Voltana On Line n.33-2011
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Voltana On Line 33
2011
blico arriverebbero, secondo le
stime di Tito Boeri, al 49% del Pil nel 2014. Se rapportate al
solo Pil emerso arriverebbero
invece al 61% (sempre ipotiz-
zando, irrealisticamente, che gli
Enti territoriali facciano fronte ai
tagli dal Governo centrale senza
alcun incremento dei tributi lo-
cali).
Non servono grandi riflessioni ag-
giuntive per dimostrare che si sta
andando nella direzione opposta a
quella corretta. Il nostro Paese era
all‟ottavo posto per pressione fisca-
le tra i paesi dell‟attuale UE all‟ ini-
zio del decennio 2000. Da allora
tutti gli altri sette la hanno ridotta,
alcuni anche in misura consistente,
e cinque di essi sono scesi sotto
quella Italiana (con le eccezioni di
Danimarca e Svezia). Questo pro-
cesso si è ovviamente accentuato
nel periodo della recessione. L‟ Ita-
lia è invece l‟unico Paese ad aver
accresciuto la pressione fiscale, sia
prima che durante la recessione (e
ora, grazie alla serie estiva di mano-
vre, anche dopo).
Per far comprendere l’ insosteni-
bilità della situazione anche ai non
esperti di questioni economiche si
può utilizzare una metafora ispirata
da una vecchia canzone dello Zec-
chino d‟Oro: l‟ “elefante indiano con
tutto il baldacchino” che la bimba
che voleva un gatto nero era dispo-
nibile a scambiare è una buona rap-
presentazione del nostro affaticato
Paese: al livello inferiore il sistema
produttivo, l‟elefante stanco, sfian-
cato dal peso crescente e insosteni-
bile del sovrastante Settore Pubbli-
co, un baldacchino sovraffollato
all‟inverosimile da distributori di
rendite (la classe politica) e caccia-
tori di rendite (i suoi clientes): cor-
porazioni, portatori organizzati di
interessi particolari, imprenditori di
Stato (ma anche caste e cricche).
Se utilizziamo questa metafora per
svolgere confronti internazionali
possiamo osservare tre differenti
casi: 1) baldacchini grandi su ele-
fanti grandi; 2) baldacchini piccoli
su elefanti grandi; 3) baldacchini
piccoli su elefanti piccoli. Il caso
residuale di baldacchini grandi su
elefanti piccoli non sembra propo-
nibile e infatti è il modello (in crisi)
adottato dall‟Italia. Il primo caso
(elefanti grandi e robusti che ama-
no caricarsi baldacchini di grosse
dimensioni) identifica i sistemi pub-
blici „pesanti‟ che poggiano tuttavia
su mercati sviluppati, come
nell‟area franco-tedesca e scandi-
nava (che ha anche mercati molto
liberalizzati); il secondo caso iden-
tifica Paesi caratterizzati da Stati
snelli su mercati (almeno prima
della crisi) robusti (Stati Uniti, UK e
Paesi sviluppati anglofoni in gene-
rale); il terzo caso Paesi di taglia
più ridotta (come nell‟area est eu-
ropea) che hanno preferito Stati
leggeri per non ostacolare il pro-
cesso di crescita. L‟Italia, infine, è
l‟unico caso tra i Paesi maggiori di
baldacchino grande su elefante
piccolo, di Settore Pubblico con
peso rilevante e crescente che gra-
va su un sistema economico grave-
mente indebolito. Non è, però,
sempre stato così: negli anni della
ricostruzione e del boom economi-
co l‟elefante si è accresciuto più
rapidamente del baldacchino; do-
po, tuttavia, il nostro Paese non ha
adottato né il modello liberista
(Stato snello su economia di merca-
to sviluppata), né quello socialde-
mocratico (Stato ampio su economi-
a di mercato robusta) ed è l‟unico
ad aver creduto, erroneamente,
che un Settore Pubblico di dimen-
sioni tendenzialmente crescenti
fosse praticabile indipendentemen-
te dalle caratteristiche e dalle per-
formance della sottostante econo-
mia di mercato: è il modello del
baldacchino come variabile indi-
pendente!
A causa di questo er-
Prima della serie di manovre esti-
ve di finanza pubblica la nostra eco-
nomia era nei guai, dopo lo è molto
di più:
1. A seguito della crisi di fiducia
sul debito pubblico il Governo
si è impegnato a conseguire il
pareggio di bilancio nel 2013,
colmando in un biennio circa
quattro punti di Pil di disavanzo
pubblico;
2. L‟operazione si verifica quasi
integralmente attraverso au-
menti di tasse.
3. Conteggiando solo gli incre-
menti palesi delle imposte (e
lasciando fuori gli aumenti dei
tributi locali che saranno attuati
per compensare i tagli nei tra-
sferimenti dal Governo centra-
le) la pressione fiscale, calcolata
come rapporto tra il gettito atte-
so e il Pil, aumenterebbe di due
punti percentuali.
4. Calcolata invece come rapporto
tra il gettito atteso e il solo Pil
emerso, che il Centro Studi
Confindustria stima nell‟80%
del Pil totale, aumenterebbe di
due punti percentuali e mezzo
passando dal 53% al 55,5%.
5. Nessun Paese al mondo ha una
pressione fiscale così elevata,
neppure i Paesi Scandinavi ca-
ratterizzati dai sistemi di welfare
più estesi.
6. Le entrate totali del Settore Pub-
L‟elefante Italia e il suo baldacchino di Ugo Arrigo
(Segue a pag. 2 )
Pagina 2 www.voltanaonline.it
1993, ma per le conseguenze della
grave recessione internazionale il
sistema produttivo, l‟elefante sotto-
stante, scricchiola molto più di allo-
ra. La molteplice manovra estiva di
Tremonti non fa che confermare il
modello del baldacchino come va-
riabile indipendente (che ricorda
molto da vicino i privilegi delle
classi non produttive prima della
rivoluzione francese): se servono
più risorse per le esigenze di chi
sta sul baldacchino, è l‟elefante che
deve procurarle, indipendente-
mente da quale possa essere la sua
robustezza e stato di salute.
È evidente che, in assenza di rapi-
de correzioni di rotta, l‟intero siste-
ma è destinato a crollare. Serve
La Scuola è nostra. Di tutti noi.
Non mia, non loro. E di chi non ha
figli nelle aule e di chi ce li ha, di
chi la frequenta e di chi la insegna,
di chi se ne occupa e di chi non ne
sa niente. È il nostro bene comune.
Non si buttano pietre contro il no-
stro bene. Mariapia Veladiano
allora un Governo che sappia dire a
tutti coloro che stanno sul baldac-
chino e non sono poveri e bisogno-
si: “signori, siamo arrivati alla fine
della corsa, bisogna scendere”. E
un Governo di questo tipo non può,
ovviamente, essere fatto da politici
nati e cresciuti sul baldacchino e da
esso mai scesi.
l’articolo è di Ugo Arrigo
ed è tratto dal sito www.chicago-blog.it
diretto da Oscar Giannino
Sulla destra della Home page del
sito www.chicago-blog.it un conta-
tore informa a quanto ammonti
l’importo complessivo del debito
pubblico Italiano. Invece, il secondo
importo indica la quota del debito in
capo a ciascun Italiano.
rore, che si manifesta
attraverso una pressione fiscale
crescente trainata da una crescente
spesa pubblica, si è pervenuti in
due occasioni, nei primi anni ‟90 ed
ora, a preoccupanti scricchiolii del
sistema. Ora il baldacchino, il Set-
tore Pubblico e la politica che lo
amministra, scricchiola come nel
L‟elefante Italia e il suo baldacchino
(Segue da pag. 1 )
Ora si comincia a parlare di de-
fault (fallimento) come esito – o co-
me soluzione – del debito pubblico
italiano. La discussione assume a-
spetti tecnici, ma il problema è poli-
tico e merita approfondimenti sui
due versanti. Dichiarare fallimento
imboscando dei fondi, è truffa. Ma è
truffa anche se una condizione inso-
stenibile viene protratta oltre ogni
possibilità di recupero; in particola-
re, per spremere quelli che si rie-
sce a spennare con la scusa di ri-
mettersi in sesto, prima di dichiara-
re che «non c‟è più niente da fare».
Proprio quello che l’Unione Euro-
pea e i suoi Governi (e non solo la
BCE) stanno chiedendo a Grecia,
Portogallo e Irlanda, ma forse anche
all‟Italia. C‟è chi, senza escludere il
default, vede una soluzione alla crisi
del debito nell‟uscita dall‟euro. Il
problema, vien detto, non è tanto il
debito pubblico quanto il debito
estero; in cui si riflette la perdita di
competitività del paese, costretto
dalla propria inflazione e dalla mi-
nore “produttività” a finanziarsi
all‟estero per importare più di
quanto esporta. L‟uscita dall‟euro
consentirebbe un recupero di com-
petitività attraverso la svalutazione
– oggi resa impossibile dalla mone-
ta unica – riequilibrando così, con
maggiori esportazioni, i conti con i
paesi che, come la Germania, pos-
sono evitare di rivalutare la loro
moneta e perdere competitività
proprio grazie all‟appartenenza
all‟eurozona. L‟aumento delle e-
sportazioni produrrebbe, sostiene
per esempio Alberto Bagnai,
«risorse sufficienti a ripagare i de-
biti, come nel 1992. Se non lo fosse-
ro – aggiunge – rimarrebbe la pos-
sibilità del default … come hanno
già fatto tanti paesi che non sono
stati cancellati dalla geografia eco-
nomica per questo».
Ma una svalutazione – posto che
l‟uscita dall‟euro sia praticabile –
basterebbe a riequilibrare la bilan-
cia dei pagamenti dell‟Italia, o quel-
la di altri paesi dell‟eurozona in dif-
ficoltà? In altre parole, costando il
15 o il 20 per cento in meno le auto
della Fiat prodotte con il metodo
Marchionne – a cui forse Bagnai at-
tribuisce eccessiva credibilità – po-
trebbero ancora sottrarre consi-
stenti quote di mercato alla Vol-
kswagen? O costando il 15 o il 20
per cento in più l‟Italia cesserebbe
di importare turbine eoliche dalla
Danimarca e pannelli fotovoltaici o
impianti di cogenerazione dalla
Germania, mettendosi finalmente a
produrli in proprio? O ancora, con
la lira l‟Italia potrebbe tornare a
esportare arance – raccolte con ma-
nodopera schiava – nei Paesi dove
l‟organizzazione commerciale degli
agricoltori spagnoli le ha portato
via il mercato? Eccetera.
Non siamo più nel ’92; da allora
non è cambiato solo il secolo, ma
tutto il contesto. Forse ora, e in futu-
ro, il problema non è esportare (o
tornare a esportare) di più, ma im-
portare – per quanto è possibile –
di meno: produrre di più in loco (o
il più vicino possibile) quello che si
consuma; e consumare o utilizzare
di più quello che ogni comunità è in
grado di produrre. Non con il prote-
zionismo, predicato a fasi alterne
dalla Lega (e un tempo anche da
Tremonti), ma inattuabile nel conte-
sto odierno; bensì con una progres-
siva riterritorializzazione dei proces-
si economici con cui accompagnare
l‟inevitabile e non più rimandabile
conversione ecologica di produzio-
ni e consumi.
Ma in Italia ogni possibilità di re-
cupero risulta inibita dalla scom-
parsa del concetto stesso di politica
industriale, che altri Paesi hanno
invece in qualche misura mantenu-
to, nonostante che sulle scelte di
fondo la delega ai “mercati”, cioè
all‟alta finanza, sia per tutti totale.
Quello che ora manca è una politica
industriale adeguata ai tempi, cioè
a una crisi ambientale planetaria
che rende inutile e dannoso rincor-
rere chi ci ha da tempo superato in
settori – come quello dell‟auto –
destinati a immani crisi di sovrap-
produzione. E che impone invece di
attrezzarsi per svolte (Segue a pag. 3 )
Nel pozzo del nostro debito di Guido Viale da il Manifesto del 13 sett. 2011
Pagina 3 www.voltanaonline.it
improcrastinabili con
progetti e produzioni ecologiche
dal sicuro avvenire (anche di mer-
cato, se per “mercato” si intende
non lo strapotere del capitale finan-
ziario, ma uno dei modi per mettere
in rapporto produzione e consumo).
In gioco ci sono questioni come
efficienza e conversione energeti-
che; agricoltura e alimentazione a
chilometri zero; mobilità sostenibile
(proprio mentre Fiat chiude l’unica
fabbrica di autobus urbani del Pae-
se); manutenzione del territorio e
del patrimonio edilizio e storico esi-
stente; gestione accurata di risorse
e rifiuti; accoglienza ed educazione
per tutti; e una ricerca mirata a tutti
questi obiettivi. Se iniziative del ge-
nere venissero finanziate invece di
dissanguare i lavoratori per pagare
gli interessi sul debito, ben venga il
default; costringerebbe i responsa-
bili dell‟eurozona a correre ai ripa-
ri.
Diversi economisti pensano inve-
ce che il default degli Stati membri
si possa evitare, e non solo procra-
stinare, se un organo dell‟eurozona
rilevasse – magari “sterilizzandoli”
con un rinvio a lungo termine del
loro rinnovo – i debiti degli Stati
membri in difficoltà; o una loro quo-
ta consistente. È la proposta degli
eurobond; per alcuni sono “la solu-
zione”; per altri – come l‟agenzia di
rating S&P – non farebbero che tra-
sferire lo stato comatoso dai Paesi
beneficiati a tutta l‟eurozona. Default
per tutti.
Ma gli eurobond difficilmente po-
trebbero risolvere il problema;
nemmeno nella versione proposta
da Prodi e Quadrio Curzio, che ai
bond emessi a copertura dei debiti
di alcuni Stati ne affianca altri per
finanziare un programma europeo
di Grandi opere. Con l‟intento di
promuovere quello che l‟Italia e altri
paesi non riescono a fare da soli:
“rilanciare la crescita” – da tutti
considerata la strada maestra per
azzerare il deficit e ridurre il debito
– avendo però messo “al sicuro” i
conti pubblici. Ma quella crescita
non è così facile “rilanciarla”: in
Italia non c‟è più da tempo e sta non
a caso svanendo anche in paesi fino
a ieri considerati “locomotive” eco-
nomiche.
Inoltre, la principale iniziativa eu-
ropea per produrre crescita si chia-
ma Ten (Rete transeuropea di tra-
sporto). Anche se con gli organi di
governo che l‟Unione si è data non
sembra che per ora ci siano molte
altre modalità di intervento pratica-
bili, proposte del genere sono co-
munque inaccettabili.
È con quella iniziativa, infatti, che
oggi si cerca di giustificare lo scem-
pio del Tav in Valsusa, che persino
l‟Economist considera uno spreco.
Ma non è di Grandi Opere che c‟è
bisogno, bensì di tante “piccole o-
pere” di manutenzione del patrimo-
nio esistente e di conversione am-
bientale nei settori portanti della
vita economica e sociale. Interventi
concepiti, progettati, realizzati e
gestiti a livello quanto più decentra-
to; e sottoposti a un controllo dal
basso – analogo a quello richiesto
per la gestione dei “beni comuni” –
imponendo a tutti regole di traspa-
renza integrale. Esattamente
l‟opposto di quel che succede sia in
Valsusa che altrove. Il Tav infatti non
è un caso isolato; rappresenta in
modo paradigamatico il modus ope-
randi di un‟economia governata dal-
la grande finanza.
Dove, proprio come in Valsusa,
progettazione ed esecuzione di ope-
re gigantesche – costose, inutili,
altamente dannose e completamen-
te dissociate dalle esigenze del ter-
ritorio – vengono realizzate a spese
delle finanze pubbliche mediante
una catena senza fine di appalti e
subappalti sottratti a qualsiasi con-
trollo; e devono essere imposte con
la forza – o, in altri casi, fatte svanire
con una improvvisa delocalizzazio-
ne – tanto che in Valsusa si è arrivati
a schierare i carri armati (sì, i carri
armati) e 2000 militari per aprire un
cantiere.
Il problema allora non è
“costituzionalizzare” il pareggio di
bilancio per soddisfare il capitale
finanziario che tiene in pugno le po-
litiche, non solo economiche, degli
Stati con il controllo dei debiti pub-
blici; né promuovere, con interventi
senza senso e prospettiva – e senza
ricadute per lavoro e occupazione –
una crescita del Pil evanescente, nel
vano tentativo di azzerare il deficit
con le imposte ricavate da un ancor
più evanescente aumento dei red-
diti.
Il problema è invece quello di
imporre con lotte e mobilitazioni le
misure necessarie per recuperare
risorse da chi le ha e non ha mai
pagato. Ma non per buttare il rica-
vato nel pozzo senza fondo degli
interessi sul debito. Quello che oc-
corre è mobilitare le risorse sia fi-
nanziare che umane – le conoscen-
ze e i saperi diffusi; la fiducia reci-
proca che si crea nella lotta – ne-
cessarie alla riconversione ecologi-
ca del tessuto produttivo. Non sa-
ranno né questo Governo né il
prossimo a promuovere o consenti-
re una svolta del genere. Ma se non
si mette in chiaro che quel debito
non va saldato e che è inevitabile
affrontare il rischio di un default,
ancorché selettivo, si lascia la palla
in mano a chi sostiene, e sempre
sosterrà, che ai diktat della finanza
“non c‟è alternativa”; azzerando
così qualsiasi prospettiva di riscatto
sociale e politico. Per questo è be-
ne capire a che cosa si va incontro
e come far fronte a un default; e qui
un maggiore impegno degli econo-
misti che condividono queste pro-
spettive sarebbe benvenuto.
di Guido Viale
pubblicato da Il Manifesto il 13/09/11
(Segue da pag. 2 )
LUGO - Centro Sociale “IL TONDO”
Venerdì 23 settembre 2011
Ore 19 - 23,30
15 IL DELIRIO DELL’ECONOMIA
LE VIE DELLA DECRESCITA
Incontro /seminario con
SERGE LATOUCHE
Università di Parigi
Pagina 4 www.voltanaonline.it
Palazzo Madama e a Montecitorio ci
sono solo vassalli nominati che ri-
spondono al partito e non ai cittadi-
ni, trattati alla stregua di servi della
gleba.
I giovani sono stati fottuti. Paghe-
ranno loro nei prossimi vent'anni
l'enorme debito pubblico. Non ve-
dranno mai la pensione. Le universi-
tà che frequentano sono state de-
classate a livello mondiale a BB--.
Non avranno un lavoro a tempo in-determinato e la possibilità di piani-
ficare il loro futuro, un mutuo per la
casa, un matrimonio, come è avve-
nuto per le generazioni precedenti.
Non potranno ambire a un impiego
in aziende di eccellenza, perché
non ci sono più. Dovranno emigrare
come i loro trisnonni o incazzarsi. I
giovani sono la chiave per capire
cosa succederà nel prossimo decen-
nio. Se l'Italia ripartirà o sprofonde-
rà nella palude.
Non è più il tempo di resistere, ma
quello di riprendersi il Paese.
Beppe Grillo
dal sito www.beppegrillo.it/
ancora di pesi e sacrifici. Fino
all‟insopportabile. La Manovra è
composta da nuove tasse per il 65
per cento. Ma a queste si deve ag-
giungere, con l‟aumento di un punto
percentuale dell’Iva, la “tassa dei
poveri”. Come viene considerata
l‟inflazione, che penalizza soprattutto
le famiglie meno abbienti. Il conge-
lamento degli stipendi degli stata-
li per tre anni renderà la misura
ancora più drammatica per i nuclei
familiari che hanno un reddito basato
su stipendi pubblici.
Tutto ciò, però, poco importa a una
casta di politici che vivono rinchiusi
nelle “torri d‟avorio”. Insensibili a
tutto, non sentono il clima di disgusto
e indignazione che sale dal resto del
Paese. Durissimo il giudizio del filo-
sofo Dario Antiseri: «Schierati a dife-
sa dei privilegi acquisiti, si atteggia-
no a medici dei mali della società,
ma la verità è che sono loro a essere
la malattia. E la malattia più grave».
E aggiunge: «Predicano il merito, ma
praticano la più squallida logica di
una corte gremita di servi in livrea».
dal sito www.famigliacristiana.it
tribuna a pontificare sulle disgra-
zie economiche del Paese. Ma
questi signori che hanno goduto di
tutti i benefici possibili, partecipa-
to a ogni convegno e avuto la pos-
sibilità di denunciare con voce alta e grave i guasti del Paese, in
tutti questi anni dove sono stati? Su
qualche anello di Saturno. O forse mettersi in modo aperto contro il
Sistema aveva un prezzo che non
volevano pagare? I riservisti ri-
mangano dove sono, dove sono
sempre stati, al coperto.
Il rischio è quello, antico, di
cambiare tutto perché nulla cam-
bi. Di ritrovarci Luca Cordero di
Montezemolo a capo del governo con la Marcegaglia Ministro dello
Sviluppo e Fini Ministro degli In-
terni. E la gente a ballare in piazza
per il cambiamento, la democrazia
e la libertà.
Il Sistema va riformato dalla te-
sta, dal Parlamento con una nuova
legge elettorale, nuova linfa, con
cittadini che rappresentino il volto
reale e pulito del Paese. Oggi a
Neppure Pinochet o Franco a-vrebbero ignorato in modo così pla-
teale una proposta di legge popola-
re firmata da 350.000 persone. In quattro anni almeno una risposta
l'avrebbero data. La crisi viene da
lontano, dall'avvento della partito-
crazia, dalla fine degli anni '70, con
la pietra tombale della morte di Al-
do Moro e l'epitaffio del famoso di-scorso di Berlinguer sull'ingerenza
dei partiti in ogni aspetto della vita
pubblica. I partiti sono la crisi, una
lenta metastasi che ha portato il Paese al collasso. Si sentono padro-
ni del Paese, quando dovrebbero
esserne i servitori. La loro spudora-tezza non ha più limiti e questo li
perderà.
I banchieri e gli economisti stanno
scaldando i muscoli per entrare in
campo. Da Profumo, l'affezionato
pdimenoellino dei 400 miliardi di
patrimoniale sull'unghia, a Passera che ha appoggiato l'operazione
sciagurata dell'Alitalia. I professori dell'economia come Mario Monti,
ma anche Gianni Draghi, sono in
Tutta da ridere quando un discorso politico deve farlo un comico !
La Manovra di bilancio approvata
dal Parlamento, che chiede durissimi
sacrifici agli italiani, ha risparmiato
la casta dei politici. Dopo gli annunci
di voler usare la scure per abbattere
i privilegi di cui godono, alla fine
tutto è rimasto come prima. Lettera
morta, o quasi. Nessuna traccia delle
strombazzate scelte epocali.
Sul tavolo solo un lungo elenco di
promesse non mantenute. Mentre
fuori i mercati sprofondavano, nei
Palazzi si ritiravano quegli emenda-
menti che avrebbero eliminato privi-
legi ormai insopportabili. Primo tra
tutti il vitalizio, cioè la pensione a
vita che va ad aggiungersi a quella
ordinaria. Ma non solo. Basta un
semplice raffronto tra le prime bozze
della Manovra e quella approvata.
I compensi pubblici, era stato scrit-
to, non potevano superare la media
degli stipendi dei colleghi europei.
La norma ha riportato la media a
quella dei sei maggiori Paesi
dell‟Unione, dove le indennità sono
più alte. La norma sull‟abolizione
delle Province è finita in un dise-
gno di legge costituzionale, che
vedrà la luce chissà quando. Così
come è caduta nell‟oblio la regola
dell‟incompatibilità con altre cari-
che elettive. Sulla riduzione del
numero dei parlamentari, meglio
tacere. Sparita anche quella. Resta-
no tutti. La casta, in questo, è molto
“democratica”.
Anche il prelievo di solidarietà,
che i parlamentari avrebbero man-
tenuto (bontà loro), ci sarà solo per
un triennio. E non varrà per la dia-
ria. Vi era poi la questione del cu-
mulo. Il taglio del 50 per cento
dell‟indennità parlamentare era
stato previsto per quei deputati e
senatori che continuassero a eser-
citare un‟attività professionale (ci
sono in Aula assenze del 93 per
cento). Ma, grazie all‟influenza del-
le lobby delle professioni, la misu-
ra è stata sostituita. Si sono fatti un
bello scontone.
Alle famiglie italiane, invece,
nessuno fa sconti. Anzi, le si grava
Le promesse non mantenute in Famiglia Cristiana del 16/09/2011
(Segue a pag. 6 )
Pagina 5 www.voltanaonline.it
Gli EFFEDIA in concerto. Tributo a Fabrizio De Andrè Immagini di Flavio Contoli Centro Sociale Ca’ Vecchia - Voltana 9 settembre 2011
Pagina 6 www.voltanaonline.it
di Massimo Gramellini
(Segue da pag. 5 )
(Segue a pag. 7 )
“Finché la violenza dello
Stato si chiamerà giustizia, la
giustizia del popolo si chia-
merà violenza.”
G. Mazzini
“In dieci anni la mia pensio-
ne e cresciuta del 18 %, il
mio tenore di vita è rimasto
uguale, ma le spese sono
cresciute del 55 % ! ”
In questo mondo non v'è nulla di
sicuro, tranne la morte e le tasse.
Benjamin Franklin, Lettere, 1789
Benjamin Franklin lo disse perché
non conosceva nulla dell‟Italia !
Pagina 7 www.voltanaonline.it
In Italia, mentre i ricercati
trovano ottime sistemazioni
nei Palazzi
ai ricercatori rimane la
… strada
del precariato a vita !
“Non andremo nelle tasche degli
italiani …” e “Meno tasse per tutti !”
Infatti, dopo otto anni di governo,
negli ultimi dieci, abbiamo:
- meno servizi per tutti !
- 1.800 euro di maggiori spese per tutti !
“Io sono sceso in campo per salvarvi
dal comunismo …”
No, tu sei sceso in campo per
salvarti dalla galera,
dopo aver fatto i soldi in maniera
poco onesta !
(Segue da pag. 6 )
Pagina 8 www.voltanaonline.it
“Quando si può constatare che il
commercio si fa non per consenso,
ma per una reazione compulsiva –
quando si può constatare che, per
produrre, occorre innanzitutto otte-
nere il permesso di uomini che non
producono niente – quando si può
constatare che il denaro affluisce
verso coloro che dispensano non
dei beni, ma dei favori – quando si
può constatare che gli uomini si
arricchiscono più con la seduzione
e le pressioni sugli altri, che con il
lavoro, e che le leggi non vi proteg-
gono da tali uomini, ma proteggono
al contrario loro da voi – quando si
può constatare che la corruzione è
ricompensata e l‟onesta diviene un
sacrificio – allora si sa che la socie-
tà è condannata”.
Ayn Rand
La rivolta di Atlante, 1959
Perché delle suore si sono
fatte violentare ? Perché non
hanno saputo dire di “No !” .
Vuoi sapere chi l’ha detto e/o
vuoi sentirlo dalla sua voce ?
Con Google cerca: “Ministro Sacconi
Atreju suore briganti violentare” o
guarda in http://tv.repubblica.it .
info: [email protected]
ANALOGIE & AFFINITÀ EUROPA
Paese forte Germania
Paese gregario Francia
Paese fallito Grecia (già 6 volte
negli ultimi 200 anni + 1 imminente)
Paese cialtrone ………….
( C’è la Mafia? I politici sono corrotti?
Gli imprenditori sono capaci? Ci sono
molti disoccupati? )
Ni'lin has lost 1100 of its olive trees since the construction of the apartheid wall
began in 2008. Some of them has been bulldozed, some of them burned, all of
them a tragedy for a society dependent of the olive harvest. This website is a re-
sponse to a local call to collect funding to replant the trees.
Our goal is to replant half of the lost trees in January 2012. You can help by dona-
ting a tree or more, or by spreading information about this initiative!
Ni'lin, con la costruzione iniziata nel 2008 del muro dell’apartheid, ha perso
1.100 dei suoi ulivi. Per alcune piante di ulivo sono stati i bulldozer, altre piante,
invece, sono state bruciate; quanto accaduto è una tragedia per una società di-
pendente della raccolta delle olive. Questo sito è una risposta ad una appello lo-
cale per raccogliere dei fondi, così da poter ripiantare gli ulivi.
Il nostro obiettivo è: ripiantare la metà degli ulivi entro gennaio 2012. Potete
aiutarci donando una pianta o più, o diffondendo informazioni su questa iniziativa.
Per saperne di più visita il sito www.replantpalestine.org/en
AMERICA
Paese forte Stati Uniti
Paese gregario Canada, Brasile
Paese fallito Argentina (ora si
dice: con il debito ristrutturato)
Paese cialtrone Colombia
( Ci sono i Narcos. I politici sono cor-
rotti. Gli imprenditori sono mediocri.
Ci sono molti disoccupati.)
Appunti & citazioni
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Gli episodi di ...costume e di ...colore,
che hanno al centro il Cavaliere, tengo-
no sempre tutti impegnati e ...distratti.
C’è, invece, una specie di mobilitazio-
ne popolare per i ticket sulla Sanità.
Allora, cerchiamo di ragionare: un
solo mese, di mancata corresponsione della pensione, comporta un minor de-
bito pubblico di circa 1.380,00 euro a
pensionato (tosato). Questa cifra è il
mezzo pollo delle statistiche di Trilussa;
ciò detto, la prendiamo per buona. An-
drebbe, poi, moltiplicata per 42 milioni,
a tanto ammonterà il “risparmio” com-
plessivo, poiché sono ancora 42 milioni
gli Italiani che, prima o poi, andranno in
pensione, ma - d‟ora in avanti - non per-
cepiranno quella mensilità. Se, poi, la
“finestra” è di sei mesi, ogni pensionato
percepirà, mediamente, 8.280,00 euro
in meno. Sulla popolazione Italiana,
quindi, il risparmio, distribuito negli
anni, sarà di 347,76 miliardi di euro.
Nessuno ne parla … Chissà perché !
Però, nel frattempo, ci hanno fatto cor-
rere e penare per risparmiare 4,75 euro
su una confezione di un medicinale !
Il mistero delle pensioni “tosate”