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NUMERO 327 13 marzo 2018 N.79 PAGINE HONDA GL 1800 GOLD WING E' Tutta nuova la versione 2018, a cominciare dallo stile. Pesa meno, ha più potenza, una dotazione ricca e perde la classica forcella. Disponibile in tre versioni, vi diciamo come va! HONDA FORZA 300 A MOTODAYS Si rinnova completamente lo scooter dell'ala dorata. Più compatto e dinamico, raffinato nella dotazione e nelle finiture. Debutta il controllo di trazione su uno scooter Honda NICO: "NON RACCOGLIETE LE PROVOCAZIONI" Le strade purtroppo sono piene di gente così, il degrado civile avanza, e se vogliamo sopravvivere… TRIUMPH SPEED TRIPLE S E RS Pagine 2-15 NEWS:Honda Forza 300. Yamaha TMAX SX Sport Edition. Yamaha Niken, come va in curva | Intervista: Domenicali “dalla Scrambler alle nuove Ducati”. Freddie Spencer “La Ducati è diventata facile” | Attualità: I dazi USA-EU | Storia: Umberto Masetti | MotoGP: Clinica Mobile. Cosa fa? E come è cambiata? Il team Aprilia. | MX: Post Argentina | Ride in the USA: Ad Atlanta torna la Triple Crown | AMA SX: Daytona

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NUMERO 32713 marzo 2018N.79 PAGINE

HONDA GL 1800 GOLD WING E' Tutta nuova la versione 2018, a cominciare dallo stile. Pesa meno, ha più potenza, una dotazione ricca e perde la classica forcella. Disponibile in tre versioni, vi diciamo come va!

HONDA FORZA 300 A MOTODAYSSi rinnova completamente lo scooter dell'ala dorata. Più compatto e dinamico, raffinato nella dotazione e nelle finiture. Debutta il controllo di trazione su uno scooter Honda

NICO: "NON RACCOGLIETE LE PROVOCAZIONI"Le strade purtroppo sono piene di gente così, il degrado civile avanza, e se vogliamo sopravvivere…

TRIUMPH SPEED TRIPLE S E RSPagine 2-15

NEWS:Honda Forza 300. Yamaha TMAX SX Sport Edition. Yamaha Niken, come va in curva | Intervista: Domenicali “dalla Scrambler alle nuove Ducati”. Freddie Spencer “La Ducati è diventata facile” | Attualità: I dazi USA-EU | Storia: Umberto Masetti | MotoGP: Clinica Mobile. Cosa fa? E come è cambiata? Il team Aprilia. | MX: Post Argentina | Ride in the USA: Ad Atlanta torna la Triple Crown | AMA SX: Daytona

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TRIUMPH SPEED TRIPLE S E RS SU STRADA E IN PISTA

di Andrea Perfetti

ABBIAMO PROVATO LE NUOVE VERSIONI DI PUNTA DELLA SPEED TRIPLE. PIÙ POTENTI (150 CV), RIVISTE NELLA DOTAZIONE,

NELLA MECCANICA E NELLA CICLISTICA. PREGI E DIFETTI SU STRADA E IN PISTA

Preannunciate da due video teaser con protagonisti Carl Fogarty e Gary Johnson, le nuove Triumph Speed Triple S e Speed Triple RS sono ora pronte per il nostro test

sulle strade spagnole e sulla pista di Alme-ria. Ferma restando la medesima evoluzio-ne motoristica per entrambe le versioni, cambiano gli allestimenti. Il tre cilindri in linea di 1.050 cc è stato

P modificato in ben 105 componenti; risal-tano l'aumento di una decina di cavalli di potenza (ora è di 150 cv a 10.500 giri) e della coppia massima (117 Nm a 7.150 giri). Il peso a secco è dichiarato in 192 kg per la R e 189 kg per la RS. Nella dotazione standard troviamo la nuova strumentazione TFT da 5 pollici, compaiono poi i comandi elettrici retroilluminati (con joystick a 5 vie), il cruise control, la presa USB, la sella doppia con loghi in rilevo, una

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differente finitura dei cerchi, retrovisori alle estremità del manubrio e i copri dadi lavorati dal pieno.La gestione del motore è affidata a cinque riding mode (road, rain, sport, track e per-sonalizzata), lo scarico a doppio silenziato-re è più aperto, e anche il funzionamento del cambio è stato migliorato.La S è disponibile nelle colorazioni Jet Black e Cristal White, telaietto posteriore color titanio cuciture della sella in argento. La RS è proposta in Cristal White oppure Matt Jet Black; in questo caso il telaiet-to posteriore è color alluminio opaco, e le cuciture della sella sono rosse. I prezzi par-lano di 13.850 euro per la S e di 15.950 euro per la RS.La Speed Triple RS si distingue inoltre per una dotazione superiore, che comprende la presenza della piattaforma inerziale Conti-nental, relativi ABS e controllo di trazione ottimizzati, luci diurne integrate, impianto frenante anteriore con pinze Brembo mo-noblocco radiali, pompa di comando Brem-bo MCS, sospensioni Öhlins (forcella NIX30 e mono ammortizzatore TTX36, sono in-vece di marca Showa sulla “S”), silenzia-tori di scarico in titanio prodotti da Arrow,

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avviamento e inserimento bloccasterzo con chiave elettronica, telaietto posteriore con finitura matt aluminium. Variazioni estetiche interessano parafango anteriore e copriradiatore, realizzati in fibra di carbonio; poi la sella comfort con inserti in mesh, il codino coprisella e il puntale sottomotore in tinta.

LA NOSTRA PROVA:SU STRADA E IN PISTADiavolaccio d’una Speed. E’ sempre lei da tantissimi anni: faccia da matta coi due occhioni simmetrici, telaio coi due tubi sovrapposti in alluminio, mo-tore tre cilindri tutta coppia e monobraccio con gli scarichi alti. Però non devi farti ingannare, perché dalla prima doppio fanale del 1997 di acqua ne è passata sotto i ponti (chi non ricorda la T509? Altro che Tom Cruise, era lei la pro-tagonista di Mission Impossible). La Speed Triple è stata rivista più e più volte, anche in profondità, ma senza mai rinnegare se

stessa. Un’evoluzione continua della spe-cie, che ha portato alla versione 2018 sen-za fare invecchiare le altre Speed. Esageriamo? Guardate la 2016 a fianco della 2018 e trovate le differenze. Roba da Settimana Enigmistica.La Triumph Speed Triple RS 2018 è la pun-ta di diamante della famiglia Speed. Costa cara – 15.950 euro – ma sfoggia il meglio della componentistica e della tecnologia. Abbiamo cose che non si vedono, come il cornering ABS della Continental, e altre che si vedono e si apprezzano. Ci riferiamo ovviamente alla nuova e com-pletissima strumentazione TFT, ai bloc-chetti elettrici retroilluminati, ai fari a LED, a cruise control e manopole riscaldate, alle cinque mappe motore. Ma non è tutto, per-ché anche i freni Brembo, con la specialis-sima pompa MCS, e le sospensioni Ohlins fanno invidia a blasonate mille carenate.Insomma c’è tanta qualità su questa moto e lo nota subito anche un osservatore su-perficiale. Le verniciature sono spesse, i

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comandi molto curati e soltanto la colo-razione Matt Black si mostra un po’ troppo delicata nei contatti poco attenti. Ma è un difetto comune a tutte le moto nere.In sella ritroviamo la posizione inconfondi-bile della Speed Triple. Una nuda dura e pura, con un manubrio-ne diritto e una sella alta. Pare di guidare una moto da cross e la cosa ci è sempre piaciuta un sacco, perché dona un control-lo impareggiabile. Le pedane sono invece moderatamente avanzate, ne deriva un’er-gonomia che non sacrifica il pilota nemme-no nei lunghi viaggi. In autostrada si soffre – è ovvio – ma ci sono altre nude che riparano di più dall’aria grazie a fari più alti. Quello della Speed è invece appollaiato sopra il parafango e l’aria arriva tutta, ma proprio tutta. Il passeggero non sta nem-meno troppo male, se pensiamo alla desti-

nazione d’uso di questa moto.Sì, perché la nuova Triple 1050 RS è cre-sciuta parecchio. I 150 cavalli si sentono tutti, ma non sono loro a impressionare. La maggiore differenza arriva dalla schiena a metà del nuovo tre cilindri. Se prima era già un toro, oggi lo è anco-ra di più! Ha meno inerzia nel prendere i giri, reagisce cattivo già a 4/5.000 giri e poi allunga deciso fino a 10.000 e passa. Il cambio ha rapporti più corti e ravvicina-ti, che amplificano l’accelerazione brutale della Speed. Il quickshift funziona bene sia a scendere che a salire di marcia, ma sap-piate che il cambio ha innesti precisi anche se usato in modo classico.Sia su strada che in pista il comportamento della nuda inglese non cambia. Ritroviamo la proverbiale solidità in appog-gio e la stabilità a prova di cannone alle alte velocità. La Speed RS non è un razzo a

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prendere la corda o a cambiare direzione, ma dove la metti, lei sta. E questo su strada dà sicurezza e fa la dif-ferenza rispetto alla mille nude derivate dalle superbike. Merito anche e sempre del motore tre cilindri, che non sfodera allun-ghi da infarto, ma una spinta possente ed entusiasmante a ogni regime.Le sospensioni Ohlins sono perfette sugli asfalti lisci della Spagna e del circuito di Almeria, mentre reagiscono secche nel-le buche. Ottima la risposta dell’impianto Brembo, insensibile persino ai turni ripetuti in circuito. Chiudiamo coi consumi. La Casa di Hinckley dichiara un consumo medio di quasi 20 km/l. Beh, un motore del genere può accompagnare solo, e ar-rivare ai 20 è utopia. Ma nell’extraurbano i 18 sono alla portata. E visto il bel carat-tere dei suoi 150 cavalli, è proprio un bel risultato.Un cenno finale, meritatissimo, alla gom-me di primo equipaggiamento. I tecnici inglesi hanno scelto la qualità ita-

liana e hanno dotato la Speed delle Pirelli Diablo Supercorsa. Ci hanno lasciato a bocca aperta per la ca-pacità di adattamento. Ci hanno dato sicu-rezza nel tratto stradale del mattino, con temperatura di 7° e asfalto a tratti bagna-to. E hanno sopportato turni tiratissimi sul tracciato di Almeria, con una temperatura prossima ai 20°. Bravi, bravi davvero.

ABBIGLIAMENTOCasco X-lite X802RTuta Rev’It! Akira (pista)Giacca di pelle e jeans con protezioni Rev'It! (su strada)Guanti Rev’It!Stivali TCX Boots

PIÙ INFORMAZIONILuogo: Almeria (strada e circuito)Meteo: sole, 10°Tester: Andrea Perfetti (185 cm, 86 kg)Foto: Kingdom creative

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HONDA GL 1800 GOLD WING

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Gold Wing, sesta genera-zione. Tante ne corrono fra la prima 1.000 a quattro cilindri boxer del 1975 e la nuova sei cilindri di 1.833 cc che ha debuttato negli

Stati Uniti. E proprio nel Paese a stelle e strisce si svolge la prova di Moto.it.Una lussuosa gran turismo, che segna un salto importante con il passato, più di quanto l'estetica dai tipici connotati GL la-sci trasparire. Un dato su tutti: il peso è stato ridotto di 48 kg. La moto, qui le prime notizie, è stata ri-progettata interamente, a cominciare dal motore, che è stato ridotto negli ingombri e ha ricevuto le testate Unicam, con la di-stribuzione passata dalle due alle quattro valvole per cilindro. La potenza è salita al valore di 126 cv a soli 5.500 giri (prima era di 118 cavalli), con coppia massima di 170 Nm a 4.500 giri. Le misure di alesaggio e corsa sono ora perfettamente quadre: 73x73 mm invece dei 74x71 precedenti. Il nuovo sei cilindri pesa 6,2 kg in meno rispetto a prima. L'ac-celeratore ride by wire lavora di concer-to con i quattro riding mode (Tour, Sport, Econ e Rain) e il controllo di trazione HSTC. In base al riding mode scelto, variano au-

tomaticamente anche la taratura idraulica delle sospensioni (non attive) e l'intervento del sistema frenante combinato e con ABS. Il precarico molla dei due ammortizzatori è regolabile elettricamente anche manual-mente. Sulla nuova GL debutta il sistema di assistenza in salita e c'è il sistema start & stop (solo sul modello con DCT).Pietra miliare nella storia del modello è l'introduzione della trasmissione automa-tica a doppia frizione DCT presente sulla versione top di gamma (Tour DCT), con cambio a sette marce; a queste si somma la funzione Walking Mode. Quest'ultima agisce come retromarcia o come marcia avanti a velocità ridotta (1,2 e 1,8 km/h rispettivamente), per le manovre di parcheggio.Già che parliamo di versioni, precisiamo che in Italia ne saranno disponibili tre. La base, con borse laterali e parabrezza, è in pratica una bagger ed è disponibile nella colorazione Mat Majestic Silver Metallic (26.750 euro). La versione Tour ha top case, parabrezza a regolazione elettrica (altezza e inclina-zione) e, come la base, ha il cambio a sei marce manuale e la retromarcia elettrica: è disponibile nelle tinte Candy Ardent Red e Pearl Glare White (33.190 euro). Infine

HONDA GL 1800 GOLD WINGdi Andrea Perfetti

E' TUTTA NUOVA LA VERSIONE 2018 DELLA GOLD WING 1800, A COMINCIARE DALLO STILE. PESA MENO, HA PIÙ POTENZA, UNA

DOTAZIONE RICCA E PERDE LA CLASSICA FORCELLA. DISPONIBILE IN TRE VERSIONI, ANCHE CON CAMBIO DCT A 7 MARCE E AIR-BAG.

QUI TEXAS, VI RACCONTIAMO COME VA!

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la versione Tour DCT AirBag aggiunge alla Tour la presenza della trasmissione DCT a sette marce e del dispositivo Air-bag; è disponibile nei colori Candy Ardent Red/Black Metallic e Darkness Black Metallic e costa 36.990 euro.Il nuovo telaio mantiene l'architettura a doppio trave superiore e la costruzione in lega di alluminio pressofusa. Cambia nel disegno e beneficia del motore accorciato, e soprattutto nella nuova sospensione an-teriore non più a forcella telescopica ben-sì rigida, con articolazione a quadrilatero e ammortizzatore disposto centralmente che, fra le altre cose, ha permesso di avan-zare il posizionamento del motore, miglio-rando la distribuzione dei pesi.E' un sistema concettualmente assimila-

bile al BMW Duolever, ma solamente nel principio geometrico di funzionamento. Al retrotreno è presente invece un nuovo for-cellone monobraccio Pro-Arm. Le ruote sono da 18 e 16 pollici (pneumatici 130/70 e 200/55 rispettivamente), mentre il doppio disco anteriore misura 320 mm e impiega pinze a sei pistoncini ad attac-co radiale. L'interasse resta quasi invariato, salendo da 1.692 a 1.695 mm.I pesi in ordine di marcia (il serbatoio con-tiene 21 litri di carburante contro i 25 pre-cedenti) sono di 365, 379 e 383 kg per le tre versioni, partendo dalla base. L'equipaggiamento parte da nuovi inediti comandi al manubrio integrati dal multi controller sul dorso del – finto – serbatoio. Oltre al cruise control elettronico e al top

case che può ospitare due caschi integrali, ci sono luci full led, smart key per avvia-mento e chiusura valigie, display TFT da 7 pollici che comprende le funzioni navigato-re e la connettività Apple CarPlay.

LA NOSTRA PROVA NEL GELIDO TEXASLa sesta generazione fa segnare una svolta epocale. Certo, è una frase abusata dalle riviste di moto. Ma guardate un po' le due versioni (2017 e 2018) una a fianco all'altra e ditemi nei commenti se esagero. Opu-lenta, grossa e cromata la vecchia. Molto yankee insomma.Più snella, compatta e meno vistosa la '18, che rinuncia anche alle cromature. Sicu-ramente più vicina ai gusti europei e a un pubblico più giovane (dai quaranta in su in

ogni caso, visto il listino extra large).Come cambia ve l'abbiamo appena detto qui sopra e nel video su, in cima all'ar-ticolo. Ora passiamo all'esame di questa motona. Le finiture complessive sono esa-gerate, in particolare quelle di tutte le parti in metallo (motore, scarichi, sospensione anteriore e telaio). Le plastiche sono ben assemblate e solo la fattura degli sportel-lini dei vani porta oggetti non comunica un grande senso di robustezza (ma non si sono rotti, quindi il loro lo fanno). La strumentazione è ben leggibile, ricca di ogni info utile e dotata di un evoluto siste-ma di dialogo col nostro smartphone via Bluetooth. I blocchetti sono robusti e nel complesso abbastanza semplici (escluso, come al solito, il tasto del clacson. Honda

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ha preso il vezzo di abbandonarlo in mezzo ad altri tasti senza un'apparente logica).I tastini del cambio DCT sono invece perfetti e cadono proprio sotto il pollice e l'indice, che devono digitarli.Rispetto al precedente modello si nota una razionalizzazione nella disposizione degli al-tri comandi, che ora sono raccolti davanti alla sella (prima erano sparsi sui blocchetti e sulla carena, davanti alle gambe del pilota).La posizione di guida ci regala la prima sor-presa. E' rivista in chiave dinamica: le peda-ne sono state arretrate e il manubrio avan-zato. Si è meno svaccati, meno in poltrona. La Gold Wing del 2017 era più comoda, non ci piove. Ma questa si guida meglio, si ha un maggiore controllo del telaio. Capiamoci, non è diventata una moto spor-tiva, è sempre una touring extra lusso (ed extra comoda), ma ora c'è un feeling miglio-re con la strada. La protezione dall'aria è ec-cellente anche col parabrezza della versione

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base, che è più basso ma sempre regolabile elettricamente. La sella è una meraviglia anche per il passeggero, in particolare nella versione Tour, che ha il grosso vantaggio di dare sostegno alla schiena.Le tre borse hanno l'apertura elettrica e il top case vanta una buona capacità di carico (ci stanno due caschi), mentre la capienza delle valigie laterali è inferiore rispetto a prima e si ferma a 30 litri per parte (un va-lore appena accetabile). La libidine massima scatta all'accensione - silenziosissima grazie al sistema ISG - del maestoso sei cilindri. Si avvia all'istante e da subito gira regolare e con un tono possente e pieno. Basta muoversi per cancellare la massa della moto (proprio come avviene su tutte le Gold Wing, vecchie e nuove).

La spinta è pura poesia, la nostra boxero-na parte da 1.000 giri con veemenza e si distende senza sforzo fino a 6.000 giri. Ma basta cambiare intorno ai 3.000 per godere

come i ricci della pubblicità. E parliamo ora del cambio. Quello ma-nuale a 6 marce è un burro, ma il DCT in confronto è burro con lo zucchero, e con la marmellata (alzi la mano chi non l'ha mangiato da piccolo). Arrivato alla terza generazione, mostra un funzionamento spettacolare sia in Drive che in modalità manuale. Le cambiate sono immediate, tanto rapi-de quanto dolci. Ci piacciono i riding mode Touring ed Econ, meno quello Sport che rende la guida inutilmente aggressiva. Se state facendo un pensierino alla nuova Gold Wing, non abbiate dubbi: il DCT sur-classa il cambio manuale alla voce piacere di guida. Ed è un vero peccato che non sia disponibile in Italia anche sulla versione base, senza top case. La velocità della nuova Gold è autolimitata elettronicamente a 180 km/h effettivi (pri-ma arrivava a 202 km/h), una scelta che troviamo coerente col carattere della moto.

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Il gusto arriva dalla portentosa coppia mo-trice, più che dagli spari in autostrada. La frenata combinata è molto potente e ben modulabile anche ad alta velocità. Il nuovo telaio regala come sempre tan-ta fiducia, d'altra parte la Gold Wing ne-gli ultimi anni s'è fatta apprezzare per la semplicità con cui si lascia guidare anche a pieno carico. La 2018 non stravolge l'impostazione, ma vanta sicuramente un avantreno più leggero, che rende la moto più agile nel misto. Le sospensioni lavorano molto bene anche sullo sconnesso e variano la regolazione idraulica non in modo attivo, ma sulla base dei riding mode impostati. Il pilota può scegliere invece il livello di precarico attraverso il computer di bordo.La Gold Wing in curva piega eccome (non ci credete? chiedete ai possessori di questa

motona cosa ne pensano). In autostrada fila stabile come un Frec-ciarossa, ma è in collina che regala au-tentici momenti di piacere motociclistico. Guardandola, ferma sul cavalletto, non la diresti capace di danzare da una curva all'altra. Eppure lei adora le curve, nono-stante i quasi 400 kg in ordine di marcia. E i consumi sono calati rispetto a prima, ora si fermano ai 17,8 km/l (dato dichiarato, ci riserviamo di verificarlo in Italia). Difetti? Si fa presto a dirli. Il peso da fermo di una moto del genere (1.800, 6 cilindri) è importante, tanto che senza la comodissi-ma retromarcia è praticamente impossibile spostarla da soli. E poi c'è il prezzo, che nella versione top supera i 37.000 euro. E' vero, non sono bruscoletti, ma non han-no mai spaventato i fan di questa moto maestosa.

PIÙ INFORMAZIONILuogo: Austin, TexasMeteo: coperto, -8°Tester: Andrea Perfetti (185 cm, 86 kg)Foto: Kevin Wing Photography

ABBIGLIAMENTOCasco AGV Veloce SGiacca Dainese HF D1Jeans DaineseGuanti Dainese X- Strike

HONDA GL1800 GOLD WING26.750 EURO

PESO IN ORDINE DI MARCIA 365 Kg CILINDRATA 1.833 ccTEMPI 4CILINDRI 6RAFFREDDAMENTO ad aria/liquidoAVVIAMENTO elettricoALIMENTAZIONE iniezioneFRIZIONE multidiscoPOTENZA 126 cv - 93 kw - 5.500 giri/minCOPPIA 17 kgm - 170 nm - 4.400 giri/minEMISSIONI Euro 4CAPACITÀ SERBATOIO 21,1 Lt ABS SìPNEUMATICO ANTERIORE 130/70 R18 M/C 63HPNEUMATICO POSTERIORE 200/55 R16 M/C 77H

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Nato nel 2000, rinnovato nel corso degli anni - 2004, 2005 e 2013 - l'Honda For-za 300 si rinnova radical-mente con il model year 2018, che debutta in an-

teprima mondiale sul palcoscenico di Mo-toDays tenuto a battesimo dalla... strana coppia costituita da Federico Quaranta ("La prova del cuoco", appassionato e possesso-re lui stesso di un Forza) e del presidente di Honda Motor Europe Ltd Italia, Yasushi Okamoto. L'entusiasmo di Honda è giustificato, per-ché non si tratta di un banale aggiorna-mento: il Forza 300 infatti cambia in pro-fondità, mantenendo il suo carattere di scooter premium con marcata indole GT e la sua tradizionale raffinatezza, ma evol-vendo in senso dinamico e sportivo.Iniziamo dalle novità più visibili: le linee ri-calcano in buona parte le forme inaugurate con il Forza 125, ma con tante innovazioni anche nella sostanza. Il nuovo parabrezza, regolabile elettrica-mente, aumenta sensibilmente la pro-tezione senza sacrificare la sportività, e arriva una smart key evoluta - soluzione che ha esordito sugli scooter proprio con

il Forza del 2004 - che controlla anche il bauletto; poi c'è un cruscotto più raffinato, di ispirazione automobilistica, e soprattutto debutta nel panorama degli scooter Honda il controllo di trazione HSTC, per...salvarvi sui disastrati asfalti cittadini. Il vano sottosella è ora più ampio ed è in grado di ospitare due caschi integrali. I gruppi ottici, se ci fosse bisogno di dirlo, sono unità Full-LED.Più snello e compatto della versione prece-dente, il Forza vanta un interasse più rac-colto (1.510 mm) e una minor larghezza, 580 mm: il peso cala di ben 12 kg, toc-cando quota 182. Il cannotto di sterzo si chiude di mezzo grado, e cambiano anche le dimensioni dei cerchi, che crescono di un pollice - 15 e 14" invece dei precedenti 14 e 13" - e calzano rispettivamente pneu-matici Pirelli Diablo Scooter da 120/70 e 140/70. Il comparto frenante conta su un disco anteriore da 256 mm, con pinza a 2 pistoncini, e sul posteriore da 240 mm con pinza a un pistoncino. L’ABS è ovviamente di serie.Il propulsore deriva dall'unità che spinge l'SH 300 - che, guarda caso, aveva debut-tato proprio qui a MotoDays nel 2015 come primo modello Euro-4 sul mercato mon-

HONDA FORZA 300: DEBUTTO A MOTODAYS

di Edoardo Licciardello

SI RINNOVA COMPLETAMENTE LO SCOOTER DELL'ALA DORATA. PIÙ COMPATTO E DINAMICO, RAFFINATO NELLA DOTAZIONE

E NELLE FINITURE. DEBUTTA IL CONTROLLO DI TRAZIONE SU UNO SCOOTER HONDA

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diale - ma è stato ovviamente rivisto per ottimizzare erogazione, potenza e consu-mi. La potenza massima è di 25,2 CV (18,5 kW) a 7.000 giri, con una coppia di 27,2 Nm a 5.750 giri. I consumi migliorano, con un valore dichiarato per il ciclo medio WMTC di 31km/l, che con il serbatoio di 11,5 litri dovrebbe garantire un'autonomia

di oltre 350 km.Honda Forza 300 sarà disponibile nel mese di maggio, nelle livree Crescent Blue Me-tallic, Pearl Nightstar Black, Matt Cynos Grey, Metallic Matt Pearl Cool White. Il prezzo non è ancora stato annunciato, ma Honda parla di una quotazione "alline-ata alla concorrenza".

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A 17 anni dal lancio del pri-mo TMAX 500, Yamaha ag-giorna la gamma maxi sco-oter con la nuova versione SX Sport Edition. La più sportiva della serie.

Le novità riguardano parte dell’allestimen-to delle finiture, mentre non cambiano il motore bicilindrico parallelo di 530 cc da 46 cv a 6.750 giri e la ciclistica basata su telaio in lega di alluminio e ruote da 15 pollici.L’estetica si differenzia per la colorazione Matt Silver assieme ai cerchi ruota di colore blu e agli steli forcella dorati.

Il terminale di scarico è un Akrapovic, con paratia anticalore in fibra di carbonio e logo dedicato; e ci sono anche il parabrezza basso sportivo e il portatarga in alluminioIl TMAX SX ha di serie il D-Mode a 2 livel-li, che permette di scegliere la mappatura dell'erogazione della potenza più o meno aggressiva offrendo l'opzione "T" per lo "stop&go" del traffico cittadino, e la "S" per la guida sportiva. Il controllo di trazione (TCS) e l'ABS completano la dotazione di sicurezza.La strumentazione con schermo TFT dispo-ne di un display monocromatico con infor-mazioni complete su velocità, numero di

NUOVO YAMAHA TMAX SX SPORT EDITION

RAPPRESENTA IL VERTICE SPORTIVO DELLA SERIE TMAX. HA SCARICO AKRAPOVIC, PARABREZZA BASSO, PORTATARGA DI ALLUMINIO, DUE

LIVELLI PER IL D-MODE E APP "MY TMAX"

A

giri, consumo di carburante e altro. L'av-viamento è con Smart Key, mentre il bloc-co elettrico del cavalletto centrale ha utile funzione antifurto.La nuova app "My TMAX Connect" permet-te di accedere a informazioni sulla loca-lizzazione dello scooter: grazie al sensore GPS si può attivare e disattivare il blocco motore, oltre ad accedere alle funzioni di geofencing e di gestione del furto.Il prezzo non è stato ancora comunicato (la commercializzazione è prevista a partire da aprile): ricordiamo che il TMAX SX è in vendita a 12.290 euro.

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Yamaha punta molto sulla diffusione della tecnologia LMW (Leaning Multi Whe-el): i multiruota inclinabili insomma. Lo dimostra la Niken, prima

moto di serie di alte prestazioni a tre ruote presentata in occasione di Eicma.Yamaha Europa ha diffuso oggi un video che mostra più in dettaglio il funziona-mento del Niken in curva, e in particolare mostra le caratteristiche e i vantaggi del suo avantreno con meccanismo di sterzo Ackermann accoppiato ad un sistema di sospensioni Cantilever montato all'esterno delle ruote: consiste in due forcelle a steli rovesciati, in posizione esterna alle ruote, regolabili in compressione ed estensione.Il sistema di sterzo Ackermann a quadrila-tero deformabile, ampiamente diffuso nel mondo dell’auto e in special modo in quel-lo del kart, fa sì che il raggio di curvatura

della ruota interna sia inferiore a quello della ruota esterna, grazie alla differente inclianzione delle ruote sulla verticale.In pratica i bracci dello sterzo delle ruote anteriori sono inclinati in modo che due rette immaginarie passanti per essi si in-contrino al centro dell'assale (della ruota, nel caso del Niken) posteriore. Questa soluzione è stata attribuita al tede-sco Rudolf Ackermann che ideò, nel lonta-no 1810, un sistema di sterzo a quadrilate-ro articolato, oltre ad un veicolo a quattro ruote sterzanti. Nel 1878 il francese Jean-taud affrontò la stessa problematica con un diverso sistema, sempre a quadrilatero articolato.Naturalmente i tecnici Yamaha hanno con-dotto numerosi studi e svolto numerosi test per assicurarsi che il carattere della guida di Niken sia simile a quello di una moto tradizionale: l'angolo di piega massimo di Niken è di 45°.

YAMAHA NIKEN, COME VA IN CURVA

UN NUOVO VIDEO MOSTRA IN MANIERA CHIARA COME FUNZIONA IN CURVA LA PARTICOLARE CICLISTICA DELL’INNOVATIVA YAMAHA NIKEN 850. CARATTERISTICHE E VANTAGGI DELL’AVANTRENO A DUE RUOTE

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CLAUDIO DOMENICALI: "DALLA SCRAMBLER ALLE

NUOVE DUCATI SPORTIVE PER I GIOVANI"di Emiliano Perucca Orfei

ABBIAMO INCONTRATO L’AMMINISTRATORE DELEGATO DUCATI AL SALONE DELL’AUTO DI GINEVRA. CI HA RACCONTATO DELLA NUOVA

SCRAMBLER 1100 E DEL FUTURO

Ducati partecipa anche quest’anno al Motor Show di Ginevra, ospitata nel padiglione di Volkswagen Group nel quale il pubblico potrà ammirare la nuova

Scrambler 1100, quella lanciata a Eicma.Abbiamo incontrato l’AD Claudio Dome-nicali, e l’intervista che ne è scaturita ha toccato il tema della Scrambler 1100 a Gi-nevra, la nuova gamma e le aspettative di vendita. E poi la qualità dei prodotti, mi-gliorata grazie ai rapporti tecnici e orga-nizzativi con Audi, le opportunità sinergi-

che che riguardano soprattutto lo sviluppo della interconnessione; anche in funzione della sicurezza con alcune soluzioni moto-ciclistiche già in fase prototipale. La tecnologia elettrica, invece, non arriverà a brevissimo sulle moto Ducati.La gamma futura sarà composta anche di moto di accesso, con prezzi inferiori a 10.000 euro, e di sportive per un pubblico giovane, oltre ai modelli di alte prestazioni e tecnologia spinta.L'appeal della moto, la moto come emo-zione e divertimento – secondo Domenicali – ha ancora molto da esprimere.

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FREDDIE SPENCER “LA DUCATI È DIVENTATA UNA MOTO

FACILE”di Edoardo Licciardello

DEBUTTA L’ARAI RX-7V IN DUE LIVREE ANNIVERSARIO DEDICATE A “FAST FREDDIE”. DUE CHIACCHIERE CON IL TRE VOLTE IRIDATO SULLA

SUA STORIA CON ARAI E SULLA STAGIONE MOTOGP IN ARRIVO

Dicono che i primi amori non si scordino mai. Vale per l’altro sesso, natural-mente, ma vale anche per gli innamoramenti relativi alle passioni motociclisti-

che. Moto, piloti, gare che ci hanno lascia-to ricordi indelebili quando è nata la no-stra passione restano sempre scolpiti nella nostra memoria. E’ forse per questo che quando una casa come Arai, che calza le teste dei piloti più famosi del mondo da ormai una quarantina d’anni, decide di de-dicare qualche livrea ad un campione del passato le coronarie degli appassionati di tutto il mondo tremano.Non fa ovviamente eccezione l’ultima gra-fica arrivata nella gamma della Casa di Oh-miya, dedicate a Freddie Spencer, il pilota che l’ha fatta conoscere al mondo. Anzi, le ultime arrivate, perché in Arai hanno pen-sato bene di realizzarle due: una più clas-sica – e conosciuta – e una più esoterica, ma con un significato davvero particolare per Fast Freddie sulla base, ovviamente, dell’ RX-7V. Il tre volte iridato, autore della storica doppietta (250 e 500 nel 1985) che lo ha scolpito nella leggenda, qui a Moto-Days ha presentato entrambe di persona,

concedendosi ad un’intervista in cui ci ha raccontato dei suoi esordi, delle due livree, e anche della stagione della MotoGP che sta per cominciare.

Iniziando, naturalmente, dalla nascita del suo rapporto con Arai.«Ho sempre avuto problemi nella mia car-riera perché indossavo le lenti a contatto, e le turbolenze all’interno del casco mi han-no sempre dato molto fastidio. Senonché, ad una gara nel New Ham-pshire, dopo le prove libere mi si avvicinò Robert Weston di Arai USA, marchio che all’epoca in America era completamente sconosciuto. Mi chiese di provare un loro casco e naturalmente accettai volentieri. Me lo misi in testa e di colpo il mondo non fu più lo stesso. Comfort, calzata, e soprat-tutto isolamento da parte della visiera era-no incredibili. Lo indossai anche in gara e vinsi a mani basse».«Quello che mi stupì ancora di più fu che dopo la gara Robert venne da me e non solo mi offrì i caschi per tutta la stagione, ma mi propose anche un contratto. Avevo 16 anni, non ci potevo credere. 225 dollari al mese, all’epoca abbastanza per compra-re la mia prima auto».

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Un rapporto che non si è mai più interrot-to, per tutti i 29 anni di carriera di Spen-cer. «E’ stato un onore collaborare per loro, mi hanno sempre fatto sentire coccolato e al centro di un servizio incredibile. Abbiamo sviluppato insieme tantissimi mo-delli, da quel primo FT fino agli RX-7 più recenti, e hanno sempre dato un grande peso alle mie sensazioni e alle mie richie-ste. E so per certo che i caschi Arai mi ab-biano salvato la vita più di una volta: una delle cose che mi ha sempre tenuto legato a loro è il loro lavorare in totale concentra-zione sulla sicurezza, senza mai cedere alla tentazione di scendere a compromessi per qualsivoglia motivo».Ma è ora di svelare le due livree, svilup-pate con Aldo Drudi. La prima è una rie-laborazione della più classica e conosciuta colorazione Spencer, anche se con rosso e blu sostanzialmente invertiti. Vi consiglia-

mo di vederla dal vivo, se potete, perché le foto non rendono affatto la bellezza del rosso. La seconda, grigia e blu, è ripresa pari pari dalla colorazione con cui Freddie si è affacciato alla scena internazionale, con il debutto, nel 1979, nella serie britan-nica Transatlantic Trophy.«E’ una livrea che ricordano in pochi, ma a cui sono particolarmente legato. Era la prima volta che venivo in Europa, e ho bat-tuto Kenny [Roberts] e Barry [Sheene], e da lì è nata la mia carriera nel Motomon-diale».

Restiamo in tema caschi per un attimo. Visto il contributo di Freddie nello svi-luppo della gamma Arai, quali sono le aree in cui il progresso tecnico è stato più evidente?«Domanda interessante perché forse sono la persona più qualificata a rispondere, vi-sto che ho ancora il mio primo Arai, con

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la grafica argento e blu, nella mia colle-zione! [ride] La prima cosa che si nota è il peso: con i materiali che Arai usa oggi, è in grado di assorbire gli urti con ancora maggior efficacia riducendo però il peso – ed è importante, perché tutta la massa che si riesce ad eliminare senza compromette-re la sicurezza comporta un miglioramento nell’inerzia degli impatti, quindi per la si-curezza stessa e per il collo».«Ma anche la calzata è migliorata incredi-bilmente, nei nuovi modelli il fitting è un altro mondo, sia davanti che sul retro del cranio. E poi, ovviamente, la silenziosità e la stabilità ma anche le turbolenze interne a cui sono molto sensibile per il discorso delle lenti a contatto. Ma quello che ammiro di Arai è quello che non si vede, ovvero la dedizione assoluta alla protezione. E lo ripeto, in 29 anni di gare, per lo più con Arai in testa, ho fatto cadute di tutti i generi ma ne sono sempre uscito illeso. Ovviamente si spera sempre di non cadere, ma quando succede è im-

pensabile non volere la miglior protezione possibile. E lo dico per esperienza».

Ma Freddie è uno delle MotoGP Legends, e vale la pena di chiedere un parere qua-lificato sulla stagione in arrivo.«Credo che sarà sicuramente una stagione interessante, ma se dovessi fare un prono-stico punterei sicuramente su Marc [Mar-quez]. Il lavoro che Honda ha svolto sul motore lo scorso anno è stato incredibile, hanno trovato più potenza addolcendo però l’erogazione lavorando sull’elettroni-ca, cosa che credo lo aiuterà moltissimo. Ai miei tempi non avevamo quella possi-bilità, quindi lavoravamo costantemente sulla guidabilità, perché bisognava gestire tutto con il polso destro Nelle gare la gui-dabilità è essenziale, perché è quella che permette al pilota di ripetere con costanza un giro veloce, e se guardate i cronologici dei test vedrete che il passo di Marc è im-pressionante».«Sarà anche interessante vedere se Dovi

si confermerà sui livelli dell’anno scorso – io credo proprio di sì, ripartirà da dove ha lasciato. Ma anche tutti gli altri renderanno la stagione molto interessante, perché cre-do che riusciranno a giocarsela molto spes-so con Marc e Dovi. E magari Jorge, che dopo la Malesia sem-brava ritrovato, ma dopo Thailandia e Qa-tar sembra un po’ in confusione. La con-fusione è la situazione peggiore in cui può trovarsi un pilota, è quello che è successo a Maverick: lo scorso anno è partito vin-cendo e poi si è perso. Sono abbastanza preoccupato per lui perché a differenza di Valentino lo vedo spesso incerto rispetto alla moto, è confuso nelle sue preferenze e indicazioni. Marc e Dovi non lo sono mai, sanno sempre di cosa hanno bisogno, e la regolarità delle prestazioni viene fuori di conseguenza».

In effetti la situazione in Yamaha è com-plicata, piena di alti e bassi. Sembra quasi di vedere la Ducati di qualche stagione fa. E allora, visto che Freddie ha conquistato la sua ultima vittoria della carriera proprio su una Ducati, nel campionato AMA, gli chiediamo di cosa ne pensa della situazio-ne a Borgo Panigale. «Sicuramente è così, rispetto a qualche anno fa si vede nettamente la differenza di confidenza, soprattutto per quanto riguar-da Dovi. La cosa ancora più interessante è che osservando tutte le altre Ducati in griglia si nota una cosa del tutto impen-sabile qualche stagione fa: la Desmosedici è diventata una moto che si adatta a tanti stili di guida molto diversi.Chi l’avrebbe mai detto che oggi la Honda sarebbe stata considerata una moto diffici-le e la Ducati facile?».

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Nonostante l’amministra-zione americana si stia di-videndo sui pesanti dazi doganali promessi dal pre-sidente Donald Trump su alluminio (10%) e acciaio

(25%) importati, con parte dell’industria statunitense e il Partito Democratico con-traria al provvedimento protezionistico, in mancanza di un cambio di atteggiamento da parte della Casa Bianca l’Unione Euro-pea sta prendendo le contro misure.Come abbiamo scritto qui, i nuovi dazi commerciali americani graverebbero su merci europee esportate negli USA per un valore di circa tre miliardi di euro su 6,4 miliardi di merci totali esportate (dato 2017).L’Unione Europea starebbe quindi appron-tando un contro piano con aliquota del 25% su beni americani importati, per un valore prossimo ai tre miliardi di euro. Fra le categorie merceologiche citate per prime ci sarebbero jeans, bourbon e mo-tociclette.Il provvedimento potrebbe scattare senza l’autorizzazione dell’Organizzazione Mon-diale del Commercio, poiché si tratterebbe

della metà di quanto l’industria siderurgica europea esporta negli Stati Uniti.Harley-Davidson venne già coinvolta in una guerra delle tariffe nel 2003, quando l’al-lora presidente USA George W. Bush chie-se dazi ulteriori per l’acciaio importato e la UE minacciò di tassare le moto america-ne. Questa volta a Milwaukee hanno com-mentato criticamente la proposta Trump: «La finalità di Harley-Davidsonè aiutare i motociclisti di tutto il mondo a realizzare i propri sogni di libertà. Noi sosteniamo il commercio libero ed equo, le nuove tariffe di importazione di acciaio e alluminio finiranno per aumen-tare i costi di tutti i prodotti realizzati con queste materie prime, indipendentemente dal Paese d’origine. Inoltre dazi punitivi e misure di ritorsione sulle Harley-Davidson, in qualsiasi mercato, avrebbero un impatto significativo sulle nostre vendite». Circa il 16% delle vendite H-D sono in Europa. E proprio a Praga, l’estate prossima, si ter-ranno le principali celebrazioni per il 115° anniversario di Harley-Davidson: sono at-tesi 100.000 motociclisti da 56 nazioni, ricordano a Milwaukee.Rispondendo a chi in casa ha sollevato

PERCHÉ I DAZI USA-EU POTREBBERO DANNEGGIARE

LA MOTO EUROPEA E H-Ddi Maurizio Gissi

GLI STATI UNITI VALGONO IL 29% DELLE ESPORTAZIONI EUROPEE DI MOTO E IL 31% DI COMPONENTI E ACCESSORI. L’INDUSTRIA EUROPEA DEL SETTORE È PREOCCUPATA PER L’AUMENTO DEI DAZI COMMERCIALI

DECISI DA TRUMP E DELLA POSSIBILE RISPOSTA UE

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critiche, Donald Trump pochi giorni fa ha detto che mettere dazi su acciaio e allumi-nio è il solo modo per proteggere industrie e lavoratori americani, tanto più che per decenni altri Paesi si sono avvantaggiati a danno degli USA, “...a volte le guerre com-merciali non sono così male” ha ricordato.Peraltro non è solo l’Europa ad essere col-pita dai ventilati dazi, lo sono anche il Mes-sico e il Canada, che con un quota del 16% è il maggior esportatore di acciaio negli USA. E lo è naturalmente la Cina.Secondo l'associazioni produttori acciaio Eurofer, gli Stati Uniti assorbono il 15% delle esportazioni europee pari a cinque milioni di tonnellate. Quantità che secondo Eurofer potrebbero dimezzarsi.Le possibili contro mosse della UE preoc-cupano molte industrie e associazioni in-dustriali del nostro continente.Il fatto che si sia parlato di motociclette Harley-Davidson (ma negli USA ci sono an-

che i prodotti a marchio Polaris e Indian) sta preoccupando molto le Case motoci-clistiche europee, che occupano 156.000 addetti e che potrebbero trovarsi trascinate nella guerra dei dazi.La questione non è di poco conto, perché gli Stati Uniti sono il primo mercato d’a-sportazione per le industrie del nostro con-tinente. Nel 2016, secondo i dati Eurostat, negli USA è andato il 29,1% dell’esporta-zione motociclistica, per un valore di 483 milioni di euro. Nello stesso anno l’espor-tazione verso gli Stati Uniti di componenti-stica e ricambi motociclistici ha pesato per il 30,8% del totale: tradotto in valore, sono stati altri 140 milioni di euro.L’Acem, l’associazione industriale europea di categoria che raggruppa 17 aziende e al-trettante associazioni nazionali di settore, rappresenta anche le americane Harley-Davidson, Polaris Industries e la canadese Bombardier, che ha due stabilimenti negli

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Stati Uniti: il suo presidente, il CEO di KTM AG Stefan Pierer, esprimendo una chiara preoccupazione ha detto che «Le aziende motociclistiche sono attori internazionali coinvolti in accordi commerciali liberi ed equilibrati. Gli Stati Uniti e l’Unione Euro-pea dovrebbero cooperare per facilitare il commercio internazionale e per giungere a una convergenza sul piano normativo: non dovrebbero limitare gli scambi adottando misure unilaterali, motivate da ragioni po-litiche».Scrivendo al Commissario europeo per il commercio, Cecilia Malmström, l’Acem ha sottolineato che nonostante l’industria mo-tociclistica comprenda le ragioni alla base di contromisure europee dettate da rigore e fermezza, “un potenziale aumento dei dazi sulle esportazioni americane di moto-cicli danneggerebbe sicuramente non solo

le aziende americane, ma anche le econo-mie e l’occupazione in Europa”.Il timore fondato è insomma che tutto questo potrebbe significare l’imposizione di dazi commerciali sulle esportazioni mo-tociclistiche europee da parte dell’ammini-strazione americana. Queste contromisure potrebbero in sostan-za generare conseguenze negative sull’e-conomia comportando un calo dell’occu-pazione per il settore motociclistico, negli USA come in Europa. Per gli uni e per gli altri sarebbe un male, considerata l’im-portanza del mercato europeo per le moto americane e di quello USA come acqui-rente di parti staccate e accessori, attività commerciali che a loro volta vedono mi-gliaia di addetti coinvolti.Poco più un anno fa, a inizio gennaio 2017, l'Ente commerciale americano aveva fat-

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to richiesta di dazi doganali del 100% per un lungo elenco di prodotti europei. Un provvedimento in risposta alla chiusura europea all'importazione di carni america-ne accusate di avere eccessive quantità di ormoni dannosi all'uomo. Nel lungo elenco di prodotti che compren-deva carni bovine, formaggi e fiori recisi, c'erano le moto europee da 51 a 500 cc. Nel caso delle moto si trattava della stessa richiesta protezionistica fatta nel 2009, al-lora stoppata come poi accadde per la pro-posta di un anno fa.

AGGIORNAMENTO DEL 9 MARZOIl presidente USA Donald Trump ha firma-to ieri due atti che impongono i dazi sulle

importazioni di alluminio (10%) e acciaio (25%) a partire dal 23 marzo. Canada e Messico sono stati temporanea-mente esclusi in attesa delle trattative sul-le modifiche dl trattato Nafta che regola i rapporti commerciali fra questi paesi.Altre nazioni “amiche” potranno chiedere di negoziare una possibile esenzione dai dazi. L’Unione Europea potrebbe muoversi in questa direzione. Molti economisti e po-litici internazionali ipotizzano che la deci-sione di Trump possa innescare una guerra commerciale: altri paesi potrebbero chie-dere dazi sui prodotti importati dagli Stati Uniti, Cina fra questi visto che il provvedi-mento appena firmato colpisce principal-mente le sue esportazioni in USA.

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Con l’inizio della stagio-ne 2018 MotoGP, Moto.it inaugura una nuova col-laborazione: quella con la Clinica Mobile. Da più di quarant’anni la creatura del

Dott. Costa cura il benessere dei piloti per-mettendo loro di compiere le grandi impre-se che tutti noi vediamo tra i cordoli.Quello con la Clinica Mobile sarà un appun-tamento fisso che ci accompagnerà ogni mercoledì dopo i week-end di gara. Il Dott. Michele Zasa, direttore sanitario della Clinica, ci aiuterà a capire meglio gli avvenimenti legati alla cronaca sportiva, ci spiegherà quali sono le necessità tera-peutiche dei piloti e ci parlerà del lavoro svolto dal lui e dal suo staff. Ma proprio da qui vogliamo iniziare nel nostro primo appuntamento: da cosa fa la Clinica Mobile e come è cambiata negli anni l’assistenza data ai piloti.La Clinica Mobile è molto conosciuta nel mondo dei motori e dello sport, con mol-tissime persone che apprezzano il nostro lavoro nei campionati di MotoGP e Superbi-

ke, seguendo le avventure del nostro team di professionisti. Durante i fine settimana di gara, condividiamo spesso momenti del nostro lavoro quando trattiamo i piloti in giro per il mondo. Qualche tempo fa pubblicammo scherzosa-mente sui nostri profili una foto scattata in Austria, sul circuito del Red Bull Ring, con un nostro fisioterapista sulla porta di Clini-ca Mobile che annunciava sorridente l’inizio della nostra giornata operativa e invitava il pubblico dei nostri follower a entrare. Tra i tanti like spiccava però un commento di un signore che gentilmente declinava l’invito, e rispondeva che preferiva di gran lunga andare da qualche altra parte. Questo perché, come lui, ci sono ancora molte persone che vedono Clinica Mobile come una sorta di “ospedale ambulante” al quale accedere soltanto quando ci si fa molto male in pista.Effettivamente, quando quarant’anni fa il Dottor Costa iniziò questa splendida av-ventura, le cose stavano proprio così, e la Clinica Mobile era l’unica a occuparsi dell’e-mergenza nei circuiti. A ogni gara, Claudio

MOTOGP, CLINICA MOBILE. COSA FA? E COME È

CAMBIATA?

DAL 1977, ANNO IN CUI IL MITICO DOTTOR COSTA EBBE LA BRILLANTE IDEA DI FAR NASCERE UN’UNITÀ MOBILE MEDICA DEDICATA ALL’EMERGENZA IN PISTA, LE COSE SONO CAMBIATE E IL LAVORO DI

CLINICA MOBILE CONTINUA LA SUA EVOLUZIONE

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portava con sé 20-30 persone tra medici, infermieri e paramedici pronti a intervenire in caso di incidente. Successivamente, per ovviare alle difficoltà logistiche di spostare un tale esercito di gara in gara, negli Anni 80 nacquero i centri medici fissi in ogni cir-cuito e il ruolo di Clinica Mobile cambiò.Attualmente, l’emergenza in pista viene svolta dal personale sanitario locale. Quan-do un pilota in condizioni critiche viene tra-sportato al centro medico, Clinica Mobile è autorizzata dalla FIM (Federazione Interna-zionale Motociclismo) a svolgere una fun-zione di supporto e di supervisione, pre-senziando e aiutando il personale medico del circuito nelle fasi del soccorso.Inoltre, da qualche anno Dorna ha introdot-to la Direzione Medica del Motomondiale, rappresentata dal Dott. Ángel Chartre, che

supervisiona tutti gli aspetti medici e offre supporto in caso di emergenza in pista.Il nostro know-how e la nostra lunga espe-rienza nel soccorso ai piloti sono preziosi per il personale locale dei centri medici dei circuiti. Infatti, capita spesso che in fasi de-licate di soccorso, dalla valutazione di un grave politrauma alla “semplice” rimozione di uno stivale o di un guanto, sia necessario il nostro intervento. L’altissimo e costante standard di Clinica Mobile inserito nell’organizzazione locale garantisce una prestazione ottimale e una cura specifica per i traumi motociclistici. Pertanto, il ruolo di Clinica Mobile nell’e-mergenza in pista è cambiato, ma continu-iamo con la stessa missione: il benessere dei piloti. Attualmente, il servizio maggior-mente richiesto dai piloti è di fatto la fi-

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sioterapia, sia di tipo riabilitativo dopo un trauma, sia di potenziamento della presta-zione. Il 70% dei nostri interventi è di questo tipo e nel 2017 il nostro team di fisioterapisti MotoGP ha effettuato circa 8.000 presta-zioni. Oltre a questo c’è un’attività medica, meno frequente ma altrettanto importan-te. In particolare sono richiesti servizi di medicina generale, consulenza ortopedica, ma anche indicazioni sulla nutrizione o sul-la preparazione atletica.I piloti vengono in Clinica per rilassarsi, per defaticare i muscoli contratti dopo l’inten-sa attività in pista, per reidratarsi nel caldo umido della Malesia… Ma a volte vengono semplicemente per scambiare due chiacchiere (e fare meren-

da!). Per i piloti, la Clinica Mobile è dunque un ambiente familiare e confortevole, una sorta di zona neutra, dove si attenuano o annullano le tensioni fisiche ed emotive e dove i rivali sembrano meno nemici. Ca-pita spesso che alcuni contrasti tra piloti vengano discussi e risolti proprio in Clinica Mobile.La grande novità del 2018 è che dalla prima gara europea della nuova stagione avremo un camion nuovo: una struttura a due pia-ni, con nuovi servizi tra i quali una palestra di riabilitazione e anche una lounge dove poter staccare dalla frenesia del paddock.Pertanto, rinnoviamo l’invito a quel nostro follower che preferiva non venirci a trova-re, affinché possa constatare come Clinica Mobile sia cambiata nel tempo!

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Il tratto di Via Emilia che at-traversa cinque provincie da Bologna a Piacenza ha visto a cavallo degli anni Cin-quanta il nascere e l'affer-marsi di personalità, idoli e

in un caso anche un “divo” delle due ruote.In una Italia che nel primo dopo guerra sentiva il bisogno di emozionarsi, di entu-siasmarsi, di sognare ed era alla ricerca di eroi positivi, questi giovani che sfrecciava-no veloci in tuta nera e casco, belli, corag-giosi, sorridenti rappresentavano perfetta-mente questi sogni ed erano l'incarnazione della volontà di rinascita.Voglio ricordare tra i molti piloti emiliani, iniziando da Bologna, Arcisio Artesiani, a Modena c'era Libero Borsari, a Reggio Emi-lia Bruno Bertacchini, a Parma Umberto Masetti e Emilio Mendogni e a Piacenza Tarquinio Provini.Tra questi, l'alloro del “divo” fu senza dub-bio appannaggio di Umberto Masetti che fu innanzitutto un grande pilota, primo italiano campione del mondo nel 1950 e vittorioso ancora nel 1952 sempre con la

Gilera. Oltre che per le sue doti di pilota si fece apprezzare e amare anche per la sua simpatia, per la voglia di vivere, per il suo volto sempre bello e sorridente; e perso-nalmente posso aggiungere per la sua bon-tà d'animo e il profondo senso dell'amicizia che possedeva.Ai tempi occupò le cronache sportive e quelle di costume, era diventato un perso-naggio pubblico a tutto tondo e compariva su giornali e settimanali, fotografato con la corona di alloro al collo dopo una gara che lo aveva visto vincitore, a caccia con amici e colleghi o vicino a splendide donne.Erano i tempi della “dama bianca” di Cop-pi e lui faceva notizia e suscitava curiosità perché era ritratto assieme alla “dama Moi-ra”. Orfei, l'artista del circo.

GLI INIZI DA "SCARCIOLA"E' però il Masetti pilota che merita di es-sere ricordato, il ragazzo che mosse i primi passi nell'officina con rappresentanza Gile-ra di suo padre, la marca a cui si legherà e che gli darà le più grandi soddisfazioni sportive nel periodo più brillante della sua

UMBERTO MASETTI. IL DUCA DI PARMA

di Augusto Borsari

COSÌ ERA CHIAMATO QUANDO NEL 1950 CON LA GILERA CONQUISTÒ IL TITOLO MONDIALE DELLA CLASSE REGINA. PRIMO PILOTA

ITALIANO A RIUSCIRCI. IL PARMENSE ERA UN DIVO, AVEVA STOFFA E VOGLIA DI VIVERE. LA SUA VITA FU UN'AVVENTURA. E' SCOMPARSO,

OTTANTENNE, NEL 2006

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carriera. Grazie alla sua corporatura mi-nuta, “scarciola” era soprannominato, e a una naturale e istintiva precocità di guida si mise subito in luce nelle categorie minori con il Guzzino 65 e nelle gare di “motosco-oter” (come si chiamavano ai tempi) con una Lambretta.Il passaggio alle gare di terza categoria nel-la classe 500 fu rapido, corse prima con una Gilera “otto bulloni” poi col più mo-derno “Saturno” e parallelamente parteci-pò anche alle gare in 125, distinguendosi in entrambe le classi e lottando alla pari con i veterani.Il suo debutto nel mondiale avvenne con la Morini 125 nel 1949 ma poi, ottenuta la fiducia e accasatosi ad Arcore come in un sogno, l'anno successivo divenne campio-ne del mondo con la Gilera 500 davanti all'astro nascente del motociclismo Geoff

Duke e la sua Norton.Nel '51 Duke lo ricambiò relegandolo in se-conda posizione nel mondiale, ma nel '52 Masetti, battendo la concorrenza di Les Graham con la MV, riuscì a laurearsi per la seconda volta campione del mondo dando il via al periodo di affermazione nelle com-petizioni mondiali delle 4 cilindri. Fu questo l'apice della sua carriera per fama e notorietà, ma non si può dire la stessa cosa anche della sua situazione economica: gli ingaggi e i premi di allora non erano mi-nimamente paragonabili a quelli di oggi e in aggiunta Masetti già fantasioso nel correre e nel vivere ci mise del suo anche nello spen-dere, non facendosi mancare nulla, e dette fondo sino all'ultimo soldo ai suoi risparmi. Purtroppo, anche dal lato sportivo le cose iniziarono a girare male: l'anno successivo ci fu “l'attrazione fatale” tra Duke e la Gile-

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ra, e Masetti, pur fresco campione del mon-do, fu relegato di fatto a figura di secon-do piano e con un contratto che pare fosse metà di quello dell'inglese. Comprensibile quindi il suo disappunto quando se lo trovò in casa come prima guida.Pur sentendosi tradito per lo sgarbo ricevu-to, Umberto rimase ancora in Gilera per un paio d'anni, senza ottenere risultati brillanti ma anzi con prestazioni deludenti e inspie-gabili cadute. Non fu facile per lui convivere con quella presenza, che lo sovrastò sino al 1955 quando il nostro pilota prese orgoglio-samente la decisione di lasciare Gilera e di firmare per la MV.Purtroppo però anche qui le cose non gli andarono molto bene e anche se nel corso della stagione '55 fece qualche podio e vin-se a Monza, sfortunatamente per lui a fine anno arrivò in MV “il figlio del vento”, John Surtees, già splendido pilota, velocissimo

con ogni moto e su ogni tracciato e famoso per la sua capacità di messa a punto (cosa di cui le prime MV 4 cilindri aveva molto bisogno). I tre anni MV ('56,'57,'58) non videro mai protagonista Masetti, e nelle classi maggio-ri in ambito Gilera, MV, e Guzzi si sarebbe parlato a lungo in inglese.

DAI TITOLI MONDIALI AL SUD AMERICADopo qualche apparizione con la NSU e la Morini, per la mancanza di risultati sporti-vi, gli sperperi, gli eccessi e la mancanza di tranquillità della sua vita extrasportiva egli stesso realizzò che era meglio lasciare il professionismo in Europa e accettare gli in-viti a gareggiare in Sud America, alla ricerca di un nuovo periodo d'oro. Gareggiando nei vari paesi sudamericani intravvide un buon sviluppo delle due ruote in Cile e decise quindi di fermarsi là aprendo una conces-

sionaria Morini.Ma come spesso avviene nei paesi in crisi, il Governo chiuse alle importazioni di tutti i generi non indispensabili e le moto furono considerate tra i generi superflui. Al buon Masetti non rimase altro che trovarsi un impiego presso la FIAT locale, dove lavorò sino al 1971, anno del suo ritorno in Italia.Un ritorno favorito dall'invito di un con-cessionario Guzzi, che gli offrì la moto e il supporto per partecipare alla 200 Miglia di Imola; invito accettato con entusiasmo e guasconeria cui ebbe seguito però una prestazione sportiva incolore, da ex pilota col casco anni Sessanta e la pancetta. Tuttavia l'ingaggio e i due biglietti di sola andata (per lui e la sua compagna) furono per sua stessa definizione «il più lauto in-gaggio mai ricevuto per quello che feci»,

consentendogli di iniziare la sua seconda vita a Maranello con una attività dignitosa anche se molto lontana dai riflettori di un tempo.

LA SUA GUIDA DA "RAGIONIERE"Vorrei comunque ricordarlo per sempre col suo fisico minuto, tutto muscoli e nervi, mentre tiene a bada la potente quattro ci-lindri; aiutandosi anche con le ginocchia, che riteneva necessariamente di dover al-largare in curva al contrario dei puristi dello stile dell'epoca, che invece le stringevano al serbatoio e giudicavano disdicevole il suo stile . Non era ancora facile da guida-re quella moto in cui sino ad allora si era privilegiata la potenza del motore: il telaio, le sospensioni e la guidabilità non erano ancora all'altezza e la guida quindi doveva

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essere estremamente attenta, razionale e giudiziosa, proprio da “ragioniere” come si vantava di essere soprannominato anche per le sue vittorie raggiunte spesso con un minimo margine e senza strafare.Questo suo modo di guidare non lo ha però esentato da incidenti, alcuni molto seri, ma la fortuna in cui confidava apertamente lo ha sempre aiutato ad uscirne con il minimo danno. Spesso amava ricordare sorridendo con malcelata soddisfazione quella volta che a Imola in un curvone cadde, scivolò per più di cento metri, prese un cumulo di terra che come in un trampolino lo fece volare su un cartellone pubblicitario, prima poi nell'acqua del Santerno ma con pochi danni personali.Questo ed altri episodi, riflettendo ora sulla pericolosità del correre a quei tempi e sul-la pericolosa inadeguatezza dei circuiti, ci

portano a comprendere e giustificare anche la sua voglia di vivere sopra le righe (ma-gari inconscia), una specie di voler tutto e subito, la sua esuberanza ed entusiasmo nell'affrontare la vita, il suo intimo piacere e l'orgoglio di essere apprezzato e amato dentro e fuori l'ambiente motociclistico. I suoi rapporti con gli altri piloti e perso-ne dell'ambiente sono sempre stati buoni e spesso sfociati in amicizia pura; definirei quindi una eccezione il suo mancato lega-me con Duke, per il quale si limitò a parlar-ne in modo asciutto: “uno dei più grandi, un pilota preciso, calcolatore e inesorabile nel fare gli stessi tempi sul giro”.La mancanza di empatia tra il “Duca di fer-ro” e il “Duca di Parma” penso derivasse dal modo con cui era stato scalzato nel-le gerarchie della squadra,e poi da alcune dichiarazioni poco amichevoli dello stesso

Duke nei confronti di Masetti e di Gilera nel periodo (prima del suo arrivo in Italia) in cui le nostre moto e piloti avevano iniziato a far scendere gli inglesi dai podi mondiali.Due curiosità su Masetti che mi piace ricor-dare. La prima, il monumento in suo onore eretto a Denia nella Spagna del sud, dove fece alcune gare e lasciò un buon ricordo a conferma del detto “nessuno è profeta in patria”. Perché non mi pare che in Italia ce ne sia un altro in suo onore e nemmeno che gli sia stata intitolata una via o altro in qualche città. Sarei felicissimo di essermi sbagliato e magari contraddetto.La seconda è l'effige di Topolino sul ca-sco, che adottò nel finale di carriera. La sua simpatia da bambino per i personaggi dei cartoni e la ricerca di un portafortuna gli fecero considerare quelli di Disney e, tra un cane e la simpatica figura principale e più nota, scelse la seconda da mettere sul casco a scodella tenendoselo caro per il re-sto della carriera sportiva.

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Moto.it Magazine N. 327 Editoriale

Ciao a tutti!R i c o r d e r e t e c e r t a m e n t e cosa accadde domenica 9 luglio 2017 in

Valsusa. E’ una data che ab-biamo cerchiato di nero sul calendario, perché una ragaz-za di 27 anni che si chiamava Elisa è morta e il suo ragazzo di 30 è rimasto gravemente ferito in un incidente che par-ve un film dell’orrore. L’investitore della loro moto guidava ubriaco un furgone e fin dal primo istante sembrò che lo avesse fatto apposta: aveva inseguito a tutta veloci-tà la KTM per vari chilometri, superando come un folle le auto incolonnate sulla statale 24, forse per “vendicare” una manata del motociclista sul-lo specchietto del suo Tran-sit dopo una precedenza non data. Ed era piombato nella rotonda di Condove a oltre

cento chilometri orari, semi-nando morte e distruzione.I magistrati di Torino, viste le immagini di una telecame-ra di sicurezza e sentiti i nu-merosi testimoni, non hanno avuto dubbi: omicidio volon-tario. E dopo otto mesi, men-tre il fidanzato della povera Elisa tenta faticosamente di riprendere a vivere, i giornali tornano a occuparsi del caso; perché questo cinquantenne di Nichelino ha scritto una lettera dal carcere ai genito-ri della ragazza, per spiegare che voleva soltanto leggere la targa, che se avesse immagi-nato una disgrazia del gene-re non avrebbe mai insegui-to quella moto; ammette di aver sbagliato, dice di essere pentito, che avrebbe voluto morire al posto di Elisa, però per il ragazzo nemmeno una parola. Gli avvocati fanno il loro dovere, anche il peggior delinquente ha diritto a una

linea di difesa, ma chiedere scusa al fidanzato di Elisa- dopo averlo odiato al punto da volerlo distruggere- forse sarebbe suonato falso. Spe-riamo che la lettera non serva a nulla.E io torno sul tema con due obiettivi. Siamo a marzo, il grande freddo è finito e presto arriverà la primavera.Il primo intento è raccoman-dare ancora una volta a voi tutti di tenere le orecchie drittissime sulla strada -nulla è scontato- e tenere inve-ce un basso profilo con chi è scorretto. Quando un auto-mobilista mi taglia la strada di proposito o non rispetta la precedenza o brucia un se-maforo come se fosse solo al mondo magari tenendo il cel-lulare nelle mani, viene voglia anche a me di inseguirlo e farmi sentire. E quante volte non sono riuscito a fermarmi. Ma dopo un paio di brutte

NICO CEREGHINI "NON RACCOGLIETE LE PROVOCAZIONI"

QUEL SOGGETTO ACCUSATO DI AVER INVESTITO DI PROPOSITO LA COPPIA IN MOTO E UCCISE ELISA, DAL CARCERE SCRIVE CHE GLI DISPIACE. LE STRADE PURTROPPO SONO PIENE DI GENTE COSÌ, IL DEGRADO CIVILE AVANZA, E SE VOGLIAMO SOPRAVVIVERE…

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esperienze ora non lo faccio più: come hanno sottoline-ato quasi tutti i vostri 233 commenti al terribile evento di quest’estate, la cosa più sensata che possiamo fare è trattenerci. Abbiamo troppo da perdere.Il secondo obiettivo è ricor-dare Elisa, che aveva solo ventisette anni, e far sentire al suo ragazzo la nostra vici-nanza. Forse ci legge, forse gli resta almeno una delle sue grandi passioni.

L PRIMO INTENTO È RACCOMANDARE ANCORA UNA

VOLTA A VOI TUTTI DI TENERE LE ORECCHIE DRITTISSIME SULLA STRADA -NULLA È SCONTATO- E

TENERE INVECE UN BASSO PROFILO CON CHI È SCORRETTO

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Moto.it Magazine N. 327 MotoGP

Aprilia ha presentato que-sta mattina il team MotoGP 2018. Aleix Espargaró e Scott Redding saliranno in sella a una rinnovata RS-GP: un'evoluzione della 2017, ma

che nei fatti è nuova nella maggior parte delle sue componenti. A partire dal telaio «rinnovato anche nell'estetica per riprodur-re le forme della RSV-4 - spiega Romano Albesiano, direttore di Aprilia Racing - e che ha permesso un compattamento delle masse. Sono nuovi anche airbox, raffred-damento, impianto di scarico,e il forcellone in carbonio che arriverà in futuro (sarà te-stato alla fine di marzo). Atteso al debutto in Qatar anche il nuo-vo motore, che potrebbe rappresentare il vero e più importante step evolutivo del progetto Aprilia per la stagione che sta per iniziare.«Entrambi i piloti hanno da subito notato la crescita della moto - prosegue Albesia-no -. Una reazione mai scontata quando si introducono modifiche così importanti, ma che ci permette di guardare con ottimismo a questa nuova stagione MotoGP. Mi aspetto un campionato estremamente impegnativo, il livello si è ulteriormente al-zato sia sul fronte delle moto in pista sia per quanto riguarda i piloti. Dal canto no-

stro abbiamo le carte in regola per poter-cela giocare. Ci presentiamo con la squadra più forte che Aprilia abbia mai avuto, quin-di non vedo come la stagione possa non andare bene. L'obiettivo sarebbe avere due piloti stabilmente nei top 10 con puntate verso la top 5. Credo che non sia facile, ma penso sia realisticamente fattibile».

ALEIX ESPARGARÓOttimista anche Aleix Espargaró: «Romano e Aprilia hanno migliorato molto la moto, spero di non avere problemi di affidabilità e non voglio ripetere le tante cadute dello scorso anno. A fine campionato, lo scorso anno, la nostra posizione in classifica non era quella che io e Aprilia meritavamo. Vo-glio prendere punti in tutte le gare e arri-vare a Valencia nei primi otto. La moto nuova è migliore in tutti gli aspetti e si adatta al mio stile, tutto quello che volevo in più dalla versione 2017 adesso ce l'ho: posso frenare più tardi e avere più feeling con l'anteriore. Sono più regolare nelle prestazioni, ed è importante che sia aumentata anche la stabilità. Con il motore nuovo sono convinto che la moto 2018 sarà molto meglio della 2017. Lo scorso anno mancavano potenza, acce-lerazione e anche un po' di velocità massi-ma, ma su quest'ultimo aspetto non siamo

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LA PRESENTAZIONE DEL TEAM APRILIA 2018

di Marco Berti Quattrini

APRILIA SVELA LE MOTO CHE SCHIERERÀ IN PISTA NELLA STAGIONE MOTOGP 2018. L'OBIETTIVO È LA TOP 10 CON ENTRAMBE I PILOTI E

MAGARI ANCHE QUALCHE CAPATINA NELLA TOP 5

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troppo lontani. Vorrei lottare per il podio, non nego che sia il mio sogno, ma il mio obiettivo è quello di portare Aprilia più vi-cino a Ducati, Honda e Yamaha nella clas-sifica finale».

SCOTT REDDINGìIl pilota inglese, classe 1993, quest'anno sostituto di Sam Lowes, si appresta ad af-frontare la sua quinta stagione in MotoGP, la prima a contatto diretto con una Casa ufficiale.«Mi sento a mio agio e più veloce con l'A-prilia - spiega Scott Redding -, è molto più agile della Ducati e i benefici sono imme-diati: posso sentire il limite e di conse-guenza spostarlo un po' più avanti. Correre in un team ufficiale rende poi pos-sibile avere informazioni di qualità, lavorare anche in pista e testare tantissime cose.

Sono migliorato sotto ogni aspetto, test dopo test. Non mi sono posto il proble-ma del tempo sul giro, ho solo pensato a provare cose fino a trovare le soluzioni più giuste in ottica gara. L'importante per me era capire come funziona, cosa funziona e cosa no. Partirò fiducioso per la prima gara».«Con Redding la nostra è una squadra mol-to più bilanciata - aggiunge Albesiano -. A dispetto dell'età Scott ha un atteggiamento da pilota esperto, e ha corso diverse sta-gioni in MotoGP con diverse moto. Per noi, con un progetto così giovane, conoscere le caratteristiche delle altre Case è di grande importanza per capire dove siamo. La sua esperienza è importante per allar-gare il range di utilizzo della nostra moto, ci dà la garanzia che sia buona non solo per un pilota. Con Scott abbiamo fatto un lavo-

ro sistematico, che ha avvicinato le presta-zioni di Aleix più di quello che la classifica riporta. Farà bene».Impossibile, in questa stagione in cui le trattative sono già iniziate, non parlare di mercato piloti, ma sull'argomento Roma-no Albesiano è intransigente: «Non voglio parlare del mercato piloti adesso. Sarebbe meglio, se il pilota ha un impegno con una squadra, che non sia disturbato fino a sta-gione inoltrata. Sono molto contento dei ragazzi che abbiamo adesso, sono davvero bravi. Non vedo l'ora che possiamo farvi vedere quanto sono bravi».

ROBERTO COLANINNO - PRESIDENTE E A.D. GRUPPO PIAGGIO«Quella portata avanti da Aprilia Racing è una delle sfide più affascinanti tra le mol-te che un grande Gruppo come il nostro

affronta ogni giorno sui mercati di tutto il mondo. Perché è una sfida che si gio-ca sui valori più alti della tecnologia. Ed è un orgoglio tutto particolare toccare con mano come questa avanguardia tecnologi-ca nasca in un reparto corse formato da ragazzi giovani, che sono il nostro tesoro di conoscenza, guidati da ingegneri di grande esperienza. Un patrimonio tutto italiano di competenze eccellenti, che fanno di Aprilia Racing una delle piattaforme di ricerca e sperimentazione più avanzate di cui bene-ficia l’intero Gruppo Piaggio. Ad Albesiano e ai suoi uomini, che han-no il compito di tradurre in risultati questo lavoro, va oggi il nostro augurio. Sarà una stagione difficile e con avversari fortissimi, ma Aprilia, come abbiamo visto nel finale dello scorso campionato, ha tutto ciò che serve per riuscire».

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Da Zam, appena rientrato da Doha, il quadro degli ultimi test pre-stagione. Il vice-campione del mondo con la Ducati ha convinto sul giro secco e sul passo, mentre da

Lorenzo arrivano ancora incertezze. In casa Yamaha Zarco ancora velocissimo, Valenti-no vicino, Vinales meno. Alla fine, a giocare un ruolo fondamentale è ancora la sintonia tra moto, pneumatici e grado di grip. La Honda resta coperta, ma è rimasta vicino al vertice in tutti i test. Però nessuno ha potuto verificare a fondo le soluzioni alla distanza.E poi soprattutto, come vi avevamo pro-messo, tutte le MotoGP come non le avete mai viste, sotto la lente del nostro inge-gnere. Cominciando dall’architettura dei

motori e dalla filosofia dei diversi progetti; poi l’analisi dei telai, dei cinematismi della sospensione posteriore, della disposizione degli organi accessori come il serbatoio carburante o le masse di bilanciamento in qualche codone che finalmente vediamo bene. Infine l’aerodinamica, che è un tema aperto e molto caldo anche nelle discussio-ni tra i lettori.In generale, emerge che i progettisti delle MotoGP 2018 hanno fatto scelte simili su molti aspetti della moto. Nelle due grandi famiglie: V4 e quattro in linea. Giulio Bernardelle continua a prediligere il quattro cilindri in linea come Yamaha (e Suzuki), che sulla carta permette una cicli-stica più razionale, ma ammette che senza il vincolo imposto all’alesaggio questa so-luzione non sarebbe competitiva.

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DOPO GP CON NICO E ZAM SPECIALE QATAR:

TECNICA E TEST 2018ALLA FINE ZARCO PRECEDE ROSSI, MA I DUBBI SU YAMAHA RESTANO.

CHI SPICCA A LOSAIL È LA DUCATI, E SOPRATTUTTO IL DOVI. E LA HONDA C’È. MA QUESTA VOLTA ANDIAMO OLTRE LA CRONACA:

L’INGEGNER BERNARDELLE ESAMINA TUTTE LE MOTO GP 2018, DAI MOTORI AI TELAI ALL’AERODINAMICA. DA NON PERDERE

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Come da tradizione, prima dell'inizio del campionato abbiamo telefonato a Car-lo Pernat per chiedergli... come andrà a finire. Dovi sarà ancora protagonista?

Lorenzo vincerà almeno un GP? E Ianno-ne? Tra i piloti Yamaha chi sarà in testa a fine campionato?Oltre ai risultati sportivi, il manager ge-novese ci offre i suoi pronostici anche sul mercato piloti che già è entrato nel vivo. Cosa farà Pedrosa? E Iannone? In Ducati sceglieranno Dovizioso o Lorenzo e, nel caso rimanesse il pilota italiano, Jorge su che moto salirebbe?

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BELIN TE L'AVEVO DETTO I PRONOSTICI MOTOGP 2018 DI

CARLO PERNATdi Giovanni Zamagni

CARLO PERNAT PREVEDE LE MOSSE DI MERCATO E I RISULTATI SPORTIVI 2018. DOVI VINCERÀ IL MONDIALE? PEDROSA RESTERÀ IN HRC?

LORENZO IN DUCATI? E QUALE SARÀ IL TEAM SATELLITE YAMAHA?

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Antonio Cairoli, Jeffrey Herlings e Pauls Jonass hanno parlato della quan-tità di lavoro effettuato durante l'inverno con Dirk Gruebel, nuovo team chief

KTM, e con Mattighofen, confermando che l'intero team ha lavorato incessante-mente con l'ovvio scopo di continuare a vincere anche in questa stagione."Si tratta di un nuovo telaio e un nuovo motore, che saranno la base per la pro-duzione del modello 2019. Il motore è nuovo internamente e il telaio ridisegna-to ha comportato la necessità di trovare un nuovo assetto: siamo partiti dal set up della moto dell'anno scorso, e ho già trovato alcune buone soluzioni, almeno così sembra".HRC ha confermato che Tim Gajser è già tornato ad allenarsi, sebbene non sia an-cora risalito in moto. Ha perso due denti oltre ad essersi rotto la mascella, ma ha già ricominciato a mangiare cibi solidi.Il passaporto di Tommy Searle è stato rubato dal suo hotel domenica mattina in Argentina: l'inglese è dovuto correre all'ambasciata di Buenos Aires per otte-nere un documento di viaggio di emer-genza per tornare a casa.Ben Watson è stata una rivelazione in Argentina. Già prima della gara, il pro-prietario di Kemea Yamaha, Hans Cor-

vers, stava dimostrando la sua fiducia nel ventenne di Nottingham: "Ha avuto una grande carriera da ragazzo, ma da allora ha perso un po' la strada: però ha talen-to, e dobbiamo aiutarlo a sfruttarlo." Dopo che Ben si è accaparrato il terzo po-sto nelle qualifiche, sul viso del suo alle-natore, l'ex iridato Jacky Vimond (il primo pilota francese in assoluto a conquistare un campionato del mondo di motocross, nel 1986, classe 250) è spuntato un gran sorriso: "Era magnifico sui salti... e an-che altrove. Ora ha la forza e lo vedi nel modo in cui si siede sulla moto; si è al-lenato per un mese su una 450, e la sa domare veramente bene. Riesce anche a mantenere il proprio peso ottimale, che è di 76 kg."Neil Prince, ex team manager di Evgeny Bobryshev quando ottenne la sua prima vittoria in un Gran Premio con Cas Honda 10 anni fa, è volato in Argentina per oc-cuparsi del russo: "BOS Suspension è una buona squadra con buone sospensioni, ma sono nuovi alle gare di MXGP, e non possono conoscere le esigenze di Bob-by finché non lavoreranno insieme più spesso. Ci sono solo due brevi sessioni di prova prima delle qualifiche, quindi sono venuto per assicurarmi che la moto sia regolata bene prima che arrivi Bobby. "È stato subito evidente che sia HRC che Motorsports114Honda abbiano lavorato

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DIETRO LE QUINTE POST GP DELL'ARGENTINA

di Alex Hodgkinson

CHI HA LAVORATO PIÙ DURAMENTE DURANTE L'INVERNO? NEL FRATTEMPO GAJSER TORNA AD ALLENARSI

durante l'inverno sulla sospensione po-steriore.Steve Dixon ha passato due giorni in Bra-sile insieme a Tommy Searle e Darian Sa-nayei prima di fare un salto in Argentina per partecipare ad una conferenza stam-pa del nuovo sponsor dell'abbigliamento, DRT ASW.La nuova regola più importante per la stagione 2018 della MXGP riguarda i pi-loti che si fermano durante la sessione di prova per studiare le traiettorie dei rivali: chiunque venga sorpreso a farlo, dovrà rinunciare al proprio giro più veloce.

Darian Sanayei è stato ancora una volta il preferito del pubblico durante l'allena-mento, mentre intratteneva la folla con una serie di salti acrobatici, ma è stato oscurato da Hunter Lawrence durante le qualifiche della MX2, quando l'australia-no ha indossato una maglietta da foot-ball blu e bianca con il numero 96 sulla schiena.Petar Petrov è stato sorprendente in Ar-gentina dopo essersi fratturato una cla-vicola il mese scorso: "Sono salito quat-tro volte in moto prima di venire qui" ha detto.

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Moto.it Magazine N. 327 Ride in the USA

È sempre bello quando si corre in un nuovo stadio, e nel caso di sabato scorso, il debutto della nuova strut-tura di Atlanta non ha delu-so le aspettative. Lo stadio

è quello che ha sostituito il mitico Georgia Dome, dove gioca la squadra di Football Americano NFL dei Falcons: magnifico, con megaschermo a 360° visibile da ogni punto sugli spalti, e con un soffitto talmente alto da far sembrare il campo sottostante più piccolo del solito.Atlanta ha visto anche il ritorno della for-mula Triple Crown, che quest'anno aveva debuttato ad Anaheim 2 e che rivedremo tra poco più di un mese a Minneapolis.Se da un lato si sono confermati i piloti al vertice in entrambe le classi, dall'altro è continuato il trend degli infortuni: il fran-cese Dylan Ferrandis è stato la vittima il-lustre nella 250, con una brutta caduta sul triplo centrale e conseguente frattura di un braccio e probabile mascella, inclusa la perdita di qualche dente. Nella 450 i piloti che hanno assaggiato il terreno duramen-

te sono stati Weston Peick (anche lui sul-lo stesso triplo), Blake Baggett (probabile frattura del polso già infortunato) e Justin Hill, che sta correndo qualche gara sulla 450 in attesa che riprenda il campionato 250 della Costa Ovest.Proprio Hill mi aveva detto, il venerdì pre-cedente alla gara: "Bisogna fare qualcosa per limitare gli infortuni. Le cadute ci sa-ranno sempre, ma bisogna fare in modo che le conseguenze siano meno gravi. Bi-sogna diminuire la velocità sul giro, che creando molta inerzia è la causa numero uno degli infortuni. Poi bisognerebbe stu-diare meglio le sezioni ritmiche: quelle molto tecniche vanno bene per ridurre la velocità e per separare i piloti migliori dal resto del gruppo, ma secondo me dovreb-bero essere separate dai tripli. E se proprio devono mettere delle ritmiche assieme ai tripli, almeno che le inseriscano dopo e non prima: se per qualche motivo ti sbilan-ci o perdi velocità per fare il triplo finisce come è successo a Barcia a Dallas, ovvero salti corto e qualcuno ti atterra addosso. Le situazioni più pericolose si creano al primo

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RIDE IN THE USA. SX 2018. AD ATLANTA TORNA

LA TRIPLE CROWNdi Pietro Ambrosioni

LA GARA DI ATLANTA, SVOLTASI NEL NUOVO E MAGNIFICO MERCEDES BENZ STADIUM, HA VISTO IL RITORNO DELLA FORMULA

TRIPLE CROWN E CONFERMATO I VALORI AL VERTICE SIA NELLA 450 CHE NELLA 250 EAST COAST

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giro, quando il gruppo è compatto e ci sono molti contatti. Basta un errore per cadere, e le conseguenze sono gravi. In particolare non mi piace quando devi fare triplo-triplo al primo giro: credo che nessun pilota si senta a suo agio in quel momento". Tra l'altro non dimentichiamo che alla li-sta degli infortunati va aggiunto l'ufficiale Honda Cole Seely, che si è procurato una frattura del bacino nella gara di Tampa la settimana scorsa.Per quanto riguarda la Triple Crown, inve-ce, i pareri tra i piloti restano discordanti. "Non sono un fan" ha dichiarato Tomac. "Non c'è nemmeno il tempo di respirare tra una finale e l'altra" ha dichiarato Forkner. "Ritmo troppo serrato, io tra un Main Event e l'altro non sono nemmeno tornato ai box, sono rimasto a bordo pista per non perdere

la concentrazione" ha infine detto Ander-son.Resta il fatto che la gara di Atlanta è sem-brata meno caotica di quella di Anaheim 2, vuoi perchè il formato era più familiare per tutti e vuoi perchè la pista era molto più tecnica, e ha separato maggiormente i valori in campo. Personalmente, lo ripeto, preferirei una formula dove per ogni finale si assegnasse il punteggio pieno, in modo da dare la possibilità a chi è indietro in campionato di fare un bel bottino di punti in un colpo solo. Inoltre credo che il pubblico allo stadio fac-cia fatica a seguire chi effettivamente sia in grado di vincere: nella 250, ad esem-pio, Forkner ha vinto la combinata pur non avendo vinto nemmeno una delle tre finali, esattamente lo scenario che aveva previsto

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Reed dopo A2 e che sinceramente non è il massimo per lo spettacolo.Per quanto riguarda la 450, sabato sera abbiamo avuto la conferma che sarà mol-to difficile battere Jason Anderson, a meno che la sfortuna si abbatta anche su di lui. La sua prova della maturità è arrivata nella finale numero 3, quando ha lottato nelle prime posizioni, ma una volta capito che comunque aveva la vittoria in tasca, ha preferito controllare ed intascare gli enne-simi punti pesanti, questa volta a bottino pieno.Il suo avversario numero 1 è adesso Mu-squin, che però è distaccato di ben 42 pun-ti. Tra i due ormai non corre più buon san-gue e, tanto per vedere se riuscivo a capire di più, ho fatto la domanda "pesante" di-rettamente al pilota francese della KTM: "Marvin - gli ho chiesto venerdì al Press

Day - questa rivalità con Anderson è reale, nel senso che i rapporti sono tesi, oppure sono i media ad esagerare le cose?". E lui, con un tono gelido, mi ha risposto: "Tutto è iniziato quando Jason ha chiesto di non essere più in pista assieme a me du-rante gli allenamenti (i due, come forse già sapete, fanno entrambi parte del program-ma di Aldon Baker in Florida, dunque si allenano presso la stessa struttura - Nda). Comunque per me non fa differenza, il problema è suo. Io continuo ad allenarmi con Osborne e gli altri ragazzi e penso solo a fare quello che devo".Musquin ha vinto la terza ed ultima finale della serata, e nella combinata è arrivato secondo. Dietro a lui si è piazzato Eli To-mac, che ha pagato una serie di risultati meno convincenti del solito. La bagarre della prima finale - bellissima -

lo ha visto protagonista ma non ha pagato dividendi, visto che Eli ha chiuso solo quin-to. Un terzo ed un secondo piazzamento nelle due successive finali non gli hanno poi permesso di conquistare il gradino più alto del podio.Sempre a proposito della prima finale (se ve la siete persa andatevela subito a vede-re) devo ammettere che è stata una delle più belle viste quest'anno. Alla fine l'ha spuntata Justin Brayton, che nei primi giri ha rilevato Christin Craig in testa e ha lottato come un leone per di-fendersi dagli attacchi di Anderson. Con un po' di mestiere - accumulato negli anni passati nell'Arenacross dove la lotta è sem-pre all'ultimo sangue - e con tanto gas, Brayton ha finalmente vinto un Main Event nel Supercross, cosa che non era mai riu-scito ad fare nemmeno quando era in sella alle Honda o alle Yamaha Factory.

Una nota positiva arriva anche dal già menzionato Christian Craig, che ad Atlanta è salito sulla Honda HRC lasciata vacante da Seely: per lui eccellenti partenze e una buona velocità, ma forse avrà bisogno di più tempo per adattarsi alla classe regina, se non in termini di moto certamente in termini di ritmo di gara e talento e malizia degli avversari.Per chiudere voglio sottolineare le presta-zioni in crescendo di Cooper Webb, che senza la presenza scomoda di Barcia nel box sembra aver ritrovato la forma del 2017. Ad Atlanta ha fatto furore nelle ul-time due finali, dove ha mostrato di poter anche vincere: teniamolo d'occhio da qui a fine campionato.Nella 250, come detto, si sono confermati i valori in campo, ovvero quanto visto a Dallas e Tampa. La gara è andata a Forkner grazie ad un punteggio migliore in combi-

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nata e pur non essendo riuscito a vincere nemmeno una finale. Va però detto che il pilota Pro Circuit Ka-wasaki nel secondo Main Event, che ha perso all'ultimo giro per mano del com-pagno di squadra Martin Davalos, ha corso senza il freno posteriore.Gli si è infatti tranciato il tubo in un con-tatto con i blocchi di protezione a lato pista a metà gara, per cui ha corso fino alla fine con il solo freno anteriore. Il guasto tecnico è importante, e va segnalato anche in fun-zione di quello che poi si è visto in quel-la manche e che farà discutere a lungo: in molte occasioni è infatti sembrato che Austin, al comando, abbia deliberatamente tagliato in volo di fronte a Osborne, che sembrava pronto a passarlo. È una pratica pericolosissima, e sanziona-ta dalla AMA quando diventa ovvia. Non

so se la TV lo abbia fatto vedere, ma il meccanico di Osborne ha trattenuto e cal-mato Zach a fine gara, perchè l'ufficiale Husqvarna sembrava pronto a spiegare "a modo suo" un paio di concetti all'avver-sario della Kawasaki. Comunque il duello in pista è finito con la caduta di Osborne, avvenuta a seguito di un contatto tra i due sul tornantino a sinistra centrale. Forkner dice che in quell'occasione stava per ca-dere anche lui in quanto era senza freno e completamente fuori controllo, Osborne invece ha commentato in modo lapidario: "Non ho ancora visto i video dell'accaduto quindi non so esattamente cosa sia succes-so. Mi limito a dire che è stata una circo-stanza sfortunata".Vedremo come si evolverà questa faida tra Osborne e il Team Pro Circuit, iniziata l'an-no scorso a Las Vegas con il famoso sor-

passo/contatto che è valso a Zach il primo titolo ai danni (è proprio il caso di dirlo) di Savatgy e del Team Pro Circuit.Terzo sul podio di Atlanta è salito Jordon Smith, rivelazione di questo campiona-to in sella alla KTM Troy Lee Designs, che avrebbe potuto anche vincere se non fosse caduto nella terza finale dopo un contatto con l'altro astro nascente della categoria, il pilota Honda GEICO RJ Hampshire.Per la cronaca, la terza ed ultima finale della 250 è stata vinta in modo convin-cente da Jeremy Martin, che ha ritrovato la forma ideale proprio alla vigilia di Daytona, la sua gara preferita.

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Daytona - quarta prova per la Costa Est, decima per la stagione della classe regina - infrange un altro record per il Supercross AMA. Justin Brayton, 34 anni, di-

venta infatti il più anziano vincitore di una gara del campionato statunitense indoor. Una gara che vede una battuta a vuoto del leader della classifica Jason Anderson - irri-conoscibile, settimo al traguardo dopo una partenza disastrosa e una gara costellata di errori - e una bella prestazione dei suoi ri-vali Tomac, Webb e Musquin, che accorcia-no le distanze in classifica generale. Il vantaggio di Anderson - quaranta punti -

lo pone abbastanza al sicuro da eventuali sorprese, ma l'ufficiale Husqvarna deve evi-tare assolutamente altri passi falsi di questo tipo. Anche perché, senza gli errori di Mu-squin, la gara avrebbe potuto andare molto diversamente.La 250 mette sugli scudi Smith, che con-quista l'holeshot davanti a Martin e Forkner. Una gara con pochi colpi di scena, perché l'ordine d'arrivo resta del tutto invariato, con l'unica sorpresa della brutta parttenza di Osborne e la successiva rimonta che lo porta a concludere in quarta posizione. La classifica ora vede Forkner appaiato a Osborne in vetta con 89 punti, e Smith ter-zo con 81 punti.

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AMA SUPERCROSS DAYTONA: LA PRIMA DI BRAYTON

L'HONDISTA DIVENTA IL PILOTA PIÙ VECCHIO A CONQUISTARE LA PRIMA VITTORIA IN CLASSE REGINA. SMITH IN 250 EST

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