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All’Interno News: Triumph Tiger Sport | Kiska Design | M. Clarke Le 5 valvole Aprilia e Gilera | MotoGP: D. Tardozzi: Ducati già competitiva | SBK: il Team Aruba Ducati, Aprilia con Giampiero Sacchi e Alex De Angelis | MX: Internazionali D’Italia | PROVA SU STRADA| DUCATI XDIAVEL da Pag. 02 a Pag. 11 NUMERO 232 16 FEBBRAIO 2016 77 PAGINE Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Yamaha WR 450 F Torna nel 2016 completamente rinnovata. Piattaforma tecnologica comune con la sorella cross e tante ore di sviluppo per ottimizzarla in chiave enduro Nico Cereghini: “La moto stracarica” C’è anche quella, la moto-mulo, e qualche volta mi piace guidarla ancora oggi. C’è sempre il sottile piacere della sfida con se stessi MotoGP: Il Team HRC Presentata a Jakarta la nuova Honda RC 213V con cui Marquez e Pedrosa punteranno alla conquista del titolo MotoGP

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All’Interno News: Triumph Tiger Sport | Kiska Design | M. Clarke Le 5 valvole Aprilia e Gilera | MotoGP: D. Tardozzi: Ducati già competitiva | SBK: il Team Aruba Ducati, Aprilia con Giampiero Sacchi e Alex De Angelis | MX: Internazionali D’Italia

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DUCATIXDIAVELda Pag. 02 a Pag. 11

NUMERO 23216 FEBBRAIO 2016

77 PAGINE

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Yamaha WR 450 FTorna nel 2016 completamente rinnovata. Piattaforma tecnologica comune con la sorella cross e tante ore di sviluppo per ottimizzarla in chiave enduro

Nico Cereghini: “La moto stracarica”C’è anche quella, la moto-mulo, e qualche volta mi piace guidarla ancora oggi. C’è sempre il sottile piacere della sfida con se stessi

MotoGP: Il Team HRCPresentata a Jakarta la nuova Honda RC 213V con cui Marquez e Pedrosa punteranno alla conquista del titolo MotoGP

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Ducati XDiavel Prezzo da 19.990 €PREGI Guidabilità e motore DIFETTI Scomodità passeggero

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DUCATIXDIAVELUna moto speciale merita un test davvero unico: siamo volati a San Diego per provare la nuova cruiser di Borgo Panigale, spinta dal motore Testastretta DVT. Vi è piaciuta da matti a Eicma, ora vi diciamo come si comportadi Andrea Perfetti

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P iù la osservi e più ti stupisce. Non ci sono mezze misure: la ami o la odi. L’hanno dimostra-to gli sguardi un po’ intontiti degli appassionati nello stand Ducati a Eicma. Ci avete fatto

caso? La XDiavel è stata forse la novità più am-mirata della fiera. Di sicuro in Ducati (non ce ne voglia la Multistrada Enduro). Sulle prime è facile scambiarla per una nuova Diavel, ma non fatevi ingannare dall’apparenza. La X davanti indica un progetto tutto nuovo, a partire dal motore. Arriva infatti il sistema DVT, che già abbiamo apprezza-to sulla recente Multistrada, e molto altro ancora.

Allunga la corsa per guadagnare la coppiaLa XDiavel riceve una nuova versione del Testa-stretta DVT nato per la Multistrada 1200, natu-ralmente già Euro-4. La cilindrata viene innalzata

a 1.262cc allungando la corsa; così si ottiene una coppia ai bassi e medi regimi ancora maggiore. Il rapporto di compressione sale di mezzo punto (12,5:1) e sono confermati la doppia accensione, il controllo della distribuzione a fasatura variabile DVT e l’iniezione di aria secondaria allo scarico. Il risultato sono botte da orbi. La coppia massima tocca il picco massimo di 13,1 kgm a soli 5.000 giri (ed è già superiore ai 10 kgm fin dai 2.100), mentre la potenza massima arriva a 156 cavalli a 9.500. Tra le cruiser soltanto la mastodontica (anche sulla bilancia) Yamaha V-Max va oltre, toc-cando i 200 cavalli. È diversa in parte l’architettu-ra stessa del propulsore, che presenta attacchi del telaio su entrambe le teste, con supporti per le pedane (avanzate) del pilota fissate sulla testa anteriore. L’albero motore è dotato di una nuova soluzione per l’equilibratura, che sostituisce le più classiche pastiglie con piastre in acciaio ri-portate. Novità anche per il posizionamento della

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pompa dell’acqua, spostata all’interno della L per una maggior pulizia delle linee. E finalmente arri-va sul Testastretta il sensore della marcia, prima appannaggio del solo Superquadro. Gli intervalli di manutenzione confermano l’affidabilità degli ultimi bicilindrici progettati dalla Ducati; la manu-tenzione ordinaria si effettua ogni 15.000km, con registrazione del gioco valvole solo a 30.000km. Un po’ supercar: c’è anche il launch controlSulla XDiavel troviamo l’ormai famosa piattafor-ma inerziale IMU, che consente di avere in ta-vola il controllo di trazione DTC, l’ABS cornering Bosch-Brembo 9.1MP, tre riding mode (Sport, Touring e Urban con potenza diminuita a 100 ca-valli), ma anche l’inedito Ducati Power Launch, un controllo che permette al pilota partenze brucianti agendo sull’acceleratore ride-by-wire e preserva la frizione gestendo il numero massimo

di lanci. La strumentazione segue lo schema già noto, con le spie sul manubrio e lo schermo TFT separato e posto vicino alla zona del blocchetto d’avviamento. Blocchetto che peraltro non ser-ve più, perché la XDiavel consente l’accensio-ne del motore da remoto attraverso la chiave/telecomando. I fari, anteriore e posteriore, sono full-LED, con la versione XDiavel S dotata di luci diurne DRL. Il cliente può personalizzare la XDia-vel con cinque selle, tre pieghe del manubrio e tre posizioni delle pedane – con la possibilità di un ulteriore optional sotto forma del kit “peda-ne centrali” Ducati Performance, dedicato a chi guiderà la cruiser bolognese con piglio monste-ristico.

La cruiser che piega di piùLa XDiavel è una cruiser, come dimostra il suo interasse imponente (1.615mm). Ma le quote ci-clistiche sono studiate per dare tanta manegge-

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volezza. Le piastre di sterzo determinano un’in-clinazione di 30° e un’avancorsa di 130 mm. La Ducati promette angoli di piega di 40°, valore a dir poco inusuale nel mondo cruiser. Le sospensio-ni impiegano una forcella Marzocchi da 50 mm completamente regolabile, dotata di idraulica su steli separati. Dietro lavora un monoammor-tizzatore Sachs regolabile nel precarico e nell’e-stensione, il suo montaggio è quasi orizzontale e prevede il cinematismo progressivo. Gli pneu-matici sono presi pari pari dalla Diavel e sono quindi semplicemente esagerati. All’avantreno troviamo un 120/70 ZR17, mentre il posteriore è dominato da un 240/45 ZR17, entrambi Pirel-li Diablo Rosso II. L’impianto frenante conta su pinze Brembo monoblocco M4-32 con pompa radiale; i dischi sono da 320 mm e da 265 mm (dietro logicamente). Grande novità – per Ducati –

anche nella zona della trasmissione: troviamo una bella cinghia a fare da contorno al monu-mentale forcellone in alluminio con capriata di rinforzo. È un’ottima scelta, che libera dalla schia-vitù dello spray lubrificante e della regolazione.

Colore e prezziLa XDiavel è solo nera, difficile confondersi. La versione standard è opaca, mentre la S ha la li-vrea lucida e aggiunge il già citato gruppo ottico anteriore con DRL, la forcella con riporto DLC su-gli steli, le pinze anteriori Brembo M50, una sella speciale e dettagli con lavorazioni a vista. Anche i cerchi sono differenti e hanno 14 invece che 12 razze. Sempre sulla S ci sono le cartelle del-la distribuzione in alluminio e la verniciatura del motore in nero lucido. La XDiavel standard costa 19.990 euro, la S arriva a 22.990 euro.

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La nostra prova a San Diego(California)Diavel e XDiavel. Hanno un nome (troppo?) simi-le e appartengono entrambe al mondo cruiser di Ducati. Stop, le similitudini finiscono qui. D’altra parte il fatto che condividano solo gli pneumatici Pirelli la dice lunga: sono due prodotti diversi. La Diavel è sportiva, con una motore rabbioso ma anche piuttosto irregolare ai bassi. La XDiavel ti accoglie invece come la poltrona di casa. Sali, o meglio scendi, in sella e allunghi le gambe come faresti sul pouf davanti alla tv. È una posizione comoda, che non permette di caricare le pedane nella guida sportiva, ma che non stanca nemme-no dopo una lunga giornata in sella. Le finiture sono curate in modo semplicemente perfetto, in particolare sulla versione S. Costa più della standard, ma la differenza è pienamente giusti-ficata (la stessa Ducati prevede di vendere l’80% di XDiavel nell’allestimento top). Il motore non ha vibrazioni, piuttosto lo si sente pulsare vivo a ogni richiamo dell’acceleratore. Ha una tonalità

di scarico eccitante, piena e cupa sin dai regimi più bassi nonostante l’omologazione Euro 4. La risposta dell’acceleratore è vellutata e testimo-nia una gestione davvero a punto del ride by wire. Delle tre mappe la Touring è la migliore, mentre la Sport trasforma i 156 cavalli in iene affamate di curve. Supera il nostro esame a pieni voti il siste-ma DVT: sulla XDiavel la fasatura variabile com-pie uno step ulteriore rispetto a quanto abbiamo visto sulla Multistrada DVT; è infatti sparito quel gradino, leggero ma percepibile, nell’erogazio-ne intorno ai 3.500 giri. Il Testastretta evidenzia una splendida regolarità di funzionamento sin da 2.000 giri. Ma quello che più stupisce è la gran botta di coppia che si scatena dai 3 ai 5.000 giri. In questo range la XDiavel spinge come una vera bestia e allunga le braccia a ogni rotazione del polso destro. Oltre questo regime ovviamente le prestazioni crescono ulteriormente, ma que-sta versione del bicilindrico desmo entusiasma soprattutto per la risposta ai medi. Il motore è assecondato dal cambio a sei rapporti, preciso

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e leggero. La trasmissione finale a cinghia ha un funzionamento inappuntabile e cancella come per magia tutti i rumori tipici della catena, quando si guida sotto-coppia. La frenata Brembo è mol-to potente e anche modulabile (fatto non sempre scontato quando le pinze sono così sportive); il cornering ABS rappresenta poi un elemento di grande utilità, perché fa lavorare il sistema anti-bloccaggio anche a moto piegata evitando quindi le cadute durante le frenate d’emergenza in cur-va.La moto è bassa e lunga. Per forza di cose le sospensioni hanno un’escursione ridotta, in par-ticolare dietro. Ma non sono tarate rigidamente. In particolare la forcella ha un’idraulica abba-stanza aperta, che le fa digerire senza problemi le infinite giunture del cemento californiano. Re-stiamo in tema di comfort per dirvi che il motore scalda, ma senza esagerare; persino in coda (con 20°) raggiunge la soglia di fastidio per gambe e piedi solo dopo parecchi minuti di stop a motore accesso. Non crediamo che il consumo sia il pri-mo pensiero dei futuri proprietari della XDiavel. Nell’extraurbano la nostra moto ha percorso una media di 15,5 km/l. Tenuto conto delle numerose soste fotografiche e dell’andatura brillante con le marce basse, ci pare un risultato discreto (oltre che di poco interesse per chi comprerà questa moto). Di difetti la nuova XDiavel ne ha ben pochi. Ma uno emerge in modo lampante. Al passeg-gero è dedicato uno spazio davvero striminzito. Nella dotazione di serie è previsto uno schienale di piccole dimensioni (nelle foto non lo vedete montato sulla nostra moto), che migliora la situa-zione, ma non la risolve. Se la distanza è breve e il passeggero è smilzo, non ci sono problemi. Ma se questi requisiti non sono soddisfatti, rischiate il divorzio. La cruiser bolognese è una moto da single, ma state certi che a lui (o lei) regalerà una caterva di soddisfazioni.

Casco Caberg Drift Full CarbonGiacca Rev’ it!Pantaloni Rev’ it!Guanti Rev’ it!Calzature Rev’ it!

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SCHEDA TECNICADucati XDiavel S 22.990 euro

Cilindrata 1.262 ccTempi 4Cilindri 2 Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneFrizione multidiscoEmissioni Euro 4Capacità serbatoio carburante 18 lt Potenza 156 cv - 115 kw - 9.500 giri Coppia 13 kgm - 129 nm - 5.000 giriABS siPneumatico anteriore 120/70 ZR 17Pneumatico posteriore 240/45 ZR17Peso a secco 220 Kg

PROVA OFF-ROAD

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Yamaha WR 450F PREGI Posizione di guida, motore, stabilità Prezzi da 9.190 €DIFETTI Forcella morbida, sottosterzo in discesa

YAMAHAWR 450 F

La storica WR torna nel 2016 completamente rinnovata. Piattaforma tecnologica comune con la

sorella cross, e tante ore di sviluppo per ottimizzarla in chiave enduro, ne fanno uno strumento altamente

performante e specifico per piloti di alto livellodi Aimone Dal Pozzo

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É Leon Oosterhof, Product Ma-nager Off Road a presentarci l’ultima nata in casa Yamaha, la WR450F model year 2016, ovvero il concentrato di tec-nologia applicato all’off-road

per come viene interpretato dalla ditta di Iwata. “Blue is back”, recita la prima slide della presen-tazione stampa. In effetti tutti gli uomini in blu sono orgogliosi del ritorno ai vertici del marchio dei tre diapason con successi in numerosi campi e zone del mondo. Non solo in cima alle classi-fiche mondiali della MXGP, ma anche in campo vendite con l’ottimo risultato del pro tour, il lancio del modello anniversario (colore giallo) e nuove opportunità come la rinata partnership con il leg-gendario sponsor Monster Energy. Gli anni 2010-2014 sono stati molto impegnativi per Yamaha, ma ora iniziano a raccogliere i primi risultati degli

importanti lavori svolti sui prodotti YZ e WR ed i molti appassionati stanno tornando ad apprez-zare le unicità del marchio Yamaha. Il concetto di cilindro girato di 180 gradi è stato un azzardo non solo tecnologico ma anche di marketing, che inizialmente ha destato scalpore, incertezza e ti-tubanza, ma ora, grazie ai suoi successi in campo sportivo, si sta rivelando una scelta azzeccata, anche per quanto riguarda l’utenza domestica ed internazionale.

La genesi del progettoIl segmento di mercato all’interno del quale si po-siziona la nuova WR450F conferma un costante incremento di clientela in termini di numeri, non solo grazie alla tendenza di chi si sposta dal mo-tocross all’enduro e ricerca quindi un prodotto altamente performante, ma dettato anche dal fatto che sta crescendo il segmento specifico del

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rally ricreazionale. Yamaha è da sempre molto attenta a questi fattori ambientali, essenziali per definire ed intraprendere le direzioni di sviluppo ed infatti, gli elementi chiave per la nuova gene-razione della WR sono: accontentare piloti di alto livello, con esigenze specifiche per questo seg-mento (enduro/rally), design leggero, atletico e funzionale; guidabilità e versatilità utilizzabile sia dal pilota esperto che dal professionista, capace di regalare emozioni anche ai piloti più navigati. Il cliente per il quale Yamaha ha espressamente studiato la nuova WR450F è principalmente il pilota esperto ed il professionista, questo an-che dettato dalla base di partenza del progetto, ovvero la derivazione crossistica. Masato Yoki, project Leader del progetto WR a partire dal 2006, ce lo conferma: “Siamo partiti dalla base della moto da cross YZ450F ed abbiamo lavorato duramente per ripensarla in chiave enduro, otti-mizzandone i punti di forza, specifici per la guida in off-road di alto livello. La nuova 450 dunque si discosta dal modello passato, diventando anco-

ra più specifica e competitiva”. Dal punto di vista geometrico viene confermato il telaio in allumi-nio del modello cross, con telaietto posteriore autoportante. Questo per garantire il massimo in termini di stabilità, maneggevolezza, trazione, precisione ed anche per un’estetica accattivante che la contraddistingue. Vengono confermati gli impianti frenanti Nissin, ma per il 2016 vengono accoppiati ad un disco anteriore da 270 anziché 250mm che rende la frenata più progressiva e potente. Le piastre superiori ricevono la mede-sima tipologia di montaggio del manubrio su si-lentblock per aumentare al massimo il comfort del pilota in particolar modo per i lunghi tragitti. Viene adottata una ventola di raffreddamento posizionata sul radiatore destro per ottimizzare la gestione delle temperature alla bessa veloci-tà cosi come delle protezioni supplementari dei corpi radianti, essenziali in caso di caduta. Il com-parto sospensioni trova una forcella classica a cartuccia chiusa da 48mm Kayaba, cosi come al posteriore troviamo un mono della stessa marca.

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La posizione ed il carico sul comparto ammortiz-zante trova un nuovo bilanciamento grazie alla nuova posizione delle pedane che vengono ab-bassate, ma in ordine di marcia la nuova WR risul-ta sbilanciata sull’anteriore. Un nostro caro ami-co e tester olandese, Toine Van Dijk l’ha definita in due parole: assetto italiano. Alla mia richiesta di spiegazioni mi ha risposto che l’impressione è quella di guidare una moto settata per l’enduro italiano, piuttosto che una moto classica olan-dese. Questo perché loro solitamente viaggiano con un anteriore molto più sostenuto ed un re-trotreno più basso e scarico, condizione indi-spensabile se si vuole sopravvivere nella sabbia dei loro luoghi. Le “nostre” moto invece, sono sempre state più cariche sull’anteriore, al fine di favorire l’inserimento in curva e la precisione di guida sui terreni duri. Il motore, rispetto alla versione precedente, viene ruotato di 180°

sull’asse verticale ed inclinato all’indietro. Que-sto permette di avere un basamento molto più compatto e più vicino al baricentro della moto. Non solo, ma la particolare tecnologia della biella in off-set permette di avere una spinta di com-pressione molto più efficace, in quanto l’angolo anomalo del cilindro consente anche di avere la biella verticale nel momento della combustione, riducendo al minimo gli attriti all’interno della ca-mera di scoppio nella fase di discesa del pistone. Cambia di conseguenza anche la posizione della cassa filtro che viene posizionata in alto, davanti, al posto del serbatoio, che slitta di conseguenza sotto alla sella. Sulla nuova enduro abbiamo una capacità di 7,5 litri ma con una segnalazione sul cruscotto della riserva (2 litri). Il filtro, in questa nuova posizione rimane molto più pulito e per più tempo e, nell’utilizzo specifico del rally, è un grosso valore aggiunto. La testa cambia forma

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in quanto si passa dalle 5 valvole alle 4 attuali e le cammes ricevono un nuovo profilo più ampio, necessario anche per agevolare la messa in moto con il motorino elettrico di avviamento. Rispetto al modello cross vengono completamente rivo-luzionate le mappature, l’erogazione è quindi studiata per i terreni off-road e, anche in questo caso, con il power tuner acquistabile a parte, è possibile modificare le impostazioni a piacimen-to. Il cambio rimane a 5 rapporti e la frizione è sempre con azionamento a cavo mentre l’albero motore è stato modificato in pesi ed in larghezza per ospitare l’accensione maggiorata. L’impian-to di scarico è di ultima generazione e prevede il giro attorno alla testa piuttosto che sotto alla sella. Di prassi, nella realizzazione di una moto da corsa Yamaha pone in secondo piano l’aspetto estetico rispetto alle performance del prodotto, ma per la WR450F 2016 ha prestato particolare attenzione anche a questo elemento, ridisegnan-do completamente le grafiche, adottando cerchi neri e protezioni motore snelle e slanciate, che la rendono bella ed aggressiva.

In sella alla WR450FDal punto di vista ergonomico, la nuova 450 van-ta uno spazio di azione ampio e libero da ogni ingombro, già particolarmente apprezzato sulla sorella minore e le cross. L’assenza del tappo del serbatoio (nascosto sotto ad una sezione di sel-la) e la sinuosità della sella, permettono al pilota di muoversi liberamente. La seduta è piatta e co-moda, la senti bene tra le gambe ed ha il gros-so pregio di abbinarsi bene alle linee del telaio e delle sovrastrutture che offrono, a loro volta, una superficie di contatto con il pilota molto liscia e lineare. La distanza tra i principali punti di ap-poggio come sella, pedane, manubrio e comandi è già efficace, ma per chiunque volesse perso-nalizzazioni particolari, il manubrio Protaper è collocabile in 4 posizioni differenti in quanto la piastra permette di reinserire i Silent-block in 2 sedi, girati sia in avanti che indietro. Quando vuoi partire premi il comando di accensione a destra sul manubrio le la WR si avvia senza esitazione. Il rombo del propulsore al minimo assomiglia più ad un fruscio che ad una marmitta. Le moto del

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test infatti erano dotate di tutti gli strumenti es-senziali per l’omologazione, come il silenziatore regolamentare, il db-killer e la flangia della cassa filtro. Già dai primi metri però scopri subito che pur essendo “limitata” non ha le caratteristiche da bella addormentata nel bosco, bensì è subito presente e pronta a rispondere alla chiamata del gas. Il grande lavoro dei tecnici infatti, ha porta-to la nuova WR ad essere mansueta e docile, ma allo stesso tempo molto reattiva e mai sorniona. Chiedi potenza e sei subito accontentato, ma mai in maniera brusca. Questo si traduce in una guida molto rilassata, lineare e poco impegnativa dal punto di vista fisico, ma altrettanto efficace. La nuova 450 ha una velocità di crociera sugli 80-90 km/h dove si dimostra estremamente bilanciata e questo ti trasmette la massima sicurezza che si tra-sforma in divertimento allo stato puro. Sugli sterratoni secchi e polverosi del deserto di Al-meria, questa WR spazzola che è un piacere,

senza mai impuntarsi o prendere sotto, tanto è bilanciata.Diversa è la sensazione quando si affrontano tratti più enduristici nel quale i trasferimenti di peso avvengono con maggiore frequenza, in quanto, la forcella eccessivamente cedevole, ten-de a caricare troppo l’avantreno e ciò porta ad un sottosterzo ed una sensazione di pesantezza dell’anteriore poco piacevole. Il mono, di contro, appositamente studiato per l’utilizzo off-road, copia le asperità con grande precisione e so-prattutto trasmette una sensazione di stabilità e controllo che ti porta ad affrontare le alte ve-locità con grande tranquillità. Il propulsore nella sua versione interamente originale è già pronto e reattivo alla prima richiesta di spinta e sale con una schiena corposa e costante. La versione munita di scarico Akrapovic è ancora più reattiva, tanto da rendere l’avantreno ancora più leggero e maneggevole grazie allo spunto in-ziale che la marmitta racing è in grado di svilup-

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Casco UfoMaglia AlpinestarsPantaloni Alpinestars Guanti AlpinestarsOcchiali ArieteStivali Alpinestars

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SCHEDA TECNICAYamaha WR 450 F 9.190 euro

Cilindrata 449ccTempi 4Cilindri 1 Raffreddamento a liquidoAvviamento elettrico e a pedale Alimentazione iniezioneFrizione multidiscoEmissioni Euro 3Capacità serbatoio carburante 7,5 lt ABS noPneumatico anteriore 80/100-21 51PPneumatico posteriore 120/90-18 65PPeso a secco 118 Kg

pare. Con lo scarico in titanio infatti, la WR perde quella sensazione di sovraccarico all’anteriore in quanto la coppia del motore permette al pilota di sbilanciare la guida maggiormente sul posterio-re. Grande attenzione è stata rivolta agli impianti frenanti che si confermano sempre di alta cate-goria, ovvero i Nissin con dischi a margherita. La particolarità di questi sistemi è quella di essere veramente modulabili e progressivi, ma allo stes-so tempo molto potenti nel caso ve ne fosse biso-gno. Sulla 450 2016 sono stati ulteriormente ot-timizzati grazie ad un disco anteriore maggiorato che donano maggiore forza e progressione. Per quanto riguarda il resto della componentistica, l’insieme dell’impianto illuminante, l’avviamento elettrico con bottone al manubrio, il paramotore in materiale plastico, la marmitta più grande per ottimizzarne la silenziosità ed il cavalletto laterale retrattile, portano la nuova WR 450 F ad un peso complessivo - con liquidi e tutto quanto - di 123kg, che diventano circa 112 a secco.

Special Parts GYTRYamaha, come ogni anno, propone come after-market una gamma sempre più ampia di prodotti genuini marchiati GYTR, come lo scarico Akra-povic, la campana frizione, le leve anti rottura, le protezioni dei radiatori, filtri aria speciali e tutto quanto necessario per un utilizzo estremo e per la protezione del proprio mezzo. Non solo, ma per il 2016 Yamaha rinnova completamente la gamma di abbigliamento da gara e post gara, per dare l’opportunità ad ogni cliente di sentirsi parte della famiglia ed un vero pilota ufficiale.

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TRIUMPH TIGER SPORTCON IL MOTORE DELLA SPEEDdi Maurizio Gissi | Ecco la nuova versione della Tiger Sport. Ha il motore 1050 dell’ultima Speed Triple e l’elettronica che ne consegue per quanto riguarda mappe e controlli. Aggiornata l’estetica

A rriva “quasi” a sorpresa, dopo esse-re stata scorta in alcuni test stradali ancora in versione non definitiva, la nuova versione della crossover di

casa Triumph, la Tiger Sport 1050. Le novità sono di tipo estetico, anche se soltanto accennate, e soprattutto tecnico grazie all’adozione dell’ulti-ma versione del tre cilindri conosciuto di recente sulla nuova Speed Triple. Il 1050 cc ha visto un in-cremento della coppia, stando a quanto ha anti-cipato Triumph che peraltro non ha ancora diffu-so i dati ufficiali, e una contemporanea riduzione dei consumi di carburante. Aspetto significativo è l’adozione dell’ultima gestione elettronica del-la Speed (la moto è omologata Euro4), quindi ci sono l’acceleratore ride by wire, le mappe motore e il controllo di trazione regolabile; l’Abs diventa di serie e arriva la frizione anti saltellamento assieme a un nuovo terminale di scarico.

Ci sono poi il parabrezza ad altezza regolabile, nuovi retrovisori e rivestimento delle pedane a migliorare l’aspetto funzionale. Questa crossover con ruote da 17 pollici, forcella rovesciata dotata di pinze freno ad attacco radiale, forcellone mo-nobraccio e telaio in lega di alluminio è un mo-dello sicuramente interessante visto il crescen-te successo di questo segmento e considerata la storia di questa moto che vede le sue origini nel lontano 1992. Il nome cambiò da Tiger a Ti-ger Sport, dopo che la moto aveva ricevuto vari aggiornamenti, nel 2013 a completare l’offerta enduro stradale data dalle altre tre cilindri, ri-spettivamente di 800 e 1.200 cc, Tiger e Tiger Explorer. Non si conoscono nemmeno il prezzo e la data di arrivo, ma non ci vorrà molto per sco-prirlo. Le colorazioni disponibili, stando a quanto comunicato in Inghilterra, saranno il nero lucido e l’argento opaco.

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TVS AKULA 310IL CONCEPT DALLA BMW G 310 RLo “Squalo” della TVS, partner indiano di BMW, è stato premiato come migliore concept bike dell’Auto Expo 2016 di New Dehli. Una super spor-tiva che adotta la base tecnica della nuova BMW 310

L ’ ultima nata di casa BMW, la G310R, come è noto sarà costruita in India dalla TVS, che è partner industriale di BMW Motorrad e che costruirà per la Casa

di Monaco modelli di cilindrata media e medio bassa di diffusione globale. La casa motociclisti-ca indiana, la terza del Paese per ordine di gran-dezza, nel 2014 ha realizzato un fatturato di 1,6 miliardi di dollari grazie a tre milioni di motocicli di piccola cilindrata e di 1,2 milioni tre ruote pro-

dotti. L’intero gruppo, che spazia dall’automotive all’aviazione, dall’elettronica all’energia, supera il fatturato annuo di 7 miliardi di dollari. Al re-cente Auto Expo 2016 di New Dehli, la TVS ha presentato assieme alla sua gamma di scooter e motoleggere, il concept di una moto sportiva da pista. Si chiama Akula, che in russo significa squalo, in omaggio alle sue forme aerodinami-che. L’intera sovrastruttura è in fibra di carbonio, e anche se l’estetica non è poi così originale, ed

evidentemente ispirata a maxi sportive di gri-do, va comunque giudicata per il suo contenuto rivoluzionario nell’ambito dell’industria indiana, e per il suo andare contro corrente, cioè nell’an-dare contro quelle linee marcatamente spigolose che generalmente denotano lo stile delle moto costruite per i mercati asiatici. Della Akula 310 non sono state divulgate informazioni particolari, se non sottolinearne il peso contenuto in meno di 130 kg, mentre il motore monocilindrico e la quasi totalità dell’essenziale ciclistica (cambia ad esempio il telaietto posteriore) sono quelli della succitata BMW presentata all’Eicma lo scor-so novembre. E’ prevedibile che la BMW G310R evolva in futuro in qualcosa di diverso che non sia soltanto la naked già vista. Affermare che diven-terà una super sportiva è certamente prematuro. Chissà che effetto farà questo esperimento della TVS agli attenti osservatori di Monaco...

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KISKA DESIGNKTM, HUSQVARNA E MOLTO ALTROdi Maurizio Gissi | Abbiamo visitato la sede di Kiska Designing Desire, la società austriaca che disegna le KTM, le Husqvarna ma che lavora per tanti altri marchi e che si occupa non più soltanto di stile

I l nome di Kiska è noto nell’ambiente moto-ciclistico perché firma le estetiche, ma non soltanto quelle, di tutte le KTM dal 1992 a oggi. Ammirato oppure ferocemente cri-

ticato per le linee tese e gli spigoli che caratte-rizzano il design delle KTM, soprattutto di quelle stradali, Gerald Kiska ha indubbiamente il merito di aver creato uno stile inconfondibile per le moto austriache e di aver in un certo senso anticipato certe tendenze riprese poi da altri. La sua storia e quella di KTM sono fittamente intrecciate a partire dal 1991 e la fortuna di uno è stata quella dell’altra. Perché in 25 anni di attività, quella che era partita in maniera molto agile è diventata una delle più importanti aziende indipendenti di de-sign in Europa e la maggiore in Austria. Kiska De-signing Desire, così si chiama la società di design, consulenza e comunicazione integrata, si trova alle porte di Salisburgo. Non troppo distante da Mattighofen che è la storica sede di KTM. Siamo andati a visitarla dopo essere entrati nei reparti di Ricerca & Sviluppo di KTM. Un ulteriore tour che ci ha permesso di conoscere questa realtà, cresciuta in fretta proprio come è successo alla marca austriaca di moto che, è giusto ricordare, è diventata la prima casa motociclistica euro-pea. La nuova sede di Kiska Designing Desire, inaugurata nel 2009, è una costruzione lineare e squadrata costruita in cemento e vetro, verni-ciata di bianco all’esterno come all’interno. Dalle luminose finestre si scorgono i prati, ora innevati, e il monte Untersberg. Negli uffici e nei reparti modellazione che occupano in totale cinquemi-la metri quadrati lavorano 150 creativi, in mag-gioranza austriaci, provenienti da 28 differenti

Paesi del mondo. Qui ci si occupa di product e transportation design, ma non solo. Perché nel tempo l’iniziale attività di Kiska, il design puro, si è estesa alla consulenza e alla comunicazione. Che significa fornire ai clienti supporto strategi-co e di pianificazione, ricerche, analisi e innova-zione. E poi ancora comunicazione del prodotto, corporate design, video, fotografie e contenuti di-gital media. Avete presente i video di lancio della Super Duke? Oppure quello di Robbie Maddison che fa surf con una KTM sulle mitiche onde di Teahupoo? Sono stati tutti ideadi e curati qui a Salisburgo.

Mille progetti e l’arancione “K”Quasi un terzo delle risorse produttive sono as-sorbite da KTM, ma nel suo primo quarto di seco-lo di attività sono stati un migliaio i progetti curati da Kiska. Un’azienda che fra i sui clienti annovera marchi internazionali quali Adidas, AKG, Audi, Atomic, Bajaj, Daimler-Chrysler, Kastle, Hilti, Honda Japan ed Europa, Opel, Mercedes Benz, Zeiss e che in passato ha lavorato anche per Piaggio e Benelli tanto per citare due casi moto-ciclistici. Il fatturato 2014, l’ultimo disponibile, è stato di 14 milioni di euro. Cinquantasette anni e un passato in Germania alla Porsche Design, Ge-rald Kiska si è messo in proprio nel 1990 aprendo il suo studio a Salisburgo. Un anno dopo ha in-contrato Stefan Pierer, da poco alla guida di KTM. Kiska era già in contatto con KTM per aver vinto un concorso di progettazione di un nuovo mo-dello (da farsi su base LC4) lanciato dalla prece-dente proprietà KTM. Nel 1992 la casa austriaca sfiorò la bancarotta, ma quando finalmente l’at-

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tività riprese - lentamente ma con una crescita costante e poi con una forte accelerazione - il percorso della marca austriaca di moto e il suo studio, che all’epoca contava quattro collabora-tori, si legò a doppio filo. E’ stato Kiska a disegna-re la prima Duke. Nel 1994 ha cambiato il logo KTM, che perdeva l’ovale di sfondo, ha iniziato a occuparsi anche di come comunicare il marchio nelle campagne pubblicitarie. E soprattutto ha scelto il colore arancione (il codice Pantone 021C: altri colori erano già simboli riconosciuti di altre marche...) per caratterizzare tutte le future KTM. Il designer austriaco non è un sostenitore inte-gralista delle linee spigolose, ma le ha adottate

di concerto con Pierer come simbolo stilistico di KTM. Una caratteristica diventata ancora più marcata con l’arrivo dei modelli stradali a parti-re dalla maxi sportiva RC8. Nel 2007, grazie alla prima automobile KTM - la roadster X-Bow pro-gettata da Dallara - Kiska vince il premio IF asse-gnato dall’International Forum Design. Su di un mezzo tecnico qual è la moto, forma e funzione sono l’essenza del design e la definizione di ogni singolo dettaglio deve tenere conto degli aspet-ti estetici come di quelli strutturali e funziona-li. Anche le moto da cross, nella loro apparente semplicità, nascondono una cura maniacale del dettaglio laddove serve offrire la presa al pilota

Attualità

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aree off limits per i visitatori che non abbiamo potuto vedere, è la curiosa miscela fra rigore formale e libertà creativa. E poi colpiscono i tan-ti volti giovani che si incrociano, i tratti somatici che ne testimoniano la provenienza dai quattro angoli del mondo, il lavoro di ricerca che anticipa e completa la componente puramente creativa di un designer.

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design del prodotto per diventare un’attività glo-bale e coordinata. Lo stesso metodo di lavoro si ritrova nella Super Duke GT, moto che arriverà a breve in vendita, e che è stata sviluppata proprio evolvendo il concetto Super Duke miscelando le qualità touring con l’anima Ready to Race tipica dei modelli sportivi arancioni. Con Husqvarna l’approccio stilistico è stato diverso, perché il posizionamento del marchio nella sua fase due – quella iniziata con i concept Svartpilen e Vitpilen visti a Eicma 2014 e 2015 – ha com’era prevedi-bile previsto la minore sovrapposizione possibi-le con KTM e poi un importante allargamento a maggiori segmenti stradali. Sulle future Husqvar-na le forme saranno meno aggressive, più dolci e minimaliste, sempre attente alle tendenza extra mondo moto ma anche tecniche. All’interno di Kiska Designing Desire ci sono team distinti che operano sui due marchi in ogni fase del progetto, ma che si interfacciano e beneficiano di strutture ed esperienze comuni. Ciò che colpisce girando all’interno della struttura di Kiska, con alcune

Attualità

oppure evitare che il fango si depositi dove non deve.

Non basta disegnare«In passato – ricorda Gerald Kiska - il focus dato dalle aziende era: design, design e ancora design. Ora occuparsi di un marchio vuol dire seguirne tanti aspetti integrati, oltre allo stile, compren-dendo anche svariate forme di consulenza e di supporto alla comunicazione». La 1290 Super Duke R lanciata nel 2014 (nota anche come “The Beast”) è forse la sintesi migliore del lavoro di Kiska Designing Desire per KTM, perché su que-sto modello si trova tutto il contributo creativo fornito dalla società. Dalla ideazione del modello al concept, dalla rifinitura dell’idea al supporto in-dustriale, dalle strategie di business al mock-up, dal prototipo in clay alla campagna di lancio, dal-la realizzazione di video alle immagini e poi anco-ra i contenuti multimediali, fino alla creazione del minisito web dedicato. Un supporto e un coinvol-gimento che ha superato il normale concetto di

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POLIZIA STRADALE IN AZIONE GUASTO COSA FAREdi Andrea Perfetti | Un banale guasto può nascondere un grave pericolo di investimento. Gli amici della Polizia Stradale ci spiegano cosa fare se restiamo in panne con la moto o con l’auto sia in autostrada che su strada statale

G razie al fondamentale aiuto della Polizia di Stato e della Sezione della Polizia Stradale di Cremona, diretta dal Vice Questore Aggiunto Federica

Deledda, cerchiamo di fare chiarezza su diver-si comportamenti che hanno un risvolto diretto e immediato sulla sicurezza dei nostri viaggi in auto e in moto. Siamo saliti a bordo delle auto della Polizia per rispondere in modo semplice e immediato a tanti dubbi e per chiarire diversi

aspetti legati alla circolazione stradale. A que-sto indirizzo trovate gli argomenti trattati dalle redazioni di Moto.it e Automoto.it con la Polizia Stradale. Oggi affrontiamo una situazione che a priori (e facendo gli scongiuri) tendiamo a rimuo-vere dai nostri pensieri. Un banale guasto può nascondere un grave pericolo di investimento. Gli amici della Polizia Stradale ci spiegano cosa fare se restiamo in panne con la moto o l’auto sia in autostrada che su strada statale.

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Sicurezza Stradale

Cosa fare in caso di avaria del mezzoLa nostra auto o moto ferma sulla strada per un guasto è un potenziale pericolo per noi stessi e per gli altri utenti. Da conducenti diventiamo pedoni su strade spesso trafficate e dobbiamo subito metterci al riparo dall’investimento. Fatto questo, è altrettanto importante avvisare le altre persone della presenza del nostro veicolo fermo, che potrebbe essere non ben visibile. Ricapitolia-mo quindi come dobbiamo comportarci:1. Mettiamoci in sicurezza. E mettiamo al sicuro chi viaggia con noi, allontanandolo dalla sede stradale.2. Diamo la massima visibilità. Usiamo le luci di emergenza e il triangolo per segnalare la nostra presenza. Indossiamo il gilet ad alta visibilità. Se-gnaliamo anche la presenza eventule di rottami o olio sulla strada. Il nostro comportamento deve cambiare a secon-da che ci troviamo in città, su strada extraurbana o autostrada. In caso di guasto su una strada ur-bana, accendiamo le luci di emergenza, indossia-mo il giubbotto catarifrangente e posizioniamo il triangolo a una distanza di almeno 50 metri dal

veicolo. Quando non possiamo spostare il mezzo, indossiamo il giubbotto ad alta visibilità e, pre-stando la massima attenzione agli altri veicoli, portiamoci coi passeggeri in un luogo sicuro. Se necessario, scavalchiamo il guard-rail (con l’ac-cortezza di aver verificato prima che non ci siano sbalzi o pericoli). A questo punto possiamo chia-mare il soccorso stradale indicando con precisio-ne dove siamo. In città segnaliamo la situazione di pericolo agli altri veicoli, collocando il triangolo e invitando gli altri utenti a rallentare. Indossiamo il giubbotto rifrangente, anche se non è obbliga-torio (dobbiamo usarlo invece su autostrade e strade extraurbane).In autostrada accendiamo le luci di emergenza e spostiamo l’auto o la moto nella corsia d’emer-genza o nelle piazzole. Indossiamo il giubboto ad alta visibilità e posizioniamo il triangolo ad almeno 100 metri dal mezzo. Mettiamo al riparo anche gli altri passeggeri e chiamiamo i soccor-si, indicando con la massima precisione dove siamo. L’utilizzo delle colonnine di chiamata del soccorso è preferibile al cellulare, perché forni-scono una localizzazione esatta del luogo dove ci troviamo.

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TESI IEDBMW G 310 R, SPAZIO ALLE IDEEdi Marco Berti Quattrini | Originali, sorprendenti, concettuali e commerciali; tecnologiche ed emozionali. Tutte le idee presentate dagli studenti IED sulla G 310 R BMW

A nche quest’anno i ragazzi dello IED di Milano hanno avuto la possibilità di lavorare su un progetto a due ruo-te. Ai tesisti di design del prodotto

è stato chiesto di personalizzare e reinventare la G310R, la naked BMW presentata ad EICMA. Agli studenti di Interior Design - scenografia de-gli eventi è stato affidato il compito di ideare una strategia di comunicazione che culmini con un evento di presentazione della piccola bavarese. Nella prima sessione di incontri con professori e rappresentanti di BMW, i ragazzi hanno pre-

sentato le idee che andranno a sviluppare nella seconda fase, e i progetti a cui nelle prossime settimane daranno forma e sostanza. I ragazzi specialisti di design del prodotto, guidati dai do-centi Cristiano Oliva e Luca Loschi, si sono con-centrati nel realizzare versioni e allestimenti che si adattino ai target specifici della G310R. Ma non solo. Si sono spinti oltre, creando nuovi modi di personalizzare la propria moto, e hanno in alcuni casi ridefinito anche il rapporto tra il motociclista e la Casa motociclistica. I tesisti di scenografia della classe del professor Roberto Muscinelli

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Iniziativa

sono riusciti a concettualizzare in modo origi-nale gli aspetti emozionali e commerciali che definiscono la piccola BMW. Siamo davvero curio-si di scoprire come nelle fasi successive riusciran-no a sviluppare le loro idee, e trasformarle in eventi indimenticabili per gli addetti del settore e per il pubblico. Gli studenti dello IED che hanno scelto la tesi BMW

DESIGN DEL PRODOTTOGruppo 1 Arcari Pietro, Scrocco Riccardo, Donati Francesco, Noseda DavideGruppo2 Chiodini Edoardo, Corneliani Michele, Marzo AldoGruppo 3 Cappelletti Matteo Giuseppe, Maiolino Fabio, Pansini AndreaGruppo 4 Pennati Belluschi Federico, Santi Marta, Spotti FedericoGruppo 5 Fayad Ali, Helmy Ahmed, Wang ZhihaoGruppo 6 Botev Daniel, Cohen Yaron, Ingvarsson

KristjanGruppo 7 Iovchev Maksym ,Jeong Min, Shen Zhi, Erdir Mert

SCENOGRAFIA DEGLI EVENTIGruppo 1 Favalli Annalisa, Melchiorre Andrea, Sabatino Giulia FrancescaGruppo 2 Rodrigues Durando Luigi Filippo, Puc-cioni Olivia, Rizzuti Tiziano, Vergori LauraGruppo 3 Cao Xiawei, Cecchi Charlotte Alessan-dra, Frattini Camilla, Mauri FedericaGruppo 4 Cipriani Marina, Olivieri ChiaraGruppo 5 Hu Guorui, Scolari Elena Maria, Sorlini Matteo, Zardoni FedericaGruppo 6 Buono Annachiara, Forti Laura, Reina Federica, Togliardi StefanoGruppo 7 Casco Gherardo Paolo, Frassanito Sil-via, Gardin Daniel, Zausa GiuliaGruppo 8 Bonomelli Anna, Caruso Nicole, Della Torre Francesco, Riva Denise Micole

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Motociclismo e Salute

IN MOTOLA PREPARAZIONE ATLETICAChe siate un pilota professionista o un semplice amatore che guida la moto per divertirsi nel fine settimana, la preparazione fisica dovrebbe essere una componente essenziale

I niziamo con questa puntata una nuova ru-brica dedicata alla preparazione fisica spe-cifica per il motociclismo. Una rubrica che, senza voler banalizzare l’argomento sug-

gerendovi programmi di preparazione generali o presentandovi rimedi infallibili, vuole cercare di sfatare qualche luogo comune ma soprattutto spingervi a meditare sull’importanza della condi-zione fisica nella pratica del motociclismo come sport. Una definizione, quella di sport, che vuole

comprendere anche l’andare in moto per puro diletto, perché la guida delle due ruote a motore, su asfalto o in fuoristrada, è una pratica molto più impegnativa di quanto non pensiamo per fisico e mente. Vi presentiamo quindi il nostro collabo-ratore Maurizio Milana, che vi faremo conoscere nel dettaglio e che si presenta con un articolo con cui... appunto, vi spiega perché e percome ogni “semplice motociclista” farebbe meglio ad inizia-re a pensare da atleta. Venite con noi!

Il pilota visto dagli occhi delpreparatore atleticoNegli sport motoristici, quando si pensa al mi-glioramento della prestazione, spesso l’atten-zione si concentra esclusivamente sul mezzo meccanico con regolazione delle sospensioni, tarature di centraline elettroniche, impianti di scarico più performanti e via discorrendo. Il pilo-ta passa così in secondo piano, con il risultato di arrivare – in molti casi – ad affrontare le gare o le semplici uscite in moto in condizioni atletiche approssimative. E’ invece importante considera-re il pilota – quindi considerarsi, se lo siete – un vero e proprio atleta, che deve adottare un com-portamento e uno stile di vita che gli permetta di pensare da “atleta”, alla continua ricerca del mi-glioramento delle proprie prestazioni fisiche. Le motivazioni che dovrebbero spingere ad avere un programma di allenamento specifico sono sem-plici: dal riuscire a mantenere la tecnica di guida ottimale dal primo all’ultimo minuto, alla salva-guardia dell’incolumità fisica. Un pilota allenato sopporta infatti molto meglio

cadute e incidenti che sono purtroppo frequen-ti in queste tipologie di sport, riducendo inoltre i tempi di recupero in caso di traumi. Analizzando la posizione sulla moto, in appoggio plantare sulle pedane, con ginocchia leggermente flesse, mani ancorate al manubrio e braccia che devono sor-reggere il peso del corpo durante i trasferimenti di carico, si intuiscono i gruppi muscolari fonda-mentali alla conduzione del mezzo. La posizione coinvolge tutti i muscoli degli arti inferiori, della fascia lombare e gli estensori della colonna ver-tebrale, la muscolatura addominale, i muscoli che agiscono sull’articolazione della spalla (deltoide, piccolo e grande rotondo, sottospinato) i muscoli del dorso (trapezio, piccolo e grande romboide, gran dorsale), i muscoli di braccio e avambraccio, non ultimi i flessori ed estensori delle dita, e infi-ne la muscolatura del collo che ha anche l’onere di dover sopportare il peso del casco. La guida richiede un grande controllo corporeo, è quin-di evidente che un fisico non opportunamente allenato tenderà ad abbandonare la corretta posizione di guida, abbassando considerevolmente

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Motociclismo e Salute

la qualità della prestazione. Molto importante è da considerarsi anche la periodizzazione e pro-grammazione dell’allenamento, perché ci sono diversi fattori che influenzano tempi e modi di lavoro. Pensate solo, ad esempio, ad età, condi-zione fisica, eventuali traumi precedentemente subiti, aspetti psicologici individuali, specialità motoristica praticata.Bisogna quindi pianificare e definire gli obiettivi (a breve, medio e lungo ter-mine), le scadenze più importanti (gare/periodi di competizione), i tempi, i metodi e i mezzi più idonei. Inoltre, la preparazione atletica dei piloti è particolarmente complessa in quanto deve tener conto di allenamenti effettuati con e senza moto. Sulla base di queste considerazioni possiamo di-videre la stagione agonistica in almeno 3 periodi: transitorio, precompetitivo, competitivo.

Periodo TransitorioE’ durante l’inverno che si deve e si ha tempo di dedicare la maggior parte del tempo alla fase di preparazione, cercando di raggiungere un elevato livello di condizione organica e muscolare. Finite le gare (ottobre) l’atleta dovrebbe abbandonare le uscite in moto per “ricaricarsi” sia dal punto di vista fisico che psicologico. In questo periodo si

lavora sul condizionamento generale, si allenano in maniera generale tutti i muscoli del corpo con l’obiettivo di prepararsi al vero e proprio program-ma di allenamento delle fasi successive. E’ molto importante in questo periodo fare un “bilancio del passato”, utile alla progettazione del lavoro futu-ro e alla comprensione dei propri punti deboli. Potreste scoprire che si commettono errori sulla moto per mancanza di forza, resistenza o sem-plicemente per una scorretta tecnica di guida. Il periodo è inoltre utile per recuperare da eventuali infortuni

Periodo precompetitivoPotremmo dividere questa fase in 2:La prima (novembre-dicembre) in cui si cerche-rà di incrementare progressivamente il proprio bagaglio di forza, lavorando nel frattempo anche dal punto di vista cardiovascolare con l’obietti-vo di innalzare la soglia anaerobica (sono utili esercizi come corsa, bici, vogatore) magari con l’ausilio di un cardiofrequenzimetro. La seconda (gennaio-febbraio-marzo), momento fondamen-tale della preparazione, punta all’aumento di forza resistente e tolleranza al “lavoro lattacido”, incremento della capacità aerobica e anaerobica,

miglioramento della core stability. Per la forza resistente è molto utile il circuit training, che ha il vantaggio di allenare contemporaneamente forza, resistenza muscolare e apparato cardio-respiratorio. Per il condizionamento cardiova-scolare può essere utile un lavoro di tipo fartlek, allenando il sistema aerobico ed anaerobico alternativamente. Ma soprattutto, ricominciano le uscite in moto!

Periodo competitivoFinalmente iniziano le gare, da fine marzo a set-tembre! In questo periodo è importante non vanificare tutti gli sforzi effettuati in preceden-za; si punta al mantenimento del condiziona-mento cardio-vascolare (corsa o bici), e la pro-grammazione può prevedere richiami di forza muscolare, con momenti di carico e scarico a

seconda degli appuntamenti agonistici. Molto im-portanti gli allenamenti in moto, simulando il più possibile le situazioni che si presentano durante la gara.Non dimenticate gli esercizi di mobilità ar-ticolare e stretching (potenziano la circolazione sanguigna, attenuano le contratture e i dolori mu-scolari, e riducono il rischio di lesioni muscolari) da effettuarsi in ogni fase della preparazione. Ese-guite sempre esercizi di riscaldamento muscolare prima di ogni allenamento (anche sulla moto) ed esercizi di defaticamento muscolare al termine di allenamenti o gare. Una corretta alimentazione è fondamentale per far funzionare al meglio il no-stro organismo e raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati. Molto importante considerare il tipo e la cronologia dei pasti in rapporto all’orario degli allenamenti e delle gare. Gli integratori e tutto ciò che la pubblicità vuole venderci non aggiungono

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Motociclismo e Salute

nulla di veramente utile ad una sana ed equilibra-ta alimentazione, che dovrebbe fornire quanto necessario alle esigenze di uno sportivo. Solo in casi particolari e sotto indicazione del medico sono utili integratori alimentari. E ricordate: per allenamenti o programmi stagionali affidatevi sempre a professionisti del settore specializzati in sport motoristici, ed effettuate la visita medico-sportiva per il rilascio del certificato di idoneità.

Chi è Maurizio MilanaNato a Grosseto il 25/01/1970, è laureato in scienze motorie, Kinesiologo, e tecnico federale in qualità di preparatore atletico.

Lo sport è da sempre la sua passione, e “fortuna-tamente” anche il suo lavoro. Da sempre appas-sionato di moto, inizia con viaggi in tutta Europa, passa poi ai raid africani e a gare del campionato italiano Motorally per il quale a tutt’oggi svolge il ruolo di tecnico di percorso. Ha sempre cercato di approfondire le tematiche legate alla prepara-zione fisica dei piloti, molto utili le permanenze in California per carpire i segreti dei piloti americani per i quali la preparazione fisica è sempre stata una tappa fondamentale. Da anni si occupa della preparazione atletica di piloti delle varie discipline motociclistiche.

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LE 5 VALVOLE DI APRILIA E... GILERAdi Massimo Clarke | Le due case italiane hanno realizzato a suo tempo interessanti prototipi con una distribuzione di questo tipo. La cui maggiore diffusione fra le moto di serie si deve a Yamaha che iniziò con la famosa FZ 750 del 1985

N el 1984 la Yamaha ha stupito il mon-do presentando la FZ 750 dotata di una testa con cinque valvole per ci-lindro. Questa moto è entrata in pro-

duzione l’anno successivo ed è stata ben presto seguita da altri modelli destinati a ottenere una

grande diffusione. L’obiettivo era quello di miglio-rare la respirazione agli alti regimi grazie a mag-giori sezioni di passaggio alla aspirazione, per la quale si impiegavano tre valvole. Per ridurre la complessità realizzativa, ovvero per agevolare il lavoro di fonderia e le lavorazioni, inizialmente la

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testa dei motori quadricilindrici (FZ e FZR) era realizzata in due parti: una testa vera e propria, nella quale erano ricavate le camere di combu-stione e i condotti ed erano montate le valvole, e un “sopratesta” nel quale venivano alloggiate le punterie a bicchiere ed erano ricavati i supporti per i due alberi a camme.

Dopo Yamaha altri big dell’autoHanno utilizzato teste a cinque valvole per cilin-dro sui loro V12 di F1 sia la Ferrari che la Yama-ha, e hanno effettuato prove con distribuzioni di questo tipo anche la Cosworth e la LamborghiniCome abbiamo già scritto, diversi altri costrutto-ri, viste le ottime prestazioni dei motori Yamaha, hanno ben presto deciso di sondare la strada delle cinque valvole. Si trattava principalmen-te di case automobilistiche, alcune delle quali pensavano a un eventuale impiego della soluzio-ne sui loro motori da corsa. E infatti hanno utiliz-

zato per qualche tempo teste a cinque valvole per cilindro sui loro V12 di F1 sia la Ferrari che la Ya-maha, e hanno effettuato prove con distribuzioni di questo tipo anche la Cosworth e la Lamborghi-ni. Durante gli anni Novanta la BMW non correva ufficialmente ma ha continuato a sviluppare mo-tori da competizione, realizzando anche un bel-lissimo V12 con tre alberi a camme in ogni testa e cinque valvole per cilindro. Contraddistinto dalla sigla E 41, è stato progettato e messo al banco nel 1990-91 da un team di tecnici guidati dal famoso Paul Rosche. Si trattava di un motore sperimen-tale nel senso più pieno della parola, costruito an-che per provare soluzioni tecniche e metallurgi-che d’avanguardia. In ogni testa c’erano tre alberi a camme, due dei quali, affiancati, provvedevano ad azionare le tre valvole di aspirazione di ogni cilindro. In pratica era come se a una normale testa bialbero a quattro valvole fosse stato ag-giunto un altro albero a camme che provvedeva a

Tecnica e storia

Testa del monocilindrico Gilera 620 del 1989, rimasto allo stadio di prototipo. Le camme comandano le cinque valvole per mezzo di bilancieri a dito

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comandare una terza valvola di aspirazione, col-locata tra le altre due (ma lievemente spostata rispetto ad esse). Tra le altre particolarità spicca-va l’impiego di un basamento in lega di magnesio rinforzata con fibre ceramiche. Con una cilindra-ta di 3,5 litri, questo motore al banco ha fornito una potenza leggermente superiore a 720 cavalli a poco più di 14.500 giri/min, assai prossima a quella dei migliori V12 impegnati nel mondiale di Formula Uno nel 1991 e uguale a quella del V10 Renault. Parallelamente la BMW ha sviluppato anche un altro motore, con caratteristiche analo-ghe ma con teste a quattro valvole, che nel com-plesso si è rivelato leggermente migliore… Per quanto riguarda la produzione automobilistica di serie, vanno ricordati alcuni ottimi motori a cin-que valvole prodotti da Audi, Ferrari e Mitsubishi.

Rotax con il “mono”In campo moto, oltre alla Yamaha ha abbracciato la filosofia delle cinque valvole la Rotax, quando ha realizzato il suo primo mono a quattro tem-pi con raffreddamento ad acqua. Si trattava del

655, con comando della distribuzione a catena e due alberi a camme in testa; quello di aspirazione era dotato di tre camme, delle quali le due ester-ne erano troncoconiche e agivano su punterie a bicchiere del diametro di 34 mm, mentre quella centrale, di tipo convenzionale, azionava un bi-lanciere munito di rullo. Questo monocilindrico aveva un alesaggio di 100 mm e una corsa di 83 mm; le tre valvole di aspirazione erano da 30 mm e le due di scarico da 32 mm. Di questi motori si è già parlato di recente in un articolo nel quale si è pure accennato ad alcuni di prototipi con testa a cinque valvole realizzati da due importanti case italiane, che sono stati anche provati a lungo e che erano quasi pronti a essere messi in produ-zione quando è stato deciso di non procedere oltre e di rinunciare alla loro industrializzazione.

Le Gilera e Aprilia sperimentaliNel 1989 la Gilera ha sviluppato un monocilin-drico costruito con uno schema simile a quel-lo dei motori della nota serie Dakota/RC 600/Nordwest ma dotato di raffreddamento ad aria.

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Aveva una cilindrata di 620 cm3, ottenuta ab-binando un alesaggio di 100 mm a una corsa di 78 mm. La lubrificazione era a carter secco. Di questa interessante realizzazione, non uscita dalla fase sperimentale, non si sa granché. L’uni-co componente che sono riuscito a fotografare è proprio la testa a cinque valvole, mosse dai due alberi a camme per mezzo di bilancieri a dito; ne esistono due esemplari, uno dei quali giaceva da un rottamaio dalle parti di Velate...Nel 1991 la casa di Arcore ha realizzato un altro monocilindrico a cinque valvole, destinato alle maratone africane (all’epoca assai in voga), che aveva una cilindrata di ben 750 cm3. In questo caso il raffreddamento era ad acqua. Nella pri-ma metà degli anni Novanta i vertici dell’Aprilia hanno deciso di ampliare la gamma delle moto stradali realizzando un bel bicilindrico a V di 60°,

Tecnica e storia

compatto e dalla meccanica raffinata. La distri-buzione era bialbero e in ciascuna delle due teste erano alloggiate cinque valvole. Il prototipo aveva un alesaggio di 92 mm e una corsa di 64 mm, per una cilindrata totale di 888 cm3. Pure in questo caso le camme agivano su bilancieri a dito, che però erano montati su fulcri con testa sferica, il che rendeva necessario l’impiego di apposite piastrine di guida. Le tre valvole di aspirazione di ogni cilindro avevano un diametro di 28 mm; le due di scarico erano invece da 30 mm. Anche questa interessante realizzazione pur-troppo non è uscita dallo stadio di prototipo. Evi-dentemente i costi di industrializzazione erano tali che per la sua ammiraglia l’Aprilia ha ritenu-to conveniente impiegare il bicilindrico Rotax di 1000 cm3, che di valvole ne aveva quattro per ogni testa.

A sinistra:Nella monocilindrica XTZ 660 dei primi anni Novanta la distribuzione era monoalbero. Le cinque valvole venivano comandate da quattro bilancieri, uno dei quali aveva un braccio “sdoppiato”

Nell’altra pagina:La Yamaha FZ 750, presentata nel 1984, ha stupito il mondo della tecnica con le sue cinque valvole per cilindro. Nella testa erano ricavate le camere di combustione e venivano alloggiate le valvoleSuperiormente alla testa della FZ 750 veniva imbullonato un “sopratesta” nel quale erano ricavati i supporti per i due alberi a camme ed erano alloggiate le punterie

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RIDE IN THE USA GUNNER WRIGHT E LE MOTO AHOLLYWOODdi Pietro Ambrosioni | Ex PR del team HRC nel Supercross, Wright ha sfondato a Hollywood come attore e doppiatore

D omenica scorsa si è disputato a Santa Clara (California) il Super Bowl nume-ro 50, la finalissima del Football NFL: un evento sportivo che da anni fa

ascolti spaventosi in tutto il mondo. A prescindere da quali siano le squadre che si affrontano nel “big game”, c’è un aspetto del Super Bowl che affasci-na ogni tipo di telespettatore in America, anche quelli a cui del football americano non potrebbe fregare di meno. Sto parlando degli spot pub-blicitari: trenta secondi di spazio commerciale in una delle trasmissioni più seguite al mondo arriva a costare diversi milioni di dollari (per que-sta edizione il prezzo è salito alla cifra record di 5 milioni) per cui le aziende che si possono per-mettere di essere li non badano a spese nella re-alizzazione dei loro spot. Dopo ogni Super Bowl,

i media americani pubblicano invariabilmente la classifica dei 10 migliori spot pubblicitari, dando ulteriore visibilità a chi ha trovato le idee migliori e conquistato il cuore dei telespettatori. Imma-ginatevi dunque la mia sorpresa quando nello spot della Audi R8 ho visto il mio amico Gunner Wright, con il quale ero uscito a pranzo il giove-dì immediatamente precedente alla partita, ma che mi aveva tenuto all’oscuro di tutto (obblighi contrattuali). Ho conosciuto Gunner nel 2009 alla gara di MotoGP a Laguna Seca, e l’anno suc-cessivo abbiamo collaborato per un photoshoot commissionato da un mio cliente: da quel mo-mento siamo sempre rimasti in contatto, anche se io mi sono trasferito temporaneamente ad Atlanta e lui ha girato il mondo in lungo e in largo per seguire le produzioni che lo coinvolgevano.

On The Road

Ma chi è Gunner Wright? Originario della Florida, ha corso nel cross a livello locale per diversi anni prima di spostarsi con la famiglia in California e trovare lavoro come PR e addetto stampa del Team Honda HRC nel Supercross, alla fine de-gli anni ’90. Ben presto è arrivato il richiamo di Hollywood, cui Gunner ha risposto prontamente guadagnandosi una discreta posizione nel setto-re, prima di sfondare come voce ufficiale di Isaak Clarke nella serie Dead Space, un videogame che ha avuto enorme successo negli USA. Ma Gunner è, prima di tutto, un grandissimo appassionato di moto e motori: segue tutte le gare del Super-cross e della MotoGP anche quando è sul set e, soprattutto, usa la moto come suo principale mezzo di trasporto nella vita di tutti i giorni. «Se sono arrivato a Hollywood è grazie alle moto» mi racconta. «Non sono uno di quelli che la moto se l’è comprata perché adesso fa tendenza. Fin da piccolo ho seguito mio padre sulle piste di mo-tocross e flat track in Florida, dove sono nato. Quando mio padre, che era un rappresentate per la Honda in Florida, venne assunto dalla sede

centrale in California, tutta la famiglia si spostò a Los Angeles. Gareggiai a livello locale in un am-biente estremamente competitivo, ma dopo una serie di infortuni decisi di mollare e finii gli studi. Mi misi poi a cercare un lavoro, e l’occasione giu-sta arrivò quando un vecchio amico di mio padre mi fece sapere che alla Honda stavano creando un nuovo reparto che si sarebbe occupato della stampa e delle pubbliche relazioni. Una cosa si-mile esisteva già nelle auto, ma nelle moto era una novità assoluta per gli USA. Ricordo che uno degli aspetti chiave del colloquio per l’assunzio-ne fu una intervista video simulata, con il filma-to che scorreva su una grossa TV davanti a me: era fondamentale essere calmi e dimostrare di poter reggere alla pressione davanti a una platea di giornalisti, decine di microfoni, macchine foto-grafiche e telecamere… Beh, io mi trovai subito a mio agio, e alla fine fu quello a farmi passare la selezione ed ottenere il posto».Il talento per il set era dunque innato… ma ad Hollywood come ci sei arrivato, e cosa c’entra-no le moto?

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«Nel periodo in cui fui a capo dell’ufficio stampa Honda, il Supercross ebbe la sua consacrazione definitiva e con quattro gare all’anno tra Anaheim e San Diego avevo sempre l’hospitality piena di attori e gente che lavorava nell’ambiente di Hol-lywood. Molti erano degli stuntman, e grazie ad uno di essi ottenni il mio primo lavoro in TV: una parte nel telefilm Fast Lane sul network FOX. Da li fu una successione di eventi, e le tante amicizie strette nelle hospitality dei campi di gara mi per-misero di trovare velocemente altri lavori nell’in-dustria».Come vedono le moto nell’ambiente del cine-ma?“Il rapporto tra Hollywood e le moto è molto buo-no, anche se poi, al momento di firmare un con-tratto, ti fanno mille problemi se scoprono che usi la moto e vorrebbero sempre inserire clau-sole che ti costringano a muoverti in macchina… Molti attori hanno una o più moto perché fa figo, ma non sanno quasi nemmeno accenderle. Altri, come Harrison Ford ad esempio, la usano come mezzo di trasporto quotidiano. Ricordo che ero sul set di G.I. Joe e vidi arrivare questo signore su una grossa Harley. Non l’avevo mai incontrato di persona e dunque non lo riconobbi subito.

Dovemmo interrompere le riprese per una venti-na di minuti perché la capo truccatrice si assentò per tagliargli i capelli. Pensa che quei due si sono conosciuti sul set di Star Wars a fine Anni Settan-ta e da allora Harrison Ford quando ha bisogno di tagliarsi i capelli la chiama e, ovunque lei sia, la raggiunge».Anche tu la moto la usi praticamente sempre, quando sei a Los Angeles«Si, la mia Ducati Hyperstrada mi permette di muovermi in modo rapido e di trovare parcheg-gio esattamente davanti a dove devo andare. Qui devi stare attento perché la gente non è abituata alle moto, e dunque non guarda bene prima di fare qualsiasi manovra. Inoltre, basta una goccia di pioggia e le strade diventano come il sapone… Ma per me che vivo nel cuore della città, in un quarto d’ora arrivo sulle colline dietro a Hollywo-od e Griffith Park, e in un attimo sono immerso nella natura e mi dimentico di tutto: è la mia pic-cola razione quotidiana di libertà».So che hai una grande ammirazione per Steve McQueen, e ti piacerebbe un giorno poter ese-guire i tuoi stessi stunt«Si, i miei idoli sono Steve McQueen e Paul New-man, perché sono sempre stati persone “vere”

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oltre che attori. Amavano le moto e le auto, e so-prattutto avevano un gran rispetto per gli stunt-man che gli facevano da controfigura. Steve, in particolare, provava sempre lo stunt da sè, e se proprio non ci riusciva o se il suo agente si arrab-biava perché era troppo pericoloso, allora lascia-va fare ad uno specialista… A me piacerebbe fare un film ispirato a loro, sullo stile vintage di “The Fastest Indian”, dove però dare credito a tutti gli stuntman che rischiano la vita decine di volte ogni giorno per scene che poi sul video durano una manciata di secondi».Hai un rapporto particolare con l’Italia, anche se per ora ci sei stato solo una volta«Ero venuto a Milano per le riprese di uno spot pubblicitario, e sono rimasto sconvolto dal nu-mero di “due ruote” che giravano da tutte le parti. Non credevo esistesse una nazione così appassionata di moto. Ricordo che appena sceso dall’aereo il primo cartellone che vidi all’aeropor-to, mentre aspettavo i bagagli, era una pubblicità con Valentino Rossi, mentre sui monitor passa-vano il notiziario… e anche li parlavano della Mo-toGP! Poi ricordo anche che una mattina presto,

rientrando in albergo dopo aver fatto jogging al parco Sempione, non trovai nessuno alla recep-tion o nella sala ristorante. Volevo far colazione ma il posto era deserto. Allora mi infilai in cucina e trovai tutto il personale attaccato ad una TV mi-nuscola che guardava il GP d’Australia, all’alba!»Perchè non torni a fare un giro? Sono passati tanti anni ormai…«Oh, lascia stare… Voglio andare a trovare Ga-briele (Mazzarolo - Nda) in Alpinestars, è anni che mi invita! E poi voglio assolutamente visitare la Ducati e il museo a Borgo Panigale. Ma sai una cosa, quello che davvero mi piacerebbe è poter andare a Maggiora a vedere il Motocross delle Nazioni: la gara del 1986, quando Bailey, Johnson e O’Mara vinsero sulle tre Honda Factory, rima-ne uno dei momenti più belli di sempre del mo-tocross americano. E adesso finalmente si torna a correre nello stesso posto, dopo 30 anni! Sarà epico, voglio assolutamente trovare il modo e il tempo di andarci! Spero solo che gli USA riesca-no a mettere in campo uno squadrone degno del Dream Team del 1986, sarebbe ora che tornassi-mo a vincere il MXoN!»

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NICO CEREGHINI“LA MOTO STRACARICA”C’è anche quella, la moto-mulo, e qualche volta mi piace guidarla ancora oggi. Non siate troppo severi: in tutte le condizioni limite c’è il sottile piacere della sfida con se stessi. E qui si rischia poco o nulla

Ciao a tutti! Vado al super-mercato a fare la spesa grossa, n a t u ra l m e n t e con la moto, e mi

ingegno per sistemare tutto a bordo, anche il sacco di sabbia per il gatto, il fustino del deter-sivo liquido e le due confezioni da sei bottiglie (di plastica, non di vetro) dell’acqua minerale. Nel baulotto infilo le borse con la spesa corrente, poi sistemo il resto in uno scatolone che lego bene sulla sella, che è larga, alle mie spalle. So già che con un baricentro così alto non potrò fare delle gran pieghe, tornando

a casa, e gli inserimenti in cur-va andranno accompagnati un po’ di più, però della mia moto mi piace anche questo: la pos-sibilità di caricarla quasi come l’auto (che in città non voglio usare mai) e di potermi diver-tire abbastanza anche quando la guido così. So che i puristi storceranno il naso, e del resto, se ancora avessi la superspor-tiva come qualche anno fa, tut-to questo sarebbe impossibile. Oppure no?Mi accorgo che questa passio-ne per la moto-mulo, a pensarci bene, l’ho sempre avuta. Credo che sia un retaggio della mia infanzia, passata a studiare i

motociclisti-pastori e i moto-ciclisti-boscaioli delle prealpi Orobiche. Gente che sul 150 Gilera trasportava oltre alla moglie anche il vitello, o con le funi d’acciaio legava a ter-ra il Galletto della Guzzi per trasformarlo nel motore di una teleferica. La moto vissu-ta come eclettico e vigoroso compagno di lavoro. E così più avanti, da fattorino part-time diciassettenne, mi in-gegnavo per trasportare con la mia Giubileo 98 Extra due materassi singoli da 185x80 alla volta. Erano materassi in gommapiuma Pirelli, con quelli a molle non sarebbe

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stato possibile: li arrotolavo belli stretti, li legavo uno davan-ti e l’altro dietro e mi sentivo un drago. Gli agenti della Polizia Locale erano banalmente dei semplici Vigili, allora, e lascia-vano correre. Dopotutto, fossi anche caduto, di sicuro non mi sarei fatto niente.E torno alla supersportiva. Sul-la mia SF 750 Laverda dei primi anni Settanta avevo montato il manubrio in due pezzi e l’asset-to era un po’ estremo, eppure arrivai fino ad Atene e Salonic-co dopo aver seguito tutta la costa jugoslava. Trasportando la ragazza, il normale bagaglio per venti giorni di vacanza e il carico seguente: tenda, mate-rassini e sacchi a pelo, batteria di pentole e fornelletto a gas. Era un brutto vedere, pessimo

Editoriale

portapacchi posteriore e due portapacchi laterali con borso-ni militari legati alla meglio. E lì, col manubrio basso e stretto, o mi scoppiava il tunnel carpa-le o diventavo Braccio di ferro. Era fine agosto quando tornai a casa, e due settimane dopo partii alla volta di Le Mans per correre il Bol d’Or con la Laver-da-Segoni e il mio amico Gian-carlo Daneu. Feci tutta la 24 Ore senza patire la minima fatica. La moto può essere arte nelle mani di gente come Valentino o Tony Cairoli, può essere diver-timento ed evasione per tutti, ma anche mezzo di lavoro o di allenamento. Sono tanti i modi per viverla. Non siate severi con chi la usa diversamente da voi e siate comprensivi con chi non sa guidarla bene quanto voi.

MI ACCORGO CHE QUESTA PASSIONE PER LA MOTO-MULO, A PENSARCI BENE, L’HO SEMPRE AVUTA

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ASPETTANDO DOPOGPDAVIDE TARDOZZI:“DESMOSEDICI COMPETITIVA”di Giovanni Zamagni | Il team manager Ducati commenta i test di Sepang, le prestazioni della Desmosedici e il ritorno di Sepang

I l team Manager Ducati si racconta e ci svela i retroscena della gestione di un team Mo-toGP e soprattutto dei piloti all’interno di un box. Una valutazione sui test di Sepang e sul

debutto della Desmosedici. «La Desmosedici ha ancora molto da esprimere. Abbiamo avuto qualche inconveniente e abbia-mo dovuto provare molte gomme per Michelin.

Abbiamo una moto competitiva e dei piloti com-petitivi. A Sepang nel passo gara non siamo an-dati male come le Honda». Su Stoner: «Casey è qui semplicemente per par-tecipare ad un progetto e con Domenicali sta an-che lavorando su moto da strada per i prossimi anni. Non è prevista altra partecipazione di Sto-ner con i piloti ufficiali...».

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GRAZIANO ROSSI“MOTOGP 2015? VALENTINO È... NERO”di Matteo Valenti | Il papà del nove volte iridato, protagonista a Torino con la sua Nissan da drift, ci parla del Mondiale che sta per iniziare

T orino. E’ un Graziano Rossi pieno di energia quello che incontriamo ad Au-tomotoracing. Il papà di Valentino è appena sceso dalla sua Nissan 350Z

dopo una bella sessione di drifting in pista, dove ha fatto impazzire il pubblico della manifestazio-ne torinese insieme ad altri “colleghi” (Guarda il video in apertura). Dopo aver parlato della sua passione per le auto, le corse e le esibizioni a ruo-te fumanti, è inevitabile però andare a toccare il tasto MotoGP. Del resto la stagione 2016 del Motomondiale è alle porte e il triste finale dello

scorso anno a Valencia brucia ancora nelle vene di molti sostenitori del pilota di Tavullia. Appena parliamo di Valentino però papà Graziano si ani-ma. Secondo lui Rossi è pronto a lottare con una forza ancora maggiore quest’anno. L’obiettivo re-sta sempre lo stesso, il Titolo Mondiale, che resta alla portata dell’alfiere Yamaha. “Se ce la puoi fare a 36, perché non dovresti a 37 anni?” dice Grazia-no. L’ormai tristemente famoso “biscotto” di Va-lencia non ha demoralizzato Valentino, secondo il papà. Anzi, Rossi è riuscito a trasformare la rabbia in ulteriore forza per combattere ad armi pari con

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avversari che sembrano dei giganti come Lorenzo e Marquez. In più Valentino ha una preparazione atletica ancora più esaltante dello scorso anno, parola di papà Graziano. Insomma Valentino non solo può giocarsela ma ha tutte le carte in rego-la per tornare a essere Campione del Mondo, per la decima volta. E poi? Dopo la MotoGP cosa ci sarà? Graziano non ha dubbi. Un pilota come

Vale non può smettere di soddisfare la sua sete di velocità. E ama tantissimo le automobili, come ha dimostrato a più riprese. Rossi senior si augura quindi, per il futuro, di vedere il figlio impegnato a correre in auto. Nei rally magari o, perché no, alla 24 Ore di Le Mans. “Così potremo continuare a fare il tifo per lui” dice Graziano. E sarebbe davvero un bel regalo, per molti appassionati di sport.

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MOTOGPPRESENTATA LA NUOVA HONDA 2016Presentata a Jakarta la moto con cui Marquez e Pedrosa punteranno alla conquista del titolo MotoGP 2016. Tutte le foto

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H onda ha scelto l’Indonesia, Jakarta, per presentare la RC 213 V 2016. Pe-drosa e Marquez, insieme a Shuhei Nakamoto e a Livio Suppo hanno sve-

lato le Honda con cui punteranno al titolo 2016 davanti ad un foltissimio ed esaltatissimo pubbli-co. Sulle tribune del circuito di di Sentul migliaia di tifosi entusiasti. All’evento era presente anche il ministro indonesiano dello sport, Imam Nahra-wi, che ha colto l’occasione per ribadire l’inten-zione di ospitare in un futuro piuttosto prossimo una tappa del Mondiale. «Non cessa mai di stu-pirmi quanto la gente ami e sostenga la MotoGP qui in Indonesia - ha dichiarato Marquez -. E’ sta-to un onore per noi a svelare ufficialmente la no-stra RC213V sul circuito Sentul e poter incontra-

re così tanti tifosi. Ora andiamo in Australia e non vedo l’ora di continuare il nostro lavoro sul nuovo motore e sulla nuova elettronica. Abbiamo fatto qualche passo nella giusta direzione nel corso dei tre giorni a Sepang, ma abbiamo bisogno di fare un po’ di più a Phillip Island». «Quest’anno sono in buona forma fisica e non vedo l’ora di iniziare la nuova stagione - sono state le parole di Pedrosa-. Siamo di fronte a molti cambiamenti e abbiamo un sacco di lavoro da fare, ma non vedo l’ora di farlo. Qui a Sentul i nostri tifosi ci hanno fatto sen-tire i benvenuti e ci hanno sostenuto. Sono con-tento che quest’anno faremo test in tre diversi circuiti, penso che sarà molto utile per aiutarci a comprendere meglio il nuovo motore, l’elettroni-ca e le gomme».

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GIAMPIERO SACCHI“LA SBK CI DÀ DEGLI STIMOLI IN PIÙ”di Carlo Baldi | Alla ricerca di nuovi stimoli e di nuovi obiettivi Giampiero Sacchi ha accettato la sfida della Superbike con l’intenzione di proseguire la tradizione vincente delle RSV4

P er un team passare dalla MotoGP alla Superbike a meno di un mese dalla prima gara non è certo cosa da poco. Quasi una mission impossible, ma

non per Giampiero Sacchi. Da sempre nel mon-do delle corse, manager nel team Pileri quando Loris Capirossi stupì il mondo a soli 16 anni, è

stato anche manager di Rossi e Biaggi ed in se-guito responsabile del reparto corse del Gruppo Piaggio (che comprendeva anche Gilera e Derbi) dove ha scoperto tra gli altri un certo Jorge Lo-renzo. Nel 2010 lascia Pontedera e fonda il team Ioda Racing. Preleva Danilo Petrucci (ternano come lui) dalla Superstock e lo lancia nel mondo

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della MotoGP. In pochi anni partecipa anche alla Moto2 e alla Moto3 con una propria moto. Insom-ma uno che di corse e di piloti ci capisce e che ha quindi l’esperienza necessaria per spostare in po-che settimane un team dalla GP alla Superbike.Com’è nata l’idea di passare in Superbike?«Da una chiacchierata in un bar. Mi trovavo a Ma-drid e visto che anche Ezpeleta era nella capitale spagnola, ci siamo incontrati per un caffè. Superbike? Perché no…..?».Erano anni che Ioda Racing, la squadra che tu hai creato, correva in GP. Di certo non avrai cambiato a cuor leggero.«Il mio mondo era quello della GP. Il progetto Ioda Racing è stato creato per la GP e con tanto lavoro l’abbiamo poi esteso alla Moto2 e alla Moto3, dove

abbiamo ideato e prodotto una moto che ha vinto in Spagna ed in Giappone. Però per quanto riguarda la MotoGP eravamo partiti con delle ambizioni, con un obiettivo: costruire una CRT con la quale lottare con i colossi, con le case costruttrici. Lavoravamo tanto e facevamo sacrifici, mossi dalla passione, con una meta da rag-giungere. Da quando le CRT sono state ab-bandonate il faro che ci guidava si è spen-to e non abbiamo più avuto un target ben definito, se non quello di andare qualche volta a punti. Troppo poco per chi come me vive da sempre di corse e di passione. La Superbike ci da nuovi stimoli.

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Non sappiamo ancora quale sia il nostro poten-ziale e quale ruolo potremo interpretare perché la decisione è stata presa da poco tempo, ma vo-gliamo tornare a lavorare per vincere. Questo è il nostro nuovo obiettivo».C’è chi preferisce far numero in GP piuttosto che passare o restare in SBK.«Per molti è più comodo. Non hai pressioni, nes-suno si aspetta che tu vinca e tutto quello che arriva è ben accetto.Ma un pilota o un team manager ambiziosi non si sanno accontentare. Noi siamo stati fortunati ad avere la possibilità di raccogliere questa nuova sfida. Di aprire una nuova pagina».E Aprilia quale ruolo avrà in questo progetto?«Si è già detto e scritto molto, e spesso a sproposito, circa il ruolo della casa di Noale in

questa nostra nuova avventura. Qualsiasi cosa diciamo io o Albesiano può essere interpretata a 360 gradi. In tono positivo da chi ci vuole bene e in tono ne-gativo da chi ci vuole male. Io ti posso dire di es-sere contento della squadra che abbiamo messo assieme in pochissimo tempo e delle moto che potremo utilizzare, che sono poi le stesse che lo scorso anno hanno vinto le ultime due gare a Losail. Sono molto contento anche dei miei due pilo-ti. Uno esperto e veloce, l’altro giovane con un potenziale ancora da scoprire. Un’accoppiata perfetta. Per quanto riguarda Aprilia, stanno la-vorando con noi. Nonostante il grande impegno che stanno pro-fondendo in MotoGP, hanno preparato la parte motoristica delle RSV4 e ci daranno un valido

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supporto per quanto riguarda l’elettronica. Avremo sempre due dei loro ingegneri elettronici nel nostro box».De Angelis sta provando ad Aragon. Come sta andando?«Non volevo che Alex salisse per la prima volta sulla sua moto solo in Australia ed ho organizzato due giorni di test ad Aragon. Purtroppo ieri hanno potuto girare poco e oggi (ieri per chi legge) la pista era bagnata e non c’e-ra vento. Speriamo che riesca a fare qualche giro anche solo per un primo contatto con la RSV4».Che spavento la sua caduta a Motegi.«Alla fine siamo stati fortunati perché tutto si è ri-solto per il meglio, ma abbiamo passato momenti terribili. Ora Alex sta bene, ma accusa una scarsa forza al braccio destro e anche per questo ho voluto che provasse ad Aragon. I medici sono ottimisti e lui non avverte dolore, però sarà la moto a dirci come sta e se potrà esse-re competitivo in Australia».Parlando dei piloti sembrava che al fianco di Alex ci potesse essere Vasquez.«Vasquez fa ancora parte della nostra squadra e mi farebbe piacere se trovasse un proprio spazio in Superbike, un campionato nel quale sono certo che potrebbe mettersi in luce. Se resterà con noi cercherò di fargli fare qualche wild card nel corso della stagione».Savadori lo conoscevi già?«L’avevo visto correre in 125 e poi l’ho seguito da lontano quando è passato alle 4 tempi di serie. Ri-tengo abbia un ottimo potenziale e potrebbe an-che essere il personaggio in grado di cambiare la storia dei piloti della Superbike. La classe regina delle derivate rappresenta ormai il vero trampolino di lancio per la GP e lui potrebbe invertire quindi la tendenza ad utilizzare i cosid-detti “cavalli di ritorno”. Una Superbike che non sia più terreno di conquista per trentenni ex GP, ma un palcoscenico per giovani che maturano e vincono per poi passare a team di primo piano nei campionati dei prototipi. Savadori può essere il

portabandiera di questa nuova tendenza».Mi sembra che i presupposti per fare bene ci siano tutti.«Purtroppo andremo in Australia senza aver fatto nemmeno un test. Squadra e piloti inizieranno a lavorare assie-me solo nei test di Phillip Island e quindi sarà una partenza in salita. Avremmo avuto bisogno di più tempo, ma non ce n’è stato».Dal punto di vista economico sei riuscito a far quadrare il bilancio?«Abbiamo lavorato molto in pochissimo tem-po. Non tutti gli sponsor ci hanno seguito ed abbiamo dovuto trovarne di nuovi. Per farlo abbiamo dovuto cambiare comple-tamente il nostro approccio agli sponsor ed il nostro modo di fare marketing. In GP se non lotti per la vittoria il marketing del team deve creare azioni di co-marketing e puntare sul fatto che si corre in un campionato esclusivo. E’ uno dei grandi punti di forza della GP. Se sponsorizzi entri a far parte di un mondo esclusivo e hai i pass, una “merce” che non si può acquistare. Di conseguenza anche l’hospitality assume una grande importanza.In Superbike puoi vendere il risultato, la visibi-lità di un podio e di una vittoria. In questo ci ha aiutato la visibilità televisiva della Superbike visto che in Italia e in Spagna, che per noi sono le nazioni di riferimento dal punto di vista commerciale, le gare vengono trasmesse da televisioni visibili a tutti e non a pagamento. Questo permette un numero interessante di telespettatori e quindi la forza mediatica dei campionati delle derivate è aumentata. Ce ne siamo già accorti dalle visite sul nostro sito e sulla nostra pagina Facebook. La foto di Alex che ieri ha provato ad Aragon ha raccolto ad oggi oltre 150.000 like. Eviden-temente in molti credono e sono interessati al nostro progetto Superbike».

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RACING DUCATIPRESENTATO IL TEAM ARUBA.ITdi Carlo Baldi | Canepa, Baiocco, Iannuzzo e Badovini, piloti senzagrossi sponsor (la valigia) non sono riusciti a trovare team competitivi nel mondiale SBK. Ecco cosa faranno nel 2016

S i è svolta oggi, presso il Data Center di Aruba ad Arezzo, la presentazione uffi-ciale del team Aruba.it Racing - Ducati. L’azienda toscana - leader nei servizi

web hosting, e-mail, PEC e registrazione domini - e la casa di Borgo Panigale, rilanciano la sfida nel Cam-pionato Mondiale Superbike, e da quest’anno saran-no presenti anche nella Superstock 1000 FIM Cup con l’Aruba.it Racing - Junior Team. Oltre ai due pi-loti della Superbike, Chaz Davies e Davide Giugliano e a quelli della Stock, Leandro Tati Mercado e Mi-chael Ruben Rinaldi, erano presenti Stefano Cecco-

ni (AD di Aruba), Claudio Domenicali (AD di Ducati Motor Holding), Luigi Dall’Igna (Direttore Generale Ducati Corse), Paolo Ciabatti (Direttore Sportivo Ducati Corse) ed Ernesto Marinelli (Responsabile Progetto Superbike Ducati Corse). Aruba ha dun-que rinnovato il proprio sostegno al progetto Super-bike e Superstock della Ducati, che da parte sua ha lavorato ed investito molto, per puntare a quel titolo mondiale che gli manca dal 2011, quando Checa lo conquiswtò con la Ducati del team Althea. Nel suo intervento, Domenicali ha fatto un breve sommario del 2015, un’annata davvero positiva per quanto

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riguarda le vendite, ma anche per il team Superbike, grazie soprattutto a Chaz Davies. L’inglese è stato l’u-nico vero antagonista di Rea, ed ha chiuso al secondo posto della classifica generale. Dall’Igna invece non ha guardato al passato, ma ha parlato del futuro, ed è stato molto chiaro: «partiamo per vincere. Abbiamo lavorato molto durante l’inverno, e la moto è migliora-ta tantissimo. Abbiamo risolto alcuni problemi che ci avevano ostacolato lo scorso anno e abbiamo tutto per vincere». Ora è quindi tutto sulle spalle e nel polso destro dei due piloti Davies e Giugliano. «I test inver-

nali sono stati molto positivi – è stato il commen-to di Ernesto Marinelli – e sia Chaz che Davide si sono dichiarati soddisfatti dei progressi che abbiamo compiuto. Disponiamo di una nuova forcella e di alcuni miglioramenti di assetto, ma anche il motore è stato potenziato. Siamo pron-ti al primo confronto diretto con gli altri team, che avverrà tra meno di due settimane a Phillip Island». Le moto sono già in viaggio, mentre piloti e tecnici partiranno a giorni. L’avventura 2016 del team Aruba.it racing Ducati sta per iniziare.

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C ome da previsione la terza ed ulti-ma tappa è vissuta sul testa a testa tra Evgeny Bobryshev e Jeremy Van Horebeek che sulle buche di sabia di

Ottobiano hanno letteralmente volato. L’ufficiale Yamaha l’ha spuntata con merito e determinazio-ne nella MX1, che lo ha visto scavalcare Max Nagl al secondo giro e mantenersi sicuro al comando

sino al traguardo dove ha preceduto Bobryshev e il tedesco della Husqvarna assicurandosi così il titolo 2016. La classe Elite ha avuto un esito fotocopia, ma questa volta il mattatore è sta-to Bobryshev che si è portato al comando nelle prime battute di gara dribblando Nagl e tenendo a denti stretti la posizione di leader nonostante i ripetuti attacchi di Van Horebeek. Un duello ai

INTERNAZIONALI D’ITALIAVINCONO BOBRYSHEV E VAN HOREBEEKdi Massimo Zanzani | I due protagonisti della 450 danno spettacolo in entrambe le classi e si spartiscono un titolo a testa; Cervellin fa suo quello MX2 e Rubini l’MX125

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Motocross

massimi livelli, terminato in favore del pilota HRC che si è anche fregiato del titolo con 20 punti di vantaggio sul suo inseguitore. Altra prova di forza anche nella MX2, che ha registrato la fantastica rimonta del leader Michele Cervellin conclusasi praticamente a quattro giri dalla fine quando si è portato in testa concludendo la gara con vittoria e titolo. Il francese Stephen Rubini ha chiuso con un’altra affermazione nella MX125 dopo essersi spartito un primo ed un secondo posto con il da-nese Mikkel Haarup che gli ha permesso di salire sul gradino più alto del podio anche nella classi-fica finale di campionato. In evidenza anche Tim Gajser, 4° della Elite e 6° nella MX1, il privatissimo Tanel Leok, 4° MX1, il sudafricano Calvin Vlaande-ren, 2° MX2, e Simone Zecchina 5° MX2.

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AMA SUPERCROSSROUND 6: SAN DIEGODungey allunga la sua serie vincente, in 250 vittoria a Savatgy

E rima con questa fanno quattro. Sono le vittorie di Ryan Dungey, che al secondo passaggio al Petco Park di San Diego si è aggiudicato la vittoria guidando la gara

dalla partenza al traguardo. La 250 costa ovest è stata invece appannaggio di Joey Savatgy, che ha preso la testa del campionato. Dungey è parti-to conquistando l’holeshot davanti a Musquin ed aumentando tenacemente il suo vantaggio sulla coppia degli ufficiali Honda Seely e Canard. Dopo circa metà gara la rimonta di Roczen e Tomac ha portato il primo a poter approfittare di un errore di Canard installandosi al terzo posto. Canard si è quindi dovuto difendere da Tomac ed Anderson,

che è riuscito a conquistare il quarto posto dopo una brutta partenza.Dungey ha quindi conqui-stato nuovamente la vittoria davanti a Seely e Roczen, portando a ventidue la sua serie di podi consecutivi. Da diciassette gare il campione in carica non finisce peggio che secondo, un dato che la dice lunga sullo stato di forma dell’accop-piata Dungey-KTM, ma che forse indica un livello generale un po’ calato con l’assenza di Stewart e Villopoto. «Ho cercato di non esagerare durante tutta la finale» ha commentato Dungey. «Sape-vo che era fondamentale conservare la gomma posteriore; sono partito bene, fattore importan-tissimo per potermi giocare la vittoria, e poi ho

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cercato solo di essere regolare per tutti e venti i giri. Abbiamo dovuto superare qualche proble-ma, oggi, ma le gare sono così. Sono felice di es-sere di nuovo sul gradino più alto del podio». Se-ely ha conquistato il suo miglior piazzamento del 2016 dopo una serie negativa che era seguita ai due podi di inizio stagione; Roczen sale sul podio per la quarta volta consecutiva dopo la vittoria di Phoenix, la settimana scorsa. Dungey, con un punteggio quasi perfetto (144 su 150 disponibili) guida la classifica con 26 punti di vantaggio su Roczen e 33 su Dungey. Arrivare a superare la gara di vantaggio a questo punto del campionato è una situazione che non si vedeva da diverso La gara della 250SX Costa Ovest ha visto l’holeshot di Smith, rapidamente sopravanzato dalla coppia

Kawasaki Alldredge/Savatgy. I due sembravano in grado di potersene andare indisturbati, ma un problema tecnico sulla moto di Alldredge ha con-segnato la testa della gara a Savatgy, che ha poi dovuto vedersela con il rimontante Webb. Il cam-pione in carica ha però perso l’avantreno al sesto giro scendendo in quinta posizione; da lì ha dato vita ad un’altra furibonda rimonta che lo ha ripor-tato al posto d’onore davanti al vincitore di Pho-enix, Craig. Savatgy, prima a pari punteggio con Webb in testa alla classifica, ora si trova a guidare da solo con tre punti di vantaggio. Craig è terzo a 16 punti. Appuntamento alla prossima settimana con la settima prova del Supercross 2016 ad Ar-lington, Texas. tempo.GUARDA TUTTE LE CLASSIFICHE

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JORDI VILADOMSNUOVO DS DEL KTM FACTORY RALLYdi Piero Batini | Il più gentile degli Assi dei Rally Raid sarà la nuova guida del team che vince da quindici anni. Un “lavoro facile, con questi Campioni!”. È un altro tassello che va al suo posto dopo il ritiro di Coma e la sua decisione di diventare DS della Dakar

P er la verità ce lo aspettavamo. Non perché siamo indovini, e neanche per la logica che in questo caso è sempli-cissima, ma perché non c’è Pilota che

lo meriti di più. Dopo dieci Dakar, una bellissima carriera che lo ha portato fino al secondo posto nell’edizione del 2014, un secondo posto anche nel Mondiale Cross-Country Rally e una bellis-sima, indimenticabile vittoria al Sardegna Rally

Race, anche Jordi Viladoms appende il casco al chiodo. Non in maniera così “brutale” come ha fatto il suo ex compagno di Squadra Marc Coma, ma più gentile, appunto, calma e serena. Una decisione perfettamente allineata all’incredibile personalità del 36enne Campione di Igualada. Dopo essere stato per anni il “subalterno” di Marc Coma, e dopo aver contribuito in maniera decisi-va alle vittorie del nuovo Direttore Sportivo della

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Dakar, Viladoms si è trovato all’improvviso in una posizione molto diversa alla vigilia della scorsa Dakar. Non più “portatore d’acqua” d’eccezione, ma uomo d’esperienza alla guida dei nuovi Assi reclutati e portati in prima linea da KTM: Toby Price, Mathias Walkner, Laia Sanz e Antoine Meo. Sapevamo che i Piloti del Team ufficiale austriaco erano andati a far pratica di road book a casa di Viladoms, ma pensavamo che fosse solo una del-le manifestazioni della innata disponibilità di Vila-doms. Probabilmente lo era, ma sta di fatto che, al termine della Dakar 2016, una partecipazione sfortunata, minata da un’indistruttibile influen-za, anche i “Capi” di KTM si sono accorti che non c’era altro da fare che dare un seguito alla logica maturata sul campo. È un altro anello della catena di trasformazione del Team KTM. Dopo la nasci-ta del Team gemello Husqvarna erano necessari dei cambiamenti, ed anche un ampliamento della struttura. Adesso che Jordi Viladoms ha assunto l’incarico, possiamo anche dire che Alex Doringer,

che avrà ora un ruolo più vicino alla supervisione dell’intero schema KTM per i Rally Raid, ha fatto un gran lavoro. Insieme e Pit Beirer, Doringer è l’uomo che ha allargato la Squadra con le scelte azzeccate dei Piloti che la compongono adesso, ma che soprattutto ha saputo gestire da vincente il passaggio dall’era Coma all’era… Viladoms.Bene, dopo una valanga di meritatissimi com-plimenti, raccontaci per favore come è andata. Non troppo improvvisamente, vero? «Grazie intanto per i complimenti, grazie davvero. Un po’ avevamo già parlato, però nessuno aveva idea di quando poteva essere il momento giusto per farlo. Tutto è iniziato dopo che Marc ha smesso. Prima era lui il responsabile dell’evoluzione della squadra, ed era padrone di un grande “know how”. Quando Coma ha deciso di andare da ASO, KTM ha deciso che c’era bisogno di una persona che si occupasse della crescita della nuova squadra, che si occupasse della formazione, degli allena-menti, dei programmi. Soprattuto di passare le

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informazioni sul come Marc e Viladoms imposta-vano e correvano la gara. Me ne hanno parlato e, OK, abbiamo cominciato a casa mia. Tutti sono venuti ad allenarsi, a fare un po’ di road book. Ab-biamo visto che la cosa funzionava, e così abbia-mo iniziato a parlarne più seriamente, per il futu-ro. A quel punto toccava a me. E in effetti, quando vedi che vincere e stare davanti diventa più diffici-le, che arrivano altri piloti più giovani e forti, alora è il momento in cui si può pensare a un cambio di traiettoria. E così è stato, dopo la dakar ho sentito che dopo dieci Dakar ero contento di quello che avevo fatto come pilota, e che potevo cominciare su una nuova strada. Con una motivazione buona per me e per la squadra.. e abbiamo fatto!»È vero, il primo a parlarci del tuo contributo alla sua causa e a quella della Squadra era stato proprio Toby Price. Adesso che cosa farai più precisamente? «La struttura stessa della squa-dra è cambiata molto dopo il ritiro di Marc. Prima tutto era “molto lui”, sapeva tutto e non aveva bisogno di nessuno per far bene la sua gara. Era anche più facile. Poi lui si è ritirato e sono arrivati quattro o cinque piloti, giovani, veloci, forti. Non più un solo favorito, ma più concorrenti al ruolo.

Uno dall’Australia, l’altro da Dubai o dal Cile, o dalla Francia. La squadra è diventata improvvisa-mente più grande, con maggiori necessità anche di organizzazione, di programmi. Diciamo che era un po’ una necesità, e che sono arrivato giusto a questa “necessità”. Adesso il mio compito è quel-lo di aiutare tutti insieme a crescere. Una storia naturale. Ancora non abbiamo fatto un program-ma preciso, sappiamo però come operare. Dob-biamo programmare le gare che faremo e con chi le faremo, dobbiamo aspettare che rientrino Sunderland, che ha già iniziato ad andare in moto, e Walkner, che ha bisogno ancora di un po’ di tem-po, decidere come allenarsi. Possiamo lavorare molto a casa mia, nel mio Training Center, sul road book e sugli allenamenti. Il compito è doppio, da una parte quello del manager, dall’altra qualcosa di più simile all’istruttore, al trainer. Avremo moto e meccanici a disposizione dei nostri politi, road book e programmi di allenamento in Spagna e Marocco. Casa mia sarà un posto dove tutti pos-sono venire e trovare tutto pronto per… lavorare, senza pensare ad altro. Adesso sono ancora un po’ in vacanza, ma per poco».Definisci per favore Price, che ha vinto, e Meo,

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che arriva da un altro Mondo. «Toby lo vedo come un talento straordinario, tremendo. Da fuori si vede che lo fa facilmente. Non so come la viva dentro, ma sembra che possa andare fortissimo con grande facilità, senza stress. Ma ha anche una grande testa. Sa essre aggressivo quando c’è bisogno, ma anche calmo quando è il caso. È uno che sa giocare con il fuoco e con l’acqua in maniera giusta! Normalmente i Piloti di Rally spesso sono molto forti, molto fuoco, ma quando arriva il momento di calmarsi spesso non riesco-no a usare… l’acqua per spegnere il fuoco. Price ha imparato prestissimo e sono certo che starà per molto tempo lì davanti. Meo è un altro tipo di Campione. Ha il carattere del vincitore, e un talen-to spettacolare di guida. Sta facendo la strada di Toby, che il primo anno era già tra i primi. Anche per lui vedo un grande futuro, e una grande capa-cità di arrivare lontano. In questo senso, devo dire che il mio lavoro è più facile, perché tutti i Piloti della Squadra sono incredibili. Anche Walkner, è arrivato lo scorso anno, e ha già vinto in Sardegna e un Mondiale, vuol dire che oltre ad andare forte ha un regolarità incredibile. E mi piace anche Sunderland, ha più esperienza

degli altri e una grande velocità. Quattro Assi, e non dimentichiamo Laia Sanz che è bravissima, tutti giovani, tutti fortissimi, tutti all’inizio. Vuol dire una grande, lungo futuro per KTM».E come ti senti in mezzo a loro. Fino a ieri amici, e ora? «E ora più amici ancora. Un’altra cosa in-credibile è l’atmosfera che c’è in questa squadra. Tra tutti, piloti, meccanici, me, c’è una relazione bellissima. Non c’è battaglia all’interno della squadra, ma un forza che porta tutti a combat-tere insieme una battaglia che sta là fuori. È un tipo di motivazione straordinaria, un altro aspetto che rende più facile e meravigliosa la mia nuova avventura!».Ti dispiace un po’ aver smesso di correre, vero? «Certo che mi dispiace, ma non moltissi-mo. Come dicevamo, si vede che era il momento giusto. Mi spiace, sì, ma allo stesso tempo sento fotte la nuova motivazione, e allo stesso tempo un grande sentimento per quelli mi sono stati accan-to, i miei amici, i familiari, gli sponsor, tutti quelli che in questi anni mi hanno aiutato a far sì che potessi vivere la mia passione».In bocca al lupo! «Crepi! Grazie».

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