12 spagine magazzino di poesia d'abissi e rinascite di eliana forcignanò

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magazzino di poesia D’abissi Eliana Forcignanò * spagine e rinascite

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Per il Magazzino di poesia di Spagine i versi di Eliana Forcignanò

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magazzino di poesia

D’abissiEliana Forcignanò

*spagine

e rinascite

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Eliana ForcignanòD’abissi e rinascite

Spagine è un periodico di informazione culturaledell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce

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Nemesi della vestale

T’imploro accanito idolo della prostrazione che d’ulteriore amore non cada tu vittima per le disgrazieche mi appartengono

Per queste voci dilagantinel cervello squassatorotto alla stanchezzanon lasciarti prendereda fascinazione

Il tuo ciglio possentegià mi donasti tu stesso scegliendo il cieco fuoco che dovevo custodirminell’arido grembo

Il sangue del mestruomi rendesti infertilee di non provare maila dirompente dolcezzadel fuggito amplesso

A una dea crudelemi consacrasti per attendere morteo insonne insaniae io per i tuoi ginocchiintreccio ghirlande d’ossa

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D’abissi e rinascite Eliana Forcignanò

Cosa mi chiedi ancora?D’infero colore spegneròla terra sotto ai miei piedima sulla soglia del tempioall’accattone dormientela vita clausa baratteròcon l’illusione di tradirti

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Laocoonte

Smerigliate salmastre conchigliebagnate da un sole di primo sfuggente mattino ristagnano

Sabbia di fresco incerta ancoras’apre di tumide ormeal greve crepitio del passo

Mare vuoto sapido di solitudineimmagine specchio riflessodel mio cuore in abbandono

Questo m’offre il ricordodei Danai crudeli io mortoe libero finalmente dal morsodella turgida serpe

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D’abissi e rinascite Eliana Forcignanò

Mai su treni sono salita senza saldare bagnatobiglietto di laida pioggia.Era pianto senza motivosenza nascoste pretesementre il mio cuore distrattopassava sulla bianca barella

Mai ho cumulato in pegnotanto dolore come nel tempoin cui mi strapparono le maniche dovevano scrivere la gioia di esserci

Mai ci sono stata

Sempre col fucile piantato nel petto e la gola squarciatadi fiele mi supplico orad’esser pronta a morire

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Di nuovo volgeremo gli occhiancora tenderemo le bracciasu un tempo sguarnito d’amoreche non ci è concesso madre miaRicordi le nostre estati al marecon i costumini leziosiche mi rosicavano la pelle?Ricordi la prima comunionei pianti per quel vestito plissé?Sono sempre stata un maschiaccio – dicevi.Ricordi quanto ho odiato i tuoi dubbisul mio essere donna?Ho imballato covoni di lacrimeHai mietuto ondate di rabbia

Non sono come mi voleviNon so amare altri che teÈ vuoto il mio corpoHa bisogno di riempirsidella tua vicinanza

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D’abissi e rinascite Eliana Forcignanò

Condanna tu non hai pellegrina della mortepeggiore di quest’anelito al franto mare che scivola da spasmodiche mani

Vedessi i tuoi piedi nudisanguinare sugli scogliall’acqua correrestipiù forte più forteil dolore sdegnandoinneggiando al lavacro

Picchiassi il craniosui saturi fondalidi stordire saresti feliceil rumore ronzante del vuotoe l’apnea chiameresti perdono

Riemergessi senza più parole da impetrare mentre ti rigiri nel tuofebbricitante giacigliomacerarti soltanto potrestiper non essere annegata

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Un bagno nella tempestal’acqua era fredda freddi i contornifredda la boa che ha sorrettome disordinata semovente.

Non dovresti muovertialtrimenti vai a fondopiù in fretta di un sasso

Ma io non ascolto i consigli delle vociperché non distinguole buone dalle assassine

Non dovresti agitartinell’acqua altrimentitradisci la tua nascita

Ma io sono nata ieriimpastata nella terra dalla costola di cretadalla scapola dell’idoloper penuria forgiatadi donne da possedere

Non dovresti lamentarela tua origine o il ventoti travolgerà prima chevenga la piatta notte

Ma la notte non saràpiatta per me

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rimarrà freddo il maree se non moriròsarà soltanto per sentireche qualcuno ha ancoradiritto di parola

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I soliti volti sciocchisi compiaccionodella vanità del poetacapace di chiosarenomi importanticon triti versiNon celebra la poesiaschiava non è del donodei facili sorrisielargiti a chi imbellettaparole sfiatate

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Questa x che io sonoha il setto della cosciavivisezionato per scovarele tarme dell’immobilitàIl petto le auscultano i dottiper interrogare il numero non ancora trascorsodi giorni da passare inermeNessun camice può prevedereil suo balzo dalla sedia a rotelledi felino o ghepardo si gloriacercando sciolte nell’acidole ultime note di una volgaredichiarazione d’amore.Potesse avere ancora le spallepiene torniti i seni tumido il sessoa fluttuare non rimarrebbed’abissi e rinasciteSui cornicioni ladradi gatti in amore che piscianosui fregi dei palazziSulle finestre ladradi estivi gechidivoratori di zanzareSulle cave in equilibriolungo gli orli per noncolorarsi di rossa bauxiteche tu amante d’opalepotresti non riconoscerela cute troppo accesagraffiata di pietrecome i calcoli duriche abitano incontinente vescica.

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Io convinta d’impazzire?Solo se permesso riceveròdal tempo macchiato di boriaTu ombra d’amante sei già mortoper la mia smania di soleper il mio bisogno di domenicaper quell’odore di devozioneche sa d’urina in dormitorio

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Ho giocato al gioco del giocatore notturnoche solo nelle tenebrerivela il poker d’assima ora che mi mancala libertà di parlareio chiedo perdonodi essermi celataai tuoi occhi Diodell’abbandonoIo che non ho più terrasulla quale posare i piedimi domando dove sia finitala mia tempra di cacciatricee rimango inerteincespico nel doloredi sempre più incerti domani

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Sulla sterpaglia sdrucita dal solecuore non ho di denudarmiil mio lattiginoso grembo in mostraper l’omertà serafica degli dèiIo madre di me stessa vorreiinginocchiarmi sulla fredda ceneredi carboni insultata dal ventolasciar scorrere il sale di lacrimepiene sulle ciglia ammalateMi risvegli la mortequando verràcoperta di doni rapiti alle pietreMi risvegli la mortequando estate sarà trascorsacon le braccia vuote di biaccaNon ho più tuoni che fuoriescanodal candido dolore del mio pettosolo stanche parole di perdonoda impetrare al carnefice mio amoresvettante sulle torri arroccatea levante di guardia

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Il silenzio mi coprepesa lana stanca sul tisico pettoche il sole volle accanto al piatto d’oro del suo volto.Pesa coltre di spine sul piedeincapace di muovere un passosotto la pioggia scrosciante in senso inverso.Pesa macigno di brace su stomacocorroso dall’acido cloridricodi reiterati digiuni.Pesa tutto il mio corpo offesodal passaggio della notteche cade a peso morto sul crepuscolo.Eppure rido di me della mia sortee mi canto una nenia di congedodal dolore fisico che lascia annichilitaquesta mia autunnale anima

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S’è arrestato sulla soglia il tempodi una parola non detta abbarbicataalla punta della croce maestosapresaga del tuffo nel vuoto. Pende ancora dalla lana il triciclodell’uomo scafato nell’ariaè arca è legno è vita fiocacoperta di pece che prenderà fuocosotto le smanie del maledetto funambolo.Nessuno ha vinto in questo volaredoloso di cellule forzatamente tesemai percorse dalla quiete con la frusta domate di martoriati sguardi sui doni offerti agli dèi nella salamoia del dolore.

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D’abissi e rinascite Eliana Forcignanò

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Un pallone areostatico gonfiatocon la forza dei miei polmoniun sole abbacinante sfogliatoraggio per raggio come margheritaUn serpente a sonagli attorcigliatoal mio collo come sciarpaUn predellino di due metriscavalcato dalle mie gambeUn tatuaggio al sapore di mentaimpresso sulla mia linguaD’eccesso mi travesto per giocoperché l’eroina dei fumettimi protegga dall’abissodella sfera di cristallo

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Sognate case di calce biancapettirossi in picchiata seccasui comignoli vuoti di fumoPallide vesti stese ad asciugarecosì agonizza sfilacciata primaverache si svuota di sensoin un calice di lacrimeversato sulla cute orlatadel mattino quaresimaleM’inibisce la crocemiracoli non ho da supplicareall’agnello che Abramoimbandirà sulle mense

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Oggi ho risodi quel riso che ti allargala bocca poco avvezzadi quel riso che ti scopreil cuore e lo senti rinasceredi quel riso che ti scatenail tremore lungo la schienadi quel riso che ti ballanole gambe e non restanoda signora compostedi quel riso che ti provocalacrime e non sai se rimanepiù dolce o salatodi quel riso che ti duolelo stomaco e senti la famedi quel riso che ti guardanogli altri ma non te ne importadi quel riso che ti perseguitae devi obbedirglidi quel riso che ti dividicome il pane raffermocon il tuo compagno mendicodi quel riso che ti scordiperché hai cominciatoma io lo so senza dubbio Oggi ho risopoiché tu dolce amicami hai tenuto le spalle

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Orrore bianco mi assaledi aver dimenticato comesenza si vive paura

Ho cercato di madre amorerannicchiata in un gremboche di menzogna era freddo

Ho cercato di uomo riparomai dischiudendo il pienocorpo ammalato di sogni

Ho cercato di me le traccein una poesia vuota di semeche i miei poeti già mortimi hanno tolto da labbrasitienti ancora

Ho cercato la morteio stessa ed ero di fieledi voci di cori di gridadi buio impastata

Ho cercato cerco non trovo solo dei miei anni la crocee questa paura comese finisse il mondo

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D’abissi e rinascite Eliana Forcignanò

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Se precipitando incontrassisperanza l’accartoccereicon i piedi vecchia cartadi pane ancora imbevutadi briciole dureVecchia foglia di tabaccopronta da offrire per fumoal giovane indiano pienodi ammennicoli coloratiO la mangerei dolce ficodalla buccia porosa chemi si sfrega sulle labbrae mi lega i dentiO la berrei boccale di birrafino all’ultimo sorso schiumanteDella speranza farei areoplanidi carta macerata da regalareal mio amore che non vuolepiù starmi lontano per temache io muoia di doloreO farei zucchero filatoda attorcigliare intornoa un listello infreddolito di braccio bambinoDella speranza mi fareiun bell’abito da serauna mongolfierauna flebo endovenaperché nessuna gocciaandasse sprecata

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È forse quel passo sottiledi donna da grevi ganglisgravata che secca s’alzasulle scabre punte dell’alba

È forse il sussurro della suavoce impastata di doloreancora e di odiosa vergognaper quel fondo d’occhiche le spiavano l’anima

È forse il fruscìo d’ancestraliferite che fidando offerse a labbra impietose di sale

È forse la preghiera mozzadi pianto sfregata fra i dentiper ringraziare un dio minuscoloche sta dentro la sua liberazione

È forse lei che dismesso il destinosento germogliare ebbra di sole

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Febbraio 2014

Il Fondo Verriè in via Santa Maria del Paradiso 8.aa Lecce (cap 73100)telefono [email protected]

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*spagine

Eliana Forcignanòè nata nel 1983 a Lecce città dove vive e lavora.