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All’interno NUMERO 246 24 MAGGIO 2016 111 PAGINE Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Nico Cereghini "Tordi e Buscherini, 40 anni fa" Caddero al Mugello come tanti hanno fatto la scorsa domenica, cronaca di una giornata tragica e ancora oggi avvolta nel mistero Scarica l’APP del Magazine News: BMW G 310 R, Burasca 1200 di Aldo Drudi, BMW R5 Hommage | M. Clarke: Le gare delle mitiche 50 italiane | MotoGP, Rossi: “Avrei potuto battere Lorenzo”, Dovizioso: “Perché Ducati mi ha scelto”, Crutchlow “Siamo da top 6” | Rally: Hero Speedbrain alla Dakar | PROVA ENDURO STRADALE | SUZUKI V-STROM 1000 ABS da Pag. 02 a Pag. 13 MotoGP: Lorenzo vince al Mugello davanti a Marquez e Iannone. Rossi fuori Strepitosa vittoria di Lorenzo. Quarto Dani Pedrosa, quinto Dovizioso. Rossi fuori per poroblemi meccanici Prova: Moto Morini Granpasso-R Moto Morini è viva e introduce una nuova versione della Granpasso, la R coi cerchi a razze. L’abbiamo provata in anteprima e vi diciamo come va

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All’interno

NUMERO 24624 MAGGIO 2016

111 PAGINE

Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuitoPeriodico elettronico di informazione motociclistica

Nico Cereghini "Tordi e Buscherini, 40 anni fa" Caddero al Mugello come tanti hanno fatto la scorsa domenica, cronaca di una giornata tragica e ancora oggi avvolta nel mistero

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News: BMW G 310 R, Burasca 1200 di Aldo Drudi, BMW R5 Hommage | M. Clarke: Le gare delle mitiche 50 italiane | MotoGP, Rossi: “Avrei potuto battere Lorenzo”, Dovizioso: “Perché Ducati mi ha scelto”, Crutchlow “Siamo da top 6” | Rally: Hero Speedbrain alla Dakar

| PROVA ENDURO STRADALE |

SUZUKI V-STROM 1000 ABS

da Pag. 02 a Pag. 13

MotoGP: Lorenzo vince al Mugello davanti a Marquez e Iannone. Rossi fuoriStrepitosa vittoria di Lorenzo. Quarto Dani Pedrosa, quinto Dovizioso.Rossi fuori per poroblemi meccanici

Prova: Moto Morini Granpasso-RMoto Morini è viva e introduce una nuova versione della Granpasso, la R coi cerchi a razze. L’abbiamo provata in anteprima e vi diciamo come va

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Prezzo 12.490 €PREGI Qualità costruttiva | Comportamento dinamico | Motore DIFETTI ABS fisso | Gomme tassellate non omologate

PROVA ENDURO STRADALE

SUZUKI V-STROM 1000 ABSProva insolita per la maxi Suzuki, gommata con le Pirelli Scorpion Rally per saggiarne le doti offroad. La V-Strom è promossa, ma la preferiamo senza tassello

di Andrea Perfetti

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L a Suzuki V-Strom 1000ABS si è fatta apprezzare sin dal suo lan-cio nel 2013 per le indubbie doti stradali, legate al telaio in allumi-nio e all’ottimo motore bicilindri-co da 100 cavalli (con la coppia

massima a soli 4.000 giri). Consuma poco (con un po’ di attenzione si percorrono oltre 20 km/l) e mantiene un’ottima guidabilità anche caricata con il passeggero e le borse.La filiale italiana della Suzuki ci ha invitati nelle bellissime Marche per provare le due V-Strom oggi in gamma, 650 (nella versione XT) e 1000. Sono modelli ancora oggi apprezzatissimi, pen-sate che in Italia la famiglia V-Strom ha con-quistato negli anni ben 26.000 appassionati (200.000 in Europa) e vale il 20% dell’immatri-

colato Suzuki.. Vi abbiamo già parlato del nostro viaggio con la Suzuki V-Strom 650 XT (clicca qui per rileggere la prova). Ora tocca alla big della famiglia. Alla millona ab-biamo riservato il secondo giorno di test, svolto per il 90% in fuoristrada. Abbiamo portato la V-Strom 1000 ABS sugli splendidi sterrati del Monte Paganuccio e sui sentieri impervi all’interno della tenuta di Villa Tombolina. Per l’occasione Suzuki ha equipag-giato la V-Strom con pneumatici Pirelli Scorpion Rally tassellati, con codice M+S. Abbiamo però verificato, carte di circolazione alle mano, che tali pneumatici non sono omologati per l’uso strada-le con la V-Strom 1000 ABS. Quindi il loro uso è circoscritto alle aree chiuse. A questo aggiungiamo il nostro commento: la 1000

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Suzuki nasce per l’uso stradale, dove convince senza riserve; per affrontare sterrati di media dif-ficoltà (a patto che non ci sia fango) le gomme di primo equipaggiamento bastano e avanzano. Montare le tassellate significa snaturare l’ottima tenuta di strada della Strommona e, francamen-te, non ne vale proprio la pena. Ora però passia-mo alla moto e a questo speciale test offroad per raccontarvi com’è fatta la V-Strom 1000 ABS e come si comporta.

Il motore e il telaioLa V-Strom è spinta dal motore bicilindrico a V di 90° di 1.037 cc. I cavalli sono 100 a 8.000 giri e la coppia è pari a 103 Nm a soli 4.000 giri. La moto pesa 228 kg col pieno di 20 litri e tutti i liquidi. Ci sono due candele per cilindro per otti-mizzare la combustione e la frizione idraulica ha l’antisaltellamento. Il cambio ha la sesta marcia di riposo. Lo scarico singolo ospita il catalizzatore ed è dotato di valvola a controllo elettronico. La Suzuki V-Strom 1000 ABS offre di serie l'ABS Bosch che sfrutta pinze Tokico ad attacco radiale

con 4 pistoncini e dischi da 310 mm (dietro c'è un disco da 260 mm). Sempre di serie c'è il con-trollo di trazione, che è escludibile o settabile su due livelli (1 più permissivo, 2 con controllo più immediato dello slittamento). L'ABS, come da prassi nipponica, non può essere escluso. Di fatto è possibile farlo, togliendo il fusibile de-dicato all’ABS (la Casa raccomanda di non farlo, ma noi l’abbiamo tolto visto che il nostro test si è svolto prevalentemente in offroad su strade chiuse al traffico). I cerchi sono in lega a 10 raz-ze (da 19" davanti e 17" dietro, con pneumatici Bridgestone Battlewing nelle misure 110/80-19 e 150/80-17). La forcella è Kayaba, a steli rove-sciati da 43 mm completamente regolabile; il mono ammortizzatore ha la regolazione dell'e-stensione e del precarico col pomello remoto (20 click). Confermato lo schema del telaio, an-cora a doppio trave in alluminio come il forcel-lone.

Strumentazione e accessoriLa strumentazione impiega un quadrante ana-

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logico per i giri del motore e uno digitale per la velocità; l'altro display digitale offre tutte le in-formazioni utili in viaggio (consumi, marcia in-serita, 2 trip, temperatura esterna, autonomia residua, ora, carburante, carica della batteria, temperatura del motore). Le borse laterali (smontate durante le sessioni fotografiche del test) hanno attacchi integrati. Il loro ingombro è minore rispetto alla sagoma del manubrio; sono quindi pratiche anche nel traf-fico, ma non hanno una capienza eccelsa (26 e 29 litri).

La nostra provaLa V-Strom 1000 ABS ha confermato quanto rilevato a fine 2015, durante il nostro test com-pleto. E’ un’ottima moto stradale, comoda anche sulle lunghe distanze per il pilota e per il passeg-gero. La sella (a 850 mm da terra) è bene imbot-tita e la protezione dall’aria è più che sufficiente. Non ci sono vibrazioni e il motore da 100 cavalli riprende in maniera molto dolce sin da 2.000 giri. L’erogazione è vellutata, ma già a 4.000 giri si avverte una spinta brillante che porta poi a un allungo sportivo sino a 9.000 giri. Non si sente il bisogno di altri cavalli e ai medi regimi la Suzuki tiene testa a motori ben più prestanti. Su strada il twin Suzuki non delude mai e, rispet-to ad esempio alla Honda Africa Twin CRF1000L (sua diretta rivale in termini di cilindrata e prez-zo), vanta una spinta più corposa ai medi regimi. Anche a livello dinamico non mancano le soddi-sfazioni. Il telaio è molto rigido e dà tanta preci-sione nella guida, accompagnato da sospensioni tarate in modo corretto per l’uso anche brillante. La frenata è ottima, peccato solo che non si possa facilmente escludere l’ABS per la guida in fuoristrada. Ed è proprio lontano dall’asfalto che ci siamo sbizzarriti in questo test con la nostra V-Strom tassellata. Sugli sterrati e in mulattiera (vedi il nostro video sopra) la 1000 ha mostrato un bi-lanciamento perfetto. Il peso contenuto e le sospensioni molto bene a punto permettono alla V-Strom di affrontare

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percorsi anche impegnativi senza alcuno sforzo. La guida in piedi risulta agevole (mentre da se-duti si avverte una certa larghezza del serbato-io), va fatta solo attenzione a non urtare il terre-no col collettore di scarico, che risulta piuttosto esposto. Inoltre, in presenza di fango, le pedane diventano molto scivolose, perché la gomma che le ricopre non può essere rimossa. Le gomme tassellate tolgono però parte del pia-cere di guida su asfalto. E questo è un vero peccato, perché è proprio su strada che la V-Strom 1000ABS conquista con un bilanciamento perfetto. Meglio quindi usarla con le sue belle gomme da maxi enduro (omo-logate): anche così la millona Suzuki non avrà alcun problema ad affrontare le strade sterrate delle nostre vacanze.

Prove

Casco Kabuto IbukiPantaloni Arlen Ness SteelGiubbotto Macna MissionScarpe Ixon ZebraGuanti Alpinestars

ABBIGLIAMENTO

SUZUKI V-STROM 1000 ABS 12.490 euroCilindrata 1037 ccTempi 4Cilindri 2Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata siEmissioni Euro 3Capacità serbatoio 20 Lt Potenza 100 cv - 74 kw - 8.000 giri/minCoppia 11 kgm - 103 nm - 4.000 giri/minPneumatico anteriore 110/80 R19M/C (59V)Pneumatico posteriore 150/70 R17M/C (69V)ABS siPeso a secco 208 Kg

SCHEDA TECNICA

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PREGI Erogazione del motore | Tenuta di strada | Confort

PROVA CROSSOVER

Prezzo 19.000 €DIFETTI Assenza ABS | Prezzo | Cambio in scalata

MOTO MORINIGRANPASSO-RVi diamo una bella notizia: la Moto Morini è viva e introduce una nuova versione della Granpasso, la R coi cerchi a razze. L’abbiamo provata in anteprima e vi diciamo come va. Costa parecchio e manca l’ABS (che arriverà), ma ha un motore che conquista ancora oggi

di Andrea Perfetti

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P rima di parlarvi nel dettaglio della Granpasso-R, facciamo una breve, ma significativa premessa. Dopo la chiusura della fabbrica di Casalecchio di Reno nel 2014, la Moto Mo-

rini riprende lentamente e con la doverosa pru-denza a muovere i passi sul mercato italiano ed estero. Ora l’impianto s’è trasferito a Trivolzio, in provincia di Pavia. Lo storico marchio italiano non è finito sotto uno spesso strato di polvere (se pensiamo a Laverda o Gilera, ci si stringe il cuore) ed è pronto a rilanciare l'attività. Mau-rizio Tanca ha intervistato Ruggiero Massimo Jannuzzelli (direttore commerciale e marke-ting), che racconta a Moto.it il nuovo corso della Morini. Non ci resta quindi che fare un grande in bocca al lupo alla proprietà della storica Casa fondata nel 1937 e passare alla prova della Moto Morini Granpasso-R con il nuovo anteriore da

17 pollici. Inizialmente progettata e costruita per i mercati stranieri (Giappone in testa, dove Mo-rini è ancora apprezzata), la R è ora disponibile anche sul mercato italiano. Costa 19.000 euro (700 in meno della versione standard, con cer-chi a raggi e anteriore da 19”), è Euro 3 e non ha l’ABS nemmeno optional (la Legge impone l’Euro 4 e l'ABS obbligatori da gennaio 2016 solo per i motocicli di nuova omologazione). Il sistema antibloccaggio arriverà – nelle intenzioni del co-struttore – nei prossimi mesi.

Cosa cambia tra Granpassoe Granpasso-RLa Moto Morini Granpasso-R non stravolge affat-to il progetto della Granpasso. Troviamo quindi confermato il bicilindrico a V di 87°, di 1.187 cc. Ha la distribuzione a catena e ingranaggi, 4 valvole per cilindro e doppio albero a camme. È un mo-tore super quadro (107x66 mm) e dispone di 118

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cavalli a 8.400 giri con 12,5 kgm a 6.300 giri. In fondo al testo trovate tutti i dati rilevati dalla re-dazione (motore, peso, consumi e velocità mas-sima). L’iniezione elettronica ha corpi farfallati da 54 mm con due iniettori per cilindro. Il cambio ha sei rapporti e la frizione ha il comando idraulico e la funzione antisaltellamento. Il telaio è a traliccio in tubi di acciaio, mentre il forcellone è in allumi-nio. L’interasse è pari a 1.490 mm, con l'avancorsa di 125 mm e il cannotto di sterzo inclinato di 26,5°. Il peso dichiarato è di 201 kg a secco; col pieno di 27 litri (7 di riserva) abbiamo rilevato 225,5 kg sulla nostra bilancia.Le novità della R sono concentrate nelle ruote. Al posto dei cerchi a raggi (con anteriore da 19”), qui troviamo i cerchi in lega a sei razze con anteriore da 17” (misura 120/70), mentre dietro troviamo un 180/55-17. Le gomme Pirelli Scorpion Trail da viaggio lasciano il posto alle sportive Diablo Rosso II, presenti sulla moto del nostro test. La forcella Marzocchi da 50 mm (senza regolazio-ni) viene sfilata di 11 mm e ha la stessa escursione (175 mm). Al posteriore troviamo invece un mono Paioli regolabile al posto dell’Ohlins, con l’escur-sione che passa da 200 a 165 mm. Di conseguen-za anche la sella è più bassa di 32 mm e ora dista solo 843 mm dal terreno.

Strumentazione e comandiLa strumentazione conta sul noto strumento di-gitale, privo di computer di bordo. L’illuminazione blu è efficace anche di notte o con la luce forte. La leggibilità è invece migliorabile, perché il display è piccolo e ha la parte inferiore coperta dai cavi. La spia della riserva si accende quando nel serbatoio restano ancora molti litri (oltre 10 su 27). I coman-di sono di facile consultazione e appaiono identici a quelli delle Aprilia di ultima generazione. Sono predisposti per le manopole riscaldate e i faretti aggiuntivi. Il comando dell’acceleratore richiede uno sforzo ridottissimo, ma ha un’escursione un po’ troppo ampia. Il parabrezza protegge bene e si regola a mano. Sotto la sella c’è un vano comodo sia per i documenti che per l’antipioggia o il bloc-

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cadisco. La qualità costruttiva è generalmente buona e gli adesivi risultano tutti coperti da una mano di trasparente. Sono invece di fattura eco-nomica le plastiche intorno alla strumentazione e ai lati del radiatore.

La nostra provaEsclusiva, comoda e veloce. Queste tre parole ri-assumono i pregi della Moto Morini Granpasso-R. Esclusiva, perché ha una linea semplicemen-te pazza (o la ami o la detesti), costa un botto (soprattutto se pensiamo all’assenza di ABS e controllo di trazione) e attira su di sé tantissimi sguardi. Comoda, perché il sellone è bene imbot-tito; anche al passeggero è destinato uno spazio super, con pedane basse e un bel maniglione. La protezione dall’aria è buona anche alle alte velo-cità (la massima è pari a 222 km/h, corrispon-

denti a 237 indicati a 9.700 giri). Le vibrazioni sono modeste sul manubrio e sul serbatoio, mentre si avvertono sulle pedane oltre i 5.000 giri. Il calore del motore risulta fastidioso nella zona dei piedi, quando si marcia nel traffico a bassa velocità.Veloce, perché il twin 1200 eroga 120 cavalli (misurati) a meno di 8.000 giri. Piace non tan-to il dato in sé, quanto l’erogazione muscolosa del motore Morini. Gira regolare a 2.000 giri, da qui riprende in un crescendo che sopra i 5.000 giri entusiasma. L’allungo convince fino a oltre 8.500 giri e il rumore di scarico è coinvolgente.Rispetto al passato sono migliorati anche i con-sumi. Prima i 10 con un litro erano all’ordine del giorno in città. Ora la Moto Morini Granpasso-R percorre quasi 12 km/l nel traffico e sfiora i 17 in autostrada grazie alla nuova mappatura del-

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la centralina. Su strada la guida è più reattiva e agile rispetto al modello coi cerchi a raggi. L’in-serimento in curva è più rapido e la stabilità sul veloce non risente affatto delle nuove geometrie ciclistiche. La taratura della forcella (non rego-labile) è adeguata alle prestazioni della Gran-passo-R, mentre il mono Paioli ha mostrato una taratura troppo soffice e sfrenata, che provoca

qualche movimento di troppo negli avvallamenti ad alta velocità. Abbiamo chiuso il ritorno di sei click e il comportamento è in parte migliorato. La frenata Brembo è modulabile e potente, since-ramente non fa rimpiangere le pinze monoblocco ad attacco radiale di ultima generazione. Non mancano i difetti. Abbiamo scritto del mono Paioli troppo morbido. Aggiungiamo il comporta-

mento del cambio; è preciso e corto negli innesti, ma risulta contrastato in scalata (la moto della prova aveva percorso solo 300 km). E poi c’è l’as-senza dell’ABS, che troviamo ingiustificabile per una moto di questo livello. Arriverà nei prossimi mesi, ma senza il controllo di trazione: in Moto Morini vogliono preservare il carattere maschio e un po’ rude della Granpasso 1200.

Prove

Casco X-lite 551 GTGiacca Desert OJGuanti OJStivali TCX Infinity

ABBIGLIAMENTO

MOTO MORINI GRANPASSO-R 19.000 euroCilindrata 1187 ccTempi 4Cilindri 2Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata noEmissioni Euro 3Capacità serbatoio 27 Lt Potenza 118 cv - 8.400 giri/minCoppia 12,5 kgm - 6.300 giri/minPneumatico anteriore 120/70 ZR 17Pneumatico posteriore 180/55 ZR17ABS noPeso a secco 201 Kg

SCHEDA TECNICA

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UN CONCEPT A VILLA D'ESTEBMW R5 HOMMAGEAd 80 anni dalla nascita della R5 da gara, una concept che celebra una delle prime "race replica" della storia

O ttant'anni fa, BMW ha creato la R5 dan-do vita a quella che si può considerare la prima Race Replica della storia, ispi-rata alla moto da gara del 1935.

L’ottantesimo anniversario di questo modello è l’occasione per la presentazione del concept pre-sentato oggi al Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2016: la BMW R 5 Hommage, sintesi di design motociclistico storico con gli stilemi del custom.

«Quando debuttò, la R 5 non era soltanto un capolavoro ingegneristico, ma spiccava per la

purezza delle sue linee e l’eleganza delle sue pro-porzioni. A mio parere, la R 5 resta tutt’oggi una delle moto più attraenti della storia della BMW» è il parere di Edgar Heinrich, Head of Design BMW Motorrad. «Il suo fascino e la sua bellezza unica stanno tutti nella sua semplicità» ha aggiunto Ola Stenegard, Head of Vehicle Design e Creative Director Heri-tage BMW Motorrad. «Nel mondo moderno è molto semplice compli-carsi la vita, ma molto complicato semplificarla. La BMW R 5 coglie la quintessenza della moto-

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cicletta. Il nostro intento era quello di cogliere la sua pu-rezza e la sua elegante estetica e trasportala ai giorni nostri – creando una rispettosa combi-nazione di vecchia scuola e high-tech, con una ‘spolverata’ di alte prestazioni».A differenza di tante altre concept recenti, il pro-pulsore di partenza non è un’unità moderna, bensì un’esemplare danneggiato in gara dello storico bicilindrico di 500 cc dell’epoca, messo a disposizione dal collezionista Sebastian Gutsch. Il resto della R 5 Hommage è stato realizzato a mano da Ronny e Benny Noren, incaricati di re-alizzare il progetto del BMW Motorrad Design Team: i due fratelli hanno costruito moto su mi-sura per trent’anni.Diverse componenti della moto commemorativa, come il coperchio delle valvole e lo scudo ante-riore del motore boxer sono state prodotte in

alluminio partendo dai disegni originali, offrendo una sintesi fra il classico e il moderno. Tutte le componenti come il telaio e il serbatoio (che riprendono la forma a goccia dell’originale in un’interpretazione aerodinamica e moderna) ed il parafango posteriore sono pezzi unici realizzati a mano.La forcella è leggermente più inclinata per rien-trare nei canoni del custom, con un’unità perso-nalizzata il cui bordo superiore dei tappi richiama le pieghe dello scudo anteriore e del coperchio delle valvole riprendendo l’interpretazione sug-gerita dalle tipiche “costole” della R 5. Allo stesso modo, le leve del freno e della frizio-ne poste sul manubrio mescolano il passato con lo stato dell’arte della tecnologia: queste com-ponenti realizzate su misura abbinano l’aspetto delle storiche leve rovesciate con le opzioni di re-golazione dei moderni comandi.

Il cuore della BMW R 5 resta nelle proporzioni mi-nimaliste della moto commemorativa. La specificità tecnica del motore è costituita dal compressore che sulla BMW R 5 Hommage incrementa a 26 CV la potenza del motore origi-nale. Un sistema di scarico in acciaio di nuova re-alizzazione riflette attraverso il suono l’aumento di potenza.Altri accenti contemporanei arrivano dalla so-spensione posteriore, dal moderno impianto frenante con pinze a pistoncino e dal design ela-borato per gli alloggiamenti delle ruote anteriore e posteriore. Quest’ultimo combina il sistema frenante e l’ancoraggio dei raggi ruota in un uni-co elemento estetico – frutto di una dettagliata riflessione del concetto minimalista incarnato dalla BMW R 5 Hommage.

Concept

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BURASCA 1200LA MOTO DISEGNATA DA ALDO DRUDIdi Massimo Zanzani | Il designer di Rossi (e non solo) ha svelato il suo ultimo progetto la "Burasca 1200" una moto unisce la creatività romagnola alla qualità tecnologica del Sol Levante

D opo quasi due anni di lavoro è stato tolto il velo alla affascinante moto concept scaturita dalla matita dello stilista Aldo Drudi. La ricetta è sem-

plice: unire la creatività nostrana alla qualità tec-nologica del Sol Levante. E’ partito così, quasi per scommessa, il connubio che ha portato il famoso ed apprezzato designer Aldo Drudi in collaborazione con lo studio Air Ga-rage ad avere carta bianca per vestire di nuovo la VFR 1200 con il supporto della Honda che ha ben accettato questa sfida piuttosto inusuale.Si è partiti dando vita alla divisione D-Perf 3D-P, che ha subito progettato Anvera 55 Crossover

Boat, barca rivoluzionaria realizzata integral-mente in carbonio, e in parallelo la Burasca 1200 Concept Bike dal nome puramente evocativo che in dialetto romagnolo significa tempesta e che segna un altro pagina di alto design interna-zionale. Per l’artista romagnolo si è trattato di “un prete-sto per fare due risate con i ragazzi mangiando una piadina alle due di notte dopo aver lavorato al prototipo con lo stesso entusiasmo di quando si elaborava il motorino per la corsa del sabato a Cattolica”, in realtà l’occhio fino riesce a cogliere quante ore, attenzione, impegno e creatività sono state spese per realizzare il prototipo definitivo.

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LA MOTONasce dall'immaginazione di Aldo Drudi e realiz-zata presso l’esclusivo studio di idee Air Garage. Il nome Burasca è puramente evocativo. La parola in dialetto romagnolo richiama la tem-pesta e proprio come una tempesta, anche se in realtà è un omaggio al Burasca, personaggio frequentato di Drudi, unomo energico, ecletti-co e inarrestabile. La base di partenza è un VFR 1200 Honda radicalmente modificata in ogni sua parte. La posizione in sella, avanzata rispetto all’originale, permette nel caso di una guida più aggressiva/sportiva di caricare l’anteriore equi-

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paggiato con forcella Öhlins NIX 30. Pratica la re-golazione dell’ammortizzatore posteriore Öhlins TTX 36 GP vicino al cannotto di sterzo. Burasca pesa 30 Kg in meno del VFR originale a vantaggio della maneggevolezza. Più leggeri i cerchi in Er-gal realizzati dal pieno da Fast Mec a garanzia di maggiore rapidità nei cambi di direzione. Bura-sca è equipaggiata dal classico 4 cilindri a V Hon-da nella versione F. La ghiera tonda del faro an-teriore e del piccolo faro posteriore garantiscono un aspetto classico ma estremamente pulito e moderno. Realizzati da CPC gli splendidi compo-nenti costruiti grazie alle più avanzate tecnologie

per il trattamento della fibra di Carbonio e dalla sapienza artigianale di operatori specializzati nella laminazione, importante risorsa dell’azien-da modenese. CPC ha prodotto in Carbonio “ca-mouflage look” le plance laterali che fungono da carena, la cover serbatoio/sella, il carter cardano e il parafango posteriore che si accoppia millime-tricamente ai componenti in Ergal anodizzato. In linea la scelta stilistica per l’impianto di scarico realizzato da Akrapoviĉ, un ulteriore pezzo d’arte moderna costruito appositamente per BURA-SCA dai tecnici dell’azienda slovena. Il disegno dei terminali realizzato da Drudi Perfor-

mance si ispira ai vecchi “tromboni” rivisti nelle proporzioni e nella sezione, in questo caso, ovale. Collettori in Titanio, terminali in Titanio microfu-so, compensatore in Titanio microfuso con la ric-chezza del logotipo Honda in bassorilievo.La Livrea è definita dall’anodizzazione dell’Ergal, dalla texture mimetica del Carbonio, dal tecnico grigio-oro opaco del serbatoio e dei carter moto-re, dai cerchi anodizzati neri completati da cover in Carbonio e dal Titanio degli scarichi. Unico tocco di colore è il rosso delle prese d’aria Airbox, colore istituzionale sia per Honda che per Drudi Performance.

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BMW G 310 Rdi Maurizio Gissi | Della nuova moto di accesso nel mondo BMW sono stati ufficializzati l'arrivo nelle concessionarie, il mese di ottobre, e il prezzo: 5.150 euro. Le caratteristiche e il primo video emozionale

V ista e toccata con mano all'ultima edizione di Eicma, la G 310 R, pri-ma BMW di cilindrata medio piccola dell'era moderna, che arriverà nelle

concessionarie italiane il prossimo mese di otto-bre al prezzo di 5.150 euro, chiavi in mano. Primo tagliando compreso.La monocilindrica progettata in Germania, e co-struita in India dalla TVS grazie a una joint ven-ture con la casa tedesca, ha il duplice scopo di attrarre nuovi motociclisti in Europa e di aprire il mercato BMW nel continente asiatico, dove le proiezioni di sviluppo commerciale sono mol-

to importanti. Nella sola India, dove Hero Moto Corp è leader del mercato, Honda è riuscita ad esempio a vendere 413.971 fra ciclomotori, moto e scooter nel solo mese di aprile. Volumi di questa portata sostengono la rapida crescita industriale e qualitativa e così, come già sta facendo KTM con la produzione delle RC e Duke di piccola e media cilindrata prodotte da Bajaj ed esportate in tutto il mondo, anche BMW si è affidata a un costruttore locale in grado di produrre a costi competitivi. La G 310 R sarà in vendita in India a partire da settembre e da otto-bre sarà distribuita anche in Italia.

E' una monocilindrica che ha il compito di riempi-re un vuoto di offerta nell'articolata gamma BMW che attualmente non scende sotto i 650 cc. Entra nel segmento dove trova KTM Duke 390, Yamaha MT-03, Honda e Kawasaki 300. Modelli che sono dedicati al pubblico più giovane, come a quello femminile o di chi cerca mezzi meno im-pegnativi sotto ogni punto di vista. E' una naked snella, con interasse di soli 1.374 mm, sella a 785 mm dal suolo e il peso con il pie-no contenuto in 158,5 kg. Il nuovo e interessante motore monocilindrico di 313 cc è un bialbero a quattro valvole, raffreddato a liquido, con il cilindro inclinato all'indietro e con la testata ruotata di 180° in modo da avere l'am-missione in avanti – ottimizzando l'air box – e lo

scarico più diretto e senza l'antiestetico colletto-re anteriore. Con alesaggio di 80 mm, è munito di contralbero di equilibratura, disposto davanti all'albero moto-re, e di cambio a sei marce. La potenza è di 34 cv a 9.500 giri (taglio a 10.500 giri) e la coppia massima è dichiarata in 28 Nm a 7.500 giri.Per il telaio è stata scelta una struttura in tubi di acciaio con telaietto posteriore, sempre tubola-re, e imbullonato. Il forcellone è invece in fusione di lega leggera. Lo sospensioni sono affidate a una forcella rovesciata da 41 mm, non regolabile com'è prevedibile, e a un mono centrale poste-riore. Ruote da 17 pollici e freno a disco singolo anteriore da 300 mm, più da 240 posteriore, con circuito ABS completano il quadro ciclistico.

Video

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LE GARE DELLE MITICHE 50 ITALIANEdi Massimo Clarke | Le protagoniste di una classe, la 50 cc, che tanto ha dato al motociclismo agonistico nazionale. Da Maserati a Motom, da Mondial a Itom

Tecnica e Storia

D opo la fine della seconda guerra mondiale per alcuni anni in Italia sono state popolari le gare per le “bicimotore”, che inizialmente si

correvano utilizzando motorini ausiliari applica-ti alle biciclette e in seguito impiegando mezzi leggermente meno spartani, che nascevano già completi. Erano infatti dotati di una semplicissi-ma ciclistica studiata ad hoc e di un motore ad essa abbinato fin dall’inizio della progettazione. Si trattava in pratica degli autentici antenati dei moderni ciclomotori. Rapidamente il motocicli-smo ha avuto un autentico boom e per diverso tempo le competizioni stradali sono state molto diffuse. Per quasi tutti gli anni Cinquanta però la classe più piccola però non è stata la 50 ma la 75, a lungo una importante protagonista in campo nazionale. Nel frattempo, un poco in sordina, sta-vano nascendo i veri ciclomotori, che nella ver-sione “turistica” avevano generalmente un telaio aperto ma in quella sportiva avevano l’aspetto di autentiche piccole moto.

LA MAGGIOR PARTE DEI PILOTI CORREVA NELLE GARE IN SALITA CON MEZZI DI SERIE OPPORTUNAMENTE ELABORATI, MA NON MANCAVANO QUELLI PREPARATI DALLE CASE

Quando è stato presentato il Maserati 50 T2 SS, soprannominato “rospino”, era il ciclomotore più

sportivo della intera produzione nazionale, anche se ancora munito di pedali!

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Motom e MaseratiFin dal 1947 la Motom produceva il suo 48 a quattro tempi, ma solo verso la metà degli anni Cinquanta hanno cominciato a proliferare i “cin-quantini”, in larga misura dotati di motori a due tempi, non di rado prodotti da fornitori esterni (questa tendenza si sarebbe accentuata nel cor-so del decennio successivo). Tra il 1955 e il 1957 c’è stato un autentico boom dei modelli di questo tipo, spesso proposti anche in una versione molto sportiva, con mezzi ma-nubri e sella lunga. Il cambio era quasi sempre a tre marce e veniva azionato per mezzo di una manopola rotante, posta alla estremità sinistra

Il Motom 48 a quattro tempi era diffusissimo sulle nostre strade ed è logico che sia stato largamente utiliz-zato nelle gare in salita. Tra il 1959 e i primissimi anni Sessanta è stato grande protagonista nel Campionato Italiano della Montagna, cogliendo importanti vittorie

del manubrio, proprio come sugli scooter. Tra le prime grandi case che hanno iniziato a produrre ciclomotori in tale periodo spiccano la Parilla, la Mondial e la Benelli.Già da qualche anno alcuni costruttori come la Demm, costruivano motori sciolti destinati a va-rie aziende motociclistiche, ma è stato nel 1956, con la nascita della F.B. Minarelli e della Motori Franco Morini, sorte dalla precedente FBM, che questo settore ha iniziato a crescere vigorosa-mente. Tra le case che invece utilizzavano motori di propria progettazione e fabbricazione spicca-vano la Itom, la Demm e la Benelli.Un ciclomotore particolarmente sportivo e inte-

ressante prodotto in questo periodo era il Ma-serati 50 T2 SS, soprannominato “rospetto”. Si trattava di un mezzo dalla estetica entusia-smante, destinato ai giovani più appassionati, il cui motore a due tempi era dotato di un car-buratore da 16 mm e veniva alimentato da una miscela costituita da benzina con il 6% di olio, che provvedeva alla lubrificazione. Nel depliant del 1958 il costruttore dichiarava per questo modello una potenza di 2,8 cavalli e una velocità massima di 70 – 75 km/h.

le corse in italiaPer vedere in gara i ciclomotori, fondamentali si sono rivelate le corse in salita. Nel 1959 nel Campionato Italiano della Monta-gna ha fatto la sua comparsa la classe 50, che

ha visto il successo finale della Motom. Il robusto e versatile quattro tempi della casa milanese si è ripetuto anche l’anno successivo e, limitatamente alla categoria Sport (derivate dalla serie), nel 1961 e nel 1962. La maggior parte dei piloti correva con mezzi di serie opportunamente elaborati, ma in questo caso esistevano anche dei motori preparati dal-la stessa casa per impiego agonistico, nei quali spiccava l’adozione di due barre di torsione, che andavano ad aggiungersi alle usuali molle elicoi-dali di richiamo delle valvole.Erano alloggiate in due ben visibili astucci tubola-ri che fuoriuscivano dalla testa. Questa soluzione era già stata impiegata nel 1958 sul ciclomotore da record allestito dalla Motom che, dotato di un motore erogante 4,5 CV

La Itom è stata per anni una delle più apprezzate costruttrici di ciclomotori sportivi. La versione da corsa è stata impiegata con grande successo anche all’estero. Tra l’altro è stata la moto con la quale Mike Hailwood ha fatto il suo esordio in pista. Da noi ha gareggiato a lungo in salita, con ottimi risultati

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a 9000 giri/min, aveva conquistato quattro pri-mati mondiali sulle lunghe distanze.

Itom, Hailwood e IvyUn discorso a parte merita la Itom. Fondata nel 1944, questa azienda ha iniziato l’attività produ-cendo motori ausiliari per biciclette ed ha costru-ito il suo primo ciclomotore completo nel 1953. Successivamente è passata a modelli più per-formanti, alcuni dei quali di netta impostazione sportiva (Astor Super Sport da 2,5 cavalli e Sport

Il motore della Itom 50 era un monocilindrico a due tempi di schema classico, ottimamente studiato e realiz-zato. Il preselettore era esterno, sul lato destro, dato che il ciclomotore era nato col comando del cambio al manubrio. IMSA sta per Industria Meccanica Sant’Ambrogio

Competizione da 3 cavalli, presentati sul finire del 1956). I “cinquantini” di questa casa torinese sono stati largamente impiegati nelle competi-zioni fino alla seconda metà degli anni Sessanta, ottenendo numerosi successi (più all’estero che in patria!). A dare una forte spinta alla diffusione degli Itom da corsa e addirittura alla istituzione della classe 50, a livello nazionale prima e internazionale su-bito dopo, è stato un concessionario inglese, che sul finire degli anni Cinquanta ha iniziato a prepa-

rare la versione più spinta dell’Astor e a produr-re parti speciali per adeguarla all'uso in pista. Le Itom preparate da Dick Chalaye sono di-ventate subito molto popolari nel British Road Racing Championship. In sella a queste brillanti monocilindriche hanno fatto il loro esordio in gara il pluricampione Mike Hailwood e Bill Ivy, poi vessillifero della Yamaha. Va ricordata anche Beryl Swain, prima donna a correre al TT, nel 1962. Le Itom hanno ottenuto importanti successi in campo agonistico non

solo in Inghilterra ma anche in Olanda, Belgio e Francia. Il generoso motore a due tempi che le azionava aveva un alesaggio di 40 mm e una cor-sa di 39,5 mm; alimentato da un carburatore da 22 mm erogava circa 7 cavalli a un regime dell’or-dine di 14000 giri/min. Da noi queste piccole e brillanti moto da com-petizione sono state apprezzate protagoniste soprattutto nelle gare in salita. Spicca il titolo italiano della montagna conquistato nel 1966 da Sergio Bongiovanni nella classe 75.

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RIDE IN THE USALA MUD RACE BLUES A LAS VEGASdi Pietro Ambrosioni | La stagione del Supercross si è appena conclusa con la storica “mud race” di Las Vegas, un fatto mai visto prima nel deserto del Nevada: una gara nel fango al Sam Boyd Stadium!

On The Road

C on il titolo 450SX già assegnato a Ryan Dungey ed alla sua KTM Red Bull, c’erano ancora in palio sia il tito-lo 250SX Costa Est che quello Costa

Ovest. Altra novità di Las Vegas per quest’anno (almeno questa era annunciata, al contrario del fango…) era la nuova formula di gara per le 250: per anni qui si sono corse due finali separate per le due coste, e successivamente lo Shootout, una gara a sè stante che si correva a titoli assegnati, e che aveva lo scopo di stabilire quale fosse la co-sta più competitiva per la stagione. In pratica si scontravano i primi 10 classificati per ogni costa e via, per la gloria. Dal 2016 le regole invece sono cambiate: non più finali separate, ma si è corso direttamente lo Shootout, che questa volta non solo ha assegnato punti per entrambe le coste, ma i punti venivano computati a livello

globale, non separati per ciascuna. Detto così sembra un gran casino, ma è solo diffi-cile da spiegare per iscritto: i punti sono stati as-segnati a prescindere dalla costa di appartenen-za, e quindi c’era un'elevatissima possibilità che la classifica venisse completamente rivoluziona-ta proprio all’ultimo momento, perché i piloti del-le due diverse coste si sottraevano punti preziosi a vicenda (se poi ci aggiungiamo il fango…).Nonostante tutto i due leader provvisori si sono comunque aggiudicati il titolo, anche se Cooper Webb nella Costa Ovest ha rischiato grosso. Il pilota Yamaha partiva infatti con un brutto in-fortunio al polso ottenuto in allenamento, e che ha tenuto nascosto il più a lungo possibile. Al punto di dire ai giornalisti in conferenza stam-pa il giorno prima della gara che forse qualcuno si era confuso con un infortunio ad un suo compa-

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gno di squadra! Sta di fatto che Cooper ha corso con un vistoso tutore al polso, e ovviamente ha già comunicato che non disputerà le prime prove del National. In gara ha fatto il gambero, in condi-zioni quasi proibitive, ma è riuscito a mantenere uno striminzito punto di vantaggio sul dominato-re di giornata, Savatgy, sufficiente per conferma-re la sua tabella numero uno.Meno difficile la giornata di Malcolm Stewart nel-la Costa Est, dove il pilota Honda GEICO è arri-vato terzo in solitaria e ben davanti a tutti i suoi diretti concorrenti, aggiudicandosi il su primo titolo in carriera. All’arrivo c’era il fratello James ad aspettarlo per festeggiare: questi due sono i primi fratelli ad aggiudicarsi entrambi un titolo Supercross 250

(sebbene James lo abbia fatto in sella ad una 125 a due tempi). In settimana Malcolm ha poi fatto sapere che non correrà il National, per po-tersi concentrare sulla preparazione in sella alla 450, moto che utilizzerà a tempo pieno a parti-re dal 2017. Sempre secondo i pettegolezzi del paddock, sembra che Malcolm e James saranno entrambi in sella alle moto semiufficiali del Team Honda GEICO, sulla falsariga di quanto fatto dal Eli Tomac fino all’anno scorso, e da Justin Bogle quest’anno.Las Vegas chiude dunque l’annata del Super-cross, ma ogni volta è anche fonte di spunti inte-ressanti che preparano alla stagione successiva. Per prima cosa vorrei segnalare dei cambiamen-ti al calendario per il 2017: come previsto è stata

On The Road

eliminata la seconda gara di San Diego, ma ci sono due defezioni clamorose, che invece era-no state annunciate nemmeno un anno fa con grandi fanfare. Dopo una sola esperienza con il Supercross, gli stadi di Foxborough in Massa-chusetts (subito a sud di Boston - sede dei New England Patriots) e quello di Santa Clara in Ca-lifornia (nuova sede dei San Francisco 49ers) hanno rinunciato all’opzione di riportare le moto per un secondo anno. Per fortuna il promoter FELD non ha avuto pro-blemi a trovare immediatamente delle location sostitutive, e il prossimo anno vedremo il gradi-to rientro di tre città storiche per il Supercross, come Seattle, Salt Lake City e Minneapolis:

quest’ultima, in particolare, metterà a disposizio-ne il nuovissimo stadio dei Vikings, la squadra di Football NFL che solo da settembre potrà a sua volta mettere piede sul campo dello US Bank Stadium, la struttura che ha sostituito il mitico Metrodome.Vale poi la pena di ricordare che Ryan Dungey è proprio del Minnesota, e qui a Minneapolis nel 2013 ha dato vita ad una delle più grandi batta-glie in carriera contro l’eterno rivale Villopoto, battendolo dopo una lotta fino all’ultimo giro.Tra le altre curiosità, che invece ho scoperto par-lando con Dave Prater, Director of Supercross per FELD Motorsports, ci sono anche tre cosette interessanti. La prima è l’arrivo dal 2018 di un Su-

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percross a Nashville. La capitale del Tennessee, conosciuta anche e soprattutto per essere la capitale della Country Music, avrebbe potuto entrare in calendario già dal 2017, ma una serie di lungaggini burocratiche hanno fatto slittare il tutto al 2018. La location è particolarmente interessante, per-

ché porta una gara in un mercato che per anni ha visto la presenza della sola Atlanta in quella zona (Daytona non conta perché si trova 8 ore a sud della capitale della Georgia…). Inoltre conferma che il Sudest degli USA rimane un eccellente mercato per il Supercross, che per anni ha visto gare svolgersi anche a Charlotte,

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Tampa, Orlando e New Orleans.L’altra chicca è la volontà da parte di FELD di portare il Supercross in Europa, come avvenuto nei primi Anni 2000, quando per un periodo si tenne il World Supercross Championship e si ve-niva a correre in Olanda e Spagna. Ma a quel tempo le gare non valevano per il Cam-

pionato AMA, e non tutti i top rider si presentava-no al via (per darvi un’idea, il campione 2004 fu Heat Voss - chi se lo ricordava?). FELD sta adesso trattando con la FIM (l’incontro è avvenuto pochi giorni fa) per ottenere il patro-cinio federale e poter finalmente portare il Super-cross a livello globale.

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Che sia una risposta alla mossa di Youthstream di correre un MXGP all’interno dello stadio di Char-lotte quest’anno? Probabile, ma non lo ammet-teranno mai.L’ultimo scambio di opinioni (perché al momento di questo si tratta) lo abbiamo avuto parlando di possibili variazioni al sistema di assegnazione dei punti. La volontà è ovviamente quella di assegna-re tutti e tre i titoli (quello 450SX e i due 250SX Costa Est e Costa Ovest) all’ultima gara. Non è ovviamente per fare un piacere alla città di Las Vegas, ma è una necessità che arriva dal-la televisione, che vuole mantenere alti i livelli di ascolto per tutta la stagione.E se un pilota si aggiudica il titolo con una o due gare di anticipo l’interesse e gli ascolti da quel momento calano inevitabilmente. So che non ha molto senso dal punto di vista sportivo, ma ne ha molto dal punto di vista del business, e se il Supercross è arrivato dove è oggi, è soprattutto grazie ad una perfetta gestio-ne del business. Al punto di arrivare a “piegare” le regole sportive in qualche occasione (chi si ricorda lo scandalo della benzina nel 2006, quando sembrava che dovessero squalificare Carmichael?)…Comunque ci sono diverse idee sul tavolo per as-sicurare un finale incerto fino all’ultimo: un siste-ma playoff tipo la “chase” della NASCAR, oppure la possibilità di assegnare punti doppi all’ultima gara, infine dare ai piloti la possibilità di scartare uno o due risultati.

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NICO CEREGHINI“BUSCHERINI E TORDI, QUARANT'ANNI FA AL MUGELLO”Il tracciato era quello splendido di oggi, gli spazi di fuga no. Otello e Paolo caddero come tanti piloti hanno fatto domenica scorsa, ma finirono contro i pali che sostenevano le reti. La cronaca di una giornata tragica e per certi aspetti ancora avvolta nel mistero.

C iao a tutti!Adesso che il Mugello è ar-chiviato e tutto è andato bene -con qualche

guaio di troppo ma nessun dram-ma- ci tengo a ricordare due pilo-ti che esattamente quarant'anni fa, il 16 maggio 1976, proprio al Mugello lasciarono vita e spe-ranze. Farlo prima del GP d'Italia non era opportuno, non si parla di tragedie alla vigilia di una gara programmata sulla stessa pista, ma Otello Buscherini e Paolo Tor-di hanno lasciato un vuoto di cuibisogna parlare.

Quello fu un fine settimana tra-gico, qualcosa come settanta cadute in tre giorni, un numero impressionante, nessuno seppe spiegare perché. Si puntò l'indi-ce sulle gomme, in effetti la Mi-chelin aveva da poco introdotto le sue slick, però i grippaggi furo-no tantissimi e si pensò anche al carburante. Allora quasi tutti noi facevamo il pieno al distributore interno al circuito, e se ci fossero state infiltrazioni nella cisterna sotterranea, come a volte capita, la miscela benzina/acqua/olio sarebbe stata letale per i motori a due tempi. Chissà come andò. Personalmente volai via due vol-

te per grippaggio della mia Su-zuki RG 500, la prima il venerdì alla staccata della Bucine e mi ritrovai nella via di fuga senza danni, la seconda in gara all'i-nizio del secondo giro.Vi racconto l'episodio perché mi serve per darvi il clima di quella terribile domenica.Sono decimo nel gruppo e, come tolgo la sesta alla stac-cata della San Donato, stok, tre pistoni grippati su quattro e ruota posteriore bloccata. Lunga intraversata nel gruppo con il terrore di venir travolto da chi segue, davanti c'è Rou-gerie, rischio di tamponarlo,

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high side e pesante atterraggio. Che botta, poi rotolo fino alla via di fuga quasi indenne ma con una mano sanguinante. Mi fanno salire sull'ambulanza, però dopo tre curve mi fanno già scendere: nel frattempo alla Ma-terassi è caduto proprio Rouge-rie insieme ad un altro pilota ed entrambi stanno molto peggio di me. Finiranno la gara, se ricordo bene, soltanto sedici piloti dei trentadue partiti.Mezz'ora dopo mia sorella, che non mi ha più visto passare, corre alla palazzina medica. "Il numero 77 come sta?" "Signorina, corag-gio, purtroppo non ce l'ha fatta" "Oddìo, Cereghini in 500?" "No no, mi scusi, credevo il 77 della 350: Tordi". La sorte ha estratto un numero, io sono vivo, Paolo Tordi invece è morto come Otello Buscherini in 250, contro i pali di sostegno delle reti poste a pochi metri dalla pista, perché l'area di fuga all'Arrabbiata e alla Biondet-ti non c'era. Fu aperta un'inchie-sta, il grave pericolo di quei pali era stato segnalato da tempo, andai anche a Roma per testimo-niare, non se ne seppe più nien-te. Così andavano le cose a quei

Editoriale

VI RACCONTO L'EPISODIO PERCHÉ MI SERVE PER DARVI IL CLIMA DI QUELLA TERRIBILE DOMENICA.SONO DECIMO NEL GRUPPO E, COME TOLGO LA SESTA ALLA STACCATA DELLA SAN DONATO, STOK, TRE PISTONI GRIPPATI SU QUATTRO E RUOTA POSTERIORE BLOCCATA. LUNGA INTRAVERSATA NEL GRUPPO COL TERRORE DI VENIR TRAVOLTO DA CHI SEGUE

tempi.Il tracciato del Mugello era bel-lissimo anche allora ma incom-piuto, gli spazi mancavano, i vari servizi erano carenti, la gestione dell'ACI Firenze molto discutibile. Fin dalla prima gara internazionale, la 1000 km del luglio '75, ci furono purtroppo gli incidenti mortali. Con la pista di oggi, certamen-te Buscherini e Tordi sarebbero ancora vivi, a seguire le gare con la passione che metteva-no nella guida della moto da corsa. Otello aveva ventisette anni ed era un folletto, correva in salita e in circuito, qualsiasi moto andava bene, dalla 50 alla 750; nel '74 aveva sfiorato il titolo mondiale della 125 con la Malanca curata da Librenti, quindi era salito sulle Yamaha 250 e 350 subito vincente. Non stava mai fermo, lo chia-mavano Tarantola gli amici di Forlì che per non dimenticarlo hanno fondato un'associazio-ne culturale a lui dedicata. Anzi, domenica prossima, 29 maggio, se passate da Forlì andate in via Caprera al nume-ro 1: si inaugura la nuova sede

dell'associazione, più grande, bella e piena di ricordi.Paolo Tordi aveva un anno in più e viveva a Cesena. Il moto club della città porta ancora il suo nome. Era taciturno e ri-servato, grande appassionato della montagna e generoso con i più sfortunati anche se aveva pochi mezzi e faceva tut-to da solo, il meccanico e l'auti-sta del furgone Fiat 238; nel '73 era stato capace di vincere con la Yamaha 250 da lui prepara-ta, sotto una pioggia battente, la Conchiglia d'Oro Shell a Imo-la, gara internazionale ben fre-quentata. Fu una affermazione che fece un grande scalpore, poi tornò a faticare per carenza di soldi, ma in quel 1976 gode-va finalmente di un valido aiu-to tecnico nel toscano Cortini, aveva fatto il sesto posto a Le Mans, si sentiva in grado di lot-tare con i migliori.Quando festeggiamo i nostri pi-loti preferiti, dalle tribune o da-vanti al televisore, ricordiamoci anche di loro. Di tutti quelli che non hanno avuto fortuna. Ave-vano la stessa passione, forse anche lo stesso talento.

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MOTOGP GP D'ITALIA

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S trepitosa vittoria di Jorge Lorenzo, davanti a Marc Marquez e Andrea Iannone, autore di una grande rimon-ta dopo una pessima partenza. Quar-

to Dani Pedrosa, quinto Andrea Dovizioso, ottavo Danilo Petrucci, decimo Michele Pirro, ritirato per rottura tecnica Valentino Rossi.Al nono giro, l’evento che ha zittito il “MUGIAL-LO”: Rossi, secondo e aggressivo su Lorenzo (lo stava puntando in tutte le curve) scarta a destra in una nuvola di fumo. Inequivocabile: il motore

della sua M1 si è rotto esattamente come era successo al mattino a quello di Jorge Lorenzo.Fuori Rossi, che aveva tutte le possibilità di vince-re, sembrava che Lorenzo potesse avere vita faci-le, ma così non è stato e l’ultimo giro è stato uno dei più belli di sempre: prima è passato Marquez alla Poggio Secco con un sorpasso da brividi, poi Lorenzo è passato alla Biondetti uno, ma in uscita Marquez è ripassato davanti. Fatta? No, perché in uscita dalla Bucine, lorenzo ha sfruttato la scia e l’ha passato sul rettilineo per 19 millesimi.

GP D'I TALIALORENZO TRIONFA AL MUGELLOdi Giovanni Zamagni | Lorenzo vince il GP d'Italia davanti a Marquez e a Iannone. Rossi fuori per problemi meccanici

MotoGP

LA PIU’ BELLA VITTORIARitiro di Rossi a parte, è stata forse la più bella vit-toria di sempre di Lorenzo, perché nell’ultimo giro ha dimostrato di saper fare anche a sportellate e non di vincere solo stando sempre al comando: un pilota così merita solo applausi, nemmeno un fischio. Ma è stato molto bravo anche Marquez, che ha fatto tutto bene: se ha perso è solo perché la sua Honda ha meno motore della Yamaha.

IANNONE CHE PECCATOSul terzo gradino del podio Andrea Iannone, che però può mangiarsi le mani per una partenza di-sastrosa che lo ha costretto a rimontare dall’11e-sima posizione. Con velocità e bravura Andrea ha recuperato

posizioni e il terzo podio è comunque un buon risultato, ma Iannone, giustamente, dice: «Sono molto deluso».Nel finale, Iannone ha resistito agli attacchi di Pedrosa, mentre Andrea Dovizioso, scattato 13esimo, ha chiuso quinto, dopo però aver fatto sognare un risultato ben diverso: con una par-tenza fantastica, il Dovi ha conquistato prima il quarto posto, poi il terzo con l’uscita di Rossi, con un passo che faceva anche sperare che Andrea potesse andare a riprendere i primi due. Poi, però, dovizioso ha rallentato, è stato passato dal compagno di squadra, ha replicato finchè ha potuto, poi si è arreso anche a Pedrosa. Un ap-plauso alla Michelin: dopo tanti problemi, in que-sto GP le gomme sono state fantatiche.

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CLASSIFICA DEL GP D'ITALIA

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CLASSIFICA MONDIALE 2016

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Q uali sono state le chiavi del GP?1) La rottura del motore di Valentino Rossi al nono giro: apparentemente Valentino era quello più a posto e

con il passo migliore, aveva la possi-bilità di vincere; 2) L’errore in partenza di Andrea Iannone: aveva il ritmo per giocarsi la vittoria; 3) La minore accelerazione del motore Honda rispetto a quello della Yamaha: per questo Mar-

quez ha perso la volata, non per aver commesso un errore.

Un motore rotto con Lorenzo nel warm up, uno con Rossi in gara: cosa sta succedendo in Ya-maha?Rossi: «Abbiamo controllato i dati, non c’è stato nessun problema di temperatura. Si può ipotizzare una serie venuta male per qual-che ragione, per un montaggio sbagliato o per i

GP D'ITALIASPUNTI E CONSIDERAZIONI DOPO LA GARAdi Giovanni Zamagni | Cosa sta succedendo in Yamaha? Quali sono state le chiavi del GP? Perché Iannone è partito così male, mentre Dovizioso parte sempre bene?

MotoGP

materiali. Certo, è qualcosa di anomalo: l’ultima volta che la Yamaha aveva rotto un motore in gara era stato con me a Misano nel 2007, oggi ne abbiamo rotti due in due ore».

E adesso cosa succede con i motori congelati?Rossi ha punzonato tre motori, quindi ne deve punzonare ancora quattro. I motori sono congelati, ma nello sviluppo: se c’è un pezzo difettoso per qualche motivo può esse-re sostituito prima della punzonatura, basta non cambiare le specifiche.

Perché Iannone è partito così male, mentre Do-vizioso parte sempre bene?Iannone: «Dall’inizio dell’anno ho problemi con la frizione, non ho feeling, non riesco a modularla. Sono molto dispiaciuto, perché avevo il passo per

stare con Lorenzo e Marquez: non so se sarei riu-scito a batterli, ma ci avrei provato».

Al 17esimo giro, Iannone ha superato Dovizio-so, che ha ripassato il compagno di squadra al 18esimo, prima di essere superato nuovamen-te, nello stesso passaggio da Iannone: i due si sono ostacolati?Iannone: «Speravo che Andrea non mi passasse, invece l’ha fatto alla San Donato e ho perso tem-po. I nostri stili sono completamente differenti: lui è più efficace in frenata, io sono più veloce a centro curva».Dovizioso: «Ci siamo superati due volte in 23 giri: direi che oggi non ci siamo dati fastidio».

Perché Dovizioso, brillante fino al 16esimo giro, ha dovuto rallentare nel finale?

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Dovizioso: «Ho fatto una grande partenza, nei primi giri ho fatto quello che dovevo fare, ero ve-loce e avevo il passo per giocarmi il podio, ma, purtroppo, mi si è indurito l’avambraccio destro: ho perso precisione e fluidità nei movimenti, non potevo più guidare nella maniera corretta. Abbia-mo la velocità, ma dobbiamo usare troppa ener-gia: adesso che c’è una situazione stabile a livello contrattuale dobbiamo concentrarci su questi aspetti, dobbiamo trovare maggiore fluidità. In questi tre anni siamo cresciuti tanto, in qualche GP ce la possiamo giocare, ma in altre è troppo complicato, non riusciamo ad arrivare fino in fon-do come gli altri».

Vinales sembrava avere un gran passo, invece ha chiuso sesto: cosa è successo?Prima di tutto, il pilota della Suzuki ha avuto un

problema in partenza: quando ha messo la quar-ta marcia, è come se fosse entrato il limitatore e la moto ha naturalmente perso grande veloci-tà in accelerazione: Maverick ha chiuso il primo giro 11esimo. Poi è risalito, ma il suo ritmo è stato comunque inferiore a quello delle prove, come spesso accade con la Suzuki.

Perché Scott Redding si è ritirato al nono giro mentre era in decima posizione, dopo essere stato anche settimo?Si è rotta la poma dell’acqua.

Come è andata l’Aprilia?Malissimo: Bautista è caduto al primo giro, Bradl ha chiuso 14esimo a 40”094. Il suo miglior giro (1’49”248) è stato il penultimo in assoluto, 1”561 più lento del migliore di Iannone.

Giri veloci in gara (tra parentesi a che giro è stato ottenuto)Iannone 1’47”687 (23esimo giro); Pedrosa 1’47”734 (23); Marquez 1’47”871 (19); Lorenzo 1’47”961 (19); Dovizioso 1’47”997 (3); Rossi 1’48”092 (8); Vinales 1’48”147 (16); P. Espargaro 1’48”357 (8); Smith 1’48”371 (6); Petrucci 1’48”428 (17).

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GP D'ITALIA, JORGE LORENZO"SAREBBE STATA DURA BATTERE ROSSI"di Giovanni Zamagni | Jorge riconosce di essere stato “fortunato due volte: “Ho rotto il motore nel warm up, lui in gara: aveva un gran passo. La Honda va meno in rettilineo”, ma, giustamente, sottolinea anche i suoi meriti: “Spero di aver convinto anche chi dice che so vincere in un solo modo”

S e uno non ha visto la gara e si affida solo al “lap chart”, il foglio che indica, giro per giro, le posizioni di ciascun pi-lota, commenterà: “Ecco, la solita vitto-

ria di Jorge Lorenzo, in testa dalla prima all’ultima curva”. Niente di più sbagliato: Lorenzo, effettiva-mente, è transitato sul traguardo sempre in prima posizione, ma nei 5245 metri che bisogna percor-re fino a quello successivo è accaduto di tutto, tanto che Lorenzo all’uscita dell’ultima curva era

ancora in seconda posizione. Poi… «…poi devo ringraziare il motore della mia Yamaha, o meglio, quello della Honda: se avessi avuto davanti a me una Ducati o anche una Suzuki non avrei mai vinto» ammette onestamente Jorge, autore comunque di una prestazione da applausi: il suo successo è senz’altro meritato, anche se l’avversario più pericoloso – Valentino Rossi – è stato costretto al ritiro per problemi tecnici.«Sicuramente è una delle vittorie più belle del-

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la mia carriera, simile a quella contro Marquez a Silverstone nel 2013, che ritengo la mia migliore in MotoGP. Qualcuno dice e pensa che so vincere solo par-tendo dalla pole e se ho il ritmo migliore: oggi ho dimostrato che non è così, spero di aver convinto gli scettici nei miei confronti. La realtà è che io sono capace di partire bene e spingere subito fortissimo e cerco di sfruttare questa mia qualità: ecco perché ultimamente ho sempre trionfato stando in testa dall’inizio alla fine. Ma ci si dimentica che in passato scattavo malissimo al via, dovevo recuperare un sacco di posizioni».

Ripercorriamo la gara.«Nel warm up siamo riusciti a migliorare molto la moto, ma non mi sentivo perfettamente a mio agio a centro curva, lo sterzo tendeva a chiudersi continuamente. Ho cercato di prendere un po’ di vantaggio, ma non ci sono uscito: ho fatto un grande sforzo, ho consumato parecchia energia e alla fine ero piut-tosto stanco. All’ultimo giro mi sono ricordato di quanto avevo fatto con De Angelis nel 2005, quan-do lo sorpresi passandolo nel cambio di direzione dell’ultima variante (“Biondetti”, NDA) e ho pen-sato di fare lo stesso con Marquez. Ci ho provato, ho dato tutto il gas che potevo, sono finito un po’

largo e Marquez ha potuto ripassarmi. Per un attimo ho pensato di riprovarci all’ultima staccata, ma se avessi mollato i freni saremmo caduti entrambi: mi sono messo in scia e sono riu-scito a passarlo sul traguardo».

E’ preoccupato per le due rotture dei motori, uno tuo nel warm up e uno di Rossi in gara?«Certamente: bisogna capire cosa sta succeden-do. Io sono stato fortunato: nel warm up, sarebbe bastato che io facessi un giro in meno e anche il mio quattro cilindri si sarebbe rotto in gara. Rossi, al contrario, è stato sfortunato: mi ha det-to Wilco (Zeelemberg, l’ex pilota che lo segue in

pista, NDA) che Valentino oggi era messo molto bene, sarebbe stato difficile batterlo».

Il pubblico ti ha fischiato fin da venerdì: è stato questo a darti un’ulteriore carica?«Qui fischiano me e Marquez. L’appoggio, natural-mente, è tutto per Rossi, ma anche per Iannone e adesso anche per Vinales…».

Non rinuncia a una frecciatina al compagno di squadra, a quanto successo in qualifica con Rossi che ha fatto il tempo dietro a Vinales: a differenza del solito, però, lo fa con classe e ironia. Anche in questo, è un Lorenzo inedito.

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GP D'ITALIA, VALENTINO ROSSI"AVREI POTUTO BATTERE LORENZO"Ai microfoni di Sky Valentino Rossi commenta la sua sfortunata gara al Mugello. “E’ un peccato la rottura perché avrei potuto lottare per vincere”

S ono stato sfortunato perché penso che a me sia successo lo stesso problema di Lorenzo. Però a lui è successo nel warm up e a me invece in gara ed è un

grande problema perché è uno zero molto pesan-te per il campionato.Probabilmente questa serie bimotori ha un pro-

blema: arriva a un certo numero di km e si rompe. Quando si rompe un motore è sempre un peccato, ma qui al Mugello, con tutta questa gente e questa atmosfera brucia ancora di più. Poi brucia soprattutto perché ero molto molto ve-loce e ignara mi sentivo bene e avrei potuto lottare per vincere».

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Ti ha sorpreso vede Lorenzo così aggressivo?«Mi aspettavo Lorenzo molto veloce in gara per-ché aveva il passo già da ieri pomeriggio, quindi era uno dei principali rivali per la vittoria. Ho cercato di passarlo solo una volta, ma con la scia sono arrivato troppo forte sono andato lar-go e mi ha risorpassato. Poi mi ero messo dietro e stavo cercando di controllare la situazione e di capire se si riusciva ad andare via da Marquez. Ero un pelino più veloce».

Avevi studiato i punti deboli di Lorenzo?«Io ero veloce nel T2 e T3 e anche in staccata non ero messo male. Secondo me euro più veloce (di Lorenzo, NDR), però dirlo adesso è facile. Una volta alla San Donato sono andato largo per-ché mi è rimasta la frizione in folle, ma mi ci è vo-luto solo mezzo giro per riprenderlo. Secondo me 2-3 decimi potevo averli. La gara era lunga e mi sentivo bene, potevamo finalmente fare una bella lotta e sarebbe stato bello perché avrei potuto anche batterlo».

Sei uno dei migliori nel misto, con un passo più veloce degli altri e lo stesso nei cambi di dire-zione.«Sono molto competitivo, sono più veloce dell’an-no scorso anche rispetto a Lorenzo. Questa è una cosa molto positiva e che ci rende felici perché ci possiamo divertire e togliere delle soddisfazioni. Peccato perché ho sbagliato io ad Austin e oggi si è rotta la moto, avere già due zeri in classifica su sei gare è molto pesante in campionato. Adesso bisogna concentrarsi gara per gara e cercare di arrivare davanti Lorenzo e Marquez. Mancano an-cora 12 gare, vedremo cosa succederà».

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GP D'ITALIALE PAGELLE DEL MUGELLOdi Giovanni Zamagni | Dieci a Lorenzo e a Marquez, nove a Rossi. Per i ducatisti: 7 a Iannone e 5 a Dovizioso

JORGE LORENZO VOTO 10Da venerdì a domenica ha dovuto subire fischi (come peraltro avviene in tanti circuiti) ogni volta che veniva inquadrato, ma lui va avanti per la sua strada come un caterpillar: non deve essere facile accettare una simile situazione. Quando poi mette il casco, guida alla grande e il Lorenzo del Mugello ha dimostrato di saper essere anche aggressivo, determinato, capace di giocar-sela fino all’ultimo metro. Le sfortune altrui (il motore rotto da Rossi, la scar-sa accelerazione della Honda) gli hanno dato una mano, ma lui ha fatto quello che doveva fare. Da applausi.

MARC MARQUEZ 10Di solito, perdi perché l’altro è stato più bravo o perché hai commesso un errore. Non in questo caso: Marquez ha fatto tutto per-fettamente, non gli si può imputare alcuno sbaglio. Il sorpasso effettuato alla Materassi all’ultimo giro è stato straordinario, la replica al sorpasso di Lo-renzo alla Biondetti altrettanto bella. Insomma, se ha perso, non è stata per colpa sua. Marquez style.

ANDREA IANNONE 7Da esaltare per la rimonta o da criticare per l’erra-ta partenza?

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Il pilota della Ducati ha fatto un recupero bello e spettacolare, è stato bravissimo, ha sfruttato al meglio il potenziale della moto, ma lo sbaglio com-messo al via è pesante, perché c’erano veramente le condizioni per vincere. Insomma, sembra più un’altra occasione sprecata di un podio conquistato. Bravo a metà.

DANI PEDROSA 7Venerdì aveva detto: “Non c’è niente che funziona: telaio, motore, elettronica”. Fino a domenica mat-tina sembrava destinata a una gara nelle retrovie, come peraltro nelle precedenti, invece ha disputa-to un buon GP: Marquez fa sempre la differenza rispetto a lui, ma questa volta lo spagnolo merita più appalusi che critiche. In ripresa.

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ANDREA DOVIZIOSO 5Quinto dopo essere partito 13esimo potrebbe anche essere visto come un buon risultato e per certi versi lo è. Ma dopo quanto fatto nei primi giri, con il passo che aveva, si pensava che avrebbe fa-cilmente conquistato il podio, invece ha subito la rimonta del compagno di squadra. E che disastro in prova. Malconcio.

VALENTINO ROSSI 9Ha fatto tutto quello che poteva fare: pole il sa-bato, buona partenza, velocissimo nei primi giri, aggressivo, ma anche attendista, pronto a sfrut-tare la situazione. Insomma, un grande Rossi, che avrebbe probabilmente vinto il GP. Purtroppo non ne avremo mai la certezza. Capolavoro incompiuto.

MAVERICK VINALES 6Grande protagonista in prova, in difficoltà in gara, anche se il distacco dai primi è comunque conte-nuto: ci si aspettava però un altro risultato. Sogno svanito.

BRADLEY SMITH 6Forse il miglior GP stagionale.

DANILO PETRUCCI 6Ci si aspettava qualcosa di più, ma non ha fatto male.

ALEIX ESPARGARO 5Si sta giocando la riconferma, ma in gara confer-ma tutti i suoi limiti.

MICHELE PIRRO 6Il collaudatore-pilota (o pilota-collaudatore, come dice lui) fa sempre bene il suo lavoro.

CAL CRUTCHLOW 4E’ in caduta libera.

YAMAHA M1 VOTO 4La competitività della moto non si discute, così

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come l’efficacia in pista, ma due motori rotti in po-che ore sono davvero preoccupanti.

HONDA RC213V VOTO 7Dopo le prove, si poteva ipotizzare un GP disastro-so, invece la gara ha messo in mostra un altro po-tenziale. Ma a memoria d’uomo non si ricorda una Honda sverniciata in rettilineo da una Yamaha.

DUCATI DESMOSEDICIGP VOTO 7La sensazione è sempre quella di un grandissimo potenziale, ma poi, per un motivo o per l’altro, i

suoi piloti raccolgono meno delle aspettative. Di chi la colpa?

SUZUKI GSX-RR VOTO 7In prova si conferma molto efficace, come ormai si è visto più volte in questa stagione, ma sulla di-stanza c’è ancora da lavorare: al momento è anco-ra la quarta forza del campionato.

APRILIA RS-GP VOTO 4I risultati sono deprimenti, i progressi non si vedo-no: la strada da percorrere è tutta in salita.

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MERCATO PILOTI 2017, DOVIZIOSO"DUCATI HA SCELTO ME, SONO PIÙ VELOCE"di Giovanni Zamagni | Sereno, soddisfatto e molto motivato. Arrivare al Mugello con la certezza di continuare a correre con la Ducati anche nei prossimi due anni, dà al Dovi qualcosa in più

S ereno, soddisfatto e molto motivato. Per la verità, Andrea Dovizioso non ha mai perso in questo mesi il sorriso e la tranquillità, nonostante un periodo

non proprio fortunato, ma arrivare al Mugello con la certezza di continuare a correre con la Ducati anche nei prossimi due anni, dà al Dovi qualcosa in più ed è proprio da questo che Andrea inizia.«Sono ben contento di iniziare il fine settimana del Mugello con il rinnovo del contratto con la Ducati:

rimanere era il mio obiettivo principale e non po-teva esserci posto migliore per celebrare il rinno-vo. Da qui in avanti possiamo concentrare tutte le energie sui risultati e sullo sviluppo della moto, anche in chiave 2017.

Andrea, ripercorriamo come si è arrivati al rin-novo del contratto.«E’ successo tutto molto velocemente, nella setti-mana successiva al GP di Francia.

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Ho valutato quello che mi ha offerto Ducati: è vero che c’è stata una riduzione dell’ingaggio (si dice del 50%, NDA), ma ci sono altri bonus e vantaggi economici che prima non avevo e, soprattutto, ri-tengo che mi sia stato offerto un gran bel pacchet-to. Per prendere questa decisione, non ero focaliz-zato sul discorso economico: credo che in questi 3 anni e mezzo sia stato fatto un grande lavoro: siamo competitivi, possiamo fare dei podi, ma ci manca ancora qualcosina. cco perché, interrompere adesso il lavoro sarebbe stato un vero peccato».

C’è però chi ritiene che Iannone sia più veloce di te…«In certi frangenti, lui è stato più veloce di me: nel-la MotoGP, però, la velocità è certamente impor-tante, ma non è tutto. Per ottenere certi risultati devi essere completo».

Ma è vero che è cambiato tutto dopo l’errore commesso da Iannone in Argentina, quando la stese all’ultima curva?«E’ vero che io, fino all’Argentina, ero il secondo pi-lota in prospettiva futura, semplicemente perché non avevo finito bene il 2015, mentre Iannone era andato forte. Se però si vanno a vedere i numeri – e sono sicuro che Ducati l’abbia fatto, se si guar-dano i test invernali e si analizzato le gare si vede una realtà differente della mia velocità sia se con-frontata con quella di fine 2015 sia con quella di Iannone: sicuramente questo ha influito».

Gli “antidoviziosiani” sostengono anche che sei stato scelto perché non dai fastidio a Lorenzo.«Probabilmente conta il fatto che caratterialmen-te non sono uno che dà fastidio: non sono una prima donna, non mi interessa essere al centro dell’attenzione, non mi irrigidisco se tutto non ruota attorno a me».

Scusa Andrea, ma non parlo di non dare fastidio dentro al box, ma in pista…«Non è certo questa la motivazione che ha spinto

la Ducati a scegliere me e non Iannone: mi sembra che quest’anno lui non abbia certo dimostrato di essere più veloce di me».

Così, finalmente, potrai sfidare Lorenzo a parità di moto: quanto è di stimolo?«E’ uno dei motivi che mi ha fatto prendere questa decisione: abbiamo iniziato insieme nell’europeo, abbiamo cambiato categoria negli stessi anni, ci siamo giocati i mondiali ai tempi della 250; poi, la sua strada ha preso una direzione migliore della mia, ma, finalmente, lo posso sfidare con la stessa moto. Per me è un grandissimo stimolo, mi piace moltissimo l’idea di sfidare un campione che ha vinto tanto, soprattutto in MotoGP».

Si dice che Lorenzo guadagnerà dieci volte più di te: anche questo rappresenta uno stimolo per batterlo?«No, dai soldi non viene nessuno stimolo in più. Non vivo per questo: ho la fortuna di aver guada-gnato bene nella mia carriera, quando vado a letto non penso certo alla differenza di ingaggio tra me e Lorenzo e sono ben fiero di questo. Io corro in MotoGP per i risultati, non sono focaliz-zato sull’aspetto economico: sono da quatto anni in Ducati, ho passato momenti difficili, era giusto continuare per provare a raccogliere quello che ci manca».

Cosa vi manca per essere vincenti?«A differenza degli altri anni, è chiaro che abbiamo la velocità, ma dobbiamo essere rapidi con più fa-cilità, specialmente in gara. Non è solo una questione di messa a punto, ci vuo-le dell’altro: negli ultimi due anni siamo migliorati tantissimo, siamo arrivati a un livello che nessuno avrebbe mai pensato di raggiungere tre anni fa: adesso, con il contratto fino al 2018 c’è il tempo per lavorare anche su questi aspetti».

Ti ha cercato la HRC per sostituire, eventual-mente, Pedrosa: quanto ti rende orgoglioso?«Moltissimo. Tutti conoscono la mia storia con la

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Honda, con la quale ottenni comunque il terzo posto in campionato, ma a fine anno vennero preferiti Stoner e Pedrosa. Adesso, essere stato considerato da HRC il pi-lota giusto per affiancare Marquez mi dà una grande soddisfazione sportiva, ma soprattutto personale: credo che sia stato apprezzato il la-voro fatto da me e da chi mi sta vicino in questi anni».

Un altro aspetto significativo: stai conqui-stando i “ducatisti”, pur non essendo uno di indole “ducatista”.«Il tifoso Ducati è particolare, “potente”, conta molto: si sente quando guidi una Ducati. Anche questo è uno degli aspetti che mi ha fatto con-tinuare con Ducati: lo sento, mi piace, ci credo».

Ultima cosa, Andrea: come la mettiamo ades-so con gli ordini di squadra tra te e Iannone?Dovizioso sorride: è questa la sua risposta.

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CAL CRUTCHLOW"SIAMO DA TOP 6"di Edoardo Licciardello | Un’intervista esclusiva al pilota del Team LCR, per parlare del suo Mondiale da un punto di vista tecnico, ma anche sportivo

È impossibile non amare Cal Crutchlow. E’ uno dei piloti più veloci del mondo, e in un mondo sempre più asettico e plastificato come quello della MotoGP

è anche uno dei pochissimi senza troppi filtri fra cervello e bocca. Le sue gag davanti alle teleca-mere alle prove della partenza sono entrate nella

leggenda. Un pilota che ama il suo lavoro, ma è innamorato delle biciclette da corsa: si allena tutti i giorni su distanze da Gran Fondo, a volte con un certo Mark Cavendish, suo vicino di casa all’Isola di Man. Sì, gli piace il TT: durante la settimana del Tourist Trophy ama prendere una moto da enduro e andare a vedere la gara da diversi punti, mesco-

landosi fra il pubblico e godendosi l’anonimato. Ma ama anche la Toscana, dove ha preso una casa di vacanza (“vicino al Mugello, che è una delle mie piste preferite”) in cui scappa quando può con la moglie Lucy, a cui è legatissimo e che aspetta un figlio per fine estate. Maschio o femmina? Cal e Lucy lo sanno, ma se lo tengono per loro, e gira voce che nel team stiano scommettendo.Onesto come pochi, ha anche una lealtà verso i fan che la maggior parte dei suoi colleghi pro-babilmente non sa nemmeno cosa sia. Siamo a Brescia, all’evento annuale di Visenzi Motomar-ket, il negozio di… “famiglia GiVi”, in cui Cal, Lucio Cecchinello e altri membri del team sono gli ospiti d’onore. Un evento in grande stile, con la folla delle grandi occasioni e una calca da concerto rock, ma Crutchlow è calmo e sereno. Si presta a foto di ogni genere e specie, e quando

viene il momento della nostra intervista ci chiede per favore di avere pazienza altri cinque minuti, perché ci tiene ad esaurire la coda di tifosi che si sono pazientemente messi in fila per un autografo o una foto con lui.Crutchlow è così, risponde a qualunque doman-da, tecnica o privata, con la stessa tranquillità e prontezza di spirito. Qualcuno prova a solleticarlo chiedendo cosa stesse pensando quando mimò una sviolinata ai fratelli Espargaró che, durante la prova della partenza, si erano messi a chiacchiera-re e a congratularsi a vicenda.«Avevo paura che si baciassero, certe effusioni quando si corre uno contro l’altro non vanno bene, capisco che siano fratelli ma a tutto c’è un limite… seriamente, la mia moto si stava surriscaldando, le MotoGP non sono fatte per stare ferme a mo-tore acceso, e se non si davano una mossa avrei finito per arrostire il motore».

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E le alette, argomento caldissimo di questi ulti-me settimane?«Vorrei che le togliessero perché sono preoccu-pato per le Ducati. Le loro sono davvero troppo grandi, temo che sul rettilineo del Mugello pos-sano decollare. Ma a parte gli scherzi, credo che siano pericolose: in caso di caduta diventano delle vere e proprie lame, e spero sinceramente che le proibiscano»

Insomma, avete capito. Cal ama scherzare, ma non per questo bisogna sottovalutare le sue ri-sposte, perché dopo ogni battuta arriva anche il contenuto vero. Che, ve lo anticipiamo, descrive alla perfezione quanto sia lucido, ma soprattutto modesto e realistico, Crutchlow: uno che sa quan-to vale ma non manca di riconoscere la forza degli avversari. Del resto, come però ama dire, non c'è pilota sulla griglia della MotoGP che in un'occasio-ne o nell'altra non abbia già battuto, quindi...

Iniziamo dalla situazione attuale: Lucio Cec-chinello ha dichiarato di volerti riconfermare. Evidentemente il rapporto fra te e il team è buono, anche se in passato hai spesso sottoli-neato l’importanza di correre per una squadra ufficiale.«Si, mi trovo benissimo con Lucio e la squadra, abbiamo un appoggio eccezionale da Honda e stiamo facendo un ottimo lavoro con il materiale che abbiamo. In tutta onestà, i risultati finora non sono quelli che ci aspettavamo, ma la velocità c’è – siamo da top-6, solo che abbiamo avuto una sfi-ga maledetta. In questo momento stiamo spingendo forte per-ché in accelerazione al momento attuale la moto è molto difficile da gestire, lo potete vedere facil-mente osservando anche Màrc e Dani».«Certo, se ricevessi l’offerta per entrare in un team ufficiale la prenderei in considerazione, ma sono felice con Honda – mi supportano in pieno, e ho pieno appoggio sia da Suppo che da Nakamoto; e anche l’appoggio del team è ottimo, quindi cam-biare casa sarebbe strano.

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Certo, se si rendesse disponibile una delle moto migliori della griglia, come la Yamaha, sarebbe fol-le non prendere in considerazione l’offerta».«Credo che l’anno scorso abbiamo fatto un buon lavoro, quest’anno come potete vedere è molto più difficile, ma sinceramente sono contento – ve-dremo».

Quindi hai la possibilità di dire la tua nello svi-luppo della moto?«Si, credo che sia una delle peculiarità di Honda, per loro è molto importante. Ho corso per tre co-struttori e non mi era ancora successo. Certo, so bene di non avere la velocità o il talento naturale di Màrc, ma del resto non conosco nessu-no sulla griglia che li abbia.

Sa guidare una moto che probabilmente non è in grado di girare sui tempi a cui la fa girare lui – lo si vede osservando i risultati miei o di Dani – ma in qualche modo lui ci riesce».«Credo che il mio contributo sia tenuto in conside-razione, perché sono quello che dei tre (Màrquez, Pedrosa e sé stesso, NdR) ha più esperienza su moto diverse, capisco molto bene la moto e mi ricordo molto bene tutte le moto che ho guidato: quindi la mia esperienza è fondamentale per loro, ed è una caratteristica che mi hanno sempre rico-nosciuto. Grossomodo, onestamente direi di esse-re veloce come Dani anche se quest’anno, come dicevo prima, per un motivo o per l’altro non sono riuscito a fare risultato».«Le mie indicazioni sono diverse da quelle di Màrc,

perché lui guida in una maniera molto particolare, molto diversa da quella di tutti gli altri. Alla fine però servono tutti gli input purché siano sensati, perché fra tre, quattro, cinque anni arrive-ranno piloti del tutto nuovi, ed è fondamentale an-che per Honda avere una moto che possa andare bene con più piloti».

Visti da fuori, i problemi che accusate in questo momento in accelerazione sono esacerbati dal-la combinazione fra la nuova elettronica unica e le gomme Michelin. E’ così?«Si, certo. Abbiamo cambiato motore, e perdiamo terreno in uscita di curva. La cosa spinge me, Dani e Màrc a staccare più tardi per recuperare tempo nella curva successiva – è evidente in gara, perché

ci confrontiamo con gli altri piloti, mentre in prova, guidando da soli, si nota meno. Il problema è che l’anteriore Michelin non ce lo consente, mentre con le Bridgestone avremmo potuto cavarcela». «Sia chiaro: non è una critica alla Michelin, perché alla fine siamo noi a guidare la moto, e soprattutto non è certo facile fare una gomma che vada bene per ventiquattro piloti e sei costruttori. Insomma, dobbiamo fare il meglio che possiamo con quello che abbiamo».

Cosa ne pensi, alla luce di queste difficoltà, dei regolamenti monofornitore come quelli che avete ora per gomme ed elettronica?«Onestamente non credo che sia facile per Car-melo e la Dorna fare si che i regolamenti siano

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equilibrati: penso che stiano facendo un ottimo lavoro perché il regolamento attuale mi sembra il migliore possibile in ottica di equilibrio della com-petizione. Il problema è che al momento qualche costruttore conosce meglio, e quindi sa interpre-tare meglio, alcuni parametri dell’elettronica, e forse le Michelin sono attualmente più adatte ad alcune moto che ad altre; ma credo che la situa-zione attuale sia quella ottimale: quei quattro là davanti sono i più forti, e sarebbero là davanti an-che con un altro regolamento, anche se credo che batterli, stare con loro, sia alla mia portata. Ci vorrà solo un po’ più di tempo di quanto qualcu-no non pensasse all’inizio».

Michelin sta lavorando duro, e si vede, portando gomme evolute gara dopo gara. E’ difficile lavo-rare con una gomma sempre diversa, anche se sempre più performante?«Un po’ si. La nostra moto non è cambiata molto nella ciclistica, quindi in linea di massima la cono-sciamo e la capiamo molto bene: il difficile è capire come lavora nel suo complesso. Abbiamo cambiato l’elettronica e la gomma, cosa che rende piuttosto difficile da capire la situazione in generale. Onestamente, comunque, sia Honda che Michelin stanno facendo un ottimo lavoro, la situazione è più brutta vista da fuori che non da dentro – stiamo lavorando duro e bene con Hon-da, anche dal Giappone ce la stanno mettendo tutta. Ci vorrà solo più tempo di quanto non pen-sassimo».

Ultima richiesta, perché il tempo è finito: tu che sei inglese, piazza la tua scommessa. Chi vince il Mondiale 2016? Cal fa i suoi occhi da matto, poi ci pensa su e con una smorfia furba ci risponde.«Al momento credo proprio che Jorge sia più for-te, ma alla fine penso che verrà fuori Valentino».Ehi, Cal, questa puzza di risposta politica perché sei qui in Italia... Lui ci sorride, strizza l’occhio, si alza e corre dai suoi fan. Deve fare altre foto e fir-mare autografi. E non saremo certo noi ad impe-dirglielo.

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MotoGP

STORIE DI MOTOGPCADALORA E IL MUGELLOCon Luca Cadalora parliamo del suo ruolo all'interno del box di Rossi, e analizziamo il circuito del Mugello

I n compagnia di Luca Cadalora parliamo del suo ruolo all'interno del Box di Rossi, e ana-lizziamo il circuito del Mugello. «Le moto di oggi sono diverse e c’è una parte elettronica

importante che ai miei tempi non c’era, ma se uno non è proprio una zucca riesce a capirci qualco-sa. La dinamica della moto però rimane quella. Lo stile di guida invece richiede più preparazione fisica». Il tre volte campione del mondo ci svela i segreti del Mugello, i punti più critici e quelli più emozionanti.

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DAKAR 2017, HERO & SPEEDBRAININTERVISTA A WOLFGANG FISCHERdi Piero Batini | Con l’effetto di un fulmine a ciel sereno, Hero MotoCorp scende in campo e presenta la joint venture tecnica che promuove la nascita della Hero 450 Rally e di Hero MotoSport Rally Team. Dopo due anni di letargo, la SpeedBrain da Rally si risveglia in un’interessante realtà

S peedBrain è un nome “mitologico”, una sorta di affascinante timeline dell’in-traprendenza di Wolfgang Fischer, tedesco dall’imprinting professionale

italiano, che nel 2006 ha dato il via ad un’appas-sionante coinvolgimento nell’off road mondiale. “Cresciuto” da Acerbis, “Waffi” ha gestito l’avven-tura del Mondiale Enduro di BMW per poi spe-cializzarsi nel Rally Raid, elaborando lo sviluppo di una moto nata dallo schema BMW Enduro, ri-

battezzata Husqvarna sulla falsariga del processo commerciale del Marchio svedese, allora passato sotto l’ala della Casa di Monaco, e finalmente “li-berata” nell’autonomo progetto SpeedBrain.È la 450 Rally portata alla Dakar e nel Campionato del Mondo Cross-Country Rally, tra gli altri da Joan Barreda e Paulo Gonçalves. Trasferita la propria esperienza nel team HRC Honda, Fischer è stato il Manager della squadra ufficiale della Dakar. Alla scadenza del contratto,

ecco profilarsi una nuova sfida, che il tedesco non si lascia sfuggire.Hero, per farla breve, è Hero MotoCorp, la fab-brica indiana di moto numero 1 al mondo, con 6.000.000 di “pezzi” venduti nell’anno finanziario 2016. Hero MotoCorp e SpeedBrain danno oggi vita a Hero MotoSport Rally Team, che porta alla nascita della Hero 450 Rally. Di questo e di altro ci parla direttamente l’attore, regista e sceneggiatore principale, Wolfgang Fi-scher. «Hero stava mostrando un grande interes-se per lo sport, e questo è logico per una fabbrica che produce un'enorme quantità di moto ogni anno. In Hero c’è un ingegnere tedesco coinvolto nella progettazione. Così abbiamo cominciato a parlare… in tedesco. La cosa è diventata sempre più interessante, e man mano che si andava avanti con le “chiacchiere”, ci si accorgeva che le nostre realtà si rivelavano sempre più complementari, anche in termini di visioni generali, di storia, di

intenti. Da lì non è stato difficile ipotizzare che il futuro produttivo di Hero MotoCorp passasse at-traverso un maggiore coinvolgimento nello Sport e, di conseguenza, nel proposito di realizzarlo at-traverso una specifica partnership tecnica mirata a questi obiettivi».

Stop con Honda. Come si spiega?«In due modi. Per prima cosa eravamo alla sca-denza del contratto, e poi Honda aveva deciso di trasferire il reparto corse Rally a Barcellona. Nello stesso tempo si è profilata l’opportunità Hero, che voleva dire rimanere a lavorare a casa, in Germa-nia. Abbiamo vissuto grandi momenti insieme, ma poi per ciascuna delle parti è arrivato il momento di una nuova sfida. Ecco come è andata».

Parliamo di Hero. Un colosso…«Hero MotoCorp è una delle più grosse realtà nel settore motociclistico del mondo intero.

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Rally

Negli ultimi 15 anni, l’azienda di Nuova Delhi ha conquistato e consolidato l’invidiabile primato di prima fabbrica al mondo per numero di moto pro-dotte in un anno. Parliamo di oltre sei milioni di due ruote uscite dalla fabbrica e avviate alla commercializzazione in trenta paesi, solo nell’anno finanziario 2016. Parliamo per lo più di motociclette di piccola cu-batura, e qui, in un certo senso, entriamo in scena anche noi. Scrutando nel suo futuro, Hero ha deci-so di allargare la gamma anche a moto di maggior cilindrata, e di dare un grande impulso al proprio dipartimento di ricerca e sviluppo. La fabbrica indiana è famosa per la robustezza e l’affidabilità dei suoi prodotti, ma è anche vero che l’immagine di affidabilità unita a prestazioni eleva-te nasce dall’impiego sportivo. Ad Hero è sembrato logico entrare nel mondo dei Rally-Raid, e da lì ha originato l’idea di una part-nership tecnica con SpeedBrain e della nascita del Hero MotoSport Team Rally, sotto la supervisione di Markus Braunsperger, Chief Technology Officer di Hero MotoCorp».

Tutto inizia, quindi, “rispolverando” le premiate moto SpeedBrain?«Esattamente. Ripartiamo da lì. Le nostre moto da Rally sono state in letargo per due anni, e in questo periodo l’anima e la competenza del nostro staff è stata coinvolta nel progetto Honda. Sette tecnici più due piloti di Speedbrain inseriti nel progetto HRC Rally. Poi, come dicevamo pri-ma, un bel giorno si è presentata l’occasione e, parlando, la più precisa, grande opportunità di tor-nare nella culla del nostro progetto originale, che era quello di sviluppare e costruire delle moto da corsa. Dapprima l’avevamo fatto lavorando sull’evolu-zione delle moto per l’Enduro, e poi più specifica-mente costruendo un'evoluta e competitiva moto da Rally. E arriviamo ai giorni nostri, alla nuova sfida per SpeedBrain di tornare a lavorare sui pro-getti per cui è nata e finalizzata. È un ritorno e, allo stesso tempo, un punto di par-

tenza, come tutte le occasioni che riaccendono l’antica passione, il movimento originale».

Si riparte per dove, esattamente?«Prima di tutto si riparte dall’allestimento del-le due moto che parteciperanno a brevissimo al Merzouga. Si tratta delle SpeedBrain ultima evoluzione pri-ma dello ‘”sleeping”, semplicemente aggiornate in quella componentistica per la quale era nor-malmente prevista, allora come sempre, un’evolu-zione. Si parla di freni, di sospensioni, di compo-nentistica di dettaglio, ma i nostri tecnici e i nostri progettisti sono già al lavoro su diversi step di evo-luzione sul motore e sul telaio. La moto era già estremamente competitiva due anni fa, e credo che l’operazione di aggiornamen-to, soprattutto in funzione della diverse caratteri-stiche delle gare a cui parteciperà, sarà piuttosto rapida».

Perché Rally-Raid?«Perché il Rally-Raid non è solo il fascino di gare esotiche e di grande richiamo mediatico, ma an-che e soprattutto il riflesso di immagine di resi-stenza, affidabilità e qualità, tutti elementi che hanno una grande influenza sulla produzione di motociclette di alti contenuti tecnologici. Senza contare, naturalmente, il grande “servizio” in ter-mini di test, che la partecipazione ai Rally offre a un produttore. Nell’abbracciare una nuova filo-sofia sull’onda evolutiva di quella originale della fabbrica, il Team Rally si mette a disposizione dell'Hero Centre of Innovation and Technology, per lo sviluppo di nuove moto commerciali basate su grandi contenuti tecnologici».

Una solida partnership, insomma. E con quali progetti sportivi?«Il nostro primo obiettivo è di dare avvio allo svi-luppo della nuova moto da rally, partendo però dall’attività. Mentre gli ingegneri sono già al lavoro, quindi, saremo subito al via in un rally, il Merzouga, e se possibile vorremmo affrontare

anche la difficile trasferta della nostra prima prova di Campionato del Mondo, il Sardegna Rally Race. Per farlo abbiamo allestito due Hero 450 Rally, che saranno affidate ad altrettanti piloti. Si tratta di CS Santosh, primo indiano e due volte partecipante alla Dakar, che è una stella di prima grandezza nel suo Paese, lo sportivo più popolare, e di una “vec-chia” conoscenza, il 34enne portoghese Joaquim “J-Road” Rodri-gues, che io ho seguito sin dalle sue prime appari-zioni nel Mondo delle competizioni off road e che ha deciso, finalmente, di mettere il suo grande ta-lento a disposizione del Rally-Raid».

Nel pieno della vostra “antica” filosofia, inten-dete produrre ancora una piccola serie di moto-

ciclette Hero Rally Replica da affidare ai clienti che intendano utilizzarle nei Rally e alla Dakar?«Sì, lo faremo, anche se non si tratterà di repliche delle moto affidate ai nostri piloti, ma delle stesse, vere e proprie Hero Rally da Corsa».

Questo è il decennale di SpeedBrain, se non sbaglio…«Sì, per dieci anni abbiamo gestito importan-ti team nel mondo del fuoristrada a due ruote, e prodotto moto da corsa di altissimo livello di com-petitività. Moto senza compromessi. È senza dub-bio una bella occasione poter festeggiare il primo decennale delle nostre attività con un evento così importante. Lunga vita all'Hero MotoSport Rally Team!»

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