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| PROVA MAXI ENDURO | KTM 1190 Adventure R da Pag. 2 a Pag. 15 All’Interno PROVA BORILE B450 SCRAMBLER NEWS: Prova Bridgestone T30 | Era il 2003, EICMA pullula di novità I Novant’anni di BMW nelle competizioni MOTOGP: N. Cereghini “Dietro a Marquez l’ottimo Suppo”| Rossi “Sono contento della mia squadra” Numero 106 13 Maggio 2013 117 Pagine Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Nico Cereghini Monza 20 maggio 1973 “Pasolini e Saarinen morirono così” SBK Monza Le cronache, i commenti e le pagelle del GP d’Italia Intervista Jorge Lorenzo: “Senza mio padre non sarei qui”. Un parallelo con la storia di Andre Agassi

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| prova MaXI enduro |

KTM 1190 Adventure Rda Pag. 2 a Pag. 15

All’Interno

PROVABorile B450 ScramBler

NEWS: Prova Bridgestone T30 | Era il 2003, EICMA pullula di novità I Novant’anni di BMW nelle competizioniMOTOGP: N. Cereghini “Dietro a Marquez l’ottimo Suppo”| Rossi “Sono contento della mia squadra”

Numero 10613 Maggio 2013

117 Pagine

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Nico CereghiniMonza 20 maggio 1973 “Pasolini e Saarinen morirono così”

SBK Monza Le cronache, i commenti e le pagelle del GP d’Italia

IntervistaJorge Lorenzo: “Senza mio padre non sarei qui”. Un parallelo con la storia di Andre Agassi

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KTm 1190 Adventure R PreGi Gestione elettronica e potenza DiFeTTi Cupolino e pedane post. Prezzo 14.970 €

Nuova frontiera off roadKTm alza l’asticella nel mondo maxi enduro unendo gusto dell’avventura, prestazioni e attitudini off road in una moto dalla spiccata personalità. e’ la compagna ideale per chi cerca emozioni senza rinunciare al comfort. costa 14.970 euro franco concessionariodi Aimone Dal Pozzo

Prova enDuro

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Prove

D opo la prova della 1190 Ad-venture, modello che ha scombinato gli equilibri nella classe delle grosse enduro stradali insidiando sua ma-està BMW GS, è ora la volta

della versione 1190 Adventure R, un altro mo-dello declinato al fuoristrada e che rafforza l’im-magine di KTM. La casa austriaca ultimamente

ha fatto parlare di sé non solo in merito ai suoi prodotti, ma anche relativamente ai grossi ed importanti cambiamenti che stanno avvenendo al suo interno. Stefan Pierer CEO di KTM, ha di-chiarato senza mezzi termini l’ambizione della società:“Vogliamo diventare entro il 2017 il grup-po leader nel mondo nella produzione di moto-ciclette sportive, passando dalle attuali 107.000 unità alle 200.000”.La 1190 R è una delle prime

novità a dare il via a questo quadriennio, che sarà ancora più ricco di quanto non lo sia stato l’ultimo. Dopo una ricerca di mercato è arrivata la conferma che era essenziale proseguire con la produzione di due moto distinte, la stradale e la R, senza unificare i prodotti come KTM ave-va inizialmente ipotizzato. La stradale è infatti destinata soprattutto a coloro i quali non cono-scono ancora KTM per la sua propensione alla

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performance (vedi altezza sella limitata), men-tre la R è per gli appassionati veri di avventura e, cosa più probabile, già clienti del marchio. Lo stesso Arnaldo Nicoli, responsabile Tecnico e Customer Care KtmItalia, conferma che al sa-lone di Milano “tutti i nostri clienti andavano a vedere e toccare la R piuttosto che non la versio-ne stradale, mentre gente nuova si soffermava sulla stradale.” La Adventure R pur essendo una nuova concezione di moto e delineando un taglio netto con il passato rispetto alla 990, trasmet-te ancora forti sensazioni di avventura non solo nella sostanza, ma anche nell’apparenza. Proba-bilmente, senza averla provata, un purista KTM potrebbe inizialmente rimanerne deluso dalla R in quanto la versione in vendita non è l’esatta immagine di quelle che corrono la Dakar. Ma è vero che la nuova Avdenture ha guadagnato

attenzione da parte di tutti i non clienti. E’ già in vendita a 14.970 euro franco concessionario.

Quali le differenzeRispetto alla Adventure base, il telaio verniciato in colore arancio racing della R è un traliccio in cromo molibdeno, pesa meno di 10 kg e privilegia la stabilità senza trascurare eccessivamente la rapidità d’esecuzione delle manovre. Sono pre-senti anche delle protezioni in tubolare arancione che lo rendono ancora più aggressivo. Il forcello-ne è pressofuso, sia per garantire una precisione impeccabile nella guida che per trasmettere a terra i 150 cv di cui dispone il propulsore. L’in-tera moto pesa circa 5kg in più della stradale, passando dai 212 a 217 kg a vuoto di benzina. Il motore è sempre un V2 di 1195 cc di cilindrata e la termica deriva dalla sportiva RC8 ma con

nuovi accorgimenti tecnici come i condotti di raffreddamento, i canali di aspirazione e scarico ridisegnati e le valvole. Grande attenzione è sta-ta posta sul pacchetto manutenzione, ordinaria ogni 15.000 km, ma a seconda di quello che si decide con il concessionario sono disponibili dei programmi differenziati, con una manutenzione base e una completa, lasciando comunque inva-riate le condizioni di garanzia della casa madre. Proprio per curare questo aspetto, i pistoni sono stati alleggeriti ed hanno una anodizzazione nella parte superiore laterale che permette una mino-re scampanatura e quindi un minore consumo d’olio. A questo si aggiunge il sistema a doppia candela ad accensioni separate per migliorare ulteriormente l’efficienza di consumo del car-burante. Il corpo farfallato arriva dalla 690, con un comando ride by wire completo ed unico. Il

comando del gas da l’input alla centralina che poi comanda il motore del corpo farfallato. Dal punto di vista della sicurezza è un sistema bre-vettato. Sono presenti nuovi iniettori più corti e a 12 fori che nebulizzano meglio la benzina, e an-che l’airbox è stato riprogettato per consentire di lavorare più agilmente sul filtro in carta, appena sotto al serbatoio, grazie alle sole chiavi del kit. Anche il controllo di trazione viene gestito in ma-niera esemplare e non viene quasi mai percepi-to il suo innesto, quasi come sulle autovetture. Grazie a questi accorgimenti è stato possibile ridurre il consumo di benzina, si dice, del 20% e non bisogna fare alcuna manutenzione al cor-po farfallato. Per ciò che concerne la frizione è stata scelta la FCC, ditta americana specializza-ta nell’automotive, che lavora sia in fase di tra-zione, chiudendo i dischi e togliendo lo strappo

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in accelerazione, che in fase di rilascio, agendo come anti saltellamento. È stato fatto anche un gran lavoro in termini di rumorosità del motore, dotando il carter frizione con una membrana in-terna che toglie fino a tre decibel. La Motorcycle Contol Unit (centralina a bordo) sostituisce i vec-chi fusibili ed interviene automaticamente nel caso di malfunzionamenti come, per esempio, in caso di bruciatura di una lampadina. Seleziona in automatico la day ride light e, con il sensore di luminosità, l’uso delle luci notturne. Controlla la ventola di raffreddamento che non si aziona più tramite bulbo, ma tramite dei valori dati dalla MCU che la modula in funzione della tempera-tura. Il Motorcycle Traction Control è lo stesso su entrambi i modelli e ci sono quattro modali-tà: Sport, Street, Rain ed Offroad. Il sistema è stato collaudato e sviluppato in due anni con un

progetto specifico Bosch per KTM assieme al-ll’ABS. Non si parla di tecnologia racing, ma di un prodotto specifico per la sicurezza. Elemen-to sostanziale è il sensore di inclinazione che permette alla centralina di identificare in quale posizione si trova la moto nello spazio, anziché prendere i dati dai sensori ABS come fanno tutti gli altri sistemi di controllo. Anche l’ABS ha tre modalità di utilizzo: Street, off road in anteprima mondiale per KTM che lo rende attivo solo all’an-teriore ed infine off totale per i più spericolati. Le sospensioni sono WP completamente regolabi-li con un escursione di 220 mm, compressione regolabile sul lato sinistro e ritorno sul lato de-stro. Non c’è il sistema elettrico di controllo del mono in quanto prerogativa del modello da stra-da, ma è possibile una regolazione manuale. Per completare la sicurezza è stato montato anche

l’ammortizzatore di sterzo, non regolabile, sotto la piastra. I cerchi sono da 21 pollici (da 19 sulla Adventure) e 18, a raggi con gomme tubeless e sono dotati di sensori del controllo della pressio-ne (TPS) che si visualizzano le informazioni sul computer di bordo. Quanto a escursione delle sospensioni siamo a 220 mm, anziché i 190 mm della Adventure, ma in questo caso, per quanto riguarda la regolazione del mono ammortizzato-re è stato sostituito il remoto con una ghiera ma-nuale. Dal punto di vista della plancia di comando abbiamo un cupolino più basso ed un manubrio più largo che è regolabile in altezza. La sella è in un unico piano, ma è comunque sostituibile con la versione bassa della Adventure stradale. Il computer di bordo è stato integrato di un nuovo indicatore della benzina e di un’ulteriore scher-mo che riporta tutte le informazioni dei principali sensori. E’ davvero completo e bisogna farci at-tenzione perché sono talmente tante le opzioni e le informazioni che basta poco perdersi via e dimenticarsi che si sta guidando...

come va su stradaL’imponenza che la Adventure R trasmette da ferma sul cavalletto si trasforma in armonia ed equilibrio non appena si superano i cinque chilo-metri orari. I suoi 235 kg di peso, con tutti i 23 litri di benzina nel serbatoio, si mettono in marcia e diventano ben bilanciati e semplici da gestire. Con la mappatura in configurazione Street hai a disposizione i 150 cavalli in dotazione, distribuiti in maniera dolce e lineare, mentre se vuoi osa-re un po’ di più la selezione Sport la rende più pronta e reattiva. Il bicilindrico gira senza mai strappare le braccia ed è anche molto gentile anche nelle fasi di rilascio dove non hai il motore che ti spinge in avanti. L’elasticità della curva di potenza è un altro aspetto determinante di que-sta moto che fa sì che a 130 km/h, con la sesta marcia, sei a poco più di quattromila giri, ma se desideri sorpassare un’auto o anche sempli-cemente distendere il motore per una sparata, non appena ruoti il comando del gas, ricevi una risposta immediata e schizzi come un siluro a

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velocità stellari. Il traction control, in questi fran-genti, svolge un ruolo fondamentale e ti tiene sempre in sicurezza, e il suo vero pregio è che interviene solo quando serve e senza quasi mai farsi notare eccessivamente. Non taglia la poten-za in maniera secca o a intermittenza, ma modu-la la distribuzione della cavalleria affinché il pilota non venga mai colto di sorpresa. L’ulteriore set-ting elettronico prevede anche una mappatura Rain che agisce direttamente sulla potenza mas-sima, limitando l’erogazione a 100 cavalli. Non ho avuto modo di provarla sul bagnato, ma vi assicuro che anche sull’asfalto asciutto, questa limitazione non è assolutamente proibitiva e, per chi desidera andare a passeggio tranquillo, non è assolutamente da tralasciare. Dal punto di vista della tenuta di strada, gli pneumatici che abbia-mo utilizzato durante il test anno ricoperto un ruolo importante. I TKC 80 Continental usati per la prova sono studiati per un uso relativamente promiscuo e quindi si adattano molto bene an-che alla guida su asfalto. Solo ad andature me-dio-elevate, quando si prova a spingere un po’, si riesce ad avvertire il movimento del tassello che influenza un poco la precisione negli ingressi in

curva. Sicuramente il prodotto di primo equipag-giamento, il Continental Attack, alza di parecchio l’asticella del limite di piega e tenuta. Nonostante le dimensioni importanti, l’Aventure R si muove sull’asfalto con grande agilità. Il bilanciamento dei pesi rimane sempre neutrale e con minimi spostamenti del corpo si riescono a ottenere del-le pieghe importanti. Anche quando ti fai prendere un po’ la mano non hai troppo da preoccuparti perché il progresso tecnologico di questa moto ti tiene sempre in sicurezza senza mai limitarti nella tua libertà. Il brutto vizio di voler sempre cercare di togliere tutti i controlli perché tanto si sa guidare è un’e-poca ormai passata, perché con questa nuova generazione di tecnologia, ci sono solo benefici e nulla è a scapito del divertimento. Vi sono diversi accorgimenti molto interessanti per la guida pro-lungata su asfalto; a partire dal deflettore/cupo-lino sopra il faro che è regolabile in altezza e che, anche se non completamente, ti mette al riparo dall’aria diretta senza essere troppo ingombran-te. Interessante e aggressiva anche la soluzione delle luci diurne al led, che dona alla moto un aspetto davvero particolare.

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e come va in fuoristradaE qui viene il bello! Non appena inforchi la prima strada sterrata ti si apre un altro mondo. Per curiosità e istinto mi fermo immediatamente a togliere, tramite il computer di bordo, tutte le li-mitazioni elettroniche sia sulla trazione che sulla frenata. Ho già avuto esperienze in passato con l’ABS inserito sullo sterrato e la sensazione è stata a dir poco spiacevole, ma anche in questo caso ho capito, dopo poco, che è un altro mito da sfatare. La gestione dell’erogazione, nono-stante i 150 cavalli è stranamente semplice, grazie soprattutto al ride by wire che consente una precisione millimetrica dell’apertura del gas. L’Adventure R si destreggia con una discreta agilità anche nei tornanti più stretti, diventa fin leggera in alcune situazioni, ma non bisogna MAI dimenticare di essere a bordo di un mezzo da 235 kg di peso. La semplicità di manovra porta molto velocemente ad aumentare la confidenza e la velocità, ma bisogna tenere sempre bene in mente che poi quei chili sono tutti da fermare. La guida da seduto è comoda e ben posizionata, si ha una buona visibilità sulla traiettoria scelta e il serbatoio non è eccessivamente ingombrante.

L’Adventure R si destreggia con una discreta agilità anche nei tornanti più stretti, diventa fin leggera in alcune situazioni, ma non bisogna MAI dimenticare di essere a bordo di un mezzo da 235 kg di peso

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In piedi la posizione è invece limitata in parte dagli attacchi delle pedane poggiapiedi del pas-seggero che costringono le caviglie ad allargare quando si arretra verso il codino. La distanza pedane manubrio permette di mantenere una posizione comoda anche stando in piedi e si può stringere la sella con le gambe quasi come sulle migliori enduro specialistiche. Le leve di comando sono tutte comode e facili da aziona-re - la frizione con il sistema FCC è veramente morbida - e tutte regolabili di fino per trovare la migliore posizione per ogni esigenza. Anche in questo caso l’elettronica di questa moto svolge un ruolo determinante. I maghi delle centraline propongono un’inedita configurazione del trac-tion control definita Off road, che limita la poten-za a 100 cavalli, effetto simile alla configurazione Rain, ma in questo caso, lascia al pilota la pos-sibilità di derapare per un breve tratto, quanto basta per apprezzare la guida su sterrato sen-za perdere il controllo. Parimenti è stato svolto anche un grande lavoro sul controllo di frenata, per il quale viene proposto un nuovissimo set-taggio, anch’esso chiamato Off road, che azzera l’effetto ABS al posteriore, ma lo mantiene sulla ruota davanti. Ciò detto, selezionando in pochi passi, tramite il computer di bordo, entrambe le diciture Off road, è possibile ottenere il massimo del divertimento dalla guida in fuoristrada, con il minimo delle preoccupazioni e dei pericoli. E so-prattutto, per chi non ha molta confidenza con le derapate e ha pure un certo timore a sdraiare la propria moto da 235 Kg, è la soluzione perfetta a queste problematiche. Puoi sgommare e dera-pare senza mai doverti preoccupare di perdere il controllo... e chi non lo vorrebbe!

KTM 1190 Adventure R 14.970 €

Tempi: 4Cilindri: 2

Cilindrata: 1195 ccDisposizione cilindri: a V di 75°

Raffreddamento: a liquidoAvviamento: E

Potenza: 150 cv (110 kW) / 9500 giriCoppia: 125 Nm / 7500 giri

Marce: 6Freni: DD-D

Misure freni: 320-267 mmMisure cerchi (ant./post.): 21’’ / 18’’Normativa antinquinamento: Euro 3

Peso: 217 kgAltezza sella: 890 mm

Capacità serbatoio: 23 lSegmento: Enduro Stradale

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Casco LS2Occhiali ThorGiacca Rev’it

Pantaloni Rev’itGuanti DaineseStivali Dainese

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Ducati sorride…Dopo l’esordio all’eicma 2011, umberto Borile ha presentato a milano la sua B450 Scrambler realizzata con l’amichevole beneplacito di Ducati. ci abbiamo fatto un bel giro, e per un po’ siamo ritornati agli anni settantadi Maurizio Tanca

Prova ScramBler

Borile B450 Scrambler Prezzo 12.500 € circa

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I l suono dello scarico della Borile B450 Scrambler l’avevamo ascoltato in un video diffuso recentemente dall’ar-tigiano padovano. Un rombo tonico, tipico di un monocilindrico con il silen-ziatore non propriamente soffocato,

che però porta indietro ai tempi in cui le Ducati Scrambler – 250, 350 e 450 – erano piuttosto diffuse. Moto che oggi sono peraltro piutto-sto ricercate e quotate sul mercato del vintage d’autore. Sior Umberto (Borile, ovviamente) l’a-veva in mente da un po’, quell’idea di rifare una scrambler ispirata a quelle Ducati agili e leggere nate per il mercato USA. Fu infatti la Berliner Mo-tor Corporation, nella persona del lungimirante Michael Berliner, influente importatore ame-ricano di Ducati, a chiedere all’ingegner Fabio Taglioni una motoleggera monocilindrica strada-le, che potesse anche essere utilizzata su terra

battuta, magari per correre nelle famose gare di dirt track che furoreggiavano negli States. Berli-ner, tanto per chiarire, era uno che nel ’64 si po-teva permettere il vezzo di far costruire a Ducati una lussuosa GT con un inedito 4 cilindri a V da 1.260 di cilindrata e un centinaio di cavalli, con la forte convinzione di poter contrastare l’Harley-Davidson. La moto, denominata Apollo in onore al programma spaziale americano, venne in ef-fetti realizzata: peccato però che in quel perio-do la Ducati fosse un’azienda a partecipazione statale e, poiché il governo decise che i costi di produzione di una moto del genere non fossero giustificabili, l’ambizioso progetto andò a farsi benedire.

Scrambler storyTornando alla genesi della Ducati Scrambler, la prima versione prodotta aveva un motore da

100 cc, ma verso la fine del decennio l’ingegner Taglioni decise di salire di cilindrata, creando addirittura tre versioni gemelle di quel modello che presto divenne un successo, con cilindra-te di 250, 350 e 450 e potenze quasi analoghe: 25 cv la più piccola, 27 cv le altre due, con pesi rispettivamente di 140, 134 e 145 kg. Potenze che oggi faranno anche sorridere, ma le Scram-bler erano vincenti per la loro piacevole coppia (specie la 450, della quale gli ultimi 40 esemplari vennero prodotti nel 1976) e per la loro legge-rezza. Da notare che queste moto non sono mai uscite dalle catene di montaggio con testate de-smodromiche; tuttavia - come ci ha raccontato il nostro enciclopedico Massimo Clarke - la Casa dava la facoltà ai concessionari di montarle su richiesta del cliente, spendendo una cifra com-presa tra le 30.000 e le 40.000 lire (leggi 15/20

euro!). Leggerezza, dicevamo, che è un po’ il pallino di Umberto Borile. E che ovviamente do-veva essere il principale punto di forza della sua Scrambler. Che però non poteva essere ispirata alla omonima monocilindrica Ducati senza avere nulla di una Ducati. Tipo il motore, per esempio, o una parte di esso. A Borgo Panigale è da un po’ che i mono sono fuori moda: l’ultimo fu il mera-viglioso Supermono da corsa costruito tra il ’93 e il ’97 in soli 65 esemplari. Però… la termica di un cilindro made in Borgo Panigale raffreddato ad aria sarebbe stata perfetta… Detto fatto: at-traverso un suo disegno, Borile ha raccontato il suo sogno all’amico Gabriele Del Torchio, gran capo di Ducati (oggi deputato alla difficile gestio-ne di Alitalia), su come avrebbe voluto realizza-re il suo omaggio alla mitica Ducati Scrambler. E Del Torchio ha acconsentito con entusiasmo,

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con la promessa, da parte di Borile, che i primi a provare la B450 Scrambler sarebbero stati lui e i suoi collaboratori. E così è stato, e con un certo entusiasmo da parte degli elementi più viscerali dello stabilimento bolognese. Insomma, lo scor-so 16 aprile si è tenuto a Milano un brindisi di pre-sentazione della prima B450 Scrambler quasi definitiva, alla presenza di numerosissimi appas-sionati e personaggi del settore. La festicciola si è tenuta allo Spazio Acquadimare di Via San Gallo, base operativa della famiglia Bassi, che da un paio d’anni condivide entusiasticamente con Umberto Borile la sua avventura di artigia-no della moto. Con entusiasmo, e anche con un certo successo, se consideriamo che dell’ultra-leggera, simpaticissima Multiuso 230 sono stati venduti 100 esemplari dallo scorso ottobre ad

oggi e, scusate se è poco, di questi tempi e con una capacità produttiva non certo impostata per numeri elevati.

costruzione artigianaleLa nuova Scrambler Made in Vo’ Euganeo (Pa-dova) è più che evidentemente – e giustamente - ispirata all’antenata bolognese. Ha un telaio mo-notrave in alluminio a culla chiusa, con forcellone a bracci tondi e, nella versione definitiva, monte-rà un avantreno esteticamente uguale a quello che vedete, ma con forcella Marzocchi e nuove piastre con avanzamento differente dall’attua-le, come diversi saranno i freni, sempre a disco naturalmente. Confermati gli ammortizzatori Bitubo che vedete nelle foto, tarati però un po’ più generosamente, a favore dei fondoschiena di

chi sta in sella. Quanto alle ruote, i cerchi sono da 19” davanti e 18” dietro, equipaggiate con pneu-matici Mitas 07 da 100/90 e 130/80. Il motore B450 monta dunque cilindro e testa posteriori di un Ducati 1100, quindi con raffreddamento ad aria e distribuzione desmodromica a due valvole azionata da cinghia dentata. Invariato l’alesaggio di 98 mm, cambia invece la corsa, ridotta da 71,5 a 60 mm, per ottenere una cilindrata effettiva di 452,6 cc, ed è presente anche un contralbero di bilanciamento. Si tratta dunque di un motore a corsa corta, quindi propenso a girare alto, ma dotato di masse volaniche abbastanza grandi per favorire la coppia. Questo motore è stato realizzato con la preziosissima collaborazione di Francesco Villa, fratello del grande Walter, 4 volte campione del mondo della 250 e 350 in

sella alle ottime Aermacchi/Harley–Davidson, scomparso nel 2002. «Uno che lavora ancora con il tecnigrafo e la fresa manuale, quando mi serve qualcosa corro da lui, e mi risolve tutti i problemi» racconta con ammirazione e affetto lo stesso Borile di Francesco, classe 1933, ex pilota di buon livello negli anni 50/60 oltre che tecnico sopraffino e costruttore delle note motociclette Villa. Naturalmente qui non si parla di carburato-ri, ma di iniezione elettronica digitale Weber-Ma-relli, con corpo farfallato da 40,5 mm di diame-tro. E la benzina arriva da un serbatoio da 9 litri piazzato sotto la sella, con tappo di rifornimento incastonato nel finto serbatoio, costituito da una lastra di alluminio sagomata che copre la scatola filtro, con le classiche guance cromate caratte-ristiche delle antenate Ducati. L’alimentazione è

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dunque anteriore, mentre il collettore di scarico scende all’indietro, terminando in un bel silenzia-tore cilindrico con terminale classicamente a fet-ta di salame, realizzato dalla mantovana Spark. Da notare che questo motore è anche dotato di cambio estraibile a 6 marce. Quanto alla stru-mentazione, l’ambiziosissimo cruscotto digitale che potete vedere in foto (con la simpatica rac-comandazione Vai piano Umbe inserita dall’e-lettronico Giuseppe Guerra) è naturalmente provvisorio: il definitivo sarà infatti sostituito da una coppia di strumenti analogici stile vintage, decisamente molto più in linea con questa moto.

Su per i colliIl giorno seguente il simpatico aperitivo a base di salame, formaggio, cioccolato e vinello, in-somma, eccomi presente all’appello dalla con-cessionaria Factory Bike di Albiate, poco distan-te dall’autodromo di Monza, dove Umberto e

signora, assieme a Simon Green, che cura l’im-magine di Borile all’estero, al giovane Alberto Bassi – appassionato motociclista ed Ammini-stratore della Umberto Borile & Co srl – mi atten-devano con in mano la chiave della B450 Scram-bler pronta per l’uso. Un prototipo avanzato, soggetto ad ulteriori affinamenti, ma comunque interessante per farsi un’idea di quella che pre-sto sarà la versione pronta per la produzione: il che, se tutto andasse per il verso giusto, e i for-nitori consegnassero per tempo il materiale per realizzare i 200 pezzi previsti, potrebbe anche avvenire verso la fine dell’estate, a un prezzo non ancora stabilito al centesimo, ma che dovrebbe aggirarsi sui 12.500 euro.

elettronica«Il motore al momento soffre di una noiosa man-canza elettronica sui 2.000 giri, che ovviamente è destinata a sparire» si scusa Umberto Borile,

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soggiungendo: «con questo evento volevamo far vedere che la moto c’è, che esiste, ed entro un mesetto sarà perfetta» prima di affidarmi la Scrambler-laboratorio per un giro sulle piacevoli collinette brianzole. Il nuovo mono semi-Ducati prende vita allegramente non appena premuto il pulsantino, e risponde alla minima rotazione della manopola del gas (dolcissimo come un ride-by-wire) con la verve di un motore da cor-sa. E con una voce allo scarico decisamente in linea con lo stile anni sessanta: corposa, tonica, decisamente… difficile da omologare. Vedremo in seguito come si risolverà la questione sound: qui Umberto teneva a farci entrare per benino nell’anima della sua Scrambler, che attualmen-te gira a 8.200, ma tagliati dal limitatore, perché l’obiettivo è a quota 9.000. Come cavalleria, il prototipo è a quota 40 cv alla ruota, destinati a

Il nuovo mono semi-Ducati prende vita allegramente non appena premuto il pulsantino, e risponde alla minima rotazione della manopola del gas con la verve di un motore da corsa

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diventare 45 nella versione definitiva. Frizione morbida, gas, come già detto, dolcissimo, dentro la prima di un cambio dall’escursione lunghetta, ma tanto dolce e silenzioso da sfidare la sensi-bilità di chi guida, e via. Posizione in sella natu-ralissima, angolo di sterzata più che buono per muoversi nel traffico, la B450 Scrambler – sem-brerà un’ovvietà, ma è così – con i suoi 130 chili è leggera come uno scooterino leggero. Certo, le ruote sono abbastanza alte, scatta un minimo di adattamento alle gomme Mitas semi-tassellate, si cerca di guidare al di sopra del “buco di car-burazione”, ma la moto comunque è divertente, spinge bene ai medi regimi e sembra propensa a notevoli allunghi, che però è difficile provare con tranquillità su queste strade, belle ma sempre un po’ trafficate. La B450, insomma, è vivace ed agi-le, in questa configurazione frena discretamente bene, e tutto sommato vibra meno di quanto mi aspettassi: anzi, sulla pedane non si avvertono vibrazioni, mentre sul manubrio si fanno sentire – a memoria mia – forse un po’ più che sul vec-chio Scrambler bolognese. Bene, ora aspettiamo la versione definitiva di questa bella replica di una celebre Ducati, consci del fatto che stiamo parlando di una moto, molto di nicchia, creata da un appassionato artigiano che, cosa assolu-tamente rara, si è occupato di realizzarne anche il motore. E che, giocoforza, costerà circa 12.500 euro. Una cifra, per così dire, da amatori.

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Borile B 450 Scrambler 12.500 €

Tempi: 4Cilindri: 1Cilindrata: 452.6 ccDisposizione cilindri: VerticaleRaffreddamento: ad ariaAvviamento: EPotenza: 27 cvMarce: 6Misure cerchi (ant./post.): 19’’ / 18’’Peso: 130 kgCapacità serbatoio: 9 lSegmento: Altro

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Prova Bridgestone T30 Turismo per sport di Francesco Paolillo | Nella famiglia Battlax, la gamma premium del costruttore giapponese, entra il nuovo pneumatico T30. Prende il posto del BT-023 ed è un touring con interessanti qualità sportive

L a lettera T sta naturalmente per Tou-ring. Scelta fatta da Bridgestone per in-dicare il posizionamento in una specifi-ca categoria: tutti i suoi nuovi modelli

di pneumatici hanno una lettera che ne indica il posizionamento all’interno della gamma, seguita da un codice numerico. Quindi la lettera S iden-tifica la categoria Sport e R i modelli Racing. Il nuovo Battlax T30 è stato disegnato e progettato

per migliorare le caratteristiche di guida dei pre-cedenti e noti BT-023, montati di primo equipag-giamento su diverse moto giapponesi, e questo è avvenuto attraverso una ridefinizione completa sia delle mescole sia del disegno del battistrada e con una riprogettazione delle carcasse. Partiamo dal disegno che è anche la prima caratteristica che viene notata. Rispetto ai precedenti BT-023, i nuovi T30 appaiono decisamente meno scolpiti;

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il rapporto vuoto pieno, tra battistrada e intagli, indica che le ultime gomme arrivate garantisco-no maggior impronta a terra, soprattutto sulla spalla. Il che dovrebbe incrementare le doti di tenuta ai massimi angoli di piega. Diversi anche i disegni degli intagli, con la particolare forma definita T-cross, per il pneumatico anteriore, e swirled-shaped per il posteriore. Questi partico-lari disegni, uniti alla mescola che nasce dalla innovativa tecnologia NanoPro-Tech™e che ha portato allo sviluppo di nuovi polimeri denomina-ti RC, a detta dei tecnici che si sono avvalsi della tecnica di simulazione Fine Elements garantisce un miglioramento delle prestazioni sia su asfalto asciutto che su quello bagnato. Anche le carat-teristiche di guidabilità, hanno fatto un passo in avanti rispetto ai BT-023, più rapidi a scendere in piega, più confortevoli sullo sconnesso e con capacità di adattamento superiori, i nuovi T30 ci hanno convinto durante il lungo test che abbia-mo effettuato.

la prova su stradaAbbiamo provato le nuove Bridgestone Battlax T30 montandole su una Honda CBR 600F, moto che in primo equipaggiamento utilizza le Batt-lax BT-012, e le impressioni generali sono state davvero ottime. La variabilità del meteo che ha caratterizzato le settimane di utilizzo delle T30 ci ha permesso di saggiarne le capacità in svariate condizioni di uso. Dalle temperature moderata-mente rigide e asfalto umido, fino alle giornate assolate con asfalto caldo e invitante (per le pie-ghe…). Il grip offerto dalle T30 è sempre stato ele-vato, con una costanza di rendimento ottimale, in linea con le caratteristiche che un pneumatico Sport Touring deve garantire (ovvero uniformità di comportamento nelle più svariate condizioni d’uso). Anche in presenza di asfalto allagato le capacità di drenaggio ci sono apparse ottime, mentre l’aderenza è sempre stata più che ade-guata. Rare le perdite di aderenza, anche quando

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volute attraverso l’utilizzo sconsiderato del gas, e comunque ben controllate grazie alla progressi-vità di comportamento dimostrata dal pneuma-tico. Sull’asciutto, il T30 si è distinto oltre che per il confort, incassando bene le sconnessioni degli asfalti reduci da un lungo inverno, soprattutto per le ottime caratteristiche di stabilità, sia sul dritto che sui curvoni in appoggio. La facilità con cui riesce a filtrare le asperità, grazie anche a una carcassa anteriore non particolarmente rigida, ha come rovescio della medaglia la tendenza a una lieve autoraddrizzamento quando si frena a moto inclinata. La deformazione della carcassa, sotto la spinta del peso in frenata, è la probabile causa di questo effetto, che però, oltre a essere poco appariscente e non particolarmente fasti-dioso, certamente non va a inficiare un giudizio finale globale decisamente più che buono.

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Battlax T30 anteriore110/70R17 54WTL110/80R18 58WTL110/80R19 59WTL120/60R17 55WTL120/70R17 58WTL120/70R18 59WTL

Battlax T30 posteriore150/70R17 69WTL160/60R17 69WTL160/60R18 70WTL160/70R17 73WTL170/60R17 72WTL180/55R17 73WTL190/50R17 73WTL190/55R17 75WTL

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Era il 2003: EICMA pullula di novità di Maurizio Tanca | Dieci anni fa, il celebre Salone motociclistico milanese fu un concentrato di idee e di nuovi modelli. Una vetrina che lasciava presagire un 2004 in crescita, come poi in effetti avvenne. Soprattutto per le moto

E ICMA acronimo di “Esposizione In-ternazionale Ciclo Motociclo e Ac-cessori”. Una manifestazione che nel maggio del 2014 celebrerà non

propriamente il suo centesimo complean-no, ma comunque il secolo esatto dalla prima edizione, che vide la luce proprio il 3 maggio del 1914 come “Salone del Ciclo e Motociclo”, all’in-terno dell’allora Kursaal Diana di viale Piave, a Milano, oggi hotel di lusso inglobato nella catena

Sheraton. Tra poco più di un anno, insomma, si svolgerà la 72esima edizione del “nostro” Salo-ne, un appuntamento imperdibile per tutti gli ap-passionati, la cui cadenza annuale venne istituita dal 1925 al 1941 e dal 1946 al 1957: dopodiché il mercato dell’auto in forte crescita causò la crisi di quello motociclistico, costringendo gli orga-nizzatori a saltare l’edizione del 1958 e deciderne poi la cadenza biennale, mantenuta fino al 1998, in alternanza con i Saloni tedeschi di Colonia,

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Monaco e di nuovo Colonia. Da notare che dal 1939 al ‘93 l’importante manifestazione (ospi-tata nei padiglioni della Fiera di Milano dal 1952 al 2004, e trasferitasi l’anno seguente nei nuovo polo espositivo di Milano-Rho) si tenne nei mesi di novembre/dicembre, per anticiparla al mese settembre dal ’94 al 2004, e tornare nel 2005 all’appuntamento novembrino. Nella fattispe-cie dal 7 al 10, per quanto riguarda l’edizione di quest’anno, la 71esima. Iniziamo dunque a esplo-rare un po’ di storia dell’industria motociclistica internazionale, partendo dall’EICMA tenutosi dal 16 al 19 settembre del 2003. Dieci anni esatti (al prossimo novembre), durante i quali il mondo è cambiato parecchio, e certamente non sempre in positivo. Ma come fu, l’EICMA 2003? C’era-no tante novità? Quali furono le più importanti? E come andarono le vendite, l’anno seguente?

L’EICMA 2003 fu decisamente un Salone friz-zante, con tante novità di spicco, sia a livello di idee (leggi prototipi e concept bike) che di mezzi fatti e finiti, pronti per la stagione 2004. Vedia-molo.

Tante belle idee...Aprilia, allora ancora di proprietà di Ivano Beggio, presentò a sorpresa un prototipo di maxi-scoo-ter davvero rivoluzionario. Si chiamava Leonardo SR500 Ditech e montava un evolutissimo moto-re monocilindrico a 2 tempi, il Ditech, appunto, accreditato di ben 50 cavalli, con una coppia di 6,6 kgm a 6.000 giri: un mostriciattolo da 12,5 secondi sui 400 metri da fermo, con una velocità di 170 km/h, e con trasmissione finale a cinghia dentata esterna. Ma il pregio maggiore di questo formidabile (almeno sulla carta) motore era la

Aprilia Leonardo 500 Ditech Gilera Ferro 850

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sua ridottissima capacità inquinante, visto che Aprilia dichiarava un consumo di addirittura 34 km/l viaggiando a 110 km/h costanti, con un’au-tonomia di ben 450 km! E con un consumo d’olio parimenti irrisorio…Purtroppo, però, sui motori a due tempi iniziavano ad addensarsi nuvole scu-re, e questo progetto rimase nel cassetto, appli-cando la tecnologia Ditech ai motori per gli sco-oterini da 50 cc. Altra sorpresa fu la Gilera Ferro 850, bella naked automatica disegnata dallo Studio Marabese, spinta da un bicilindrico a V di 90° da 85 cv. Un progetto intrigante, la Ferro,che rimase nel limbo fino al 2008, per ricompari-re con le sembianze dell’Aprilia Mana 850 nel 2008. Ma quel motore venne usato già dal 2006 per lanciare lo scooter più potente del mondo: il Gilera GP800, appaiato lo scorso anno dal “cu-gino” Aprilia SRV850. Altro concept apparso a

sorpresa ai visitatori di EICMA 2003, ma mai concretizzato, era il futuristico scooter Honda Tamago, (“uovo”, in giapponese), un prototipo a ruote alte sviluppato al reparto R&D Honda romano basato su ciclistica SH150, e caratte-rizzato dal voluminoso contenitore da ben 65 litri di capacità piazzato tra le gambe del pilota. Anche la Kawasaki si sbizzarrì con una futuri-stica concept bike degna del giudice Dredd di “Stalloniana” memoria: la carenatissima sport-tourer ZZR-X, dalle linee studiate per integrare perfettamente moto e pilota, godeva di assetto guida regolabile, spoiler laterali ad apertura va-riabile e freni a disco interni alle ruote lenticolari. Decisamente eclatante - specie per i numerosi aficionados del marchio vicentino, acquista-to tre anni prima da Ivano Beggio - la compar-sa di quella che Aprilia aveva pensato come la

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Laverda SFC1000 degli anni duemila. Natural-mente colorata di arancione. Questa intrigante supersportiva montava chiaramente il validissi-mo bicilindrico Aprilia/Rotax a V di 60° “estrat-to” dalla RSV1000, con oltre 140 cv e quasi 11 kgm di coppia a 7.500 giri. Purtroppo (di nuovo), la cosa finì li. Altro storico marchio italiano, rilan-ciato dall’industriale bresciano Roberto Ziletti nel 1999, la nuova Mondial era ancora in attività alla fine del 2003, tant’è che all’EICMA presentò la versione EVO - con sospensioni Öhlins, cambio ravvicinato e svariati particolari di pregio - della Piega 1000, l’ambiziosa superbike stradale che beneficiava addirittura dell’ottimo bicilindrico della Honda VTR-SP2 (nota anche come RC51, ovvero la moto che Colin Edwards portò al ti-tolo mondiale Superbike nel 2002): un privile-gio più unico che raro, che Honda accordò al

Conte Boselli - nipote del fondatore della Mondial e in società con lo stesso Ziletti nell’operazione di rilancio di cui sopra - il cui nonno nel 1957 aveva fornito a Soichiro Honda una delle Mon-dial da corsa fresche del mondiale 125 e 250, dando virtualmente inizio alla storia agonistica della Casa giapponese. Ma oltre alla EVO, Mon-dial quell’anno presentò anche una interessante versione naked della Piega 1000: la RZ Nuda, una belvetta da 140 cv e 178 kg col telaio a traliccio e il motore in bella mostra, una coppia di faretti po-lielissoidali anteriori, gran sfoggio di carbonio ed Ergal e tutto ciò che serviva per allettare i palati fini. Non solo: alla Nuda venne affiancata l’ancor più sofisticata ed esclusiva Starfighter RZ, pre-sentata come prototipo ma tuttavia già quotata sui 25.000 euro. Purtroppo, però, queste moto non ebbero futuro, visto che Ziletti dichiarò

Laverda SFC1000 Mondial RZ1000 Streetfighter

Retrospettiva

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fallimento a metà del 2004. Interessante anche il prototipo Yamaha MT-03, simpatica roadster spinta dal noto monocilindrico Minarelli-Yamaha 660, con doppio scarico sotto la sella e ammor-tizzatore posteriore coreograficamente siste-mato sulla destra del motore stesso, in posizio-ne praticamente orizzontale. In questo caso, la MT-03 venne presentata in versione definitiva, praticamente uguale al prototipo, all’EICMA del 2005, e messa in vendita un paio di mesi dopo. le vere novità per il 2004Vediamole, in ordine alfabetico, iniziando ovvia-mente da Aprilia. A questa edizione di EICMA da Noale arrivò un nuovo motore, il compattissimo 45.V2 realizzato dall’ingegner Ampelio Macchi. Si trattava di un raffinato bicilindrico a V di 77° che girava a 14.000 giri e pesava solo 34 kg, e che dal 2005 avrebbe equipaggiato, nelle versio-ni 450 e 550, le prime motard bicilindriche mai

costruite (le sofisticatissime SXV) e le enduro RXV, oltre all’ostica MXV 450 da motocross. Un motore da corsa, praticamente, che purtroppo le vicissitudini di Aprilia impedirono di sviluppare anche per il normale utilizzo stradale, decretan-do presto la fine di queste moto ambiziosissime.

BenelliDieci anni fa, lo storico marchio pesarese era an-cora proprietà di Andrea Merloni, che nel 2003 aveva finalmente messo in produzione la sua ambiziosa tricilindrica sportiva Tornado Nove-cento Tre, della quale al Salone settembrino ap-parve la versione RS. Ovviamente era più ricca come dotazione tecnica, con il motore da 898 cc potenziato a 142 cv, e con frizione antisaltel-lamento dall’intervento regolabile.BmWNulla di veramente eclatante dalla Casa ba-varese, che per il suo 80° compleanno volle

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gratificare (forse) gli amanti del mondo custom/cruiser, segmento in cui aveva esordito nel 1997: allo stand svettava infatti la certamente originale versione Montauk della nota R1200C, natural-mente con motore boxer a doppia accensione, un piacevole doppio faro in verticale, e una for-cella (rigorosamente abbinata al Telelever) che in Harley avrebbero definito “wide glide”, per via degli steli distanti tra loro tanto da poter ospitare un largo pneumatico da 150/80x16”, abbinato al 170/80x15” posteriore.

cagiva GroupAnche Claudio Castiglioni festeggiava il 25° an-niversario della sua Azienda, svelando la spe-ciale versione X3 della grintosissima Raptor 1000 motorizza Suzuki V2, disegnata da Miguel Galluzzi. Inoltre venne annunciata la volontà di produrre (cosa che però poi non accadde) 25 repliche della famosa GP500 C594, che

quell’anno arrivò terza nel mondiale con lo scontroso quanto veloce John Kocinski. Prezzo dichiarato: 125.000 euro. Intanto Husqvarna, allora inglobata nel gruppo industriale varesino, approfittava dell’importante palco milanese per festeggiare addirittura i suoi primi 100 anni con la splendida 510 Centennial (500 pezzi, prezzo oltre 18.000 euro!), DucatiSorprese un po’ tutti l’arrivo della ST3, la terza versione della valida Sport Touring che non rap-presentava solamente un restyling delle prece-denti, ma soprattutto la vetrina per l’inedito mo-tore a 3 valvole per cilindro raffreddato a liquido, con doppia accensione e catalizzatore, proget-tato con occhio particolarmente ecologico, visto che si iniziava a parlare di Euro 3. Un motore che alla prova dei fatti ci impressionò molto per la sua piacevolezza d’uso e per le sue prestazioni più

Benelli Tornado RS

BMW R1200C MONTAUK

Retrospettiva

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che soddisfacenti: grazie ai suoi 102 cv dichiarati a 8.750 giri (la coppia era di 9,5 kgm a 7.250), la moto superava infatti abbastanza facilmente i 250 orari indicati, come rilevammo durante il test in Spagna. Ma a Borgo Panigale in effetti, non credevano molto in questa versione del loro motore prediletto, che ritenevano una mosca bianca per Ducati. La ST3 andò in produzione, ma quel motore è rimasto il primo, e a tutt’oggi l’unico “3 valvole” del marchio bolognese.

Honda e KawasakiI due colossi nipponici catalizzavano invece l’attenzione degli appassionati rivoluzionando completamente le loro punte di diamante su-pesrportive, e organizzandone oltretutto il lancio ufficiale, in entrambi i casi negli Stati Uniti (ri-spettivamente sui circuiti di Phoenix e Homeste-ad – Miami), proprio in contemporanea col ver-nissage milanese. Sia la CBR1000RR Fireblade da 172 cv – che attingeva dichiaratamente ispira-zione dalla formidabile MotoGP RC211V 1000 a 5 cilindri - che la “ignorantissima”, arrapante Ninja ZX10R da 175 cv, segnarono una netta svolta tecnica per entrambe le Case giapponesi, in un

periodo in cui le superbike stradali stazionava-no nella zona alta delle classifiche di vendita: nel 2004, infatti, le Fireblade 900 e 1000 - accomu-nate in classifica - figuravano infatti al 5° posto assoluto (tra le moto, naturalmente) con 4.809 pezzi, e della nuova ZX-10R, diciannovesima assoluta ma seconda tra le supersportive da un litro di cilindrata, si immatricolarono 1.823 esem-plari. Ma Kawasaki lanciò il classico sasso nello stagno anche nel segmento naked, lanciando non una nuova Z600, come la moda allora prati-camente imponeva e francamente tutti si atten-devano, bensì una valida 750 ispirata alla Z1000, quindi con motore a 4 cilindri e a iniezione. E ci azzeccarono alla grande, visto che la Z750 a fine 2004 figurava quarta assoluta nelle vendite, con 5.870 immatricolazioni. Ma da Akashi stupirono anche i cultori del mondo custom e contempo-raneamente quelli dei motori bicilindrici, presen-tando la VN2000, dotata di un V2 da 2.054 cc, subito decretata regina della categoria cruiser/custom a due pistoni.

HyosungDa sottolineare anche l’esordio milanese di due

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inedite medie cilindrate proposte dalla sud- coreana Hyosung, condividenti il medesimo mo-tore bicilindrico a L di 90° raffreddato a liquido e con testate bialbero ad 8 valvole, da 647 cc e 80 cv: la piacevole naked Comet GT – senza dub-bio ispirata alla omologa Suzuki SV, con la qua-le tuttavia non condivide nemmeno una vite - e la senz’altro originale cruiser Aquila. Due moto oggi ancora in listino, affiancate da altre versioni, anche di cilindrate differenti. Kymco, malaguti e SachsIn bella mostra la versione praticamente defini-tiva del maxiscooter Xciting 500, con un corpo-so motore monocilindrico da 43 cv dichiarati, e forcella motociclistica a doppia piastra. Esordio dunque parallelo a quello dell’omologo scoote-rone GT della nostra (purtroppo defunta) Mala-guti: il corpulento e confortevole Spyder Max dal voluminoso “bagagliaio” sottosella trasversale, spinto dal tetragono monocilindrico Piaggio Ma-ster 460 a iniezione da 39 cv incastonato in un solidissimo telaio pressofuso in alluminio, anche qui con forcella a doppia piastra, ma con ruote

da 16”. Ma allo stand del Costruttore bolognese ricompariva anche il mitico “tubone” Fifty 50, in livrea nera ed oro, naturalmente con motore a 2T con o senza cambio, sella scamosciata ad un posto e mezzo, freni a disco e marmittino ad espansione. Aria di nostalgia, quindi, condivisa con lo storico marchio tedesco Sachs, che inter-pretava il “tubone” a modo suo presentando un estrosissimo giocattolo denominato Mad Ass, dotato di un cinquantino a 4 tempi con cilindro orizzontale a 4 marce. Tra l’altro, nel marzo suc-cessivo Sachs stupì ulteriormente tutta la stam-pa specializzata, invitata a provare il Mad Ass (“culo pazzo”, per la cronaca) in un luogo che definire “suggestivo” è riduttivo: una miniera di sale a 700 metri di profondità, nei pressi di Lip-sia, trasformata praticamente in un grande par-co di divertimenti/labirinto sotterraneo!

KTmAltro importante debutto, all’EICMA 2003, fu quello della sempre più attiva KTM nel mon-do delle maxi-naked stradali, seppur con net-to anticipo sui tempi di industrializzazione e

Honda CBR1000RR

KTM Superduke 990

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consegna. Stiamo parlando della arrabbiatissi-ma 990 Duke, col motore LC8 bicilindrico a inie-zione a cubatura “piena” di 999,8 cc, che però venne commercializzato nel 2005. Una moto incredibilmente divertente, anticipata però sul mercato dalla non meno esaltante motardona SM950 col motore a carburatori delle maxi Ad-venture, il cui prototipo in effetti era stato espo-sto all’EICMA del 2002.

moto GuzziE a Mandello, che aria tirava? Beh, nel settem-bre 2003 Moto Guzzi presentò a Milano la bella Breva 1100, progenitrice di una nuova generazio-ne di maxi da diporto. Una moto ambiziosa, che vantava l’esclusivo “cardano reattivo compatto” CA.R.C., che riduceva al minimo i saltellamenti e l’effetto sollevamento posteriore in accelerazio-ne. E sotto il cui grosso serbatoio batteva natu-ralmente il mitico V2 Guzzi a 90° con testate a 2 valvole per cilindro - con 84 cv a 7.800 giri e 8,8 kgm di coppia a 6.000 - con coppa dell’olio

e alternatore nuovi e alleggerimenti interni, in particolare a bielle e pistoni, per ridurre le iner-zie e godere di maggior prontezza. Quanto alla interessantissima Griso 1100, presentata l’anno prima all’Intermot di Monaco, venne riproposta anche a Milano, ma si dovette attendere fino a metà 2005 per vederla dai concessionari. Piace-vole anche la versione “Coppa Italia” della naked sportiva V11, in livrea tricolore per celebrare la sua partecipazione - con tanto di kit di racing di derivazione MGS-01 - al Campionato Italiano Na-ked allora in vigore.

mv agustaMa non furono solo le Case giapponesi a creare scalpore con le loro nuove superbike stradali: la stessa MV Agusta espose alla gran kermesse milanese l’attesa F41000S, sorella gemella della 750 ma con motore - sempre a 4 cilindri - da 952 cc, con 166 cv dichiarati a 11.000 giri e 192 kg di peso a secco. Moto chiaramente ammiratissima della quale, manco a dirlo, era già stata allestita

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una preziosa versione speciale da 40.000 euro, con aspirazione a geometria variabile, compo-nentistica di alto livello e ben 180 cv: la F4 1000 Tamburini, che sarebbe stata realizzata in 300 esemplari, in evidente omaggio a uno dei nostri più celebri “cervelli” motociclistici, papà della Ducati 916 e di tante altre magnifica motociclet-te Ducati ed MV: Massimo Tamburini, appunto. Gruppo PiaggioDa Pontedera arrivò al Salone il nuovo motore Quasar 250, un brillante monocilindrico da 22 cv discendente del già noto Leader, già dotato di ca-talizzatore e destinato ad equipaggiare svariate centinaia di migliaia di scooter, Piaggio e non, in giro per il mondo. Ma la vetrina Milanese segnò anche l’apparizione ufficiale dell’interessante Nexus 500, maxiscooter sportivo marchiato

Gilera che tuttavia era già in commercio da pochi mesi. Spinto anch’esso dal Master da 460 cc a iniezione elettronica da 40 cv, il Nexus godeva di una sospensione posteriore dotata di puntone per la regolare dell’altezza del retrotreno, e sfio-rava i 160 km/h. E l’anno seguente, con 2.973 esemplari immatricolati, si piazzò 31° in classifi-ca assoluta, e 11° tra gli scooter.

SuzukiSe Honda e Kawasaki avevano sfoderato due nuovi pezzi da novanta nel segmento superbike da un litro di cilindrata, Suzuki per la stagione 2004 si era invece dedicata al rilancio delle sue celebri supersport “piccole” (si fa per dire, natu-ralmente), ovvero le gemelline GSX-R600 e 750, strettamente ispirate all’ultima versione della 1000. Un vero cavallo di battaglia, la 750, per

Moto Guzzi Breva 1100

Suzuki GSX R600 e 750

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Suzuki, unico costruttore a credere fermamente in questa cilindrata nel segmento delle carenate coi mezzi manubri, fin dal lancio della mitica, leg-gerissima GSX-R750 del 1985, a lungo mattatri-ce nelle competizioni per derivate di serie. Ma nel 2003 arrivò anche l’attesissima Suzuki V-Strom 650, che sarebbe stata disponibile dal successi-vo mese di novembre al prezzo promozionale di pochissimo inferiore ai 7.000 euro (8.590 il prez-zo dell’attuale modello, con ABS). Praticamente identica alla 1000, dalla quale differiva solo per lo scarico a terminale singolo anziché doppio, quel-la che allora era l’unica antagonista dell’eterna Honda Transalp godette subito di un buon suc-cesso commerciale: nella classifica vendite del 2004, anno in cui il best seller fu la Honda Hornet 600 (9.725 immatricolazioni), la V-Strom risultò infatti la 14esima moto più venduta, con 2.074 esemplari immatricolati contro i 3.281 della stessa Transalp 650 (ottava assoluta).

TriumphQuanto al Made in England, e chiaramente allu-diamo a Triumph, il giustamente ambizioso Mr. John Bloor decise di stupire il mondo presentan-do la moto più “grossa” mai costruita in serie.E se in Kawasaki si erano illusi di aver appena conquistato il primato della maggior cubatu-ra con la VN2000, ecco arrivare a sorpresa da Hinckey l’incredibile Rocket III (denominazione mutuata dall’omonima BSA di 35 anni prima), mastodontica megacruiser da 320 kg spinta da un motorone a 3 cilindri longitudinale da 2.290 cc (763 cc per pistone!) con in corpo 140 cv, ma soprattutto con la stupefacente coppia massima di oltre 20 kgm a soli 2.500 giri (ma a 1.800 i kgm erano già 18)! Ben più in sordina, a questo punto, fu l’esor-dio della bella Thruxton 900, bella café ra-cer basata sulla Bonneville che segnava an-che l’aumento di cilindrata del “parallel twin”

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inglese da 790 a 865 cc, con alimentazione a car-buratori, ma con una settantina di cv dichiarati.

YamahaE concludiamo con i “3 diapason”, quindi Yama-ha, particolarmente prodiga di novità a Milano 2003. Al cui stand venne svelata anche la nuova R1: 172 cv per 172 kg per il rinnovato missile di Iwata, anch’essa dotata di un motore comple-tamente rivisto - sempre a 5 valvole per cilindro - e con l’inedito scarico doppio sotto al codino: a fine 2004 sarebbero stati 4.462 gli esemplari immatricolati (seppur comprendenti anche il modello uscente) della R1, settima moto più ven-duta in assoluto. Altra novità Yamaha all’esordio milanese, sebbene già provata dalla stampa po-che settimane prima, la completamente rinnova-ta FZ6 Fazer sarebbe arrivata ai concessionari a fine Salone al prezzo di 7.790 euro. Mentre la primavera successiva sarebbe stata commer-cializzata anche la versione naked. Entrambe le FZ6 erano caratterizzate da un inedito telaio in alluminio, pressofuso e senza saldature, e dal motore quadricilindrico da 600 cc derivato dalla supersport R6, depotenziato a 98 cv a 12.000 giri. Il bilancio commerciale 2004 sarà molto positivo per le due nuove “medie” di Iwata, accomunate

al 2° posto assoluto con ben 9.548 unità vendu-te (con buona prevalenza per la naked). Nuove anche le XT660R, enduro monocilindrica,e la supermotard “urbana” XT660X: quest’ultima fi-gurerà al 33° posto (1.185 immatricolazioni) nel consuntivo moto 2004, ribadendo il maggior in-teresse dell’utenza verso la categoria delle “en-duro modificate”: la XT660R, infatti, non com-parirà tra le prime 50 moto vendute quell’anno. Ma non finisce qui: al famosissimo Majesty 250, decano degli scooteroni Yamaha, si affiancava infatti il corpulento ed elegante 400, dotato di un robusto telaio bitrave in alluminio pressofuso ed acciaio. Anche il degno e logico anti-Burgman, che mon-tava un nuovo monocilindrico bialbero a 4 valvo-le da 34 cv alimentato ad iniezione, risultò molto ben accetto dal mercato, visto che a fine 2004, grazie alle 9.152 immatricolazioni, risultò 6° nella classifica vendite scooter, e 8° in assoluto, pro-prio davanti all’omologo Burgman. Tutto quanto sopra portò ad un consuntivo commercialeche al 31 dicembre 2004 registrò un aumento delle immatricolazioni di circa il 3,3% rispetto all’an-no precedente, grazie alle 17.112 moto vendute, mentre il settore scooter accusò un calo di 3.207 unità.

Triumph Rocket III

Yamaha YZF R1

Retrospettiva

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Novant’anni di BMW nelle competizionidi Edoardo Licciardello | Tutto è iniziato con la prima boxer del 1923, e un poco prima. In questi novant’anni BMW ha costruito tante moto famose. E anche parecchie moto da corsa. Dai record di velocità all’affermazione al TT, dalla Paris-Dakar all’attuale superbike

C i sono voluti la S1000RR e l’ingres-so ufficiale di BMW nel mondiale superbike per cancellare definitiva-mente l’immagine paciosa e un po’

imbellettata che la marca di Monaco si era tro-vata cucita addosso dopo tanti anni di eleganti, raffinate ma relativamente performanti moto da granturismo. Basta però scavare un po’ nella sua storia per scoprire come BMW abbia invece una lunga tradizione sportiva, con moto innovative e capaci di grandi successi in tutte le competizioni in cui si sono impegnate.

Gli inizi e la boxer r32Quest’anno ricorrono i novant’anni di BMW. Nel senso che la capostipite R32, la prima boxer, risale al 1923. In realtà la Bayerische Motoren Werke inizia a occuparsi di moto nel 1920, for-nendo i motori alla Victoria, produttrice di moto a Norimberga. Si tratta di bicilindri boxer 500 (siglati M2B15 e progettati da Martin Stolle), ma con disposizione longitudinale nel telaio, sche-ma che riprende l’esempio delle Douglas inglesi. Con questo motore, BMW realizza nel 1922 la sua moto, la Helios. Ma contemporaneamente

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Max Friz disegna la nuova moto BMW, quella con il boxer trasversale: la R32 che arriverà appunto nel 1923. Appena nata la boxer di Monaco si fa notare anche in ambito sportivo portando a ter-mine, al primo posto, la Mittenwalder Steig. Gara in salita che fa quindi registrare la prima vittoria di una moto BMW della storia. Già dal 1924, l’an-no successivo al suo arrivo, la R32 vince diverse gare e il titolo nazionale, dando il via a una se-rie di grandi successi. Nel 1926 arriva la prima vittoria internazionale alla britannica Sei Giorni di Buxton, all’epoca ritenuta la competizione fuoristradistica più impegnativa del mondo; e l’anno successivo la squadra BMW fa doppiet-ta alla Targa Florio. Nel 1929 inizia la storia dei record di velocità ad opera di Ernst Henne, che alla guida di una 750 boxer conquistò il primo di 76 primati collezionati nell’arco della sua carrie-ra: 216,75km/h, diventati ben 279,5 nel 1937 su una 500 con compressore volumetrico e care-natura integrale. Il record resistette 14 anni. Sul palcoscenico internazionale è la prima vittoria

al TT di un pilota non britannico, Georg Meier, a portare alla ribalta la BMW, che nel 1939 conqui-sta il Senior 500. Nel 1949 nasce il campionato del mondo velocità, da cui i piloti tedeschi sono però esclusi. BMW deve attendere la caduta del bando nel 1951(e rinunciare ai suoi propulsori ad alimentazione forzata vietati dal regolamen-to) per competere nel motomondiale. La RS54 boxer bialbero, con i suoi 45 cavalli per solo 130 kg di peso, diventa immediatamente popolare fra i piloti privati e frutta, in veste ufficiale, il se-condo posto nel mondiale 1956 a Walter Zeller. Nei vent’anni che vanno dal 1954 al 1974, BMW conquista con i suoi boxer ben 19 titoli piloti e 20 costruttori, oltre a 21 record mondiali di durata.

la prima Superbike si chiama r90SNon tutti lo sanno, ma il campionato AMA Su-perbike, considerato la culla delle moderne com-petizioni riservate alle derivate di serie, ha inco-ronato una BMW proprio al suo esordio. Oltre ai successi al TT della R90S, ad opera di Butenuth

Hernst Henne Record di velocità 1937

BMW R90S Reg Pridmore SBK AMA 1976

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ma soprattutto di quell’Helmut Dahne che ha detenuto per decenni il record motociclistico del Nordschleife, la maxi tedesca ha infatti spopola-to oltreoceano. Steve McLaughlin vinse la 200 miglia di Daytona, mentre Reg Pridmore - il padre di quel Jason impegnato per anni nella Superbike AMA e in diverse serie iridate - può vantare nel suo curriculum i primi tre titoli AMA Superbike della storia, il primo dei quali conquistato proprio con la R90S. Il pilota britannico, emigrato negli USA per correre, portò in gara le boxer BMW già dal 1972, ma solo con il riconoscimento ufficiale della categoria Superbike poté ambire al titolo nazionale. In squadra con McLaughlin dovette cedere al compagno la prima vittoria, a Daytona, ma si rifece già nella seconda prova, a Laguna Seca, e arrivò a conquistare il titolo a fine 1976 con una vittoria nell’ultima gara, a Riverside.

la leggenda della DakarIl passaggio alle ruote artigliate era già avvenuto nei primissimi anni Settanta con la R75/5 con cui Nachtmann, Tweesmann e Sheck (con il modello successivo) si aggiudicarono diversi titoli nazio-nali enduro, ma furono gli anni Ottanta a con-sacrare il marchio dell’elica fra le leggende del fuoristrada. Nel 1981 il francese Hubert Auriol si schierò al via della neonata Paris-Dakar in sella a una R80G/S, vincendo la competizione africana all’esordio. Impresa ripetuta poi nel 1983, prima di cedere il testimone a “Gastonnette” Rahier, che sul prototipo da 1000 cc portò a Monaco al-tre due vittorie nel rally più famoso del mondo, nel 1984 e 1985. Dopo gli anni del dominio giap-ponese, BMW tornò in forze alla Dakar con la monocilindrica F650 con cui Richard Sainct vin-se le edizioni del 1999 e 2000. La gara del 2000,

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in particolare, fu un vero e proprio en plein, con quattro BMW ai primi quattro posti. Più di recen-te, nel 2009, in sella alla monocilindrica G450X, Salminen è stato vice campione nel mondiale enduro. L’epopea delle monocilindriche ebbe anche un seguito stradale: il propulsore BMW sviluppato in collaborazione con l’austriaca Ro-tax trovò posto in una ciclistica Harris per le gare Supermono. La moto portata in gara dal team britannico Chrysalis si distinse vincendo tre vol-te di seguito il TT di categoria con Dave Morris.

il ritorno del BoxerForte della new wave che iniziava a pervadere la produzione tedesca, sul finire del secolo scorso il reparto corse BMW riprese quota. L’operazione partì un po’ in sordina, appoggiando indiretta-mente, almeno sulla carta, l’intraprendente Das

Boxer Team, guidato da quel “Berti” Hauser che quasi dieci anni dopo si sarebbe trovato a con-durre l’operazione BMW in superbike. A Monaco non ammetteranno mai il loro ruolo nell’attività sportiva della piccola squadra di Ingolstadt (il proprietario, ironia della sorte, lavorava al repar-to corse Audi) ma il semplice fatto che loro, e solo loro, avessero accesso alle funzionalità di map-patura della gestione elettronica delle centraline Bosch-Motronic montate sulle boxer utilizzate la dice lunga. La compagine esordì nel campio-nato tedesco endurance con una R1100GS (ave-te letto bene…) che seppe cogliere inaspettati successi nella serie nazionale. Nel 1997 il team allestì prima una R1100RS e poi una R1100S che figurò bene nella Pro-Thunder a Daytona (arrivò quarta) prima di mettersi in mostra nel mondiale endurance. E’ facile vedere in questa

Hubert Auriol Paris Dakar 1984 BMW Boxer Cup R1100S 2000

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esperienza la scintilla che ha portato la casa di Monaco a correre nella serie iridata con la spet-tacolare HP2 Sport ufficiale nel 2007. L’avven-tura ebbe un certo successo: dopo il debutto a Le Mans, la squadra composta da Markus Barth, Thomas Hinterreiter e Rico Penzkofer chiuse sedicesima assoluta e vincitrice della categoria Open, forte di quattro vittorie di classe. Sempre restando in tema HP, vale la pena segnalare le grandi prestazioni all’Erzberg Enduro della HP2 originale, che nella durissima classica del fuori-strada seppe farsi valere contro moto sulla carta ben più competitive.

i trofei monomarcaNel frattempo il bicilindrico contrapposto BMW aveva saputo ritagliarsi un ruolo di prestigio nel panorama internazionale grazie all’istituzione della Boxer Cup. Il campionato, disputato dal 2001 al 2004 come gara di contorno nelle pro-ve europee del motomondiale, ebbe un seguito fedele e di alto livello. Grazie alla partecipazione

di grandi nomi (Randy Mamola, Kevin Schwantz, Luca Cadalora, Stephane Mertens i primi che ci vengono in mente) furono tanti i gentlemen ri-ders che decisero di mettersi alla prova in sella alla R1100S da gara. Fra i nostri esponenti vale la pena di ricordare Alessandro Gramigni, ma soprattutto il plurivincitore Roberto Panichi e l’ex voce del Motomondiale Giulio Rangheri. Nel 2005 la serie venne sostituita con la Power Cup, basata sulla K1200R. L’esperimento durò però una sola stagione: BMW cancellò il trofeo già dall’anno successivo, ufficialmente a causa di costi troppo elevati per la gestione della stra-potente naked a quattro cilindri, rivelatasi anche troppo impegnativa nell’uso agonistico per un campionato di alto livello ma comunque a spic-cata matrice amatoriale.

la superbike attualeDopo diverse voci, e il prototipo a tre cilindri por-tato in pista da Luca Cadalora prima e da Garry McCoy poi che volevano l’ingresso di BMW nella

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neonata MotoGP, BMW sbalordì tutti con l’in-troduzione della S1000RR. La quattro cilindri in linea 1000 annunciava l’impegno nei campionati nazionali e mondiale riservati alle derivate di se-rie. Al via nel campionato 2009 con Troy Corser e Ruben Xaus, nel 2010 è arrivato il primo po-dio superbike grazie a Corser. Ma soprattutto quella del 2010 è stata la strepitosa stagione in Superstock di Ayrton Badovini, dominatore del campionato con nove vittorie su dieci prove. Nel 2011 Leon Haslam ha portato l’ipersportiva di Monaco (nel frattempo campionessa marche nel campionato tedesco superbike IDM) al quinto posto finale. Si è però dovuto attendere il 2012

per la prima vittoria iridata, ad opera del nostro Marco Melandri. Il ravennate non si è acconten-tato, collezionando sei primi posti nel Mondiale e tenendo aperta la lotta per il titolo fino al finale di stagione che lo ha visto chiudere al terzo posto. Risultato comunque positivo echeggiato dalla doppietta fatta registrare nel campionato dome-stico, in cui la S1000RR ha conquistato tanto il titolo piloti quanto quello costruttori. Il mondiale SBK 2013 vede schierati Marco Melandri e Chaz Davies con le S1000RR ufficiali, il pilota inglese ha vinto entrambe le gare disputate ad Aragon e, prima dell’appuntamento di Monza, è secondo in classifica generale.

BMW Boxer Cup 2000 Luca Cadalora

BMW S100RR Sbk 2013

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Nico CereghiniDietro a Marquez l’ottimo Suppo Tra i manager della MotoGP, Livio è certamente il più bravo. Nessuno meglio di lui sa difendere gli interessi e la tranquillità dei suoi piloti. Qualche volta inventando magnifiche battute

C iao a tutti! S t a n o t t e ho sogna-to che ri-prendevo a correre.

Ma al momento giusto, tutti i miei rivali già ben allineati in griglia, mi mancava il casco e addio. Potenza di un’im-magine: quella dell’ultima curva di Jerez in MotoGP. Ma dovessi mai ributtarmi nella mischia –e lo dico per scherzo, naturalmente- so bene chi vorrei come manager: Livio Suppo. Ho avuto qualche battibecco pubblico, in passato con Suppo. L’ho provocato con qualche domanda impertinente di quelle che piacciono a me, e lui non fa scon-ti: va giù a muso duro. In privato però ci siamo sempre stati simpatici, e abbiamo parlato a lun-go, per esempio, della sua passione per la Honda

Dominator, un amore di gran lunga precedente al suo incarico in HRC. La Dominator garba a tut-ti e due. Di Livio mi piace anche la sua rapidità mentale e la capacità di coniare battute fulmi-nanti. Quando sul bagnato di Jerez, nel 2011, Ros-si esagerò un pelo e buttò giù Stoner un attimo prima che anche il Sic si ribaltasse quando era al comando, l’australiano restò a lungo sul posto (Valentino era riuscito a ripartire) applaudendo

platealmente i passaggi del 46. E più tardi al box, quando Rossi tentò di scusarsi, Casey lo pugnalò con una frase ad effetto. La ricorderete di sicuro: “La tua ambizione è superiore al tuo talento”. Chi avrebbe mai detto che il giovane Casey avrebbe potuto costruire una espressione così articola-ta? Io no, e infatti sono propenso a credere che fu proprio Livio Suppo a suggerirla. Non ne ho le prove, ma ne sono abbastanza convinto. E così deve essere successo domenica scorsa, subito dopo l’arrivo. Marc Marquez non doveva essere tanto tranquillo, sportellare il campione del mon-do non è una cosa che si fa tutti i giorni, Lorenzo era infuriato; oltretutto Marquez non ha l’imma-gine dell’educanda dopo le stagioni arrembanti in Moto2: e se lo avessero punito? Così, io mi imma-gino Livio Suppo che avvicina in fretta il suo pilo-ta. Il dialogo è, lo sottolineo, soltanto verosimile.

“Digli che hai studiato alla tivù la manovra di Ros-si su Gibernau del 2005, che ti sei ispirato a quel-la”. “Ma se allora avevo soltanto dodici anni…! Chi può credere a una panzana così?” “Non sottiliz-zare, dammi retta: tu limitati a dire quello che ti ho appena detto e vedrai che funziona. Con Rossi è filato tutto liscio e lo stesso succederà a te”. E così è andata. Lorenzo ha sbagliato perché ha lasciato non una porta aperta, ma un vero cancello; Marquez ha sbagliato perché per recuperare lo svantaggio ha frenato troppo tardi. E sbagliare, nelle corse, si può. Se ci si mette a punire ogni errore non c’è un pilota che finisca in classifica. L’unico che non ha sbagliato è Livio Suppo. Tanto di cappello e lo dico con ammirazione: il suo compito è ottene-re il meglio per il suo pilota. E nessuno oggi lo sa fare meglio di lui.

Dovessi mai ributtarmi nella mischia –e lo dico per scherzo, naturalmente- so bene chi vorrei come manager: Livio Suppo

News

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Monza: Pasolini e Saarinen morirono cosìdi Nico Cereghini | Il GP di Monza del 20 maggio 1973 è passato alla storia per il tragico incidente che tolse la vita a Pasolini e Saarinen. Nel nostro video la storia e la testimonianza del dottor Costa e di Roberto Gallina, ex pilota

S ono passati quarant’anni dal quel 20 maggio del 1973. A Monza va in scena il Gran Premio delle Nazioni, quarto appuntamento del campio-

nato del mondo velocità. La giornata si apre con la gara del campionato italiano juniores 250, poi la prima corsa del Nazioni, la classe 50, vinta da Jan de Vries; seguono la 125, nella quale si im-pone Kent Anderson, e la 350 vinta da Giacomo Agostini dopo un bel duello con Renzo Pasolini. La gara delle 250 vede in pole il finlandese Jar-no Saarinen, campione del mondo in carica della

250 e vice campione nella 350 sempre nel 1972, mentre Renzo Pasolini, che nel 1972 è stato se-condo nel mondiale 250 e terzo nella classe 350, porta al debutto la H-D raffreddata ad acqua. Una manciata di secondi e il dramma si consuma alla prima curva dopo il via. La moto di Pasolini perde aderenza all’ingresso della Curva Grande, il Curvone appunto, il campione romagnolo cade e nella carambola che ne segue cadono altri tre-dici piloti. Ad averne la peggio sono lo stesso Pa-solini, 34 anni, e Jarno Saarinen, 27. Su che cosa provocò la caduta di Paolini si sono fatte diverse

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ipotesi: olio in pista non segnalato, grippaggio del motore H-D di Pasolini, contatto fra piloti, asfalto rovinato. La perizia richiesta dal tribunale di Monza, ed eseguita dall’ingegner Sandro Co-lombo, rivelerà il grippaggio dei pistoni Yamaha nei cilindri H-D; cilindri che furono modificati dal raffreddamento ad aria a quello ad acqua. Sarà il grippaggio l’innesco della caduta secondo l’in-chiesta della Magistratura. Di sicuro la gravità del bilancio è da attribuirsi all’inesistente spazio di fuga e alle presenza del guard rail, all’epoca vi-cinissimo alla pista.

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SPeciale SuPerBiKe

GP di Monza

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Checa non corre a MonzaFrancis Batta polemico con la Ducatidi Carlo Baldi | Il dolore alla spalla ferma il pilota della Ducati che preferisce fermarsi per curarsi e rientrare nel round di Donington

C arlos Checa non ha coso le due gare di Monza. Il pilota del team Ducati Alstare soffre per un edema osseo riscontrato alla testa dell’omero del-

la spalla sinistra e a nulla sono valse le terapie an-tiinfiammatorie alle quali Carlos si è sottoposto sia in Spagna che qui in Italia. Il dolore è più forte della sua voglia di correre e rischiare di peggiora-re la sua situazione fisica su di un circuito dove, come si è visto anche nelle prove di ieri, la nuova Panigale non è ancora in grado di competere con le quattro cilindri avrebbe poco senso. Checa ha quindi deciso in accordo con il proprio team di fermarsi e di curarsi per poi rientrare a fine mese nel round di Donington. Con il forfait di Checa e quello del team di Clementi scende a diciotto il numero dei piloti Superbike in gara a Monza. Non è un momento facile per la casa di Borgo Pani-gale che oltre ai problemi di sviluppo della nuo-va 1199 ed ai vari infortuni che da inizio stagio-ne hanno colpito i suoi piloti (Badovini è ancora dolorante al collo dopo le cadute di Aragon ed Assen) deve fare i conti anche con le esternazio-ni di Batta che ha criticato il nuovo responsabile racing Ducati Bernhard Gobmeier reo di non ver appoggiato il suo progetto che prevedeva di uti-lizzare Biaggi in qualità di tester per una serie di prove sulla Panigale. Ci sembrava strano che una persona scaltra ed intelligente come il manager belga avesse preferito utilizzare i media per lan-ciare un forte attacco ai vertici del settore corse Ducati, anziché optare per un confronto diretto con gli stessi e per questo lo abbiamo intervista-to per sapere dalla sua viva voce (ascolta la sua intervista) come stanno le cose.

cosa ci puoi dire sul suo sfogo, riportato da al-cuni media?«Si è trattato proprio di uno sfogo, nato dalla frustrazione dovuta al fatto di non sentirmi pie-namente coinvolto e direi sfruttato dalla Ducati. La casa italiana deve prendere il meglio dalla mia squadra, ma al momento mi sento come una Fer-rari che però non può mai mettere le marce alte. Il mio team si sente Ducati al 100% ed è pronto a lavorare giorno e notte per riportare il marchio italiano ai vertici della Superbike. Quando ho fat-to la mia scelta sapevo che si trattava di una scel-ta difficile, ma è una sfida che mi piace e che non mi spaventa. I miei tecnici possono e vogliono dare tanto alla Ducati».

e il discorso Biaggi quanta parte ha avuto nel tuo sfogo?«Avevo parlato con Biaggi a Phillip Island. Lui ha smesso di correre ma forse non nella sua testa. Io sono convinto delle sue grandi qualità come pilota, tester e anche a livello mediatico. Gli avevo fatto questa proposta: possiamo creare un test team dove Biaggi è il pilota, Alstare contribuisce con la sua struttura ed i suoi tecnici e Ducati con i propri ingegneri. Organizziamo una dozzina di test, possibilmente il lunedì dopo le gare per svi-luppare la Panigale, ma anche per fare marketing, invitare i giornalisti ed i nostri sponsor. In questo modo avremmo avuto la possibilità di fare dei test al top, che ci avrebbero consentito di gua-dagnare tempo ed arrivare prima a rendere com-petitiva la nostra moto. Ho informato per email il sig. Gobmeier di questa mia proposta, ma lui mi ha risposto che i tempi non erano maturi per

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questo tipo di operazione. Da quel momento, cioè da Aragon, il discorso si è chiuso. Era tutto definito con Max compreso il suo ingaggio e com-preso un accordo con uno sponsor che avrebbe coperto una parte del budget necessario. Io però ritengo che la mia sia un’idea ancora valida spe-cialmente se pensiamo che ora Carlos non è in grado di correre per problemi fisici».

ora che Gobmeier è qui a monza vi siete chia-riti?«La situazione ora è chiara e penso che il sig. Gobmeier rilascerà nei prossimi giorni un co-municato stampa nel quale chiarirà la posizione di Ducati ed il ruolo del mio team nel progetto

Ducati Superbike. Due entità che devono lavorare insieme in sinergia. La parola chiave è sinergia». Questa la dichiarazione di Batta. Il manager belga si è evidentemente sentito sottovalutato e forse anche tradito dalla Ducati che non solo – a suo parere – non sfrutta tutto il potenziale della sua squadra, ma che non ha appoggiato un proget-to che poteva effettivamente dare una grande spinta non solo al progetto Panigale, ma anche all’immagine Ducati, che negli ultimi anni ha dovuto subire prima il ciclone Rossi ed ora una moto nuova che tarda a diventare competitiva. Restiamo ora in attesa che anche la Ducati dica la sua per voce di Gobmeier, presente da questa mattina nel paddock di Monza.

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Melandri vince Gara 1 Di nuovo sul gradino più alto del podiodi Carlo Baldi | Una gara bellissima vinta in volata da Melandri su Sykes e Laverty. Quarto posto per Guintoli. Sesto Fabrizio e decimo Giugliano autore di un dritto

M elandri si aggiudica in volata gara uno della Superbike a Monza dopo una gara che ha tenuto tutti con il fiato sospeso sino all’ultima stac-

cata. Laverty era partito come un missile e sem-brava poter staccare i suoi avversari che però non lo hanno lasciato scappare e dopo alcuni giri in testa si è formato un gruppetto composto oltre che da Laverty anche da Melandri, Sykes e Guintoli. Si è capito da subito che il vincitore

sarebbe stato uno di questi quattro. Alle loro spalle inizialmente inseguivano Davies, Rea e Giugliano, ma sia l’inglese che l’italiano sono arrivati lunghi in prima variante dando l’ad-dio alla possibilità di restare con Chaz, il quale però vedeva i primi quattro sempre più lontani. I primi quattro si sono alternati in testa ed ogni volta sembrava che il primo potesse allungare, ma invece veniva poi assorbito dal gruppetto in qualche variante. Intelligente tattica di Melandri,

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che visto che nessuno riusciva a staccare gli al-tri compagni di fuga, ha atteso l’ultimo giro per prendere la scia a Sykes superarlo all’interno della parabolica ed andare a vincere in volata sullo stesso Sykes e su Laverty. Guintoli ha per-so terreno negli ultimi giri pagando a caro prezzo le tornate condotte in testa e che evidentemen-te hanno usurato le sue Pirelli. Davies chiude al quinto posto davanti a Fabrizio che ha approfit-tato degli errori di Giugliano prima e di Rea poi per portarsi in sesta posizione dopo aver trovato un buon ritmo da metà gara in poi. Settimo posto per Baz e ottavo per Rea penalizzato di due po-sizioni per aver tagliato una variante. Anche Ian-nuzzo e Cluzel sono stati penalizzati per aver ta-gliato una variante, ma hanno dovuto effettuare un ride trough. Camier conclude la gara al nono posto davanti ad un deluso Giugliano che ha ac-cusato problemi ai freni che gli hanno negato la possibilità di un miglior piazzamento. Badovini con l’unica Panigale ufficiale in pista, precede quella privata di Neukirchner. Punti mondiali per Lai, Akiyoshi e Sandi, mentre non ne raccolgono gli ultimi tre, Aitchison, Cluzel e Iannuzzo.

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Laverty vince Gara 2 Una gara perfetta di Carlo Baldi | Laverty resiste all’attacco di Melandri e vince la seconda manche di Monza SBK. Terzo posto per Sykes e quarto per Guintoli. Fabrizio quinto in volata su Giugliano. Solo tredici piloti al traguardo

L averty si è ricordato di come aveva fatto doppietta a Monza due anni fa ed ha vinto meritatamente la secon-da manche della Superbike, disputa-

ta questo pomeriggio nel tempio della velocità. Pronti via e in testa ci vanno gli stessi quattro che si sono giocati la vittoria in gara uno, vale a dire Laverty, Melandri, Guintoli e Sykes. Questa volta i quattro fanno una corsa più tattica, con Melandri che lascia sfogare i due alfieri dell’Apri-lia che si alternano al comando. Quello che fa più

fatica tra i quattro è senza dubbio Sykes che dopo aver dato battaglia nei primi giri,resta poi stabile in quarta posizione, per poi dare la sua zampata nell’ultimo giro quando supera Guin-toli e sale sul terzo gradino del podio. Va detto che Tom dopo aver superato Sylvain è arrivato lungo alla variante della Roggia, ma è rientrato nella stessa terza posizione che occupava prima del dritto e quindi tutto regolare. Mentre Guintoli e Sykes si giocavano il podio Melandri e Laverty arrivavano in parabolica uno nella scia dell’altro,

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ma Laverty staccava all’ultimi millimetro e resi-steva al pilota della BMW che dopo la vittoria nel-la prima manche si è accontentato di buon grado di un secondo posto che gli consente di risalire posizioni in classifica. La corsa ha perso quasi subito Cluzel, caduto alla seconda di Lesmo nel corso del terzo giro, Rea rientrato ai box al quinto giro per problemi alla frizione e Akiyoshi caduto al settimo passaggio. Dietro ai quattro battistrada hanno dato spet-tacolo Giugliano, Davies e Fabrizio che hanno

però commesso anche tanti errori sino alla ca-duta di Davies al dodicesimo giro, alla variante della Roggia che ha dato via libera ai due italiani dell’Aprilia, con Fabrizio che ha regolato in volata il pilota del team Althea. Settima posizione per Camier che precede Baz (partito dalla pit line per problemi alla sua Ka-wasaki) e Badovini che così come in gara uno termina proprio davanti all’altra Panigale, quella privata di Neukirchner. Chiudono a punti anche Lai, Iannuzzo e Sandi.

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Le pagelle del GP di Monza Protagonista la prima variantedi Carlo Baldi | Il tempio della velocità ci ha regalato due belle gare in Superbike ma anche tanti, troppi, incidenti in prima variante e le solite polemiche, con tanto di ricorsi e controricorsi

I l tempio della velocità ci ha regalato due belle gare in Superbike ma anche tanti, troppi, incidenti in prima variante e le so-lite polemiche, con tanto di ricorsi e con-

troricorsi, dovuti proprio alla conformazione del tracciato lombardo. A Monza ci sono solo tre cur-ve e poi lunghi rettilinei e varianti create solo per interromperli. I piloti passano da 300 a 60 Km/h e nelle esse spesso quando cadono, moto e pi-loti ritornano in pista. Una pista abbandonata da

tempo dalla GP e ora anche dal CIV. C’è rimasta solo la Superbike. Ma Monza offre anche un bel bagno di folla, un paddock stracolmo di gente e sfide ad altissime velocità che si risolvono per pochi millesimi. E per fortuna che almeno dome-nica la pioggia ha pensato bene di non farsi viva e non rovinare tutto come aveva fatto l’anno scor-so. Alla fine è stata un bella festa e fortunatamen-te nessuno si è fatto molto male. Gli incidenti in prima variante si sono risolti con voli spettacolari

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e carambole di moto che per fortuna non hanno avuto gravi conseguenze. Stavolta è andata bene. Le due gare della Superbike hanno avuto quattro protagonisti : Melandri, Laverty, Sykes e Guintoli, che sono anche i primi quattro piloti della clas-sifica della Superbike. I primi due hanno vinto le gare e gli altri due stanno ancora discutendo su chi sia arrivato terzo e chi quarto, dopo il sorpas-so con uscita di pista di Sykes in gara due all’ulti-mo giro alla Roggia. Al momento vale la classifica originaria con Sykes terzo e Guintoli quarto, ma il verdetto definitivo verrà emesso solo tra cinque giorni. In un campionato che lo scorso anno ha vi-sto l’Aprilia prevalere per mezzo punto, i tre punti che sono ora in discussione assumono una gran-de importanza. Melandri torna a sorridere a Mon-za ma Laverty e Guintoli si dimostrano ancora una volta ossi durissimi, con il sorridente Sykes che cherza solo una volta sceso dalla moto, ma in pista fa tremendamente sul serio. Ci si aspettava di più da Giugliano e Fabrizio e sarebbe stato bel-lo se, proprio davanti agli appassionati italiani, si

fossero inseriti nella lotta per il podio. Deludono Rea e Davies, ma anche Baz non brilla. La Ducati ha fatto parlare di sé più nel paddock che non in pista dove Checa ha dato forfait per un problema alla spalla e Badovini e Neukirchner hanno fatto quello che hanno potuto. Batta e Gobmaier si sono parlati attraverso i media, tanto per alimentare un po’ di polemiche per un azien-da che da qualche anno non trova pace. A causa del forfait di Checa e di Clementi (il cui team ha però annunciato che a Donington ci sarà) abbia-mo avuto al via solo 18 piloti e in gara due hanno tagliato il traguardo i 13. A Monza si è tenuta l’ennesima riunione tra le case e la Dorna, ma ancora una volta la monta-gna non ha partorito nessun topolino. Il tempo passa ma di regole nuove non se ne vedono. La Dorna che in GP si è inventata la Moto2 e le CRT bisogna che intervenga anche in Superbike per-ché la situazione sta passando da preoccupante a tragica. Dorna se ci sei (e se la Superbike ti inte-ressa) batti un colpo.

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ecco i nostri giudizi sui protagonisti

9 m arco melandri – Il pilota di Ravenna ha ritrovato la sua moto. Quella senza chatte-

ring. Quella che l’anno scorso lo aveva portato in testa alla classifica. Monza lo rilancia in ottica campionato e ora i punti da recuperare a Guintoli sono 41. Un numero che non fa paura quando mancano ancora 22 manche alla fine del campionato. Me-landri è stato bravo in gara uno, quando ha piaz-zato la stoccata finale all’ultima curva, ma anche in gara due, cercando la vittoria sino alla fine, ma senza prendere troppi rischi. Ha saputo mante-nere il sangue freddo anche quando in Superpo-le la moto non si accendeva ed è partita quando mancavano solo cinque minuti alla fine del primo turno. Fuori dal tunnel.

9 eugene laverty – Monza è una delle sue piste preferite e anche quest’anno Eugene

lo ha confermato con una vittoria figlia di una grande determinazione. In gara uno è andato in testa troppo in fretta e nel finale ha pagato l’u-sura delle gomme. Nella seconda ha imparato la lezione ed ha stretto i denti resistendo all’attacco di Melandri. Nonostante gli zero punti di Aragon, Laverty è secondo in classifica a soli 13 punti dal suo compagno di squadra. E la prossima si corre a Donington.

8 Tom Sykes – Mr.Superpole porta a casa il terzo orologio della stagione, e sale (forse)

due volte sul podio. La sua Kawasaki a Monza soffre i tanti cavalli di BMW ed Aprilia, ma lui non molla mai. Siamo convinti che Tom non avrebbe potuto fare di più.

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7 Sylvain Guintoli – Se vuole vincere il tito-lo deve rischiare di più. Ci aspettavamo di più

dal francese che svolge bene il suo compitino, ma due quarti posti (forse) a Monza non basta-no se hai una delle moto migliori del lotto e sei in testa al campionato. Certo è l’unico pilota a punteggio pieno della classifica (con Fabrizio e Neukirchner) ma non si deve dimenticare che li ha preso il posto di Biaggi.

6,5 chaz Davies – Generoso e determina-to come sempre, Chaz a Monza ha rac-

colto poco e collezionato il secondo zero in clas-sifica. Non ha brillato in Superpole e nemmeno in gara e non è mai entrato nel gruppo dei piloti che lottavano per il podio. L’ennesima caduta in prova che ha letteralmente spezzato in due la sua BMW ha condizionato qualifiche e gare.

6,5 michel Fabrizio – Monza gli piace e avrebbe potuto rappresentare il ritorno

di Michel ai fasti di Phillip Island, ma non è stato così. In Superpole ha mancato la terza fase e in gara ha colto due buoni piazzamenti. In gara uno ha approfittato delle cadute dei suoi avversari ed è andato meglio nella seconda, dove ha raccolto un quinto posto in volata su Giugliano.

6,5 Davide Giugliano – I freni lo tradisco-no in gara uno e nella seconda resta in

piedi per miracolo alla Roggia, ma perde il treno dei migliori. Ripete le sue gare precedenti. Il ta-lento c’è e lui migliora ad ogni gara, ma manca ancora qualcosa. In alcuni momenti ci ricorda il Rea prima maniera : genio e sregolatezza. La sua squadra crede in lui e gli sta dando il tempo di crescere. Diamoglielo anche noi.

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5,5 loris Baz - Monza è una pista partico-lare che lascia poco spazio alla fantasia

del pilota. Il giovane Loris non ama particolar-mente questo tracciato e si vede, ma guida una moto ufficiale ed il suo compagno di squadra è sempre la davanti.

7 Jonathan rea – La sua CBR è in lento mi-glioramento, ma lui guida sopra i problemi e in

Superpole lotta con le moto migliori. Solo ottavo in gara uno raccoglie il primo zero della stagione nella seconda a causa di problemi alla frizione. Leone in gabbia.

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SBK Monza

Pos. Pilota Tempi

1 Eugene Laverty 25

2 Marco Melandri 20

3 Tom Sykes 16

4 Sylvain Guintoli 13

5 Michel Fabrizio 11

6 Davide Giugliano 10

7 Leon Camier 9

8 Loris Baz 8

9 Ayrton Badovini 7

10 Max Neukirchner 6

11 Fabrizio Lai 5

12 Vittorio Iannuzzo 4

13 Federico Sandi 3

classifica Gara 2

Pos. Pilota Punti

1 Marco Melandri 25

2 Tom Sykes 20

3 Eugene Laverty 16

4 Sylvain Guintoli 13

5 Chaz Davies 11

6 Michel Fabrizio 10

7 Loris Baz 9

8 Jonathan Rea 8

9 Leon Camier 7

10 Davide Giugliano 6

11 Ayrton Badovini 5

12 Max Neukirchner 4

13 Fabrizio Lai 3

classifica Gara 1

Pos. Pilota Punti

1 Sylvain Guintoli 137

2 Eugene Laverty 124

3 Tom Sykes 119

4 Marco Melandri 96

5 Chaz Davies 94

6 Loris Baz 75

7 Michel Fabrizio 74

8 Jonathan Rea 71

9 Davide Giugliano 49

10 Leon Camier 46

classifica Generale

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La FIM Stewards’ Panel riassegna il terzo posto a Sykes di Carlo Baldi | La Kawasaki ha fatto ricorso contro la decisione della Direzione di Gara di Monza di assegnare il terzo posto a Guintoli e la FIM Stewards’ Panel ha accolto il ricorso confermando il primo ordine di arrivo con Sykes terzo

G uintoli e Sykes stanno consumando il terzo gradino del podio dell’au-todromo di Monza continuando a salire e scendere dallo stesso.

Quanto tutto sembrava ormai deciso e nel box Aprilia si festeggiava il doppio podio di gara due, la Kawasaki faceva appello al ricorso presentato dalla casa di Noale e la FIM Stewards’ Panel dava ragione alla casa di Akashi rimettendo Sykes sul podio e facendovi scendere Guintoli. Il FIM Stewards’ Panel è un comitato composto da tre

persone : Stuart Higgs (FIM Chief Steward), Bill Cumbow (FIM Steward) e Alfredo Mastropasqua (FMN Steward, vale a dire il delegato della Fede-razione che ha ospitato la gara, in questo caso la FMI). Le versioni dei due piloti, ovviamente con-trastanti, sono state le seguenti. Per Guintoli il pilota della Kawasaki lo ha supe-rato all’ingresso della variante della Roggia ma essendo arrivato ad una velocità troppo alta ha poi dovuto andare dritto senza poter percorrere la variante. Sykes invece afferma che dopo aver

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superato Guintoli si è trovato davanti Melandri in frenata e che per non tamponarlo ho dovuto uscire di pista, ma il francese era già stato supe-rato. La FIM Stewards’ Panel ha motivato la sua deci-sione di assegnare il terzo posto a Sykes para-gonando i tempi di Melndri, Sykes e Guintoli nei vari settori negli ultimi due giri. Grazie a questo complicato calcolo è risultato che Sykes era più veloce di Guintoli già nel giro precedente e che quindi il sorpasso nei confronti di Guintoli fosse

possibile senza forzature e non avesse bisogno di un dritto come invece afferma Guintoli. Tutto risolto quindi? Niente affatto. Aprilia ha ora cin-que giorni per fare un controappello alla CDI In-ternational Disciplinary Court (pagando la som-ma di 1.320 euro). La decisione del CDI sarà inappellabile. Non re-sta quindi che attendere la decisione della CDI per sapere chi debba salire o scendere ancora una volta dal podio di Monza di gara due. Never ending story……

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Marco Melandri“D’ora in poi saremo sempre lì davanti” di Carlo Baldi | Nel box Tissot abbiamo intervistato Marco Melandri vincitore in Gara1 a Monza e argento in Gara2. Il pilota italiano sembra che abbia ritrovato, oltre che il sorriso, anche il giusto feeling con la sua BMW

N el box Tissot abbiamo intervistato Marco Melandri vincitore in Gara1 a Monza e argento in Gara2. Il pilota italiano sembra che abbia ritrovato,

oltre che il sorriso anche il giusto feeling con la sua BMW. «Questa gara è un po’ la svolta dell’i-nizio di campionato, Le modifiche sulla moto che abbaimo fatto qui ci hanno riportato sulla buona strada. Da qui in avanti sono sicuro che potre-mo lottare per le posizioni che contano ad ogni gara».

nella seconda gara hai provato il sorpasso alla parabolica ma non c’è stato niente da fare.«Era difficile passare Guintoli perché aveva mol-to motore. Quando ha sbagliato sono riuscito a passarlo alla parabolica e l’ultimo giro mi sono buttato dietro a Laverty. Ho fatto il giro al mas-simo e avevo chiuso il buco alla Ascari, ma per cercare di andare forte di stare vicino ho fatto scivolare la moto un po’ troppo, ho aperto il gas troppo presto, ho perso un po’ di velocità e non ce l’ho fatta. Credo che sarebbe stata comunque

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difficile per me perché ci mancava qualcosina di motore. Tornare da Monza con un primo e un se-condo posto sia un risultato fantastico».

Hai ritrovato la tua moto dell’anno scorso?«Abbiamo fatto dei passi indietro con l’avantre-no e ho ritrovato le sensazioni e la fluidità di gui-da che mi mancava in queste prime gare e ades-so sono veramente felice».

il momento più brutto, quando alla 5 minuti dalla fine del turno di Superpole ti sei ritrovato a fare quella che era la vecchia Superpole: un giro lanciato...«Abbiamo avuto problemi elettrici ma il team in 7 minuti è riuscito a cambiare un particolare che di solito richiede 20-25 minuti per essere sosti-tuito. Hanno fatto un lavoro incredibile. Adesso siamo tutti supermotivati per continuare a lavo-rare duro».

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LE OMBRELLINE DEL GP D’ITALIAla Superbike ha dato spettacolo sul circuito monzese, immancabili con la loro bellezza le umbrella girls. ecco gli scatti delle ragazze più belle che hanno affollato il paddock del GP di monza

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LE FOTO PIù BELLE DEL

GP DI JEREz la motoGP si riaccende di emozioni

e agonismo con una lotta - purtroppo per noi - tutta spagnola. ecco le foto più spettacolari dentro

e fuori dalla pista di Jerez

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GP di Spagna a JerezLo sapevate che...? di Giovanni Zamagni | Che Rossi è affascinato dalla NASCAR? Che Marquez stressa i freni come Stoner? Che nel prossimo GP Pirro sostituirà Spies? Che Espargaro pensa alla MotoGP?

R oSSi aFFaScinaTo Dalla naScar Dopo il GP in Texas, Valentino Rossi, come è noto, è andato a provare una

Nascar per girare uno spot pubblicitario. Entu-siasta il commento. «E’ stato bellissimo, mi sono divertito un sacco e sono andato forte. Molti pen-sano che girare in un ovale sia noioso, invece è molto tecnico, come ho anche imparato girando nel mio ovale al ranch, ci sono tanti piccoli truc-chi da imparare. E’ tutto un altro mondo, un bel modo di fare le corse».

GP FonDamenTale Per JereZL’anno scorso, a causa della crisi finanziaria, c’e-ra addirittura la possibilità che il GP a Jerez non si disputasse più. Poi è intervenuta la Regione Andalusia, anche perché la gara di moto è fon-damentale per l’economia della zona: il 99% dei posti negli hotel di Jerez e dintorni era occupato, percentuale che scende all’80% nella provincia. A differenza degli altri appuntamenti spagnoli, una ricerca ha appurato che a Jerez gli appas-sionati arrivano da tutta la Spagna (e da tutta Europa), contribuendo in maniera fondamentale

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al “sostentamento” della zona, afflitta da oltre il 40% di disoccupazione. Il GP di Spagna 2013 ha totalizzato 219.020 spettatori, dei quali 111.259 solo la domenica.

PercHe’ SemPre e Solo QuaTTro? Nadia Tronconi, valida collega spagnola, ha svol-to una interessante “inchiesta” sul perché in MotoGP vincano sempre gli stessi, ovvero i quattro piloti ufficiali di Honda e Yamaha. Come spesso accade, l’analisi migliore è stata quella di Andrea Dovizioso. “E’ un periodo con tantissimi piloti molto forti. Le moto di oggi hanno tanta elettronica e le Bridgestone, due componenti molto particolari: se non sei aperto mentalmente per sfruttarle al meglio, anche se hai tanto talen-to non vinci”.

Pirro PronTo Per le manSBen Spies ha svolto lunedì ulteriori accertamenti alla spalla destra, operata a fine 2012 e al petto, e non lo vedremo in sella a Le Mans. A sostituirlo

sarà il collaudatore Michele Pirro, che a Jerez ha invece corso con una “wild card” per poter utiliz-zare la Desmosedici evoluzione, mentre in Fran-cia utilizzerebbe le Ducati di Spies.

QuanTo Frena marQueZSi dice che Marc Marquez ricordi nella guida il suo predecessore Casey Stoner. Visivamente è così, ma anche tecnicamente, perlomeno per certi aspetti. Come nel furibondo utilizzo dei fre-ni: i tecnici del team confermano che Marc, esat-tamente come Casey, stressa pastiglie e dischi in modo esagerato.

eSParGaro PenSa alla moToGPPol Espargaro, considerato alla vigilia come il super favorito al titolo iridato, è stato protagoni-sta di un fine settimana sotto tono, sicuramente inferiore alle aspettative. Pol, pilota velocissimo, è un po’ fragile psicologicamente e subisce par-ticolarmente la pressione del pubblico di casa e, inoltre, pare che sia distratto dalla possibilità di

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passare in MotoGP nel 2014: lo vorrebbe Ervé Poncharal, che già nel 2012 aveva iniziato la trat-tativa con il pilota spagnolo.

BruTTo inciDenTe Per BarBeraHector Barbera si è presentato a Jerez con il viso visibilmente tumefatto, a causa di un anomalo incidente: mentre si allenava con la moto da trial, si è staccata una manopola e il pilota spagnolo ha dato una gran facciata contro il manubrio. Davvero sfortunato, anche se le conseguenze potevano addirittura essere peggiori.

DJ rinGo, ma cHe Dici?Ormai DJ Ringo diventa un appuntamento fisso. Nella sua ultima rubrica, ha scritto: “Finalmente finite le piste finte con spalti vuoti e Gran Premi virtuali (…)”. Ma che dici Ringo? Quella di Austin ti sembra una pista “finta”? E 131.082 appassio-nati, dei quali oltre 61.000 la domenica, ti sem-brano “spalti vuoti”? Ma prima di scrivere certe cose, non sarebbe meglio documentarsi? Mah…

roSSi SoGna la 8 oreSaputa della notizia che Kenin Schwantz parte-ciperà alla Otto Ore di Suzuka, Valentino Rossi ha detto che gli piacerebbe moltissimo sfidare il suo “mito”, magari in coppia con Cal Crutch-low. Valentino ha già partecipato due volte alla gara giapponese, vincendola in coppia con Colin Edwards nel 2001, ma questa volta le possibili-tà che corra sono veramente ridotte al lumicino. Per mille motivi: di sicurezza – Suzuka è stata “rinnegata” dai piloti del motomondiale dopo la morte di Daijiro Kato nel 2003 – e di tempistica soprattutto. Certo, sarebbe davvero affascinan-te vedere Schwantz e Rossi nella stessa gara…

nuova cenTralina marelliNei test di lunedì a Jerez hanno girato anche al-cuni team CRT, tra cui lo Ioda Racing con Dani-lo Petrucci e Lukas Pesek, svolgendo prove per conto della Marelli, che ha fatto un aggiornamen-to della centralina unica.

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“Bel cinGHialoTTo la carraSco”Rossi ha commentato in diretta su Italia1, dal box Yamaha, la gara della Moto3, naturalmente con grande bravura e precisione. Esilarante il suo commento quando è stata inquadrata Ana Car-rasco, che si rialzava fortunatamente indenne dopo una caduta: “Bel cinghialotto la Carrasco!”.PiloTi Piu’ inTelliGenTi Dei PoliTiciDurante la conferenza stampa di giovedì di pre-sentazione del GP, un giornalista ha chiesto ai piloti presenti - Lorenzo, Marquez, Bradl, Dovi-zioso e Redding – cosa pensassero dell’”outing” fatto da un giocatore NBA, che ha dichiarato di essere gay. Al di là della opportunità della do-manda (ognuno la può pensare come vuole), ha colpito come i piloti abbiano risposto con grande intelligenza e rispetto, decisamente superiore, purtroppo, a quello di molti politici italiani. Sim-patico Stefan Bradl, che senza essere offensivo, ha ironizzato: “Se serve per andare più forte, perché no?”.

cruTcHloW… FruSTraToNei test di lunedì, Cal Crutchlow ha conquistato il secondo tempo in 1’38”916, a soli 0”092 da Marc Marquez, svolgendo anche il ruolo di… col-laudatore. «Ho provato un telaio che era stato già scartato dai piloti ufficiali a Valencia: è esat-tamente uguale al mio del 2012. Tanto ugua-le che dopo la pausa pranzo ho chiesto che mi venisse montato il telaio “nuovo”, ma il team mi ha risposto: “Guarda che lo stai già usando da questa mattina…” Poi ho svolto delle prove per la Yamaha, testando una nuova elettronica con moltissimo freno motore, mentre io, Rossi e Lo-renzo solitamente siamo quasi a zero in questo parametro. Bene, mi sono preso certi spaventi…: in entrata, la moto era tutta di traverso, un po’ come fa la Honda, ma ancora più accentuata. Mi sembra esagerato, non c’è limite». Poi Crutch-low, con la solita sincerità – è un personaggio davvero straordinario – ha esternato le sue fru-strazioni. «La mia M1 è completamente differen-te dalle ufficiali, non solo nel telaio, ma anche nel

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forcellone, nella geometria (questo per il differen-te stile di guida, NDA) e perfino nella posizione del serbatoio, che nel loro caso è molto più indietro. Mi sto guardando in giro per l’anno prossimo? Certo. Una opzione sarebbe quella di rimanere in questa squadra con una moto ufficiale, ma loro stanno pensando a Pol Espargaro, credendo che sia un altro Marquez. Ma di Marquez ce n’è uno, lui sembra Valentino Rossi 15 anni fa: Esparga-ro non è assolutamente al suo livello. Purtroppo sono un po’ avvilito, perché più che essere il mi-gliore degli “altri” non posso fare. Ed è frustran-te, quando sei sullo schieramento, essere vicino, che so, a Lorenzo che guadagna 20 volte quello che guadagno io!». Poi, ridendo, Crutchlow ha svelato un divertente aneddoto. Sabato mattina, Nakajima (responsabile corse Yamaha, NDA), mi ha incontrato e mi ha detto: “stai facendo un

ottimo lavoro e sei consistente, non cadi”. Un’o-ra dopo ho tirato una mina pazzesca e ho distrut-to la moto…».

maria lorenZo in ScooTerA Jerez c’era Maria, la mamma di Jorge Lorenzo, che ha raggiunto il circuito partendo da Valencia con uno scooter 125, “sciroppandosi” 800 km, tutti in strade statali. «La passione è la stessa», ha commentato soddisfatto il figlio Jorge. io l’avevo DeTToJorge Lorenzo, commentando la curva a lui de-dicata (l’ultima): “Li ho visto tanti sorpassi, è sicuramente la curva più speciale del circuito”. Domenica, Lorenzo è stato superato alla “Loren-zo” da Marquez, con tanto di contatto: davvero un punto speciale…

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Valentino Rossi “Sono contento della mia squadra” di Giovanni Zamagni | “Lavorano bene, ma siamo indietro rispetto alla Honda”. Valentino scarta il nuovo telaio, che verrà invece utilizzato sull’altra M1 ufficiale di Jorge Lorenzo

I l nuovo telaio non ha portato i benefici sperati, ma Valentino Rossi, tutto som-mato, giudica positivo il test di Jerez. “Già a marzo avevo capito che non c’era una

grande differenza, ma allora le condizioni erano un po’ critiche e non si poteva fare una valuta-zione precisa. Oggi, però, sia la pista sia il me-teo erano favorevoli, ma le sensazioni non sono cambiate: il telaio evoluzione ha qualche piccolo vantaggio e svantaggio. In definitiva, non cambia granché: continueremo con quello “standard” (Lorenzo, al contrario, a Le Mans userà quello nuovo, NDA). In ogni caso sono stati test positivi, perché abbiamo fatto dei passi in avanti (Rossi ha girato in 1’39”397 a 0”573 dal miglior tempo di Marquez, NDA), sono andato piuttosto forte. Sono un po’ preoccupato perché la Yamaha ha fatto primo e secondo in Qatar, ma la Honda lo ha fatto in Texas e qui, su una pista teoricamente a noi favorevole. Dobbiamo migliorare, soprat-tutto far lavorare le gomme in modo più efficace, come fa la Honda, stressarle di meno”.

ma il punto debole della Yamaha non era il mo-tore?“Sicuramente in Yamaha continueranno a la-vorare sul motore, ma l’obiettivo principale è stressare meno le gomme, perché comunque la M1 con gli pneumatici nuovi è competitiva, come confermano le pole di Lorenzo, sempre molto ve-loce in prova, ma rispetto alle Honda soffriamo soprattutto nella seconda parte della gara. Loro hanno anche un vantaggio con il cambio e stiamo cercando di capire perché hanno questa grande stabilità in frenata: anche se la moto si muove

tutta, riescono a entrare in qualunque posizio-ne”.

in tre gare si sono visti tre rossi “differenti”: eccezionale in Qatar, deludente in Texas, suffi-ciente qui in Spagna. Qual è il vero valentino?“Dipenderà gara per gara. Io sono lo stesso tra una settimana e l’altra (sorride, NDA), guido la moto più o meno sempre allo stesso modo. La differenza la fa il come riesci a mettere a posto la moto nelle prove, soprattutto come la moto usa le gomme: in Qatar avevamo un vantaggio e ho fatto una grande gara, negli altri due GP abbiamo sofferto un po’ di più, soprattutto ad Austin. Il pri-mo obiettivo è stare con loro tre davanti: adesso, realisticamente, sono un po’ più veloci di me. Mi piacerebbe stargli vicino, lottare, quando si può fregarli, cercare di essere lì tutti i turni di prove, partire davanti in qualifica”. Parliamo della tua squadra, un vero e proprio “tormentone” tra gli appassionati; si dice: “non arrivano mai alla messa punto ottimale, quelli di lorenzo ci arrivano prima, ecc ecc”; tu come la vedi?“Non sono d’accordo. Più che altro stiamo sof-frendo per andare forte come la Honda, ma an-che dalla parte di Lorenzo faticano: lui riesce a guidare qualche decimo più forte di me, ma an-che la sua squadra sta cercando la risposta per battere la Honda. Il mio team, come me e come tutti, ha i pro e i contro: io sono contento di come stiamo lavorando. Mi sembrano abbastanza to-nici: l’importante è che Jerry (Jeremy Burgess, il capo tecnico, NDA) rimanga concentrato”.

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Andrea Dovizioso“Tempi non male, dobbiamo migliorare il passo di gara”Andrea Dovizioso e Nicky Hayden sono scesi di nuovo in pista al Mugello dopo i test collettivi a Jerez. “Questa pista si adatta meglio alle caratteristiche della Ducati” ha dichiarato il pilota italiano

A soli pochi giorni dal Gran Premio di Spagna e il test post-gara di Jerez, i due alfieri del Ducati Team Andrea Do-vizioso e Nicky Hayden sono scesi di

nuovo in pista, questa volta al Mugello. La pista toscana è uno dei circuiti di prova della squadra, quindi i due giorni sono stati una buona occasio-ne per finalizzare il lavoro di setup della Desmo-sedici GP13, in vista del Gran Premio d’Italia, che si svolgerà qui dal 31 maggio al 2 giugno. Grazie alle ottime condizioni meteo, simili a quelle del-la gara dello scorso anno, la squadra bolognese ha potuto sfruttare in pieno il giorno e mezzo programmato per portare a termine il lavoro. Dovizioso ha fatto 42 giri mercoledì e 54 giove-dì, Hayden invece 29 mercoledì e 60 giovedì. En-trambi i piloti hanno potuto svolgere i test con le gomme Bridgestone che avranno a disposizione nel weekend di gara. Presente al Mugello anche il Ducati Test Team, con Michele Pirro, che ha fatto ulteriori preparativi per il Gran Premio di Francia della prossima settimana, quando sosti-tuirà il pilota del Team Ignite Pramac Racing, Ben Spies, e con Franco Battaini che ha continuato lo sviluppo della versione ‘laboratorio’ della GP13.

andrea Dovizioso (96 giri)“Sono stati un giorno e mezzo interessante perché ci sono veramente delle condizioni buone

per provare la gara. Non era freddo, anzi faceva molto caldo e la temperatura nel pomeriggio di oggi era simile a com’è in gara qui normalmente, quindi le vere condizioni della gara. I tempi non sono male, ma dobbiamo migliorare come pas-so, anche se è difficile parlare di tempo perché non avevamo riferimenti. Io penso che questa pista si adatti meglio alle caratteristiche della Ducati.”

nicky Hayden (89 giri)“Non ero sicuro della mia condizione fisica, ma il polso mi ha dato meno fastidio qui che a Jerez. Non abbiamo fatto molti giri, ma per la prima vol-ta in tanto tempo, abbiamo avuto buone condi-zioni climatiche qui al Mugello. Abbiamo potuto lavorare sul telaio e sulle ge-ometrie, le soluzioni che volevamo provare alle prime tre gare, oltre a qualche modifica al pac-chetto elettronico. Non sappiamo però come sarà il nostro passo gara finché non arriveremo qua tra alcune settimane. Ringrazio la squadra, perché dev’essere davvero faticosa per loro fare un intero weekend di gara, un test post-gara, e in più smontare e rimontare tutto per fare un altro giorno e mezzo in un altro paese. Speriamo che aiuterà a rendere orgogliosi i tifosi italiani quando torniamo qui per la gara.”

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SBernhard Gobmeier “Siamo all’inizio dello sviluppo”di Giovanni Zamagni | Bernhard Gobmeier, direttore generale di Ducati corse, fa il punto della situazione dopo i test di Jerez. Dubbiosi i piloti: “Piccolissimi miglioramenti”

Si sapeva che sarebbe stata dura e l’inizio di stagione non ha fatto altro che confermare la grande differenza che c’è tra la Ducati e le Case Giapponesi. Del resto, non poteva essere diver-samente, perché la moto di Andrea Dovizioso e di Nicky Hayden è molto simile, per non dire esattamente uguale a quella di Valentino Ros-si della passata stagione. Ma a Borgo Panigale stanno lavorando duro per provare a recuperare l’enorme svantaggio e a Jerez si è visto il primo frutto di tanto impegno: il collaudatore Michele Pirro ha corso con una Desmosedici modificata nel telaio, nel forcellone e nel motore. Una moto che oggi è stata provata anche da Dovizioso e Hayden, con risultati non troppo esaltanti, perlo-meno stando alle dichiarazioni dei due piloti. «E’ solo un primo passo – spiega Bernhard Gobme-ier – uno sviluppo intermedio: dopo i positivi ri-scontri di Pirro in gara, era fondamentale sentire il parere dei due piloti ufficiali. Diciamo che non ci sono state sorprese. Abbiamo parecchie idee su come migliorare i problemi, ma, evidentemente, non è così facile, altrimenti lo avremmo già fat-to… Comunque già nei prossimi giorni al Mugel-lo (mercoledì e giovedì, NDA) i due collaudatori (Pirro e Battaini, NDA) proveranno qualcosa di nuovo e Pirro, come è noto, correrà nuovamente come wild card al Mugello e a Misano con una ul-teriore evoluzione di questo prototipo». Gobme-ier prova a dare un giudizio sulle prime tra gare.

«Abbiamo iniziato l’inverno con un test disastro-so a Sepang, poi è stato possibile migliorare, perlomeno nei tempi sul giro. Ma a fine gara sof-friamo troppo: il prossimo passo essere quello di migliorare le prestazioni sulla distanza e rendere la GP13 più facile».

DoviZioSo: “nienTe Di SPeciale”Il responso dei piloti non è negativo, ma nemme-no troppo positivo, anche se Dovizioso ha otte-nuto un interessante 1’39”524, a sette decimi (perlomeno nel momento in cui ha smesso) dal miglior tempo di Marc Marquez. «Il tempo è ab-bastanza buono: è stato il mio migliore di questi giorni a Jerez. Sfortunatamente, però, le diffe-renze di comportamento sono minime: migliora un po’ l’inserimento e ci sono risposte migliori a centro curva, perlomeno in quelle veloci. Nel complesso, la moto è un po’ più semplice da gui-dare, ma niente di speciale».

HaYDen: “e’ miGlioraTa un Pò”Dopo essere stato per tutto il fine settimana più rapido del compagno di squadra, questa volta Nicky Hayden gli è finito alle spalle di un decimo (1’39”643), sempre con la mano destra dolo-rante. Il giudizio sul nuovo materiale è del tut-to simile a quello di Dovi. «Non ci aspettavamo chissà quali miglioramenti, ma ci sono stati dei riscontri positivi: sicuramente questo prototipo è

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migliore in inserimento, ti permette di tenere una linea migliore ed è un po’ meno faticoso da gui-dare. Ma c’è ancora tanto da fare». I nuovi telai, comunque, sono entrati ormai in “produzione” e forse già a Barcellona potrebbero debuttare in gara.

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Dovizioso: Nel complesso, la moto è un po’ più semplice da guidare

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Jorge Lorenzo“Devo tutto a mio padre” l’autobiografia di andre agassi, intitolata open, ha colpito anche Jorge lorenzo. lo abbiamo intervistato sui temi psicologici e non, sviscerati dal fuoriclasse americano, legati all’agonismo e ai rapporti con gli altri di Giovanni Zamagni

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AAndre Agassi è stato un grande giocatore: ha conquistato otto tornei del Grande Slam ed è stato a lungo numero uno del tennis mondiale. Estroverso, fuori da ogni schema, Andre ha poi fondato una sua scuola e ha scritto un’autobio-grafia – Open – che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Un libro bello, avvincente, interes-sante, con un sacco di spunti che fanno riflettere, adatti a ogni sportivo e, nello specifico, ai piloti. Ne abbiamo parlato con Jorge Lorenzo, anche lui colpito da questa biografia, e, insieme, abbiamo commentato alcune parti particolarmente significative.

lorenzo, agassi scrive: “Gioco a ten-nis per vivere, anche se odio il ten-nis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato”. anche tu, che come agassi hai avuto un padre ossessivo per lo sport, odi le moto?«No, non è così: non odio le moto, non odio le gare. Per me questo non è un lavoro, è una fortuna essere un pilota! In più, se sei com-petitivo, se corri in MotoGP, hai vinto gare e titoli mondiali, non lo puoi odiare. Ho tutto quello che voglio: successo, faccio sport, guadagno bene, sono famoso. Non posso pretendere di più. Na-turalmente nessun lavoro è perfetto, anche nel nostro ci sono i lati negativi, come gli infortuni.

O la pressione che subisci: non è una bella sensa-zione, soprattutto il giorno della gara. Ma a parte questi due aspetti, il motociclismo è fantastico! Senza mio padre non sarei qui, ma è sicuro che lui era troppo avanti rispetto ai papà degli altri pi-loti: lui è un eccezionale professore di motocicli-smo, sapeva esattamente come farmi migliorare in ogni allenamento. Per me è stata una fortuna, anche se mio padre è esigente, ha un carattere duro, crede nella disciplina. Quando sei ragazzi-no non capisci, a volte alla domenica preferire-sti andare a giocare a calcio con gli amici, inve-ce che allenarti, fare motocross. E non lo facevi per divertimento, ma sempre con il cronometro in mano: è dura quando hai 5 o 10 o 13 anni. Di-ciamo che al 50% ti piace tantissimo e al 50% sei sempre in tensione per provare a essere più veloce».

a proposito di questo argomento, ma non c’en-tra con la biografia di agassi; secondo te i papà dovrebbero stare fuori dai circuiti, come suc-cede al Barcellona calcio che impone, come

regola, che i genitori dei bambini che vengono selezionati per la scuola non possono entrare al campo.«Non si può generalizzare, perché ognuno ha il suo carattere, la sua personalità. Ma, tutto sommato, non è una regola sbagliata. Con mio pa-dre avevo tante discussioni e qualche volta non ero completamente sereno; siamo due persone con un carattere forte e io ho bisogno di un ambiente più rilassato: per questo motivo mio

babbo è rimasto fuori dal circuito quando ho ini-ziato la mia carriera».

Secondo agassi: “il tennis è lo sport in cui parli da solo. nel tennis sei faccia a faccia con il ne-mico (…) ma non parli con lui o qualcun altro”; è così anche nelle moto?«E’ un po’ diverso. Io non parlo mai da solo e se

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metti un microfono nel casco mentre disputo una gara non senti nemmeno una parola. Quan-do sono in sella penso, per esempio, alla fatica che faccio per seguire un avversario, o che devo spingere di più per andare via, penso che la moto, in quella curva, si chiude davanti. Talvolta sei così concentrato che sei come in “trance”, ipnotizzato e solo quando scendi dalla moto ripensi a quello che hai fatto».

Scrive agassi: “vincere non cambia niente (…) anzi, adesso che ho vinto uno slam so (…) che una vittoria non è così piacevole quant’è dolo-rosa una sconfitta (…)”.«Sì, a volte provi questa sensazione: da un cer-to risultato ti aspettavi più felicità. L’importante è sempre guardare avanti, ma imparare anche a vivere e a sfruttare al massimo i momenti belli, altrimenti non ha senso lottare, lavorare duro ogni giorno, essere rigorosi, se poi non ti gusti i

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successi. Per questo cerco di godermi di più le vittorie: anche per me, fino a 3 anni fa, il dolore per una sconfitta era enorme, ma ho capito che bisogna metabolizzarla, pensare che se non ce l’hai fatta oggi ce la puoi fare domani».

agassi: “mi hanno chiesto spesso com’è que-sta vita da tennista, e non ho trovato mai la pa-rola giusta per descriverla. ma adesso mi sta venendo in mente. e’ soprattutto, uno strazian-te, eccitante, orribile, sorprendente vortice. esercita perfino una leggera forza centrifuga, che combatto da trent’anni”; com’è la vita da pilota?«E’ un continuo alternarsi di emozioni differenti: da una parte è una vita abitudinaria, perché pren-di gli stessi voli, vedi gli stessi circuiti, dormi sem-pre negli stessi hotel, ma dall’altra si succedono tantissime cose differenti, conosci sempre gente nuova, le situazioni cambiano continuamente, la

tua vita è piena di emozioni belle e brutte. Que-sto vortice, come lo chiama Agassi, a volte ti fa pensare di non correre più, vorresti essere “libe-ro” per non subire più questa pressione, questa ansia di vincere a tutti i costi. Tutto questo, però, ti rende anche felice: è questa la contraddizione».

e’ vero che quando vinci: “diventi più forte, simpatico, bello. Tutti vogliono conoscerti, an-che persone famose che non ti hanno mai con-siderato: lo trovo surreale, poi assolutamente normale (…)”.«La gente vuole stare vicino a chi è famoso. Però è vero - e strano – che se fai determinate cose quando sei il numero 20 del tuo mondo, non inte-ressa a nessuno, mentre se fai le stesse cose da numero uno vengono copiate dagli altri, anche se le fai male. Ma è umano, siamo fatti così: quando vediamo uno che ha successo lo vediamo più bel-lo, più alto, più carismatico…».

L’importante è sempre guardare avanti, ma imparare anche a vivere e a sfruttare al massimo i momenti belli, altrimenti non ha senso lottare

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agassi: “Se fai della perfezione il tuo obiettivo ultimo, sai che succede? insegui qualcosa che non esiste”; ti è mai capitato di perdere un GP per aver ricercato la perfezione?«Credo sia giusto ricercare la perfezione: solo così puoi migliorare, altrimenti rimani sempre allo stesso livello. Questa ricerca, però, ti ren-de mentalmente inquieto e, a volte, ti frena: nel 2009, a Barcellona (Lorenzo venne superato da Rossi all’ultima curva, NDA) nelle ultime due cur-ve ho pensato più a essere perfetto che veloce e Valentino mi ha battuto».

Secondo agassi “l’agitazione è una cosa buf-fa. a volte ti fa correre al bagno. altre volte ti fa sentire arrapato. in certi giorni ti fa ridere e non vedi l’ora di batterti. Decidere che tipo di agitazione hai quel giorno è la prima cosa da fare quando devi scendere in campo. capire la tua agitazione, decifrare ciò che ti dice il tuo stato mentale e fisico è il primo passo per con-trollarla e farla lavorare per te”.

e’ vero che esistono diversi tipi di agitazione ed è fondamentale riuscire a controllarla?«Per me non cambia, è più o meno sempre la stessa. Normalmente sono una persona che scherza molto, ma quando sono in tensione non scherzo più, sono molto concentrato: sento

qualcosa nello stomaco. Cerco di rendere posi-tiva la mia agitazione: se non ci riesci, consumi troppa energia».

continua agassi: “Per giocare a tennis, inten-do circondarmi di più gente possibile fuori dal campo (…) ne ho bisogno per la loro compa-gnia (…) sono il mio equipaggio, ma sono an-che i miei guru, il mio pannello di esperti. li studio e prendo qualcosa da ognuno”. anche per un pilota è fondamentale avere tanta gente attorno?«Quando sei all’inizio della carriera e non guada-gni soldi, non puoi avere tante persone intorno, ma quando cominci ad avere uno stipendio, allo-ra ci vuole un buon manager che trovi gli sponsor e firmi i contratti, perché devi sfruttare al massi-mo la tua carriera; ci vuole un buon ufficio stam-pa; ci vuole un bravo preparatore fisico. Insomma, devi avere al tuo fianco una serie di persone che ti tolgono i problemi e ti fanno mi-gliorare in tutti i sensi. Ognuno ti trasmette qual-cosa».

agassi afferma di “ricordare tutti i 1000 incon-tri disputati”. ricordi tutti i suoi 181 GP?«Fino a 4-5 anni fa sì, adesso diciamo che mi ri-cordo l’80-85% delle gare: quelle più lontane nel tempo me le sono dimenticate».

Normalmente sono una persona che scherza molto, ma quando sono in tensione non scherzo più, sono molto concentrato: sento qualcosa nello stomaco.

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LE FOTO PIù EMOzIONANTI DEL GP DEL PORTOGALLOdi Massimo Zanzani | ecco le foto più belle scattate dentro e fuori la pista di agueda, per raccontare in immagini il weekend di motocross in Portogallo

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