, controllato dagli Usa. A seguito diforti pressioni internazionali il dottor Ri-chharia, allora direttore del Crri, venne ri-mosso quando si oppose al trasferimentodella banca del germoplasma del riso dal Cr-ri all’Irri, e quando richiese restrizioni nel-

BENI COMUNI SONO PER ME INSEPARABILI

dall’ecologia e dalla democrazia. Essisono le fondamenta della Democra-

zia Planetaria, perché la rete della vita è unbene comune.

Uno Stato privatizzato si distacca dallasocietà e dall’interesse pubblico: quando di-venta uno Stato-azienda, con la privatizza-zione dei beni comuni come principaleobiettivo, allora la difesa dei beni comuni edei diritti democratici e costituzionali è av-vertita come una minaccia. E i difensori deidiritti umani vengono criminalizzati.

Una banca biodiversaIn nome di ciò il dottor Binayak Sen, che hadifeso l’acqua bene comune contro la priva-tizzazione del fiume Sheonath e ha scelto diservire la gente dei villaggi gestendo la sa-nità come servizio pubblico, realizzando l’o-spedale Shahid nello stato di Chhattisgarh,è stato condannato nel 2010 all’ergastolo (li-berato su cauzione il 15 aprile 2011, ndr).

Ma i motivi della sua “messa all’indice”sono altri. Dopo che ho costituito Navdanya,il network di produttori biologici ecustodi di semi attivo in 16 Statidell’India, nonché promotore del-la fondazione Rfste (Researchfoundation for science, techno-

Multinazionali e lobbies spingono la privatizzazione selvaggia e minacciano i beni comuni della Terra. Vandana Shiva racconta connivenze e attacchicontro chi lotta per salvare la biodiversità, che fa rima con democrazia.

di Vandana Shiva

Contro leprivatizzazionidella vitaPer la democrazia

Uno Stato privatizzato si distacca dalla societàe dall’interesse pubblico:diventa uno Stato-azienda

l’introduzione accelerata di varietà di riso adalto rendimento all’Irri.

Sostenuto dal Governo locale, il dottorRichharia proseguì il proprio lavoro all’Isti-tuto di ricerca sul riso del Madhya Pradesh(Mprri) a Raipur e riuscì a conservare le qua-si 20 mila varietà indigene della “ciotola diriso Indiana” del Chhattisgarh. Ciò almenofinché l’Mprri non venne chiuso, a causadella pressione della Banca mondiale, colle-gata all’Irri attraverso il Cgiar.

Chi la dura...Da quando queste notizie sono pubblichemolti gruppi, locali e non, si sono opposti al-l’accordo fra Syngenta e Igau, e un movi-mento di base ha preso il via. Il 10 dicembre2001, Giornata internazionale dei diritti del-l’uomo, è stato lanciato il Satyagraha dei se-mi del Chhattisgarh (il termine satyagraharichiama le teorie del Mahatma Gandhi ed ètradotto di solito come “resistenza passiva”.Il suo significato letterale è “insistenza per la

DALL’ERGASTOLO INGIUSTO ALLA LIBERAZIONE

NOTO COME IL “GANDHI DEGLI INDIGENI”, il pediatra Binayak Sen all’inizio degli anni Ottanta ha abbandonato la carriera accademica per stabilirsi nello stato del Chhattisgarh, nell’India centrale, dove ha fondato la clinica Shahid(uno dei primi esperimenti locali di sanità pubblica gratuita senza distinzione di caste) e l’Ong Rupantar, impegnata per la sicurezza alimentare e contro gli abusi sulle donne.

È vicepresidente dell’Unione Popolare per le Libertà Civili, la più antica e importante associazione indiana per i diritti umani. Nel maggio del 2007 è statoincarcerato, senza processo, con l’accusa di cospirazione con i ribelli maoistiNaxaliti: a quanto dimostra la corrispondenza, li ha davvero incontrati, ma solo per contestarne i metodi. Ma ciò che probabilmente ha infastidito di più il governo è un altro: Binayak Sen ha denunciato il movimento contro-insurrezionale di nonessere spontaneo, ma sobillato dalle autorità che così avrebbero avuto il pretestoper sgomberare i villaggi indigeni. Si è arrivati così, lo scorso 24 dicembre, allapesantissima condanna all’ergastolo, che ha scatenato un’accorata mobilitazioneinternazionale. Il 15 aprile la Corte Suprema gli ha concesso la libertà su cauzioneper insufficienza di prove.

verità”, ndr): migliaia di lavoratori, contadi-ni, donne e giovani da tutto il Chhattisgarhiniziarono ad appellarsi alla giustizia perproteggere la propria sovranità per la so-pravvivenza e il sostentamento della comu-nità e per riaffermare i propri diritti sulle ra-re varietà di semi di riso.

In questa battaglia il dottor Binayak Sengiocò un ruolo importante e Syngenta fucostretta a ritirarsi dal protocollo d’intesacon l’Igau. .

Sotto, il pediatra Binayak Sen.Nella pagina accanto, Vandana Shiva.

I CGIAR WHAT IS THIS?

È UN ORGANISMO TRANSNAZIONALE, che riceve finanziamenti, tra gli altri, da Banca mondiale e Bill and Melinda Gates Foundation. Il suo lavoro è svolto da 15 membri del Consorzio internazionaledei centri di ricerca sull’agricoltura con centinaia di organizzazioni partner,compresi gli istituti di ricerca nazionali e regionali, organizzazioni della societàcivile, mondo accademico e settore privato.

Page 33: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 65 |

L’Europa trema di fronteai migranti mediterranei

Frontiere chiuse| euronote |

Dall’ombelico dell’Europa Roberto Ferrigno

La competenza sulle questioni legate al-l’immigrazione è europea e non nazionale.Poche settimane di pressione da parte di Fran-cia e Italia, accompagnate da un’adeguata co-pertura mediatica degli sbarchi disperati sullecoste di Lampedusa, hanno originato uncompromesso politico che segna un pericolo-so precedente per il diritto fondamentale di li-bera circolazione dei cittadini in Europa. Laproposta della Commissione si inserisce, in-fatti, in un quadro d’iniziative, volte a “preve-nire” ed “anticipare” presunte minacce alla si-curezza europea, che sono previste dalcosiddetto Stockholm Programme, il pianod’azione sulla sicurezza interna ed esterna del-l’Ue, valido nel periodo 2009-2014. I flussimigratori fanno parte di queste minacce, inquanto vengono presentati come potenzialiveicoli per terrorismo, criminalità oppure co-me semplice peso economico.

Sbarchi e propaganda Un rapporto pubblicato lo stesso anno da Eu-ropol dichiarava di stimare a 900 mila il nu-mero di immigrati illegali in Europa, senzafornire informazioni su come si fosse arrivatia questa cifra. Si tratta, in effetti, di semplicisupposizioni. Ma sono numeri che possonoservire a far crescere i timori. I cir-ca 30 mila migranti finora sbar-cati in Italia e a Malta, in seguitoalla caduta delle dittature “ami-che” tunisina e libica, non costi-

tuiscono poi una grande cifra. Ricordiamoche l’Egitto, nello stesso periodo, ne ha accol-ti almeno 230 mila. Il problema, e questo aBruxelles è ben noto, è che i dittatori “amici”servivano, tra l’altro, a bloccare l’accesso almare ai migranti sub-sahariani. In questi gior-ni, decine di migliaia di migranti in prove-nienza da Niger, Nigeria, Burkina Faso, Ciad,

aspettano con trepidazione l’esi-to dei combattimenti intorno alporto di Misurata, che per orabloccano l’accesso al Mediterra-neo. Molti di loro stanno tentan-do di riattraversare il deserto ver-so Sud. Comunque finiranno icombattimenti in Libia, i flussimigratori non s’interromperan-no. Questo continuerà a portareacqua al mulino di quei leader eu-ropei, come Sarkozy, Berlusconi eMerkel, che contano sulla pauraper contrastare il loro calo di po-polarità tra gli elettori.

Se anche la potente associa-zione dell’industria europea, Bu-siness Europe, ha ritenuto dicommentare la proposta di riatti-vare i controlli alle frontiere in-terne con accenti di preoccupa-zione, sottolineando come ibenefici delle migrazioni di forzalavoro in Europa siano “indispu-tabili”, allora si capisce che la po-sta in gioco va oltre le gesticola-zioni elettorali di alcuni politici.In questi giorni, il Consiglio Eu-ropeo sta discutendo una bozzadi direttiva che permetterebbe

agli Stati membri di raccogliere e scambiare idati personali dei passeggeri dei voli interniall’Ue. Provvedimento fortemente caldeggia-to dall’Inghilterra.

La reintroduzione dei controlli alle fron-tiere e la possibilità di accedere alle informa-zioni personali e bancarie dei cittadini euro-pei che volano da Milano a Londra sonosolamente alcuni elementi che rinforzano ladelusione di coloro, e sono tanti, che aveva-no pensato e sperato che l’Europa potesse ga-rantire qualcosa di più di un grande mercatounico. Fondato sulla paura. .

Sarkozy, Berlusconi e la Merkelcercano di sfruttare le ondate di migranti per far leva sullapaura dei cittadini europei

Un gruppo di migranti sbarcato a Lampedusa.

ORSE CHI HA COMBATTUTO PER LA LIBERTÀ IN TUNISIA, Egitto, Libia questo non se l’aspet-tava. La rivoluzione democratica in atto nel Nord dell’Africa provoca la reintrodu-zione dei controlli interni alle frontiere europee. Certo, la Commissione europea il

4 maggio ha reso nota una proposta secondo cui questa misura dovrebbe essere presa sola-mente “in circostanze eccezionali” e, in ogni caso, con l’accordo unanime dei governi dei 27Stati Ue. Ma, come spesso accade quando si va al negoziato diplomatico tra i governi Ue, laCommissione non spiega che tipo di “decisione Europea” potrebbe giustificare la necessità didover di nuovo far la fila alle frontiere col passaporto in mano. Inoltre, ancora una volta, ilpresidente Barroso sembra inclinarsi alla pressione dei governi.

F

Page 34: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| 66 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 67 |

| news |altrevoci

CREDITCOOPERATIFNON ASPETTA:VIA ALLA TTF

Sono sempre di più le vociche si esprimono a favoredell’introduzione di unatassa sulle transazionifinanziarie. C’è chi ha decisodi non aspettare più,adottando una sorta di auto-tassazione ispirataalla Tobin tax: si tratta della banca francese CreditCooperatif. Ne è stato datol’annuncio nel corso del quarto Forum sullaConvergenza 2015 (tenutosia Parigi dal 2 al 5 maggio),dedicato alla lotta allapovertà e alla crescitasostenibile. Si tratterà diuna contribuzione volontariapari allo 0,01% sulle soletransazioni interbancarietrattate da Credit Cooperatif.Si ipotizza di ricavarne 100mila euro all'anno,sufficienti per sostenerestabilmente alcuneassociazioni attive perl’aiuto allo sviluppo. Certo, in termini assoluti è una goccia in mezzo al mare. Ma il presidentedell’istituto di credito Jean-Louis Bancel è ottimista: il suo obiettivo, spiega, è «di dimostrare che questimeccanismi innovativifunzionano davvero». E invita le altre banche a seguire l'esempio. Se ciò accadesse, secondoalcuni studi si otterrebbero33,41 miliardi di dollariall’anno.

IRLANDA, UNACOMMISSIONEPER STUDIARE IL DEBITO

A quanto ammonta il debitocomplessivo dell’Irlanda?Come è strutturato? Quanto di esso è copertodai derivati? E, soprattutto, a quali soggetti, nel dettaglio, il popoloirlandese deve quellamontagna di miliardi di euroche rischia di gettare il Paese nella bancarotta?Sono le domande cuitenterà di rispondere unacommissione d’inchiestaindipendente guidatadall’esperta di contabilitàdell’Università di Limerick,Sheila Killian, con il sostegno dello EuropeanNetwork on Debt andDevelopment (Eurodad),un’associazione cheriunisce 57 organizzazioninon governative di 19nazioni del continente. «Il primo esercizio di gestione del debitoconsiste nel determinarechi sono i creditori, quantoè loro dovuto e come il debito è stato creato», ha spiegato il segretarioregionale del sindacatoirlandese Unite, JimmyKelly. Nonostante l’accordodi salvataggio siglato conl’Unione europea, l’Irlandanon ha ancora reso pubbliciprecisi dettagli sul propriodebito. «Chiunque siacostretto a pagare per gli errori di una piccola élitedovrà sapere per lo menochi beneficerà dei tagli agli stipendi, dell’aumentodelle tasse e dell’austerity» ha aggiunto Kelly. Nel marzo scorso Eurodadaveva lanciato un’iniziativaanaloga in Grecia.

MUTUI, LA GIUSTIZIASTATUNITENSE CHIEDE 1 MILIARDO A DEUTSCHE BANK

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha denunciato l’istituto tedesco DeutscheBank con l’accusa di aver comunicatoinformazioni false sui prestiti concessi nel mercato immobiliare per ottenereillegittimamente importanti agevolazioni. Il governo potrebbe avanzare una richiesta di risarcimento superiore al miliardo di dollari.Sotto l’occhio degli inquirenti è finita unapiccola società denominata MortgageIT, che la stessa DB aveva acquisito nel gennaiodel 2007 per 429 milioni di dollari. Secondol’accusa la società, chiusa alla fine del 2008,avrebbe fornito informazioni false all’agenzia di controllo, Federal Housing Administration,per entrare a far parte del programma di assicurazione sui mutui e ottenere così una copertura pubblica dei rischi. Tra il 1999 e il 2009, MortgageIT avrebbe quindinegoziato circa 39 mila prestiti per un valoretotale di 5 miliardi di dollari. Parte di essisarebbe poi stata rivenduta nonostante fossein default generando così un profitto per la società e una perdita per lo Stato, chiamatoal rimborso a causa dell’assicurazionesottoscritta. Deutsche Bank ha respinto ogni accusa definendo “irragionevoli e scorretti” gli addebiti a suo carico.

BIG PHARMA:IL REGNO UNITOSCEGLIE LATRASPARENZA

Dal primo maggio scorso, il Regno Unito non è (più)un Paese per medici. O almeno per quei mediciche amano ricevere regalidalle case farmaceutiche o partecipare a convegni in cui ascoltare le relazioniè una breve parentesi traun tuffo in piscina, una gitaturistica e un massaggio in una Spa. Merito del nuovocodice della Association of British PharmaceuticalIndustry che impone aimedici britannici di rivelaretutti i legami economici conl’industria quando scrivonoun articolo o parlano in pubblico. Analogo obbligo,dall’anno prossimo, lo avranno le industrie che dovranno fornire i datisulle consulenze pagate ai medici. Nel nuovo codice,sono inoltre previste regoleche limitano la fornitura di sussidi promozionali ai medici, nuovi requisiti in materia di finanziamentialle organizzazioni dei pazienti, di lavoricongiunti con il Serviziosanitario nazionale, spesedi sponsorizzazione per attività formative,pagamenti per iscrizioni,vitto, alloggio ai corsisti e gettoni per i relatori. Sono vietati anche i gadgetpromozionali, come tazze,agende e cancelleria:penne e quaderni sarannodistribuibili solo nelleconferenze. Ma vi potràcomparire solo il nomedella ditta, non quello del farmaco.

LA BLUE ECONOMYAL POSTO DEL NUCLEARE

Stupisce sempre per la suaimmediatezza Gunter Pauli,fondatore del “ProgettoZERI”, che ormai ha più di quindici anni e coinvolgeoltre tremila tecnologi edeconomisti di tutto il mondo.Mentre l’accesissimodibattito sul nucleare vedealternarsi le opinioni piùdisparate, Pauli propone di cambiare punto di vista.Come spiega in un videopresentato nello scorsomese di maggio, i modi permoltiplicare la produzioneenergetica ci sono e, su piccola scala, sono già stati implementati. È la blue economy: che si basa, non su maggioriinvestimenti, ma sullosfruttamento creativo di ciò che già esiste. Le turbine eoliche, ad esempio, possono essereinserite nei tralicci dell’altatensione; o si possonosfruttare entrambi i lati dei pannelli solari. Secondo i suoi studi (riferitialla Germania), applicandomisure del genere su largascala, si otterrebberoguadagni sufficienti per finanziare la chiusura di tutte le centrali nuclearisul territorio nazionale,senza bisogno di spendere il denaro dei contribuenti. Che, anzi, non potrebberoche beneficiarne, in termini di salute, risparmio e nuoviposti di lavoro: creando il consenso pubblicoindispensabile per questa“rivoluzione”.

IN ITALIA IL 12% DEL SOLARETERMICO EUROPEO

L’Italia ormai è uno deiprotagonisti internazionalinel campo delle energierinnovabili: se ne è parlato a Solarexpo, la mostra-convegno tenuta dal 4 al 6 maggio a Verona.Attualmente nel nostroPaese ha sede il 12% delle installazioni del solare termico nell’Ue. Le agevolazioni fiscali hannofatto da volano per talecrescita: dai circa 350 milametri quadri annuali nel2007 ai 500 mila del 2010. Ma dall’anno prossimo ladetrazione non ci sarà più ed entrerà in gioco la direttivaeuropea sulle rinnovabili,recepita nello scorso marzo.Negli edifici nuovi o radicalmente ristrutturatibisognerà installare fontirinnovabili sufficienti per soddisfare almeno il 50% del fabbisogno di acquacalda. In questo scenario,l'obiettivo è ambizioso:passare, entro il 2020, dagli attuali 2,6 ai 18 milioni di mq di collettori installati.

SMALTIMENTO RIFIUTI,PATTEGGIAMENTODA 7,5 MILIONI

Patteggiamento di dimensioni storiche perWheelabrator Technologies,uno dei giganti a livellomondiale dello smaltimentodei rifiuti. L’azienda ha accettato di sborsare7,5 milioni di dollari per evitare una causa in cuiera accusata, nella gestionedei suoi tre inceneritori nel Massachusetts, di averviolato le norme a tuteladell’ambiente. Erano statidue informatori “interni”,oltre un anno e mezzo fa,ad avvertire le autorità,beneficiando delle normeper la protezione deitestimoni. Le denunce,pesantissime, rivelavanogravi irregolarità nellagestione delle acque di scolo inquinate e delleceneri. L’azienda, da partesua, continua a proclamarsiinnocente. L’entità della cifra concordata per il patteggiamento è la più grande di sempreper quanto riguardaprocessi ambientali.

RAPPORTO IPCC: ENTRO IL 2050L’80% DELL’ENERGIADA FONTI RINNOVABILI

Il “Rapporto speciale sulle fonti di energiarinnovabili e la mitigazione del cambiamentoclimatico”, presentato all’inizio di maggio ad Abu Dhabi dall’Intergovernmental panel on Climate Change (Ipcc), è qualcosa di più dell’ennesimo studio scientifico. 120 ricercatori, in 900 pagine, hanno messo a confronto 164 diversi scenari, nell’analisi più completa mai realizzata sulle tendenze e prospettive per bioenergia, energia solare,geotermica, idroelettrica, degli oceani ed eolica. E la conclusione è chiara: in presenza delle adeguate e indispensabilipolitiche pubbliche, entro la metà di questosecolo quasi l’80% dell’energia potrebbeessere coperta da fonti rinnovabili. E nei prossimi quarant’anni è possibile tagliarele emissioni di gas serra di 220-520 miliardi di tonnellate di CO2, contrastando in mododecisivo il riscaldamento globale. La sintesi del documento è stata sottoscrittada più di cento Paesi di tutto il mondo: si tratta di un passo importante, ma, secondo il Wwf, si può addirittura fare di più. Il suo “The Energy Report”, infatti, lancia una sfida: arrivare, entro il 2050, al 100% di energia da fonti rinnovabili.

Page 35: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| 68 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 69 |

PIANETA BIOEDILIZIA:IN RETE PER UNACASA VERDE

Pla-net come Pianeta, ma anche come planningnetwork: gestione di retiadattabili a seconda delleesigenze. È la filosofia che,nel 2009, ha spinto duearchitetti a insediare a Roma Pla-net studio, una società di servizi perl’abitare che «si occupaprincipalmente di bioedilizia,bioarchitettura, fontirinnovabili e risparmioenergetico, ma anche di “semplici” ristrutturazionie pratiche burocratiche»,spiega uno dei fondatori,Marco Giordano. Ed è quiche entrano in gioco le reti:di volta in volta vengonocoinvolti i professionistinecessari a gestire lavoricosì diversi e complessi,perché l’argomento dellabioedilizia è di attualità, ma spesso i processi nonsono immediati comesembrano. «I clienti ad esempio - continuaGiordano - sono “spaventati”dall’investimento iniziale: a quel punto si devespiegare che si tratta di soldi che negli annivengono ammortizzati da un netto risparmio deiconsumi. Anche nella sceltadei materiali non bisognafarsi ingannare: certo,legno e sughero sonoecocompatibili, ma prima di impiegarli su larga scalabisogna valutare l’impattosulle foreste. Insomma, si tratta di una cultura che va costruita passodopo passo».

www.planet-studio.com

99 BUONI MOTIVI PER CENARE IN OSTERIA A L’AQUILA

La città de L’Aquila secondola tradizione è stata fondatada una federazione di 99castelli e per questo è dasempre legata al numero99: dalla piazza delle 99cannelle ai 99 rintocchidella campana del Duomo. E Osteria 99 è il nome che la cooperativa socialeLa Garganta ha scelto per il suo nuovo progetto,inaugurato ufficialmente il 13 febbraio di quest’anno.«Il campo della ristorazione per noi è del tutto inedito,ma cerchiamo di essereassolutamente rigorosi»,racconta Ida Guetti,vicepresidente dellacooperativa. Innanzituttonelle politiche di inserimentolavorativo, rivolte soprattuttoa persone svantaggiate. E poi nella scelta dei fornitorie degli ingredienti: per ogni singolo prodotto da acquistare si selezionaun piccolo produttore localespecializzato. Una politicasicuramente piùdispendiosa rispetto a quella di tanti ristorantiche si rivolgono sempre allo stesso smercioall'ingrosso. Ma il gusto, i clienti e la sostenibilità ne guadagnano.

www.osteria99.it

LA MODA DEL RICICLO CON MOLTA PERSONALITA

Critical fashion può sembrare una definizioneastratta, di difficile comprensione. Diventa molto più immediata se si fa un girofra Veneto e Friuli per conoscere due artigianeche, di tanto in tanto, suonano al campanellodelle aziende della zona per chiedere gli scartidi produzione. Stoffa, pellame per divani,camere d'aria, fili elettrici: materiali chealtrimenti verrebbero gettati via, creandomontagne di rifiuti. E che invece diventanocappelli o borse di ogni tipo. Tutti pezzi unici e, cosa non meno importante, belli. «Purtroppo tante persone non sono abituate ad avere a che fare con gli oggetti riciclati e hanno l’impressione che siano “sporchi” o di poco valore», spiega Silvia Marian, una delle fondatrici del laboratorio artigianoFuoritempo, nato nel mese di luglio delloscorso anno. Silvia e la sua collega Sonia, di persona alle fiere o tramite un aggiornatocatalogo in internet, ci tengono invece a mettere in evidenza l'originalità dei loroprodotti. Come le borse a tema “Fai sentire la tua voce”, personalizzabili con foto, disegni e scritte, o quelle che contengono sloganrelativi al consumo critico.

www.sonofuoritempo.blogspot.com

LA SICILIADALLA TERRAAL TURISMORESPONSABILE

Una vacanza in Sicilia puòessere un’occasione per apprezzare le meraviglienaturali e archeologichedell’isola, ma anche per conoscere il territorio,dialogando con chi promuoveuna cultura di legalità e sostenibilità. È il caso della cooperativa socialeNoe, impegnata nei settoridella salute mentale e dell’alcoldipendenza; della comunità Casa dei Giovani che si prendecura dei tossicodipendenti e della cooperativa agricolaVitabio. Tre realtà diverse che hanno dato vita al progetto Sicilia Vostra. In totale una sessantina di persone, che, in pieno stile“cooperativo”, percepisconola stessa retribuzione oraria.Gestiscono 180 ettari di terreno - per il 65%confiscati alla mafia - coltivatia rotazione per ottenere fruttae ortaggi biologici destinati a mense, Gruppi di acquistosolidale e botteghe di commercio equo. «I Gas checomprano i nostri prodotti pertutto l’anno hanno la curiosità di vedere dove nascono- spiega Simone Cavazzoli,responsabile del progettoSicilia Vostra - quindi abbiamoiniziato a occuparci anche di turismo responsabile». Sono impiegati educatori e guide specializzate, ma anche operatori che, in certe stagioni,rischierebbero di rimaneredisoccupati. Ai turisti sonoproposti incontri e workshop.

www.siciliavostra.it

| A CURA DI VALENTINA NERI | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] | terrafutura |

L’ECONOMIADEGLI STILI DI VITASOSTENIBILI

Un modo diverso di chiamare l’economiasolidale. È ciò che emergeda questo volume, che ha il pregio di raccontarel’economia alternativaattraverso le storie che la rappresentano, lasciandofuori i toni accademici o le pagine di teoriafinanziaria, per popolareinvece i fogli di voci e persone. E, anzi, con unpo’ di narcisismo potremmodire che si tratta di uncompendio di esperienzeche Valori ha raccontatonegli anni, con qualcheaggiunta e un ampioapprofondimento: dalleforme di finanza condivisadelle Mag al co-workingdi The Hub, dal co-housingal consumo critico antimafiadi Addio Pizzo, fino a trattaredei gruppi d’acquistosolidale e dell’eco-villaggioauto-costruito a L’Aquila.Roberta Carlini, giornalistafree lance, collaboratrice de L’Espresso e coordinatrice di www.sbilanciamoci.info,ha un’opinione ben definitadell’“economia del noi”come forma di autodifesadella società rispetto al mercato, capace di unaprofonda acquisizione dellacultura del limite - quellodella sostenibilità - in cui si associano consumo critico e condivisione, potenziateoggi enormemente dallaconnettività del web.

ROBERTA CARLINIL’ECONOMIA DEL NOI.L’ITALIA CHE CONDIVIDE Editori Laterza

UNA FINESTRASULLA FINANZA SLOT MACHINE

Messi tutti in fila fanno paura,ma aiutano a capire. Sono gli strumenti, i protagonisti e le dinamiche con cui la finanza internazionale si è mangiata l’economiareale in questi anni. Spiegatinei meccanismi che li hannooriginati e governati,esaminandone gli effetti - spesso devastanti per i più e per la gestione delle risorsesul Pianeta - Andrea Baranes,attivista e ricercatore di Crbm(Campagna per la riformadella banca mondiale),conosce ogni segreto della crisi recente e racconta,via via più in profondità, le trame della speculazione, gli squilibri internazionali, il ruolo e le responsabilità di banche e authorities, il funzionamento di derivati o hedge funds. Lo sforzo di rendere comprensibili i tecnicismi, parafrasandolipuntualmente, è evidente.Altrettanto l’accusa al mondofinanziario di essersidisumanizzato, lasciandosiguidare da comportamentiautomatici e parossistici di profitto che generanodiseguaglianze economiche e sociali. Ma Baranes nondimentica una pars construens,l’idea di un nuovo modelloeconomico e sociale, perchél’obiettivo di qualsiasiintervento correttivo deveessere, dice, «espiantare alla radice le cause profondeche hanno portato alla crisi».

ANDREA BARANESPER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ.COME LA FINANZA CASINO SI STA GIOCANDO IL PIANETAEditore Datanews

GLI OCCHI SUL MONDO, LA VOCE DEGLI ULTIMI

Basterebbe il nome di Alex Zanotelli per garantire il peso della testimonianza che percorre le pagine di questo volumetto della collana “Nei panni degli altri”. Ma ne “I poveri non ci lasceranno dormire”, giunto alla terza edizione, c’è molto di più, in effetti. Il cuore del libro è ancora il racconto dellapermanenza del prete comboniano, pionieredelle campagne per l’acqua pubblica e voceinstancabile degli ultimi della Terra, a Korogocho,baraccopoli di Nairobi: un racconto che non si limita ad offrire uno sguardo sull’hic et nuncma si avventura con profondità e competenzanell’analisi delle cause della povertà e delladisuguaglianza, puntando il dito sugli organifinanziari e politici internazionali, sullasproporzione nell’attribuzione delle risorseplanetarie. Un grido, quello di Zanotelli, che si arricchisce però di nuove voci e strumenticritici. Grazie alla prefazione deferente e al tempostesso prossima di Marco Paolini. E alleintegrazioni in Appendice: in primis le pagine in cui lo stesso Zanotelli e il giornalista LorenzoGuadagnucci parlano della nuova esperienza che il missionario sta vivendo nel Rione Sanitàdi Napoli, invocando parole come“riciclo”e “riuso”in un territorio avvelenato di rifiuti e camorra.

ALEX ZANOTELLI I POVERI NON CI LASCERANNO DORMIRE. RITORNO DA KOROGOCHO Editore Monti

POVERI E ASSETATI: ECCOCOME SAREMOIN FUTURO

Tema di grande attualità, e in Italia più che altrove.Non a caso CharlesFishman, già autore di Effetto Wal-Mart, è statorecentemente in tournée nel nostro Paese perpresentare questo libro in cui sostiene che l'eradell'acqua abbondante e gratuita è finita anche nel mondo sviluppato, e leprove del suo ragionamentoscaturiscono da un viaggioche parte dagli stabilimentibergamaschi San Pellegrinoper toccare USA, Australia,India e Isole Fiji. Unoscenario da incubo del qualeFishman attribuisce le colpeprincipali alla cattiva politicae alla nostra incapacità di comprendere il valoredella stessa acqua. In futuropagheremo i costi legati a reti idriche colabrodo e ad aumentare i consumi di acqua minerale. Mentreoggi l’acqua si sposta, a seguito dei cambiamenticlimatici, in direzioni diverseda quelle delle migrazioniumane; viene inquinata e sottratta agli usi tradizionalidalle dighe. La soluzione?Per Fishman, diversamentedai molti che si battono per farne un diritto umanoinalienabile, non è l’acquagratuita, economicamenteinsostenibile.

CHARLES FISHMANLA GRANDE SETE. L’ERA DELLA SCOMMESSASULL’ACQUA Egea, 2011

| economiaefinanza | A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] |

Segnalata da .itSegnalata da .it

Page 36: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

Morirà con Bin Laden?

Terrorismo

di Federica Miglietta*

L CAOS SEGUITO all’annuncio in diretta televisiva del presidente Obama hasuscitato in me diverse sensazioni. Ho letto e sentito di “grande soddisfa-zione”, “gioia”, “sollievo”. Mi sento un po’ a disagio e niente affatto sol-

levata: si può veramente gioire per la morte (violenta e davanti ai figli) di un uo-mo? Pur essendo uomo estremamente malvagio, sanguinario, interessato aduna religione a proprio uso e consumo, la sua morte esibita come un trofeo su-scita un po’ di malessere. Perché, diciamolo, con Osama non muoiono né il “ma-le”, né il terrorismo; il male purtroppo non ha una faccia, un corpo. Non muo-re. Osama e i suoi seguaci si sono nutriti di rancore, di sete di vendetta controgli Usa e l’Occidente, hanno lottato, infrattati nelle grotte, contro la loro perso-nale idea di “male”, che non combacia assolutamente con la nostra.

Obama, nell’annuncio, non era felice e questo è evidente; probabilmente sa-peva che non è affatto finita e che i sentimenti antiamericani che hanno armatole mani e avvelenato le teste dei qaedisti non sono cambiati affatto. Forse era con-sapevole, da uomo intelligente e di legge, che non si può lottare fuori patria con-tro il terrorismo e accettare, in casa, il waterboarding, la tortura, Guantanamo. Lalegge e la convenzione di Ginevra valgono solo per gli altri? Bin Laden è mortoed è comprensibile il sollievo dei parenti delle vittime provocate dalla cecità del-la sua violenza. Ma dopo un iniziale sollievo, non abbiamo tutti pensato conamarezza che dal passato non si torna indietro?

Mi ha incuriosita l’espressione di incredulità e di attesa del segretario di Sta-to, Hillary Clinton, davanti alle immagini dell’irruzione; attesa verso un futuroche non è ancora scritto. Quando si renderanno conto che il terrorismo non èstato sconfitto e che l’odio verso l’Occidente non muore con l’attacco dei NavySeals, con chi se la prenderanno, a chi daranno la caccia, come useranno tuttele armi che hanno acquistato? Obama è stato molto netto nel separare Al-Qae-da dalla religione islamica. Era doveroso. Ricordiamo, infatti, per non perdere labussola nella topografia incerta della religione, che Osama era un wahabbita, se-guace della corrente tra le più retrive e antistoriche dell’Islam, e che le sue teo-rie religiose affascinavano poco i veri seguaci dell’Islam. Allora, per concludere,qualche parola sul futuro; identificare in Bin Laden l’intero terrorismo su scalaglobale è servito solo a dare un nome e un volto a un malessere.

Distruggere, però, è più semplice che costruire: al presidente Obama, ora,spetta il compito di agire sulla radice del malessere. Con Osama hanno tagliatola chioma più esposta e lucente dell’albero, ma le radici affondano nella stessaterra avvelenata dell’altro ieri. L’Afghanistan, il Pakistan, l’Arabia Saudita, infat-ti, non sono cambiati di un millimetro. .

I

| consumiditerritorio || islamfinanzasocietà |

di Paola Baiocchi

UE TIZI VICINO A UN TELEFONO

arrivano dopo una serie dibattute demenziali alla con-

clusione: “Uomo registrato un po’ menoinformato”, è lo spot del Registro pubblicodelle opposizioni.

Istituito dal Dpr 178/2010 dal ministe-ro dello Sviluppo economico e affidato allaFondazione Ugo Bordoni, il registro fun-ziona così: chi è presente negli elenchi te-lefonici e non vuole ricevere telefonatepubblicitarie deve esprimere il suo dissensocompilando un modulo sul sito, oppure in-viando una raccomandata, un fax, unamail o telefonando. Ma nemmeno così nonriceverà telefonate pubblicitarie, perché iltelemarketing potrebbe essersi procurato inaltro modo, autorizzato, il suo recapito.Quindi questo Registro è perfettamenteinutile per chiudere un canale alla pubbli-cità sempre più invadente: ogni giorno ve-niamo raggiunti in media da 5 mila mes-saggi pubblicitari di diverso tipo.

Serve invece a far perdere tempo ai cit-tadini o a spingerli a inserire i propri datipersonali in un luogo come internet che èun moltiplicatore dello scambio, che noi lovogliamo o no.

Nella conclusione poi c’è un “falso ideo-logico”: “Registrato uguale meno informato”,intende dire che la pubblicità è informa-zione. Ancora una volta veniamo condizio-nati dal conflitto di interesse di un governopresieduto da chi controlla anche una del-le più grandi concessionarie di pubblicitàd’Europa. .

D

Piùregistratoe menoinformato

Pubblicità

* Ricercatrice di Economia degli intermediari finanziari presso la facoltà di Economia all’Università di Bari e presso l’Università Bocconi di Milano

Esiste un Registro per dire no alle telefonatepromozionali. Ma nonserve a molto, la normapotrebbe essere aggirata

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 71 || 70 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

| future | A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A [email protected] |

LA GIUSTIZIA AMERICANASEGUITA IN STREAMING

Trasmettere on line viastreaming i dibattimentigiudiziari per una giustiziatrasparente. L’iniziativadella Corte Distrettuale di Quincy negli Stati Uniticerca di unire grazie alla tecnologia il dirittoall’informazione, il rispettodella giustizia e la massimatrasparenza. Il progettosperimentale, che ha attivato un dibattito negli Stati Uniti sulle forme di partecipazione e controllo democraticograzie alle nuove tecnologie,prevede lo sviluppo di unacomunicazione online che segua la diretta delle udienze e permetta a blogger, utenti e citizenjournalist di commentare le diverse fasi delle udienzetramite social network.Finora tali trasmissionierano riservate alle udienzedella Corte Suprema.Particolarità del progetto è proprio la volontà di favorire il commento e la copertura di tutti gli eventi processuali del giorno, sia in modalitàstreaming sia attraversouno spazio appositoallestito presso la CorteDistrettuale con diffusionedi segnale wi-fi per favorirel’utilizzo di tablet pc e smartphone perl’interazione sui socialnetwork e con la Rete.

GEOMAPPE PER DIFENDERE LA NATURA

L’utilizzo degli smartphonecome strumenti di partecipazione sociale è ormai entrato a far partedegli scenari quotidiani.Che si tratti di documentareun evento o di testimoniarela propria partecipazioneattiva alla vita sociale e politica, le applicazionidisponibili sia per Androidsia per il mondo Apple sonoormai numerose. Tra i nuovi progetti destinatial web si segnala OpenForeste Italiane, progettocrowdsourcing che vedeuna interessante sinergiatra le segnalazioni propostedagli esperti del settore e quelle degli utenti. Open Foreste punta allaraccolta di informazioni sugliincendi estivi perpermettere di monitorare le segnalazioni, ottenerevisibilità sul fenomeno eattivare ove necessario larete di soccorsi. «OpenForeste è stato sviluppatocon la piattaformaUshahidi, che in Swahilisignifica “testimonianza”, ed è già stata utilizzata per l’emergenza Haiti»spiegano gli autori delprogetto. Tra le funzionalitàgià attive l’invio automatico di fotosegnalazioni degliincendi estivi da parte degli utenti.

IN GRAN BRETAGNAIL CINEMAVIAGGIA IN UNA ROULOTTE

Nelle vecchie sale parrocchiali italiane e nei cineforum ci pensano iniziative capillaricome Microcinema a portare nuova linfa,contenuti e adesso anche il cinema 3D. Ma nelle campagne inglesi ci vuole inventiva,come quella degli autori di Sol Cinema. La proiezione è davvero speciale, otto posti in tutto per ogni spettacolo in una particolareatmosfera retrò in cui non mancano maschere e pop corn. Ideato da Jo Furlong conil supporto degli artisti Ami Marsden & BethMarsden e finanziato da un fondo di sostegnoalle arti, Sol Cinema è un progetto itinerante in senso letterale e si sposta a richiesta pertutta l’Inghilterra offrendo proiezioni di filmall’interno di un caravan del 1972 totalmenteristrutturato ed equipaggiato con divanetti,reception e proiettore led a basso consumo.L’alimentazione viene fornita da celle solariderivanti dall’industria automobilistica e consente la totale autonomia operativa del progetto.

NUVOLE HI-TECHPER IL MUSEO CINESEDEL FUMETTO

Trentamila metri quadri di superfici, tre cinema e otto volumi sferici in parte interconnessi. Nasce nella Cina orientale,precisamente a Zhejiang, il China Comic andAnimation Museum, primomuseo cinese interamentededicato ai cartoni animaticaratterizzato da particolarivincoli di sostenibilità. Il progetto dello studioolandese Mvrdv si candidaad entrare negli immaginaricollettivi dei numerosiestimatori del fumetto. Ilprogetto si presenta conotto volumi esterni cherichiamano la classica“nuvola” dove vengonoscritti i testi dei fumetti. Ilprogetto coordinato prevedearee in cui sperimentare la creazione dell’animazione,un sistema di parchicittadini creati intorno alla struttura, un festivaldell’animazione e larealizzazione un gigantescozootropio tridimensionale,struttura rotante che ha segnato gli esordidell’animazione e chepoteva - attraverso un movimento rotatorio -offrire la suggestionedell’immagine in movimentoprima dell’avvento delcinema. Particolarmentecurato il progetto di aerazione della strutturaper limitare la necessità di aria condizionata.

Page 37: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

so Vickers nel presentare il rap-porto - rimane quello di mini-mizzare il rischio di ricorso ai sol-di pubblici da parte del sistemabancario e non quello di assicu-rare che “l’economia non vengamai più destabilizzata da un siste-ma finanziario deregolamentatoe rischioso e di definire un nuovomodello di supporto all’econo-mia”. Anche se proprio così erascritto nei manifesti di entrambi ipartiti della coalizione di centro-destra che ha vinto le ultime ele-zioni britanniche anche sull’on-da del malcontento popolareverso le stagioni dei grandi bonuse dei piani di salvataggio dellebanche a carico dei contribuenti,che in molti hanno associato ai13 anni di governo laburista.

A parziale giustificazione del-l’approccio estremamente pru-dente tenuto, almeno fino ad og-gi, da John Vickers, figlio diombrellai e oggi considerato tra ipiù autorevoli economisti britan-nici, vanno tuttavia ricordati al-meno tre aspetti: primo, che altri

organismi, tra questi la Banca centrale euro-pea e il Financial stability forum, non hannofinora concepito nulla di più strutturato; se-condo, che, in un contesto di crisi economi-ca, il peso specifico del settore finanziario sulPil del Regno Unito è oggi finanche maggioredi quanto non lo fosse ieri; da ultimo, chequella pubblicata l’11 aprile scorso è ancorauna prima versione di un rapporto che po-trebbe venir emendato nella pubblicazione fi-nale di settembre. . [email protected]

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 73 || 72 | valori | A N N O 1 1 N . 8 8 | A P R I L E 2 0 1 1 |

| bancor |

dal cuore della finanza londinese Luca Martino

AL PRIMO RAPPORTO della Commissione indipendente sul settore bancario, gui-data da Sir John Vickers e istituita poco meno di un anno fa dal neonato go-verno Cameron con l’ambizioso obiettivo di disegnare un piano strutturale di

riforme per il settore, era lecito aspettarsi di più. Le attese delle centinaia di migliaia di uten-ti, che hanno mandato in tilt il sito della Commissione poco dopo la pubblicazione del rap-porto, erano alte. Ma la lettura del testo, concordato per mesi con il governo e le banche, èrisultata soporifera (oltre che salomonica nei contenuti) a molti e non solo ai redattori del-l’Economist che così l’hanno definita in un loro editoriale.

Infatti, se alle oltre 200 pagine del documento, che doveva definire le linee guida del piùradicale e ambizioso piano di riforme del set-tore bancario inglese, togliamo l’indice, la li-sta degli acronimi, un’introduzione e un’ap-pendice di 60 pagine (ciascuna in cui si partedal chiedersi a cosa serva un sistema finanzia-rio e si finisce col produrre una serie di graficisulla distribuzione territoriale degli sportellibancari), quello che rimane è una limitata se-rie di spunti e suggerimenti concentrati quasiesclusivamente su tre aree: l’innalzamento dellivello minimo del capitale regolamentare dibase per tutte le banche a circa il 10% (Basilea3 prevede il 7%); lo scorporo parziale delle at-tività bancarie tradizionali da quelle di trading,che il testo stesso considera di portata mode-sta e moderata, e una richiesta nei confronti diLloyds (unica banca citata nel rapporto), que-sta sì piuttosto esplicita, di ridurre la propriaquota di mercato nel segmento dei depositi edei conti correnti che, ad oggi, supera il 30%.

Comprensibile, quindi, che nella Citytutti abbiano tirato un sospiro di sollievo do-po la pubblicazione del rapporto e che la Bor-sa abbia premiato con cospicui rialzi tutti i ti-toli del settore, cosa che di per sé basterebbeper porsi più di una domanda.Ad esempio sulla politica dei bo-nus; sui criteri di vigilanza adot-tati fino ad oggi e ispirati più aiprincipi che alle regole; sulla di-

sciplina delle attività di trading altamente ri-schiose e dei mercati secondari, temi ai qualiil rapporto non dedica neppure un paragrafo.

Eppure, quasi tutti, politici ed economistidi vario orientamento politico, appaiono sod-disfatti: l’obiettivo - lo ha sottolineato lo stes-

L’atteso piano di riforme del settore bancario britannicosi rivela deludente. La city si tira un sospiro di solievo

Il palazzo della Borsa nel cuore della City di Londra.

D

Sollievo per la City dopo il rapporto Vickers

Commissione incompiuta

Page 38: Anno 11 numero 90. Giugno 2011. valoridownload.istella.it/user/5148b332227819bb24000012/...GIUGNO 2011. valori € 4,00: : Anno 11 numero 90. Giugno 2011. € 4,00 Dossier> Una società

| 74 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

I valori, quando si fondano sulla fiducia e sulla credibilità di chi li possiede e li coltiva,si possono riassumere in una parola, in un segno, in un colore.

Dire è comunicazione d’intenti e di progettualità, trasmissione di idee, di conoscenza, d’esperienza.Fare è la sintesi dell’attività, energia verso nuove imprese, capacità di ascolto e di offrire risposte.

Ai nostri clienti e a quelli che lo diventeranno è dedicato il nostro lavoro quotidiano: un lavoro dove il dire e il fare sono tutt’uno e sintesi di una filosofia dell’operare.

L 20 APRILE DEL 2011 è iniziato lo sversamen-to in mare di greggio dalla piattaformaDeepwater Horizon al largo della Louisiana.

Da allora il titolo di Bp ha perso più del 30% delsuo valore, toccando il -54% a fine giugno.

Un caso da manuale per spiegare come lascarsa attenzione ai rischi ambientali da parte diun’impresa possa tradursi in perdite anche mol-to pesanti per i suoi azionisti. Non a caso l’as-semblea dei soci di Bp, che si è tenuta a Londralo scorso 14 aprile, è stata una delle più movi-mentate di sempre.

Tra gli azionisti attivi non sono mancati gliinvestitori religiosi statunitensi e inglesi che, perla prima volta, si sono coalizzati formando unfronte comune. La Chiesa di Inghilterra si è al-leata con gli americani di Christian Brothers In-vestment Services e con Iccr, convincendoli peròa non presentare alcuna mozione in modo da fa-cilitare il dialogo con l’impresa. “Vogliamo dareuna chance a Bp”, hanno spiegato gli azionisti re-ligiosi in un comunicato stampa.

Nel frattempo, però, hanno votato contro larielezione nel board del responsabile Salute, Am-biente ed Etica e si sono opposti al nuovo pianodi remunerazione dei manager..

Il rendimento in borsa di Bp dallo scandalo Deepwater (20 aprile 2010) ad oggiconfrontato con l’indice S&P 500 (in rosso). La perdita è del 30,65%

Ia cura di Mauro Meggiolaro

L’AZIONE IN VETRINA BP

FON

TE: TH

OM

SO

N R

EUTE

RS

ControBpunacoalizione di azionisti religiosi

| action! |

2010 Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic 2011 Feb Mar Apr Mag

BP .L 454,5009 MAG 2011: ^GSPC 1356,62

10%

0

-10%

-20%

-30%

-40%

-50%

UN’IM

PRES

A AL

MES

E L’

AZIO

NIST

A DE

L M

ESE

The Church of England www.churchofengland.orgSede Londra - Gb

Tipo di società Attraverso The Church Commissioners, la Chiesa d’Inghilterra gestisce 5 miliardi di sterline in azioni di imprese e proprietà immobiliari per forniresupporto alle diocesi in tutto il paese

Asset gestiti circa 5 miliardi di sterline

L’azione su BP Assieme al Church of England Pensions Board (1 miliardo di sterline di asset) la Chiesa di Inghilterra ha partecipato in modo attivo all’assembleadel colosso petrolifero Bp in aprile, votando contro il piano di remunerazionedei manager e la rielezione di William Castell, consigliere e responsabile del Comitato Salute, Ambiente ed Etica dal 2006

Altre iniziative Gli azionisti religiosi inglesi hanno guidato una campagna comune contro Bpcoalizzandosi con gli investitori religiosi americani e convincendoli a non presentarealcuna mozione (shareholder resolution) per cercare il dialogo con l’impresa

Bp www.bp.com Sede Londra - Gb Borsa LSE - London Stock Exchange

Rendimento negli ultimi 12 mesi -17,24%

Attività Bp (British Petroleum) è uno dei quattro maggiori attori a livello mondiale nel settore energetico (petrolio e gas naturale) assieme a Royal Dutch Shell,ExxonMobil e Total

Azionisti Azionariato diffuso. Azionisti principali: BlackRock (5,72%), Legal & General(3,72%), Norges Bank (fondo pensione dello stato norvegese, 1,8%), KuwaitInvestment Authority (1,7%)

Perché interessa agli azionisti responsabili? Il 20 aprile 2010 una falla alla piattaformapetrolifera Deepwater Horizon situata al largo della Louisiana, negli Usa, hacausato la fuoriuscita di petrolio, riversando in oceano milioni di litri di greggioogni ora e causando un disastro ecologico secondo, per ora, solo al disastropetrolifero della Guerra del Golfo del 1991. Bp ha accantonato 40,9 miliardidi dollari per pagare i danni presenti, passati e futuri del disastro ambientale

Numeri 2009 2010

Ricavi (Miliardi di dollari) 239,72 297,107Utile (Miliardi di dollari) 16,759 - 3,324Numero dipendenti oltre 90.000