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All’Interno NEWS: BMW R NineT special project | La Britten V1000 torna in pista | M. Clarke Introduzione alle sospensioni N. Cereghini La moto del 2050 | MOTOGP: Aspettando DopoGP Carlo Pernat: Yamaha non voleva Rossi Numero 182 20 Gennaio 2015 93 Pagine Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prova offroad CCM GP450 A Piccola e terribile Adventure Touring Speciale Dakar 2015 Marc Coma (KTM) vince la Dakar 2015! Cronache, classifiche, interviste e storie Novità Yamaha YZF-R1M, M1 MotoGP addicted | PROVA SU STRADA | DUCATI SCRAMBLER da Pag. 2 a Pag. 17

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All’InternoNEWS: BMW R NineT special project | La Britten V1000 torna in pista | M. Clarke Introduzione alle sospensioniN. Cereghini La moto del 2050 | MOTOGP: Aspettando DopoGP Carlo Pernat: Yamaha non voleva Rossi

Numero 18220 Gennaio 2015

93 Pagine

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Prova offroadCCM GP450 A Piccola e terribile Adventure Touring

Speciale Dakar 2015 Marc Coma (KTM) vince la Dakar 2015! Cronache, classifiche, interviste e storie

NovitàYamaha YZF-R1M, M1 MotoGP addicted

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SPIRITO RIBELLEFinalmente l’abbiamo provata. Siamo volati in California, Paese che ispirò la Scrambler degli anni 60, dove abbiamo scoperto una moto facile e divertente, fantastica per andare a spasso godendosi il paesaggio e perfino per giocare sugli sterrati. Ci piacerebbe solo uno scarico dal sound più personaledi Andrea PerfettiFoto Milagro

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Ducati Scrambler Prezzo 8.240 €PREGI Motore fluido e ergonomia DIFETTI Forcella dalla taratura morbida

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B entornata Ducati Scrambler, ti sei fatta attendere parec-chio. L’azienda bolognese aveva infatti in casa un nome perfetto – Scrambler per l’appunto – per diventare

protagonista di un segmento sempre più vivo e ricco di proposte, quello delle moto classiche. Piacciono ai giovanissimi, ma anche ai motoci-clisti esperti che oggi più che mai sognano moto divertenti e umane nel prezzo come nelle pre-stazioni. L’italiana Ducati mancava all’appello, ma crediamo che con la Scrambler abbia oggi l’arma giusta per colmare il divario che la separa (commercialmente) dalla Triumph e dalla Moto Guzzi. La nuova Scrambler convince nel design (l’avete detto anche voi nel nostro sondaggio) e nella dotazione tecnica, e ha un prezzo in linea

con le concorrenti (la versione base costa infatti 8.240 euro franco concessionario). Ci sono poi le prestazioni gustosissime del motore desmo di 803 cc, che in questo caso fanno la differenza rispetto alle rivali italiane e straniere. La Ducati ha sì proposto una moto vintage, ma l’ha fatto a modo suo, senza azzoppare i cavalli. Lo vedre-mo nel dettaglio più avanti, vi anticipiamo che il bicilindrico desmo raffreddato ad aria ha la mi-gliore erogazione mai provata su questo tipo di motore; è regolare anche ai regimi più bassi e ha una bella spinta ai medi. Siamo volati in Cali-fornia, a Palm Springs, per provare la Scrambler in versione base, denominata Icon e proposta in due colorazioni (rossa a 8.240 euro o gialla a 8.340 euro). Gli altri allestimenti costeranno 9.640 euro e arriveranno in un secondo tempo, mentre le prime Icon saranno disponibili già da

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gennaio. Perché una presentazione negli USA? È presto detto: la Scrambler nasce negli anni 60 su espressa richiesta dell’importatore Ducati per gli Stati Uniti. La prima moto fu prodotta nel 1962, inizialmente con motori di cilindrata contenuta in 250 e 350 cc, poi nel 1969 fu la volta della ap-prezzata 450. La Scrambler di oggi cresce nella cilindrata e nel numero dei cilindri (due al posto di uno), ha una dotazione tecnologia di prim’or-dine (con ABS, iniezione elettronica, strumenta-zione digitale, forcella a steli rovesciati), ma non rinnega affatto lo spirito ribelle della Scrambler di 40 anni fa. È ancora lei. Una moto essenziale, bella da guardare (anche fuori dal bar, che male c’è?), divertentissima da usare dove capita. In città si guida col pensiero, tra le curve non ci si annoia e se c’è un bello sterro, spalancate il gas come si fa nel flat track.

La Scrambler in pilloleLa Scrambler Icon, disponibile in giallo e rosso, è affiancata da tre versioni: Urban Enduro, Full Throttle e Classic, che danno una interpretazio-ne stilistica e funzionale differente. La Urban Enduro è fatta per chi ama lo stile enduro, la Full Throttle per chi è affascinato dal mondo delle corse flat track e la Classic per chi apprezza l’ele-ganza anche nei dettagli nascosti. Ogni moto ha il logo dedicato sulle pance in alluminio del ser-batoio. Il parafango alto, la colorazione verde, la griglia di protezione del faro anteriore e il traver-sino del manubrio e le ruote a raggi sono la do-tazione che contraddistingue la Urban Enduro. Con la sua coda corta, la Scrambler Full Throttle richiama le moto che corrono sugli ovali statuni-tensi e australiani. È equipaggiata con uno sca-rico Termignoni omologato per l’uso stradale.

Il manubrio basso è a sezione variabile. La Clas-sic è destinata a chi ama i dettagli e lo stile degli anni 70, ha i parafanghi in lamiera, il porta targa tradizionale e i cerchi a raggi, nelle stesse misure di quelle in lega, ovvero 3,00’’ x 18’’ all’anteriore e 5,50’’ x 17’’ al posteriore. La sella marrone ha il disegno a rombi.

Il cuore desmodromicoDerivato da quello della Ducati Monster 796, il bi-cilindrico longitudinale a V di 90° ha un alesaggio di 88 mm e una corsa di 66 mm. Il motore De-smodue dello Scrambler ha i carter del motore e delle cinghie in alluminio, realizzati con lavorazio-ni a macchina. L’iniezione elettronica ha un cor-po farfallato singolo da 50 mm di diametro con due iniettori sotto la farfalla. Pistoni e albero mo-tore sono gli stessi del propulsore della Monster

796 e dell’Hypermotard 796, mentre gli alberi a camme sono stati studiati per garantire una ero-gazione lineare grazie all’adozione dell’incrocio a 11°. Lo scarico 2 in 1 con silenziatore in alluminio è dotato di para calore in alluminio per garantire la giusta protezione a gambe e piedi del pilota e del passeggero. Il cambio è a sei rapporti, men-tre la frizione è APTC multidisco in bagno d’olio con comando a cavo. Inoltre è dotata di sistema anti saltellamento. La potenza massima è di 75 cavalli a 8.250 giri, mentre la coppia è di 68 Nm a 5.750 giri. Gli intervalli di manutenzione sono richiesti ogni 12.000 chilometri.

Il traliccio d’acciaio e le sospensioni KayabaIl telaio in tubi di acciaio ha un interasse di 1.445 mm, la forcella è una Kayaba rovesciata da 41

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mm, mentre il forcellone bibraccio di alluminio impiega l’ammortizzatore inclinato (privo di le-veraggi). I grandi pneumatici Pirelli MT 60 RS (specifici per la Scrambler) hanno dimensioni 110/80 R18 e 180/55 R17. L’impianto frenante, con il disco anteriore da 330 mm (come la Pa-nigale) e quello posteriore da 245, è dotato di ABS e questo è facilmente escludibile quando si aprono le danze in fuoristrada. La larga e como-da sella è a 790 mm da terra e come accessorio è disponibile quella abbassata a 770 mm. Il serba-toio contiene 13,5 litri e il peso a secco è dichia-rato in 170 kg, che diventano di 186 kg in ordine di marcia. Basta coi numeri ora, proviamo a dare fiato alle emozioni, venite con noi.

La nostra prova in CaliforniaA Palm Springs piove cinque giorni all’anno,

dicevano. Uno l’abbiamo beccato noi. Sposa bagnata, sposa fortunata: saranno contenti in Ducati. Ce l’abbiamo messa tutta per conosce-re a fondo la Scrambler e, a fine giornata grazie anche a un timido sole, pensiamo di esserci fat-ti un’idea chiara e precisa di come va la nuova classica italiana. La Ducati Scrambler è fatta con cura, non ci sono dettagli stonati, soprattutto te-nendo conto del prezzo di acquisto. La plastica è davvero poca e colpisce il contrasto tra i dettagli estetici retrò e quelli tecnico-funzionali moderni. Il serbatoio è in metallo, il motore sfoggia la sua bella alettatura di raffreddamento e i collettori di scarico sono spessi; sul fronte opposto c’è la strumentazione digitale tonda, facilmente leg-gibile e davvero ben fatta. I blocchetti elettrici sono minimalisti e vanno bene così, mentre sono un po’ troppo moderni gli specchi retrovisori.

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Ma il catalogo accessori della Scrambler, non a caso, è molto ben fornito. L’ergonomia è studia-ta con cura e accoglie senza problemi anche gli spilungoni come il sottoscritto. La Scrambler è bella comoda, ha un sellone basso, con una im-bottitura esagerata. Si tocca facilmente terra e anche il passeggero si trova a suo agio, a patto che non sia troppo corpulento: la sella infatti è larga e morbidosa, ma il suo sviluppo longitu-dinale è limitato. In compenso ha due maniglie integrate nella parte bassa e ospita un discreto vano (adatto per una tuta antipioggia e un bloc-ca disco). Sotto la sella si trova anche una como-da presa USB. Il manubrio ci porta indietro nel tempo, alle enduro anni 80. E’ alto e bello largo. Con la Scrambler si può stare in sella diverso tempo senza stancarsi, basta non superare i 120 km/h. Oltre, il collo inizia a ballare la rumba.

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Le vibrazioni sono pari a zero e il calore del col-lettore non si sente proprio (ma ci riserviamo di riprovare la moto con temperature più alte, negli States eravamo vicini allo zero). Il bicilindrico de-smo è sicuramente artefice del piacere di guida della nostra Scrambler gialla. E’ uno dei migliori motori due valvole ad aria della Ducati, grazie all’incrocio a 11° infatti l’erogazione ai bassi è diventata burro. A 2.000 giri spalanchi l’acce-leratore - bellissima la sua corsa ultra corta - e la Ducati prende velocità anche con le marce lunghe senza un sussulto. Nel chiudi-apri può sembrare brusco, ma non c’entra la mappatura, è colpa del nostro polso. Il comando del gas ultra rapido richiede infatti dolcezza nel dosare la po-tenza. La progressione è piena e gustosa fino a 6.000 giri, oltre c’è poi un bell’allungo che porta al regime di potenza massima e serve a chiudere

rapidamente i sorpassi. Peccato per il rumore di scarico, soffocato dalla normativa Euro3. Chia-riamoci, la Scrambler non ha un brutto timbro, anzi. E’ però troppo silenziosa, educata. Anche qui, come per gli specchi, consigliamo di sbir-ciare il catalogo accessori. La frizione a cavo è morbida e appena lenta nella sua azione, mentre il cambio a sei marce è ben rapportato e molto sportivo: ha innesti secchi e precisi, con una cor-sa della leva brevissima. In scalata però richiede sempre un bel colpetto di gas, altrimenti tende a impuntarsi. Basta farci il piede. Nel panora-ma sempre più affollato delle moto classiche la Scrambler porta alta la bandiera della Ducati e vince la palma d’oro di moto con le presta-zioni più brillanti. In questo viene assecondata anche dall’ottimo comportamento del telaio e delle gomme Pirelli con ampia tassellatura.

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La Ducati Scrambler è infatti molto manegge-vole anche a bassa velocità, perfetta quindi per un pubblico giovane e per le ragazze meno mu-scolose. All’aumentare dell’andatura non delude nemmeno gli esperti, che anzi sulla Scrambler riscoprono il bello dell’andare in moto senza tanti fronzoli. Ci sono le prestazioni giuste e c’è soprattutto un bel feeling di guida. L’elettronica è quella che serve e di cui non possiamo fare a meno (leggi: iniezione e ABS), il resto rimanda a un contatto diretto tra la moto e il pilota: basta un giubbotto di pelle e un paio di jeans (con le protezioni, ovvio) per partire alla ricerca di una bella strada, senza troppa fretta. La Scrambler te lo dice in faccia: non è una semplice mossa di marketing, ma è la risposta giusta alla crescen-te voglia di cose semplici ed essenziali, sempre più viva anche tra i motociclisti. La frenata è ot-tima e rinuncia all’attacco brusco del freno an-teriore tipico di molte Ducati sportive; inoltre è poco incline al bloccaggio. Le sospensioni sono tarate sul morbido e regalano un buon confort. La forcella tende al fondo corsa nelle buche più pronunciate. Buche? Eh già, la Scrambler col suo peso lillipuziano invita a giocare come bambini esagitati non appena si abbandona l’asfalto. E’ bastato l’invito del fotografo (grazie Simone!) a fare due derapini sulla terra battuta per scoprire l’altra faccia della Ducati. La cattiva ragazza non indossa le Hogan, ma due begli anfibi Timberland che le consentono di disegnare tondi perfetti sul-la terra battuta. E’ ovvio, non ci faremo mai del sano enduro, ma sugli sterrati la nuova moto italiana diverte un casino. C’è poco da stupirsi: non fosse stata così, non si sarebbe chiamata Scrambler.

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Casco AGVOcchiali 100%Giacca in pelle DaineseGuanti DaineseParaschiena DaineseJeans SpidiAnfibi TCX Boots

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ODucati Scrambler Icon 8.240 euro

Tempi: 4Cilindri: 2Cilindrata: 803 ccDisposizione cilindri: a V di 90°, longitudinaleRaffreddamento: ad aria forzataAvviamento: PPotenza: 75 cv (55 kW) / 8250 giriCoppia: 6.9 kgm (68 Nm) / 5750 giriMarce: 6, cambio meccanicoFreni: D/D Misure freni: 330/245 mmMisure cerchi (ant./post.): 18’’ / 17’’Normativa antinquinamento: Euro 3Peso: 170 kgLunghezza: 2165 mmLarghezza: 845 mmAltezza sella: 1150 mmCapacità serbatoio: 13.5 lSegmento: Naked

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PICCOLA E TERRIBILE

ADVENTURE TOURING

Le moto avventura odierne vi sembrano troppo imponenti e pesanti? Allora guardate questa CCM

GP450 A, originale e tuttofare, pesa soli 125 kg a secco e di contro offre meno solo a livello di comfort.

La sua unicità si pagherà all’incirca 10.000 eurodi Francesco Paolillo

Foto Alessio Barbanti

PROVA OFFROAD

CCM GP450 A PREGI Unicità e guida in fuoristrada DIFETTI Comfort spartano Prezzo circa 10.000 €

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I l mondo delle Adventure, le moto av-ventura, quelle che ci fanno sognare viaggi epici e spazi infiniti anche se poi magari le si usa solo per il giretto nel fine settimana o per andare al lavoro, rappresentano una delle categorie in

forte ascesa sul mercato motociclistico. Appar-se a metà degli anni ottanta, le Touring Adventu-re sono cresciute negli anni, sia in termini di ven-dita, ma soprattutto per quanto riguarda peso e dimensioni. La conseguenza diretta è stata anche quella di dover incrementare cilindrata e potenza dei motori che le equipaggiano, mentre la fruibilità e la capacità di adattamento alle più disparate condizioni d’uso, hanno visto propen-dere l’utilizzo stradale, su quello in fuoristrada. L’ampia scelta di modelli, e le offerte dei vari produttori, attualmente hanno lasciato libero un piccolo segmento, i cui potenziali clienti sono, di fatto, appassionati ed esperti. Uno spazio

ristretto nel quale l’inglese CCM (Clews Compe-tition Motorcycle) si è lanciata a testa bassa, re-alizzando un progetto innovativo, che potremmo definire unico e originale, una moto tuttofare leg-gera, con una propensione al fuoristrada scono-sciuto alle Touring Adventure attuali. Per avere informazioni sulla vendita in Italia vi segnaliamo questo indirizzo mail: [email protected] L’originalità di questa moto non è solo concet-tuale, ma anche e soprattutto tecnica, grazie al telaio in alluminio forgiato, denominato Bond Lite, che sfrutta tecnologie e tecniche costrutti-ve prese direttamente dal settore aerospaziale. Questa tipologia di telaio, collaudata per anni da CCM sui campi di gara del campionato britanni-co motocross, è costituita da tredici elementi di alluminio 6061 T6 forgiati e lavorati con macchi-ne CNC, che sono imbullonati e incollati (con una colla che solitamente è utilizzata per unire parti di fusoliera e ali degli aerei). Questa metodologia

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di costruzione permette di avere caratteristiche di leggerezza e resistenza al tempo stesso, oltre all’indubbio vantaggio di poter variare il disegno dei singoli pezzi, per adattare il telaio a differenti modelli di moto, senza intervenire pesantemen-te sul disegno e la realizzazione dello stesso. Anche il forcellone è in alluminio, ed è vincolato al telaio per mezzo di un leveraggio progressivo montato su boccole realizzate con un particola-re polimero, e prive di manutenzione, che a detta dei tecnici dovrebbero durare il doppio rispetto a un cuscinetto tradizionale. Il reparto sospen-sioni è affidato a una forcella Marzocchi Shiver a steli rovesciati da 45 mm, con una corsa utile di 270 mm, totalmente regolabile nel precarico, estensione e compressione, e piastre di sterzo in alluminio ricavate dal pieno. Dietro è stato adot-tato un mono-ammortizzatore Tractive (che per

chi non lo sapesse è un’azienda olandese nata da una costola della WP), anch’esso totalmente regolabile (in compressione ha la doppia rego-lazione alte/basse velocità), con una corsa uti-le di 270 mm. Ruote e pneumatici sono da vera fuoristrada, i cerchi disegnati direttamente dal-la CCM (così come i mozzi in alluminio ricavati dal pieno), sono gommati 90/90-21 anteriore e 120/90-18 posteriore. Anche l’assetto è da vera fuoristrada, l’altezza della sella è di 890 mm (è prevista anche una sella rialzata a 950). A richie-sta si può avere anche una GP450 A con assetto ribassato, grazie a una minore escursione delle sospensioni, con altezza della seduta limitata a 790 mm. Il cuore dell’AdvenTouring inglese è di origine tedesca, essendo il monocilindrico 450 cc di derivazione BMW. La ricerca di una mag-giore affidabilità, di intervalli di manutenzioni più

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lunghi e di consumi ridotti, ha portato i tecnici a ridurre il regime massimo di rotazione di circa 1.000 giri, con la potenza massima di 40 cv (29,4 kW) raggiunta a 7.500 giri, e la coppia di 42,8 Nm erogata a 6.500 giri. Per gli incontentabili è pre-visto un kit di potenziamento che innalza la po-tenza massima a 50 cv. Il rapporto peso potenza della versione standard non è male, in virtù dei 125 kg a secco, ai quali vanno aggiunti i liquidi. A proposito di questi ultimi, non fatevi trarre in inganno dalle forme esili e slanciate, va sottoline-ato che la CCM GP450 A ha un serbatoio benzina da ben 20 litri, composto da tre elementi, uno dei quali sottosella e due anteriori laterali, con boc-chettone unico posteriore. Tanta capacità, unita a percorrenze medie dichiarate di 20 km/l per-mette un’autonomia di circa 400 km!

AccessoriLe capacità di adattamento della GP450 A si ritrovano anche nel listino degli accessori a pa-gamento. Ampia l’offerta che spazia dal kit di borse e bauletto, rigide e non, cupolino regola-bile, manopole riscaldate e pedane passegge-ro, passando per le protezioni (paramani – faro – paracoppa – motorino d’avviamento). Sarà anche disponibile la regolazione del precarico elettronica, oltre a quella manuale a manopola, per il mono-ammortizzatore Tractive. Originale e pratica la disponibilità di una cassa in legno per le spedizioni internazionali! Esetica efinitureEsteticamente la CCM GP450 A colpisce per le dimensioni compatte e le forme snelle,

i materiali plastici della nostra moto non sono ancora definitivi (trattasi di un esemplare pre-serie), così come le verniciature degli elementi in alluminio, ma il complesso appare curato, alme-no dal punto di vista tecnico. Piccole modifiche riguarderanno anche la strumentazione digita-le e alcuni particolari elettrici, ma i contenuti di questa moto sono altri e sin dai primi chilometri appaiono evidenti. Cerchiamo di non partire con il piede sbagliato, e cioè giudicando la GP450 A rimembrando precedenti esperienze in sella alle maxi enduro attuali. Qui il discorso è diverso e si percepisce dalle vibrazioni trasmesse dai “tas-sellati” montati per l’occasione, e dalla sella, più ampia di quella di una moto da enduro classica ma lontana dalle poltrone delle “endurone stra-dali”. Le prestazioni del monocilindrico quattro

valvole sono allineate alle caratteristiche strada-li della GP450 A, e cioè meglio prendersela con calma e senza fretta (per chi ne avesse meglio adottare la mappatura da 50 cv), anche in virtù di una rapportatura del cambio piuttosto corta. Ciò non toglie che con un paio di pneumatici più adeguati, l’inglesina sarebbe in grado di maci-nare strada asfaltata in tutta tranquillità, senza sacrifici particolari, potendo anche azzardare lunghi trasferimenti autostradali a velocità codi-ce (la massima è indicata in 145 km/h). I freni a un primo sguardo sembrano quasi esagerati, in particolare il disco da 320 mm con pinza Brembo a doppio pistoncino (dietro c’è un più tranquillo 220 mm con pinza a singolo pistoncino), biso-gna però tenere conto del fatto che con questa moto ci si può viaggiare in coppia, e con bagagli

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annessi, e che quindi big is better (grande è me-glio!). Dove invece non ce ne per nessuno, e la CCM GP450 A fa la differenza, è quando si pog-giano i pneumatici fuori dalle strade asfaltate. Qui emergono in maniera lampante sia le dimen-sioni che il peso contenuti, oltre a un bilancia-mento eccellente, forte di un baricentro basso e di masse volutamente centralizzate. Le carat-teristiche di quest’AdvenTouring consentono di affrontare percorsi, che al solo parlarne i posses-sori di maxi enduro agghindate di tutto punto e pronte a ogni evenienza, almeno sulla carta, di-venterebbero dei provetti sbandieratori di vessilli bianchi degni del Palio di Siena. Le sospensioni e la leggerezza permettono di affrontare senza pa-turnie gli sterrati più impegnativi e le mulattiere più scoscese con il minimo dell’impegno psicofi-sico, e poi se si sono fatti male i conti … tornare indietro non è un problema, almeno per lei, ci si gira in un fazzoletto e via andare. Il motore, reso più docile rispetto all’unità da cui deriva, è per-fetto per questa moto, piccolo e compatto, ha potenza e coppia a sufficienza, e un’erogazione perfetta per trarsi d’impaccio in ogni situazione. Per finire si può affermare che il maggior pregio della CCM GP450 A è l’unicità. Nessuna è come lei, pregi e difetti annessi. Questa moto, è capace di adattarsi all’uso stradale, magari scendendo a più di un compromesso, ma con un compor-tamento in fuoristrada quasi da moto da endu-ro specialistica. Nessun’altra moto al momento vanta tale caratteristiche, e per questo la si può definire “unica” (il suo prezzo definitivo si orien-terà attorno ai 10.000 euro) e in quanto tale … prendere o lasciare!

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Casco GIVI X-01 TourerGiacca SPIDI H2Out Hard TrackGuanti SPIDI TX-1Stivali XPD X-Raider H2Out

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OCCM GP450 A 10.000 euro circa

Tempi: 4Cilindri: 1Cilindrata: 449.50 ccRaffreddamento: a liquidoMarce: 5Freni: D-D Misure freni: 250-245 mmMisure cerchi (ant./post.): 21’’ / 18’’Peso: 125 kgLunghezza: 2170 mmAltezza sella: 890 mmCapacità serbatoio: 20.0 lSegmento: Offroad

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YAMAHA YZF-R1MM1 MOTOGP ADDICTEDdi Maurizio Gissi | In questo video in pista, e ai box, le caratteristiche della più estrema fra le Yamaha R1 viste finora. L’inedita versione R1M che ha preso come modello la M1 MotoGP. Illustrata dal 4 volte campione Superbike AMA, proprio con la R1, Josh Hayes

S i deve alla filiale americana Yama-ha questo bel video che mostra, in pista e staticamente, le caratteristi-che della nuova Yamaha YZF-R1M.

L’ipersportiva di Iwata più estrema di sempre che dalla M1 da gran premio ha attinto alcuni principi costruttivi e soluzioni elettroniche, per poter diventare la nuova arma supersportiva di Yamaha. La R1M è qui illustrata da Josh Hayes, quattro volte vincitore del campionato superbike AMA alla guida della Yamaha R1. La R1, è giusto

ricordarlo, non corre nel mondiale SBK ma ha vinto gli ultimi cinque campionati americani della specialità. Come è noto, oltre alla nuova R1, Ya-maha ha realizzato una serie limitata della sua nuova quattro cilindri 1.000 denominata YZF-R1M. Il peso è di 200 kg, con il serbatoio pieno, e rispetto alla versione base ci sono l’adozione di una carenatura in fibra di carbonio - in livrea Silver Blue Carbon - e nel comparto ammor-tizzante debutta in prima assoluta il sistema Öhlins Electronic Racing Suspension, derivato

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direttamente proprio da quelle sospensioni elet-troniche che avevano debuttato nel mondiale Superbike sulle YZF-R1 di Troy Corser e Noriyuki Haga nel 2008 prima che venissero vietate già la stagione successiva. Sulla R1M la gestione elettronica si è arricchita di una Communication Control Unit, ovvero un sistema di acquisizione dati dotato di GPS che consente di analizzare i tempi sul giro e tutti gli altri dati rilevati su un tablet connesso in Wi-Fi. Il telaio è un Deltabox a doppio trave in alluminio, ha interasse conte-nuto (ricordiamo come uno degli elementi distin-tivi della prima R1 fosse proprio il passo sotto i 1.400 mm) ma anche e soprattutto il propulsore quadricilindrico in linea da 998 cc con fasatura crossplane accreditato di ben 200 cv a 13.500 giri. Novità assolute per una moto di grande

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serie sono invece il telaietto reggisella ed i cer-chi in lega di magnesio; altra prima assoluta per l’ammiraglia di Iwata è costituita dalla piattafor-ma inerziale IMU a sei assi che fornisce al sof-tware di gestione le informazioni necessarie per operare controllo di trazione, anti-impennata, launch control e quant’altro. Non si tratta di una homologation special (che tra l’altro non avreb-be ragione di esistere dal momento che i miglio-ramenti apportati sono entrambi vietati dal re-golamento del mondiale SBK) ma di un modello dedicato agli appassionati che se la vorranno godere in pista. Il prezzo in Italia è stato fissato in 22.990 euro, le vendite inizieranno a marzo nella

colorazione Silver Blu Carbon. Le prenotazioni sono iniziate il primo dicembre scorso e chi ac-quisterà una R1M riceverà l’invito a partecipare alla Yamaha Racing Experience con la propria moto. L’iniziativa avrà luogo in quattro importanti cir-cuiti europei durante il prossimo mese luglio. Il circuito italiano sarà quello del Mugello, nei giorni 28 e 29 luglio 2015. I partecipanti avranno l’opportunità di incontrare ospiti speciali Yama-ha e partecipare a sessioni di guida in pista in sella alla propria R1M con l’assistenza di Colin Edwards e di tecnici a disposizione per fornire consigli professionali sul setting.

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BMW R NINET SPECIAL PROJECT. TERZA PARTEFrank è al lavoro sulla R NineT e riceve una lettera da Alessandra, che lo indirizza sull’allestimento. Che a breve potrà vedere il lavoro completo assieme a tutti noi

L’ ultima volta li avevamo visti impe-gnati a conoscersi, a confrontarsi e a definire in che direzione proce-dere nell’opera di personalizzazione

della BMW R NineT che Frank Augello, di Moto Sumisura, sta preparando per Alessandra Sore-sina. Un lavoro lungo e particolare, con cui Frank sta creando una moto che esprima la persona-lità di Alessandra e allo stesso tempo le ricordi

le esperienze vissute nei luoghi a lei cari. Proprio per questo Frank riceve una missiva direttamen-te dall’Africa: Alessandra, esaudendo una preci-sa richiesta di Frank, gli ha mandato due oggetti che lui dovrà inserire nella NineT. La special sta prendendo forma, Alessandra la vedrà a breve. E noi con lei, perché il progetto finito verrà svelato per la prima volta al pubblico al Motor Bike Expo di Verona.

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MASSIMO CLARKEINTRODUZIONE ALLE SOSPENSIONI, LO SMORZAMENTO IDRAULICO Nono appuntamento con la tecnica delle sospensioni. Capitolo dedicato allo smorzamento idraulico, qui esaminato in dettaglio: le regolazioni interne e la loro influenza sul comportamento dell’ammortizzatore

L’ impiego di un banco prova am-mortizzatori è particolarmente vantaggioso per gli addetti ai lavori in quanto permette tra l’altro di ve-

rificare l’efficacia delle regolazioni, ovvero dei cambiamenti che vengono apportati ai disposi-tivi che costituiscono la parte “idraulica” delle sospensioni, senza che sia necessario, dopo il montaggio, andare a provare la moto in pista o su strada. I risultati che si ottengono sono ogget-tivi e rigorosi e non vengono quindi influenzati da fattori esterni o da variabili aleatorie. L’an-damento dei grafici fornisce indicazioni molto accurate per quanto riguarda lo smorzamento, tanto alle basse quanto alle alte velocità con le quali si muovono verticalmente le ruote. Oc-corre quindi tenere conto sempre del fatto che la sospensione posteriore è generalmente del tipo con singolo elemento elastico-smorzante, collocato a notevole distanza dall’asse della ruo-ta; il movimento di quest’ultima pertanto non coincide con quello dell’ammortizzatore. Esiste perciò un rapporto di leva, dato che la distanza tra il fulcro di oscillazione del forcellone e l’asse della ruota è notevolmente maggiore di quella tra il fulcro stesso e il punto di attacco dell’am-mortizzatore. Un semplice esempio descrive chiaramente ciò che questo comporta. Con un

rapporto di leva pari a 2,5, se la velocità della ruota è di 500 mm/s, quella dell’ammortizza-tore è di 200 mm/s; di conseguenza, se la forza di smorzamento che esso fornisce è di 900 N, il movimento della ruota viene frenato con una for-za di 360 N. A seconda dei casi l’ammortizzatore può essere collegato al forcellone direttamente o mediante un sistema articolato a geometria variabile. In questo secondo caso la situazione è più complessa perché durante l’escursione mol-leggiante si ha un cambiamento progressivo del rapporto tra lo spostamento della ruota e quello dell’ammortizzatore.Per quanto riguarda la ruota anteriore, il suo spo-stamento verticale non coincide esattamente con il movimento della forcella (scorrimento dei foderi rispetto alle canne) dato che quest’ultima è inclinata.

I vantaggi della telemetriaLa telemetria consente di conoscere l’escursio-ne e quindi la velocità con la quale si muovono le sospensioni (spostamento in funzione del tempo!) in tutti i punti di un circuito, il che risul-ta di grande aiuto allorché si lavora alla messa a punto dell’idraulica. Le basse velocità si incon-trano tipicamente in accelerazione, in decelera-zione e in curva. Una corretta regolazione delle

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Tecnica

I moderni ammortizzatori per moto di alte prestazioni sono dispositivi di elevato contenuto tecnologico. Le grandi possibilità di regolazione consentono di ottimizzarne le prestazioni per qualunque tipo di utilizzazione

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sospensioni in questo caso si rivela fondamen-tale anche per il feeling! Il pilota deve “sentire” cosa stanno facendo la ruota e le sospensioni. Con le alte velocità si ha a che fare invece quan-do si incontrano irregolarità pronunciate del fon-do stradale, buche, etc… Come ovvio qui occorre una frenatura in grado di assicurare un accurato controllo del movimento delle ruote. È chiaro quindi che, date le condizioni di funzionamento (e quindi le esigenze di frenatura) nettamente differenti, per ottenere il miglior comportamen-to da parte delle sospensioni sarà necessario disporre di tarature specifiche per le alte e per le basse velocità, oltre a forze di smorzamento diverse per la compressione e per l’estensione. I grafici che si ottengono con un banco prova ammortizzatori sono di grande aiuto perché de-scrivono con accuratezza come cambia la forza frenante al variare della velocità e quindi permet-tono di stabilire in che modo e in quale misura si deve intervenire. Lo smorzamento è legato

fondamentalmente a quanto velocemente si deve muovere l’olio e a dove è costretto a passa-re. I sistemi impiegati per controllare il flusso for-niscono curve del grafico forza/velocità che fon-damentalmente possono essere ricondotte a tre tipi base, ai quali corrispondono rispettivamente un andamento lineare, regressivo o progressivo (ovvero parabolico). Intervenendo come oppor-tuno è possibile ottenere curve aventi conforma-zioni diverse, costituite in pratica da una sorta di combinazione di quelle base. L’esame dei grafici consente di conoscere l’en-tità della forza frenante massima, il grado di smorzamento medio e la variazione della forza prodotta da un dato cambiamento di velocità (nota anche come coefficiente di smorzamen-to). È opportuno ricordare che il prodotto tra una forza e una velocità è una potenza. Quella di un ammortizzatore è costituita dalla velocità con la quale esso assorbe energia di movimento (per dissiparla quindi sotto forma di calore).

Tecnica

I kit di pistoni per forcelle possono modificare notevolmente il comportamento della sospensione anteriore, adattandolo alle diverse esigenze in maniera pratica e semplice

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Fori calibrati e lamelleA questo punto è opportuno descrivere come lavora un ammortizzatore con maggiore detta-glio rispetto a quanto fatto in precedenza, osser-vando ciò che accade al suo interno. Alle basse velocità l’olio passa attraverso orifizi a sezione fissa. In molti casi si tratta di fori, praticati nel pistone, che sono completamente indipendenti dai pacchi delle lamelle. Altre volte sono gli stes-si fori utilizzati per la frenatura alle alte velocità, disposti in modo tale che una parte di essi viene a trovarsi al di fuori della zona di appoggio della lamella; in questo modo si viene ad avere una se-zione di passaggio che rimane invariata e libera anche alle velocità più modeste. Una soluzione che trova largo impiego è costituita da un pas-saggio praticato nella parte terminale dello stelo dell’ammortizzatore, che consente di bypassare il pistone e i suoi pacchi di lamelle. Si tratta di uno schema molto pratico, che consente di variare agevolmente, agendo dall’esterno, la sezione di passaggio mediante un apposito registro del tipo a spillo conico. Al crescere della velocità con la quale l’ammortizzatore viene compresso o si estende aumenta il volume di olio che deve pas-sare attraverso il pistone nell’unità di tempo. La maggior forza esercitata dal liquido fa sollevare

le lamelle e di conseguenza fa aumentare la se-zione di passaggio a disposizione. La resistenza al flusso viene allora controllata dai fori e dalla alzata delle lamelle che agiscono su di essi. La flessibilità di queste ultime “modula” come op-portuno la frenatura. Il numero, il diametro, lo spessore e la disposizione delle lamelle costitu-iscono quindi parametri assolutamente fonda-mentali nel determinare le modalità di funziona-mento dell’ammortizzatore. Pure il pistone però è importantissimo. Si tratta di un componente dalla apparenza sem-plice, ma la cui geometria è in effetti sofisticata. I parametri in gioco in questo caso sono le dimen-sioni, la forma, la disposizione e il numero dei fori di passaggio (diversi per l’estensione e per la compressione), nonché la conicità della su-perficie di appoggio della lamella basale, che de-termina il precarico. Non si deve quindi pensare che quando si mette a punto l’idraulica dell’am-mortizzatore, agendo sugli elementi di taratura interni, si lavori solo sulle lamelle. Spesso si so-stituiscono anche i pistoni con altri aventi diffe-renti caratteristiche. E in certi casi, come quello di alcune forcelle di ultima generazione, vengono forniti dal produttore vari kit di pistoni già muniti di pacchi lamellari.

Tecnica

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Per una messa a punto veramente accurata dell’idraulica degli ammortizzatori e delle forcelle oggi è indispensabile l’impiego del banco prova sospensioni

La vista esplosa del kit forcelle della Ohlins consente di osservare chiaramente le lamelle e i pistoni impiegati per la frenatura in estensione e in compressione

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USALE CURVE DEL “DRAGON” PIÙ SICURE SENZA CAMIONdi Pietro Ambrosioni | Il tratto della strada soprannominato “Tail of the dragon” è uno dei preferiti dai motociclisti americani e finalmente sarà vietato ai camion a 18 ruote

V e la ricordate la Tail of the Dragon? Ve ne avevo parlato qualche mese fa (leggi l’articolo). È una strada sul-le Smokey Mountains tra Tennes-

see e North Carolina, precisamente una sezione della US Highway 129, che in un tratto di 11 miglia offre ben 318 curve decisamente impegnative e divertenti. “The Dragon”, come viene chiamata dai rider americani, è assurta ormai da decenni a livello di mito e ho conosciuto gente che è venuta

da tutti gli USA o persino dal Canada per gustar-si anche due o tre giorni a fila questo toboga nel bosco. Nei weekend diventa quasi un circuito di velocità, con i “piloti” che si trovano al Deal’s Gap (il famoso motel che si trova alla base del per-corso) bardati come la prima fila della griglia in MotoGP e diversi fotografi che si piazzano sulle curve più belle per immortalare i clienti in piega. Due o tre di questi fotografi hanno trasformato il loro hobby in una vera e propria professione, e

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vendono migliaia di stampe all’anno attraverso i loro siti super automatizzati. La Tail of the Dra-gon presenta naturalmente anche alcuni aspetti negativi, che possono trasformare in un battito di ciglia la tua giornata da sogno in un incubo. Prima di tutto la Polizia, che sa di poter fare il pieno di multe pizzicando nugoli di smanettoni lanciati ben oltre il limite massimo di velocità. Poi ci sono una manciata di curve che non solo hanno un raggio irregolare e molto difficile da interpretare, ma sono anche in contropendenza e per questo “traditrici”. Ci sono poi i suddetti smanettoni, che nel weekend si presentano tal-mente ingrifati da non esitare ad infilarti a destra o sinistra come farebbero in un circuito chiuso. Ma uno dei pericoli più grossi, per fortuna, è stato recentemente eliminato. Parlo dei lunghi 18 wheeler, i tir che ancora potevano transitare sulla Dragon dal lato del Tennessee (in North Ca-rolina sono stati bannati già da anni). Il governo di Nashville ha deciso di porre fine all’assurda si-tuazione di pericolo che si presentava ogni volta

che un camion affrontava il tratto più tortuoso della US129: in molti tratti, non c’era fisicamente lo spazio per far curvare i bestioni più grossi, con il risultato che finivano spesso e volentieri per oc-cupare entrambe le corsie. Negli ultimi 5 anni non solo è salito il numero di incidenti mortali (sia auto che moto) ma il traf-fico nei giorni feriali veniva facilmente bloccato per miglia fino a valle, creando enormi disagi alla circolazione di tutta la regione. Proprio in questi giorni il divieto di transito per i camion di lunghezza superiore ai 9 metri sta entrando in vi-gore, e gli enormi 18 ruote dovranno cercarsi un percorso diverso. Sono sicuro che nonostante le temperature glaciali registrate ultimamente nella zona, molti motociclisti si concederanno una bella smanettata fuori stagione, senza cor-rere il rischio di andare a stamparsi sul muso di un Mack da 36 tonnellate incastrato dietro a una curva cieca. Sarei anche curioso di sapere il tota-le del “bottino” che si porteranno a casa fotografi e… Polizia!

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I RACCONTI DI MOTO.IT“RG GAMMA”di Antonio Privitera | Noi quattro negli anni Ottanta eravamo ragazzacci cresciuti a pane e miscela al tre percento, amici per affinità motociclistica che passavano i sabato sera con le moto mentre i coetanei si agitavano in discoteca; i soldi erano pochi e arrivati dal benzinaio dividevamo per quattro

Noi quattro negli anni Ottanta eravamo ragaz-zacci cresciuti a pane e miscela al tre percento, amici per affinità motociclistica che passavano i sabato sera con le moto mentre i coetanei si agitavano in discoteca; i soldi erano pochi e così mettevamo in comune quello che avevamo raci-molato durante la settimana e arrivati dal ben-zinaio dividevamo per quattro, cercando di farci bastare i pochi litri di benzina rossa che poteva-mo permetterci. Verso le 22 finivamo sempre alla trattoria “il lupo” dove chiedevamo timidamente il piatto meno caro e ce lo facevamo bastare fino all’illusione di sazietà, seduti sempre allo stesso tavolo vicino alla finestra per poter buttare un occhio alle moto nel piccolo parcheggio; dopo un paio d’anni di frequentazione della trattoria iniziammo a fare simpatia al proprietario Miche-le, o forse era solo pietà, che fingeva di sbagliare per eccesso le porzioni. Ogni tanto Michele tirava pure fuori cinque birre e si sedeva con noi a rin-verdire la sua adolescenza passata a cavallo di un Falcone finito corroso dalla salsedine nel garage di casa e fantasticavamo su una improbabile gita per vedere il Motor Show.Ma questo era trent’anni fa. Ora la maturità è intervenuta a gamba tesa a marcare la distanza tra ciò che speravamo di essere e quello che sia-mo diventati; quando arriviamo in qualche posto la gente magari si aspetta che a bordo di quelle bellissime motociclette allineate con studiata scenografia ci siano aitanti giovanotti mentre

invece sotto la visiera ci sono occhi presbiti e un certo rimpianto per non avere avuto da giovani le stesse disponibilità economiche di oggi. Giulio fa il giudice: una carriera inarrestabile dalla Ve-spa Special truccata fino alla crucca sei cilindri ma non è mai cambiato nonostante il prestigio dell’invidiabile posizione sociale. Resta sempre quel simpatico pataccaro che millantava i 100 all’ora con la Vespa e oggi progetta grandi viag-gi che non riesce mai a compiere per “i gravosi impegni istituzionali”. Sposato, divorziato, rispo-sato, tre figli e una piccola collezione di cicatri-ci sulle mani a forza di provare ad impennare il Caballero. È stato lui ad avere l’idea di rilevare la trattoria “il lupo” quando Michele manifestò la voglia di chiudere per raggiunti limiti d’età.Enrico è il più grande del gruppo, cavalca la stes-sa moto di quando aveva vent’anni con incredi-bile lungimiranza e coerenza; ha iniziato con una Lambretta ereditata dal nonno e poi è balzato su-bito dal Morini 125 alla Suzuki Gamma 500 due tempi quattro cilindri che non ha mai venduto dopo averla acquistata a rate garantite da suo zio buonanima e successivamente saldata in un’u-nica soluzione quando fu assunto dalla multina-zionale dell’elettronica della quale oggi è general manager del mercato italiano. Ha rischiato la vita più spesso lui con il Gamma 500 che un soldato nelle trincee della prima guerra mondiale ma l’ha sempre sfangata e lo chiamano “l’immortale” per l’oltraggiosa capacità di restare sempre in piedi

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pure nelle situazioni più estreme: dalla chiazza d’olio in curva, alla staccata irrimediabilmente tardiva, alla piega a 60° con la ruota da 16’’ che per completare la curva ancora tutti interi ci vor-rebbero le rotelle. Mai cambiato una carena, sono sempre quelle originali dell’85. Oggi fa scorraz-zare col Gamma suo figlio Massimo nel cortile condominiale, solo che suo figlio ha tredici anni e qualche problema col vicinato; speriamo la tratti bene, per una RG Gamma 500 avrei fatto pazzie. Sebastiano è un medico fenomenale ma avrebbe voluto fare il meccanico perché, sostiene, fare il chirurgo è troppo complicato: i meccanici sono più fortunati perché “un pezzo di ricambio lo trovi sempre”.La moto di Sebastiano è uno scooter a tre ruote e c’è poco da meravigliarsi: ha mosso i primi passi con il “Sì” e alla comodità non ha mai rinuncia-to acquistando a turno tutti i mezzi che l’indu-stria motociclistica ha proposto come soluzione

definitiva per la placida mobilità individuale, cio-nonostante piega come Mamola a Misano e frena con le visioni celestiali di Schwantz.Ho sempre pensato al suo talento sprecato quando con una Cosa 125 ci passava tutti in fre-nata per poi percorrere la curva di traverso strac-ciando tutte le leggi della fisica e il calcolo delle probabilità. Non mi piace parlare di me, di quello che ero. Ho il rimpianto di non avere mai potuto guidare il Gamma 500 di Enrico, quella mostruosa creatu-ra profumata di Gran Premi: quattro minacciosi silenziatori a sputare nuvole azzurre e il sibilo violento dei dischi rotanti. Ero il più giovane della compagnia e il mio momento di gloria stava per arrivare, avrei compiuto diciott’anni e poi Enrico me l’avrebbe affidata per un brevissimo giretto, me l’aveva promesso. Ma un Ciao in controsenso mi ha preso sul manubrio; sono caduto urtan-do con la testa nuda il bordo di un marciapiede

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mentre con la mia Honda 125 CBX facevo le con-segne per raggranellare qualche soldo da spen-dere in benzina il sabato, quel sabato in motoci-cletta che inseguivamo come una bella ragazza, come la gonna della mamma quando eravamo piccoli, come il sospiro dopo avere mollato per la prima volta la frizione senza far spegnere il mo-tore.Oggi è uno di quei sabato sera nel quale siamo riusciti a riunirci, la trattoria è deserta, Miche-le non avrebbe approvato ma i miei tre amici tengono questo locale solo per noi quattro e lo aprono i fine settimana estivi un po’ per sfizio e un po’ pure per non fare invecchiare e condanna-re all’oblio la nostra gioventù e il mio ricordo. Sul cavalletto laterale la RG Gamma 500 e una sei cilindri osservano incuriosite nel parcheggio il tre ruote che sta in piedi da solo. Sul tavolino d’an-golo, Sebastiano e Giulio ascoltano Enrico che

racconta come è riuscito ad evitare un camion in controsenso mentre stava esagerando in quarta marcia: “dovevate vederlo, più si avvicinava più io frenavo ed era impossibile rimanere freddi. Poi la moto ha scartato quasi da sola rimanendo ad un centimetro dal guard-rail mentre il camion mi sfi-lava a un metro!”. “Che culo!” dice Giulio, “Vabbè ma pure il sangue freddo… e poi il Gamma è leggerissimo lo metti dove vuoi!” aggiunge Sebastiano “…che ne avreb-be detto Lorenzo?”; cala un attimo di silenzio e tutti e tre guardano verso la mia sedia vuota, come se aspettassero una risposta ma io me ne sono andato ventisei anni fa; comunque adesso non importa cosa avrei detto io: sono ventisei anni che cerco di conservare integro quel Gam-ma 500, Enrico amico mio carissimo, e sarebbe pure ora che tu credessi agli angeli custodi delle moto.

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NICO CEREGHINILA MOTO DEL 2050Proposta semiseria: voi come la immaginate? A suo tempo, le profezie sul 2000 si rivelarono tutte sballate, tranne una di Patrignani. Però proviamoci, magari saremo più fortunati

a lunghissima escursione per digerire le buche sempre più profonde delle nostre disastra-te città; indispensabili (se non saranno già fuorilegge) diven-teranno i sistemi per rilevare le migliaia di autovelox piazzati dappertutto. Con il progressivo riscaldamento del pianeta, poi, ci vorranno pneumatici capaci di resistere senza squagliarsi alle temperature sempre più alte delle nostre roventi mezze stagioni. Per contro in inver-no, soprattutto sulle statali di montagna, servirà una specie di paraurti anteriore, magari un grosso parafango che avvolga quasi tutta la ruota, per difen-derci dagli orsi, e dai lupi che già lo scorso Natale ronzavano in Piemonte. E i motori saranno alimentati ancora a benzina? Con l’aria che tira, andrà ridise-gnata l’intera geografia socio-politica mondiale, e forse le no-stre moto saranno alimentate a gas, oppure con bio-propellenti ricavati dalle verze o dalle ca-stagne. Le supersportive ce le dovremo proprio scordare? Si diffonde-ranno davvero le moto elettri-che? Le Harley potranno anco-ra circolare liberamente con gli scarichi aperti? Sono tanti gli interrogativi che mi appassio-nano e mi piacerebbe leggere la vostra visione. Mi interessa in modo particolare la verifica, quella che faremo insieme nel 2050 in quanto, fatti due calco-li, conto di essere ancora qui a partecipare.

C iao a tutti! Nei pri-mi anni Sessanta, quand’ero un ragazzi-

no, gli argomenti più dibattuti sulle riviste di auto erano inte-ressantissimi: meglio la guida a destra o quella a sinistra? Meglio il cambio al volante o quello a cloche? Lancisti e al-fisti si sfidavano sulle pagine di Quattroruote attraverso la “Posta al Direttore”. Invece l’u-nica rivista di moto era rigoro-sa sì, però un po’ piatta ai miei

occhi di allora. Con l’unica ec-cezione degli articoli di Roberto Patrignani. I meno giovani tra noi lo rimpiangeranno sempre. Ebbene, a un certo punto tutti gli opinionisti, a due e quattro ruote, si scatenarono su quello che allora ci sembrava un futu-ro lontanissimo: come saranno l’auto e la moto del 2000? E ricordo perfettamente la cen-tratissima profezia di Roberto. Mentre tanti immaginavano città futuristiche dentro cupo-le di vetro e con mezzi volanti anche per chi doveva fare un salto in banca, Patrignani si

addentrò nei dettagli e predis-se che nel 2000 non saremmo stati in grado di lavorare sul-la manutenzione delle nostre moto e non avremmo potuto sostituire i pezzi minori: “i pic-coli ricambi non esisteranno più, l’intera strumentazione sarà in vendita in blocco, per dire, e così ogni sistema della moto. Un disastro”. Quello era un vero maestro, io cerco di se-guirlo ma ho bisogno del vostro aiuto. Come sarà, lo chiedo a voi, la moto del 2050? Così, a occhio, mi verrebbe da dire che dovrà avere sospensioni

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DOVRÀ AVERE SOSPENSIONI A LUNGHISSIMA ESCURSIONE PER DIGERIRE LE BUCHE SEMPRE PIÙ PROFONDE DELLE NOSTRE CITTÀ; INDISPENSABILI DIVENTERANNO I SISTEMI PER RILEVARE LE MIGLIAIA DI AUTOVELOX

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ASPETTANDO DOPOGPCARLO PERNAT: “YAMAHA NON VOLEVA ROSSI, DORNA PAGÒ L’INGAGGIO”di Giovanni Zamagni | Opinioni sui piloti, pronostici per la prossima stagione e i dietro le quinte della MotoGP, da Rossi a Miller, passando per Melandri e Biaggi...

L’ ospite della sesta puntata di Aspet-tando DopoGP è Carlo Pernat. Il manager italiano ha risposto alle domande dei lettori di Moto.it, de-

scrivendo il dietro le quinte degli ultimi anni del Motomondiale. Si parte da Biaggi che meritava il Titolo nella classe regina ma è stato tradito dal suo carattere. Iannone che se all’inizio avesse avuto una moto meno complicata della Ducati

molto probabilmente sarebbe stato tra i primi cinque piloti. In prospettiva 2015 invece Mar-quez rimane il favorito e a insidiarlo tra Rossi e Lorenzo è ancora il pilota italiano, più del com-pagno di squadra, che potrebbe rompere le uova al campione del mondo. Pernat boccia la scelta di Honda di rinnovare il contratto con Pedrosa e sul ritorno di Valentino in Yamaha crede ci sia una forte “volontà”... di Dorna.

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HONDA CONFERMA STONER ANCHE PER IL 2015Il rimpianto asso australiano due volte iridato proverà la nuova RC213V a fine gennaio, e svolgerà un secondo test anche alla fine dell’anno

L ’ HRC ha esteso il contratto con Casey Stoner a tutto il 2015, sicchè rivedre-mo il due volte iridato a Sepang già alla fine di questo mese, dal 29 al 31,

dunque qualche giorno prima del primo test uf-ficiale pre-campionato organizzato dall’IRTA dal 4 al 7 febbraio. Il sempre velocissimo campione australiano dovrà poi attendere fino a fine 2015 per riassaporare la gioia di guidare la Honda uf-ficiale nel corso di un secondo test, la cui data al

momento non è stata ancora fissata. «Per prima cosa, felice anno nuovo!» augura Shuei Naka-moto, Vice Presidente Esecutivo del leggendario mega-reparto corse di Honda, soggiungendo: «Siamo felicissimi di poter iniziare l’anno nuovo annunciando la continuazione del nostro rappor-to con Casey, che dunque rimane nella nostra famiglia. Le sensazioni ed i consigli che ci arriva-no da lui sono davvero inestimabili, e ci ritenia-mo fortunati di poter contare su un test rider in

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grado di portare al limite la RC213V». «Dopo un lungo periodo di inattività - ha dichiarato Sto-ner - per me è stato inebriante tornare in sella a una moto, qualche mese fa! Adesso, dopo le ri-lassanti vacanze di fine anno, sono contento di poter annunciare che dopo aver parlato con Na-kamoto San ci siamo nuovamente accordati per continuare il nostro rapporto di collaborazione. In questi giorni naturalmente mi sto preparando fisicamente per poter guidare senza problemi a Sepang : in Malesia, clima e umidità saranno molto differenti rispetto a Motegi, quindi dovrò prepararmi come si deve».

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KAWASAKIRIENTRO IN MOTOGP?di Edoardo Licciardello | Un prototipo in prova a Jerez con pneumatici Michelin e Dominique Aegerter in veste di collaudatore

C osa ci fanno Dominique Aegerter (ex pilota Moto2 e tester per un giorno nelle prove post-gara di Barcellona con la open del team Avintia-Ka-

wasaki), un prototipo Kawasaki e pneumatici Michelin tutti insieme a Jerez de la Frontera? E’ difficile ipotizzare un rientro ufficiale per la Casa di Akashi in MotoGP, soprattutto dopo il brusco addio del 2008 (in foto Nakano impegnato con

la ZX-RR a Phillip Island) e il pasticcio Hayate, organizzato per dare una parvenza di rispetto dei termini contrattuali con Dorna; allo stesso tempo è altrettanto difficile trovare un’ipotesi alternativa per un’operazione del genere. Tutto nasce da un’intervista rilasciata da Aegerter alla testata tedesca Speedweek in cui lo svizzero ha candidamente dichiarato «Lavorerò con il test team Kawasaki e guiderò un prototipo – l’invito è

MotoGP

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arrivato direttamente dalla Casa madre. Non so esattamente cosa proverò, ma sarà equipaggia-to con pneumatici Michelin anche se non quelli in fase di sviluppo per la MotoGP del 2016» E’ diffi-cile non essere curiosi; la Casa di Akashi smenti-sce ovviamente qualunque intenzione di rientro nella classe regina, ma come detto in apertura troppi elementi – dal pilota alla gommatura pas-sando per la denominazione di prototipo – fanno puntare alla MotoGP. Il fatto che le Michelin che verranno impiegate non siano quelle in fase di sviluppo potrebbe essere semplicemente dovu-to a limitazioni dovute al fatto che Kawasaki non risulta iscritta ufficialmente al Mondiale. La locu-zione usata, del resto, non esclude che le gomme usate non siano i prototipi già provati nei primi test durante la scorsa stagione.

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ARUBA CON DUCATI E MONSTER CON KAWASAKIdi Carlo Baldi | Nuove ed importanti sponsorizzazioni sanciscono la crescita del campionato mondiale Superbike ad un mese dal primo round di Phillip Island. Lo spagnolo Roman Ramos al team GoEleven SBK

I l mondiale Superbike attira nuovi ed im-portanti sponsor. Il nuovo ciclo iniziato due anni fa da Dorna al momento dell’ac-quisizione del mondiale delle derivate dal-

la serie inizia a dare i suoi frutti. Grazie a nuove regole, che avvicinano le moto alla serie e pro-mettono un maggiore spettacolo e all’apertura

ai mercati emergenti (Malesia e Thailandia in at-tesa di India e Cile) la Superbike è diventato un veicolo pubblicitario molto interessante per chi voglia divulgare nel mondo il proprio marchio ed i propri prodotti. Aruba e Ducati hanno annuncia-to un accordo triennale ed è nato il team Aruba.it Racing-Ducati Superbike team. Un progetto a

Superbike

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largo respiro che vedrà Aruba, azienda toscana, direttamente coinvolta nella gestione della squa-dra ufficiale Ducati, oltre che nel ruolo di title sponsor. Un accordo che permetterà alla casa di Borgo Panigale di incrementare i propri investi-menti in Superbike per tornare a primeggiare nel campionato che ha di fatto creato un’immagine racing e vincente delle rosse italiane, che però negli ultimi anni si era alquanto appannata. Non cambia la gestione tecnica del team, ancora affi-data all’esperienza ed alle indubbie capacità de-gli uomini della Feel Racing. Serafino Foti è sta-to confermato nel ruolo di Team Manager, così come Ernesto Marinelli sarà ancora Responsabi-le del Progetto Superbike di Ducati Corse e Diret-tore Tecnico della squadra. Aruba che ha la pro-pria sede ad Arezzo, è leader nei servizi di web hosting a livello europeo e si occuperà di alcuni

degli aspetti organizzativi, nonché delle attività di comunicazione e marketing del team e sarà rappresentata sui circuiti da Luca Scassa, pilota aretino che svolgerà anche il compito di collauda-tore per la Ducati Superbike. A portare in pista le rinnovate Panigale 1199 R saranno ancora Chaz Davies e Davide Giugliano, chiamati ad un salto di qualità rispetto allo scorso anno. A seguito delle novità di cui sopra e del nuovo regolamento tecnico che, almeno sulla carta sembra favorire le bicilindriche, ci si aspetta che Giugliano e Da-vies possano puntare al podio in ogni gara, il che significa lottare per il titolo mondiale. Ma le altre case non stanno certo a guardare, ad iniziare dalla grande sconfitta del 2014, la Kawasaki. L’a-zienda di Akashi ha annunciato un accordo con Monster Energy, azienda già legata a Kawasaki nel motocross e nel supercross. La livrea delle

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ZX-10R di Sykes e Rea sarà rivelata a Barcellona, in occasione della presentazione ufficiale della squadra vice campione del mondo. Nuova linfa anche per la casa giapponese quindi, che avrà modo di investire maggiormente nel mondiale Superbike e di dare tutto il supporto necessario al “dream team” composto da un talentuoso Rea e da un Sykes assetato di rivalsa, dopo il secondo posto del 2014. Ma i due riusciranno a convive-re? Rea darà nuovi stimoli a Sykes o al contrario il vice campione del mondo subirà la personalità di Johnny? Una domanda che avrà presto una ri-sposta. La seconda fase dei test invernali che è iniziata da alcuni giorni a Portimao proseguirà al Motorland Aragon per poi far ritorno a Portimao e concludersi il 27 Gennaio sul tracciato di Jerez in Spagna. Tutti i team della Superbike saranno al lavoro nelle prossime settimane per preparar-si al meglio ai test ufficiali ed al successivo primo round, che si disputeranno dal 16 al 22 Febbraio

sulla fantastica pista di Phillip Island in Austra-lia. I prossimi a scendere in pista al Motorland Aragon saranno il team Pata Honda Ten Kate di Guintoli e Vd Mark e tre team Kawasaki : l’uffi-ciale KRT ed i due privati Iron Brain Grillini e Pe-dercini. La squadra di Andrea Grillini farà debut-tare Santiago Barragan e Christophe Ponsson, mentre sulle Kawasaki di Pedercini salirà per il momento il solo David Salom in attesa che venga deciso il secondo pilota. Quella del team di Volta Mantovana è l’ultima casella rimasta vuota sullo schieramento di partenza del mondiale Super-bike 2015 in quanto il team GoEleven Kawasaki sta per annunciare lo spagnolo Román Ramos. La squadra gestita da Denis Sacchetti e Ruben Xaus debutta quest’anno in Superbike dopo anni di militanza nelle categorie minori. Dopo i contat-ti con Torres, che ha poi scelto il team Red Devils Aprilia, sembrava che il pilota prescelto fosse l’australiano Alex Cudlin, quattro volte campione

Superbike

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SBK in Qatar, che ha debuttato nel mondiale con il team Pedercini nell’ultimo round 2014 manco a dirlo in Qatar. Cudlin era molto gradito a Dor-na in quanto sarebbe stato l’unico australiano in Superbike ed avrebbe ovviamente avuto anche il benestare della pista di Losail, con la quale Dor-na deve ancora firmare il contratto che confer-merebbe l’ultima prova del campionato 2015 sul tracciato del Qatar. Cudlin però non ha trovato l’accordo con il team GoEleven e quest’ultimo ha quindi virato su Roman Ramos, campione spa-gnolo della Moto2 nel 2013. Salgono così a sei i piloti spagnoli in Superbike. Ramos si va ad ag-giungere a Jordi Torres, Nico Terol, David Salom, Santi Barragan e Toni Elias. E a proposito di Elias nessuna notizia sino ad ora della sua squadra, il JR Racing team che non compare nella lista delle squadra che svolgeranno i test invernali. Ricor-diamo che il compagno di Toni sarà l’italiano Ayr-ton Badovini.

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MICHAEL DUNLOPCORRERÀ CON YAMAHAIl dominatore delle ultime edizioni del TT correrà con la YZF-R1 2015 del team Milwaukee Yamaha

Alla notizia del suo appiedamento se-guito al ritiro del team BMW sono nate subito diverse ipotesi, ma nessuno ha mai pensato seriamente che Michael

Dunlop potesse restare disoccupato. Troppo forte il figlio e nipote d’arte – a soli 26 anni vanta già 11 vittorie all’Isla di Man – per non risultare appetibile per qualunque squadra fosse in grado di offrirgli una moto competitiva. Al centro di di-verse trattative, da ieri finalmente Micky D è uffi-cialmente un pilota del team Milwaukee Yamaha, già protagonista a Macao con Michael Rutter e lì vincitrice lo scorso anno con Ian Hutchinson. Il pacchetto tecnico è al debutto, e la nuova YZF-R1 deve ancora dimostrare la sua efficacia nel panorama delle corse stradali ma l’impresa dello

scorso anno (quando Dunlop ha portato alla vit-toria per la prima volta la BMW S1000RR nelle categorie Superbike e Senior, restituendo alla Casa di Monaco un’affermazione che mancava da ben 75 anni) mostra come Michael sia decisa-mente l’uomo giusto per l’impresa.L’ingaggio di Dunlop è relativo alla sola classe Superbike; a breve sapremo con quali moto si schiererà nelle categorie Supersport e Super-stock sotto l’egida del team MD Racing di sua proprietà. Fonti vicine al campione – nel 2013 e 2014 Michael si è aggiudicato il Joey Dunlop TT Championship, che assomma i risultati delle grandi classiche su strada – danno per probabile l’impiego di materiale Yamaha anche per queste classi.

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Road race

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LA BRITTEN V1000 TORNA IN PISTA IN NUOVA ZELANDAdi Edoardo Licciardello | La geniale bicilindrica scaturita dal genio del compianto John Britten tornerà a calcare l’asfalto della pista in un evento a Christchurch

C hi ha avuto il privilegio di conosce-re John Britten lo descrive come un visionario. Ingegnere autodidatta nonostante un disturbo di natura

dislessica che gli rendeva difficilissima la lettu-ra, capace di costruire qualunque cosa (il tetto apribile automaticamente in vetro della casa in cui ancora vive la sua famiglia è stato pensato,

progettato e realizzato da John stesso) e gran-dissimo appassionato di moto, Britten ha cre-ato uno dei mezzi più innovativi della storia del motociclismo. Una moto, la V1000, che avrebbe potuto dimostrare più di ogni altra la validità di certe soluzioni non convenzionali, se la prema-tura scomparsa del suo creatore (morto a soli 45 anni, nel 1995) non ne avesse interrotto lo

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sviluppo. Diverse soluzioni, anche se non sem-pre del tutto inedite, sono state riviste e svilup-pate da Britten stesso fino ad eliminarne i difetti e sfruttarne i vantaggi rispetto a quelle conven-zionali: radiatore sotto il codone, motore portan-te con telaietti in fibra di carbonio e sospensio-ne anteriore a schema Hossack. Una moto, tra l’altro, realizzata a Christchurch, Nuova Zelanda – non esattamente nella patria dei motori – ma che da lì partì alla conquista del mondo. Nel suo palmarès figurano infatti la BOT di Daytona del 1994 e la vittoria nel campionato nazionale Su-perbike dello stesso anno con Andrew Stroud, e la tormentata storia al TT, dove rimase legata alla morte di Mark Farmer ma anche alla massi-ma velocità stabilita con Nick Jefferies nel 1994, quando girò a 190 km/h di media. I pochissimi esemplari rimasti – John aveva appena iniziato il suo programma clienti quando la sua malattia si è manifestata – sono ora conservati fra mu-sei e collezioni private, e raramente vedono la luce del giorno. Il 21 e 22 febbraio gli appassio-nati avranno l’opportunità di rivederle in azione;

a Christchurch si terrà infatti un evento comme-morativo che ricorderà John Britten durante la gara della Sound of Thunder, gara importantissi-ma per l’emisfero australe che richiama oltre 150 piloti e che si correrà sul Mike Pero Motorsport Park. Vi presentiamo il video che mostra la pri-ma Britten clienti ripristinata ed approntata per la rievocazione. Sono state costruite in totale dieci Britten V1000; la Britten-CR&S (#003) che vedete protagonista del video, oltre ad essere stata l’unica in possesso di un italiano, è anche la V1000 che ha partecipato al maggior numero di competizioni ottenendo più risultati utili (con un 50% di vittorie su oltre 40 partenze): vincitri-ce a Daytona, l’unica che ha concluso un Senior TT all’Isola di Man, seconda nel mondiale Bears, campione Superbike Neo-Zelandese. E’ l’unica Britten contraddistinta da una livrea nera con i “checkers”: i colori del Team CR&S. Questa gra-fica le fece attribuire da John Britten il sopran-nome di Black Beauty. I piloti sono stati Andrew Stroud, Stephen Briggs, Mark Farmer, Shaun Harris, Dario Marchetti, Jason Mc Ewan.

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AMA SUPERCROSS, ROUND 3ANAHEIM - IIdi Massimo Zanzani | Roczen resta imbattuto ad Anaheim, Dungey secondo. West bissa il successo di Phoenix in 250 Webb

L’arrivo del padre che lo ha sempre se-guito nella sua carriera prima della sua recente separazione per disaccordi con la squadra è stato un segno for-

te e preciso. Incredibilmente, visto che si parla del vincitore della prima gara dell’attesissima stagione Supercross, Ken Roczen prima della seconda tappa di Phoenix si è trovato col fisi-co debilitato, addirittura troppo stanco a causa

l’eccessiva mole di lavoro a cui lo ha sottoposto il suo nuovo trainer Aldon Baker che evidente-mente il Guru della preparazione atletica non ha calibrato oculatamente per il fisico dell’ex iridato tedesco. Ed il risultato è stato il secondo posto dietro a Eli Tomac che non è stato capace di controbattere a causa della sua spossatezza fisica. In men che non si dica, il padre ha ripre-so le redini della situazione, gli ha dato manforte

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facendogli ritrovare il bandolo della matassa e dopo una revisione “fai da te” della condizione fi-sica e mentale ha riportato Kenny in carreggiata talmente bene da averlo accompagnato alla sua seconda affermazione stagionale.

Ken RoczenAd Anaheim il pilota Suzuki è stato praticamen-te impeccabile, se non per il fatto di aver man-cato la vittoria in qualifica che comunque non riteneva particolarmente importante ai fini del risultato finale. Perché il meglio lo ha riservato per lo scontro finale, che ha portato a termine in maniere ineccepibile con una partenza nelle pri-me posizioni ed una condotta di gara talmente veloce ma precisa da far sembrare il suo quasi una vittoria facile. «Stamattina me la sono presa con calma perché il terreno era molto sporco - ha spiegato KRock - sapevo che in giornata sa-rebbe cambiato e quindi non mi sono stressato alla ricerca di particolari risultati. Nelle manche ho avuto sempre delle ottime partenze, che oggi sono indispensabili, anche grazie alla mia moto

che è meravigliosa, la qualifica è andata molto bene anche se ho preferito non prendere i rischi inutili vista l’insidia del fondo di gara per cui mi è andato bene il secondo dietro a Dungey. Nella fi-nale ho cercato di correre con la testa senza però abbassare la guardia perché tutti vanno molto forte, ho passato al secondo giro Millsaps e poi ho cercato di prendere subito un po’ di vantaggio che ho amministrato bene fino alla fine». Roger De Coster Alle sue spalle, ma a distanza di sicurezza, un ritrovato Ryan Dungey che ha finalmente dato lustro al suo curriculum con un secondo posto molto importante per lui e per la sua squadra in quanto ha rassicurato tutti che se mentalmente a posto il raffinato pilota del Minnesota ha anco-ra le carte in regola per puntare al titolo. «Sono contento del risultato di Ryan - ha commentato il team manager KTM Roger De Coster - perché per tutta la settimana abbiamo lavorato “men-talmente” con lui ed oggi è la prima volta che ha corso con la giusta concentrazione per tutto

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il giorno, lasciando da parte le cose negative e mettendo in risalto il suo potenziale. Lo ha fat-to vedere quando a metà gara ha cominciato ad accorciare la distanza da Roczen, anche se poi ha fatto un errore e la situazione è ritornata come prima. Ma è stato importante anche vede-re come abbia preso un po’ di margine da Tomac che lo inseguiva e che quest’anno è molto forte e aggressivo. Anche la moto si è comportata bene, e anche se ovviamente sarebbe stato il massimo battere Roczen, sono molto soddisfatto di come Ryan si è comportato oggi».

Eli TomacChi è uscito sconfitto e a testa bassa è invece Eli Tomac, specie dopo la schiacciante vittoria della settimana prima, che non è riuscito a fare meglio

di terzo. «Purtroppo oggi è stata una giornata piuttosto tesa e convulsa - ha detto il pilota della Honda Geico - ottavo in qualifica, secondo nella semifi-nale, settimo al via della finale a causa della posi-zione al cancello non ottimale non era quello che mi aspettavo, soprattutto dopo la vittoria della settimana scorsa. Per fortuna mi sono sbrigato subito a recupe-rare perché visti i tempi piuttosto simili il podio oggi non l’avrei visto, ho sparato le cartucce giuste nella prima parte di gara così da portar-mi al quinto giro in terza posizione, ma poi visto che la differenza dai primi era minima e la pista era molto scivolosa mi sono accontentato della mia situazione. Sfortunatamente oggi le par-tenze non sono state buone, e senza di quelle è

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impensabile vincere perché ci sono troppi piloti veloci». Buono il quarto posto di Justin Barcia, che pare abbia finalmente ritrovato se stesso, solo 11° Trey Canard dopo gli ottimi tempi in pro-va a causa dell’azione scorretta di Chad Reed che lo ha mandato fuori pista (l’australiano è sta-to poi squalificato), e 7° il debuttante Jason An-derson nonostante una caduta alla partenza che ha così mantenuto il terzo posto in campionato.

250Nella 250 lotta sino all’ultimo giro, quando l’irre-sistibile Cooper Webb ha soffiato la prima posi-zione al pilota Kawasaki Tyler Bowers, mentre il leader Jessy Nelson ha perso la testa della clas-sifica per la caduta che lo ha relegato in sesta posizione.

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SUPERCROSS A PHOENIXLE FOTO PIÙ BELLESpettacolare lotta tra Roczen e Tomac nel secondo appuntamento con l’AMA Supercross. Ecco gli scatti più belli delle gare di Phoenix di M. Zanzani

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DAKAR 2015VITTORIA FINALE PER COMA (KTM) E AL-ATTIYAH (MINI) di Andrea Perfetti | La tappa finale è stata ridotta a causa della pioggia e del fango. A Buenos Aires Marc Coma (KTM) e Nasser Al-Attiyah (Mini) sono stati incoronati vincitori della Dakar 2015!

B uenos Aires. Ci siamo! I piloti sono partiti per percorrere l’ultima tappa, la passerella che li porterà attraverso la provincia di Santa Fe da Rosario a

Buenos Aires. Ormai i giochi sono pressoché fat-ti, ma non si può mai dire l’ultima parola alla Da-kar. Oggi i piloti dovranno fare un trasferimento

di 77 km, per poi affrontare la prova speciale di 174 km. Alla fine di questa solo 142 km di ulte-riore trasferimento li separerà dal podio di Tec-nopolis a Buenos Aires, dove li attende già una folla di migliaia di persone. Onore agli ultimi: solo in quest’ultima tappa saranno gli ultimi a partire per primi, invertendo l’ordine usuale.

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Le motoMarc Coma (KTM) vede il traguardo davanti a sé, non deve correre rischi, ha un vantaggio con-sistente da amministrare (17 minuti) su Paulo Gonçalves (Honda) e Toby Price (KTM). Si avvia-no a concludere positivamente questa infernale (e salatissima... ricordate la tappa di Uyuni?) Dakar anche gli italiani: Ceci, Brioschi, Toia e Ca-succio. Joan Barreda e Hélder Rodrigues hanno atteso l’arrivo di Paulo Gonçalves all’inizio della speciale per scortarlo durante la tappa e dargli una mano, se dovesse incappare in qualche in-conveniente durante i 174 km di crono. C’è tan-tissimo fango lungo la prova speciale e diversi piloti procedono in gruppo, per non correre il rischio di cadere e di vanificare tutto gli sforzi fatti sino a oggi per arrivare in fondo alla compe-tizione. Ivan Jakes si aggiudica la tappa davanti a Stefan Svitko e Toby Price. Marc Coma è quinto

e porta così la KTM 450 Rally alla vittoria asso-luta a Buenos Aires: eguaglia le vittorie di Cyril Despres, ben cinque alla Dakar! Coma precede il pilota della Honda Paulo Gonçalves e l’austra-liano della KTM Toby Price. Sono quattro gli ita-liani che hanno saputo concludere questa mas-sacrante edizione. Al 14esimo posto troviamo lo strepitoso Paolo Ceci. Ma bravissimi sono stati anche Marco Brioschi (45esimo), Diocleziano Toia (56esimo) e Matteo Casuccio (59esimo). La speciale di oggi è stata interrotta al check point numero due a causa della pioggia fortissima che ha colpito la regione (e tutta la Dakar, verrebbe da dire!). Il polacco Rafal Sonik ha portato la sua Yamaha alla vittoria nei quad.

Le autoLe auto hanno in Nasser Al-Attiyah l’indiscusso leader di questa edizione. Il pilota del Qatar non

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ha praticamente avuto rivali quest’anno. Il qata-riano è saldamente in testa nella generale con 35’ di vantaggio su Giniel De Villiers (Toyota). La speciale, come anticipato sopra per la categoria delle moto, è stata ridotta a soli 34 km a causa dell’acqua torrenziale scesa oggi in Argentina. Robby Gordon ha fatto il miglior tempo della giornata, staccando Leeroy Poulter di soli 31 se-condi e Emiliano Spataro di 34. Chi oggi ha tanto da festeggiare è però Nasser Al-Attiyah, che con-quista la sua seconda Dakar dopo aver dominato in lungo e in largo l’edizione del 2015 con la sua Mini. Alle sue spalle, nella generale, troviamo

Giniel de Villiers con la Toyota e l’altra Mini del polacco Holowczyc. Al debutto con la Peugeot 2008 DKR, Stephane Peterhansel ha sfiorato la top ten, chiudendo all’11esimo posto. L’altro campione delle due ruote in corsa con la Peugeot, Cyril Despres, ha terminato la sua pri-ma Dakar nelle auto al 31esimo posto, in costan-te miglioramento. La brevissima speciale dell’ultima tappa è stata dominata da Robby Gordon primo e Leeroy Poul-ter secondo, che ha preceduto di pochissimo i due argentini, Spataro e Terranova.

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DAKAR 2015. BOTTURIDISPIACIUTO, MA GIÀ PRONTO A RIPARTIREdi Piero Batini | Una Dakar decisamente ‘no’ (grazie Salar di Uyuni), ma non tutti i mali vengono per nuocere. Alessandro Botturi riparte per la prossima Campagna Dakar

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Credo che abbiano apprezzato il fatto che sono un lottatore e che non mi sono mai tirato in-dietro. Il dispiacere è tanto, per il ritiro e per non aver mai tro-vato la competitività. Io non mi sono mai sentito veramente in gara, tranne nella tappa dopo la giornata di riposo che partiva da Iquique. Quel giorno, sì, mi sono sentito bene, e il ritardo dai primi era finalmente con-tenuto. Gli altri giorni no, non sono mai riuscito a sentirmi bene come dovevo. Mi “tran-quillizza” il fatto che anche ai

miei compagni non sia andata troppo meglio. Se Pain o Metge fossero stati un’ora davanti a me mi sarei preoccupato seria-mente, ma in queste condizioni è chiaro che il problema era più generale»

E adesso che farai nei prossi-mi giorni, nelle prossime set-timane? Riposo?«Riposo? No, mi sono già ri-posato abbastanza. Sì, i pri-mi tre giorni mi sentivo de-luso, quasi rinunciatario. Adesso, però, sono già “ripartito”.

Ho iniziato a fare una nuova dieta e a programmare la pre-parazione. Strano a dirsi, mi sento di nuovo carico, in modo diverso certo, ma quanto lo ero a Buenos Aires i giorni della partenza. E poi mi sono accor-to che ho tanto seguito, che la gente mi vuole bene. Bisogna assolutamente fare qualcosa, e farlo bene, perché i miei tifosi, e anche quelli che mi seguono con un interesse “nazionale”, siano gratificati. Al lavoro, dun-que, e vediamo di rilanciare con gli interessi»

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Dispiaciuto è dir poco, ma per Alessandro Botturi, sempre ot-timista, l’importante è filtrare il buono anche dalle situazioni più sfortunate, per ripartire con un bagaglio di esperienza in ogni caso accresciuto.«Eh sì, è una bella batosta. Una bella batosta perché, por-co cane, in quella tappa lì, tra Uyuni e Iquique, ci hanno mes-so tutti in crisi. Non so ancora cosa sia successo esattamen-te alla moto, perché la moto a quanto so non è ancora arriva-ta al bivacco, però si è riempita di sale, l’impianto elettrico, i tubi dell’olio, tutto. Il bottonci-no dell’avviamento rimaneva agganciato, e ha cominciato a fuoriuscire olio. Mi sono fer-mato e ho deciso di rinunciare perché non aveva più compres-sione e mi sono ritirato. È stato, credo proprio, un bel regalo del Salar di Uyuni»

E il rientro, con il camion scopa?«Inizialmente doveva essere così, e ho aspettato lì fino al pomeriggio, le 4 e mezza cir-ca. Poi, credo vista la piega che avevano preso le cose, l’orga-nizzazione mi ha fatto rientrare a Uyuni con un elicottero mili-tare, e da li salire su un aereo “speciale” con una trentina di ritirati più i giornalisti, e ci han-no riportato tutti a Iquique. Un bel viaggio turistico per gente soddisfatta!»

Esperienza deludente, o c’è qualcosa di positivo?«Più che delusione, dispiace-re. Di positivo c’è che adesso so che sono a posto con la na-vigazione, e ho capito che se non fai almeno qualche gara di Mondiale durante la stagione, o qualche Dakar Series, come la Ruta 40, non puoi arrivare alla

Dakar ed essere competitivo. Di positivo c’è anche che abbia-mo capito che sulla moto biso-gna lavorare iniziando subito e arrivando alla partenza della Dakar con lo sviluppo finito e tutti i collaudi validati. Non si può pensare di testare qualco-sa durante la gara»

Quindi hai già parlato con la squadra per la prossima Da-kar?«No, non ancora. Siamo rimasti d’accordo che al loro rientro si prenderanno una brevissima pausa, e poi ci sarà subito un briefing a Parigi, verso la fine mese, per pianificare la sta-gione in corso. Alla fine anche loro sono molto dispiaciuti. Mi hanno chiamato, hanno cerca-to di tenermi su di morale, mi hanno ricordato che Casteu, per esempio, adesso è setti-mo, e noi eravamo davanti a lui.

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DAKAR 2015GIOCO A PERDERE di Piero Batini | Anche quest’anno la Dakar porta a decimazione il contingente dei Partecipanti. Doveva essere una Dakar più facile di quella dello scorso anno, è stato un massacro. Voluto

T utto come ieri, tutto come prima. Due tappe pantografate, in due set-tori diversi della Pampa argentina ma con caratteristiche molto simili,

due doppiette, Barreda e Al-Attyia, e in mezzo la notte marathon di Cachi, il campo di concentra-mento inaccessibile e dal quale neanche i Piloti possono uscire, sotto l’incubo della tempesta di pioggia che intanto imperversa per tutta l’area.

Come dire, piove sul bagnato. Sono rimaste 79 Moto delle 161 alla partenza, 69 su 137 Auto, solo 18 quad dei 45 partenti. I Camion per loro natura tecnica sfuggono al “massacro”, 52 su 63. Ormai la Dakar la vince che ha meno guai, e questo fatto inconfutabile, se da una parte esalta le caratteristiche globali dei migliori fuoriclasse, che si contano sulla punta delle dita di una mano, dall’altra avvilisce lo spettacolo dell’agonismo e

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della tecnica mortificandolo in una sorta di atto di superbia della Dakar. L’imperativo a queste condizioni, diventa “sopravvivere”, “salvare la pelle”. Uno ad uno, buoni e meno buoni, Piloti e Equipaggi vengono falcidiati dall’implacabile ci-nismo della Dakar, un “difetto” che diventa una caratteristica sempre più ricercata della corsa. Altro che colpi di scena! Si tratta di veri e pro-pri agguati, preparati con impietosa cura del dettaglio e così efficaci da risultare letali anche giorni dopo l’esecuzione. Dicevamo solo ieri dei Piloti Honda che si sono messi tutti a disposizio-ne di Paulo Gonçalves per aiutare il portoghese nell’impresa praticamente impossibile di sot-trarre a Marc Coma la sua quinta vittoria. Ieri ci sembrava difficile che l’unione potesse fare vera forza, o forza in tal senso utile, oggi dobbiamo invece verificare che l’atto di altruismo è servito solo a limitare i danni.

La Bolivia non perdonaLa Marathon in Bolivia e il passaggio scenogra-fico sul Salar di Uyini sono stati devastanti. Per molti non solo inopportuni, devastanti. Deva-stanti per chi era arrivato al limite delle risorse fisiche e ha finito per ammalarsi, devastanti per chi la lasciato la Moto nel Salar ed è dovuto salire sul Campion Scopa. Devastanti anche per chi ha pagato più tardi, per chi non ha lasciato la Moto o l’Auto mummificata nell’impasto di fango e sale ed è riuscito a riportare il mezzo in Cile, ma ha ricevuto la fattura dell’”effetto sale” ore o giorni dopo, anche dopo il cambio di motore o la revi-sione completa di Iquique. In tutti quei casi, insie-me alla moto o all’auto, nel salar è rimasto anche il sogno di un risultato e talvolta, come nel caso di Barreda, molto più che un sogno, una realtà maturata giorno dopo giorno di difficili battaglie agonistiche e psicologiche vinte.

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Tutti per uno, in casa HondaMa il risultato è che Paulo Gonçalves è passato da sette a ventuno minuti di ritardo, ora deve difendersi dall’attacco di Toby Price, e che Je-remias Israel non ha finito la sua Dakar. Bravo, Israel, ha trascinato Rodrigues fuori dall’inferno di Uyuni, e ha dato il proprio motore a Gonçalves tornando via da Cachi in macchina. Uniti, sì. Nella notte di Cachi tutti i Piloti si sono messi a lavora-re sulla moto di Gonçalves per travasare i pezzi da quella Israel, e così il portoghese porterà sul podio di Buenos Aires anche il ringraziamento ai Compagni di Squadra. Intanto Barreda torna a vincere una tappa dietro l’altra, dimostrando che è il più veloce di tutti ma non raccogliendo ancora i frutti della sua maturazione personale,

che gli impedisce di gioire delle vittorie parziali. Rafal Sonik, il Polacco che sogna di andare con il quad forte quanto le moto, è vicinissimo a vin-cere la Dakar. Non è più insidiato. Alle sue spalle sono spariti tutti, e molti con un diavolo per capello recrimi-nando sull’errore Uyuni. Ignacio Casale, Campio-ne in carica, Segio Lafuente e “Patagon” Galle-gos per ultimi. Anche la gara delle auto ha le sue clamorse code. Tra le ultime gli abbandoni della rivelazione saudita Yazeed Al-Rajhi, che era ter-zo nella generale e che non è riuscito a ripartire da Salta per un guasto al motore, e di Stepha-ne Henrardt, imprinting genetico dell’epopea Volkswagen. E non è finita! Non sono sicuro che sia la Dakar “giusta”.

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100 SECONDI SU MOTO.ITL’OTTAVA TAPPA DELLA DAKAR ANDAVA CORSA COSÌ?La tappa del 12 gennaio ha stravolto la Dakar 2015. Si è corso in condizioni difficili, e questa è la gara, ma soprattutto con tanta acqua salata che ha messo in crisi tanti piloti, privati e non. Era giusto mantenere quel percorso? Voi che ne dite?

L a tappa della Dakar di ieri, l’ottava, concludeva la frazione Marathon e si è trasformata in un incubo per moltissi-mi piloti. Il ghiaccio trovato in quota, e

un centinaio di chilometri percorsi sul lago sala-to coperto da uno strato di acqua, ha inflitto ai piloti delle sofferenze ulteriori rispetto a quelle prevedibili nella gara per eccellenza tra i rally. Si

è fermato Botturi e Barreda è giunto al traguar-do trainato. La classifica è stata stravolta in gran parte. Anche in passato, nella Dakar “africana”, non sono mancati episodi fortemente selettivi, per così dire extra gara. Ce ne parlano i nostri Nico Cereghini e Andrea Perfetti in questi “100 Secondi”. Noi abbiamo una teoria: la tappa anda-va modificata. E voi che cosa ne pensate?

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