Utopia Giugno 2011

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U T O P I A Il grido possente del popolo in piedi in unico abbraccio, disarma la mano dei folli, che in cenere vorrebbero il mondo. (continua con lo Speciale Referendum alle pagine 3, 4, 5 e 6) Si è molto parlato del fallimento dell'Unione Europea nella soluzione della crisi migratoria che ha interessato il nostro paese negli ultimi mesi. Sicuramente all'Europa sono imputabili molte mancanze e incoerenze dovute soprattutto allo scarso coordinamento politico dei 27 su un argomento così sensibile come le politiche migratorie. Pesa in questo senso la composizione di molti governi europei, formati da un numero sempre maggiore di forze xenofobe (vedi articolo a pag.7). Nonostante ciò, non dobbiamo dimenticare (come invece hanno fatto molti media nostrani) alcuni elementi che possono farci capire i motivi di tanta "freddezza" europea. L'Italia ha sbagliato praticamente tutto nella gestione dell'emergenza, e in modo così teatrale da far temere che dietro le apparenti incompetenze ci sia una precisa volontà politica di ingigantire il caso per fini elettorali. Quella iniziata quest'anno non è certamente la prima ondata migratoria a cui siamo soggetti, abbiamo alle spalle un'esperienza decennale di gestione più o meno ordinata dei flussi di stranieri: non dimentichiamo che poco più di 10 anni fa abbiamo controllato con successo passaggi di immigrati molto più imponenti, provenienti dalle regioni balcaniche martoriate dalla guerra. Eppure oggi, in piena rivoluzione tunisina, ci siamo fatti trovare col centro profughi di Lampedusa chiuso, e abbiamo perso tempo a inviare a Bruxelles la richiesta ufficiale di attivare l'intervento di Frontex. Abbiamo preteso una redistribuzione dei rifugiati. Forse però abbiamo dimenticato che l'anno scorso, quando Malta si era trovata in una situazione simile alla nostra, Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Portogallo e persino il Lussemburgo si sono fatti carico di una parte dei richiedenti asilo, ma noi non abbiamo mosso un dito. E mentre denunciamo il ricatto di Gheddafi che promette flussi biblici in partenza dalle coste libiche, non ci rendiamo conto che Bossi minaccia più o meno la stessa cosa nei confronti di Francia e Germania. Paesi che magari a volte chiudono le frontiere, ma rispetto a noi accolgono un numero molto superiore di stranieri, e senza esibirsi in melodrammatici vittimismi. Se imparassimo ad essere più responsabili, forse recupereremmo un po' di considerazione europea. REFERENDUM, UN VOTO FONDAMENTALE Federica Giadone IMMIGRAZIONE E RESPONSABILITA'

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"Referendum, un voto fondamentale"

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U T O P I A“Il grido possente del popolo in piedi in unico abbraccio, disarma la mano dei folli, che in cenere vorrebbero il mondo.”Maggio 2011 Università di Catania

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Pietro Figuera

(continua con lo Speciale Referendum alle pagine 3, 4, 5 e 6)

Si è molto parlato del fallimento dell'Unione Europeanella soluzione della crisi migratoria che hainteressato il nostro paese negli ultimi mesi.Sicuramente all'Europa sono imputabili moltemancanze e incoerenze dovute soprattutto allo scarsocoordinamento politico dei 27 su un argomento cosìsensibile come le politiche migratorie. Pesa in questosenso la composizione di molti governi europei,formati da un numero sempre maggiore di forzexenofobe (vedi articolo a pag.7). Nonostante ciò, nondobbiamo dimenticare (come invece hanno fatto moltimedia nostrani) alcuni elementi che possono farcicapire i motivi di tanta "freddezza" europea. L'Italiaha sbagliato praticamente tutto nella gestionedell'emergenza, e in modo così teatrale da far temereche dietro le apparenti incompetenze ci sia unaprecisa volontà politica di ingigantire il caso per finielettorali. Quella iniziata quest'anno non è certamentela prima ondata migratoria a cui siamo soggetti,abbiamo alle spalle un'esperienza decennale digestione più o meno ordinata dei flussi di stranieri:non dimentichiamo che poco più di 10 anni faabbiamo controllato con successo passaggi diimmigrati molto più imponenti, provenienti dalleregioni balcaniche martoriate dalla guerra. Eppureoggi, in piena rivoluzione tunisina, ci siamo fattitrovare col centro profughi di Lampedusa chiuso, eabbiamo perso tempo a inviare a Bruxelles larichiesta ufficiale di attivare l'intervento di Frontex.Abbiamo preteso una redistribuzione dei rifugiati.Forse però abbiamo dimenticato che l'anno scorso,quando Malta si era trovata in una situazione similealla nostra, Francia, Germania, Gran Bretagna,Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia,Portogallo e persino il Lussemburgo si sono fatticarico di una parte dei richiedenti asilo, ma noi nonabbiamo mosso un dito. E mentre denunciamo ilricatto di Gheddafi che promette flussi biblici inpartenza dalle coste libiche, non ci rendiamo contoche Bossi minaccia più o meno la stessa cosa neiconfronti di Francia e Germania. Paesi che magari avolte chiudono le frontiere, ma rispetto a noiaccolgono un numero molto superiore di stranieri, esenza esibirsi in melodrammatici vittimismi. Seimparassimo ad essere più responsabili, forserecupereremmo un po' di considerazione europea.

REFERENDUM, UN VOTO FONDAMENTALEIl referendum è uno strumento di democrazia semplice e diretto, che

proprio per la sua natura consente a tutti i cittadini di partecipare alla

vita politica in maniere attiva e decisiva. Il nostro ordinamento

prevede che per essere valido, un referendum, deve essere supportato

dal voto di almeno il 50% +1 degli aventi diritto. Quest’anno si

propongono quattro referendum di alta attrattiva sociale e politica:

due sulla privatizzazione dell’acqua, uno sul nucleare ed uno sul

legittimo impedimento. I temi sono attuali e concreti e quindi si ha la

netta sensazione che il cittadino abbia tutta la voglia e l’ interesse a

recarsi alle urne. Il governo Berlusconi, che sa fiutare l'aria contraria,

questa volta si è trovato in difficoltà.

Federica Giadone

IMMIGRAZIONE E RESPONSABILITA'

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Elena RivaderoI COSTI DELLA GIUSTIZIA PER GLI STRANIERILa giustizia è spesso costosa per quanto riguarda le

traduzioni, e l'UE ha deciso di intervenire. L'immigrazione

fa crescere il budget delle spese per la giustizia, per i costi

delle traduzioni nei processi in tutta Europa e l'aumento

della libera circolazione. E' quanto risulta dal documento di

lavoro presentato dalla Commissione europea due anni fa, in

vista di una decisione quadro sul diritto a interpretare e alla

traduzione nei procedimenti penali. In pratica Bruxelles

prova a dettare regole comuni nel settore, partendo

dall'analisi dei costi. Negli anni precedenti la spesa di

traduzione dei documenti processuali, per i procedimenti

penali degli stranieri è stata, in Italia, di circa 20 milioni di

euro; la spesa riguarda i documenti utili all'imputato,

tenendo conto di una media di provvedimenti di circa

quaranta pagine e di una stima di costo approssimato a 1500

euro. L'Italia è stata preceduta solo da Regno Unito,

Germania e Spagna. Occorre aggiungere il costo per gli

interpreti sia nelle stazioni di polizia sia nei tribunali: spese

destinate a crescere, osserva la Commissione europea, con

un forte impatto economico sugli Stati membri. Aumentano

poi i detenuti stranieri. In Italia, secondo i dati del Consiglio

d'Europa e riportati dalla Commissione, nel 2009 il 40%

della popolazione carceraria era costituito da stranieri che

scontavano la pena e il 60% erano detenuti in custodia

cautelare. Da qui la necessità di norme comuni agli stati UE

per fissare garanzie minime nei procedimenti penali,

partendo dagli interpreti nei processi. Diritti già previsti per

gli imputati dalla Convenzione europea per la salvaguardia

dei Diritti dell'Uomo, secondo la quale ogni persona

arrestata deve essere informata al più presto e in una lingua

comprensibile dei motivi dell'arresto e di ogni accusa

formulata a suo carico. Un diritto, però, poco applicato,

tanto da costringere la Corte europea a intervenire in diverse

occasioni. Un intervento in ambito UE potrebbe far

risparmiare agli Stati i costi causati dalle condanne ricevute

da Strasburgo. Bruxelles vorrebbe arrivare a non tradurre

ogni singolo documento, ma solo gli atti che servono

all'imputato per avere una conoscenza sufficiente della causa

intentata contro di lui affinché possa difendersi. Per questo i

funzionari europei intendono puntare anche sulla qualità

proponendosi di fissare i requisiti fondamentali per

un'adeguata traduzione. Arriverà a concretizzarsi questo

diritto? Oppure finirà nel cassetto come tante altre leggi

dimenticate?

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REFERENDUM, UN VOTO FONDAMENTALEFederica Giadone

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(continua dalla prima pagina)Per prima cosa ha separato le

elezioni amministrative dai

referendum spostando quest’ultimo

alla data del 12 e 1 3 giugno con una

spesa aggiuntiva per l’erario di 300

milioni. Poi è arrivato l’ imprevisto:

la tragedia Giapponese ha provocato

una grave crisi nucleare che ha

messo ulteriormente in dubbio la

sicurezza delle centrali. Il disastro

nucleare ha fatto aprire gli occhi

anche degli italiani sul vero

significato dell’utilizzo di tale

energia. L’opinione pubblica è

scossa e comprende quale enorme

rischio si pone di fronte al suo

futuro. Il governo resiste (anzi

rilancia) sul tema nucleare ribadendo

la scelta nucleare con toni duri, ma

qualche giorno dopo, alla vista dei

sondaggi, fa dietro-front assicurando

che nulla è ancora deciso e che anzi,

ripensandoci, forse, quasi quasi, il

nucleare potrebbe essere pericoloso

e bisogna studiare delle centrali più

sicure. Quindi rinvia di un anno

l’ inizio dell’applicazione della legge

tentando in questo modo di far

saltare il referendum sul nucleare.

Come è possibile che in solo 24 ore

ci si accorga che il nucleare è

pericoloso? Come è possibile che

nessun tecnico o tecnocrate

ministeriale si sia mai reso conto che

il nucleare è una bomba ad

orologeria? La risposta l’abbiamo

avuto dopo pochi giorni. Il candido

sig. Berlusconi afferma che il

nucleare si farà, ma non ora perché

la gente è “scossa” dall’evento

giapponese e potrebbe votare al

referendum in balia di sentimenti ed

emozioni momentanee. Come può

un Presidente del Consiglio

giudicare un semplice evento la

immane catastrofe giapponese senza

porsi dei dubbi sull’effettivo valore

economico e sociale del nucleare.

Vale veramente la pena iniziare un

percorso nucleare in Italia senza

invece incentivare le energie

alternative? Il governo a questa

domanda ha già dato una risposta:

taglio del 30% agli incentivi sul

fotovoltaico, nuova leggina di

sospensione sul nucleare,

annullamento del referendum e fra

un anno faremo quello che ci pare.

Ormai le date del voto si avvicinano

e nessun tipo di pubblicizzazione e

di diffusione di informazione si è

attivato. Da qualche giorno la Rai

trasmette lo spot che dovrebbe

informare gli italiani sul

referendum, ma non è facile vederlo:

gli orari della messa in onda sono

alquanto improbabili. Regna un

silenzio imbarazzante da parte dei

mezzi di comunicazione, se non

fosse per i numerosi comitati che si

sono attivati e che continuano a

sensibilizzare gli animi non si

parlerebbe affatto di questo

importantissimo appuntamento.

Berlusconi ha paura che il

referendum possa avere un impatto

devastante sulla politica del

governo, anche più forte dei risultati

delle elezioni amministrative.

Ma in fondo, il terrore più grande di

Berlusconi non è tanto il nucleare,

quanto che i cittadini raggiungano il

quorum nell’altro referendum sul

Legittimo impedimento.

Sicuramente quello che più interessa

al "capo", uomo di 75 anni, non è

tanto di non vedere il pianeta

inquinato, radioattivo e con l'acqua a

pagamento, quanto di non passare i

prossimi anni in galera.

Page 4: Utopia Giugno 2011

NUCLEARE: IL FUTURO NEL V(U)OTO

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Correva l’anno 1987. Tramite referendum abrogativo, l’ Italia

sanciva l’abbandono di fatto del ricorso al nucleare come

forma di approvvigionamento energetico. Era trascorso un

anno dal disastro nucleare di Cernobyl, il mondo era ancora

scosso dalle risonanze che questo drammatico evento aveva

portato con sé. La posizione assunta dagli italiani non può

dunque stupire.

Ventun anni dopo (maggio 2008), l’ex(allora) ministro dello

Sviluppo Economico Claudio Scajola ha felicemente

riproposto il ritorno all’atomo dell’ Italia come fonte

“alternativa” per l’ indipendenza energetica del nostro paese.

La proposta ha nettamente diviso le forze politiche e gli

apparati statali e ha provocato la mobilitazione di numerosi

gruppi ambientalisti a favore delle energie pulite.

L’11 marzo 2011 il mondo ha conosciuto una nuova tragedia

nucleare, conseguenza del disastroso terremoto che ha colpito

il Giappone. L’esplosione di tre reattori attivi della centrale

nucleare di Fukushima ha risollevato su scala mondiale il

problema dell’energia atomica e dei suoi costi umani ed

economici: in Germania il Cancelliere Angela Merkel ha

bloccato due reattori e ha deciso di far slittare di tre mesi

l’ inizio dei lavori per l’estensione della vita operativa di

diciassette reattori. Il Cancelliere ha dichiarato che "i fatti in

Giappone ci insegnano che i rischi considerati

completamente impensabili non sono totalmente

improbabili". La Svizzera ha, dal canto suo, detto stop a

nuove centrali, mentre sono stati attuati piani di emergenza in

Belgio e in Finlandia dove, tra l’altro, è stata inserita tra le

priorità di governo l’ incentivazione alle energie rinnovabili.

E l’ Italia come ha gestito lo sgomento per i fatti del

Giappone? “La linea italiana rispetto al programma nucleare

chiaramente non cambia”, parola del Ministro dell’Ambiente

Stefania Prestigiacomo. Ma il governo nelle settimane

successive è tornato sui propri passi, sull'onda degli eventi e

della mobilitazione antinucleare che ha subito preso piede tra

la maggioranza degli italiani.

Era già stato indetto un referendum sulla questione che, salvo

annullamenti, dovrebbe aver luogo nei giorni 12 e 1 3 giugno.

Ma perché i cittadini possano esprimersi consapevolmente in

merito alla questione è necessario anzitutto che l’opinione

pubblica sia adeguatamente informata in merito agli aspetti

economici, ambientali e di sicurezza che ruotano attorno al

tema “nucleare”. In primo luogo: a chi conviene veramente

un eventuale ritorno all’energia atomica? E ancora, l’energia

nucleare renderebbe DAVVERO l’Italia indipendente dal

punto di vista energetico? Il nostro paese, è vero, dipende per

il 90% dalle importazioni di corrente elettrica dalla Francia e

dalla Svizzera, senza contare la dipendenza da altri fornitori

stranieri per le materie prime utilizzate nelle nostre centrali

elettriche, soprattutto petrolio e gas naturale (combustibili

molto costosi).

Con l’attuazione del piano nucleare, l’ Italia dovrebbe in ogni

caso fare ricorso ai mercati stranieri per il reperimento di

un’altra materia prima, l’uranio, elemento esauribile nel

tempo. Non solo: i costi per l’ impianto delle centrali, per la

loro manutenzione e per la gestione delle scorie graverebbero

tanto al pubblico quanto al privato non meno di quelli

sostenibili in caso di attuazione di impianti per l’energia

rinnovabile. Inoltre, secondo la fonte Greenpeace, il rilancio

del nucleare farà mancare al nostro paese gli obiettivi europei

al 2020 per lo sviluppo delle rinnovabili, con ulteriori

sanzioni per la collettività. Dal punto di vista ambientale, i

costi dell’atomo ruotano principalmente attorno al problema

“scorie”. Basti pensare al fatto che una scoria di terzo livello

impiega circa 10.000 anni per dimezzare la sua radioattività e

resta pericolosa per almeno un milione di anni. Ad oggi,

nonostante le ricerche, non esistono processi di bonifica per i

rifiuti radioattivi che possono solo essere stoccati (quindi

depositati). Gli effetti dell’ inquinamento radioattivo sulle

persone e sugli animali sono altamente preoccupanti:

secondo uno studio tedesco, nel raggio di 5 km di distanza da

una centrale nucleare c’è un aumento del 60% dei casi di

cancro e del 117% dei casi di leucemia rispetto alla media

(soprattutto nei primi cinque anni di vita).

Valutando, dunque, costi e rischi la domanda che un’Italia

“democraticamente informata” dovrebbe porsi è la seguente:

vale davvero la pena investire risorse ed energie per un

sistema energetico che produce più costi che benefici? E

ancora: perché non attuare piani di energia pulita,

rinnovabile, dai costi relativamente alti ma ammortizzabili in

modo da creare un habitat sostenibile per noi e per le

generazioni future?

Claudia Cammarata

Page 5: Utopia Giugno 2011

L'ACQUA, QUESTIONE DI "TRASPARENZA"Melania Cultraro

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L’acqua, un bene essenziale per la nostra umanità, fonte di

vita per l’essere vivente, oggi nel nostro Paese rischia di

essere messa in vendita. Avete capito bene. Il nostro amato

Governo (che si occupa di tutto, tranne delle cose di cui

realmente si dovrebbe occupare) ha deciso, sine ira et odio,

di realizzare attraverso il decreto Ronchi la nuova riforma

sul servizio idrico.

Per capire nel dettaglio le modifiche apportate con il nuovo

decreto facciamo un piccolo passo indietro.

In primo luogo delle innovazioni furono apportate dalla

legge 36/94. La legge, che prese il nome del suo autore

“Galli”, stabilì che tutte le acque sotterranee e superficiali

venissero affidate al servizio pubblico. Pertanto il consumo

umano con tale decreto divenne prioritario rispetto agli

altri usi, che furono ammessi solo quando la risorsa idrica

diventava sufficiente per poterli soddisfare. Tuttavia la

norma ribadiva che gli usi non dovessero pregiudicare la

qualità dell'acqua per il consumo umano. Tale legge oggi è

stata superata dall’articolo 15 del Decreto Legge 135/09.

L’articolo da un lato ribadisce come la proprietà dell'acqua

sia pubblica; dall'altra però manda in soffitta tutte le

gestioni in house entro il 31 dicembre 2011 a meno che

entro questa data la società che gestisce il servizio non sia

per il 40% affidata a privati. Ma scendiamo nel dettaglio.

La legge stabilisce che la gestione del servizio idrico

debba essere affidata ad un soggetto privato scelto tramite

gara ad evidenza pubblica oppure ad una società mista

(pubblico-privato) nella quale il privato sia stato scelto con

gara. In via straordinaria, però, la gestione del servizio

idrico può essere affidata in via diretta, vale a dire senza

gara, ad una società privata o pubblica. Il nostro governo

della trasparenza e della legalità tiene a precisare però che

nei casi eccezionali previsti dalla legge, la società a cui

venga affidata la gestione diretta debba essere innanzitutto

in house, ossia una società su cui l'ente locale esercita un

controllo molto stretto; in secondo luogo, l'ente locale deve

presentare una relazione all'Antitrust in cui motiva la

ragione dell'affidamento senza gara. In terzo luogo,

l'Antitrust deve dare il proprio parere. Nel primo quesito i

cittadini dovranno decidere se abrogare questa norma per

contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta

dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi

idrici in questo Paese. Dal 2011 vedremo spegnere le

nostre tante amate società pubbliche a meno che queste

non cedano a privati ameno il 40% delle loro quote. Nel

secondo quesito si chiederà l'abrogazione del comma 1

dell'art.1 54 del Decreto Legislativo n.1 52/2006, che

consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla

tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a

remunerazione del capitale investito, senza alcun

collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il

miglioramento qualitativo del servizio. Si avvierà così un

meccanismo di gestione basato sul profitto. Ovviamente il

primo effetto collaterale sarà l’aumento incontrollabile

delle tariffe. Con questo nuovo sistema le imprese

potranno modificare unilateralmente le tariffe per

realizzare sempre più alti utili di gestione. Inoltre si scarica

sui cittadini il costo degli investimenti. Ma dov'è finita la

tutela del diritto fondamentale della persona alla piena e

paritaria fruizione dei beni comuni, sancito dalla

Costituzione?

Pertanto il 1 2 e il 1 3 giugno abbiamo un grande impegno.

Questo impegno non lo abbiamo preso né con i partiti, né

con le coalizioni, né con le bandiere, né con i colori, ma

con la nostra democrazia. Uniti tutti dobbiamo andare a

votare al referendum. Non è possibile che nel nostro Paese

si avvii un processo di mercificazione dell’acqua. L’acqua

è un bene comune e come tale deve essere di tutti!

Concludo invitandovi alla riflessione con dei versi del

poeta siciliano Stefano Bissi: "Il grido possente del popoloin piedi in unico abbraccio, disarma la mano dei folli, chein cenere vorrebbero il mondo." (da "Il grido di dolore").

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L'(IL)LEGITTIMO IMPEDIMENTOFederica MeliCon un referendum ormai alle porte e con un Berlusconi sempre più “legittimamente impedito”, incombe l’onere di fare il punto

della situazione e capire per quale motivo bisogna rispondere con un sonoro SI (per dire NO) il 1 2 e 1 3 giugno prossimi.

Innanzitutto, cos’è il legittimo impedimento tanto propugnato dal nostro premier? La legge sul legittimo impedimento è

ascrivibile alle cosiddette leggi ad personam che, dal 1994 ad oggi, tanta gola fanno al nostro Presidente. Nello specifico, il

legittimo impedimento, è una legge incostituzionale perché si scontra con l’Art.3 e l’Art.1 38 della nostra (amata?), purtroppo

vilipesa e a volte ignorata, Costituzione. Il 1 2 e 1 3 giugno rappresentano la grande occasione per tutti gli italiani indignati di

gridare a gran voce il dissenso per un Presidente del Consiglio difeso dai processi ma mai nei processi.

Votare SI significherebbe dare un’altra speranza all’ Italia di poter essere veramente e finalmente un Paese democratico, votare SI

significherebbe aprire una seria prospettiva di cambiamento a discapito di uno stagnante Governo che tiene immobilizzato

l’ intero Paese con il solo scopo di risolvere questioni private del Papi (tra una Ruby rubacuori e un bunga-bunga), mostrando un

assoluto disinteresse per i problemi dell’ Italia e degli italiani.

Per onestà intellettuale inserisco di seguito il testo della legge, affinché ognuno con la propria testa ma sapendo di avere una reale

responsabilità verso il proprio Paese, possa recarsi alle urne avendo ben impresso nella mente il dogma che si trova a caratteri

cubitali in ogni aula di tribunale: “LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI”.

Art.11 . Per i l Presidente del Consigl io dei Ministri costituisce

legittimo impedimento, ai sensi del l 'articolo 420-ter del

codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei

procedimenti penali , quale imputato, i l concomitante

esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o

dai regolamenti e in particolare dagli articol i 5, 6 e 1 2 della

legge 23 agosto 1 988, n. 400, e successive modificazioni,

dagl i articol i 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 lugl io 1 999, n.

303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno

del Consigl io dei Ministri , di cui al decreto del Presidente del

Consigl io dei ministri 1 0 novembre 1 993, pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale n. 268 del 1 5 novembre 1 993, e

successive modificazioni, del le relative attività preparatorie e

consequenzial i , nonché di ogni attività comunque

coessenziale al le funzioni di Governo.

2. Per i Ministri l 'esercizio del le attività previste dalle leggi e

dai regolamenti che ne discipl inano le attribuzioni, nonché di

ogni attività comunque coessenziale al le funzioni di

Governo, costituisce legittimo impedimento, ai sensi

del l 'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a

comparire nelle udienze dei procedimenti penali qual i

imputati .

3. I l giudice, su richiesta di parte, quando ricorrono le ipotesi

di cui ai commi precedenti rinvia i l processo ad altra udienza.

4. Ove la Presidenza del Consigl io dei Ministri attesti che

l 'impedimento è continuativo e correlato al lo svolgimento

delle funzioni di cui al la presente legge, i l giudice rinvia i l

processo a udienza successiva al periodo indicato, che non

può essere superiore a sei mesi.

5. I l corso della prescrizione rimane sospeso per l 'intera

durata del rinvio, secondo quanto previsto dell 'articolo 1 59,

primo comma, numero 3), del codice penale, e si applica i l

terzo comma del medesimo articolo 1 59 del codice penale.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai

processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, al la data

di entrata in vigore della presente legge.

Art.21 . Le disposizioni di cui al l 'articolo 1 si applicano fino alla

data di entrata in vigore della legge costituzionale recante la

discipl ina organica delle prerogative del Presidente del

Consigl io dei Ministri e dei Ministri , nonché della discipl ina

attuativa delle modalità di partecipazione degli stessi ai

processi penali e, comunque, non oltre diciotto mesi dal la

data di entrata in vigore della presente legge, salvi i casi

previsti dal l 'articolo 96 della Costituzione, al fine di

consentire al Presidente del Consigl io dei Ministri e ai

Ministri i l sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite

dal la Costituzione e dalla legge.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a

quello del la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Non mi resta che invitare, tutti, ad andare a votare nei giorni 12 e 1 3 giugno, considerando ciò come un gesto di tutela personale.

È di questi ultimi giorni, infatti, la notizia del tentato ritiro, da parte del Governo, di ben due dei quattro quesiti sottoposti a

referendum (nucleare e acqua): un modo semplice ma turpe e machiavellico per indurre la gente, poiché ne vengono meno i

presupposti, a non andare a votare; con questa scaltra mossa non verrebbe raggiunto il quorum e Berlusconi con il suo

(il)legittimo impedimento sarebbe salvo.

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Page 7: Utopia Giugno 2011

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LA RINASCITA DELL'ESTREMA DESTRA IN EUROPAEdoardo SavocaUno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro dell’estrema

destra. La crisi dell’economia, delle finanze pubbliche e

dell’occupazione richiama il clima degli anni ’30 che vide

trionfare il fascismo e le destre nazionali in Europa e nel

mondo. Senza dubbio, non siamo sull’orlo di una guerra

mondiale fra stati occidentali, ma questa rinascita

dell’estrema destra, grazie alle vittorie elettorali di diversi

partiti della destra nazionale, si iscrive in una tradizione che

riconduce agli anni della Contro-Rivoluzione. I liberali

democratici sono intrappolati nelle loro istituzioni e nelle loro

convinzioni. Disoccupazione e immigrazione sono diventati i

grandi temi di una mobilitazione estremista che cerca dei

colpevoli; accusato di lassismo e d’incompetenza, il regime

parlamentare diventa il capro espiatorio ideale. Il

nazionalismo dell’estrema destra europea è stato a lungo

nutrito dall’antisemitismo; nonostante le non trascurabili tesi

pseudo-scientifiche e negazioniste portate avanti fino ad oggi,

il nemico numero uno sembra tuttavia rivendicato dalla destra

islamofobica associata alla destra xenofoba e nazionalista. Le

principali soluzioni proposte? La chiusura delle frontiere, la

preferenza nazionale nell’ambito lavorativo, il divieto di

costruzione di minareti, la riaffermazione dello stato

nazionale a sfavore degli ordini politici internazionali, in

primis dell’Unione Europea. Da un paese all’altro, i discorsi e

le azioni variano, il folklore si mescola. Ma questi partiti

rivelano lo stato di crisi di un intero continente. In sei paesi

europei, infatti, l’estrema destra ha ottenuto importanti e

considerevoli risultati elettorali sia a livello amministrativo-

locale sia a livello legislativo-nazionale. La spinta nazional-

populista designa un arco dall’Olanda alla Serbia, senza

tuttavia tralasciare Francia e Italia in cui hanno maggiore peso

politico, rispetto agli anni '70-'80, partiti come il Front

National di Jean Marie Le Pen, la Lega Nord di Umberto

Bossi, il nuovo MSI – Destra Nazionale e altri partiti radicali.

Tuttavia sembrano cadute in questa spirale destrorsa anche

Norvegia e Svezia, di antica e forte tradizione

socialdemocratica. I partiti di estrema destra rivendicano tutti

la lotta (ormai, e per ora, “democratizzata”) all’europeismo e

ai flussi migratori, provenienti soprattutto dai paesi di cultura

islamica e da realtà povere in cui non si ha più nulla da

perdere. Allo stesso tempo incombono i grandi movimenti

regionalistici che cercano di darsi maggiore autonomia

all’ interno dei governi nazionali promuovendo federalismo e

maggiore autonomia nei confronti del potere centrale, è il

caso dell’ Italia e della Lega Nord. Nei Balcani, invece, la

protesta delle destre si concentra maggiormente sul problema

del decentramento, provocato dalla continua e non del tutto

finita secessione dell’ex Jugoslavia titina: è il caso della

Serbia, paese in bilico e ancora gravemente ferito dalle

recenti guerre che, abbandonato il socialismo stato-centrico,

abbraccia con sempre più entusiasmo l’ idea di un grande

nazionalismo serbo rivendicatore del possedimento di territori

persi a causa della nascita di nuovi Stati come la Croazia, la

Bosnia-Erzegovina, il Kosovo, il Montenegro e la

Macedonia. In Francia e in altri paesi del Nord Europa e

dell’Europa Centrale, invece, i movimenti della destra

nazionale si concentrano soprattutto contro quel processo, da

essi chiamato “islamizzazione dell’Europa”, considerato

come il responsabile della contaminazione della cultura

europea di matrice cristiana e come l’usurpatore del lavoro di

manodopera che sottrae possibilità ad una grande fetta di

popolazione europea autoctona.

Filip Dewinter (7,8%, 12 seggi in Belgio)Volen Siderov (8%, 21 seggi in Bulgaria)Pia Kjaesgaard (13,9%, 25 seggi in Danimarca)Jean Marie Le Pen (11,7% alle regionali in Francia)George Karatzaferis (5,63%, 5 seggi in Grecia)Krisztina Morvai (16,7%, 26 seggi in Ungheria)Umberto Bossi (8,3%, 60 seggi in Italia)Robert Zile (6,9%, 8 seggi in Lituania)Siv Jensen (22,9%, 41 seggi in Norvegia)Geert Wilders (15,5%, 24 seggi in Olanda)Vojislav Seselj (29,5%, 78 seggi in Serbia)Christoph Blocher (28,9%, 62 seggi in Svizzera)

Deputati di estrema destra nei parlamenti nazionali

Nomi dei principali leaders e percentualiottenute alle ultime elezioni

Page 8: Utopia Giugno 2011

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Utopia - Stampato non periodico. Editore: UDU Catania. Direttore: Pietro Figuera. Redazione: Via Crociferi 40, Catania

Alla faccia di chi dice che i “terroni” sono fannulloni e che

vota Lega Nord, i giovani del Sud sono famosi per le loro

specializzazioni. Sarà che dalle nostre parti tutto è più

difficile, e siamo quindi abituati alle sfide. Quella dello

sciopero generale di giorno 6 Maggio rappresenta

l’ennesima, anche per le giovani generazioni: protestare non

ci basta più. Se ci rendiamo conto che chi governa non è in

grado di farlo, beh, le proposte le facciamo noi. Se nel

mezzogiorno il 42% dei giovani è disoccupato; se i giovani di

oggi hanno già ben in mente quello che sarà e quello che

vorrebbero che fosse il loro domani, il lavoro è l’unico modo

per dare loro i mezzi e la dignità per costruirselo. Perché noi

non aspettiamo nessuno. Soprattutto non aspettiamo che, a

seguito della crisi, sia il mercato dei beni di consumo a

ripartire: un modello già in crisi di suo nel mezzogiorno

d’Italia, che dovrebbe imparare a valorizzare i propri beni,

piuttosto che a imitare i modelli di sviluppo altrui.

Inversione di tendenza può avvenire solo grazie alla cultura,

che se secondo qualcuno non si mangia, di certo potrebbe

dare da mangiare a molti. E non si parla qui dei termini

forbiti per mezzo dei quali si identificano le varie “categorie”

di disoccupati (Neet, poorly integrated, etc…). La mancanza

di lavoro è uguale per tutti. Si parla delle domus che cadono

a pezzi, della Valle dei Templi che è una discarica, e di

un’Italia che “ha regalato al mondo il 50% dei beni artistici

tutelati dall’Unesco”. E se c’è anche chi non sa che sono solo

il 5% (“lo sapevi?”), di certo gli stessi non sanno che, anche

il 5% è già molto. E’ molto per far ripartire la locomotiva del

Sud tramite il settore dei servizi, che attrae soldi da fuori,

visto che al momento qui non ne abbiamo poi molti. Per non

parlare di un sole e di un mare come il nostro, che ci

invidiano tutti, ma non solo per la bellezza, quanto per la

funzionalità: fonti rinnovabili. Una possibilità che viene

spesso nominata, ma mai messa in pratica. Parliamo di quasi

3 milioni di posti di lavoro entro il 2020 in tutta Europa.

Parliamo di risparmio nelle tasche delle famiglie, dei

cassaintegrati, dei giovani che si distaccano dal nucleo

familiare, che stentano ad arrivare alla terza settimana. E poi

la Pubblica Amministrazione, la maggior impresa del Sud:

assunzioni bloccate, sperpero di denaro e molte donne che

rimangono a casa, arrecando un danno doppio

all’occupazione forse. Ebbene sì, perché l’occupazione

femminile ha un valore aggiunto: porta con sé, innata, un

aumento di sviluppo dovuto a tutta la serie di servizi che

sono necessari per mantenere famiglia, casa e bambini,

quando entrambi i coniugi lavorano. Servizi, Pubblica

Amministrazione, fonti rinnovabili, ma soprattutto, la

consapevolezza che le bellezze della natura, l’arte, così come

l’acqua, il sole ed il vento, sono bene comune ed

inalienabile, così come comune dovrebbe essere la

solidarietà reciproca che ci guida verso un futuro stabile e

sereno. Per tutti. Ma soprattutto per noi.

In un mezzogiorno maglia nera per l’occupazione in Italia, un raggio di sole illumina lo sciopero del 6 maggioL'ITALIA: REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO?Gianluca Scerri