The World of il Consulente n. 36 del 2012

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Verso il futuro Inps, tra disservizi e accordi illegittimi. Riforma Sistema previdenziale ENPACL Il contratto a progetto Licenziamenti per giustificato motivo Nessun condono per i Comuni 12 12 12 Relatori d’eccezione per la Riforma Fornero Parliamo di IMU I Quaderni del Consulente

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Verso il futuroInps, tra disservizi e accordi illegittimi.

Riforma Sistema previdenziale ENPACLIl contratto a progetto

Licenziamenti per giustificato motivoNessun condono per i Comuni

12 12 12Relatori d’eccezione per la Riforma Fornero

Parliamo di IMUI Quaderni del Consulente

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Verso il futuroInps, tra disservizi e accordi illegittimi.

Riforma Sistema previdenziale ENPACLIl contratto a progetto

Licenziamenti per giustificato motivoNessun condono per i Comuni

12 12 12Relatori d’eccezione per la Riforma Fornero

Parliamo di IMUI Quaderni del Consulente

N°36 - 30 novembre 2012

Periodico telematico - Reg.Tribunale di Roma n. 280 del 20 settembre 2011

House Organ del Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma - Pubblicazione quindicinale

Direttore Responsabile Lorenzo Lelli

Comitato Scientifico Gabriella Di Michele - Aldo Forte

Giuseppe Sigillò Massara Pierluigi Matera - Antonio Napolitano

Antonio Maria Rinaldi - Vincenzo Scotti Virginia Zambrano

Redazione Eleonora Marzani

Massimiliano Pastore Daniele Donati

Giuseppe Marini Paolo Stern

Andrea Tommasini Aldo Persi

Editore Ordine dei Consulenti del Lavoro

Consiglio Provinciale di Roma IT 00145 Roma RM

Via Cristoforo Colombo, 456 Tel. 06 89670177 r.a. - Fax 06 86763924 www.consulentidellavoro-roma.it

Segreteria: [email protected]

Ente di Diritto Pubblico Legge 11-1-l979 N.12

Redazione: [email protected]

Questo numero è stato chiuso in redazione il 30-11-2012

8 dicembre, l’Immacolata Concezione a Roma

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1The world of il Consulente

Care colleghe e cari colleghi,voglio parlare di STP, le leggendarie società tra profes-sionisti.La STP, già in uso tra gli avvocati dal 2001, con la Leg-ge di stabilità 2011 (Legge n. 183 del 12/11/2012) è sta-ta introdotta per tutte le altre professioni. La normativa prevede che si possano costituire società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordini-stico, secondo tutti i modelli societari regolati dal codice civile. Fondendo le attività professionali intellettuali con quelle economiche, differenti per definizione ed obiettivi, attraverso l’imminente emanazione di un dedicato Rego-lamento attuativo. Il Cup guidato dal nostro Presidente Marina Calderone, si è reso disponibile alla stesura del Regolamento, proprio per evitare che vengano meno quelle garanzie e la professionalità che finora hanno con-traddistinto le categorie ordinistiche. L’art. 10 della citata legge, al comma 4, lettera b), regolamenta l’ammissione dei soci come segue: “l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di stu-dio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento”.Tale ultima affermazione allarga notevolmente la rosa dei potenziali soci operanti nella STP, lasciando ampi margini per l’intrusione nel mondo delle professioni or-dinistiche di realtà con poche competenze tecniche spe-cifiche, incentrate all’aspetto meramente economico, cito “per finalità di investimento”, mercificando il servizio offerto dal consulente e svilendo il codice deontologico che contraddistingue e regolamenta queste tipologie di professionisti. Lo stesso articolo al comma 8, inserisce un’ulteriore estensione per queste società: “La società tra professionisti può essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali”. Potrebbero costituirsi delle corporazioni, delle multinazionali, delle Holding di multi professionalità, tese alla crescita economica, al monopo-

lio del mercato, perdendo di vista l’effettivo fabbisogno del Cliente, il tutto amplificato esponenzialmente dal dif-ficile ambito in cui si configura: una spietata crisi econo-mica che non sembra voler mollare la presa. Mi vengono in mente esempi lampanti di grandi studi legali internazionali che salvano dalla condanna quelli che sanno bene essere colpevoli di gravissimi reati, per quadrare i conti, guadagnare milioni e aumentare la fama della propria corporazione. E, la storia insegna, sicura-mente la grande società, con molteplici servizi e fanta-stici effetti speciali, si mangerà in un boccone il piccolo solitario professionista. Sussiste, per assurdo, un ulteriore rischio: anche se è espressamente definita dalla predetta norma l’esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispetti-vo albo con provvedimento definitivo, esiste la possibilità che lo stesso, acquisendo un altra competenza professio-nale o anche solo tecnica, rientri nella STP dalla “porta di servizio” con altro titolo ma sicuramente con le stesse mansioni! Benvenuti nella giungla delle STP, il business del futuro! Ma quali tutele stiamo dando al cliente? Qua-le rassicurazioni diamo al collega professionista? Quale futuro prepariamo al giovane collega che si affaccia oggi alla professione? Dopo la riforma delle professioni ordini-stiche, dopo l’abolizione delle tariffe professionali, dopo il riassetto a livello nazionale della loro gestione istituzio-nale, era davvero necessaria l’istituzione delle STP? Si rischia di allargare a personalità con competenza dubbia il lavoro da sempre svolto esclusivamente dal professioni-sta e rigorosamente controllato dagli Ordini di riferimen-to. Non possiamo far altro che aspettare e sperare che la Regolamentazione di queste nuove società, oggi ancora in fase di studio, possa renderci delle tutele concrete ed efficaci per la conservazione della nostra professionalità, della coerenza delle istituzioni, per sostenere e crescere i giovani professionisti in un ottica di competenza e rispet-to professionale, al contempo salvaguardando responsa-bilmente la nostra clientela.

Nasce un nuovo business: Stp - Società tra professionisti

Editoriale

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2 The world of il Consulente

8Riforma Sistema

previdenziale ENPACLNovità ed evoluzione

della Previdenza di Categoriadi Adalberto Capurso

10Il contratto a progetto

Problematiche ispettive dopo la riforma Fornero

di Gianfranco Cioffi

14Licenziamenti per giustificato motivo

oggettivoCome si evolve il ruolo

delle Direzioni Terriotriali del lavoro

di Eufranio Massi

24Nessun condono

per i ComuniI Comuni non devono fare i condo-

ni fiscalidi Maurizio Villani

4Cdl, anello di congiunzione tra leggi e imprese, neces-saria la nostra collabora-

zione per aumentare la produttivita’

Ribadito il ruolo fondamentale dell’operato della Categoria al

supporto delle istituzioni, elogio alla Presidente del Consiglio

Nazionale, la dottoressa Marina Elvira Calderone, dai Ministri presenti per i risultati raggiunti dalla Categoria e per il ruolo di

consolidamento delle unioni svolto. In perfetta sintonia il Presidente

del Consiglio Provinciale di Roma, il Dott. Adalberto Bertucci, che ribadisce il ruolo di sostegno

ed attuazione da parte dei Con-sigli Provinciali, alla Presidenza

Nazionale.

Sommario

2812 12 12

Dalle profezie dei Maya alla nuova Europa

32Relatori d’eccezione

per la Riforma ForneroAl Seraphicum oltre 500 persone

ad ascoltare gli illustri relatori di Andrea Tommasini

34Parliamo di IMU

All’Oly Hotel una platea di oltre 240 professionisti

per parlare di IMUdi ludiala

36I Quaderni

del Consulente La mediazione fiscale obbligatoria

ex art. 17-bis D. Lgs. 546/92

In Focus

1the world of il Consulente

Inps, tra disservizie accordi illegittimi. L’editoriale del Presidente

di Adalberto Bertucci

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Convegno

ULTIME NOVITA’ PENSIONISTICHE DOPO LA RIFORMA FORNERO

Lunedì 03/12/2012 ore 15:15

Hotel Mercure Roma West Viale Eroi di Cefalonia, 301 Roma – (zona EUR Spinaceto)

Relatrice: Silvia Tinganelli - Funzionario INPS

Tavola Rotonda

LA COMUNICAZIONE QUALE ELEMENTO FONDAMENTALE PER L’ECONOMIA E LA GESTIONE DI UN’IMPRESA

CORRETTAMENTE ORGANIZZATA Venerdì 07/12/2012 ore 14:30

Sede Ordine Via C. Colombo 456, Roma – (zona Basilica S. Paolo)

Relatore: Andrea Tommasini - Executive della Comunicazione

Chi fosse interessato a partecipare potrà prenotarsi esclusivamente attraverso il ns. sito internet www.consulentidellavoro-roma.it – “Prossimi Eventi – dettaglio- partecipa” (inserendo nome utente e password). Ricordiamo inoltre ai prenotati, che in caso di sopravvenuta impossibilità a partecipare al suddetto evento formativo, va effettuata la relativa disdetta, per dar luogo alla prenotazione da parte di altri iscritti. (art. 9 del Regolamento FCO)

Ordine

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4 The world of il Consulente

NazionaleCdl, anello di congiunzione tra leggi e imprese, necessaria la nostra collaborazione per aumentare la produttivita’Ribadito il ruolo fondamentale dell’operato della Categoria al supporto delle istituzioni, elogio alla Presidente del Consiglio Nazionale, la dottoressa Marina Elvira Calderone, dai Ministri presenti per i risultati raggiunti dalla Categoria e per il ruolo di consolidamento delle unioni svolto. In perfetta sintonia il Presidente del Consiglio Pro-vinciale di Roma, il Dott. Adalberto Bertucci, che ribadisce il ruolo di sostegno ed attuazione da parte dei Consigli Provinciali, alla Presidenza Nazionale.

COLLABORARE CON I CONSULENTI DEL LAVORO, ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA LEGGI E IMPRESE, PER AUMENTARE PRODUTTIVITA’, queste in sintesi le importante di-chiarazioni rilasciate da chi è preposto od è stato precedentemente preposto, alla guida del delicato dicastero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

L’attuale Ministro del Lavoro L’on. Prof.ssa Elsa For-nero, al fianco della Presidente del Consiglio Nazio-nale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, la Dott.ssa Marina Elvira Calderone, in occasione dell’im-portante Congresso Straordinario dal titolo “VER-SO IL FUTURO” che si conclude oggi 30 novembre 2012 all’Auditorium di Roma, ha confermato la ne-cessità di collaborazione con la categoria.Un’occasione creata per parlare insieme di futuro. Uno straordinario evento con un record di adesioni per discutere sulle modalità di potenziamento della rete professionale attraverso la quale tutte le compo-nenti della categoria dialogheranno con gli iscritti.In una lettera aperta alla Categoria, la Presidente del Consiglio Nazionale ha infatti spiegato”…è giunto il momento di soffermarci a riflettere su quale futuro

vogliamo per la nostra professione e sulle azioni che la Categoria deve porre in essere per sostenere chi, come i giovani, scommette su un avvenire da libero professionista”.Ieri 29 novembre, dopo i saluti di rito e la magistra-le prolusione iniziale della dottoressa Marina Elvi-ra Calderone – Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, la Ministra Fornero ha dichiarato alla Categoria che è “NECES-SARIA LA VOSTRA COOPERAZIONE”. Ha poi chiarito con grande serenità che la riforma del lavoro ha dei punti buoni, e che quelli che non sono ancora così buoni, potranno essere migliorati e cambiati in tal senso, nella più costruttiva collaborazione.Ha però messo in guardia che siamo “ rimproverati in Europa per un mercato del lavoro segmentato con

Dott.ssa Marina Elvira CalderonePresidente Consiglio Nazionale Ordine Consulenti del Lavoro

Dott.ssa Marina Elsa ForneroMinistro del Lavoro e delle Politiche Sociali

di Andrea Tommasini Redazione Cultura

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Nazionale

una forte area di precarietà, soprattutto per giovani, donne e anziani”. Ha poi ricordato quanto il “mercato del lavoro sia particolarmente delicato e complesso da richiede grande professionalità e poi ha aggiun-to: “ dichiarando di voler lavorare sull’apprendistato, collaborando con i Consulenti del Lavoro per au-mentare la produttività nell’interesse del paese. Ha inoltre sottolineato la stretta necessità di coopera-re, affinchè ognuno metta a disposizione le proprie competenze, non solo al servizio del proprio ruolo, ma del nostro Paese. Rispetto all’esigenza fondante di progettualità, ha sottolineato che i Consulenti del lavoro possono contribuire in modo significativo in tal senso. “…Il mercato del lavoro…”, ha poi conclu-so, “….è estremamente delicato, richiede grandissi-ma professionalità e per questo i consulenti del lavo-ro svolgono un grande compito.”Il Suo predecessore, L’On. Maurizio Sacconi, Sena-tore e former Ministro del Lavoro rende merito alla professionalità della Categoria con la quale dichiara di aver collaborato profondamente, nella compren-sione che dice di aver approfondito e maturato nel corso del suo dicastero, che le Leggi, prima di esse-re portate in Parlamento, vanno fatte leggere a chi ogni giorno è chiamato poi ad applicarle, portando

ad esempio il libro unico, quale positivo risultato della collaborazione fra Ministero e Categoria. Stig-matizza altresì la difficoltà dell’Italia, con particolare riguardo agli imprenditori stranieri che desiderano investire nel nostro Paese, il quale non è in grado di offrire certezza del diritto ed in conseguenza di ciò, garanzia sugli investimenti dei capitali stranieri. Dopo i complimenti alla Presidente Nazionale Ma-rina Elvira Calderone per aver significativamente contribuito all’unione della Categoria, l’ex ministro ha precisato che il futuro della categoria è ancorato nelle professioni ordinistiche che svolgono funzioni sussidiarie ed in tal senso la legge sulle professioni andrebbe rivista distinguendo tra professioni rego-lamentate e non. Nel delineare il futuro della catego-ria, ha altresì sottolineato come i consulenti del lavo-ro siano consulenti di comunità in quanto le imprese vengono intese come comunità di valori oltre che di produttività.“I consulenti del lavoro dovrebbero puntare sulla contrattazione di prossimità, sulla detassazione della produttività e nell’arbitrato nel contenzioso del lavo-ro e portare l’impresa ed i lavoratori a condividere

rischi e produttività, così facendo aiuterebbero il mercato del lavoro a fare il salto da una dimensione ideologica ad una dimensione di risultato, ha dunque concluso.Nell’intervento poi del past former Ministro del La-voro e della Previdenza Sociale, l’On. Cesare Da-miano, si chiude l’excursus storico del dicastero del lavoro nella Sua considerazione che “…nei Cdl, che considera anello di congiunzione tra le leggi e le im-prese…” ad ulteriore sottolineatura dell’importante ruolo da essi svolto. Dall’On. Damiano ci viene anche una importante considerazione su come la concer-tazione “vecchio stampo”, sia necessario cambiarla in quanto, non è più possibile procedere come un tempo ed ai Governi deve essere lasciata l’autonomia decisionale che gli compete. Senza necessariamente

On. Cesare DamianoPast former Ministro del Lavoro

Dott. Adalberto BertucciPresidente del Consiglio Provinciale di Roma dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

On. Sen. Maurizio SacconiSenatore e former Ministro del Lavoro

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Nazionale

dover attendere che tutti si possano trovare in ac-cordo.“Un conto è l’ aula universitaria, altra cosa è il Pae-se reale”, l’On. ribadisce che i Consulenti del lavoro devono essere ascoltati perché hanno in mano i pro-blemi. Damiano esprime disaccordo con il ministro tecnico Elsa Fornero sugli ammortizzatori sociali e prevede traumi al lavoro e all’impresa per questo modo di fare le riforme. L’ex ministro, inoltre, resta molto critico sugli esodati. La sua preoccupazione, chiarisce, non è rivolta all’assistenzialismo, ma alla mancanza dei finanziamenti per gli ammortizzatori sociali per il 2013 per effetto delle quali, annuncia, un forte impatto sociale sulla disoccupazione come effetto di ricaduta.Intervento positivo anche da parte dell’On. Paola Se-verino - Ministro della Giustizia, la quale ha stigma-tizzato che “La nostra categoria è composta da per-sone che vogliono costruire e che quella è la nostra forza”.Un intervento, quello del Ministro, che è già no-vità per il solo fatto che per la prima volta il Mini-stro che non si occupa di professioni partecipa ad un congresso di categoria, ma che poi si estrin-seca nella descrizione di una professione che, secondo il Ministro, è necessaria per superare le difficoltà del momento. “Il nostro Paese”, ha sot-tolineato la Severino, “ha un disperato bisogno di rinnovamento, partendo proprio dal lavoro, e tro-vare un punto di riferimento (i Consulenti del La-voro) all’interno delle professioni che comprenda le varie difficoltà, è una situazione straordinaria. Il consulente del lavoro ha attitudini a risolvere i problemi e i temi dell’accesso, della formazione e della socializzazione sono il futuro delle profes-sioni; ci vuole qualità e formazione per il profes-sionista del futuro”. Ma non è tutto. Il Ministro Severino parla anche di mediazione alla luce dell’incostituzionalità della stessa che ha di fatto annullato per il momento la sua obbligatorietà, e sulla stessa si esprime in modo favorevole, par-

tendo però dall’assunto che qualsiasi istituto per diventare obbligatorio deve essere condiviso. E la condivisione dei caratteri della mediazione, se-condo la Severino, sicuramente porterà un bene-ficio per la collettività ma anche per la deflazione del contenzioso giudiziario. Un’ultima novità ri-guarda il provvedimento relativo ai parametri per la liquidazione dei compensi giudiziari ai consu-lenti. Gli uffici del Ministero hanno concluso l’iter e si trova ora al Consiglio di Stato per il parere; questo consentirà ai consulenti del lavoro di ave-re il regolamento per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi ai sensi dell’articolo 9 del Dl 1/2012. Salutando i congressisti il Ministro Severino si è con-gratulato con la Presidente e con il lavoro di tutti i dirigenti della categoria, sottolineando che la “forza dei Consulenti del Lavoro è l’unione delle categoria”.Interviene poi il dott. Adalberto Bertucci - Presidente del consiglio Provinciale di Roma, il quale facendosi portavoce del saluto di tutto il Consiglio Provinciale di Roma alla Presidente Nazionale ed attraverso di Lei a tutti gli altri Consigli Provinciali ed ai presenti tutti, sottolinea la delicatezza del momento che la Categoria ed in generale il Paese sta viven-do, ribadendo che Roma “non ha abbassato la guardia” e che è “ attenta e vigile” sui cambiamenti e “pronta a dimo-strare il valore del nostro lavoro.Ringraziando la Presidente Nazionale per averlo in-vitato, ribadisce che le riforme in corso non sono an-cora “in linea con le aspettative” osservando, la non coerenza, per esempio, che per un Apprendista si possano prevedere sino a 5 anni di progetto forma-tivo, mentre per un professionista siano stati stabiliti 18 mesi di praticantato come requisito di accesso ne-cessario e sufficiente.Prosegue poi, sottolineando con soddisfazione, la rappresentatività in termini di qualità e composizio-ne del Consiglio Provinciale di Roma, all’interno del quale continua ad accrescersi il numero dei Laureati e di conseguenza il livello culturale della Categoria, nonché la forte presenza di donne e giovani e meno giovani.Un fragoroso applauso, accompagna poi il suo rin-

Dott. Francesco LongobardiPresidente ANCL SU

On. Paola SeverinoMinistro della Giustizia

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Nazionale

graziamento a tutti i predeces-sori, vivi e/o non più presenti, ai quali dobbiamo la Legge 79 che ha fatto grande la Categoria.Un particolare ringraziamento è giunto inoltre dal Presidente Bertucci alla Pre-

sidente Nazionale Calderone ed a tutto il Consiglio Nazionale per il lavoro e le battaglie sin qui svolte a tutela della categoria assicurando pieno e rinnova-to sostegno. Rispetto al Consiglio Nazionale ha poi assunto una posizione difensiva, rispetto alla consi-derazione che si sarebbe atteso da parte dell’ANCL un’azione di denuncia preventiva alle battagli avvia-te dal CNO che non avrebbero dovuto trovarsi solo nelle battaglia, assicurando con grande affetto la sua piena collaborazione e supporto per il proseguimen-to delle azioni future, sottolineando che la rappre-sentatività istituzionale compete al Nazionale e che la posizione dei Consigli Provinciali, Roma in prima linea, è a totale supporto attuativo delle linee d’indi-rizzo a difesa e sostegno della CategoriaHa poi dato un incisivo messaggio di sostegno e vici-nanza a tutti i Colleghi della Categoria, ribadendo la necessità di superare i motivi di disagio e sofferenza degli iscritti, sottolineando anche la necessità di una vera e profonda unione fra le componenti del Nazio-nale ed i consigli Provinciali, esaltando le capacità di tutti coloro deputati alla guida dell’Ordine Nazionale e nel suo complesso e chiarendo pubblicamente la chiarezza e la lealtà delle azioni di politica interna in-traprese.Ha poi concluso il suo intervento sottolineando a tut-ti i presenti che “il futuro ci appartiene e non è solo una parola”, dobbiamo esserne protagonisti.Intervento ancora a cura di Francesco Longobar-di - presidente ANCL SU, il quale ha confermato la sua presenza al fianco del Consiglio Naziona-le dell’Ordine a sostegno di azioni di proposta, sottolinenando la positiva unione e compattezza della Categoria in tempi di riforma che prevedono tempi di Praticantato troppo brevi per una buona preparazione, eliminazione dei riferimenti tariffa-ri che crea confusione, società tra professionisti con ingresso dei soci che non deve rappresentare una scorciatoia per lo svolgimento della professio-ne da parte degli abusivi.Importante anche la campagna pubblicitaria lanciata

da poco dall’ANCL per sensibilizzare i datori di lavo-ro e gli imprenditori ad affidarsi ad un Cdl.Professioni non regolamentate e protocollo siglato dall’INPS sono state oggetto di riflessione in quanto le decisioni avrebbero dovuto essere prese solo dopo aver contattato gli interlocutori principali ed abilitati dalla legge, quali sono i Cdl.Parlando poi di previdenza, brillante l’Intervento di Alessandro Visparelli - Presidente ENPACL il quale ha definito il Congresso un appuntamento impor-tante verso il futuro, affermando che a suo avviso, il migliore modo di guardare al futuro e quello di presentarvi la nuova previdenza che garantirà la sostenibilità della cassa per i prossimi 50 anni”. Un salto verso il sistema contributivo un sistema equo, fondato soprattutto con un patto tra le generazioni tra i colleghi di oggi e quelli di domani.Il presidente ha precisato che “il compito di tutti noi è sarà quello di favorire l’entrata di nuove forze, e di nuova linfa perché il nostro patrimonio primario re-stano gli iscritti, e le casse oggi sono in buone mani infatti garantiranno la sostenibilità per 50 anni”. Il nostro è un sistema a ripartizione ed abbiamo biso-gno che la categoria si sviluppi e l’Ente sarà sempre presente a finanziare progetti, economie di scala per poter vincere questa sfida. ”Favoriremo l’aggrega-zione tra i giovani per garantire il nostro volume d’af-fari e faciliteremo l’incontro tra i colleghi che escono ed i giovani che vorranno entrare nel nostro ordine”. In conclusione del suo intervento Alessandro Vispa-relli ha rimesso nelle mani di della Presidente Calde-rone il compito di chiarire se il reddito delle società professionali dovrà essere di carattere autonomo o d’impresa, questo punto sarà essenziale per consen-tire questo salto verso il futuro della professione e del-la previdenza dei consulenti del lavoro.Ulteriori interventi autorevoli, anche a cura del Prof. Stefano Mustica, Docente di “Teoria dei nuovi me-dia” presso la Link Campus University, che ha presentato al Congresso straordinar io l’indagine sugli scenari della professione che fotografa la cate-goria, la crescita e il dettaglio del-le caratteristiche degli iscritti e re-lativi punti di for-za e di debolezza.

Dott. Alessandro VisparelliPresidente ENPACL

Prof. Stefano MusticaDocente di “teoria dei nuovi media” Link Campus University

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8 The world of il Consulente

Su quest’ultimo punto basti pen-sare alla riduzione dei compo-nenti il consiglio e delegati, alla convocazione a mezzo Pec, alla possibilità di versamento con F24 con i benefici che tale pro-cedura consente, all’ampliamen-to (aimè) della rateizzazione dei debiti portata ora ad anni 5.Anche in materia di tra-sparenza si è fatto un passo in avanti dando risalto, con le modifiche degli articoli di ineleg-gibilità, alle assenze in-giustificate dei delegati, alla definizione di data certa per l’approvazio-ne dell’ultimo bilancio e così di seguito.Una riforma a mio avvi-so che ritengo di poter definire, si migliorabile, ma comunque una rifor-ma in linea con i tempi.Con notizia dell’ulti-m’ora, apprendiamo che i Ministeri vigi-lanti hanno espres-so parere favorevole alla riforma da voi proposta.Abbiamo visto e vedremo in

Era necessario per il rispetto dei termini fissati dall’art. 24 comma 20 della L. 201/2011 ri-formare il nostro sistema previdenziale ed approvarne la sua riforma entro il 30/09/2012.Abbiamo in realtà corso, ma alla fine siamo riusciti il 27/09/2012 dopo il vaglio dei delegati Enpacl a garantire le richieste di sostenibilità cinquantennale dei nostri conti ed abbiamo

nel contempo licenziato uno statuto e un regolamento che è sicuramente più snello più adeguato ai tempi e indirizzato al contenimento di costi.

Riforma Sistema previdenziale ENPACLNovità ed evoluzione della Previdenza di Categoria

Previdenza

di Adalberto CapursoCoordinatore Delegati ENPACL di Roma

futuro pubblicazioni di schede che raffrontano il vecchio e il nuovo e che saranno sicura-mente utili a noi ma soprattut-to ai giovani consulenti ai quali la riforma è stata indirizzata e che alla fine dovrebbe ga-

rantire loro un

futuro che valorizzerà la pro-fessionalità e l’impegno profes-sionale prestato nello svolgi-mento dell’attività.

Ora però, vorrei lanciare dalla nostra rivista, un

appello ai vertici dell’Ente di

Previden-z a

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9The world of il Consulente

Previdenza

affinché per il prossimo futuro vaglino la possibilità di risolvere alcuni problemi dei quali sono stato investito nella qualità di co-ordinatore dei delegati di Roma. Primo fra tutti la possibilità per i pensionati non Enpacl di veder-si riconosciuta la riduzione, se non l’abbattimento del contribu-to obbligatorio, pur mantenendo l’iscrizione al proprio ordine pro-vinciale. Siamo nostalgici e ci te-niamo dopo una vita di soddisfa-zioni ma anche di grandi sacrifici a continuare la vita associativa. Sempre in materia di pensiona-ti è necessario anche colmare

il buco che si è venuto a creare con la convenzione sottoscritta con EMAPI che vede un distin-guo tra i pensionati da una cer-ta data sulla possibilità di poter aderire per sé e propri familiari al piano complementare assi-curativo.Sono certo che il Consiglio Direttivo si adopererà per la risoluzione di queste piccole ma, per alcuni, grandi proble-matiche. A conclusione di que-ste poche note di commento un cenno al contributo che dal 2013 dovremo versare:Obbligatorio - aliquota fissa del

12% su un imponibile minimo di 17.000,00 euro e un imponi-bile massimo di 95.000,00 (fa-sce imponibili reddituali sono annualmente rivalutabili con delibera Consiliare) che sarà pari ad un contributo obbliga-torio minimo di euro 2.040,00 e massimo di euro 11.400,00, con possibilità per giovani e pensio-nati di opzione.Integrativo - 4% con un versa-mento minimo di euro 300,00.In attesa della auspicata ripre-sa economica auguro a tutti i colleghi e al consiglio direttivo Enpacl un buon lavoro.

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Problematiche ispettive dopo la riforma Fornero1

1 Ai sensi della circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 marzo 2004, il presente contributo è da considerarsi di natura personale e non impegnativa per la Pubblica Amministrazione (N.d.A.)

Il contratto a progetto

Lavoro

di Gianfranco CioffiAvvocato

Il recente Convegno di Aggiornamento Professionale, tenutosi il giorno 08.11.2012, presso la Sala Convegni dell’Oly Hotel in Roma, ha rappresentato un proficuo momento di riflessione, anche in ordine alle modifiche apportate dalla “Riforma Fornero” al contratto di collaborazio-ne a progetto, permettendo un confronto tra i diversi punti di vista dei consulenti del lavoro e

degli ispettori del lavoro.

Preliminarmente, va ricordato che l’istituto del contratto di collaborazione a progetto (ar-ticoli 61 e seguenti del decreto legislativo n. 276/2003) è, almeno dal 2003, oggetto di conti-nua attenzione da parte del legislatore finalizza-ta ad arginarne l’utilizzo elusivo rispetto ad altre forme di rapporto di lavoro.Ed, infatti, la Riforma Fornero, più che dettare nuove regole rispetto alla disciplina dei contratti di collaborazione a progetto, tenta di limitarne la tipologia di lavoro a quelli effettivamente au-tentici, attraverso alcune indicazioni che offro-no una sorta di “interpretazione autentica” del testo previgente.Va, anche, evidenziato che, probabilmente, tale impostazione risente soprattutto delle risultan-ze “pratiche” delle attività ispettive in materia, in quanto è proprio su alcune cruciali proble-matiche che la Riforma ha fornito disposizioni cogenti.La Riforma, ribadisce che i rapporti di collabo-razione coordinata e continuativa, prevalente-mente personale e senza vincolo di subordina-zione, devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore e che il progetto dovrà essere funzionalmente collegato al risultato finale da raggiungere e non potrà es-sere identificato con l’oggetto sociale del com-

mittente.Inoltre, in modo molto pragmatico, viene elimi-nata la possibilità di stipulare i co.co.pro. in rife-rimento al “programma” e/o alle “fasi di esso” dall’articolo relativo al progetto da conseguire, mentre viene, altresì, chiarito che tale rapporto dovrà essere indipendente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.Non sarà, dunque, possibile una collaborazione a progetto per lavori generici, con attività mera-mente esecutive o ripetitive, che, però, potran-no essere individuate dai contratti collettivi na-zionali.Per questo motivo, l’oggetto del progetto dovrà essere più specifico e dovrà possedere i requi-siti di determinatezza, ed inoltre, dovrà essere individuato il suo contenuto caratterizzante ed il risultato finale che si intende conseguire.Anche per quanto riguarda il compenso corri-sposto ai collaboratori a progetto, la Riforma Fornero rammenta che esso dovrà essere pro-porzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro eseguito, anche se rimarca un indubbio elemen-to di criticità, rilevato nell’attività ispettiva, e cioè che tale compenso non potrà essere infe-riore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, da parte dei contratti collettivi nazionali di categoria, ed in relazione alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori

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Lavoro

subordinati.In assenza di contrattazione collettiva specifica, inoltre, il compenso non potrà essere, comun-que, inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retri-buzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profi-lo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.Una innovazione abbastanza rilevante, invece, concerne la disciplina del recesso anticipato.In materia di recesso anticipato dal contratto a progetto, il legislatore ha previsto che le parti possono recedere esclusivamente per giusta causa, e, più specificamente che il committente potrà recedere prima della scadenza del termi-ne qualora siano emersi oggettivi profili di ini-doneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del proget-

to, mentre il collaboratore potrà recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel con-tratto individuale di lavoro.In pratica, è stata prevista una limitazione della facoltà, in capo al committente, di recedere dal contratto prima della realizzazione del progetto.Tale limitazione viene meno, esclusivamente, in caso di oggettiva incapacità professionale del prestatore di lavoro che rende irrealizzabile del progetto stesso1. Inoltre, la riforma, nello stabilire che le nuove disposizioni si applicheranno ai contratti di col-laborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della riforma, introduce le due vere importanti novità in tema di co.co.pro.La prima, di ordine contributivo2, stabilisce un graduale aumento delle aliquote contributive, che prevede, nel periodo 2013 – 2018, il raggiun-gimento dell’aliquota del 33% per i collaboratori

1 Per quanto riguarda il collaboratore, l’eventuale rescis-sione del contratto prima della scadenza è possibile esclu-sivamente se ciò è previsto dal contratto individuale e quindi soltanto se il lavoratore ha la forza contrattuale di prescrivere, tra gli articoli del contratto, questa possibili-tà. Inoltre, la norma specifica che l’eventuale rescissione del contratto da parte del collaboratore, prima della sca-denza naturale, presuppone da parte di quest’ultimo una comunicazione anticipata al committente ed un periodo di preavviso, anch’esso contrattualmente previsto.

2 A parere dello scrivente, proprio per ottenere più cer-tamente l’obiettivo di “ridurre al minimo l’utilizzo dei co.co.pro., a favore del più sostanzioso contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

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iscritti alla gestione separata ed il tetto del 24% per i collaboratori pensionati o iscritti ad altra gestione.E’ chiaro che, a regime, la scelta del co.co.pro. sarà effettuata solo se effettivamente aderente ai criteri di alta professionalità del collaboratore e se ritenuta più conveniente per il committente. La seconda novità, infine, di ordine esclusiva-mente pratico, pone rimedio ad una problemati-ca che si riscontra in fase di ispezione, tra datori di lavori, consulenti ed ispettori e riguarda la cd. “presunzione di subordinazione”.Infatti, è prevista una presunzione assoluta circa il carattere subordinato del rapporto di lavoro, qualora l’attività esercitata dal collaboratore sia analoga a quella prestata dai lavoratori dipen-denti dall’impresa committente. Ciò non varrà per le attività ad elevata professionalità, previsti dai CCNL.Viene, infine precisato che la mancata indivi-duazione del progetto determinerà automatica-mente la trasformazione del rapporto in lavoro subordinato3. Da un punto di vista eminente pratico, va sotto-lineato come, in tali evenienze, acquista impor-tanza decisiva e fondamentale, la verbalizzazio-ne, sia del verbale di primo accesso che delle “dichiarazioni spontanee” del lavoratore.

3 La disposizione non fa altro che riprendere ciò che ave-va già disciplinato l’articolo 69 del decreto legislativo n. 276/2003 (Riforma Biagi).

Il richiamo va, immediatamente, alla “Sezione I” del verbale di primo accesso (Elenco dei soggetti individuati sul luogo di lavoro), e segnatamente alla III colonna della tabella [riportante la dicitu-ra “Il soggetto è stato visto svolgere la seguente attività (descrizione analitica, abbigliamento e altri elementi utili. Indicare se acquisita dichia-razione)], che, laddove compilata correttamente ed esaustivamente, comporterà, sicuramente, una netta diminuzione della “conflittualità inter-pretativa” tra ispettore del lavoro e consulente – professionista del datore di lavoro.Resta inalterata, per le considerazioni finali che seguiranno, una unica problematica, quella dei cd. “contratti certificati”.Per essi, in assenza di una qualsivoglia ulteriore determinazione, resterà in vigore, la cd. “pro-cedura aggravata” prevista dalla Riforma Biagi (impossibilità di contestazione immediata del-le violazioni rilevate, impossibilità di irrogare le sanzioni previste per le violazioni, relazione all’Ufficio, tentativo eventuale di conciliazione dinanzi alla Commissione di Certificazione che ha rilasciato la certificazione, eventuale ulterio-re procedimento giurisprudenziale avverso il di-niego di annullamento della certificazione).Ma, soprattutto, continuerà ad esistere la pos-sibilità di avere una diversa qualificazione giu-ridica del rapporto di lavoro (co.co.pro. e non subordinato) laddove il giudice decida per l’au-tonomia della prestazione dei rapporti co.co.pro certificati dedotti in giudizio.

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Licenziamenti per giustificato motivo oggettivoCome si evolve il ruolo delle Direzioni Terriotriali del lavoro

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La legge n. 92/2012, modificando attraverso l’art. 1, comma 40, l’art. 7 della legge n. 604/1966 e puntando ad una deflazione del contenzioso in materia di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, affida alla commissione provinciale di conciliazione istituita ex art. 410 cpc, il compito di espletare un tentativo di conciliazione della controversia, secondo un

iter che presenta una lontana somiglianza, per alcuni aspetti, con quello previsto, per le riduzioni collettive di personale, dall’art. 4 della legge n. 223/1991. Ciò appare, almeno a livello di intenzioni, positivo in quanto si accelera presso la sede amministrativa quella fase di confronto tra datore di lavoro e lavoratore finalizzata a trovare possibili soluzioni sia alternative al recesso che economi-che, avendo ben presente che con i cambiamenti normativi intervenuti nel nuovo articolo 18, la soluzione giudiziale nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo è soltanto di natura risar-citoria (beninteso, in caso di sussistenza della motivazione economica o, comunque, riferibile al giustificato motivo oggettivo nel quale la giurisprudenza di legittimità ha ricompreso una serie di ipotesi strettamente correlate sia all’organizzazione che al funzionamento dell’impresa e scaturen-

ti da situazioni oggettive). Fatta questa breve premessa è necessario verificare, nel con-creto, le modalità applicative partendo dalla individuazione dei soggetti nei confronti dei quali trova applicazione.Sono tenuti al rispetto della norma tutti i datori di lavoro, imprenditori e non imprendito-ri, che in ciascuna sede, stabili-mento, filiale, ufficio o reparto autonomo occupino alle proprie dipendenze più di quindici uni-tà o più di cinque se imprendi-tori agricoli: la norma trova ap-plicazione anche nei confronti del datore, imprenditore o non imprenditore, che nello stesso ambito comunale occupi più di quindici lavoratori, pur se ciascuna unità produttiva non raggiunga tali limiti (anche per

l’imprenditore agricolo dimen-sionato oltre le cinque unità vale lo stesso principio) e, in ogni caso, a chi occupa più di sessan-ta dipendenti. Ai fini del compu-to i lavoratori a tempo parziale indeterminato sono calcolati “pro – quota” in relazione all’o-rario pieno contrattuale, mentre non si computano il coniuge ed i parenti entro il secondo gra-do sia in linea diretta che colla-terale. A tale casistica va, poi, aggiunta l’ipotesi prevista dalla Corte Costituzionale con la sen-tenza n. 143 del 23 aprile 1998: la c.d. “tutela reale” può essere estesa anche ai lavoratori dipen-denti dalle imprese dimensiona-te sotto le sedici unità, qualora le stesse, in sede di contrattazio-ne collettiva, si siano impegnate a garantire tale maggiore tutela,

cosa che si registra, con una cer-ta frequenza, in alcune aziende del settore cooperativo.La previsione ricalca quanto già affermato dal Legislatore del 1970: da ciò scaturisce la piena validità di alcuni indirizzi con-solidatisi nel corso degli anni passati presso la Suprema Cor-te come quello secondo il quale il calcolo della base numerica deve essere effettuato non già nel momento in cui avviene il licenziamento, ma avendo qua-le parametro di riferimento la c.d. “normale occupazione” nel periodo antecedente, sen-za tener conto di occasionali contrazioni dell’occupazione. Il datore di lavoro, sul quale gra-va, in giudizio, l’onere di dimo-strare l’esistenza dei requisiti che lo portano al di sotto della

di Eufranio MassiDirettore della Direzione territoriale del Lavoro di Modena

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“soglia” (Cass., n. 7227/2002), può provare che il calo è stato determinato da ragioni tecni-che, organizzative e produt-tive (v. Cass., n. 2546/2004; Cass. n. 13274/2003; Cass., n. 12909/2003; Cass., n. 5092/2001). Tale problema ri-sulta ancora più accentuato in quelle aziende ove, per motivi di mercato o di attività svol-ta in periodi predeterminati, l’occupazione è “in un certo senso” fluttuante: qui la giu-risprudenza, fermo restando che l’onere della prova circa la consistenza numerica spet-ta al lavoratore, è oscillata tra un concetto di media (Cass. n. 2546/2004) ed uno di “norma-lità” della forza lavoro, riferita all’organico necessario in quel-lo specifico momento dell’anno (Cass., n. 2241/1987; Cass., n. 2371/1986).Un altro tema che va affrontato e risolto riguarda la non com-putabilità di alcune tipologie contrattuali, per effetto di spe-cifiche dizioni legislative come: gli assunti con rapporto di ap-prendistato (qualunque sia la tipologia ed ivi compresi i c.d. “apprendisti in mobilità”) in quanto l’art. 7, comma 3, del D.L.vo n. 167/2011 li esclude espressamente, ripetendo la dizione adoperata dall’art. 21 della legge n. 56/1987; gli assunti con contratto di in-serimento, fino a quando tale contratto rimarrà nel nostro or-dinamento (esso è stato abro-gato dall’art. 1, comma 14, ed ai contratti stipulati entro il 31 dicembre 2012, trovano appli-cazione, fino alla scadenza, le vecchie disposizioni);gli assunti con contratto di reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991, pur se tale tipologia è rimasta nel nostro ordinamento quale mero “re-taggio storico”, atteso che è

rimasta pressoché inutilizzata negli ultimi venti anni;gli assunti, già impiegati in la-vori socialmente utili o di pub-blica utilità assunti, secondo la previsione contenuta nell’art. 7, comma 7, del D.L.vo n. 81/2000;i lavoratori somministrati che, per effetto dell’art. 22, comma 5, del D.L.vo n. 276/2003, non rientrano nell’organico dell’uti-lizzatore;Vanno, invece, compresi nell’organico aziendale i soci lavoratori delle società coope-rative di produzione e lavoro che, successivamente all’as-sociazione, hanno sottoscritto un contratto di lavoro subor-dinato secondo la previsione contenuta nell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001, i lavo-ratori a domicilio, i lavoratori sportivi professionisti che, pur non compresi nell’applicazio-ne della c.d. “tutela reale”, in virtù dell’art. 4, comma 9, del-la legge n. 91/1981, rientrano nel computo dimensionale del proprio datore di lavoro ed i la-voratori assenti con diritto alla conservazione del posto.Il computo parziale nell’organi-co non riguarda soltanto i lavo-ratori ad orario ridotto a tem-po indeterminato come detto, esplicitamente, dalla norma, ma anche quelli intermitten-ti, grazie all’art. 39 del D.L.vo n. 276/2003, che li computa nell’organico dell’impresa “ai fini dell’applicazione di norme di legge, in proporzione all’o-rario di lavoro effettivamen-te svolto nel’arco di ciascun semestre” o quelli “in lavoro ripartito” computati comples-sivamente in relazione all’orari svolto e che vanno considerati come un’unità allorquando l’o-rario complessivo coincida con il tempo pieno.Un’altra questione che va, pre-liminarmente, esaminata, ri-

guarda la motivazione (che è bene, ricordarlo, in questa fase è rimessa alla sola valutazione del datore di lavoro) del licen-ziamento quale riferibile ad un giustificato motivo ogget-tivo, secondo quanto l’art. 3, seconda parte, della legge n. 604/1966, prevede. La dottrina e la giurisprudenza lo hanno ricondotto, negli anni, ad ipotesi di ristrutturazione di reparti, di soppressione del posto di lavoro, di terziarizza-zione e di esternalizzazione di attività. Le prime due non possono essere genericamente individuate ma debbono essere ricondotte alla esigenza di do-ver, necessariamente, “cancel-lare” o ridurre quel reparto o, a maggior ragione, quel posto di lavoro nel quale si trova ad operare il dipendente, con l’im-possibilità di una utilizzazione in altre mansioni compatibili con quella rivestita. A ciò van-no aggiunte anche altre ipote-si che fanno riferimento alla inidoneità fisica, ai provvedi-menti di natura amministrativa che incidono sul rapporto (ad esempio, il ritiro della patente di guida o di un tesserino di in-gresso rilasciato dalle autorità doganali agli spazi aeroportua-li). Un discorso a parte va fatto per il superamento del periodo di comporto: le Sezioni Unite della Cassazione, con alcu-ne pronunce risalenti al 1980, non lo hanno considerato giu-stificato motivo oggettivo, ma hanno ritenuto che la risolu-zione del rapporto discendesse direttamente dall’applicazione dell’art. 2110 c.c. . La necessità del tentativo obbli-gatorio di conciliazione si pale-sa anche allorquando il datore intenda effettuare più licenzia-menti individuali nell’arco temporale di centoventi giorni senza raggiungere la soglia di

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cinque: qui, ci si trova di fronte a “recessi plurimi” per esigen-ze oggettive dell’azienda, tutti ricadenti nella procedura, oggi, prevista per i licenziamenti in-dividuali e non in quella disci-plinata dall’art. 4 della legge n. 223/1991. Ovviamente, nel caso in cui la Direzione territo-riale del Lavoro si accorga che il datore ha chiesto più di cin-que tentativi di conciliazione deve ritenere non ammissibile la procedura dovendo il dato-re di lavoro attivare quella di mobilità prevista dalla legge n. 223/1991).Ma quando è che si può parla-re di licenziamento individuale oggettivo? Senza avere una pretesa di esaustività si può affermare che ciò ricorra, oltre che nelle ipotesi appena evidenziate, an-che in caso di installazione di un impianto o di una procedura completamente sostitutiva o in caso di licenziamento per cam-bio appalto (nei casi in cui non si preveda una ricollocazione presso il nuovo datore di lavo-ro), o in caso di licenziamento di un lavoratore con contratto a tempo indeterminato in edili-zia, nell’ipotesi della fine della fase lavorativa o della fine del cantiere.Fatta questa breve premessa, andiamo a vedere come si deve comportare un imprenditore alle prese con una ipotesi di re-cesso determinata da motiva-zioni economiche. Stando al dettato del nuovo art. 7 della legge n. 604/1966, è ob-bligato ad inviare una comuni-cazione scritta alla Direzione del Lavoro competente per am-bito territoriale (indicato sulla base del luogo di svolgimento dell’attività da parte del dipen-dente) e trasmessa per cono-scenza al diretto interessato. Il contenuto deve far riferimento

all’intenzione di procedere al licenziamento per un motivo oggettivo, deve indicarne le motivazioni, nonché le even-tuali misure di assistenza fina-lizzate ad una eventuale ricol-locazione. La comunicazione si intende inviata a “buon fine” nei confronti del lavoratore, se spedita al domicilio indicato nel contratto o quello, successi-vamente, indicato o, infine, se consegnata a mano con ricezio-ne attestata da una firma sulla copia. Il comma 3 non sembra prevedere altre forme di cono-scenza “legale” delle intenzioni del datore di lavoro da parte del dipendente, neanche quella, prevista in altri provvedimen-ti normativi, della “consegna a mano” non ritirata e firmata dal dipendente, ma avvenuta alla presenza di testimoni.Alcuni chiarimenti esplicativi si rendono necessari.C’è, innanzitutto, da osservare che, a differenza del tentati-vo facoltativo di conciliazione, previsto dalla legge n. 183 del 2010 ove i luoghi teatro dell’iter “teoricamente possibili” erano aumentati a dismisura (si pen-si, a tutti gli organismi di cer-tificazione, o alle camere ed ai collegi arbitrali che si cumu-lavano a quelli “tradizionali” come la sede amministrativa, quella sindacale o quella giudi-ziale), la procedura composito-ria della lite relativa alla “pro-posta di licenziamento” si può svolgere soltanto in un posto, quello ove insiste la commis-sione di conciliazione istituita presso la Direzione territoriale del Lavoro, la cui composizione è espressione delle organizza-zioni datoriali e sindacali mag-giormente rappresentative a livello territoriale e che, quasi sempre, opera attraverso sotto commissioni composte da un rappresentante di parte dato-

riale, da uno di parte sindacale e da un funzionario della DTL, delegato dal proprio Dirigente.Infatti, a differenza dell’art. 413 cpc che, indirettamente, radi-cando la competenza del giudi-ce del lavoro, individua anche quella della Direzione territo-riale del Lavoro per il tentativo facoltativo di conciliazione e che prevede “fori alternativi” (quello ove è sorto il rapporto, quello ove si trova l’azienda o la dipendenza in cui è addetto il lavoratore, o dove prestava la propria opera al termine del rapporto, o, per, i rapporti para-subordinati quello del domicilio dell’agente), il nuovo art. 7 del-la legge n. 604/1966 individua con il solo luogo di svolgimen-to dell’attività del dipendente, l’organo periferico ministeriale competente per territorio.Ma quali sono le modalità ed i contenuti della comunicazione datoriale? L’art. 410 cpc, nella versione riformata dall’art. 31 della leg-ge n. 183/2010, parla di “racco-mandata con avviso di ricevi-mento”, e la nota del Ministero del Lavoro del 25 novembre 2010, non andando oltre il mero dettato normativo, esclu-de altre modalità di conoscen-za come il fax che, peraltro, possiede una propria specifica valenza che discende dal DPR n. 445/2000. In ogni caso, si ritiene pienamente valida una nota inviata alla Direzione del Lavoro, attraverso il sistema di “posta elettronica certificata”. Pur non essendo affermato in maniera esplicita, la comunica-zione va effettuata per iscritto. Tale convinzione scaturisce da due elementi: il primo riguarda l’indicazione della motivazio-ne del recesso e la descrizio-ne delle misure, eventuali, di assistenza alla ricollocazione, il secondo scaturisce dal fatto

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che la comunicazione deve es-sere inviata sia alla DTL che al domicilio del lavoratore. La carenza di comunicazione non è sanabile ed inficia sia la pro-cedura che l’eventuale reces-so adottato in violazione della stessa. C’è, su questo punto, una sorta di analogia con l’iter previsto per la riduzione collet-tiva di personale per la quale, tuttavia, il comma 45 dell’art. 1, individua una strada per la sanabilità dei vizi concernenti la comunicazione iniziale, at-traverso la sottoscrizione di un accordo sindacale. La comunicazione è fondamen-tale in quanto consente di cono-scere le cause, e di conseguen-za aprire la discussione, che determinano, ad avviso del da-tore, la necessità di procedere al licenziamento. Rispetto alla comunicazione ex art. 4 della legge n. 223/1991 che, riguar-dando una generalità di per-sone può non necessariamen-te essere analitica e puntuale (potendo essere più “ben fo-calizzata” nel corso dell’esame congiunto), quella relativa al solo licenziamento individuale deve presentare caratteristiche più precise, avendo l’impren-ditore già individuato (a diffe-renza della procedura collet-tiva) il soggetto nei confronti del quale esercitare l’azione di recesso; tutto questo, secondo principi di “correttezza” e “buo-na fede” alla luce dei principi ribaditi dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7046/2011. Anche le misure attivabili ai fini di una ricollocazione (che, peraltro, sono eventuali) vanno individuate con una certa pun-tualizzazione, in quanto posso-no facilitare la soluzione della controversia. Per quel che ri-guarda la individuazione delle misure alternative, di ricolloca-zione o di assistenza alla ricol-

locazione, va ricordato come la stessa Cassazione le abbia, con la sentenza n.6625 del 23 mar-zo 2011, abbia affermato che non necessariamente debbano avere la caratteristica del lavo-ro subordinato, ben potendo, l’offerta caratterizzarsi con una prospettiva di lavoro autonomo o in cooperativa: ciò che non è ammesso è l’assenza di qualsi-asi garanzia reale in termini di flusso e di lavoro.Si è detto che la nuova proce-dura riguarda tutti i lavoratori subordinati di datori di lavoro cui si applica la “tutela reale”: da tale ambito di applicazione sono, a mio avviso, esclusi i di-rigenti per i quali, da sempre, la tutela è affidata a norme con-trattuali particolari. I tempi del tentativo di concilia-zione sono, necessariamente, brevi e, in questa ottica, il com-ma 3 del nuovo art. 7 della legge n. 604/1966 impone un preciso onere alla Direzione territoria-le che ha ricevuto la nota da-toriale: quello di convocare le parti, avanti alla commissione provinciale di conciliazione, entro il termine perentorio di sette giorni. La nota, che deve contenere il giorno e l’ora della convocazione la quale deve es-sere abbastanza ravvicinata ed urgente, pur nei limiti concessi dalla calendarizzazione dell’at-tività ordinaria, va inviata con lettera raccomandata o, in al-ternativa (cosa possibile per gran parte delle aziende), attra-verso “pec”. Forme alternative di invio della lettera di comuni-cazione, attesa la necessità di coniugare la certezza dell’invio (anche ai fini di possibili rifles-si sul successivo iter giudizia-le) con l’effettiva conoscenza della data della riunione da parte degli interessati, non se ne vedono (tranne, ovviamen-te, i casi sporadici di “consegna

a mano”). Una breve considerazione va fatta su relativamente ai limiti dimensionali: ritengo che l’Uf-ficio non abbia alcun potere di sindacare, al momento della richiesta, il numero dei dipen-denti, magari accertando pres-so il sistema delle comunica-zioni obbligatorie il personale in forza o facendosi produrre documentazione dal datore di lavoro, atteso che, anche alla luce della normativa vigente, appare assai improbabile che un’impresa medio piccola (con meno di sedici dipendenti) scel-ga la strada del tentativo obbli-gatorio: infatti, con l’iter previ-sto dalla legge n. 108/1990, il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro in quanto l’eventuale risoluzione illegit-tima è sottoposta soltanto alla tutela risarcitoria compresa, in via generale (fatte salve alcune specifiche eccezioni), tra le 2,5 e le sei mensilità.I tempi ristretti postulano la necessità di un diverso modo di organizzazione sia dell’Uf-ficio vertenze della Direzione del Lavoro che dell’attività del-la commissione di conciliazio-ne: una volta pervenuta la ri-chiesta, la convocazione delle parti dovrebbe essere fatta su-bito, indicando una data ravvi-cinata per l’incontro e, magari, prevedendo riunioni “straordi-narie” dell’organo conciliativo cosa che, se non ha effetti sul funzionario dell’Ufficio desti-nato a presiedere l’organo (at-tesa la possibile intercambia-bilità sulla base della delega direttoriale), la può avere sui “membri esterni” che, in gene-re, svolgono altre attività e che svolgono il “munus” di compo-nenti dell’organo collegiale in piena gratuità e senza alcun rimborso. Il nuovo comma 5 dell’art. 7

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offre la possibilità alle parti di essere assistite dalle organiz-zazioni di rappresentanza cui siano iscritte o abbiano confe-rito mandato o da un compo-nente la RSA o la RSU, da un avvocato o da un consulente del lavoro. Anche in questo caso vanno chiarite alcune questioni.La prima concerne la possibi-lità che le parti siano o meno presenti avanti alla commissio-ne di conciliazione o possano farsi rappresentare da un sog-getto terzo munito di apposita delega, per la cui validità val-gono le regole generali, ma che può essere autenticata anche da un funzionario della Dire-zione territoriale del Lavoro, come ammesso chiaramen-te nella nota del 25 novembre 2010 del Segretario Generale del Dicastero del Lavoro, invia-ta alle strutture periferiche del Ministero in occasione della entrata in vigore della legge n. 183/2010. Ritengo tuttavia (ma

q u i la decisione spette-rà al Dicastero del Lavoro) che, in un’ottica di semplifica-zione, potrebbero adottarsi le forme “semplificate” di delega già in uso per le “conciliazioni monocratiche”. Pur non escludendo che, in li-nea di principio, le parti possa-no, nelle forme usuali, delegare altri soggetti alla trattazione, evinco che dall’articolato emer-ga la necessità, estremamente necessaria sotto l’aspetto so-stanziale, che i soggetti inte-ressati siano tutti presenti, e, in particolar modo, il lavorato-re. Quest’ultimo aspetto emer-

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ge anche dalla previsione con-tenuta nel comma 9 dell’art. 7, allorquando si afferma che “in caso di legittimo e documenta-to impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di cui al comma 3 – si tratta di quello fissato dalla commis-sione – la procedura può esse-re sospesa per un massimo di quindici giorni”. La necessità della effettiva presenza delle parti è rafforzata dal fatto che nel corso della discussione po-trebbero emergere soluzioni alternative al licenziamento che possono essere diverse ed articolate e perciò la presenza di coloro che sono, in ultima analisi, i diretti interessati, è strettamente necessaria.La seconda riguarda i soggetti che possono assistere le parti nella fase conciliativa. Si parla di organizzazioni di rappresen-tanza (sia datoriali che sinda-cali) o, in alternativa, di rappre-sentati sindacali aziendali, di avvocati e di consulenti del la-

v o -ro. Riferito ai primi soggetti nominati (le associazioni da-toriali e dei lavora-tori) non c’è alcun limite (ne poteva esserci) in ordine al criterio della mag-giore rappresentativi-tà che in questo caso non è alcun modo pertinente, atteso che l’adesione ad una organizzazione sindacale è libera e

si può anche conferire il man-dato, secondo le previsioni dettate dal codice civile, a chi si vuole. Per quel che concer-ne, invece, la presenza di pro-fessionisti “in assistenza delle parti”, la norma restringe il campo soltanto ai soggetti che per la loro qualifica e funzio-ne professionale hanno i titoli: quindi avvocati e consulenti del lavoro, intendendosi per questi ultimi tutti coloro che sono abi-litati alla professione o che pur avendo una abilitazione diver-sa (ad esempio, i commercia-listi) hanno posto in essere le procedure di accredito ex lege n. 12/1979. Ovviamente, nel corso della fase conciliativa, i soggetti “assistenti” possono anche cambiare, non essendo

questo un o s t a c o l o

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alla procedura. Il comma 6 del nuovo articolo 7 della legge n. 604/1966 rappre-senta il fulcro della “fase conci-liativa obbligatoria”.La procedura di conciliazione ha tempi predeterminati, nel senso che atteggiamenti dila-tori non sono, in sostanza, con-sentiti. Essa si deve concludere entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoria-le del Lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro. Ciò sta a significare due cose: la prima è che il termine si cal-cola dalla data di convocazione e, quindi, all’interno dei venti giorni vanno computati anche quelli necessari alla ricezione della lettera raccomandata (nel caso in cui fosse possibile il “doppio invio per pec” il proble-ma perderebbe gran parte del-la sua importanza), la seconda è che l’incontro deve, necessa-riamente, essere “ravvicinato”, per consentire alle pari un vero confronto. Ma,il termine dei venti giorni può essere superato?La risposta è positiva se le par-ti, di comune accordo, anche su proposta dell’organo conci-liativo, lo vogliano, perché lo reputano strettamente neces-sario per il raggiungimento di un accordo. In questo caso, è opportuno che lo “sforamento” risulti da un verbale di riunione interlocutorio: ovviamente, lo “spostamento in vanti” non ha riflessi sul risultato del tentati-vo, potendosi lo stesso conclu-dersi anche con una mancata conciliazione. Appare evidente come il Legi-slatore punti molto sull’effetto “deflattivo” del tentativo di con-ciliazione. Ciò lo si deduce sia dal fatto che le parti possono continuare la discussione (se sono d’accordo) senza alcuna “spada di Damocle” tempora-

le, che dalla partecipazione at-tiva richiesta alla commissio-ne la quale non può limitarsi ad un ruolo prettamente nota-rile. Partecipazione attiva che significa, capacità mediatoria sia in ordine all’accordo sulla indennità incentivante, che ri-guardo alla individuazione di forme alternative al recesso come, ad esempio, il ricorso al tempo parziale, il trasferi-mento, l’occupazione presso altro datore di lavoro, l’offerta di una collaborazione autono-ma anche presso altri datori di lavoro, il distacco tempo-raneo, il demansionamento (che troverebbe la propria giustificazione nella necessi-tà di evitare un licenziamen-to). Questo concetto riferito all’attività della commissione viene ripreso anche al com-ma 8, laddove si afferma che il giudice, a seguito del falli-mento del tentativo e del suc-cessivo ricorso giudiziale, tie-ne conto del comportamento complessivo delle parti e della proposta conciliativa avanzata dall’organo collegiale. Ma cosa succede se il tentativo di conciliazione fallisce?Premesso che ciò può acca-dere sia perché le parti non hanno trovato un accordo, sia perché si è verificata l’assenza o l’abbandono da parte di una di esse (cosa che va, chiara-mente, evidenziata nel relativo verbale), il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore individuato: in al-ternativa, se, per una qualsiasi ragione non è stato effettuato il tentativo (che, però, deve es-sere stato richiesto), il datore può procedere con proprio atto di recesso unilaterale, trascor-si i sette giorni dalla ricezione della richiesta di incontro da parte della Direzione terri-toriale del Lavoro. C’è, però,

un’altra considerazione da fare: il comma 40 dell’art. 1 afferma che il licenziamento adottato al termine della procedura conci-liativa ha effetto “dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avvia-to”, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva; è fatto salvo, in ogni caso, l’ef-fetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle di-sposizioni legislative di tutela della maternità e della pater-nità, di cui al D.L.vo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti riman-gono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della proce-dura si considera come preav-viso lavorato”. La disposizione ha lo scopo di individuare una data “legale” di risoluzione del rapporto ed ha un obiettivo precipuo che è quello di “nul-lificare” una malattia intercor-sa durante la procedura che, indubbiamente, rimanderebbe l’efficacia del recesso al termi-ne della stessa. Il Legislatore ha fatto salvo l’effetto sospen-sivo scaturente dai periodi di tutela per maternità, matrimo-nio ed infortunio sul lavoro. L’individuazione della suddetta data riguarda soltanto l’effetto del licenziamento e non quello, ad esempio, di natura ammini-strativa, collegato all’obbligo di comunicazione telematica dell’avvenuta, effettiva, ces-sazione del rapporto al centro per l’impiego che va effettuata entro cinque giorni, così come esplicitato nella nota della Di-rezione Generale per l’Attività Ispettiva n. 18273 del 12 otto-bre 2012. In ordine all’istituto del preav-viso il Legislatore, dopo aver indicato quale giorno “legale”

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di risoluzione del rapporto, quello della comunicazione di inizio del procedimento indiriz-zata alla Direzione territoriale del Lavoro, fa salvi in favore del lavoratore sia il diritto al preav-viso che, in alternativa, l’inden-nità sostitutiva e l’eventuale attività svolta durante la pro-cedura si considera (è questa un’eccezione alla regola gene-rale che vuole lo vuole portato a conoscenza dell’altra parte) preavviso lavorato, anche se in taluni casi, come quello del periodo contrattuale breve (ad esempio, sette giorni) si pone il problema di computare soltan-to una parte del periodo lavora-to, come preavviso. Per comple-tezza di informazione occorre rimarcare come tale istituto sia dotato di una sorta di “efficacia reale” nel senso che durante il decorso continuano a svolgersi tutti gli effetti del contratto. Un piccola questione va, però, evidenziata: il Legislatore ha fatto salvi gli effetti sospensi-vi legati al D.L.vo n. 151/2001, mentre nulla ha detto circa l’af-fissione delle pubblicazioni nel-la casa comunale, seguite dal matrimonio. Così come è scrit-ta la norma, sembra giusto sot-tolineare che la “retrodatazio-ne del licenziamento” alla data della comunicazione datoriale non salva gli effetti sospensivi correlati a pubblicazioni affisse dopo la data di comunicazione ma durante la procedura, in quanto al momento della data del licenziamento (cui sono correlati gli effetti) l’evento non era ancora accaduto. Tornando alla procedura conci-liativa ed ai tempi “cadenzati”, va sottolineato come il Legi-slatore prenda in considerazio-ne una ipotesi di sospensione temporanea della procedura: ciò accade (comma 9 del nuovo art. 7 della legge n. 604/1966)

in presenza di un legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare alla riunione fissata per il tentativo di conciliazione, per un perio-do massimo di quindici giorni. Questo, che può essere uno stato di malattia ma anche un motivo diverso afferibile alla propria sfera familiare, deve trovare, ad avviso di chi scri-ve, la propria giustificazione in una tutela prevista dalla legge (ad esempio, un intervento di assistenza ex lege n. 104/1992) o dal contratto: esso va pro-dotto alla commissione o sot-to commissione provinciale di conciliazione che ha la “regia” del tentativo e che se lo ritiene valido, accorda la sospensione per il tempo richiesto la qua-le, si ripete, non può superare i quindici giorni. Ovviamente, ma la ristrettezza dei tempi non depone per una moltiplicazione degli stessi, essi possono esse-re più di uno e successivi, ma la valutazione dell’organo col-legiale circa la loro “congruità giustificativa”, va effettuata di volta in volta e la decisione può essere adottata anche a mag-gioranza.Il tentativo di conciliazione, può concludersi positivamente e le soluzioni possono essere diver-se, anche alternative alla riso-luzione del rapporto: in questo caso, la commissione procede alla verbalizzazione dei conte-nuti (si pensi, ad esempio, ad un trasferimento, alla trasfor-mazione del rapporto da tem-po pieno a tempo parziale) che divengono inoppugnabili, trat-tandosi di una conciliazione avvenuta ex art.410 cpc. Se, in-vece, si arriva ad una risoluzio-ne consensuale del rapporto, la commissione ne darà atto at-traverso il verbale riportando-ne tutti i contenuti, ivi compre-si quelli di natura economica.

La risoluzione consensuale del rapporto al termine del tenta-tivo obbligatorio di concilia-zione è l’ipotesi apertamente caldeggiata dal Legislatore (art. 7, comma 7, della legge n. 604/1966) che, in un certo senso, derogando alla discipli-na ordinaria, riconosce il di-ritto all’Assicurazione Sociale per l’Impiego (che sostituirà la vecchia indennità ordinaria di disoccupazione) e postula anche un possibile affidamento del lavoratore ad una agenzia del lavoro, finalizzato alla ricol-locazione. Ma cosa significa tutto questo?L’art. 2 della legge di riforma disciplina compiutamente la nuova Assicurazione Socia-le che entrerà a regime il 1° gennaio 2013, e che avrà come obiettivo quello di fornire ai lavoratori che abbiano perdu-to involontariamente la pro-pria occupazione, un’indennità mensile. Nel campo di applica-zione rientrano tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, ivi compresi i titolari di rap-porto di apprendistato ed i soci lavoratori che abbiano, dopo la loro adesione, proceduto ad in-staurare con la cooperativa un rapporto di lavoro subordinato ex art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001 ed i dipendenti del-le Pubbliche Amministrazioni che hanno lavorato con un con-tratto tempo determinato, con l’esclusione degli operai agrico-li a tempo determinato ed inde-terminato per i quali permane la specifica tutela di settore ( tra cui spicca l’art. 7, comma 1, della legge n. 160/1988). I requisiti per il godimento sono:essere nello stato di disoccupa-zione (art. 1, comma 2, lettera c), del D.L.vo n. 181/2000;possedere almeno due anni di assicurazione e almeno un

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anno di contribuzione nel bien-nio precedente l’inizio del pe-riodo di disoccupazione.Dalla fruizione dell’indennità sono esclusi coloro che si sono dimessi (dovrebbe far eccezio-ne, come in passato, “la giusta causa”, ma, sul punto, si atten-dono indicazioni di natura am-ministrativa) o hanno risolto consensualmente il rapporto a meno che (art. 2, comma 5) ciò non sia avvenuto con l’accordo sottoscritto avanti alla commis-sione provinciale di conciliazio-ne nel corso della procedura di licenziamento. Senza andare oltre sull’argomento, vanno ri-cordati i contenuti dei commi 6 e 7 dell’art. 2: con il primo si precisa che l’indennità è rap-portata alla retribuzione impo-nibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi (ad esempio, lo straordinario) e delle men-silità aggiuntive, divisa per il numero delle settimane di contribuzione e moltiplicata per 4,33. Con il secondo si sta-bilisce che l’indennità mensile è rapportata alla retribuzione mensile ed è pari al 75% nei casi in cui nel 2013 la retribu-zione mensile sia pari od infe-riore a 1.180 euro mensili, con rivalutazione ISTAT annuale: nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a tale im-porto, l’indennità sarà pari al 75% dello stesso, incrementata di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile ed il predetto importo. Come si diceva, l’ASpI scatterà dal 2013 e, quindi, non può tro-vare applicazione nei confronti di chi risolve consensualmen-te il rapporto, all’interno della procedura conciliativa, entro il 31 dicembre 2012. Con il com-ma 9 vengono dettate le regole relative alla “quantificazione”

nel tempo dell’ASpI: dopo i primi sei mesi di fruizione si applica una riduzione del 15%, decurtazione che si ripete nella stessa misura per i successivi sei mesi, qualora dovuta. Essa spetta dall’ottavo giorno suc-cessivo alla data di cessazio-ne del rapporto di lavoro o dal giorno dopo la presentazione della domanda (comma 12) che va presentata, in via telematica all’INPS, a pena di decadenza, entro il termine di due mesi de-correnti dalla data di spettanza del trattamento (comma 13).Il datore di lavoro che risolve consensualmente il rapporto, pur se questo è intervenuto al termine della procedura con-ciliativa obbligatoria, è tenuto a pagare, dal 1° gennaio 2013, una somma pari al 50% del trattamento iniziale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale (art. 2, comma 31). Questo è dovuto in tutti i casi di interruzione del rapporto di lavoro per causa di-versa dalle dimissioni e riguar-da anche il datore di lavoro che recede dal contratto di appren-distato al termine del perio-do formativo (comma 32). La disposizione (comma 33) non riguarda, fino al 31 dicembre 2016, i datori di lavoro impegna-ti in una procedura collettiva di riduzione di personale che già pagano il c.d. “contributo d’in-gresso” alla mobilità e, fino al 31 dicembre 2015 (comma 34), coloro che licenziano a seguito di cambio di appalto, a cui ab-biano fatto seguito assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole collettive che garantiscano la continuità occupazionale, o coloro che ab-biano risolto rapporti a tempo indeterminato in edilizia per completamento delle attività o chiusura del cantiere. E’questa, in sostanza, una sor-

ta di partecipazione economica alla “gestione” della fase suc-cessiva alla fine del rapporto che, negli intendimenti del Le-gislatore, dovrebbe costituire una sorta di “remora” a fronte di recessi scarsamente ponde-rati. In ogni caso, tornando al tema della presente riflessione, si sottolinea che non va confu-so l’onere che grava sul datore di lavoro di pagare, comunque, la “quota d’ingresso” all’ASpI, con l’accesso del lavoratore a tale indennità a seguito di ri-soluzione consensuale avve-nuta con la procedura prevista dal nuovo art. 7 della legge n. 604/1966.La risoluzione consensuale del rapporto è una situazione “ab-bastanza normale” in molte im-prese che si trovano ad affron-tare crisi di mercato, di settore o di liquidità: si tratta, e spesso si giunge ad una soluzione (e di ciò sono palese testimonian-za sia i numerosissimi accordi ratificati, in passato, avanti alle commissioni di conciliazione che quelli sottoscritti in sede sindacale ex art. 411 cpc.). A questo punto, l’esperienza e la conoscenza dei soggetti che operano nel mondo del lavoro, sollecitano una domanda: se costoro, una volta raggiunto l’accordo, aprono, fittiziamen-te, una procedura di licenzia-mento per giustificato motivo oggettivo, al solo fine di ratifi-care l’accordo già raggiunto e permettere al lavoratore di in-tegrare il “quantum” percepito con il godimento dell’ASpI che non spetterebbe in caso di riso-luzione consensuale avvenuta in altra sede, cosa deve fare la Direzione territoriale del Lavo-ro e soprattutto la commissio-ne di conciliazione? La risposta è, oltre modo delicata e sareb-be auspicabile un intervento chiarificatore dell’Amministra-

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zione del Lavoro. Il Legislatore parla anche di possibile affidamento del lavo-ratore ad un’agenzia di lavoro temporaneo, alfine di favorir-ne la ricollocazione. Si parla di possibilità e non di “passaggio obbligato” e, al momento, non si capisce quali siano le possi-bili modalità od i termini.La risoluzione consensuale del rapporto pone una ulteriore questione correlata all’appli-cazione dell’art. 4, comma 17, secondo il quale l’efficacia del-le dimissioni o della risoluzio-ne consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida effettuata pres-so la Direzione territoriale del Lavoro, o il centro per l’impie-go competente per territorio, o presso la sede territoriale in-dividuata dalla contrattazione collettiva, o, in alternativa, at-traverso la firma apposta in cal-ce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessa-zione del rapporto di lavoro, inviata ai servizi telematici per l’impiego. Il raggiungimento dell’accordo (con la risoluzio-ne consensuale del rapporto) funge anche da convalida, sen-za alcun ulteriore passaggio, come chiarito dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 18 del 18 luglio 2012. Un’altra questione interessante è quella legata alla possibilità che in sede di accordo sulla ri-soluzione del rapporto, si possa addivenire anche alla composi-zione di altre questioni di natura economica afferenti il rapporto di lavoro come, ad esempio, le differenze retributive, le ore di lavoro straordinario, o il tratta-mento di fine rapporto: la cosa appare possibile, purchè ci sia la piena consapevolezza del lavoratore circa la definitività della questione e la sua conse-guente inoppugnabilità ex art.

410 cpc. Ovviamente, qualora dalla discussione emerga che tale requisito non ci sia, sarà necessario “stralciare” la par-te relativa alla “chiusura delle pendenze economiche” e con-centrarsi soltanto su quello che è l’obiettivo della procedura, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ma cosa succede se la com-missione di conciliazione non riesce ad arrivare ad una com-posizione positiva della contro-versia?Essa è tenuta a redigere un ver-bale di mancato accordo che, tuttavia, stando al dettato del comma 8 del nuovo art. 7 della legge n. 604/1966, non può es-sere generico e privo di conte-nuti come, ad esempio, spesso è avvenuto in passato. Il Legi-slatore, infatti, afferma che “il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stes-sa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 18, settimo comma, della legge n. 300/1970 e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile”.Esaminiamo con cura alcuni punti fermi cominciando dal contenuto del verbale. Da esso si deve desumere il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa: questo non significa che, ne-cessariamente, si dovranno riportare tutte le questioni sol-levate ma dal verbale dovran-no emergere alcune questioni sostanziali riferibili, ad esem-pio, ad eccezioni sollevate dal lavoratore o da chi lo assiste (ad esempio, si ritiene che il licenziamento prospettato non sia per giustificato motivo og-

gettivo, ma discriminatorio), o alla assoluta indisponibilità a trovare una soluzione di natura economica alla controversia, o ad accettare soluzioni alterna-tive al recesso.Ma anche la proposta conci-liativa avanzata dalla commis-sione riveste una particolare importanza. Si è parlato di un ruolo attivo dell’organo col-legiale e la dizione del Legi-slatore, sul punto, non fa che confermare questo indirizzo. La proposta alle parti va fatta perché è ciò che si richiede nel momento in cui il comma 2 ha posto l’accento su una par-tecipazione, non notarile, alla controversia : essa può essere adottata anche a maggioran-za e, in ogni caso, deve esse-re frutto della condivisione di vari aspetti della vertenza ove i membri esterni di nomina sin-dacale (datoriale e dei lavora-tori) si “astraggono” dalla loro origine. Quanto appena detto è leggermente diverso da ciò che l’art. 411, comma 2, cpc stabilisce per il tentativo facol-tativo di conciliazione ove si afferma che la commissione di conciliazione deve formulare una proposta bonaria di conci-liazione della quale tiene conto il magistrato, in sede di giudi-zio, nell’ipotesi in cui non sia stata accettata senza adeguata motivazione. La dizione adot-tata dal Legislatore nel nuovo art. 7 della legge n. 604/1966 appare più coinvolgente, atte-so che tutto il comportamento tenuto durante la procedura e, soprattutto, le motivazioni che hanno portato a non accettare la proposta dell’organo colle-giale, sarà alla base sia della determinazione dell’indennità risarcitoria in caso di licenzia-mento economico non giustifi-cato che degli onorari legali e delle spese processuali.

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Ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, è previsto che “con riferimento ai tributi propri, le regioni, le province e i comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stes-si, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la

riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti

adempiano ad obblighi tributari precedentemen-te in tutto o in parte non adempiuti.”Accade che erroneamente molti comuni hanno ritenuto di applicare la suddetta norma “sine die” deliberando dei condoni fiscali per le materie di loro competenza per i periodi d’imposta succes-sivi al 2002.La norma è molto chiara nel ritenere applicabili tali condoni relativamente ad obblighi tributari “precedentemente non adempiuti”; questo signifi-ca che tali condoni non sono da ritenersi attuabili a partire dal 2002 in poi, data in cui entra in vigore la Legge de quo. GiurisprudenzaAnche la Cassazione, con una serie di sentenze (n. 12679, n. 12675, n. 12677, n. 12678, n. 12679, n. 12688 tutte del 2012), ha dichiarato l’illegittimi-tà di tali condoni in violazione dell’art. 13 cit., in particolar modo relativamente al termine in esso contenuto che non può riferirsi ad annualità suc-cessive al 2002.In particolare, la sentenza n. 12679 del 20.07.2012 (Presidente Dott. Marco Pivetti, Cons. Dott. Michele D’Alonzo udienza del 30.05.2012) - rela-tiva alla legittimità di una delibera consiliare in tema di imposta sulla pubblicità con la quale era stato approvato il <Regolamento per la definizio-ne agevolata delle liti pendenti relative ai tributi

comunali aboliti> - ha chiarito che “la possibilità per il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso è ancorata, dall’art. 13 della L. 289/2002, alla concomitante presenza di due specifici presupposti: a) che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione; b) che alla data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di accertamen-to o i procedimenti contenziosi in sede giurisdi-zionale fossero già stati instaurati. (…) Se ne deve necessariamente inferire l’illegittimità del condo-no poiché adottato in violazione dell’art. 13 della l. 289/2002, che delimitava temporalmente – me-diante il visto riferimento agli obblighi non adem-piuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore di detta legge – il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die dall’amministrazione comunale.”Con riferimento ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 (uguaglianza di trattamento dei debi-tori tributari diversi da quelli locali), 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie) e 119 co.2 (coordinamento della finanza pubblica locale con quella nazionale), gli Ermellini spe-cificano che “l’esercizio di un potere in materia tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine, previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva

Nessun condono per i ComuniI Comuni non devono fare i condoni fiscali

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di Maurizio VillaniAvvocato

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essere esercitata, comporta la carenza del pote-re medesimo e la conseguente disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell’atto assunto in violazione della norma attributiva della pote-stà esercitata nonostante il decorso del termine suindicato. Nel caso concreto, poiché l’art. 13 della l. 289/2002 concedeva all’amministrazione comunale la potestà di adottare il solo, specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i riferimenti suesposti, l’adozione di un ulteriore condono a distanza di ben sette anni dalla normativa primaria succitata, determina l’illegittimità del condono medesimo per caren-za di potere, che va dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c..”In tutte le pronunce citate è stato riaffermato che l’art. 13 cit. attribuiva agli enti locali una “potestà oggettivamente limitata” all’attuazione dello spe-cifico condono ivi previsto, rendendo quindi ille-gittimi i condoni “a catena” dei comuni. In realtà, già prima di queste pronunce di legit-timità, la Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo per la Puglia – con la deliberazione n. 4/PAR72010 del 13 gennaio 2010 rispondendo ad un preciso parere del Sindaco del Comune di San Donaci (Brindisi) – ha precisato che il condono dell’art. 13 della legge n. 289/2002 è applicabile soltanto con riferimento ai periodi d’imposta an-tecedenti al 01.01.2003, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale indefinito, come confermato dalle pronunce della Cassazione.Lo stesso principio è stato ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti della Regione Sici-liana con le deliberazioni n. 6/2007 del 13.12.2006 e n. 28/2008 del 04.06.2008 nelle quali è ribadito che la norma di cui all’art. 13 cit. dev’essere og-getto di “stretta interpretazione, considerato che l’istituzione di meccanismi di definizione agevola-ta relativamente ad obblighi tributari rimasti to-talmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento giuridi-co. Ad avviso della sezione, la definizione agevola-ta dei tributi propri delle Regioni e degli Enti loca-li può avvenire soltanto con riferimento a periodi d’imposta antecedenti all’1.1.2003, data di entrata in vigore della L. n. 289/2002, non potendosi in-trodurre una fattispecie di condono per un arco temporale indefinito.” ( SS.RR. Sicilia n. 6/2007).L’interpretazione del Ministero delle Finanze.A seguito del parere richiesto dal Comune di Lec-ce, il Ministero delle Finanze – nel riportarsi ad una precedente nota – n. 2195/2004 –, ha reso un

parere – n. 23873 del 20.10.2012 – con il quale, pur richiamando le sentenze citate, ha ritenuto di consentire il condono basandosi su due pronunce della Corte di Cassazione (n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012) che non han-no affrontato il problema come prospettato dalla norma, ma hanno analizzato la fattispecie sulla base di mere irregolarità procedurali.Infatti nella nota del Ministero leggiamo che “sul punto non si è formato un orientamento giuri-sprudenziale consolidato e, pertanto, (il Ministe-ro) non ritiene opportuno mutare il precedente parere espresso in varie note, tra le quali la n. 2195/2004. (…) Occorre, infine, sottolineare che l’avviso espresso da questa direzione non può essere considerato come preclusivo di eventuali contestazioni o impugnative di un regolamento in materia di condono, la cui emanazione è comun-que rimessa al prudente apprezzamento di code-sto ente.”Appare evidente come, nella nota del Ministero, vi sia una presa di coscienza sia della giurispru-denza prevalente in materia richiamata nella nota de quo (Corte di Cassazione e Corte dei Conti), sia del fatto la propria interpretazione non preclu-derebbe comunque l’eventualità di una impugna-tiva dei relativi regolamenti. Importante notare che il Ministero nel richiama-re le due sentenze della Cassazione n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012, le connota di una veste nuova rispetto alle preceden-ti sentenze (di cui alla lett. B) come se le stesse sconfesserebbero la tesi ormai prevalente e do-minante in materia. È invece importante scoprire che le due sentenze – in base alle quali secondo il Ministero sarebbero attuabili i condoni comunali con riferimento all’art. 13 – non prendono assolu-tamente posizione sull’argomento.Le sentenze della Corte di Cassazione n. 13463 e 13464 del 2012La sentenza n. 13463 del 03.05.2012, depositata il 27.07.2012, (Presidente Dott. M. Pivetti e Cons. Dott. M. D’Alonzo – udienza del 03.05.2012) si ri-ferisce ad un altro condono che riguarda i manife-sti politici ( art. 1 comma 480 della L. 30.12.2004 n. 311 – legge finanziaria 2005); peraltro, la Corte conclude : “nel caso di specie, il mero deposito della quietanza di pagamento, in assenza di qual-siasi ulteriore elemento di riscontro dell’esito po-sitivo dell’attività di controllo svolta dall’ente im-positore, non fornisce ex se la dimostrazione del fatto determinante la cessazione della materia del contendere e cioè dell’intervenuta definizione del rapporto tributario, con la conseguenza che il mo-

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Fisco

tivo di ricorso dev’essere dichiarato infondato”.In sostanza, si comprende come la questione trat-tata, oltre che riguardare appunto un condono di-verso da quello di cui all’art. 13 cit., è relativa a que-stioni procedurali (carenza di interesse) e pertanto non può fare da spartiacque nel caso de quo.La sentenza n. 13464 del 09.05.2012, depositata il 27.07.2012, (Presidente Dott. M. D’Alonzo udien-za del 09.05.2012), parimenti non prende nessuna posizione rispetto al condono ex art. 13 cit, pur citandolo nella sentenza.Il caso analizzato nella sentenza riguarda l’im-posta di pubblicità per l’anno 1998 relativamente agli impianti utilizzati da una contribuente nel ter-ritorio municipale romano. Anche in questo caso, la querelle è relativa ad un vizio procedurale, in quanto come si evince dalla sentenza “la parte che ha presentato l’istanza di definizione, al ter-mine della durata della sospensione e nella ipotesi in cui si sia perfezionata la definizione agevolata, è tenuta a presentare l’atto di rinuncia alla pro-secuzione del giudizio debitamente sottoscritto

dalla controparte per accettazione con compensa-zione delle spese di giudizio. La documentazione, da ultimo, versata in atti dalle società non rispetta le modalità di presentazione di nuovi documenti dinanzi a questa Corte. (…) Del deposito di nuovi documenti, però, deve essere dato avviso all’al-tra parte mediante notifica del relativo elenco al fine di garantire il contraddittorio (…) invece nel-la fattispecie non v’è stata notifica dell’elenco né presenza del difensore del Comune in udienza; dunque la produzione della contribuente è inuti-lizzabile.”In sostanza, la mancanza di conoscibilità dei do-cumenti prodotti ha determinato la totale assenza relativa all’interpretazione della Corte sul proble-ma che si analizza nel presente documento. Ma vi è di più! Come si può facilmente evincere, vi è una sostan-ziale corrispondenza dei soggetti facenti parte la Corte di Cassazione delle sentenze citate dal Ministero (ed utilizzate per legittimare i condoni comunali, senza solide basi giurisprudenziali e

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normative) e di quelle della giurisprudenza pre-valente che effettivamente pronunciandosi sulla validità del termine stabilito dalla norma di cui all’art. 13, ne hanno previsto l’inapplicabilità per le annualità successive al 2002.Infatti, la sentenza n. 13463 vede come presiden-te il Dott. Pivetti e tra i Consiglieri il Dott. D’A-lonzo (udienza del 03.05.2012); la sentenza n. 13464 vede come Presidente il Dott. D’Alonzo con udienza successiva alla precedente pronun-cia, del 09.05.2012; allo stesso tempo, nella im-portantissima sentenza n. 12679 (con udienza del 30.05.2012) vi sono come Presidente il Dott. Pi-vetti e tra i Consiglieri il Dott. D’Alonzo!!!Questo sta a significare che nelle sentenze citate dal Ministero – quelle in base alle quali dovreb-bero ritenersi legittimi i condoni comunali – (n. 13463 e 13464 in cui l’argomento non è proprio trattato -), l’art. 13 non era stato minimamente preso in considerazione, tanto vero che i due Pre-sidenti Dott. Pivetti e Dott. D’Alonzo lo hanno, per la prima volta, affrontato e deciso correttamente

con la sentenza n. 12679/2012.Questo dimostra anche l’errore grossolano conte-nuto nel parere rilasciato dal Ministero, su richie-sta del Comune di Lecce, con la nota n. 23873 del 20.10.2012.Infatti, il Ministero conclude il suo parere co-sciente che la sua tesi non risulta in alcun modo sostenibile, oltre che sostenuta da nessuna pro-nuncia, facendo presente che “i regolamenti dei comuni possono essere contestati ed impugnati, ed (il Ministero) invita il Comune di Lecce ad un prudente apprezzamento di questo ente.”La recente sentenza n. 15251 del 12.07.2012 della Corte di Cassazione. Alcuni, in materia di condono, citano la sentenza n. 15251 del 12.07.2012, che non procede a nessu-na determinazione sull’argomento, in quanto l’og-getto di questa pronuncia riguarda la carenza di interesse del contribuente a proporre ricorso per Cassazione ex art. 100 c.p.c..Anche qui, la Corte non procede ad alcuna disa-mina circa il condono di cui all’art. 13 della L. n. 289/2002, lasciando intatto lo spirito guida perse-guito dalle sentenze di cui alla lettera B).ConclusioniIn conclusione, alla luce della importante sen-tenza n. 12679 del 30.05.2012 pronunciata dalla Corte di Cassazione, dei principi contenuti nelle citate delibere della Corte dei Conti – precedenti rispetto alle sentenze di legittimità –, alla corretta interpretazione della norma di cui all’art. 13 della L. n. 289/2002 contenuta nelle argomentazioni giuridicamente svolte dai Presidenti e dai Con-siglieri della Corte di Cassazione, è importante che i Comuni non facciano alcun tipo di condono comunale ai sensi dell’art. 13 citato, in quanto le conseguenze si rivelerebbero disastrose.Infatti, stante la giurisprudenza di legittimità che sottolinea l’illegittimità di questi condoni per il li-mite temporale contenuto nella norma attuatrice, pochi contribuenti ne farebbero uso, correndo il rischio di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo con il conseguente aggravio di spese successive (sanzioni e interessi).Inoltre, i Comuni andrebbero a sballare completa-mente i loro bilanci prevedendo la riscossione di somme mai certe e sicuramente improbabili.Infine, e di non minor importanza, i giudici tri-butari non possono sospendere i giudizi in corso e devono assolutamente attenersi all’interpreta-zione di diritto vigente della Corte di Cassazione, come individuata dalla sentenza n. 12679 citata, facendo così venir meno la definizione agevolata delle liti pendenti.

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28 The world of il Consulente

Rubrica

Carissimo Lettore, A seguito delle richieste pervenute alla Redazione abbiamo deciso di dar corso alla traduzione dei messaggi di Marforio, per rendere più agevole il cogliere gli aspet-ti, burlescamente impostati, di satira politica e di verità nascosta che l’illustre statua parlante ci fa pervenire. Siamo certi così di fare cosa gradita a Te e ai molti che seguono i vaticini

dell’Illustre.

12 12 12Pasquino

Caro Paquino, te l’avevo detto…

La ‘luce’ intravista alla ‘fine del tunnel’ potrà essere raggiunta entro il prossimo anno… a dire dei Ministri tecnici e lo stesso P.C.d.M Sen. M. Monti [I Monticiani a Roma sono gli abitanti del Quartiere MONTI, molto fieri della loro appartenenza della loro presunta pri-mazia e per questo acerrimi nemici dei Trasteverini, del ‘po-polino reietto’ dell’al-tra sponda, a cui sono invisi – ndT])

Ti domanderai che tipo di luce dovrà ‘arrivare’? Tutti pensano alla ‘fine della crisi’ ma io pes-simisticamente ho pensato a un Treno [Andare sotto un treno, è indubitabile, vuol significare per metafora un mare di cose brutte: Crisi recessiva, disa-gi sociali, aumenti delle tasse, aumento della disoccupazione,

ecc., ovvero, sempre metafori-camente … LA FINE]

Avevo terminato promettendo a Te e alle altre Statue che avrei

svelato perché fossi così pessi-mista, al non credere a siffatti ‘bravi governanti Tecnici’!

Ora ti sollecito a pensare a ciò che è stato detto o non detto, os-sia velatamente nascosto, circa il Debito pubblico, dai detti Si-gnori.

Rifletti sulla verità in merito a quanto si sa del debito nazio-nale [ufficialmente arrivato a

2.000 Miliardi di euro “… e per dare una misura dell’enormità di questo dato Oggi ogni ita-liano, da quando lancia il primo vagito in sala parto e senza ri-

spetto per l’età veneran-da, ha mediamente una quota di debito pari a ol-tre 30.000 euro”- Fonte Istituto Bruno Leoni] e quello che ‘non si vede’ … che è nascosto!

Pensa a quello che è mistificato … come: Ritardi nei pagamenti della Pubblica Ammi-nistrazione alle im-

prese [media 15/24 mesi, un vero e proprio finanziamento a tasso zero di 90 MDI]; Tra-sferimento del TFR [matu-rato dai lavoratori dipendenti privati al “Fondo per l’eroga-zione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei tratta-menti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile” cd ‘Fondo di Tesoreria’ gestito dall’INPS e che viene utilizzato dallo Stato per pa-

Dalle profezie dei Maya alla nuova Europa

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29The world of il Consulente

Rubrica Pasquino

A Pasquì, t’o ricordi? T’avo detto ….

Hai potuto vedè a luce nfonno ar tunne? No? Stacce attento, li Monticiani

stanno a dì che ner prossimo anno arriva...

Te starai a domannà : che? Ma chedè che sta pe arrivà? Tutti pensano

“a fine da crisi! E che sennò?

E avevo fini top e ditte:

Er treno!!!

Poi t’avo promesso de riccontatte anzi d’ariccontà a la compagnia perché

vedevo accussì nnero, Pensa ‘n momento:

Er debito pubblico che se vede e ... quello che nun se vede!

Quello ammascherato da ‘ritardi nei pagamenti della PA’; da trasferimento der tiefferre de li lavoratori ar ‘Fondo per er TFR’; da ‘anticipo delle imposte’

dovute ... pe l’anno dopo, l’acconto sull’addizionali!

L’acconto sulle riserve matematiche de quei corviacci de l’assicurazzioni; la sostitutiva sur tiefferre, ecc.

Mo c’è se metteno puro quelli dell’arcifregatura dell’impedappe. A più grossa privatizzazione de buffo pubblico.

Sessanta mijardi d’euri, mica de bruscolini, de mancati pagamenti de le pubbriche amministrazioni pe contributi e dieci mijardi l’anno de

sbilancio tra entrate e uscite pe pensioni dovute a quelli che quer nanetto, ‘n mericordo nimmanco come se chiamava per quanto nun lo consideravo, li soprannominava li ‘Fannulloni’. Un sistema da fallimento dello Stato che li monticiani se so sentiti ‘n diritto de passa all’impese de ‘Dumbocchio’’, alli

lavoratori privati, a li nostri nipoti che lavoreranno e ‘nbeccheranno ‘n piffero! E tutto dopo quella inc…ta de a riforma de le pensioni, e la marea dei Fregati.

Te starai a domanna: E lì sindacati??? Zitti!!! È l’unione europea??? Zitta!!!

I poveri lavoratori privati già salassati se so’ accollati li buffi che i Pubbrici se so ammucchiati!!!

Avrete visto Sor Pasquì, Dumbocchio, come sorride, com’è contento quanno ‘ntelevisione dice che nun cè magagna! Antro che Mastrapasqua ‘o dovrebbero chiamà Mastrapassione! Brutto come a fame e più buciardo de Pinocchio! Solo

che a lui, nvece de cresceje er naso, je crescheno ‘e recchie!

Je tiè bordone puro quer rincojonito de Benelli, come o chiamano ar TiGi5?? “L’economista previdenziale”! “,ncè da preoccupasse! Purtroppo, se a coperta è corta, se se copre da ‘na parte da quarche artra ce se scopre”! Ma ‘nai capito?

Malimortà …

E perché li Padroni Europei? Famo a capisse, se vede che a Merchelle o ‘nce capisce n caz..., oppuro se deve fa cojonà pefforza pe nun fa annà a picco puro

er Professore che sè ‘mpegnato a faje regalà dall’itajani na cinquantina de mijardi, da dà ai greci pe pagá li buffi a li tedeschi!

Pensate se nun c’era l’Impese...

Pe ripiana er buffo e continuà a pagà ‘e pensioni li Monticiani doveveno incravattasse co li Botte oppuro ‘nventasse n’antro barzello!?!?!?

Che truffa!!!!

Stamo . Proprio ‘a la frutta! È je vonno fa ffà puro er bisse!

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30 The world of il Consulente

gare spese correnti. Un salas-so alla liquidità delle imprese previsto nella L. 296/2006 in un minimo di 7 MDI all’anno e che invece ammonterebbe, dal 2007 a circa 60/65 MDI] e poi come Acconto delle im-poste, [ormai si è arrivati a 98 % delle imposte sui red-diti, dell’IVA, delle Addizio-nali ecc. ecc. oltre 300 MDI di competenza dell’anno suc-cessivo (????)]; come Imposta sostitutiva sul TFR [una tassa sull’adeguamento del valore al potere d’acquisto del TFR maturato fino all’anno pre-cedente tassato alla stregua di una Rendita Finanziaria], senza parlare dell’acconto sulle riserve matematiche di quei jettatori delle Compa-gnie di Assicurazioni [per i Romani di solito chi parla di problemi di Vita, di Morte, d’Infortuni è scaramantica-mente individuato come un portatore di sfortune; quindi un assicuratore, parlando di Sorte, è visto come uno jetta-tore – ndT].

Adesso ci hanno messo an-che il colpo gobbo truffaldino dell’INPDAP. La più grande privatizzazione del Debito Pub-blico! 60MDI di Euro, non qui-squilie, di mancati pagamenti delle Pubbliche Amministrazio-ni per contributi previdenziali dei loro dipendenti e 10 MDI l’anno di sbilancio tra entrate e uscite. [50 MDI di contributi a fronte di 60MDI – ndT] per pen-sioni, dovute a quelli che, quel piccolo uomo basso, non mi ri-cordo neanche come si chiama-va per quanto non lo tenevo in considerazione, appellava come i ‘Fannulloni’[è evidente che M. si riferisce a un’affermazio-ne maldestra dell’On. Brunet-ta quando era Ministro della Funzione Pubblica nell’ultimo

governo ‘Berlusconi’ – ndT]. Un sistema [quello previdenzia-le pubblico, sempre più asfitti-co per mancanza di turnover] da fallimento dello Stato che, i Tecnici del PdCM M. Monti, si sono sentiti in diritto di trasfe-rire all’INPS del Presidente dr Mastrapasqua [‘Dumbocchio’ deriva sicuramente da Dumbo, il personaggio disneiano – un elefantino dalle grandissime orecchie - un appellativo che il M. ha utilizzato sicuramente per far risaltare la grandezza dei, soli più elevati, attributi del Responsabile pubblico – ndT], cioè ai risparmi previdenziali dei lavoratori privati, alle futu-re generazioni che lavoreranno e non prenderanno che briciole e, tutto ciò, dopo la ‘fregatura’ dell’ultima riforma delle pen-sioni, e la marea degli Esodati rimasti turlupinati.

Ti starai domandando: E le Or-ganizzazioni Sindacali dei Lavo-ratori??? Non dicono nulla!!! E l’Unione Europea??? Silente!!!

Il sistema previdenziale dei la-voratori delle imprese private, già depauperato, si è dovuto an-che prendere carico dei debiti che il Sistema Previdenziale dei Lavoratori Pubblici ha accumu-lato!!!

Sicuramente si è visto che il Presidente dell’INPS fa buon viso a cattivo giuoco, che palesa soddisfazione quando lo inter-vistano in Televisione, che af-ferma che: “tutto è in regola!”, altro che Mastrapasqua lo do-vrebbero chiamare Mastraqua-resima!

Oltre che essere molto brutto è più bugiardo di Pinocchio! Solo che a lui, invece di cre-scergli il naso gli crescono le orecchie! Lo asseconda

anche quel ‘non più brillante’ di Benelli [il dr Bruno Benel-li è un ex funzionario INPS addetto alla Comunicazione, attualmente in pensione e saccente di cose previdenzia-li – ndT] , come lo chiamano nel TG5? “L’economista pre-videnziale”! <<… non c’è da preoccuparsi! Purtroppo, se la coperta è corta, se ci si co-pre da una parte da qualche altra ci si scopre”!

Ma non hai capito? Lui la fa faci-le, porca miseria …

Pensa se non ci fosse stata l’INPS ...

Per azzerare il debito [dell’INPDAP] e continuare a pagare le Pensioni il Governo Tecnico avrebbe dovuto stroz-zarsi finanziariamente ancor con emissione di Titoli di Stato o istituire una nuova imposta!?!?!?

Che truffa!!!!

E perché… i Padroni Europei?

Capiamoci è evidente che la Cancelliera A. Merkel o non ci capisce nulla oppure accetta di farsi prendere in giro, obtor-to collo, per non screditare e mandare a fondo M. Monti che nonostante tutto ha impegna-to l’Italia a girare circa 50MDI [che potrebbero arrivare a cir-ca 80MDI accollandosi oltre il 17% del finanziamento del Fon-do Salva Stati (500MDI totali) - ndT], da dare soprattutto alla Grecia onde permetterle di ono-rare i debiti verso gli investitori esteri che sono in massima par-te … Operatori Tedeschi!

E si ipotizza anche un Governo Monti 2!

Siamo proprio alla Fine!

Rubrica Pasquino

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LA PRIMA CARTA SCONTO RISERVATA AI CONSULENTI DEL LAVORO

L’Ordine dei consulenti del Lavoro – Consiglio Provinciale di Roma con l’obiettivo di consolidare ed aumentare ulteriormente il senso di appartenenza ed il livello dei servizi offerto ai propri iscritti ha demandato alla Fondazione Studi Oreste Bertucci la realizza-zione della “CDL CARD”.La CDL CARD è in buona sostanza una carta sconti, gratuita, nominativa, e riservata esclusivamente ai consulenti del lavoro e rispettivi familiari, che consente un risparmio immediato in Italia e all'estero, presso gli esercizi convenzionati, sia pubblici, sia pri-vati, selezionati con priorità nei confronti dei clienti degli stessi Consulenti del Lavoro e da essi segnalati alla Fondazione.La condizione di essere clienti non è certamente vincolante, in quanto, abbiamo ritenuto di voler dare la possibilità di accesso anche agli altri esercizi ritenuti comodi o strategi-ci o che, in ogni caso, intendono riservare alla categoria quel segnale di attenzione nei nostri confronti che ogni giorno conquistiamo con il nostro servizio professionale ed umano, alle imprese ed alla società.Ciascun consulente ha facoltà di segnalare alla Fondazione, attraverso i recapiti di se-guiti specificati, i propri clienti del settore Commercio o servizi interessati alla stipula di una convenzione a titolo non oneroso che possa riservare alla Categoria, sconti o “corsie preferenziali” per i titolari di Cdl Card nell’acquisto di beni o servizi.L’iniziativa è stata promossa ed attuata dalla nostra Presidenza attraverso la Fondazio-ne Studi Oreste Bertucci con il duplice obiettivo, sia di rafforzare il senso di apparte-nenza della Categoria all’Ordine, sia di aiutarci a fidelizzare i nostri clienti ed ha immediatamente riscosso ampio consenso da parte dei titolari e dei convenzionati.I settori merceologici nei quali la Card esercita i propri ambiti d’azione, sono già molte-plici e con il contributo di tutti i nostri iscritti contiamo di poter coprire quanto prima tutti i settori di mercato nella comune esigenza di risparmio.Per maggiori informazioni puoi visitare il sito internet www.cdlcard.it nella pagina dedi-cata oppure inviare una mail all’indirizzo [email protected].

CDL CARD - LA FORZA DELL’UNIONE

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32 The world of il Consulente

Dopo un caloroso intervento iniziale di benve-nuto e ringraziamento ai convenuti ed ai rela-tori ad apertura dei lavori da parte del Presidente del CPO di Roma, il Dott. Adalberto Bertucci è stata passata la parola al Prof. Avv. Giusep-pe Sigillò Massara, il qua-le, dando calorosamente ai presenti il suo benvenuto ha magistralmente presieduto la sessione mattutina dei lavori.Dopo i saluti e le introduzio-ni di rito, salutati da un lungo e fragoroso applauso, viene fatta una puntuale panorami-ca sulla riforma a cura dello stesso Prof. Avv. Giovanni G. Gentile coadiuvato dall’Avv. Francesco Gianmaria.Il primo intervento su “Som-ministrazione, apprendistato e tirocini formativi e di orientamento” è a cura dell’Avv. Antonella Parisi, seguito da un altro su “Contratto a tempo determinato” a cura dell’Avv. Maurizio Santori. Proseguono i lavori della mat-

tina con un intervento su i ”Contratto a proget-to” a cura dell’Avv. Iolanda Gentile, seguito da

“Collaborazioni autonome e associazioni in partecipazio-ne” a cura degli Avv. France-sco Giammaria ed Avv. Silvia De Santis.Chiude i lavori della mattina un intervento sul “Rito spe-ciale per i licenziamenti” a cura dell’Avv. Lorenzo Con-fessore.Riprendono poi le sessioni pomeridiane, presiedute dal Prof. Avv. Giovanni G. Gen-tile che vedono come primo argomento il “Licenziamento discriminatorio, per giusta causa e giustificato motivo soggettivo: fattispecie e con-seguenze” a cura dell’Avv. Tiziana Serrani, seguito da

“Licenziamenti economici (giustificato motivo oggettivo): fattispecie e conseguenze” condotto a cura dell’Avv. Raffaele Fabozzi e da i “Licen-ziamenti collettivi” a cura dell’Avv. Marco Rigi

Relatori d’eccezione per la Riforma ForneroAl Seraphicum oltre 500 persone ad ascoltare gli illustri relatori

Eventi

di Andrea Tommasini Redazione Cultura

Ancora appuntamenti importanti per la Formazione Continua della Categoria. Il 26 novem-bre all’auditorium del Seraphicum di Roma presenze record e relatori d’eccezione al Con-vegno di Studi organizzato dal Consiglio Provinciale di Roma dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro dal titolo ”la riforma Fornero- legge 28 giugno 2012 n.92”, che ha visto l’au-

torevole presenza dello Studio Legale Pessi e Associati e la sponsorizzazione della Fondazione Oreste Bertucci e del CAF CDL.

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33The world of il Consulente

Luperti seguito da un intervento su “Dimissioni” a cura dell’Avv. Mario Miceli.Si entra poi nella parte della riforma che riguar-da “Ammortizzatori Sociali ed ASPI” a cura del Dr. Emilio Rocchini, seguito da un intervento sulla “Cassa Integrazione” a cura dell’(Avv. Da-niele Mariani). Conclude su “Fondi di Solidarietà” e “Prepensio-

namenti” il Prof. Avv. Giovanni G. Gentile segui-to dall’Avv. Antonio Zumba.Presenze record dunque anche per questo im-portante appuntamento che ha visto la prestigio-sa ed autorevole presenza, di tanti illustri rappre-sentanti del mondo giuridico ed in particolare dello studio Pessi ed Associati che con piacere ringraziamo nuovamente.

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Parliamo di IMUAll’Oly Hotel una platea di oltre 240 professionisti per parlare di IMU

Eventi

di ludiala

Davvero interessante e istruttivo il convegno tenuto il 22 novembre u.s. all’Oly Hotel dal titolo “Parliamo di IMU…” Davanti una platea di oltre 240 professionisti - moltissimi colleghi consulenti del lavoro, ma anche amici commercialisti e tecnici del settore - il Dott. Lorenzo Lelli, Direttore re-

sponsabile di questa rivista - ha saputo chiarire con casi particolari ed esempi pratici, in maniera stimolante ed intelligente, tanti punti di domanda sulla disciplina IMU, con particolare attenzione alla prossima scadenza del saldo e all’obbligo dichiarativo.

Il convegno si è aperto con l’illustrazione degli aspetti ge-nerali della normativa IMU e la sua contrapposizione con la regolamentazione della vec-chia cara ICI. Si è passati poi alla esemplificazione della determinazione dell’imposta, comparando la modalità sem-plificata della prima rata o ac-conto, con quella più articolata

del saldo. Molto interessante anche la sezione dedicata alla dichiara-zione IMU, con il dettaglio dei casi in cui va o meno presenta-ta all’ente preposto. Sono state acquisite molte informazioni molto utili alla scadenza previ-sta per il prossimo febbraio.Tutto quello che concerne san-zione e ravvedimenti non man-

cava nella scaletta ed è stato-bene esposto nell’evento.Grande interesse da parte dei colleghi presenti, che con i loro quesiti e i loro interventi hanno animato e arricchito il convengo, aggiungendo conte-nuti personali/professionali e creando un vero e proprio di-battito tra i presenti. Magistra-le la moderazione a cura della

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35The world of il Consulente

Eventi

nostra collega, la dottoressa Elena Conti, nella gestione delle alternanze tra i vari inter-venti.Non sono mancati momenti di ilarità tra i colleghi romani, che hanno ravvivato e divertito la platea, alleggerendo l’impor-tante tema del convegno.Alcuni dei partecipanti inter-vistati all’uscita dal convegno hanno segnalato l’oppotunità per futuri appuntamenti di po-ter dedicare anche un’intera giornata ad eventuali future edizioni .Impeccabile l’organizzazione curata in ogni dettaglio che ha reso fluida e confortevole la fruizione dei contenuti pro-posti.Rimaniamo in attesa delle prossime date.

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36 The world of il Consulente

Quaderni

I Quaderni del Consulente La mediazione fiscale obbligatoria ex art. 17-bis D. Lgs. 546/92

In questo numero, prosegue il Quaderno d’approfondimento iniziato nel Numero 33 del 15/10/2012, a cura dell’Avv. Maurizio Villani, Patrocinante in Cassazione e dell’Avv. France-sca Giorgia Romana Sannicandro, sulla materia della Mediazione fiscale obbligatori ex art. 17-bis D. Lgs. 546/92 che, nello sviluppo dei numeri, andrà ad analizzare i punti come di seguito

indicati:

In questo numero: 8. La Circolare n. 9/E/2012 del 19 marzo 2012

Seguiranno nei prossimi numeri:9. I dubbi dell’istituto 10. Quadro sinottico delle sanzioni 11. La circolare n. 33/E del 03 agosto 2012 12. Conclusioni

Abbiamo già pubblicato:Numero 33 – Anno II – Uscita del 15/10/2012

1. Il reclamo e la mediazione fiscale obbligatoria come riformata dal d.l. n. 98 del 06.07.2011 conv. in L. 111 del 15.7.2011

2. La norma: D.L. 98/2011, art. 39 commi 9,10,11 3. La natura del reclamo

Numero 34 – Anno II – Uscita del 31/10/20124. L’oggetto 5. La procedura 6. Il reclamo e gli strumenti deflativi

Numero 35 – Anno II – Uscita del 15/11/2012 7. Il rapporto tra il reclamo e l’accertamento esecutivo

Fiscale

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37The world of il Consulente

Fiscale

- Avviso di accertamen-to;

- Avviso di liquidazione;- Provvedimento di irroga-

zione delle sanzioni;- Ruolo;- Rifiuto espresso o tacito della re-

stituzione di tributi, sanzioni pecu-niarie e interessi o altri accessori non dovuti;

- Diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari.

- Ogni altro atto emesso dall’agenzia delle En-trate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle commissioni tribu-tarie.

Per tutti questi atti (per un importo non superio-re ad € 20.000,00 esenti da sanzioni e interessi), notificati a partire dalla data del 02 aprile 2012, il contribuente che volesse impugnare gli stessi, sarà tenuto alla presentazione del reclamo ai sen-si dell’art. 17 bis.Il reclamo dovrà contenere le motivazioni di fat-to e di diritto – che devono coincidere in un mo-mento eventuale e successivo, con il contenuto del ricorso – in base ai quali si richiede l’annulla-mento totale o parziale dell’atto; contestualmente e facoltativamente, il contribuente può formulare una proposta di mediazione, comprensiva della ri-determinazione delle imposte calcolate. In sintesi l’istanza dovrà contenere:1. La Direzione nei cui confronti è avviato il pro-

cedimento amministrativo in esame, cui spet-ta la legittimazione in giudizio (ex art. 10 D. Lgs. 546/92);

2. I dati relativi al contribuente, al suo legale rap-

1. La Circolare n. 9/E/2012 del 19 marzo 2012

Con la diramazione della circolare 9/E dell’Agen-zia delle Entrate del 19 marzo 2012, vengono resi i profili operativi e i chiarimenti necessari per l’ap-plicabilità dell’istituto del reclamo e della media-zione come disciplinati dall’art. 17 bis del D. Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 – introdotto dal D.L. n. 98 del 06 luglio 2011, art. 39 commi 9, 10, 11, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011 – che comporta l’instaurazione di una fase amministrativa pre-processuale obbliga-toria con finalità deflative del contenzioso.

Parte I. L’ambito di applicazione del nuo-vo istituto.

Dopo una lunga attesa, giunge la Circolare 9/E/2012, che già in premessa non tradisce le aspettative: i propositi dell’Ufficio sono quelli tanto chiacchierati di “economicità processuale”, “dialogo tra contribuenti e Ufficio”, sviluppare la tax compliance.Ebbene l’Ufficio afferma (pag. 8) che, “il pro-cedimento di mediazione si svolge su un piano di sostanziale parità tra contribuente ed Ufficio”, ed ancora, a pag. 9, che “la mediazione tributaria è istituto diverso dalla mediazione disciplinata dal D. L. n. 28 del 4 marzo 2010”.I criteri ispiratori dell’ingresso dell’istituto sono: la tipologia dell’atto impugnato, la parte resi-stente nell’eventuale giudizio e il valore della controversia.Dando per recepito quanto esposto relativamente ai requisiti di applicabilità dell’istituto in esame, cerchiamo di dare voce alla “modalità operativa” indicata dalla circolare.E così, oggetto di mediazione saranno:

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38 The world of il Consulente

Quaderni

presentante, la residenza o sede legale, il codi-ce fiscale e l’eventuale indirizzo PEC.

3. I riferimenti dell’atto impugnato e l’oggetto;4. I motivi.L’istanza dovrà anche contenere il valore della causa – requisito di accesso all’istituto del recla-mo – ; la circolare specifica che nei casi in cui vi siano più atti da impugnare, sarà possibile pro-porre un’unica istanza anche se in questo caso non essendo applicabile la riunione ex art. 29 del D. Lgs 546/92, si instaureranno separati procedi-menti.Anche nel caso del reclamo sarà necessario, de-corsi i novanta giorni dalla presentazione dell’i-stanza o dal giorno successivo a quello del dinie-go, applicare il contributo unificato, precisamente al momento del deposito del reclamo nella segre-teria della Commissione Tributaria: siamo adesso in fase processuale.L’istanza di reclamo deve essere notificata alla Direzione provinciale o regionale competente en-tro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnabile, proprio come se fosse un ricorso.Nel caso in cui, invece, l’atto impugnato sia un rifiuto tacito a seguito di una domanda di rimbor-so, l’atto andrà notificato allo scadere dei novanta giorni dalla data di presentazione della domanda e sarà esperibile fino alla prescrizione del diritto di restituzione.Poiché la presentazione dell’istanza di reclamo non prevede in automatico la sospensione degli effetti dell’atto impugnato, la circolare specifica che sarà possibile inserire nell’istanza una richie-sta di sospensione, rendendo estensiva all’istituto la portata dell’art. 2- quater, comma 1 bis del D.L. n. 564 del 30 settembre 1994. Parte II. La trattazione dell’istanza di me-diazione: caratteristiche e problematiche.1. La trattazione dell’istanza. A seguito della presentazione dell’istanza di recla-mo, l’Ufficio procede alla disamina della stessa, prendendo come parametri di valutazione:- la sussistenza dei requisiti;- la fondatezza dei motivi di contestazione dell’at-

to;- la valutazione della proposta eventualmente

formulata dal contribuente ed in caso di man-canza della stessa, l’ufficio invita al contrad-dittorio il contribuente a seguito del quale può formulare una rideterminazione della pretesa – art. 17 bis, comma 8 – ;

- in caso di mancato raggiungimento dell’accor-do, l’Ufficio formula una proposta di mediazio-

ne recante l’intero importo delle imposte ac-certate, al fine del solo beneficio di riduzione delle sanzioni (nella misura del 40%);

- in via subordinata, come extrema ratio, l’uffi-cio provvede al diniego.

In questa fase, la priorità dell’Ufficio è quella di valutare eventuali profili di inammissibilità dell’i-stanza (ad esempio tardiva presentazione, man-canza di sottoscrizione – che impedisce di attri-buire l’istanza al contribuente -, problematiche relative alla mancata individuazione dell’oggetto che, ricordiamo, hanno come effetto diretto l’i-nammissibilità del ricorso). Purtuttavia, la circolare precisa che anche nei casi di palese inammissibilità, l’istanza può comunque essere trattata come una richiesta di autotutela.Ricordiamo che, ai sensi del comma 5 dell’art. 17 bis, l’istanza va presentata alla Direzione provin-ciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, ma è valutata dall’ufficio legale della Dire-zione provinciale o regionale; circostanza che, secondo l’ufficio e secondo quanto previsto dalla norma, garantirebbe il necessario requisito di di-stacco e di autonomia, oltre che di estraneità alle parti, ai fini di una corretta e non soggettiva valu-tazione dell’istanza.Appare tuttavia suggestiva e romantica l’idea che affidare la trattazione di un reclamo avverso un atto impositivo emesso – esclusivamente – dall’A-genzia delle Entrate, all’ufficio legale – seppur in sede fisicamente autonoma e distaccata rispetto all’ufficio che ha emesso l’atto, ma sempre facen-te parte dell’Agenzia delle Entrate - possa omag-giare di imparzialità l’esito della procedura senza ledere i diritti di difesa dei contribuenti; soprat-tutto perché non sarà concessa, dopo la proposi-zione del reclamo, nessuna forma di integrazione o modificazione delle eccezioni difensive, che do-vranno essere identiche a quelle del ricorso suc-cessivamente proposto. A questo punto l’ufficio ha la possibilità di:1. Accogliere il reclamo, annullando integral-

mente o parzialmente l’atto contestato, conclu-dendo così la procedura;

2. Respingere il reclamo o la proposta di media-zione; formulare una proposta di mediazione con la rideterminazione delle imposte ;

3. Qualora non vi siano i presupposti per una ri-

determinazione delle imposte, l’ufficio formu-la una proposta di mediazione che conferma quanto accertato nell’atto impugnato, al fine di far conseguire al contribuente il solo beneficio

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della riduzione del 40% delle sanzioni;

4. L’ufficio può anche provvedere al solo diniego. Il comma 9 dell’art. 17 bis, ci illustra la decorren-za dei termini in base ai quali il reclamo diventa effettivamente ricorso e che dipendono dal verifi-carsi delle condizioni espresse nei casi suesposti.Ciò che appare assolutamente non conforme alla natura della norma e alle caratteristiche dell’isti-tuto, è il fatto che l’art. 17 bis, relativamente all’e-splicitazione dell’ultimo caso, al comma 9 parla di “ricevimento del diniego”. Questa può considerarsi, con assoluta certezza, una stortura di grave entità, soprattutto alla luce del fatto che la decorrenza dei termini di costitu-zione in giudizio, nel caso di diniego dell’ufficio, e quindi i 30 giorni previsti dalla procedura giudi-ziale vera e propria, decorrono dalla notifica del diniego, che interrompe – se avvenuta per iscritto – il termine di 90 giorni previsti dal reclamo. Pertanto, risulta oltremodo opportuno rispettare quanto stabilito in materia di notificazioni degli atti dell’Ufficio, al fine di garantire il corretto svol-gimento delle varie fasi processuali e pre – pro-cessuali, stante anche il diritto di conoscibilità dei contribuenti delle risultanze di istanze proposte in fasi così delicate di avvicendamento al conten-zioso. Non è altrettanto corretto come, nella circolare, l’ufficio espliciti questa forma di conoscibilità dei propri atti attraverso la locuzione “comunicazione del provvedimento con il quale l’ufficio respinge l’i-stanza prima del decorso dei novanta giorni”.Ricordiamo, inoltre, che secondo quanto stabilito dal D. Lgs. n. 546/92 all’art. 16 comma 2 “ le noti-ficazioni sono fatte secondo le norme degli artt. 137 e ss. del codice di procedura civile”. Pertanto, al fine di concedere una corretta dife-sa, ogni atto e provvedimento emesso dall’ufficio, che sia l’agenzia delle entrate, o che sia l’ufficio legale – “distaccato e autonomo rispetto agli uffici che emettono gli atti” –, dev’essere sempre notifi-cato secondo le norme stabilite dal codice di pro-cedura civile in materia di notificazioni.Con particolare riferimento al diniego all’istanza, viene precisato che “nel diniego vanno esposte in modo completo e dettagliato le ragioni di fatto e di diritto, poste a fondamento della pretesa tributaria, avendo presente che, il contenuto del diniego, in caso di successiva costituzione in giudizio da parte del contribuente, varrà come atto di controdeduzio-ni. Il diniego non è impugnabile, essendo tutelato il contribuente dalla facoltà di costituirsi in giudizio”. 2. I presupposti per la mediazione e l’ac-

cordo.I principi in base ai quali l’ufficio valuta la media-

zione sono : - incertezza della questione controversa :

in tutti quei casi in cui sussiste una difformi-tà tra le posizioni dell’ufficio e l’orientamento giurisprudenziale sarà opportuno stabilire una mediazione sulla base delle proposte (ove pre-senti);

- il grado di sostenibilità della pretesa: la proponibilità dell’accordo di mediazione è strettamente connesso – soprattutto relativa-mente alle questioni di fatto – al prevedibile esito sfavorevole del giudizio di merito;

- principio di economicità dell’azione am-ministrativa: tale principio risponde al fine deflativo dell’istituto che si propone di evitare – sia sotto un profilo economico che stretta-mente processuale – l’instaurazione di giudizi.

La circolare specifica che “ in armonia con la ra-tio del nuovo istituto, la conclusione della media-zione, deve condurre, di norma, alla definizione del rapporto”; questo significa che – come anche spe-cificato dall’ufficio – i casi di mediazione parziale saranno “eccezionali e in presenza di specifiche e motivate ragioni”. Non si comprende l’intento di tale chiusura, se ef-fettivamente è quello di evitare inutili contenzio-si; si ritiene che, anche questa sia una strategia pre-processuale, dal momento che, annullare par-zialmente un atto, potrebbe voler dire aver com-messo un errore – seppur parziale – al momento dell’emissione, quindi una prevista soccombenza in giudizio. Anche in questo caso, quindi, viene tutelato l’interesse del contraente più forte, senza minimamente valutare che, in presenza di un atto impositivo – e degli importi richiesti a tassazio-ne – il soggetto che voglia intraprendere la strada dell’impugnazione, debba anche valutare l’econo-micità dell’operazione e le possibilità economiche ex tunc. In tutti i casi in cui risulta possibile un accordo di mediazione, l’ufficio invita il contribuente al contraddittorio, basando il confronto anche con riferimento ad eventuali altri rimedi previamente esperiti – come l’adesione -, in particolare soffer-mandosi sugli esiti e sulle risultanze dei prece-denti tentativi di accordo, redigendone apposito verbale sottoscritto dalla parte (o dal difensore) e “dal dirigente o dal funzionario incaricato del con-traddittorio”.Anche qui, non si può omettere di fare una consi-derazione, se non altro per espressa analogia con uno dei problemi più antichi del mondo tributario:

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dire che il verbale è sottoscritto dal dirigente o dal funzionario – incaricato del contraddittorio – non chiarisce quale delle due figure possiede il titolo per valutare l’istanza di reclamo, fino al pun-to da assumersi la responsabilità di un eventuale accordo.Con quali caratteristiche professionali e per mez-zo di quali percorsi specifici, finalizzati al defla-zionamento del contenzioso, l’incaricato svolge le sue funzioni conciliative?In buona sostanza, visto che la sottoscrizione dell’accordo di mediazione, prevede la rinuncia a qualsivoglia forma di procedimento giudiziale, il contribuente quale garanzia di competenza rice-ve dall’“ufficio legale”?

3. Le modalità di conclusione dell’accor-do: il perfezionamento della mediazio-ne.

La procedura di mediazione si perfeziona attra-

verso il versamento dell’intero importo dovuto o, in alternativa, con il pagamento della prima rata, entro 20 giorni dalla conclusione della mediazio-ne. In caso di avvenuta mediazione le sanzioni sono applicate nella misura del 40% delle somme irrogabili, in rapporto all’ammontare dei tributi risultanti dalla mediazione.L’accordo si conclude con la sottoscrizione da par-te del contribuente e dell’Ufficio, di un atto conte-nente :a. la rideterminazione degli importi ➔ tributo, in-

teressi, sanzioni; b. le modalità di versamento ➔ ed eventualmente

le modalità di rateizzazionePuò avvenire che l’accordo si perfezioni mediante

proposta/accettazione formulata da una delle parti; in questo caso, la decorrenza dei termini (20 giorni) per il versamento delle somme de-corre da:

- quando la proposta è dell’ufficio: dalla data di

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spedizione dell’atto da parte del contribuente;- se la proposta era contenuta nell’istanza pre-

sentata dal contribuente: dal ricevimento dell’atto dell’ufficio.

Una volta conclusa con la sottoscrizione, la media-zione si perfeziona con il pagamento delle somme dovute. Come si può notare, anche in questo caso, oltre che ad un palese vantaggio per l’ufficio, non può parlarsi di “ricevimento dell’atto”, in quanto l’isti-tuto prevede, in caso di mancato pagamento – an-che di una sola delle 8 rate previste (nei casi di pagamento rateale), la decadenza dal beneficio della rateazione e la contestuale iscrizione a ruolo dell’intero importo residuo e di una sanzione pari al 60% delle somme ancora dovute.Pertanto, sarà opportuno notificare ogni atto da parte dell’agenzia delle entrate, onde evitare l’in-staurarsi di paralleli giudizi che investiranno, ol-tre che la competenza tributaria, anche la respon-sabilità civile e la legittimità costituzionale.L’accordo di mediazione si perfeziona con il ver-samento dell’intero importo dovuto, ovvero della prima rata – nei casi di pagamento rateale, che, in applicazione dell’art. 48 del D. Lgs. 546/92 può avvenire “in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo”.Il pagamento può essere effettuato anche trami-te compensazione (ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997) o mediante scomputo di quanto già eventualmente versato.Risulta così importante rilevare che:1. a seguito del perfezionamento della mediazio-ne, il rapporto giuridico sottostante si intende de-finito e non ulteriormente contestabile; 2. in ipotesi di pagamento rateale, l’atto origina-riamente impugnato perde efficacia a seguito del pagamento della prima rata;3. l’accordo di mediazione – secondo quando ri-portato nella circolare 9/E – costituisce titolo ese-cutivo e, pertanto, a fronte del mancato pagamen-to di una rata l’ufficio procede alla riscossione delle somme dovute, a seguito della quale, verrà emessa una cartella di pagamento impugnabile solo per vizi propri.La circolare, infine, specifica che “gli atti emessi in esito al procedimento amministrativo di mediazione, che non sono impugnabili, pos-sono essere portati a conoscenza del contribuen-te nella forma di notificazione prevista per gli atti tributari di cui all’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 – oppure – utilizzando la PEC che ne assicura la conoscenza certa e in tempo reale”.

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4. La costituzione in giudizio e le spese processuali.

L’art. 22 del D. Lgs. 546/92 stabilisce i termini di costituzione in giudizio del ricorrente che, con riferimento all’istituto in esame, decorrono dal giorno successivo a quello:

• dei 90 giorni dall’invio dell’istanza senza che sia stato notificato un successivo accordo o di-niego;

• di notificazione del diniego;• di notificazione dell’accoglimento parziale.Ricordiamo che il termine di costituzione in giu-dizio – essendo un termine processuale – è pe-rentorio.Secondo quanto chiarito dalla circolare, la pro-cedura di mediazione non soggiace al termine sospensivo compreso tra il 1° agosto e il 15 set-tembre; diversamente dal termine di costituzio-ne in giudizio, che essendo un termine proces-suale segue la disciplina dell’art. 22 del D. Lgs 546/92. Ad esempio:Istanza di mediazione inviata il 10 maggio 2012 e ricevuta dall’ufficio il 15 maggio 2012; il termine di 90 giorni decorre dal 15 maggio 2012 e – stante l’inapplicabilità della sospensione feriale – scade il 7 agosto 2012;il termine di costituzione in giudizio decorre a partire dal 16 settembre 2012.Dulcis in fundo, il comma 10 dell’art. 17 bis pre-vede, sempre ai fini di deflazionamento del con-tenzioso, una chiosa relativa alle spese proces-suali: infatti, a titolo di rimborso delle spese del procedimento di mediazione, il legislatore fissa un ristoro del 50% delle spese che spettano alla parte soccombente, a seguito di sentenza sfavo-revole.Fuori dai casi di soccombenza reciproca, i giudi-ci possono “motivatamente” compensare le spe-se; motivi che andranno ricercati nelle ragioni che hanno indotto l’ufficio a rigettare l’istanza del contribuente. In conclusione, stante i dubbi e le perplessità relativi all’effettiva utilità dell’inserimento di un nuovo istituto che risulta essere solo una dila-tazione temporale, oltre che una sottrazione di costituzionalità dei diritti dei contribuenti, chi scrive si continua ad interrogare sul motivo per il quale, nella materia tributaria, si valuti sem-pre l’introduzione di una novità, piuttosto che la revisione di un processo che ad oggi non gode ancora dei benefici concessi nelle altre branche del diritto.

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